35
1 “Viaggi naturalistici d’estate” Ambienti, fauna e flora Di Peruzzo Matteo II H <<Il Viaggiatore sopra il mare di nebbia>> (1818) di Caspar David Friedrich

Viaggi Naturalistici d'Estate

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Relazione su Parco faunistico Cappeler (VI) Lago del Mis e Parco nazionale delle dolomiti Bellunesi Monfenera e Monte Tomba

Citation preview

Page 1: Viaggi Naturalistici d'Estate

1

“Viaggi naturalistici

d’estate” Ambienti, fauna e flora

Di Peruzzo Matteo

II H

<<

Il V

iag

gia

tore

so

pra

il

mar

e di

neb

bia

>>

(18

18

) d

i C

aspar

Dav

id F

ried

rich

Page 2: Viaggi Naturalistici d'Estate

2

Giudizio finale ……

………………………………………………………………..

Firma dell’insegnante

…………………………………………………………………………

Page 3: Viaggi Naturalistici d'Estate

3

Parco faunistico Cappeler

Lago del Mis e Parco nazionale delle dolomiti

Bellunesi

Monfenera e Monte Tomba

Page 4: Viaggi Naturalistici d'Estate

4

Parco Faunistico Cappeler

1 luglio ‘07

l parco faunistico Cappeller è un parco privato, aperto nel 1998 al pubblico, nell’agosto del 2003 vi sono stati degli ampliamenti fino a portare il parco ad una estensione di 4.000 mq e attualmente contiene

più di una centinaia di specie animali. Esso, non è solo un parco faunistico, ma anche divenuto un apprezzatissimo orto botanico con più di 500 specie di essenze

arboree; tra la vegetazione del parco, ci sono delle meraviglie come un bonsai

centenario, piante come Hybiscus syriacus; anche l’estetica del parco è curata, con

laghi, fontane, cascate e aiuole contenenti le essenze arboree.

Inoltre ad ogni recinto di un animale ed ad ogni pianta è stato inserito un apposito

cartello con il nome volgare e la nomenclatura binomia, e non solo, c’è scritto anche

la provenienza originaria dell’animale e le sue caratteristiche.

Tra le specie animali del parco abbiamo mammiferi quali:

AGUTI ALPACA

ANTILOPE CERVICAPRA BINTURONG

BRADIPO DIDATTILO CAMMELLO

CANE DELLA PRATERIA CANE PROCIONE

CANGURI CAPIBARA

CARACAL CERCOLETTO

CERVO POMELLATO COATO

FENNEC FURETTO

IPPOPOTAMO PIGMEO ISTRICE

ISTRICE AFRICANO LAMA

LEPRE della PATAGONIA MARMOTTA

MOFFETTA OCELOT

ORSETTO LAVATORE O PROCIONE SCOIATTOLO AMERICANO

SCOIATTOLO CINESE SCOIATTOLO TRICOLORE

SERVAL SITATUNGA

SURICATI VOLPE COMUNE

VOLPE POLARE ZEBRA

E in particolare scimmie come:

I

CALLICEBUS CUPREUS CEBO CAPPUCCINO

CERCOPITECO GRIGIOVERDE CERCOPITECO NASO BIANCO

CERCOPITECO MONA LEMURE BIANCO E NERO

LEMURE CATTA LEMURE FRONTE BIANCA

LEMURE ROSSO MACACO DEL GIAPPONE o Macaco Faccia Rossa

MACACO NEMESTRINO MACACO RESO

SAIMIRI SCIMMIA RAGNO

TESTA DI COTONE UISTITI’ dai pennacchi bianchi

Page 5: Viaggi Naturalistici d'Estate

5

Uccelli come:

Rettili come:

CAIMANO DAGLI OCCHIALI ELAPHE - SERPENTE DEL GRANO

GEOCHELONE PARDALIS GEOCHELONE SULCATA

IGUANA - IGUANA PITONE ALBINO

PITONE RETICOLATO POGONA - DRAGO BARBUTO

TARTARUGA AZZANNATRICE TARTARUGHE D'ACQUA

TESTUDO GRAECA TESTUDO HERMANNI

TESTUDO MARGINATA PITONE DELLE ROCCE

In questa relazione si tratterà le caratteristiche basilari di animali, che all’occhio di un europeo possono essere concepiti come strani o bizzarri.

ntrando nel parco, non si può far almeno di notare, una recinzione di forma circolare; al suo interno si

può osservare la “convivenza” tra le iguane verdi o iguana tubercolata (Iguana iguana) originaria dell’America centrale e meridionale può diventare lunga fino a 2 m e vive essenzialmente sugli alberi, ma sa spostarsi agilmente sul terreno ed è una esperta nuotatrice, il corpo presenta per tutto il dorsi una cresta che si arresta sulla

coda è molto sviluppata nei maschi nella

zona cervicale. E i cani della prateria (Cynomys ludovicianus), dei mammiferi roditori che vivono in colonie, simile ad una marmotta è originario delle praterie del Nord America. In una gabbia, non si può far meno di notare il kookaburra, questo nome volgare raggruppa quattro specie di questi uccelli della stessa famiglia del nostro martin pescatore, la specie esposta in questo parco è Alcione gigante originario della Nuova Guinea. Questo uccello ha una dieta varia composta

AIRONE CENERINO GRIFONE AFRICANO TANTALO INDIANO

AIRONE GUARDABUOI GRU DAMIGELLA EMU’

ALLOCCO BARRATO GUFO AFRICANO MINORE FENICOTTERO CILENO

ALLOCCO DI LAPPONIA GUFO REALE TURACO VENTRE BIANCO

ARA ALIVERDI IBIS ROSSO

AVVOLTOIO TESTA ROSSA MITTERIA DEL SENEGAL

CACATUA PAVONE SPECIFERO

CICOGNA BIANCA PELLICANO COMUNE

CORMORANO POLLO SULTANO

DAMIGELLA DI NUMIDIA SPATOLA AFRICANA

E

Figura 1 Iguana verde o tubercolata (Iguana iguana),

è una delle specie rappresentative del genere Iguana

Figura2 Un esemplare di Kookobura con in bocca un

pezzo di carne (forse pollo)

Page 6: Viaggi Naturalistici d'Estate

6

da insetti, topi, piccoli serpenti e altri uccelli; un suo parente stretto è il Dacelo novaeguineae che vive in Australia. In altri recinti si trovano felini, quali: il serval (Felis serval) originario dell’Africa sub sahariana ha zampe lunghe, un mantello chiaro con

puntini di colore nero disposti a file, avente corpo slanciato e una testa piccola, si nutre principalmente di piccoli mammiferi e rettili ed uccelli; il caracal o lince del deserto (Felis caracal) vive in nelle zone aride e preferibilmente rocciose dall’Africa settentrionale e dell’Asia, ha un pelliccia di colore rossiccio e bianca nel ventre, preda roditori, uccelli e piccole antilopi; ed infine l’ocelot (Felis pardalis) più comunemente chiamato gattopardo; diffuso nell’America centrale ed anche nella foresta Amazzonica, la sua pelliccia è molto pregiata e questo lo ha portato quasi all’estinzione assieme alla perdita del suo habitat che è la foresta pluviale, come già accennato la sua pelliccia è molto pregiata, il colore varia dal giallo pallido (come l’esemplare in questo parco faunistico) al grigio, è maculato di nero; è un cacciatore notturno a differenza dei felini accennati prima il gattopardo si nutre anche di pesce. Un altro mammifero carnivoro ma canide, e il fennec conosciuto meglio come volpe del deserto, vive nei deserti nord Africani, solitamente ha il mantello di colore marrone chiaro, si distingue facilmente dalla volpe comune per le sue orecchi sproporzionate in confronto alla testa, questa è una variabilità di questa specie legata all’ambiente, infatti questo è un espediente per disperdere il calore corporeo. Questo mammifero oltre ad essere carnivoro mangia anche la frutta. Un uccello esotico, alquanto bizzarro, è il tucano toco (Ramphastus toco) vive in terreni boscosi che vanno dal Guyana all’Argentina. Molto appariscente è il suo becco dal colore giallo brillante che raggiunge i 19-20 cm di lunghezza.

Figura 3 in alto un esemplare di

serval Figura 4 foto in alto a

destra un esemplare di caracal o

lince del deserto in atteggiamenti

aggressivi Figura 5 foto in fianco

un ocelot o gattopardo (foto

scattata di notte).

Figura 6 Tucano toco, un

uccello tropicale con il suo

caratteristico becco vistoso

Page 7: Viaggi Naturalistici d'Estate

7

Un’attrazione del parco è l’ippopotamo pigmeo (Choeropsis libericus) è più piccolo dell’ippopotamo di fiume. Un mammifero molto interessante è il capibara (Hydrocheorus hydrochaeris) vive nell’America centromeridionale, ed è il roditore più grande (1m di lunghezza), particolare è il suo muso arrotondato. Lo si trova quasi sempre vicino a corsi d’acqua e acquitrini intento a nutrirsi delle piante acquatiche ed erbe. Un altro animale del

parco sempre originario del centro America è il tapiro (Tapirus terrestris) avente un corpo massiccio, anch’esso ha una faccia particolare composta da una proboscide, si nutrono di vegetali e abitano in foreste e praterie.

L’alpaca (Lama pacos), è imparentato stretto con il lama; appartiene alla famiglia dei camelidi, il suo habitat sono le Ande, lo si trova in greggi a 4.000 m, usato per la sua lana, il colore varia dal bianco fino al nero.

Un uccello presente nelle nostre zone soprattutto in laguna è il cormorano (Phalacronox carbo), si nutre di pesci è usato in Cina come strumento di pesca, piumaggio di colore nero e impermeabile, per pescare, si tuffa nell’acqua e rincorre i pesci. Alcuni cormorani si sono spinti fono a 20 m di profondità. Mancanti di sebo, si immergono molto più facilmente. (ved.

relaz. Ca’Savio e Lio Piccolo).

Figura 7 Il capibara, è il più grande

roditore del pianeta, fu uno dei primi

"strani" animali visti dai conquistatori del

nuovo mondo che sbarcarono nell'America

centromeridionale.

Figura 9 I cormorani, sono uccelli molto diffusi anche nella laguna veneta; si cibano di pesce cche li

pescano tuffandosi nell'acqua. i coltivatori delle valli da pesca, si attrezzano contro questi animali. I

cormorani in Cina, non sono stati visti come animali dannosi, ma come strumento da pesca tradizionale;

Marco Polo nel Milione ci spiega come avveniva la pesca: al collo dei cormorani veniva legato leggermente

con una corda, in modo che i pesci grossi non venissero ingoiati. Dopo si tuffavano alla caccia dei pesci e

ritornavano nelle imbarcazioni. Oggi in questo paese a questa pesca tradizionale, si predilige la pesca con

le reti, più produttiva, ma anche molto dannosa per l’ecosistema marino.

Figura 8. Un esemplare di alpaca (Lama pacos), disteso al sole si può ben

notare la lana di colore marrone.

Page 8: Viaggi Naturalistici d'Estate

8

In questo parco ci sono molte varietà di specie di scimmie, quali: il macaco nemestrino (Macaca nemetrina) avente arti molto lunghi ed una coda corta, il lemure bianco e nero (Verecia variegata) che già dal nome si deduce il colore del mantello; il macaco faccia rossa o macaco del Giappone (Macaca fuscata), vivono nel nord del Giappone e da adulti il colore del muso è rosso acceso. Un’altra specie è il Cercopiteco mona (Cercopithecus mona) vivono nell’Africa occidentale e dimorano sugli alberi.

Figura 10 Due esemplari di lemure bianco (Foto in alto

a sinistra). Figura 11 Foto a sinistra un macaco

nemestrino con un bastoncino in bocca.Figura 12

Figura 13 Foto in alto a destra e foto a destra, due

esemplari di cercopiteco mona, il loro colore è marrone

sul dorso, bianco sul ventre e neri gli arti e la coda.

Figura 14 Foto in basso, due macachi giapponesi, sono

le uniche scimmie a vivere in latitudini molto elevate.

Vivono nelle foreste del Giappone e vivono in branchi

che possono raggiungere i 200 individui. Sono chiamati

anche faccia rossa perché da adulti il loro volto diventa

di un rosso acceso, il maschio dominante si cura anche

della prole (diversamente dalle altre scimmie),

d’inverno si possono vedere dei gruppi di macachi fare

il bagno in sorgenti naturali di acqua termale, essendo

il Giappone un arcipelago di isole vulcaniche.

Page 9: Viaggi Naturalistici d'Estate

9

Di fronte la mostra ornitologica, troviamo una specie di uccello la mitteria del Senegal (Ephippiorhynchus senegalensis), è un uccello ciconiforme, il piumaggio è di colore bianco è nero con un becco di 30 cm di colore rosso e nero, appuntito all’estremità rivolta leggermente verso l’alto, il collo e le zampe sono molto lunghi. Vive nei corsi d’acqua dell’Africa tropicale (ved. foto 15).

Nel parco c’è anche una mostra ornitologica in una costruzione, dove sono esposti degli animali imbalsamati; certi sono morti nel parco, altri come gli insetti e gli aracnidi non sono del parco, la maggior parte d

egli animali esposti sono uccelli: abbiamo rapaci come l’aquila reale, il gipeto, la poiana ecc, su una trave si può osservare un bellissimo esemplare di anaconda (Eunectes murinus); si possono anche veder animali comuni nelle nostre zone come la volpe (Vulpes vulpes).

Sempre nel parco, si trova anche il rettilario: una costruzione dove si può vedere i rettili (vivi) da apposite bacheche, si comincia con il caimano dagli occhiali (Caiman crocodilus) originario dell’America centrale, vive in corsi d’acqua tranquilli; il nome del caimano è dato da delle

protuberanze ossee che si possono vedere attorno agli occhi e per questo viene chiamato dagli occhiali. Questo rettile fu oggetto di commercio, che lo portò a diffondersi anche in alcune zone del sud degli Stati Uniti, in particolare la Florida. Sempre nel rettilario possiamo vedere il boa costrittore (Boa constrictor), originario delle foreste pluviali; il colore varia dal grigio al giallo e nel dorso si può notare una trama color marrone, caratteristica è

Figura 15

Figura 16 Mostra ornitologica; questa foto

ritrae un reperto esposto nella mostra: la scena

raffigura un rapace (forse un falco), mentre

afferra con i propri artigli un serpente (?)

Figura 17 La foto ritrae la costruzione del retilario: si

vedono delle finestre dove ci sono i rettili.

Figura 18 Caimano dagli occhiali

Page 10: Viaggi Naturalistici d'Estate

10

la coda rossastra, caccia soprattutto di notte e lo si trova quasi sempre sul terreno che sugli alberi, come tutti i boa i loro metodo di caccia, non è per iniezione di vele no, ma per stritolamento della pr eda. Si passa poi ai pitoni (Phyton), di cui il parco possiede il pitone delle rocce o indiano (Python molurus), che vive in India, Srī Lanka, Malaysia e Indonesia, è caratterizzato di chiazze scure quadrangolari distribuite regolarmente sul dorso, raggiunge facilmente e supera i 6 m, il pitone reticolato (Python reticolatus) vive dalla Birmania fino alle Filippine, è caratterizzato da varie tonalità di colore che si contrappongono sino a formare delle linee geometriche. Il serpente del grano (Elaphe guffata) è originario dell’America settentrionale, il colore è giallo-arancio, lungo quasi 180 cm, è un abilissimo cacciatore di roditori: infatti, il genere Elaphe è comunemente chiamato <<serpenti dei ratti>>; è quindi lo si trova soprattutto negli stanziamenti agricoli. Il serpente del grano è molto

aggressivo, è risponde con prontezza ad ogni molestia. Il genere Gura, dalla lingua indigena della Nuova Guinea, è composto da tre specie di colombe coronate; questo parco ha due specie di questo genere di cui fa parte la specie che secondo me è la più aggraziata e bella: la Gura vittoria, il suo manto è

di color turchese con una cresta molto sofisticata.

In una gabbia si può osservare, facendo molta attenzione, il nandù. Il nome volgare nandù comprende due specie di uccelli simili allo struzzo che però vivono in Sudamerica: Il nandù comune (Rhea americana) che vive nelle praterie e rbose, dalla Bolivia al Brasile fino all'Argentina. Il nandù di Darwin (Pterocnemia pennata) che si trova sul versante orientale delle Ande e nelle pianure a sud dell'areale del nandù comune; a differenza dello struzzo

Figura 20 (sinistra), foto di un esemplare di pitone indiano o delle rocce. Figura 21 (destra) foto

in primo piano di un pitone reticolato.

Figura 19 un esemplare di Gura vittoria, si nota

subito la cresta molto elaborata e il color

turchese del piumaggio.

Figura 22 Un esemplare di nandù

Page 11: Viaggi Naturalistici d'Estate

11

africano, i nandù sono più piccoli e il loro colore varia dal grigio chiaro al marrone. Una caratteristica che unisce il nandù con lo struzzo sono i ma schi che sono poligami, e sempre i maschi covano le uova. I nandù come gli struzzi corrono molto velocemente e non volano, si muovono in piccoli gruppi tranne quando è la stagione degli accoppiamenti, quando gli stormi possono raggiungere la ventina di individui. Prima di arrivare ai rapaci, si passa nella zona della tartaruga azzannatrice (Chelydra serpentina), originaria del Nord America, vive in zone stagnati o con una moderata corrente. Il suo corpo è massiccio e può raggiungere oltre 1m; ottima cacciatrice, si nutre di pesci, anfibi e riesce anche ad afferrare uccelli acquatici di cui anche si nutre. Gli ultimi animali del parco zoologico, sono i rapaci costituito da due ordini: i falconiformi e gli strigiformi. I rapaci sono degli uccelli, che nella catena trofica occupano il ruolo di consumatori, è nella piramide trofica dono quasi tutti al vertice. Si comincia dall’avvoltoio testa rossa (cathartes aura), ha il caratteristico becco uncinato, la sua alimentazione è necrofaga, vive nell’America del nord tranne nelle zone più settentrionali e non emette suoni. Interessante è il falco serpentario (Sagittarius serpentarius) alto quasi 1 m, e ha una apertura alare di quasi 2 m, la sua caratteristica sono le sue gambe lunghe; vive nell’Africa sub sahariana. Si nutre di rettili ed in particolare di serpenti; il suo

piumaggio e di colore grigio-azzurro e le penne della coda e dei femori nere, particolari sono le penne dietro il capo. L’aquila pescatrice africana (Haliaëtus vocifer), vive nei corsi acquatici dell’Africa sub sahariana, si nutre di pesce che afferra con i suoi artigli, un altro genere di aquila è l’aquila rapace (Aquila rapax), vive nell’Africa settentrionale e in Asia, alcune informazioni (scientificamente non confermate) direbbero che essa strappi le prede da altri uccelli.

Figura 23 (foto

sinistra) due uova di

struzzo Figura 24 (foto

destra) uno struzzo

africano maschio.

Figura 25 Il falco serpentino si notano il

colore grigio-azzurro e nero

Page 12: Viaggi Naturalistici d'Estate

12

Finisce con i rapaci il giro nel Parco faunistico Cappeler,

questo parco offre la possibilità al pubblico di vedere animali rari e anche “animali di campagna” che gli abitanti delle città non hanno mai visto. Ho potuto constatare personalmente che gli animali non erano maltrattati e avevano delle gabbie abbastanza grandi da potersi muovere; anche se sono dell’idea che gli animali dovrebbero stare nei loro habitat originari (che però sono quasi tutti o scomparsi o ridotti dalla forte antropizzazione del territorio da parte dell’uomo) e penso che per conoscere meglio le caratteristiche e le abitudini degli animali, bisognerebbe osservarli nel luogo di origine; però è anche vero ch molti animali sono molto rari e molta gente non ha la possibilità di raggiungere quei posti. Il parco inoltre era munito di cartelli che esponevano le caratteristiche degli animali, il nome volgare e la nomenclatura binomia; è stata interessante anche la mostra ornitologica.

Figura 26 (sinistra) aquila pescatrice

Figura 27 (foto centrale) avvoltoio

Figura 28 foto in alto, gufo delle nevi

Page 13: Viaggi Naturalistici d'Estate

13

Foto di altri animali del parco:

Figura 29 Ibis spinicolis

Figura 30

Figura 31 Canguro rosso

Figura 33

Figura 32 Lama ed antilope cervicapra

Page 14: Viaggi Naturalistici d'Estate

14

Figura 34 Muntjak

Figura 35 colonia di fenicotteri

Figura 36 Lama e antilope cervicapra

Page 15: Viaggi Naturalistici d'Estate

15

Figura 37 Volpe comune

Figura 38 un geochelone [?]

Figura 39 un marabù

Figura 40

Bibliografia

Elaborazione testo: Peruzzo Matteo

Testi estratti da:

“Futura” grande enciclopedia multimediale sez. Natura, scienze ed universo

Guida del Parco faunistico Cappeler.

“Testi vari” Microsoft® Student 2007 [DVD]. Microsoft Corporation, 2006.

Elaborazione immagini: Peruzzo Matteo

Immagini estratte da:

“Foto” di Peruzzo Matteo

“Futura” grande enciclopedia

“Immagini vr.” Da Microsoft ® Encarta ® 2007. © 1993-2006 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

Page 16: Viaggi Naturalistici d'Estate

16

Lago del Mis (Parco nazionale

delle Dolomiti Bellunesi)

15 agosto ‘07

l lago del Mis, come molti laghi bellunesi è un lago artificiale, ma non per questo privo di un suo fascino particolare. Si snoda all'interno della valle omonima per circa 4 km. Nelle sue circostanze vi si possono fare

gradevoli passeggiate o anche impegnative escursioni come la salita ai Monti del Sole. Segnalo luoghi sicuramente interessanti da visitare: le cascate della Sofia e i Cadini del Brenton ,che sono un gruppo di cavità naturali scavate nella roccia dall'erosione dell'acqua. La zona limitrofa al lago, si trova nella zona sud-est del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi la cui superficie è di 31. 512 ettari. Il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi Cenni di flora e fauna

on vi è dubbio che una delle principali motivazioni scientifiche della nascita del Parco risieda nella grande ricchezza e rarità della flora.

Fin dal 1700 le Vette di Feltre, e anche il M. Serva, godettero di meritata fama e furono visitate da alcuni tra i maggiori botanici del tempo. La flora vascolare (piante con fiori ed altre, come le felci, dotate di radici, fusto e foglie) ha una consistenza di circa 1.400 entità (1/4 della flora dell'intero territorio nazionale) e tra queste non sono poche quelle che meritano di essere ricordate perché endemiche, rare, o di elevato valore fitogeografico. La parte più meridionale è la più ricca in quanto meno devastata dalle glaciazioni e sono quindi potute sopravvivere specie antiche. Molto numerose sono le presenze localizzate di specie rare o che qui si trovano al confine del proprio areale. Oltre al contingente alpino propriamente detto (e in particolare di quello orientale), boreale ed eurasiatico - temperato, ben rappresentate sono le specie a gravitazione orientale (illiriche, pontiche, sud-est europee) e quelle delle montagne circummediterranee (mediterrraneo-montane). Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi si caratterizza anche per la notevole varietà dei suoi boschi. Anche se l'asprezza dei luoghi non favorisce lo sviluppo di estese foreste d'altofusto, come nel caso della rigogliosa foresta di Caiada, le Dolomiti Bellunesi offrono l'opportunità di ammirare paesaggi forestali estremamente diversificati. Le utilizzazioni di questi boschi da parte dell'uomo per soddisfare le necessità di legname per le costruzioni, di legna

I

N

Page 17: Viaggi Naturalistici d'Estate

17

da ardere e di altri prodotti secondari, non hanno compromesso il fascino di questi ambienti che anzi in molte zone raggiungono significativi livelli di naturalità. Ciò vale soprattutto per le aree più difficili da raggiungere (boschi di forra, pinete, alcuni tipi di faggete). I boschi sono tra gli ambienti più interessanti dal punto di vista faunistico e alcuni di questi ambienti, quali i boschi di abeti submontani della Val del Grisol, costituiscono delle peculiarità di grande interesse scientifico. Grazie all’estensione del parco, si hanno

diversi tipi di boschi: i boschi submontani, le faggete, i boschi di abeti, quelli di lariceti e negli abbienti del parco sono inclusi le zone di alta quota. Si comincia dai boschi di carpino nero sono le formazioni più diffuse nella fascia pedemontana, su pendii abbastanza ripidi, assolati e relativamente aridi, fino a circa 1000 metri di quota. Predomina il carpino nero (Ostrya carpinifolia) accompagnato dall'orniello (Fraxinus ornus) e vi si trovano anche la roverella e numerose specie arbustive (cornioli, viburni, biancospini). Questi boschi importanti per il mantenimento della stabilità dei versanti, sono stati sfruttati dall'uomo per produrre legna da ardere, grazie alla

capacità del carpino nero e dell'orniello di emettere un gran numero di polloni. Molti uccelli frequentano questi ambienti: vi si possono sentire i richiami del picchio verde, dell'upupa, dalla ghiandaia e, di notte, quello dell'allocco. Un aspetto particolare e molto importante da punto di vista naturalistico è la boscaglia di forra, vegetazione tipica delle gole e delle valli

più anguste. Qui, oltre al carpino nero si trovano il tasso (Taxus baccata) e alcune caratteristiche e vistose specie erbacee quali il giglio dorato (Hemerocallis lilio-asphodelus), la campanella odorosa (Adenophora liliifolia) e il veratro nero (Veratrum nigrum). Su terreni più freschi e profondi al carpino nero subentrano specie arboree più esigenti come aceri, tigli, il carpino bianco e il frassino maggiore e il sottobosco si arricchisce notevolmente. Questi sono gli ambienti di elezione per molti animali tra cui il tasso, il ghiro, il picchio rosso maggiore e il picchio muratore. I boschi di faggio sono le formazioni più rappresentative del paesaggio forestale del Parco. La loro diffusione altitudinale è veramente notevole: nella fascia submontana (600-1200 m) prevale la faggeta con carpino nero, in quella montana (1200-1400 m) la faggeta pura o con abete bianco, in quella altimontana (1400-1600 m) al faggio si affiancano abete rosso e larice. Negli ambienti

più impervi vi sono inoltre faggete primitive, dove il faggio si associa al pino mugo e al rododendro irsuto. Nel Parco vi sono belle faggete nelle zone di

Page 18: Viaggi Naturalistici d'Estate

18

Ramezza, Zoccarè, Scarnia, Monti del Sole, Val Vescovà e nella Conca di Cajada. Le specie che vivono nel sottobosco variano a seconda del tipo di faggeta, ma hanno in genere fioritura precoce e sono tendenzialmente amanti dell'ombra, data l'elevata copertura offerta da questi boschi. Le faggete più selvagge e tranquille sono gli ambienti ideali per il timido francolino di monte. Le piante di grande dimensione ospitano il picchio nero, il più grande dei picchi europei; i suoi nidi scavati nei tronchi vengono spesso riutilizzati dalla civetta capogrosso. I resti di piante morte offrono l'habitat a specie animali come la bella Rosàlia delle Alpi, raro coleottero le cui larve si sviluppano unicamente nel legno di vecchi tronchi Il clima delle Dolomiti Bellunesi non è particolarmente adatto ad una larga diffusione di boschi puri di abete rosso (peccete), che nelle zone più interne delle Alpi sono comuni nella fascia subalpina. L'abete rosso (Picea abies) è

comunque ben diffuso nelle faggete altimontane e in boschi misti con l'abete bianco o il larice, anche perché favorito dall'uomo (piantagioni) e di facile disseminazione. L'abete bianco (Abies alba) ha esigenze analoghe al faggio e quindi sono spesso associati. I boschi con prevalenza di abete bianco (abieteti) sono abbastanza localizzati e trovano la loro migliore espressione nella Conca di Cajada e in Val del Grisol. Gli abieteti della Val del Grisol sono molto interessanti e particolari da punto di vista naturalistico: vi compaiono diverse specie di latifoglie nobili (tigli, aceri, frassini). In questi boschi, soprattutto se misti, vive una ricca fauna. Tra le presenze più importanti vi sono quelle della civetta nana, minuscolo strigide dalle abitudini più diurne che notturne, e del gallo cedrone, la cui sensibilità ai disturbi lo porta a frequentare boschi tranquilli e solitari.

L'albero che si spinge alle quote più elevate è il larice (Larix decidua). E' l'unica conifera europea che perde il fogliame dopo un caratteristico ingiallimento autunnale della chioma. Bei lariceti si localizzano nel territorio del Parco ai Piani Eterni, in Val del Melegaldo, sui Monti del Sole, sulla Schiara e nel gruppo del Prampèr, a quote variabili tra i 1700 e i 1900 metri. Il sottobosco è caratterizzato dalla presenza di rododendri e mirtilli; i rami e i fusti dei larici sono spesso ricoperti da licheni frondosi. Su versanti più umidi compaioni lariceti con un sottobosco ricco di alte erbe (megaforbie). Alcuni insetti si nutrono esclusivamente degli aghi del larice: è il caso delle larve di due piccole

Page 19: Viaggi Naturalistici d'Estate

19

farfalle: la minatrice degli aghi del larice e la totrìcide grigia. Nei lariceti vivono uccelli e mammiferi che prediligono formazioni boschive rade con suolo erboso, vecchi alberi con cortecce screpolate e cavità per nascondersi o nidificare. Tra questi si ricordano il piccolo rampichino alpestre, la tordela e la cincia bigia alpestre. Oltre il limite superiore della vegetazione arborea vegetano i cespuglietti subalpini, la cui composizione varia con l'esposizione, l'umidità del suolo e la natura delle rocce. Le rupi calcareo-dolomitiche e i conoidi detritici sono

colonizzati dal pino mugo (Pinus mugo) che può formare dense e impenetrabili boscaglie (Monti del Sole, Piani Eterni, Ramezza). Nelle mughete si incontrano frequentemente il rododendro irsuto (Rododendron hirsutum) e la clematide alpina (Clematis alpina). Le mughete sono però diffuse anche negli ambienti rupestri di bassa quota. Su versanti settentrionali, a prolungato innevamento, prosperano arbusteti di ontano verde (Alnus viridis) dove abbondano

alte erbe (megaforbie) quali il cavolaccio alpino (Adenosyles alliariae), la lattuga alpina (Cicerbita alpina), aconiti e felci. Altri tipi di arbusteti, meno estesi e di carattere transitorio, sono i saliceti (Salix appendiculata, S. glabra, S. waldsteiniana) e i rododendreti (Rhododendron hirsutum oppure R. ferrugineum). Numerose specie animali trovano rifugio in questi ambienti: il camoscio, il fagiano di monte, il merlo dal collare, la cincia dal ciuffo. Da quando l’uomo ha cominciato ad abitare in queste zone, i boschi hanno sempre costituito uno degli elementi più fluttuanti del paesaggio, i primi ad essere aggrediti per ricavare nuovi pascoli o terreni coltivabili, per ottenere legna da ardere, per alimentare i forni fusori delle miniere, quando la pressione demografica o congiunture economiche sfavorevoli si facevano sentire. Si selezionava la vegetazione arborea dando spazio a specie più utili o più redditizie, Squadre di boscaioli, organizzate secondo una struttura gerarchica, si muovevano a loro agio negli spazi boschivi. Le operazioni di esbosco, di avvallamento del legname, di trasporto fino ai punti di ammasso richiedevano capacità tecniche e profonda conoscenza della morfologia ambientale. Ma il bosco era percorso anche da famiglie di carbonai che per molti mesi all'anno vivevano nelle radure, dormendo in capanne di frasche. Uomini, donne e bambini allestivano le carbonaie (poiàt) in spiazzi pianeggianti (èra,

Page 20: Viaggi Naturalistici d'Estate

20

aiàl), sorvegliando giorno e notte il lento procedere della combustione, finché il fumo diventava turchino e il carbone era pronto. Si prelevavano le specie legnose più adatte per costruire oggetti e utensili di lavoro. Il bosco era il luogo privilegiato per l'incontro con esserei fantastici, che si riteneva dimorassero negli anfratti rocciosi, nelle grotte, in prossimità delle sorgenti: l'Om Salvàrech, il Mazaròl vestito di rosso, le bellissime Vane o Anguane, le stupide Cavestrane, la paurosa Caza Salvarega Fauna Le Dolomiti Bellunesi che comprendono una grande varietà di ambienti che consente a moltissime specie animali di trovare le condizioni adatte per vivere e riprodursi. Ben 114 sono le specie di uccelli che nidificano nel Parco, 20 le specie di anfibi e rettili presenti. Oltre 3.000 i camosci e più di 2.000 i caprioli. Quasi 100 le specie di farfalle diurne e circa 50 le specie di coleotteri carabidi. Esistono anche alcuni importanti endemismi esclusivi (specie che vivono solo qui i tutto il mondo) fra gli insetti che popolano le cavità carsiche. Il grande fascino degli animali di montagna risiede proprio nella loro capacità di vivere in condizioni difficili, spesso estreme. Il gelo invernale, la scarsità di cibo, il vento sferzante e le forti radiazioni solari vengono affrontati grazie a mirabili strategie di adattamento. Così, ogni ambiente, se osservato con attenzione, ci rivela una grande ricchezza di forme animali, meravigliosa ma spesso invisibile a chi non vi si avvicina con pazienza e rispetto. La geologia

a storia delle Dolomiti Bellunesi è una storia lunga e complessa, iniziata in caldi mari tropicali più di duecento milioni di anni fa e contrassegnata in seguito da alcuni eventi chiave:

• l'accumulo durante l'Era Mesozoica dei sedimenti che costituiscono le attuali rocce sedimentarie stratificate, • la collisione, nel corso dell'Era Terziaria, tra placca europea e placca africana, con deformazione e corrugamento dei sedimenti e conseguente sollevamento delle Alpi, • il modellamento operato dai corsi d'acqua, dai ghiacciai e dal carsismo, responsabili della grande varietà dei paesaggi morfologici attuali. Gran parte del territorio è impostato su rocce di origine sedimentaria ma non mancano le eccezioni come nell'alta Valle del Mis e in Valle Imperina dove

affiorano, in corrispondenza della "Linea della Valsugana" (importante faglia che rappresenta il confine geologico delle Dolomiti), rocce di origine metamorfica molto antiche. Oggi nel Parco ammiriamo grandi conche prative, valli ampie e profonde, pareti vaste e solari, ma anche oscuri anfratti stillicidiosi, rupi incombenti su forre cupe, valloni alti e solitari, tormentati altopiani dove la natura carsica delle rocce ha permesso lo sviluppo di un paesaggio sotterraneo fatto di pozzi, fessure, sale, gallerie, abissi che penetrano nelle viscere della

L

Page 21: Viaggi Naturalistici d'Estate

21

terra. La varietà geologica si traduce quindi in un mosaico di paesaggi morfologici, spesso con caratteri distintivi e unici quali gli ambienti carsici-nivali d'altitudine modellati dai ghiacciai e successivamente dalla neve e dal carsismo. Forme fluvio-torrentizie: Le valli rappresentano l'espressione morfologica più tipica

dell'azione erosiva operata dai corsi d'acqua. In realtà le incisioni vallive sono quasi sempre dei sistemi complessi, nei quali l'azione erosiva del corso d'acqua, limitata all'alveo e alle sponde (incisione ed erosione laterale) interagisce con la degradazione dei versanti (frane, erosioni, crioclastismo), che controlla e determina l'evoluzione morfologica dei fianchi vallivi. Tra le forme fluviali che

qualificano il paesaggio del Parco vi sono forre, cascate e marmitte di evorsione. Forme glaciali L'era glaciale ha lasciato in eredità una serie di forme che connotano in modo significativo molti ambienti del Parco (circhi, rocce montonate, depositi morenici). Durante l'ultima grande glaciazione (da 75.000 a 10.000 anni fa circa), l'area del parco è stata interessata dalla presenza sia di piccoli ghiacciai locali, insediatisi nelle zone sommitali della catena, sia di ghiacciai vallivi di rilevanza regionale (ghiacciai del Mis e del Cordevole), con area di alimentazione nell'alto Agordino, ben oltre i confini del parco. I circhi

(localmente indicati come "van" , "buse", "cadin") sono le forme glaciali più significative nei paesaggi d'alta quota del Parco. Modellati da piccoli ghiacciai locali, assumono in genere la forma di grandi nicchie, coronate da versanti ripidi e con ampio fondo quasi pianeggiante o a conca. Nel Parco, il fondo dei circhi risulta spesso rimodellato da processi di dissoluzione

carsica (conche glaciocarsiche). Le forme più tipiche di depositi glaciali riscontrabili in alta quota sono gli argini morenici, che assumono l'aspetto di collinette detritiche allungate o arcuate, segnalando di norma le posizioni raggiunte da una lingua glaciale prima di una fase di ritiro. Il graduale ritiro del grande ghiacciaio del Piave dal fondovalle della Val Belluna lascia in

Page 22: Viaggi Naturalistici d'Estate

22

eredità una morfologia ondulata, con conche e depressioni e il grande sistema di "marocche glaciali" (frane di trasporto glaciale) delle Masiere di Vedana. Morfologia carsica Le forme carsiche, originate dalla lenta azione solvente operata dall'acqua (debolmente acida per la presenza di anidride carbonica) sulle rocce calcaree e dolomitiche, concorrono a qualificare e a impreziosire alcuni degli ambienti più suggestivi e di maggior valore ambientale del Parco. Forme carsiche di grandi dimensioni sono le conche glaciocarsiche dove la morfologia carsica si innesta generalmente in preesistenti forme glaciali ed è a sua volta intaccata dai processi crionivali (circhi delle Vette, Van de Zità). L'altopiano Erera - Piani Eterni rappresenta l'unità carsica più importante per la varietà e la densità delle tipologie carsiche presenti in quanto caratterizzato da estese superfici rocciose a quote comprese tra 1700 - 1900 m), sulle quali la morfogenesi carsica trova spesso le condizioni ideali per svilupparsi (carsismo di altopiano strutturale e di circo). Ricerche ed esplorazioni sistematiche da parte degli speleologi hanno condotto finora al rilevamento di oltre 200 cavità. L'abisso più profondo (PE 10) è stato esplorato fino alla profondità di - 966 metri. Quattro cavità inoltre sono tra loro collegate e formano un sistema ipogeo avente uno sviluppo planimetrico di quasi 10 chilometri. Storia geologica Nel Triassico superiore (230-210 milioni di anni fa) la regione era localizzata nella fascia tropicale e il clima era simile a quello attuale della zona caraibica. In uno sterminato mare costiero poco profondo, soggetto all'oscillazione delle maree, si depositarono i sedimenti che origineranno la Dolomia Principale, la roccia più diffusa nel Parco. Essa forma lo zoccolo basale di gran parte dei monti del Parco. I dirupati e poco accessibili Monti del Sole sono scolpiti quasi interamente in questa formazione. Successivamente, a seguito di movimenti distensivi della crosta terrestre, si sviluppò un solco di mare molto più profondo, il Bacino di Belluno, tra due Piattaforme o Rughe (Trentina e Friulana). L'area del Parco venne a trovarsi nel settore di transizione fra il Bacino Bellunese e la Ruga Trentina in

presenza di ambienti di sedimentazione diversificati. Nell'area occidentale si depositarono fanghi carbonatici che daranno origine alla formazione dei Calcari Grigi (più o meno dolomitizzati e talvolta ricchi di fossili) mentre, in pieno Giurassico (170 milioni di anni fa) si verificò uno sprofondamento della piattaforma Trentina e una lunga pausa nella sedimentazione favorì

Page 23: Viaggi Naturalistici d'Estate

23

l'accumulo di resti di organismi marini. Così si originò il Rosso Ammonitico Inferiore, calcare di colore rossastro contraddistinto da una evidente nodularità. Nel Bacino Bellunese si depositarono invece formazioni calcaree ricche di componenti argillose o selcifere (Formazione di Soverzene e Formazione di Igne). La Piattaforma Friulana divenne in seguito l'unica sorgente di detriti carbonatici che si accumularono temporaneamente sui margini della scarpata per poi franare nel bacino sottostante. Si tratta di grandi frane (correnti di torbidità) capaci di percorrere grandi distanze fino a fermarsi contro la scarpata della Ruga Trentina. Si formò così il Calcare del Vajont che gradualmente riempì il Bacino Bellunese sovrapponendosi al Rosso Ammonitico Inferiore. Cessata la produzione di sabbie oolitiche, le calcareniti del Vajont vennero sostituite dai

sedimenti più fini che origineranno la Formazione di Fonzaso, calcari selciferi grigio-verdastri ben visibili presso le Buse delle Vette. Alla fine del Giurassico, un nuovo rallentamento della sedimentazione dovuta a scarsa produzione di detriti da parte della Piattaforma Friulana e all'azione delle correnti marine che spazzano il fondale, portò alla formazione del Rosso Ammonitico Superiore, roccia molto compatta, spiccatamente nodulare e fossilifera, osservabile ai circhi glaciali delle Vette di Feltre, presso le Malghe di Erera e Campotorondo, nel gruppo Prabello Agnelezze e a sud dei Van de Zità. Nel Cretaceo (da 140 a 65 milioni di anni fa) il mare si approfondì e si depositarono i fanghi carbonatici che diedero origine al Biancone, roccia di color bianco avorio

con frequenti noduli o liste di selce grigia o nera, contraddistinto da una tipica frattura concoide (similmente al vetro) e da una grana molto fine. Il Biancone costituisce le piramidi sommitali delle Vette di Feltre, affiora sui ripidi pendii ai piedi del Sass de Mura, sul fianco sud del M. Grave e del Tre Pietre. La formazione più recente affiorante all'interno del Parco è la Scaglia Rossa (Cretaceo superiore). Si tratta di un calcare marnoso rosso mattone o grigio-rosato che affiora nel Parco nei pressi del Rifugio Boz, sul Monte Brendol, e sulla Talvena, i toponimi "Le Rosse di Erera"o "Le Rosse di Vescovà", "Val dei Ross" indicano chiaramente questo tipo di roccia. Anche la Scaglia Rossa deriva da fanghi deposti in ambiente di

Page 24: Viaggi Naturalistici d'Estate

24

mare profondo, ma contiene una frazione apprezzabile di argilla e presenta frequenti tracce fossili lasciate da grossi vermi che setacciavano il fondale. La presenza di argilla è un segnale che denota la presenza di apporti detritici da aree emerse a seguito delle prime fasi dell'orogenesi Alpina. Il sollevamento

delle Dolomiti Bellunesi è avvenuto prevalentemente negli ultimi dieci milioni di anni, nell'ambito del più generale processo di compressione della crosta terrestre che ha originato la catena alpina e che ha intensamente deformato, ripiegato, fratturato e accavallato gli strati rocciosi, determinando in alcuni settori spettacolari "scorrimenti" di rocce più antiche sopra rocce più recenti. La catena delle Dolomiti Bellunesi corrisponde

strutturalmente ad una grande "onda" anticlinale (anticlinale Coppolo-Pelf), che decorre dalle Vette di Feltre alla Schiara. La zona del lago del Mis

Il lago del Mis, è situato nell’omonima valle a sud-est del Parco Nazionale delle dolomiti Bellunesi che comprende tutta la provincia di Belluno; il lago si trova nel comune di Sospirolo. La Val del Mis, stretto e profondo canyon confinato entro alte pareti levigate e sfuggenti, è una valle trasversale molto antica, che solca (trasversalmente) l'intera catena delle Dolomiti Bellunesi, consentendo così di osservare le principali formazioni geologiche, dalla Scaglia rossa (imbocco della valle) alla Dolomia Principale. La Val del Mis, come spesso succede per le valli antiche, è un sistema ambientale complesso, alla cui evoluzione morfologica hanno concorso i ghiacciai vallivi, i corsi d'acqua, i processi di degradazione dei versanti (frane ed erosioni) e la

Page 25: Viaggi Naturalistici d'Estate

25

corrosione carsica. Il modellamento glaciale, operato dall'antico ghiacciaio vallivo del Mis durante l'era glaciale, è riconoscibile per la forma blandamente a U del profilo trasversale (fondovalle relativamente ampio e fianchi ripidi,

spesso rupestri). Particolarmente suggestivo è il segmento tra Gena bassa e Titele ("Canal del Mis") che assume l'aspetto di una gola profondamente incisa nelle rocce stratificate in banchi suborizzontali della Dolomia Principale (canyon fluvio-carsico). La gola è fiancheggiata da un sistema di vallette laterali strette/profonde e di forre, alcune delle quali chiaramente impostate lungo importanti faglie (Val Falcina, Val Brenton, Val Soffia. Dopo la disastrosa alluvione del 1966 buona parte del lungo lago venne abbandonata, in particolare le minuscole contrade delle Gene, a causa delle pessime condizioni della stretta, bruttissima (automobilisticamente) strada che contorna il lago del Mis provenendo da Sospirolo. Appena oltre il ponte in fondo al lago, in località Soffia, la strada era completamente franata ed è rimasta chiusa fino a qualche anno fa. Irraggiungibili quindi Gosaldo ed Agordo. Eppure quella strada, ancor prima della costruzione della diga e la formazione del lago, era una strada ardita ma importante e vi passavano pure le autocorriere di linea. Conduceva a California, paesetto minerario sorto dal nulla, il sogno americano di fine ottocento nelle disperse lande bellunesi.

1

2

Figura 1: veduta dal lago del Mis, si vede la diga con a fianco il

condotto per il rifornimento artificiale del lag.

Figura 2: veduta della valle del Mis, racchiusa a nord dai Monti del

Solee anche a sud, sotto si può vedere il canal del Mis

Page 26: Viaggi Naturalistici d'Estate

26

Se non ci fosse stata la mano dell’uomo, oggi al posto del lago ci sarebbe un fiume che attraversa la Val del Mis, ma con la costruzione della diga si è creato un bacino artificiale non solo per la produzione di energia elettrica ma la diga viene usata come strada. Nonostante sia un lago artificiale, mantiene un proprio fascino, considerevole è la sua superficie di 2.500 Kmq, e 400 metri dal livello del mare. Inconfondibile è la sua acqua limpida che va dal colore verde acqua, all’azzurrino al turchese. D’estate è soggetto ad un

abbassamento della capacità nonostante sia costantemente alimentato dal Canal del Mis e da un condotto vicino alla diga. Nel lago si può praticare la pesca, ma è vietato il bagno e qualsiasi uso di imbarcazione. Circondata da montagne, a nord ricordiamo i Monti del Sole mediamente alti 2.000 m con la cima più elevata il Piz de mezzodì o Pizzon alto 2.240 m, sono prevalentemente coperti da boschi decidui submontani verso le

sponde del lago, per diventare un bosco misto

soprattutto tra faggio e abeti verso la cima. Nelle zone più ripide delle montagne il bosco lascia posto a roccia nuda, molti sono gli animale che si possono vedere: Salamandra pezzata, passeriformi (fringuello, cinciallegra, cincia bigia, cinciarella, cincia dal ciuffo, cincia mora, verdone, ecc.), beccaccia nel mese di ottobre, picchio verde(Picus viridis), picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)(Relazione del boso di Cessalto), civetta, volpe (Vulpes vulpes), capriolo (Capreolus capreolus), tasso (Meles meles).

3

4

5

7

6

Page 27: Viaggi Naturalistici d'Estate

27

Pagina precedente:

Figura 3: foto che ritrae il colore particolare dell’acqua del

lago.

Figura 4: Picchio rosso maggiore. In alcuni boschi

d'Europa si può udire il caratteristico picchiettio del

picchio rosso maggiore, Dendrocopos major, una delle

200 specie di picchi esistenti. Grazie al suo becco lungo e

affilato e alla testa robusta, il picchio riesce a perforare i

tronchi fino a una profondità di 30 cm, in cerca di cibo o

per la costruzione del nido. Le due dita retroverse lo

agevolano nella risalita dei tronchi, mentre con la lingua

(lunga 8 cm), penetra negli anfratti della corteccia per

snidare gli insetti.

Figura 5: Tasso europeo. Caratterizzato da due strisce

nere che si estendono dalla radice del naso agli occhi e

alle orecchie, il tasso europeo (Meles meles) è diffuso

nelle zone boschive di tutta Europa. È un animale

onnivoro e prevalentemente notturno, che si ciba di

lombrichi, insetti, uova di uccelli e piccoli mammiferi.

Figura 6: Picchio verde. Il picchio verde (Picus viridis)

ha un piumaggio di colore verde oliva con il ventre più

chiaro e una macchia rossa sul capo. Molto diffuso in

Europa, si nutre prevalentemente di insetti, che preleva

dalla corteccia dei tronchi d'albero con il lungo becco.

Figura 7: La volpe è un predatore selvatico ancora

relativamente diffuso nei boschi europei. È un animale

adattabile, che si nutre perlopiù di piccoli roditori ai quali

dà la caccia nei boschi e nei pressi dei campi coltivati.

In questa pagina:

Figura 8 & 9: i Monti del Sole

Figura 10: parte della catena delle Dolomiti di cui fa

parte il Monte Pizzocco.

La cascata della Soffia

l lago del Mis, non è l’unico spettacolo naturalistico che si può ammirare in queste zone

del parco, andando nella sponda nord del lago seguendo la strada che fiancheggia il lago al sud, si attraversa un ponte e poi si sale un strada che porta prima ad un bar e poi ad una chiesetta in memoria di quattro persone trucidate in questo posto dai nazisti; continuando si entra in una specie di parco che porta in un belvedere dove si può ammirarla cascata della Soffia, ci sono voluti milioni di anni ed una incessante erosione della roccia da parte dell’acqua per creare questa cascata che si insinua in un canyon. Si può vedere l’acqua della cascata che si

I

10

9 8 9

10

11

Page 28: Viaggi Naturalistici d'Estate

28

infrange nel fondo; basta ridiscendere la strada e seguire il corso del Canal del Mis, si arriverà ad un torrente che esce da una grotta, a sinistra di questa grotta c’è un’apertura che porta ad una scalinata che è di fronte alla cascata. Bisogna fare molta attenzione nel camminare a causa della roccia scivolosa; meravigliosi sono gli effetti che crea la luce che passa tra le rocce e si riflette nell’acqua, formando diverse tonalità di colori verdi ed un equilibrio tra il chiaro e scuro che vede contrapposta la luce del sole con il buio della grotta.

---------→

12

15

13

16

14

18

17

Page 29: Viaggi Naturalistici d'Estate

29

Pagina 27: Figura 11: Monte Pizzon, si veda il bosco misto

formato sia di lattifohlie e di abeti.

Pagina Precedente:

La nascita, la vita e la morte della cascata della Soffia:

Figura 12-: la cascata della Soffia, nasce da una sorgente

ad una modesta quota. Tramite dei torrenti, arriva fino al

canyon dove per il rapido strapiombo diventa una cascata

(Figura 13-14). La sua vita è abbastanza corta perché

subito l’acqua cade nel fondo per diventare un altro

torrente; attraversando le rocce del canyon (Figura 15- 16)

nel punto di raccolta delle acque provenienti dalla cascata,

la luce che filtra da aperture nella roccia crea degli

splendidi effetti luminosi (Figura 17). Esce fuori dalla

montagna per andare ad alimentare il Canale del Mis

(Figura 18).

Cascate Cadini Marmitte del Brenton

igliaia di anni per scavare la roccia, tantissime piccole

cascate che riempiono questi fori nella roccia che non a caso vengono chiamate dagli abitanti del luogo le “vasche”, sono le Cascate Cadini Marmitte del Brenton, inconfondibile è il suono continuo e sordo

dell’acqua che scende, l’acqua che forma meandri tortuosi è l’incontrastata protagonista di questi luoghi, per arrivarci basta seguire la strada a sud del lago, invece di girare per il ponte si continua sempre dritto in un bosco che alla fine porta ai Cadini. Prima di entrare c’è un cartello con un piccolo foglietto bianco in cui è scritto in piccoli caratteri di un’ordinanza del comune che ha vietato i bagni nei Cadini sia per il rispetto di questo monumento sia per evitare incidenti, comunque c’erano dei bagnanti che poi sono stati multati dalla guardia forestale.

M

19

20

Figura 19: la cascata che

crea ed alimenta i Cadini

marmitte del Brenton.

Figura 20: un parte dei

Cadini Marmitte del Brenton

con le rispettive cascate.

Page 30: Viaggi Naturalistici d'Estate

30

Altre foto del viaggio:

Figura a

fianco: foto con dei ciclamini.

Bibliografia

Testo: dal sito ufficiale del parco delle Dolomiti

di Peruzzo Matteo

Microsoft® Student 2007 [DVD]. Microsoft Corporation, 2006.

Foto: dal sito del Parco delle dolomiti

Di Peruzzo Matteo

Microsoft® Student 2007 [DVD]. Microsoft Corporation, 2006.

Page 31: Viaggi Naturalistici d'Estate

31

Figura 1: una cardina.

Figura 2: il bosco misto del luogo tra

abeti e latifoglie [foto scattata presso

Monte Tomba]

Figura 3: due funghi della stessa specie

[?] foto scattata presso Monfenera.

Monfenera e Monte Tomba 27 agosto ’07

onfenera fa parte assieme ad altri rilievi circostanti della zona prealpina trevigiana. Situata sopra il comune di Pederobba, la sua caratteristica sono i rigogliosi boschi decidui; la strada che porta in

questi luoghi, non è di facile percorrenza per via dei undici tornanti di forte pendenza (soprattutto i primi tre) e per la scarsa

visibilità nelle curve che provoca il rischio di incontrare inaspettatamente auto e soprattutto ciclisti. A Monfenera, ci sono dei posti dove si trovano dei caminetti vicini alla strada e delle tavole

costruiti dalla guardi forestale per fare la grigliata e mangiare (senza il pericolo di incendiare il bosco, anche se ho visto dei turisti che avevano acceso un fuco vicino al bosco). I boschi di questi luoghi, sono misti, si trova il castagno che è importantissimo per questa zona riconosciuta per le sue castagne, nelle querce prevale la farnia

(Quercus robur), si trovano betulle

(Betulla pendula)con la sua corteccia di colo bianco-

argento macchiata di nero e anche abeti rossi (picea

M

1

3 2

Page 32: Viaggi Naturalistici d'Estate

32

Figura 4: bosco misto tra aghifoglie e latifoglie vicino alla valle, si noti la presenza di un sottobosco ricco di essenze

erbacee e di arbusti.

Figura 5: Capriolo. Il capriolo, appartenente alla famiglia dei cervidi, vive nelle foreste europee e asiatiche. Solo il

maschio è dotato di corna, relativamente corte e diritte, con tre ramificazioni. In Italia è il cervide più diffuso.

Figura 6: Poiana comune. Classificata Buteo buteo, la poiana comune è diffusa pressoché in tutti i continenti. La sua

apertura alare può raggiungere il metro. La sua colorazione è molto variabile; la più frequente prevede il dorso

marrone scuro e il ventre e la coda barrati. Vive di preferenza in aree boscose circondate da spazi aperti.

Figura 7: Aquila reale

Diffusa alle alte latitudini di Nord America, Europa e Asia e in alcune zone del Nord Africa, l'aquila reale è

"calzata", cioè caratterizzata, come le altre specie di aquila, dalla presenza di penne sui tarsi, che assicurano la

protezione delle estremità dalle basse temperature. La popolazione di Aquila chrysaëtus è stimata intorno alle 400

coppie, ben distribuite lungo l'arco alpino e invece concentrate soprattutto tra Abruzzo e Marche per quanto riguarda

la catena appenninica; nelle altre regioni la presenza del rapace è assai più irregolare e bassa è la percentuale di

coppie nidificanti.

abies) troviamo anche robinie (Robinia pseudoacacia) naturalmente alloctona. Particolare è il sottobosco composto da pochissime essenze erbacee e cespugli, ma dalla piante arbustive o arboree in fase di crescita; invece nei boschi più

vicini alla valle il sottobosco si arricchisce di essenze erbacee e cespugli ad esempio l’edera (Hedera helix). Nel sottobosco troviamo molte varietà commestibili e non di funghi, infatti questa è una zona dedita alla raccolta controllata di funghi. L’ambiente cambia vicino alle abitazioni o delle malghe: dai boschi si passa ai prati, ricchi di essenze arboree e fiori. Questi luoghi sono abitati da molte specie animali che arricchiscono la fauna del luogo, per questo questa è anche una zona di caccia. Tra gli animali ci sono uccelli rapaci come le poiane (Buteo buteo) qualche

esemplare di aquila

reale (Aquila chrysaëtus), tassi (Mels meles) che se si è fortunati si possono vedere le tane segnalate da graffi sugli alberi lasciati da questi animali come segno del proprio territorio. Ma ci sono anche scoiattoli comuni (Sciurus vulagaris) camosci (Ruricapra ruricapra), il capriolo (Capreolus capreolus) ed altri

4

7

5

6

Page 33: Viaggi Naturalistici d'Estate

33

Figura 8: cratere causato da un ordigno esplosivo della I guerra

mondiale [foto scattata presso il Monte Tomba].

Figura 9: foto scattata in cima al monte tomba, sulle alture a

destra si trovano le trincee italiane.

animali. Questi luoghi nella Grande guerra, sono stati luoghi di battaglie; lo dimostra il fatto di grandi crateri quasi erosi dal tempo dentro i boschi o vicino alle

strade di esplosioni un altro dato del conflitto che si è tenuto in questi luoghi è la mancanza quasi totale di piante secolari; poi più in alto ci sono anche le trincee italiane. Una vetta è stata usata come luogo di commemorazione ed è stata chiama Monte Tomba, in onore di tutti i soldati morti nel conflitto, perché è stata teatro di una sanguinosa battaglia come scrive questo soldato anonimo: <<Il monte (riferito al Monte Tomba) non è altro che un vulcano in azione: fumo e fiamme… una tempesta di piombo si scatena

tutt’intorno>>. Anche qui si vedono crateri e anche pezzi arrugginiti di granate; da qui in su mancano i boschi. Bellissima è la vista che si vede da questo rilievo, la sua altezza permette di vedere la Pianura Padana i Monti Berici ed i Colli Euganei, e quando il tempo è sereno si può vedere vicino all’orizzonte la laguna veneta. Da subito all’occhio una coltre di nebbia che copre tutta la pianura Padana data, in estate, sia

dall’umidità ma anche dallo smog. Da Monfenera per raggiungere Monte Tomba basta seguire la strada presa per raggiungere Monfenera, più in su di Monte Tomba si trovano le trincee italiane, con gli alloggiamenti dei soldati e degli ufficiali e la postazione del comandante.

6

8

9

Page 34: Viaggi Naturalistici d'Estate

34

Figura 10: veduta della valle e in fondo della Pianura Padana, si noti una leggera foschia che si

trova sopra la pianura causata sia dall’umidità, sia dagli agenti inquinanti causati dall’attività

antropica.

Figura11: una zona di pascolo o un prato di montagna.

11

10

Page 35: Viaggi Naturalistici d'Estate

35

Altre foto del viaggio:

Bibliografia

Testo: di Peruzzo Matteo

Microsoft® Student 2007 [DVD]. Microsoft Corporation, 2006.

Foto: Di Peruzzo Matteo

Microsoft® Student 2007 [DVD]. Microsoft Corporation, 2006.