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UN'OPERA SCONOSCIUTA DI JACOPO SANSOVINO IN ROMA. ELLA vi ta e delle opere di J acopo Sansovino, scultore ed architetto, noi sappiamo ben poco di più delle notizie forni teci dal Vasari (I), che i bi ografi pi II re- centi (2) si sono limitati a parafrasare e ad illustrare. Precise ed ampie per tutto il periodo veneto di atti- vità dell'artista (forse per le relazioni del Vasari col figlio Francesco ), tali notizie lo sono molto meno pei precedenti periodi, che pure non meno di quello della maturità gloriosa ci interesserebbero a rappresentarci intero il cammino percorso; specia lmente per quello in cui il Sansovino ha in Roma affermato in modo definitivo la sua arte, e la gemma sbocciata a Firenze è divenuta fiore. Anche le testimonianze autentiche, date , dalle firme incise o da documenti d'archivio, per le opere veneziane abbondano e vengono a controllare sicura- mente i dati vasariani; mancano in vece quasi completamente per quelle ante- riori, sicchè rimangono per noi ancora avvolti nella nebbia tanto l'alba fioren- tina, quanto il meriggio romano. Può assumere quindi una notevole importanza ulla specie di sunto espo- sitivo dell'opera dell'artista, conten ut o in un documento che non si comprende come possa essere finora sfuggito agli studiosi . È questa una lun ga l ettera (3), in data 2 novembre 1537, diretta a Venezia da Pietro Aretino a Jacopo San- sovino stesso; non davvero i nedita, perchè già appa re pubblicata nelle prime edizioni dei Libri delle Lettere e vi rimane compresa in tutte le edizioni suc- ceSSIve. È ben noto quanto sia stata intima e costante l'amicizia, fatta di ammira- . zione e d'affetto (se non anche di colleganza d'interessi) e cementata da pre- ziosi doni di oggetti d'arte (4), che pel suo « compare» Sansovino, con l'abi- tuale esuberanza, l'Aretino dimostra, sempre pronto a magnificarne i meriti, a raccomandarlo el oq u entemente ai potenti, a co ncili arlo con gli amici che la natura un po' iraconda ed orgogliosa di mae stro J acopo talvolta offendeva, a (I) VASARI (ed. Milanesi), t. VII, p. 485. (2) T. TEMANZA, Vita di Jacopo Sansovino, Venezia, 1752; L. PITTONI, Jacopo Sansovino, scultore, Venezia, 1909. (3) Cfr. P. ARETINO, Il p,'irno libro delle lettere, Bari , 1913, p. 287. (4) I dubbi sulla sincerità e su l disinteresse dell 'Aretino non sono mai troppi. Basti ricor- dare la ce lebre lettera al Bembo, in cui cinic amente confessa il carattere mercantile delle sue lodi: « Bisognami fare che le voci dei miei scritti rompano il sonno de ll'altrui avarizia, e quella . battezzare invenzione e locuzioni che mi reca corone di auro e non di lauro ».

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UN'OPERA SCONOSCIUTA

DI JACOPO SANSOVINO IN ROMA.

ELLA vi ta e delle opere di J acopo Sansovino, scultore ed architetto, noi sappiamo ben poco di più delle notizie forni teci dal Vasari (I), che i bi ografi pi II re­centi (2) si sono limitati a parafrasare e ad illustrare. Precise ed ampie per tutto il periodo veneto di atti­vità dell'artista (forse per le relazioni del Vasari col figlio Francesco), tali notizie lo sono molto meno pei precedenti periodi, che pure non meno di quello della maturità gloriosa ci interesserebbero a rappresentarci intero il cammino percorso; specialmente per quello

in cui il Sansovino ha in Roma affermato in modo definitivo la sua arte, e la gemma sbocciata a Firenze è divenuta fiore.

Anche le testimonianze autentiche, date , dalle firme incise o da documenti d'archivio, per le opere veneziane abbondano e vengono a controllare sicura­mente i dati vasariani; mancano invece quasi completamente per quelle ante­riori, sicchè rimangono per noi ancora avvolti nella nebbia tanto l'alba fioren­tina, quanto il meriggio romano.

Può assumere quindi una notevole importanza ulla specie di sunto espo­sitivo dell'opera dell'artista, contenuto in un documento che non si comprende come possa essere finora sfuggito agli studiosi . È questa una lunga lettera (3),

in data 2 novembre 1537, diretta a Venezia da Pietro Aretino a Jacopo San­sovino stesso; non davvero inedita, perchè già appare pubblicata nelle prime edizioni dei Libri delle Lettere e vi rimane compresa in tutte le edizioni suc­ceSSIve.

È ben noto quanto sia stata intima e costante l'amicizia, fatta di ammira-. zione e d'affetto (se non anche di colleganza d'interessi) e cementata da pre­ziosi doni di oggetti d'arte (4), che pel suo « compare» Sansovino, con l'abi­tuale esuberanza, l'Aretino dimostra, sempre pronto a magnificarne i meriti, a raccomandarlo eloquentemente ai potenti, a conciliarlo con gli amici che la natura un po' iraconda ed orgogliosa di maestro J acopo talvolta offendeva, a

(I) VASARI (ed. Milanesi), t. VII, p. 485. (2) T. TEMANZA, Vita di Jacopo Sansovino, Venezia, 1752; L. PITTONI, Jacopo Sansovino,

scultore, Venezia, 1909. (3) Cfr. P. ARETINO, Il p,'irno libro delle lettere, Bari , 1913, p. 287. (4) I dubbi sulla sincerità e sul disinteresse dell 'Aretino non sono mai troppi. Basti ricor­

dare la celebre lettera a l Bembo, in cui c inicamente confessa il carattere mercantile delle sue lodi: « Bisognami fare che le voci dei miei scritti rompano il sonno dell'altrui avarizia, e quella .battezzare invenzione e locuzioni che mi reca corone di auro e non di lauro ».

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consigliarlo sulla via da seguire p er il suo bene e pe r la sua gloria. La lettera in parola h a appunto per iscopo un consig lio e quale mezzo le lodi più entusiasti che: essa si propone di dissuadere l 'ar tista ad abbandona re Venezia e ad accet­tare le offe rte ch e, come anche il Vasari ci attesta (I), da R o ma gli faceva la corte pontificia, per p a rte, a quanto sembra, di quel Giovanni Gaddi, ch e per tanto tempo è stato il vero protettore autorevole del Sansovino; e tutta la serrata arg'omentazione si basa s ul rapp resenta re il ciclo o rmai chiuso delle opere romane ' e quello aperto delle opere iniziate a V enezia.

Ecco la lettera : ' « Ora sì che l'esecuzione dell'opre uscite dall'altezza del vostro ingegno

dan compimento alla pompa della ci ttade che noi, mercè de lle sue bontà libere, ci abbiamo eletta per patria; ed è stata nostra ventura, p oich è qui il buon forestieri, non solo si agguaglia al ci ttadi no, ma si pareggia al gentiluomo. Ecco dal male del sacco di Roma è pur usci to il bene che in questo luogo di Dio fa la vostra scultura e la vostra architettura.

« A me non par nuovo ch e il magnanimo Giovanni Gaddi chie ri co apo­stolico coi cardinali e coi papi vi tormenti no con le richieste de le lettere a ri­tornare in corte, per riornarla di voi. Mi parebbe bene strano il vostro giudizio se cercaste di snidar vi dalla sicurezza per colcarvi nel p e ricolo, lasciando i senatori ve neziani per i prelati cortigiani. Ma si dee perdonargli le spronate che p er ciò vi dànno, sendo voi atto a restaurargli i tempii, le statue e i p a­lazzi. Di già essi non veggon mai la chiesa dei Fiorentini, che fondaste in sul Tevere, con istupor di ' Raffaello da Urbino, di Antonio. da Sangallo e di Bal­dassare da Siena; nè mai si voltano a S. Marcello, vostra operazione, nè alte figure di marmo, nè a la sepoltura di Aragona, di Santa Croce e di Aginense (i principi de le quali pochi sapranno fornire), che non sospirino l'assenzia Sansovina; come anco se ne duol Fiorenza, m entre vagheggia l' a rtificio che dà il moto de lo spirito al Ba~co loca to negli orti Bartolini, con la somma di cotante altre meravigli e che avete scolpite e gittate ».

« Ma eglino si s taranno senza di voi, perch è in buon luogo s'han fatti i tabernacoli le vostre virtù savie. Dipoi val più un saluto di queste maniche nobili che un presente di quelle mitre ignobili. G ua rdi la casa che abi ta te come deg na prig ione dell'arte vostra chi vuoI vedere in che grado sieno tenuti da così. fatta republica i virtuosi atti a ridurla nelle maraviglie che tutto dì. par· torite con le mani e con l'intelle tto » .

« Chi non lauda i ripa ri perpetui per c,ui sostiensi la chiesa di S . Marco? chi non stupisce ne la co rinta macchina de la Misericordia? ch i no n rimane astratto ne la fabrica rustica e dori ca de la Zecca? chi non si sma rrisce ve­dendo l'opera di dorico intag'liato, che ha sopra il componimento ionico, con gli ornamenti dovuti, cominciata a l'incont ro a l p alazzo della Signoria? Che bel vedere ch e farà l' edificio di marmo e di pietre miste, ricco di gran colonne, che dee murarsi apresso la detta! Egli av rà la forma composta di tutte le bel­lezze de l'Archi te trura, servendo per loggia ne la quale sp asseggia ranno i per­sonaggi di cotanta nobilta de. D ove lascio io i f011damenti, in cui debbono fer­marsi i superbi tetti Co m ari ? dove la Vigna? dove la Nostra Donna de l'Ar­senale? dove quella mirabile Madre di Cris to. che porge la corona al protettore di questa uni ca patria? L'istoria del quale fate vedere di bronzo, con mira bile

( I) V ASARI, loc. cit., p. 5 II.

9 - Boli. d 'Arte.

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contesto di figure, ne l p e rg'olo della sua abitazione; onde meritate i premi e gli ono ri dativi da le m agnificenze del sere nissimo animo dei suoi rig uardanti devoti. O r consenta Iddio ch e i dì nos tri sien molti, aciochè voi duriate piil a servirg'li e io più continui a lodarvi ».

Se ora noi spogliamo questo inte ressante documento dalle a rgomentazionì, dalle lodi, dalle frasi sonanti, ne vien fuori un elenco di opere eseguite e di op ere in corso, una serie di dati sull'attività del Sansovino, l' autenticità dei quali può dirsi sicura; poic-qè ogni dubbio va escluso quando si p ensi essere la le ttera diretta a ll'autore s tesso delle ope re menzionate e scritta da chi per la lunga consuetudine e p e r la vasta coltura e ra davvero in grado c:l i cono­scere e di apprezzare la sua produzione a rtis tica.

La parte più ampia, particolareggiata, turgida di aggettivi . è , naturalmente, q uella ch e si ri ferisce a Venezia. La enumerazione nella lettera dei lavori ivi fino a llora eseguiti a dar «compimento alla pompa della cittade» non reca invero a lla nostra conoscenza elementi nuovi quanto ad a ttribuzioni, ma ci è utilissima per stahilime, o pe r confermarne, la cronologia con precisione: quella cronolog'ia ch e, anche quando le Ìndicazioni sono esatte, è sempre il lato man­chevole delle narrazioni vasariane. Noi sappiamo dunque p er essa çhe al tempo della lettera, il 2 novembre 1537, il consolidamento della chiesa di S. Marco era te rminato; proseguita la fabbrica della Scuola della Miserico rdia; costruita la Zecca « bellissimo, ricchissimo e fortissimo edificio, tutto di ferro e pi etra »', come ~li ce il Vasari; iniziata la mirabile Lihreria (I); .ancora in progetto , in­vece, la Loggetta del Campanile (2); completa la navata di S . Francesco della Vigna; posti i fondamenti del palazzo Comara. E, quanto alle opere di scul­tura, ci risultano anteriori a quella data la Madonna dell' Arsenale (3), la Ma­donna di S. Marco, l'inizio del primo «perg'olo » in bronzo con le stori e del santo nella basilica Marciana (4).

Delle opere del periodo fiorentino il ricordo, ormai ' lontano, ha per l'Aretino poca importanza per g li scopi che la s ua lettera si propone ; sicchè al cenno riassuntivo basta la me nzione del m ira bile Bacco Bartolini , quale esemp'io tra le «altre meraviglie scolpite e g ittate ».

Per R oma l'elenco invece torna ad essere, se non diffuso , almeno preciso e specifico. Le chiese di S. Marcello e di S. Giovanni dei Fiorentini, le sepol­ture «di A ragona, d'i Santacroce, di Aginense », sono le opere che ai «prelati corti g iani », alle « mitre ignobili » fanno sospirare « l'assenzia sansovina ». Non certo son desse le sole, ma quelle che al g iudizio dell' Aretino sembrano le più impor tanti e significative. Perciò appunto la lettera, se per le opere di scul­tura decorativa, quali le tombe, ha valore positivo p er quello ch e afferma; per quanto rig'ua rda le cos truzioni architettoni che ne assume un o che direi nega­tivo, in quanto tace di altri non meno importanti edifici romani, non certo al­l'Aretino ignoti, e ci fa così, se non escludere, porre almeno in dubbio le a ttri­buzioni fatte per essi a J acopo Sansovino.

(I ) È appunto del 1537 l'approvazione de l modello da parte dei Procuratori. Cf. PITTONI, op, cit., p. 156.

(2) S i r ite ne va finora che l'incarico a l Sansovino del disegno della Loggetta fosse dato dai proc urator i ne l 1540. Cf. PITTONI, op. cit., p. 183; vedi a nche G. CANTALA~mssA in Ras­segna d'Arte, anno II, p. 154. Occorre ora portare innanzi di oltre due a llni tal e data.

(3) La data in cisa nella edicola è del 1534. (4) I primi conti per q uesto primo pergola datano appunto a l 1537 . . Cf. ONGANIA, Docu-

1Nwti per la storia della Basilica di S. Marco, p. 42.

In particola re il dubbio ha per oggetto il palazzo di Giulia no de' Medici ai Cap i-etta ri ed il p alazzo Gaddi ai .Banchi.

Per il palazzo Medici, l'elegante edifici o che Leone X fece eleva re per il fratello, così. presto m orto, e ch e passò poi ai Lante, l'attribuzione di autore non è stata mai molto fondata . Accenna a J acopo Sansovino il 1Vlelchiorri affer­mando (I), poi il L etarouilly dubitando (2); il Gnoli dice che deve essere di un a rchitetto sCllltore e fa il nome di Andrea Contucci , il maes tro di J acopo (3). Non ci vuoI quindi m olto a liberare il campo ed a dire modestamente ch e, allo sta to attuale delle nostre, ancor povere, conoscenze sull'arte dei principali a rchitetti del Rinascimento, ogni designazione sarebbe p el palazzo Medici a rbi­traria.

Per jl palazzo Gaddi, noto sotto il nome di palazzo N iccolini, ha invece non lieve peso l'asserzione del Vasari, il quale (4) dice che J acopo « fece in Banchi un palazzo che è della casa dei Gaddi, il quale fu poi comprato d a Filippo Strozzi , che certo è comodo e belli ss imo e con molti ornamenti ». Qui p e rò i documenti vengono ad opporsi. Appare d a essi (5) che nell'ottobre del I 5 I 8 il Sansovino, detto in un istromento del notaio Adam « J acobus Antonii del T ata vocatur Sansolino », s i occupa bensì della fabbrica dei Gaddi, ma solo in quanto è nomina to a rbitro tra i Gaddi e Bonaccorso de ' Rucellai in una vertenza pel vicolo inte rmedio alle loro case ; incarico che sembra incompa­tibile co n le fLmzioni di a rchitetto di una delle p arti contendenti.

A questo valido a rgom ento contrario un altro aggiunge ora il silenzio dell'Aretino; il quale non ignorava certo l'esis tenza e l'importanza d ell a casa costruita in Roma dalla famiglia Gadd i, di cui egli era (a modo suo) ami cissimo, a cui apparteneva quel Giovanni Gaddi (6), che nella stessa lettera al Sansovino egli chiama « magnanimo », e ch e, a sua volta, lo designava coll'epiteto, nien­temeno, di « divino ».

Quanto a i monumenti sepolcrali. scolpiti dal Sansovino in Roma, due e rano g ià m enzionati dal Vasari (7) cioè quello d el cardinale d'.A.xagona e quello del vescovo Agine nse ; a cui o ra la testimoni anza dell'Aretino aggi un ge la « sepol­tura ' di Santacroce » . '

Il sepolcro del vescovo Aginense od Agiense è quello ben noto, in S. Mar­cello, eretto p er i due prelati chioggi.otti, Giovanni Michiel, cardi nale di Sant'An­gelo ed A ntoni o O rso suo nipote. Il sepolcro d el cardinale L ui gi d'Aragona (un a delle piìl caratteristi che fig u re del Rinascimento romano) (8) , trovavasi

(I) MELCHTOR RI, Guida di Roma, p. 584. (2) L ETAROUILLV, Les édifices de Rome moderne, Texte, pago 346 .

. (3) GNO'LI, Have Roma, Roma, 1909, pago 169. (4) VASARI, loc. cit., 'p. 499. (5) I docume nti ed i dati sulle vicende del palazzo Gaddi sono ampiamente rife ri ti ne ll e

Lettere romane di Momo, Roma, 1872, p. 54. Risulta da essi che la casa dei Gaddi in Banchi fu cominciata a costruire nel 1515 al posto di casupole vendute da Piero di Fi li ppo Strozzi. Dopo costruita, fu rive nd uta n'el 1530 dai Gaddi aHo stesso Piero Strozzi (e non a F ilippo come dice il Vasari) secondo la stima che ne fecero Antonio da Sangallo, Sebastiano da Fos­sombro ne e Peri no da Caravaggio (Atti Ghays, 4 maggio 1530).

(6) Vedi, ad esempio delle lettere amichevoli inviate dall 'Aretino a Giovan ni Gad~i, q uell a conten uta nell 'op. citata a p. 232.

(7) VASAR1, loc. cit., p , 499. (8) . Su questo prelato, così noto per le sue stranezze, i suoi l ussi, le sue . caccie, per la

sua diretta parentela con le case di Spagna e di Napoli , interessanti notizie possono t rova rsi nel Ciacconio III, 187, G. 'BIAG1, nella N1tOVa Antologia, 1886, p. 677; D. GNOLI, Le cac,ce di

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al1a Minerva; ed il cenno dell 'Aretino, che conferma quanto sapevasi dal Vasari, basta p er escludere l 'affermazione infondata della Pittoni che leggermente ha ritenuto essere tutto uno con quello del cardinale Sant'Angelo, col quale il Vasari avrebbe con fuso il cardinale d'Aragona. Certo p e rò la tomba deve essere stata disfatta e trasportata v ia, in parte, molto presto; la sua dispersione deve cioè imputarsi, non già ai recenti spieta ti ristauri i quali, dal 1847 al 1855, hanno dato alla bel1a chiesa gotica romana l'aspetto attuale e ne hanno scon· volto tutta quella magnifica serie di monume nti che ne facevano un vero museo di scultura decorativa, ma ad un qualche rifacimento avvenuto nel sec. XVI; poichè già in antichi elenchi di sepolcri contenuti nell'interno della chiesa e qel monastero, della tomba Aragona non si parla (I) .

Ne rimane ora solo l'iscrizione dettata dal cardinale Franciotto Orsini (2), che molto c 'inte ressa per fissare la data del lavoro, eseguito nel 1533, ben 14 anni dopo la morte dell' Aragona. Forse un res to a rchitettoni co molto notevole potrebbe identificarsi nel tabern acolo che nella s tessa chiesa racchiude la pittura rappresentante Santa Lucia e Sant'Agata: confuso monumento frammentario che i coniugi Alfonso Americhi ed Onesta Marsiliani elevarono nel 1550 (3). La rispondenza di misure con la lapide suddetta e di s tile con le altre opere sansovinesche permettono la congettura, la quale però è ben lontana dall'ap­prossimarsi alla certezza.

Certo invece è completamente estranea al monumento d'Aragona, come è estranea all' a rte del Sansovino, quella statua di S. Giovanni Battista, collocata nella cappella Grazioli, che la Pittoni (4) a ttribuisce alla scuola dell'artista e che è invece opera, molto più tarda, di Ambrogio Bonvicino (5).

Leone X, Roma, 1890; PASTOR, Die Reise der Kard. d'Aragon durch Deutschland etc., Freiburg, 1905 ; nonchè in a rticoli dell'Archivio storico napoletano del 1876 e ' del Cuadernos de trabajos de la escuela de Arqueologia y de ist., I, I, Madrid, 1912.

(J) Vedi ad es. nella nota riportata dal BERTHIER, L'église de la Minerva, Roma, I9IO. Cf. anche le schede del Terribilini alla Casanatense, nonchè due elenchi riguardanti « Pontifices et s. R. E. Cardinales sepulti in hoc tempIo etc. » (Cod. Vat. 2689, c. 27I; 8255, c. r87).

(2) L'iscrizione è in una lapide di m. 1,05 X 2,IO, ora murata nell a parete di fronte alla tomba dell' Angelico. Il suo testo è il seguente:

D'O'M ALOYSIO . CARDINALI . ARRAGONIO

REGVM . NEAPOLITANARVM . FERDINANDI . NEPOTI ALPHONSIQVE' PRIORIS . PRONEPOTI . QVI . VIXIT

ANN . XLIV . MENS . IV . DIES . XIV FRANCIOTTVS . CAR-D . VRSINVS . EX . TEST' FACIVNDVM

CVRAVIT . ANNO' MDXXXIII.

All a quale epigrafe, secondo il Ciacconio, loc. cit .. era poi unita quest'altra, metrica. Ergo C1Incta licmt Lachesis tibi, ?Iec datur ulli Evitare tuas improba posse mamts.'i' Regis ille atavis AloysiU'Nt editus, ille. C1~i roseus sacro vertice fu lsit apex . I lle uni virtus omnis cui contigit, 1tnUS Qtti contra haeo potttit vivere secla, iacet, Hett quot ?toS mortale gemts sperabilnus amlOS, Si vita est iPsis tantula 1l1tminibus.'i'

(3) Sulle vicende di tale altare e sulle iscrizioni in esso inci se vedi BERTHrER, op. cit., pago 137.

(4) Op. cit., p. 131. .~ (5) Cf. BERTOLOTTI, Artisti lombardi in Roma, voI. II, p. I06. Vi si riporta un documento

del 16 novembre 1603, in cui Am brogio Bonvicin o promette di scolpire per la Confraternita del Salvatore alla Minerva una statua di S . Giovanni Battista da porsi nella cappella di S. Se­bastiano.

JACOPO SANSOVINO. Monumento in S. Croce in Ge,ftlsalemme - Roma.

I

Ma senza pill oltre indugiarsi a riferire ricerche quasi interamente infrut­tuose (che, secondo la sorte comune degli studi, son proprio quelle che hanno richiesto magg'ior tempo e maggior lavoro), occorre ora parlare delle altre, molto più fortunate, che, sulla traccia dei dati dell'Aretino, hanno condotto allo studio di un importante monumento, che è quello « di Santacroce » .

Secondo l'uso costante del Cinquecento, il nome si riferisce, non al casato di una famiglia, ma ad un titolo cardin alizio ridotto, per b revità, in un cognome. E senza ricercare altrove altri esempi basterebbe vedere nelle stesse lettere del­l'Aretino talune che son dirette a « Santacroce» od al « cardinal Santacroce (I ), cioè allo s tesso prelato per cui il Sansovino eseguiva il monumento. Nei primi quattro decenni del Cinquecento ebbero tal titolo - quello cioè di Santa Croce in Gerusalemme - due spagnuoli che nella storia ecclesiastica occupano dtie posti importantissimi: il cardinale Bernardino Carvajal, antipapa a Milano contro Giulio II e poi rientrato in grembo alla Chiesa, decano per molti anni del Sacro Collegio (2), ed il cardinale Francesco Quignones, della famiglia De Angelis, francescano, confessore di Carlo V, intermediario tra i papi e l'impe­ratore nei loro mille maneggi politici (3) .

Ambedue son sepolti in Santa Croce nell'abside: il Carvajal in una modesta tomba parietale , collocata a sini st l~a in alto, quasi voglia avvicinarsi all'affresco del semicatino che il Carvajal s tesso fece dipingere; il Quignones in' un avello preparato. lui vivente (4) ai piedi di un grande tabernacolo in marmo, murato nel mezzo, dietro l'altare maggiore basilicale (5) . Ed è appunto questo taberna­colo, ricco di marmi e di s tatue, sepolcro ed altare nel tempo istesso, il monu­mento menzionato dall' Aretino.

Due iscrizioni corifermano questa duplice destinazione, l'una incisa sul tabernacolo. che lo dedica al S. Sacramento :

FRANCISCVS . OVIGNONES . TIT. S. CR VCIS IN HIER VSALEM . S~ R. E. PRESBYTER . CARDINALIS

NATIONE . HISPANVS . PATRIA' LEGIONENSIS . SANCTISSIMO . CHRISTI . CORPORE . DICA VIT

ANNO . MDXXXVI . KAL. IVLI .

e l' altra, tombale, nel ripiano anteriore, sollevato da tre gradini dal pavimento della chiesa:

FRANCISCVS . QVIGNONES . CARD . S. CRVCIS DE . MORTE' AC . RESVRREC. COGITANS

VIVENS . SIBI . POSVIT . ESPECTO . DONEC . VENIAT . IMMVTATIO . MEA

Dalla riproduzione fotografica della tavola annessa, dal disegno di restituzi one della fig. I, i caratteri architettonici, decorativi e scultorii dell'opera appaiono così evidenti da non richiedere ampia descrizione illustrativa. Sulla zona basa-

(I) Vedi op. cito a pagg. 62, I4u. (2) Cf. MORONT, Dizionario, vol. X; PASTOR, Geschichte der Piipste, vol. V. (3) Cf. CIACCONIO, Vitae ecc., voI. II, pago 1Og8; BESOZZI, La storia delta basilica di Santa

Croce in Gerusalemme, Roma, 1750, pago II9. (4) Il Quignones morì nel 1540 a Veroli. (5) Nel sec. XVI tale altare basilicale era tuttora quello medioevale, opera, della metà del

sec. XII dei marmorari . romani Giovanni, Angelo e Sasso, figli di Pietro . Cf. DE ROSSI, in Bullett. d'Arch. cristiana, 1875.

mentale alta e li scia , decorata 'soltanto da una croce entro un cerchio (I) nel mezzo e da due stemmi del Quignones ai la ti, si eleva uno stilobate che contiene la epigrafe dedicatoria, sormontato dal classico motivo delle quattro mezze colonne che sorreggono la tra beazione e racchiudono il vano rientrante del tabernacolo centrale e le due nicchie laterali. Al disopra d~l timpano che corona la com· posizione m ediana è un attico, fianchegg'iato da due volute syiluppantesi biz­zarramente i'n zampe leonine e terminato da un altro timpano in flesso.

Fig. L - J acopo Sansovino Monumento in , S .. Croce in Gerusalemme. Saggio di restituzione.

Entro queste linee SI svolgono sobriamente gli elementi sta tu ari ed orna­mentali e la decorazione poli croma. Nelle due nicchie sono due statue vera­mente mirabili, alte ciascuna circa m. 1,27, di un uomo maturo a destra, di un vecchio dalla lunga barba a sinistra; ambedue drOlppeggiatee calzate secondo i modelli romani, ambedue aventi in capo una corona. La figura di sinistra ha un atteg'giamento oratorio e reca in una m'ano \lt1 largo nastl:o con l'a scritta: PANEM COELI DEDIT EIS; quella di destra, calma e severa, ha un altrp ,nastro su cui è inciso: MISERATGR . DOMINVS . ESCAM . DEDlT . TTMENTIB . SE.

, . (I) Nel cerchio è contenuta l'iscrizione: ABSIT GLORIAR;' ,NISI IN CRVCE.

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I due sacri versetti, simbolicamente riferiti all 'Eucarestia, sono di Salo­mone il primo ( l), di David il secondo (2), e ci dicono quindi chi siano i perso­naggi rappresenta ti nelle due figure reg-ali_

N el mezzo due ang-eli scolpiti sporgono in altori lievo da un plinto e reg­gono una targa su cui è scritto: HIC DEVM ADORA_ Sopra è il ciborio in forma di tempi etto dorico r?tondo sormontato da una cupola , ed ha ai lati due angeli in bronzo ing inocchiati_

Equilibrate nelle masse e di una fine purezza nei profili sono le modana­ture architettoniche; eleganti i capitelli co rinti, nei cui fogliami è eviden te la ispirazione da quelli d el tempio di Vesta in Tivoli; molto meno accurati invece come composizione e come fattura tutti g li elementi dell a zona superiore, dei quali i più caratteristici sono la conchiglia racchiusa nel timpano che corona l' at­tico, i due candelabri late rali in forma di tozze balaustre a rrotondate, le volute e le mensole di tipo mosso e vivace_

La colorazione, che è elemento essenziale della composizione decorativa, è ottenuta mediante variati marmi, quasi sempre autentici, ma in qualche zona anche imitati a pittura e mediante dorature sottili. Sono di p orfido le due colonne di m ezzo e di portasanta le due es treme, di verde a ntico il fregio, di a fricano il riquadro dell 'attico ed il triangolo del timpano principale, di m armi giallo e rosso -la croce ed il 'cerchio di cui è inta rsiata la 'zona basamentale, di ma rmo grigio azzurrognolo venato la supe rficie concava delle nicchie; ed è forse d ello s tesso colo re, da cui riceve così delicato risalto il bianco delle figure sc01pite, il fòndo d el vano centrale poi ri cop e rto da una scura tinta bituminosa_

D o rati sono i capitelli, le basi, i fogli ami e le zampe leonine laterali all' at­tico, le nervature della conchig-lia del timpano , le strie verticali ch e sotto la cornice, all'altezza dei capitelli dividono lo spazio in tanti quadrati a lternativa­mente bianchi e violacei, ed i listelli, i tondini, le gole so ttili nelle mòdana­ture, ' non della zona inferiore, ma di tutta la media e la suprema_

Non senza alterazioni gravi è pervenuta a noi la belli ssima opera. Nelle radicali trasformazioni della chiesa compiute nel Seicento e nel S ettecento, essa deve essere stata rimossa e poi rimurata e ri alza ta allora di tutto il zoccolo in feriore che ora aggiunge peso soverchio alle proporzioni della zona basamentale e turba i rapporti di tutto l'insieme_ Anche, è s tato ag-giunto in tale occasione il bal­dacchino superiore, decorato della croce e dell'uva simbolica , che taglia l'attico e ne nasconde il coronamento, sottraendo all'effetto della m~ssa architetto­nica tutta una zona in alto, proprio quando se ne aggiungeva un'altra nel basso. La targa che contiene l'isc rizione: HIC DEVM -ADORA è s tata inquadrata entro una cornice barocca di ottone con un ornato a conchiglia ed un festone; e nel marmo, dipinto a bronzo, d el fondo sono state inserite le lettere in rili evo, che forse p e rò seguono l'epigrafe incisa precedente. Il fondo del vano centrale e quello del plinto hanno preso quella colorazione nerastra che muta i valori degli oggetti e violentemente distacca le due figure rilevate. Infine sono certo ~lementi aggiunti i due angeli di bronzo, così irrazionalmente disposti sop ra gli altri due in ma rmo, e così diversi da tutto il resto p e r materiale, per atteg­g iamenti e pe r s til e.

Non è quindi difficile da queste osservazioni p assa re ad una restituzione, sicura nell'insieme, della forma originaria; ed è quella che appa re nel bozzetto

(I) Dal Liber Sapientiae, c. XVI, v. 20.

(2) Dal Salmo !IO, v. 4 .

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disegnato nella fig . 1. In modo quasi inatteso ritorna con essa il monumento alla sua armonia ed al suo equilibri o, da cui lo h a nno ta nto allontanato le modi­ficazioni subì te ; non g randissime prese ognuna per sè, ma tali, sommate insieme, da a lterare pro fo ndamente la bellezza ed il sig nificato artistico di un'opera di una grande finezza a rchitettonica e decorativa. Solo questo può spiegare come essa sia passata completamente inosservata agli studiosi e come neanche per incidenza ne abbiano fatto menzione trattati e g uide nel p erco rrere il vasto campo dell'arte in Roma.

A nche cosÌ riportata alle antiche linee appare inneg'abilmente di altezza esagerata tutta la zona basamentale del monumento. È molto probabile tuttavia che ivi fosse colloca ta originariamente una m ensa d'alta re , o di marmo, ma solo in parte aderente al fondo, quale sarebbe ad es. una tavola retta da balaustri, ovvero in legno, di carattere posticcio , quasi mobile, ad dossata al­l'opera ma rmorea. L'esempio più tipico di tale disposizione è quello dell'altare di Santa ' Cita del Gagini a Palermo, ch e anc1~'esso mostra un alto basam ento nudo e liscio, da cui risulta spostato ora troppo in su il centro di gravità a rtis tico dell'altare; t ale basamento indi ca con evidenza l'innesto di una m ensa anteriore, la quale con la sua sporgenza e forse anche col suo ornato doveva riportare equilibrio in tutta la composizione.

Malgrado ciò non si è ritenuto d'introdurre tale elemento nel disegno di restituzione per non mescola re in esso ipotesi non ben precisate ai dati :;; icuri.

D elle trasfo rmazioni di cui si è testè disco rso dà sovratutto testimonianza il monumento stesso; ma per alcune di esse aggiungon o qualche conferma di documentazione gli scarsi elementi che qua e là possono trovarsi in stampe od in pubblicazioni speciali. D elle prime ha singolare importanza una incisione del Maggi (1), relativa alla Basilica Sessoriana, la quale intorno alla veduta d 'insieme, riproduce i nove altari pri ncipali. Tra ques ti l' alta re del Sacra­mento è chiamato Altare maggiore ed è raffigurato privo del baldacchino superiore e diminuito del forte zoccolo; " appaiono invece già al loro p osto i due angeli di bronzo, che reggono ed apro no un drappeggio into rno al ciborio, e si dimostrano così essere un'aggiunta anteriore ai primi anni del S eicento , in cui l'incisione deve essere stata eseguita.

Quanto alle descrizioni del Seicento e clel Settecento, sorvolando sui cenni brevissimi che ne danno i libri aventi p e r oggetto le s tazioni o le basiliche romane (2) (tutti assorti nella leggenda di Sant'Elena e nel racconto del ritro­vamento della g rande reliquia nel Quattrocento), l'unica che assume una qualche ampiezza è quella del Besozzi (3), il quale ci descrive « la bellissima macchina di marmi pretiosi », ne chiarisce il carattere di alta re ed insieme di tomba, e, nel riferire che Benedetto XIV « h a lascia to il S5. Sacramento nel primitivo luogo, cioè in alto della macchin a », fa una lunga disquisizione sul modo di

(I ) La incis io ne fa parte (ta\' . 78) d i una importante raccolta di sta mpe roma ne edite dal De Rossi, che trovasi alla Bibl. roma na Sarti (Col. I3, F. I9).

(2) Cfr. ad es. P. UGONIO, H istoria delle Stationi di Roma, Roma, I588, pago 208; PAN­VINIO, Le sette Chiese (ed. Lanfranchi ), Roma, I570, pago 277; G. S EVERANO, Memorie sacre ecc., Roma, I630, p ago 624; FEUNI, Trattato delle cose meravigliose ecc., pago 25; FRANCINT, Sta­tioni. pago I3I; BAGLION I, Le nove Chiese, Roma, I639, pago 139, ecc.

(3) BEsozzr, op. cit., p ago 32 e pago 93.

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tenere i ta be rnacoli (I). P a rla p oi del cibori o di bronzo, d el p ia no a nte ri ore ch e se rviva ad alza re il trono pontifi cio, delle s t atue d ell 'alta re , di cui di ce autore il M ade rno ; e cad e con quest e asse rzioni in altre tta nte inesa t tezze , poi ch è il ciborio non è , e fo rse non è s ta to m a i, di bronzo, e la sedia pap ale non può esser s tata elevata in m ezzo, su di una tomba, lasciando alle sp alle l' alta re eucaris ti co, ed infine l' a ttribuzione al Mad erno p otrà, se mai , ri fe ri rsi ai due angeli di bronzo aggiunti , n on ce rto alle principali fig'ure del m onumento.

Il B esozzi ed altri si indug ian o altresì su alcuni ele­menti accesso ri p rossimi all'altare ; così ad es. sui sedili di marmo p osti tutt'intorno alla tribun a e sulle infelici pitture a finto m a rmo della p a rete, ope ra, com e ci dice il Pascoli (2 ), di Nicolò da P esaro. Niuno invece accenna ad alcune ope re d eco ra tive ivi prossime che pure h a nn o un n otev ole v alore d' a rte , cioè a i quattro grandi candela bri in fe rro b at­tuto collocati n el presbiterio (fig. 2), ch e proba bilmente furono d es tina ti in orig ine ad esser p osti into rno all 'alta re del Sacra m ento. Pur senza raggiungere l'importanza d ei maggiori esempi coevi, quali quelli di S a nta M a ri a in Orga no a Verona, del S anto di Padova, del Museo d el B argello a Firenze, d ella Cattedrale di Rovigo, ecc., t ali candelabri, dalle robuste basi diretta m ente imitate da m odelli classici, dalle sottili e la rghe foglie e dalle g hirlandette ch e rive· stono il fus to , h anno una eleg anza di li nea ed una squisi­tezza di esecuzion e n ei particolari ch e m erita no di essere

fugacemente segn ala te. Chiusa ques ta breve digressione , occorre torn a re al

monumento ed ai suoi ca ratte ri stili stici n ella scultura e nella g enerale composizione.

L'opera di scultura v e ram ente insig ne è in esso da ta dalle du e s tatue d ei profeti. Forse anzi di m an o del San­sovino, oltre ch e il di segno generale dell 'op era , non ci sono che quelle; ed il resto è op era di aiutanti e di ese­cutori, abili ssimi n ell'intaglia re l 'o rn a to d egli st emmi e dei capitelli , m a non m olto vale nti n eilo scolpire le due figure dei due a ng eli nella zona centrale , imita te da antich e s tatue

di Vittorie, m a goffe e p oco proporziona te (3) . L'opera diretta di Iacopo S a nsovino p e r le due s ta tue

Fig. 2 . Ca ndelabro in fe rro battuto nel pres bite rio d i S. Croce in Gerusalemme.

principali è dimostra ta sì dalla somigli anza di tipo e di atteg g iam ento con tante

(I ) Non è priva d'inte resse tal e trattaz ione, di ca ratte re liturgico, specialmente riferita ad un esempio infreque nte , come quello di Sa nta Croce ; in cui cioè non solo si associa un sepolcro ad un altare, ma si ritorna per il cibori o di custod ia de ll' E ucaristia al tipo medioevale del tabernacolo, o conditoriulIt , murato nell a pa rete. (Ved i su tale soggetto H . GRISAR in Civiltà Caltolica, 1896, p. 469). Gli e sempi prossimi che specialme nte meritano menzione a tal proposito sono l'altare di S . F in a nell a Cattedrale cii S . Gemig na no e l'a ltare del S acra mento, di A ndrea Sansovino , in S. Spirito a Fire nze.

(2) L. PASCOLI, Le vite ecc., 1, 242.

(3) Occorre t uttavia notare che l'attua le e ffetto poco felice è accentu ato dal fo ndo nera· stra che tag lia le fig ure invece di unirl e ne lla supe rficie; ed anche che la ma ncallL:a d i g iu ste proporzioni è esagerata nella fot ografia, presa da un punto di vista 1110lto più alto di quello ordinario.

lO - Bot/. d 'A ,-le.

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altre ope re note , com e da quélla virtuosità s traordin a ria nella tec ni ca del mod el­lare e d ello scolpire , in cui il S a nsovin o forse non ebbe l'uguale. La m ossa della figura nell'atto di iniziare un passo, il volgersi a «tre quarti» d ella t esta, il modello d el vestiario e dei calza ri, il tipo dei capelli e d ella barba si ritrovano in quasi tutte le fig'ure maschili dell 'artista, d al S. Iacopo di Firenze alle statuine d egli Evangelisti nel presbite rio di S. Marco. La testa d el S alomone somiglia ad un gran numero di teste di vecchio da lui scolpite ; e vi accusan o pare ntela i barbuti infedeli dei bassorilievi del pergolo di S . Marco, e, più ancora, il vec­chio ch e trovasi al primo pian o del rili evo rappresentante il miracolo di S. An­tonio n ella chiesa del Santo i n Padova.

N elle vesti so ttili, aderenti ai co rpi, sapie ntem ente mod ellate, si tro va quella m e ravig liosa finezza di fatt ura ch e fa dire elel Sansovino a l Vas ari (r) ch e « mo­strò come si lavoravano i panni traforati, a vendo quelli condotti tanto sottil­m ente e sì naturali che in alcuni luoghi ha campato n el m a rmo la g rossezza che il na turale fa nelle piegh e ed in sui lembi e nella fin e d ei vivagni del panno », e, p oco dopo, ch e « i suoi panni n el marmo erano sotti li ss imi e be n condotti co n belle pi egone e con fa lde che mostravano il vesti to ed il nudo ».

In particola re il modo con cui si a vvolge il vestito intorno a l corpo elel David ed il recamo che ne decora il lembo, rico rdano in modo st rao rdina rio l'opera forse la più finita e perfetta del Sansovino, cioè la s tatua eli S. J acopo in S. Giacomo degli Spagnuoli in R oma.

L'op e ra scultori a di J acop o Sansovino può, com e la sua vita artistica, di­vidersi in tre p e riodi; nel p e riodo 'fiorentino si afferma l' a rmoniosa e leganza toscana ; nel breve p e riodo roma no si manifesta il virtuosismo tecnico, e quasi può dirsi la cifra, di un'a rte trita ed accuratissima, nobile, ma t'redda e n on grandiosa, lontana ancora dalle vaste con cezioni michelangiolesche , e pill ch e altro alla rice rca di una mi ra bile finitezza n ella disp osizion e e nei p a rticolari (2 ) ; il periodo veneziano reca infine , pur nella grande disuguaglianza delle mani­festazioni, un pila vasto respiro, una la rg'hezza ed una varietà nuove nello studio delle m asse, un'espressione di vita nei volt·i e nelle move nze , una maggior forza di concetto unita sempre alla eleganza classi ca d ella forma , ma talvolta anche un a esecuzione più affrettata, e p erfino scadente, in confronto dei precede nti p e riodi.

L e statue d el monumento di S a nta Croce in Gerusalemme, pur apparte­nendo ad un tempo in cui già, nella vita dell'artista, la dimora, più o m en o s tabil e, in Venezia, era iniziata da vari anni (tanto che è da suppo rre che il Sansovino abbia profitta to, p e r eseguirle , di alcune dell e sue frequenti (3) as' senze es tive), s i ria nnodano direttamente alla ma ni e ra roman a , delle tre

( I ) Op. e loc. cit., pago 491 e 512 .

(2) Q uesto carattere del periodo sansovi nescu roman o pe rderebbe di sicurezza e di unità se ve ram ente fossero da attribuirsi al maestro come fa 1;1 PITTONI (op. cit., pag o 126 e seg.), o pere come il S. Sebastiano in S. G iovann i D ecoll ato e la lunett;1 de lla Chiesa de ll 'An ima, ed a ll a s ua scuola il S. Giovanni Battista cle li a M·inerva. Ma la prima d i q ueste, goffa ed ina bil, me nte eseg uita , no n può essere che cii un o scu lto re d ' infim'ordine; la lunetta dell 'Anima sembra piuttosto - e la P ittoni stessa lo accenn a - cle li a scuola di Andrea e non cii J acopo Sanso­vin o; il S. Giovanni clèlla Min erva è , come abbiamo v isto precede nte me nte, del Seice nto.

(3) Cfr . VASAR1, Note del Milanesi, voI. VE, pago SII. Non è improbabil e che il diritto di allo nta narsi ogn i a nno alcuni mesi per i propri affa ri fosse regolarmente stabili to t ra maestro J acopo e le ammini straz io ni ve nezian e per le quali prestava la sua ope ra, a nal ogamente a qua nto ~rd fi ssato pe r Andrea Sansovin o a Loreto.

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che si sono o ra distinte, ed hanno le massime affinità col S. Jacopo Sllaccen­nato e con la Madonna di S. Agostino.

* * * Venezia ed il tempo hanno invece sulla composizione architettonica e sul

concetto deco ra tivo direttamente avuto influenza.

(Fot. Alina.'i).

Fig. 3· - J acopo San so vino. Monumento,in S. Marcello in Roma.

Se questa composIzIOne e questo concetto noi mettiamo a confronto con quelli a cui è ispirato il monumento del cardinal di Sant'Angelo in S. Marcello, scolpito circa sedici anni prima, vediamo quale grande cammino l'artista abbi a percorso. Certo ci potrebbe riusci re di un grande inte resse conoscere le fermate intermedie di questo cammino in cui egli è venuto acquistando una personalùtà nuova, e determinare questi successivi momenti , non già con uno sguardo ge­nerale dato alla ua multiforme attività, ma con un esam e comparato di opere di tipo analogo e di tema affine . Ma pur troppo questo non ci è ora possibile:

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nulla sappiam o di quella tomba p el duca di Sessa (I ) di cui , nel 1525, secondo quanto documenta il Gotti (2), Michelangelo cedè al Sansovillo l 'incarico; scom­parsa è , come già s i è detto, la tomba del cardinal d'Aragona scolpita nel 153 3 (già nel tempo della dimora a Venezia) ; i vari disegni di sep olcri e di edicole che nella raccolta degli Uffizi a lui si a ttribuiscono (3) non sono certo s uoi, p oichè una enorme differenza n ello s tile e n el m odo del di segna re li separa da quei pochi ch e sono veramente autenti ci (4) .

Così il confronto tra le due opere cosÌ lontane divien e di contrasto, poichè non può seguire un a continua ca t en a ch e le colleghi.

Non certo è qui necessario soffe rm arci a lun go sul monumento che il V a­sari e l'Aretin o elico no di «Agine nse », del quale n on m ancano s tudi ed il-

. lus trazioni (5). Basti ramm entare che esso fu fatto erige re intorno al 1520 da J acop o Orso da Chioggia in m emori a dello zio, Giovanni Michi el, cardinale di Sant'Angelo, m orto di veleno n el 1503, e del fra t ello Antonio Orso, ve­scovo agiense, prelato insigne per dottrina, m o rto nel 1513. D el Michiel è la

: figura centrale do rmi ente sull'urn a, dell'Orso quella giacente a i suoi piedi su di un letto -sostenuto da una catasta di libri , ch e sta a ri cord a re la munificenza d ei suoi doni alla Biblioteca di S. Marcello . Il monumento ci è pervenuto com­pleto a rchitetto nica m ente e decorati vamente, incompleto per quanto rig ua rda la scultura; poich è, com e g ius ta m en te osserva la Pittoni , le quattro statue

, la te rali, le due delle nicchi e e le altre due supe rio ri, sono s ta te aggiunte in t empo posteri o re, ed il bizzarro co ronam ento cQi due putti che reggono lo stemma , è stato eseguito in modo affrettato ed in organi co.

Nell'arte di Jacop o Sansovino, questo monum ento (vedi fig. 3) di S. Marcello h a, pur nella perfezione delle pri ncipali figure scolpite, un duplice carattere nega­tivo: l' assenza di un vero e fort e sentimento architettonico; la deri vazion e diretta e quasi p edissequa, da lle fo rme e dai concetti eli Andrea Sansovino. Certo ancora quelle linee fiacche e m ancanti di rilievo non fanno davvero presagire il meraviglioso a rchitetto della Zecr:a, dell a Libreria Ma rcia na e delle altre opere ch e, secondo 1'espressione dell ' A retin o, «dan compimento a lla pompa» di V enezia; a n cora i nvece non appare in esse ch e uno scolaro di Andrea Contucci, ab ilissimo specialmente « nel fa re dei panni e n ei putti » come dice il Vasari, m a m o lto in fe rio re a l maestro nella composizione a rchitettoni ca ed ornamentale.

I r affronti ch e chiaramente dimostrano tutto questo possono istituirsi coi capolavori di Andrea Contucci, quale l 'altare del Sacramento in S. Spirito di Firenze e le d ue tombe in S . Maria de l Popolo, dalle quali ultime la tomba di S. Ma rcello direttam ente deriva. Ma non è forse privo d'inte resse il soffer­ma rsi un momento per aggi unge re a i tanto conosciuti esempi sudde tti, due altri, poco noto l'uno, ignoto fin o ra l'altro, i quali se non ci rivelano alcun aspetto nuovo n ella fig ura artistica di maestro Andrea, pure contribuiscono a

(I) È questi Gonzalvo di Cordova , creato duca di S essa da Ferdinando V di Na poli , e che si trovò q uasi costa nte mente in Roma, in rappresentanza de ll 'imperatore, negli a nni di Adriano VI e nei successivi. Cf. G. PASOLINI, Adriano VI, Roma, 1913.

(2) Cf. GOTTI, Vita di Michelangelo, Firenze, 1875 , p. 177. (3) Disegni A rch . degli Uffizi: ColI. Sa ntare lli, ì~. I, SIlO.

(4) Ide m, idem N. 616, 5112. , (5) PITTONI, op. cit., p, 102; TOSI, M01UilJÙnti sacri e sepolcrali ecc. , tav. XXXIX; BULLO,

Di tre illustri prelati glodiensi,. segretari di pontefici, Venezia, 1900, p, 2 1.

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mostrarcela completa e ben definita e meg'lio ci permettono così di farne punto di partenza a determinazioni comparate.

L'uno di essi è la tomba del vescovo Pietro da Vicenza nella chiesa di Aracoeli; l'altro non è opera eseguita, ma un grande disegno di progetto e trovasi nella raccolta dei Disegni architettonici degli Uffizi al n. 142.

Della tomba di Pietro da Vicenza (fig. 4), morto nel r 504, la paternità al primo Sansovino non è affermata nè da isc rizioni nè da documentazione, ma risulta con assoluta certezza dal confronto delle figure scolpite con quelle dei

(Fot. A lil1a1'i )

Fig. 4. - Andrea Sansovino. Monumento a Pietro di Vicenza in S. M. d'Aracoeli

in Roma.

monumenti di S. Maria del Popolo e segnatamente col sepolcro dello Sforza, che, terminato nel r505, deve essere stato eseg'uito quasi insieme con esso. Quasi identiche le statue di rilievi della Giustizia e della Carità, e della Ma­donna racchiusa in un tondo, quasi identica la figura dormiente sul letto (r ), piena di calma e di dignità. L'armoniosa inimitabile bellezza, la maniera larga e sicura dello scolpire assicurano essere questo monumento di Pietro da Vi­cenza non già una copia di un allievo, ma opera diretta del maestro; forse è da vedere in essa l'esperimento primo per le maggiori prove dei sepolcri

di S. Maria del Popolo (2).

( I) Il Sansovino in queste tombe è stato forse il primo a rappresentare la figura g'iacente non più come morta, ma come dormiente, sollevata sui cuscini; il quale tipo di rapprese ntanza dopo di lui è diventato, se non normale, come dice il Gnoli, certo abbastanza diffuso.

(2) Vedi la riproduzione geometrica del TOSI, op. cito tav. LXIV.

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Quanto al disegno degli Uffizi (fig . 5), grande disegno di circa m. 0,30 X 0,40, esso reca una composizione ancora pitl ampi a e complessa di architettura e di

F ig . 5. - Andrea Sansovino - Disegno di monum ento sepolcrale (Dis. Arch . U ffi zi n. J 42).

scultura funera ri a. Nel centro è un a figura giovane, non pitl dormiente, ma desta ed in a tto di legge re un libro (I) ; il letto sul quale questa si leva è por-

( I ) Ln figura che si è desta, ma rim ane sul letto è rappresentazione immediatamente suc­cessiva, pe r ordine di concetto se non regola rmente per ordine di tempo, a que lla precedente­mente indicata . Tra i più interessanti so no g li esempi bolognesi, quali q uelli dei monum enti al Malavolta, al T eodosio, ad Ercole Bottrigari, uomini di scie nza che si son voluti raffigurare non in atteggiamento di riposo, ma co n la mente ancora e perennemente tesa a1) o studio.

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ta to da un a sovrapposlzlOne di basamenti e di urne, ed è so rmontato da un bald acchin o, entro cui è pos ta, in un medaglio ne, una Madonn a col B ambino. Nelle ni cchie quattro statue rappresentano S . P ietro, S. Paolo, S. Giovanni ed un altro Sa nto ; basi, stilobati ed a tti co sono ricop erti di basso rili evi rapida­me nte schizzati , a lcuni di soggetto .. ac ro, a ltri di scene di battagli e. Tutta ques ta scultura è inquadrata in lin ee architet to ni ch e che direttamente si rian· noda no a quelle dei sep olcri a l P opolo, ma in cui si sos titui sce all' unico ordine, s ul qua le so rg-e l' a rco centrale, segue nd o lo schema dell'..n_ , un a so­vrapposizi one di ordini, che racchiude tale a rco ; e la lll assa ne ri sulta p ill co m­pli cata e confusa ( r).

Sul di segno è scritto in cara tte re sta mpatello : A71dTea Cò ntucci dal J1/o7tte S ansovino sc~dt. , e l'i sc rizione sembrami debba assegna rsi a ll o S camozzi, od a chi p er suo co nto av rà ordin a to la sua raccolta d i d isegni (2 ; ; ma p er q uanto ag g-iunta in tempo eli poco p oste ri ore, non sarebbe sufficienle pe r un a a ttribu­zione sicura , se non inte rve nisse ro i raffronti s tili s ti ci, se non co n altri di segni (poichè a nco ra su qu es ti p er An d rea Sansovino, più ch e p er J acopo, l'oscuri tà è quasi compl eta), con le opere autentiche. E così questa sicurezza ci da nn o il tipo della nobile fig ura principale, simile alle altre figure tombali suaccenn ate, il g ruppo raffigura to nell'attico, ch e riproduce in tutto la Pietà del p aliotto nell 'alta re del Sac ramento in S. Spirito eli F irenze, e g li a ngeli ch e reggono i ca ndelabri , ed i p a rti cola ri dell'o rnato, sp ecialmente gli intrecci di pilastrini nell' atti co, ed il motivo architettoni co dell'insieme.

La data del progetto, che certo non fu tradotto in a tto, può fo rse p orsi pos teriore alquanto alle tombe di S _ Ma ri a del P op olo, ri sp etto le quali pre­senta uno stadio più evoluto sebbene molto m eno felice, ed a nteriore all'ini zio dei lavori in L oreto , in cui l'o rnamento della Santa Casa (faccia o no cap o ad un a prima idea del Bramante) (3) ri sponde ad un più ampio e forte co ncetto a rchitettoni co: tra il 1507 quindi ed il 1513 .

Ritorna ndo ora , dopo questa dig ressione, a 1. monumento eretto da J acop o Sa nsovin o in S. Ma rcello, i te rmini di confronto che si sono p os ti ci mos tra no la derivaz ione evid e nte. L a fi g ura, sollevata su di un fi anco , del cardinal di Sant' A ngelo è ancora la figura di Pietro da Vicenza o del cardinal Girolamo Basso della -Rovere ; ed analog-hi a i _ sep olcri di Santa Ma ri a del P opolo so no, non solo il concetto architettoni co , la di sposizi one gene rale, ma anche i pa r­ticola ri : il tipo dei capitelli, la forma delle nicchi e, le sagome delle co rnici, tra cui quella dell'a rchivolto, di esile la rg hezza, decorato da un ordin e di fu­saruole. Solo le prop orzi oni sono più timide, nella zona centrale ; paras te si so-

- sti tuiscono alle mezze colonne, e la co rnice u di esse è pi ccola e di poca sp or­genza, mentre invece molto maggiore importa nza è assunta dalla corni ce di coronamento.

( I ) Q ueste applicazio ni degli o rdini a rchitettonici a tombe e ad altari del Rinascimento, rappresentano altrettante variaz ioni del tipo degli archi trionfali roma ni_ Motivo an alog-o a q uesto de l diseo-no sansovinesco trovasi, ad esempio, ne ll 'a ltare Piccolomini dell a cattedral e di Siena, nell'altare di And rea da Mila no nella Sacrestia d i S _ Ma ri a de l Po polo in Roma, ecc_

(2) Agli Uffi zi si ri tengono siffatte iscri zioni di Giorgio Vasari : ma mi fa propende re per lo Scamozzi il ritrov:lrne alcllne analoghe in di seg-ni a rchitettonici suoi, poste ad ind ica re , non già titoli o dati esteri o ri, ma note spi cciole attin enti diretta me nte a l sig nificato cl ell e p iante e dell a sezio ni delineate .

(3) Vedi su questi lavo ri la t rasc rizione de i docume nti lauretani fatta da l G ian ui zzi (Mss. della Bi bl. da Direzione p _ le A ntichità e le B. Art i), vo I. IL

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Così nel 1520 J acopo Tatti ancora non appare svin colato menoma,mente p er quanto riguarda composizione architettonica e deco rativa, dalla scuola del Maestro dal quale aveva preso il nome; e, del resto, pure le opere di vera a rchitettura eseguite nel corrispondente periodo romano sono ben lung i dal rivelarci un a verçt p ersonalità origin ale e forte: g li interni di S, Marcello e di S, Giovanni dei Fiorentini non ci most rano che le solite forme senza un con­cetto nuovo" A Venezia invece fin dai primi anni la figura dell'artista si affe rma subito nelle manifestazioni a rchitettoniche e prosegue sicura nella sua strada gloriosa, La formazione dell'architetto è stata tarda ed h a richiesto una lunga m aturazione, ta nto quanto invece e ra s tata quella dello scultore precoce.

* * * Nel monumento di Santa Croce in Gerusalemme è g ià il riflesso di questo

nuovo sentime nto di sicurezza e di forza: è l'opera di un a rchitetto che domina la forma e ri cerca negli effe tti della massa e dell io rnato nuove espressioni, che sostituisce alla minuta sov rabbondanza decorativa il ritmo e perfino il contrasto tra la sempli cità e la ri cchezza.

In questo p assaggio tra due così differenti t endenze espresse nei due mo­numenti, c'è tuttavia in parte l'evoluzi one dell' a rtista, in p arte quella del suo tempo. Sul tema elegante del sepolcro o dell' alta re il primo Rinascimento si era a tta rdato più che su di ogni altro, ed aveva seg'uitato ancora in pieno Cin­quecento a ricoprire di finissimi intagli le superficie , lasciando all'Architettura il fornire ad essi i riquadri, senza assumere, altro che in casi di eccezione (come appunto nelle suddette tombe in S. Maria del Popolo, come nella tomba Ven­dramin a V enezia e nelle altre affini), un a funzi one diretta d'Arte. Il risveglio e la trasformazione sono state quindi rapide e brusche. « L'a rchitetto e lo scul­tore statuari o » , come ben di ce il Gnoli (I ), «cacciano affatto di posto lo scultore decorativo » , E d ecco apparire come monumenti-tipo la cappella della Madonna a L o reto, la tomba Mocenigo, di Tulli o Lombardi, in Ss. Giovanni e Paolo a Venezia (2) , la piramide del monumento di Agostino Chig i in Santa Maria del Popolo a Roma , (3) il sepolcro in ma rmo del cardinale A rmellini a Santa M'Iria in Trastevere, quello di Adriano VI in Santa Maria dell' Anima, (41 e pill t a rdi le tombe di Leone X e di Clemente V II, quella di Piero dei Medici a Mon­tecassino , ecc.

Questo ritardo di fase h a avuto anzi due conseguenze notevoli, l'una in contrasto con l'altra, in opere tra loro contemporanee e pur differentissime per s tile . D a un la to la tendenza quattrocentesca, affidata alle positive ragioni del tirocinio professionale di artisti e di m aestranze, prosegue ancora avanti e viene

(I) GNOL1, Have Roma, Roma, 1909, pago II9, (2) Su questo monumento, di cui sono notevolissime le a ffini tà con quello del S ansovino in

S, Croce in Gerusalemme, vedi P AOLETTI. Architettura e sculbwa in Vmezia, Venezia, 1903, p, 215 . (3) Vedi GNOL1 in A,'clzivio storico dell'Arte, val. 1. L 'argomento principale per l'attrilm­

zione a Raffaello è, come è noto, dato da un disegno della collezione degli Uffizi ; m a la scrit­tura, è, in quel disegno, veramente""di Raffaello?

(4) Per la data dell' importante monumento elevato dal Peruzzi ad Adriano VI, vedi PASOL1N1 Op, cito, p, 122, SCHMIDLIN, Geschicltte der Anima, Freiburg, 1906, p , 2ì9, Per la restituzione dei suoi ele me nti scomposti, ed in particolare dell 'atti co, vedi il disegno conte­nuto nel C1A CCONIO, op. cito, nonchè un bozzetto del Peruzzi stesso conservato nell a colle­zione del Louvre (N, 1410), che certo si rife ri sce all'attico suddetto.

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a trascinare architetti quali il Sangallo nella cappella Cesi alla Pace, od .il San­micheli nell'altare della Visitazione nel duomo di Orvieto; dall'altro la t en­denza cinquecentesca, una volta invalsa, porta presto con sè espressioni archi­tettoniche e deco rative pill spinte: le cai-telle e gli s temmi e le targhe varie e mosse, le urne m ass ive, le colonne inalveola te, i timpani spezzati.

A tale ordine di soluzioni appartiene il monumento Quignones in Santa Croce; vi appartiene per l'alternanza di zone lisce ed adorne, pei forti rilievi, per l'alto attic'o, per la libe rtà ornamentale delle volute che lo fianchegg-iano; e, più che tutto p er il colore dei marmi, introdotto non come cosa accessoria, ma come elemento organico, come m ezzo principale d ella composizione.

In questo concetto nuovo della ricerca dell'effetto cromatico è il valore principale dell'opera del Sansovino in Santa Croce in Gerusalemme. In Roma fino ad allora solo in casi sporadici, quali la cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, il monumento di Adriano VI all'Anima (di tre anni s.oltanto ante riore), la policromia affidata all'unione di varie qualità di marmo aveva fatto la sua comparsa. J acopo Sansovino la porta ad una vivace tipica espressione, dell a quale evidentemente ha tratto l'ispirazione a Venezia: la città in cui il colore forma parte integrante dell'architettura, e dove non mancano esempi della sua applicazione a monumenti funera ri fin dai primi decenni del Cinquecento (r) . Lo schema a rchitettonico, corretto e calmo, toscano e romano, risulta così inso­litamente ravvivato da questo innesto del sentimento coloristico veneziano. Poi il sistema diviene normale. Non passeranno trent'anni ed il colore trionferà nell'interna decorazione delle chies~ , nei pavimenti, negli altari; e dirà il Vasari: « veggiamo questa giunta alle altre industrie degli ingegni moderni e che i scultori con i colori vanno nella scultura imitando la pittura» (2 ).

Quanto all'opera del Sansovino, essa segu:ta poi ad evolversi. Tanta distanza corre (rimanendo sempre nell'analogia del soggetto) tra il monumento di S, Marcello e quello di Santa Croce in Gerusalemme, quanto tra questo ed il monumento V eni er in S. Salvatore a Venezia, i cui elementi sono dati da l­l'architettura forte e massiccia, dalla statuaria vivace nelle espressioni e negli atteggiamenti, dalla decorazione architettonica, basata sul colore, che quasi esclude la decorazione ornamentale,

Sono dunque queste citate tre t appe nell' a ttività dell' a rtista; e l'opera ora determinata, a cui fa capo quella m èdia, acquista per ciò importa nza e signi­ficato. È, nel campo dell' Architettura decorativa, la modesta so rella minore della Loggetta del Campanile.

GUSTAVO GIOVANNONL

(I ) Vedi ad esempio il caratteristico monumento, eretto nel 1525, al senatore Bonzio in 55. Giovanni e Paolo.

(2) VASARI, Le Vite, voI. ultimo : « Vita di Li one Lioni », ecc.

11 - Bott. d'A.r te .