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DICEMBRE 2013/ GENNAIO 2014 MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA www.valvibratalife.com Photo Credits: Nicola Cericola ValVIBRATA life TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’ AMICI A DUE ZAMPE

Val Vibrata Life edizione Dicembre/Gennaio 2013/14

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VAL VIBRATA Life è un giornale Free Press dedicato al territorio della Val Vibrata e dintorni.

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ValVIBRATAlife ARTE CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

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AMICIA DUE ZAMPE

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" Tu che sei la nostra musa ispiratrice "

Buone Feste

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" Tu che sei la nostra musa ispiratrice "

Buone Feste

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Cari lettori,Vi risparmio il tedio sull’economia che non va, delle facce di bronzo della politica becera e corrotta, del grigiore del tempo presente. Vorrei mettere in “off” quella parte del cervello che porta a pensare e ad elaborare strategie di sopravvivenza. Vorrei farlo, se fosse davvero possibile, in occasione di queste solennità per regalarci giorni di serenità, di giubilo per l’avvento del Signore, di spensieratezza ma soprattutto unità. Unità fra gli uomini e in famiglia che troppo spesso manca e non sempre per colpa di qualcuno vicino a noi ma di qualcuno più lontano. Per colpa, anche, di qualcosa che c’è ma non tocchiamo: il sistema, che muove i fili della storia e dell’esistenza.Una sorta di dio nascosto che temiamo possa scatenare prima o poi la sua ira. Vorrei mettere in “on” il cuore di ognuno perché torni a pulsare di gioia portando ad accen-nare la lucentezza degli occhi e a far sorridere i visi spenti. Vorrei che il miracolo della nascita di Gesù s’accompagnasse al miracolo dell’uomo che risorge e rifiorisce, che ricerca nell’altro il prolungamento del sé, che non viva la sopraffazione dei numeri, del forte sul debole, del ricco sul povero. E’ solo speranza la mia, ma voglio credere che sia ancora possibile non solo sognare ma pretendere per avere. Animato daque-sto anelito vorrei incrociare lo sguardo di ogni lettore per augurare con sincerità un Natale spogliato delle vestiti dello sfarzo, del lusso e dei beni effimeri. Ma, al contrario, adornato di amore, gioia e unità. Le uniche cose di peso che contano e sfuggono, per fortuna, alle leggi dell’economia che un cuore non ce l’ha.

L’EDITORE, IL DIRETTORE E LA REDAZIONE DI VVL

AUGURANO BUONE FESTE

DIRETTORE RESPONSABILEAlex De Palo

SEGRETERIA DI REDAZIONEVirginia Ciminà

HANNO COLLABORATOAlfonso Aloisi, Federica Bernardini, Marco Calvarese, Valeria Conocchioli, Anna Di Donato,

Martina Di Donato, Noemi Di Emidio, Alessandra Di Giuseppe, Francesco Galiffa, Giordana Galli,Virginia Maloni, Bruno Massucci, Stefania Mezzina, Michele Narcisi, Nando Perilli, Andrea Spada

EDITOREDiamond Media Group s.r.l.

Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE)Tel. 0861 887405 - [email protected]

VAL VIBRATA LIFEReg. Trib. di Teramo n° 670\2013

GRAPHIC DESIGNMilena De Palo

GRAFICADiamond Media Group s.r.l.

STAMPAArti Grafiche Picene s.r.l.

PUBBLICITA’[email protected]

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03Alex De Palo

Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale

NATALE DI “RESURREZIONE”

ALEX DE PALO

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ARCADIO SPINOZZIL’UOMO E LA STAR

ARTE,IO NON TI...RIFIUTO

SCIPIONEIL RADIOAMATOREDEI RECORD

IL TRATTO DI MATITADI GIORDANO BUCCI

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E PER DISCARICA LA CAMPAGNA DI

COLLERANESCO10

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COME TI TOLGO L’INVIDIA

CHRISTMAS APERITIF PER LA COMUNITA’ ITALIANA

VIBRATIANI “SIR” D’INGHILTERRA

LA SATIRA DI PERILLI

INTORNO AD UN CHICCO DI GRANO

VAL VIBRATA LIFE BABy

FINANZIAMENTI OLTRE LE BANCHE

FILIPPO GRAZIANI SBARCA A SAN REMO

BELLEZZA

LUDOPATIA, qUANDO è IN “GIOCO” LA SALUTE

CINEMA

RICETTE

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CARITAS E CANALBACAMPIONI DI SOLIDARIETA’

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Val Vibratasotto la coltre bianca

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TERRITORIOVal Vibratasotto la coltre bianca

Photo Credits: Bruno Massucci

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Alcuni la chiamano invidia, altri malocchio, ma cos’è quest’u-sanza così radicata nella nostra cultura? Entrambi i termini etimologicamente indicano un guardare contro, male e quindi gettare il malocchio (mal’ occhio). Curiosando un po’ tra i ricordi di alcune signore, abbiamo cercato si carpire loro qualche piccolo segreto su questa pratica popolare tanto dif-fusa anche nel nostro territorio. Per alcune persone, soprat-tutto le più anziane, l’invidia è considerata come una vera e propria malattia che si manifesta principalmente con forti mal di testa. “Gl’ha fatt l’ambidia” dicono comunemente le nostre nonne, ma non si tratta sempre e solo di maldicenze e gelosie fatte con cattiveria; esse possono essere anche invo-lontarie, generate da un semplice sguardo di ammirazione o da un complimento. La facoltà di togliere il malocchio è tra-smessa di generazione in generazione nella sera più magica dell’anno, quella della Vigilia di Natale, non prima che fuori imbrunisca. A tramandarla è una persona anziana a un’altra di fiducia, spesso un familiare disposto a mantenere il segre-to sulla formula. Secondo la tradizione, chi insegna la formu-la perderebbe poi questo potere. Ci sono diversi riti, più o meno simili, per eliminare il malocchio. Quello più praticato nelle nostra zona è il classico rituale con l’acqua e l’olio, in-gredienti che non mancano mai in casa. In un piatto cupo

contro il MaloccHio non serVe l’asPirina

OLiO E ACquA BASTANO Ai GuARiTORi E iL “MAL Di TESTA” VA ViA

VALErIA CONOCChIOLI

si mette dell’acqua e si prepara una tazzina con l’olio d’oli-va. Il “guaritore” pratica per tre volte il segno della croce sulla fronte di chi vuole farsi togliere l’invidia, recita poi la formula (rigorosamente segreta) a voce bassa, quasi in un bisbiglio, intinge l’indice nell’olio e poi fa cadere la goccia nell’acqua. Se la goccia immediatamente “scompare” (si allarga), la per-sona è affetta da malocchio. Si deve allora buttare via l’ac-qua, riempire di nuovo il piatto e ripetere il rito per tre volte finchè la goccia d’olio non rimane intatta nell’acqua. Solo a questo punto la persona si è finalmente liberata dall’invidia. Nei rari casi in cui il malocchio non scompaia dopo le tre se-dute, alcuni tagliano letteralmente le gocce d’olio con le for-bici e ripetono il rito il giorno seguente. Un aspetto curioso è che molti anziani eseguono questa pratica anche senza il rituale sopra descritto e senza che la persona sia presente, ma semplicemente rivolgendo la formula agli indumenti di chi si vuole guarire.Si tratta solo di superstizione o c’è un fondo di verità? Tutti se lo chiedono e difficilmente troveranno la risposta giusta. Ma forse ciò che realmente importa è mantenere viva questa tradizione antichissima e continuare a ricordare e perpetua-re queste usanze, magari facendosele raccontare dalla voce calda e coinvolgente di un anziano.

«Fu il sangue mio d’invidia sì riarso,che se veduto avesse uom farsi lieto,visto m’avresti di livore sparso.(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, XIV, vv. 82-84)

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Mentre la discarica di Grasciano ed i 6 Comuni del consor-zio Cirsu annunciano pubblicamente di viaggiare verso una nuova primavera nella raccolta dei rifiuti della provincia di Teramo, non accenna a diminuire sul territorio il fenomeno delle discariche abusive che minano l’ambiente e l’immagi-ne della città di Giulianova. Il fenomeno ormai rappresenta una vera e propria piaga. Capita di trovare immondezzai a cielo aperto tra Tortoreto ed Alba Adriatica sulla strada che collega internamente i cimiteri delle due località; capita la stessa cosa anche sulle strade che costeggiano i fiumi della provincia di Teramo, come il Salinello, il Tordino, il Vibrata ma anche tutti gli altri, creando pericoli reali alla salute dei citta-dini, dato che il percolato prodotto termina nei corsi d’acqua, nelle falde acquifere ed anche in mare.Un pericolo reale che qualcuno sembra avvertire: infatti in una delle più grandi discariche abusive che si trova nella zona industriale di Giulianova, a Colleranesco, su di un terre-no campeggia già da molto tempo un cartello con una scrit-ta rossa che avvisa “Campo Avvelenato”. Sposti lo sguardo di

il Gioco sPorcoDei riFiUtiabbanDonatiA COLLERANESCO ImmONDIZIA DISSEmINATA fRA I CAmpI COLTIvATI

MArCO CALVArESE

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TERRITORIOpoco e trovi, paradossalmente, una decina di arnie per le api che fanno sorridere pensando a che cosa potrebbe essere scritto sull’etichetta dei vasetti di miele prodotto . Proprio su questa area, l’amministrazione ha deciso di chiudere le sbar-re che limitano l’accesso alle vie del lungofiume, sistemando mucchi di terra per ostruire il passaggio e ponendo cartelli che minacciano multe salate per gli sporcaccioni che verran-no sorpresi dalla videosorveglianza ad abbandonare rifiuti.Un intervento certamente apprezzabile ma forse tardivo e poco efficace. Infatti da tempo la zona è completamente in-vasa di rifiuti e, qualcuno forse pensando di liberare spazio per nuova immondizia o risolvere in questo modo il proble-ma, nell’ultimo periodo ha anche ritenuto di incendiare vaste aree, disinteressandosi della presenza di vaste coltivazioni di insalata che potrebbe finire anche nel suo piatto.Ad aggiungere un pizzico di paradosso a tutta questa situa-zione, c’è anche il fatto che, proprio in una zona molto vicina alla discarica abusiva, è stata realizzata da molti anni una iso-la ecologica che, mentre attende di essere aperta per acco-gliere i “rifiuti ingombranti”, appare sempre più provata dal tempo e - c’è da scommettere - si dovranno affrontare nuovi costi per sistemarla.Le discariche abusive giuliesi non si fermano però alla sola Colleranesco ma interessano anche la panoramica via Cavoni che percorre tutta la collina della città e collega il Santuario della Madonna dello Splendore a Marina di Mosciano.Su questa strada, fino alla forte pioggia delle scorse settima-ne, si poteva trovare una vera e propria “zona franca” dove la discarica abusiva era arrivata a dimensioni esagerate, som-mergendo anche il cartello “vietato scaricare rifiuti”, fino ad interessare i campi coltivati, il canale di scolo delle acque piovane che si trova nella zona (ostruito durante le piogge), ed in parte anche la sede stradale occupata da ogni tipo di rifiuto (televisori, radio, divani, mobili di ogni genere, botti-glie di vetro materiale edile e tanto altro ancora, compreso alcune lastre di eternit).Una situazione difficile da risolvere, dato che risulta pratica-mente impossibile monitorare costantemente zone perife-riche o incaricare la polizia municipale di setacciare i rifiuti abbandonati a caccia di prove che condannino i trasgressori. Un’idea per scoraggiare gli incivili e metterli alla berlina ci sa-rebbe. E arriva dalla Provincia di Napoli che aveva ideato un deterrente molto particolare: stilare un elenco pubblico con i nomi di tutti coloro che si sono resi colpevoli di smaltimento abusivo e mancato rispetto della raccolta differenziata.

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PEOPLE

Nel 1915, a Collarmele, in provincia dell’Aquila, le macerie del disastroso terremoto che devastò la Marsica, accolsero Scipione Di Stefano in un abbraccio che non fu mortale, pro-teggendolo da una fine orribile, grazie agli strilli disperati di quel bambino, che a un anno, un mese e un giorno, si trovò a combattere la battaglia più drammatica della sua vita. Per lui fu la salvezza, perché in tanti iniziarono a scavare con le mani, per tirarlo fuori da quel groviglio di macerie; Al contra-rio dei genitori che persero la vita, insieme ad altre migliaia di vittime. Per questo motivo, Scipione Di Stefano divenne per tutti un miracolato; per gli abitanti di Collarmele e per gli abitanti di Nereto dove tantissimi anni fa, divenuto uomo, ha scelto di vivere, dopo aver trovato l’amore di Maria Santori, divenuta sua moglie oltre 60 anni fa. Nereto è divenuto ed è il paese del radioamatore famoso in tutto il mondo, colui che ha stretto la mano a Guglielmo Marconi, a colui che ha gettato il seme delle telecomunicazioni via radio. Il 12 di-cembre 2013 Scipione ha compiuto la veneranda età di 100 anni, coccolato da tutti e in primis dall’amatissima moglie. Come trascorre le sue giornate? In compagnia dei radio-amatori che accoglie nella sua casa a Nereto e che spesso gli chiedono di accompagnarlo, ricevendo risposta positiva. Quando è a casa, spesso è davanti alla propria stazione radio; l’antenna l’ha costruita lui, rispecchiando lo spirito di tutti i

il nonnoDell’etereSCIpIONE DI STEfANO CONObbE GUGLIELmO mARCONIHA COmpIUTO IL SECOLO DI vITA IL TELEGRAfISTA D’ITALIA

STEFANIA MEZZINA

radioamatori. Con il nominativo I6DST è in contatto con i milioni di persone che comunicano fra di loro via radio e per farlo ha imparato le parole più im-portanti per farsi comprendere e i suoi colleghi ricambiano, inviando tante cartoline al radioamatore. Una passione nata e coltivata da Scipione Di Stefano, socio ArI iscritto alla Sezione di Nereto, al quale stata dedicata una grande festa nel giorno del suo compleanno. Cento anni e non sentirli, perché Scipione per primo non sente la sua età e racconta con foga la sua vita di orfano, ospite dapprima dei parenti e successivamen-te studente all’Istituto Don Orione, del grande sacerdote proclamato santo, dove Scipione si è formato. Poi arrivò la scuola sottufficiali dell’esercito di Chie-ti, la partecipazione alle guerra d’Etio-pia, con il grado di sergente maggiore, la conoscenza con Guglielmo Marconi, l’attività di radiotecnico subito dopo la

guerra. Nel ricordare quella stretta di mano Scipione si com-muove, così come si commuove quando racconta il periodo della guerra in Eritrea, le sue trasmissioni con la radio porta-tile, che al radiotelegrafista valsero un encomio. Si commuo-ve, Scipione, a cento anni leggermente, ma solo leggermen-te curvo, e allo stesso tempo così imponente, per la vita che ha vissuto. Carattere forte, allegro e pieno di vita, entusiasta e coinvolgente, nelle parole come negli atteggiamenti. La sua ottima dialettica gli permette di raccontare continua-mente la sua vita, in particolare gli episodi che più l’hanno colpito, come, appunto, la conoscenza e la sua mano stretta a quella di Guglielmo Marconi. Di tutto ciò, il vulcanico radio-amatore ha nuovamente parlato alla grande festa per i suoi 100 anni, organizzata per lui dalla sezione Ari di Nereto, dal presidente Nino Clementoni e dal vice Vincenzo rasicci, tra i fondatori della sezione. Alla festa la sua voce si è rotta più volte dall’emozione. Applaudito dagli amici giunti per lui dal paese natio, perché il suo legame non si è mai interrotto: tra loro c’erano il sindaco di Collarmele Dario De Luca e il parro-co don Francesco Tudini. C’erano anche il sindaco di Nereto, Stefano Minora, Valerio Vitacolonna, presidente Comitato regionale Ari, e il generale dei carabinieri Francesco Lijoi, ra-dioamatore, socio e tra i fondatori della sezione Ari di Nereto. Al termine, la torta, tantissimi regali e il brindisi.

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Il futuroappartienea chi credealla bellezzadei propri sogni.

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TERRITORIO

Sono gli angeli della solidarietà e si occupano ogni giorno, domeniche e festività comprese, di fornire un pasto caldo ai senza tetto, agli emarginati, agli extra-comunitari, agli in-digenti, ai nuovi poveri ed a quanti versano in uno stato di necessità. Come ogni anno il Natale sembra evocare in ognu-no sentimenti benevoli che risvegliano la coscienza, un at-teggiamento che alcuni vivono con naturalezza quotidiana-mente durante tutto l’anno, come ad esempio gli operatori volontari della mensa per bisognosi “San Francesco” gestita dalla Piccola Opera Charitas, situata sul lungomare Spalato proprio dietro la caserma della Guardia di Finanza. C’è un abete addobbato nel piccolo giardino posto davanti all’in-gresso: un messaggio universale di bontà, di pace, di carità e di solidarietà necessario per riscaldare i cuori di tutti. Proprio la “carità” è la parola al centro di un’attenzione cristiana che muove l’operato di tutti i 28 volontari, per la maggior par-te già impegnati in altre associazioni di volontariato, che si alternano nel distribuire pasti caldi e cestini per la cena du-rante tutti i giorni dell’anno, compreso Natale, Santo Stefano, Pasqua e tutti gli altri giorni festivi, prendendosi una pausa solo durante il mese di agosto. “…La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della ve-

QUELLI CHEDONANO IL NATALE

TUTTO L’ANNOI VolontARI CARItAs PREPARAno PAstI AI PoVERI

E RICEVono soRRIsI sEnZA ChIEDERE nUllA In CAMbIo

ALFONSO ALOISI E MArCO CALVArESE

rità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine…”. Qualcuno dei volontari incontrati ricorda l’importanza per ognuno di loro delle parole dell’Inno alla Carità nella Prima lettera ai Corinzi, il vero motore che permette loro di sacrifi-carsi ed offrire un contributo in favore del prossimo.“Questa realtà può esistere perché ci sono persone motiva-te che sposano lo spirito di San Francesco prima e poi del fondatore della Piccola Opera Charitas, padre Serafino Colan-geli, un uomo mosso in tutta la sua vita dall’amore verso le persone più bisognose”, dichiara Domenico rega, presidente della POC e quindi responsabile della mensa che da 20 anni offre pasti gratuiti alle persone più bisognose.Una mensa che funziona 7 giorni su 7 durante l’ora di pran-zo, quando vengono distribuiti pasti caldi che arrivano di-rettamente dalla cucina della POC, un servizio di trasporto del quale si fanno carico gli stessi ospiti della struttura, infatti diversamente da molti altri luoghi simili, nella mensa giuliese si respira un’aria familiare con i tavoli distribuiti nelle diverse stanze di un appartamento.“Il clima di familiarità non è casuale ma cercato volontaria-mente”, sono le parole della psicologa Monia Mattiucci, che ci tiene a sottolineare come proprio grazie a questa situazio-ne si riesca ad offrire uno spazio più confortevole alle per-sone che non si vergognano della loro situazione ma anzi si sentono parte di una famiglia che li aiuta a trovare il modo di superare la loro situazione.Sono più o meno 35 i pasti caldi distribuiti quotidianamente

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TERRITORIOsulle tavole della mensa, altrettanti i cestini offerti ad ognu-no di loro per la cena, per un calcolo totale mensile di circa 1000 pranzi ed altrettanti 1000 cestini per la cena, mentre sono circa 10 le docce al mese (la mensa offre anche un ser-vizio di docce delle quali possono usufruire gli ospiti).Ogni pranzo quotidiano comprende un primo caldo (pasta, riso ma anche tortellini, lasagne ed altro ancora), un secon-do, un contorno, bevande e frutta, mentre nel cestino della cena si trovano 2 panini farciti e la frutta.Per poter usufruire del servizio di mensa bisogna sostene-re un colloquio con gli addetti della POC e ricevere quindi un tesserino da esibire ai volontari che distribuiscono i pasti, “cerchiamo di instaurare subito un dialogo per capire anche lo stato emotivo della persona”, dichiara la psicologa Mat-tiucci che ci tiene a precisare come la mensa San Francesco non sia semplicemente un luogo dove vengono distribuiti pasti ma un vero e proprio “centro di aggregazione” dove si confrontano e si aiutano tra loro persone con diverse proble-matiche psichiche e sociali e, in molti casi, si svolge un ruolo di consulente e tramite con i Servizi Sociali per le più svariate questioni.Le percentuali di ospiti provenienti dalle diverse zone limi-trofe a Giulianova sono equamente divise tra italiani e stra-nieri, questi ultimi a loro volta per la stragrande maggioranza del Nord Africa e romania ma anche polacchi, ucraini, alba-nesi ed altri paesi ancora.Molte le persone che devono ricorrere alla mensa perché disoccupati e senza lavoro, numerosi però anche i padri se-parati di 50 anni di media che, spesso, sono anche costretti a vivere in macchina perché impossibilitati a sostenere le spe-se una volta sottratti i costi degli alimenti. Durante il pranzo si scherza e si ride e qualcuno chiede anche di poter lavorare al fine di uscire dalla particolare precaria condizione attuale.“È un disagio sociale che non ha una soluzione ben precisa ma necessità di impegno costante e continuo di tutti coloro che offrono servizi”, dichiara la psicologa Mania Mattiucci, responsabile del settore nella Piccola Opera Charitas di Giu-lianova, che sogna di vedere le diverse Associazioni messe in rete in modo da offrire un servizio più collaborativo ed effi-cace.La mensa “San Francesco” distribuisce pasti giornalieri caldi ma soprattutto, attenzione ed affetto. Con la psicologa Mat-tiucci abbiamo cercato di tracciare il profilo dei fruitori della

IL SEGRETO PER RENDERELA VITA MIGLIORE.

S U S H I B A R PA S T I C C E R I A R I S T O R A N T E C A F F È S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O W W W . C A F F E S O R I A N O . I T 0 7 3 5 4 8 0 6 4 8

mensa. Il 30% è rappresentato da uomini di mezza età sepa-rati o divorziati che rappresentano la nuova frontiera della povertà. rimasti senza casa, con l’obbligo degli alimenti e mantenimento verso l’ex coniuge ed eventuale prole, non riescono ad arrivare nemmeno al giorno quindici del mese. Nel complesso il 50% del totale è di origine italiana (Giu-lianova e paesi della costa teramana), mentre l’altra metà è rappresentata da stranieri del nord Africa e dell’est Europa (rumeni ed albanesi in maggioranza). In diversi arrivano da Alba Adriatica, Tortoreto, Mosciano Sant’Angelo e persino da Civitella del Tronto.

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soliDarieta’ aniMale

LE “fIDE” EROINEMARtInA DI DonAto

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TERRITORIOSi dice che il cane sia il miglior amico dell’uomo, ma non da tutti e non sempre questi amici vengono ri-spettati. Nel nostro territorio c’è una realtàà poco co-nosciuta, o semplicemente dimenticata: è il rifugio Canalba di Alba Adriatica, gestito dall’ A.N.T.A. (Asso-ciazione Nazionale Tutela Animali). L’unico canile in tutta la nostra vallata. Abbiamo incontrato chi, con amore e dedizione si occupa di molti cani, Charlotte Spielmann.

Charlotte, da quanto tempo sei qui?Gestisco questo canile da ventitréé anni, ma non da sola. Infatti mi avvalgo dell’aiuto di alcuni collabo-ratori che ogni giorno mi sostengono nelle cure dei cani

Accogliete molti cani in questa struttura?Si. Negli ultimi anni abbiamo avuto parecchi nuovi arrivi. Molti sono cani randagi, per cui bisogna se-guire una procedura ben precisa. Dal primo gennaio 2013 ad oggi sono entrati all’incirca 330 cani. Dal maggio 2009 (quando è stato siglato l’accordo tra l’Unione dei comuni e il canile) ad oggi, sono entrati 991, alcu-ni sono deceduti, molti, invece sono stati adottati. Attualmente ci sono 247 cani.

rimangono parecchio tempo prima di trovare una famiglia che li accolga?No, fortunatamente gli ingressi sono pro-porzionali alle adozioni. C’è molta solida-rietà da parte dei cittadini. Un dato che mi lascia contenta è che inizialmente ve-nivano adottati in prevalenza cuccioli, ora invece vengono scelti anche cani grandi. Poi mi piace pensare che questo sia un punto di passaggio per ognuno di loro.

Questa è una zona molto delicata, siete vicino ad un fiume. Avete avuto problemi con le abbondanti piogge che negli ulti-mi tempi sono cadute nel nostro territo-rio?No, fortunatamente con le ultime piogge non abbiamo avuto problemi, nè dan-ni. Ma con l’alluvione del marzo 2011 si. Abbiamo perso una parte del canile con essa anche una trentina di cani. Quella notte io, insieme ad altri volontari, cer-cammo di fare il possibile, ma nonostan-te il soccorso tempestivo la nostra è sta-ta una lotta contro il tempo: l’acqua alta non ha permesso di mettere in salvo tutti i cani. Furono danneggiate anche molte attrezzature. Per noi è stato davvero un duro colpo.

Come vi siete mossi successivamente?Successivamente a questo tragico evento abbiamo dovuto trasferire i cani nell’area dirimpetto alla nostra struttura, che pri-

ma veniva utilizzata per farli camminare e correre.

Charlotte ci racconta alcune storie, fortunatamente a lieto fine, come quella di Cosma, una cagnetta lega-ta davanti al loro cancello, abbandonata di notte da quel padrone che, magari, l’aveva tanto voluta e per cui ora era solo un peso. È stata trovata l’indomani mattina, infreddolita e spaventata. Cosma ora cerca una nuova famiglia che la ami davvero e non per gio-co. Cosi come il piccolo Tommy, entrato nel rifugio con una spalla rotta, non sembra assurdo pensare a causa di un calcio, oramai calcificata e senza speran-za di guarigione. Nonostante la sua apparente fragi-lità Tommy ha reagito con grinta e adesso vive felice e contornato da amore, con la sua famiglia. E poi ci sono stati Merlino, Giorgino, Cesare, Tigro e tanti al-tri. Charotte trasmette tutta la gioia di quando vede che questi fedeli amici hanno trovato chi merita dav-vero il loro affetto.

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Approfittando di uno dei tanti eventi networking organizza-ti dalla Chamber of Commerce di Londra, è stato possibile ricevere informazioni sull’inspiegabile assenza di Val Vibrata e Provincia di Teramo al Welcome Italia ed in generale a ma-nifestazioni come questa.Come ha spiegato Valentina Moscchetti funzionario della Camera, la serata è stata finanziata dalle aziende Spianata & Co and Forest & ray; l’obiettivo era da un lato sponsorizza-re alcuni prodotti con marchio italiano come per esempio i Vini dell’Azienda Agricola Proietti (regione Lazio) e dall’altro permettere ad una società di dentisti ungheresi di ampliare la propria clientela ed inserirsi nelle attività di business ed investimento italiani.La partecipazione, ovviamente non numerosa quanto quel-la registrata al Welcome Italia, ha ad ogni modo permesso una maggiore interattività con coloro che soli potevano dare risposta ad alcune delle domande emerse nello scorso ser-vizio.Queste le parole di Giulia Pepe, project coordinator. <<Essen-do la prima edizione del Welcome , uno dei propositi principali della Camera era quello di diffondere la notizia nel miglior e più efficiente modo possibile. Per questo motivo si é speso più di un mese solo nella creazione di database di potenziali con-tatti interessati all’iniziativa, trovati fra gli espositori delle prin-cipali fiere di settore in italia e in Europa. É stato inoltre creato un database istituzionale di più di 300 contatti, nei quali sono stati inseriti i contatti delle Aziende Speciali, CCi AA, Confindu-stria, Provincia– Regioni – Consorzi, al fine di coinvolgere più istituzioni possibili. É stata inviata a tutti una mail informativa dell’evento, in seguito si é proceduto con un follow up telefonico per quanto riguarda le singole aziende, e ci si é limitati invece a ricevere le adesioni delle istituzioni interessate per quanto

riguarda il lato istituzionale. Come Camera abbiamo invitato indiscriminatamente le aziende di tutte le Regioni e contattato tutte le Camere di Commercio. >>Dunque, la mancata partecipazione è riconducibile ad una chiara distrazione o ad un malcelato disinteresse del nostro territorio ad iniziative di questo genere.Dopo un bicchiere di rosso, spianate e mozzarelle fresche, la Chamber of Commerce ha anticipato la prossima iniziativa di gennaio su business development e “start up anti-rischio” nel mercato britannico.Giulia Pepe ha infine aggiunto. << Sarà mia cura informarla sulle future date ed iniziative correlate in modo da inoltrare no-tizia ed invito di partecipazione sul Val Vibrata Life>>.Se non si sta parlando ai muti o gesticolando ai ciechi le aziende del territorio potranno apprendere senza scuse, op-portunità e vantaggi offerti dall’europeizza-zione. Non ci si dimen-tichi che le barriere sono state abbattute non solo per renderci schiavi dell’economia o burattini di chissà quale altro paese ma per poterla rinnova-re con le peculiarità di ciascun territorio quando le cicliche crisi minacciano di schiac-ciarlo.

lonDon briDGe:cHristMas aPeritiF & Wine tastinG Per la coMUnita’ italiana

AnnA DI DonAto

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TERRITORIO

DALLA VAL ViBRATA ALL’iNGhiLTERRA iN CERCA Di uN LAVORO ChE qui NON hANNO

AnnA DI DonAto

alberghi presenti sulla costa vibratia-na; la motivazione che lo ha spinto fin qui è stato l’apprendimento della lingua con desideri di ampliamen-to business qualora le condizioni lo permettessero. La sua situazione è ora quella di un uomo che non riesce a trovare un lavoro neppure come manovale a causa dell’incuria delle nostre scuole, dedite ad insegnarci così tanta grammatica inglese e poca conversazione. La poca capacità d’e-spressione gli sbarra molti accessi, ma da grande lavoratore quale è rie-sce ad arrangiare lavori di ogni tipo,

sostenersi e frequentare un utile corso di inglese. Que-sti esempi sono esplicativi di due fattori sociali profon-damente mutati rispetto al secolo scorso. Primo: non si parte da una condizione di miseria assoluta ma di benessere precario pronto a crollare o migliorare da un momento all’altro, nobody knows! Due: se si parte, il pensiero è quello di provvedere a se stessi per non es-sere di peso alle famiglie o ad uno stato completamen-te disinteressato all’inserimento lavorativo dei giovani. Solo pochi fortunati hanno la chance di riprogettare un ritorno con il loro bel gruzzoletto, S. e G. sono solo due casi, altri intervistati non posso permettersi di tornare o iniziano a non desiderarlo, nonostante in patria vantino la loro confortevole casa senza bisogno di pagare un lauto affitto. Questo è ciò che avviene a Londra. La capi-tale europea, con i suoi 9 milioni di abitanti e le miriadi di opportunità che offre non si fa scrupoli a divorare e spremere come limoni i pochi umili volenterosi, desi-derosi unicamente di progettare un futuro. L’emigrante del Novecento intendeva l’estero come salvezza, quello di oggi lo vede come un grande rischio ma anche la sola scelta sensata in un mondo divenuto tanto com-petitivo e bisognoso di combattivi cosmopoliti.

Come è possibile constatare da un articolo pubblicato da Violetta Amore, intitolato “L’Emigrazione Italiana di inizio Novecento”, <<Nessun paese d’Europa, all’Inizio del Novecento, contava tanti emigranti come l’Italia: 872.000 nel 1913>>Ciascuna di queste persone, costrette dalla miseria e dopo aver abbandonato terre, famiglia e stabilità si di-rigevano verso l’ignoto alla ricerca di condizioni miglio-ri ed opportunità che forse avrebbe loro permesso di tornare un giorno con quel che gli antichi definivano “il bel gruzzoletto”.Questo è ciò che la storia racconta e ciò che i nostri an-tenati hanno realmente realizzato. Il sogno americano, tanto vissuto a New York tanto consumato in una capitale europea in migliori condi-zioni economiche, portava sempre ad un finale innalza-mento dello status sociale una volta rimpatriati.Ecco ciò che in parte è cambiato parlando di Emigra-zione del nuovo millennio. Ed ecco ciò che alcuni vibra-tiani (che preferiscono mantenere l’anonimato) hanno messo in luce con i loro racconti.S.,30 anni, è partito per l’Inghilterra qualche anno fa in cera di un lavoro, quando la crisi era già un campanello d’allarme; dopo un periodo come cameriere è riuscito ad aprire un chioschetto di pasta, timballo e lasagne in una delle zone centrali di Londra. Quasi un anno di vita fino alla forzata chiusura dovuta all’intromissione di una grande multinazionale che chiedeva in affitto il complesso in cambio di molti più cash di quanto un onesto fabbricatore di pasta potesse offrirgli. Nessun problema. S. ora è assistant chef in uno dei migliori wine bar and restaurant di Notting hill senza perder nulla, anzi. Tutt’altro.G. invece, (33 anni), è proprietario e gestore di diversi

all’oMbraDel biG ben

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TERRITORIO

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TERRITORIO

Gusto o& oNaturaInoValoVibrata,otuttooiloGustooeolaoNaturaodellaoCucinaoTipicaoAbruzzese

oconoioProdottiogenuiniodellaonostraoTerra.

Contrada Riomoro, 132 - 64010 Colonnella, TE

[email protected]

Ristorante Zenobi

(+39) 0861 70581CHIUSO il Martedì

(+39) 0861 70581

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TERRITORIO

Nel Novecento, fino agli Anni Sessanta, quando tutti i contadini di una zona avevano ultimato la mietitura o stavano per farlo, era scelta una dele-gazione, che si recava dal proprietario della treb-biatrice per conoscere il percorso da lui predispo-sto, in modo da avere un’idea abbastanza precisa sul loro turno. Una volta concordata la data, gli agricoltori, a rota-zione, cominciavano a trasferire i covoni di grano

intorno a Un cHiccoDi Grano

DALLE BIcHE ALLA SERRAFrANCESCO GALIFFA

sull’aia, accuratamente preparata per accoglierli. Un membro della famiglia, generalmente l’anzia-no che non poteva svolgere lavori pesanti, con una zappa affilata raschiava tutta l’erba, che era cresciuta durante i mesi precedenti, in gran parte “ramaccia”, e la portava via con una carriola; infine, puliva tutto lo spazio con una “ranara” o “nanara”, ricavata dall’omonima pianta dotata di una ramifi-cazione foltissima e sottile; fatta seccare, era fissata

ad un manico. Essa era diversa sia dalla scopa usata per pulire l’interno della casa, fatta con la melica, materiale flessibile, che da quella ado-perata per la stalla e i selciati, realizzata con le sanguinelle, piante selvatiche dai rami molto rigidi; la “ranara” aveva una consistenza inter-media e non scalfiva il terreno. Se poi questo presentava delle buche, l’agricoltore proce-deva al suo ripristino pareggiando di nuovo la superficie, “denne na riualita”: mescolava un po’ di terra con la “cama” dell’anno prece-dente, ancora sparsa per l’aia; inumidiva e impastava il tutto; riempiva le piccole poz-ze con l’impasto ottenuto, che pressava poi con un pezzo di tronco d’albero fissato all’estremità di un bastone o con una zap-pa. Le parti più curate dovevano essere quelle in cui si collocava la serra del grano e dove si piazzava la trebbiatrice. Questo lavoro doveva essere svolto in modo molto accurato perché si potes-

“Traje”, tregge cariche di covoni di grano

Gusto o& oNaturaInoValoVibrata,otuttooiloGustooeolaoNaturaodellaoCucinaoTipicaoAbruzzese

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TERRITORIOpendenza, perché il suo baricentro basso non la fa-ceva ribaltare. In realtà, poi, il mezzo, pur rimanen-do utile e a volte insostituibile in alcune situazioni, fu soppiantato dal più capiente e pratico carro, sul quale si potevano disporre 5- 6 biche perché, una volta oltrepassate le sponde, i covoni venivano fat-ti sporgere un po’, aumentando così la superficie di carico. Un mezzo di trasporto ancora più spazioso era la sterza, una piattaforma montata su quattro ruote, di cui quelle anteriori sterzanti, sulla quale potevano essere sistemate anche 20 biche; questo mezzo, però, era posseduto solo da pochi contadi-ni, in particolare da quelli che coltivavano campa-gne molto estese e pianeggianti. A sollevare sul carro con la forca i covoni provve-devano due contadini, i quali si sobbarcavano una fatica non indifferente; sul mezzo c’era il condu-cente, che li prendeva in consegna e li sistemava accuratamente; egli inoltre, impartendo solo or-dini vocali, faceva spostare le bestie fino alla bica successiva. Completato il carico, i covoni erano assicurati con due corde fatte passare dalla parte anteriore a quella posteriore del carro, dove era-

no messe in tensione tramite un verricello. Si riavviavano quindi gli animali verso casa. Nelle campagne più grandi erano impiegati più carri e, quindi, il lavoro degli addetti al carico non aveva tregua. Capitava, a volte, che le cavallette erano situate in luoghi impervi, lungo le coste, dove nemmeno la “traja” poteva accedere; allora le donne si caricavano due covoni per volta sulla testa li trasferivano sul mezzo e, non di rado, fino a casa. Quest’ultima situazione era comune presso i contadini più picco-li, che spesso non possedevano animali

sero recuperare, alla fine della trebbiatura, tutti i chicchi di grano rimasti sotto la serra e sotto la macchina; essi erano raccolti e passati poi al cri-vello, per essere dati in pasto alle galline, le quali sapevano selezionarli in mezzo alle eventuali im-purità rimaste. La sistemazione della parte dell’aia dove si lavorava il grano era raccomandata anche nel passato e gli autori di trattati di agricoltura non mancano di suggerire stratagemmi per ottenere risultati ottimali; Michelangelo Tanaglia, nel XV se-colo, scriveva che, qualora le aie dei contadini non avessero riconsegnato semi “purgati”, era d’obbli-go sistemarle con una specie di vernice consisten-te in un “impiastrato” di “bovina”, sterco bovino di-luito, o di “morchia”, l’ultima feccia dell’olio. Un paio di giorni prima dell’arrivo della trebbia-trice i covoni erano trasportati sull’aia per essere “asserrati”; in dialetto si diceva che il contadino “arr’trajeva”. Il verbo deriva dal nome dialettale di uno dei mezzi usati per compiere l’operazione, la “traja”, la treggia, una specie di slitta con un piano di carico abbastanza grande trainata da due vac-che; era adoperata soprattutto sui terreni con forte

Il trasferimento dei covoni dal car-

ro, trainato da vacche, alla serra in

costruzione.

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TERRITORIO

La serra ormai ultimata: notare la pendenza e la tecnica di trasferimento degli ultimi covoni.

da lavoro e non trovavano un’anima pia che glieli prestasse. Nel dopoguerra costoro cominciarono a servirsi dei piccoli camioncini posseduti dai “pae-sani”. Mentre i contadini completavano il primo carico, un esperto sceglieva la porzione dell’aia su cui sistemare la serra, la cui posizione doveva essere funzionale al piazzamento della trebbiatrice e alla dislocazione del mucchio o della serra della paglia, e vi spruzzava dell’acqua per spegnere la polvere. Quando il primo carico aveva raggiunto l’aia, di-sponeva i covoni l’uno vicino all’altro sul perimetro di un rettangolo, le cui dimensioni erano determi-nate in conformità a una stima molto precisa del loro numero; poi con una corda dava una misurata alle diagonali per verificare la correttezza del dise-gno. Nelle campagne grandi, soprattutto se il seme del grano era di diverse qualità, si realizzavano due serre, lasciando tra loro solo lo spazio necessario per piazzare la trebbiatrice. L’andirivieni continuo dei carri costringeva a un lavoro ininterrotto i 4-5 operai addetti alla loro realizzazione. Una volta finita, la serra somigliava a una casa a pianta rettangolare con il tetto a due acque. Tut-ti i covoni del parallelepipedo erano disposti colle spighe rivolte verso l’interno, morre “’ndentra”; per la costruzione della parte superiore, quella spio-vente, invece, si potevano seguire due tecniche: una prevedeva le “morre ‘nfora” e l’altra le “morre

‘ndentra”. La più seguita era la prima, perché l’e-ventuale pioggia avrebbe bagnato solo i covoni in superficie; ma alcuni optavano anche per la secon-da, che però obbligava il contadino a trebbiare nel giro di pochi giorni: in caso di temporali, infatti, le morre si sarebbero appesantite e, abbassandosi, avrebbero fatto scivolare l’acqua all’interno della serra, facendo bagnare una grande quantità di spi-ghe. Inoltre presentava l’inconveniente dell’altez-za: il restringimento doveva essere più graduale e il colmo poteva raggiungere una distanza da terra anche di 8-9 m, assumendo le sembianze del tet-to delle case d’alta montagna. Sulla sommità del-la serra era conficcata una delle croci piantate in mezzo ai campi di grano il giorno della Festa del-la Croce, il 3 di maggio. L’operazione, soprattutto presso le campagne più grandi, richiedeva l’aiuto di molte persone, che si sobbarcavano, sotto il tor-rido sole di luglio, ore d’ininterrotto e duro lavoro, dal quale non erano esentate, come abbiamo vi-sto, nemmeno le donne. I covoni erano finalmente a casa, ma c’erano sem-pre pericoli in agguato, rappresentati dalla pioggia e dal fuoco: in qualche stagione disgraziata l’acqua veniva giù per un’intera giornata e, con il succes-sivo innalzamento della temperatura, il grano dei covoni esterni germogliava, facendo così perdere al contadino una parte del raccolto. L’eventualità di un incendio, dovuto esclusivamente a cause ac-

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TERRITORIOcidentali e non dolose, era più remota, ma temuta più dell’acqua perché avrebbe procurato danni ir-reparabili; durante la notte, dalla finestra della sua camera, il contadino gettava spesso uno sguardo verso la serra per sincerarsi che tutto fosse in ordi-ne. Per evitare patemi d’animo era auspicabile che il grano rimanesse sull’aia 2-3 giorni solamente; ma, a volte, prima della trebbiatura ne passavano 5-6 e finanche 8; le preoccupazioni crescevano in modo esponenziale al ritardo accumulato. Quando tutto il grano era stato trasportato sull’aia, le stoppie cominciavano a essere frequentate da numerose persone intente a raccogliere le spighe rimaste sul campo durante la mietitura, soprattut-to se il grano era molto secco, o dopo la rimozione delle biche. L’uso tradizionale della spigolatura era vecchio come il mondo e la storia biblica di ruth e Booz l’ha reso famoso facendone poesia. Nel Me-dioevo, esso voleva che il diritto di raccogliere le spighe rimaste sui campi, per terra, fosse aperto a tutta la popolazione del villaggio o, come succede-va più generalmente, ai soli poveri e invalidi. In tempi più recenti, la spigolatura era eseguita dai membri più giovani e più anziani della famiglia, perché era un lavoro leggero. I contadini che col-tivavano campi molto estesi, però, non ci perdeva-no tempo e lasciavano che fossero altri a praticar-la: allora si riversavano nelle campagne i “paesani”, quelli che stavano “a casa guardia”, cioè i braccianti,

che non avevano terreni da coltivare. Anche i bam-bini partecipavano alla raccolta e spesso, per ri-compensa del lavoro svolto, veniva loro promessa una fetta di pane. Per evitare i disagi delle ore più calde, la cerca era eseguita la mattina presto e una nostra informatrice, raccontandoci la sua esperien-za di piccola spigolatrice, ci ha confidato: “Anche se avevo tanto sonno, dovevo alzarmi lo stesso!” Qualche contadino consentiva la raccolta anche a mietitura appena ultimata, ma solo a gente fida-ta; però, soprattutto nei campi lontani dalla casa, qualcuno, per riempire prima il sacco, sfilava delle “morre” dai covoni; c’era anche chi “acciarrava” ad-dirittura un intero “manocchio”. I coltivatori dei co-muni di confine, che avevano possedimenti sulla piana del Tronto, correvano poi il pericolo di incur-sioni effettuate dagli abitanti della sponda marchi-giana; ogni tanto si sentiva gridare: «Curra, va là, che ha jte a reccoje dova sta li cavallette!». Spesso il loro comportamento era causato esclusivamen-te dalla miseria, «lo facevano per mangiare». Una volta finita la raccolta, le “morre” erano battute; col grano ricavato, la famiglia «ci tirava avanti».

*quest’articolo ricalca, in massima parte, il risulta-to di una ricerca condotta insieme ai miei alunni di Controguerra, oggi studenti universitari, che voglio salutare con affetto e stima.

J.f. millet, les glaneuses (Le spigolatrici), Olio su tela, 1857, musée d’Orsay, parigi.

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ValVIBRATAlife bab

yILLUSTRAZIONI DI GIORDANA GALLI

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UNA NOTTE... Era una notte come tante al-tre quella notte .Anche quella notte era nata la Luna, che brillava con il suo viso luminoso.Ma, a ben guardare, nei suoi occhi c’era qualcosa di nuovo, una luce diversa, quasi magi-ca come se stesse per acca-dere qualcosa di speciale.Eppure era una notte come tante altre, quella notte. Ma a ben sentire regnava un si-lenzio diverso, come se fosse

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preparato apposta per ascol-tare qualcosa di speciale.Nel freddo di quella notte, una stella in viaggio nel cie-lo e il vagito di un bambino, venuto al mondo in una culla di paglia.Era una notte come tante al-tre, quella notte, eppure ave-va nel cuore un regalo spe-ciale.

(www.tiraccontounafiaba.it – Danipi)

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COLORA LE FIGURE

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la satira Di Perilli

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IMPRENDITORIA

Con gli ultimi interventi legislativi, sono stati introdotti, in Italia, nuove forme di finanziamento per le imprese. A causa della scarsa possibilità di accesso al credito bancario, sono state introdotte nuove forme di finan-ziamento diverse da quelle bancarie.Le nuove misure extra – bancarie individuano nuovi canali di afflusso per i capitali nell’economia reale, al-cune riguardano il rafforzamento del capitale proprio aziendale (ACE e Equity crowdfunding), altre riguarda-no nuovi canali per favorire l’afflusso di capitali da par-te di terzi.L’Ace è stato introdotto dal decreto “Salva Italia” del di-cembre del 2011 ed è l’acronimo di Aiuto alla crescita economica. E’ una misura finalizzata al riequilibrio di fi-nanziamento delle imprese.Serve a migliorare il trattamento di sfavore del capitale di rischio rispetto a al ricorso al debito.

L’agevolazione consiste nella possibilità per le società e gli interessati di dedurre dal reddito da dichiarare una somma ottenuta applicando all’incremento di capitale del 2012 una percentuale fissata con decreto ministe-riale.l’equity crowdfunding è stato innovato con il decre-to Crescita bis, è prevede il ricorso alla collaborazione della folla (crowd), per la raccolta fondi per sostenere progetti ed idee innovative.In sostanza è uno scambio di informazioni, di capitale tra persone o gruppi attraverso strumenti informatici.La Consob nel 2013, ha pubblicato una normativa su l’equity crowdfunding, che permetterà alle start up innovative di raccogliere fondi attraverso piattaforme registrate presso un registro Consob, al fine di tutelare l’investitore e l’imprenditore.Il finanziamento è il frutto di un investimento on line,

ECCO LE NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO ALLE IMPRESE

DoPo la bancaoltre la banca

ALESSANDrA DI GIUSEPPE

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IMPRENDITORIA

DoPo la bancaoltre la banca

con il quale si acquista un vero e proprio titolo di par-tecipazione in una società. La contropartita per il fi-nanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla parte-cipazione nell’impresa.Le altre misure introdotte per finanziamenti extra ban-carie, riguardano invece, l’afflusso di capitali da parte di terzi e sono: Project bond, minicorporate bond e le cambiali finanziarie.I project bond sono emissioni obbligazionarie fina-lizzate alla realizzazione di un progetto e godono di uno speciale trattamento fiscale, sottoforma di detra-zioni degli investimenti nelle nuove società o start up ai fini Irpef. In poche parole, chi crede in un progetto

innovativo, può finanziare la società e fruire del-la detrazione del 19% ai fini Irpef o sottoforma di deduzione del 20% dalla base imponibile Ires. Percentuali maggiori di detrazioni sono previste per chi finanzia una Start up innovativa.I mini corporate bonds sono strumenti alterna-tivi di finanziamento, rappresentano un mercato nuovo per le piccole imprese. Sono obbligazioni che possono essere emesse da società non quo-tate, la quale, vende il suo debito al fine di reperi-re liquidità.le cambiali finanziarie sono titoli di credito che possono essere emesse da società di capitali, da cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle

banche e dalle micro-imprese, con scadenza compre-sa fra 3 mesi e 12 mesi. Sono considerati a tutti gli ef-fetti dei valori mobiliari tramite i quali le imprese che li emettono possono usufruire della raccolta del rispar-mio presso il pubblico. I nuovi strumenti introdotti, oltre ad incentivare nuove imprese e start up innovative, sono utilizzabili anche per il risanamento di aziende già stabili per il rafforza-mento della struttura.E’ auspicabile una semplificazione per favorire le inter-mediazioni e l’accesso alle nuove forme di finanziamen-to, in modo tale che il mercato possa fornire strumenti di consulenza e servizi omogenei per tutte le PMI.

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PEOPLE

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PEOPLE

Nel mondo dello sport professionistico, è risaputo, l’onestà, la nobiltà d’animo e la lealtà sono sempre più merce rara da ravvisare. Ogni tanto, però, si scopre qualche eccezione: mo-sche bianche in un mare di cacca. Una di queste eccezioni è sicuramente Arcadio Spinozzi, nato a Mosciano Sant’Angelo e presto trasferitosi con la famiglia in Val Vibrata, a Tortoreto Lido. Arcadio, cresciuto calcisticamente nelle giovanili della sambenedettese, ha poi giocato nell’Angolana, nella Samb (in prima squadra), per spiccare il volo di una fulgida car-riera nella massima serie: Verona con Ferruccio Valcareggi, Bologna, Lazio con Ilario Castagner, reggina. Fine carriera a L’Aquila. Difensore eclettico, duro e tenace ma dal senso tattico spiccato, Spinozzi, a fine carriera, dopo aver appeso le scarpette al chiodo, si è laureato allenatore professionista di prima categoria al Centro tecnico federale di Coverciano. ha allenato il Molfetta, la Santegidiese (dove, ricordano in tanti, era talmente preciso e scrupoloso, da controllare an-che lo stato dello spogliatoio), la primavera dell’Udinese, con la quale ha vinto una Coppa Italia, e il Perugia insieme ad un mostro sacro come Boskov, maestro di calcio e di buon senso. Famosa una sua frase, diventata un vero e proprio tormentone: “rigore è quando arbitro fischia”, per dire che è inutile recriminare o rimuginare a fine gara per eventuali torti subiti. Arcadio ha imparato tanto dall’ex allenatore ser-bo del real Madrid, della Sampdoria scudettata, dell’Ascoli e, appunto, del Perugia. Anche lo stile, anche la classe. Le sue esperienze calcistiche, dai risvolti umani, Arcadio Spinozzi le ha raccontate in un libro edito dalla Stamperia dell’Arancio che si intitola: “Le Facce del Pallone”, con un eloquente sotto-titolo: “Le esperienze di un allenatore in terra d’Africa. ritrat-to inedito e inquietante del nostro calcio”. L’autore descrive i concetti basilari del “gioco più bello del mondo”, rivelando ghiotte e significative curiosità sugli attori dello stadio, an-che inquietanti retroscena che hanno come protagonisti, in negativo, potenti “figuri” che dominano il mondo del pallone

in Italia. C’è un capitolo, “Non scherziamo sulle cose serie” che dà la misura di quanto la scaramanzia e l’irrazionale incidano sui comportamenti delle squadre; pregiudizi estremamente condizionanti. “I comportamenti maniacali di calciatori e al-lenatori- rivela Arcadio Spinozzi- , soprattutto nelle ore che precedono la partita, fino al fischio iniziale, sono in molti casi indizio di insicurezza interiore. Derivano dalla paura di com-mettere errori fatali e da timori individuali come la precaria posizione professionale o l’incertezza di riuscire a raggiunge-re gli obiettivi prefissati a inizio stagione”. Cose su cui non era lecito scherzare al punto che- viene riportato nel libro-, un calciatore di fama internazionale, nei discorsi riguardanti le pratiche scaramantiche, soleva appunto dire, tra saggezza e ironia, “Non scherziamo sulle cose serie”. E poi toccare l’erba, farsi il segno della Croce magari senza avere un briciolo di Fede, mangiare lenticchie e zampone alla vigilia delle gare: tutti gesti pseudo-propiziatori fatti nel segno, lascia capire il saggio Arcadio, di una ignoranza dura a morire. Molto sug-gestiva la parte dedicata all’Africa. L’esperienza maturata in Ghana, a Kumasi, città capoluogo della regione Ashanti ha letteralmente segnato la vita di Arcadio. “Accoglienza caloro-sissima- racconta-: il rispetto e la semplicità, unitamente alla straordinaria e disarmante dignità morale di questa gente, hanno turbato profondamente la mia coscienza di bianco privilegiato”. Di “bianco” allenatore di calciatori che lo han-no arricchito in maniera profonda. Insomma, per i tifosi e gli sportivi Arcadio Spinozzi è stato una guida e un esempio da imitare. Non per fare soldi a palate, né per arrivare subito alla vittoria attraverso scorciatoie e atti truffaldini come è succes-so negli ultimi anni. Ma in maniera pulita e onesta, come ha sempre dimostrato di saper fare come calciatore di serie A e poi nelle vesti di allenatore importante, mettendosi sempre in discussione e impegnandosi al massimo come quando, da ragazzo, giocava sulla sabbia del Lido esultando per un gol fatto e imprecando per un gol preso.

calciatore e GentilUoMo

LA pARAbOLA DELL’Ex CAmpIONE ARCADIO SpINOZZI CHE AmA L’AfRICAMIChElE nARCIsI

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Via Roma, 598 Villa Rosa di Martinsicuro

Tel: 0861.714054

Quando l’ARTE incontra il GUSTO

Pasticceria Dolce Vitatra gusto ed eleganza

La via del gusto ha una nuova tappa tutta da visitare a Villa Rosa. Infatti a due passi dal mare spicca in tutta la sua eleganza la pasticceria Dolce Vita. Il luogo giusto dove poter allietare gli occhi e il palato con le

varie specialità proposte. Un ambiente ra�nato e accogliente. La pasticceria Dolce Vita segue con dedizione la scelta degli ingredienti di primissima qualità con prodotti esclusivamente di produ-zione propria. Si arricchisce con la pasticceria siciliana con i tipici dolci quali cannoli e cassata. Non solo pasticceria ma anche un’ottima colazione. E il �ne settimana si passa all’aperitivo cenato, non il solito aperitivo a bu�et ma con servizio menù ricco di primi, secondi e contor-ni che cambia di settimana in settimana.

Dolce Vita produce dolci e torte artigianali, anche personalizzate, per cerimonie, feste, compleanni, eventi.

Visto l’imminente freddo e l’arrivo del Natale, Dolce Vita produce anche panettoni e torroni sempre di produzione propria.

Stuzzica il tuo palato con le s�ziose specialità della pasticceria Dolce Vita!

Pasticceria

Aperitivi e Vini

Ca�etteria

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Pasticceria Dolce Vitatra gusto ed eleganza

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PEOPLE

il laPisDel FantaUtore

GIANCARLO BUCCI, L’ESTRO E L’AMORE PER PICASSO

L’arte del fumetto si è diffusa maggiormente nel corso del ‘900. In Italia il primo fumetto usci il 27 dicembre del 1908. Nel corso degli anni ha toccato vari temi e la sua importanza crebbe sempre più. Dall’America fino a casa nostra. Chi non ricorda Diabolic, Tex, Valentina e il sarcastico Linus?.Ed è proprio in quegli anni che Giancarlo Bucci si avvicina all’arte del fumetto.

Giancarlo, com’è nata la tua passione dell’arte e perché pro-prio il fumetto?Al momento della mia nascita la fata del destino, pre-sente in ogni evento, mi chiese:-cosa vuoi fare nella vita? risposi:disertare! Volevo tornarmene dov’ero, ma credo che lei avesse capito disegnare e adesso passo molto tempo tra pennelli, colori e matite. Questo è quello che mi piace imma-ginare sull’origine della mia passione. In realtà il mio approc-cio con l’arte è iniziato con la scuola di ceramica di Castelli,

MArTINA DI DONATO

poi mi sono appassionato all’architettura, all’archeologia, all’antiquariato, alla scultura, all’arte in generale. Ma sempre con un amore speciale per il fumetto.

E cosa vuol dire per te esprimerti attraverso il fumetto?ritengo che il fumetto sia l’espressione più immediata e fru-ibile di tutte. È chiaro, è diretto, e soprattutto ironico. Quelle sbavature della matita lo rendono vivo, poi è un modo per esprimere le proprie interpretazioni, il proprio modo di ve-dere le cose con pochi elementi chiari. Quando disegno sto bene con me stesso, mi estraneo da tutto, è una vera e pro-pria passione, più che un lavoro.

In Italia abbiamo dei grandi disegnatori di fumetto. Quali sono stati i tuoi ispiratori?Ero appassionato di Linus, seguivo il grande Guido Crepax,

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PEOPLE

sUlle orMe Del PaDreFILIPPO GRAZIANI (FIGLIO DI IVAN) SBARCA A SAN REMO. LA NOTIZIA ARRIVA DURANTE UNA CENA DI BENEFICENZA

Filippo Graziani, novi-tà freschissima, è stato inserito nella schiera di cantanti che partecipe-ranno al Festival di San remo 2014. Per l’artista teramano, ora residen-te a rimini, si sono così aperte definitivamente le porte del successo. La notizia si è diffusa nel tar-do pomeriggio di ieri ve-

nerdì 13 dicembre 2013 ed ha compiuto ben presto il giro dei tavoli del ristorante “Il Vigneto del Principe!, sulla strada che da Giulianova porta a Montone, dove si è svolta la cena di beneficenza, organizzata dalla onlus “Insieme per Costruire”, per sostenere la missione benedettina di Butembo nella re-pubblica Democratica del Congo. Quando il cantautore tera-mano è salito sul palco ed ha iniziato ad accordare la chitarra, già in molti erano a conoscenza della piacevole informazio-ne. Poi il concerto live, tra applausi ed il pieno coinvolgimen-to anche dei tanti giovani presenti. Alla fine Filippo Graziani

ALFONSO ALOISI

tant’è che mia figlia si chiama Valentina in onore del suo per-sonaggio. Ma l’artista più importante per me è stato Picas-so. Il primo libro che acquistai nel 1963 fu proprio un libro sull’artista spagnolo, che ho imparato ad apprezzare anche come personaggio. La sua irriverenza e la sua schiettezza mi hanno colpito profondamente.

E proprio a Picasso è dedicata la tua mostra, in esposizione alla rinascita di Ascoli piceno dall’8 dicembre al 6 gennaio e anche alla biblioteca comunale di “Villa Flaiani “ di Alba Adriatica.Si. Saranno esposte le tavole che compongono il libro Picas-so a fumetti. Un libro dedicato alla sua carriera e al suo “pe-riodo blu”, periodo di profonda crisi, ai suoi amori, alle sue irriverenze. ho deciso di pubblicarlo in occasione della ricor-renza del suo quarantennale della morte.

Nel 2012 Giancarlo ha vinto il premio “Fumetto nel cassetto” al Lucca Comix con la “Storia dei Maya a fumetti”, dove si par-la della profezia Maya sul 12 dicembre e dove ha inserito le sue conoscenze dirette sull’archeologia messicana, peruvia-na, dove si è recato in viaggio. Sempre i Maya sono i prota-gonisti del suo libro “Maya sutra” in riferimento al Kamasutra orientale, ma con quel pudore che lascia scappare un sorriso.Un altro progetto è “ripoli bel suon d’amor” sugli scavi di ri-poli.

Personaggio un po’ naif, come ogni artista che si rispetti, ir-riverente quanto basta, che con la sua ironia intelligente ci porta alla scoperta del suo mondo... un mondo a fumetti!

ha avuto belle parole per l’evento e per il suo scopo: “Quando si parla di sociale, di solidarietà e di altruismo è un fatto da te-nere sempre come esempio. Sono davvero contento di aver contribuito in qualche modo alla riuscita della serata”. Com-mentando la notizia dell’arrivo del visto sul passaporto per il Festival di San remo, Graziani ha sottolineato: “ho appreso la particolare novità da pochissime ore e non riesco ancora a fare mente locale ed a metabolizzare una circostanza sicura-mente ottima per il mio lavoro. Indubbiamente, sono felice per questo, ma ora inizia la parte più difficile ed impegnativa dell’avventura”. Soddisfatti i promotori dell’appuntamento di beneficenza (don Fortunato radicioni, don Carlo Farinel-li, Gianni e Vittoria Mastrilli, Paola Sorgi, Angelo Lalli, Franca Olivieri e Iannetti rosaria) che ancora una volta, andando oltre le più rosee previsioni, sono riusciti a concretizzare in maniera tangibile la volontà di aiutare materialmente la mis-sione benedettina in Congo. Nel corso della cena, come da programma, si è tenuta l’asta delle opere donate dai maestri Gigino Falconi e Pino Procopia. Ottima partecipazione anche per la lotteria interna che ha distribuito tantissimi premi. Il ri-cavato complessivo di tutto, naturalmente, prenderà la stra-da che porta in Africa.

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PEOPLE

riFiUtiD’arreDoMARCO E PAOLA “SALVANO” GLi SCARTi DALLA DiSCARiCAChE RiViVONO FRA MANi CREATiVE

È possibile nella società di oggi, zeppa di ogni bene che l’uomo ha mai desiderato, dare un senso nuovo a ciò che ci circonda? Come può qualcosa tornare a vivere in forme diverse e origi-nali? È quello che stanno tentando di fare Marco Di Matteo e Paola Fiori, due ragazzi di Sant’Egidio alla Vibrata con la passio-ne per il riciclo creativo e l’arte in tutte le sue manifestazioni. Cerchiamo di approfondire meglio con loro questo fenomeno sociale in continua crescita:

Come avete iniziato ad appassionarvi a quest’arte?Marco: Tutto è iniziato circa tre anni fa per necessità. Avevamo bisogno di arredare casa contenendo il più possibile i costi e un giorno, osservando i molti scarti abbandonati da industrie e negozi della zona, abbiamo pensato di “corciarci le maniche” e provare a fare qualcosa di diverso trasformando espositori e imballaggi in accessori per la nostra casa. Sicuramente in tutto ciò ha influito anche la nostra passione per l’arte e le conoscen-ze dovute agli studi in Disegno industriale.

Quali sono le vostre creazioni e che materiali utilizzate?Paola: Principalmente usiamo scarti di pelle, cuoio, legno e feltro, ma in generale ci avviciniamo a tutto ciò che stuzzica la nostra fantasia. Dopo i primi oggetti di arredamento come lampade, scaffali, mensole e bacheche abbiamo iniziato a cre-are borsette di feltro, magliette dipinte a mano e ultimamente papillon e collanine.

Diteci qualcosa di più a proposito di un must have della moda maschile come il papillon.Marco: L’dea del papillon è venuta in mente a Paola che voleva ricreare la sua forma particolare con gli origami. Consideran-do i materiali che avevamo in quel momento (legno e cuoio) abbiamo pensato di sperimentarli per ricreare questo capo di abbigliamento. Il papillon, come tutti gli altri oggetti, na-sce rispettando precise fasi. Dapprima viene fatto uno schiz-zo dell’idea, poi viene trasferito al pc e, attraverso un apposito programma, adattato alla macchina laser che utilizziamo per tagliare il materiale. Una volta ottenuta la forma prestabilita, rifiniamo il prodotto a mano con carta abrasiva o drimmel e poi lo personalizziamo sperimentando sempre nuovi materiali come smalti, paste modellabili e vernici 3D. Al papillon così ot-tenuto aggiungiamo poi il colletto, realizzato con gli scampi di

VALErIA CONOCChIOLI

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PEOPLE

stoffa aziendale decorata che riusciamo a reperire. Lo stesso procedimento viene utilizzato per realizzare le collanine da donna. Ci piace poi mantenere il prodotto nel pezzo originale da cui è stato ricavato e, perché no, magari riciclando come contenitore una custodia delle vecchie VhS!

Sperate che questa passione si trasformi in qualcos’al-

tro?Marco: Abbiamo iniziato con il creare questi oggetti per il puro piacere di dar vita a qualcosa di nuovo e diverso e, visto che piacciono molto, ci stiamo divertendo a re-galarli ai nostri amici personalizzandoli (a volte anche in modo buffo) secondo il loro carattere e come noi li percepiamo. Tutto è partito come una passione ma ci auguriamo che possa diventare qualcosa di più, magari

un vero e proprio mestiere, visto che, in un momento economico delicato come questo, bisogna continuamente rein-ventarsi e darsi da fare per riuscire ad emergere.

Un’ultima domanda. Secondo voi, quali possono essere le ragioni sociali dell’au-mento di attività come questa?Paola: Al di là dell’aspetto creativo, come passatempo e mezzo per espri-mere la nostra creatività, credo che quello del riciclo creativo sia sempre più un fenomeno sociale dovuto alla neces-sità di contenere le spese superflue e far fronte ai continui aumenti del costo della vita. Di conseguenza, avanza sem-pre più la tendenza a voler riciclare e ri-utilizzare oggetti abbandonati, magari dimenticati per molto tempo in soffitta, per creare qualcosa di nuovo e unico. In sostanza, noi diamo nuove possibilità espressive agli oggetti e, dove gli altri vedono la fine, noi invece vediamo l’i-nizio.

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CORROPOLIDall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la Piazza Piè di Corte, sarà possibile visitare il "Presepe tradizionale" di M.Pellegrino.

Sabato 21 dicembre, dalle ore 15.00, si svolgerà l'iniziativa "Il Natale dei piccoli" presso la Badia di Corropoli.

Il 24, 26, 29 dicembre e il 6 gennaio, saranno 4 giorni dedicati al cinema di animazione per bambini, presso l'ex cinema Italia. Dalle ore 17.00.

Il 28, 29, 30 dicembre, la pro loco di Corropoli organizza la seconda edizione della "sagra invernale di �ne anno", presso la piazza Piè di Corte. Inizio ore 19.00.

Martedì 31 dicembre si festeggerà il Capodanno in piazza con il concerto de "I Pupazzi", dalle ore 23.00.

Il 6 gennaio, dalle ore 21.00, presso la Chiesa Santo Spirito (Corropoli Bivio) "I Sinfonici", coro comunale di voci bianche, augurerà buon anno. Inizio ore 21.00.

ANCARANO Il 28 dicembre, presso l'Auditorium di Ancarano, si esibiranno live 3 gruppi di spicco:- Io non sono Bogte, gruppo romano che nel 2012 ha pubblicato l'album "La discogra�a è morta e io non vedo l'ora", di cui ci faranno ascoltare alcuni brani.- Il secondo gruppo ad esibirsi sarà i Nu Bohemien che porteranno sul palco alcuni tra i migliori brani nel loro stile Acustic Punk.- In�ne, sarà la volta di "Le pistole alla tempia" e del loro Combat Rock, con cui a�rontano temi sociali.L'iniziativa è stata organizzata dall' Associazione Culturale Valerio Capponi di Ancarano.

SANT’OMEROIl 4 gennaio, l'Associazione Culturale Daltonicamente di Sant'Omero organizza, presso la Sala Marchesale, un concerto in onore di Giu-seppe Verdi, eseguito dal coro Polifonico Piceno, diretto da Aldo Coccetti.Inizio concerto ore 21.00

Il 17 gennaio, alle ore 20.30, presso la biblioteca comunale Giuseppe D'Annunzio, si terrà il secondo incontro della rassegna "Voci tra gli sca�ali", segmento dell'evento "Mondo d'autore". Quest'anno il primo corso monogra�co è dedicato alla letteratura italiana ed in particolare al sommo poeta Dante Alighieri. Il corso è tenuto da Mario Rosati, docente di letteratura presso il Liceo Scienti�co di Nereto, in collaborazione con Gloria Barbarese e Saviana Di Domeni-co. La durata del corso è di cinque incontri.Ingresso gratuito.

Il 22 gennaio, sempre presso la biblioteca comunale G. D'Annunzio, inizierà anche il secondo corso monogra�co dedicato alla storia ed in particolare alla storia della Resistenza Italia e abruzzese. I cinque incontri saranno tenuti dallo storico Costantino Di Sante. Inizio ore 20.30. Ingresso gratuito.

ALBA ADRIATICADall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la biblioteca comunale Villa Flaiani , in Via Roma 32, è possibile visitare l'esposizione delle tavole dell'artista Giancarlo Bucci.Ingresso gratuito.

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATAIl 22 dicembre, presso il Dejavu Drink&Food, si esibiranno gli Area 765, gli ex Ratti della Sabina tornano in gran stile.Inizio concerto ore 22.30. Ingresso libero.

GIULIANOVAIl 22 dicembre, presso L'O�cina ( L'arte e i mestieri) di Giulianova Alta ci sarà la straordinaria Erica Mou in concerto, dalle ore 21.00.Ingresso libero.

EVENTI dicembre - gennaioEVENTI

MArTINA DI DONATO

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CORROPOLIDall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la Piazza Piè di Corte, sarà possibile visitare il "Presepe tradizionale" di M.Pellegrino.

Sabato 21 dicembre, dalle ore 15.00, si svolgerà l'iniziativa "Il Natale dei piccoli" presso la Badia di Corropoli.

Il 24, 26, 29 dicembre e il 6 gennaio, saranno 4 giorni dedicati al cinema di animazione per bambini, presso l'ex cinema Italia. Dalle ore 17.00.

Il 28, 29, 30 dicembre, la pro loco di Corropoli organizza la seconda edizione della "sagra invernale di �ne anno", presso la piazza Piè di Corte. Inizio ore 19.00.

Martedì 31 dicembre si festeggerà il Capodanno in piazza con il concerto de "I Pupazzi", dalle ore 23.00.

Il 6 gennaio, dalle ore 21.00, presso la Chiesa Santo Spirito (Corropoli Bivio) "I Sinfonici", coro comunale di voci bianche, augurerà buon anno. Inizio ore 21.00.

ANCARANO Il 28 dicembre, presso l'Auditorium di Ancarano, si esibiranno live 3 gruppi di spicco:- Io non sono Bogte, gruppo romano che nel 2012 ha pubblicato l'album "La discogra�a è morta e io non vedo l'ora", di cui ci faranno ascoltare alcuni brani.- Il secondo gruppo ad esibirsi sarà i Nu Bohemien che porteranno sul palco alcuni tra i migliori brani nel loro stile Acustic Punk.- In�ne, sarà la volta di "Le pistole alla tempia" e del loro Combat Rock, con cui a�rontano temi sociali.L'iniziativa è stata organizzata dall' Associazione Culturale Valerio Capponi di Ancarano.

SANT’OMEROIl 4 gennaio, l'Associazione Culturale Daltonicamente di Sant'Omero organizza, presso la Sala Marchesale, un concerto in onore di Giu-seppe Verdi, eseguito dal coro Polifonico Piceno, diretto da Aldo Coccetti.Inizio concerto ore 21.00

Il 17 gennaio, alle ore 20.30, presso la biblioteca comunale Giuseppe D'Annunzio, si terrà il secondo incontro della rassegna "Voci tra gli sca�ali", segmento dell'evento "Mondo d'autore". Quest'anno il primo corso monogra�co è dedicato alla letteratura italiana ed in particolare al sommo poeta Dante Alighieri. Il corso è tenuto da Mario Rosati, docente di letteratura presso il Liceo Scienti�co di Nereto, in collaborazione con Gloria Barbarese e Saviana Di Domeni-co. La durata del corso è di cinque incontri.Ingresso gratuito.

Il 22 gennaio, sempre presso la biblioteca comunale G. D'Annunzio, inizierà anche il secondo corso monogra�co dedicato alla storia ed in particolare alla storia della Resistenza Italia e abruzzese. I cinque incontri saranno tenuti dallo storico Costantino Di Sante. Inizio ore 20.30. Ingresso gratuito.

ALBA ADRIATICADall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la biblioteca comunale Villa Flaiani , in Via Roma 32, è possibile visitare l'esposizione delle tavole dell'artista Giancarlo Bucci.Ingresso gratuito.

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATAIl 22 dicembre, presso il Dejavu Drink&Food, si esibiranno gli Area 765, gli ex Ratti della Sabina tornano in gran stile.Inizio concerto ore 22.30. Ingresso libero.

GIULIANOVAIl 22 dicembre, presso L'O�cina ( L'arte e i mestieri) di Giulianova Alta ci sarà la straordinaria Erica Mou in concerto, dalle ore 21.00.Ingresso libero.

EVENTI dicembre - gennaioEVENTI

CORROPOLIDall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la Piazza Piè di Corte, sarà possibile visitare il "Presepe tradizionale" di M.Pellegrino.

Sabato 21 dicembre, dalle ore 15.00, si svolgerà l'iniziativa "Il Natale dei piccoli" presso la Badia di Corropoli.

Il 24, 26, 29 dicembre e il 6 gennaio, saranno 4 giorni dedicati al cinema di animazione per bambini, presso l'ex cinema Italia. Dalle ore 17.00.

Il 28, 29, 30 dicembre, la pro loco di Corropoli organizza la seconda edizione della "sagra invernale di �ne anno", presso la piazza Piè di Corte. Inizio ore 19.00.

Martedì 31 dicembre si festeggerà il Capodanno in piazza con il concerto de "I Pupazzi", dalle ore 23.00.

Il 6 gennaio, dalle ore 21.00, presso la Chiesa Santo Spirito (Corropoli Bivio) "I Sinfonici", coro comunale di voci bianche, augurerà buon anno. Inizio ore 21.00.

ANCARANO Il 28 dicembre, presso l'Auditorium di Ancarano, si esibiranno live 3 gruppi di spicco:- Io non sono Bogte, gruppo romano che nel 2012 ha pubblicato l'album "La discogra�a è morta e io non vedo l'ora", di cui ci faranno ascoltare alcuni brani.- Il secondo gruppo ad esibirsi sarà i Nu Bohemien che porteranno sul palco alcuni tra i migliori brani nel loro stile Acustic Punk.- In�ne, sarà la volta di "Le pistole alla tempia" e del loro Combat Rock, con cui a�rontano temi sociali.L'iniziativa è stata organizzata dall' Associazione Culturale Valerio Capponi di Ancarano.

SANT’OMEROIl 4 gennaio, l'Associazione Culturale Daltonicamente di Sant'Omero organizza, presso la Sala Marchesale, un concerto in onore di Giu-seppe Verdi, eseguito dal coro Polifonico Piceno, diretto da Aldo Coccetti.Inizio concerto ore 21.00

Il 17 gennaio, alle ore 20.30, presso la biblioteca comunale Giuseppe D'Annunzio, si terrà il secondo incontro della rassegna "Voci tra gli sca�ali", segmento dell'evento "Mondo d'autore". Quest'anno il primo corso monogra�co è dedicato alla letteratura italiana ed in particolare al sommo poeta Dante Alighieri. Il corso è tenuto da Mario Rosati, docente di letteratura presso il Liceo Scienti�co di Nereto, in collaborazione con Gloria Barbarese e Saviana Di Domeni-co. La durata del corso è di cinque incontri.Ingresso gratuito.

Il 22 gennaio, sempre presso la biblioteca comunale G. D'Annunzio, inizierà anche il secondo corso monogra�co dedicato alla storia ed in particolare alla storia della Resistenza Italia e abruzzese. I cinque incontri saranno tenuti dallo storico Costantino Di Sante. Inizio ore 20.30. Ingresso gratuito.

ALBA ADRIATICADall'8 dicembre �no al 6 gennaio, presso la biblioteca comunale Villa Flaiani , in Via Roma 32, è possibile visitare l'esposizione delle tavole dell'artista Giancarlo Bucci.Ingresso gratuito.

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATAIl 22 dicembre, presso il Dejavu Drink&Food, si esibiranno gli Area 765, gli ex Ratti della Sabina tornano in gran stile.Inizio concerto ore 22.30. Ingresso libero.

GIULIANOVAIl 22 dicembre, presso L'O�cina ( L'arte e i mestieri) di Giulianova Alta ci sarà la straordinaria Erica Mou in concerto, dalle ore 21.00.Ingresso libero.

EVENTI dicembre - gennaioEVENTI

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Palestra one tWo one, Wellness rooM a.s.D.Costanza e un pizziCo Di DeterMinazione. sono queste le basi fonDaMentali per frequentare una palestra. Ci sono poi palestre Che fanno la Differenza CoMe la one two one Di tortoreto, Che Con i MiGliori personal trainer ti CoinvolGo-no e ti fanno raGGiunGere un fitness a 360°

A farci da guida nella palestra 121 Tortoreto sono proprio alcuni soci Lina e Domenico che ci spiegano la forza del loro successo.

Dimmi il tuo obiettivo e ti dirò che allenamento fare…questa è la fi-losofia di 121. Quali sono le attività che offrite? Il nostro club si prefigge lo scopo di far raggiungere agli as-sociati un fitness a 360°. Obiettivo realizzabile con la pratica di molteplici attività quali l’allenamento funzionale, la pesi-stica, il body building, la ginnastica antalgica e la ginnastica propriocettiva. Anche la scelta del nome non è casuale infatti il nostro centro offre la possibilità di effettuare allenamenti ‘’one to one‘’ per il wellness e le preparazioni specifiche.

Si sente parlare spesso, di allenamento funzionale, ma non

tutti sanno esattamente di cosa si tratta. Ci potete spiegare in cosa consiste ? Può essere inte-so anche come prevenzione?L’ allenamento funzionale è un allenamento di estrema com-pletezza e grande impatto emo-tivo. Il concetto fondamentale è quello di attivare in maniera

complessa ma naturale i propri muscoli, compiendo azioni facilmente gestibili che spesso vengono svolte nella nostra quotidianità. Le attrezzature utilizzate sono basilari: manu-bri, bilancieri, trx, kettlebells, palle zavorrate, cime nautiche ed altri piccoli attrezzi.

Bisogna frequentare una palestra per poter svolgere attività di tipo funzionale?Sarebbe meglio perché frequentando la nostra palestra ap-

PUbblIRADAZIonAlE

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ss 16 km 405+203 (sopra bricofer) 64018 tortoreto lidoemail:[email protected] e info: 3498590281 - 3775431569fb: onetwoone a.s.d.

PUbblIRADAZIonAlE

prendi nuovi movimenti che serviranno poi nella vita quoti-diana abbassando così il rischio di infortuni.

Qual’ è l’utenza a cui vi rivolgete?Ci rivolgiamo a tutte le fasce d’età, spaziando dall’eaducazio-ne motoria per i più giovani, alla rimessa in forma per l’uten-te medio e per finire alla ginnastica dolce per il soggetto più anziano.

Per raggiungere l’obiettivo, quanta importanza ha la moti-vazione?È molto importante. Infatti la nostra ambizione è far raggiun-gere l’obiettivo, che tu sia un professionista o un semplice appassionato. Allenandoti con diversi metodi e strumenti, puoi arrivare al tuo obiettivo. Tanta buona volontà non deve di certo mancare.

Siete una palestra di nicchia, cos’è che vi differenzia rispetto alle altre palestre? Nelle palestre ci sono troppe macchine isotoniche, l’istrut-tore non ti segue come dovrebbe e c’è carenza di efficacia dell’esercizio. Nella vita quotidiana la maggior parte delle persone non ha 2 ore di tempo per andare in palestra. Qui con la metà del tempo riesci a fare un lavoro migliore a livello metabolico. La forza di questa palestra è che ci sono istruttori che ti coinvolgono. Ci avvaliamo inoltre della collaborazione dei migliori professionisti per quello che riguarda fisioterapia e nutrizione.

Sono questi gli ingredienti di una palestra speciale che cura ogni aspetto dell’allenamento fin nei minimi particolari. una squadra consolidata che ha fatto dei suoi metodi innovativi il proprio cavallo di battaglia. una palestra che ti coinvolge e ti fa rimanere in forma con il sorriso e con la sicurezza di raggiunge-re sempre gli obiettivi prefissati.

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MODA

Soprattutto negli anni ‘80 il cap-potto di pelliccia ( di visone in par-ticolare ) rappresentava un vero e proprio status symbol; ricordo in-fatti quando mia madre li riponeva con estrema cura nell’armadio per averli impeccabili durante le gran-di occasioni e come, comunque, fosse un capo dedicato prevalen-temente alla domenica o alle fe-stività natalizie. Nel corso degli anni poi la pelliccia ha subito molti attacchi che hanno portato all’affermazione di quella ecologica: in primis le manifestazio-ni degli ecologisti seguiti poi dagli stilisti stessi che, come la designer Stella Mc Cartey, hanno rifiutato l’utilizzo di pelli animali per una moda più ecosostenibile. Insomma con quella ecologica si passa dalla pelliccia simbolo di prestigio al capo divertente, versatile, un po’ rock che va ad arricchire qualsiasi tipo di outfit : elegante , romantico o aggressivo che sia. Negli ultimi anni le passerella sono state dominate dal “ pelo sinte-tico” non solo sotto forma di cappotti o giacche ( spesso coloratissime e animalier), ma anche di borse, accessori e decorazioni particolari.Una volta scelto cosa ci piace attenzione agli abbinamenti: si a stivali e pantaloni skinny , decisamente no a fantasie troppo vistose … la pellic-cia da sola basterà a catturare l’attenzione di chi ci circonda.

FEDErICA BErNArDINI

PiU’ bellacon la PellicciacHe Piace ancHeaGli aniMalivisoni e CinCilla’ Mai più saCrifiCati

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MODA

Chi pensava che lo stile fosse solo una cosa per giovani deve assolutamente ricredersi: già da alcuni anni si parla di geriatric style con i mix di contrasti e per le stravaganze della novantenne fashion guru Iris Arpfer, eccentrica designer e sto-rica dell’arte. A conferma del fatto che lo stile non ha età il libro The Granny Alphabhet del famoso fotografo di Vogue Tim Walker, il quale dedican-dolo a sua nonna racconta la moda delle ultra-settantenni. Il cofanetto contiene due volumi: in uno sono presenti 26 scatti ( tanti quante le lette-re dell’alfabeto ) di simpatiche anziane con i com-menti dell’attore e scrittore inglese Kit hesketh – harvey. Nel secondo volume 26 illustrazioni del ritrattista Mynott rappresentano con humor ele-ganti e bizzarre anziane signore. Il libro, i cui pro-

venti andranno all’associazione Friends of the Elderly, celebra lo spirito di nuovo libero e infantile di donne non più giovani che con l’avanzare dell’età guardano la vita con la curiosità tipica dei bambini .

FEDErICA BErNArDINI

nel baUleDella nonnaaDDio veCChie sottane, anChe le over vestono fashion

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BELLEZZA

cioccococcolatiNOEMI DI EMIDIO*

Tante golosità per trattamenti benessere rilassanti, tonifican-ti, snellenti e rigeneranti per il corpo e la mente: peeling al cacao, massaggi al cioccolato con olii caldi, maschere di bel-lezza per il viso...ce n’è per tutti i gusti!Il cioccolato è’ definito il “cibo degli dei” grazie alle sue pro-prietà benefiche e protettive per l’organismo. La sua storia è molto antica, risale ai tempi dei maya. Il cacao viene utilizzato in estetica soprattutto grazie alle sue proprietà riducenti . E’ ricco di sali minerali come potas-sio, magnesio, calcio, ferro, fosforo, e iodio oltre che caffeina, teombrina, serotonina, polifenoli, flavonoidi e vitamine. Queste sostanze benefiche combinate al massaggio con il cioccolato caldo e oli essenziali, completa le sue funzioni. Gli effetti delle proprietà del cioccolato sono drenanti, remine-ralizzanti, tonificanti sulla pelle e sulla circolazione sangui-gna. Grazie alla presenza dei flavonoidi(sostanze vaso - pro-tettori) il cioccolato è utile anche per contrastare fenomeni di ritenzione idrica e cellulite, soprattutto quella edematosa, mentre per la cellulite molle intervengono i sali minerali che contrastano il rilassamento dei tessuti. La presenza di caffei-

Il “cIbo deglI deI” dona Il sorrIso e fa pIù snellI

na aiuta a ridurre l’adiposità localizzata, per la quale sono utili anche gli impacchi di cioccolato caldo sulle zone affette. Grazie alle vitamine, ai polifenoli (sostanze antiossidanti che contrastano i radicali liberi che causano l’invecchiamento cu-taneo)e ad altre sostanze presenti nel cacao è consigliabile utilizzare delle maschere di bellezza per il viso e per il cor-po che idratano la pelle in profondità rendendola più liscia, compatta e con un colorito più luminoso La ciocco-terapia è una coccola di benessere che dura circa un’ ora, va effettuata in ambiente caldo e possibilmente con un lettino riscaldato in quanto l’azione del calore aiuta a di-latare i pori della pelle e i capillari facilitando l’assorbimento dei principi attivi del cacao,che grazie all’aiuto del massaggio stimola la produzione di “endorfine”, sostanze benefiche an-tidepressive che donano benessere buon umore!La ciocco -terapia aiuta a sottrarsi per un attimo allo stress della vita quotidiana, a rilassare il corpo e la mente facendo il peno di energia!

* (Estetista)

CENA CONCERTO DI SAN SILVESTROspettacolo live & dj set fino a tarda notte

LUNGO MARE ZARA 71 - GIULIANOVA TEL. 085. 80 04 [email protected] - www.amasushiclub.it

PER UN FINE ANNO INDIMENTICABILE!!!

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DIALOGO

VIrGINIA MALONI*

Il gioco da sempre svolge una funzione evolutiva impor-tante generando creatività e svago. Occorre però valutare bene i rischi non visibili, i costi concernenti, la gestione dei rischi e delle conseguenze deleterie esistenti che si posso-no riscontrare. In seguito ad un’analisi specifica del rischio cui sono esposti i cittadini del nostro territorio, emerge un numero elevato di sale gioco e gioco online che va di pari passo con lo sviluppo delle “Ludopatie contemporanee”: gambling (gioco d’azzardo), giochi a distanza, lotterie istan-tanee, scommesse e slot-machine. La ludopatia è un distur-bo del comportamento, “una dipendenza comportamentale ”. Gli studi scientifici dimostrano, come rispetto alle classiche dipendenze da sostanza, le ludopatie conoscono oggi una maggiore pervasività, trasversalità sociale e generaziona-le, dovuta sia alle caratteristiche situazionali dell’ambiente di gioco (accessibilità, anonimato, velocità) sia alla natura stessa e alla modalità dei giochi contemporanei (frequenza, possibilità di ri-giocata rapida, modalità di pagamento). La Ludopatia diventa un automatismo, dove non c’è spazio per la creatività ma l’incontro con il disorientamento soggettivo e la congiuntura della crisi economica. Il giocatore patologi-co mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d’azzardo, aumentando la frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nell’apparente tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possi-bilità economiche (facendosi prestare i soldi) e trascurando gli impegni che la vita gli richiede. Nell’era “multimediale” la figura del giocatore d’azzardo subisce una “evoluzione”: pri-ma era facilmente individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque sia in possesso di un computer col-legato a internet e di una carta di credito può diventare un giocatore compulsivo. La ludopatia può portare a rovesci fi-nanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni dell’adolescenza, mentre nelle donne ini-zia all’età di 20-40 anni. In Italia la cura del gioco d’azzardo

patologico è piuttosto recente. In alcune regioni i SerT (Servizi per le dipendenze patologiche delle ASL) hanno istituito spe-cifiche équipe (composte da medici, psico-logi, assistenti sociali, educatori, infermie-ri) che si occupano di diagnosi e cura del gioco patologico. Esistono inoltre associa-zioni che si occupano di auto mutuo aiuto, ma gli interventi legislativi in merito sono ancora insufficienti a contenere la propor-zione esorbitante che tale problema sta mostrando e ad attuare buone prassi con confini ben stabiliti che siano chiari ed ac-cessibili da tutti. Secondo i dati del Diparti-mento Politico delle Dipendenze da droga

della Presidenza del Consiglio, la percentuale di persone tra i 15 e i 64 anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi presenti sul mercato (Lotto, Supernenalotto, Gratta e vinci, scommesse sportive, poker online) ha subito un aumento significativo, una diffusione capillare delle slot-machine: nel 2011 rispetto al 2008 i giocatori patologici sono passati dall’1 al 7%, mentre i giocatori problematici (fase in-termedia) sono passati dal 5 al 18%. In questo periodo c’è una proposta di legge che, tra le varie clausole, prevede che l’1% delle giocate sia da destinare alla prevenzione e alla for-mazione e anche che ci sia un controllo dell’età del giocatore. I dati emersi mostrano come la Ludopatia interessi la salute pubblica, richiedendo una prassi consolidata e costante che preveda un buon lavoro di rete tra le istituzioni sia a livello educativo, sia di prevenzione e cura.

* (Psicoterapeuta)

il gioco d’azzardo patologico o ludopatia è un disturbo del com-portamento che, stando alla classificazione del DSM-iV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, iV edizione), rientra nella categoria diagnostica dei Disturbi del controllo degli impulsi. ha una forte attinenza con la tossicodipendenza, tanto che nel DSM 5 verrà inquadrato nella categoria delle cosiddette “dipendenze comporta-mentali”.

QUanDo il GiocoDiVenta Un blUFF

CRESCE LA LuDOPATiA iN iTALiA iNSEGuENDO L’iLLuSiONE Di GuADAGNi FACiLi

bibliografia di riferimento American Psychiatric Association. DSM-iV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizio-ne, text revision, a cura di Andreoli V, Cassano GB, rossi r, Masson, Milano 2001.

Lavanco G., Psicologia del Gioco d’azzardo. Prospettive psicodinamiche e sociali, McGraw-hill, Milano 2001.

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CINEMA

Di fronte all’ uscita di una pellicola di Woody Allen non si resta mai indifferenti. In un clima come questo, teso e incerto un po’ per tutti, il pensiero di un maestro del cinema come Allen è doveroso ed inevitabile, come questo Blue Jasmine che già dal titolo ( gelsomino tri-ste) fa più riflettere che divertire. E’ qualcosa di più che l’input per una commedia sofisticata ed effimera come il precedente stucchevole To Rome With Love, qui nien-te cartoline, nessuna zuccherosa storiella d’amore , qui siamo di fronte alla donna (Cate Blanchett) incattivita,

superba, sofisticata e cinica che dinanzi alla progressiva rottura della sua vita, non accenna ad arretrare di un millimetro: un marito in bancarotta per frode, fasullo come compagno e protago-nista di innumerevoli tradimenti, una sorella più spontanea e meno abbiente che però sembra godersi il suo semplice menage sentimentale con il compagno che, folle e grottesco, si sente minacciato dalle continue pressioni della protagonista sulla sorella per cercare un compagno più all’altezza. Sono questi ed altri gli ingredienti per un riuscito ritratto di donna vera , di un’ eroina non del tutto politically correct che giganteggia in questo film a zig zag, irregolare e cinico nel descrivere tra il passato e presente due real-tà della vita: i ricchi di Manhattan sempre più ricchi e i poveri del ghetto sempre più in bolletta.Infine la certezza che siamo di fronte ad uno scambio artistico perfetto tra quello del regista e della sua per-fetta interprete ,sempre che non si dimentichi degli al-tri comprimari come l’ ottima Sally hawkins nei panni di Gingere, Bobby Cannavale che fa Chile il partner di Ginger ed il losco marito Francis interpretato da Alec Baldwin ... sacchetti di popcorn sconsigliati durante la seconda parte del film !

Il marinaio Gennarino lavora a bordo della barca della ricca signora Lanzetti. AccidentaImente i due naufraga-no su un isolotto, che gli permette di liberarsi delle loro maschere sociali e di mostrare le loro rispettive ipocri-sie (“brutta bottana industriale e socialdemocratica” tra le frasi più celebri...). Su questo tema la regista Wertmuller pare lasciare campo ai due splendidi attori , Giannini e Melato, per quella che sarà ed è già stata, una coppia molto collaudata e proficua (vedi Mimi metallurgico ad esempio). Il film è un gustoso divertissement che lascia lo spettatore in balia di più registri emotivi: dal comico al tragico e anche allo psichedelico , il tutto condito dal verbosismo istrionico dei due protagonisti . Frasi come “il lavoro nobilita l’uomo e a maggior ragione nobilita la signora femmena.” di Gennarino (Giannini) oppure “Sì ti prego amore, tu sei il mio primo vero uomo … sodomiz-zami!”- della signora Lanzetti (Melato), lasciano aperti il tema del naufragio del proprio io e del ritorno alla nudi-tà ,all’ essenzialità dello spirito. Inoltre anche grazie ad

uno spassoso utilizzo dello humor il risultato non è mai banale ma resta sempre in bilico tra il sogno e la cupa visione del reale e delle sue divisioni sociali. Film che ha avuto un inutile banale, quello si, remake con la Ciccone (Madonna) nel ruolo della Lanzetti.

blUe JasMine

traVolti Da Un insolitoDestino nell’aZZUrro

Mare D’aGosto

ANDrEA SPADA

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LE RICETTE DELLA MEMORIA

asPettanDo la natiVita’La nascita di un bambino è l’evento più bello che possa capitare a dei genitori e, una volta, anche a una comunità. Il Natale ricorda la nascita di un pargolo “speciale” e tutta la Chiesa, la comunità dei cristiani, l’ha sempre atteso e celebrato con grande gioia e con riti altamente significatovi e carichi di valori; tra questi, una volta, il più importante era sicuramente l’unità della famiglia e per consolidarla, la sera della Vigilia, i suoi membri si stringevano intorno al foco-lare per dar seguito a un’usanza risalente almeno al XII secolo, diffusa in tutti i Paesi Europei. Il capofami-glia, “lu lallò”, procedeva all’accensione de “lu cippe”, costituito da “lu pedecò” di una pianta a legno duro, che doveva rimanere vivo fino all’Epifania. Si trattava di una cerimonia di buon augurio perché i resti del ceppo venivano poi conservati, in quanto si attribu-ivano loro delle proprietà magiche (si credeva che favorissero il raccolto, l’allevamento, le fertilità delle donne e degli animali, la salute e che proteggesse dai fulmini) e spesso venivano riutilizzati per accen-dere il ceppo dell’anno successivo.Quando il legno iniziava ad ardere, si recitava il rosa-

rio e, immediatamente dopo, tutti sedevano a tavola per una cena molto lunga e sostanziosa. La solenni-tà di una festa una volta si misurava soprattutto dal menu preparato per l’occasione e nella ricorrenza del Natale ciò si verificava sin dalla Vigilia, come è dimo-strato anche da alcuni menu fedelmente riportati in testi che trattano la storia della cucina. Ecco quel-lo che propone, in un testo del 1847, il napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino: Vruoccoli zuffritti co l’alice salate. - Vermicielli co la mollica de pane, o pure zuffritti co l’alice salate. - Anquille fritte. - Ragoste vollute co la sauza dè zuco de limone, e uoglio. - Cassuola de calamariell, e seccetelle. - Pasticcio de pe-sce. - Arrusto de capetone. - Struffoli.Nella tradizione teramana, come ricorda anche rino Faranda, il menu prevedeva questi piatti: Spaghetti con il tonno (Era il piatto unico del pranzo. Ndr) - Frit-ti di cavolfiore, finocchio, sedano, carciofi e cardone - Baccalà fritto - Capitone allo spiedo o alla graticola - «Caggionetti», croccanti, sfogliatelle e pepatelli - Frutta fresca e secca. Se negli ambienti della nobiltà prima e della borghe-

ZUPPA DI CECI

PROCEDIMENTO Si mettono a bagno i ceci la sera prima. Si lavano bene e si pongono a bollire in una pentola, a fiamma bassa, con aglio e rosmarino; dopo un po’ di tempo si salano; si fa completare la cottura e si condiscono con olio d’oliva crudo. Nel frattempo le fette di pane vengono abbrustolite e poi disposte sul fondo di una zuppiera; vi si spande sopra uno strato d’uva passa e di fichi secchi tagliati a pezzetti; si ricopre il tutto con i ceci e il brodo di cottura ancora bollente; si continua a fare gli strati fino all’esaurimento degli ingredienti. Si copre il recipiente; si fa riposare un po’ la zuppa e si serve ancora fumante.

Ndr. il piatto, assaggiato dopo essere stato fotografato, si caratterizza per un grande equilibrio di sapori e riesce particolarmente gradito al palato. A chi volesse cimentarsi nella sua preparazione, si raccomanda di impiegare un pane raffermo e dalla buona tenuta al brodo. in occasione della prova è stato usato un pane confezionato con farina 2 e lievito di pasta madre dall’Azienda Agricola “Le Gemme” di Villa Rosa di Martinsicuro.

INGREDIENTI pER 10 pERsoNE

1 kg di ceci secchi

200 kg d’uva passa

200 kg di fichi secchi

1 kg di pane casereccio

aglio q.b.olio q.b rosmarino q.b.sale q.b.

FrANCESCO GALIFFA

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I fRITTI DELLA VIgILIA DI NATALE

PROCEDIMENTO Si lavano, si tagliano e si metteno a lessare in acqua salata le verdure che l’orto offre; si tirano via dall’acqua dopo lu prime vulle, facendole così rimanere al dente. Si puliscono e si diliscano le sarde o le alici. Si lessa il baccalà, lasciato in ammollo in abbondante acqua per un paio di giorni affinché si dissali bene. In una bacinella di coccio si versano acqua, farina e sale; si mescola tutto con un cucchiaio, formando una pa-stella poco densa; vi si immergono le verdure, le alici e il resto, cercando di ricoprire ogni loro lato. Si scalda in una padella abbondante l’olio d’oliva; vi si buttano dentro, pochi per volta, i pezzi da friggere; si rigirano e, quando sono dorati, si prelevano con una schiumarola, disponendoli su carta paglia per far assorbire l’olio. Si spolverano con un pizzico di sale.

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LE RICETTE DELLA MEMORIA

asPettanDo la natiVita’

INGREDIENTIcavolfiore

sedano

finocchio

baccalà

sarde o alici

farina

olio d’oliva

acqua

sale q.b.

*le ricette allegate sono tratte dal libro Acqua&farina, Istituto Comprensivo di Colonnella, Grafiche Martintype, 2004.la realizzazione dei piatti, fotografati da Alberto Camplese, è stata curata da Paola Giminiani, titolare del punto di ristoro agrituristico “Gli Olmi 2” di Corropoli.

sia poi i piatti forti erano a base di pesce, nella cultura gastronomica popolare e contadina l’unica deroga ai piatti della “dieta mediterranea” era rappresentata dalla presenza tra le materie prime del baccalà.Noi ci permettiamo di segnalare un menu emer-so dalla ricerca, già citata nel numero dello scorso novembre, condotta tra le donne di Controguerra,: Fritto misto - Alici olio e prezzemolo - Zuppa di ceci - Baccalà in umido con i ceci - Li cagginitte - Frutta secca e fresca. Particolarmente attesi erano i fritti, che le donne di

casa cominciavano a preparare già dal primo po-meriggio. Come si nota facilmente, nei confronti dei menu attuali, ci sono dei grandi assenti, primo tra tutti il panettone. All’approssimarsi della mezzanotte, l’intera famiglia, ad eccezione dei vecchi e degli invalidi, sfidando il freddo dicembrino, si avviava a piedi verso la chiesa per partecipare al rito della Natività. Durante le cele-brazioni, non di rado, si avvertivano le conseguenze “rumorose” della cena, di non facile digestione, con-sumata poco prima!

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