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tesi di laurea specialistica in neuropsichiatria infantile
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Dottorato in Neuroscienze Sperimentali e Cliniche [cod. 11070]
Curriculum: Neuroscienze, Riabilitazione Motoria e Scienze del Comportamento
anno accademico 2008-2009
Tesi di dottorato
Valutare la Disgrafia Evolutiva:il profilo neuropsicologico alla base di una cattiva scrittura
Dottorando: Dr. Carlo Di Brina
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitativedell’Età Evolutiva, “Sapienza”, Università di Roma.Via dei Sabelli 108, 00185 Roma
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Questo lavoro vorrebbe fornire una sorta di vademecum, pochi elementi essenzialiper orientarsi nel nebuloso mondo del disturbo di scrittura, dove ancora regnanoconfusioni, non esistono scale standardizzate e validate su campione italiano e spessosi fanno valutazioni con criteri “occhiometrici” o peggio non si fanno per niente. Ciriproponiamo di fornire agli operatori del settore (medici, neuropsicologi, terapistied anche insegnanti) elementi per affrontare l’inquadramento del bambino che scrivemale.
Nota:
Il Gruppo Disgrafia è attivo a Roma presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche Psichiatriche e
Riabilitative, “Giovanni Bollea”, dell’Università “Sapienza” di Roma.
Ha curato un protocollo di valutazione per la Disgrafia, si occupa di ricerca nel campo del disturbo
di coordinazione motoria e movimento in generale, e sta traducendo dall’olandese e validando su
campione italiano una delle scale più usate in letteratura per la valutazione qualitativa della
scrittura: la Scala sintetica per valutare la scrittura in età evolutiva (BHK)
Coordinatore Dr. Carlo Di Brina, Neuropsichiatra Infantile.
Per contattare l’autore scrivere all’indirizzo
e-mail…………………………………………………………………… [email protected]
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Sommario
Introduzione pag. 4Sviluppo delle competenze grafomotorie 4
• Prerequisiti 5• Abilità percettive 5• Linguaggio scritto 6• Le impugnature 6• I compensi 7• Tipi di disgrafia 7
Nosografia 8Epidemiologia 9
Componenti motorie 10Il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (DCD) 10Esame neurologico 11
Componenti visuopercettive 13Studi mirati 13
Modelli teorici 14
Metodi di valutazione della scrittura 16Il BHK 17L’analisi cinematica 18
Contributo originale: la ricerca 19Obiettivi 19Soggetti 20Metodi 20Risultati 23Discussione e conclusioni 25Prospettive future 27
Raccomandazioni cliniche 28
Note per i genitori 30
Bibliografia 32
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Introduzione
La scrittura è una forma di espressione codificata attraverso i segni, invenzione umana
relativamente recente (civiltà mesopotamica 3200 A.C.), e forse oggi già in procinto di
scomparire, all’inizio del nuovo millennio. La scrittura alfabetica segna il passo di fronte ad
altre forme di codice, come ad esempio quello di tipo alfanumerico o iconografico dei sistemi
informatici a diffusione globale. Eppure la scrittura è a tutt’oggi il mezzo più immediato e
diffuso per archiviare, riportare, appuntare e trasmettere le informazioni. E’ stata paragonata
alla memoria collettiva permanente.
Il bambino che scrive male mostra un segno clinico quantificabile e controllabile nel tempo
che può essere un segnalatore di patologia o di disturbi di sviluppo sottostanti o anche
semplicemente di una difficoltà transitoria legata a fattori educativi o ambientali. A ogni buon
conto la disgrafia merita un approfondimento più puntuale di una semplice descrizione che
deve partire dall’utilizzo di scale di valutazioni standardizzate. L’inquadramento prevede tre
aree principali: un disturbo neurologico, un disturbo neuropsicologico specifico o un disturbo
transitorio lieve.
Procediamo con ordine e in un’ottica di tipo evolutivo, partendo dallo sviluppo di questa
funzione.
Sviluppo delle competenze grafomotorie
Prerequisiti: I prerequisiti al gesto “scrittura” sono evidenziabili con prove di pregrafismo e
attraverso il disegno. Un bambino di 18 mesi è in grado di eseguire un tratto verticale, a 24
produce uno scarabocchio circolare, a 30 sa imitare un tratto orizzontale e verticale e copiare
un cerchio e dovrebbe poter tenere la matita fra il pollice e le altre dita (prensione a tripode o
a quadripode), invece che con presa palmare. Ben diversa è, come vedremo, la situazione del
campione a sviluppo atipico: in uno studio Australiano emerge che su 20 bambini con
Disturbo della Coordinazione Motoria (D.C.D.), dai 4 agli 8 anni, il 29% era mal lateralizzato
o mancino e il 31% utilizzava strategie di prensione della penna inusuali o immature (Rodger,
2003).
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A 48 mesi generalmente un bambino tiene fermo con una mano il foglio su cui sta scrivendo e
a 60 mesi disegna delle semplici case ed è in grado di copiare il suo nome. Lo studio dei
prescolari attraverso compiti di copia ha evidenziato l’importanza delle componenti
visuomotorie (Marr et al., 2001). Il processo di copia viene però spesso escluso, poiché
ritenuto da molti come non facente parte della scrittura, in quanto compito coinvolgente poco
le componenti effettrici di recupero delle varianti allografiche (che incontreremo più avanti,
nel capitolo dedicato ai modelli teorici) o la scelta degli standard dimensionali dei caratteri e
coinvolgendo in massima parte le prassie costruttive.
Abilità percettive: In età prescolare il ricontrollo visivo e la competenza cenestesica, a
secondo delle fasi evolutive, agiscono prima in parallelo e poi singolarmente per garantire un
buon risultato grafico. A quest’età il ricontrollo visivo è più attivo rispetto alla sensibilità
cenestesica. Prima dei 4 anni le bambine mostrano una padronanza maggiore in compiti che
coinvolgono le abilità cenestesiche, rispetto ai maschi di pari età, mentre a 4 anni le
prestazioni dei due sessi si equivalgono. Insomma dai 3 ai 5 anni si affina la cenestesi in
entrambi i sessi e nei primi anni della scuola elementare quest’ ultima prende il sopravvento,
fino alla maturazione pressocchè completa ai 7 anni. Questo permette ai bambini che
approcciano la scrittura, di automatizzare il processo e di padroneggiare un tratto più rapido
(Coleman & Piek, 2001). Resta fermo il fatto che padroneggiare un buon ricontrollo visivo è
fondamentale per un corretto sviluppo motorio, essendo stata trovata evidenza che i problemi
di ordine percettivo siano da imputare primariamente alla modalità visiva piuttosto che
cenestesica, anche se questa sembra comunque coinvolta (Lord & Hulme, 1987). La acuità
nella competenza cenestetica valutata attraverso il Kinestesic Acuity Test (KAT; Livesey D.
J., 1995) rappresenta un buon predittore assieme alle prove di Performance alla WIPPSI-R
(Wechsler, 1989) di eventuali difficoltà psicomotorie e rappresenta un indicatore di rischio
per lo sviluppo di DCD.
Nell’assesment dei bambini con DCD viene spesso usato il Test di Sviluppo dell’Integrazione
Visuo Motoria (VMI; Beery & Buktenica, 1997) che però ha mostrato punteggi entro ranges
di normalità già dall’età prescolare (Rodger S. et al, 2003). Risultati come questo erano già
stati spiegati da studi precedenti che riscontravano sì punteggi entro i limiti, ma con tempi di
esecuzione molto più lunghi rispetto al campione di pari età. Non avendo il suddetto test limiti
di tempo, non risultava dunque eseguito male, ma la relazione inversa tra accuratezza e
velocità che si riscontra nei bambini con DCD è ben documentata.
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Linguaggio scritto: Dai 4 ai 7 anni un bambino sviluppa la rete di competenze di meta-
livello, in ambito percettivo, motorio, linguistico e cognitivo, che costituisce il substrato
necessario per l’acquisizione della funzione “linguaggio scritto”. Il linguaggio orale,
pienamente sviluppato nelle sue strutture di base, costituisce lo strumento privilegiato con il
quale il bambino affronta e sperimenta la nuova acquisizione. Si passa da schemi orali aperti a
schemi scritti chiusi, ad alto grado di esplicitazione e non suscettibili di ulteriori modifiche o
specificazioni, come avviene invece in un contesto mobile come quello dello scambio
linguistico orale. La sperimentazione avverrà su schemi linguistici orali chiusi, regolati da
meccanismi di pianificazione e di coesione linguistica. Tra la 2° e la 3° elementare si notano
le modificazioni più significative per quanto riguarda la fase di acquisizione e di
stabilizzazione del codice scritto.
Il processo di automatizzazione della scrittura, invece, è molto più lento, e prosegue fino alla
5° elementare quando il formato del tratto grafico si rimpicciolisce e la traccia acquisisce una
struttura abbastanza stabile nel tempo. In adolescenza poi si personalizza lo stile di scrittura,
passando dalle forme standard delle lettere a caratteri più “a misura” del gusto individuale
(Hamstra-Bletz & Blote, 1993; Smits-Engelsman & van Galen., 1997).
Le impugnature: Le caratteristiche qualitative risentono inoltre eminentemente del tipo di
impugnatura che il bambino adotta. Sono state tipizzate differenti modalità di impugnare la
penna, dalla meno funzionale e primitiva con impugnatura palmare, in cui il bambino utilizza
4 o tutte e 5 le dita, alla più matura, il tripode dinamico, con impugnatura tridigitale, passando
per gli stadi intermedi: la quadridigitale e il tripode statico. Il tripode dinamico consente la
fissità della penna, lasciando libero polso e falangi di muoversi nei movimenti di flesso
estensione che compongono la rotazione appropriata ad ogni singola lettera. L’anulare
stabilizza ad altezze diverse l’impugnatura e con il mignolo fa scorrere la mano sul foglio. In
un gruppo di 320 bambini normali dai 3 ai 6,11 anni, il 48 % dei più piccoli era già in grado
di utilizzare il tipo di prensione più maturo. Nel gruppo dei più grandi la percentuale saliva al
90% (Schneck and Henderson, 1990).
Il disturbo di scrittura si manifesta durante i primi anni della scuola elementare, quando il
bambino utilizza più del 40% delle ore scolastiche applicato in compiti grafomotori; intorno
alla fine della 2° inizio 3° elementare, l’apprendimento del codice scritto può essere dato per
acquisito.
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Potremmo dunque individuare percorsi di sviluppo atipici già dai 7 anni di età con il copiato e
molto prima (età prescolare) con semplici test di integrazione visuomotoria che tengano conto
dei tempi impiegati. Eppure abbiamo appena visto come le prove di copia vengano poco
utilizzate e i risultati al VMI, così come viene ad oggi somministrato, siano poco indicativi.
I compensi: Il cattivo scrittore adotta tutta una serie di strategie di compenso per minimizzare
gli elementi che potrebbero disturbare la sua performance. A volte queste strategie sono
adattative e permettono di raggiungere una qualità di scrittura discreta e una leggibilità del
prodotto sufficiente. Altre volte il prezzo pagato per ridurre la variabilità nei caratteri e il
cattivo controllo del tratto è tale che può addirittura peggiorare il “rumore” neuromotorio di
fondo o rendere la prestazione sostenuta nel tempo troppo faticosa. Il bambino allora
abbandona o disinveste in questo ambito per la scarsa soddisfazione che ne trae. Questo
rumore neuromotorio è stato misurato negli scrittori abili e nei cattivi scrittori e quantificato
in Herz (5 hz nei primi, 4-7 hz nei secondi) (van Galen et al., 1993).
Sistemi di compenso sono: aumento/riduzione della velocità di scrittura, allungamento delle
traiettorie usate (lettere più grandi), aumento della pressione esercitata dalla penna sul foglio
attraverso il reclutamento di fibre muscolari meno specializzate, aumento della superficie
delle dita a contatto con la penna al fine di meglio distribuire la pressione esercitata,
diffusione del tono lungo il braccio attraverso la cocontrazione di agonisti e antagonisti a
“riduzione” dei gradi di libertà dei segmenti mobili.
Tipi di disgrafia: Le principali classificazioni nosografiche inquadrano la Disgrafia,
all’interno dei disturbi evolutivi, con ottiche diverse e a seconda del prevalere di un aspetto
sugli altri.
Secondo queste classificazioni e l’esperienza del nostro gruppo di studio (Gruppo Disgrafia)
che si occupa ormai da alcuni anni del disturbo di scrittura, si individuano due tipologie di
Disgrafia, che hanno alla base diversi aspetti disfunzionali: un disturbo di area
prevalentemente motoria, che origina da un problema esecutivo-prassico e coinvolge
componenti effettrici e di recupero allografico (disgrafia severa) e un disturbo del processo di
scrittura più legato a compiti connessi all’apprendimento scolastico: segmentazione
fonologica, consapevolezza lessicale e sintattica, che ha in forte comorbidità la Disortografia
(disgrafia superficiale).
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Le due aree possono comunque essere associate, in uno stesso fenotipo clinico ed è stato
descritto come il processo di codifica del linguaggio scritto e le componenti prettamente
grafomotorie si intersechino influenzandosi reciprocamente (Bertelli e Bilancia, 1996).
Nosografia
Sia il DSM IV (APA, 1994) che l’ICD 10 (WHO, 1992) includono il sintomo disgrafia
all’interno del Disturbo di Coordinazione Motoria.
Il DSM IV parla espressamente di un problema legato principalmente alla calligrafia e
prevede, come criterio di inclusione, che esistano disturbi motori associati al sintomo “brutta
scrittura” che giustifichino performances più basse in compiti motori di ambito scolastico. In
questo caso si parla di Disturbo di Sviluppo della Coordinazione (D.C.D.).
Se alla brutta grafia si associano errori di spelling (di compitazione) e di costruzione del testo
(morfosintattici) verrà invece data diagnosi di Disturbo dell’Espressione Scritta. Quest’
ultimo rientra nei Disturbi dell’Apprendimento e si trova spesso in comorbidità con Disturbi
di Lettura e di Calcolo.
L’ICD 10 tende ad assegnare in presenza del sintomo Disgrafia, diagnosi di Disturbo
evolutivo specifico della funzione motoria (D.E.S.F.M.). Non prevede un disturbo
dell’espressione scritta a se stante, ma in presenza di altri deficit come quelli di decodifica
ortografica, assegna diagnosi di Disturbo della compitazione (D.d.C.) (errori ortografici più
che fonologici).
Questo tipo di Disgrafia viene chiamata clinicamente, come già detto, Disgrafia Superficiale
(Temple, 1986).
La nosografia europea e quella americana sottolineano dunque la relazione della disgrafia con
il disturbo del movimento, quella europea in particolare prevede una distinzione della
componenti ortografiche del disturbo di scrittura dalle componenti di spelling e quindi dal
coinvolgimento di altri deficit psicolinguistici inquadrabili meglio all’interno dei Disturbi
Specifici di Apprendimento (D.S.A.). La letteratura di area europea a riguardo ha in passato
confermato la centralità della natura motoria del problema (Ellis, 1982; Hamstra-Bletz &
Blote, 1993; Lerner, 1983; Margolin & Wing, 1983; Wann, 1987; Wann &
Kardirkammanathan, 1991; van Galen et al. 1993).
Il lavoro svolto dalle consensus conferences in tema di disturbi di coordinazione motoria ha
affinato poi l’inquadramento suggerito dai manuali nosografici, con specifiche relative al
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profilo di questi bambini. Per il Disturbo di Coordinazione Motoria (DCD) si è stabilito
(Polatajko, H., 1995; Leeds consensus Statement, 2006) che si possa fare diagnosi solo dopo i
5 anni e che i criteri per la diagnosi fossero così quantificabili: caduta motoria valutata
attraverso un Test standardizzato, ad es. Movement ABC (Henderson & Sugden, 1992) per un
punteggio totale uguale o inferiore al 5° percentile. In presenza di una cattiva scrittura si può
invece dare diagnosi di DCD anche con punteggi uguali o al di sotto del 15° percentile. La
prestazione al di sotto del 5° percentile in una o più sottoaree (ad esempio abilità manuale ed
equilibrio dinamico) ci indica il profilo di compromissione riscontrabile in quel bambino.
Non sempre un disgrafico rientra appieno nella diagnosi di DCD. In uno studio svolto in
Olanda è stato dimostrato che di 100 bambini afferiti ad una clinica di riabilitazione per
problemi di ordine motorio, solo 75 avevano un punteggio ad un test motorio (ABC-
Movement) inferiore al 15° centile. Il restante 25% aveva problemi specifici come ad esempio
una disgrafia, una alterazione del tono o problemi isolati di integrazione sensoriale (Geuze et
al., 2001). E’ stato dimostrato che la correlazione tra problemi diversi di ordine motorio è
piuttosto bassa (Smits-Engelsman, Enderson & Michels, 1998).
Epidemiologia
L’assai elevato numero di segnalazioni che pervengono ai centri specialistici, durante il primo
ciclo elementare per una brutta scrittura rende l’esigenza di un preciso inquadramento, più
urgente. Il 30-60% del tempo dedicato all’apprendimento in scuola elementare è speso in
compiti di motricità fine e scrittura, con la scrittura come compito predominante (McHale &
Cermak, 1992). Inoltre da uno studio epidemiologico che ha presentato un follow-up di 5
anni, emerge che il 10% degli studenti Olandesi mostra una disgrafia (Hamstra-Bletz et al.
1993). Da questo studio che ha seguito bambini del primo ciclo elementare, emerge come una
cattiva qualità della scrittura, anche in assenza di un disturbo dell’apprendimento, permane
nel tempo per una alta percentuale di casi. E’ stato stimato che il 5-20% dei bambini in età
scolare presenta forme di movimento fine non ottimale, compreso il Disturbo di scrittura
(Gubbay, 1975), altri studi indicano un range di prevalenza per i problemi di scrittura che va
dal 5 al 25% (Smits-Engelsman, 1995).
E’ dunque evidente che un’alta percentuale di bambini presenta il segno disgrafia;una parte di
essi sarà compresa nei Disturbi dell’Apprendimento, 4-8% secondo alcuni (Lindgren et al.,
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1985), altri nei Disturbi di coordinazione motoria, 6% (APA, 1994). Probabile comunque che
il totale non rientri tutto in questi due soli gruppi nosografici.
Componenti motorie
Il Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria (DCD)
La letteratura sull’argomento utilizza una pletora di definizioni diverse per definire i bambini
con una disfunzione in ambito motorio ed elenca manifestazioni relative a tale disturbo in
ogni componente dell’atto motorio grossolano o fine.
Sono stati definiti: goffi, disprattici, con disfunzioni prattognosiche, con danno neurologico
minore, maldestri, instabili nell’integrazione attentivo-motoria. Gli svedesi hanno addirittura
previsto una categoria a ponte tra defici attentivo e motorio: Deficit nell’Attenzione, nella
Modulazione del controllo Motorio e nella Percezione (per D.A.M.P. vedi Landgren, 1996;
Kadesjo and Gillberg, 1998).
E’ ancora aperto il dibattito se si tratti di elementi distinti o di una unica diagnosi (Missiua &
Polatajko, 1995; Mijahra & Mohebs, 1995). Il DCD si trova spesso in associazione con i
disturbi di apprendimento (Lazarus, 1990) e con i disturbi dell’attenzione (Kadesjo and
Gillberg, 1998). Unico elemento indiscusso in tali definizioni è il fatto di essere condizioni al
di fuori di un danno o di una patologia neurologica maggiore o disfunzione sensoriale, dunque
una disfunzione non imputabile ad altre patologie; un disordine della pianificazione e ed
esecuzione di azioni intenzionali. Uno studio interessante è quello svolto da Miyahara (1994)
che ha distinto i DCD in due sottogruppi: i poco coordinati (equilibrio statico, dinamico e
integrazione degli emilati) e quelli con un buon controllo dell’equilibrio e della coordinazione
ma con deficit nelle altre aree (motricità fine e abilità di integrazione visuomotoria). Questa
distinzione risulta la più accettata e utilizzata anche da altri autori. Il limite di questo studio
risiede nella composizione del campione studiato: eterogeneità dei bambini con una
comorbidità per i disturbi di apprendimento.
Un dato importante, indipendentemente dal sottotipo considerato, è che questi bambini
presentano tutti un deficit di organizzazione visuospaziale (come vedremo nel capitolo ad essa
dedicato) e/o un deficit propriocettivo (Henderson, 1993; Van der Meulen et al., 1991
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Il bambino goffo ha inoltre una difficoltà specifica nella percezione somatocentrica del
proprio movimento. Ha cioè difficoltà nell’utilizzare il proprio corpo come matrice di azioni e
spostamenti nello spazio. Queste difficoltà, di ordine probabilmente estero-propriocettivo
(Frascarelli, 2000) alterano durante il movimento l’organizzazione dei pattern esecutivi, pur
finalizzando l’azione. L’elemento evidente sul piano clinico è la marcata difficoltà di
modulazione del movimento, nelle variazioni di postura e negli atti esecutivi complessi. Il
deficit emergente riguarda dunque la capacità di integrazione visuomotoria, cioè la capacità di
modificare con ricontrolli a feedback e feed forward l’azione da compiere e l’azione in atto.
L’individuazione di dette caratteristiche in età precoce può avere notevole valore predittivo
circa la comparsa di Disturbi dell’Apprendimento in età scolare.
Esame neurologico
All’esame obiettivo e a quello neurologico troveremo quelli che in passato venivano definiti i
“segni neurologici minori” riscontrabili nei bambini con disfunzione neurologica minore
(MND).
Questo perché la comorbidità tra DCD e MND è alta, ma anche perché tra i cattivi scrittori
vanno individuati DCD e disattenti, disfunzioni neurologiche soft e disturbi specifici di
sviluppo.
Di seguito riportiamo le 8 aree (clusters) indicate da Touwen (1979) ed in via di revisione a
distanza di 30 anni a cura del gruppo della Prof.ssa Hadders-Algra, neurologa dell’Università
olandese di Groningen (vedi Peters, 2008). Come già per l’esame di Touwen esistono prove
età specifiche a cui si aggiungono ora caratteristiche relative ai tempi di esecuzione che
abbiamo visto essere di una certa importanza.
L’esame neurologico può individuare forme borderline di paralisi cerebrale infantile in
bambini segnati da eventi critici in età prenatale e perinatale che vengono definiti Complex
MND (presenza di 3 o più clusters devianti), distinguibili dai Simple MND (fino a 2 clusters
devianti) a sviluppo normale ma non ottimale e nei quali più che di disfunzione si parla di
variabilità interindividuale. In questi ultimi le disfunzioni neurologiche minori sono meno
evidenti. Ancora un a volta la quantificazione del sintomo clinico riferito è importante per un
corretto inquadramento.
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Tono e mantenimento della postura: ipotonia di grado lieve-medio, riscontrabile nella
curvatura plantare e nella scarsa resistenza alle manovre di mobilizzazione passiva degli arti e
di trazione attiva; lassità legamentosa nelle prove di iperestensione del pollice
sull’avambraccio, segno del collo di cigno nell’estensione delle dita, recurvato del gomito a
braccia estese; instabilità posturale alla prova di Romberg, con movimenti associati di
aggiustamento del tronco. Tendenza del bambino alla iperestensione e al recurvato degli arti
in tutte le posture che devono essere mantenute nel tempo al fine di stabilizzare il tronco.
Movimenti involontari: movimenti coreo-atetosici delle estremità distali alla prova di
Mingazzini sensibilizzata ad occhi chiusi (mov. lenti delle dita e rotazioni del polso) e scosse
prossimali dei cingoli scapolare e pelvico. Movimenti coreiformi dei muscoli del viso degli
occhi e della lingua.Tremori a riposo. Movimenti associati: adiadococinesia nella prova delle
marionette eseguita con entrambe le mani, ipercinesie, sincinesie oro-cheirali (mimiche e
digitali) nelle prove di deambulazione sui talloni e sulle punte o durante l’esecuzione di prove
di motricità fine o di forza. Diffusione del tono lungo il segmento utilizzato e difficoltà nella
scelta ed utilizzo dei singoli gruppi muscolari. Apertura della bocca coniugata al dilatare le
dita. Coordinazione e equilibrio: prova di Romberg positiva, segni di incoordinazione
motoria e di estrema variabilità nello schema utilizzato nel calciare, alle prove dello stare su
una gamba o dei saltelli e nella corsa. Adiadococinesia. Alla prova indice-naso, in particolare
se sensibilizzata ad occhi chiusi si riscontrano dismetrie e aggiustamenti posturali
compensatori del capo e delle spalle. Motricità fine: e nella prova del “segui un dito” è
possibile riscontrare difficoltà a proseguire per un tempo minimo la prova, tremore d’azione,
incoordinazione occhio-mano e tendenza a utilizzare movimenti ballistici a correzione visiva
più che integrazione propriocettiva e cenestesica. Fallimento del test di opposizione
sequenziale delle dita per quanto riguarda la fluidità del movimento e il movimento delle
singole dita nella sequenzialità, difficoltà nel procedere in avanti e indietro (prova età
specifica). Riflessi osteo-tendinei: asimmetria e evocabilità ridotta o alterata. Nervi cranici:
ipotono della muscolatura facciale e difficoltà in particolare nei movimenti della lingua verso
i punti cardinali, oltre a movimenti vermicolari della lingua che possono però far pensare ad
un possibile coinvolgimento dei nuclei della base spesso di natura post infettiva o lesionale.
Deficit sensoriali: alterazioni del campo visivo, alterazioni cenestesiche, alterazioni della
sensibilità propriocettiva.
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Componenti visuopercettive
Al fine di produrre un atto motorio o una attività svolta con abilità sono necessarie
informazioni percettive in grado di decodificare e ricostruire tridimensionalmente un campo
d’azione di sufficiente accuratezza e orientamento. E’ necessario uno stato di attivazione
attentiva, associato a buone capacità visuopercettive e visuospaziali. In particolare il sistema
sensoriale associato strettamente al controllo motorio è quello visivo (insieme a quello
vestibolare e cenestesico). Nei goffi infatti, esistono prove in studi fatti su bambini di 10 anni,
di una minore sensibilità visiva sia nella competenza legata all’individuazione delle forme
degli oggetti sia in quella relativa all’identificazione del movimento-posizione degli oggetti
(putative dorsal and ventral visual stream functions) (Sigmundsson H., Hansen P.C., Talcott
J.B., 2003). Questa difficoltà potrebbe inficiare le prime fasi di ricontrollo della scrittura,
impedendo il passaggio a forme di feed-back e feed-forward più evolute come il ricontrollo
cenestesico.
Altri elementi neuropsicologici non direttamente connessi alle abilità motorie possono
incidere sulla performance motoria: il deficit di attenzione, nell’accezione di componente
evolutiva ancora immatura più che un disturbo dell’attenzione vero e proprio, ma anche
componenti emotivo-relazionali possono far apparire un bambino goffo in una azione in cui
potrebbe risultare invece abile (Henderson, 2002).
Studi miratiNon esistono studi specifici dedicati alle componenti visuopercettive dei disgrafici, ciò sia
perchè l’attenzione è stata rivolta al gruppo di DCD (che non rappresentano la globalità dei
disgrafici) sia per la tendenza a studiare questi bambini prevalentemente da un punto di vista
motorio. Schoemaker et al. (2001) hanno trovato differenze significative tra bambini DCD e
controlli in prove di integrazione visuomotoria, in particolare nei subtests del Developmental
Test of Visual Perception (DTVP-2) (Hammill, Pearson, & Voress, 1993) relativi alla velocità
visuo-motoria e alla coordinazione occhio-mano.
Missiuna and Pollock (1995) descrivono tempi più lunghi nei DCD rispetto ai compagni di
pari età per il completamento del Developmental Test of Visual Motor Integration (VMI;
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Beery et al., 2004); nonostante ciò le prestazioni rientravano comunque nei ranges di
normalità così come per compiti come tagliare con le forbici e scrivere.
Secondo Laszlo & Bairstow (1985), l’abilità visuopercettiva rappresenta un utile predittore
delle future abilità grafomotorie. L’abilità di ricontrollo degli errori di traiettoria compiuti
durante lo sforzo di scrivere permettono l’archiviazione di informazioni che verranno poi
riutilizzate nella ripetizione dei quel movimento (Levine, 1987).
I bambini definiti goffi mostrano difficoltà maggiori rispetto ai controlli senza problemi di
coordinazione occhio mano (Sigmundsson et al., 2003) nei compiti di percezione visiva pura
(un compito di “chiusura di forme”) e nel riconoscimento (Amundson, 1996) della costanza
della forma (ricognizione di dimensioni e caratteristiche). I bambini goffi sembrano essere
carenti nella sensibilità visiva sia per le funzioni di riconoscimento delle forme e
caratteristiche degli oggetti (il “cosa”) che del movimento/localizzazione nello spazio (il
“dove”), oltre ai loro ovvi problemi di controllo motorio (Laszlo & Bairstow, 2004).
Modelli teorici
Secondo il modello dell’architettura cognitiva, descritto da Tressoldi e Sartori (Sabbadini,
1995) il deficit può riguardare:
- il recupero dei pattern grafomotori, attivazione dei movimenti che consentono la
rappresentazione delle diverse forme grafemiche attraverso un meccanismo di rievocazione
motorio;
- l’efficienza neuromotoria, componente responsabile della velocità di produzione dei
grafemi e, insieme all’efficienza oculo-motoria, anche delle caratteristiche della calligrafia.
Ritroviamo dunque due elementi comuni a qualsiasi atto motorio: il programma e
l’esecuzione. In ogni attività che viene appresa e ripetuta nel tempo, esiste il concetto di
intenzionalità, la rappresentazione mentale dell’attività, la programmazione degli atti
sequenziali indispensabili per realizzarla e la successiva automatizzazione degli stessi.
L’azione finalizzata consiste quindi nell’assemblaggio di atti elementari, ordinati in serie.
L’esecuzione si va modificando gradualmente nel senso di una minore variabilità ed una
maggiore economia, per restrizione dei gradi di libertà, che significa utilizzazione di quei soli
atti elementari adatti allo scopo. Come i movimenti saccadici di sguardo, i movimenti
ballistici degli arti sono inizialmente comportamenti istintivi, engrammi ereditati dalla specie.
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L’apprendimento iniziale di attività è poi in larga parte costituito da “preadattamenti”,
flessibili, modificabili, ristrutturabili a seguito dell’esperienza, di tentativi, di adattamenti e
successive correzioni.
Tra i modelli attualmente più accreditati in ambito internazionale vi è quello di van Galen
(1991) della scuola Olandese della Radboud University di Nijmeghen, che riconosce in una
azione complessa un Progetto motorio, un Programma Motorio e una Fase esecutiva. Il primo
rappresenta la sequenziazione di atti da compiere per raggiungere un dato scopo, la seconda la
parametrizzazione di questi atti nella maniera più economica e la terza l’azione di agonisti e
antagonisti nel raggiungere l’obiettivo. Questa impostazione è supportata dagli studi di due
ricercatori americani ((RRootthhii && HHeeiillmmaann,, 11999977)) che hanno proposto un modello similare
composto da 2 fasi: la I° costituita dai processi centrali (central processes + sseemmaannttiicc
aaccttiivvaattiioonn,, ssyynnttaaxx ccoonnssttrruuccttiioonn,, ssppeelllliinngg rreeccoovveerryy) e la II° legata alla calibratura in uscita degli
imput motori (detta “Periferal processes”) che sono il programma motorio e l’esecuzione
motoria.
Fase I Ideativa in cui viene scelto il grafema da utilizzare per quel determinato fonema e se ne
analizza la composizione ortografico-linguistica (grafema composto da 1 lettera o da due; in
Italiano la trasparenza della lingua permette di trovare spesso la corrispondenza Grafema-
Fonema).
Durante la fase I questi due moduli (ghestaltico e linguistico) lavorano in parallelo; nel
trasformare un suono in forma scritta. Il grafema è la rappresentazione visibile del fonema. A
questo livello sono attive dunque le componenti cognitive di analisi ortografica e quelle di
memoria a lungo termine per evocare il grafema.
La fase II si divide invece in 3 momenti (IIA, IIB, IIC): mentre si scrive, sciolti i dubbi
relativi all’unità fonografica, si seleziona l’allografo (IIA: rappresentazione allografica detta
“Allographic Conversion”); in questa fase si sceglie se usare il corsivo, il maiuscolo o
minuscolo o lo stampato, cioè dalla varietà dei segni tipografici si sceglie quello delle lettera
che ci interessa. Vi collabora la rappresentazione mentale della forma di quella lettera (visual
imagery), p(denotazioni tipografiche).Le sue connotazioni (salienti e distintive: dimensioni
grande-piccola, sulla riga o nella riga) trovano nella parametrizzazione le caratteristiche
spaziali richieste (IIB programma motorio grafico detto “Graphic Motor Program”).
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La fase di esecuzione muscolare (IIC) è l’ultimo momento in cui si effettua l’esecuzione
motoria vera e propria: la penna percorre il foglio con pressione, velocità e fluenza necessarie,
a loro volta influenzate dalla fase I ideativa che ricomincia il lavoro dall’inizio, per il grafema
successivo. In questa fase esecutiva agonisti ed antagonisti collaborano alla modulazione del
movimento richiesto e più o meno automatizzato, atto a produrre la lettera o il gruppo di
lettere.
Prove sperimentali sono state prodotte a supporto di questo modello (Kandel et al., 2006)
attraverso lo studio delle componenti cinematiche della scrittura. Ma quali sono le
competenze essenziali al processo di scrittura, quali abilità sono necessarie a questo processo
e quali elementi possono disturbarlo? Esiste un profilo tipico del bambino disgrafico?
Esistono disgrafie più gravi di altre?
Metodi di valutazione della scrittura
Il tentativo di definire la qualità della scrittura attraverso una metodologia condivisibile con
altri esaminatori, risale ai primi anni del Novecento. La valutazione del materiale manoscritto
si fondava sul concetto di leggibilità. Il testo da esaminare veniva paragonato ad esempi di
scrittura precedentemente ordinati dal “più leggibile” al “meno leggibile”. Queste prime scale
di valutazione qualitativa della scrittura vengono definite scale globali-olistiche (Ayres, 1912;
Freeman, 1959).
Un approccio più recente utilizza invece parametri predeterminati e ben definiti, attraverso cui
viene analizzato il testo scritto. Questi sono ad esempio la grandezza dei caratteri o la
spaziatura tra le lettere. Quest’ultimo approccio caratterizza le scale analitiche, (De
Ajuriaguerra et al. 1979; Alston, 1983; Hamstra-Bletz, de Bie & de Binker, 1987; Larsen &
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Hammil, 1989; Reisman, 1993; Amundson, 1995). Tra queste il The concise assessment
method for children handwriting (BHK; Hamstra-Bletz et al., 1987).
Entrambe le metodologie presentano alcune limitazioni: le scale olistiche necessitano di tempi
lunghi di valutazione necessari a stabilire il confronto fra testi dall’aspetto compatibile.
Inoltre le scale ad approccio olistico si prestano poco al confronto tra esaminatori, essendo in
discussione un’impressione globale e soggettiva del materiale esaminato. Le scale analitiche
seppur meno legate ad un giudizio soggettivo, risultano poco omogenee nell’individuazione
delle caratteristiche qualitative della scrittura e metodologicamente molto dissimili tra loro;
inoltre non permettono di ritenere una impressione globale del manoscritto. Nessuna scala
inoltre permette una analisi in tempo reale del processo di scrittura e tanto meno delle
componenti dinamiche ad esso correlate.
Nonostante le limitazioni riportate e nonostante l’introduzione di metodi più sofisticati,
precisi ed oggettivi, quali l’analisi cinematica mediata dalle tavolette di scrittura (Smits-
Engelsman, Van Galen & Portier, 1994; Smits-Engelsman, 1995; Rosenblum, Parush &
Weiss, 2003), le scale di valutazione restano lo strumento più facilmente accessibile e pratico
per definire la qualità di un testo scritto a mano.
Il BHKA titolo di esempio riportiamo qui alcuni articoli che utilizzano il BHK nella ricerca clinica.
L’autrice della scala ha seguito, in uno studio longitudinale (Hamstra-Bletz, L. & Blote, A.
W., 1990) 127 bambini della scuola elementare a partire dalla classe 2°, per 3, 4 o 5 anni
consecutivi. In questo studio sono state analizzate attraverso il BHK, le modificazioni
evolutive relative alla qualità della scrittura. Particolare riguardo è stato rivolto a: abilità
motoria, differenze tra i sessi, deterioramento della qualità dell’atto grafico, sviluppo di uno
stile personale di scrittura. In questo studio si evidenzia ad esempio, come gli aspetti formali
della scrittura peggiorino nel tempo con l’aumentare della rapidità di scrittura.
E’ universalmente riconosciuto come la scrittura possa rivelare problemi nella motricità fine
(Miller et al., 2001; Smits-Enghelsman et al, 2001).
Un studio longitudinale è stato rivolto a 121 bambini Olandesi (Hamstra-Bletz, L. & Blote, A.
W., 1993). Le voci della Scala sono state raccolte in gruppi (clusters). Uno di questi
riguardava la motricità fine che si è dimostrata strettamente correlata con il punteggio globale
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qualitativo. I disgrafici mostravano inoltre, rispetto agli scrittori abili, una scarsa definizione
dello stile personale.
Una validazione della scala è stata condotta inoltre su un campione di 837 bambini francesi in
età 6-11 anni (Charles et al., 2003). Il campione proveniva dalla popolazione generale ed era
selezionato in base al fatto di non aver ripetuto alcun anno scolastico e all’assenza di
patologie cognitive rilevanti.
Lo studio francese ha confermato il peggioramento (rilevato dall’aumento del punteggio
assoluto) della prestazione di scrittura, con il crescere dell’età scolare. Ciò era più evidente
per i maschi rispetto alle femmine.
Un altro studio (Schoemaker, A.S. et al., 2003) utilizza la scala allo scopo di monitorare la
prestazione di motricità fine di bambini con Disturbo di coordinazione motoria, sottoposti ad
un ciclo di riabilitazione psicomotoria: il Neuromotor Task Training (NTT).
Diversi studi hanno provato l’efficacia terapeutica di metodi incentrati sull’abilità
visuomotoria e sull’esercizio pratico alla scrittura (Woodward, S. & Swinth, Y., 2002), e
come queste tecniche migliorino la leggibilità più che la rapidità esecutiva.
Altro articolo contiene due ricerche svolte dalla scuola olandese (Jongmans, M., J., et al.
2003). La prima è svolta su popolazione proveniente dalla scuola elementare, la seconda su
campione proveniente dalle scuole per l’educazione speciale; questo studio mette a confronto
bambini trattati e non trattati attraverso particolari metodi riabilitativi. Il BHK ne valuta
l’efficacia a distanza di tempo.
L’analisi cinematicaFaremo qui solo un accenno alle metodiche computerizzate di analisi cinematica del
movimento. Ormai già da 15 anni le tavolette grafiche di registrazione della scrittura si sono
affermate come strumento affidabile e oggettivo nella diagnostica del disturbo di scrittura,
permettendo di costituire dei piccoli laboratori di analisi del movimento. Queste metodiche
risentono poco delle differenze interindividuali e dell’esperienza di chi le usa. E’ possibile
registrare la scrittura tracciata ad inchiostro e le traiettorie al di sopra del foglio,
scomponendole nei suoi elementi cinematici essenziali: picchi di velocità, accelerazione,
pressione esercitata sul foglio, tempo di tracciatura, tempi di reazione, tempi necessari alla
pianificazione del movimento… Queste caratteristiche salienti di ogni scrittore permettono di
distinguere uno scrittore abile da un disgrafico come da uno scrittore depresso o impulsivo.
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E’ stato inoltre possibile, misurare il grado di automatizzazione o la facilità nel rievocare una
lettera (Kandel et al., 2006) e la coerenza interna di un singolo scrittore, nella ripetizione dello
stesso grafoelemento (Di Brina et al., 2008). Le traiettorie caotiche, registrate al di sopra del
foglio, che preparano e precedono la scrittura delle lettere è un altro indice sensibile di una
difficoltà dei disgrafici nella programmazione del movimento (Rosenblum, 2006).Questa
tecnologia mediata da sofware dedicati e da programmi di analisi dei dati come Mathlab,
promettono di essere il futuro nella valutazione neuropsicologica dell’atto e del gesto motorio
e consentono di raccogliere informazioni non soltanto relative al prodotto finito, ma anche
sulle strategie usate per produrlo. Attualmente è attiva presso il nostro Dipartimento una
postazione per l’analisi computerizzata della scrittura. Per ulteriori notizie contattare l’autore
e vedere sul sito youtube la presentazione dal titolo “Disgrafia e componenti cinematiche”.
Contributo originale: la ricerca
ObiettiviCi siamo chiesti che cosa accomunasse i bambini che presentano una difficoltà di scrittura. Ci
proponiamo di verificare il peso di elementi visuopercettivi e motori nelle prestazioni di
scrittura, in bambini che possono essere anche dislessici, discalculici o disortografici (DSA).
Questo lavoro segue ad un pilota precedentemente compiuto dal Gruppo Disgrafia che aveva
aperto la strada all’approfondimento del profilo neuropsicologico dei cattivi scrittori (Di
Brina et al., 2007). Ci siamo chiesti quali fossero gli elementi comuni correlabili al sintomo
disgrafia, quali fossero i profili clinici a cui imputare una cattiva scrittura. Ci siamo chiesti
inoltre a quale patologia, oltre al DCD, sia possibile accomunare la disgrafia e quali siano le
basi disfunzionali comuni. Con il nostro contributo, seppure nell’esiguità del campione, ci
proponiamo di indagare l’ipotesi che esista una interdipendenza/compresenza di cattiva
qualità del tratto, problemi di ordine motorio e visuopercettivo. Il nostro campione include sia
bambini con disprassia evolutiva che con goffaggine motoria lieve, con punteggio al di sopra
del 15° percentile alle prove di abilità motoria.
Si è detto come a 7 anni si possa dare per pienamente sviluppato il controllo cenestesico.
Abbiamo scelto l’età tra i 7 e i 10 anni perché tra la II° e IV° elementare dovremmo trovarci
nella fase in cui l’apprendimento del codice scritto e le componenti necessarie alla sua
automatizzazione dovrebbero essere date per acquisite. A questo scopo abbiamo selezionato
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un campione di bambini che, seppure afferiti al nostro servizio per difficoltà di diverso tipo in
ambito scolastico, presentassero il sintomo disgrafia. La valutazione della scrittura è stata
fatta secondo la griglia di valutazione morfologica della scrittura proposta da Hamstra-Bletz
nel 1987: il BHK. Ci siamo attenuti alla definizione data da questi autori di disgrafia: un
disordine del linguaggio scritto che concerne le abilità meccaniche della scrittura e si
manifesta in bambini di intelligenza almeno nella media e che non hanno disabilità
neurologiche, handicap percettivi o motori. Questo è stato l’unico criterio di selezione, oltre
all’età e alla classe frequentata. Le componenti relative alla lettura, ortografia e calcolo, nei
bambini con diagnosi di DSA, sono state valutate attraverso la batteria in uso presso il nostro
Dipartimento e non verranno qui discusse. L’esame neurologico ha permesso l’identificazione
e l’esclusione di patologie neurologiche maggiori o segni di lato che potessero influire sulla
resa del compito scrittura. Sono stati esclusi ad esempio bambini che presentavano Tic. Il
gruppo clinico esaminato risultava inoltre esente da elementi psicopatologici che potessero
incidere sul rendimento nelle prove strutturate da noi somministrate.
SoggettiIl nostro campione è composto da un gruppo di 34 bambini di cui 19 DSA cattivi scrittori
(punteggio al BHK superiore a 22) e afferiti al Servizio per un problema di scrittura, di lettura
o di calcolo, e 15 bambini di un gruppo controllo, campionati con criterio casuale da due
scuole elementari romane. I bambini sono omogenei nei due gruppi per età, livello socio
economico, sesso e classe frequentata. I cattivi scrittori sono 17 maschi e 2 femmine, di età
compresa tra i 7,8 e i 9,9 anni (età media 99 mesi). Il gruppo dei bambini controllo è
composto da 15 bambini di età compresa tra i 7,8 anni e i 9,2 (età media 8,3 anni). I bambini
del campione clinico erano esenti da patologie organiche, deficit sensoriali, cognitivi o
neurologici maggiori, o da psicopatologie gravi che incidessero sul funzionamento generale.
Il quoziente intellettivo totale medio alla WISC- R dei 19 bambini cattivi scrittori è di 105
(Q.I.T. min. 85, Q.I.T. max 126). Il livello socio economico risulta così distribuito: 3 basso,
12 medio e 4 alto.
MetodiI bambini sono stati selezionati in base al punteggio al The concise assessment method for
children handwriting (BHK; Hamstra-Bletz et al., 1987). Questa griglia di valutazione della
qualità della scrittura in corsivo, permette una analisi morfologica del dettato di un testo e una
valutazione della rapidità di scrittura. Il punteggio ottenuto dall’analisi condotta attraverso i
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13 items, ci permette di inquadrare il prodotto grafico attraverso alcune delle sue
caratteristiche qualitative (Fig. 1). Raggruppamenti tra singole voci della scala sono possibili,
al fine di identificare le caratteristiche salienti dello scrittore: ad esempio un problema di
organizzazione spaziale del testo, cattivo dimensionamento delle lettere, poca fluidità nella
traccia. Il tempo a disposizione per eseguire il copiato del testo è 5 minuti. Il testo è unico per
tutte classi di scuola elementare, dalla 2° alla 5°, ma presenta una complessità crescente con il
susseguirsi delle righe. Questa scala di valutazione qualitativa risente ovviamente di
variazioni relative al giudizio soggettivo di ogni singolo valutatore, fornisce però criteri
definiti e confrontabili sui quali esprimere il giudizio di qualità. E’ possibile inoltre marcare
con colori differenti le correzioni alle prime 5 righe sulle quali è effettuata la gran parte della
valutazione e rendere in tal modo condivisibile con un altro valutatore il proprio giudizio.
Ogni gruppo di lavoro che adotti la Scala stabilisce criteri millimetrici per ridurre la
variabilità suindicata. La scala è in via di validazione su campione Italiano a cura del Gruppo
Disgrafia di Roma, ma non essendo ancora pronte le fasce di merito rilevate nelle scuole
romane, in questo lavoro ci rifaremo ai parametri Olandesi. Il gruppo Olandese stabilisce 3
fasce di merito: punteggio totale fino a 21= scrittore abile, da 22 a 28= cattivo scrittore lieve,
oltre 29 punti totali= disgrafico. Ipotizziamo che la prova di copia, copiare un testo
prestabilito (chiamato “Testo Standard”), sia un compito semplice, in quanto i bambini hanno
avuto a disposizione un modello in stampatello a cui rifarsi e che questa prova possa
considerarsi alleggerita dai processi di decodifica coinvolti in un dettato di parole o di un
testo.
Per l’analisi dei pattern di percezione visiva è stato usato invece il Motor-Free Visual
Perception Test (TPV), versione modificata (Colarusso & Hammill, 1972), che ci dà
indicazioni su numerosi sottodomini come la percezione figura-sfondo o la coordinazione
occhio-mano che si raccolgono poi in due domini principali: Percezione visiva a motricità
ridotta e Integrazione visuomotoria.
Per le competenze motorie abbiamo usato il Test Movement ABC (M-ABC; Henderson &
Sugden, 1992) che permette la diagnosi di DCD il cui punteggio percentile generale e si
compone di 4 sottodomini: abilità con le mani, abilità con la palla, equilibrio statico e
dinamico.
La valutazione intellettiva è stata effettuata con il Test WISC-R.
Per l’analisi statistica si è scelto un livello di significatività alpha dello 0,05.
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Fig. 1: Le voci della ScalaSCALA SINTETICA PER VALUTARE LA SCRITTURA IN ETA’ EVOLUTIVA.
Adattamento italiano a cura di Carlo Di Brina e Giovanna Rossini
Nome dell’alunno: Data di nascita: m/f 1) m/d 2)
Scuola: Classe: 4 Data della prova:
Esaminatore: Velocità di scrittura:
CARATTERISTICA1. Grandezza della scrittura ___A___________________________Totale__________________________________ _____
2. Margine sinistro non allineato _______________________________ _____valutazione frase per frase
______________________________________________________________________frase 1 2 3 4 5 Tot
_______________________________________________________________________ _____3. Andamento altalenante della linea di scrittura_______________________________________________________________________ _____
4. Spazio insufficiente tra le parole_______________________________________________________________________ _____
5. Angoli acuti o collegamenti allungati_______________________________________________________________________ _____
6. Collegamenti interrotti tra lettere_______________________________________________________________________ _____
7. Collisione tra lettere_______________________________________________________________________ _____
8. Grandezza irregolare delle lettere_______________________________________________________________________ _____
9. Misura incoerente tra lettere con e senza estensione_______________________________________________________________________ _____
10. Lettere distorte_______________________________________________________________________ _____
11. Forme ambigue delle lettere_______________________________________________________________________ _____
12. Lettere ritoccate o ricalcate_______________________________________________________________________ _____
13. Traccia instabile: scrittura incerta o tremolante_____________________________________________________________________________
Annotazioni: PUNTEGGIO TOTALE
QUALITATIVO _____
1) maschio o femmina
2) destrimane o mancino
1987 E. Hamstra-Bletz, J. De Bie, B.P.L.M. Den Brinker, Swets en Zeitlinger B.V. Lisse.
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Risultati
L’analisi dei dati a nostra disposizione e il confronto tra il campione dei disgrafici e il gruppo
di controllo ci permette alcune affermazioni. Ad una prima analisi qualitativa emerge che, tra
i cattivi scrittori, il numero di soggetti maschi supera di gran lunga quello delle bambine
(89%); 15 hanno mostrato un lateralità ben definita a destra, 4 mostravano una
lateralizzazione crociata, nessuno è risultato essere mancino. Nel gruppo di controllo 14
bambini erano ben lateralizzati a destra, uno era invece mancino. Usando l’ABC Movement
come strumento diagnostico abbiamo ottenuto una diagnosi di DCD (punteggio uguale o
inferiore al 15° percentile) in 12 bambini del gruppo dei cattivi scrittori. Problemi attentivi
sono stati riscontrati in 3 bambini del gruppo dei disgrafici veri e in 3 del gruppo dei cattivi
scrittori lievi. Per quanto riguarda il profilo cognitivo alla WISC-R dei bambini con cattiva
scrittura, il 63% presenta una configurazione “ACID” secondo Kaufman (1981), con cadute
significative nei subreattivi Aritmetica, Cifrario, Memoria di cifre e Informazioni. 12 (63%)
bambini su 19 hanno mostrato un punteggio globale alle prove del TPV uguale o inferiore al
50° percentile per l’età cronologica; 4 del gruppo di controllo. Esaminando il profilo
scolastico, emerge che, dei 19 bambini con cattiva scrittura, 5 erano anche dislessici (26%), 8
erano anche discalculici (42%) e 12 disortografici (63%). Solo 2 disgrafici sono risultati
essere puri (7 bambini presentavano comorbidità solo con disortografia, 2 solo con
discalculia).
Il confronto statistico condotto, per le prove prese in esame tra i due gruppi (cattivi scrittori vs
controlli), ha portato i seguenti risultati:
1) M-ABC: l’analisi della varianza a 2 vie (gruppo per prove) ha mostrato una differenza
significativa tra i gruppi (Fgr(32)=12,2 (p=0,001)) e tra i punteggi ottenuti alle diverse prove
(Fpr(32)=3,7 (p=0,01)), ma l’interazione gruppo per prova non appare significativa (Fgr*pr
=1,03; n.s.).
Il test t di Student, utilizzato come Post Hoc, ha mostrato come le differenze tra i due gruppi
appaiono significative per tutte le prove del M-ABC (punteggio percentile globale: t-value = -
2,90, p-level=0,007), in particolare alle prove di Equilibrio (Equilibrio Statico: t-value = 2,79,
p-level=0,009 e Equilibrio Dinamico: t-value = 2,84, p-level =0,008). La prova che
differenzia di meno i due gruppi è l’Abilità Manuale (t-value = 2,13, p=0,041), che risulta
significativa, anche se in misura minore.
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2) TPV test: l’ analisi della varianza a 2 vie ha mostrato una differenza significativa tra i due
gruppi (Fgr (32) = 9,82 (p= 0,004)) e tra gli 8 subtest (Fpr (32) = 19,4 (p< 0,001)) ma
un’assenza di interazione gruppo per prova (Fgr*pr = 2,02, n.s.).
Il test t di Student ha evidenziato che la differenza significativa tra i 2 gruppi è presente per il
punteggio percentile riguardante la Percezione visiva generale (t-value = -2,81, p=0,009) e
per il percentile riguardante la Percezione visiva a motricità ridotta (t-value = -3,17,
p=0,004), ma non per la scala Integrazione visuomotoria (t-value = -2,03, p=0,052).
Il confronto tra i punteggi ottenuti alle singole prove conferma una prestazione
significativamente inferiore nei cattivi scrittori per 3 prove su 4 che indagano le competenze
percettive “a motricità ridotta” e solo per una delle prove del raggruppamento che comporta
una “integrazione visuo-motoria” (vedi tabella 1).
Coordinazione occhio-mano t-value = -2,75
p=0,01
Figura-sfondo t-value = -3,18
p=0,003
Completamento di figura t-value =-2,27
p=0,03
Costanza della forma t-value = -2,77
p=0,009
3) BHK: Abbiamo inoltre analizzato l’andamento dei punteggi assoluti al BHK, per vedere le
differenze nell’andamento alle singole voci. I punteggi, seppure ovviamente più bassi nei
controlli, mostrano un andamento simile, per distanziarsi invece nelle voci “lettere distorte” e
“forme ambigue delle lettere” (vedi Fig. 2) , che raccolgono pochissimi punti nei controlli e
sono invece particolarmente presenti nei cattivi scrittori.. Questi due items infatti sono
considerati indicatori della capacità del bambino di eseguire correttamente le forme e
rappresentare le lettere in maniera riconoscibile e univoca.
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E’ stata infine effettuata un’analisi statistica più dettagliata all’interno del solo gruppo clinico
per evidenziarne il profilo all’interno di ciascuna prova. Un’analisi della varianza a misure
ripetute condotta sul test M-ABC (F = 1,78, p= n.s.) non ha evidenziato particolari cadute nei
singoli items che compongono la prova.
Fig. 2 (andamento dei punteggi alla prova di copia)
0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
DALLI
NEDS
PAZI
DCUR
VEA
DINTER
R
DCOL
LEG
DCOL
LIS
DALTE
ZZ
DALT_
RE
DDEFO
RM
DFOR
ME
DCOR
RE
DTRA
CCI
normali disgr
Discussione e Conclusioni
L’analisi dei dati a nostra disposizione permette alcune riflessioni.
Un’alta percentuale di cattivi scrittori è in comorbidità con la disortografia (63%).
Un’ alta percentuale di cattivi scrittori ha una configurazione cognitiva di tipo “ACID” (63%)
spiegabile con la loro appartenenza al gruppo dei DSA.
I cattivi scrittori mostrano un andamento peggiore alle prove di motricità grossolana e fine al
M-ABC, rispetto ai controlli e prestazioni più basse al TPV. Nonostante questo andamento
non tutti i bambini del campione clinico da noi esaminati aderiscono ad una diagnosi di DCD:
il 37% ha punteggi percentili superiori al cut-off considerato per la diagnosi clinica (15°
centile).
Le differenze maggiori riscontrate rispetto al gruppo di controllo riguardano equilibrio statico
e dinamico, cosa che ci conferma l’impressione che questi bambini abbiano difficoltà in
compiti che interessano l’assetto posturale e la capacità di modificare quest’ultimo in risposta
ad un compito dinamico prefissato. Si può quindi ipotizzare per questi bambini una difficoltà
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in compiti di tipo posturocinetico così come in compiti che necessitano di una integrazione
sensoriale che permetta variazioni dell’assetto posturale.
La caduta all’ABC è globale e non riguarda un item in particolare. La caduta al TPV riguarda
in particolare il raggruppamento della “percezione visiva a motricità ridotta” che è
l’indicatore più puro di un problema nell’ambito della percezione visiva. Non risente infatti
delle componenti esecutivo-motorie e ci da indicazione chiara di una difficoltà specifica dei
cattivi scrittori nella percezione e nel riconoscimento di forme.
Nella stessa direzione sembrano andare i risultati ottenuti attraverso la griglia di valutazione
qualitativa della scrittura (BHK). Gli unici due items nei quali i cattivi scrittori sembrano
realmente differenziarsi dal campione di controllo sono quelli che riguardano l’alterazione dei
grafemi. Nella rievocazione degli allografi necessari ad una data parola i clinici utilizzano
grafemi ambigui e deformati; inoltre, si discostano nella loro produzione sia dalle forme
canoniche che vengono insegnate come le più “economiche”, sia dal rispettare una coerenza
grafica interna ad uno stesso compito di scrittura. Sembra dunque che i bambini con difficoltà
di scrittura abbiano una difficoltà specifica nella caratterizzazione delle lettere che usano e
nella riproducibilità delle stesse: gli allografi sono meno caratterizzati e variano di forma nello
svilupparsi della traccia.
Ciò fa pensare ad una difficoltà nella costanza delle rappresentazioni interne delle forme, in
particolare delle lettere da utilizzare; è come se la configurazione ghestaltica non si fosse
consolidata e restasse fluttuante. Ciò non permette al bambino di attingere ad una immagine
chiara e unica per ogni grafema. In questo modo il cattivo scrittore e il disgrafico non solo
non utilizzerà la strategia più economica e fluida per eseguire una lettera, ma impiegherà più
tempo, i risultati saranno assai variabili di volta in volta, la rilettura del testo sarà difficile e
dunque anche il ricontrollo degli errori ortografici meno efficace.
L’evidente significatività nelle prove che riguardano le componenti visuopercettive ed in
particolare in quelle prove del TPV nelle quali è richiesta soltanto una minima componente
motoria (a motricità ridotta), ci fa pensare che il problema riguardi prevalentemente la fase di
discriminazione e categorizzazione visiva, piuttosto che le componenti esecutive comunque
deficitarie. Oppure che il deficit percettivo determini scarse prestazioni motorie che rendono
difficile il realizzarsi di quella sperimentazione/automatizzazione degli schemi necessari ad
interiorizzare una determinata forma grafemica per un determinato fonema.
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Questa difficoltà nell’analisi visiva delle informazioni sembra legato ad una scarsa abilità in
compiti di elaborazione visuospaziale, più che di tipo visuoconcettuale. Si è visto che i
bambini con disgrafia cadono in quei compiti che richiedono un’analisi e un’elaborazione
visuospaziale, come il test di Benton di orientamento di linee, compito slegato dagli aspetti
concettuali (Sechi & Rossi, 1999). Un andamento analogo è stato dimostrato in compiti di
rotazione mentale, compiti nei quali è necessario rappresentarsi e modificare un’immagine
mentale per farle compiere un movimento. E’ possibile rintracciare questi deficit di analisi
visiva nei bambini con goffaggine motoria descritti in letteratura (Sigmundsson H., 2003) e
che hanno avuto diagnosi di goffaggine sulla base di cadute globali all’M-ABC (al di sotto del
15° percentile).
Altri studi in letteratura italiana, hanno messo in evidenza come deficit visuospaziali possano
essere associati, in età evolutiva, a difficoltà prassiche (ed es. disprassia oculare). Per i
bambini con disprassia è descritta una caduta specifica di tipo visuospaziale e visuocostruttiva
a cui sono associati decalages neuropsicologici diffusi e compromissioni nella formazione del
pensiero logico (Sechi et al., 1994).
E’ possibile dunque affermare che i bambini con cattiva qualità di scrittura sono un gruppo
clinico eterogeneo, con cadute a livello motorio più o meno diffuse e caratteristiche
neuropsicologiche diverse. Sono necessari ulteriori studi per valutare il rapporto esistente tra
disprassia, disturbo di apprendimento non verbale, sindromi di sviluppo dell’emisfero destro,
goffaggine motoria, disgrafia e basi disfunzionali ad essi associati. Sembra comunque chiara
l’importanza della componente visuospaziale all’interno di questo raggruppamento clinico e
la tendenza ad una maggior fluttuazione nell’utilizzo delle forme per i grafemi richiesti, che
quindi risultano maggiormente variabili rispetto agli scrittori abili.
Prospettive future
Resta da tipizzare e quantificare la rilevanza della componente visuospaziale in termini di
ricadute sui parametri neuropsicologici per sottogruppi di cattivi scrittori: a compromissione
lieve e con disgrafia vera. In particolare ci sembrano interessanti i rapporti che si stabiliscono
tra analisi visuospaziale e rappresentazione-padronanza di segni grafici stabili e coerenti e ci
riproponiamo di studiare le differenze riscontrabili tra cattivi scrittori veri e cattivi scrittori
lievi, che questa scala vede e differenzia. A parità di diagnosi di DSA vedremo quanto
influisce l’essere un cattivo scrittore lieve o severo.
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In secondo luogo dovrà essere indagata la ricaduta nella formazione/utilizzo delle strutture
cognitive, nella costruzione delle immagini mentali, nella funzione logica e, più in generale,
nella costruzione del pensiero simbolico/rappresentativo, nell’ottica che la scrittura è un vero
e proprio disturbo del gesto più che un disturbo dell’atto motorio.
L’individuazione precoce delle difficoltà di scrittura e delle atipie nel gesto grafico potrebbe
darci indicazioni importanti in merito alle abilità percettivo-rappresentative. La scrittura può
rappresentare un segnalatore importante per difficoltà più generali anche di ordine prassico, la
cui individuazione permetterebbe di ricavare una serie di utili informazioni, utilizzabili in
ambito scolastico e riabilitativo. L’intervento riabilitativo potrà così essere mirato non solo al
gesto grafico (migliorare la grafia e automatizzarla), ma alle componenti motorie cognitive
coinvolte e spesso deficitarie. Migliorare la padronanza di questi bambini nel gestire le forme
delle lettere permetterà inoltre di liberare risorse da dedicare all’ortografia, alla
consapevolezza metafonologica e morfosintattica per arrivare ad un testo finale più corretto e
articolato, oltre che farli sentire un poco meno inadeguati rispetto ai pari età.
Raccomandazioni cliniche
Si raccomanda l’utilizzo del seguente schema ragionato per un corretto inquadramento del
“segno” clinico disgrafia:
1°) esame neurologico e valutazione cognitiva bilanciati per l’età cronologica, al fine di
escludere patologie grossolane sottostanti o disfunzioni cognitive nelle quali la cattiva
scrittura è solo un segno secondario.
2°) valutazione del livello di integrazione dei distretti e delle varie funzioni (visiva, motricità
fine e iniziativa motoria) attraverso le prove di lateralità. Questo in considerazione del fatto
che una “maldestrezza”, una non definita lateralizzazione, una lateralità crociata o la
lateralizzazione di compenso ad un deficit motorio o visivo (ad es. dell’ occhio a maggior
acuità visiva) può determinare una cattiva postura predisponente per una cattiva scrittura. Si
tenga presente che il vortice e l’organizzazione del capelli sul cranio ci da una indicazione di
massima della lateralità “naturale” del bambino. Le prove del cannocchiale e del buco della
serratura ci informano sulla lateralità di occhio; le prove di pointing, di sovrapposizione dei
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polsi e di afferramento del polso ci informano della dominanza di mano. Per l’arto inferiore le
prove sono: calcio della palla, primo piede a salire una scala, primo passo da posizione ferma.
Queste prove possono essere sensibilizzate e variate a piacere, ma una mappa delle lateralità
dice molto delle caratteristiche motorie del bambino in esame.
3°) esame neurologico per la ricerca della Disfunzione Neurologica Minore Soft o Complex
(numero di segni in compresenza tra: adiadococinesia, movimenti coreoatetosici, diffusione
del tono, ipotono, lassità legamentosa, sincinesie orocheirali, asincronie e difficoltà di
coordinazione motoria fine, tremori, movimenti involontari della lingua, disprassie e
dismetrie orali e di sguardo), tenendo a mente la variabilità dei disturbi di sviluppo in
relazione a segni neurologici minori associati o franchi.
4°) Utilizzo di strumenti standardizzati di valutazione del movimento grossolano e fine così
come della percezione visiva e di scale per la valutazione qualitativa della scrittura
possibilmente tarate su campione italiano, al fine di quantificare in maniera precisa l’entità del
disturbo e per poterlo ricontrollare in seguito (ad es. dopo un ciclo riabilitativo mirato).
5°) valutazione di altre funzioni neuropsicologiche altamente correlate con la disgrafia, quali
attenzione, calcolo e abilità prattognosiche (disprassia), oltre ovviamente alle componenti
culturali (deprivazione ambientale, etnia di provenienza) e psicopatologiche che spesso vi si
associano (Disturbo ossessivo compulsivo, depressione, impulsività o disturbo da tic).
6°) ultima raccomandazione che facciamo è di far seguire una osservazione di follow-up alla
diagnosi clinica di un Disturbo di area Non Verbale. Infatti abbiamo notato, nei controlli di
follow-up di questi bambini, la tendenza nei casi gravi di goffaggine e disprassia, in età
successive, all’evolvere verso un disturbo di tipo psicopatologico franco. Spesso lo sviluppo
di tratti di tipo ossessivo compulsivo. Ci siamo chiesti se questo non sia da attribuire alla
cattiva conoscenza/controllo di questi bambini degli oggetti e della realtà concreta. Ci stiamo
chiedendo se ciò possa comportare forme di compenso attraverso l’utilizzo del pensiero
reiterativo a scopo di riduzione dell’ansia e a stabilire un rapporto quasi magico/fantastico e
certamente adeterministico, con il mondo degli oggetti reali.Una tendenza all’iperverbalismo
e ad utilizzare le competenze cognitive più funzionanti di carattere verbale (a prevalenza
dichiarative), a scapito o in sostituzione delle competenze deficitarie più legate a domini non
verbali/di performances. Ciò richiederà comunque ulteriori approfondimenti.
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Note per i genitori
La riabilitazione del Disturbo di coordinazione motoria e della disgrafia va iniziata il più
presto possibile, come in tutti gli altri Disturbi di Sviluppo. In genere si considera che l’età
migliore per iniziare un trattamento siano i 5 anni. La disgrafia a questa età non sarà ancora
comparsa e dovremo individuare il disturbo da altri indicatori clinici come il disegno e la
difficoltà nell’organizzazione motoria fine. Se vostro figlio è goffo, lavora poco con le mani o
non ama i lavoretti di precisione, è un cattivo ambidestro, si posiziona male sul foglio e/o
guarda con un solo occhio e da vicino quello che produce, non ama il disegno, non sa fare un
nodo alle scarpe a 5 anni e il fiocco a 6 e magari chiacchiera molto ma fa poco di concreto, e
se tutte queste impressioni sono presenti insieme o in gran parte sono vere, è utile rivolgesi a
uno specialista per una visita di controllo. Ciò preverrà una cattiva scrittura o la migliorerà
prima che questa diventi un problema, e tanti dubbi o sensazioni di bassa autostima nel
confronto con i pari potranno essere evitati. Le linee guida regionali per il Lazio indicano che
una riabilitazione motoria è appropriata (e convenzionabile per i DCD) fino all’età di 8 anni.
Oltre questa età la terapia neuropsicomotoria pura e quindi solo mirata al movimento va
sostituita o integrata con l’intervento logopedico a sostegno di funzioni più legate
all’apprendimento quali la costruzione di un testo, l’incolonnamento corretto dei numeri in
matematica, l’esercizio alle regole ortografiche attraverso il ricontrollo di quanto scritto.
Viceversa la neuropsicomotricista può perfezionare il proprio lavoro inserendo nel progetto
riabilitativo una parte di esercizi con alla base l’apprendimento esplicito (e non più solo
l’allenamento per esercizio diretto). Si può unire all’esercizio motorio della scrittura, la
spiegazione di strategie relative a come un testo può essere organizzato meglio sotto un
profilo spaziale e sostenere la consapevolezza riguardo le difficoltà scolastiche principali del
bambino. Ciò permetterà di ridimensionare la sensazione continua di fallimento e
circoscrivere le difficoltà al reale deficit, per poi favorire il compenso individuale, le strategie
adattative e l’utilizzo dei metodi dispensativi e compensativi a scuola. L’utilizzo di penne con
impugnatura ergonomica o con ampie scanalature sulla superficie, dove è possibile inserire le
dita, potrebbe essere di per se un buon inizio per favorire i compensi e definire l’ambito del
problema. Consigliamo comunque a tutti i genitori che debbano intraprendere con i loro figli
un percorso riabilitativo, di chiedere sempre una quantificazione accurata di questo segno (è
una disgrafia vera o un segno transitorio?) e controlli periodici del livello qualitativo
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raggiunto. Poter ricontrollare il punteggio a distanza di 6 mesi dall’inizio del trattamento, con
una scala di valutazione qualitativa vi consentirà di quantificare il disturbo, valutarne
l’andamento nel tempo e eventualmente di sospendere terapie riabilitative poco efficaci.
FINE
Ringraziamenti:Ringrazio i membri del gruppo Disgrafia (Mercedes Becciu, Flavia Capozzi, Roberta Penge,
Serena Facecchia e Giovanna Rossini) che hanno collaborato a dare una forma alle idee
contenute in questa tesi e continuano a lavorare spalla a spalla per una ricerca basata un
poco più sulla metodologia scientifica e un poco meno sul linguaggio o sul sillogismo
ipotetico.
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