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Viaggi nell’animazione

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Interventi e testimonianze sul mondo animato da Émile Reynaud a Second Life. Una storia dell’animazione, dai precursori dell’Ottocento al cinema muto, dal disegno animato ai pupazzi in plastilina, dalle silhouette alla computer grafica 3D, fino al cinema di Second Life. A cura di Matilde Tortora. Contributi di: Luciana Bordoni, Bruno Bozzetto, Patrizia Cacciani, John Canemaker, Mario Franco, Mario Gerosa, Michel Ocelot, Gianni Rondolino, Nunziante Valoroso.

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Viaggi nell’animazioneInterventi e testimonianze sul mondo animato

da Émile Reynaud a Second Life

A cura di Matilde Tortora

Contributi diLuciana Bordoni – Patrizia Cacciani – Mario Franco – Mario Gerosa

Gianni Rondolino – Matilde Tortora – Nunziante Valoroso

Interviste a Bruno Bozzetto – John Canemaker – Michel Ocelot

Lapilli. Visioni 15

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I edizione: ottobre 2008Copyright © Tunué Srl

Via Bramante 3204100 Latina – [email protected]

Diritti di traduzione, riproduzionee adattamento riservati per tutti i Paesi.

ISBN-13 GS1 978-88-89613-45-0

Progetto grafico: Daniele InchingoliGrafica di copertina: Marco MarcucciIllustrazione di copertina: Simone eJulia Massi© Simone e Julia Massi/Tunué

Stampa e legatura:Tipografia Monti SrlVia Appia Km 56,14904012 Cisterna di Latina (LT)Italy

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Indice

Introduzione, di Matilde Tortora

I Origini e nascita del cinema d’animazionedi Gianni RondolinoI.1 I precursoriI.2 Émile Reynaud e il prassinoscopioI.3 L’animazione cinematografica da Émile Cohl in poiI.4 L’animazione come cinema, il cinema come animazione

II Il pianeta Disneydi Nunziante ValorosoII.1 I lungometraggi animati

II.1.1 La rinascita dopo la crisi: gli anni NovantaII.2 I cortometraggi animatiII.3 Disney in TVII.4 I sequel dei lungometraggiII.5 Il restauro digitale e il cinema in tre dimensioniII.6 Conclusioni. Le influenze della Disney sul mondo

del cinema d’animazione: omaggi, parodie e citazioni

Per un vocabolario del movimentoConversazione con John Canemakerdi Matilde Tortora

III I film d’animazione nell’archivio storico Lucedi Patrizia Cacciani

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III.1 Il secolo degli archiviIII.2 Luce dell’animazione

III.2.1 All’origine dell’animazione italiana:Luigi Pensuti

III.2.2 Corrado D’Erricoe l’animazione nella rivista Luce

III.3 Le animazioni propagandistichedell’Archivio Storico LuceIII.3.1 Lo strano caso del Dottor Churkill

Il perfetto balletto dell’animazioneConversazione con Bruno Bozzettodi Matilde Tortora

IV Il passo (uno) di danza di Tim Burtondi Mario FrancoIV.1 A passo unoIV.2 Vivere il cinemaIV.3 La duplice città futuraIV.4 L’uomo è un essere incompiutoIV.5 L’illusione realisticaVI.6 Biografia e fantascienzaVI.7 Il regno della paura e quello della scienzaVI.8 Pesci dolci e bugie. Appunti sull’arte d’amareVI.9 Come diventare una farfalla

L’animazione come atto poetico e di cittadinanzaConversazione con Michel Ocelotdi Matilde Tortora

V Intelligenza artificiale e animazionedi Luciana BordoniV.1 Per ElizaV.2 OZ senza il magoV.3 Un Cybercafé con i Woggles

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V.4 I «mediattori» e le loro molte applicazioniV.5 La realtà (virtuale) in scena

VI Il cinema in Second Life. Autori, convergenzae videocamere in un circuito esistenziale chiusodi Mario GerosaVI.1 Dal videogioco al cinema, nel mondo virtualeVI.2 Il «machinima»: fare cinema su Second LifeVI.3 Dogma 95 su Second LifeVI.4 Alcuni esempi di video girati su Second Life

VI.4.1 Second Life, musica e pubblicitàVI.5 Recitazione virtuale?VI.6 Verso la fusione dei generi e dei media

Riferimenti bibliografici

Note sugli autori

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Alla memoriadi Simona Gesmundo

VIAGGI NELL’ANIMAZIONE

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Introduzionedi Matilde Tortora

Si può affermare senza tema di smentita che oggi, nell’ambito dellospettacolo audiovisivo, siamo entrati nell’«epoca del cinema d’anima-zione», considerato che questo, nell’era del digitale e dell’applicazionedell’intelligenza artificiale, confina o si fonde con diversi altri campi. Sipuò inoltre affermare allo stesso modo che siamo all’inizio di una nuovaera del cinema tout court; i testi che formano questo libro mostranoquanto e in che modo il cinema d’animazione davvero nutra di sé il piùinnovativo presente e quanto pure esso si situi come parte attiva e trai-nante nello scenario più fervido del futuro del cinema, quale esso si vaattualmente configurando.

Antecedente addirittura al cinema dei Lumière, nata con le proiezioniche Émile Reynaud tenne col suo Théâtre Optique al Museo Grévin aParigi nel 1892, l’animazione consentì che una serie di disegni mostra-ti in rapida successione fosse in grado di raccontare delle storie e dispie-gare un racconto; e da allora gli avvenimenti che il cinema d’animazio-ne crea per mezzo di strumenti diversi dalla ripresa «dal vero» sono ori-ginati da e intessuti interamente di quel che gli uomini ideano e chefanno apparire in immagini del tutto originali.

Nei primi anni del cinema, accanto ai primi drammi e ai film docu-mentari, vengono proiettati già disegni animati, lastrine pubblicitarie, ifilm «fantastici» di Georges Méliès (pochi sono i suoi film girati «dalvero»), indi i film di James Stuart Blackton, di Segundo de Chomón, diÉmile Cohl, di Winsor McCay, i pionieri del cinema d’animazione.

Furono i loro film a motivare altri artisti, che per lo più venivano dalcampo del disegno e anche della caricatura, a cimentarsi nel cinema d’ani-mazione: Max e Dave Fleischer, Otto Messmer, Walt Disney e i suoi

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«Nine Old Men», Tex Avery. Frattanto si andavano costituendo cinemato-grafie d’animazione in varie nazioni e si sperimentavano nuove tecniche:Oskar Fischinger e Norman McLaren, per citarne solo due, furono speri-mentatori eccelsi di altri modi di fare animazione.

E costantemente del nuovo si è, nel corso del tempo, sostanziato ilcinema d’animazione (l’intera sua storia lo attesta), e non di rado ha datolinfa anche al cinema «dal vero», sebbene questo per tanti decenni l’ab-bia fatta da padrone nelle produzioni, nelle distribuzioni e nelle fruizionicinematografiche; basti pensare a certi richiami in film d’autore,1 alleanimazioni in film con attori in carne e ossa,2 all’utilizzo dell’animazio-ne in titoli di testa rimasti tra l’altro celeberrimi,3 alle pubblicità televisi-ve dagli anni Cinquanta in poi e oggi al mondo digitale.

Pertanto si è pensato a un nuovo libro che consentisse un viaggio(costituito in effetti di molti viaggi) nell’animazione, che non solo ciricordasse le invenzioni, le ricerche e le innovazioni dalle origini in poi,ma che trattasse anche dei diversi campi virtuali di cui l’oggi si avvale.

È forse un caso che su YouTube si ritrovino i film di Winsor McCay eche un giovane d’oggi, a cent’anni di distanza, possa deliziarsi a guarda-re Gertie the Dinosaur in azione?4 Basta che egli lanci in internet le paro-le chiave, ed ecco che anch’egli vedrà, assiso alla sua scrivania-teatro divarietà, il giovane e intraprendente McCay che monta in groppa a Gertie.

Si può, nel mondo moderno, considerare il contributo della tecnologiaaudiovisiva in due campi: uno strumento per la creazione e un mezzo dirappresentazione. In un’intervista a Cinémonde del 2 settembre 1947,

1 Per esempio il film La Marsigliese (1937) di Jean Renoir, in cui il regista ricostruisce un tipico tea-trino di ombre cinesi (il teatrino di Caran D’Ache).

2 Già lo stesso Émile Cohl realizzò film con personaggi in carne e ossa che spesso includevano scenein animazione; così in La guerra e il sogno di Momi (1916) di Segundo de Chomón e GiovanniPastrone, in Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988) di Robert Zemeckis e in tanti altri film.

3 Il lavoro svolto dalla coppia David DePatie e Friz Freleng per i titoli di testa del film La panterarosa (The Pink Panther, di Blake Edwards, 1963) fu talmente riuscito che diede origine a un un vero eproprio cortometraggio animato autonomo, che vinse anche un Oscar, e poi a una serie di altri carto-on. Il regista Sergio Leone, per il suo film Per un pugno di dollari (1964), volle i titoli di testa in ani-mazione, influenzando anche altri registi negli anni Sessanta. Come non ricordare poi il coinvolgimen-to nei titoli di testa di vari film di genii dell’animazione come Emanuele Luzzati, e, nell’epoca deglieffetti digitali, il lavoro di Kyle Cooper, che ha inventato i titoli di Se7en (di David Fincher, 1995) e diSpider-Man (di Sam Raimi, 2002).

4 Il film del grande pioniere dell’animazione è del 1914. Cfr. Youtube.com/watch?v=UY40DHs9vc4.

4 INTRODUZIONE

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Walt Disney dichiarò: «Fra quarant’anni, forse, non avremo che da pre-mere un bottone per assistere a uno spettacolo che combini assieme latelevisione, la radio e il cinema animato, e lo spettacolo sarà senza dub-bio completato da questa recentissima scoperta, la “modulazione di fre-quenza”».5 Chissà che cosa avrebbe detto vedendo la breve sequenzache gli animatori della Disney hanno animato di recente, basandosi suidisegni che l’artista spagnolo Salvador Dalì eseguì nel 1945; per lui chelo volle collaboratore per il film Destino, film che non fu mai realizza-to, ma che, grazie alle moderne tecniche di animazione, possiamo oggivedere come sarebbe stato.

Quanti film sono poi oggi soggetti a restauri, che consentono di pre-servarli, restaurarli e infine consentirne la proiezione, proprio grazie alletecniche digitali? e quante simulazioni, anche in campo scientifico, sonoconsentite proprio dalle nuove tecnologie? Quanti effetti speciali sonostati resi possibili al cinema nella sua lunga vita dall’impiego di tecni-che d’animazione e quanti costi, grazie a esse, sono stati abbattuti nelrealizzare film! Grandi battaglie, che prima abbisognavano di moltitudi-ni di figuranti, sono state visualizzate già dai primi anni Duemila conmigliaia di comparse digitali animate da appositi software: per esempio,per animare le schiere del film Il Signore degli Anelli6 è stato sviluppa-to un programma chiamato Massive, in grado di fornire una rudimenta-le quanto efficace intelligenza artificiale a ogni singola figura; e da allo-ra sempre più progressi sono fatti in questo campo.

Questo libro ha preso ispirazione dalla passione e dall’impegno diSimona Gesmundo, una giovane studiosa, competente spettatrice etalentuosa autrice di cortometraggi animati, la quale purtroppo non èpiù, e il cui testimonio è stato da noi raccolto.7 Alcuni degli autori dicinema d’animazione e degli studiosi ai quali si devono i testi che com-

5INTRODUZIONE

5 Walt Disney, «Ce que sera le cinéma dans 40 ans», Cinémonde, a. XV, n. 683, 2 septembre 1947, p. 7.6 Il Signore degli Anelli è la trilogia del regista Peter Jackson, basata sugli omonimi romanzi di

J.R.R. Tolkien (The Lord of the Rings – The Fellowship of the Ring, Nuova Zelanda/USA, 2001; TheLord of the Rings – The Two Towers, Nuova Zelanda/USA, 2002; The Lord of the Rings – The Returnof the King, Nuova Zelanda/USA, 2003).

7 Simona Gesmundo (Napoli 1976-2005), tra i primi studiosi in Italia sull’intelligenza artificiale (IA)applicata al cinema, laureata col massimo dei voti e la lode accademica in DAMS Multimediale all’uni-versità della Calabria, è scomparsa nel 2005, non avendo ancora compiuto 29 anni. Autrice dell’impor-

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pongono questo volume non hanno conosciuto Simona, tutti erano peròconosciuti da lei, che era, oltre che autrice, attiva ricercatrice sull’intel-ligenza artificiale applicata al cinema; d’altronde, come è peculiarità delcinema, sia il farlo, sia il fruirne, sia l’esserne studioso, o spettatore, oautore, sono campi prolifici di costanti interazioni.

Scrivere e riflettere sul cinema ha da sempre una sua fecondità: ci sonolibri che, a distanza di decenni, ancora oggi gettano luce e ci fanno scor-gere delle novità; ci sono poi libri che per quanto agili, possono essere utili(e nel contempo godibili) per una decodifica dell’oggi, di cui molto spes-so siamo distratti abitatori. Ed è questo pure l’intento di questo libro.Attraverso la parabola di saggi che compongono il volume, scritti da alcu-ni dei maggiori esperti italiani – con il contributo, sotto forma di intervi-sta, di tre autori di alto prestigio internazionale – viene compiuto un per-corso in tappe nel cinema d’animazione dalle origini ottocentesche fino airecenti sviluppi delle sperimentazioni informatiche degli «agenti intelli-genti» e del mondo virtuale di Second Life, i quali sostanziano il tema del-l’intelligenza artificiale applicata non solo al cinema d’animazione e alcinema dal vero, ma anche ai nuovi mondi interattivi di internet.

Certo è che il cinema d’animazione parla di tutti noi, dei nostri mondi,dei nostri problemi, dei nostri sogni. Il grande animatore Bruno Bozzettoha detto – come riportato anche più in là in questo volume – che «il cine-ma d’animazione è uno strumento molto versatile, con cui si possono

6 INTRODUZIONE

tante saggio (pubblicazione postuma della sua tesi di laurea) Molloy: dall’intelligenza artificiale alcinema, edito nel 2005 e al quale è stato conferito il premio «Migliore libro per il cinema» alla LX edi-zione del Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Molloy, l’«agente pedagogico» da lei creatocon un sofisticato programma di IA, è un’irresistibile nonna-canguro che racconta favole, ed è protago-nista anche di corti d’animazione indipendenti. Nel 2005 si è costituita l’associazione che porta il suonome e nel 2006 è stato bandito il Premio «Simona Gesmundo Corti d’animazione», assegnato da unagiuria internazionale, tra i cui componenti figura Robert Kalman, membro del Comitato esecutivodell’UNESCO. Alle edizioni del premio (realizzato dall’Associazione con il supporto, fin da subito, delLaboratorio Sperimentale G. Losardo di Cetraro) hanno concorso film da diversi paesi del mondo; traessi anche grandi nomi dell’animazione italiana e straniera (cfr. Premiosimonagesmundo.com). IlPremio ha il patrocinio dell’ASIFA e partecipa, uno dei soli tre in Italia, alla Giornata Mondiale delCinema d’animazione. La prestigiosa rassegna internazionale NapoliFilmFestival dal 2008 ha inseritola Sezione «I corti animati del Premio Simona Gesmundo». I riscontri in Italia e all’estero ottenuti dalsuo operato e dai suoi studi innovativi fanno sì, in modi molteplici, che la sua opera sia consegnata alfuturo: il Comune di Napoli ha decretato all’unanimità l’attribuzione del nome Simona Gesmundo allascuola materna di via Aquileia che, dal 20 maggio 2008, è la scuola materna «Simona Gesmundo»; indata 29 maggio 2008 il Presidente della Repubblica, On.le Giorgio Napolitano, ha decretato l’attribu-zione della Medaglia d’oro alla memoria di Simona Gesmundo, benemerita della Cultura.

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comunicare agli spettatori miriadi di informazioni. Perché limitarlo allafinzione o ai film per l’infanzia, quando si può magari spiegare al pub-blico, divertendolo e interessandolo, anche la meccanica quantistica?».8

Parafrasando poi quel che il teorico francese Christian Metz scrisse nel1970, cioè che «la maggior parte dei film realizzati al giorno d’oggi –siano belli o brutti, originali o no, commerciali o no – hanno in comunela caratteristica di raccontare storie; in questo senso appartengono tuttiallo stesso, unico genere, quello narrativo»,9 noi possiamo affermare chela maggior parte dei film (ma anche spot commerciali, videoclip, giochiinterattivi e quant’altro) che si realizzano oggi, avendo in comune ilricorso alle tecniche già proprie del cinema d’animazione, di quest’ulti-mo decretano, in un certo senso, il primato.

Né c’è chi possa non riconoscere che il cinema d’animazione pervadeoggi dei suoi semi fecondi non solo i campi sopra indicati, ma anchetutto il cinema: infatti, oltre che essere sempre più presente anche neititoli di testa e/o di coda dei film con attori in carne e ossa, esso circolain tutto il cinema di oggi, in quanto cinema digitale. Ciò, dal momentoche, come ha notato lo studioso e animatore Lev Manovich,

la costruzione manuale delle immagini del cinema digitale rappresenta unritorno alle pratiche precinematografiche del diciannovesimo secolo, quan-do le immagini erano dipinte a mano e animate artigianalmente. All’iniziodel ventesimo secolo il cinema delegò queste tecniche manuali all’anima-zione e si definì come un medium di registrazione del reale. Ma con l’in-gresso del cinema nell’era digitale le tecniche manuali tornano a essere alcentro del processo cinematografico.10

Di conseguenza, il cinema non può più essere distinto dall’animazione.

7INTRODUZIONE

8 Cfr. l’intervista a Bruno Bozzetto «Il perfetto balletto dell’animazione» a p. 87.9 Christian Metz, Langage et cinéma, Paris Larousse, 1970.10 Lev Manovich, «Cinema and Digital Media», in Jeffrey Shaw – Hans Peter Schwarz (eds.),

Perspektiven der Medienkunst – Perspectives of Media Art, Ostfildern, Cantz Verlag, 1996. Manovichè l’autore, tra l’altro, di Little Movies, il primo film digitale creato per la rete, un progetto nato nel 1994,quando il world wide web stava diventando un fenomeno di massa. Partendo dall’idea che ogni nuovomedium rivive sul contenuto dei media precedenti, Little Movies mette in scena i momenti chiave nellastoria del cinema e interpreta i media digitali degli anni Novanta da un ipotetico futuro.

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RingraziamentiSi ringraziano Gaetano Gesmundo, Presidente dell’Associazione «Simona

Gesmundo», che ha avuto per primo l’idea di questo libro, dando l’input a chevenisse realizzato, e Vittorio Martinelli, al quale va il nostro grato ricordo, perle immagini dal suo archivio privato che ci inviò, appena seppe di questo libro,del film La guerra e il sogno di Momi (1916) di Segundo de Chomón e GiovanniPastrone.

8 INTRODUZIONE

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II. Il pianeta Disneydi Nunziante Valoroso

Nel 2008 gli studi Disney hanno compiuto 85 anni. È un traguardoimportante di un percorso iniziato nel 1923 in un piccolo garage diHollywood da Walt Disney, un giovane nato nel 1901 e deciso a farsistrada nella mecca del cinema, e suo fratello Roy. Ripercorrere la storiadi Walt e della sua company significa ripercorrere la storia del cinema.Le scoperte e le innovazioni messe a punto da Disney e dai suoi colla-boratori, infatti, sono state importantissime per il cinema tout court.

Se non fosse arrivata a colori sugli schermi una principessa dalla pellebianca come la neve, molto probabilmente non sarebbero stati girati inTechnicolor né Il mago di Oz né Via col vento. Se Disney non avesseavuto la geniale intuizione di Fantasia, oggi non ascolteremmo i film inDolby Digital. Questo solo per citare due tra i casi più eclatanti. Già laprima produzione dei neonati studi Disney, una serie di cortometraggianimati chiamata Alice in Cartoonland, era sbalorditiva dal punto di vistatecnico. Combinando animazione e ripresa dal vero, Disney narrava leavventure di una bambina vera in un moderno paese delle meraviglietotalmente animato. Fu nel 1928 però, con la nascita di Mickey Mouse(Topolino), probabilmente il più popolare personaggio animato occiden-tale del XX secolo, che iniziò la leggenda disneyana. Steamboat Willie,terzo cortometraggio realizzato con Topolino (i primi due erano statiPlane Crazy e The Gallopin’ Gaucho, nello stesso anno, qualche meseprima), fu il primo dei tre a essere proiettato, e con enorme successo, il18 novembre 1928 al Colony Theatre di New York. Esso, soprattutto, fuil primo cartoon con la colonna sonora sincronizzata alle animazioni(solo l’anno precedente la Warner Bros. aveva presentato The JazzSinger, il primo film con delle parti di dialogo sincronizzate alle imma-

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gini) e il pubblico gridò al miracolo. Disney allora presentò gli altri dueshort di Topolino che aveva pronti, appunto Plane Crazy e Gallopin’Gaucho; e il Topo divenne una star. L’anno successivo, un’altra pietramiliare: con il cortometraggio The Skeleton Dance (La danza degli sche-letri) venne sancita la definitiva fusione tra musica e immagini.

The Skeleton Dance fu il primo cartoon della celebre serie denomina-ta Silly Simphonies (in Italia Sinfonie Allegre), che per un intero decen-nio fece furore sugli schermi di tutto il mondo, mietendo premi Oscar ealtri importanti riconoscimenti e fungendo da banco di prova per ulte-riori meraviglie tecniche. Tra esse è doveroso citare almeno Flowersand Trees (Il bosco incantato, 1932), premio Oscar, rimasto nella storiadel cinema come prima produzione in Technicolor tricromatico; ThreeLittle Pigs (I tre porcellini, 1933), altro Oscar, caratterizzato da una can-zone motivo conduttore rimasta leggendaria e composta da FrankChurchill; The Wise Little Hen (La gallinella saggia, 1934), in cui com-pare per la prima volta il personaggio di Donald Duck (Paperino); WhoKilled Cock Robin (Chi ha ucciso Cock Robin, 1935), in cui compare ilpersonaggio della passerotta Jenny Wren, parodia dell’attrice Mae West;e The Old Mill (Il vecchio mulino, 1937), ancora un Oscar, in cui vienesperimentata per la prima volta la macchina da presa a piani multipli(multiplane camera), che riesce a dare l’illusione della profondità aisemplici disegni bidimensionali, collocando le celluloidi dei personaggie i vari elementi dello sfondo, dipinti su lastre di vetro, a distanze diffe-renti dall’obiettivo, permettendo di ricreare gli stessi movimenti einquadrature della ripresa dal vero. Pure spettacolare il sistema di ripre-sa Technicolor che permetteva, per i disegni animati, ripresi un foto-gramma alla volta, la fotografia in sequenza dello stesso disegno per trevolte attraverso tre filtri/colore diversi, uno per ogni colore fondamen-tale della tricromia (verde, blu, rosso). Da questo negativo in bianco enero venivano sviluppati tre positivi matrice che contenevano ciascunole informazioni di un colore primario. Queste matrici, imbibite di uncolorante appropriato, imprimevano poi la loro immagine su una pelli-cola vergine che restituiva, con un procedimento simile alla stampa lito-grafica, i colori originari del soggetto ripreso. Tale sistema, due annidopo l’applicazione ai disegni animati, fu sperimentato con successo

26 IL PIANETA DISNEY

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anche nel cinema dal vero (utilizzando stavolta una macchina da presaspeciale in cui scorrevano contemporaneamente tre negativi sensibiliognuno a uno dei colori primari dello spettro) e, da allora, il Technicolorsi impose come il principale sistema di ripresa e stampa a colori. LaDisney lo utilizzò costantemente per i successivi quarant’anni.

II.1 I lungometraggi animati

La realizzazione delle Silly Simphonies servì come banco di prova perquello che era il sogno principale di Disney: realizzare un film a disegnianimati che potesse competere con i normali lungometraggi proiettatinelle sale. A favore di questo progresso giocavano anche dei fattori eco-nomici: l’introito derivante dai cortometraggi spesso non riusciva a recu-

27I LUNGOMETRAGGI ANIMATI

In questo disegno di Giovan Battista Carpi per la copertina del volume I 4 filibustieri (Mondadori, 1961),ritroviamo i principali protagonisti dei cartoon disneyani: Topolino, Pippo, Pluto e Paperino. © Disney

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perare gli ingenti costi di produzione; inoltre, la diffusione nei cinemaamericani della consuetudine del «doppio programma» con due film pro-iettati al prezzo di uno, faceva sì che spesso i gestori sopprimessero cine-giornali e disegni animati, con evidente danno economico dei produttori.Per cui, una sera del 1934, Disney chiamò a raccolta i suoi collaboratorie raccontò loro, per filo e per segno, tutta la storia di Biancaneve e i settenani, recitandone tutte le parti e dichiarando, dopo un paio d’ore di rap-presentazione: «questo sarà il nostro primo lungometraggio».1 Quando sisparse la notizia che Disney stava realizzando un lungometraggio anima-to, molti ne predissero il fallimento. Ma Biancaneve e i sette nani (SnowWhite and the Seven Dwarfs, di David Hand, 83’), presentato al pubbli-co il 21 dicembre del 1937 dopo tre anni di intenso lavoro e con un costoastronomico di un milione 500 mila dollari, dimostrò che il giovane pro-duttore aveva ragione.2 Il pubblico affollò le sale, la critica fu unanimenel definirlo un capolavoro e il film vinse addirittura un premio Oscarspeciale: un Oscar grande attorniato da sette piccolini, in omaggio ai settenani che, con le loro scoppiettanti personalità, seppero deliziare il pub-blico. Altrettanto riuscite le figure femminili del film, la principessaBiancaneve, una deliziosa figurina di grande carisma, e la minacciosaRegina Grimilde che, in una sequenza degna del migliore cinema horror,si trasformava in una strega di spaventevole bruttezza.

I grandi incassi di Biancaneve avrebbero portato qualunque produtto-re a voler ripetere subito la formula. Invece Walt presentò subito dopodue lungometraggi totalmente diversi per stile e atmosfere. Pinocchio(id., di Ben Sharpsteen e Hamilton Luske, 88’, 1940) è considerato damolti uno dei migliori film d’animazione della storia del cinema. Lamultiplane camera trovò in questo film l’impiego ideale e molte sequen-ze, tra cui quella iniziale in cui la macchina da presa parte dalla Stelladei Desideri nel cielo e si avvicina alla casa di Geppetto, sono rimasteinsuperate. I fondali furono dipinti a olio (per Biancaneve era stato usato

28 IL PIANETA DISNEY

1 L’aneddoto è riportato da Bob Thomas nella sua biografia Walt Disney, Milano, Mondadori, 1980,pp. 141-42; la dichiarazione è a p. 142.

2 Cfr. Christopher Finch, The Art of Walt Disney: From Mickey Mouse to the Magic Kingdom, NewYork, Harry N. Abrams, 1973; edd. ampll. 1995, 1999, 2004 (trad. it. L’arte di Walt Disney, Milano,Rizzoli, 2001).

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l’acquerello) per ricreare almeno in parte le atmosfere cupe e inquietan-ti del racconto originale. La lunga trama collodiana, nata per un raccon-to a puntate, fu sfrondata di molti episodi, il Grillo Parlante fu trasfor-mato in Coscienza Ufficiale del burattino e la Fata Azzurra,3 le cui ani-mazioni sono splendide, fece da deus ex machina della trama. Il tutto fuambientato in un villaggio alpino tirolese (suscitando le ire di non pochicomponenti il pubblico italiano)4 e il film fu un grande successo se noncommerciale (lo scoppio del secondo conflitto mondiale aveva chiusoparecchi mercati esteri) senza dubbio artistico.

29I LUNGOMETRAGGI ANIMATI

Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs, 1937). © Disney

3 Nel film di Disney la Fata dai Capelli Turchini fu trasformata in un’affascinante versione biondae matura di Biancaneve e il colore azzurro passò dai capelli al vestito; il personaggio fu chiamato BlueFairy, nella versione italiana Fata Azzurra, appunto.

4 Uno dei maggiori oppositori del Pinocchio disneyano fu Paolo Lorenzini, nipote di Collodi, cheprotestò col Minculpop affermando che il personaggio poteva essere scambiato per un americano.L’aneddoto è riportato da Oreste de Fornari nel suo volume su Disney della collana «Il CastoroCinema». Cfr. Oreste De Fornari, Walt Disney, Milano, Il Castoro, 1995.

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Il progetto di Fantasia5 nacque dall’idea di Disney di rinverdire la car-riera di Topolino. Un incontro casuale a pranzo con il direttore d’orche-stra Leopold Stokowski, desideroso di collaborare con Walt, e l’idea direalizzare una versione a disegni animati con Topolino protagonista delfamoso brano di Paul Dukas L’apprendista stregone fecero il resto.Stokowski incise il brano a Hollywood con la sua orchestra e Disney futalmente colpito dal risultato da proporre al Maestro un intero lungome-traggio d’animazione composto da brani di musica classica illustrati dacartoon in movimento. Le musiche sarebbero state eseguite dalla presti-giosa Orchestra di Filadelfia.

A mano a mano che l’animazione procedeva, Walt si rendeva contoche la semplice colonna ottica monofonica non avrebbe reso giustiziaalla magnificenza dell’esecuzione e alle fantasmagorie in Technicolorche avrebbero preso vita sullo schermo. Ecco allora l’invenzione delFantasound, un particolare sistema di ripresa e riproduzione del suonoin grado di ricreare nei cinema l’effetto di una sala da concerto. Ciò fupossibile utilizzando tre microfoni posizionati strategicamente in salaper la registrazione e tre colonne sonore ottiche incise su una pellicolaseparata da 35 mm che scorreva separatamente dalla pellicola con leimmagini, ma in sincrono con essa. Oltre ai tre altoparlanti disposti die-tro allo schermo, nelle tre colonne era compresa anche una pionieristicacodifica surround per inviare specifici effetti sonori a 65 piccole casseaudio disposte nel cinema.

Con un simile, spettacolare impianto, è facile immaginare la resa discene come l’assalto del Tyrannosaurus Rex nella Sagra della Primaveradi Stravinskij o il terrificante sabba dei demoni nella Notte sul monteCalvo di Musorgskij. Ricordo brevemente gli altri episodi del film:Toccata e fuga in re minore di J.S. Bach (fantasia di immagini astratte ecolori che si susseguono sullo schermo); la celebre suite dello Schiac-cianoci di Ciajkovskij (un inno alla natura con danze di fate, fiori e frut-ti sullo schermo e un favoloso valzer finale affidato ai folletti del gelo);

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5 Id., supervisione di Ben Sharpsteen, regia episodi di Samuel Armstrong, James Algar, Bill Roberts,Paul Satterfield, Hamilton Luske, Jim Handley, Ford Beebe, T. Hee, Norman Ferguson, WilfredJackson; 120’, 1940.

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La Pastorale di Beethoven (ambientata sul monte Olimpo tra le scherma-glie amorose di centauri e centaurette, un giocoso dio Bacco e Zeus chesi diverte a scatenare tempeste); La danza delle ore dall’opera LaGioconda di Ponchielli (una scatenata parodia del balletto classico affi-data a struzzi, elefanti, ippopotami e alligatori ballerini); e L’Ave Mariadi Schubert (una processione in una foresta simile a una cattedrale), epi-sodio finale che chiude il film con un tocco di speranza e di fede. Il film,nonostante alcune critiche positive, non ebbe successo commerciale permotivi diversi (fra i quali, come nel caso di Pinocchio, lo stato di guerramondiale) e Disney si trovò con le spalle al muro: infatti fu costretto adaccettare che la RKO, distributrice del film, lo accorciasse a 81 minuti perinserirlo in un «doppio programma». Walt aveva bisogno di denaro per ilnuovo studio di Burbank. Putroppo, anche in versione accorciata, il film,che era costato ben due milioni 280 mila dollari, produsse perdite anchesuperiori a quelle di Pinocchio.6 Fu solo nel 1956, quando Fantasia furiedito in una nuova versione stereofonica con sonoro magnetico (le ori-ginali piste ottiche del Fantasound furono riversate sulle piste magneti-che) e su schermo panoramico (il Superscope brevettato dalla RKO) cheil film fu rivalutato e da allora è stato continuamente riproposto, fino allatrionfale uscita in videocassetta nel 1991.

L’anno successivo, in cui avvenne la distribuzione di Dumbo (id., diBen Sharpsteen, 64’, 1941), deliziosa storia di un elefantino dalle lungheorecchie capace di volare, fu una boccata d’aria per le esangui casse dellostudio; ma avvenimenti successivi, come l’entrata in guerra degli StatiUniti in seguito all’attacco di Pearl Harbor, un lungo sciopero da partedegli animatori dello studio e l’occupazione dello studio stesso da partedell’esercito, misero a dura prova la sua stessa esistenza. In questo perio-do Disney si dedicò in larga parte alla produzione di cortometraggi dipropaganda bellica e gli stessi cartoon con Paperino e Pippo, che ormaiavevano superato Topolino in popolarità, avevano una ambientazionebellica o un preciso messaggio di propaganda da riferire. Comunque laproduzione di lungometraggi non fu abbandonata. Nel 1942 fu la volta diBambi (id., di David Hand, 69’, 1942), tratto da un libro di Felix Salten,

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6 Cfr. B. Thomas, op. cit., p. 175.

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la commovente storia di un cerbiatto dalla nascita alla maturità, raccon-tata con animazioni mozzafiato (l’incendio della foresta, l’acquazzoneprimaverile, il passaggio delle stagioni) e scene molto coinvolgenti (l’uc-cisione della mamma cervo da parte dei cacciatori). I due film successi-vi, Saludos Amigos e The Three Caballeros (I tre caballeros),7 nacqueroda un viaggio in Sud America effettuato da Disney e da alcuni suoi ani-matori per conto del governo degli Stati Uniti, ansioso di attuare unapolitica di buon vicinato con i paesi confinanti, vista anche la situazionemondiale. Quelli che videro la luce come pellicole quasi su commissio-ne, sarebbero diventati, nel corso del tempo, dei veri cult movie, oltre adassumere il valore di documenti sugli usi e costumi dell’America Latinadel tempo. Saludos Amigos, lungo 42 minuti, è una raccolta di quattrocortometraggi intervallati da riprese dal vero di Disney e dei suoi colla-boratori: il brano che ne ha fatto un classico è certamente Aquarela do

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Un disegno pubblicitario per «La Danza delle Ore» di Fantasia (Id., 1940). © Disney

7 Saludos Amigos, supervisione di Norman Ferguson, regia di Bill Roberts, Jack Kinney, HamiltonLuske, Wilfred Jackson; 43’, 1942 e I tre caballeros, supervisione di Larry Lansburgh, regia di ClydeGeronimi, Jack Kinney, Bill Roberts, 69’, 1944.

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Brasil, in cui Paperino visita la città di Rio accompagnato dal pappagal-lo José Carioca e impara a ballare il samba, il tutto condito da due clas-sici della musica come Brazil e Tico Tico. Nei Tre Caballeros a Paperinoe José si aggiunge l’irruento galletto messicano Panchito. Anche questofilm ha una struttura a episodi (il pretesto è un regalo di compleanno daparte degli amici sudamericani a Paperino) e lo svolgimento è entusia-smante. Il film è importante per le magnifiche sequenze in cui Paperinoe i suoi amici ballano con attori in carne e ossa: bellissima la sequenza incui il Papero corteggia la ballerina Aurora Miranda. L’effetto fu ottenu-to con due diversi sistemi. In un primo caso l’animazione fu ripresa aparte e poi proiettata su uno schermo davanti a cui recitavano gli attori,dando l’impressione di interagire con i disegni; in altre sequenze i per-sonaggi animati furono inseriti grazie a un procedimento di stampa spe-

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I Tre Caballeros (The Three Caballeros, 1944). In questa lobby card francese, i tre protagonisti anima-ti del film danzano con Aurora Miranda, sorella della più celebre Carmen, al ritmo della canzone di AryBarroso Os Quindins de Yaya. © Disney

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ciale direttamente nelle scene riprese dal vero, combinando due diversepellicole. In entrambi i casi il risultato è entusiasmante e la presenza dicanzoni come Bahia e Os quindins de Yaya nella colonna sonora non fache aumentare il fascino del risultato.

Forse la più bella realizzazione Disney di questo periodo è però il filmSong of the South (I Racconti dello zio Tom, di Harve Foster e WilfredJackson, 94’, 1946), ambientato nel Sud degli Stati Uniti e tratto da unapopolare serie di racconti di Joel Chandler Harris. Ansioso di diversifi-care la sua produzione, e anche per contenere i costi, stavolta l’anima-zione fu utilizzata esclusivamente per visualizzare le storie che lo zioTom, il vecchio saggio interpretato da James Baskett, racconta al picco-lo Johnny (Bobby Driscoll). Anche se si tratta soltanto di tre storie, leavventure animate di Fratel Coniglietto, Compare Orso e Comare Volpesi impongono come alcuni tra i momenti più validi della storia del dise-gno animato e fanno dei Racconti un vero classico che, tra l’altro, vinseanche due premi Oscar, uno per la migliore canzone (Zip a dee doo dah)e l’altro per la toccante interpretazione di Baskett.

Nella seconda metà degli anni Quaranta, lo studio si dedicò essenzial-mente alla produzione di lungometraggi animati a episodi, oltre alla tra-dizionale produzione di cortometraggi con Topolino, Pippo e Paperinoe altri personaggi. Make Mine Music (Musica Maestro, 1946)8 riprende-va la ricetta di Fantasia utilizzando però in larga parte brani di musicaleggera. Sono notevoli i contributi alla colonna sonora di artisti comeBenny Goodman e Dinah Shore. Il film è rimasto essenzialmente famo-so perché contiene la versione disneyana della celebre fiaba in musica diSergej S. Prokof’ev Pierino e il lupo; tecnicamente sono però molto affa-scinanti anche gli episodi Due siluette (Two Silhouettes) in cui appuntole sagome dei due ballerini russi Tatiana Riabouchinska e David Lichine,ricalcate fotogramma per fotogramma da una ripresa dal vero, danzanosu fondali animati e La balena che voleva cantare l’opera, in cui unabalena di nome Gianni, col talento della voce melodiosa, sogna una car-riera da gran cantante prima di essere arpionata in un tragico finale.

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8 Supervisione di Joe Grant, regia di Jack Kinney, Clyde Geronimi, Hamilton Luske, Bob Cormack,Joshua Meador.

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Nel 1947 due mediometraggi, Bongo e Topolino e il fagiolo magico,rilettura della storia di Jack e il fagiolo magico interpretata da Topolino,Paperino e Pippo, furono combinati nel lungometraggio Fun and FancyFree (Bongo e i tre avventurieri),9 presentato dal Grillo Parlante diPinocchio e dal ventriloquo Edgar Bergen insieme alla piccola attriceLuana Patten. Molto interessanti le scene che combinavano attori e ani-mazione: quelle col Grillo e lo strepitoso finale in cui il gigante scoper-chia il tetto della casa di Bergen, ancora alla ricerca di Topolino. Il suc-cessivo film a episodi Melody Time (Lo scrigno delle sette perle, di ClydeGeronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske, Jack Kinney, 75’, 1948)riprendeva la ricetta del precedente Musica Maestro. Tra i suoi episodi èd’obbligo ricordare almeno Pecos Bill e il magnifico Blame It on theSamba, con Paperino, José Carioca e l’esilarante uccello aracuan dei TreCaballeros, impegnati in una sfrenata danza in un calice da cocktailgigante al cui interno l’organista Ethel Smith suona e danza in una entu-siasmante e tecnicamente ineccepibile mistura di riprese dal vero e inanimazione. L’ultimo film a episodi del periodo, The Adventures ofIchabod and Mr. Toad (Le avventure di Ichabod e Mr. Toad, di JackKinney, James Algar, Clyde Geronimi, 70’, 1949), è ancora la combina-zione di due mediometraggi separati.

Nessuno di questi film soddisfece appieno Walt, che, nuovamente,decise di rischiare il tutto per tutto producendo il primo lungometraggioanimato del dopoguerra: il celeberrimo Cinderella (Cenerentola, diWildfred Jackson, Hamilton Luske, Clyde Geronimi, con la supervisio-ne di Ben Sharpsteen, 74’, 1950), tratto dalla fiaba di Charles Perrault,che ottenne grande successo commerciale e artistico. Tematicamente ilfilm è una fiaba classica come Biancaneve, ma lo stile grafico e lo svol-gimento sono piuttosto differenti. Qui non mancano gli intermezzicomici dovuti alla storia parallela dei topini amici della protagonista inlotta col gatto Lucifero, e molti tocchi umoristici derivano dalle scenecol Re e il Granduca. I fondali sono molto meno particolareggiati diquelli dei film precedenti, hanno quasi uno stile impressionista; d’altraparte le figure umane, equamente divise tra realistiche (Cenerentola, la

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9 Di William Morgan, Jack Kinney, Bill Roberts, Hamilton Luske, 73’, 1947.

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Matrigna) e caricaturali (le sorellastre, la Fata), fanno un ottimo lavoroe convivono magnificamente per tutto il film. Il lungometraggio succes-sivo, Alice in Wonderland (Alice nel Paese delle Meraviglie, di WilfredJackson, Hamilton Luske, Clyde Geronimi, con la supervisione di BenSharpsteen, 75’, 1951), rimane la migliore versione cinematografica dellibro di Carroll e trasferisce brillantemente in termini visivi gran partedell’umorismo verbale dell’autore, anche grazie a una sceneggiaturaeccezionale e a visionarie scenografie fotografate in Technicolor.

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Una celebre immagine coi protagonisti di Le avventure di Peter Pan (Peter Pan, 1953). © Disney

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Con Peter Pan (Le avventure di Peter Pan, di Wilfred Jackson,Hamilton Luske, Clyde Geronimi, 77’, 1953) Walt Disney realizza ilvecchio sogno di produrre una versione animata della celebre storia diJames M. Barrie. La particolarità sta nell’aver abilmente sorvolato sulladimensione tragica della perenne giovinezza di Peter: il ragazzo volan-te del film Disney non è terrorizzato dall’età adulta, è perfettamenteconsapevole che i bambini crescono, e che l’essenziale è mantenere lospirito della fanciullezza nel cuore. Tra i personaggi del film sono moltoben riusciti il malvagio Capitan Uncino, sottilmente perfido eppurecomico nella sua cattiveria, e la deliziosa fatina Trilli.

Nel 1955 la tecnica dell’animazione fa ancora un passo avanti. Nellecase è da poco arrivata la televisione e il cinema, per contrastare la per-dita di spettatori, inventa lo schermo panoramico e il suono stereofoni-co. Il Cinemascope, brevettato dalla 20th Century Fox, è il sistema diripresa e proiezione che si rivelerà più duttile e duraturo: in fase di ripre-sa, un apposito obiettivo aggiunto a quello normale «schiaccia» leimmagini fissate sulla pellicola, che appaiono quindi allungate. Un altroobiettivo, durante la proiezione, riporta le immagini alle dimensioni ori-ginarie, che risultano circa il doppio di quelle di un fotogramma norma-le. Disney è entusiasta della novità e la impiega subito, prima in un cor-tometraggio musicale, Toot, Whistle, Plunk and Bloom (Suona, fischia,canta e balla, di Ward Kimball, 1953), che è la storia degli strumentimusicali; poi in un lungometraggio di grande successo, Lady and theTramp (Lilli e il Vagabondo, di Wilfred Jackson, Hamilton Luske, ClydeGeronimi, 75’, 1955), che racconta la storia d’amore tra una bella coc-kerina e un simpatico randagio. La particolarità delle riprese sta nel fattoche lo schermo allungato è funzionale al punto di vista canino e gli esse-ri umani, di conseguenza, appaiono quasi sempre inquadrati dalle ginoc-chia in giù.

Il lungometraggio successivo, Sleeping Beauty (La Bella Addormentatanel Bosco, di Eric Larson, Wolfgang Reitherman, Les Clark, con la super-visione di Ken Peterson e Clyde Geronimi, 75’, 1959), tratto nuovamen-te da una classica fiaba di Perrault, fu concepito come la più colossale rea-lizzazione a disegni animati mai realizzata: il pittore Eywind Earle ideòscenografie che ricalcavano i dipinti del primo Rinascimento, George

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Bruns compose la colonna sonora basandosi sui temi del celebre omo-nimo balletto di Ciajkovskij; la colonna sonora fu interamente registra-ta in Germania, dove all’epoca era possibile incidere in stereofonia consistemi all’avanguardia. Al suono stereofonico si aggiunse la decisionedi riprendere l’intero film con lo spettacolare sistema panoramicoTechnirama, appena inventato dalla Technicolor: le immagini eranoriprese su una pellicola normale che scorreva però orizzontalmente nellacinepresa; in fase di stampa era possibile sia ricavare dal negativo deipositivi in formato 70 mm, sia positivi normali 35 mm a scorrimentoverticale, con immagini schiacciate da proiettare con gli stessi obiettividel Cinemascope ma col vantaggio di maggiori definizione e nitidezza,dovute al negativo gigante. Per meglio sfruttare le potenzialità del siste-ma fu ideata una multiplane camera orizzontale che permetteva dimanovrare con agilità l’enorme macchina da presa del Technirama.Nonostante l’immane dispendio di energie, l’ottima sceneggiatura e ideliziosi personaggi, tra cui la terrificante strega Malefica, uno dei più

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Ecco il Professor Owl, che insegna alla suaclasse di allievi pennuti l’origine della musi-ca e degli strumenti musicali nel cortome-traggio Suona, fischia, canta e balla (Toot,Whistle, Plunk and Bloom, 1953), premiatocon un Oscar e girato in Cinemascope.© Disney

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efficaci cattivi mai apparsi sullo schermo, il film almeno alla sua primauscita non andò granché in attivo (anche per l’enorme costo iniziale disei milioni di dollari) e Disney, deluso, decise, per il lungometraggiosuccessivo, di tornare a una storia moderna.

Tratto da un romanzo di Dodie Smith, 101 Dalmatians (La carica dei101, di Wolfgang Reitherman, Hamilton Luske, Clyde Geronimi, 79’,1961) narra la storia di una perfida signora dell’alta società londinese,Crudelia de Mon, smaniosa di procurarsi una pelliccia di cane dalmatae che, a tal scopo, organizza il rapimento di 99 cuccioli pezzati. I caniverranno poi salvati, tra rocambolesche avventure, dai genitori di unacucciolata inclusa tra i piccoli rapiti. La novità tecnica del film è che, perla prima volta, i disegni a matita non furono ricalcati sulle celluloidi mafotocopiati su di esse per mezzo di un apparecchio Xerox appositamen-te adattato. Ciò permetteva di conservare, sulle celluloidi, la spontanei-tà del tratto originario del disegnatore e di «duplicare» senza noiosiricalchi il numero desiderato di cuccioli dalmata nell’inquadratura. Lostesso stile grafico fu adottato anche per la maggior parte degli sfondi,che vennero realizzati stendendo semplicemente il colore sulle tele eaggiungendo poi i contorni sovrapponendo al fondale un foglio di cellu-loide su cui questi erano stati tracciati. La carica dei 101 fu un grandis-simo successo e Crudelia divenne una vera e propria icona del periodo,con una popolarità che ancora oggi non accenna a diminuire. Nel 1997la Disney ha prodotto perfino un remake dal vero del celebre film, conGlenn Close nel ruolo di Crudelia, film che ha saputo astutamente sfrut-tare la popolarità del suo predecessore animato: la frase di lancio, inglo-bata addirittura nel titolo, era «questa volta la magia è vera». Tre annidopo abbiamo avuto l’immancabile sequel, La carica dei 102, semprecon Glenn Close. Nel frattempo il disegno animato originale è stato rie-dito in DVD con enorme successo.

Con The Sword in the Stone (La spada nella roccia, di WolfgangReitherman, 79’, 1963) Disney prese spunto da un romanzo «serio» diTerence Harbury White sulla giovinezza di Re Artù per creare uno spas-soso e irriverente pastiche medievale sulla leggenda di Mago Merlino esull’educazione da lui impartita al futuro re d’Inghilterra. Ricco di riferi-menti all’epoca in cui fu realizzato, il film non ebbe gran successo pres-

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so il pubblico anglofono, che evidentemente non gradì la garbata presa ingiro di un personaggio per loro quasi sacro come Merlino. Il resto delmondo invece non ebbe problemi a rendere La spada nella roccia estre-mamente popolare. Tra le tante deliziose sequenze è d’obbligo citarealmeno il favoloso duello che Merlino ingaggia con la perfida stregaMaga Magò che ha rapito il suo allievo. Una sarabanda di trovate e tra-sformazioni comiche da assoluta antologia della storia del cinema.

L’anno successivo, con Mary Poppins (id., di Robert Stevenson conHamilton Luske, 140’, 1964), Disney produsse la pellicola che può con-siderarsi la summa di tutta la sua poetica, tratta da una popolare serie diracconti della scrittrice inglese Pamela Lyndon Travers su una governan-te capace di volare. Il film è essenzialmente una commedia musicale conattori, arricchita dalle celebri canzoni di Richard e Robert Sherman (Unpoco di zucchero, Supercalifragilistichespiralidoso) e diretta con mae-stria da Robert Stevenson, regista di fiducia di Walt per tante sue pellico-

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Il piccolo Semola è acclamato Re ne La spada nella roccia (The Sword in the Stone, 1963). © Disney

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le con attori. Il film vinse cinque Oscar, tra cui quello per la miglioreattrice protagonista, Julie Andrews, ed è importante per il cinema d’ani-mazione in quanto, grazie alla competenza tecnica di Ub Iwerks, la fusio-ne tra attori e animazione raggiunse i massimi livelli, tramite l’illumina-zione di uno schermo con lampade a vapori di sodio, davanti al qualerecitarono gli attori. Il colore arancione dello schermo permise una mag-giore versatilità nell’aggiunta successiva delle parti animate all’inquadra-tura e, rispetto al classico blue screen tipicamente usato in questi casi, lesovrapposizioni di immagini utilizzate risultarono meno visibili.

Walt Disney morì solo due anni dopo, nel 1966, mentre era in produzio-ne quello che sarebbe diventato uno dei suoi lungometraggi animati piùpopolari, The Jungle book (Il libro della Giungla, di WolfgangReitherman, 79’, 1967). Ispirato molto liberamente ai Libri della Giungladi Rudyard Kipling, il film narra le avventure di Mowgli, il «cucciolod’uomo» allevato dai lupi e perseguitato dalla tigre Shere Khan, e dellasua amicizia con l’orso Baloo e la pantera Bagheera. La pellicola fu ungrande successo, dovuto anche alle belle musiche di George Bruns e allecanzoni dei veterani fratelli Sherman. Dopo la morte di Walt, gli studiper qualche tempo proseguirono sulla scia da lui iniziata, portando acompimento alcuni dei progetti da lui ideati. Il primo, The Aristocats(Gli Aristogatti, di Wolfgang Reitherman, 78’, 1970), è una deliziosacommedia animata dal sapore europeo (è ambientata a Parigi) che rac-conta della raffinata gatta Duchessa e dei suoi tre gattini rapiti dal catti-vo maggiordomo Edgar, che vuole impadronirsi della loro eredità. Asoccorrerli arriverà un simpatico gatto randagio di nome Romeo, cheriuscirà a riportarli a casa. Una brillante sceneggiatura e uno stile grafi-co che ricrea con sapienza le atmosfere francesi fecero di questo film ungrande successo. L’anno successivo il film musicale dal vero (Pomid’ottone e manici di scopa (Bedknobs and Broomsticks, di RobertStevenson con Ward Kimball, 117’ – versione restaurata 140’, 1971),interpretato da Angela Lansbury nel ruolo di una simpatica aspirantestrega, miss Price, presenta una splendida sequenza d’animazione in cuiattori e disegni convivono brillantemente come era già successo in MaryPoppins. Si tratta di una partita di calcio tutta giocata da animali, arbi-trata dall’attore David Tomlinson (nel ruolo di Mr. Browne, l’insegnan-

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te della Lansbury) e che è senza dubbio il miglior lavoro d’animazionedella Disney degli anni Settanta.

Il primo vero progetto animato ideato dagli studi senza l’apporto diWalt è Robin Hood (id., di Wolfgang Reitherman, 83’, 1973), una spas-sosa versione della leggenda dell’arciere di Sherwood tutta interpretatada animali: Robin è una volpe, Little John un orso, lo Sceriffo diNottingham un lupo e così via. È curioso notare che Disney aveva pro-dotto nel 1952 una versione «dal vero» della storia, girata in Inghilterracon attori del calibro di Richard Todd e Peter Finch, The Story of RobinHood and His Merrie Men (Robin Hood e i compagni della foresta, diKen Annakin, 83’), al quale si rifanno parecchie scene del disegno ani-mato. Sorretto da un copione spiritoso e da belle musiche, il film fu unsuccesso. Tecnicamente però è piuttosto debole: le scenografie sonopiatte per evidenti ragioni di risparmio e molte delle animazioni piùcomplesse sono evidentemente «ricalcate» da film precedenti qualiBiancaneve, Il libro della giungla e Gli Aristogatti. Un particolare tec-nico storicamente importante è che questo è l’ultimo film a essere ripre-so col sistema Technicolor, il cui utilizzo era cominciato nel 1932 conuna Silly Simphony, la citata Flowers and Trees.

Nel 1977 esce il lungometraggio The Rescuers (Le avventure diBianca e Bernie, di Wolfgang Reitherman, John Lounsbery, Art Stevens,77’), storia di una coppia di topolini investigatori che accorrono in aiutodi bambini in pericolo. Il film si ricorda principalmente per il personag-gio della cattiva Madame Medusa, una specie di cugina volgare diCrudelia de Mon, che al posto di cagnolini a scopo pelliccia rapiscepovere orfanelle a scopo recupero diamanti preziosi. Lo stesso anno unaltro film musicale Disney propone ancora una volta un personaggioanimato all’interno di una storia con attori. Si tratta di Elliott, il simpa-tico drago protagonista di Pete’s Dragon (Elliott, il drago invisibile, diDon Chaffey con Don Bluth, 125’ – ed. it. 106’, 1977) che aiuta l’orfa-nello Peter a fuggire dai suoi malvagi genitori adottivi. La protagonistadel film è la popolare cantante Helen Reddy, interprete di Candle on theWater, un bel motivo di Al Kasha e Joel Hirschhorn che ottenne la can-didatura all’Oscar. Gli effetti speciali sono sbalorditivi e il drago anima-to interagisce con il mondo reale in maniera, per quei tempi, perfetta.

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Nel 1981 il lungometraggio The Fox and the Hound (Red e Tobynemiciamici, di Art Stevens, Ted Berman, Richard Rich, 83’) segna ungiro di boa per lo Studio. È l’ultimo film a essere supervisionato dacoloro che avevano collaborato direttamente con Walt e, al tempo stes-so, segna l’inizio di un periodo di grande incertezza per la Disney, dovu-ta all’abbandono degli studi da parte di un gruppo di giovani animatori,capeggiato da Don Bluth, Gary Goldman e John Pomeroy, desiderosi dimettersi in proprio e riproporre un tipo di disegno animato più vicino aquello dell’epoca d’oro di Walt. In effetti proprio Red e Toby, pur poten-do contare su molti personaggi simpatici, tra cui spicca la civetta GranMà, presenta pochi virtuosismi tecnici; molti effetti d’animazione sonoevidentemente realizzati «al risparmio» e il tono malinconico del rac-

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Particolare del manifesto italiano della riedizione del 1988 di Red e Toby nemiciamici (The Foxand the Hound, 1981). © Disney

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conto (incentrato sulla amicizia tra un cucciolo di volpe e uno di caneda caccia che, una volta adulti, si troveranno a essere naturalmente sufronti opposti) non fa che aumentare la sensazione di tristezza e diabbandono dello spettatore.

Gli anni Ottanta sono di certo il periodo più nero dello studio, costret-to mai come stavolta a sopravvivere tra un film e l’altro e a sopportare ilfallimento commerciale di molte ambiziose produzioni dal vero, come ifilm di fantascienza The Black Hole e Tron, fagocitati al botteghino daSpielberg e Lucas con le loro saghe di Indiana Jones e Guerre Stellari.Tentativi maldestri di seguire il cambiamento del gusto del pubblico siregistrano con film d’animazione cupi come The Black Cauldron (Tarone la pentola magica, di Ted Barman e Richard Rich, 80’, 1985), addirit-tura girato in Technirama, o film apparentemente scanzonati ma con unretrogusto sadico decisamente stonato per una produzione disneyana: inThe Great Mouse Detective (Basil l’investigatopo, di John Musker, RonClements, David Michener, Burny Mattinson, 74’, 1986) per la primavolta, in un film Disney, un gatto mangia un topo! Tuttavia essi non ripor-tano la Disney agli antichi fasti. L’uscita, nel 1988, di Oliver & Company(id., di George Scribner, 72’), una versione moderna di Oliver Twist, tuttainterpretata nei ruoli principali da cani e da un gattino e ambientata aNew York, è un timido passo avanti verso tempi migliori; ma ci vorran-no due compositori di Broadway e una famosa fiaba classica di Andersenperché la Disney ritrovi il successo strepitoso degli anni passati.

II.1.1 La rinascita dopo la crisi: gli anni Novanta

The Little Mermaid (La Sirenetta, di John Musker e Ron Clements, 82’,1989) era un vecchio sogno di Walt Disney, che già durante la lavorazio-ne di Fantasia stava progettando un lungometraggio a episodi tratto dallefiabe di Andersen. Howard Ashman e Alan Menken, che avevano ottenu-to grande successo a Broadway con il musical Little Shop of Horrors (Lapiccola bottega degli orrori), scrissero delle canzoni memorabili e loStudio tornò ai bei tempi di Biancaneve e Cenerentola. I personaggi sonotutti molto riusciti e tra essi, oltre alla protagonista Ariel, spiccano il gran-chio Sebastian (che canta la più celebre canzone del film, Under the Sea

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cioè In fondo al mar) e la cattiva piovra Ursula. Tecnicamente il film hadelle sequenze sottomarine molto spettacolari; purtroppo però lo stile concui è disegnata la protagonista è piuttosto altalenante e spesso si ha lasgradevole sensazione che il personaggio sia stato troppo evidentementetratteggiato da mani diverse. È importante ricordare che questo film ful’ultimo in cui i disegni furono fotocopiati su celluloide e colorati a mano,a parte una delle scene finali, in cui i protagonisti vanno via sotto l’arco-baleno. Già quella scena fu infatti realizzata col sistema CAPS progettatoper la Disney dalla Pixar: un software di compositing e coloritura digitali.A partire dal film successivo The Rescuers Down Under (Bianca e Bernienella terra dei canguri, di Hendel Butoy e Mike Gabriel, 74’, 1990) i dise-gni sarebbero stati colorati con un programma computerizzato e tutti imovimenti di macchina e gli effetti di tridimensionalità degli sfondi sareb-bero stati realizzati dal computer, mandando definitivamente in pensionela gloriosa multiplane camera. La colorazione computerizzata è estrema-mente evidente in Beauty and the Beast (La Bella e la Bestia, di GaryTrousdale e Kirk Wise, 85’, 1991), uno dei più grandi successi Disney eprimo lungometraggio animato ad avere ottenuto la candidatura all’Oscarcome miglior film tout court. Il film è senza dubbio un capolavoro moder-no della Disney: l’animazione dona un nuovo e originale fascino a unastoria già portata più volte sullo schermo e la perfetta sceneggiatura ha lostesso calore che Walt in persona infuse in Biancaneve e La Bella Addor-mentata. Le musiche e le canzoni, sempre del duo Ashman-Menken,ottennero, come già era avvenuto per la Sirenetta, l’Oscar. La scena tec-nicamente più impressionante è quella del ballo nel salone del castello deidue protagonisti che volteggiano a 360 gradi grazie a movimenti di mac-china computerizzati che permettono una illusione di profondità primaimpensabile. Il lungometraggio successivo, Aladdin (id., di John Muskere Ron Clements, 90’, 1992), fu tratto dalle Mille e una notte e fu un altrogrande successo, grazie anche al vulcanico personaggio del Genio dellaLampada, a cui diede la voce, nella versione originale, Robin Williams.Le canzoni vennero ancora una volta affidate a Alan Menken, con i testidi Howard Ashman. La prematura scomparsa di quest’ultimo, però, fecesì che, per completarne il lavoro, Menken fosse affiancato da Tim Rice,autore dei libretti di Jesus Christ Superstar e Evita.

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Nel 1994 ecco arrivare il più grande successo al botteghino di tutti itempi per la Disney: il celeberrimo The Lion King (Il Re Leone, di RogerAllers e Rob Minkoff, 88’). Anche se pubblicizzato come il primo filmtratto da un soggetto originale degli artisti dello studio, in realtà, a benguardare, si tratta di un abile mix di personaggi e situazioni già visti inIl Libro della Giungla, in Bambi e, a detta di molti, in Jungle taitei(‘L’imperatore della giungla’, noto in Italia e negli USA come Kimba illeone bianco), fumetto (1950), serie TV (1965) e film animato (1966) diOsamu Tezuka, il quale a sua volta si era ispirato con ammirazione alBambi dello stesso Disney. Se al cocktail aggiungiamo una accattivantecolonna sonora di Hans Zimmer e le orecchiabili canzoni compostedalla pop star Elton John, ecco spiegato il grande successo mondiale del

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I protagonisti della versione disneyana della celebre fiaba, nel bozzetto originale per il manifesto delfilm La Sirenetta (The Little Mermaid, 1989). © Disney

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film. Il lungometraggio successivo, Pocahontas (id., di Mike Gabriel eEric Goldberg, 78’, 1995), segna per la Disney il ritorno a un soggettotratto dalla storia e dal folklore americani. Si tratta della storia d’amoretra la giovane nativa americana Pocahontas e il soldato inglese JohnSmith, arrivato in Virginia con una spedizione a scopi di conquista. Ilfilm è molto interessante dal punto di vista grafico (molti disegni e fon-dali hanno uno stile primitivo e immediato, quasi da graffito) e la rinun-cia al classico lieto fine (i due innamorati sono costretti a lasciarsi) ne faun’opera unica all’interno della filmografia disneyana.

Nel frattempo, il mondo dell’animazione sta cambiando. In quellostesso anno esce un film interamente realizzato al computer, Toy Story(Toy Story – Il mondo dei giocattoli, di John Lasseter, 81’, 1995), pro-

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I protagonisti dei due film della serie Toy Story, Woody, Buzz Lightyear e Jessie torneranno presto inun terzo capitolo, mentre il primo film verrà riproposto in versione completamente digitale e in 3D.© Disney/Pixar

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dotto dagli studi Pixar e finanziato proprio dalla Disney. Presentandouna storia in cui i giocattoli parlano, si muovono e provano emozioni, ilfilm ottiene un grandissimo successo e le conseguenze per l’animazio-ne tradizionale realizzata con carta e matita saranno di non poco peso,negli anni successivi. Il computer può consentire la realizzazione ditutto un mondo in digitale, con un grande risparmio di tempo rispetto aidisegni animati tradizionali.

Tornando all’animazione classica, l’anno successivo negli studi Disneysi cambia ancora rotta: il nuovo lungometraggio è The Hunchback ofNotre Dame (Il Gobbo di Notre Dame, di Gary Trousdale e Kirk Wise,90’, 1996), tratto dal capolavoro di Victor Hugo. In realtà, molto della sce-neggiatura del film, impostato di nuovo come un musical «serio» con can-zoni di Menken e Schwartz, deriva direttamente dal celebre film del 1939diretto da William Dieterle e interpretato da Maureen O’Hara e CharlesLaughton, compreso il lieto fine con la zingara Esmeralda salvata dallacondanna a morte. Le scene e i fondali sono spettacolari (la stessa catte-drale, dipinta dagli artisti Disney, sembra più carismatica dell’originale), ipersonaggi sono ricchi e sfaccettati; il tono però tende a essere fin tropposerio rispetto alle abitudini del pubblico verso gli stili disneyani (il giudi-ce Frollo che prega la Vergine di «far diventare sua» Esmeralda è statoreputato da molti fuori luogo) e non tutti si lasciano incantare: in patria ilsuccesso è moderato, i francesi non perdonano alla Disney le libertà neiconfronti del capolavoro letterario e il film non incassa quanto sperato.

La mancanza di fantasia comincia a farsi sentire ancora di più col suc-cessivo Hercules (id., di John Musker e Ron Clements, 93’, 1997), la cuisceneggiatura non è altro che un abile taglia e incolla di mitologia greca,della storia di Sansone e Dalila e del film mitologico Clash of the Titans(Scontro di Titani) prodotto dalla MGM nel 1981 con gli effetti specialidi Ray Harryhausen. Da antologia rimangono però le Muse che raccon-tano la storia in stile coro greco con le accattivanti note rhythm & bluescomposte da Alan Menken e David Zippel. Un ritorno all’originalità lotroviamo nel successivo Mulan (id., di Barry Cook e Tony Bancroft, 88’,1998), tratto dalla famosa leggenda cinese della ragazza che si travesteda uomo per arruolarsi nell’esercito e combattere gli invasori unni. Leanimazioni sono al solito spettacolari, il computer aiuta a realizzare una

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incredibile scena dell’attacco degli Unni tra la neve e i colori richiama-no perfettamente quelli degli acquerelli cinesi. Tra i personaggi spiccal’irresistibile draghetto Mushu.

L’anno dopo tocca a un altro classico del cinema e della letteratura,Tarzan (id., di Kevin Lima e Chris Buck, 88’). Il «Disney touch» è pro-fuso a piene mani in questa bella versione della storia originale diBurroughs, impreziosita dalle canzoni di Phil Collins. Viene ancheintrodotto un nuovo sistema computerizzato di realizzazione e ripresadegli sfondi, il deep canvas, che consente alla macchina da presa disimulare movimenti prima impensabili, seguendo l’uomo scimmia nellesue evoluzioni. È innegabile però che i personaggi non riescano aimporsi nell’immaginario collettivo degli spettatori adulti e a sostituirela celebre interpretazione classica dal vivo di Johnny Weissmuller.

Il 2000 è l’anno di due tra i più riusciti lungometraggi del «nuovocorso»: Fantasia 2000 (id.)10 e The Emperor’s New Groove (Le follie del-l’imperatore, di Mark Dindal, 78’). Il primo, fortemente voluto da RoyE. Disney, nipote di Walt, è una sorta di seguito al classico del 1940.Realizzato in origine nello spettacolare formato IMAX su pellicola gigan-te, viene poi ridotto al formato normale per la distribuzione generale.Sotto la direzione d’orchestra di James Levine, stavolta non c’è ilFantasound ma un più «ovvio» Dolby Digital e la colonna sonora non sifonde coi movimenti dei personaggi così perfettamente come nel classi-co del 1940, ma il film offre comunque molto. Oltre all’ApprendistaStregone, ripreso da Fantasia, tra gli episodi più affascinanti è d’obbligocitare L’intrepido soldatino di stagno, tratto da Andersen e commentatodal secondo concerto per piano di Sostakovic; il finale del Carnevaledegli animali di Saint-Saëns con uno strepitoso fenicottero amante degliyo-yo (l’episodio è tutto realizzato tradizionalmente all’acquerello!) e lafantastica Rapsodia in blu di Gershwin, che ricrea la Manhattan deglianni del jazz tutta dipinta appunto in toni di azzurro.

Le follie dell’imperatore, dal canto suo, potrebbe essere definito laSpada nella roccia del nuovo secolo, con i suoi simpaticissimi perso-

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10 di Pixote Hunt, Hendel Butoy, Eric Goldberg, James Algar, Francis Glebas, Gaëtan Brizzi, PaulBrizzi, 75’.

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naggi: il giovane imperatore Kuzco, viziato ed egoista, tramutato inlama dalla cattiva Yzma e salvato dall’amicizia col contadino Pacha.Tutto il film è un fuoco di fila di battute e situazioni irresistibili e diven-ta in poco tempo un vero cult movie.

Intanto, l’animazione digitale continua i suoi progressi e il pubblico lesi affeziona sempre più; le produzioni proliferano, la Pixar mette a segnoaltri grandi successi come Toy Story 2 (Toy Story 2 – Woody e Buzz allariscossa, di John Lasseter, 92’, 1999), Monsters, Inc. (Monsters & Co.,di Peter Docter, Lee Unkrich e David Silverman, 92’, 2001) e soprattut-

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Mr. Incredibile, Elastigirl e i loro figli sono gli spassosi protagonisti del lungometraggio Pixar Gliincredibili (The Incredibles, 2004). © Disney/Pixar

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to gli strabilianti Finding Nemo (Alla ricerca di Nemo, di AndrewStanton, 100’) e The Incredibles (Gli Incredibili – Una normale famigliadi supereroi, di Brad Bird, 115’), usciti nel 2003 e nel 2004 ed entrambipremiati con l’Oscar per il miglior lungometraggio animato. Nel contem-po, l’animazione tradizionale, riduttivamente ribattezzata «in 2D»(dimenticando le meraviglie della multiplane camera), comincia un rapi-do declino: le due superproduzioni Disney del 2001 e del 2002, Atlantis,the Lost Empire (Atlantis, l’impero perduto, di Kirk Wise e GaryTrousdale, 96’) e Treasure Planet (Il pianeta del tesoro, di John Muskere Ron Clements, 95’), sono dei clamorosi flop al botteghino.

L’unico cartoon Disney che ottiene un vero successo in questi anni èLilo & Stitch (id., 2002), tenera storia dell’amicizia tra una bambinahawaiana e un «cane» extraterrestre. I successivi Brother Bear (Kodafratello orso, di Aaron Blaise e Robert Walker, 85’, 2003) e Home on theRange (Mucche alla riscossa, di Will Finn e John Sanford, 76’, 2004),

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Monsters e Co. (Monsters Inc., 2001) è stato uno dei più riusciti lungometraggi in 3D. © Disney/Pixar

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pur ottimamente realizzati, non incontrano favore tra il pubblico e con-vincono la Disney a chiudere, almeno temporaneamente, con l’anima-zione tradizionale e a buttarsi nella mischia dell’animazione compute-rizzata, anche senza la partnership con la Pixar, realizzando tutto in pro-prio. Purtroppo questi tentativi danno vita a una serie di pellicole davve-ro mediocri, pur se ammirevoli sul piano della tecnica: Dinosaur(Dinosauri, di Eric Leighton e Ralph Zondag, 82’, 2000), Chicken Little(Chicken Little, amici per le penne, di Mark Dindal, 81’, 2005) e TheWild (Uno zoo in fuga, di Steve Williams, 79’, 2006) rappresentano senzadubbio la peggiore involuzione degli studios. A mio parere, sono lungo-metraggi deboli con personaggi sciatti e, in almeno un caso (Uno zoo infuga), una ripresa poco fantasiosa di Madagascar della DreamWorks (diEric Darnell e Tom McGrath, 88’, 2005). Dopo un altro exploit Pixar nel2006, Cars (Cars – Motori ruggenti, di John Lasseter e Joe Ranft, 113’,

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Ratatouille (id. 2007), è forse il miglior film mai prodotto dalla Pixar, uscito dopo che la casa era statainglobata dalla Walt Disney. Vincitore dell’Oscar e del Golden Globe come miglior film d’animazioneè la storia di un piccolo topo, Rémy, che ha l’ambizione di diventare un celebre chef. © Disney/Pixar

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penalizzato però da molte lungaggini nella trama), le cose migliorano leg-germente con Meet the Robinsons (I Robinson, una famiglia spaziale, diStephen J. Anderson, 87’, 2007), ancora prodotto senza il coinvolgimen-to della Pixar, ma è solo con il magnifico Ratatouille (id., di Brad Bird eJan Pinkava, 111’, 2007), stavolta della Pixar, che l’animazione compute-rizzata disneyana potrà firmare un nuovo, autentico capolavoro.

Non è un caso che questo sia il primo film prodotto dopo l’acquisizio-ne definitiva della Pixar da parte della Disney: il «Disney touch», chiu-so fuori dalla porta, rientra dalla finestra per narrare alla maniera di Waltl’irresistibile vicenda del topo Rémy, che diventa un grande chef aParigi. I tempi sono ormai maturi per il ritorno in grande stile dell’ani-mazione classica: le parti animate del lungometraggio con attoriEnchanted (Come d’incanto, di Kevin Lima, 103’, 2007), in cui unaprincipessa, Giselle, viene scaraventata da una strega cattiva nel mondoreale e frenetico della Manhattan dei giorni nostri, sono di ottimo auspi-cio per una rinascita definitiva della grande animazione Disney.

II.2 I cortometraggi animati

Anche dopo il grande successo di Biancaneve, gli studi Disney conti-nuarono regolarmente a produrre cortometraggi animati per oltre ven-t’anni. Dalla metà degli anni Sessanta la produzione è diminuita fino alimitarsi ad alcune uscite «speciali», spesso abbinate a riedizioni di lun-gometraggi classici o di nuovi film.

Il solo Topolino ha in filmografia 120 cortometraggi, a partire daPlane Crazy, The Gallopin’ Gaucho e Steamboat Willie del 1928 perfinire con Runaway Brain del 1995; Paperino lo supera di poco, con ben128 titoli, il primo dei quali è Donald and Pluto (Pluto e Paperino,1936) e l’ultimo lo straordinario The Litterbug (Paperino e l’ecologia,1961). Pippo (orig. Goofy) ha all’attivo solo 48 short come protagoni-sta, ma è stato spesso ospite delle serie dei suoi due amici, in capolavo-ri come Lonesome Ghosts (Topolino e i fantasmi, 1937) e ClockCleaners (L’orologio della torre, 1937) in cui è alle prese con le statueanimate di un campanile che gliene combinano di tutti i colori. Oltre ai

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già citati è doveroso ricordare, tra i tanti short disneyani, almeno BandConcert (Fanfara, 1935), il primo Topolino a colori, con il nostro impe-gnato a dirigere l’ouverture del Guglielmo Tell, nonostante l’arrivo diuno spaventoso tornado; Der Fuhrer’s Face (1942), film di propagandaormai leggendario, in cui Paperino sogna di essere prigioniero nellaGermania nazista (il cartoon fu premiato con l’Oscar); The Art of Skiing(Pippo sciatore, 1941), in cui Pippo ci insegna cosa non si deve assolu-tamente fare sulle piste da sci; Trick or Treat (Paperino e la maga,1952), forse il più bel cartoon di Paperino, in cui la simpatica stregaNocciola aiuta i nipotini Qui, Quo e Qua a impadronirsi dei dolci dellozio; Donald Duck in Mathmagic Land (Paperino nel mondo della mate-magica, 1959) dove il Nostro impara come la matematica sia alla basedi tutto ciò che ci circonda, e, infine, Aquamania (1961), in cui Pippo

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A sinistra, la locandina originale di Steamboat Willie, la prima apparizione cinematografica di Topolino(Mickey Mouse) nel 1928. © DisneyA destra, la locandina di Pippo e l’home theater, nuovo cartoon di Pippo che riprende la celebre seriedegli anni Quaranta e Cinquanta «How to…». © Disney

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viene coinvolto dal figlio in una disastrosa gara di sci nautico in cui siritrova invischiato perfino un innocente polpo.

Tra i cortometraggi «speciali» fuori serie è d’obbligo citare almeno Benand Me (Il mio amico Beniamino, 1953), storia dell’amicizia fra il topoAmos e Benjamin Franklin; Winnie the Pooh and the Honey Tree (WinnyPuh, orsetto ghiottone, 1966), tratto dai libri di A.A. Milne, che ha dato ilvia a una serie di cartoon e film per cinema e TV che prosegue con suc-cesso ancora oggi; The Small One (L’asinello, 1978), commovente storiadel ciuchino che porta Maria a Betlemme, diretto dal grande Don Bluth;Mickey’s Christmas Carol (Canto di Natale di Topolino, 1983), in cui tuttii classici personaggi Disney reinterpretano A Christmas Carol di CharlesDickens.

Con l’uscita, nel 2007, di un nuovo cortometraggio di Pippo intitola-to How to Hook Up Your Home Theater (Pippo e l’home theater), siamodi fronte a una possibile rinascita delle serie di cortometraggi animatidisneyani.

II.3 Disney in TV11

Walt Disney fu anche un maestro del mezzo televisivo, in un’epoca incui la maggioranza dei produttori di Hollywood vedeva la televisionecome un mortale nemico. Essendo invece convinto che il piccolo scher-mo domestico fosse un potente alleato nel pubblicizzare le sue produ-zioni cinematografiche, Walt propose alla ABC la serie Disneyland, natainizialmente per finanziare il celebre parco di divertimenti e diventatapoi, per oltre trent’anni, un’affascinante vetrina in cui i personaggiDisney annunciavano le novità di prossima programmazione nelle salee mostravano alcuni dei brani più salienti delle produzioni del passato.

Il programma, che ebbe inizio nel 1954, passò nel 1961 alla NBC e, tra-smesso da allora in poi a colori, fu reintitolato The Wonderful World of

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11 Per una panoramica generale sulle principali serie prodotte dalla Walt Disney dagli anni Cinquantaagli anni Settanta per la TV, si veda il mio saggio «I telefilm Disney», in Giuseppe Cozzolino – CarmineTreanni, Planet Serial. I telefilm che hanno fatto la storia della TV, Roma, Aracne, 2004.

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Color e contribuì non poco alla diffusione nelle case degli apparecchi acolori. Del resto, anche la maggior parte delle puntate del vecchioDisneyland era stata girata a colori e poté essere replicata con successo.La serie era suddivisa in tematiche che prendevano spunto dai quattropaesi del parco Disney: Frontierland, dedicato alle storie western;Adventureland, che presentava le classiche storie di Robert LouisStevenson e Jules Verne e affascinanti viaggi nel mondo della natura;Tomorrowland, che illustrava le meraviglie del futuro; e Fantasyland, incui veniva presentato il meglio dei disegni animati e delle fiabe Disney.Per il pubblico era affascinante vedere Disney in persona presentare lamaggior parte delle puntate e interagire, grazie a raffinate combinazioni diriprese dal vero e animazione, con personaggi come la fatina Trilli (amba-sciatrice ufficiale del programma), Paperino (che spesso rifiutava il con-tatto col pubblico e spariva dai disegni rifugiandosi sotto lo scrittoio diWalt) e un nuovo personaggio che si affiancò a Walt stesso nella presen-tazione quando la serie divenne a colori: lo zio di Paperino Ludwig VonDrake, che divenne popolarissimo anche in Italia col nome di Pico dePaperis. Questo simpatico e saccente professore «tuttologo» si divertivaad affrontare gli argomenti più disparati, dalla musica alla poesia, alla bio-logia, creando situazioni confusionarie ed estremamente comiche.

Un altro presentatore d’eccezione del programma era lo SpecchioMagico di Biancaneve e i sette nani, interpretato da Hans Conried (lesequenze in cui compariva utilizzavano comunque molti effetti d’anima-zione), a cui Walt ricorreva spesso per le puntate che avevano a che farecon la magia. Celebre l’episodio All about Magic (‘Tutto sulla magia’,1957) che presentava il corto Trick or Treat (‘Dolcetto o scherzetto’) e ilbrano della Fata Madrina di Cenerentola. Altri episodi della serie rimastimemorabili sono From All of Us to All of You (‘Da tutti noi a tutti voi’,1958), una fantastica antologia dei classici Disney i cui brani erano pre-sentati sotto forma di biglietti d’auguri natalizi dal Grillo Parlante e l’ec-cezionale A Rag, a Bone, and a Box of Junk (‘Uno straccio, un osso e unascatola di cianfrusaglie’, 1964), che mostrava un interessante «dietro lequinte» del reparto effetti speciali dello studio, con particolare riguardoall’animazione a passo uno di pupazzi e oggetti utilizzata nei cortometrag-gi Noah’s Ark (L’arca di Noè, 1959) e A Symposium on Popular Songs

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(‘Un simposio sulle canzoni popolari’, 1962), entrambi riproposti nellapuntata. È importante notare che, a differenza della maggior parte delleanimazioni realizzate appositamente per la televisione, quelle disneyanedel periodo si distinguono per l’ottima qualità. Molte delle puntate dellaserie furono perfino proiettate, in Europa, direttamente a cinema: è il casodi The Hunting Istinct (Le avventure di caccia del Professor Pico dePaperis, 1961), distribuito in Italia nel 1962, e di The Goofy Sports Story(Pippo Olimpionico, 1956), distribuito in Italia nel 1972.

Altra importante trasmissione è la famosissima Mickey Mouse Club (IlClub di Topolino), che fece furore negli Stati Uniti dal 1955 al 1958 evenne poi trasmessa, in syndication, dal 1962 in poi, in diversi paesi delmondo, Italia compresa. I vari momenti della trasmissione, che inizial-mente durava un’ora, erano presentati da ventiquattro ragazzi denominati«Mouseketeers»12 e da due adulti, il fantasista Jimmie Dodd e l’animato-re Roy Williams. In vari siparietti animati Topolino in persona presentavai vari momenti dello show, che comprendeva anche parecchi cartoon clas-sici. È rimasta celeberrima la sigla animata del programma, la famosaMarcia di Topolino, in cui il Topo dirigeva la banda, Paperina fungeva damajorette e Paperino si sforzava di gridare il suo nome ogni volta che ilcoro acclamava Topolino. Il gran finale della sigla era comunque tutto delpapero, che doveva dare un colpo di gong su un esemplare molto grandedello strumento. Il risultato dei suoi sforzi era ogni volta diverso e il pub-blico tentava di indovinare cosa gli sarebbe successo di volta in volta (ilgong poteva spaccargli la testa o i timpani, o farlo vibrare all’impazzata,oppure il papero poteva aggrovigliarvisi); forse la trovata più carina fuquando Paperino si prese finalmente la rivincita e, invece di suonare il dia-bolico strumento, si esibì su un minuscolo triangolo.

Dalla metà degli anni Ottanta13 si è intensificata la produzione di serieanimate esclusivamente per la TV. Un grande successo ha riscosso DuckTales (Avventure di Paperi), una serie trasmessa in tutto il mondo, pro-dotta dal 1987 al 1992, che narra le avventure di Paperon de Paperoni edei suoi nipotini Qui, Quo e Qua. Molti dei soggetti degli episodi ripren-

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12 Gioco di parole tra Mickey Mouse e musketeer (‘moschettiere’). 13 Per le notizie sulle serie animate ho consultato il fondamentale testo di Dave Smith The Official

Encyclopedia Disney from A to Z, New York, Disney Editions, 2006.

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dono le trame delle celebri storie a fumetti di Carl Barks degli anniQuaranta e Cinquanta e tra gli antagonisti di Paperone compaionoAmelia, la fattucchiera che ammalia, i Bassotti e il rivale CuordipietraFamedoro. Dalla serie è stato tratto anche un lungometraggio animato,Ducktales: The Movie – Treasure of the Lost Lamp (Zio Paperone allaricerca della lampada perduta, 1990),14 un esempio di produzione inter-nazionale: il soggetto è stato messo a punto negli USA, l’animazione rea-lizzata in Inghilterra e Francia, i cel dipinti in Cina. Chip’n’Dale RescueRangers (Cip e Ciop agenti speciali, 1989) è un’altra serie di successoin cui i due famosi scoiattolini sono a capo di una organizzazione segre-ta volta a risolvere casi criminosi «impossibili». Molto divertente per gliappassionati è la serie House of Mouse, andata in onda a partire dal2001, in cui tutti i personaggi Disney si ritrovano in un loro «night club»

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14 Di Gaëtan Brizzi, Paul Brizzi, Bob Hathcock, Clive Pallant, Mathias Marcos Rodric, 75’.

Paperino cerca di attirare l’attenzione di Walt Disney durante la presentazione di una puntata diDisneyland a lui dedicata. © Disney

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(il Topoclub) per assistere alla proiezione di cartoon, all’esibizione digruppi musicali e alle spiritose presentazioni di Topolino in persona.Dietro le quinte Paperino, Minni, Pippo, Paperina e Pluto cercano di farein modo che lo spettacolo proceda, nonostante gli inevitabili intoppi.Molto carini i due special della serie prodotti esclusivamente per il mer-cato home-video: Mickey’s House of Villains (Topolino e i cattivi Disney,di Jamie Mitchell, 70’, 2002), in cui la banda dei cattivi tenta di impa-dronirsi del Topoclub e Mickey’s Magical Christmas: Snowed at theHouse of Mouse (Il Bianco Natale di Topolino, di Tony Craig e RobertGannaway, 65’, 2001) in cui tutti i personaggi celebrano il Natale bloc-cati nel Topoclub da una tempesta di neve.

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Topolino dirige la banda nella celebre sigla La marcia di Topolino. © Disney

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Proseguendo nella valorizzazione dei personaggi classici, i MickeyMouse Works, prodotti dal 1999 al 2001, sono una nuova serie in cuiTopolino, Paperino e i loro amici tornano in moltissimi cortometragginuovi realizzati apposta per la televisione. In seguito, la Disney ha poiprodotto, sulla falsariga della serie, il lungometraggio Mickey, Donald,Goofy: The Three Mouseketeers (Topolino, Paperino e Pippo in «I treMoschettieri», di Donovan Cook, 68’, 2004), amabile parodia musicaledel classico di Alexandre Dumas, distribuito solo per l’home-video, mache avrebbe meritato senz’altro una distribuzione cinematografica.

II.4 I sequel dei lungometraggi

Un altro filone inaugurato negli anni Novanta dalla Disney è quellodella produzione, quasi esclusivamente per il mercato home-video, diseguiti dei lungometraggi classici. Molti di essi, come per esempio TheLittle Mermaid II – Return to the Sea (La sirenetta II – Ritorno agli abis-si, di Jim Cammerud e Brian Smith, 75’, 2000) e Cinderella II – DreamsCome True (Cenerentola 2 – Quando i sogni diventano realtà, di JohnKafka, 73’, 2002) sono caratterizzati da animazioni più scarne, di tipotelevisivo, e da trame e musiche dimenticabili. Altri invece, come peresempio Return to Neverland (Ritorno all’Isola che non c’è, di RobinBudd e Donovan Cook, 72’, 2002), buon seguito di Peter Pan, nobilita-to da un finale struggente e Cinderella III – A Twist in Time(Cenerentola III – Il gioco del destino, di Frank Nissen, 70’, 2007),caratterizzato da ottime animazioni e una trama originale, sono produ-zioni dignitose che non mancano di interesse, pur rimanendo lontaneanni luce dai film capostipite.

L’ultimo sequel realizzato – ma in realtà, narrativamente, è un prequel– è The Little Mermaid III – Ariel’s Beginning (la Sirenetta III – Quandotutto ebbe inizio, di Peggy Holmes, 2008), che mostra l’infanzia di Arieled è stato anticipato da una gustosa preview in cui il granchio Sebastiansi produce nel calypso Jumpin’ the Line di Harry Belafonte.

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II.5 Il restauro digitale e il cinema in tre dimensioni

In anni recenti alla Disney si è proceduto al restauro e al recupero del-l’immenso patrimonio filmico, scannerizzando al computer i negativioriginali Technicolor e realizzando nuove edizioni in DVD di tutti i lun-gometraggi classici. Il restauro digitale di Biancaneve è stato eseguitonel 1993 utilizzando l’allora nuovissimo sistema Cineon installato nellaboratorio della Cinesite in California.

Il sistema, in origine, era stato progettato semplicemente per rielabo-rare sequenze di effetti speciali nei film, ma, con ulteriori ricerche, èstato possibile applicarlo al restauro di un’intera pellicola. In questomodo si è potuto analizzare un fotogramma alla volta e ripulirlo com-pletamente, per poi trasferire il risultato, tramite una cinepresa digitale,su un nuovo negativo.15

In seguito sono stati sottoposti al restauro digitale anche altri film comeBambi, Pinocchio, Cenerentola, Le avventure di Peter Pan, sempre par-tendo dal negativo originale Technicolor al nitrato d’argento, per assicu-rare massima fedeltà all’opera originale. L’ultimo spettacolare restauro èquello de La Bella Addormentata nel Bosco, realizzato a ben 4k di defi-nizione per l’edizione del film in Blu-Ray,16 utilizzando il negativo origi-nale Technirama a esposizione successiva (ogni disegno venne ripresosuccessivamente interponendo davanti all’obiettivo un diverso filtro dicolore rosso, verde e blu) e permettendo per la prima volta la visione diparticolari dell’immagine ai bordi, che non erano mai stati visti sulloschermo del cinema.

Altra spettacolare innovazione tecnologica è quella della proiezionetridimensionale digitale. Con i moderni sistemi di proiezione digitale,infatti, non è più necessario l’utilizzo di due proiettori che sovrapponga-

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15 Per le notizie sul restauro digitale cfr. il pressbook del film Biancaneve e i sette nani, Milano,Buena Vista Italia, 1994.

16 Il film è stato restaurato in alta definizione: il termine 4k si riferisce al numero di pixel di cui ècomposta l’immagine elettronica ricavata dalla scansione del negativo originale, ed è la migliore riso-luzione attualmente ottenibile; l’immagine è formata da ben 1080 linee orizzontali. Il Blu-Ray è ilnuovo dischetto ottico destinato a sostituire in un prossimo futuro il DVD video e presenta una capaci-tà di immagazzinamento dati cinque volte maggiore di un DVD con immagini ad alta definizione, seivolte più nitide del normale DVD.

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no le immagini da visionare con gli occhiali polarizzati. Le due imma-gini vengono ricreate direttamente sovrapposte da un’unica fonte e ilnuovo sistema di polarizzazione degli occhiali elimina molti inconve-nienti. Col nome commerciale di «Disney Digital 3D» sono stati proiet-tati con questo sistema i film Chicken Little e I Robinson, e inoltre èstato adattato in 3D anche il celebre lungometraggio in stop-motion diTim Burton Nightmare before Christmas. È stata poi annunciata una rie-dizione tridimensionale di Toy Story.

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Particolare del manifesto italiano della riedizione 1969 de La Bella Addormentata nel Bosco (SleepingBeauty, 1959), primo lungometraggio classico a essere stato trasferito in alta definizione in Blu-RayDisc. © Disney

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II.6 Conclusioni. Le influenze della Disney sul mondodel cinema d’animazione: omaggi, parodie e citazioni

È innegabile che Walt Disney e gli studi da lui creati siano stati permolto tempo sinonimo di cinema d’animazione per la maggior parte delpubblico, oltre ad aver influenzato più di una generazione di animatorie di disegnatori di fumetti.

Già nel 1939 la Paramount, abbagliata dal grande successo di pubbli-co di Biancaneve, praticamente impose a Max e Dave Fleischer, creato-ri di Betty Boop e Braccio di Ferro, la realizzazione del lungometraggioGulliver’s Travels (I viaggi di Gulliver, di Dave Fleischer, 76’, 1939),tratto dal celebre romanzo di Jonathan Swift. Purtroppo la frettolosa rea-lizzazione e l’impreparazione dei Fleischer alla gestione di un simile pro-getto (la sceneggiatura è farraginosa e le animazioni di Gulliver, malde-stramente ricalcate col «rotoscopio» da una ripresa dal vero, mal si armo-nizzano con quelle dei piccoli lillipuziani) ne decretarono il fallimentocommerciale. Né migliore fortuna ebbe il successivo lungometraggio Mr.Bug Goes to Town (Hoppity va in città, di Dave Fleischer, 78’, 1941): iFleischer furono costretti a cedere la loro attività alla Paramount.

Gli studi della Warner Bros. e della Metro-Goldwyn-Mayer (MGM)realizzarono gustose parodie delle fiabe classiche e delle SillySimphonies disneyane. Due titoli per tutti: Coal Black and de SebbenDwarfs (più o meno ‘Neracarbon e i sedde nani’, 1943), diretto da BobClampett per la Warner, divertente parodia di Biancaneve in stile allblack, e Red Hot Riding Hood (‘Cappuccetto rosso bollente’), scatenataversione di Cappuccetto Rosso diretta da Tex Avery per la MGM in cuila protagonista è una cantante di night club, la nonna è una ninfomane eil Lupo un damerino sciupafemmine.

Grandissima è poi l’influenza di Disney sui due lungometraggi italia-ni (girati addirittura in Technicolor!) e distribuiti entrambi nel 1949: LaRosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini, 70’ e I fratelli Dinamite(87’) di Nino Pagot, che sarà poi l’inventore di Calimero. Il primo, le cuiriprese a colori furono realizzate in Inghilterra, è una fantasia ispirataalle Mille e una Notte, pregevole nei fondali (opera del grande illustra-tore Libico Maraja) e nel disegno dei personaggi, realizzati da Angelo

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Bioletto, ma che purtroppo, nel tentativo di imitare Disney, si perde in«ridondanze canore e manierismi di vario genere».17 Il secondo, storiafantastica di tre pestiferi fratellini che mettono a soqquadro ogni luogo,dall’Inferno al Carnevale di Venezia, ebbe minor fortuna ed è stato solorecentemente restaurato a partire da due positivi Technicolor fortunosa-mente ritrovati.

Molto bello e sicuramente debitore a Disney di parte del suo fascino èil lungometraggio sovietico Snezhnaia Koroleva (La Regina delle Nevi,74’, URSS 1957) di Lev Atamanov, ricco di personaggi interessanti.

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17 In tal senso cfr. Marcello Garofalo, «Le origini della fiaba», in Aladdin, storia di un capolavoro,Milano, Disney Libri, 1994, versione italiana ampliata di John Culhane, Disney’s Aladdin: The Makingof an Animated Film, New York, Hyperion, 1992.

A sinistra, uno splendido dipinto realizzato da Libico Maraja (autore delle scenografie del film) per ilvolume Mondadori tratto da La rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini: il Genio della Lampada diAladino accorre in aiuto del piccolo Amin, trasformato in moretto dal mago Burk.A destra, la piccola intraprendente protagonista del lungometraggio Putiferio va alla guerra realizzatodalla Gamma Film nel 1968. Le canzoni della colonna sonora erano interpretate da Rita Pavone.

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Nel 1968, in Italia, i fratelli Gino e Roberto Gavioli, per la GammaFilm, già autrice di molti «Caroselli» animati, realizzano il curioso lun-gometraggio Putiferio va alla guerra (di Roberto Gavioli, 91’), purerecentemente restaurato e ricco di tocchi disneyani nel narrare la storiadella guerra tra formiche gialle e formiche rosse, infine rappacificatedalla lotta contro il comune nemico formichiere.

Dagli anni Sessanta cominciano a imporsi anche i disegni animatiprodotti in Giappone, dove molti sono gli estimatori di Disney. Nonpoche influenze disneyane si trovano nel lungometraggio Nagagutsu ohaita neko (Il Gatto con gli Stivali, 80’, 1968), di Kimio Yabuki, che dàorigine anche a due sequel, e in Hakucho no ôji (in Italia Heidi diventaprincipessa, 70’, 1977) di Akihiro Ogawa, distribuito con questo titoloitaliano per sfruttare la somiglianza della protagonista con la piccolaorfanella della popolarissima serie televisiva, ma tratto in realtà dallapopolare fiaba di Andersen I cigni selvatici.

Negli Stati Uniti Don Bluth, che aveva abbandonato la Disney proprioper produrre film alla maniera tradizionale di Walt, si avvicina molto alsuo illustre modello con The Secret of NIHM (Brisby e il segreto di NIHM,82’, 1982) e tenta con esiti discreti la strada del musical animato conThumbelina (Pollicina, di Don Bluth e Gary Goldman, 86’, 1994). Saràsolo nel 1997 con Anastasia (degli stessi registi, 94’), prodotto dalla 20th

Century Fox e girato in uno spettacolare Cinemascope, che Bluth firme-rà forse il suo capolavoro. Il successivo lungometraggio, Titan A.E.(stessi autori, 94’), distribuito nel 2000, sarà un clamoroso flop che por-terà al fallimento gli studi d’animazione della Fox e metterà in crisi l’at-tività stessa di Bluth.

Tornando al Giappone, nell’ultimo decennio hanno avuto granderiscontro le opere di Hayao Miyazaki, premiato con un Oscar per Sen toChihiro no kamikakushi (La città incantata, 125’, Giappone 2001) e conun Leone d’Oro alla carriera a Venezia nel 2005. Nei suoi lungometrag-gi sono pure evidenti molti richiami a Disney, in particolare in La cittàincantata è possibile notare echi di Fantasia e di Alice nel Paese delleMeraviglie.

Nell’ultimo decennio il cinema d’animazione ha visto sorgere nuoverealtà produttive direttamente concorrenti con la Disney. Il caso più ecla-

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tante è quello della DreamWorks, la casa fondata da Steven Spielberg,Jeffrey Katzenberg e David Geffen che ha messo su una florida sezioneper l’animazione. Le sue produzioni, caratterizzate da un umorismo spes-so ripetitivo e diretto maggiormente a un pubblico adulto, oltre che spes-so di dubbio gusto (vedi la parodia delle fiabe nella serie di Shrek), hannoperò un notevole successo al botteghino. Talvolta le ambientazioni e letrame dei film animati DreamWorks sono sospettosamente simili ad ana-loghi progetti Disney (e viceversa). Impossibile non notare le somiglian-ze tra Shark Tale (di Bibo Bergeron, Vicky Jenson, Rob Letterman, 90’,2004) e Alla ricerca di Nemo, oppure tra Antz (Z la formica, di EricDarnell e Tim Johnson, 83’, 1996) e A Bug’s Life (A Bug’s Life – Mega-minimondo, di John Lasseter e Andrew Stanton, 95’, 1998).

Infine non si può non citare Bruno Bozzetto, che, nel 1976, ha realiz-zato un affettuoso omaggio-parodia di Fantasia con Allegro non troppo(85’). La stessa Disney si è poi evidentemente ispirata ai bozzettianiWest and Soda (86’, 1965) e a Vip, mio fratello superuomo (79’, 1968)per i suoi Mucche alla riscossa e Gli incredibili.

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Per un vocabolario del movimentoConversazione con John Canemakerdi Matilde Tortora

Figura chiave nel movimento americano di animazione indi-pendente, John Canemaker, Premio Oscar nel 2006 per il suocorto The Moon and the Son: An Imagined Conversation, haintrodotto elementi e temi innovativi; le sue opere fanno partedella collezione permanente del Museum of Modern Art di NewYork. Jytte Jensen, Curatore associato del Dipartimento di film evideo del MOMA, dice di lui: «non esiste soggetto che sia offlimits o considerato troppo difficile per l’immaginazione-anima-zione di John Canemaker, un artista dall’abilità straordinaria, lecui qualità pittoriche e il movimento energico e raffinato dellelinee esprimono la sua visione artistica».

Canemaker è anche un eminente docente d’animazione e stu-dioso dei grandi pionieri del cinema d’animazione statunitense,ai quali ha dedicato diversi studi e libri: Winsor McCay, OttoMessmer, Walt Disney e i suoi «Nine Old Men», Tex Avery.Questa conversazione con lui ci consente un excursus, e deimigliori, nella grande storia del cinema d’animazione statuniten-se dai primordi a oggi e nel laboratorio creativo di uno dei mag-giori autori contemporanei.

Quali sono i meriti, le peculiarità e la grandezza di WinsorMcCay in quanto animatore?1 Cosa ci comunica ancor oggi la suaopera e cosa continuerà a comunicare alle generazioni future?

Winsor McCay (1867-1934) è stato uno dei primi pionieri del-l’animazione, insieme a Émile Cohl e James Stuart Blackton. È

1 Winsor McCay (1867-1934), uno dei più grandi autori nella storia del fumetto, crea-tore di Little Nemo in Slumberland (1905-’14). Artista di varietà, cominciò a disegnarecaricature e brevi sequenze animate, inizialmente per proiettarle durante i suoi spettacoliin teatro. Fu un grande pioniere del cinema d’animazione con film come Little Nemo

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stato il primo a cercare di animare la «personalità», in lavori neiquali i personaggi dessero la sensazione di avere un proprio pen-siero e mostrassero distinti tratti comportamentali (per esempioin Gertie the Dinosaur nel 1914). Questo modo di rendere i per-sonaggi animati più distintivi convinse molti artisti a diventareanimatori (come Walter Lantz, Vladimir Tytla, Paul Terry ecc.).2

L’eredità di McCay confluì, come sua massima espressione arti-stica, nel lungometraggio Biancaneve e i sette nani, realizzatodalla Walt Disney nel 1937, e continua nei film digitali, per esem-pio nelle storie della Pixar, basate sull’approfondita caratterizza-zione dei personaggi.

Lei ha studiato anche l’opera di altri grandi del cinema d’ani-mazione delle generazioni precedenti, alcuni dei quali ha ancheavuto modo di conoscere personalmente.

Ho avuto il privilegio di incontrare, intervistare e, in alcuni casi,diventare amico di molti importanti artisti e personalità del mondodell’animazione, quali John A. Fitzsimmons, che fu assistente diWinsor McCay; John Randolph Bray, uno dei primi proprietari distudio e produttore nell’epoca del muto, fra le altre, di una celebreserie di film animati (Colonel Heeza Liar, iniziata nel 1913);

(1911), trasposizione sullo schermo del celebre suo personaggio, How a MosquitoOperates (1912) e nel 1914 l’innovativo Gertie (cfr. John Canemaker, RememberingWinsor McCay, 1976, documentario oggi confluito nel DVD Winsor McCay: The MasterEdition; il suo libro Winsor McCay: His Life and Art, New York, Abbeville Press, 1987,nell’edizione riveduta e aggiornata del 2005 per la Harry N. Abrams di New York).Questa e le seguenti Note sono a cura di Matilde Tortora.

2 Walter Lantz (1899-1994), animatore e produttore di disegni animati; nel 1979 rice-vette un Oscar alla carriera per il suo contributo all’animazione, e in particolare per la suacreazione del personaggio Woody Woodpecker (in Italia, Picchiarello).

Vladimir Tytla (1904-1968) fu supervisore all’animazione e creatore grafico di moltidei più importanti film della Walt Disney Pictures (cfr. John Canemaker, «VladimirTytla: Master Animator», Animation Journal, vol. 4, n. 31, Fall 1994).

Paul Houlton Terry (1887-1971) fu fumettista, sceneggiatore, regista e uno dei piùprolifici produttori cinematografici nella storia. Tra il 1915 e il 1955 produsse oltre 1300disegni animati, compresi i famosi Terrytoons.

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Margaret Winkler Mintz, primo distributore di Disney e dei car-toon degli studi di Max e Dave Fleischer; Elfriede Fischinger, ladeterminata vedova di Oskar Fischinger e instancabile promotricedei film astratti del marito; Chuck Jones, probabilmente il piùgrande regista della Warner Brothers; Richard Williams, FrankThomas, Ollie Johnston, Marc Davis, Ward Kimball, Len Lye,Faith Hubley, George Griffin, Michael Sporn, Kathy Rose, JoeRanft, Brad Bird, John Lasseter, Pete Docter, e tanti altri.3 Tuttiquesti si sono consacrati al lavoro nell’animazione, indipendente-

Gertie The Dinosaur, di Winsor McCay, 1914.

3 Max Fleischer (1883-1972) verso la metà degli anni Dieci, con il fratello Dave(1894-1979), sperimentò una nuova tecnica chiamata rotoscopio. Dopo la guerra i duemescolarono le figure riprese dal vivo ai disegni animati, con Max nei panni dell’inven-tore del clown KoKo nella serie Out of the Inkwell. Il successo proseguì fino al terminedegli anni Venti, finché non arrivarono le altre loro creature, Betty Boop e Popeye(Braccio di Ferro), negli anni del sonoro.

Oskar Fischinger (1900-1967) fu un animatore e pittore tedesco, autore di cortome-traggi d’animazione astratta. Realizzò oltre 50 cortometraggi e circa 900 tele. Tra i suoifilm, Motion Painting No. 1 (1947) fa parte dello statunitense National Film Registry.

Charles Martin «Chuck» Jones (1912-2002), una delle colonne portanti della WarnerBros., nonché l’inventore di tantissimi personaggi diventati delle vere e proprie icone,

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mente dal periodo in cui hanno lavorato o dalle tecniche chehanno usate. Otto Messmer, che negli anni Venti diresse circa due-cento film con il Gatto Felix come protagonista e che fu il genioguida dietro al personaggio, era un signore modesto e schivo.Quando l’epoca del muto ebbe termine, fu la fine anche per Felixe allora Messmer lavorò per circa trent’anni nella creazione di ani-mazioni pantomimiche per le gigantesche insegne luminose diTimes Square a New York e di altre capitali nel mondo.4

come Wile E. Coyote, Pepé Le Pew, Yosemite Sam e Speedy Gonzales. È ricordatoanche per essere stato produttore e regista di alcuni corti di Tom & Jerry.

Frank Thomas (1912-2004), Ollie Johnston (1912-2008), Marc Davis (1913-2000) eWard Kimball (1914-2002) sono fra gli autori di cui Canemaker ha ampiamente scrittonel suo libro Walt Disney’s Nine Old Men and the Art of Animation (New York, DisneyEditions, 2001), i più stretti collaboratori di Disney dell’epoca d’oro. Gli altri grandi vec-chi della Walt Disney furono Les Clark (1907-1979), Milt Kahl (1909-1987), Eric Larson(1905-1988), John Lounsbery (1911-1976) e Wolfgang Reitherman (1909-1985). «NineOld Men» era il nome scherzoso con cui Disney si riferiva ai suoi principali animatori,riprendendo il nomignolo dato da Roosevelt alla Corte Suprema.

Phillip «Brad» Bradley Bird (1957) è un regista, animatore e sceneggiatore statuni-tense. Vincitore nel 2005 di un premio Oscar per il miglior film d’animazione con TheIncredibles, ha lavorato per le più importanti case di produzione d’animazione fino alsuo ingresso alla Pixar di John Lasseter.

John Alan Lasseter (1957), regista, sceneggiatore e produttore cinematografico sta-tunitense, è uno dei membri fondatori della Pixar, della quale ha supervisionato tutti ifilm, fungendo da produttore esecutivo. Il celeberrimo Luxo Junior (1986) è il primocorto della Pixar Animation Studios, diretto da John Lasseter, a cui sono seguiti, fra glialtri, Red’s Dream (1987), Tin Toy (1988) e Knick Knack (1989). Ha inoltre diretto ToyStory (1995), il primo lungometraggio interamente animato al computer, e il suo segui-to (1999), A Bug’s Life (1998) e Cars (2006). Lasseter ha vinto due premi Oscar, per ilmiglior cortometraggio d’animazione (Tin Toy) e per Toy Story, e un Golden Globe peril miglior film d’animazione con Cars. Nell’aprile 2006 la Disney ha acquistato la Pixare Lasseter è oggi direttore creativo della Pixar e dei Walt Disney Studios.

Pete Docter (1968) dal 1990 è uno dei talenti creativi della Pixar, per la quale ha rea-lizzato spot pubblicitari collaborando anche alla sceneggiatura e agli storyboard di ToyStory e Toy Story 2. Monsters & Co. (2002) è il suo primo lungometraggio da regista.

4 Otto Messmer (1892-1983), regista e animatore statunitense. Nel 1914 conobbeHenry «Hi» Mayer, con il quale iniziò a collaborare girando film pubblicitari. L’annosuccessivo fu chiamato da Patrick «Pat» Sullivan (1887-1933) a lavorare nel suo studio,dove rimase per circa vent’anni, e presso il quale disegnò nel 1919 Felix the Cat (inItalia noto anche come Mio Mao), protagonista di più di 150 corti animati nell’epocadel muto. Felix diventò presto famosissimo, tanto da essere scelto come mascotte da

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Qual è il suo rapporto con il computer e con le nuove tecnolo-gie? Si potrà prescindere mai dall’opera delle mani dell’uomo,dai suoi disegni o dalle carte ritagliate o dalle matite?

Nei miei film di solito utilizzo vari media e somigliano a un col-lage (uso la pittura, la fotografia, filmati d’archivio così comecarta e matita). I miei film sono disegnati a mano, ma uso il com-puter per altri compiti, come il compositing, il montaggio, la stam-pa su pellicola, il missaggio del suono ecc. Gli animatori, oggi-giorno, possono scegliere di utilizzare la tecnica che preferiscono.Questo è il bello dell’animazione di oggi: la varietà di sceltedisponibili in fatto di tecniche.

Felix The Cat, creato e animato da Otto Messmer, prodotto da Pat Sullivan.I classici punti di domanda o esclamativi di Felix si possono tramutare in qualsiasi cosa.Qui si tramutano in un paio di pattini.

Charles Lindbergh per la sua trasvolata oceanica. Con l’avvento del sonoro abbandonòil cinema per dedicarsi prima alla realizzazione di fumetti e poi alla produzione di dise-gni animati per la TV. Cfr. John Canemaker, Otto Messmer and Felix the Cat, documen-tario, 1977, e Id., Felix: The Twisted Tale of the World’s Most Famous Cat, New York,Pantheon Books, 1991.

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Insegna all’università ed è coordinatore del corso di anima-zione presso la Tisch School of Arts della New York University.Fra i suoi propositi v’è quello di insegnare ai suoi studenti un«vocabolario del movimento». Cosa significa questa espressionee cos’altro principalmente vuole che i suoi studenti apprendano?

Nelle lezioni di «Analisi dell’azione» mettiamo l’accento sul-l’animazione di base e sui principi del movimento quali, per esem-pio, lo squash & stretch, l’anticipation, il follow through e cosìvia. Questi principi, che formano ciò che noi chiamiamo vocabo-lario di base, sono una dozzina.5 Gli studenti sono tenuti a cono-scerli e conoscere gli effetti che producono sullo schermo per ope-rare delle scelte e comunicare in modo chiaro e diretto con il pub-blico. Nella nostra scuola, la Tisch School of the Arts – KanbarInstitute of Film & Television della New York University, offria-mo agli studenti, ogni semestre, diciassette corsi diversi sull’ani-mazione, tenuti da dieci docenti. Le lezioni sono condotte sia coni tradizionali metodi di disegno a mano sia con tecniche di dise-gno al computer.6

Ha anche contribuito alla realizzazione di diversi documenta-ri, quali You Don’t Have to Die prodotto dalla HBO (1988, vinci-tore del premio Oscar) e Break the Silence: Kids Against ChildAbuse, prodotto dalla CBS (1991),7 dirigendone le sezioni filma-

5 L’autore allude alle dodici regole d’oro dell’animazione disneyana e in genere di quel-la tradizionale e umoristica. Esse sono squash & stretch (‘compressione e dilatazione’),timing (‘temporizzazione’), anticipation (‘anticipazione’), staging (‘messa in scena’), fol-low through & overlapping action (‘susseguenza e azione sovrapposta’), straight aheadaction & pose to pose action (‘animazione passo-passo e animazione da posa a posa’),slow in & out (‘rallentamento in entrata e in uscita’), arcs (‘traiettorie ad arco’), exagge-ration (‘esagerazione’), secondary action (‘azione secondaria’), solid drawing (‘disegnovolumetrico’), appeal (‘attrattiva’). Cfr. Frank Thomas – Ollie Johnston, The Illusion ofLife: Disney Animation, New York, Disney Editions, 1981, pp. 47-69.

6 La pagina web della scuola è Filmtv.tisch.nyu.edu/object/ug_filmtv_courses.html.7 You Don’t Have to Die, di Malcolm Clarke e Bill Guttentag, e Break the Silence: Kids

against Child Abuse, di Arnold Shapiro, Brenda Reiswerg, J. Canemaker e Melissa Jo Peltier.

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73CONVERSAZIONE CON JOHN CANEMAKER

te in animazione. Può parlarne? Inoltre, quanto conta l’anima-zione per trattare anche temi della realtà, alcuni dei quali deci-samente scottanti?

Prima di lavorare su un documentario con scene in animazio-ne, domando sempre al produttore perché vuole usare l’anima-zione nel film. Credo che ci debba essere una buona ragione perfarlo come, per esempio, usare l’animazione per andare in luoghiinaccessibili alle riprese dal vivo o per presentare un argomentoche in animazione risulta diverso.

Nel documentario sull’abuso sui bambini abbiamo adoperatol’animazione per mostrare come l’abuso veniva psicologicamentevissuto dalle vittime, e non come appariva in superficie. L’ani-mazione può personificare le emozioni e i pensieri. I simboli usatiper rappresentare la realtà possono essere molto forti ed efficacinel comunicare idee e sensazioni. L’animazione deve essere usatacon parsimonia e in modo appropriato, nel rispetto della strutturae dei propositi del documentario.

Koko il Clown disegnato dalla stilografica di Max Fleischer, il suo creatore, nella seriedegli anni Venti Out of the Inkwell.

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74 PER UN VOCABOLARIO DEL MOVIMENTO

All’interno della collezione permanente del Museum ofModern Art di New York è ospitata una serie di suoi cortometrag-gi animati. Il MOMA ha organizzato, fra l’altro, due retrospettivedi film a lei dedicate. Quali sono, a suo avviso, le relazioni traarti visive e cinema d’animazione fin dalle origini e quali sonostati i suoi ispiratori nella pittura e nel cinema d’animazione?

L’animazione è una grande forma d’arte perché include moltealtre arti, quali, per esempio, grafica, musica, teatro, danza, poe-sia, mimo, recitazione, sceneggiatura. Per i miei film, mi ispiro atutte queste discipline. Tra i miei artisti visivi preferiti ci sonoArthur Dove, Charles Burchfield, Milton Avery, Honoré Daumier,Henri Matisse, Len Lye, Oskar Fischinger, Winsor McCay, WaltDisney e molti altri.

Simona Gesmundo aveva creato un personaggio animato in 3Dal quale aveva dato nome Molloy, poiché le sue passioni erano ilcinema d’animazione e lo studio dell’intelligenza artificiale maanche la letteratura: infatti il nome Molloy lo derivò dalla com-mistione dei nomi di due personaggi, uno tratto da Beckett e l’al-tra da Joyce.

Professor Canemaker, i suoi film e in particolar modo il suocortometraggio animato The Moon and the Son: An ImaginedConversation, vincitore del premio Oscar 2006, hanno una talecarica di poeticità e di capacità narrativa, che mi viene fatto dichiederle quali sono i suoi autori letterari preferiti e soprattuttoche cosa l’ha spinta inizialmente a volere creare animazioni.

Tra i miei scrittori favoriti ci sono, tra gli altri, Janet Malcolm,Joan Didion, Virginia Woolf, Ray Bradbury, ChristopherHitchins. Ho cominciato a creare film d’animazione quando eroadolescente, nei tardi anni Cinquanta, poi li ho accantonati percirca quindici anni prima di ritornarvi nei primi anni Settanta. Eroe sono attratto dal vedere come un disegno arrivi a prendere vita.

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75CONVERSAZIONE CON JOHN CANEMAKER

Questa è la magia e l’incanto di questa forma d’arte, sia nel mioricordo personale sia oggi, per quello che l’animazione mette incampo attualmente, di fronte ai nostri occhi.

Come descriverebbe lo stato attuale del cinema d’animazioneindipendente nei diversi paesi del mondo e anche della possibili-tà che si ha oggi di fruirne? Quali, poi, le sue previsioni per ilfuturo? E inoltre a che cosa sta lavorando attualmente?

Lo stato attuale del cinema di animazione indipendente è oggimolto buono e ci sono più opportunità di mostrare i propri lavo-ri sia attraverso le nuove tecnologie, come internet, sia attraversostrumenti e occasioni più tradizionali, come DVD, festival ecc.

Attualmente sto lavorando a un nuovo libro per le EdizioniDisney che verrà pubblicato nel 2009; sto anche lavorando con laproduttrice Peggy Stern a un documentario con animazione sulladislessia; sto dirigendo come ospite un episodio della serie televi-siva The Wonder Pets e sto lavorando a un altro film indipendente.

Simona Gesmundo, come pure tantissimi giovani nel mondo, siè formata anche sui suoi libri di storia del cinema d’animazione,sui suoi articoli, sulle sue lezioni, e ha trovato materia e fonted’ispirazione in tutti i suoi film; per questo motivo desidero rin-graziarla calorosamente per la sua gentile disponibilità a conce-dere questa intervista.

Grazie. È stato un piacere.

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