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NOTE E DISCUSSIONI LA CONTROVERSIA SULLA PLURALITÀ DELLE FORME NEL SECOLO XIII (•) Il problema se in ogni sostanza, e specialmente in ogni vivente, e più specialmente in ogni singolo uomo la forma sostanziale sia una sola o ve ne siano piò, fu uno dei più discwsi nella scolastica dell'ultimo se<:olo XII. Da quando il Card. Ehrle illustrò i caratteri dell'agostinismo medioevale e mise in luce l'importanza di Giovanni Peckham in tale eorrente, si sa anche la soluzione pluralistica di questo problema è una delle tesi che caratterizzano l'agostinismo medioevale e che, intorno al 1270, a Parigi, in una disputa pubblica il francescano Giovanni Peckham contraddisse S. Tommaso che so- steneva l'unicità della forma sostanziale nell 'uomo. Il 18 Marzo 1277 il domenicano Roberto Kilwardby, arci vescovo di Canterbury, condannò, d'aceordo eoi maestri di Oxford la tesi del.l'unKità della forma. La eondanna fu confermata e rafforzata nel 1284 e nel 1286 dal successore di Kilwardby nella sede arcivescovile di Canterbury: quello stesso Peckham, già pronunciatosi, a Parigi, come teologo, eontro la tesi tomistica. In quegli anni, fra il 1270 e il 1286 , e spec ialmente nel decennio 1277-1287 si di· scusse vivacemente fra pluralisti e tomisti. Guglielmo de la Mare nella triplice redazione del suo Corrutorium fratris Thomae eonfutò, tra altre, anche la tesi dell'unicità della forma, e a lui risposero gli autori dei eontro-<orrutoria. In favore della pluralità scris- sero pure Giovanni Peckham nelle sue Quaestionu e nel Traetatus de anima (1277-79), Matteo d'Acquasparta nelle Quaestiones de lncarnatione, nel Quodlibet 111 (fra il 1280 ) e il 1282) e nelle Quaestiones de anima (1285-87), Ruggero Marston nei Quodlibeta ( 1282 -84), Pier Giovanni Olivi nella questione 50 sul secondo libro delle Sentenze (1283) e nella Appendice (1287), Vitale del Forno (1290-94) e. Riccardo da Mediavilla al quale è specialmente dedicato lo studio del P. Zavalloni. In favore dell'unità della forma e in dif esa della dottrina tomistica scrissero Egidio di (De unitate formae, 127 8), Tommaso di Sutton (De pluralitate /01·marum, forse intorno al 1282), Hervaeus Natalis (?) nel Trtutatus de formis, ed altri. Egidio Romano, incerto nel Commento al De generatione (verso il 1266), è pluralista nel Dc erroribus philosophorum (1270), afferma l'unicità della forma nei corpi, in genere, ma non vuoi trattare del problema nel caso speciale dell'uomo nei Commenti alla Fisica e al De anima (1272-73) . Nei Theorem ata (1275 - 76) <<fa vedete non soltanto che la tesi dell'unità è più probab ile e che essa sola è veramente filosofica, ma anche che risolve più facilmente le difficoltà sollevate dal dogma dell'Eucaristia. Egidio dunque si avvicina sempre più alla soluzione tomistica* ma non os.a ancora aderire ad essa pienamente>> (pag. 273). Difenòe invece decisamente la tesi dell'unicità nel Contra gradus formarum (1277-78). Scettico è, secondo il P. Zavalloni, Goffredo di Fontaines nei suoi Quodlibctn (•) ROBI!:RTO z.w ... LLO!'òl O.F.M .• Ri('hard t1 lo conlrOl! n'U mr la plttrali rt du j()rm(', <, inlàits et critiqut'. Philosophes Médié:, •aux, rome Il, un vol. in so grande di pagg. VJ 4 551, Louvain, Editions de l'lnstitut Supéricur de Philosophie. 1951.

Vanni Rovighi - Pluralità Forme Universali

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Rovighi, S. V., «La controversia sulla pluralità delle forme nel secolo XIII», Rivista di Filosofia Neo-Scolastica 44/3 (1952), 246–253.

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  • NOTE E DISCUSSIONI

    LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME NEL SECOLO XIII ()

    Il problema se in ogni sostanza, e specialmente in ogni vivente, e pi specialmente in ogni singolo uomo la forma sostanziale sia una sola o ve ne siano pi, fu uno dei pi discwsi nella scolastica dell'ultimo se

  • LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME

    (il Il e il III del 1286, il !V del 1289, il x del 1293). (L:> mia impressione che Goffredo di Fontaines sia decisamente tomista, acuto e robusto nel confutare gli argo-menti avvc.rsarii, ma sia imbarazzato dalle condanne ecclesiastiche e quindi non osi pronunciarsi decisamente).

    Una posizione a pane prende Enrico di Gand con la sua teoria dualistica. Duali-stica, poich Enrico risolve in un modo il problema per l'uomo e in un altro per gli altri enti corporei e viventi: in questi ammette un'unica forma, mentre per l'uomo pluralista. L'uomo infatti un po' un'eccezione nella natura, poich ha per forma spe-cifica una sostanza spirituale, la quale, in quanto spirituale, creata immediatamente da Dio. quindi il termine di due attivit produttive: quella naturale della genera-zione e quella creativa divina; donde la necessit, secondo Enrico, di :unmeuere nel-l'uomo, ma solo nell'uomo, due forme sostanziali: quella del corpo e l'anima spirituale. L'esposizione pi compiuta della dottrina di Enrico di Gand si trova nel Quodlibet IV (Pasqua 1279), ma il P. Zavalloni traccia l'evoluzione del pensiero di Enrico dal 1276 al 1286.

    Questo lo stato della questione al tempo in cui Riccardo da Mediavilla scrisse il

    D gradu formtl1'um (1286) cos come messo in luce dal P. Zavalloni nei capitoli I c II del suo studio critico (pagg. 247-342). Questi capitoli si fondano sull'esame di testi in pane poco conosciuti e in parte ancora inediti, nonch sulla migliore utilizza-zione della letteratura critica sull'argomento.

    Nella prima pane dd volume il P. Zavalloni pubblica alcuni testi inediti e in primo luogo il D gradu formtl1'Um di Riccardo da Mediavilla (pagg. 35-169), di cui una precedente introduzione indaga l'autenticit e la cronologia. L'edizione si fonda sui sette manoscritti conosciuti del D Gradu formarum: Assisi Bibl. Com. cod. 118 (A); Kloster-neuburg, Bibl. Can. Reg. cod. 274 (C); Valkenburg, Bibl. del Collegio S. Ignazio, cod. Elorle (E); Firenze Laurenziana Plut. XVII, sin. cod. 7 (F); Monaco, Staatsbibl. Clm. 8721 (M); Parigi, Bibl. Nat. cod. lat. 15962 (P); Reims, Bibl. Munic. cod. 470 (R). Dopo una descrizione dei mss. il P. Zavalloni conclude che P. deve essere considerato come il testo' fondamentale.

    Oltre al D gradu formarum sono pubblicate nel presente volume lpagg. 170-180) una Quaestio utrum sola anima rationalis sit forma substantialis in loomin del Cod. 158 di Assisi, che il P. Zavalloni ritiene si debba attribuire a Riccardo da Mediavilla; la q . 22 dd n Quodlibt di Ruggero Marston (pagg. 180-199) dal Cod. ddla Bibl. L:>ur. Conv. So pp. 123; la q. 6 delle Quautionu de anima XIII di Ma neo d'Acquasparta (pagg. 199-210) dal Cod. Laurenziano Aedi/. 164.

    Ed ora ritorniamo allo studio critico che occup la second parte dd volume

    (pagg. 213-503). Nd 1901 M. De Wulf aveva pubblicato il D unitate forma di Egidio di Lessines

    con un ccc

  • NOTE E DISCUSSIONI

    condo alle teorie pluxaliste: ognuno dei due capitoli, prima di esporre il pensiero dei singoli autori, mette: in luce: gli dementi ad essi comuni, e pi precisamente i pre supposti metafisici, i principi fondamentali c gli argomenti comuni rispcttivameme alla teoria unitaria ed a q uelle pluraliste. Ho detto teoria unitaria e teorie pluraliste poich lo Zavalloni fa vedere che, mentre la teoria unitaria esposta in modo definitivo da S. Tommaso, ed i tomisti non portano ad essa nessuno sviluppo essenziale, le teorie plu ralistiche sono diverse, e da Giovanni Peckbam a Riccardo da Mediavilla c' uno svi luppo notevole. Fra i tomisti Egidio d i Lessines l'autore che ha meglio sistemato la teoria dell'unit, anche dal punto di vista teologico (pag. 282).

    Nei pluralisti prevalgono da principio i motivi teologici e psicologici; un notevole progresso dal puoto di vista filosofico segnato da Ruggero Marston, il quale afferma non tanto una pluralit di forme, quanto una pluralit di esse nell'ambito di una mede sima forma sostanziale. Il testo di R. Marston pubblicato dal P. Zavalloni dice: tJec tamen pono hic plures formas, ud unam tantum habcntcm diversa use substantialia quae per transmutationem acquirumur (pag. 182). Si tratterebbe dunque di quella che il P. Zavalloni, seguendo la terminologia di Suarez (pag. 312), chiama subordina.zionc essenzialt" tra le diverse forme. Pier Giovanni Olivi, in,cce, pone tra le diverse forme una subardinazione dispositiva (pag. 336).

    Nel capitolo terzo (pagg. 343381) il P. Zavalloni esamina la posizione di Riccardo da Mediavilla quale risulta dal De gradu formarum. Essa , secondo l'A., la pi sistc matica c solida fra le teorie pluralistiche e prepara molto da vicino la strada a quella di Duns Scoto. Riccardo, secondo il metodo scolastico, enumera prima gli argomenti contro lo pluralit delle forme e li distingue in tre gruppi: argomenti logici, filosofici, teologici, quindi gli argomenti in favore della pluralit, c poi espone la sua dottrina e risponde agli argomenti avversarii. L'esposizione della dottrina si articola intorno a tre tesi : pluralit delle forme nell'uomo, negli altri animali, in ogni corpo composto (mixtum). Non se guiremo qui la lucida analisi che il P. Zavalloni fa della teoria riccardiana e ci ferme remo invece sul carattere della controversia intorno alla pluralit delle forme, carattere al quale dedicato ex professo il q uinto capitolo (pagg. 4 75-496), ma dd quale si tratta in sostanza - ed questo il pregio maggiore di questo libro che di pregi ne ha molti -in tutto lo studio critico.

    Si potrebbe cominciare dal dire che cosa t~on la controversia sull'unicit o la pluralit delle forme. Non un ripicco di frati - domenicani da una parte c france scani dall'altra - tant' vero che un domenicano, Kilwardby, fu il primo a condannare la tesi tomistica. Non una questione di lana caprina, una di quelle controvt":"sie sco .. lastiche che uno studio superficiale potrebbe indurre a ritenere superate e legate a nozioni scientifiche non pi accettabili. Senza dubbio la tentazione di ritenerla tale nasce facil mente nel lettore moderno che, a un primo studio, urtato c disorient~to da quelle ((forme cadaveriche e da curiose descrizioni dello sviluppo embrionale. Senza dubbio le nozioni scientifiche di allora hanno creato molto imbarazzo ai filosofi e ai teologi, sopra tutto, come dir pi avanti, agli assertori dell'unicit; ma la quettione ha un carattorc c un significato filosofico. Non infatti imposta esclusivamente da motivi tco logici, sebbene questi abbiano avuto il loro peso nello svolgimento storico della contro versia. 1!. una questione nella q uale entra in giuoco una concezione metafisica. I presup posti metafisici della teoria tomistica sono, come osserva il P. Zavalloni, il concetto della materia prima come pura potenza c, corrdativamente, il concetto della forma come principio determinante, principio per cui una cosa quella che ; i presupposti mtta .. fisici delle teorie pluralistiche sono: il concetto della materia come realt positiva, avente una sua certa imperfetta attualit, e, correlarivamcntc, il concetto della forma come principio perfettivo e completivo, a.nzich radicalmente determinante. Dati questi diversi presupposti, si capisce che gli uni dimostras.ero necessaria l'unicit;\ della forma

  • LA CONTROVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME

    sostanziale c gli altri, colpiti da certi fatti, come lo sviluppo embrionale, l'apparente iden-tit dd codavere col corpo vivente, affermassero la pluralit delle forme.

    Ma perch mai gli uni partivano da certi presupposti mcta.lisici e gli altri da altri? Poich, evidentemente, se non si" ritiene che la metafisica di un uomo dipenda dolla strut!u ra delle sue cdlule cerebrali (nel qual coso si ha ben poca stima della metafisica) bisogna ben assegnare le ragioni logiche (l) (se si ritiene che sia vera) o almeno; motivi storici (se si ritiene che sia errata) di quella metafisica. Ed quello che fa il P. ZavaUoni nei capitoli quinto e quorto.

    Ragioni logiche ce ne sono, afferma l'A., da una parte e dall'altra: la teorio tomistica si fonda sopra tutto su considerazioni mctafisiche c a priori: ogni ente uno, e quindi, se composto, i suoi principi componenti debbono essere: intesi come principi correlativi, come condjzioni del suo essere, non come enti a loro volta. La teoria plural istica. si fonda sopra tutto sull'osservazione di certi falli e su considerazioni a posteriori: la complessit dei corpi composti, specialmeme degli animali e dell'uomo, complessit di operazioni c di qualit, alla q uale si ritiene di dover far corrispondere una gerarchia di forme sostanziali. Il conflitto fra teorie della pluralit e teoria dell'unicit. il conflitto fra il prevalere della fenomeflologia e il prevalere della metafisica (pag. 501).

    Vediamo ora come si presentino stOricamente quc:stc due diverse posizioni E questo l'oggetto dd capitolo quarto (pagg. 383-474) nel quale il P. Zavalloni si giova anche dell'ottimo studio del suo confratello Th. Crowley su Bacone, gi da noi recensito. Il problema di fronte al quale si trovano i pensatori cristiani del secolo XIII quello di inserire la concezione cristiana dell'uomo, filosoficamente elaborata da S. Agostino, nella concezione aristotelica della natura. Nessuno scolastico dd secolo XIII ignora Aristotele o crede che si possa filosofare come se Aristotele non fosse esistito - abbia o non abbia simpatia per il filosofo greco -, e nessuno scolastico dd secolo XIII ignora S. Agostino. Gli agostiniani del secolo Xlii hanno problemi che non avova S. Agostino, pochissimo preoccupato di inserire l'uomo nella natura; e gli aristotelici, ad secolo XIII hanno problemi che non aveva Aristotele, il quale non pensava certo all'origine dell'anima umana per creazione. Gli uni c gli altri sono condannati, dai problemi che la storia pone loro, ad essere originali, vuoi rispetto ad Aristotele, vuoi rispetto a S. Agostino.

    La teoria teologico sull'origine dell'anima, ispirata a S. Agostino, afferma che l'anima umana, l'unica anima umana, creata da Dio ed infusa nel corpo; ma come si concil.ia questa dottrina teologica con la filosofia naturale di Aristotele, che parla dell'anima umana come: di un tipo di ~ntelcchia, una, sia pure la pi perfetta, ma una delle tante forme sostanziali che le cause naturali traggono dalla potenza della materia?' Anche l~uomo generato, c sulla generazione Aristotele ha una teoria generale c.hc vale: per l'uomo come per gli altri viventi: la generazione il trasformarsi della materia, il passare della materia da una forma sostanziale ad un'altra . Di pi: nella generazione dell'uomo, l'embrione vive prima di vita vegetat.iva, poi di vita sensitiva: ha quindi prima un'anima veg~tativa e poi un'anima sc:nsitiva. Una frase di Aristotele nel De animalibus, dove si dice che l'intelletto viene di fuori, serve agli scolastici per innc stare la dott rina ddla creazione dell'anima razionale su quella aristotelica della genera-zione; ma come sistemare quelle anime-forme (vegetativa e scnsith'a), derivate per generazione., dopo l'avvento di fuori, ossia per creazione, dell'anima razionale? Qui, come '"' messo bene in luce il P. Crowlcy, si presentano, prima di S. Tommaso, tre teorie: quella teologica, quella dci filosofi, cd una terza teoria che il P . Zavalloni chiama concordista. I teologi tengono ferma l'unicit~ dell'anima umana, creata da Dio: vita vege-tativa e senso sooo potenze dell'anima razionale, creata. Quanto alle manifestazioni di vita vegetativa e sensmva nell'embrione che sembrano doversi spiegare con un processo puramente naturale, se la cavano chi in un modo e chi nell'altro: Guglielmo d'Auver-

    (l) Voglio dire: logicamente stringenti.

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  • NOTE E DISCUSSIONI

    gne ammette che esse procedano da forme derivanti per generazione e precedenti l'in-fusione dell'anima razionale, ma afferma che tali forme scompaiono quando infusa l'anima razionale e sono assorbite da questa (pag. 386). Rotando da Cremona nega che quelle manifestazioni di vita vegetativa e sensitiva procedano da una forma propria all'embrione e le ncora della vita della madre. S. Bonaventura sembra sostenere un'opi-nione molto vicina a quella di Guglielmo d' Auvergne. Alberto Magno il primo a mettere innanzi, sia pure senza elaborarla, l'idea di una creazione immediata del-l'anima nel corpo, all'inizio della vita embrionale (pag. 388). (Se S. i'ommaso lo aVO$Se seguito su questo punto, si sarebbe sbarazzato della maggior diflicolt contro la teoria unitaria!).

    I filosofi tengon ferrna la presenza di un'anima vegetativa e di un'anima sensi-riva, ter.mine delle generazione. Sono naturalisti >>: non se la sentono di dire che la generazione termina a forme destinate a scomparire, e quindi sono pluralisti: ammet-tono cio che le forme precedenti l'infusione dell'anima razionale restano come forme subordinate a questa, e si compongono con questa. L'unica anima umana quindi com-posta di tre forme o tre gradi. Il primo a sostenere questa teoria, che sar svolta da lUtti i pluralisti posteriori, da Ruggero Bacone a Riccardo da Mediavilla, Filippo il Cancelliere.

    E poi ci sono i concordisti, come Alessandro di Hales, Giovanni de la Rochelle, Odo Rigaldi, i quali ammettono una duplice forma vegetativa e sensitiva: una prodotta per generazione, l'altra che potenza ddl'aruma razionale creata da Dio. La caratteristica della teoria concordista la t0$i che la vegetativa e la sensitiva generate rimangano nell'uomo anche dopo l'infusione dell'anima razionale.

    Ma il problema se l'anima umana sia composta di tre forme sostanziali o sia un'unica forma dotata di tre potenze, problema dibattuto fra teologi e filosofi pretomisti, non il problema dell'unicit della forma cosl come sar discusso dopo S. Tommaso. Questo un punto che il P. Zavalloni mette molto bene in chiaro. La novit di S. Tom-maso consiste ndl'affermazionc che, non solo l'anima razionale non conti~ne in s una plwalit di forme, ma l'unica forma sostanzial~ deU'uomo. Il che vuoi dire: l'anima razionale stessa quella che costituisce nella sua natura anche il corpo umano. Oltre l'anima razionale non c' nell'uomo un corpo organizzato (ossia, in termini filosofici: formato) ma c' solo la materia prima, pura potenza. t l'anima quella che non solo vivifica, ma organizza il corpo. t questa la teoria contro la quale polemizzano prima, e scagliano condanne poi, Peckham e Kilwardby. ti. questa la teoria che, giustamente, essi chia-mano nuova, poich nessuno prima di S. Tommaso, neppure Alberto Magno, l'aveva sostenuta.

    La teoria tomistica era una teoria originale e filosoficamente ben sistemata: era un ripensamento personale della concezione aristotelica. Che cosa potevano contrapporle coloro che, disorientati dalla sua novit, la ritenevano incompatibile con la teologia cat tolica? Non potevano limitarsi ad argomenti teologici: dovevano opporre teoria a teoria, sistema a sistema. S. Tommaso aveva desunto i principi della sua teoria da un ripen-samento personale di Aristotele: donde pr0$ero i loro principi gli avversari?

    Questa domanda ha avuto risposte diverse e non sempre garbatamente esposte. Alcuni hanno risposto: i pluralisti hanno attinto alle pure fonti agostiniane, reagendo Ile contaminazioni paganeggianti introdotte dall'aristotelico S. Tommaso. Altri hanno etto: i pluralisti, questi sedicenti agostiniani, non fanno che tradurre ad uso dei latini b dottrina di un ebreo di Spagna: Avencebrol.

    n P. Zavalloni affronta la questione con molta serenit : riconosce che il teorico per eccellenza della pluralit delle forme Avencebrol, ma non ritiene che il fatto che egli si:l un ebreo basti a condannare la sua dottrina e a ritenerla una teoria isolata. Avencebrol (. come Avicenna, un aristotdico neoplatoneggiante: anche in Avicenn:t si trova una dottrina molto simile a quella della pluralit. In S. Agostino non si trova certo un

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  • LA CONTilOVERSIA SULLA PLURALIT DELLE FORME

    sistema imperniato sulla pluralit delle forme come in Avencebrol, ma si trovano delle frasi in cui sembra implicita una concezione pluralistica; e in ci niente di strano, poi~ anche S. Agostino, come Avencebrol e Avicenna, attingeva a fonti neoplatoniche. l plu ralisti sono degli aristocelici agostinizzanti come Gundissalinus (pag. 429), sono degli eclettici come Tommaso di York, Alessandro di Hales, Odo R.igaldi (pag. 434). Gli assertori della teoria pluralistica si riferiscono a S. Agostino per salvaguardare il patri monio della tradizione contro le innova.zioni tomiste. Ma non sono dd tutto sicuri del-l'appoggio del loro protettore (pag. 435). D'altra parte anche la dottrina tomistica, come si detto, non aristotelismo puro. Se la dottrina tradizionale un aristottlismo ulet-tico, quella tomistica un aristotelismo personale. L'aristotelismo eclettico presenta un

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    diverso colore nei diversi autori a seconda dell'inllusoo predominante cb~ ognuno subisce. Cosl, si pu parlare di aristoulismo neoplato~ggianse per Ruggero Bacone, di aristo-telismo agostineggianse per Tommaso di York, S. Bonaventura e Ruggero Marston, di aristottlismo agostino-avcennizzantt per Riccardo di MediaviOa (pag. 472). Il P. Za-valloni si dich.iara d'accordo con F. V an Steenberghen secondo il quale il conflitto non ha luogo fra l'aristotelismo e una filosofia di contenuto agostiniano, ma fra due forme di aristotelismo che hanno diverso grado di sviluppo (Siger tle Brabant Il, pag. 719). E questa Tesi>> del P. Zavalloni, come quella dd P. Crowley, fa davvero onore alla scuola di Lovanio. Ma il P. Zavalloni sottolinea di pi l'apporto del pensiero agostiniano alla dottrina tradizionale.

    Spero di esser riuscita a far capire quanto grande sia l'interesse di questo libro che aduna in s pr'Bi diversi e per solito non facilmente uniti: una imponente erudizione e una acuta penetrazione filosofica.

    Ho dovuto, per brevit, tacere molte cose interessanti e meritevoli di discussione: per esempio l'interpretazione della teoria di Scoto sulla pluralit delle forme. Vorrei limi-tanni solo a qualche breve osservazione sulla interpretazione generale che il P. Zavalloni d della controversia sulla pluralit delle forme.

    Ho detto sopra che sono pienamente d'accordo con l'A. nel ritenerla una discus-sione di notevole significato filosofico, e ho detto pure che suscitata dal problema di inserire la concezione crist iana dell'uomo nella filosofia della natura aristocelica. Il che potrebbe far pensare che il problema fosse grosso, sl, ma per i pensatori del secolo Xlii: che il suo significato sia puramente storico. Quitl nobis della filosofia della natura di Aristotele, si potrebbe obiettare? Ora il problema si pone storicamente in quei termini, perch la filosofia della natura di Aristocele la prima concezione scientifica della natura che i medioevali conoscano; ma un problema che si ripropone sempre sotto questi termini generali: come concepire l'inserzione dello spirito nella natura? E questo il problema dell'uomo, il problema di ogni antropologia filosofica. So bene che c' chi se la cava a buon mercato, vuoi dicendo che tutto spirito, vuoi dicendo che tutto natura, vuo.i semplificando le cose al massimo col dire che spirito e natura sono parole prive di senso. Non so per se in uno di questi tre modi si sia data una risposta soddi-sfacente per una realt cosl complessa e difficile da incasellare in un sistema come l'uomo. E forse gli scolastici del secolo XIII avevano abbastanza acuto il senso di questa complessit.

    Il P. Zavalloni riconosce all'una e all'altra teoria pregi e difetti: meta.lisicamente superiore la teoria tomistica, fenomenofogicarnente la teoria pluralistica. Prendiamo atto di questa rara serenit di giudizio e cerchiamo di imitarla nel sostenere la teoria tomistica.

    Ci domandiamo: quando il P. Zavalloni parla di superiorit della tesi pluralistica da un punto di vista fenomenologico, di che cdenomeni si tratta? Di fenomeni nel

  • NOTE E DISCUSSIONI

    Da una parte e da.ll'ahra c'era la tendenza ad assumere concetti 6losolici, come quelli di materia e forma, sostanza e accidente, anche come principt di spiegazione: scientifica - c si capisce, dato che una scienza come tipo di sapere distinto dalla filosofia non esisteva ancora - ; ma mi sanbra che questa tendenza sia pi accentuata nei pluralisti. E mi sembra lo riconosca anche il P. Zavalloni quando ammene che i pluralisti danno una interpretazione inframetafisica dc:i concetti aristotdici.

    Vediamo infatti quali sono i fenomeni che, secondo il P. Zavalloni sarebbero meglio spiegati dalla teoria pluralistica. Sono: l) la permanenza degli accidenti nel corpo morto; 2) il fatto della generazione; 3) la somiglianza tipologica fr il figlio c i genitori.

    Analizziamo un momento il primo fenomeno. La permanenza degli accidenti nel cadavere forse un u fenomeno nel senso di dato immediatamente evidente? Direi di no. t un fatto che il cadavere presenta ai miei occhi alcuni caratteri che sembrano gli stessi del corpo animato. Alcuni, perch molti altri sono ben diversi, come ovvio; ma questi altri ca.ratteri che erano presenti nel corpo vivo e non ci sono pi nel cadavere sarebbero dovuti a.ll'anima: resterebbero, secondo i pluralisti, quelli dovuti alla forma corpordtatis. Ora una prima osservazione che questa forma corporeitaiis non as.so-lutamc:ntc: capace: di nulla senza l'anima, poich in un tempo pi o meno breve il cadavere si dissolve. La forma corporcitatis non dunque: capace di tenere insieme: il corpo senza l'anima: il che induce a pensare che chi tiene insieme il corpo, chi lo fa essere quello che , sia P anima. s~mbrano, ho detto; secondo i r.omisti i.nfatti gli accidenti del cadavere non sono gli stessi del corpo vivo, poich il cadavere non lo nesso dd corpo vivo. Ora se i iomisti hanno buon giuoco nel dimost.rarc la profonda differenza di natura fra il cadavere: c: il corpo vivo, essi sono poi imbarazzati a spiegare che cosa il cadavere e debbono ammettere una forma cadav~ris, assai strana. Un tomista di oggi per sarebbe meno imbarazzato, poicb direbbe che il cadavere non una sostanza, con la sua pro pria forma, ma un aggregato di sostanze derivanti dalla corruzione di un uomo.

    A proposito della generazione S. Tommaso e i tomisti del secolo Xlii ammettevano che i genitori dessero al figlio un'anima puramente sensitiva, destinata a sparire quando infusa per creazione l'anima razionale, capace di svolgere anche le funzioni della vita vegetativa e sensitiva. Ora certo questa serie di generazioni e corruzioni nello S\iluppo embrionale non persuade; ma qui i tomisti di oggi, svincolandosi dalla biologia aristo telica, sono tornati a.lla felice intuizione di S. Alberto Magno e ammettono che l'anima intellettiva sia creata e infusa all'atto stesso della generazione.

    E allora che cosa dnno i genitori al figlio? E come si spiegano le somiglianze tra figli e genitori? .

    Anche qui, lo sviluppo della scienza ha liberato la filosofia da molti problemi che non sono di sua competen.za. Noi accettiamo dai biologi tutto quello che essi ci i.nse gnano sui cromosomi ecc. ecc.; ma affermiamo che, filosoficamente considerati, i gameti, coi loro cromosomi e con tutto quello che gli scienziati ci insegnano e ci insegneranno, offrono all'anima razionale la materia, quella materia signata quantitau che nella filo-sofia tomistica il principio di individuzione. E poich non c' mai un' momento in cui la materia resti priva di forme: - ch la materia non una cosa, ma una condi .. zione dell'essere del corpo, e quindi non pu esistere da sola - ma nel momento stesso in cui un corpo si corrompe, comincia ad esistere: il nuovo Corpo, ne segue che la mate-ria che fa parte dell'uno e dell'alt.ro corpo, dd corpo corrotto (l) e di quello generato, mentre trasformata nel nuovo corpo, porta il segno, quasi il sigillo, di tutte le forme che l'hanno determinata precedentemente e condiziona if modo in cui si incarner in

    (l) Adopuo qui la terminologia scolastka in cui il t(fminc: C()rf"U/JIJ non ha quella colorazione valutati va che: ha nd nooro parlar comune. Un corpo si "corrompe: " nella terminologia $C01a.t.tic:a quand!"l unettc di ($$1UC: quello che: anche se con ci la materia promossa ~d una form:~ pi perfetta. Cos, una parte: dd corpo dei genitori si corrompe", poich smette di essere que11o che , putc di Tizio, PN divc:nwc La nuova c;eatura.

  • SUL COME INSEGNAU. LA FILOSOFIA NEl LICEI

    lei la nuova forma. Non si spiega cos il fenomeno della somiglianza tra figli e genitori, anzi tra ascendenti e discendenti, che interessa non solo il corpo, ma anche lo spirito, meglio che nella teoria pluralistica?

    E, infine, mi domando se non sia meglio spiegato nella teoria tomistica quello che il fenomeno per eccellenza della vita umana: la sua profonda unit pur nella complessit delle sue diverse manifestazioni, il radicarsi delle sue diverse attivit in un unteo 10.

    S. V ANNI RovtoHt

    SUL COME INSEGNARE LA FILOSOFIA NEI LICEI

    A PROPOSITO DI RECENTI DISCUSSIONI SUI PROGRAMMI

    Sull'inugnam~nw d~lla filosofia abbiamo gi pubblicar() du~ not~: una: A propo-sito dell'insegnamento de.lla filosofia nelle scuole medie superiori, di PAOLO AM-BROGIO SGARBELLA (A. XLIII, fase. Il, marzo-aprile 1951); l'altra: L'insegnamento della filosofia nelle scuole medie superiori, di AWO BONETTI (A. XLIII, fase. IV, luglio-agosto 1951). Nella rumre pol~mica provocata dai programmi daborari dalla Con-sulta didattica, inrervi~ne ora il prof. CARMELO FERRO con un intermvznte scrilto. Pu part~ nostra l~ pagine dd/a nostra rivista si manterranno aperte per coloro che, su l'uno o l'altro degli asp.,ti dell'inugnamento della filosofia nelle sct