41

Verso La Pienezza e Altre Poesie di H. Michaux

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Michaux si occupò di diverse tematiche nella sua poesia, ma due di esse sono sicuramente preponderanti: il linguaggio e la follia. Ma prima di esaminarle più a fondo, il viaggio che compiremo attraverso questa raccolta è un viaggio nello SPA-ZIO, lo spazio poetico di un uomo che cogliendo il messaggio di Mallarmé in Brise Marine, “leva l’ancora per un’esotica natura”.

Citation preview

Marzo 2013

MenteSuggeSostanza Edizionihttp://mentesuggesostanza.blogspot.it/https://www.facebook.com/MenteSuggeSostanza

grafica ed impaginazione: D22 Gecko Art

in copertina:Narration di H. Michaux 1927 (estratto)Senza titolo di H. Michaux 1960

Pubblicato con Licenza Creative Commons 3.0Attribuzione, Non Commerciale, Non Opere Derivate

Verso la Pienezzae altre poesie

Henri Michaux

a cura di Ivan Rusciano

a-versi in-versi

Henri MichauxNamur, 24 maggio 1899 – Parigi, 19 ottobre 1984

Indice

•Biografia• Introduzione

•Verso la Pienezza•Estratto da Ecuador•La Cordigliera delle Ande•Respirando• Iceberg•Cementificato•Dragone•Principe della Notte•Domani non è ancora...•Agire, io vengo...•Trascinatemi•Alfabeto

79

152628303132333436373940

7

BiografiaHenry Michaux è stato uno scrittore, poeta e pittore belga naturalizzato francese nel 1955. La sua opera è spesso posta in relazione con la corrente surrealista sebbene, tuttavia, egli non abbia mai fatto parte del movimento. Michaux trascorre la sua infanzia in un’agiata famiglia di fabbricanti di cappelli, a Bruxelles, in via Defacqz n° 69. Dopo un periodo trascorso in un pensionato della regione di Anversa, prosegue i suoi studi presso il Collège Saint-Michel dove, tra i suoi compa-gni, figura il futuro poeta Geo Norge.

Adolescente angosciato, le sue prime esperienze letterarie sono segnate dalla lettura di Tolstoj e Dostoevskij. Anche se legge molto, nei suoi iniziali studi presso i Gesuiti non si orienta verso ambiti letterari, ma verso la medicina, che ab-bandonerà abbastanza presto per imbarcarsi come marinaio nella Marina militare. Naviga nel 1920 e 1921 ma è poi co-stretto a sbarcare quando la sua nave viene disarmata. All’in-circa nella stessa epoca, a spingerlo a scrivere è la lettura di Lautréamont. Il risultato sarà il Cas de Folie Circulaire del 1922, un primo testo che già rende un’idea di ciò che sarà il suo stile. In seguito gli scritti si succedono (Les rêve et la jambe nel 1923, Qui je fus nel 1927..) e gli stili si moltiplica-no. Nel 1928 si stabilisce a Parigi, dirigendovi anche la rivista

8

“Hermès”. Nel 1929 ricomincia a viaggiare. Dal 1955 si de-dica alla sperimentazione degli allucinogeni, in particolare della mescalina.

9

Introduzione

Michaux si occupò di diverse tematiche nella sua poesia, ma due di esse sono sicuramente preponderanti: il linguaggio e la follia. Ma prima di esaminarle più a fondo, il viaggio che compiremo attraverso questa raccolta è un viaggio nello SPA-ZIO, lo spazio poetico di un uomo che cogliendo il messaggio di Mallarmé in Brise Marine, “leva l’ancora per un’esotica na-tura”. Ma non una romantica fuga nell’estasi del naturale, del sublime, del perfetto, questo sguardo conserverebbe ancora quello positivista nelle sue sfumature, da “uomo teoretico” di-rebbe Nietzsche, l’uomo che brama la conoscenza sopra ogni altra cosa ed è convinto che il mistero del mondo possa disve-larsi infine. Per Michaux, come per altri poeti tardomoderni, l’esotico è l’exò, il grande fuori, interdetto al sapere utilitari-stico, ma è un fuori non scindibile da quell’altro grande fuori, anzi grande dentro, l’IO, la cava dell’inconscio, la distruzione di questa dicotomia è fondamentale, è anticartesiana per ec-cellenza, alterità e precarietà guidano questo sguardo. Non è l’arte di stare sopra alle cose, ma di danzare in esse. Ed ecco che qui la poesia deve diventare linguaggio sciolto, non vin-colato, deve possedere illimitate porosità, scrivere quasi l’as-senza del foglio bianco, rimembrando ancora quei magnifici versi di Mallarmé che dicono: “le vide papier que la blancheur defend”. Il legame psichico-cosmico che s’instaura tra la car-

10

ne ed il libro, è un dolore supremo che porta alla creazione, lo sguardo velato dalla sofferenza di Dioniso generatore.

Il nuovo linguaggio deve esprimere tutti questi nuovi sensi, una parola che vuole perire ed essere espressione di quella de-iezione abissale, portatrice dello zarathustriano meriggio, la sconvolgente verità del sole torrido. L’assenza, la perdita, non divengono meri solipsismi in cui fermarsi, ma sbalzi magici del pensiero che preannunciano la naturazione, il divenire: “L’unica cosa che non si perde è la perdita. / Scrive sul tuo cor-po che passa / ciò che non sa”, scrive Gelman, poeta argenti-no, il preludio di quella stagione all’inferno che procurava a Rimbaud: “estasi, incubo, sonno in un nido di fiamme”. Una nuova geografia dell’essere: Corpo-Parola-Universo, assi di traslazione di una palingenesi corrosiva ed obliqua, la quale non possiede per sua stessa natura dei vettori. Né l’immobi-lità parmenidea, né lo scorrere eracliteo. La cosa poetica può essere altro. Vi si può annunciare quello stato di contrazione, di ri-tenuta del moto, che è il rallentamento. Una momenta-nea entropia, una sorta di ambigua passività necessaria alla rivelazione: allentando la sua vista, il poeta si prepara a ri-velare ciò che lo sguardo rapido e “frontale” del soggetto co-mune non ha mai rivelato. Il rallentante, in circostanze del genere, non è né un io né il mensurabile kronos. Corrispon-de a uno stato dell’essere o della verità in procinto di manife-

11

starsi là dove solo gli è possibile, ossia in quel luogo che verrà chiamato “lontano interiore”. Un SI poetico che perde conti-nuamente la posizione del suo centro nel mentre della danza menadica, io decomposto che dice si all’alterità pervadente. In questo punto collidono esotismo ed esorcismo, ecco l’epi-fania di michaux.

La parola magico-rituale dell’esorcismo che introietta l’esoti-smo alterico dell’universo, la poesia, come direbbe Nietzsche, è lì per “distruggere, scompaginare, e con ironia rimettere in-sieme”. La magia sta nel mettere a fuoco l’ampiezza a nostra disposizione, il dispegarsi infinito ed inesauribile del mistero, Maurice Blanchot colse perfettamente questi rapporti nella poesia di michaux: “Il mondo di Michaux è allo stesso tem-po spontaneità imprevedibile e inerzia infinita. Spontaneità e passività sono le due caratteristiche del mondo magico. La co-scienza si è smarrita tra le cose. È diventata essa stessa una cosa. Non ha più limiti né forme. Tende ancora a una certa finalità, ma la realizza con mezzi assoluti. Tutto è possibile – per esempio l’illusione dell’essere interiore che realizza tutto ciò che immagina – e nel contempo nulla lo è, dal momento che lo spirito, intrappolato nello spessore della materia, è soltanto pazienza cristallizzata, indifferenza al gouffre, pasta vischiosa che non lievita più.”

12

Tutto ciò porta michaux ad interessarsi sempre più alle te-matiche delle esperienze dei folli, l’idea del mutamento e del-la moltiplicazione della personalità, così come l’interesse per le alterazioni (subite o artificialmente provocate) della con-dizione psichica standard – due aspetti che, come vedremo, sono tipici dell’intera produzione di Michaux – si affacciano già con chiarezza. Così in Les rêves et la jambe egli fa riferi-mento al sogno, all’uso degli stupefacenti, ma anche alla follia, intesa come fenomeno che è possibile e opportuno studiare: “La letteratura conosce i folli, i nevrotici, i maniaci, gli alcoliz-zati. Possediamo dei racconti di folli. I folli parlano. Alcuni di essi si sono raccontati mentre erano folli. Sono stati ascoltati”. Per comprendere meglio l’ottica con cui Michaux guarda alla follia, non ci sono parole migliori e più comprensibili delle sue stesse:

“IO è fatto di tutto. Un’inflessione in una frase, non è un altro io che tenta di apparire? Se è mio il SÌ, il NO è un secondo io? Io è pur sempre provvisorio (cangiante di fronte al tal dei tali, io ad hominem che muta in un’altra lingua, in un’altra arte) e gra-vido d’un nuovo personaggio, che un accidente, un’emozione, una botta sul cranio libererà escludendo il precedente e spesso, tra lo stupore generale, prendendo forma all’istante. Dunque, era già in tutto e per tutto costituito. Forse non si è fatti per un solo io. Il torto è di attenervisi. Pregiudizio dell’unità. (Sempre

13

la volontà, che impoverisce e sacrifica.) In una duplice, tripli-ce, quintupla vita, si starebbe più a proprio agio, meno rosi e paralizzati dal subconscio ostile al conscio (ostilità degli altri ‘io’ spodestati). La più grande fatica di una giornata e di una vita potrebbe essere dovuta allo sforzo, alla tensione necessaria per conservare uno stesso io malgrado le continue tentazioni di cambiarlo. Si vuole troppo essere qualcuno. Non c’è un io. Non ce ne sono dieci. Non c’è io. IO non è che una posizione d’equi-librio. (Una, tra mille altre continuamente possibili e sempre disponibili.)”

La follia non rappresenta dunque per Michaux l’opposto del-la coscienza, bensì una diversa coscienza, che è già presente in noi e che, coll’aiuto di circostanze favorevoli, può senz’al-tro prevalere.Uno dei maggiori motivi di rammarico, per Mi-chaux, è dato dal fatto che noi conosciamo, nella nostra esi-stenza quotidiana, quasi solo gli stati medi o mediocri. Se per caso ci capitasse di trovarci in una condizione psicofisica non banale, subito scopriremmo che è difficile, anzi spesso impos-sibile, descriverla adeguatamente. Tuttavia Michaux non vuol rassegnarsi a questa situazione: lo dimostrano in particolare le sue lunghe sperimentazioni con la droga, condotte a scopo conoscitivo ed esposte in alcuni dei suoi libri. E lo scrittore s’interroga spesso su che specie di pazzia è quella che ognuno può procurarsi da sé e che, salvo incidenti, si esaurisce con

14

la cessazione dell’effetto della droga: una semplice sensazione illusoria o un’incursione nel territorio della “vera” follia? La posta in gioco è chiara, poiché qualora quest’ultima ipotesi fosse confermata, cambierebbe del tutto il nostro modo di guardare alla sragione. In tal modo l’opposizione tra ragione e follia, che costituisce da sempre uno dei cardini della nostra cultura, verrebbe attenuata o addirittura contestata. E l’ana-logia tra folle ed artista in questo modo viene esacerbata ter-ribilmente, ed infatti per Michaux: “Chi nasconde il proprio folle, muore senza voce”.

Ivan Rusciano

15

Verso la Pienezza(da saisie et dessaisies, 1966)

Si ricevesi ricevesi ha l’incanto di riceveredel segretamente senza fine

L’Impalpabile ricevere

GIORNODELLANASCITADELLAILLIMITAZIONE

Un altromondo mi ha accettatomi ha approvatom’ha assorbitom’ha assolto

Armistizio delle passioniDei banchi di chiarezza sotterraneamente intensamente

16

L’emanazione d’esisterel’estensione d’esistereil promontorio, l’impetuosità d’esistere

Sono alla soglia della plenitudineL’istante è più dell’essereL’essere è più degli esseri e tutti gli esseri sono infiniti

Ho assistito all’invasione che è un’evasioneTempo mobilea più etàascendenti, panoramiche

Un invisibile veicolo mi trasportaRisonanzarisonanza di tutte le partiPresenze

Sento delle parole che profetizzanoad alta voceSentieriSentieri su di un filo

La lentezza della coscienza lotta contro la velocità dell’inco-scienza

17

Metà dei sensipresi dall’essenza

Una coscienza in cerchiosulla mia coscienzasi posa sopra

Esisto come doppioEntro le linee dell’Universoun microbo è preso

Sprofondare sprofondare indeterminatoVisionario per estensioneper limpiditàper eccedenza

Le parole rilucono tra le fiammeed il confinamento s’intendes’intendevasti, sacri, solenniin luci violentegermoglianti

InfinitoInfinito che più non fai paura

18

LeggoVedoPercorro l’evangelo dei cieli aperti

LuceVengoAbito la luceSollevamenti impotenti

Accesso a tutto...ci si è sbagliati

Misericordia da ondulazioniMiracolidentro un miracolo

Onde mi propagano indefinitamente mi prolunganoMosaicidel più piccolosempre più piccolodel più umiledel più suddiviso

Colloide

19

Dei momenti gridanoTrombe certamente lunghe

L’edificiopiegatoAvevo delle gambe primaLe mai anche si distaccano

Parole intervengono ad attraversarmiSalto da una chiaroveggenza dentro un’altratremando dal di dentro degli elementiIl mio cuore vorrebbe prendere il largoL’oro della continuità si ammassa

AfflussoAfflusso degli unificantiAffluenzaL’Uno infinein follerestato solo, che include tutto

L’UnoRedenzioneIl mondo entra in vibrazionecon il sentimento dell’indicibile

20

Il solido, il duro, il costruito è sfocato dal leggero, l’impalpa-bile

L’imperituro sposta, contraddice il mortaleIlSublime fuori dal santuarioche oscilla nell’immenso

l’ecodove risiede l’essereal di là dell’essere

CalmaUn termine di paragone mi cercaAvanzoattraverso la continuità la perpetuazione

Delle porte fanno sentinelledei forti drappi pressioneProgressione di abbandoniDi nuovo la coerenza si schiudeIl circostanziale diviene centroIn controtempo un buco nero...il tronco si stacca

21

Molto di nuovo mi depotenziaUn suono viene dall’ombraimmediatamente forma una sferaun granaioun gruppoun’armataun universo dell’Universodisillusototalmente disilluso dall’abitualecontradetto contraddicente contraddittoriolegato slegatosoffocato splendenteproclamato obliteratoin pezzi da nessuna parteunico centomilaperdutodovunquenon lotto più mi amalgamo

L’infinito è una regioneverso cui ci si dirige

Là in cosa il male si manifestaLà in cosa il bene si manifesta...

22

Di colpoun velo fa mille velidi opacitàdi opposizione di creatureè eliminato

Bivacco in pieno cielo

Più di domaniPiù di missioni

Non ho origineNon mi ricordo più le mie spalleDove dunque il dispositivo per volere?

NienteSolamente niente

“Niente” si eleva dal naufragioPiù grande di un tempio più puro di un dio

“Niente” bastacolpendo il resto dell’insignificanzadi un’incredibile, inverosimilepacificante insignificanza

23

Sia lode al “Niente”per l’eternità

Nienteche rallegra il cuore distribuito a tutti

Sopracancellando tutto

UnitàTotalmenteTutti gli esseriil regno dell’esistenza comune a tuttiMagnifico!

La grande pozza dell’intelligenzadistesa sul mondoinertepacificatasenza competizionesenza graffisenza ambizioneche abbraccia abbracciata

Perduti gli utensili ritrovati i semi

24

Profondità profondità mi chiamo solamente profonditàUniversali braccia che tengono tutto avvoltoUniverso donato donato per denudamento

AblazioneOblazione

Istruito invisibilmenteUn legame è dato quando tutti gli altri legami sono ritirati

A nessunoper nientenon si può più provare invidia

Vortici dormienti la gemma rimaneafferrata, lasciataInvasivaBasculantefelicità che vuole tuttoelementareeliminatrice

Finito il percorso dei pretestiLa freccia parte da colui che ha dimenticato

Il privilegio di vivere

25

incredibilità dilatatavuoto sospeso nel tempo

L’Albero dellaScienzaOmniscienza in tutte le coscienze che percepiscono il per-petuo...

26

Estratto da Ecuador(da Ecuador. Journal de voyage, 1929)

Rendi grazia, cuore mio.Abbiamo lottato abbastanza,E che la mia vita si fermi,non si è stati dei codardi,si è fatto ciò che si è potuto.Oh! Anima mia,Tu parti o tu resti,Serve decidere,Non palparmi in questo modo gli organi,Ora con attenzione, ora con distrazione,Tu parti o resti,serve decidere.Io, non ne posso più.

Signori della MorteNon ho per voi né blasfemie né applausi.Abbiate pietà di me, viaggiatore già di tanti viaggi senza va-ligia,Non più senza maestro, senza ricchezza, e la gloria fuggì altrove,Siete potenti sicuramente e strani sopra tutti,

27

Abbiate pietà di questo uomo demente che prima di varcare la soglia vi grida già il suo nome,Prendetelo al volo,E dopo, che egli si adegui ai vostri temperamenti e ai vostri costumi, se può,E se sarete compiaciuti d’aiutarlo, aiutatelo, vi prego.

28

La Cordigliera delle Ande(da Ecuador. Journal de voyage, 1929)

La prima impressione è terribile e prossima alla disperazio-ne.L’orizzonte per primo sparisce.Le sfumature non sono tutte più alte di noi.Infinitamente e senza accidenti, ci sono, dove noi siamo,Gli altipiani più alti delle Ande che si estendono, che si estendono.

Non dobbiamo essere così ansiosi.E’ il mal di montagna che sentiamo,L’affare di qualche giorno.Il sole è nero e senza cordialità.Un sole venuto dal di dentro.Non s’interessa alle piante,E’ una terra vulcanica.Nudo! E le case nere sopra ogni cosa,gli lasciano tutta la sua nudità;Il nudo nero del malvagio.

Che non ama le sfumature,Che non viene all’Equatore.

29

Ci sono i cani fedeli della montagna,Grandi cani fedeli;Coronano sommamente l’orizzonte.L’altitudine è di 3000 metri, a quanto dicono,E’ pericolosa, a quanto dicono, per il cuore, per la respira-zione,per lo stomacoE per il corpo intero dello straniero.

30

Respirando(da La nuit remue 1935)

Qualche volta respiro più forte e all’improvviso, la mia di-strazione continua che aiuta, il mondo si solleva con il mio torace. Forse non l’Africa, mai delle grandi cose.

Il suono di un violoncello, il rumore di un’orchestra intera, il jazz rumoroso al mio fianco, affondano in un silenzio di volta in volta più profondo, profondo, soffocato.

I loro graffio leggero collabora (nel modo i cui un milione-simo di millimetro contribuisce nel fare un metro) a queste onde da ogni dove che si generano, che si aiutano, che fanno il contrafforte e l’anima di tutto.

31

Iceberg(da La nuit remue 1935)

Iceberg, senza barriere, senza cinture, dove dei vecchi cormorani abbattuti e le anime dei marinari morti recentemente vengono ad appoggiarsi alle notti incantatrici dell’ iperboreo.

Iceberg,Iceberg, cattedrali senza reglione dell’inverno eterno, rivestiti nella calotta glaciale del pianeta

Quanto alti, quanto puri i tuoi bordi dati alla luce dal freddo.

Iceberg,Iceberg, dorsi del Nord-Atlantico, augusto Buddha gelato su dei mari incontemplati, Fari scintillanti della Morte senza fine, Il gri-do selvaggio del silenzio duro dei secoli

Iceberg,Iceberg,Solitari senza bisogno, dei paesi nuvolosi, distanti, e liberi dai ver-mi.Genitori di isole, genitori di sorgenti, come vi vedo, come mi siete familiari.

32

Cementificato(da La nuit remue 1935)

Basta qualche volta un niente.Il mio sangue diventa veleno e divengo duro come cemento.

I miei amici scuotono la testa.Non è la paralisi sopra ogni cosa da dover temere, è la’sfissia che ne risulta; essi decidono allora.Vogliono cercare i loro martelli, ma una volta tornati, esitano an-cora e girano le maniche nelle loro dita.Uno dice:”Andrò a cercare un tubo, ciò sarà preferibile”, e così provano a guadagnare tempo.Si vedono (perchè mi hanno denudato per provare il sentimento di aver fatto qualcosa), si vedono come dei ciottoli affiorati sulla pelle.Essi diminuiscono e presto si dissolvono.Allora rapidamente i miei amici nascondono i loro martelli dietro tutti gli angoli.Vedo i loro imbarazzi; ma io stesso in uno troppo grande per par-lare.In effetti, non posso sopportare che mi si veda nudo. Ci sono allo-ra alcuni minuti di un silenzio opaco che non saprei raccontare.

33

Dragone(da Peintures 1939)

Un drago è uscito da me.Cento lingue di fiamme e nervi egli cacciò.

Che sforzo feci per contrastarlo nella sua elevazione, sferzan-dolo sopra di me!Il basso era la prigione d’acciaio dove ero internato.Ma mi ostinavo e contenevo la furia e i cancelli dell’implacabile galera finirono per disgiungersi poco a poco, forzate dall’impe-tuoso movimento in circolo.

Era che tutto andava così male, era il settembre (1938), era martedì, era per questo che ero obbligato a vivere prendendo questa forma cosìstrana. In questa maniera quindi davo battaglia per me solo, quando l’Europa esitava ancora, e partì come drago, contro le forze malvage, contro le paralisi senza nome che emergevanodagli avvenimenti, sopra la voce dell’oceano dei mediocri, di cui la gigantesca importanza si smascherava subito a nuova vertigine.

34

Principe della Notte(da Peintures 1939)

Principe della notte, del doppio, della ghiandoladelle stelle,della sede della Morte,dell’inutile colonna, della suprema interrogazione

Principe della corona infrantadel regno diviso, della mano di legno

Principe impietrito nell’abito di panteraPrincipe perduto

35

Le prince de la nuit di Henri Michaux 1932

36

Domani non è ancora...(da Face aux verrous, 1954)

Rotola, Rotola, fato a due teste,rotola, buco profondo,uscito dai pianeti dei nostri corpi ritrovati.

Sole per i ritardatari,sonno d’ebano,seme del mio frutto d’oro.

Distesi,abbracciamo la tempesta,abbracciamo lo spazio,

abbracciamo il flutto, il cielo, i mondi,ogni cosa teniamo oggi abbracciata a noi,facendo l’amore sul patibolo.

37

Agire, io vengo...(estratto da Poésie pour Pouvoir, da Face aux verrous, 1954)

Spingendo la porta in te, io sono entratoAgire, Io vengoSono làTi tengoNon appartieni più all’abbandonoNon sei più in difficoltàCorde slegate, le tue difficoltà cadonoL’incubo in cui ritorni impazzito non è piùIo ti guidoPosa con me il piede sul primo scalino della scalasenza fineche ti portache ti fa salireche ti completa

Ti calmoFaccio in te strati di paceFaccio del bene al fanciullo del tuo sognoAfflussoAfflusso in palme sul cerchio delle immaginiAfflusso sulle nevi della sua pallidezza

38

Afflusso sul tuo focolare.....ed il fuoco ci si rianima

AGIRE, IO VENGO

I tuoi pensieri d’impulso son trattenutiI tuoi pensieri di sconfitta son fiaccatiHo la mia forza nel tuo corpo, insinuata...ed il tuo viso, perdendo le sue rughe, è rinfrescatoLa malattia non trova più la sua strada in teLa febbre ti abbandona

La pace delle volteLa pace delle preghiere rifiorentiLa pace rientra in te

Nel nome del numero più elevato, ti aiutoCome una fumarolaSi libera tutta la pesantezza da sopra le tuespalle affaticateLe teste malvage intorno a teOsservatrici viperine delle miseriedelle debolezze

Ho lavato il volto del tuo avvenire.

39

Trascinatemi(estratto da L’espace du dedans. Pages choisies, 1927-59)

Trascinatemi in una caravella,Dentro una vecchia e dolce caravella,dentro l’asse in cui si vede, nella schiuma,E perdetemi, lontano, lontano.

Nei finimenti di un’altra età.Nel velluto ingannevole della neve.Nell’alito di cani riuniti.Nell’ammasso estenuato dei fogli morti.

Portatemi senza rompermi, nei baci,Nei toraci che si sollevano e respirano,Sui tappeti e dei loro sorrisi,Nei corridoi di ossa lunghe e di articolazioni,

Portatemi, piuttosto seppellitemi

40

Alfabeto(estratto da Épreuves, exorcismes, 1940-1944)

Mentre ero nel freddo approcciarmi alla morte, guardavo come per l’ultima volta gli esseri, profondamente.

Al contatto mortale di questo sguardo gelido, tutto ciò che non era essenziale scomparve.

Nonostante io li cercassi, volendo trattenere di loro qualcosa che la morte stessa non potesse lasciar andare.

Essi si divertirono e si trovarono infine ridotti ad una sorta di alfabeto, ma un alfabeto che ebbe il suo servire nell’altro mondo, dentro quale mondo non importa.

Di là, ho alleviato la paura che non mi strappava l’intero universo in cui ho vissuto.

Forte di tale decisione, la contemplavo imbattuto, quando il sangue con soddisfazione, ritornando nelle mie arterie e nelle mie vene, lentamente risalivo sino al versante aperto della vita

a-versi in-versi

Marzo 2013

MenteSuggeSostanza Edizionihttp://mentesuggesostanza.blogspot.it/https://www.facebook.com/MenteSuggeSostanza

grafica ed impaginazione: D22 Gecko Art

in copertina:Narration di H. Michaux 1927 (estratto)Senza titolo di H. Michaux 1960

Pubblicato con Licenza Creative Commons 3.0Attribuzione, Non Commerciale, Non Opere Derivate