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-l(i.-., t,) i Introduzione Sabato 22 maggio l97l andai a Sonora, in Messico, a rovare ,lon Juan Matus, uno stregone indiano yaqui con cui ero stato in rap- lrorto fin dal L961. Pensavo che la mia visita di quel giorno non sarebbe stata diversa dalle tante altre dei dieci anni in cui ero stato suo disce- 1:olo. Gli avvenimenti di quel giorno e dei seguenti, invece, furono per rne molto importanti. In quell'occasioneil mio noviziato giunse alla fine. Non si trattd di un mio arbitrario ritiro, bensi di una conclusione in buona fede. Ho gii esposto il mio noviziato in due libri precedenti: Tbe Tea- tbings ol Don f uan e A Separate Reality.x In entrambi i libri mia assunzione di base era che i punti cruciali rlel tirocinio di stregonefossero gli stati di realti non ordinaria prodotti ,lall'ingerimento di piante psicotrope. Da questo punto di vista don Juan era un esperto nell'uso di tre lriante: Datura inoxia, nota anche come erba del diavolo; Lophophora u,illiamsii, nota come peyote; e un fungo allucinogeno del genere l'rilocybe. La mia percezione del mondo attraverso gli efietti di quelle piante psicotrope era stata cosl bizzarra e impressionante da cosringermi a \ul)porre che fossero le sole vie per comunicare e imparare cid che ,1,'n Ju4n tentava di insegnarmi. Ma era una supposizione errata. Al fine di evitare qualsiasi fraintendimento sul mio lavoro con ,1,'rr Juan vorrei chiarire a questo punto le seguenti questioni. Finora non ho fatto alcun tentativo di situare don Juan in un milieu , rrltrrrale.Il fatto che egli si consideri uno stregone yaqui non significa "' Lr,clizione italiana:A scuola dallo stegone, una uia yaqui alla conoscettza, \.,rr,,lrrbio - Ubaldini Editore,Roma 1970; Una realti separuta, nuoai ixcontri ,,,rt Jon lrcn, Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma,1972.

VIAGGIO A IXTLAN - CARLOS CASTANEDA

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Viaggio a Ixtlan è il terzo libro in cui Castaneda racconta la sua iniziazione ai misteri dello sciamanesimo messicano, grazie agli insegnamenti di don Juan Matus. In questo libro, che narra la fine dell'apprendistato dell'autore, a più di dieci anni dal primo incontro con il maestro, si precisano e si sviluppano temi chiave come il 'vedere' dello sciamano, tanto più profondo del guardare quotidiano; o, condizione necessaria per vedere, la 'capacità di fermare il mondo', di interrompere, cioè, il flusso di immagine che costituisce la nostra ordinaria interpretazione delle cose; o, ancora, 'il potere' che consente all'iniziato di controllare il mondo nelle sue manifestazioni più profonde.

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Introduzione

Sabato 22 maggio l97l andai a Sonora, in Messico, a rovare,lon Juan Matus, uno stregone indiano yaqui con cui ero stato in rap-

lrorto fin dal L961. Pensavo che la mia visita di quel giorno non sarebbestata diversa dalle tante altre dei dieci anni in cui ero stato suo disce-

1:olo. Gli avvenimenti di quel giorno e dei seguenti, invece, furono perrne molto importanti. In quell'occasione il mio noviziato giunse allafine. Non si trattd di un mio arbitrario rit iro, bensi di una conclusionein buona fede.

Ho gii esposto il mio noviziato in due libri precedenti: Tbe Tea-tbings ol Don f uan e A Separate Reality.x

In entrambi i libri mia assunzione di base era che i punti crucialirlel tirocinio di stregone fossero gli stati di realti non ordinaria prodotti, lall ' ingerimento di piante psicotrope.

Da questo punto di vista don Juan era un esperto nell'uso di tre

lriante: Datura inoxia, nota anche come erba del diavolo; Lophophorau,illiamsii, nota come peyote; e un fungo allucinogeno del genere

l'r i locybe.

La mia percezione del mondo attraverso gli efietti di quelle piante

psicotrope era stata cosl bizzarra e impressionante da cosringermi a\ul)porre che fossero le sole vie per comunicare e imparare cid che,1,'n Ju4n tentava di insegnarmi.

Ma era una supposizione errata.Al fine di evitare qualsiasi fraintendimento sul mio lavoro con

,1,'rr Juan vorrei chiarire a questo punto le seguenti questioni.

Finora non ho fatto alcun tentativo di situare don Juan in un milieu

, rrltrrrale. Il fatto che egli si consideri uno stregone yaqui non significa

"' Lr,clizione italiana: A scuola dallo stegone, una uia yaqui alla conoscettza,\.,rr,,lrrbio - Ubaldini Editore, Roma 1970; Una realti separuta, nuoai ixcontri,,,rt Jon lrcn, Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma, 1972.

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Introduzione

che la sua conoscenza della stregoneria sia nota agli yaqui in genere osia da essi praticata.

Tutte le conversazioni che avemmo durante tutto il noviziato sisvolsero in spagnolo, e solo grazie all'assoluta padronanza che don Juanaveva di quella lingua riuscii a ottenere spiegazioni complesse del suosistema di convinzioni.

Ho mantenuto la pratica di indicare quel sistema come stregoneriae ho anche mantenuto la pratica di indicare don Juan come stregone,infatti erano quelle le categorie da lui usate.

Avendo potuto trascrivere la maggior parte di cib che fu detto alprincipio del noviziato e turto cid che fu detto nelle fasi successive, horaccolto vsluminosi appunti sul campo; ma per renderli leggibili epreservare tutt^via I'uniti drammatica degli insegnamenri di don Juan,ho dovuto rimaneggiarli e limarli; credo perd che le parti cancellarenon abbiano importanza per le questioni che voglio trattare.

Nel caso del mio lavoro con don Juan ho limitato i miei sforziesclusivamente a vederlo come stregonc e ad enrare come menbro nellasua conoscenza.

Al f ine di presentare la mia trattazione devo innar-rzitutto spiegareIe premesse di base della stregoneria come don Iuan le ha presentate ame. Don Juan mi disse che per uno sregone il mondo della vita quoti-diana non B reale, o qui intorno a noi, come crediamo. Per lo stresonela realti, o il mondo che noi tutti conosciamo, d solo una descrizine.

Per convalidare questa premessa, don Juan concentrb i suoi sforzimigliori per convincermi oltre ogni possibiliti di dubbio che il mondoda me ritenuto reale era semplicemente una descrizione del mondo:una descrizione inculcatami fin dal momento della mia nascita.

Don Juan osservb che chiunque venga in contatto con un bambinob un maestro che gli descrive incessantemente il mondo, fino al momentoin cui il bambino b capace di percepire il mondo come gli d stato de-scritto. Secondo don Juan, non abbiamo alcun ricordo di quel porten-toso momento, semplicemente perch6 nessuno di noi potrebbe mai averavuto un qualsiasi punto di riferimento per confronrarlo. Da quel mo-mento in avanti, tuttavia, il bambino d. un membro. Conosce la descri-zione del mondo; e la sua qualitd di membro diventa completa, sup-pongo, quando b capace di trarre tutte le.appropriate interpretazionipercettuali che, conformandosi a quella descrizione, la convalidano.

Per don Juan, quindi, la realti della nostra vita clrrotidiana consistein un interminabile flusso di interpretazioni percettuali che noi, gli indi-vidui che condividono ,rn^ ,p..ifi.u appartcnenza, abbiamo

'iilparatoin comune a trarre.

L'idea che le interpretazioni concettuali che costitr-riscono il mondo

Introduzione 7

rrlrbiano un flusso b conforme al fatto che esse scorrono ininterotta-l)tente e sono raramente, o mai, suscettibili di discussione. In effetti, larcalt) del mondo che conosciamo b data a tal punto per scontata cheln premessa di base della stregoneria, che la nosna realt) b semplice-mcnte una delle tante descrizioni, potrebbe difficilmente venir presa('()me una proposizione seria.

Per buona sorte, nel caso del mio noviziato, don Juan non si curbrrffatto se io prendevo o no sul serio la sua proposizione, e procedetterr chiarire cib che intendeva a dispetto della mia opposizione, incredulit)t' incapaciti di comprendere cid che diceva. Percib, nella sua qualit)<li maestro di stregoneria, don Juan si sforzb di descrivermi il mondofin dalla prima volta in cui parlammo insieme. La mia difficolti di afier-rrrre i suoi concetti e i suoi metodi nasceva dal fatto che Ie unit) dellatrrir descrizione erano estranee e incompatibili con le mie.

Sua aflermazione era che egli mi insegnava a 'vedere' in quanto()l)l)osto al semplice 'guardare', e che 'fermate il mondo' era il primort,rsso del 'vedere'.

Per anni avevo considerato I'idea del 'fermare il mondo' comerrr'oscura metafora priva in realti di significato. Fu solo durante una,,,nversazione informale svoltasi' verso la fine del mio noviziato cherrr:scii a comprenderne in pieno lo scopo e I'importanz^ come una delle1'rincipali proposizioni della conoscenza di don Juan.

(lon don j.tan avevamo parlato di cose disparate in tono - rilassato, t',rsuale. Gli avevo detto di un mio amico e del problema che aveval,('f sr.ro figlio di nove anni. Il bambino era vissuto con la madre neglirrlr inri quattro anni e ora viveva col mio amico, e i l ptoblema era cosal.rrrrc? Secondo il mio amico, i l bambino era uno spostato a scuola:rr;rr)c2lva di concentrazione e non,si interessava a nulla. Era facilmenterrrtirnn di attacchi di collera, di comportamento dissociato, e in queinrotr l ( ' l l t i fuggiVa di casa.

" l, ."rto un bel problema per il tuo amico", disse don Juan ridendo.\',rlli continuare a raccontargli tutte le 'terribili' cose che il bambino

,,,, r ' ;r fr ltto, ma don Juan mi interruppe."lll inutile parlare ancora di quel povero bambino", disse. "Per te

,, l '( r nrc b inuii le considerare le sue azioni in un modo o in un altro"./\\'('vrl parlato bruscamente e in tono fefmo, ma subito dopo sorrise."t . lrc pub farc i l mio amico?", chiesi.'' l..r c,,sa peggiore sarebbe costringere il bambino a esser d'accordo

, ' , r , l r r i " . r isoose." ( l rt ' voiete dire? "."\ ' ,,1il io clire che quel bambino non dovrebbe essere sculacciato o

t,r\, rr.rr() rlrrl padre qlando non si comporta come il padre vorrebbe".

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I Introduzionc

"Ma come potrebbe insegnargli qualcosa se non E severo con lui?""Il tuo amico dovrebbe fare in modo che sia un altro a sculacciare

il figlio"."Ma non permetterebbe a nessuno di toccare suo figliol", esclamai,

sorpreso da quel suggerimento.Don Juan sembrb divertito dalla mia reazione e ridacchid."Il tuo amico non b un guerriero", disse. "Se lo fosse, saprebbe che

afirontare gli esseri umani bruscamente b la peggior cosa da^ fare',."Cosa fa un guerriero, don Juan?"."Un guerriero si comporta strategicamente"."Ancora non capisco quello che volete dire".

^.."Voglio dire che se i l tuo arnico fosse un guerriero aiuterebbe suofiglio a f ernzare il mondo".

"Come potrebbc farlo i l mio amico?"."Avrebbe bisogno di potere personale. Dovrebbe essere uno stre-

gone "."Ma non lo d"."In tal caso deve usare mezzi normali per aiutare suo 6glio a cam-

biare la sua idea del mondo. Non d come lermare il mondo,"ma funzio-nerebbe altrettanto".

GIi chiesi di spicgarsi."Se fossi i l tuo amic_o", disse don Juan,,, incomincerei col prezzo_

lare qualcuno perch6 sculacci il bambino. Andrei nei bassifondi e urru-merei l ' individuo pii brutto che potessi trovare".

"Per spaventare un bambino?"."Non solo per. spaventare,un bambino, sciocco. etel ragazzino deve

essere_ fermaro, ed essere sculacciato da suo padre non seriirebbe."

'.S:.si vuole ferm,are i nostri simil i, bisogna sempre essere al difuori del cerchio che li comprime. In tai mod6 si pub sempre dirigerela pressione".

Era un'idea strampalata, ma in certo qual modo mi attirava.. . Don Juan stava col mento reclinato suf palmo della mano sinistra,

i l braccio sinistro appoggiato davanti al peito su una cassa di legnoche tungeva da tavolino basso. Teneva gli occhi chiusi ma le pupil le simuovevano. sentii che mi guardava aitraverso le palpebre -chiuse

equesto mi spaventd.

"Ditemi che altro dovrebbe fare il mio amico col suo bambino,,,chiesi.. "Digli di andare nei bassifondi e scegliere con molta attenzione un

derelitto molto brutto'), riprese. "Digli Ji sceglierne ,rno giovane, unoche abbia ancora forza".

Quindi don Juan prospettb una strana strategia. Dovevo spiegare

Introduzione 9

.rl rnio amico di fare in modo che I'uomo lo seguisse e lo aspettasse in,rn luogo dove sarebbe andato con suo 6gli9. L'uomo, seguendo unrcgnale prestabilito, da dare dopo un comportamento sconveniente dalrrrrte del bambino, avrebbe dovuto balzar fuori da un nascondiglio,.r{fcrrare il bambino e sculacciarlo di santa ragione.

"Quando I'uomo ha spaventato il bambino, il tuo amico 1o deve;rirrtare a riacquistare la sua fiducia, con qualsiasi mezzo. Se segue questo1'rocedimento tre o quatro volte, ti assicuro che il bambino cambierirl suo atteggiamento nei confronti di tutto. Cambieri la sua idea deli l r r ) t lL lO

"I l se lo spavento gli fa male?"."Uno spavento non fa mai male a nessuno. Quello che fa male allo

.,1,rl i to B avere sempre qualcuno alle costole, che ti picchia, che ti inse-I'rr;r cluello che devi e non devi fare.

"Quando il bambino d pii l obbediente, devi dire al tuo amico dil,r lt '1;er lui un'ult ima cosa. Deve trovare i l modo di arrivare a unl'.rrrrlrino morto, magari in un ospedale o nello studio di un medico.| )r'r,c portarci suo figlio e fargli vedere il bambino morto. Deve farglir,,((i lre i l cadavere una sola volta con la mano sinistra, in qualsiasiy,,rnlo clel corpo tranne la pancia. Quando il bambino avr) fatto cib sari, . r r r rb iato, per lu i i l mondo non sar i mai pi i lo stesso".

( ,ompresi allora che negli ult imi anni passati insieme don Juan.,,,, r,,r impiegato con me, sebbene su scala differente, le stesse tattiche,l ' , ' i l rnio amico avrebbe dovuto usare con suo figlio. Glielo chiesi.l(r..1'osc che aveva sempre cercato di insegnarmi a'fermare i l mondo'.

"Non ci sei ancora riuscito", disse sorridendo. "Sembra che non ci.,, nr,tt l6, perchd sei molto ostinato. Se tu fossi meno ostinato, tuttavia,',rn;ri avresti probabilmente lerrnato i l tnondo con una qualunque deller , , r r i r ' l rc che t i ho insegnato".

" ( lrc tecniche, don Juan ? " .'"| 'utto quello che ti ho detto <ii fare era ulta tecnica per lermare

'tr ,. ' ' : t ) t | ( to(.)rr:rlche mese dopo questa conversazione don Juan portb a compi-

,. , ,,r, ' t luello che si era proposto di fare, insegnarmi a 'fermare i l" , , , ;1,11; 't .trrt ' l l ' importantissimo avvenimento mi cosrinse a riesaminare det-,,, lr.rr,rnrcnte i l mio lavoro di dieci anni. N{i fu evidente che la mia,,r.rr.rrirr supposizione circa i l ruolo delle piante psicotrope era erronea.

| , t,r.r)r( ' non erano I'elemento essenziale della descrizione del mondo', l l ' ,n(' l l()ne, erano solo un aiuto per, diciamo cosi, cementare parti. ' lr , l ,.,tr izione che altrimenti sarei stato incapace di percepire. La

| )r ',r\ l(:r)za sulla mia versione standard della realt) mi rendeva quasi

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10 Introduzione

cieco e sordo agli scopi di don .Iuan. Quella cl-re Ii aveva impediti erastata percib semplicemente la mia mancanza di sensibiliti.

Riesaminando tutti i miei appunti sul campo mi accorsi che donJuan, proprio al principio del nostro sodalizio, mi aveva dato la maggiorparte della nuova descrizione in quelle che chiamava 'tecniche per fer-mare i l mondo'. Nei primi l ibri avevo scarrato quelle parti dei mieiappunti sul campo perch6 non avevano attinenza con I'uso delle piantepsicotrope. Ora ho doverosamente reinsediato quelle parti enrro laportata degli insegnamenti di don Juan, e comprendono i primi dicias-sette capitoli di questo l ibro. Gli ult imi tre capitoli sono gli appuntisul campo che abbracciano gli avvenimenti culminati nel mio 'fermareil mondo'.

Riassumendo, posso dire che quando incominciai i l noviziato c'eraun'altra realti, per cosi <lirc, c'er:l una descrizione strcgonesca del mon-do che io non conosccv().

Don Juan, come streg()nc c mf lcstr() , r r r i inscgrro c l r re l la descr iz ione.I miei dieci anni di noviziato consistcmcr() cluindi ncl cosruire quellarealti sconosciuta svelandonc la descrizione, lggiLrngenclo pal't i semprepii complesse a mano a mano che proceclcvo.

Il termine del noviziato significava che avcvo imDarato una nuovadescrizione del mondo in mnnierl convincenre

" ,ut"nii., ed ero percid

capace di suscitare una nuova percezione del mondo, che si adattavaalla sua nuova descrizione. In altre parole, ero diventato membro.

Don Juan afretmava che per poter arivare a 'vedere' si dovevaprima 'fermare il mondo'. 'Fermare il mondo' era davvero una tradu-zione appropriata di certi stati di consapevolezza in cui la realt) dellavita quotidiana d alterata perch6 il flusso di interpretazione, che d'ordi-nario score ininterrottamente, E stato fermato da una serie di circo-stanze estranee a quel flusso. Nel mio caso la serie di circostanze estra-nee al mio normale flusso di interpretazione era la descrizione del mondosecondo la stregoneria. La condizione preliminare di don Juan per 'fer-mare il mondo' era che si doveva essere convinti: in altre oarole. sidoveva imparare la nuova descrizione in senso totale, al f ine i i opporlaalla vecchia, e in quel modo infrangere la certezza dogmatica, da noitutti condivisa, che la validit) delle nostre percezioni o la nostra realtadel mondo non deve esser messa in discusiione.

Dopo aver 'fermato il mondo', il passo successivo era 'vedere';parola con cui don Juan intendeva cid che vorrei definire "risponderealle sollecitazioni percettuali di un mondo esrerno alla descrizione cheabbiamo imparato a chiamare realti".

Voglio sostenere che tutti questi passi possono essere compresi soloin termini della descrizione a cui appartengono; e poichd era una descri-

I ntrcduzione 1l

zione che don Juan si sforzb di darmi fin dal principio, devo quindilasciare cbe i suoi insegnamenri ne siano la sola via d'ricerro. Ho oercidlasciato che le parole di don Juan parlassero da sole.

C. C.

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PRIMA PARTE

FERMARE IL MONDO

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Conferme dal mondo intorno a

"Ho sentito dire che sapete molte cose sulle piante, signore", dissi,rl vecchio indiano davanti a me.

Un amico mi aveva appena messo in contatto con lui, poi se n'era;rrrrlato e avevamo dovuto presentarci da soli. I l vecchio aveva detto,l i chiamarsi Tuan Matus.

"E stato i l tuo amico a dirtelo?". domandd in tono indifierente."s l" ."Raccolgo le piante, o meglio le piante si lasciano raccogliere da

rrrr"', disse dolcemente.I'.ravamo nella sala d'aspetto di una stazione di autobus dell'Ari

z.rrir. Gli chiesi in uno spagnolo molto formale se mi permetteva dirlrt( 'rrogarlo. Dissi: "Mi permettereste, signore lcaballerol, di farvi, 1,r,rlclre domanda? ",

'Caballero', che deriva dalla parola 'caballo', cavallo, significava in,,ri1iine uomo a cavallo o un nobile sul cavallo.

lv{i guardb interrogativamente."Sono un cavaliere senza cavallo", disse poi con un largo sorriso,

,1, , rn, l i aggiunse: "Ti ho detto che i l mio nome d Juan Matus".| | suo sorriso mi piacque. Pensai che certo sapeva apprezzarc la

' lt r ttcz,zo, e decisi arditamente di affrontarlo con una richiesta.t i l i dissi che mi interessavo alla raccolta e allo studio delle piante

' ",1r, inali, e in particolare mi interessavano gli usi del cactus allucino-r, ,,,, i l peyote, che avevo studiato estesamente all 'universit i di Los

\rr) , ( l ( .S,

I 'r 'nsai che la mia presentazione fosse stata molto seria. Ero molto,, 't '(,\r() e sembravo a me stesso perfettamente credibile.

l l ,,r 'r 'chio scosse il capo lentamente; incoraggiato dal suo silenzio',, ' ,r^i che senza dubbio sarebbe convenuto a entrambi incontrarci, , I l ' . r r l r r rc del peyote.

l 'r(! l)rio in quel momento i l vecchio sollevb i l capo e mi guardd

nol

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16 Conlernte da! mondo intorno a noi

dritto negli occhi. Fu uno sguardo formidabile, eppure non era afrattominaccioso nd incuteva sgomento: era uno sguardo che mi passava daparte a parte. La lingua mi si inceppd all'istante e non potei proseguirecon le mie lodi su di me. Quella fu la fine del nostro incontro. Tuttaviadon Juan lascid una nota di speranza, disse che forse un giorno o I'altroavrei potuto andare a trovarlo a casa sua.

Sarebbe difficile valutare I'effetto dello sguardo di don Juan senzaconfrontare in qualche modo il mio inventario di esperienze con I'uni-citi di quell'episodio. Quando incominciai a studiare antropologia equindi incontrai don Juan, ero gi) un esperto di 'espedienti'. Ero andatovia da casa da molti anni e secondo il mio modo di vedere cib signifi-cava che ero capace di badare a me stesso. Ogni volta che venivo mor-tificato sapevo di solito persuadere a modo mio o far concessioni, di-scutere, arrabbiarmi oppure, se non succedeva nulla, lagnarmi o commi-serarmi; in altre parole, c'era sempre gualcosa che sapevo di poter farenella determinata circostanza, e mai nella mia vita nessun essere umanoaveva fermato il mio slancio con la prontez.za ela decisione di don Juanquel pomeriggio. Ma non era solo i l fatto di essere stato messo a tacere;altre volte non avevo potuto ribattere nulla al mio antagonista per viadel rispetto che provavo per lui, perd la mia collera o frustrazione si 'eramanifestata nei miei pensieri. Invece lo sguardo di don Juan mi avevaannichilito al punto che non potevo nemmeno pensare coerentemente.

Ero rimasto completamente affascinato da quel suo sguardo stu-pendo e decisi di andarlo a cercare.

Dopo quel primo incontro mi preparai per sei mesi, leggendo degliusi del peyote tra gli indiani americani, in particolare del culto delpeyote tra gli indiani delle pianure. Studiai ogni opera disponibile equando mi sentii pronto tornai in Arizona.

Sabato 17 dicembre. 1960

, Trovai la casa dopo lunghe e spossanri ricerche tra gli indiani delluogo. Quando arrivai e mi parcheggiai era primo pomeriggio. Vididon Juan seduto su una cassetra di legno per il latte. Semb-ro ricono-scermi e mi salutb mentre scendevo dall 'automobile.

Ci scambiammo i convenevoli di pramn'tatica e quindi gli confessaifrancamente che la prima volta che ci iravamo incontiati ero-staro moltofalso. Mi ero vantato di sapere molte cose sul pevote menfe in realt)non ne sapevo nulla. Don .Iuan mi fissd, i sr.,oi ocihi erano molto dolci.

Gli dissi che avevo studiato sei mesi per prepararmi al nostro incon-tro e che questa volta ne sapevo davvero molto di pii.

Conlerme dal mondo intorno a noi l7

l)rrrr .|uan rise. Ovviamente nella mia afiermazione c'era qualcosat lrc gli scmbrava bufto. Rideva di me e mi sentii un po' confuso e( ) l I ( 'S() .

Evidentemente si accorse del mio disasio e mi assicurd che sebbenerrvcssi avuto buone intenzioni, in realti n"on c'era modo di prepararmirrl nostro incontro.

Mi domandai se sarebbe stato coltveniente chiedereli se la sua affer-fcrmazione avesse un significato nascosto, ma non 1o ieci ; tuttavia sem-brd che don Juan avesse captato i miei sentimenti perch6 incominciba spiegare quello che intendeva. Disse che i miei sforzi gli rammenta-vano una storia di certe persone che un re aveva persegtritato e uccisotanto tempo fa. Disse che nella storia le persone perscguitate eranoindistinguibil i dai loro persecutori, solo che insistevano a pronunciarecerte parole in una maniera particolare che era caratteristica soltantoloro; quell'errore, naturalmentl, Ii tradiva. Il re aveva piazzato dei bloc-chi stradali nei punti strategici, dove un ufficiale faceva pronunciare unaparola chiave a tutti quelli che passavano. Chi la sapeva dire come lapronunciava il re viveva, ma chi non sapeva era immediatamente messoa morte. Il centro della storia era che un giorno un giovane decise diprepararsi a passare il blocco stradale imparando a proriunciare la parolaesattamente nel modo che piaceva al re.

Con un largo sorriso don Juan disse che il giovane impiegd ben'sei mesi' per imparare alla perfezione quella pronr-rncia. Venne quindiil giorno della grande prova; il giovane si imbatt6 pieno di fiducia nelblocco stradale e aspetd che I'ufficiale gli chiedesse di pronunciare laparola.

A questo punto don Juan si interruppe molto drammaticamente emi guardd. La pausa era molto studiata e mi sembrd un poco scadente,ma stetti al gioco. Avevo gii sentito quella storia. Riguardava gli ebreiin Germania e il modo in cui si poteva riconoscere un ebreo da comepronunciava certe parole. Sapevo inche come andava a finire: il giovanesarebbe stato preso perch€ l'u{frciale aveva dimenticato la parola chiavee gli avrebbe chiesto di pronunciarne un'alrra molto simile ma che ilgiovane non aveva imparato a dire correttametlte.

Don Juan sembrava aspettare che gli chiedessi che cosa era acca-duto; cosi feci.

"Che cosa gli accadde?", chiesi, cercando di apparire ingenuo einteressato alla storia.

:I l giovane, che era davvero astuto", riprese don Juan, "capi chel'i-rfficiale aveva dimenticato la parola chiave, e prima ihe potesse direqualcosa confessb di essersi preparato per sei mesi".

Fece un'alua pausa e mi guardd con gli occhi che scintillavano ma-

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18 Conlerme dal mondo intorno a noi

liziosamente. Questa volta mi aveva messo in imbarazzo. La confessionedef giovane era un elemento nuovo e non sapevo piil come sarebbeandata a finire la storia.

"Allora, cosa d successo?", chiesi, veramente interessato."Il giovane fu ucciso- sull'istante, naturalmente,', rispose don Juanscoppiando in una risata fragorosa.Mi piacque molto il modo in cui aveva catturato il mio interesse:

soprattutto.mi era piaciuto come aveva collegato la storia al mio caso.Sembrava davvero che I'avesse costruita perct6 si adattasse a me. DonJuan_ si prendeva gioco di me in modo sottilissimo e artistifo. Riricon lui.. Subito dopo gli dissi che per quanto stupido potessi apparire, ero

davvero interessato ad apprendere qualcosa sulle iiante."Mi piace camminare molto", disse.Pensai che cambiasse deliberatamente discorso per evitare di rispon-

dermi. Non voll i oppormi con la mia insistenza.Mi chiese se volevo andare con lui a fare trna breve gita nel deserto.

Gli risposi con slancio che mi sarebbe piaciuto molto'passegg;r.! n"ldeserto.

"Non d un picnic", d isse in tono di avvert imento.Gli dissi che ero seriamente interessato a lavorare con lui. Dissi che

avevo bisogno di informazioni, di qualunque tipo, sugli usi delle erbemedicinali, e che ero disposto a pagarlo-per i l suo"tempo e la suafatica.

"Lavorerete per me", dissi. "E vi pagherb"."Quanto mi pagheresti?", chiese.Individuai nella sua voce una nota di avidit i."Qualsiasi somma pensiate sia appropriata"."Pagami per i l mio tempo... col tuo tempo,,, disse.Pensai che fosse un tipo molto bizzano.- Gli dissi che non capivo

quello che voleva dire. Mi rispose che sulle piante non c'era nulla dadire, percid sarebbe stato per lui impensabile prendere ir mio denaro.

Mi lancid un'occhiata Denetrante."Che stai facendo nelia,_tua tasce?", chiese aggrottando le ciglia.

"Stai giocando col tuo uccello?".si riferiva ar fatto che io prendevo appunti su

'n piccorissimo tac-

cuino dentro Ie enormi tasche della mia siacca a venro.Qgando gli dissi quello che facevo scoppid a ridere di gusto.Gli spiegai che non volevo disturbarlo-sirivendo davantl a lui."Se vuoi scrivere, scrivi", disse. "Non mi disturbi afratto,,.Camminammo nel deserto fino a quando fu quasi buio. Don Juan

ConJerme dal nondo intorno a noi 19

non mi mosud nessuna pianta nd parlb affatto di piante. Ci fermammoun momento a riposare vicino a certi grandi cespugli.

"Le piante sono molto strane", disse senza guardarmi. "Sono vivee sentono".

Proptio mentre pronunciava quelle parole una forte raffica di ventoagitb la bassa vegetazione del deserto intorno a noi. I cespugli stormi-rono,

"Hai sentito?", mi chiese, portando la mano destra all'orecchiocome per udire meglio. "Le foglie e il vento sono d'accordo con me".

Risi. L'amico che ci aveva melsi in contatto mi aveva gi) avvertitodi stare attento, perch6 il vecchio era molto eccentrico. Pensai chequesto 'consenso delle foglie' fosse una delle sue eccenhicit).

Camminammo ancora un pd ma don Juan non mi mostrd n6 colsenessuna pianta. Si limitd a passare attraverso i cespugli toccandolidelicatamente. Quindi si fermb, si mise a sedere su un sasso e mi dissedi riposarmi e guardarmi intorno.

Insistei a patlate. Ancora una volta gli dissi che volevo tanto saperedelle piante, specialmente del peyote. Lo supplicai di diventare il mioinformatore in cambio di qualche forma di ricompensa.

"Non mi devi pagare", rispose. "Puoi chiedermi tutto quello chevuoi. Ti dird quello che so e ooi ti dird che cosa farne".

Mi chiese se I 'accordo mi andava bene. Ne ero felice. Quindi ag-giunse un'affermazione sibillina: "Forse sulle piante non c'b nulla daimparare, perch6 su di esse non c'd nulla da dire".

Non compresi quello che aveva detto o aveva voluto dire."Che avete detto?", domandai.Ripetd tre volte la sua afiermazione, e quindi tutta la zona fu scossa

dal rombo di un reattote militare che volava a bassa quota."Ecco! I l mondo mi ha appena dato ragione", disse, portando la

mano sinistra all'orecchio.' Lo trovai molto divertente. La sua risata era conrasiosa.

"Siete dell 'Arizona, don Juan?", chiesi, sforzandomi di mantenerela conversazione intorno al fatto che esli avrebbe dovuto essere il mioinformatore.

Mi guardb e fece un cenno affermativo col capo. I suoi occhi pare-vano stanchi. Potei vedere il bianco sotto le sue pr-rpille.

"Siete nato in questa localit i?".Accennd di nuovo col capo senza rispondere. Sembrava un gesto

affermativo, ma sembrava anche lo scatto nervoso di una persona chel)cnsa.

"E tu da dove vieni?", chiese."Vengo dall'America del sud", risposi.

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2C Conlerme dal mondo intotno a noi

"E un posto molto grande. Vieni da tutto quanto quel .posto?"'I suoi occhi erano ridiventati peneffanti mentre mi guardava'Incominciai a spiegargli le circostanze della mia nascita, ma mi

interruppe."Da^questo punto di vista siamo uguali", disse. "Io vivo qui ora,

ma in realt) sono uno yaqui di Sonora"."Proprio cosl! Io invece sono di. ' .".Non mi lascid terminare."Lo so, lo so", disse. "Tu sei chi sei, da qualsiasi parte tu provenga'

come io sono uno yaqui di Sonora".I suoi occhi si erano fatti molto scinti l lanti e la sua risata mi tur-

bava stranamente. Mi fece sentire come se fossi stato colto a mentire,provai un particolare senso di colpa, ebbi la sensazione che sapessequalcosa chi io non sapevo o non volcvo dire.' Il mio strano imbarazzo crebbe. Don Juan cloveva averlo notatoperchd si alzb in piedi e mi chiese se volcvo andare a mangiare in unristorante in citt).

Ritornare a casa sua e quindi guidarc fino in citt i mi fece sentiremeslio. ma non ero ancora ri lassato del tutto. Mi sentivo in certo qualmoio minacciato, sebbene non potessi indivicluarne la ragione.

Al ristorante voll i comprare per lui deila birra, ma rispose che nonbeveva mai, nemmeno birra. Risi tra me. Non gli credevo; l 'amico chcci aveva messi in contatto mi aveva detto che "per Ia maggior partedel tempo il vecchio non era in s6 e parlava a vanvera". In realtl nonmi importava se mi mentiva sulla sua abitudine di non bere. Mi piaceva;nella iua Dersona c'era qualcosa di molto confortante.

Dovevo avere sul uolto un'".pressione di dubbio perch6 don Juanspiegd subito che da giovane era abituato a bere, ma che un giornoaveva semplicemente smesso.

"La gente quasi mai capisce che possiamo tagliar via clalla nostravita qualsiasi cosa, in qualsiasi momento' proprio cosi". Schioccb lcdi ta.

" Pensate che si possa smettere di fumare o di bere cosi facil-mente? ", chiesi.

"sicuro!", rispose con grande convinzione. "Fumare e bere nonsono nulla se vogliamo smettere".

Proprio in quel momento l'acqua che bolliva nella macchinetta delcaffb emise un forte suono impertinente.

"Senti!", esclamb don Juan con gli occhi che bril lavano. "L'acguabollente b d'accordo con me".

Poi, dopo una pausa, aggiunse: "IJn ttomo pud ottenere consensida tutto cid che lo circonda".

Conlerme dal mondo intorno a floi 2l

Proprio in quell'istante cruciale la macchinetta del cafits mandd un\u()no gorgogliante davvero osceno.

Don Juan la guardb e disse dolcemente: "Grazie"; accennd col capo.' scoppid in una tonante risata.

Fui preso alla sprovvista. La sua risata era un po' troppo forte, ma( r() veramente divertito da tutto quanto.

La mia prima vera seduta col mio 'informatore' termind cosl. Mi,lisse arivederci sulla porta del ristorante. Gli dissi che dovevo farvisita ad alcuni amici e che avrei voluto tornare a trovarlo alla finetlclla settimana seguente.

"Quando sarete a casa?", chiesi.Mi guardb con aria indagatrice."Ogni volta che verai", rispose."Non so esattamente quando potrb venire"."Allora vieni e non ti preoccupare"."E se non ci sarete?""Ci sard", disse sorridendo e si allontand.Lo rincorsi e gli chiesi se mi permetteva di portare una macchina

l()tografica per fotografare lui e la casa."Questo B fuori discussione", disse aggrottando le sopracciglia."E un registratore, vi darebbe fastidio?"."Temo che neanche questo sia possibile".Mi infastidii e incominciai ad arrabbiarmi. Dissi che non vedevo

rrlcuna ragione logica per il suo rifiuto.Don Juan scosse la testa negativamente."Scordatene", disse con forza. "E se vuoi vedermi ancora non par-

lrrrne pir)".Inscenai un'ultima debole lamentela. Dissi che le fotoerafie e le

lcgistrazioni erano indispensabili per il mio lavoro. Don Jrian risposethe c'era una sola cosa indispensabile per tutto cid che facevamo. Lat lr iamb 'lo spirito'.

"Non si-pub fare a meno dello spirito", disse. "E tu non ce I 'hai.I)reoccupati di questo e non delle fotografie".

"Che cosa.. .? " .Mi interruppe con un gesto della mano e arretrd di qualche passo."Fai in modo di tornare". disse dolcemente e mi salutd.

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2

Cancellazione della storia personale

Giouedi 22 dicembre, 1960

Don Juan era seduto per terra accanto alla porta di casa, con laschiena

^ppoggiata al muro. Capovolse una cassetta di legno per il latte

e mi invitb a sedere e a sentirmi come a casa mia. Gli ofirii delle siga-rette, ne avevo portato una stecca. Rispose che non fumava, ma accettbil dono. Parlammo del freddo delie notti nel deserto e di altri normalisoggetti di conversazione.

Gli chiesi se interferivo con le sue abitudini. Mi guardb con unaspecie di cipiglio e rispose che non aveva abitudini fisse e che potevorestare con lui tutto il pomeriggio, se volevo.

Avevo preparato delle schede genealogiche e di parentela che volevoriempire col suo aiuto. Avevo anche compilato, basandomi sulla lette-ratura etnografica, un lungo elenco di tratti culturali che si presumevaappartenessero agli indiani di quella regione. Volevo scorrere I'elencoinsieme a lui e segnare tutte le voci che gli fossero familiari.

Incominciai con le schede di oarentela."Come chiamavate vostro padre?", chiesi."Lo chiamavo Papi", rispose in tono molto serio.Mi sentii un po' seccato, ma pensai che non avesse capito bene.Gli mostai la scheda e spiegai che uno spazio era per il padre e un

altro pet la madre. Come esempio gli dissi le difierenti parole usate ininglese e in spagnolo per indicare padre e madre.

Pensai che forse avrei dovuto incominciare dalla madre."Come chiamavate vostra madre?", chiesi."La chiamavo Mamma", rispose in tono candido."Voglio dire, quali altre parole usavate per chiamare vostro padre

e vostra madre? Come li chiamavate?". dissi. cercando di essere pa-ziente ed educato.

Si grattb il capo e mi guardb con un'espressione sciocca.

Cancellazione della storia personale 23

"Perdinci!", esclamb. "Hai ragione. Fammi pensare".Dopo un istante di esitazione sembrb ricordare qualcosa e io mi

preparai a scrivere._ "Bene", disse, come se fosse immerso in gravi pensieri, ,.in quale

altro modo li chiamavo? Li chiamavo Ehi, ehi, Papal Ehi,'ehi, Mam-ma!".

Scoppiai a ridere pur non volendo. La sua espressione era vera-mente comica e in quel momento non sapevo se fosse un vecchiostrampalato che si prendeva gioco di me o si fosse dawero un sempli-ciotto. Facendo ricorso a tutta la mia pazienza gli spiegai che eranotlomande serissime e che la compilazione di quelle rih.d. era moltoinrportante per il mio lavoro. Cercai di fargli capire I'idea di una genea-logia e di una storia personale.

"Quali erano i nomi di vosffo padre e di vostra madre?", chiesi.Don Juan mi guardb con occhi dolci e limpidi.

, "\on perdere tempo con questa merda', disse dolcemente ma conr()rza lnsospettata.

Non sapevo che dire; era come se fosse stato un altro a pronunciare.luelle parole. Un momento prima era stato un gofio stupido indianoche si grattava la testa, poi aveva invertito le parti in un istante; lostupido eto io, e lui mi fissava con uno sguardo indescrivibile che non('fa uno sguardo di atoganza, o di sfida, o di odio, o di disprezzo. Isrroi occhi erano dolci, limpidi e penetranti.

"Non ho nessuna storia petsonale", disse dopo una lunga pausa."l/n giorno ho scoperto che la storia personale non mi era pit neces-s:rria e l 'ho abbandonata, come il bere".

Non capivo bene quello che voleva dire; improwisamente mi sen-rivo a disagio, minacciato. Gli ricordai che mi aveva assicurato chel)()tcvo fargli domande con tutta tranquilliti. Ripetd che non gli impor-t;tva affatto.

"Non ho pii una storia personale", disse, lanciandomi un'occhiatarntlrrgatrice. "L'ho abbandonata un giorno quando ho sentito che nonlr':r pii l necessaria".

[,o fissai, cercando di scoprire i significati nascosti delle sue parole."Come si pub abbandonare la propria storia personale?", domandai

rr tono oolemico."Innanzitutto bisogna desiderare di abbandonarla", disse. "Quindi

I'i'trgna procedere armoniosamente a tagliafla via, a poco a poco'."Ma perchd si dovrebbe avere un simile desiderio?", esclamai.l'lro attaccatissimo alla mia storia personale. I miei legami con la

l.rrrriglia erano profondi, sentivo onest;mente che senza di-essi la mia\'rl,r non avrebbe ayuto continuit) n6 scooo.

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24 Cancellazione tlella storia personale

"Forse dovreste dirmi cosa intendete per abbandonare la propriastoria personale", dissi.

"Toglierla di mezzo, B questo che voglio dire", rispose seccamente.Insistei che probabilmente non avevo capito."Prendete i l vostro caso, per esempio", dissi. "Voi siete uno yaqui.

Questo non lo potete cambiare"."Davvero lo sono?", chiese sorridendo. "Come lo sai?"."E vero!", esclamai. "Non posso saperlo con certezza a questo

punto; ma voi lo sapete ed b questo che conta. E questo che lo rendestoria personale".

Sentii di aver colpito qualcosa."Il fatto che io sappia se sono o no uno yaqui non ne fa una storia

personale", rispose. "Solo quando lo sa un altro diventa storia perso-nale. E ti a'ssicuro che nessuno 1o saprh mai con cettezza" .

Avevo trascritto rozzamente tutto cib che aveva detto; smisi discrivere e 1o guardai. Non riuscivo a figurarmi che tipo fosse. Ripercorsimentalmente le mie impressioni su di lui: il modo misterioso e senzaprecedenti in cui mi aveva guardato nel nostro primo incontro, il suofascino quando aveva afiermato di ricevere consensi da tutto cid chelo circondava, il suo irritante umorismo e la sua prontezza, la suaaria di stupiditi in buona fede quando gli avevo chiesto del padre edella madre, e infine la forza insospettata delle sue asserzioni che miavevano sconvolto.

"Tu non sai chi sono io, non d vero?", disse come se mi leggessenel pensiero. "Non saprai mai chi o cosa sono, perch6 non ho unastoria personale".

Mi chiese se avevo un padre. Risposi di sl. Disse che mio padre eraun esemDio di cib che lui intendeva. Mi esortb a ricordare cosa Densavadi me mio padre.' "Tuo padre conosce tutto di te", disse. "Percib si i immaginato

tutto di te. Sa quel che sei e cib che fai, e non c'b potere sulla terrache possa fargli cambiare la sua opinione di te".

Don luan disse che tutti quelli che mi conoscevano avevano un'ideadi me. e- che io continuavo

"d rli-.ntu.e tale idea con tutto cid che

facevo. "Non capisci?", chiese in tono drammatico. "Tu devi rinno-vare la tua storia personale raccontando ai genitori, ai parenti e agliamici tutto cib che f.ai. D'altra parte, se tu non avessi storia personale,non ci satebbe bisogno di spiegazioni; nessuno sarebbe in collera odeluso per i tuoi atti. E soprattutto nessu?o ti inchioderebbe con i suoipensieri ".

Improvvisamente I'idea mi fu chiara nella mente. Lo avevo quasisaputo da me, ma non I'avevo mai esaminato. Non avere storia perso-

Cancellazione della storia Dersonalc 2j

nale era davvero utl concetto attraente, per lo meno al livello intellet-trrale; mi dava perd un senso di solitudine che trovavo minaccioso esgradevole. Volli discutere con lui i miei sentimenti, ma mi trattenni:nclla situazione c'era qualcosa di terribilmente assurdo. Mi pareva ridi-colo cercare di impegnarmi in una discussione filosofica con un vecchioindiano che ovviamente non aveva La'sofisticazione' di uno studentetrniversitario. In qualche modo mi aveva distolto dalla mia intenzioneoriginaria di interrogarlo sulla genealogia.

"Non so come siamo arrivati a questi discorsi, quando tutto quelloche volevo era qualche nome per le mie schede", dissi, cercando diricondurre Ia conversazione sull'argomento che volevo.

"E semplicissimo", rispose. "Siimo finiti a parlare di questo perchdlxr detto che far domande sul passato di qualcuno d un mucchio ditnerda ",

Il suo tono era fermo. Sentii che non c'era modo di smuoverlo.l,crcid cambi ai tattica.

"Questa idea di non avere storia personale E una cosa che fanno11l i yaqui? " , chiesi .

"E una cosa che faccio io"."Dove l'avete imoarata? "."L'ho impar"tu .t"l corso della mia vita"."Ve I 'ha insegnata vostro padre?"."No. Diciamo che I'ho imparata da me e ora te ne comunico il

:icgreto, cosi oggi non te ne andrai a mani vuote".Abbassb il tono della voce fino a un drammatico bisbiglio. Risi del

srro istrionismo. Dovetti ammettere che recitava stupendamente. Per un;rttimo pensai di essere in presenza di un attore nato.

"Scrivi", mi disse in tono di protezione. "Perchd no? Sembri piil:r tuo agio quando scrivi".

Lo guardai, e probabilmente gli occhi tradirono la mia confusrone.I)on Juan si battd le mani sulle cosce e rise con gran gusto.

"E meglio cancellare tutta la storia personale", disse lentamente,(()me per darmi il tempo di scrivere nel mio goflo modo, "perch6 cid, i libererebbe dall'ostacolo dei pensieri alrui".

Non riuscii a credere che lo avesse detto veramente. Provai unistante di grande imbaruzzo. Don Juan doveva avermi letto sul visol;r mia confusione interiore e la sfruttb immediatamente.

"Prendi te stesso, per esempio", riprese. "Proprio in questo mo-n)cnto non riesci a raccapezzarti, e questo perch6 ho cancellato la mia\r()ria personale. A poco a poco ho creato una nebbia intorno a me, irlla mia vita, e ora nessuno sa con cettezza chi sono o cosa faccio".

"Ma voi, proprio voi, sapete chi siete, non d vero?", interloquii.

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26 Cancellazione della storie personale

"Puoi scommetterci che.., no", esclamb e si rotold a terra, ridendodella mia esptessione di sorpresa.

La sua pausa era stata abbastanza lunga da farmi credere che avreb-be detto di saperlo, come io prevedevo. Il suo sotterfugio mi parevamolto minaccioso; mi spaventai veramente.

"Ecco il piccolo segreto che oggi ti voglio confidare", disse a bassavoce. "Nessuno conosce la mia storia personale; nessuno sa chi sonoo cosa faccio, nemmeno io",

Socchiuse gli occhi. Non guardava me ma al di li di me, sopra allamia spalla destta. Eta seduto a gambe incrociate, con la schiena diritta,e tuttavia sembrava molto rilassato. fn quel momento era il rirattostesso della ferocia. Fantasticai che fosse un capo indiano, un'guerrieropellerossa' dei romantici racconti di frontiera della mia giovinezza. Milasciai trasportare dal mio romanticismo e mi sentii avvolgere da un'in-sidiosissima sensazione di ambivalenza. Potevo dire sinceramente chemi oiaceva moltissimo e al tempo stesso dire che ne avevo un terroremoitale.

Don Juan conservb quell'espressione ancora un po'."Come posso sapere chi sono, quando sono tutto questo?", disse

poi, accennando intorno a s6 col capo.Quindi mi guardd e sorrise."A poco a poco devi creare intorno a te una nebbia; devi cancellare

tutto cid che ti circonda finchd non si possa dare pit nulla per scontato,finchd piil nulla d certo o reale. Ora il tuo problema E che sei tropporeale, I tuoi sforzi sono troppo reali; i tuoi umori sono troppo teali.Non dar tanto per scontate le cose. Devi incominciare a cancellarete stesso".

"A che pro'?", chiesi in tono bellicoso.Allora mi fu chiaro che mi stava prescrivendo un comportamento.

Per tutta la vita ero sempre andato in collera ogni volta che qualcunotentav^ di dirmi quello che dovevo fare; il solo pensiero di sentirmidire cosa dovevo fare mi metteva immediatamente sulla difensiva.

"Hai detto che volevi imparare a conoscere le piante", disse donJuan in tono calmo. "Vuoi avere qualcosa in cambio di nulla? Cosapensi che sia questo? Eravamo d'accordo che tu mi avresti fatto delledomande e io ti avrei detto quello che so. Se non ti piace, non c'b altroche possiamo dirci".

La sua terribile schiettezza mi fece sentire importuno, e a malin-cuore ammisi che aveva ragione.

"Allora diciamo cosl", riprese. "Se vuoi imparare a conoscere lepiante, siccome in realt) su di esse non c'e nulla da dire, tra le altrecose devi cancellare la tua storia personale".

Cancellazione della storia personale 27

"In che modo?", chiesi."Parti dalle cose semplici, come il non rivelare quello che fai vera-

mente. Poi devi abbandonare tutti quelli che ti conoscono bene. coslcreerai intorno a te una nebbia".

"Ma b. assurdo", protestai. "Perch6 la gente non dovrebbe cono_scermi? Che c'b di male?".

"C'A di male che una volta che ti conoscono tu sei una cosa dataper scontata e da quel momento in avanti non sarai piil capace di rom_pere i legami dei loro pensieri. ro personalmente am; la libert) ultimadi essere sconosciuto. Nessuno mi conosce con ceftezz costante. ilmodo in cui la gente conosce te, per esempio".

"Ma sarebbe mentire"."fo non mi curo di bugie o verit)", rispose gravemente. ,,Le bugie

sor.ro bugie solo se si ha una storia personale". -Dissi che non mi piaceva mistificare o fuorviare di proposito. Mi

rispose che comunque fuorviavo tutti.Il vecchio aveva toccato una piaga dolorosa della mia vita. Non

mi fermai a chiedere che cosa intendesse o come sapesse che avevos.elnpr-e mistificato la gente. Reagii semplicemente alla sua asserzione,clifendendomi con una spiegazione. Dissi di essere dolorosamente con-sapevole del fatto che la mia famiglia e i miei amici mi consideravanoinattendibile, mentre in realt) non avevo mai detto una sola busia nellamia vita.

"Hai sempre saputo come si fa a mentire", disse don Juan.,,;asola cosa che ti mancava era che non sapevi perch6 farlo. Oia lo sai,,.

Protestai."Non vedete che sono veramente stufo e stanco di sentirmi consi-

derare inattendibile? ", dissi."Ma tu sei inattendibile", rispose in tono convinto."Nol Porca miseria!", esclamai.Il mio umore, invece di costringerlo a diventar serio lo fece ridere

istericamente. Lo disprezzai sinceramente per tutta la sua impertinenza;purtroppo, perd, aveva ragione;

Dopo un po' mi calmai e don Juan riprese a parlare."Quando non si ha una storia personale", spiigb, "nulla di cib che

si dice pub essere preso per una bugia. Il tuo problema b che devi spie-gare tutto a tutti, in modo coatto, e al tempo stesso vuoi conservarela tua freschezza e la novit) di cid che fai. Percib, non potendo conser-vare il tuo entusiasmo dopo aver spiegato tutto quello che hai faco,rnentisci per poter tirare avanti".

Ero veramente sconcertato dalla piega della conversazione. Trascrissirneglio possibile tutti i dettagli del nostro colloquio, concentrandomi su

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28 Cancellazione della storia personale

quello che {i...}u invece di sofiermarmi a riflettere sui miei pregiudizio sul suol slgnlncatl.

..D,ora i i avanti", disse, "devi semplicemente mostrare alla gentesolo cid che ti importa mostrare, ma senza mai dire esattamente comeI'hai fatto".,,Non sono capace di conservare i segreti!", esclamai, "Quello chemi dite b inuti le".

,,Allora cambia!", disse seccamente con un lampo di ferocia negliocchi.

Sembrava uno strano animale selvatico. Eppure_era cosl co_erentenei suoi pensieri e cosi appropriato nella scelta delle parole. ,Il mtor.nro Ji iastidio lascib il potio u uno stato di irritante confusione.

"Vedi", riprese don Juan, "noi abbramo due sole alternative: oprendiamo trrtto p.t certo e reale, o 1o. Se seguiamo la prima',alla fine'ri"-o

annoiati a morte del mondo e di noi stessi. Se seguiamo la secon-da, creiamo intorno a noi una nebbia, uno sti lto molto eccitante e mi-sterioso in cui nessuno sa in che punto salterir fuori i l coniglio' nem-meno noi".

Sostenni che cancellare la storia personale avrebbe solo accresciutoil nostro senso di insicurezza.

,,Quando nulla b certo rimaniamo sul chi vive, perennemente at-tivi", leplicb. "E piir eccitante non sapere dietro a quale cespuglio sinus.onde il conigiio piuttosto che comportarci comc se sapessimotutto " .

Per molto tempo non pronLlncib pii una parcla passb forse un'oradi silenzio totale.^ Non sapevo cosa chiedere. Alla fine don Juan sialzd e mi chiese di uccomprgnarlo in automobile alla citt) vicina.*-ff-;"p.".

p...ne, .u iu no.,t, conversazione mi aveva inaridito.e".rr r"gt'iu di io.-ii.. Lungo la via don Juan mi chiese dj fermarmi. dirr. .li" ," volevo rilassarmi dovevo salire sulla cima pianeggianteai

""u collinetta a fianco della strada e distendermi sulla pancia con

la testa rivolta a est.-- -rvri- ,"-brb di avvertire nella sua voce un tono di urgenza. Non

volli discutere, o forse ero troppo stanco anche per parlare' Mi arram-picai sulla collinetta e feci come aveva detto'''--b"i-il;6 a"; o tre minuti, ma furono suficienti a ridarmi lemie enetgie.

Arrivfmmo in macchina fino al centro della citti, dove don Juan mtdisse di fatlo scendere'----iRitorn"",

disse scendendo dall 'automobile. "Fai in modo di tor-nare",

3

Perdita della presunzione

Mi capitb di parlare delle mie precedenti visite a don Juan conl'amico.che ci aveva messi in contatto. La sua opinione fu che perdevotempo. Gli riferi i in dettaglio turte le noste conversazioni; lui pensdtuttavia che esagerassi e romanticizzassi un povero vecchio svanito.

Non ero molto disposto a romanticizzare un vecchio cosi bizzarro.Sentivo sinceramente che le sue critiche alla mia personalit) avevanominato gravemente la mia capacith di apprezzamento per lui; dovevoperd ammettere che le sue osservazioni erano sempre state appropriate,precise e vere alla lettera.

A quel punto la croce del mio dilemma era che non volevo accettareclre don Juan fosse capacissimo di distruggere tutti i miei preconcetrisul mondo, e al tempo stesso non volevo essere d'accordo col mio amicoil quele credeva che "i l vecchio indiano era proprio matto".

Prima di prendere una risoluzione mi senti i tostretto a fare a don.TLran un'alffa visita.

,\lcrcoledi 28 dicembre, 1960

Lnmediatamente dopo il mio arrivo a casa sua don Juan mi portb,r fare una camminata attraverso la bassa vegetazione del deserto. Non.rvcv:r degnato di uno sguardo il sacco di provviste che gli avevo por-r;rlo. Sembrava che mi fosse stato ad asDettare.

Camminammo per ore. Don Juan non mi mostrd n6 colse nessunapi:rnta. Tuttavia mi insegnb una 'forma appropriata per camminare'.l) issc che dovevo piegare delicatamente le dita mentre camminavo, cosi,rvrci mantenuto la mia attenzione sul sentiero e sull 'ambiente circo-..r:uitc. Afiermb che il mio normale modo di camminare era debil itanre, <'hc non si dovrebbe mai tenere nulla in mano. Se si volevano portare,l, l lc cose si doveva usare un tascapane o qualsiasi t ipo di sporta o di

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o

)0 Perdita della Presunztone

zaino. La sua idea era che costringendo le mani in una posizione speci-fica si era capaci di maggior resistenza e maggior consapevolezza.

Mi sembid inutile discutere, percid piegai le dita come aveva dettoe continuai a camminare. La mia consapevolezza nQr' era minimamentediversa, e nemmeno Ia mia resistenza.

Incominciammo la nostra escursione al mattino e ci fermammo ariposare verso mezzogiorno. Sudavo e cercai di bere alla mia boraccia,

-a do.r Juan mi fermd dicendo che era meglio prendere solo un- sorso

d'acqua. Staccb delle foglie da un piccolo cespuglio giallastro e le ma-sticb. Me ne diede un po' e osservd che erano eccellenti, se le masti-cavo lentamente la mia sete sarebbe svanita. Non svani, ma comunquenon era sgradevole.

Sembib che don Juan mi avesse letto nel pensiero, infatti spiegbche non avevo sentito i benefici del 'giusto modo di camminare' o delmasticare le foglie perch6 ero giovane c forte e il mio corpo non notavanulla perch6 era un po' stupido.

Riie. Non avevo voglia di ridcre e (ltrcsto scmbrt\ divertir lo ancorpii. Corresse la sua precedentc asserzione dicendo che il mio corponon era veramente stupido, ma Lln po' addormentato.

In quel momento un corvo enorme vold proprio sopra di noi grac-chiando. Trasali i e scoppiai a ridere. Pensavo che la circostanza richie-desse una risata, ma con mio gran stupore don Juan mi scosse il bracciovigorosamente e mi fece alzare. Aveva un'espressione molto seria'

"Non c'B niente da ridere", disse gravemente, come se sapessi dicosa parlava.

Gli chiesi una spiegazione. Gli dissi che era assurdo che la miarisata nel vedere il corvo lo facesse arrabbiare mentre lui aveva risodella macchinetta del caffd.

"Quello che hai visto non era un semplice corvol", esclamd."Ma I'ho visto, ed era un corvo", insistei."Non hai visto niente, sciocco!", disse con vocc aspra.La sua durezza era ingiustif icata. Gli dissi che non mi piaceva far

arrabbiare la gente e che forse avrei fatto meglio ad anclarmene, poich€non mi sembrava che lui fosse dell 'umore aclatto per avere compagnia'

Don Juan scoppib a ridere fragorosamente, come se fossi stato unpagliaccio che si esibiva per lui. La mia iritazione e i l mio imbanzzocrebbero in proporzione.

"Sei molto violento", commentb con aria indifferente. "Ti prenditroppo sul serio".

"Ma forse che voi non facevate lo stesso?", interloquii. "Non viprendevate sul serio quando vi siete arrabbiato con me?".

Perdita della presunzione )L

l)isse che arabbiarsi con me era I'ultima cosa che gli passava perl.r rrrcnte. Mi trapassd con lo sguardo.

"Quello che hai visto non era un consenso del mondo", disse. "I,,trvi che volano o gracchiano non sono mai un consenso, Quello erarrrr l t rcsagio!" ." tJn presagio di cosa?".

" (ln'importantissima indicazione su di te", rispose in tono sibillino.l)roprio in quell'istante il vento agitb il ramo secco di un cespuglio

,r r rrostri piedi."Questo era un consenso!", esclamd guardandomi con gli occhi

'., irrt i l lanti e scoppiando in una grassa risata.libbi la sensazione che volesse stuzzicarmi costruendo le regole

,lt l suo strano gioco a mano a mano che seguitavamo, percib ridere.rrr,lava benissimo per lui, ma non per me. La mia stizza crebbe ancora.' gli dissi quello che pensavo di lui.

Non ne fu minimamente irritato o offeso. Rise, e Ia sua risata mi,lictlc ancor piir angoscia e frustrazione. Pensai che volesse umiliarmi,li lrroposito. Decisi allora che ne avevo avuto abbastanza di'ricerca.rr l camDo'.

Mi ilzai in piedi e dissi che volevo tornare a casa sua perch6 dovevol)rlrt ire per Los Angeles.

"Siediti!", mi ordinb imperiosamente. "Ti stizzisci come una vec-tlrirr signora. Non te ne puoi andare ora,.perch€ non abbiamo ancoral lnr tO".

Lo odiai. Pensai che fosse un uomo sbrezzante.Allora don Juan incomincib a cantare una stupida canzone popolare

rncssicana. Imitava palesemente un cantante famoso: allungava certesillabe e ne contraeva altre, trasformando 7a canzone in una specierli farsa. Era cosl comico che finii col ridere.

"Vedi, ridi di questa stupida canzone", disse. "Ma I'uomo che lacanta in questo modo e quelli che pagano per ascoltarlo non rioono;l)ensano che sia seria".

"Che intendete dire?", chiesi.Pensai che avesse costruito I'esempio di proposito per dirmi che

avevo riso del corvo perch6 non lo avevo preso sul serio. Ma mi scon-certd di nuovo. Disse che ero come quel cantante e la gente che amavalc sue canzoni, presuntuoso e serissimo per delle assurdit) cui nessunocon la mente a posto darebbe la minima importanza.

Poi ricapitolb, come perrinfrescarmi la memoria, tutto cib che avevadetto sulla questione dell"imparare a conoscere le piante'.

Disse con enfasi che se volevo davvero imparare, dovevo rimodel-lare la maggior parte del mio comportamento.

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32 Perdita della presunzione

Il mio senso di fastidio crebbe, fino al punto che dovevo fare unosforzo supremo anche per prendere aoounti.,"Ti prendi troppo-sul serio",. diise lentamente. ,,Ti senti troppo

maledettamente importante, ma dovrai cambiare! sei cosl maledetia-mente importante che ti senti in diritto di irritarti di tutto. Sei coslmaledettamente importante che ti puoi permettere di andartene se Iecose non vanno a modo tuo..Immagino che penserai .che sia prova dicarattere. E assurdo! Tu sei debole, e presuntuosol ,'.

cercai di inscenare una protest;, ma don Juan non si smosse. Mifece osservare che nel corso-della mia vita non avevo mai finito nullaa causa di quel senso di sproporzionata importanza che attribr,rivo a mestesso.

Ero sbalordito dalla sicurezza delle sue affermazioni. Erano v'ere,naturalmente, e cib mi fece sentire non solo in collera ma anche minac-ciato.. "La presunzione b un'altra cosa che deve essere abbandonata, comela storia personale", disse in tono drammatico.

Non volevo certo mettermi a discutere con lui. Era ovvio che lamia posizione fosse assai svantaggiosa; don.fuan non sarebbe tornaro acasa sua finch6 non ne. avesse avuto voglia, e io non sapevo la stracla.Dovevo restare con lui.

Fece un movimento strano e improvviso, come se fir_rtasse l,ariaintorno; la sua testa si scosse leggerh.nte e ritmicamente, sembravain uno stato di insolita. vigilanza. Sr gira e mi fissd .on un'.rpr..rion"di sconcerto e curiositi. con gli o..hi o,i esamind il corpo iu e gitcom€ se cercasse qualcosa di specifico; quindi si alzb br,_,scamente met-tendosi a camminare in fretta, quasi coriendo. Lo segtrii. coniinrra p",quasi un'ora ad andatura molto accelerata.. 411" fine si fermd presso una collinetta sassosa e ci sedemmo all'orn-bra dr un cespuglio. Quella veloce camminata mi aveva esauLito com-pletamente, sebbene il mio umore fosse migliorato. I l cambiamento erastrano_: mi sentivo quasi euforico, ma q.,ando avevamd incominciato acamminare, dopo la nostra discussione, ero furioso coir lui.

"E molto strano", dissi, "ma mi sento \reramente bene".,,,, S.rrj i . un corvo gracchiare in lontananza. Don .Iuan portb i l ditoau oreccnto clestro e sornse.

"Era un presagio", disse.un sassolino rotolb gii dalla collina e produsse rr rumore scop-piettante atterrando ffa i cespugli.Don Juan rise forte e indicb nella direzione del suono."E quello efa un consenso".Quindi mi chiese se ero disposto a parlare deila mia presunzione.

Perdita della presunzione ))

Scoppiai a ridere; il mio senso di rabbia sembrava cosi lontano che nonriuscivo nemmeno a immaginare come avessi potuto prendermela tantocon lui.

"Non riesco a capire che cosa mi succede", dissi. "Mi sono arrab-biato e ora, non so perch6, non lo sono piil".

"Il mondo intorno a noi b molto misterioso", rispose. "Non cedefacilmente i suoi segreti".

Mi piacevano le sue affermazioni sibilline. Erano molto provocantic misteriose. Non riuscivo a decidere se erano piene di significati na-scosti o soltanto banali assurditi.

"Se mai tornerai qui nel deserto", riprese, "stai lontano da quellacoll ina sassosa dove ci siamo fermati oggi. Evitala come la peste".

"Perchd? Che c 'd?"."Non b questo i l momento di spiegado", disse. "Ora ci occupiamo

.lclla perdita della presunzione. Finchd penserai di essere la cosa piilirnportante del mondo non potrai apptezzare veramente il mondo in-t()rno a te. Sei come un cavallo coi paraocchi, tutto quello che vedi br(' stesso distinto da tutto i l resto".

Mi esnminb per un istante."Ora voglio parlare a questo mio piccolo amico", disse poi, indi-

( ; r r ( lo una piant icel la.Si inginocchib davanti alla pianta mettendosi ad accarezzarla e a

t'irrl.rrle. Dapprima non capii quello che diceva, ma poi cambid linguar' lrarlb alla pianta in spagnolo. Per un po' balbettb cose senza senso,1, , ' i s i a lzd.

"Quello che dici a una pianta non impotta", disse. "Potresti benis-"irrrrr inventarti le parole; I ' importante d sentire di amarla e trattarla( ( r l r lc un uguale".

Spiegb che un uomo che raccoglie piante deve scusarsi ogni voltat', r' ,rverle colte e deve assicurarle che un giorno il suo corpo servir)l , ' r , ' t ln nutr imento.

"Cosi, tutto considerato, le piante e noi siamo pari", disse. "N61,,r, rrd noi siamo pii l o meno importanti.

" r\vanti, paila alla pianticella", mi esortb. "Dille che non ti senti1 ' : r i r r r l ' ror tante".

r\rrivai fino a inginocchiarmi davanti alla pianta, ma non riuscii., ,rr, lrrfrni a parlarle. Mi sentivo ridicolo . scoppiri a ridere. Perb non, r , ' . r r r r rbbiato.

l).s1 .f11s1 mi diede un colpetto sulla schiena e disse che andava1,, r,,, t lrc- per lo meno avevo controllato i l mio carattere.

" l) 'ora in poi parla alle pianticelle", disse. "Parla fino a perdere

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34 Pcrdila della presunztone

tutto il tuo senso di importanza. Parla finch6 ti riuscir) di farlo inDresenza di altri.

"Vai su quelle coll ine lassi ed esercitati".Gli domandai se potevo parlare alle piante in silenzio, nella mia

mente."No!", disse. "Devi parlare a voce alta e chian se vuoi che ti rispon-

dano".Mi avviai verso Ia zona indicata, ridendo tra me delle sue eccen-

tricit). Cercai anche di parlare alle piante, ma la sensazione di ridicolomi sopraffaceva.

Dopo un periodo di tempo che mi parve appropriato tornai dovemi aspettava don Juan. Ero certo che sapesse che non avevo parlatoalle piante.

Non mi guardb. Mi fece segno di sedermi accanto a lui."Osservami attentamente", disse. "Sto per fare una chiacchierata

col mio piccolo amico".Si inginocchid davanti a una pianticella e per qualche minuto mosse

e contorse il corpo, parlando e ridendo.Pensai che fosse uscito di senno."Questa pianticella mi ha detto di dirt i che b buona da mangiate",

disse alzandosi dalla sua posizione inginocchiata. "Ha detto che unasua manciata manterrebbe sano un uomo. Ha detto anche che qui necresce una quantita".

Indicb un punto su un pendio a circa duecento meri di distanza."Andiamo a cercare", disse.Risi dei suoi isrionismi. Ero sicuro che avremmo trovato le piante,

perchd eta un esperto del terreno e sapeva dove crescevano le piantecommestibili e medicinali.

Menre ci incamminavamo verso quel punto mi disse con aria indif-ferente che avrei dovuto prendere nota della pianta perch6 era a untempo cibo e medicina.

Gli domandai, un po' per scherzo, se glielo aveva appena detto lapianta. Smise di camminare e mi squadrb con aria incredula. Scosseil capo da parte a parte.

"Ah!", esclamd ridendo. "La tua furbizia ti fa pii sciocco di quelche pensassi. Come potrebbe quella pianticella dirmi ora cib che hosaputo per tutta la vita?".

Si mise quindi a spiegare che conosceva tutte le differenti proprietidi quella specifica pianta, e che la pianta gli aveva appena detto chec'era un mucchio di piante come lei che crescevano nel punto da luiindicato, e che alla pianta non importava se me lo diceva.

Arrivando sul pendio della collina trovai tutto un gruppo delle

Perdita della prcsunzione 35

.r( ssc piante. Volevo ridere ma don Juan non mi diede il tempo. Volle,lr, ' r ' ingraziassi tutte le piante. Mi sentivo tormentosamente impacciato, rorr riuscii a indurmi a farlo.

I)on Juan sorrise con benevolenza e fece un'altra delle sue affer-rrr,rzioni sibil l ine. La ripetd tre o quattro volre come per darmi i l tempo,lr inrmaginarne i l significato.

"Il mondo intorno a noi b un mistero", disse. "E gli uomini non",,r..migliori di tutte le alre cose. Se una pianticella=b gentile conrr,'i clobbiamo ingraziarla, altrimenti forse non ci lascerebb=e andare".

Don Juan scoppid a ridere con sussulti controllati e calmi.(lamminammo un'altra ora e poi riprendemmo la via del ritorno.,\ rrn ,certo punto rimasi indietro e don Juan dovette aspettarmi. Mi,,rntrolld le dita per vedere se le avevo piegate. Non le uu.uo. Mi disserruixjl is5amsnte che ogni volta che camminavo con lui dovevo osservarer' (()piare i suoi atteggiamenti, oppure non venire afratto.

"Non posso starti ad aspettare come con un bambino", disse int , r1111 dj r imbrotto.

La sua afrermazione mi riempi di imbarazzo e confusione. Com'era1',,ssibile che un uomo cosi anziano camminasse molto meslio di me?I't.savo di essere atletico e forte, eppure don Juan aveva"dovuto let-rt 'rrrlmente aspettare che lo raggiunglssi.

Piegai le dita, e stranamente riuscii a mantenere senza sforzo il suotr, 'rnendo ritmo. In effetti, in certi momenti sentivo che le mani mit i r r rvano in avant i .

Mi sentii euforico. Ero contentissimo di camminare senza scoDo con,;rrcllo strano vecchio indiano. Incominciai a parlare e gli chiesi dirrr.srfanni qualche pianta di peyote. Mi guardb

-, non disse una

i t : l f 0 la.

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,.t

La morte l un consigl iere

Mercoledi 25 gennaio, 1961

"lVIi insegnerete mai qualcosa sul pelzote?", domar.rdai.. Don Juan.non rispose e, come aveva fatto prima, si l imitd a guardar-

ml come se rossl pazzo.Gii molte volte glielo avevo domandato durante le nostre normali

conversazioni, e ogni volta si era accigliato e aveva scosso il capo. Nonera un gesto di afiermazione o negazione, era piuttosto un gesto didisperazione e incredulit i.

Si alzb in piedi bruscamente. Eravamo a sedere per terra davanti acasa sua. Mi invitd a seguirlo con un cenno impercettibile del capo.

Ci inoltrammo tra i cespr:gli del deserto in direzione sud. Mentrecamminavamo don Juan osservb ripetutamente che dovevo rendermiconto dell'inutilit) della mia presunzione e della storia personale.

"f tuoi amici", disse volgendosi di scatto verso di me. "Quell i cheti hanno conosciuto per molto tempo, li devi abbandonare in fretta".

Pensai che fosse pazzo e la sua insistenza idiota, ma non dissinulla. Don Juan mi scrutb e scoppib a ridere.

Dopo una lunga camminata ci fermammo. Stavo per mettermi a se-dere per riposarmi quando mi disse di arivare ancora venti metri piiin l) e parlare a un gruppo di piante a voce alta e chiara. Mi sentivoa disagio e apprensivo. Le sue strane richieste erano pin di quantopotessi tollerare e gli dissi ancora una volta che non potevo parlare allepiante, perch6 mi sentivo ridicolo. Il suo solo commento fu che iI miosenso di presunzione era immenso. Sembrb prendere una decisione im-prowisa e disse che non dovevo cercar di parlare alle piante finchd nonmi sentivo a mio agio e naturale.

"Vuoi imparare a conoscerle, perd non vuoi fare nessuna fatica",disse in tono accusatote. "Che cosa cerchi di fare?".

La mia spiegazione era che volevo sinceramente delle informazioni

La rnorle ? un consiglierc t7

,,rl lr rrsi clelle piante, percib gli avevo chiesto di farmi da infonnatore.t,lr ;rvcvo anche offerto di pagarlo per il suo tempo e il suo disturbo.

" l)ovreste accettare i l denaro", dissi. "In questo modo ci sentirem-rrr,r rrrcglio tutti e due. Allora potrei chiedervi tutto quello che voglio1', r, lr[ voi lavorereste per me e io vi pagherei per questo. Che ve nel' . l t t ' / " .

l\li guardd sprezzantemente e fece con la bocca un verso osceno,l.rrcntlo vibrare il labbro inferiore e la lingua soffiando con gran forza.

" Ircco che me ne pare", rispose, e rise istericamente dell'espressione,lr t<rtale sorpresa che dovevo avere dipinta sulla faccia.

Mi era ovvio che con un simile uomo non si poteva combatterel.rr ' i lnrente. Nonostante la sua et), era focoso e incredibilmente {orte., '\r ' t 'vo avuto l ' idea che, essendo cosi vecchio, sarebbe stato per me unl)( r ' lctto ' informatore'. I vecchi, ero portato a credere, erano gli infor-nr:rtori migliori perch6 troppo deboli per fare qualsiasi altra cosa chen')n fosse parlare. Don Juan, perd, era un pessimo elemento, lo sentivorrrrrlttabile e pericoloso. L'amico che ci aveva presentati aveva ragione:('r':r un vecchio indiano eccentrico; e sebbene non fosse sempre nelle,r,rvtrle, come mi aveva detto i l mio amico, era ancora peggio, ir^ p^rro.I 'rovai i l tertibile senso di dubbio e apprensione che avevo avuto prima.l)t 'nsrVo di averlo superato. In realt) non avevo faticato a convincermi,lrc dovevo tornare a faryli visita. Tuttavia mi si era insinuato nellarrrt'nte il pensiero che io stesso fossi un poco pazzo quando mi ero resot onto ch€ mi piaceva stare con lui. La sua idea che il mio senso diI'r'csunzione fosse un ostacolo mi aveva veramente fatto eftetto. Ma in.rl) l)arenza en da parte mia soltanto tutto un esercizio intellettuale; nelrn()nrento in cui mi trovai davanti al suo bizzatro combortamento inco-rrrinciai a provare un senso di apprensione e voll i andarmene.

Dissi che credevo che fossimo cosi differenti che non c'era' i l r i l i t ) d i cont inuare insieme.

Ia pos-

"Uno di noi deve cambiare", mi rispose don Juan fissando il suolo." l ' l tu sai chi".

Incomincid a canticchiare una canzone popolare messicana, poi sol-k'vd bruscamente il capo e mi guardd. I suoi-occhi erano feroci e bru-t ianti. Voll i distogliere o chiudere gli occhi, ma con mio completo\tul)ore non riuscivo a staccarmi dal suo sguardo.

Mi chiese di dirgli che cosa avessi visto nei suoi occhi. Risposi chen()n avevo visto nulla, ma Iui insist6 che dovevo descrivere la sensa-;ione che i suoi occhi mi avevano procurato. Mi sforzai di fargli capire,lrc la sola cosa che i suoi occhi mi avevano fatto sentire era il mioin'tbarazzo, e che il modo in cui mi suardava mi metteva a disasio.

Non smise, ma continud a fisJarmi ostinatamente. Non ""." ,no

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)8 La morte i un consigliere

sguardo apertamente minaccioso o sinistro, cra piuttosto misterioso esgradevole.

Mi chiese se mi faceva venire in mente un uccello."Un uccello?", esclamai.Gorgoglid come un bambino e distolse gli occhi."Si", disse dolcemente. "Un uccello, un uccello molto bufio".Fissb ancora lo sguardo su di me e mi ordir-rd di ricordare. Disse

con straordinaia convinzione di'sapere'che io avevo visto prima quel-I 'espressione.

Sul momento la mia sensazione era che il veccl-rio mi provocasse,contro il mio sincero desiderio, ogni volta che apriva la bocca. Glirestituii lo sguardo con un'ovvia espressione di sfida, ma invece diarrabbiarsi scoppib a ridere. Si batt6 sulla coscia e urld come se fossein sella a un cavallo selvaggio. Poi tornb serio e mi disse che era im-portantissimo che smettessi di fargli resistenza e ricordassi i l buffouccello di cui parlava.

"Guardami negli occhi", disse.I suoi occhi erano straordinariamentc feroci. C'era in essi una sen-

sazione che mi ricordava davvero qualcosa, ma non ero sicuro cosafosse. Meditai un momento e quindi 'ebbi un' improvvisa i l luminazione;non la forma degli occhi n6 quella della testa, ma una cerra freddaferocia del suo sguardo mi ricordava gli occhi di un falco. Proprio nelmomento di quell'illuminazione don Juan mi guardava di traverso e perun istante la mia mente fu nel caos pii totale. Pensai di aver visto lesembianze di un falco invece di queile di don Juan. L'immagine erastata troppo fugace e io ero troppo turbato per prestarvi molta atten-zione.

Gli dissi concitatamente che avrei potuto giurare di aver visto sullasua faccia le sembianze di un falco. Ebbe un alro accesso di riso.

Conosco I'espressione degli occhi dei falchi; da ragazzo davo lorospesso la caccia e, secondo I'opinione di mio nonno, ci sapevo fare.Mio nonno aveva un allevamento di galline livorr-resi e i falchi eranouna minaccia per il suo lavoro. Prenderli a fucilate non era solo utilema anche 'giusto'. Fino a quel momento avevo dimenticato che la fero-cia dei loro occhi mi aveva ossessionato per anni, ma era cosi lontanonel passato che pensavo di averne p.rco i l r icordo.

"IJn tempo andavo a caccia di falchi", dissi."Lo so", asseri don Tuan.fl suo tono esprimeva una tale certezza che scoppiai a ridere. Pensai

che fosse un personaggio assurdo. Aveva la sfrontaiezza di volermi farcredere di sapere che io andavo a caccia di falchi. Provai per lui unsupremo disprezzo.

La morte i un consigliere 39

"Perch6 ti anabbi tanto?", mi chiese in tono di autentica preoc-r t tpazione.

Non sapevo perch6. Don Juan incomincib a esaminarmi in modorrrolto insolito. Mi chiese di guardarlo ancora e di padargli del 'buffis-tirno uccello' che lui mi aveva fatto venire in mente. Mi opposi e gli,lissi sprezzantemente che non c'era nulla da dire. Allora mi sentii(()stretto a domandargli perch6 aveva detto di sapere che andavo atrrccia di falchi. Invece di rispondermi fece un'altra osservazione sulrrrio comportamento: disse che ero un tipo violento, capace di farmivcnire'la bava alla bocca' per un nonnulla. Protestai che non era vero;:rvcvo sempre pensato di essere abbastanza accomodante e di buon(lrrattere. Dissi che era colpa sua perch6 mi costringeva a perdere ilttrntrollo con le sue parole e azioni insospettate.

"Perch6 questa rabbia?", chiese.Passai in rassegna i miei sentimenti e le mie reazioni. In realti non

r' 'era necessiti di arrabbiarmi con lui.Insist6 ancora che dovevo guardarlo negli occhi e dirgli dello'strano

l.rrlco'. Aveva cambiato definizione; prima aveva detto 'un uccello moltol 'rrffo', poi lo sostitui con'strano falco'. I l cambiamento di definizionecorrispose a un cambiamento del mio umore. Ero improvvisamente. l iventato t r is te.

Don Juan socchiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure etluindi, in tono assai drammatico, disse di 'vedere' uno stranissimof,rlco. Ripet6 tre volte la sua afiermazione come se vedesse davvero ilf,r lco davanti a s6.

"Non te lo ricordi?", chiese.Non ricordavo nulla del genere."Che c'b di strano nel falco?", domandai."Me lo devi dire tu", rispose.Insistei che non potevo sapere a cosa alludeva, percib non potevo

<l i re nul la."Non far resistenza a me!", disse. "Resisti contro la tua pigrizia

c r icorda".Per un momento mi sforzai seriamente di immaginare che cosa

volesse. Non mi venne in mente che invece avrei Dotuto cercar dil icordare.

"C'b stata una volta in cui hai visto moltissimi falchi", disse donJLran come per suggerirmi.

Gli dissi che da bambino vivevo in una fattoria e avevo dato lac:rccia a centinaia di uccelli.

Don Juan disse che in tal caso non mi sarebbe stato difficile ricor-tlare tutti gli srani uccelli che avevo cacciato.

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+o La morte t un consigliere

Mi guardd con un'espressione interrogativa negli occhi, come se miavesse appena dato I'ultimo indizio.

"Ho dato la caccia a tanti di quegli uccelli", dissi, "che non miposso ricordare niente".

"Questo uccello b speciale", rispose quasi con un bisbiglio. "Questouccello d un falco".

Di nuovo mi concentrai cercando di caoire dove voleva arrivare.Mi stava stuzzicando? Parlava sul serio? Dopo un lungo intervallo miesortd di nuovo a ricordare. Sentii che era inutile cercar di metterefine al suo gioco; non mi restava alffa alternativa che collaborare conlui.

"Parlate di un falco cui ho dato la caccia?". chiesi."S1", bisbiglib con gli occhi chiusi."Allora b successo quando ero un tagazzo?"." si"."Ma avete detto che vedete un falco di fronte a voi, ora?"."Lo vedo"."Che cosa cercate di farmi tare?"."Sto cercando di farti r icordare"."Cosa? Per amor del cielo!"."Un falco rapido come la luce", disse, guardandomi negli occhi.Sentii che il cuore mi si era fermato."Ora guardami", disse.Ma non lo guardai. Sentivo la sua voce come un debole suono.

Ero completamente preso da ricordi stupendi. Il falco bianco!Tutto era cominciato con l'esDlosione di collera di mio nonno una

volta che aveva contato i suoi puicini livornesi. Scomoarivano in modoregolate e sconcertante. Mio nonno aueu. personalmen te organizzatoe condotto una meticolosa sorveglianza, e dopo giorni di assidua vigi-lanza vedemmo finalmente un grande uccello bianco che volava via conun pulcino livornese negli artigli. L'uccello volava rapido ed eviden-temente conosceva la sua stfada. Era piombato giil da dietro alcunialberi, aveva afrcrcato il pulcino volando poi via attraverso un varcotra due rami. Era accaduto cosl in fretta ihe mio nonno non l'avevaquasi visto, ma io I'avevo visto e sapevo che era davvero un falco. Miononno disse che se era cosl si tattava di un albino.

Incominciammo una campagna contro il falco albino, e per duevolte pensai di averlo preso. Lascib anche cadere la preda, ma vold via.Era troppo veloce per me. Era anche molto intelligente; non tornd pita razziarc nella fattoria di mio nonno.

Lo avrei dimenticato se mio nonno non mi avesse stimolato a darela caccia all'uccello. Per due mesi inseguii il falco albino per tutta la

La morte i un consigliere 4l

r,rl l t ' in cui viveva. Imparai le sue abitudini e sapevo quasi intuirc lat()lt i l del suo volo, tuttavia la sua velociti e la fulmineit) delle sue.rl,prrrizioni mi eludevano sempre. Potevo vantarmi di avergli impedito,lr prsndgls la sua preda, forse ogni volta che ci eravamo incontrati, man()n ero mai riuscito a catturarlo.

Nei due mesi della mia strana guerfa contro il falco albino riuscii,r,l rrrrivargli vicino solo una volta. Avevo cacciato tutto il giorno ed('r '() stanco, mi ero seduto a riposare e mi ero addormentato sotto un,rlto eucalipto. Improvvisamente fui risvegliato dal grido di un falco.Aprii gli occhi senza fare nessun altro movimento e vidi un uccellol,iancastro appollaiato sui rami pit alti dell'eucalipto. Era il falco albino.l.a caccia era finita. Sarebbe stato un colpo difficile; ero disteso sullaschiena e l 'uccello era voltato dall 'altra oarte. Sfruttai un'imorovvisalrrlrrta di vento per nascondere i l rumore del mio 22 a canna lungarr)entre prendevo la mira. Volli attendere che si fosse girato o inco-rninciassi a volare cosi che non lo potessi mancare, ma ltccello albinorimaneva immobile. Per orendere una mira mieliore avrei dovuto muo-vermi, ma il falco era t;oppo veloce per consentirmi di farlo. Pensaiche la mia migliore alternativa fosse aspettare. E aspettai, a lungo,interminabilmente. Forse cid che mi influenzd fu la lunga attesa, o forsela solitudine del luogo; fatto sta che improvvisamente sentii un brividosu per la spina dorsale e mi comportai in modo assolutamente assurdo:mi alzai e me ne andai. Non guardai neppure per vedere se I'uccellocra volato via.

Non avevo mai attribuito alcun significato a quel n'rio ultimo attocol falco albino. Tuttavia era molto strano che non gli avessi sparato.Prima di allora avevo sparato a dozzine di falchi. Nella nostra fattoriaera normalissimo sparare agli uccelli o dare la caccia a qualsiasi tipo dianimale.

Don Juan aveva ascoltato attentamente la storia del falco albino."Come avete fatto a sapere del falco bianco", gli domandai quando

ebbi terminato."L'ho visto", rispose."Dove? " ."Proprio qui davanti a te".Non avevo pii voglia di discutere."Che significa tutto cid?", chiesi.Don Juan disse che un uccello bianco come quello era un presagio,

e che non sparargli era la sola cosa giusta da fare."La tua morte ti ha dato un piccolo avvertimento", disse in tono

misterioso. "Arriva sempre come un brivido'"."Di che state oarlando?". chiesi nervosamente.

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42 La morte i un consigliere

Mi faceva davvero innervosire con quei suoi lugubri discorsi."Tu sai moltissime cose sugli ucce1li", disse.,,Ne hai uccisi f in

troppi. sai aspettare. Hai aspettato pazientemente per ore. Lo so.Lo vedo".. Le sue parole fecero nascere in me una grande agitazione. pensavo

che ci6 che mi infastidiva maggiormente di-lui fosr"e l, .uu ..ir.rr".Non potevo sopportare la sua dogmatica sicurezza in cose della mia vitadi cui non ero sicuro nemmeno lo. Mi immersi nei miei sentimenti did-epressione e non Io vidi piegarsi su di me finch€ non mi ebbe bisbi-gliato-qualcosa all'orecchio.-Da principio non capii, e lo ripet6. Mi dirr.di. voltarm.i come per caso e di guariare un macigno alra mia ,lnirtru..lJisse che la mia morte era li che mi fissava e che Je mi voltavo quandolui mi faceva segno sarei riuscito a vederla.

. Mi fece segno con gli occhi. Mi voltai e mi parve di vedere unguizzo.sopra al macigno. Un brivido mi corse per i l corpo, i muscolidel mlo addome si contrassero involontariamente e sentii una scossa.uno spasmo.. Dopo un istante recuperai il mio sangue freddo e mispiegai- I'ombra guizzante come ufill.,sione ottica .nurrtu dall'avergirato la testa cosl bruscamente.

"La morte d la nostra -eterna compagna", disse don Juan in tonomolto grave. "E sempre alla nostra rlnirt.r, a un passo di distanza.Ti stava osservando mentre spiavi il falco bianco; ti' h, ,"rr"ii.io ,r-I'orecchio e hai sentito il suo gelo, come lo hai sentito oggi.-ii-l ,..n-pre stata a osservare. Ti osserver) sempre fino al giorno in cui ti toc-cher) " .

Protese il braccio e mi toccb lievemente sulla spalla e al tempostesso produsse con la lingua un profondo s.rono sriduro. L'effetto fudisastroso; fui sul punto di dar di stomaco.

"Tu sei i l rugazzo che inseguiva la selvaggina e aspettava paziente-temente, come aspetta la morte; tu sai benGimo che la morie i allanostra sinistra, al modo stesso in cui tu eri alla sinistra del falcobianco".. .Le sue parole ebbero lo strano potere di sprofondarmi in un terroreingiustificato; la mia sola difesa era che mi sentivo costretto a scriveretutto cib che diceva.

"Copg ci si pud sentire tanto importanti quando sappiamo che lamorte ci di la caccia?", chiese.

Ebbi la sensazione che in realt) non era necessario rispondere. co-munque non avrei potuto dire nulla. un nuovo stato d'animo si eraimpadronito di me.

"La cosa da farc quando sei impaziente", continub don Tuan, ,,i

La morte i un consigliere 4t

rrrl1"11i a sinistra e chiedere consiglio alla tua morte. Ti sbanzzi dii lr) 'enorme quantit) di meschiniti se la tua morte ti fa un gesto, o serr, cogli una breve visione, o se soltanto hai la sensazione lh. i, ,u"(.rnpagna d l i che ti sorveglia".

Si piegd ancora in avanti e mi bisbiglid all 'orecchio che se mi vol-t,r ' . improvvisamente_a sinistra, al suo segnale, avrei potuto vedereirncora la mia morte sul macisno.

I suoi occhi mi diedero-un segnale quasi impercettibile, ma non<,r,ri guardare.

Gli dissi che gli credevo e che non c'era bisosno di insistere ulte-' i .rmente, perchd ero atterrito. Scoppid in una delle sue grasse risate' f l lgorose.

Quindi rispose che non si insisteva mai abbastanza sulla quesrionetlella nostra morte. Sostenni che per me non al'rebbe avuto significatorl i lungarmi sulla mia morte, perchd un tale pensiero mi avrebte datosoltanto disagio e paura.

"Sei proprio un disastro!", esclamb. "La morte d i l solo saggioconsigliere che abbiamo. ogni volta che senti, come a te capita sempre,che tutto va male e che stai per essere annientato, voltati verso la tuamorte e chiedile se b vero. La tua morte ti dir) che hai torto; che nullacorlta veramente al di fuori del suo tocco. La tua morte ti dir): ,Non tiho ancora toccato"'.

Don Juan scosse il capo e sembrb aspettare la mia risposta. Nonavevo nulla da rispondere. I miei pensieri iorrevano all,impizzata. Donl.ua.n aveva sferrato un tremendo colpo al mio egotismo. La meschinitidella mia irritazione nei suoi confronti era moitruosa alla luce dellamia morte.

Ebbi la sensazione che si rendesse perfettamente conto del mioqambiamento di. umore. Aveva invertito la situazione a suo vantaggio.Sorrise e incomincid a canticchiare una canzone messicana.

"Si", disse dolcemente dopo una lunga pausa. "Uno di noi devecambiare, e presto. Uno di noi due devi imparare di nuovo che lamorte e il cacciatore e che b sempre alla nosra sinistra. uno di noi duedeve chiedere consiglio alla morte e sbarazzarsi delle maledette meschi-nerie proprie degli uomini che vivono come se la morte non dovessemai toccarli".

Rimanemmo in silenzio per pii l di un'ora, quindi riprendemmo acamminare. Girovagammo per ore tra i bassi cespugli del-deserto. Nongli domandai se nel nostro vagabondaggio ci fosse uno rcopo, non im-portava. In qualche modo don -Juan mi aveva fatto fecuperare un'anticasensazione, qualcosa che avevo completamente dimenticato, la puragioia del semplice movimento senza nessuno scopo intellettuale.

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41 La morte i un cortsigliere

Volli che mi lasciasse dare un'occhiata a quello che, qualunque cosafosse, avevo visto sul macigno.

"Lasciatemi vedere ancora quell'ombra", dissi."Vuoi dire la tua morte, non d vero?", rispose con una sfumatura

di ironia nella voce.Per un attimo mi sentii riluttante a pronunciare la oarola."Si", dissi alla fine. "Lasciatemi u.i... ancora una uolta la mia

morte"."Non ora", disse. "Sei"Come avete detto?'.

)

Assumersi la resoonsabilira

Martedi 11 aprile, 1961

Arrivai a casa di don Juan domenica 9 aprile, di buon mattino."Buon giorno, don Juan", dissi. "Sono felice di vedervi!".IMi gLrardd e scoppid in una risatina. Si era avvicinato all 'automo-

bile e mi teneva aperto lo sportello mentre raccoglievo dei pacchi diprovviste acquistate per lui.

Ci avviammo verso la casa e ci mettemmo a sedere accanto allaporta.

Era la prima volta che mi rendevo veramente conto di quello chefacevo ll. Per tre mesi avevo veramente sperato di poter ritornare sul'campo'. Era come se dentro di me fosse esplosa una bomba a orolo-geriir e avessi improvvisamente ricordato qualcosa di importantissimo.Avevo ricordato che una volta nella mia vita ero stato molto oazientee molto efHciente.

Prima che don Juan potesse dire una sola parola gli posi la doman-da che mi aveva assil lato Ia mente. Per tre mesi ero staio ossessionatodal ricordo del falco albino. Come aveva fatto don .Iuan a sapere diquell 'episodio quando io stesso I 'avevo dimenticato?- Don Juan rise ma non rispose. Lo supplicai di dirmi come avevalat to.

"Non era niente", disse col suo solito tono convinto. "Chiunctuepotrebbe capire che sei srano. Sei soltanto intorpidito, tutto qui".

Sentii che mi stava di nuovo disorientando, sospingendomi in unaneolo in cui non volevo andare a finire.

"E possibile vedere la nostra morre?", domandai, cercando direstare in argomento.

"Certo", rispose ridendo. "E qui con noi"."Come fate a saperlo?"."Sono vecchio; con I 'et) si impara ogni t ipo di cose".

ffoppo compatto".

Scoppid a ridere, e per qualche ragione sconosciuta la sua risatanon era pii ofiensiva e insidiosa come in precedenza. Non pensai chefosse difierente, dal punto di vita del tono, o della forza, o dello spi-rito; I'elemento nuovo era il mio stato d'animo. Davanti alla mia morteche incombeva, le mie paure e la mia irfitazione apparivano assurde.

"Allora lasciatemi parlare alle piante", dissi.Scoppid a ridere fragorosamente."Ora sei troppo buono", disse, sempre ridendo. "Yai da un estremo

all'alro. Stai calmo. Non c'd alcun bisogno di parlare alle piante senon si vogliono conoscere i loro segreti, I per faie questo hai bisognodi un intento inflessibile. Percib risparmia i tuoi buoni propositi. Nonc'd nemmeno bisogno che tu veda la tua morte. ii sufficiente che nesenta la presenza intorno a te",

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46 Assurnetsi Ia rcsponsabiliti

"Conosco moltissimi vecchi, ma non hanno mai imparato. Voi comeavete fatto? ".

"Bene, diciamo che conosco ogni t ipo di cose perchd non ho unastoria personale, e perchd non mi sento pii importante di nessuna altracosa, e perchd la mia morte d seduta con me proprio qui".

Protese il braccio sinistro e mosse le dita come se stesse veramenteaccar ezzando qu alcosa.

Scoppiai a ridere. Sapevo dove mi voleva portare. Quel vecchiodemonio stava per tormentarmi ancora, probabilmente a motivo dellamia presunzione, ma questa volta non mi importava. Il ricordo di averavuto una volta un'enorme pazienza mi riempiva di una strana e tran-quilla euforia che aveva scacciato quasi tutti i miei sentimenti di ner-vosismo e intolleranza verso don Juan; quella che provavo invece erauna sensazione di meraviglia per i suoi atti.

"Chi siete veramente? ", chiesi.Sembrb sorpreso. Spalancd enormemente gli occhi e ammiccb come

un uccello, chiudendo le palpebre come una saracinesca. Le palpebrecontinuavano ad andare su e giil, ma i suoi occhi rimanevano a fuoco.Quella manovra mi fece sobbalzare e indietreggiare, mentre don Juanrideva lasciandosi andare come un bambino.

"Per te io sono Juan Matus e sono al tuo servizio", rispose conesagerata cortesia.

Allora formulai la mia seconda domanda bruciante: "Che cosa miavete fatto i l primo giorno che ci siamo incontrati?".

Mi riferivo allo sguardo che mi aveva lanciato quella volta."Io? Niente", rispose con aria innocente.Gli descrissi quel che avevo provato quando mi aveva guardato e

come fosse stato assurdo Der me che il suo ssuardo mi avesse incep-pato la l ingua.

Rise fino a farsi scendere le lacrime git per le guance. Provai dinuovo un impeto di animosit) verso di lui, pensai che io ero cosl serioe riflessivo e lui cosl 'indiano' nei suoi modi grossolani.

Evidentemente si era accorto del mio stato d'animo e smise improv-visamente di ridere.

Dopo una lunga esitazione gli dissi che la sua risata mi aveva irritatoperch€ volevo capire sul serio quello che mi era capitato.

"Non c'd niente da capire", mi rispose imperturbabile.Ricapitolai per lui la successione di awenimenti insoliti che erano

accaduti da quando lo avevo incontrato, a partire dallo sguardo miste-rioso che mi aveva lanciato. fino a ricordare il falco albino e la visionedell'ombra sul macigno, che lui aveva detto essere la mia morte.

"Perch€ mi avete fatto tutto questo?", domandai.

Assumersi la rcsponsabilitd 47

Non c'era bellicosit) nella mia domanda. Ero solo curioso di saperel,erchd proprio a me.

"Mi hai chiesto di dirti quello che so sulle piante", rispose.Notai nella sua voce una sfumatura di sarcasmo. Sembrava che

volesse assecondarmi."Ma quello che mi avete detto finora non ha nulla a che fare con

le piante", protestai.La sua risposta fu che ci voleva tempo per imparare. Ebbi la sensa-

zione che discutere con lui fosse inutile. Allora mi resi conto dellatotale idiozia delle facili e assurde risoluzioni che avevo preso. A casanria mi ero ripromesso di non perdere mai la calma e di non irritarmicon don Juan. Nella realt) della situazione, invece, nell'istante in cuimi aveva mortificato avevo avuto un altro attacco di stizza. Sentivoche per me non c'era modo di enfare in rapporto con lui, e questo mimandava in collera.

"Ora pensa alla tua morte", mi disse don Juan improwisamente."E a un metro di distanza. Ti pub toccare in qualsiasi momento, percibnon hai proprio tempo per pensieri e umori stupidi. Nessuno di noine ha il tempo.

"Vuoi sapere cosa ti ho fatto.il primo giorno che ti ho incon-trato? Ti ho uisto, e ho uisto che pensavi che mi stavi mentendo.Ma in realt) non mi stavi mentendo".

Gli dissi che la sua spiegazione mi confondeva ancor pii. Risposeche era quella la ragione per cui non voleva spiegare i suoi atti, e lespiegazioni non erano necessarie. Disse che la sola cosa che contavacra I'azione, agire invece di padare.

Tird fuori una stuoia di paglia e si stese, appoggiando la testaa un fagotto. Si mise comodo e quindi mi disse che c'era un'altra cosache dovevo fare se volevo dawero imparare a conoscere le piante.

"Quello che non andava in te quando tiho uisto, e quello che nonva in te ora, e che non ti piace prenderti la responsabiliti di cib chefai ", disse lentamente, come per darmi il tempo di capire le sue parole."Quando mi dicevi tutte quelle cose, lA neila stazione d'autobus, tirendevi conto che erano bugie. Perchd mentivi?".

Gli spiegai che il mio obiettivo era stato di trovare un 'informatore'per il mio lavoro.

Don Juan sorrise e si mise a canticchiare una canzone messicana."Quando un uomo decide di fare una determinata cosa, deve andare

fino in fondo", disse, "ma deve prendersi la responsabilit) di quelloche fa. Qualunque cosa faccia, deve prima sapere perch€ lo fa, e poitleve andare a\ranti con le sue azioni senza dubbi o rimorsi".

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48 Assumersi la rcsponsabiliti

Mi scrutb. Non sapevo cosa dire. Alla fine azz^rdai un'opinione,quasi-come una protesta.

"E una cosa impossibile!", dissi.Mi chiese perch6; gli risposi che forse, idealmente, era quello che

tutti pensavano di dover fare. In pt^tica, perd, non c'era moio di evi-tare dubbi o rimorsi.

"E ovvio che un modo c'd", mi rispose con convinzione._ "Guardami", disse. "fo non ho dubbi o rimorsi. Tutto quello chefaccio d mia decisione e mia responsabiliti. La cosa pit semplice chefaccio, portarti a farc ,-,n" par.eggiata nel deserto, p.r esempio, pubbenissimo significare 7a mia moriJ. La morte mi di la caccia, percidnon mi resta spazio per dubbi o rimorso. se devo morirc per avertiportato a fare una passeggiata, allora devo morire.

"Tu, d'altra parte, t i senti immortale, e le decisioni di un uomoimmortale possono essere cancellate o rimpiante o dubitate. In unmondo in cui la morte d_ il cacciatore, amico mio, non c'd tcmpo perrimpianti o dubbi. C'd solo tempo per le decisioni, ' .

sostenni sinceramente che a mio parere era un mondo irreare, per-ch6 era costruito arbitrariamente prendendo una forma di comporta-mento idealizzata e aflermando che quello era il modo di procedere.

Gli raccontai la storia di mio padre, il quale era solito farmi discorsiinterminabili sulle meraviglie di una m..tt. .anu in un corpo sano,dicendo che i giovani dovrebbero temprare i propri corpi nelle fatichee nelle competizioni atletiche. Era un ,romo giovr.re; quando io avevootto anni lui ne aveva soltanto ventisette. Durante I'estate, di regola,veniva dalla citt), dove insegnava in una scuola, a passare almeno unmese con me nella fattoria dei miei nonni, dove vivevo. per me eraun mese d'inferno. Raccontai a don Juan un esempio del comporta-mento di mio padre che pensavo sarebbe stato adatto alla situazione dicui parlavamo.

Quasi immediatamente dopo il suo anivo alla fattoria, mio padreinsisteva a fare una lunga passeggiata con me al fianco, cosr pote^vamoparlarc; e menre parlavamo faceva progetti per andare a nuotare in-sieme, ogni giorno alle sei del mattino. La sera metteva la sveglia allecinque e mezz^ per avere tempo in abbondanza, perchl alle sei in puntodovevamo essere in acqua. E quando la mattina la sveglia suonava', miopa<ke balzava dal letto, si metteva gli occhiali, andaia alla finesira eguardava fuori.

"Uhum... Un po' di nuvole oggi. Senti, ora mi rimetto git ancoraper cinque minuti. Va bene? Solo cinque e non di pii! Solo per stirarmii muscoli e svegliarmi del tutto".

Assamersi la responsabilitd 49

.. Invariabilm-ente_ ripiombava nel sonno e non si svegliava fino alledieci, certe volte fino a mezzogiorno... Dissi a don_Juan che quello che mi irritava di mio padre era il rifiuto

di rinunciare alle sue risoluzioni false. Ripeteu" qrr..io rituale tutte lemattine finchd io alla fine ferivo i suoi sentimenti rifiutandomi di met-tere la sveslia.

"Non erano false risoluzioni"mente dalla parte di mio padre.

, disse don Juan, schierandosi owia-"Semplicemente non sapeva alzarci

dal letto, tutto qui"."In ogni caso", dissi,

sospetto "."le risoluzioni irreali mi mettono semDre in

"Ma quale sarebbe una risoluzione reale?", chiese don luan con unsorriso malizioso.

"Se mio padre avesse detto a se stesso che non poteva andare anuotare alle sei di mattina, ma che forse avrebbe potuto andarci alletre del pomeriggio".

"Le tue risoluzioni fanno torto allo spirito", disse don Juan conaria di grande seriet).

Pensai anche di aver individuato nella sua voce una nota di tri-stezza. Rimanemmo in silenzio a lungo. Il mio cattivo umore era sva-nito. Pensavo a mio padre.

"Non voleva andare a nuotare alle tre del pomeriggio. Capisci?",disse don Juan.

Le sue parole mi fecero sussultare.Gli dissi che mio padre era debole, e debole era il suo mondo di

atti ideali mai realizzati. Quasi gridavo.Don Juan non disse una parola. Scosse il capo lentamente in modo

ritmico. Mi sentii terribilmente triste. Pensare a mio padre mi di sem-pre una sensazione struggente.

"Tu pensi di essere stato pit forte, non b vero?", chiese don Juanin tono casuale.

Dissi di si, quindi presi a raccontargli tutto lo scompiglio emorivoche mio padre mi aveva fatto passare. Ma don -Juan mi interruppe.

"Per te era spregevole?", chiese.ttNott .

"Era meschino con te?".ttNott .

"Ha fatto per te tutto quello che poteva?"."si" ."Allora cosa c'eta in lui che non andava?".Ricominciai a gridare che mio padre era debole, ma mi ripresi e

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50 Assumersi Ia resPonsabiliti

abbassai i l tono della voce. Mi sentivo un po' ridicolo a essere esami-nato a quel modo da don Juan.

"A ihe servono tutte queste domande?", dissi. "Non dovevamoparlare di piante?".

Mi sentivo pii irritato e scoraggiato che mai' Gli dissi che non toc-cava

^ lui giudicare il mio comportamento, che non aveva la minima

qualif ica per farlo. Don Juan scoppid in una grassa risata.- "Quando ti arrabbi t i senti sempre virtuoso, non d vero?", disse,e ammiccd come un uccello.

Aveva ragione. Avevo la tendenza di sentirmi giustificato nella miacollera.

"Non parliamo di mio padre", dissi, simulando un umore allegro."Parliamo di piante".

"No, parliamo di tuo padre", insistd don Juan. "E da qui che.dob-biamo incbminciare oggi. Se pensi di essere stato tanto pir) forte di lui,perch6 non te ne sei andato a nuotare alle sei di mattina al suc posto? ".- Gli dissi che non riuscivo a credere che me lo domandasse seria-mente. Avevo sempre pensato che nuotare alle sei del mattino fosseuna cosa che riguardava mio padre, non me.

"Riguardava anche te, dal momento che accettavi la sua idea"' miinvesti don Juan.

Dissi chi non I'avevo mai accettata, che avevo sempre saputo chemio padre non era sincero con se stesso. Don Juan mi chiese senzamezzi termini perchd non avevo espresso allora le mie opinioni a miooadre.

"Non si possono dire cose del genere al proprio padre", dissi, comedebole spiegazione.

"Perchd no?"."A casa mia non si faceva, tutto qui"."A casa tua hai fatto cose peggiori", dichiarb, come un giudice dal

suo seggio. "La sola cosa che non hai mai fatto d stato iiluminare iltuo sDirito".

Li sue parole erano cariche di una tale forza devastante che mi rim-bombarono- nella mente. Abbatterono tutte le mie difese. Non potevodiscutere con lui. Mi rifugiai negli appunti che prendevo nel mio tac-cuino.

Tentai un'ultima debole spiegazione e dissi che in tutta la mia vitaavevo incontrato persone del tipo di mio padre, che, come mio padre,mi avevano in cetto qual modo inchiodato nei loro schemi, e di regolaero sempre lasciato a meta.

"Ti stai lamentando", disse don Juan dolcemente. "Ti sei lamen-tato per tutta la vita perchd non ti assumi la responsabilit) delle tue

Assumersi la responsabilitd jl

decisioni. Se ti fossi assunto la responsabilit) dell'idea di tuo padre diandare a nuotare alle sei del mattino, saresti andato a nuotare; da solose,necessario, oppure gli avresti detto di andare all'inferno la primavolta che apriva bocca dopo che avevi imparato a conoscere i suoiespedienti. Ma non hai mai detto nulla. Percib, eri debole come tuopadre.

"Assumersi la responsabilit) delle proprie decisioni significa esserepronti a morire per esseo.

"IJn momento, un momento!", dissi. "State cambiando le carte intavola".

Non mi lascib terminare. Volevo dirgli che avevo usato mio padresolo come esempio di un modo di agire non realistico, e che nessunosano di mente sarebbe disposto a morire per una cosa cosi idiota.

"Non importa quale sia la decisione", disse. "Non c'i cosa che siapii o meno seria di un'altra. Non capisci? In un mondo in cui la morted il cacciatore non ci sono decisioni grandi o piccole. Ci sono solo deci-sioni che prendiamo di fronte alla nostra morte inevitabile".

Non potei dire nulla. Passd forse un'ora. Don Juan era perfetta-mente immobile sulla sua stuoia. sebbene non dormisse.

"Perchd mi dite tutto questo, don Juan?", chiesi. "Perch6 mi fatequesto? ".

"Sei venuto da me", rispose. "No, non d stato cosi. Tu sei statopoftato a me. E io ti ho fatto un gesto".

"Come dite? "."Tu avresti potuto fare un gesto con tuo padre nuotando per lui,

ma non I'hai fatto, forse perchd eri [oppo giovane. Io sono vissutopit a lungo di te. Non ho nulla in sospeso. Non c'd fretta nella miavita, percid posso ben compiere un gesto con te".

Nel pomeriggio uscimmo a camminare. Mantenni facilmente il suopasso e di nuovo fui meravigliato della sua stupenda destezza frsica.Camminava cosl agevolmente e con passi cosl sicuri che accanto a luiero come un bambino. Andammo in direzione est. Mi accorsi che nongli piaceva parlare mentre camminava; se gli parlavo, smetteva di cam-minare per rispondermi.

Dopo un paio d'ore arrivammo a una coll ina; don Juan si mise asedere e mi fece scgno di sedermi accanto a lui. In tono falsamentedrammatico annuncib che mi avrebbe raccontato una storia.

C'era una volta un giovane, disse, un povero indiano che vivevatra gli uomini bianchi in una citt). Non au.u. casa, parenti, amici. Eravenuto in citt) a cercar fortuna e aveva trovato solo infelicith e dolore.Di quando in quando, lavorando come un mulo, guadagnava pochi cen-

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52 Assumersi la responsabiliti

tesimi che a stento gli bastavano per un boccone di cibo; alrimentidoveva mendicare o rubare per mangiare.

Don Juan disse che un giorno il giovane andb nella piazza del mer-cato. Passeggid confuso su e gii per la pi^zz^, con gli occhi che impaz-zivano alla vista di tutte le cose buone li riunite. Era cosi frenetico chenon vide dove metteva i piedi e fini coll'inciampare in certi canestricadendo addosso a un vecchio.

Il vecchio trasportava quattro enormi zucche e si era appena sedutoper riposare e mangiare. Don Juan sorrise intenzionalmente e disseche al_vecchio era parso molto strano che il giovane fosse inciampatosu di lui. Non era arrabbiato per essere stato disturbato, ma stupitoche proprio quel giovane fosse caduto su di lui. Il giovane, d,ikraparte, era arrabbiato e disse al vecchio di togliersi dai piedi. N6n sipreoccupava affatto della causa del loro incontro. Non Ji era accortoche le loro vie si erano veramente incrociate.

Don Juan imitd i movimenti di una persona che corre dietro aqualcosa che rotola. Disse che le zucche del vecchio si erano rovesciatee rotolavano gii per la strada. Quando il giovane le vide pensb di avertrovato il cibo per la giornata.

Aiutd il vecchio a tirar su le pesanti zucche e insistd ad aiutarlo atrasportarle. Il vecchio gli disse che andava a casa sua sulle monragnee il_giovane insistd ad accompagnarlo, almeno per una parte dellastrada.

Il vecchio prese la via delle montagne, e mentre camminavano diedeal giovane parte del cibo che aveva acquistato al mercato. Il giovanemangib di gusto e quando fu pienamente soddisfatto incomincib adaccorgersi di quanto pesassero le zucche e le afierrb ben sffette.

Don Juan aprl gli occhi, sorrise con un ghigno diabolico e disse cheil giovane domandd: "Che cosa trasportate in queste zucche? ". fl vecchionon rispose, ma disse che gli avrebbe mostrato un compagno o amicoche poteva alleviare le sue pene e dargli consiglio e sagfezia sulle cosedel mondo.

Don Juan fece un gesto maestoso con entrambe le mani e disse cheil vecchio evocb il cervo pit bello che il giovane avesse mai visto. Ilcervo era cosl mansueto che andd da lui e sli camminb intorno. I1 cervoscintillava e splendeva. Il giovane rimasJaffascinato e capl immedia-tamente che era uno 'spirito cervo'. Il vecchio gli disse che se volevaavere come amico quel cervo e la sua saggezza, tutto quello che dovevaIare eru lasciar andare le zucche.

Il ghigno di don Juan esprimeva un sentimento di ambizione; disseche nel sentire una simile richiesta I'aviditi del giovane si risveglib.Gli occhi di don Juan divennero piccoli e diabolici mentre ripetev-a la

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i

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Assumersi la responsabiliti 53

,lomandi del giovane: "Cosa avete in queste quattro enormi zucche?".Don Juan disse che il vecchio aveva risposto molto serenamente di

trasportare crbo: pinole * e acqua. A questo punto don Juan interruppeil racconto e si mise a camminare in cerchio un paio di volte. Non sapcvocosa faceva, ma evidentemente era parte della storia. Il cerchio raffigu-rava le meditazioni del giovane.

Don Juan disse poi che naturalmente il giovane non aveva credutorrna sola parola. Immagind che se i l vecchio, ovviamente uno stregone-cra dispoito a dare un6'spirito cervo'per le sue zucche, allora le"ruC\che dovevano essere piene di un potere impensabile.

Don Juan contorse di nuovo la faccia in un ghigno diabolico e disseche il giovane dichiarb che voleva avere le zucche. Ci fu una lungapausa che sembrd segnare la fine della storia. Don Juan rimase in silen-zio, eppure ero certo che voleva che lo interrogassi, e lo interrogai.

"Che B successo al giovane?"."Si prese le zucche", rispose con un soniso di soddisfazione.Ci fu un'altra lunga pausa. Risi. Pensai che quella fosse una vera

'storia indiana'.Gli occhi di don Juan scintillavano mentre mi sorrideva. In lui

c'era un'aria di innocenza. Incomincid a ric'lere con lierri sussulti e miclomandd: "Non vuoi sapere delle zucche?".

"Certo che lo voglio sapere. Pensavo che la storia fosse finita"."Oh, no", disse con una luce maliziosa negli occhi. "I l giovane

prese le sue zucche, se ne fuggi in un luogo isolato e le apri"." Cosa trovb ? " .Don Juan mi guardb di sottecchi ed ebbi la sensazione che si ren-

clesse conto delle mie ginnastiche mentali. Scosse il capo e ridacchib."Allora", lo incalzai. "I lrano vuote? "."Dentro le zucche c'era soltanto cibo e acqua", rispose. "E i l gio-

vane, in un impeto di collera, le schiaccib contro le rocce".Dissi che la sua reazione era stata pir) che naturale: chiunoue al srro

posto avrebbe fatto lo stesso.La risposta di don Juan fu che il giovane era uno sciocco che non

sapeva che cosa cercava. Non sapeva cosa fosse i l 'potere', percid nonpoteva capire se I'aveva trovato o no. Non si era preso la responsabilitidella propria decisione, percib era furente per la propria stupidit). Siaspettava di ottenere qualcosa e invece non aveva avuto nulla. DonJuan considerb che se io fossi stato al posto di quel giovane e avessiseguito le mie inclinazioni sarei stato furente e pieno di rimorso e senza

'! Grano (o altri ccreali) secco, tritato e dolcificato, di solito con farina dinresqui te tN.d.T. l .

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54 Assuntersi la responsabiliti

dubbio avr€i passato il resto della vita a compiangermi per quelio cheavevo perduto.

Quindi spiegd il comportamento del vecchio. Aveva accortamentenutrito il giovane cosl da dargli la 'baldanza di uno stomaco soddi-sfatto', percid il giovane, trovando solo cibo nelle zucche. le a'evaschiacciate in un impeto di collera.

"Se fosse stato consapevole della propria decisione, assumendosenela responsabilitd", disse don Juan, "avrebbe preso il .ibo

" ne sarebbe

stat_o piil che soddisfatto. E forse avrebbe perfino poturo capire chequel cibo era anche potere".

II

I

6

Diventare un cacciatore

Venerdi 23 giugno, 1961

Appena fui seduto bombardai don .Tuan di domande. Non mi risposee fece con la mano un gesto di irnpazienza perchd tacessi. Sembrava ditrrnore serio.

"Stavo pensando che non sei cambiato aftatto in tutto questo tempoin cui hai cercato di imparare a conoscere le piante", mi disse in tonocli accusa.

Incomincid a passare in rassegna a voce alta tutti i i)f,rbiamenti dipersonalit) che

-i aveva raccom.ndrto. Gli risposi .h. f?.uo conside-

rato la questione molto seriamente e avevo scoDerto che non mi erapossibile- rcalizzare quei cambiamenti petchd ognuno di essi andavacontro ai miei impulsi pii intimi. Mi rispose che considerarli sempli-cemente non era abbastanza, e che tutto quello che mi aveva detto nonI'aveva detto solo pet scherzo. Insistei ancora che, sebbene avessi fattopochissimo per adattare la mia vita personale alle sue idee, volevo vera-mente imparare gli usi delle piante.

Dopo un lungo silenzio, in cui. mi sentii a disagio, mi feci coraggioe gli domandai: "Don Juan, vorreste insegnarmi gli usi del peyote?".' Risoose che le mie intenzioni da sole non erano abbastanza. e che.ono...i. il peyote - lo chiamd pet la prima volta 'Mescalito' - era unafaccenda seria. Sembrava non ci fosse altro da dire.

Nelle prime ote della sera, tuttavia, don Juan mi sottopose a unesame; mi propose un problema senza darmi alcun indizio per la solu-zione: trovare un posto o luogo benefico proprio davanti alla sua porta,li dove eravamo sempre seduti a parlare, un posto dove si presumevache avrei potuto sentirmi perfettamente felice e pieno di forza. Nelcorso della notte, mentre tentavo di trovare il 'posto' rotolando sulterreno, individuai per due volte un cambiamento di colore nello spiaz-zo di terra battuta uniformemente scura della zona designata.

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,6 Dixentare un cacciatofe

Il problema mi aveva spossato e piombai nel sonno in uno deipunti in cui avevo individuato un cambiamento di colore. Al martinodon Juan mi sveglib e mi annunzib che Ia mia esperienza era srata coro-nata d,a successo. Non solo avevo trovato il posto benefico che cercavo,ma avevo anche trovato il_suo opposto, un posto nemico o negativo, ei colori associati a entrambi.

Sabato 24 giugno, 1961

Ci inoltrammo tra i cespugli del deserto di prima mattina. Mentrecamminavamo don Juan mi spiegd che per un uomo che vive in unambiente- selvaggio era molto importanti saper individuare un posto''benefico' o 'nemico'. Volevo poriare la conversazione sul peyote, madon Juan rifiutb chiaramente di parlarne. Mi awerti che non io ,i do-veva nemmeno menzionare, a meno che lui stesso non avesse propostoI'argomento.. Ci sedemmo a riposare all'ombra di alcuni alti cespugli in una zonain cui la vegetazione cresceva folta. La bassa vegetaiione d.l desertointorno a noi non era ancora del tutto inaridita; eia una giornata caldae le mosche mi molestavano con insistenza ma non semlravano infa-stidire don Juan. Mi domandai se le ignorava semplicemente, ma quindinotai che non si posavano afiatto sulla sua faccia.

"Qualche volta d necessario trovare in fretta un Dosto benefico.quando si d fuori all 'aperto", riprese don Juan.,.O {orse b necessariodeterminare in fretta se il posto su cui stiamo per metterci a riposared cattivo o no. Una volta ci siamo seduti a ripoiare presso un" .ollina,e tu ti sei sentito molto arrabbiato e turbato. Quel posto era tuonemico. Un piccolo corvo ti ha dato un avvertimento, iicordi?".

Ricordai che si era preoccupato di avvertirmi di evitare quella zonain futuro. Ricordai anche che mi ero arrabbiato perch6 non mi avevapermesso di ridere.

_"Av-evo pensato che il corvo che volava sopra di noi fosse un pre-sagio- solo per me", disse. "Non avrei mai rosp.ttrto che i corvi fosseroamichevoli anche con te".

"Di che state parlando?"."fl corvo era un presagio", prosegui. "Se tu conoscessi i corvi

avresti evitato quel luogo come la peste. I iorvi, perd, non sono sem-pre li a dare avvertimenti, e devi imparare da solo a trovare lrn postoadatto per accamparti o riposare"._ Dopo una lunga pausa si volse improvvisamente verso di me e disse

che per trovare il posto adatto per riposare dovevo soltanto incrociare

, lI

Diuentare an cacciatore 57

gli occhi. Mi guardb con aria saputa e aggiunse in tono confidenzialeche proprio quello avevo fatto quando mi ero rotolato sotto il porticodi casa sua, percib ero riuscito a trovare i due posti e i loro colori. Mifece capire che era stato impressionato dal mio successo.

"Davvero non so cosa ho fatto", dissi."Hai incrociato gli occhi", mi rispose con enfasi. "La tecnica d

questa; devi averlo fatto, anche se non ricordi".Don Juan descrisse quindi la tecnica, che, disse, richiedeva anni

per essere perfetta e consisteva nel forzare gradualmente gli occhi avedere separatamente la stessa immagine. L'assenza di conversione del-I'immagine comportava una duplice percezione del mondo; tale duplicepercezione, secondo don Juan, dava I'opportuniti di giudicare queicambiamenti dell'ambiente circostante che gli occhi erano ordinaria-mente incapaci di percepire.

Don Juan mi esortb a provare. N{i assicurb che non faceva malealla vista. Disse che avrei dovuto incominciare a guardare con breviocchiate, quasi con la coda dell'occhio. Mi indicb un grosso cespuglioe mi mostrb come dovevo fare. Provavo una strana sensazione nelvedere gli occhi di don Juan che lanciavano al cespuglio occhiate incre-dibilmente rapide. I suoi occhi mi ricordavano quelli di un animalesfuggente che non pub guardare diritto.

Camminammo per un'ora circa, e camminando cercavo di non met-tere a fuoco Ia vista su nulla. Quindi don Juan mi disse di incomin-ciare a separare le immagini percepite da ciascun occhio. Dopo un'alraora mi prese un terribile mal di testa e dovetti smettere.

"Pensi di poter trovare, da solo, un posto adatto per riposarci?",mi chiese don Juan. ^lNon avevo alcuna idea del criterio da usare perftovare un 'postoadatto'. Don Juan mi spiegb pazientemente che guirdare con breviocchiate permetteva agli occhi di cogliere visioni insolite.

"Di che genere?", chiesi."Non sono propriamente visioni", rispose. "Assomigliano pit a

sensazioni. Se guardi un cespuglio o un albero o una roccia dove po-tresti voler riposare, i tuoi occhi possono farti sentire se quello d o noil posto migliore per riposare".

Di nuovo lo supplicai di descrivermi come fossero quelle sensa-zioni, ma o non le poteva descrivere o semplicemente non voleva. Disseche dovevo esercitarmi scegliendo un posto e quindi lui mi avrebbedetto se i miei occhi funzionavano o no.

A un certo momento vidi quello che pensai essere un ciottolo cherifletteva la luce. Non lo potevo vedere se mettevo eli occhi a fuoco sudi esso, ma se spazzavo la zona con rapide occhiatJpotevo individuare

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t8 Diuentare un cacciatore

una specie di debole luccichio' Indicai il punto a don Juan. -Era inmezzo

^ uno spazlo pianeggiante senza ombra e senza cespugli folti'

Don Juan rise fragorosamente e quindi mi chiese perchd avessi sceltoproprio quel posto-. Gli spiegai che vedevo un luccichio.' i'No.r mi importa quello che vedi", disse. "Potresti vedere un ele-fante. L'importante b quello che senti"'

Non sentivo proprio nulla. Don Juan mi lancib uno- sguardo miste-rioso e disse che desiderava potermi assecondare e sddersi a riposareli con me, ma che si sarebbe seduto da un'alta parte menre io met-tevo alla prova la mia scelta.

Mi misi a sedere e intanto lui mi guardava curiosamente da unadecina di metri di distanza. Dopo qualche minuto incomincid a ridereforte. In certo modo la sua risata mi rendeva nervoso' mi irritava.Sentivo che si prendeva gioco di me e andai in colleta. Incominciai adomandarmi coia facevo la. C'era qualcosa di nettamente sbagliato nelmodo in cui procedeva tutto il mio sforzo con don Juan. Sentivo diessere solo una pedina nelle sue mani.

All'imptowiso don Juan mi caricd, a tutta velocit), e mi tirb per ilbraccio trascinandomi i forza pet tre o quattro metri' Mi aiutb adalzarmi e si asciugd qualche goccia di sudore dalla fronte. Mi accorsiche si era sforzatb all'esremo. Mi diede un colpetto sulla schiena edisse che avevo scelto il posto sbagliato e che lui aveva dovuto preci-pitarsi a salvarmi perch6 aveva visto che il posto su cui sedevo _stavaper prendere il sopravvento sui miei sentimenti. Scoppiai a ridere' L'im-magine di don Juan che mi caricava eta molto buffa: si era messo acorrere come un glovanotto, i suoi piedi si erano mossi come se arti-gliassero il soffice terriccio rossastrb del deserto per catapultarsi su dime. Lo avevo visto ridere di me e qualche istante dopo mi stava trasci-nando oer il braccio.

Dopo un po' don Juan mi esortd a continuare a cercare un postoadatto per riposare. Continuammo a camminare ma non scoprii n6'sentii' nulla. Forse se fossi stato piil rilassato avrei notato o sentitoqualcosa. Tuttavia non ero pii in collera con lui. Alla fine don Juanmi indicd alcune rocce e ci fermammo.

"Non sentirt i deluso", mi disse. "Ci vuole molto tempo per alle-nare gli occhi".

Non dissi nulla. Non sarei stato certo deluso da una cosa che noncomprendevo afratto. Tuttavia dovevo ammettere che gii tre volte, daquando avevo incominciato a far visita a don -fuan, mi ero sentitomolto in collera e mi ero turbato fino quasi a sentirmi male mentresedevo su posti che lui chiamava cattivi.

Diuentare un cacciatore 59

"Il trucco sta nel sentire con gli occhi", prosegul don Juan. "Iltuo problema ora d che non sai che cosa sentire. Ma ci riuscirai, conla pratica".

"Forse, don Juan, dovreste dirmi cosa dovrei sentire."" Impossibile"." Peich6? ""Nessuno potrebbe dirti quello che dovtesti sentire. Non d calore,

o luce, o riverbero, o colore. E qualcos'altro"." Potete descriverlo? "."No. Tutto quello che posso fare d comunicarti la tecnica. Una

volta che hai imparato a separare le immagini e a vedere tutto sdop-piato, devi concentrare I'attenzione nel punto tra le due immagini.Qualsiasi cambiamento degno di nota avverr) li, in quel punto".

"Che tipo di cambiamenti sono?"." Questo non B importante, quella che conta B la tua sensazione.

Ogni uomo E diverso. Oggi hai visto un lucciclrio, ma quello non signi-ficava nulla perch6 mancava la sensazione. Non ti posso dire come sifa a sentire, io devi imparare da solo".

Riposammo in silenzio per un po' di tempo. Don Juan si copri lafaccia col cappello e rimase immobile come se dormisse. Mi concentraisugli appunti che stavo scrivendo, finch6 un improvviso movimento didon Juan mi fece sobbalzare. Si era tirato su a sedere bruscamente emi guardava con aria accigliata.

"Tu hai un talento per la caccia", disse. "Ed b questo che dovrestiimparare, la caccia. Non parleremo pid di piante".

Sbufib tra i denti per un istante, quindi aggiunse con aria candida:"Mi sembra comunque che non ne abbiamo mai patlato, non d vero?",e nse.

Passammo il resto della giornata camminando in ogni direzionementre don Juan mi dava spiegazioni incredibilmente dettagliate suiserpenti a sonagli: il modo in cui fanno il nido, come si muovono, leloro abitudini stagionali, i loro sbalzi di comportamento. Quindi sidedicb a mettere alla prova tutto cib che ,1i aveq insegnato e allafine catturd e uccise un grosso serpente; gli taglidp testa, ne ripulii visceri, lo spellb e ne arrosti la carne. I suoi movii,ienti avevano unatale grazia e abilit) che il solo essergli accanto mi dava un puro piacere.Ero stato ad ascoltado e osservarlo, affascinato. La mia concentrazioneera cosi completa che avevo praticamente dimenticato il resto delmondo.

Ripiombai bruscamente nel mondo di sempre quando si trattd dimangiare il serpente. Appena incominciai a masticore un pezzetto diquella carne fui colto dalla nausea. La mia ripugnanza non aveva fon-

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60 Diuentare un cacciatote

damento perchd la carne era deliziosa, ma sembrava che il mio stomacofosse un'unit) del tutto indipendente. Quasi non riuscivo a inghiottire.Pensai che dal gran ridere don Juan stesse per avere un attacco dicuore.

Dopo mangiato ci sedemmo comodamente a riposare all'ombra dialcune rocce. Mi misi a lavorare ai miei appunti e dalla loro mole miresi conto della stupefacente quantiti di informazioni che don Juan miaveva dato sui serpenti a sonagli.

"Ti b tornato il tuo spirito di cacciatore", mi disse a un tratto donJuan con volto serio. "Ora sei inchiodato".

"Come sarebbe a dire?".Volevo che spiegasse la sua afr.ermazione, che io ero inchiodato, ma

si limitd a ridere e la ripet6."Come sono inchiodate? ", insistei."I cacciatori vanno sempre a caccia", rispose. "Anch'io sono un

cacciatore "."Volete dire che cacciate per vivere?"."Io vado a caccia per vivere. Posso vivere all'aperto, dovunque".Indicb con la mano tutta la regione circostante.."Essere un cacciatore significa conoscere moltissime cose", riprese.

"Significa che si pud vedere il mondo in difierenti maniere. Per essereun cacciatore bisogna essere in perfetto equilibrio con ogni altra cosa,altrimenti cacciare diventerebbe un lavoro senza senso. Per esempio,oggi abbiamo preso un serpentello. Ho dovuto chiedergli scusa diavergli tolto la vita cosi improvvisamente e definitivamente; ho fattoquel che ho fatto sapendo che anche la mia vita mi sar) tolta un giornoin modo molto simile, improvvisamente e definitivamente. Percib, tuttosommato, noi e i serpenti siamo pari. C)ggi un serpente ci ha fatto dacibo".

"Quando andavo a caccia non avevo mai immaginato un equilibriodi questo tipo", dissi.

"Non b vero. Quello che facevi non era solo uccidere animali. Tue tutta la tua famiglia mangiavate la cacciagione".

Le sue afrermazioni avevano il tono convinto di uno che fosse staropresente. Natutalmente aveva ragione. C'erano state delle volte in cuiavevo fornito alla mia famiglia iarne di selvaggina.

Dopo un attimo di esitazione chiesi: "Come lo sapevate?"."Ci sono certe cose che io so", rispose. "Ma non ti posso dire

come le so".Gli dissi che le mie zie e i miei z1i chiamavano molto seriamente

'fagiani'tutti gli uccelli che acchiappavo.Don Juan disse che poteva benissimo immaginarseli a chiamare

Diuentare un cacciatore 6i

'piccolo fagiano' un passero, e aggiunse una comica imitazione di comelo avrebbero masticato. Gli straordinari movimenti delle sue mascellemi davano la sensazione che stesse veramente masticando un uccellotutto intero, ossa e tutto.

" "Penso davvero che tu abbia un'attitudine per la caccia", disse fis-sandomi. "E finora abbiamo battuto il sentiero sbagliato. Forse saraipii disposto a cambiare il tuo modo di vita per diventare un caccia-tore " .

Mi rammentd che avevo scoperto, cotl solo un piccolo sforzo daparte mia, che nel mondo c'erano per me posti buoni e cattivi; e ag-giunse che avevo anche trovato i rispettivi colori loro associati.

"Questo significa che hai un talento per la caccia", dichiarb. "Nontutti quelli che tentano trovano nello stesso tempo i loro colori e iloro post i " .

Essere un cacciatore sembrava molto bello e romalltico, ma a rnesembrava un'assurditi, dal momento che cacciare non mi imoortavaparticolarmente.

"Non devi preoccuparti di cacciare o di amare la caccia", ribattddon Juan. "Tu hai un'inclinazione naturale. Penso che ai migliori cac-ciatori non piaccia mai cacciare; lo fanno bene, tutto qui".

Avevo la sensazione che don Juan fosse sempre capace di far trion-fare il proprio punto di vista in qualsiasi discussione, e tuttavia so-stenne che non gli piaceva parlare.

"8, come quello che ti ho detto dei cacciatori", afiermb. "Non mipiace necessariamente parlare. Ho solo un- talento per parlare, e 10faccio bene".

Trovai davvero divertente Ia sua agiliti mentale."I cacciatori devono essere individui eccezionalmente duri" riprese.

"Un cacciatore lascia pochissimo al caso. Ho cercato continuamente diconvincerti che devi imparare a vivere in modo diverso. Finora non cisono riuscito, non c'era nulla a cui tu avresti potuto aggrapparti. OraB diverso. Ti ho restituito il tuo vecchio spirito di cacciatore, forseservir) a fatti cambiare".

Protestai che non volevo diventare un cacciatore. Gli rammentaiche al principio avevo solo voluto che mi parlasse delle piante medi-cinali, ma lui mi aveva fatto talmente deviare dal mio proposito origi-nario che non sapevo piil ricordare con chlaezza se avevo o no vera-mente voluto imiarare'gli usi delle piante. .ll

"Molto bene", disse. "Molto bene davvero. Se non hai un'ideachiara di quello che vuoi veramente, puoi diventare piil umile.

"Diciamo cosl. Per i tuoi scopi non importa veramente se impari aconoscere le piante o se impari a cacciare. Me lo hai detto proprio tu.

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62 Diuentare un caccialore

A te interessa tutro quello che una qualsiasi persona pud dire. Evero? ",

Questo glielo avevo detto per cercare di definire la portata dell'an-tropologia e per ingaggiarlo come mio informatore.

Don Juan ridacchid, ovviamente consapevole di aver messo sorrocontrollo la situazione

"Io sono un cacciatote", disse, come se mi leggesse nel pensiero."Io lascio pochissimo al caso. Forse ti dovrei spiegare che ho impa.atoa essere un cacciatore, Non sono sempre vissuto come vivo ora. A uncerto momento della vita ho dovuto iambiare. ora ti sto indicando ladirezione. Ti 1to guidando. So di cosa parlo; qualcuno mi ha insegnatotutto questo. Non me lo sono immaginato per conto mio".

"fntendete dire che avete avuto un maestro, don fs2n2"."Diciamo che qualcuno mi ha insegnato a cacisiare nel modo che ora

voglio insegnare a te", disse e cambib argomento rapidamente."Penso che un tempo cacciare fosse uno degli atti piil grandi che

un uomo potesse compiere", disse. "Tutti i cacciatori erano uominipotenti. Irr efietti, un caccia'tore doveva essere porenre per sopportare ledurezze di quella vita".

Tutto a un tratto mi senti i incuriosito. Si riferiva a un temoo forseantecedente alla conquista spagnola? Incominciai a sondarlo.

^"Quando era i l tempo di cui parlate?"."IJn tempo"."Quando? Che significa 'un tempo'?"."Significa un tempo, o forse significa ora, oggi. Non importa. Un

tj-po tutti sapevano che un cacciatore era il migliore degli uomini.ora non tutti lo sanno, ma c'a un numero sufficifnte di p-ersone cheIo sa..-Io lo so,-un giorno,lo saprai tu. Capisci guello che voglio dire?".

"-E guesta I'idea che hanno dei cacciatori gli indiani yrq,rit E que-sto che voglio sapere".

"Non necessariamente"."E gli indiani pima?"."Non tutti. Ma qualcuno".Nominai vari gruppi di indiani che vivevano nelle vicinanze. Vo-

Ievo che don Juan si impegnasse ad aflermare che la caccia era unafede e una pratica condivisa da qualche specifica popolazione. Ma evitddi rispondermi direttamente, percid cambiri argomenro.

"Perchd fate tutto questo per me, don Juan?", chiesi.Si tolse il cappello e si grattb le tempit fingendo di essere imba-

tazzato., "S,9 compiendo un gesto con te", disse dolcemente. ,,Altre personehanno tatto con te un gesto simile; un giorno tu stesso farai il mede-

Diuentare un cacciatore 63

simo gesto con altri. Diciamo che questa b la mia volta. Un giorno hoscoperto che se volevo essere un cacciatore degno di autorispetto do-vevo cambiare il mio modo di vita. Ero solito lagnarmi e lamentarmimolto. Avevo buoni motivi per sentirmi defraudato: sono un indianoc gli indiani sono trattati come cani. Non potevo farci niente, percidrimanevo col mio dolore. Ma poi la mia buona sorte mi risparmib equalcuno mi insegnb a cacciare. E capii che la vita che conducevo nonmeritava di essere vissuta... percid la cambiai".

"N{a io sono contento della mia vita, don Juan. Perch6 dovrei cam-hiar la? " .

Don Juan si mise a cantare una canzone messicana, molto dolce-mente, quindi ne canticchib il motivo a bocca chiusa. Il capo gli don-dolava su e giil mentre seguiva il ritmo della canzone.

"Pensi che tu e io siamo uguali?", chiese con voce brusca.La sua domanda mi colse di sorpresa. Avevo sentito un brusio nelle

orecchie come se don Juan avesse urlato quelle parole, ma in realtinon aveva urlato; nella sua voce c'era stato perb un suono metallicoche mi era rimbombato nelle orecchie.

Mi grattai I'interno dell'orecchio sinistro col mignolo della manosinistra. Le orecchie mi prudevano sempre e avevo preso I'abitudine distrofinarmi ritmicamente e nervosamente I'interno dell'orecchio col mi-gnolo di una mano. Il movimento era pii propriamente una scossa ditutto il mio braccio.

Don Juan mi osservava, apparentemente affascinato."Allora... siamo uguali? ", chiese."Certo che siamo uguali", risposi.Era ovvio che mi sentissi condiscendente. Provavo molto calore nei

suoi confronti, anche se a volte non sapevo cosa pensar€ di lui; tuttavianella mia mente ritenevo sempre, anche se non lo avevo mai detto, cheio, studente universitario, uomo del sofisticato mondo occidentale, fossisuoeriore a un indiano.

"No", disse calmo, "non lo siamo"."Perch6?", protestai. "Lo siamo certamente"."No", disse con voce dolce. "Non siamo uguali. Io sono un cac-

ciatore e un guerriero, e tu sei un ruffiano".Rimasi a bocca aperta. Non riuscivo a credere che don Juan l'avesse

veramente detto. Lasciai cadere il taccuino e lo fissai sbalordito, poi,naturalmente, mi infuriai.

Don Juan mi guardava con occhi calmi e composti. Evitai il suosguardo. Allora incomincid a parlarc. Pronunciava le parole chiaramen-te, gli scivolavano dalla bocca limpide e implacabili. Disse che facevoil ruffiano per conto di qualcun affo. Che non combattevo le mie bat-. / t

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64 Diuentare un cacciatore

taglie ma le battaglie di qualche persona sconosciuta. che non volevoimparare a conoscere le piante, nd a cacciare, nd niente. E che il suomondo di precisi atti, sentimenti e decisioni era infiniramenre piil effi-cace di quella gofia idiozia che chiamavo 'la mia vita'.

Quando fini di padare ero panlizzato. Aveva parlato senza belli-cosit) o sicumera, ma con una tale forza, e tuttavia ion una tale calma,che non ero pit in collera.

Rimanemmo in silenzio. Mi sentivo imbaruzzato e non riuscivo apensare nulla di appropriato da dire. Aspettai che fosse lui a rompereil silenzio. Passarono le ore. Don Juar diventd immobile per giadi,finch6 il suo- corpo acquistb una rigidit) strana, quasi terrificrnt"'; .r"sempre piil dificile distinguere il suo profilo a m"no a mano che calavaI'oscurit),-e alla fine, qrrando intorno a noi fu buio come Ia pece, sem-brb che don Juan si fosse fuso nel nero delle rocce. Il suo stato diimmobilit) era cosi totale da far pensare che non esistesse pit.

Era mezzanotte quando alla fine mi resi conro che don Iuin avrebbepotuto rimanere ll immobile in quel deserto, su quelle- rocce, forseper- sempfe, se avesse dovuto. Il suo mondo di precisi atti, sentimentie decisioni era veramente superiore.

Lo toccai pian piano sul braccio e le lacrime mi inondarono lafaccia.

7

Essere inaccessibile

Giouedi 29 giagno, 1961

Di nuovo don Juan, come aveva fatto per quasi una settimana, miaffascind con la sua conoscenza di specifici dettagli sul comportamentodella selvaggina. Dapprima spiegb e poi mise in pratica ,rn certo nu-mero di tattiche venatorie basate su quelli che chiamava "i guizzi dellequaglie". Ero cosl preso dalle sue spiegazioni che trascorse una giornataintera e non mi accorsi del passar del tempo. Avevo anche dimenticatodi pranzare. Don Juan osservd scherzando che era molto insolito che iosaltassi un Dasto.

Alla fini della giornata avev^ catturato cinque quaglie con unatrappola ingegnosissima, che mi aveva insegnato a costruire e montare.

"Due bastano per noi", disse, e ne lascib libere tre.Mi insegnd quindi come si arostisce una quaglia. Io volevo tagliarc

degli arbusti e preparare un forno da campo, come mi aveva insegnatomio nonno, rivestito di rami verdi e foglie e spalmato di terra, ma don.fuan disse che non c'era bisogno di danneggiare i cespugli, dal mo-mento che avevamo gi) fatto del male alle quaglie.

Una volta finito di mangiare ci avviammo senza fretta verso unazona rocciosa. Ci sedemmo su un pendio di arenaria e io dissi che semi avesse lasciato farc awei cucinato tutte e cinque le quaglie, e checucinate nel mio forno avrebbero avuto un sapore molto migliore delsuo arrosto.

"Senza dubbio", rispose. "Ma se lo avessi fatto, avremmo potutonon uscire da qui tutti interip

"Che volete dire?", chiesifYCosa ce lo avrebbe impedito?"."I cespugli, le quaglie, tutto quello che ci sta intorno avrebbe po-

tuto contribuire"."Non so mai quand'b che parlate sul serio", dissi.Don Juan fece un gesto di simulata impazienza e schioccb le labbra."Hai una strana nozione di cib che significhi parlare sul serio",

s

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66 Essere inaccessibile

disse. "Io rido molto perchd mi piace ridere, eppure tutto cib che dicod terribilmente serio, anche se tu non lo capisci. perch6 il mondodovrebbe essere solo come pensi che sia? chi

-ti ha dato I'autoriti di

dirlo? "."Non esiste prova che il mondo sia altrimenti, ' , r isposi.stava calando l 'oscurit). Mi chiedevo ie .r, ora di ' tornare

a cas^,ma don Juan sembrava non avere fretta e io mi divertivo.

Il vento era freddo. Improwisamente don Juan si alzd e mi disseche dovevamo arrampicarci sulla cima della colfina e rimanere in oiediin una zona Llben dai cespugli.

"Non aver palrra", mi disse. "Sono tuo amico e baderb che non tiaccada nulla di male".

"Che intendete dire?", chiesi allarmato.- - Don Juan riusciva nel modo pii insidioso possibile a farmi passare

dal piil puro godimento al pii puro terrore."Il mondo B molto_strano in questo momento del giorno,', disse.

"E questo che intendo dire. eualunque cosa tu veda, ;.;;;;; ia,rra"."Cosa vedrb? "."Ancora non 1o so", rispose scrutando in lontananza verso sud.

, .Non ,sembrava preoccupato. Anch'io continuai a guardare nella me-oeslma dltezlone.

rmprovvisamente don Juan si drizzb su se stesso e con ra manosinistra indicb una zona oscura tra i cespugli del deserto.. "Ecco", disse, come se avesse atteso qualcosa che dovesse apparireimprowisamente.

"Cos'b? ", chiesi."Ecco", ripetd. "Guarda! Guarda!, '.

' Non vedevo niente, tranne i cesoueli."E-gui ora", disse don Juan .on u"n tono di grande premura nella

voce. "E qui".

- In quell'istante un'improwisa folata di vento mi colpl e mi fece

bru-ciare gli occhi. Fissai la zona in questione, non c'era a;solutamentenulla di fuori dell'ordinario.

"Non vedo niente", dissi.."L'ha.i .appena sentito", rispose. ,,proprio ora. Ti d entrato negli

occhi e ti ha impedito di vedeie"."Di che state parlando? "."Ti ho condotto deliberatamente sulla cima di una collina", disse.

"Qui siamo molto visibili e qualcosa sta venendo da noi"."Cosa? f l vento?"_"Non solo il vento", disse severamente. "pub sembrarti il venroperch6 il vento E tutto quello che conosci',.

Essereinaccessibile 67

N{i. sforzai gli occhi fissando tra gli arbusti der deserto. Don Juanstette in silenzio accanto a me per un momento, quindi si avvib versola .bassa vegetazione che cresceva Ii intorno e incomincid a strapparerlci- grossi rami dai cespugli; ne riunl otto e ne fece ,_rn fascio. Mi.rclind di fare lo stesso e- di scusarmi a voce alta con l; ;;;;;; p.,:rverle mutilate.

Quando avemmo due fasci me li {ece prendere e correre sulla cima.lclla collina, quindi mi fece stendere sulla schiena t., d.r. jrrrri

-"-c'igni. con grandissima rapidit) dispose i rami der mio fasciJ in modotla coprirmi tutto il corpo, poi copii se stesso alro stesso modo e atta-vcrso le foglie mi sussurrd di osservare come il cosiddetto vento avrebbecessato di sofiare una volta che fosse diventato impercettibile.

A un certo momento, con mio assoluto stupore, il vento cessb vera_me'te di soffare come don Juan aveva p..d.tto. Era avvenuto coslgradualmente che non avrei osservato il cambiamento se non lo avessiaspettato deliberatamente. Per un po' il vento aveva sibilato attraversole foglie sulla mia faccia, e quindi tutto si era graduarm.nt"

"lq.ri","tointorno a noi.Bisbigliai a don Juan che il vento era cessato e lui mi mormord di

rimando che non dovevo far nessun rumore o movimento, perchd quelloche chiamavo vento non era afratto un vento ma qrralco.a che avevauna sua volont) e poteva veramente riconoscerci.

Risi nervosamente.con voce attutita don Juan richiamd la mia attenzione sulla calma

intorno a noi e mormorb che stava per alzarsi in piedi e che dovevoimitarlo, scansando molto delicatamente i rami .on l^ mano sinistra.

Ci alzammo in piedi contemporaneamente. Don Juan fissd per unmomento in lontananza verso sud, quindi si volse bruscamente e guardba ovest.

" Sospetto. Veramente sospetto", borbottb, indicando un puntoverso sud-ovest.

"Guarda! Guarda!" , mi esortb.Fissai con tutta l'intensiti di cui ero capace. Volevo vedere quello

di cui parlava, ma non notai nulla. O piuttosto non notai nulla chenon avessi visto prima; c'erano solo cespugli che sembravano agitatida un leggero vento; i cespugli ondeggiavano.

"E qui", disse don Juan.In quel momenio sentii una ventata d'aria sulla faccia. Sembrava

che il vento avesse veramente incominciato a sofiare dopo che ci era-vamo alzati in piedi. Non pflpvo crederlo; ci doveva essere una spie-p,azione logica. h

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68 Essercinaccessibile

Don Juan ridacchid dolcemente e disse di non sforzarmi il cervelloper trovare una ragione.

"Raccogliamo un'altra volta gli arbusti", disse. "Non mi piace farcid a queste pianticelle, ma dobbiamo fernarti".

Raccolse i rami che avevamo usato per coprirci e ci ammonticchibsopra piccoli sassi e terra. Poi, ripetendo gli stessi movimenti di prima,raccogliemmo altri otto rami ciascuno. Intanto il vento continuava asoffare senza tregua. Don Tuan mormord che una volta che mi avessecoperto non dovevo fare il minimo movimento o rumore. Mi mise irami sul corpo in tutta fretta, quindi si distese e si copr) a sua volta.

Rimanemmo in quella posizione per circa venti minuti e in quelperiodo di tempo accadde un fenomeno sraordinario: il vento cambidancora da una continua rafica violenta a una lieve vibrazione.

Trattenni i l f iato, aspettando il segnale di don Juan. A un certomomento don Juan scansd delicatamente i rami. Lo imitai e ci alzammoin piedi. La sommiti della coll ina era molto tranquil la. C'era solo unalieve, dolce vibrazione di foglie nei cespugli circostanti.

Gli occhi di don Juan guardavano fissamente un punto ra i cespu-gli a sud di noi.

"Eccolo di nuovo!", esclamb a voce alta.Sobbalzai involontariamente, perdendo quasi I'equilibrio, e don

Juan, con voce alta e imperiosa, mi ordind di guardare."Cosa dovrei vedere? ", chiesi disperatamente.Disse che quello, il vento o qualunque cosa fosse, era come una

nuvola o una spirale molto in alto al di sopra dei cespugli, che turbi-nava e avanzava verso la cima della collina dove eravamo noi.

Vidi incresparsi i cespugli in lontananza."Eccolo che arriva", mi disse don Juan all 'orecchio. "Guarda come

ci cerca".Proprio in quell'istante una forte raffica di vento mi colpi la faccia,

come me I'avbva colpita prima. Questa volta, perb, la mia reazione fudiversa. Ero atterrito. Non avevo visto ouello che don Tuan avevadescritto, ma avevo visto una misteriosissima onda piegare i cespugli.Non volevo soccombere alla pauta e cercai deliberatamente Llna qual-siasi spiegazione. Mi dicevo che in quella zona dovevano esserci con-tinue correnti d'aria e don Juan, conoscendo alla perfezione tutta lategione, non solo ne era al corrente ma sapeva ancl-re calcolare mental-mente quando si sarebbero prodotte. Tutto quello che doveva fare erastendersi, contare e aspettare che il vento scemasse; e una vulta che siera alzato in piedi doveva solo aspettare che si producesse dt nuovo.

La voce di don Juan mi riscosse dalle mie elucubrazioni mentali.

Essereinaccessibile 69

l!{i diceva che era ora di andare via. Tergiversai; volevo rimanere per:rccertarmi che il vento scemasse.

"Non ho visto niente, don Juan", dissi."Perd hai notato qualcosa di insolito"."Forse dovreste dirmi ancora che cosa avrei dovuto vedere"."Te I 'ho gi) detto", rispose. "Qualcosa che si nasconde nel vento

t' assomiglia a una spirale, a una nuvola, a una nebbia, a una facciac'hc turbina",

Don Juan fece con le mani un gesto per descrivere un moto oriz-zontale e verticale.

"Si muove in una direzione specifica", riprese. "Avanza disordi-natamente o turbina. Un cacciatore deve conoscere tutto questo pefmuoversi corfettamente".

Volevo assecondarlo, ma sembrava cosi preso dal tentativo di afier-mare cid cl-re intendeva che non osai. Mi guardd per Lln istante e iodistolsi gli occhi.

"Credere che il mondo sia soltanto come pensi tu d stupido", disse."Il mondo b un luogo misterioso. Specialmente al crepuscolo".

Indicd col mento nella direzione del vento."Ci pub seguire", disse. "Pub stancarci o potrebbe anche ucci-

derci "."Quel vento? "."In questo momento della giornata, al crepuscolo, non c'd vento.

In questo momento c'd solo potere",Rimanemmo un'ora seduti sulla cima della .coll ina. I l vento soffib

forte e costante per tutto il tempo.

Venerdi 30 giugno, 1961'

Nel tardo pomeriggio, dopo aver mangiato, ci trasferimmo sullospiazzo davanti alla q1sa. Io mi misi a sedere sul mio 'posto' e mi de-dicai ai miei appuntlpon Juan si distese. sulla schiena con le maniripiegate sullo stomacol) Eravamo rimasti tutto il giorno vicino alla casaper via del 'vento'; rdon Juan mi spiegb che lo avevamo disturbatodeliberatamente e che era meqlio non starsene in eiro a oziare. Mi eraanche toccato dormire copert; di rami.

Un'improvvisa folata di vento fece alzarc don Juan con un balzoincredibilmente agile. . I

"Maledizione", disse. "Il vento ti sta cercando"."Questa non la bevo, don Juan", dissi ridendo. "Proprio non la

bevo".

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70 Essereinaccessibile

Non mi stavo intestardendo, solo mi era impossibile accettare I'ideache il vento avesse una sua volont) e mi stesse cercando, o che ci avevaveramente individuati e si era precipitato contro di noi sulla cima dellacoll ina. Dissi che I ' idea di un (venro dotato di intenzionalit) ' denotavaun'idea del mondo un po' semplicistica.

"Allora che cosa b i l vento?", mi chiese don Juan in tono provo-catorio.

Gli spiegai pazientemente che le masse di aria calda e fredda produ-cevano difierenti pressioni e che la pressione faceva muovere le massed'aria verticalmente e orizzontalmente. Mi ci volle molto per spiegarglitutti i particolari della meteorologia elementare.

"Vuoi dire che tutto quello che c'd nel venro d aria calda e fredda?",chiese in tono confuso.

"Temo di si", risposi, godendomi in silenzio i l mio trionfo.Don Juan sembrava ammutolito dalla sorpresa. Ma poi mi guardd

e scoppib a ridere fragorosamente."Le tue opinioni sono opinioni definit ive", disse con una nota di

sarcasmo. "Sono I'ult ima parola, non B vero? Per un cacciatore, invece,le tue opinioni non valgono una cicca. Non fa nessuna difierenza se lapressione b uno, o due o dieci; se tu vivessi qr-ri fuori nel deserto sapre-sti che al crepuscolo il vento diventa potere. Un cacciatore che vale ilpane che mangia lo sa, e agisce in conseguenza".

"Come agisce? "."Usa il crepuscolo e quel potere nascosto nel vento"." Come? "."Se gli conviene, il cacciatore si nasconde al potere coprendosi e

rimanendo immobile fino a che il crepuscolo se ne B andato e il poterelo ha sigil lato nella sua protezione".

Don Juan fece un gesto come se volesse racchiudere qualcosa conle mani.

"La sua protezione d come un...".Si fermb cercando la parola e io suggerii 'bozzolo'."Giusto", disse. "La protezione del potere ti racchiude come in un

bozzolo, Un cacciatore pud rimanere fuori allo scoperto e nessun pumao coyote o verme che sia lo pub toccare. Un leone di montagna pubarrivare fin sotto il naso del cacciatore e annusarlo, e se il cacciatorenon si muove il leone se ne andri. Te lo posso sarantire.

"Se invece il cacciatore vuole essere notrtol rutto quello che devefare d mettersi in piedi sulli cima di una collina al momento del cre-puscolo, e i l potere lo tormenteri e lo cercheri per tutta la notte. Per-cib, se un cacciatore vuole viaggiare di notte o vuole rimanere svegliodeve esporsi al vento.

Essere inaccessibile 7l

"Qui sta il segreto dei grandi cacciatori. Esporsi e sottrarsi a ognitvolta della strada".

Mi sentivo un po' confuso e gli chiesi di ricapitolare. Don Juanslricgb con molta pazienza che aveva usato il crepuscolo e il vento perinclicare I'importanza cruciale del rapporto reciproco tra il nascondersit ' i l mostrarsi.

"Devi imparare a esporti e sottrarti deliberatamente", disse. "Cosicome E ora la tua vita, sei continuamente esposto senza volerlo".

Protestai. La mia sensazione era che la mia vita stesse diventandoscmpre piil segregata. Mi rispose che non 1o avevo capito, e che sot-tlirrsi non significava nascondersi o essere segregati, ma essere inac-ccssibil i .

"In altre parole", continub pazientemente. "Non fa nessuna difie-rcnza nascondersi se tutti sanno che ti nascondi.

"I tuoi problemi di ora nascono proprio da questo. Quando ti na-scondi, tutti sanno che ti nascondi, e quando non ti nascondi, seicsposto a tutti quelli che ti vogliono mettere le mani addosso".

Incominciavo a sentirmi minacciato e cercai in ftetta di difendermi."Non spiegarti", mi disse don Juan seccamente. "Non ce n'b biso-

gno. Siamo degli sciocchi, tutti, e tu non puoi essere diflerente. A unccrto momento della mia vita, come te, mi sono esposto sempre piil{inchd di me non restava nulla per nulla tranne forse che per piangere.ll questo ho fatto, proprio come te".

Don Juan mi misurb con lo sguardo per un minuto e quindi emisetun profondo sospiro.

"Ero perb piil giovane di te", riprese, "ma un giorno ne ho avutoabbastanza e ho cambiato. Diciamo che un giorno, quando stavo diven-tando un cacciatore, ho imparato il segreto dell'esporsi e del sottrarsi".

Gli dissi che il senso delle sue parole mi sfuggiva. Non riuscivoveramente a capire cosa intendesse per esporsi. Aveva usato le espres-sioni spagnole ponerse al alcance e ponerse en el medio del camino:mettersi fuori della portata e mettersi nel mezzo di una strada pienadi raffico.

"Devi toglierti di mezzo", spiegb. "Devi toglierti dal centro di unastrada piena di trafico. Tutto il tuo essere d qui, percib d inutile na-scondersi; potrestil'soltanto immaginare di essere nascosto. Essere nelmezzo delli stradalgnifica che tu"tti quelli che passano possono osser-vare il tuo andare e venire",

La sua metafora era interessante, ma al tempo stesso anche oscura."Parlate per enigmi", dissi.Mi guardd fissamente a lungo e quindi incomincib a canticchiare

una canzone. Raddrizzai la schiena e mi sedetti ad ascoltare con atten-

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72 Essere inaccessibile

zione. Quando don Juan canticchiava una canzone messicana, lo sapevo,stava per inttappolarmi.

"Ehi", disse sorridendo e mi scrutd. "Che ne b stato di quella tuaamica bionda? Quella ragazza che ti piaceva veramente".

Dovevo averlo guardato con un'espressione idiota e disorientataperchd scoppib a ridere con grande piacere. Non sapevo cosa dire.

"Me ne avevi parlato", disse in tono rassicurante.Io perb non ricordavo di avergli mai raccontato nulla di nessuno,

tanto meno di una bionda."Non vi ho mai raccontato nulla del genere", dissi."Certo che me ne hai parlato", disse come per rifiutare la discus-

sione.Volevo protestare, ma don Juan mi interruppe dicendo che non im-

portava come avesse fatto a sapere della ragazza, che l'importante erache mi fosse piaciuta

Sentii crescere dentro di me un'onda di animositi nei suoi con-fronti.

"Non tergiversare", disse don Juan seccamente. "Questo d un mo-mento in cui dovresti tagliar via i tuoi sentimenti di importanza.

"Una volta hai avuto una donna, una donna che ti era molto cara,e poi un giorno I 'hai perduta".

Incominciai a chiedermi se avessi mai parlato di quella donna adon Juan. Conclusi che non c'era mai stata occasione di padarne. Ep-pure dovevo avergliene parlato. Ogni volta che viaggiavamo in mac-china insieme avevamo sempre parlato incessantemente di tutto. Nonricordavo tutte le cose di cui avevamo parlato perch6 non potevo pren-dere appunti guidando. Mi sentivo un po' tranqujllizzato dalle mie con-clusioni. Gli dissi che aveva ragione. Nella mia vita c'era stata unabionda molto importante.

"Perch6 non E con te?", chiese."Se ne d andata"."Perch6? " ."Per tante ragioni"."Non erano poi tante, era una ragione sola: t i sei esposto troppo".Volevo sapere sinceramente che cosa intendeva. Di nuovo mi aveva

colpito. Sembtb rendersi conto dell'efietto del suo colpo e spinse inavanti le labbra per nascondere un sorriso malizioso.

"Tutti sapevano di voi due", disse con aria di convinzione incrol-labile.

"Che c 'era di male?"."Era terribilmente male. Era una bella ragazza" .Espressi il sincero sentimento che il suo tirate a indovinare alla

Essere inaccessibile 7)

cieca mi era odioso, in particolare detestavo che facesse sempre le sueirflermazioni col tono sicuro di una Dersona che fosse stata oresente allascena e I 'avesse vista tutta.

"Ma d vero", disse con un candore disarmante. "Ho uisto tu(.to.l ira una bella ragazza".

Sapevo che discutere non sarebbe servito a niente, ma mi sentivoin collera con lui perchd aveva toccato quella piaga dolorosa della miavita, percid dissi che la ragazza in questione non era dopo tutto cosllrella, che a mio parere non era un gran che.

"Anche tu", mi disse don Juan calmo. "Ma questo non importa.Quello che conta € che I 'hai cercata dappertutto; questo fa di lei unal)ersona speciale del tuo mondo, e per una persona speciale si do-vrebbero avere solo buone parole".

iVIi sentii imbarazzato; una grande tristezza incominciava a impa-dronirsi di me.

"Che cosa mi fate, don.fuan?", chiesi . "Riusci te sempre a farmisent i re t r is te. Perchd?".

"Ora stai indulgendo al sentimentalismo", mi disse in tono accu-satore.

"Qual E lo scopo di tutto questo, don Juan?"."Essere inaccessibile d lo scopo", dichiard. "Ho richiamato i l r icordo

di quella persona per mostrarti direttamente cib che non ti ho potutomostrare col vento.

"L'hai qerduta perchd eri accessibile; eri sempre alla sua portata e| . 'a .la tua vlta ela meccanrca".

"No!", dissi. "Vi sbagliate, la mia vita non d mai stata meccanica"."Era ed E meccanica", rispose dogmaticamente. "E meccanica in

modo insolito e questo ti d) I ' impressione che non Io sia, ma ti assi-curo che lo b".

Volevo tenergli i l broncio e immergermi nel malumore, ma in certomodo i suoi occhi mi davano un senso di inquietudine; sembravanospingermi sempre pi i avant i .

"L'arte di un cacciatore e diventare inaccessibile", riprese. "Nelcaso di quella bionda avrebbe significato che dovevi diventare un cac-ciatore e incontrarla moderatamente. Non come hai fatto tu. Sei rima-sto con lei un giorno dopo I'altro, finchd il solo sentimento che restavaera la noia. E vero?".

Non gli risposi. Sentivo che non dovevo dire niente. Aveva ragione."Essere^inaccessikiesignifica toccare il mondo intorno a te mode-

ratamente. Non mangiard cinque quagiie; mangiane una. Non danneg-giare le piante solo per costruire un forno da campo. Non esporti al

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Essere inaccessibile

Dotere del vento a meno che non sia inevitabile. Non usare e spremerei" g.nte fino a ridurla a nulla, specialmente le persone che ami".

"Non ho mai usato nessuno", dissi sinceramente'Ma don Juan sostenne che I'avevo fatto, e percid potevo dire sin-

ceramente di essere stanco e annoiato della gente."Essere inaccessibile significa evitare deliberatamente di esaurire

te stesso e gli alffi", prosegui. "significa non essere aflamato e dispe-rato, come il povero bastardo che pensa che non manger) mai piL edivora tutto i l cibo che pub, tutte e cinque ie quagiiel".

Don Juan mi aveva tirato un vero colpo basso. Risi, e questo parvefargli piacere. Mi toccb delicatamente sulla schiena.-"Un cacciatore sa di poter sempre attirare la selvaggina nelle suetrappole, percib non si preoccupa. Preoccuparsi vuol dire diventareacclssibile, accessibile senza volerlo. E una volta che ti preoccupi tiafferri a tutto per disperazione; e una volta che ti afferri sei destinatoa esaurire tutti o tutto cid cui t i afierri".

Gli dissi che nella mia vita quotidiana era inconcepibile essereinaccessibile. Volevo fargli capire che per funzionare doverto essere aportata di tutti quelli che avevano qualcosa a che fare con me.-

"Ti ho gii detto che essere inaccessibile non significa nascondersi osegregarsi", disse con calma. "Non significa neppure che tu-non debbaauer i"pporti con gli altri. Un cacciatore usa il mondo moderatamentee con tenerezza, seaza badare se il mondo possa essere cose, o piante,o animali, o persone, o potere. Un cacciatore tratta intimamente colproprio mondo eppure d inaccessibile a quello stesso mondo".- t'q.r.rt" E una contraddizione", dissi. "Non pub essere inaccessibilese b nel suo mondo, ora dopo ora, giorno dopo giorno".

"Non hai capito", disse don .|uan pazientemente. "I l cacciatore dinaccessibile perchd non spreme il mondo fino a deformarlo. Lo toccalievemente, rimane quanto deve e quindi si allontana agilmente, la-sciando appena un segno".

8

Infrangere le abitudini della vita

Domenica 16 luglio, 1961a,U Per tutta la mattina osservammo certi roditori che sembravanoglassi scoiattoli; don Juan li chiamava topi d'acqua. Mi mostrd checrano molto rapidi nel somarsi al pericolo, ma quando erano sfuggitirr un animale da preda avevano la cattiva abitudine di fermarsi, o anillecli arrampicarsi su una roccia, ergendosi sulle zampe posteriori perguirrdarsi intorno e rassettarsi.

"Hanno buonissimi occhi", mi disse don Juan. "Devi muoverti solo.luando sono in fuga, quindi, devi imparare a prevedere quando e dovesi fermano, perchd anche tu possa fermarti nello stesso istante".

Mi dedicai all'osservazione di quei roditori ed ebbi quella chesarebbe stata una giornata campale per cacciatori, perch6 ne scopriimoltissimi. E alla fine potevo prevedere quasi ogni volta i loro movi-rnenti.

Quindi don Juan mi insegnb a costruire trappole per catturadi.Spiegd che un cacciatore doveva prender tempo per osservare i luoghiin cui quegli animali mangiavano o facevano il nido, per determinareil posto dove collocare le sue trappole; doveva disporle durante lanotte e I'indomani non c'era che da spaventare i roditori per farli fug-gire e incappare nei congegni di cattura.

Raccogliemmo dei bastot-lcelli e ci accingemmo a costruire i disposi-tivi per la caccia. Avevo quasi ultimato il mio e mi stavo domandandocccitatamente se avrebbe funzionato o no, quando a un tratto don Juansi fermd e si guardd il polso sinistro, come per conrollare un orologiocl.re non aveva mai avuto, e disse che secondo il suo orologio era oradi pranzo. Avevo in mano un lungo bastone che cercavo di trasformarein un anello piegandolo in tondo; lo lasciai cadere automaticamenteinsicme al resto dei miei arnesi da caccia.

Don Juan mi guardb con un'espressione di curiositi, quindi emiseil sr-rono lamentoso di una sirena di fabbrica all'ora di oranzo: un'imi-

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76 Inlrangere le abitudini della uita

tazione perfetta. Mi diressi verso di lui e mi accorsi che mi fissava.Scosse il capo da una parte all'altra.

"Che diavolo,..", disse."Che c'b che non va?", chiesi.Emise di nuovo il lungo suono lamentoso di una sirena di fabbrica."l l ptanzo b finito", disse. "Torna al lavoro".Per un istante mi sentii confuso, ma poi pensai che stesse scher-

zando, forse perch6 in realt) non avevamo nulla da mangiare per pranzo.Ero stato tanto preso dai roditori che avevo dimenticato che non ave-vamo provviste. Ripresi in mano il bastone e cercai di piegarlo. Dopoun momento don Juan suond di nuovo la sua 'sirena'.

"Ora di andare a casa". disse.Esaminb il suo orologio immaginario, quindi mi guardb e ammiccd."Sono le cinque", disse con I 'aria di uno che rivelasse un segreto.

Pensai che si fosse lmprovvisamente srancato della caccia e volesserimandare I'intera faccenda. Misi semplicemente tutto siU e incominciaia prepararmi a partire. Non lo guridni, presumevo ihe anche lui sipreparasse ad andar via. Quando fui pronto guardai in su e lo vidiseduto qualche metro piil in l) a gambe incrociate.

"Sono pronto", dissi. "Possiamo andare quando volete".Si alzd e sali su una roccia, dove rimase- a guardarmi a quasi due

metri dal suolo. Si mise le mani ai due lati della bocca ed emise unsuono molto prolungato e penetrante. Sembrava una magnifica sirenadi fabbrica. Gird completamente su se stesso emettendo qr-rel stronolamentoso.

"Che state facendo, don Juan?", chiesi.Disse che stava dando a tutto il mondo il segnale di andare a casa.

Ero cornpletamente disorientato, non riuscivo a capire se scherzava ose era semplicemente uscito di senno. Lo osservai attentamente e cercaidi mettere cib che stava facendo in relazione a qualcosa che potevaaver detto prima. Non avevamo quasi parlato durante la mattinata enon riuscivo a ricordare nulla di imoortante.

Don Juan stava ancora in piedi in cima alla roccia. Mi guardb, sor-rise e ammiccd nuovamente. All ' improvviso mi spaventai. Don Juansi mise le mani ai due lati della bocca ed emise un altro lungo suonoululante.

Disse che erano le otto di mattina e che dovevo riorendere il lavoroperch6 avevamo un'intera giornata davanti a noi.

Ero ormai completamente disorientato. In pochi istanti la miapaura crebbe fino a un desiderio irresistibile di fuggire dalla scena.Pensai che don Juan fosse pazzo. Stavo per scappare quando scivolbgit dalla roccia e venne verso di me, sorridendo.

Inlrangere le abitildini della uita 77

"Pensi che io sia pazzo, non e vero?", chiese.Gli risposi che mi stava spaventando a morte col suo comporta-

rnento inaspettato.Rispose che eravamo pari. Non capii quello che diceva, ero pro-

fondamente turbato dal pensiero che i suoi atti sembravano completa-rnente folli. Mi spiegb che aveva cercato deliberatamente di spaventarmi1r morte con la pesantezza del suo comportamento inaspettato, perchd

fjo stesso lo facevo andare in bestia con la pes^ntezza del mio compor-f,rrnento prevedibile. Aggiunse che le mie abitudini fisse erano pazze

c()me la sua sirena.Fui turbato e protestai che in realtA non avevo nessuna abitudine

fissa. Gli dissi che credevo che la mia vita fosse un ver6'ctos per lamancanza di sane abitudini regolari.

Don Juan rise e mi fece segno di mettermi a sedere accanto a lui.Di nuovo tutta la situazione era misteriosamente cambiata. La miapaura era svanita non appena si era messo a parlte.

"Quali sono le mie abitudini f isse?", chiesi."Tutto quello che fai E abitudine"."Non siamo tut t i cosi?"."Non tutti. Io non faccio le cose per abitudine"."Da che d venuto fuori tutto questo, don Juan? Che ho fatto o

detto che vi ha spinto a comportarvi in quel modo?"."Ti preoccupavi del pranzo"."Non vi ho detto nulla; come avete fatto a sapere che mi preoc-

cupavo del pranzo?"."Ti preoccupi di mangiare ogni giorno verso mezzogiorno, e verso

le sei df r.rr, . verso le otto di mattina", disse con un ghigno mali-zioso. "Ti preoccupi di mangiare a quelle ore anche se non hai fame.

"Per mostrarti i l tuo spirito abitudinario mi i bastato suonare lamia sirena. I l tuo spirito d allenato a lavorare seguendo un segnale"'

Mi fissd con un'espressione interrogativa negli occhi. Non mi potevodifendere.

"Ora ti stai preparando a trasformare la caccia in un'abitudine",riprese. "Hai gi) it"til;to il tuo ritmo nella caccia; pa{i,a un determi-nato momento, mangi a un determinato momento e ti addormenti a undeterminato momento".

Non avevo niente da dire. Don Juan aveva descritto le mie abitu-dini nel mangiare secondo il modello che usavo in tutto nella mia vita.Eppure sentivo profondamente che la mia vita era meno abitudinariadi quella della maggior parte dei miei amici e conoscenti.

i 'Ora sai molte iose sulla caccia", continud don Juan. "Ti sari facilecapire che un buon cacciatore conosce soPrattutto una cosa: conosce

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18 Inlrdngere Ie abi tudini del la t i ta

le abitudini della sua preda. E questo che fa di lui un buon cacciatore."Se tu ricordassi come ti ho inse.gnato a cacciare, forse capiresti

quello che voglio dire. Innanzitutto ti ho insegnaro a cosrruire e di-sporre le trappole, poi t i ho insegnato Ie abitudini della selvaggina chevolevi prendere, e alla fine abbiamo messo alla prova Ie trappole conle abitudini della selvaggina. Queste parti sono Ie forme esterne dellacaccia,

-"Oru devo insegnarti I 'ult ima parte, quella di gran lunea la piidifficile. Forse passeranno degli anni prima che tu possa dire di capirlae di essere un cacciatore".

Don Juan fece una pausa come per darmi tempo. Si tolse il cappelloe imitb i caratteristici movimenti dei roditori che avevamo osservaro.Mi sembrava molto buffo. La sua testa rotonda lo faceva assomieliarea uno di quegli animali.

"Essere un cacciatore non significa soltanto prendere in ftappola laselvaggina", riprese. "Un cacciatore che vale i l pane che mangia nonprende la selvaggina perch6 mette trappole o perchd conosce le abitu-dini della sua preda, ma perch6 lui stesso non ha abitudini. E questo i lsuo vantaggio. Non d come tutti gli animali cui d) Ia caccia, fissato dapesanti abitudini e gttizzi prevedibil i ; E l ibero, f luido, imprevedibile".

Quello che don Tuan diceva mi sembrava un'idealizzazione arbitra-ria e irrazionale. Non potevo immaginare una vita senza abitudini rego-lari. Volevo essere molto onesto con lui e non limitarmi a dire se erod'accordo o no. Sentivo che la sua concezione era impossibile da metrerein pratica per me e per chiunque altro.

"Non mi importa quello che senti", disse don.|uan. "Per essereun cacciatore devi infrangere le abitudini regolari della tua vita. Seiandato bene nella caccia. Hai imparato in fretta e ora Duoi vedere chesei come la tua preda, facile da prevedere".

Gli chiesi di essere specifico e darmi esempi concreti., "Sto parlando della iaccia", rispose con calma. "Percib mi occupo

di quello che fanno gli animali; i luoghi in cui mangiano; dove, comee quando dormono; dove fanno il nido; come vanno in giro. Questesono le abitudini che ti mosro affinch6 tu possa rendertene conto neltuo stesso essere.

"Hai osseryato le abitudini deeli animali del deserto. Mansiano obevono in certi luoghi, fanno il niJo in posti specifici; in efiettT, tuttoquello che fanno pub essere previsto e ricostruito da un buon caccia-tore.

"Come ti ho detto prima, ai miei occhi ti comporti come Ia ruapreda. Una volta nella mia vita qualcuno mi ha fatto osservare la stessacosa, percib non sei I'unico. Tutti noi ci comportiamo come la preda

Inlrangere le abitudmi tlella uita 19

cui diamo la caccia. Questo, naturalmente, fa anche di noi la preda diqualcosa o qualcun alro. Ora, la preoccupazione di uu cacciatore, chesappia tutto cib, d smettere di essere lui stesso una preda. Capisci quelloche voglio dire?".

Espressi nuovamente I'opinione che la sua proposizione era inso-stenibile.

, "Ci vuole tempo". disse don Tuan. "Potresti incominciare col nonl4',ranzare tutti i giorni alle dodici in punto".

Mi guardb sorridendo con benevolenza. La sua espressione eramolto bifia e mi fece ridere.

"Ci sono perb degli animali impossibil i da seguire", riprese. "Cisono certi tipi di cervi, per esempio, che un cacciatore fortunato po-trebbe incontrare, per pura fortuna, una sola volta nella vita".

Don Juan fece una pausa molto drammatica e mi guardb con occhipenetranti. Sembrava che aspettasse una mia domanda, ma io non avevonulla da chiedere.

"Cosa pensi li renda cosi dificili da trovare e cosl unici?", chiese.Mi strinsi nelle spalle perchd non sapevo cosa rispondere."Non hanno abitudini", disse don Juan con tono di rivelazione.

"E questo che li rende magici"."IJn cervo deve dormire la notte", dissi. "Questa non e forse

un'abitudine? "."Certamente, se il cervo dorme ogni noite a un'ora specifica e in

un solo specifico luogo. Ma quegli esseri magici non si comportano cosl.Anzi, un giorno te ne potrai sincerare da te stesso. Forse il tuo destinoti farA cacciare uno di quegli animali per il resto della tua vita".

" Che intendete dire? "."A te piace cacciare; forse un giorno, in qualche parte del mondo,

il tuo sentiero si incontrer) con quello di un essere magico. e tu poraiinseguirlo.

"IJn essere magico b una visione da contemplare. Io sono statotanio fortunato da incrociare il cammino di uno di questi esseri. Ilnostro incontro b avvenuto dopo che avevo appreso e messo in praticamolte conoscenze di caccia. Un giorno ero in una foresta fitta di alberinel Messico centrale, quando a un tratto udii un lieve sibilo. Quelsuono mi era sconosciuto, in tutti i miei anni di vagabondaggi in zoneselvagge non avevo mai udito un suono simile. Non riuscii a indi-viduarne la provenienza sul terreno; sembtava venire da luoghi diffe'renti. Pensai che forse ero circondato da un branco o da un'orda dianimali sconosciuti.

"sentii ancora una volta quel sibilo assillante; sembrava venire datutto intorno. Allora capii la mia fortuna. Seppi che era un essere ma-

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80 Inlrcngere le abitailini della uita

gico, un cervo. sapevo anche che un cervo magico conosce le abitudinidegli -uomini comuni e quelle dei cacciatori.

"E molto facile immaginare cosa farebbe un uomo comune in unasituazione simile. Innanzitutto la sua paura lo trasformerebbe imme-diatament€ in una preda. Una volta divinuto una preda gli ..rt^.ro du.tipi di azione:,,o scappa o si prepara a difendersi.^ Se n&, d armato ing€nere fugge.all'aperto e corre pei salvarsi la vita. Se d armato appronta-I

arma .e qulndr sr prepara a resistere immobilizzandosi sul posto oIasciandosi cadere al suolo."un cacciatore, d'altra parte, quando va a caccia nei luoghi selvaggi

non si addentra mai.in .nessun posio senza immaginarsi in" anticipJ-ipossibili ripari, percid si metteribbe immedi"tr..r,t. ul .op"rit. ro-trebbe lasciar cadere a te*a i l poncho opprlre appenderlo a un ramocome esca e poi nascondersi e aspettare la prossima mossa della sel-vaggina.

"Percib, in presen"a_del cervo magico, non mi sono comportato innessuno dei due modi. Mi sono messo iapidamente a testa in giil e piediin su e ho incominciato a.gemere piano; mi uscivano uer"ament. lelacrime e singhiozzai cosl a lungo che stavo quasi per svenire. Improv-visamente percepii^un lieve soffio; q_ualcosa .i unnuruu" i capelli dietrol'orecchio destro. cercai di voltare la testa per vedere cosa fosse e micapovolsi tirandomi su a sedere in tempo per vedere ,-r.r" .*utrrr"risplendente che mi fissava. Il cervo mi guardava e lo lli Ji.-rl .l,L ,o"gli avrei fatto del male. E il cervo mi iarlb".- ..

Don. Juan- si interruppe e mi guaidd. sorrisi involontariamente.L'id-ea-di parlare a un.cervo era quanto mai incredibil.,. Ji i po.".

"Yi ha parlato", disse don Juan con un ghigno."fl cervo ha parlato?"." si ' .D-o-n Juan si alzd in piedi e raccolse il suo fascio di arnesi d.a caccia."Ha parlato davvero?", chiesi in tono perplesso.Don Juan scoppid a ridere."Che cosa ha detto?", chiesi un po' per scherzo.Pensavo che mi stesse prendendo irr giro. Don Juan rimase unmomento silenzioso, come se cercasse di rilordare, poi i .uoi olchi siacce.sero mentre ripeteva quello che aveva detto il cervo.

,-,.,r l^.gtu9 lnagico..disse:. 'Ehi amico"', continub. ,.Io gli r isposi:' . .h,hr ' . Poi mi.chiese, 'Perchd piangi? 'e io r isposi , ,perchd,]ono t i i r te ' .Allora Ia magrca creatura mi si accostd all'orecchio e mi disse cosi chia_ramente come ti parlo ora: ,Non essere triste,".Don-Juan,mi fissava negli occhi. Sul suo volto c'era un lampo divera malizia. Scoppib a rideie fragorosamente.

Inlrangere Ie abitudini della oita gl

Gli dissi che il suo dialogo cor cervo era staro una stupidaggine."cosa ti aspetravi?", mi chiese sempre ridendo. "s;; ui'i,iJi.no".rl suo senso dell'umorismo era cosl stravagante che non potevo farea meno di ridere con lui"Tu non credi che un cervo magico parli, non d vero?,'.

, "Yi spiace ma proprio non posi .r.d.r..h. .or.-d"i j.n"r" u..u-dano", rrsposl..ng"Non,ti biasimo", mi disse in tono rassicurante. "E una delle cosepf, matedettamente strane".

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9

L'ultima battaglia sulla terra 8)

Gli chiesi di spiegarsi; la sua affermaziond. eravaga e non ero sicurose alludeva a me o no.

"Un buon cacciatore cambia i propri modi ogni volta che i neces-sario", replicb, "Lo sai anche tu",

"Cosa intendete, don Juan?"."Un cacciatore deve conoscere non solo le abitudini della preda,

deve anche sapere che su questa terra ci sono dei poteri che guidanogli uomini e gli animali e tutto cid che vive".

Si interruppe. Aspettai, ma pareva che fosse arrivato alla fine diquello che voleva dire.

itrX che tipo di poteri state parlando? ", chiesi dopo una lungapa,&.

"Poteri che guidano la nostra vita e la nostra morte".Don Juan si interruppe ancora, sembrava che gli fosse terribilmente

dificile decidere quello che doveva dire. Si stropiccib le mani e scosseil capo, spingendo in fuori le mascelle. Per due volte mi fece cenno ditacere mentre stavo per chiedergli di spiegare le sue affermazioni sibil-line.

"Non sei capace di fermarti facilmente", mi disse alla fine. "So chesei ostinato, ma questo non importa. Quanto piil sei ostinato, tantomeglio sari quando alla 6ne riuscirai a cambiare te stesso".

"Cerco di farc del mio meglio", dissi."No. Non son d'accordo. Non cerchi di fare del tuo meglio. Lo hai

appena detto perch6 ti sembra bene; in realt) hai detto la stessa cosadi tutto quello che fai.}Jai cercato per anni di far del tuo meglio senzaalcun vantaggio. Bisogna far qualcosa per rimediare".

Come al solito mi sentii costretto a difendermi. Don Juan sembravamirare, di regola, ai miei punti pii deboli. Ricordai allora che ognivolta che avevo tentato di difendermi contro le sue critiche mi erosentito alla fine uno sciocco, e mi arrestai nel bel mezzo di un lungodiscorso di spiegazione.

Don Juan mi esamind con curiosit) e rise. In tono molto dolce dissedi avermi gii spiegato che tutti noi siamo sciocchi: io non facevo ecce-zione.

"Ti senti sempre obbligato a spiegare i tuoi atti, come se sullaterra tu fossi il solo uomo che sbaglia", disse. "E il tuo antico sensodi importanza. Ne hai troppa; hai anche troppa storia personale. D'altraparte, non ti assumi la responsabiliti dei tuoi atti; non usi la mortecome tuo consigliere, e soprattutto sei ffoppo accessibile. In altre pa-role, la tua vita d nella stessa confusione in cui era prima che ti incon-trassi ".

L'ultima battaglia sulla tema

Lunedi 24 luglio, 1961

Verso la meti del pomeriggio, dopo aver girovagato per ore neldeserto, don Juan scelse un posto per riposare in una zona ombreggiata.Non appena fummo seduti incomincid a parlare. Disse che

"veno-i-ou-rato moltissime cose sulla caccia, ma che non ero cambiato quanto iuidesiderava.

"Non basta saper costruire e collocare trappole", disse. ,,IJn cac-ciatore deve vivere come un cacciatore per otienere il massimo dallapropria vita. Purtroppo, i cambiamenti sono difficili e molto lenti: avolte ci vogliono anni prima che un uomo si convinca del bisosno dicambiare. A me ci sono voluti degli anni, ma forse non avevo un i-alentoper la caccia. Penso che per me la cosa pii difficile fosse voler vera-mente cambiare".

Lo rassicurai che avevo capito quello che intendeva. In efietti, finda quando aveva incominciato a insegnarmi a cacciare, avevo incomin-ciato anch'io a riconsiderare le mie azioni. Forse la scoperta per me pitdrammatica era stato accorgermi che i modi di don Juan mi^piacevano.Mi piaceva don Juan come persona. C'era qualcosa di solidb nel suocomportamento; il modo in cui si conduceva non lasciava dubbi quantoal]a srta supremazia, eppure non aveva mai esercirato il suo vaniaggioper esigere nulla da me. Il suo interesse per il cambiamenro del miomodo di vita, sentivo, era simile a un suggerimento impersonale, o forseera come un autorevole commento sui miei fallimenti. Mi aveva fattoprendere coscienza dei_ miei fallimenti, eppure non riuscivo a capirecome i suoi modi avrebbero potuto rimediare a nulla in me. Credevosinceramente che, alla luce di quanto volevo fare nella vita, i suoi modimi avrebbero pr_ocurato soltanto infeliciti e privazioni, p...ib .i sentivoin un vicolo cielo. Avevo perb imparato a rispettare la sua supremazia,sempre esDressa in termini di bellezza e precisione.

"Ho deciso di cambiare tattica". disie.

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84 L'ultima battaglia sulla terra

Provai di nuovo un vero impeto di orgoglio e volli sostenere cheaveva torto. Con un gesto mi avverti di tacere.

"Bisogna assumersi la responsabiliti di esistere in un mondo stra-no", disse. "Siamo in un mondo strano. lo sai".

Feci cenno di si col capo."Non stiamo parlando della stessa cosa", disse. "Per te i l mondo

E strano perch6 se non ti irrita sei con esso in disaccordo. Per me ilmondo b strano perchd d stupendo, imponente, misterioso, insondabile;ho cercato di convincerti che ti devi assumere la responsabilit) dell'es-sere qui, in questo mondo meraviglioso, in questo tempo mefaviglioso.Ho voluto convincerti che devi imparare a far contare ogni atto, dalmomento che resterai in questo mondo solo per breve tempo, troppobreve in verit) per assistere a tutte le sue meraviglie".

Insistei che essere annoiato dal mondo o non essere d'accordo colmondo era la condizione umana.

"Allora cambiala", rispose seccamente. "Se non rispondi a questasfida d come se tu fossi morto".

Mi sfidb a nominare una cosa qr-ralsiasi della mia vita che avesseassorbito tutti i miei pensieri. L'arte, dissi. Avevo sempre voluto essereun artista e per anni avevo esercitato la mano a quello scopo. Conser-vavo ancora il ricordo doloroso del mio fallimento.- "l jon ti sei mai preso la responsabil it i di esistere in questo mon-

do", disse in tono accusatore. "Perch6 non sei mai stato un artista. eforse non sarai mai un cacciatore".

"Faccio del mio meglio, don Juan"."No. Tu non sai cosa sia i l tuo meglio"."Faccio tutto quello che posso"."Hai ancora torto. Puoi fare di meglio. fn te c'b una sola semplice

cosa sbagliata: pensi di avere tempo in abbondanza".Fece una pausa e mi guardd come se aspettasse la mia reazione."Pensi di avere tempo in abbondanza", tipet6."Abbondanza di tempo per cosa, don Juan?"."Tu pensi che la tua vita debba durare per sempre"."No. Non lo penso"."Allora, se non pensi che la tua vita debba durare per sempre, che

cosa aspetti? Perchd questa esitazione davanti al cambiamento?;.- "Don Juan, vi E mai venuto in mente che io potrei non voler cam-biare? ".

"Si, mi b venuto in mente. Anch'io non volevo cambiare, DroDriocome te. Tuttavia non mi piaceva la mia vita; ne ero stanco, propriocome te. Ora non ne sono pii stufo".

Assetii con veemenza che la sua insistenza sul cambiamento del mio

L'ultima battaglia sulla tena 8j

rnodo di vita era spaventosa e arbitraria. Dissi che in realti ero d'ac-cordo con lui, a un certo livello, ma il semplice fatto che fosse sempreIrri a comandare le mosse mi rendeva la situazione insostenibile.

"Non hai tempo per questa esibizione, sciocco", disse in tono se-vcro. "Questo, qualunque cosa tu stia facendo ora, pud essere il tuoultimo atto sulla tetra. Pud essere benissimo la tua ultima battaglia.Nessun potere potrebbe garantirti che vivrai un altro minuto".

"Lo so", dissi, trattenendo un senso di collera."No. Non lo sai. Se lo sapessi saresti un cacciatore".Sostenni che ero .orrr"p.uble della mia morte incombente ma che

era inutile parlarne o pensarci, dal momento che non potevo far nienteper evitarla. Don Juan rise e disse che gli sembravo un commedianteche ripete meccanicamente gli stessi atti.

"Se questa fosse la tua ultima battaglia sulla tema, direi che seiy1n idiota", disse con calma. "Stai sprecando il tuo ultimo atto sulla

ilerra in qualche stupido umore".Rimanemmo in silenzio per un momento. I miei pensieri correvano

all'impazzata. Naturalmente don Juan aveva ragione."Non hai tempo, amico mio, non hai tempo. Nessuno di noi ha

tempo", disse."Sono d'accordo, don Tuan. ma..."."Non basta essere d'aciordo con me", mi investl. "fnvece di essere

d'accordo con tanta facil i t), devi agire. Accetta la s6da. Cambia"."E come? "."Giusto. Il cambiamento di cui parlo non awiene mai per gradi;

accade improvvisamente. E tu non ti stai preparando a qrrell'atto im-provviso che recheri un cambiamento totale".

Credetti che stesse esprimendo una conraddizione. Gli spiegai chese mi fossi preparato al cambiamento sarei certo cambiato per gradi.

"Tu non sei cambiato afratto", disse. "E, per questo ihe iredi dicambiare a poco a poco. Tuttavia, forse un giorno ti accorgerai con sor-presa di essere cambiato improvvisamente e senza un singolo avverti-mento. So che b cosl, e percid non perdo di vista il mio inreresse nelconvi ncerti ".

Non potevo petsistere nella mia argomentazione; non ero sicurodi quello che volevo dire veramente. Dofo un momento di pausa donJuan riprese a spiegare quello che intendeva.

"Forse dovrei esprimermi diversamente", disse. "Quello che ti rac-comando d osservare che non abbiamo nessuna garanzia che le nostrevite debbano continuare indefinitamente. Ho appena detto che il cam-biamento arriva improvvisamente e inaspettatamente, e altrettanto fala morte. Cosa pensi che ci possiamo fare?".

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86 L'altima battaglia salla terra

Pensai che la sua fosse una domanda retorica, ma fece un movi-mento.con Ie sopr-acciglia per esortarmi a rispondere."Vivere piil felicemente possibile", risposi."Giusto! Ma tu conosci qualcuno che viva felicemente?,,.Il mio primo impulso fu di rispondere di,i; ;;;;r;' ji pot.r.itu..

: lT?"::Tpt: un buolrumero di persone. Ripensandoci, tutiauia, seppicre l l,mro sforzo sarebbe stato soltanto un vuoto tentativo di scansarelr probtema."No", dissi, "Non ne conosco davvero,'."Io.si", disse don Juan. "ci sono delle persone che sono attentis-sime alla natura dei propri atti. La loro felicita e agire-.,ella pi.n^

conoscenza di non avere tempo; percid i loro atti h"nni ,rn p.iri.ot...potere; i loro atti hanno un senio di..., ' .

Sembrava che don ,Juan fosse rimasto a corto di parole. Si grattdle tempie e sorrise. Poi improvvisamente si alzd i. pl.ii-;;."r. uu.*simo concluso la nostra conversazione. Lo suppri."i ii t..mi*.. q,.,.lloche mi stava dicendo. Si mise a sedere . ,rri..ib le labbra.

"Gli atti hanno potere", disse. "speciarmente quando la personache agisce sa che quegli atti sono la sua ultima battrgiia.

-;a

uni rr.rn,e struggente feliciti nell'agire lfp5ndo perfettamenie che tutto quelloche si fa pud essere benisslmo I'ultimo atto sulla ,...r. Ti ,r..orn.naodi riconsiderare la tua vita e forse i tuoi atti in questa luce,,.

Non ero d'accordo con lui. per me la feliciti era immasinare checi fosse una continuiti intrinseca ai miei atti e che .u..i ,iuio'.-"pr.. aicontinuare a ,fare, a volonti, tutto quello che stavo facendo ,l -o-mento' specialmente se, lo godevo. Gli dissi che il mio disaccordo nonnasceva da un motivo banale ma dalla convinzione che il mondo-" -.stesso avessero una continuit) determinabile.

. Don Juan sembrava divertirsi ai miei sforzi di cercare una spiega_zione ragionevole. Rideva, s.cuoteva il capo, si grattava i .o[.iii,-'. utt"fine, q'ando parlai di una 'continuiti determin"abile', buttJ'in t.rra ilcappello e lo calpestd.Non potei evitare di ridere delle sue bufionate."Non hai -t_empo, amico mio", disse. ,,E questa la disgrazia degliesseri umani. Nessuno di noi ha tempo sufficiente, e la t,_,a'continuit)

non ha senso in questo mondo imponente e misterioso."La tua continuiti ti fa soltanto timoroso", continub. "r tuoi attinon possono avere il gusto, .il pot€re, \a forza imperativa degli atti

compiuti da un uomo che sa di combattere la sua ultima battaglia sullaterra.. rn.altre parole, la tua continuit) non ti rende felice o p"otente".

Ammisi di aver paura di pensare che sarei morto e lo accusai di

L'ultina battaglia sulla terra g7

provocare in me una grande apprensione con i suoi costanti discorsi einteressamenti per la morte.

"Ma tutti dobbiamo morire", disse.Indicb delle colline in lontananza.

,"C'i qui.fuori qualcosa che mi aspetta, questo b sicuro; e io Ioandrd a raggiungere, anche questo B sicuro. Ma forse tu sei difierentee f a morte non ti aspetta affatto".

Rise del mio gesto di disperazione."Non_ ci voglio pensare, don Juan',."Perchd no?". INon ha r"nro7f" b qui fuori che mi aspetta, perchd dovrei preoc-

cuparmene? "."Non ho detto che te ne devi pfeoccupare"."Allora che dovrei fare)"." Usala. Concentra la tua attenzione sul legame tra te e la tua

morte' senza rimorso, tristezza o inquietudine. Metti a fuoco la tuaattenzione sul fatto che non hai tempo e lascia che i tuoi atti scorranoin conseguenza. Lascia che ciascuno dei tuoi atti sia la tua ultima bat-taglia sulla tema. Solo a queste condizioni i tuoi atti avranno il lorolegittimo potere. Altrimenti saranno, finchd vivrai, gli atti di un timo-roso ".

"E cosl terribile essere un timoroso?"."No. Non lo sarebbe se tu fossi immonale, ma se devi morire non

c'b tempo per il timore, semplicemente perchd il timote ti fa afrerarca q 'alcosa che esiste solo nei tuoi pensieii. Ti tranquillizza finch6 tuttob calmo, _ma poi il mondo imponente e misterioso apriri la sua boccaper prenderti, come si apriri per ptendere ognuno di-noi, e allora com-prenderai che i tuoi modi sicuri non erano afratto sicuri. Essere timorosici impedisce di esaminare e sfruttare la nostra sorte di uomini".

"Non d naturale vivere con I'idea costante della nostra morte, donJuan".

"La nostra morte ci aspetta e questo stesso atto che eseguiamoadesso pub_ben essere la nostra ultima battaglia sulla terra", "replicdcon voce solenne. "La chiamo battaglia perchd b una lotta. Gli uominiquasi tutti passano da atto ad atto senza alcuna lotta o pensiero. Uncacciatore, al conffario, valuta ogni atto; e poichd ha una conoscenzaintima_ della propria_ morte, procede con giudizio, come se ogni attofosse la sua ultima battaglia. Solo uno sciocco non noterebbJ it van-taggio di un cacciatore sugli altri uomini. Un cacciatore di alla suaultima battaglia il dovuto rispetto. Percid b naturale che il suo ultimoatto sulla terra debba essere il meglio di lui stesso. In tal modo diventapiacevole. Attenua la morsa della sua pauta".

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88 L'ultima battaglia sulla terra

"Avete ragione", ammisi. "E proprio difficile da accettare"."Ti ci vorranno degli anni per convincerti e poi ti ci vorranno degli

anni petchd tu agisca conformemente. Spero soltanto che te ne rimangail tempo".

"Mi spavento quando parlate cosl", dissi.Don Juan mi esaminb con un'espressione seria sul viso."Te I'ho detto, questo b un mondo strano", disse. "Le forze che

guidano gli uomini sono imprevedibili, incutono rispetto, eppure il lorosplendore b una cosa da osservare".

Si interruppe e mi guardd di nuovo. Sembrava sul punto di svelarmiqualcosa, rna si controllb e sorrise.

"C'E qualcosa che ci guida?", chiesi."Certamente. Ci sono dei poteri che ci guidano"." Potete descriverli? "."Non esattamente, se non per chiamarli forze, spiriti, arie, venti,

o qualsiasi cosa del genere".Volevo interrogarlo ulteriormente, ma prima che potessi chiedere

altro si alzd in piedi. Lo fissai sbalordito. Si era alzato con un unicomovimento; il suo corpo aveva fatto semplicemente uno scatto e luiera in piedi.

Stavo ancora meditando sull'insolita abiliti che ci voleva per muo-versi a una tale rapidit) quando in tono secco di comando mi dissedi stanare un coniglio, catturarlo, ucciderlo, spellarlo e arrostirne lacarne prima del crepuscolo.

Guardd in alto verso il cielo e disse che potevo avere tempo a suf-ficienza.

Mi mossi automaticamente e feci come avevo fatto tante volte.Don Juan mi camminb al fianco e segul i miei movimenti con unosguardo indagatore. Ero calmissimo e mi muovevo con cura e nonebbi alcuna difficolt) nel catturare un conislio maschio.

"Ora uccidilo", rni disse don Tuan sec&mente.Introdussi la mano nella trappoia per afferrare il coniglio. Lo tenevo

per le orecchie e lo stavo tirando fuori quando fui invaso da un'improv-visa sensazione di terrore. Per la prima volta, da quando don Juan avevaincominciato a insegnarmi a cacciare, mi veniva in mente che non miaveva mai insegnato a uccidere la selvaggina. Nelle tante volte cheavevamo sconazzato per il deserto lui stesso aveva ucciso solamenteun coniglio, due quaglie e un serpente a sonagli.

Lasciai cadere il coniglio e guardai don Juan."Non lo posso uccidere", dissi."Perch6 no?"."Non I'ho mai fatto".

L'ultina battaglia sulla terra 89

"N{a hai ucciso centinaia di uccell i e altri animali"."Col fLrcile, non a mani nude"."Che differenza f.a? L'ora di questo conielio d venuta".l l tono di don Juan mi diede una scossa; ira cosi autoritario, cosi

sicuro di s6, non mi lasciava dubbi sul fatto che lui sapesse che I 'oratl i quel coniglio era venuta.

"Uccidilo!", mi ordinb con un'espressione di ferocia negli occhi."Non posso".Mi urld che quel coniglio doveva morire. Disse che le sue scorri-

bande in qLrel bellissimo deserto erano arrivate alla fine. Non serviva aniente tergiversare, perchd il potere o lo spirito che guida i coniglinveva cendotto proprio quel coniglio nella mia trappola, giusto al limi-tare del crppuscolo.

Fui sofr2fiatto da una serie di pensieri e sentimenti confusi, comese isentin{rfit i fossero stati l i fuori ad aspettarmi. Sentii con angosciosachiarczza la tragedia del coniglio, essere incappato nella mia trappoia.In un istante ripercorsi con la mente i momenti cruciali della mia vita,le molte volte in cui io stesso ero stato i l coniglio.

Lo guardai, e i l coniglio mi guardb; era rinculato contro i l f iancoclella gabbia; si era quasi appallottolato, silenziosissitno e immobile. Ciscambianrmo un'occhiata triste e quell 'occhiata, immaginri, cementavauna completa identificazione da parte mia.

"All ' inferno", dissi forte. "Non ucciderd niente. Questo conigliod l ibero ".

Una pro{onda emozione mi faceva rabbrividire. Le braccia mi tre-mavano mentre cercavo di afferrare il coniglio per le orecchie; si mosserapidamente e lo mancai. Tentai ancota e me lo iasciai sfuggire un'altravolta. Provai un senso di disperazione. Ebbi una sensazione di nauseae in fretta diedi un calcio alla gabbia per infrangerla e liberare il coni-glio. La gabbia era insospettatamente robusta e non si ruppe comeDensavo che avrebbe fatto. La mia disperazione crebbe fino a un intol-ierabile sentimento di angoscia. Usando tutta la mia forza pestai i lpiede destro sul bordo della gabbia. I legni si schiantarono con fragore'Tirai fuori il coniglio. Ebbi un istante di sollievo, che perb fu annien-tato I'istante successivo. Il coniglio penzolava come uno straccio dallamia mano; era morto.

Non sapevo cosa fare. Mi preoccupai di scoprire come era morto.Mi voltai verso don Juan che mi fissava. Una sensazione di terrore mimandd un brivido per il corpo.

Mi misi a sedire presso alcune rocce; avevo un terribile mal ditesta. Don Juan mi mise la mano sul capo e mi sussurrd all'orecchio

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90 L'ultina battaglia sulla tena

che dovevo spellare il coniglio e arrostirlo prima che il crepuscolo fossePassato.

Mi sentivo la nausea. Don Juan mi parld con molta pazienza comea un bambino. Disse che i poteri che guidano gli uomini o gli animaliavevano condotto a me quel particolare coniglio, al modo stesso in cuiavrebbero condotto me alla mia morte. Disse che la morte del coniglioera stata un dono per me esattamente allo stesso modo in cui la miamorte sarebbe stata un dono per qualcosa o qualcun altro.

Mi sentivo girare la testa. I semplici avvenimenti di quel giornomi avevano schiacciato. Tentai di pensare che era solo un coniglio; manon riuscii a scuotere I'irreale identificazione con I'animale.

Don Juan disse che dovevo mangiare un po' della sua carne, anchesolo un boccone, per convalidare quello che avevo scoperto.

"Non posso farlo" , protestai debolmente."Noi siamo feccia nelle mani di quelle forze", mi investi. "Percib

abbandona la tua presunzione e usa appropriatamente questo dono".Raccolsi il coniglio; era ancora caldo.Don Juan si piegb in avanti e mi sussurrb all'orecchio: "La tua

trappola B stata la sua ultimabattaglia sulla terra. Te I'ho detto, avevafinito le sue scorribande in questo meraviglioso deserto".

10

Diventare accessibile al potere

Gioaedi 77 agosto, 1961.

Appena sceso dalla macchina mi lagnai con don Juan di non sen-titmi bene.

"Siediti, siediti", mi disse con dolcezza guidandomi quasi per manofin sotto al suo portico. Sorrise e mi diede un colpetto sulla schiena.

Due settimane prima, il 4 agosto, don Juan, come aveva detto,avevapambiato tattica e mi aveva permesso di ingerire alcuni bocciolidi peJ$te. Nel culmine della mia esperienza alluciiatoria avevo giocatocon drf cane che stava nella casa in cui si era svolta la seduta del peyote.Don Juan aveva interpretato il mio gioco col cane come un avveni-mento specialissimo. Sostenne che nei momenti di potere, come quelloche avevo vissuto allora, il mondo delle cose ordinarie non esiste enulla pud esser dato per scontato, che il cane non era in realt) un canema I'incarnazione di Mescalito, il potere o la diviniti contenuto nelpeyote.

Gli effetti secondari di quell'esperienza furono un senso general6di stanchezza e melanconia, e inoltre sogni e incubi eccezionalmentevividi.

"Dov'd il tuo attrezzo per scrivere?", mi chiese don Juan mentremi sedevo sotto il portico.

Avevo lasciato il taccuino in macchina. Don Juan tornd alla mac-china e tirb fuori premurosamente la mia cartella e me la mise alfianco.

Mi chiese se d'abitudine portavo in mano la cartella mentre cam-minavo. Risposi di sl.

"Questa b follia", disse. "Ti ho detto di non tenere mai niente inmano mentre cammini. Prenditi uno zaino",

Scoppiai a ridere. L'idea di portarmi appresso i miei appunti in unozaino era grottesca. Gli dissi che ordinariamente indossavo abiti con

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I92 Diuentare accessibile aL potere

giacca e panciotto, e che uno zaino su un abiro simile sarebbe statoridicolo.

"Allora indossa la giacca sopra allo zaino", mi disse. "E meglioche la gente ti creda gobbo piuttosto che rovinarti il corpo portandoin giro tutta questa roba".

Mi esortd a tirar fuori il taccuino e a scrivere. Sembrava faccsseuno sforzo deliberato Der mettermi a mio asio.

Mi lagnai ancora del se.rso di disagio fisi lo e della strana sensazionedi infeliciti che provavo.

Don Juan scoppid a ridere e disse: "Stai incon.rinciando a impa-rafe tt.

Facemmo allora una lunga conversazione. Don Tuan disse che Me-scal i to, permettendomi di g i*ocare con l r r i , mi avev,r indicato come l rn'prescelto'e che, sebbene lui fosse sccncertato dal presagio non essendoio un indiano, mi avrebbe trasmesso una conoscenza segreta. Disse cheanche lui aveva avuto un 'benefattorc' chc cli aveva inscsnato a diven-tare un 'uomo di conoscenza' .

Sentii che stava per accaderc qualcosa di terrif icantc. La rivelazioneche io fossi i l suo prescelto, unita all ' indiscutibilc sranezza clei suoimodi e all 'efietto disastroso del peyote su di me, creavano uno statodi intollerabile apprensione e indecisione. Ma don Juan non renne contodei miei sentimenti e mi raccomandb di pensare soltanto alla meravieliadi Mescalito che sioccva con me.

"Non devi p.nrur. a nient'altro", mi dissc. "I l resto ti arriver)|"toa se

Si alzd in piedi e mi diede un colpetto sulla testa dicendo con vocemoltg dolce: "Sto per insegnarti a diventare un guerriero allo stesso,modo in cui t i ho insegnato a cacciare. Ti devo perb avvertire che averimparato a cacciare non ha fatto di te un cacciatore, n6 imparare a .diventare un gueniero fari di te un guerriero".

Provai un senso di frustrazione, un disagio fisico affne all 'angoscia.Mi lagnai dei vividi sogni e incubi che avevo. Don Juan sembrd medi-tare per un momento, poi si rimise a sedere.

"Sono sogni strani';, dissi."Hai sempre fatto sogni strani", ribatt6."Vi dico che questa volta sono davvero pir) strani di qualsiasi sogno

che abbia mai fatto"."Non ti preoccupare, sono soltanto sogni. Come i sogni di qual-

siasi sognatore, non hanno potere. Percid, a che serve preoccuparseneo par larne?".

"Mi disturbano, don. Juan. Non c'd qualcosa che potrei fare perfarl i smettere? ".

Dioentarc accessibile al potere 9)

"Non c'd niente da fare, lasciali passare", disse. "Ormai b ora chetu divenga accessibile al potere, e dovrai incominciare con l'affrontare7l sognare".

Il tono di voce che usd quando disse 'sognare' mi fece pensare cheavesse usato la parola in un modo molto particolare. Stavo cercandouna domanda appropriata quando parlb ancora.

"Non ti ho mai parlato del sognare, perchd finora mi preoccupavosoltanto di insegnarti a essere un cacciatore", disse. "Un cacciatorenon si cura della manipolazione del potere, percib i suoi sogni sonosoltanto sogni. Possono essere vivi ma non sono sogfiare.

"Un guerriero, d'altra parte, cerca i l potere, e una delle principalivie che portano al potere E sognare. Potresti dire che la difierenza traun cacciatore e un guerriero i che il glrerriero b sulla via che conduceal potere, menffe il cacciatore non ne sa nulla o assai poco.

"La decisione su chi pub essere un guerriero o chi pub essere sol-tanto un cacciatore non spetta a noi. Tale decisione b nel regno deipoteri che guidano gli uomini. Percid il fatto che tu abbia giocato conMescalito B stato un presagio tanto importante. Quelle forze ti hannoguidato a me; ti hanno condotto a quella stazione di autobus, ricordi?Un bufione ti ha portato a me: un presagio perfetto, essere mostratida un bufione. Cosi, ti ho insegnato a essere un cacciatore. E poiI'altro presagio perfetto: Mescalito stesso che ha giocato con te. Capisci

ftp quello che rioglio dire?".La sua strana logica era schiacciante. Le sue parole creavano visioni

di me stesso soccombente a qualcosa di imponente e ignoto, qualcosache non mi ero aspettato e di cui non avevo immaginato I'esistenza,nemmeno nelle mie fantasie pii pazze.

"Cosa proponete che dovrei fare?", chiesi."Diventa accessibile al potere; aflronta i tuoi sogni", rispose. "Li

chiami sogni perch6 non hai potere. Un guerriero, che b un uomo checerca i l potere, non li chiama sogni, l i chiama reali".

"Intendete dire che un guerriero prende i propri sogni come sefossero realt)? ".

"Non prende niente per nient'altro. Quelli che tu chiami sogni,per un guerriero sono reali. Devi capire che un guerriero non e unoiciocco. Un guerriero b un cacciatore senza macchia che va in caccia delpotere; non B ubriaco, o pazzo, e non ha il tempo n6 la voglia di barare,o di mentire a se stesso, o di fare una mossa sbagliata. La posta B troppoalta. La posta in palio b la sua vita ben ordinata che per tanto tempolui ha condotto cosi ordinata e perfetta. Non b disposto

^ gettarla via

con qualche stupido errore di calcolo, prendendo qualcosa per qual-cos'altro.

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94 Diuentarc accessibile al Potere

" Sognare B reale per il guerriero perchd nel sognare pub agire deli-beratamente, pud scegliere e tespingere, pub scegliere ffa una varietidi cose quelle che portano al potere, e quindi le pud manipolare eusare, mentre in un sogno ordinario non si pub agire deliberatamente".

"Allora volete dire, don Juan, che sognare d reale?"."Naturalmente b reale"."Reale come quello che stiamo facendo ora?"."Se vuoi fare un confronto, ti posso dire che forse E piil reale. Nel

sognate tu hai potere; puoi cambiare le cose; puoi scoprire innumere-voli fatti nascosti; puoi controllare tutto quello che vuoi".

Le premesse di don Juan mi avevano sempre atffatto a un certolivello. Potevo capire facilmente come gli piacesse I'idea che nei sognisi potesse fare qualsiasi cosa, ma non lo potevo prendete sul sefio. Ilsalto era troppo grande.

Ci guardammo a vicenda per un momento. Le sue asserzioni eranofolli eppure lui era, per quel che ne sapevo, uno degli uomini piir equi-librati che avessi mai incontrato.

Gli dissi che non riuscivo a credere che prendesse i propri sogniper la realti. Ridacchid, come se sapesse bene quanto fosse insosteni'bile l" mia posizione, poi si alzb in piedi senza dire una parola edentrd in casa.

Rimasi seduto a lungo in uno stato di torpore finchd don Juan michiamb da dietro la casa. Aveva preparato della farinata di grano e mene porse una scodella.

Gli chiesi del momento in cui si b svegli. Volevo sapere se lo chia-mava in qualche modo in particolare. Ma non mi rispose o non vollerispondere.

"Come lo chiamate questo, questo che stiamo facendo ota?", chiesi,intendendo che cid che stavamo facendo era tealt), in contrapposizioneai sogni.

"Lo chiamo mangiare", rispose trattenendo la sua risata."Io lo chiamo realti", dissi. "Perch6 il nostro mangiare sta avendo

luogo realmente"."Anche sognare ha luogo realmente", rispose ridacchiando. "E lo

stesso d per cacciare, camminare, ridere".Non insistei a discutere. Tuttavia non potevo, nemmeno sforzando-

mi oltre i miei limiti, accettare la sua premessa. Don Juan sembravadeliziato della mia disperazione.

Appena finito di mangiare don Juan disse come Per caso che sarem-mo andati a fare una camminata, ma non avremmo girovagato per ildeserto come avevamo fatto Prima.

Diaentare accessibile al potere )j

"Questa volta E differente", disse. "D'ora in avanti andremo inluoghi di potere; tu imparerai a renderti accessibile al potere".- Espressi nuovamente il mio turbamento. Dissi che non ero quali-ficato per quel compito.

"Suvvia, stai indulgendo a sciocche paure", disse a bassa voce, dan-domi dei colpetti sulla schiena e sonidendo con benevolenza. "Ho sod-disfatto il tuo spirito di cacciatore. Ti piace scorrazzare con me inquesto bellissimo deserto. Per te d troppo tardi per smettere".

Si incammind tra i cespugli del deserto facendomi segno col capodi seguirlo. Avrei potuto dirigermi verso la macchina e andarmene,senonchd mi piaceva scert^zzare con lui in quel bellissimo deserto. Mipiaceva Ia sensazione, che provavo solo in sua compagnia, che questomondo era davvero un mondo imponente, misterioso e tuttavia bellis-simo. Come aveva detto lui, ero inchiodato.

Don Juan mi condusse fino alle colline a esr. Fu una lunga cam-minata. Era una giotnata calda; tuttavia, mentre ordinariamente il caldomi sarebbe stato insopportabile, questa volta in certo modo non me neaccorgevo.

Caq;ninammo molto a lungo in un canyon finch6 don Juan si fermbe si rillr. a sedere all'ombra di alcuni macigni. Tolsi dei crackers dalmio zaino, ma don Juan mi disse di lasciarft stare.

Disse che dovevo sedere in un posto ben visibile. Mi indicd unmacigno isolato quasi rotondo, a tre o quattro metri di distanza, e miaiutb ad arrampicarmi sulla sua sommit). Pensai che anche lui si sarebbeseduto lassr), ma invece si arrampicb solo a met) per porgermi qualchepezzo di carne secca. Con espressione terribilmente seria mi disse cheera carne di potete e che doveva essere masticata molto lentamenree non mescolata con altro cibo. Poi refoced6 fino alla zona ombreg-giata e si mise a sedere, con la schiena contro un sasso. Pareva rilas-sato, quasi assonnato. Rimase in quella stessa posizione finchd nonebbi finito di mangiare. Poi si tird su a sedere diritto e piegb il capoverso destra. Sembrava ascoltare con attenzione. Mi suardd due o trevolte, si alzb in piedi bruscamente e si mise a rcruta.. i dintorni congli occhi, come farebbe un cacciatore. Mi irrigidii automaticamente sulposto e mossi solamente gli occhi per seguire i suoi movimenti. Conmolta cautela don Juan gird dieffo ad alcune rocce, come se si aspettassedella selvaggina che dovesse uscire fuori nella zona in cui eravamo.Allora mi accorsi che eravamo in un'ansa concava del canyon asciutto,circondata da macigni di arenaria.

Don Juan uscl improvvisamente da dietro alle rocce e mi sorrise.Protese le braccia, sbadiglib e si incammind verso il macigno su cuiero. Mi rilassai e mi misi a sedere.

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96 Diuenlare accessibile al potele

"Che ts successo?", chiesi in un bisbiglio.Urlando mi rispose che li intorno non c'era nulla di cui dovessimo

preoccuparci.Sentii immediatamente un sussulto nello stomaco. La sua risposta

era inappropriata e mi pareva inconcepibile che urlasse, a meno che nonavesse un motivo specifico.

Incominciai a lasciarmi scivolare giir dal macigno, ma don Juan miurlb che dovevo rimanere lassi ancora per un poco.

"Che state facendo?", chiesi.Si mise a sedere e si nascose tra due sassi alla base del macigno

su cui ero, quindi a voce molto alta disse che era stato solo a dareun'occhiata in giro, perch6 gli pareva ili aver udito qualcosa.

Gli chiesi se gli era parso di udire un grosso animale. Si mise lamano all 'orecchio e mi gridb che non riusciva a sentirmi e che dovevourlare le mie parole. Mi sentivo a disagio a gridare, ma a voce altadon Juan mi esortd a gridare forte. Urlai che volevo sapere cosa suc-cedeva, lui mi gridd in risposta che ll intorno non c'era proprio nulla.Urlando mi chiese se riuscivo a vedere nulla di insolito dalla sommitidel macigno. Dissi di no, allora mi chiese di descrivergli il terrenoverso sud,

Per un po' ci parlammo a vicenda urlando, quindi don Juan mi fecesegno di scendere. Lo raggiunsi e lui mi sussurrb all'orecchio che urlareera necessario per far conoscere la nostra presenza, perchd mi dovevorendere accessibile al potere di quella specifica pozza d'acqta.

Guatdai in giro ma non vidi la pozza d'acqua. Don Juan mi indicbche c'eravamo sopra.

"Qui c'b acqua", disse in un bisbiglio, "e anche potere. QLri c'duno spirito e noi dobbiamo attirarlo fuori; forse ti seguiri".

Volli saperne di piil sul presunto spirito, ma don Juan insist€ inun silenzio totale. Mi consiglib di rimanere perfettamente immobile edi non emettere un bisbiglio n6 fare il minimo movimento per radirela nostra presenza.

Evidentemente per lui era facile rimanere per ore in perfetta immo-biliti; per me, invece, era una vera tortura: le gambe mi si addormen-tavano, la schiena mi faceva male e la tensione mi si concentrava in-torno alla nuca e alle spalle. Tutto il mio corpo si intorpidiva e si raf-freddava. Ero terribilmente a disagio quando finalmente don Juan sialzb. Non fece che balzarc in piedi e tendermi la mano per aiutarmi adalzarmi.

Mentre cercavo di distendere Ie gambe mi resi conto dell'inconce-pibile faciliti con cui don Juan en balzato in piedi dopo ore di immo-

Diuentare accessibile al potere 97

biliti. Ci volle un bel po' di tempo prima che i miei muscoli riacqui-stassero I'elasticiti necessaria per camminare.

Don Juan prese la via del ritorno a casa. Camminava con estremalentezza. Stabili che nel seguirlo dovevo osservare una distanza di trepassi. Procedd serpeggiando intorno alla direzione regolare e la incrocibquatto o cinque volte in differenti direzioni; quando alla fine arrivam-mo era pomeriggio inolmato._ Cercai di interrogarlo sugli avvenimenti della giornata. Mi spiegb

che parlare non era necessario. Per il momento dovevo a.stenermi dalfar domande 6nch6 eravamo in un posto di potere.

Morivo dalla voglia di sapere che cosa voleva intendere e cercaidi mormorare una domanda, ma lui mi ricordb, con un'occhiata freddae severa, che faceva sul serio.

Rimanemmo per ore seduti sotto il portico. Io lavoravo ai mieiappunti. Di quando in quando don Juan mi porgeva un pezzo di carnesecca; alla fine fu troppo buio per scrivere. Cercai di pensare ai nuovisviluppi, ma una parte di me stesso si rifiutava e mi addormentai.

Sabat4'agosto, 196trLa mattina del giorno precedente andammo in citt) con la macchina

a fate la ptima colazione in un ristorante. Don Juan mi aveva consi-gliato. di non cambiare troppo drasticamente le mie abitudini nelmangrare,

"Il tuo corpo non b abituato alla carne di potere", aveva detto."Ti ammaleresti se non mangiassi il tuo solito cibo".

Anche lui mangib di gusto. Quando scherzai sul suo appetito mirispose semplicemente: "Al mio corpo piace tutto".

Verso mezzogiorno ritornammo a piedi al canyon dell'acqua. Inco-minciammo a farci notare dallo spirito con 'discorsi rumorosi' e conun silenzio forzato che durd per ore.

Quando lasciammo quel luogo, invece di dirigersi verso casa donJuan prese la direzione delle montagne. Raggiungemmo prima dei lievipendii e quindi salimmo sulla cima di alcune alte colline. L) don Juanscelse un posto per riposare all'aperto, in una zona senza ombra. Midisse che dovevamo attendere il crepuscolo e che mi dovevo comporrarenel modo pii naturale, il che includeva fare tutte le domande ih. uo-levo.

"So che lo spirito si nasconde qui intorno", disse a voce molto bassa."Dove? ""Qui intorno, nei cespugli"."Che tipo di spirito A?".

7

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98 Diuentare acccssibile al potere

Mi guardb con espressione canzonatoria e ribatt6: "Quanti tipi cene sono?".

Scoppiammo tutti e due a ridere. Facevo domande solo perch6 eronervoso.

"Usciri fuori al crepuscolo", disse don Juan. "Dobbiamo soltantoaspettare ".

Rimasi in silenzio; avevo esaurito le mie domande."Questo b il momento in cui dobbiamo continuare a parlare", disse

don Juan. "La voce umana attira gli spiriti. Ora ce n'E uno che si na-sconde qui intorno. Dobbiamo renderci accessibili a quello spirito, per-cid continua a patlate".

Provai uno sciocco senso di vuoto. Non riuscivo a pensare a nullada dire. Don Juan scoppid a ridere e nri diede un colpetto sulla schiena.

"Sei un vero impiasffo", disse. "Quando devi parlare ti va via lalingua. Avanti, sbatti le gengive".

Fece allegramente il gesto di sbattere insieme le gengive, aprendoe chiudendo la bocca a grande rapiditi.

"Ci sono certe cose di cui parleremo d'ora in avanti solo nei luoghidi potere", riprese. "Ti ho portato qui perch6 questa d la tua primaprova. Questo E un posto di potere e qui possiamo parlare solo dipotere ".

"Veramente non so cosa sia i l potere", dissi."I l potere b qualcosa con cui ha a che fare un guerriero",rispose.

"Da principio b una cosa incredibile, approssimativa; d difficile ancheda immaginare. E questo che ti sta accadendo ora. Poi il potere diventauna cosa seria; si pud non averlo, oppure non rendersi nemmenopienamente conto che esista, e tuttavia si sa che c'b qualcosa, qualcosache prima non era percettibile. Successivamente il potere si manifestacome qualcosa che ci arriva incontrollabilmente. Non mi d possibiledire come viene o come d veramente. Non E nulla, eppure fa appariremeraviglie proprio davanti ai tuoi occhi. E infine il potere d qualcosain se stesso, qualcosa che controlla i tuoi atti eppure obbedisce al tuocomando".

Ci fu una breve pausa. Don Juan mi chiese se avevo capito. Mipareva ridicolo rispondere di sl. Sembrd che avesse notato il mio im-barazzo, perchd ridacchib.

"Adesso, ptoprio qui, ti insegnerb il primo passo che conduce alpotefe", disse come se mi stesse dettando una lettera. "Ti insegnerdcome soilappare il sognare".

Mi guardb e di nuovo mi chiese se sapevo che cosa intendeva. Nonlo sapevo. Facevo fatica a seguirlo. Spiegd che 'sviluppare il sognare'significava avere un conffollo conciso e pragmatico sulla situazione

Diuentare accessibile al potere 99

generale di,un sogno, paragonabile al controllo che si ha su qualsiasiscelta nel deserto, come scalare una collina o rimanere all'ombra diun canyon.

"Devi incominciare con qualcosa di molto semplice", disse. "Sta-notte, nei tuoi sogni, devi guardarti le mani".

Scoppiai a ridere forte. Il suo tono era stato cosl positivo da fatpensare che avesse detto qualcosa di ovvio.

"Perchd ridi?", mi chiese con sorpresa."Come posso guardarmi le mani nii sogni?"."Semplicissimo, metti a fuoco gli occhi sulle mani, proprio cosi".Piegb in avanti il capo e si fissd le mani a bocca apefta. La sua

espressione era cosi comica che non potei fare a meno di ridere."Sul serio, come potete aspettarvi che lo faccia?", chiesi."Devi fare come ti ho detto", mi investi. "Naturalmente puoi guar-

dare tutto quello che diavolo ti pare: le dita dei piedi, o la-pancia, oil naso, quanto a questo. Ti ho detto di guardarti le mani perchd bstata per me la cosa pii facile da guardare. Non pensare che sia unoscherzo. Sognare E serio quanto uedere o morire o qualsiasi altra cosadi questo mondo imponente e misterioso.

"Pensalo come qualcosa di piacevole. Immagina tutte le cose incon-cepibili che hai saputo compiere. Un uomo che va in caccia del potere

'qnon.ha quasi l imiti nel suo sognare".a<Gli chiesi di darmi qualchc indicazione.' ' 'Non ci sono indicazioni", disse. "Devi soltanto guardarti le mani".

"Deve esserci altro che mi pofeste dire". insiJrei.Scosse il capo e socchiuse gli occhi, f issandomi con brevi occhiate."Ognuno di noi B diverso", disse alla fine. "Quelle che tu chiami

indicazioni sarebbero soltanto quello che ho fatto io sresso quando im-paravo. Non siamo uguali; non siamo neppure vagamente simili".

"Forse qualunque cosa voi diciate potrebbe aiutarmi"."Sarebbe pii semplice se ti limitassi a incominciare a guardarti

le mani" .Sembrd otganizzare i suoi pensieri e mosse la testa su e giil."Ogni volta che guardi una cosa nei tuoi sogni questa cambia for-

ma", disse dopo un lungo silenzio. "I l trucco dell ' imparare a soilup-pare il sognare consiste ovviamente non solo nel guardare le cose manel continuare a guardarle. Sognare b reale quando si d riusciti a met-tere tutto a fuoco. Quindi non c'b difietenza tra cib che fai quandodormi e quando non dormi. Capisci quello che intendo? ".

Confessai che sebbene capissi quello che aveva detto, tuttavia nonpotevo accettare la sua premessa. Sostenni che in un mondo civilizzatoc'erano moltissime persone che avevano allucinazioni e non sapevano

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I t

10C Diucn!are acccssibile al polere

distinguere tra cid che accadeva nel mondo reale e cib che accadevanelle loro fantasie. Dissi che queste persone erano senza dubbio malatedi mente, e il mio disagio cresceva ogni volta che lui mi raccomandavadi agire come un pazzo.

Dopo la mia lunga spiegazione don Juan fece un comico gesto didisperazione mettendosi le mani sulle guance e sospirando rumorosa-mente.

"Lascia in pace il tuo mondo civilizzato", disse. "Cosl sia! Nessunoti chiede di comportarti come Dn pazzo. Te I'ho gi) detto, un guerrietoder,e essere.perfetto per.poter ftattaje col potere .ai ..tl va in caccia;come puor rmmaglnare che un guerriero non saprebbe distinguere unacosa dall 'altra?

"D'altra parte, tu, amico mio, che sai cosa d i l mondo reale, anna-spcresti e moriresti in un istante se dovessi dipendere dalla tua abil it inel giudicare cid cbe € reale e cid che uon lo 8".

Ovviamente non avevo espresso quello che intendevo veramente.Ogni volta che protestavo non facevo altro che esprimere I'insopporta-bile frustrazione della mia posizione insostenibile.

"Non sto tentando di trasformarti in un uomo malato e pazzo" ,riprese don Juan. "Lo puoi fare da solo senza il mio aiuto. Ma le forzeche ci guidano ti hanno condotto a me e io mi sono sforzato di inse-gn^rti

^ cambiare i tuoi stupidi modi e a vivere la vita forte e schiette

del gue*eiero. Poi le forze ti hanno guidato ancora e mi hanno dettoche dovresti imparare a vivere la vita impeccabile del guerriero. Ap-parentemente non puoi. Ma chi pub dido? Noi siamo misteriosi e impo-nenti come questo mondo insondabile, percib chi pub dire di cosa seicaoace? " .^

In fondo alla sua voce c'era un tono di tistezza. Volli scusarmi,ma lui riprese a parlare.

" "Non devi necessariamente guardarti le mani", disse. "Come ti hodetto, scegli qualunque cosa. Ma scegli una cosa in anticipo e trovalanei tuoi sogni. Avevo detto di guardarti le mani perch6 saranno selrl-pre li.

"Quando incominciano a cambiar forma devi distogliere la vista escegliere qualcos'altro, e quindi guardarti ancora le mani. Ci vuolemolto tempo per perfezionare questa tecnica".

Ero cosi immerso nella scrittura dei miei appunti da non accor-germi che si stava facendo buio. Il sole era gii scomparso all'orizzonte.Il cielo era nuvoloso e il crepuscolo imminente. Don Juan si alzb inpiedi e lancib occhiate furtive verso sud.

"Andiamo", disse. "Dobbiamo camminare verso sud fino a quandolo spirito della pozza d'acqua non si mostra".

Diuentare accessibile al potere l0l

Camminammo per forse mezz'ora. Il terreno cambib bruscamentee giungemmo in una zona spoglia. C'era una grande collina rotonda sucui la vegetazione era bruciata, sembrava una testa calva. Ci ditigemmoverso quella collina. Pensai che don Juan volesse salire su per il lievependio, ma invece si fermd e rimase immobile con un'espressione moltoattenta. Il suo capo sembrd tendersi come una singola uniti e vibrdper un istante. Quindi don Juan si rilassd ancora e rimase in piedi,rilasciato. Non potevo immaginare come il suo corpo potesse rimanerecosl eretto mentre i muscoli erano cosi rilassati.

In quel momento una fortissima raffica di vento mi fece sussultare.Il corpo di don Juan si volse nella direzione del vento, verso ovest.Non usb i muscoli per voltarsi, o per lo meno non li usb nel modoin cui io avrei usato i miei per voltarmi. Sembrava piuttosto che il suocorpo fosse stato spinto dall'esterno. Era come se un altro gli avessesistemato il corpo per fargli guardare in una nuova direzione.

Continuai a fissarlo. Mi guardava con la coda dell'occhio. Avevasul volto un'espressione di determinazione, di risolutezza. Tutto il suoessere era attento e lo fissai pieno di meraviglia. Non mi ero mai trovatoin nessuna situazione che richiedesse una simile smana concenfazione.

Improvvisamente il suo corpo rabbrividi come se fosse stato inve-stito da un'improvvisa doccia fredda. Ebbe un alrro sussulto e quindisi mise a camminare come se non fosse successo nulla.

Lo seguii. Fiancheggiammo le aride colline a est finch6 ci tovammoin mezzo; li don Juan si fermd, rivolto a ovest.

Da dove eravamo. la sommiti della collina non era cosi rotonda elevigata come era parsa da lontano. Vicino alla sommit) c'era nnacaverna, o un buco. Lo guardai fissamente perchd don Juan stava fa-cendo Io stesso. Un'alra forte rafiica di vento mi fece correre un bri-vido per la spina dorsale. Don Juan si voltd verso sud ed esamind lazona con 1o sguardo.

"Ecco!", disse in un sussurro e indicd un oggetto sul terreno.Mi sforzai di vedere cosa fosse. C'era qualcosa sul terreno, a sei o

sette metri di distanza. Era di colore marrone chiaro e mentre lo guar-davo vibrava. Mi concentrai con tutta la mia attenzione. L'oggetto era 'quasi rotondo e sembrava raggomitolato; in efietti sembrava un caneaccovacciato.

"Cos'b?", sussufrai a don Juan."Non lo so", mi sussurrb in risposta mentre scrutava I 'oggetto.

"Cosa ti pare che sia?".Gli dissi che sembrava un cane."Troppo grande per essere un calte", rispose positivamente.Feci un paio di passi verso l 'oggetto, ma don Juan mi arrestb dol-

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102 Diucntare acccssibile al poterc

cemente. Lo fissai di nuovo. Era senza dubbio un animale addormen-tato o morto. Potevo quasi vederne la testa; le orecchie sporgevanocome quelle di un lupo. In quel momento fui certissimo che fosse unanimale raggomitolato. Pensai che potesse essere un vitello bruno. Losussurrai a don Juan. Rispose che era troppo massiccio per essere unvitello, inoltre aveva le orecchie a punta.

L'animale tremd ancora e allora^ mi accorsi che era vivo. Potei efiet-tivamente vedere che stava respirando, tuttavia non sembrava respirareritmicamente. I respiri che mandava assomigliavano pit a brividi irre-golari. In quel momento ebbi un'improvvisa intuizione.

"E un animale che sta morendo", sussurrai a don Juan."Hai ragione", mi sussurrb in rispost^. "Ma che tipo di animale?".Non riuscivo a distinguere i l ineamenti specifici. Don Juan fece

un paio di cauti passi verso I 'animale. Lo seguii. Era ormai buio e do-vemmo fare alri due passi per osservarlo.

" Stai in guardia ", mi sussurrd don Juan all 'orecchio. " Se d unanimale morente ci pud saltare addosso con le sue ultime forze".

L'animale, quale che fosse, sembrava all 'estremo: i l suo respiroera irregolare, il corpo si scuoteva spasmodicamente, ma non cambiavala sua posizione raggomitolata. A un certo momento, tuttavia, unospasmo remendo lo sollevb letteralmente dal suolo. Udii un urlo inu-mano e I 'animale protese le zampe; gli artigli non erano soltanto spa-ventosi, erano nauseanti. L'animale piombb sul fianco dopo aver distesole zampe e quindi totolb sulla schiena.

Udii un grugnito formidabile e la voce di don Juan che urlava:"Scappa! Scappa! ".

E fu proprio quello che feci. Arrancai verso la sommiti della col-lina con una velociti e agilit) incredibile. Quando fui a mezza viaguardai indietro e vidi don Juan fermo allo stesso posto. Mi fece segnodi scendere e corsi gii per la collina.

"Che b successo?", chiesi senza fiato."Penso che I 'animale sia morto", disse.Avanzammo con cautela verso I'animale. Era disteso sulla schiena.

Mentre mi avvicinavo quasi urlai dalla patrra mi parve che non fosseancofa completamente morto. Il suo corpo tremava ancora, le gambe,diritte in aria, si agitavano selvaggiamente. L'animale era senza dubbionegli ultimi spasimi.

Avanzai precedendo don .fuan. Un nuovo sussulto mosse il corpodell'animale e potei vederne la testa. Mi voltai inorridito verso donJuan. A giudicare dal cotpo I'animale era owiamente un mammifero,tuttavia, aveva un becco, come un uccello.

Lo fissai in preda a un orrore assoluto e completo. La mia mente

Diuentare accessibile aI potere LO)

rifiutava di crederlo. Ero sbigottito. Non riuscivo nemmeno ad artico-lare una parola. Mai in tutta la mia esistenza avevo contemolato nulladel--genere- Li davanti ai miei occhi c'era qualcosa di inconcepibile.Volli chiedere a don Juan di spiegarmi I'incridibile animale, ma poteisolamente farfugliare. Don f_uan mi fissava. Guardai verso di lui e guar-d-?i I'animale, e allora qualcosa in me ricompose il mondo e Jeppiall'istante cos'era l'animale. Mi diressi verso J'animale e lo tirai su. Eiaun grosso- ramo di un albero. Era bruciato, e probabilmente il ventoaveva sofiato dei detriti bruciati che si erano ittaccati al ramo seccodandogli cosl l'apparenza di un grosso animale accovacciato. Il coloredei detriti bruciati lo faceva apparire marrone chiaro in contrasto conla vegetazione verde.

Risi della mia idiozia e concitatamente spiegai a don Juan che ilvento che soffiava attravefso il ramo lo aveva fatto sembrare un ani-male vivo. Pensai che don Juan sarebbe stato lieto del modo in cuiavevo risolto il mistero, invece gird su se stesso e si avvib verso lasommit) della collina. Lo seguii. Striscid denuo la depressione chesembrava una caverna. Non era un buco ma una leggera cavit) nel-l'arenatia.

Don Juan prese dei ramoscelli e se ne servl per spazzar via il ter-riccio che si era accumulato al fondo della deDressione.

"Dobbiamo sbarazzarct delle zecche", disse-.Mi fece segno di mettermi a sedere e mi drsse di mettermi comodo

perch6 avremmo passato ll la notte.'Incominciai a parlare del ramo, ma lui mi zittl."Quello che hai fatto non d un trionfo", disse. "Hai sprecato un

bellissimo potere, un potere che sofEava la vita in quel ramo secco".Disse che pet me un vero trionfo sarebbe stato liberare e seguire

il potere finchd il mondo avesse cessato di esistere. Non sembrava incolleta con me n6 deluso da quanto avevo fatto. Afiermd ripetutamenteche quello era solo il principio, che per maneggiare il potere ci volevatempo. Mi diede un colpetto sulla spalla e in tono scherzoso disse chesolo il giorno prima io ero la petsona che sapeva cosa fosse realc ecosa no.

Mi sentii imbarazzato. Incominciai a scusarmi della mia tendenzadi essere sempre cosi sicuro di quello che dicevo o facevo.

"Non importa", disse. "Quel ramo era un animale vero ed era v,,-cal momento in cui lo ha toccato il potere. Dal momento che cib chelo teneva in vita era il potere, il trucco era, come nel sognare, sostonerne la vista. Capisci cosa voglio dire?".

Volevo chiedere ancora qualcosa, ma don Juan mi zittl e disse che

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10.1 Diuentare accessibile al potere

dovevo rimanere in perfetto silenzio ma sveglio per tutta la notre, eche lui soltanto avrebbe parlato un po'.

Disse che lo spirito avrebbe potuto essere ammansito dal suonodella sua voce, che conosceva, e ci avrebbe lasciati in pace. Spiegb chel'idea di rendersi accessibili al potere aveva delle connotazioni Jerie.Il potere era una forza distruttriie che poteva facilmente condurre allamorte e andava tr^ttato con gran cura. Bisognava rendersi accessibilial potere in modo sistematico, ma sempre con gran cautela.

Cib comportava il rendere ovvia la propria presenza con una con-tenuta esibizione di chiacchiere ad aha voce o qualsiasi altro tipo diattivita rumorosa, e poi era obbligatorio osservare un silenzio prolun-gato e totale. Uno scoppio controllato e una quiete controllata erano ilsegno che contraCdistingueva il guerriero. Disse che in realti avreidovuto sostenere un po' pii a lungo la vista del mostro vivo. In modocontrollato, senza perdermi d'animo o sconvolgermi per l'eccitazioneo la paura, avrei dovuto sfozarmi di 'fermare il mondo'. Mi fece osser-vare che dopo che ero fuggito a gambe levate su per la collina eronello stato perfetto per 'fermare il mondo'. In quello stato si cornbi-navano paura, rispetto, potere e morte; disse che un tale stato era assaidifficile da ripetere.

Gli sussurrai all 'orecchio: "Che cosa intendete oer'fermare i lmondo'? ".

Mi lancib un'occhiata feroce, prinih di rispondermi che era unatecnica praticata da coloro che vanno iif caccia del potere, una tecnicain virtil della quale il mondo cosi come lo conosciamo veniva fattocrollare.

11

Lo stato d'animo del guerriero

Arrivai con la macchina a casa di don Juan giovedi 31 agosto 1961;prima che avessi avuto I'opportunit) di salutarlo lui in6l6 iL capo attra-verso il finestrino dell'automobile, mi sorrise e disse: "Abbiamo moltasrada da fare in macchina per arrivare a un posto di potere, ed bquasi mezzogiorno".

Apri lo sportello, si mise a sedere accanto a me sul sedile anterioree mi guidb in direzione sud per circa settanta miglia; voltammo quindia est per una strada bianca e la seguimmo fino a raggiungere le pindicidelle montagne. Parcheggiai fuori della strada in una depressione chedon Juan aveva scelto perch€ abbastanza profonda da nascondere lamacchina alla vista. Di l) andammo direttamente sulla cima delle bassecolline, attraversando una vasta regione pianeggiante e desolata.

Quando calb l'oscuriti don Juan scelse un posto per dormire. Pre-tese un silenzio completo.

Il giorno dopo facemmo un pasto frugale e continuammo il nostroviaggio in direzione est. La vegetazione non era pir) costituita dagliarbusti del deserto ma da fitti cespugli verdi di montagna e alberi.

Verso Ia meti del pomeriggio ci inerpicammo sulla cima di unagigantesca bamiera di conglomerato che pafeva un muro. Don Juan simise a sedere e mi fece sesno di imitarlo.

_ "Questo d un luogo di potere", disse dopo un momento di pausa."E il posto in cui tanto tempo fa venivano sepolti i guerrieri".

In quell'istante un corvo vold sulle nostre teste gracchiando. DonJuan ne segui il volo con lo sguardo fisso.

Esaminai la roccia e mi stavo domandando come e dove fosserostati seppelliti i guenieri, quando don Juan mi batt6 leggermente sullaspalla.

"Non qui, sciocco", diss,e sorridendo. "Laggiil".Indicd il terreno sotto di noi ai piedi della barriera, verso est;

spiegd che quel terteno era circondato da un recinto naturale di maci-

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Iil

106 Lo stato d'animo del guerriero

gni. Da dove ero seduto vedevo una zon^ di forse cento metri di dia-metro, in appatenza di forma perfettamente circolare. Fitti cespugli necoprivano la superficie, dissimulando i macigni. Non ne avrei notatola forma perfettamente rotonda se don Juan non me I'avesse mostrata.

Disse che di posti come quello ce n'erano moltissimi sparsi nelvecchio mondo degli indiani. Non erano esattamente posti di potere,come certe colline o formazioni geologiche in cui dimoravano gli spiriti,ma piuttosto luoghi di illuminazione dove si poteva ricevere un inse-gnamento, dove si poteva trovare la soluzione dei dilemmi.

"Tutto quello che devi fare b venire qui", disse. "O passare lanotte su questa roccia per ricomporre i tuoi sentimenti".

"Passeremo la notte qui?"."Pensavo di si, ma un piccolo corvo mi ha appena detto di non

farlo ",Cercai di saperne di pit sul corvo, ma don Juan mi zitti con un

cenno impaziente della mano."Guarda quel cerchio di macigni", disse. "Fissatelo nella memoria

e poi un giorno un corvo ti condurr) a un altro di questi luoghi. Quantopiil b perfetta la sua forma rotonda, tanto d maggiore il suo potere".

"Le ossa dei guerrieri sono ancora seppellite qui?".Don Juan assunse una comica espressione di sgomento e quindi fece

un largo sorriso."Questo non b un cimitero", disse. "Non c'b sepolto nessuno. Ho

detto che un tempo qui c'erano sepolti i guerrieri. Volevo intendereche i guerrieri usavano venire qui a seppellirsi per una notte, o per duegiorni o per qualsiasi periodo di tempo volessero. Non intendevo direche qui siano sepolte le ossa di persone morte. Non mi interesso deicimiteri, in essi non c'd potere. C'd potere nelle ossa dei guerrieri,comunque, ma non sono mai nei cimiteri. E c'b anche pir) potere nelleossa di un uomo di conoscenza, tuttavi^ sarebbe praticamente impos-sibile trovarle".

"Chi a un uomo di conoscenza, don Tuan?"."Qualunque guerriero pottebbe-dinentare un uomo di conoscenza.

Come ti ho detto, un guerriero b un cacciatore impeccabile che va incaccia del potete; se ha successo nella sua caccia pub essere un uomodi conoscenza".

"Che cosa.. . " .Don Juan interruppe la mia domanda con un cenno della mano. Si

alzb in piedi, mi fece segno di seguirlo e incomincib a discendere ilripido pendio orientale della barriera. Nella faccia quasi perpendicolarec'era un sentiero ben visibile che conduceva alla sottostante spianatacircolare.

Lo stato d'animo del guerrieto 107

Lentamente e a {atica discendemmo per il pericoloso sentiero equando raggiungemmo il fondo don Juan, senza fermarsi affatto, micondusse attraverso i fitti cespugli fino al centro del cerchio. Li presedei rami secchi e ripuli uno spiazzo perch6 mi potessi sedere. Anche lospiazzo che aveva ripulito era perfettamente rotondo.

"Avevo intenzione di seppellirti qui per tutta la notte", disse. "Maadesso so che non B ancora ora. Tu non hai potere. Ti seppellird soloper poco".

L'idea di essere rinchiuso mi rendeva molto nervoso e eli domandaicome intendeva seppellirmi. Ridacchib come un bambino e si mise araccogliere rami secchi. Non permise che lo aiutassi e disse che dovevosedermi e aspettare.

Don Juan gettb i rami che andava raccogliendo dentro il cerchioche aveva pulito. Poi mi fece stendere, con la testa rivolta a est, met-tendomi la giacca sotto la testa, e mi costrui un'impalcatura intorno alcorpo. La costrui conficcando nel temeno sofice pezzi di rami lunghiun'ottantina di centimeffi; i rami, che terminavano con una biforca-zione, servivano da supporto a certi iunghi bastoni che davano alla gab-bia un'ossatura e I'apparenza di una bara aperta. Chiuse la gabbiacome una scatola ponendo ramoscelli e foglie sui lunghi bastoni, rin-chiudendomi dalle spalle in giil. Mi lascid sporgere fuori la testa conla giacca come cuscino.

Prese quindi un grosso pezzo di legno secco e, usandolo come unbastone da scavo, sbriciolb il tefficcio intorno a me e se ne servl oercoprire la gabbia.

L'intelaiatura era cosi solida e le foqlie cosi ben sistemate che nellagabbia non cadde neanche un granell6 di terra. Potevo muovere legambe liberamente e potevo realmente scivolare dentro e fuori., Don Juan disse che ordinariamente un guerriero costruiva \a gab-bia, poi vi scivolava denro e la sigillava dall'interno.

"E gli animali?", domandai. "Non possoiro grattar via la superficiedi terriccio, introdursi nella gabbia e far del male all'uomo?".

"No, non b una cosa che preoccupi un guerriero. E, una cosa chepreoccupa te perchd non hai potere. Il guerriero, d'altra parte, E gui-dato dal suo scopo inflessibile e pub difendersi da tutto. Nulla lo pubimportunare, nd un topo, n6 un serpente, n6 un leone di montagna".

"Perch6 si seppelliscono, don Jr:an?"."Per ottenefe I ' i l luminazione e i l ootere".Provai una piacevolissima sensazione di pace e di soddisfazione; il

mondo in quel momento sembrava sereno. La quiete era perfetta e altempo stesso snervante. Non ero abituato a quel tipo di silenzio. Cercaidi parlare ma don Juan mi zittl. Dopo un po' la tranquillit) del luogo

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108 Lo stato d'anino del guerriero

influenzb il mio umore. Incominciai a pensare alla mia vita e alla miastoria personale e provai una familiare sensazione di ttistezza e rimorso.Dissi a don Juan che non ero degno di stare ll, che il suo mondo eraforte e leale e io debole, e che il mio spirito era stato deformato dallecircostanze della mia vita.

Don Juan rise e minaccib di coprirmi la testa di terra se continuavoa parlarc su quel tono. Disse che ero un uomo, e come ogni uomo me-ritavo tutto cib che era sorte dell'uomo - gioia, dolore, ffistezza elotta - e che la natura dei nostri atti non contava finchd si agiva comeun guerriero,

Abbassando la voce fin quasi a un mormorio disse che se veramentesentivo che il mio spirito era deformato dovevo semplicemente fissarlo- purgarlo, renderlo perfetto - perchd in tutta la nosila vita non c'eraaltro compito che fosse pii degno. Non fissare 1o spirito significava cer-care la morte, ed era lo stesso che non cercare nulla, dal momento chela morte ci avrebbe soprafiatti senza tener conto di nulla.

Rimase a lungo silenziodo, quindi, in tono di profonda convinzione,disse: "Cercarcla pefiezione dello spirito del guerriero d il solo degnocompito della nostra condizione di uomini".

Le sue parole ebbero l'efietto di un catalizzatore. Sentii il peso dellemie azioni passate come un fardello intollerabile e fastidioso. Ammisiche per me non c'era speranza. Incominciai a piangere, parlando dellamia vita. Dissi che era da tanto tempo che me ne andavo in siro peril mondo da solo che ero diventato insensibile al dolore e alla iriste)za,tranne certe occasioni in cui mi rendevo conto della mia solitudine eimpotenza.

Don Juan non disse nulla; mi afierrd per le ascelle e mi tird fuoridalla gabbia. Mi misi a sedere quando mi lascid andare. Anche luisi mise a sedere. Tra noi si stabill un silenzio Desante. Pensai chevolesse darmi i l tempo di ricompormi. Presi i l mio taccuino e ir;co-minciai scribacchiare nervosamente.

"Ti senti come una foglia in balia del vento, non d vero?", dissealla fine guardandomi fisso.

Era esattamente come mi sentivo. Don Juan sembrava provar com-prensione per me. Disse che il mio umore gli rammentava quello diuna canzone e incomincid a cantatla in tono sommesso; la sua voce eramolto piacevole e i versi mi rapirono: "Sono tanto lontano dal cielosotto il quale sono nato. Un'immensa nostalgia invade i miei pensieri.Ora che sono cosl solo e triste come una foglia al vento, qualche voltavoglio piangere, qualche volta voglio rideie di struggimento " (Q.aelejos estoy del cielo donde be nacido. Inmensa nostalgia inuade mi

Lo stato d'anino del guerriero 109

l,('nsaffiiento. Ahora que estoy tan solo y triste cual hoia al uiexto,tlttisieru llorar, quisiera reir de sentirniento).

Rimanemmo a lungo senza parlare. Alla fine don Juan ruppe ilsi lcr-rzio.

"Dal giorno in cui sei nato, in un modo o I'altro, qualcuno ti hafatto qualcosa", disse.

"Giusto", risposi."E ti hanno fatto qualcosa contro la tua volont)"."E vero","E adesso ti senti impotente, come una foglia al vento"."Giusto. E cosi" .Dissi che alcune volte le circostanze della mia vita erano state disa-

strose. Mi ascoltb attentamente ma non riuscii a caDire se era soltantoconsenziente o veramente interessato, finchd non nri accorsi che cercavadi nascondere un sorriso.

"Non importa quanto ti piaccia provare dolore per te stesso, E unacosa che devi cambiare", disse in tono dolce. "Non si addice alla vitadi un guerriero".

Rise e cantd di nuovo la sua canzone, distorcendo perd I'intona-zione di alcune parole; il risultato fu un lamento ridicolo. Mi feceosservare che il motivo per cui mi era piaciuta la canzone era che intutta la mia vita non avevo fatto altro che cercare difetti in tutto elamentarmi. Non potevo discutere con lui, aveva ragione. Tuttavia cre-devo di avere motivi sufficienti per giustificare la mia sensazione diessere come una foglia al vento.

"La cosa pit difficile al mondo b assumere lo stato d'animo di unglreniero", disse. "Non serve a nulla essere tristi, lagnarsi e sentire diessere.giustificati nel farlo, credere che qualcuno ci faccia sempre qual-cosa. Nessuno fa nulla a nessuno, tanto meno a un guerriero.

"Tu sei qui, con me, perch6 vuoi essere qui. Dovresti ormai esser-terle assunto la piena responsabiliti; percib I'idea che tu sia in balia delvento d inammissibile".

Si alzd in piedi e incomincib a smontare la gabbia. Riportb il ter-riccio dove lo aveva preso e sparpaglib con cura tutti i legni tra i cespu-gli. Poi ricopri di detriti il cerchio che aveva pulito, lasciando la zonacome se nulla I 'avesse mai toccata.

Lodai la sua perizia. Rispose che un buon cacciatore avrebbe saputoche eravamo stati li, per quanto accurato egli fosse, perchd le traccedegli uomini non potevano essere cancellate completamente.

Si mise seduto a gambe incrociate e mi disse di sedermi il piil como-damente possibile, fronteggiando il punto in cui mi aveva sepolto, e di

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110 Lo stato d'animo del gucrriero

rimanere immobile finch6 il mio stato d'animo triste non si fosse dis-sipato.

"Un gueriero si seppellisce per trovare il potere, non per piangeredi autocommiserazione", disse.

Tentai di spiegare ma mi arrestd con Lln cenno impaziente del capo.Disse che aveva dovuto tirarmi fuori in fretta dalla gabbia perchd ilmio umore era diventato intollerabile e aveva temuto che il luoeo siirritasse per la mia debolezza e poresse farmi del male.

"L'autocommiserazione non si addice al potere", disse. "Lo statod'animo di un guerriero richiede il controllo su se stesso e al tempomedesimo tichiede I 'abbandono di se stesso".

"Come pub essere?", chiesi. "Come ci si pud controllare e abbrn-donare al temoo stesso?".

ri 1 ' l" .b una tecnrca drf f ic i le" , d isse.Sembrava che stesse decidendo se continrrare o no a parlare. Per

due volte fu sul punto di dire qualcosa, ma si controlld e ioruise."Non hai ancora vinto la tua ttistezza", disse. "Ti senti ancora

debole e non servirebbe a nientc parlarc ora dello stato d'anirno cli unguerriero ".

Trascorse quasi un'ora di silenzio complero. Quindi'don Juan michiese bruscamente se ero riuscito a imparare le tecniche del 'sosnare'che lui mi aveva insellnato. Mi ero esercitato assiduamente e dopo r.,nosforzo monumentale ero riuscito a ottenere una certa misura di con-trollo sui miei sogni. Don Juan aveva ben ragione quando aveva dettoche si potevano interpretare gli esercizi come se fossero un ciiverti-mento. Fra la prima volta nella miavita che non vedevo I'ora di andarea oormlre.

Gli feci Lrn resoconto dettagliato dei miei progressi.Mi era stato relativamente facile impar.are a mantenere I ' immagine

delle mie mani dopo che avevo imparaio a comandarmi di guardarle.Le mie visioni, sebbene non sempre delle mie mani, duravano un tempoapparentemente lungo, finchd alla fine perdevo il controllo e mi im-mergevo nei comuni sogni irnprevedibili. Il momento in cui davo a mestesso il comando di guardarmi le mani, o di guardare qual-"iasi altrodettaglio del sogno, non dipendeva dalla mia volont). Accadeva sol-tanto. A un certo momento ricordavo che dovevo guardarmi le. mani equindi guardare cid che mi circondava. C'erano poi delle notti in cuinon potevo ricordare assolutamente di averlo fatto.- Don Juan parve soddisfatto e volle sapere quali fossero i dettagli

che incontravo di solito ndi miei sogni. Non riuscii a ricordare nuiiain particolare e incominciai a dilungarmi su un sogno da incubo cheavevo fatto la notte prima.

Lo stato d'anino del guerriero

"Sii meno fantasioso", mi disse seccamente.Gli dissi che avevo registrato tutti i dettagli dei miei sogni. Da

t;rrando avevo incominciato a esercitarmi a guardarmi le mani i mieisogni erano diventati quanto mai irresistibil i e la mia capaciti diricordare era aumentata al punto che potevo ricordare dettagli minimi.Mi disse che seguirl i era una perdita di tempo, perch6 dettagli e nit i-tlezza non erano allatto imoortanti.

"I sogni ordinari diventano molto nit idi non appena incominci asDiluppare il sognare", disse. "Quella nitidezza e quella chiarezza costi-tuiscono una barriera formidabile, e tu sei peggio di tutti quelli che homai incontrato nella mia vita. Hai la mania peggiore, scrivi tutto quelloche puoi".

Credevo in tutta oneste che quello che facevo fosse approprirrto.Tenere una meticolosa registrazione dei miei sogni mi consentiva uncerto grado di chiarezza sulla natura delle visioni che avevo dormendo.

"Piantalal", mi disse imperiosamente. "Non serve a niente. Tuttoquello che fai b distrarti dallo scopo del sognare, che b controllo epotere ".

Si mise disteso coprendosi gli occhi col cappello e mi parlb senzaguardarmi.

"Ora ti rammcnter6 tutte le tecniche che devi esercitare", disse."Innanzituttq come punto di patterva, devi mettere a fuoco lo sguardosulle mani. Quindi devi spostare lo sguardo su altri dettagli e guar-darli con brevi occhiate. Metti a fuoco lo ssuardo su quante cose vuoi.Ricorda che se dai soltanto brevi occhiate lJ immagini non si muovono.Poi torna alle tue mani.

"Ogni volta che ti guardi le mani rinnovi il potere necessario persognare, percib al principio non guardare troppe cose. Saranno sufE-cienti quattro dettagli ogni volta. PiU tardi puoi progredire fino adabbracciare tutto quello che vuoi, ma non appena le immagini inco-minciano a muoversi e senti che stai perdendo il controllo, torna alletue mani.

" Quando sentirai di poter contemplare le cose indefinitamente saraipronto per una nuova tecnica. Ota ti insegnerd questa nuova tecnica,voglio perd che tu la metta in atto solo quando sarai pronto".

Rimase in silenzio per circa quindici nlinuti. Alla fine si tird su asedere e mi guardd.

"Il passo successivo dello suiluppare il sognare consiste nell'impa-rare a viaggiare", disse. "Nello stesso modo in cui hai imparato aguardarti le mani potrai desiderare di muoverti, di andare nei luoghi.fnnanzitutto devi stabilire un luogo in cui vuoi andare. Scegli un luogo

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112 Lo stato d'animo del guerriero

che conosci bene - per esempio la tua scuola, o un giardino, o la casadi un amico - quindi devi voler intensamente andare li.

"Questa tecnica i molto difficile. Devi eseguire due compiti: devidesiderare intensamente di andare nella specifica localith; e poi, quandohai padroneggiato quella tecnica, devi imparare a conuollare la durataesatta del tuo viaggio".

Mentre trascrivevo le sue parole avevo la sensazione di essere vera-mente pazzo. Stavo realmente inghiottendo istruzioni folli, riducendomia mal partito per seguirle. Provai un'ondata di rimorso e di imbarazzo.

"Che mi state facendo, don Juan?", domandai senza averne vera-mente I'intenzione.

Don Juan parve sorpreso. Mi gtrardd fisso per un istante e quindisorrise.

"Mi fai sempre la stessa domanda", disse. "fo non ti sto facendoniente, sei tu che ti rendi accessibile al potere; gli dai la caccia e ioti sto solo guidando".

Chinb la testa di lato e mi studid. Mi prese il mento con una manoe la nuca con I'altra e quindi mi mosse la iesta avanti e indietro. Avevoi muscoli del collo molto tesi e quel movimento ridusse la tensrone.

Don Juan guardd il cielo per un momento e sembrb vederci qual-cosa.

Camminammo in direzione est finchd giungemmo a un gruppo dialberelli, in una valle tra due grandi colline. Erano ormai quasi le cin-que del pomeriggio; don Juan disse come per caso che avremmo potutopassare la notte in quel luogo, indicb gli alberi e disse che li intornoc'era dell'acqua.

Tese il corpo e si mise a fiutare I'aria come un animale. Potevovedere i muscoli del suo stomaco contrarsi in brevi velocissimi spasmimentre soffiava e inalava attfaverso il naso in rapida successiont. Miesortd a fare altrettanto e a scoprire da me dove fosse I'acqua. Cercaicon ri luttanza di imitarlo. Dopo cinque o sei minuti di rapiia respira-zione mi girava \a testa, ma le narici si erano aperte straordinariamentee potei veramente individuare I'odore dei salici acquatici, non riuscivoperb a indovinare dove fossero.

Don Juan mi disse di riposarmi qualche minuto e quindi mi fecericominciare a fiutare. Questa seconda volta fiutai piil intensamente epotei efiettivamente distinguere I'odorE dei salici acquatici che venivadalla mia destra. Avanzammo in quella direzione e dopo un buonquarto di miglio incontfammo una zona paludosa con acqua stagnante.Costeggiammo I'acqua giungendo a lna lnesa pianeggiante che si ele-vava di poco sul terreno circostante. Sopra e intorno alle ntesa la vege-tazione era molto fitta.

Lo stato d'anitno del gueniero ll3

_ "Questo posto pullula di leoni di montagna e altri gatti minori",tlisse don Juan in tono casuale, come se fosse un'ossetvazione banale.

Corsi al suo fianco e lui scoppid a ridere."Di solito non vengo affatto qui", disse. "Ma il corvo lra indicato

questa direzione. Ci deve essere qualcosa di speciale"."Dobbiamo davvero stare qui, don Juan?"."Dobbiamo. Altrimenti avrei evitato questo posto".Mi sentivo estremamente nervoso. Don Juan mi disse di ascoltare

attentamente quello che diceva."La sola cosa che si possa fare in questo posto d cacciare i leoni",

disse. "Percib ora ti insegnerd come si fa."C'E un modo speciale per costruire una ffappola per i topi acqua-

tici che vivono intorno alle pozze d'acqua. I topi servono da esca. Sicosruisce una gabbia coi fianchi ribaltabili e lungo i lati si memonodelle punte molto aguzze. Quando la trappola b montata le punre sononascoste e innocue finchd qualcosa non cade sulla trappola, nel qualcaso i fianchi si abbattono e le punte trafiggono cib che ha urtato latrappola ".

Non riuscivo a capire, ma don Juan disegnd sul terreno un dia-gr^mma mostrandomi che se i paletti laterali della gabbia erano posrisu appoggi cavi che fungevano da perno, la gabbia sarebbe crollata daentrambi i lati se qualcosa avesse premuto sulla sua sommiti.

Le punte erano schegge aguzze di legno duro, poste e fissate tltttointorno all ' intelaiatura.

Don Juan disse che di solito si metteva un pesante carico di sassisu un graticcio di bastoni, connessi alla gabbia e sospesi in alto sopradi essa. Quando il leone di montagna affivav^ alla trappola innescatacoi topi d'acqua, di solito cercava di sfondarla colpendola con rutta lasua forza; allora le schegge gli avrebbero trafitto le zampe e il gatto,furibondo, sarebbe balzato in alto facendosi precipitare addosso unavalanga di sassi.

"Un giorno o I'altro potrai dover catturare un leone di montagna",mi disse. "Hanno speciali poteri. Sono terribilmente furbi e il solomodo di catturarli b ingannarli col dolore e con I'odore dei salici acqua-t ic i " .

Con rapiditi e abilit) sorprendenti don Tuan mise insieme unarappola e dopo una lunga attesa catturd tre roditori grassottelli similia scoiattoli.

Mi disse di prendere una manciata di foglie di salice dal bordo dellapalude e mi ci fece strofinare gli abiti. Lo stesso fece lui. Quindi,rapidamente e con grande abilit), intreccib due semplici reti di giunco,

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1l-{ Lo stdto d'animo del guerriero

trasse dalla palude un grosso malloppo di piante verdi e fango e 1oportd alla mesa, dove si nascose.

Nel frattempo i roditori simili a scoiattoli si erano messi a squittireforte.

Dal suo nascondiglio don Juan mi disse di prendere I'altra rete eraccogliere una buona porzione di fango e piante, e quindi di arrampi-carmi sui rami inferiori di un albero vicino alla trappola che racchiu-deva i roditori.

Disse che non voleva far del male al gatto n6 ai roditori, percibavrebbe lanciato del fango sul leone se fosse venuto alla trappola. Midisse di stare all'erta e di scagliare il mio fagotto sul gatto dopo di lui,per spaventado e farlo fuggire. Mi raccomandb di fare molta attenzionea non cadere dall'albero. Le sue ultime istruzioni furono di rimanerecosi immobile da fondermi coi rami.

Non riuscivo a vedere dove fosse don Juan. I roditori squittivanosempre piil forte e alla fine fu cosi buio che a stento potevo distin-guere i contorni generali del terreno. Udii il rumore improvviso evicino di morbidi passi e un'attutita esalazione felina, poi un grugnitomolto lieve; i toditori tacquero immediatamente. Fu in quell'istanteche vidi la massa oscura di un animale proprio sotto il mio albero.Prima ancora che fossi sicuro che si trattava di un leone di montagna,I'ombra caricb contro la trappola, ma prima che la raggiungesse qual-cosa la colpl e la fece rinculare. Scagliai il mio fagotto come don Juanmi aveva detto di fare. Mancai il colpo, ma I'animale ruggl moltoforte. In quell'istante don Juan lancid una serie di urli penetranti chemi mandarono un brivido per la spina dorsale, e il gatto, con agilit)straordinaria, balzb sulla mesa e scomparve.

Don Juan continub ancora per un po' a emettere i suoi urli pene-tranti, q;indi mi disse di scendere dall'albero, raccogliere la gabbiacon gli scoiattoli, correre alla mesa e salire a raggiungerlo piil presto chepotevo.

Impiegai un tempo incredibilmente breve e fui di nuovo accantoa lui. Mi disse di imitare le sue uda meglio che potevo per tenere lon-tano il leone mentre lui smontava la gabbia e liberava i roditori.

Incominciai a udare ma non riuscivo a produrre lo stesso efietto.Avevo la voce rauca per I'eccitazione.

Don Juan disse che dovevo abbandonarmi e gridare con vero sen-timento, petchd il leone era ancora in giro. All'improvviso mi resi pie-namente conto della situazione: il leone era reale. Emisi una magnificaserie di urla laceranti.

Don Juan rideva fragorosamente.Mi lascib urlare ancora per un momento e quindi disse che dove-

Lo stato rl'animo tlel guctriero Il5

r',rrr. abbandonare il luogo piil silenziosamente possibile, perchd ill('()'c .on era uno sciocco e probabilmente stava ritotnunjo'sui suoil): lssi l)cr venire dove eravamo noi.

"ci seguir) di sicuro", disse. "Possiamo stare attenti finch6 vogria-ln(), ma lasceremo sempre una traccia grande come un'autostrada,'.

Gli camminai vicinissimo; di quando in quando si fermava per unistante e ascoltava. A un certo momento si mise a correre .ral b,.riot' i. lo seguii con le braccia protese davanti agli occhi per difendermi( la l raml.

Alla fine giungemmo ai piedi della barriera sulla cui sommiti era-vamo stati in precedenza. Don Juan disse che se fossimo riusciti asalire in cima senza venir molestati dal leone saremmo stati salvi. Salllui-per primo mostrandomi-la strada, e incominciammo ad arrampicarcial buio. Non so come, ma lo seguii con passi sicurissimi. euando fum-mo vicini alla cima udii uno strano grido di un animari; sembravaquasi il muggito di una mucca, solo che era un po, pii piol.rngato easpro.

"Su! Sul" , ur ld don Juan.Mi arrampicai sulla cima al buio completo, passando davanti a don

Juan. Quando lui raggiunse a sua volta la cima pianeggiante della bar-riera, io ero gii li seduto che riprendevo fiato.- Don Juan rotold al suolo. Per un istante pensai che lo sforzo glifosse stato eccessivo, invece rideva della velociti con cui mi ero arram-picato.

Rimanemmo in completo silenzio per un paio d'ore e quindi ciavviammo verso I'automobile.

Domenica 3 .rettembre. 1961

Don Juan non era in casa quando mi svegliai. Lavorai ai miei ap.punti e prima che tornasse ebbi il tempo di andare a raccogliere deilalegna da ardere tra gli arbusti circostanti. Quando don Juan entrb incasa stavo mangiando. Si mise a ridere di quella che chiamava la miaabitudine fissa di mangiare a mezzogiorno, ma si servi dei miei panini.

Gli dissi che I'episodio del leone di montagna mi sconcertava. Seci ripensavo mi sembrava tutto irfeale: era come se tutto fosse staromesso in scena a mio beneficio; la successione degli avvenimenti erastata cosl rapida che non avevo avuto dawero il tempo di essere spa-ventato; avevo avuto tempo sufficiente per agire, ma non per conside-rare le circostanze. Mentre scrivevo i miei appunti mi era venuto da

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116 Lo stdto d'dnimo del guerriero

chiedermi se avevo veramente visto il leone di montagna. Il ricordo delramo secco era ancora vivo.

"Era un leone di montagna", disse don Juan imperiosamente."Era un vero animale in carne e ossa?"." Naturalmente ".Gli dissi che la faciliti di tutto I'episodio aveva risvegliato i miei

sospetti. Era come se il leone fosse stato li ad aspettarci e fossc statoadd^estrato a farc esattamente quello che don Juan aveva progettato.

Don Juan non si scompose per la mia opposizione di osservazioniscettiche. Rise di me.

"Sei un tipo buf[o", disse. "Hai visto e udito i l gatto. Era propriosotto il tuo albero. Non ti ha fiutato e non ti d saltato addosso per viadei salici d'acqua che annullano ogni altro odore, anche per i gatti. Tune avevi in gtembo una manciata".

Gli dissi che non era che dubitassi di lui, ma cl-re quella notte tuttoera stato estremamente diverso dagli avvenimenti della mia vita quo-tidiana. Per un istante, mentre scrivevo i miei appunti, avevo persinoavuto la sensazione che il ruolo del leone potesse esser stato interpre-tato da don Juan. Tuttavia avevo dovuto scartare I'idea, perch6 ricor-davo di aver visto veramente la forma scura di un animale a quattrozampe che caricava conuo la gabbia e quindi balzava sulla mesa.

"Perch6 ti agiti tanto?", mi disse. "Era solo un gattone. Devonoesserci migliaia di gatti su quelle montagne, che vuoi che sia? Comeal solito ti concentri sui dettagli sbagliati. Non fa nessuna difierenza seera un leone o i miei calzoni, quello che contava erano i tuoi senti-menti in quel momento".

In tutta la mia vita non avevo mai visto n6 sentito un gattone sel-vaggio in cerca di preda. Quando ci ripensavo non riuscivo a racca-pezzarmi che fosse stato solo a un metro da me.-

Don Juan mi ascoltb pazientemente mentre rievocavo tutta I'espe-tienza.

"Perchd tanto timore di quel gattone?", mi chiese con un'espres-sione inquisitrice. "Sei stato vicino alla maggioranza degli animali cl-revivono qui e non hai mai avuto timore di loro. Ti piacciono i gatti?".

"No, non mi piacciono","E allora dimenticatelo. Comunque la lezione non riguardava il

modo di cacciare i leoni"."Cosa riguardava?"."Il piccolo corvo mi ha indicato quel punto specifico, e in quel

punto ho visto l'opportunita di farti capire come si agisce mentre si enello stato d'animo del guerriero.

"L'altra notte hai fatto tutto in uno stato d'animo appropriato:

Lo stato d'animo dcl guerriuo ll7

,;uando sei saltato gii dall'albero per prendere la gabbia e correre su..la me, eri controllato e al tempo stesso abbandonalo, non eri pa-:.liz-t.ato dalla paura; e poi, vicino alla cima della barriera, quando il ieo,r.ha ruggito, ti sei mosso benissimo. Son sicuro che non crederesti a.luello che hai fatto se guardassi la barrierh alla luce del giorno. Hairrvuto un.buon grado di abhandono, e al tempo stesso un Luon gradorli conrollo su di te. Non hai mollato e non te la sei fatta nei cal-zoni, ,eppure hai mollato e ti sei arampicato su quel muro nel buiocompleto. Avresti potuto mancare il sentiero e ucciderti. Per salire suquel muro nel buio completo bisognava che ti tenessi e ti lasciassi an-dare allo stesso tempo. E questo che io chiamo lo stato d'animo di ungueffiero ".

Dissi che, qualunque cosa avessi fatto quella notte, era stato i lprodotto della mia paura e non il r isultato di nessuno stato d'animodi controllo e abbandono.

"Lo so", disse sorridendo. "E ho voluto mostrarti che Duoi spro-nare te stesso oltre i tuoi l imiti se sei nello stato d'animo adatto. Unguerriero costruisce i l proprio stato d'animo. Tu non Io sapevi. La paurati ha messo nello stato d'animo del guerrlero, ma ora che lo sai, tuttopud servire a fartici entrare".

Volli discutere con lui, ma le mie ragioni non erano chiare. pro-vavo -un inesplicabile senso di fastidio.

"E conveniente agire sempre in tale stato d'animo", continub donJuan. "Ti l ibera da tutto e ti lascia purif icato. E stata una srande sensa-zionc quando hai raggiunto la c ima del la barr iera, non d"vero?, ' .

Gli risposi cl-re comprendevo quello che voleva dire, perd senrivoche sarebbe stato idiota cercar di applicare quello che mi stava inse-gnando alla mia vita quotidiana.

"Ci vuole lo stato d'animo del guerriero per ogni singolo atto",disse. "Altrimenti si diventa deformati e brutti. Non c'd poiere in unavita che manchi di questo srato d'animo. Guardati: tutto ti offende eti turba. Ti lagni e ti lamenti e senti che tutti ti fanno ballare alla loromusica. Sei una foglia in balia del vento. Non c'E potere nella tua vita.CIre brutta sensazione deve essere!

"Un guerriero, d'altra parte, b un cacciatore. I l guerriero calcolatutto. Questo b controllo. Ma una volta terminati i suoi calcoli, agisce,lascia andare. Questo E abbandono. Un guerriero non E una foglia inbalia del vento. Nessuno lo pub spingere; nessuno pud fargli fare nullacontro la sua volont) o contro il suo giudizio. Il guerriero b program-mato per sopravvivere, e sopravvive nel migliore dei modi possibili".

Mi piacque la sua affermazione, sebbene non la ritenessi realistica.

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118 Lo stdto d 'aninto del guerr iero

Sembrava roppo semplicistica per il complesso mondo in cui vivevo io_.Don Juan rise delle mie argomentazioni e io insistei che lo stato

d'animo del guerriero non avrebbe potuto aiutarmi a vincere la sensa-zione di essere ofieso o realmente ferito dalle azioni dei miei simili,come nel caso ipotetico dell'essere fisicamente molestato da una personacrudele e maligna che occupa una posizione di superioriti.

Don Juan rise fragorosamente e amlnise che I'esempio era appro-priato.

"Un guerriero potrebbe essere ferito ma non of[eso", disse. "Peril guerriero non c'E nulla di offensivo negli atti dei suoi simili finchd luistesso agisce enffo lo stato d'animo appropriato.

"L'aItra notte tu non sei stato ofieso dal leone. Il fatto che ci abbiadato la caccia non ti ha irritato. Non ti ho senrito maledirlo nd ti hosentito dire che non aveva il diritto di inseguirci. Per quel che nesapevi avrebbe potuto essere un leone crudele e maligno. Ma tu nonhai fatto una simile considerazione mentre cercavi di sfuggirgli. La solacosa pertinente era sopravvivere, e l 'hai fatto benissimo.

"Se tu fossi stato solo e i l leone ti avesse preso e sbranato a morre,non ti sarebbe mai venuto in mente di lamentarti o di sentirti offesodai suoi atti.

"Lo stato d'animo del guerriero non E cosi impossibile per il tuomondo n6 per il mondo di nessuno. Tu ne hai bisogno per sbanzzartidi tutto quanto".

Gli spiegai il mio modo di ragionare. Il leone e i miei simili nonerano sullo stesso piano, perch6 conoscevo gli intimi sotterfugi degliuomini mentre non sapevo nulla del leone. Quello che mi oflendeva neimiei simili era che agivano malignamente e con consapevolezza.

"Lo so, lo so", disse pazientemente don.|uan. "Raggiungere 1o statod'animo del guerriero non e cosa semplice. E una rivoluzione. Conside-rare uguali iL leone, i topi d'acqua e i nostri simili E un magnifico attodello spirito del guerriero. Per farlo ci vuole potere".

12

Una battaglia di potere

Gioueil 28 dicembre, 1961

La mattina molto presto partimmo per un viaggio. Con la macchinaci dirigemmo a sud e quindi-a .rt ,o.rrt le montagne. Don Juan avevaportato delle zucche piene di cibo e acqua. I\4aneiammo in macchinaprima di incominciare a camminare

"Stammi molto vicino", mi disse don.Tuan. "Questa regione ti dsconosciuta e non c'b bisogno di correre rischi. Stai andando in cercadel potere e tutto quello che fai conta. Osserva il vento, specialmenteverso la fine della giomata. Osserva qLrando cambia direzione e modi-fica la tua posizione in modo da essere sempre protetto da me controi l vento".

"Che cosa siamo venuti a fate in queste montagne, don Juan?"."Devi dare la caccia al ootere"."Voglio dire, che dobbiamo fare in particolare?"."Quando si tratta di dar la caccia al potere non esiste piano. An-

dare a caccia di potere o di selvaggina d la stessa cosa. Un cacciatorecaccia tutto quello che gli si presenta, percib deve essere semprealI'ena.

"Tu sai del vento, e ora puoi dar la caccia al potere nel vento dasolo. Ma ci sono altre cose di cui non sai, che, come il vento, sonoil centro del potere in certi momenti e in certi luoghi.

"Il potere d una faccenda molto particolare", continub. "E impos-sibile inchiodarlo e dire che cosa b veramente. E una sensazione chesi ha per certe cose. Il potere b impersonale, appartiene solo a se stessi.Il mio benefattore, per esempio, poteva far ammalare mortalmente unapersona solo guardandola. Le donne deperivano dopo che aveva messogli occhi su di loro. Tuttavia non faceva ammalare la gente sempre,ma solo quando c'era di mezzo il suo potere personale".

"Come sceglieva chi doveva far ammalare?".

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120 Una battaglia tli Potere

"Non lo so, non lo sapeva nemmeno lui. I l potcre d cosi: t i co-manda e tuttavia ti obbedisce.

"Un cacciatore di potere lo prende in trappola e quindi 1o mettein serbo come sua scoperta personale. Percid, il potere personale cresce,e puoi incontrare il caso di un guerriero che abbia tanto potere per-sonale da diventare un uomo di conoscenza".

"Come si mette in serbo i l potere, don Juan?"."Questa d un'altra sensazione ancora, dipende dal tipo di persona

che b il guerriero. Il mio benefattore era un uomo di natura violenta;accumulava il potere con la violenza, tutto cib che faceva era forte ediretto. Mi ha lasciato il ricordo di qualcosa che si muoveva con tu-multo. E tutto quello che gli accadeva avveniva in quel modo".

Gli dissi che non riuscivo a capire come il potere potesse essermesso in serbo attraverso un sentimento.

"Non c'd modo di spiegarlo", mi rispose dopo una lunga pausa."Devi farlo da te",

Tirb su la zucca col cibo e se la legd sulla schiena. Mi porse unospago cui erano legati otto pezzi di carne secca e mi disse di appen-dermelo al collo.

"Questo b cibo di potere", disse."Che cosa lo rende cibo di potere, don Juan?"."E la carne di un animale che aveva potere. Un cervo, un cervo

unico. E stato condotto a me dal mio potere personale. Quesia carneci sostenteri per settimane, per mesi se necessario. Masticane qualchepezzetto per volta, e masticali completamente. Lascia che il potere siimmerga lentamente nel tuo corpo".

fncominciammo a camminare. Erano quasi le undici di mattina.Don Juan mi ricordb ancora una volta il procedimento da seguire.

"Osserva il vento", disse. "Non farti sorprendere dal vento e nonpermettere che ti stanchi. Mastica il tuo cibo di potere e proteggitidietro al mio corpo. A me non pub nuocere; ci conosciamo a vicendamolto bene".

Don Juan mi condusse a un sentiero che saliva diritto verso le altemontagne. La giornata era nuvolosa e sembrava che stesse per piovere.Potevo vedere le basse nuvole gonfie di pioggia e la nebbia scenderevetso di noi dalle montagne.

Camminammo in completo silenzio fin quasi alle tre del pomeriggio.Masticare la carne secca mi rinvigoriva vetamente. Sorvegliar gli im-prowisi cambiamenti di direzione del vento divenne una faccenda mi'steriosa, al punto che tutto il mio corpo sembrava sentirli prima cheavessero luogo veramente. Avevo la sensazione di poter individuarele onde del vento come una specie di pressione sulla pate superiore

Una battaglia di potere 121

,lel torace, sui bronchi. Ogni volta che stavo per sentire una folata divento il petto e la gola mi prudevano.

Don Juan si_ fermd per un momento e si guardb intorno come per.rientarsi, quindi si voltd a desra. Notai che anche lui masticavJ hcarne secca. Mi sentii molto fresco e per nulla stanco. I cambiamentit lcl vento mi avevano talmente ,rrorbito che non mi ero reso contodel passare del tempo.

Ci inoltrammo in una gola profonda e quindi ne risalimmo un latogiungendo a un piccolo pianoro sul fianco nudo di un'enorme monril-gna. Eravamo molto alt i, quasi sulla cima della montagna.

Don Juan sali su un'enorme roccia all'estremiti del pianoro e miaiutd a salire a mia volta. La roccia era situata in modo da guardarecome-una _cupola su una valle scoscesa. Ne facemmo lentamente il giro.Alla fine dovetti muovermi intorno alla roccia stando seduto. tenenJomialla sua superficie con le mani e coi piedi. Ero fradicio di sudore edovevo asciugarmi le mani ripetutamentc.

All 'altra estremit) del pianoro potevo scorgere una grandissirnacaverna poco profonda, vicino alla cima della montagna. Sembrava unagrande sala scavata nella roccia; era di arenaria erosa dal tempo fino aprendere la forma di una specie di balcone con due colonne.

-

,Don Juan disse che ci saremmo accampati l i , che era un postomolto sicuro perchd troppo poco profondo per essere una tana di leonio altre bestie da preda, troppo ampio per essere un nido di topi etroppo ventoso per ospitare insetti. Rise e disse che era un postoideale per gli uomini, dal momento che nessun'altra creatura viventepoteva resisterci.

Ci si arrampicd come una capra di montagna. Rimasi meravigliatodalla sua grande aglliti.

Lentamente e a fatica scivolai giL dalla roccia sulla schiena e poicercai di correre su per il fianco della montagna per raggiungere ilciglione. Gli ultimi metri mi tolsero il fiato. fn tono faceto chiesi adon Juan quanti anni avesse veramente; pensavo che per arrampicarsisu quel ciglione come aveva fatto lui bisognasse essere estremamente infotma e giovani.

"Sono giovane quanto voglio essere", mi rispose. "Anche questo bun fatto di potere personale. Se metti in serbo il potere, il tuo corpopud compiere imprese incredibili. D'altra parte, se dissipi il poteresarai un vecchio grasso in pochissimo tempo".

Il ciglione era orientato per la lunghezza secondo una linea est-ovest. Il lato aperto della formazione simile a un balcone guardava asud. Mi incamminai verso I 'estremith ovest. La vista era meravigliosa.

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I22 Una battaglia di Polere

La pioggia ci aveva aggirati. Sembrava uno strato di materiale traspa-rente sospeso sulla pianura.

Don Juan disse che avevamo tempo a sr,rfficienza per costruire unriparo. Mi disse di accumulare tutti i sassi che potevo trasportare sulciglione, mentre lui raccoglieva dei rami per costruire un tetto.

In un'ora aveva innalzato sul lato otientale del ciglione un murospesso una trentina di centimetri, lungo una sessantina di centimetrie alto quasi un metro. Intreccib e legd dei fasci di rami che aveva rac-colto e preparb un tetto, assicurandolo a due lunghi pali che termina-vano a forca. Un altro palo di identica lunghezza era fissato al tettostesso e lo sosteneva dal lato opposto del muro. La struttura sembravaun grande tavolo a tre zampe.

Don Juan si mise a sedere a gambe incrociate sotto Ia sua costru-zione. Mi disse di sedermi accanto a lui, alla sua destra. Rimanemmoper un po' in silenzio.

A un certo momento don Juan ruppe il silenzio. Mi sussurrb chedovevamo comoortarci come se nulla fosse fuori dell'ordinario. Glidomandai re ctra qualcosa che dovevo fare in particolare. Risposeche dovevo tenermi o..uputo a scrivere e farlo in modo tale che sem-brasse che fossi alla mia scrivania senz altri pensieri al mondo chescrivere. A un certo momento mi avrebbe dato una gomitata e alloradovevo guardare dove lui indicava con gli occhi. Mi avvertl che qua-lunque cosa vedessi non dovevo pronunciare una sola parola. Lui solopoteva parlare impunemente, perch6 era conosciuto da tutti i poteridi quelle montagne.

Seguii le sue istruzioni e scrissi per pii di un'ora. Mi ero sprofon-dato nei miei appunti. Improvvisamente sentii un colpetto sul braccioe vidi don Juan accennare con gli occhi e col capo verso un banco dinebbia lontano circa duecento metri, che scendeva dalla cima dellamontagna. fn tono a stento udibile anche da cosi vicino, don Juan misussurrd all'orecchio:

"Muovi gli occhi avanti e indietro lungo il banco di nebbia, ma non1o guardare direttamente. Socchiudi gli occhi e non metterli a fuocosulla nebbia. Quando vedi una macchia verde nel banco di nebbia,indicamela con gli occhi".

Mossi gli occhi da destra a sinistra lungo il banco di nebbia chescendeva lentamente verso di noi. Passb forse mezz'ota. Stava calandoI'oscurit) e la nebbia si muoveva molto lentamente. A un certo mo-mento ebbi I'improvvisa sensazione di aver scoperto un debole chiarorealla mia desra. Dapprima pensai di aver visto una macchia di arbustiverdi attraverso alla nebbia. Quando guardavo direttamente non notavo

Una battaglia di potere 12)

nulla, ma quando guardavo senza mettere a fuoco gli occhi potevo di-stinguere una zona vagamente verdastra.

La indicai a don Juan. Socchiuse gli occhi e la fissd."Metti gli occhi a fuoco su quel punto", mi sussurrb all 'orecchio.

"()rrarda senza chiudere gli occhi frnchl, aedi".Volli chiedere che cosa avrei dovuto vedere, ma don Juan mi squa-

clrb con gli occhi come per ricordarmi che non dovevo parlare.Fissai ancora. La porzione di nebbia discesa dall'alto pendeva come

un pezzo di materia solida. Si stratif icava proprio nel punto in cuiavevo notato la tinta verde. Quando gli occhi mi si stancarono e sbatteiIe palpebre, vidi dapprima la porzione di nebbia sovrapposta al bancoe quindi una sottile striscia di nebbia che sembrava un'esile strutrurasenza sostegno, un ponte che congiungeva la montagna sopra di me eil banco di nebbia davanti a me. Per un istante pensai di poter vederela nebbia trasparente, sospinta dal vento gii l dalla cima della montagna,scorrere sul ponte senza disturbarlo. Era come se il ponte avesse unasua soliditi. A un determinato istante il miraggio divenne cosi com-pleto che potei realmente distinguere I'oscurit) della parte sotto alponte vero e proprio, contrapposta al lieve colore di arenaria del suonanco.

Fissai i l ponte, sbalordito. E quindi mi sollevai al suo l ivello, o fuil ponte che si abbassb al mio. Improvvisamente mi accorsi di guar-dare un trave diritto di fronte a me. Era un trave immensamente lungo,stretto e senza ringhiere, ma largo abbastanza per camminarci sopra.

Don Juan mi scosse vigorosamente per il braccio. Sentii la testache mi si scuoteva su e git e quindi mi accorsi che gli occhi mi pru-devano teribilmente. Me li strofinai del tutto inconsciamente. Don Juancontinub a scuotermi fino a che li riaprii. Si versd dell'acoua dallazucca nel cavo della mano e mi soruzid la faccia. I.a sensazione fuquanto mai sgradevole, I 'acqua era cosi fredda che le gocce mi brucia-vano sulla pelle come tagli. Mi accorsi allora di avere il corpo moltocaldo. Avevo la febbre.

Don Juan mi fece bere in fretta un po' d'acqua e quindi mi spruzzborecchie e collo.

Sentii il grido di un uccello, fortissimo, misterioso e prolungato.Don Juan ascoltb attentamente per un istante e quindi spinse col piedei sassi del muro facendo crollare il tetto. Gettb il tetto nei cespuglie scaglib tutti i sassi, a uno a uno, giil per il fianco della montagna.

"Bevi un po'd'acqua e mastica la tua carne secca", mi sussurrball'orecchio. "Non possiamo rimanere pii qui. Quel grido non era diun uccello".

Scendemmo gii dal ciglione e ci mettemmo a camminare in dire-

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121 Una battaglia di potere

zione est. In pochi istanti fu cosi buio che mi pareva di avere unacortina davanti agli occhi, la nebbia era come una barriera impenetra-bile. Non mi ero reso conto di quanto fosse paralizzante \a nebbia dinotte e non riuscivo a immaginare come facesse don Juan a camminare;mi tenevo al suo braccio come un cieco.

Avevo, non so come, la sensazione di camminare sull 'orlo di unprecipizio. Le gambe si rifiutavano di muoversi. La mia ragione sifidava di don Juan e razionalmente volevo camminare, ma il mio corpono, e don Juan dovette trascinarmi nel buio totale.

Doveva conoscere il terreno alla perfezione. A un certo punto sifetmd e mi fece sedere, ma non osai lasciar andare il suo braccio. Ilmio corpo sentiva, oltre ogni ombra di dubbio, di essere seduto suuna nuda montagna a forma di cupola e che se mi muovevo di uncentimetro a desua avrei perso irrimediabilmente I 'equil ibrio precipi-tando in un abisso. Ero assolutamente cefto di essere seduto sul fiancocutvo di una montagna, perch6 il mio corpo si muoveva inconsciamenteverso destra. Pensai che si rnuovesse a quel modo Der mantenere lasua verticalit), percib cercai di compenmr. i l movimento appoggian-domi a sinistra contro don Juan, pii che potevo.

Don Juan si scansd da me imptovvisamente e senza il sostegno delsuo corpo caddi al suolo. Quando toccai terra rittovai il mio senso del-I 'equil ibrio: ero steso su un terreno pianeggiante. Incominciai a esplo-rare a tastoni cid che mi circondava, riconobbi foglie secche e ramo-scell i.

Improvvisamente un lampo il lumind tutta la zona, seguito da untremendo tuono. Vidi don .Juan seduto alla mia sinistra, vidi degliimmensi alberi e una grotta a pochi passi dietro di lui.

Don Juan mi disse di entrare nella caviti. Srisciai dentro e mi misia sedere con la schiena confto la roccia.

Sentii don Juan piegarsi verso di me e sussurrarmi che dovevo ri-manere in perfetto silenzio.

Ci furono tre lampi, uno dopo I'altro; al loro bagliore vidi donJuan seduto alla mia sinistra con le gambe incrociate. La grotta erauna formazione concava abbastanza grande da contenere due o tre per-sone sedute. sembrava che il buco iosse stato scavato alla base di- unmacigno. Capii che avevo fatto veramente bene a strisciarci dentro,perch6 se avessi camminato avrei urtato la testa nella roccia.

Il bagliore dei lampi mi diede un'idea di quanto fosse spesso ilbanco di nebbia. Notai i tronchi di alberi enormi stasliarsi oscuri con-tro la massa opaca e grigio chiaro della nebbia

Don Juan mi sussurrb che la nebbia e i lampi facevano lega tra loroe dovevo accingermi a una veglia sl)ossante, pcrch6 ero impegnato in

Una battaglia di potere 125

rLna battaglia di potere. In quel momento un lampo stupendo rese fan-tasmagorica tutta la scena. La nebbia era come un filtro bianco checongelava la luce della scarica elettrica e la diffondeva uniformemente;era come una densa sostanza biancastra sospesa tra gli alti alberi, maproprio davanti a me, al livello del terreno, la nebbia si assottigliava.Distinsi facilmente gli aspetti del terreno. Eravamo in una pineta, cir-condati da alberi altissimi, cosl alti che avrei potuto giurare che fosserosequoie se non avessi saputo in che regione eravamo.

Ci fu una scarica di lampi che durd alcuni minuti. Ogni lampo mifaceva distinguere meglio gli aspetti della zona che gii avevo osser-vato. Proprio davanti a me vidi un sentiero chiaramente tracciato, privodi vegetaiione. Sembrava sfociare in una zona senz^ alberi.

Ci furono tanti lampi che non potei distinguere da dove venis-sero. La scena, perb, si era illuminata cosi profusamente che mi sentiimolto piil a mio agio. Le mie paure e incertezze erano svanite nonappena ci fu abbastanza luce da sollevare la pesante cortina di tenebre.Percid, quando ci fu una lunga pausa tra un lampo e I'altro non fuipiL disorientato dal buio che mi circondava.

Don Juan mi sussurrb che probabilmente avevo osservato abba-stanza, e che dovevo concentrare la mia attenzione sul rumore deltuono. Con mio stupore mi accorsi che non avevo affatto prestatoattenzione al tuono, sebbene fosse stato davvero tremendo. Don Juanaggiunse che dovevo seguirne il suono e guardare nella direzione dacui pensavo che provenisse.

Non ci furono piil .scariche di lampi e tuoni, ma solo sporadicibalenii di luce intensa e frasori. II tuono sembrava venire semore dallamia destra. La nebbia si soilevava e io, ormai abituato all'oscuriti neracome la pece, potevo distinguere masse di vegetazione. I lampi e i tuonicontinuarono e improvvisamente tutto il lato destro si apri e poteivedere il cielo.

La tempesta elettrica sembrava soostarsi verso la mia destra. Ci fuun altro lampo e vidi una *orrtrnn" in Iontananz a alla mia desra. Laluce del lampo illumind lo sfondo', facendo stagliare Ia massa comparradella montagna. Vidi degli alberi sulla cima; sembravano nitidi ritaglineri sovrapposti al cielo di un bianco brillante. Vidi anche dei cumulidi nuvole sulle montagne.

Intorno a noi la nebbia si era diradata completamente. Soffiava unvento costante e potevo udire lo stormire delle foglie tra i grandi alberialla mia sinisra. La tempesta elettrica era troppo lontana per illumi-nare gli alberi, ma se ne potevano distinguere le masse scure. Tuttaviala luce del temporale mi permise di stabilire che alla mia destra c'erauna catena di montagne in lontananza e che la foresta era limitata al

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126 Una battaglia di potere

lato sinistro. Mi sembrava di guardare in giir verso una valle oscura,che non potevo vedere afratto. Il piano su cui infuriava la tempestaelettrica era sul lato opposto della valle.

Quindi incomincid a piovere. Mi spinsi piil che potei contro Ierocce. Il cappello mi proteggeva bene, ero seduto con le ginocchiastrette contro il petto e mi bagnavo solamente le caviglie e le scarpe.

Piovve a lungo. La pioggia era tiepida, me la sentivo scorrere suipiedi. Poi mi addotmentai.

Fui risvegliato dal canto degli uccelli. Mi guardai intorno cercandodon Juan: non c'era. Ordinariamente mi sarei domandato se mi avesselasciato li solo, ma I'ambiente che mi circondava mi diede Lrna scossache quasi mi paralizzd.

Mi alzai in piedi. Avevo le gambe bagnate fradice, la tesa del miocappello era umida e conteneva ancora un po' d'acqua che mi piovveaddosso. Non ero afratto in una grotta, ma sotto a dei fitti cespugli.Ebbi un momento di confusione senza oari. Mi trovavo in un terrenopianeggiante tra due piccole colline .op.rt. di cespugli. Non c'eranoalberi alla mia sinistra n6 una valle alla mia destra. Proorio davanti ame, dove avevo visto il sentiero nella foresta, .rer..ua un cespugliogigantesco.

Mi rifiutavo di credere ai miei occhi. L'incongruenza delle miedue versioni della realti mi fece cercare disperatamente una spiega-zione qualsiasi. Mi venne in mente che era possibilissimo che don Juanmi avesse trasportato sulle spalle in un altro posto senza svegliarmi.

Esaminai il punto in cui avevo dormito. Il terreno sotto di me eraasciutto, come pure nel punto vicino, dove era stato don Juan.

Chiamai don Juan un paio di volte e in preda all'angoscia urlai ilsuo nome piil forte che potei. Don Juan sbucb dai cespugli e imme-diatamente capii che sapeva quello che stava accadendo. Il suo sorrisoera cos] malizioso che finii per sorridere anch'io.

Non volli perder tempo a scherzare con lui e gli dissi senza indugioquello che mi succedeva. Gli spiegai pii accuratamente possibile tuttii dettagli delle mie allucinazioni della notte precedente. Don Juan miascoltb senza interrompetmi, tuttavia non riusci a mantenere un'espres-sione seria e scoppid due volte a ridere, ma recuperb immediatamenteIa sua compostezza,

Due o tre volte gli chiesi i suoi commenti; ma si limitb a scuoterela testa come se tutta la faccenda fosse incomprensibile anche per lui.

Quando ebbi concluso il mio resoconto mi guardb e disse: "Haiun aspetto orribile. Forse hai bisogno di andare dietro ai cespugli"'

Una battaglia di potere I27

Ridacchib per un istante e quindi aggiunse che avrei dovuto to-gliermi i vestiti e strizzarli per farli asciugare.

La luce del sole era brillante, c'erano pochissime nuvole, era unagiornata ventosa e fizzante.

Don Juan si allontanb, dicendo che sarebbe andato a raccoglierecerte piante e che io dovevo ricompormi e mangiare qualcosa e nonchiamarlo finchd non mi fossi sentito calmo e forre. ..

Avevo i vestiti letteralmente fradici e mi misi a sedere al sole -per asciugarmi. Sentivo che I'unico modo per rilassarmi sarebbe statotirar fuori il mio taccuino e scrivere. Mentre lavoravo ai miei appuntimangiai qualcosa.

Dopo un paio d'ore mi sentii piil rilassato e chiamai don |uan.Mi rispose da un punto vicino alla cima della montagna e mi disse diraccogliere le zucche e salire a raggiungerlo. Quando arcivai lo trovaiseduto su un sasso levigato. Apri le zucche e si servl di cibo. Mi porsedue grossi pezzi di carne.

Non sapevo da che parte incominciare: le cose che volevo chiedereerano tante. Don Juan sembrd aver capito il mio stato d'animo e risedi vero piacere.

"Come ti senti?", chiese.in tono faceto.Non volli dire nulla. Ero ancora turbato.Don Juan mi esortb a sedere sulla lastra di pietra levigata. Disse ,

che la pietra era un oggetto di potere e che se vi restavo seduto perun po' mi sarei sentito rigenerato.

"Siediti". mi ordinb seccamente.Non sorrideva. I suoi occhi erano penetranti. Automaticamente mi

misi a sedere.Disse che agivo con trascutatezza verso il potere con il mio com-

portamento tero, e che dovevo smetterla alrimenti il potere si sarebberivoltato contro di noi e non saremmo mai usciti vivi da quelle collinedesolate.

Dopo un momento di pausa mi chiese in tono casuale: "Come vail tuo sognare?".

Gli spiegai quanto mi fosse diventato dificile comandarmi di guar-darmi le mani. Da principio era stato relativamente facile, forse a causadella novit) del concetto. Rammentarmi di suardarmi le mani non miaveva dato nessun problema, ma l'eccitazione mi aveva esaurito e certenotti non avevo Dotuto farlo.

"Quando dormi devi portare una fascia intorno alla testa", midisse. "Quello della fascia b un ottimo espediente. Io non te la possodare, perchd te ne devi fare una da solo senza aiuto. Ma non te la puoifare finch€ non ne hai avuto la visione sognando. Capito? La fiscia

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128 Una battaglia di potere

deve essere fattain base a una specifica visione, e deve avere un nastroche.la tenga ben stretta sulla cima della testa, oppure pub essere comeun berretto da notte. Sognare ts pit facile qrr^nio si ha in testa unoggetto di potere. Dovresti metterti il cappeilo o un cappuccio, comeun frate, e andare a dormire; ma queste cose ti pro..tr.r"tt.ro soltantosogni intensi, non ti procurerebbero il sognare". F

Rimase in silenzio- per u,n momento, q"indi prese a raccontarmi,con un. fuoco di fila di parole, che la visione delia fascia poteva pre-sentarsi non solo 'sognando' ma anche in stati di veglia e iome risul-tato di qualsiasi awenimento improvviso e privo di iiferimento, comeosservare il volo degli uccelli, i movimenti dell'acqua, le nuvole ecosi via.

"IJn cacciatore di potere osserva tutto", prosegui.,,E tutto glifacconta qualche segreto".,. "Ma come si pud essere sicuri che Ie cose raccontino dei segreti?',,

chiesi.Pensavo che forse aveva una formula specifica che gli permetteva

di trarre interpretazioni'giuste'.. : ' I l solo modo pe.. i r . r . s icur i d seguire tur te le isruzioni che t iho dato, a partire dal primo giorno in cui sei venuto a trovarmi", disse."Per avere il potere si deve vivere con il pe1s1g".

Mi sorrise con benevolenza. Sembrava che avesse Derduto la suaasptezz^; mi diede anche un colpetto sul braccio.

"Mangia i l tuo cibo di poteie", mi esortd.Incominciai a masticare un po' di- carne secca e in quer momento

immaginai improvvisamente che forse la carne secca conreneva unasostanza psicotropa, da cui derivavano le mie allucinazioni. per unistante mi sentii sollevato. Se don Juan mi aveva messo qualcosa nellacarne, allora i miei .miraggi erano perfetramente compiensibili. Glichiesi di dirmi se nella 'caiie di potere' ci fosse qrut.oJu.-

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. Don. Juan ;c_oppid a ridere, ma non mi rispose direttamente. Insi_stei, assicurandolo che non ero arrabbiato . rl.'rn..ro infastidito, mache lo dovevo sapere per spiegare con mia soddisfazione !1i u"u."i-menti della

-notte_ precedente. cercai di persuaderro, ro brandii e allahne lo supplicai di dirmi la veriti.- "Sei proprio pazzo", mi disse finalmente scuotendo il caoo conun'espressione di incredulit). "Hai una tendenza ins-idiosa. i,irlrti

^cercar-.di spiegare tutto in modo di esserne soddisfatto. Nella-carnenon c'B nulla, tranne il potere. Il potere non c'b stato messo da me n6da nessuno ma dal potere stesso. E la carne secca di un cervo e quelcervo d stato un dono per,me, al modo stesso in cui un certo conilliolo d stato per te non ^molto tempo fr, N; tu n6 io abbiamo messo

Una battaglia di potere 129

nulla nel coniglio. Non ti ho detto di far seccare la carne di quel coni-glio perch6 per farlo ci voleva pii potere di quanto tu ne abbia, perbti ho detto di mangiarla; non ne hai mangiata molta per colpa dellatua stupidit i.

"Quello clie ti d successo la notte scorsa non b stato nd uno scherzon6 tlra burla. La nebbia, I'oscuriti, il lampo, il tuono e la pioggia face-vano tutti parte di una grande battaglia di potere. Hai avuto la clas-sica fortuna del principiante. Un guerriero avrebbe dato chissi cosaper una simile battaglia".

Sostenni che tutto I'episodio non poteva essere stato una battagliacli potere perch6 non era reale.

"E cose E reale?", mi chiese don Juan con molta calma."Questo, cib che stiamo guardando, d reale", dissi, additando cib

cl.re ci circondava."Ma lo era anche il ponte che hai visto la scorsa notte. e anche la

foresta e tutto i l resto"."Ma se erano reali dove sono ora?"."Sono qui. Se tu avessi abbastanza potere potresti farli tornare.

Adesso non puoi farlo perchd pensi che sia tanto utile continuare a dubi-tare e brontolare. Non serve a niente, amico mio, non serve a niente.Proprio qui di fronte a noi ci sono mondi su mondi, e non sono cosada ridere, niente affatto. Se la notte scorsa non ti tenevo per il braccioti mettevi a camminare su quel ponte, volente o no. E prima ho dovutoproteggerti dal vento che ti cercava".

"Che sarebbe successo se non mi aveste Drotetto?"."Il vento, siccome tu non hai abbastanra potere, ti avrebbe fatto

perdere la srada e forse ti avrebbe anche ucciso spingendoti in unprecipizio. Ma quello che contava la notte scorsa era la nebbia. Avrestipotuto attraversare il ponte fino all'aluo capo oppufe precipitare eammazzatti. Dal potere potevano dipendere enffambe le cose. Una,perb, sarebbe successa di sicuro: se non ti avessi protetto, avresti do.vuto camminare su quel ponte incurante di tutto. E guesta la naturadel potere. Come ti ho detto prima, ti comanda eppure b al tuo coman-do. Ieri notte, per esempio, il potere ti avrebbe costretto ad attraversareil ponte e poi sarebbe stato al tuo comando per sostenerti mentre cam-minavi. Ti ho fermato perchd sapevo che non hai i mezzi per usare ilpotere, e senza potere il ponte sarebbe crollato".

"Anche voi avete visto il ponte, don Juan?"."No io ho soltanto aisto potere. Potrebbe essere stato qualsiasi

cosa. Per te, questa volta, il potere era un ponte. Perch6 un ponte nonlo so. Siamo creature molto misteriose".

"Avete mai visto un ponte nella nebbia, don Juan?".

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1J0 Una battaglia di potere

"Mai. Ma non I'ho visto perch6 non sono come te; ho visto altrecose, le mie battaglie di potere sono molto diverse dalle tue".

"Cosa avete visto, don Juan? Potete dirmelo?"."Ho visto i miei nemici durante la mia prima battaglia di potere

nella nebbia. Tu non hai nemici, tu non odi la gente. Io la odiavo aquel tempo, mi abbandonavo all'odio per la gente; ora non 1o facciopii. Ho vinto il mio odio, ma a quel tempo il mio odio mi avevaquasi distrutto.

"La tuabattaglia di potere, invece, e srata limpida; non ti ha con-sumato. Ti stai consumando ora con i tuoi stupidi dubbi e pensieri.E questo il tuo modo di abbandonafti

^ te stesso.

"La nebbia A stata impeccabile con te, tu hai un'afEnit) con lei. Tiha dato un ponte stupendo e quel ponte sari nella nebbia d'ora in poi,si riveler) a te moltissime volte, finchd un giorno lo dovrai atra-versare.

, "Da oggi in poi ti raccomando vivamente di non andare in giro dasolo nelle zone nebbiose, finch€ non saprai quello che fai.. "Il potere B una fa'ccenda molto strana; per averlo e comandarlobisogna avere innanzitutto il potere. E perb possibile immagazzinarlo,a poco a poco, finchd se ne ha a sufficienza per sostenersi in una bat-taglia di potere".

"Cos'B una battaglia di potere?"._ "Quello che ti d successo la notte scorsa era I'inizio di una battaglia

di potere. Le scene che hai contemplato erano la sede del pot.re. Urtgiorno avranno senso per te; quelle scene sono molto significative".

"Potete dirmi voi il loro significato, don Juan?"."No- Quelle scene sono una tua cohquista personale che non puoi

condividere con nessuno. Ma quello che E succisso la notte scorsa erasolo I'inizio,, una scaramuccia. La vera battaglia avverr) quando atffa-verserai quel ponte. Che c'B dall'altra parte? Solo tu lo

-saprai. E tu

solo saprai cosa c'b alla fine di quel sentiero attraverso la foresta. Matutto questo E qualcosa che pub accaderti o no. Per viaggiare per queisentieri e ponti sconosciuti bisogna avere abbaganza potere ploprio".

"Che succede se non si ha a6bast"nz" pot.r.} "."La morte b sempre in agguato, e quando'il potere del guerriero

svanisce la morte non fa altro che prenderlo. Percib, avventuiarsi nel-I'ignoto senza avere nessun potere bltupido: si incontra solo la morte".

Non lo stavo ad ascoltare veramenta. Continuavo a trastullarmi conI'idea che potesse essere stata la carne secca a causarmi le allucinazioni.e quel pensiero mi tranquillizzava.

"Non sforzarti la mente a cercare di immaginarlo", disse don Juancome se mi avesse letto nei pensieri. "Il mondo d un mistero. euesto,

Una battaglia di potere l3L

r hc stai guardando, non b tutto quello che c'8. Nel mondo c'B molto.li piir, tanto di piil, in efietti, che b senza ffne. Percid, quando cerchi.li immaginarlo, tutto quello che fai in realt) d cercare di rendertil,rmiliare il mondo. Tu e io siamo proprio qui, nel mondo che chiamilcrrle, semplicemente perch6 tutti e due lo conosciamo. Tu non conosciil rnondo del potete, quindi non te ne puoi fare una scena familiare".

"Sapete benissimo che non posso discutere con voi", dissi. "Ma(()munque la mia mente non lo pud accettare".

Don Juan rise e mi toccb lievemente sul capo."Sei veramente pazzo", disse, "Ma non a'b niente di strano, so

(lrranto sia dificile vivere come un guerriero. Se avessi seguito le mieistruzioni e compiuto tutti gli atti che ti ho insegnato, avfesti ormai,rlrbastanza potere per attraversare quel ponte. .Lbbastanza potere pert'cdere e per f ermare il mondo" .

"Ma perchd dovrei volere il potere, don Juan?"."Ora non puoi immaginare una ragione. Quando avrai immagazzi-

r)ato potere a sufficienza, perb, il potere stesso.ti mostrer) una buonalirgione. Sembra folle, non B vero?".

"Perch6 neanche voi volevate il potere, don Juan?"."Io sono come te; non lo volevo, non riuscivo a trovare una ragione

1'cr averlo. Avevo tutti i dubbi che hai tu e non seguivo mai le istru-zioni che ricevevo, o non pensavo mai di averlo fatto; eppure, a dispetto,lella mia stupidit) ho accumulato abbastanza potere, e un giorno ilrnio potere personale ha fatto crollare il mondo".

"Ma perchd si dovrebbe desiderare di lermare il mondo?"."Nessuno lo desidera, questo b il punto. Capita soltanto. E una

volta che sai cosa sia lermare il mondo, capirai che c'b una ragione.Vedi, una delle arti del guerriero consiste nel far crollare il mondo perrrna ragione specifica e quindi ricondurlo all'ordine, per continuare avivere ".

Gli dissi che forse il modo pii sicuro per aiutarmi sarebbe stato.larmi un esempio di una specifica ragione per far crollare il mondo.

Don Juan rimase itf silenzio, sembrava pensasse cosa dire."Non posso", disse alla fine. "Ci vuole troppo potere per saperlo.

Un giorno vivrai come un guerriero, a dispetto di te stesso; allora forse:rvrai immagazzinato abbastanza potere personale per rispondere dasolo a questa domanda.

"Ti ho insegnato quasi tutto quello che un guerriero deve sapereper incominciare nel mondo, accumulando il potere da solo. Tuttaviaso che non 1o puoi fare e devo essere paziente con te. So per certo checi vuole una battaglia di tutta una vita per trovarsi da soli nel mondorlel Dotere ".

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132 Una battaglia di Potere

Don Juan guardb il cielo e le montagne. Il sole stava- gii scendendoverso ovist e sulle montagne si formavano nuvole piene di pioggia' NonsaDevo che ora fosse: avevo dimenticato di caricare I'orologio. Chiesia ion Juan se sapeva I'ora, causandogli un tale attacco di risate da farloscivolare gii dal sasso nei cespugli.

Quindl si alzb in piedi e distese le braccia, sbadigliando'"E presto", disse. "Dobbiamo aspettare finchd la nebbia si racco-

gliet) sulla cima della montagna e allora dovrai rimanere da solo suquesta lastra di pietra e tingraziate la nebbia dei suoi favori. Lasciache venga e che ti avvolga. Io ti sarb vicino per assisterti, se neces-sario ",

La prospettiva di rimanere solo nella nebbia mi terrorizzava. Misentivo idiota a reagire in quel modo irrazionale.

"Non puoi lasciare queste montagne desolate senza fare i tuoi rin-gtaziamenti", disse don Juan in tono fermo. "Un guerriero non voltamai le spalle al potere senza aver ringraziato per i favori ricevuti".Si stese sulla schiena con le mani dietro alla tcsta e si copri la facciacol cappello.

"Come devo aspettare l 'arrivo della nebbia?", chiesi. "Che devofare? " .

"scrivi!", mi rispose attraverso i l cappello. "Ma non chiudere gliocchi e non voltare la schiena".

Cercai di scrivere ma non riuscivo a concentrarmi. Mi alzai in piedie incominciai a muovermi con irrequietezza. Don Juan sollevb il cap-pello e mi guardb con aria seccata.

"Siediti!", mi ordinb.Disse che la battaglia di potere non era ancora finita e che dovevo

insegnare al mio spirito a essere impassibile. Nulla doveva tradire imiei sentimenti, a meno che non volessi rimanere intrappolato inquelle montagne.

Si mise a sedere e scosse il capo con un gesto di ur€{enza. Disse chedovevo agire come se nulla fosse fuori dell'ordinario, perchd i luoghidi potere come quello potevano svuotare le persone turbate e quindisi potevano sviluppare legami strani e pericolosi con una localit).

"Questi legami ancorano un uomo a un luogo di potere, qualchevolta per tutta la vita", disse. "E questo non d i l posto per te; non Iohai trovato da solo, percid stringiti la cintura e non ti perdere i pan-taloni ".

I suoi ammonimenti'agirono come un incantesimo. Scrissi per oresenza interruzione.

Don Juan si rimise a dormite; quando la nebbia fu lontana circaun centinaio di metri, scendendo dalla cima della montagna, si sveglib,

Una battaglia di potere D)

si alzb in piedi ed esamind i dintorni. Io guardai in giro senza muoverelrr schiena. La nebbia aveva gi) invaso la pianura scendendo dalle mon-tagne alla mia destra. Alla mia sinistra la scena era limpida; il vento,tuttavia, sembrava soffiare dalla mia desra e sospingere la nebbia nellalrianura come per circondarci.

Don Juan mormord che dovevo rimanere impassibile, restare dovecro senza chiudere gli occhi, e non voltarmi finch6 la nebbia non miirvesse circondato completamente; solo allora era possibile incominciarela nostra discesa.

Si nascose ai piedi di alcune rocce a poco pii di un metro dietrotl i me.

Il silenzio in quelle montagne era qualcosa di magnifico e nellostesso tempo incuteva timore. Il lieve vento che sospingeva la nebbiami dava la sensazione che la nebbia stessa mi fischiasse nelle orecchie.Grossi banchi scendevano come masse solide di materia bianchiccia cherotolava su di me. Fiutai la nebbia, aveva un odore particolare, unmiscuglio di profumo pungente e fragrante. E quindi ne fui avvolto.

Ebbi a un tratto I'impressione che la nebbia agisse sulle mie pal-pebre. Me le sentivo pesanti e volli chiudere gli occhi. Avevo freddo.La gola mi prudeva e volevo tossire, ma non osai. Spinsi il mento insu e stesi il collo per dar sollievo alla gola e mentfe guardavo in altoebbi la sensazione di poter veramenre vedere lo spessore del banco dinebbia. Sembrava che i miei occhi potessero valutarne lo spessore pas-sandoci attraverso. Gli occhi incominciarono a chiudermisi e non riu-scivo a scacciare il desiderio di dormire. Sentivo che stavo oer crollareal suolo. In quell ' istante don Juan balzd su, mi afferrb Ie braccia e miscosse. I l sussulto bastd a rendermi la mia lucidit).

Don Juan mi mormorb all'orecchio che dovevo correre verso lapianura pid forte che potevo. Lui sarebbe venuto dietro di me perch6non voleva farsi schiacciare dai sassi che avrei potuto far'precipitare.Disse che il capo ero io, perchd era la mia battaglia di potere, e chedovevo essere lucido e abbandonato per guidarci in salvo fuori di 11.

"Cosi d", disse con voce forte. "Se non hai lo stato d'animo delguerriero, non lascerai mai la nebbia".

F,sitai per un momento. Non ,:r.o sicuro di poter trovare la via chescendeva da quelle montagne.

"Corri, coniglio, corri!", gridb don Juan sospingendomi dolcementegii per il pendio.

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13

L'ultima danza del guerriero

Domenica 28 gennaio, 7962

Verso le dieci di mattina don Juan entrb in casa. Era uscito all'alba.Lo salutai. Ridacchib, mi strinse la mano con fare clownesco e ricambibcerimoniosamente il mio saluto.

"Faremo un viaggetto", disse. "Ci porterai con la macchina in unposto specialissimo in cerca del potere".

Tirb fuori due sporte di rete e in ciascuna mise due zucche pienedi cibo, le legb con una cordicella e mi porse una delle due.

Corremmo senza fretta verso nord per circa quattrocento miglia,quindi abbandonammo la Pan American Higbuay e prendemmo unastrada sassosa che andava verso ovest. Sembrava che la mia macchinafosse la sola su per quella strada. Mentre continuavo a guidare miaccorsi di non tiuscire a vedere attraverso il panbtezza. Mi sforzaidisperatamente di guardarmi intotno, ma era troppo buio e il pata-brezza era ricoperto di insetti spiaccicati e di polvere.

Dissi a don Juan che mi dovevo fermare per pulire il parabrezza,ma lui mi ordinb di continuare a guidare anche a costo di strisciare adue miglia all'ora sporgendo la testa dal finestrino per vedere davantia me. Disse che non Dotevamo fermatci finchd non fossimo siunti adestinazione

A un certo momento mi fece voltare a destra. Era cosi buio e c'eratanta polvere che anche i fari non servivano a molto. Abbandonai lastrada con molta trepidazione, avevo paura di rimanere impantanaro;ma il terreno era compatto.

Guidai per un centinaio di meri alla minima velociti possibile,tenendo aperto lo sportello per guardare fuori. Alla fine don Juan midisse di fermare. Disse che dovevo parcheggiarmi proprio dietro a unaenorme roccia che avrebbe nascosto la macchina alla vista.

Scesi dalla macchina e feci un giro intorno alla luce dei fari. Volevoesaminare i dintorni perch6 non avevo idea di dove fossimo, ma don

L'ultima danza del guetriero Bj

Juan spense i fari. Disse a voce alta che non c'era tempo da perdere,che dovevo chiudere la macchina cosi che potessimo avviarci.

Mi porse la mia rete con le zucche. C'era una tale oscurid cheinciampai e quasi le lasciai cadere. fn tono dolce don Juan mi ordinddi mettermi a sedere fino a che gli occhi non mi si abituavano all'oscu-rit). Ma il problema non erano gli occhi: una volta uscito dalla mac-china potevo vedere abbastanza bene, quello che non andava era unostrano nervosismo che mi faceva agire come se fossi stato lontano conla mente. Toglievo importanza a tutto.

"Dove andiamo? ", chiesi." Cammineremo nel buio completo per arrivare a un posto spe-

ciale", mi rispose."Perch€? "."Per scoprire con certezza se sei capace o no di continuare a cac-

ciare i l potere".Gli chiesi se quello che proponevaera un esame, e se fallivo I'esame

se avrebbe ancora parlato con me della sua conoscenza.Mi ascoltb senza interrompermi. Disse che quello che facevamo

non era un esame, che aspettavamo un presagio, e se il presagio nonveniva la conclusione sarebbe stata che non ero riuscito a dare la cacciaal potere, nel qual caso sarei stato libero da qualsiasi ulteriore impo-sizione, libero di essere stupido quanto volevo. Disse che qualunquecosa mi fosse successa, lui era sempfe mio amico e avrebbe sempfeparlato con me.

Sapevo in qualche modo che avrei fallito."Il presagio non arriveri", dissi in tono scherzoso. "Lo so. Ho un

po' d i potere".Don Juan rise e mi diede un colpetto sulla spalla."Non preoccuparti", ribatt6. "Il presagio aniveri. Lo so. Ho pii

potere di te".Trovd divertente la sua stessa afiermazione. Si battd sulle cosce.

batt6 le mani e rise rumorosamente.Poi mi legb la rete sulla schiena e mi disse di camminare a un passo

di distanza da lui, seguendo il pii possibile le sue orme."Questa t una camminata per i l potere", mi sussurrb in tono molto

drammatico. "Percib tutto conta".Disse che se camminavo sulle orme dei suoi passi il potere che lui

dissipava mentre camminava si sarebbe trasmesso a me.Guardai I'orologio: erano le undici di sera.Don Juan mi fece mettere sull'attenti come un soldato. Poi mi

spinse in avanti la gamba destra e mi fece rimanere come se avessiappena fatto un passo avanti. Si mise davanti a me nella stessa posi-

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D6 L'ultima dan:a del guerriero

zione e guindi incomincib a camminare, dopo avermi ripetuto di cercardi calcare le sue orme alla pefiezione. In un bisbiglio, ma molto chiara-mente, disse che dovevo curarmi esclusivamente di camminare sui suoipassi. Non dovevo guardare avanti nd di lato, ma il terreno su cui cam-mlnavo.

Parti di un passo molto rilassato e non facevo nessuna fatica atenergli dietro; camminavamo su un terreno relativamente duro. Percirca ffenta metri mantenni il suo ritmo e mi attenni alla perfezionea-i suoi passi; poi guardai di lato per un istante e subito dopo mi accorsidi aver urtato contro di lui.

T)on Juan ridacchid e mi assicurb che non gli avevo fatto male allacaviglia con le mie grosse scarpe, ma se intendevo continuare in quelmodo stordito uno di noi due si sarebbe ritrovato zoppo la matrinadopo. Ridendo, a voce bassissima ma ferma, disse che- non intendevafarsi ferire_per,colpa della mia stupiditi e m^nc^nza di concentrazione,e che se gli calpestavo ancora una volta il calcagno avrei dovuto car.r-minare scalzo.

"Non posso camminare sca7zo", dissi a voce alta e stridula._ Dol Juan si piegd in due per le risate e dovemmo aspettare chefinisse di ridere.

Mi assicurd ancora una volta che parlava sul serio. Eravamo allaricerca del potere e le cose dovevano essere perfette.

La_prospettiva di camminare nel deserto senza scarpe mi spaventavaincredibilmente. Don Juan mi prese in giro dicendo che probabilmentela mia era una famiglia di quei contadini che non si levano le scarpenemmeno per andare a letto. Naturalmente aveva ragione. Non avevomai camminato scalzo e camminare nel deserto ,.nr-u ,.arD. mi sem-brava un suicidio.

"Il deserto trasuda potere", mi mormord don Juan all 'orecchio."Non c'b tempo pef essere paurosi".

- Ripartimmo. Don Juan manteneva un ritmo agevole. Dopo un pocomi accorsi che avevamo abbandonato il terreno dr-rro e camminavamosulla sabbia soffice. I piedi di don Juan ci aflondavano dentro lasciandotracce profonde.

Camminammo per ore prima che don Juan si fermasse. Non si ame-std improvvisamente ma mi avverti in anticipo che ci saremmo fermati,per evitare che inciampassi in lui. I l terreno era ridiventaro duro esembrava che salissimo su Der un declivio., Don |uan mi disse che i" arr.uo bisogno di andare diero ai cespugli

dovevo farlo, perch6 da quel momento in poi ci aspettava un'unicatirata senza pause. Guardai I'orologio: era l'una di notte.

Dopo dieci o quindici minuti di riposo don Juan mi fece rimettere

L'ultima danza del guerriero B7

in posizione e riprendemmo il cammino. Aveva ragione, era una tiratatcrribile, non avevo mai fatto nulla che richiedesse tanta concentra-zione; il ritmo era cosl rapido e la tensione che mi veniva dal sorve-gliare ogni passo crebbe a tal punto che a un certo momento persi lasensazione di camminare. Non mi potevo sentire i piedi n6 le gambe,era come se camminassi sull'aria e una fona mi sospingesse semprerrvanti. La mia concentrazione era stata cosi totale da non farmi accor-gere del graduale cambiamento di luce e all'improwiso mi resi contodi poter vedere don Juan davanti a me: potevo vedere i suoi piedic le sue impronte invece di indovinarli a met) come avevo fatto perquasi tutta la notte.

A un certo momento don Juan balzb inaspettatamente di lato, e iocontinuai ad avanzare ancora per una ventina di metri trasportato dalloslancio. Quando mi arrestai le gambe mi si indebolirono e presero atremare finchd crollai a terra.

Guardai in alto: don Juan mi esaminava con calma, non sembravastanco. Io resoiravo affannosamente ed ero madido di sudore freddo.

Mi fece roteare su me stesso tirandomi per un braccio. Disse chese volevo recuDerare le fotze dovevo stendermi col caoo rivolto a est.A poco r po.o mi rilassai e riposai il mio corpo doloiante e alla fineebbi suficiente energia per alzatmi in piedi. Volli guardare I'orolo-gio ma don Juan me lo impedl mettendomi una mano sul polso. Mifece girare molto dolcemente in modo che fossi rivolto verso est edisse che non c'era nessun bisogno del mio dannato orologio, che era-vamo in un momento magico e che avremmo scoperto definitivamentese ero capace o no di perseguire il potere.

Mi guardai intorno. Eravamo sulla cima di un'enorme collina. Volliclirigermi verso qualcosa che sembrava una sporgenza o una fendituranella roccia, ma don Juan mi trattenne con un balzo.

Mi ordinir imperiosamente di rimanere dove ero caduto finch6 ilsole non fosse uscito da dietro alcune vette oscure a poca distanzada noi.

Indicd vefso est e attirb la mia attenzione su un pesante bancodi nuvole sull'orizzonte. Disse che sarebbe stato un buon presagio se ilvento avesse spazz^to via le nuvole in tempo perch6 i primi raggi delsole colpissero il mio corpo sulla collina.

Mi disse di rimanere immobile con la gamba destra in avanti, comese camminassi, e non guardare direttamente \'otizzonte ma guardaresenza mettere a fuoco.

Le gambe mi diventarono molto rigide e i polpacci mi dolevano.Era una posizione tormentosa e i muscoli mi facevano troppo male persostenermi. Tenni duro finchd mi fu possibile ma eto sul punto di crol-

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118 L'ultima danza del guerriero

lare. Le gambe mi tremavano incontrollabilmente quando don Juaninterruppe tutto aiutandomi a sedere.

I banchi di nuvole non si erano mossi e non avevamo visto il solesorgere sull'orizzonte.

I1 solo commento di don Juan fu: "Molto male".Non volli chiedere subito quale fosse la vera implicazione del mio

fallimento, ma, conoscendo don Juan, ero sicuro che avrebbe seguitoil verdetto dei suoi ptesagi; e quella mattina presagi non ce n'eranostati. Il dolore mi svani dai polpacci e sentii un'ondata di benessere.Mi misi a trotterellare per sciogliermi i muscoli. Don Juan mi dissemolto dolcemente di comere su una collina adiacente, raccogliere lefoglie di uno specifico cespuglio e strofinarmici 1e gambe per alleviareil dolore muscolare.

Dal punto in cui ero potevo vedere benissimo un grande cespuglioverde lussureggiante le cui foglie sembravano molto umide. Le avevousate altre volte prima di allora; non mi era mai parso che mi avesseroaiutato ma don Juan aveva sempre sostenuto che I'efietto delle pianteveramente amichevoli era cosi sottile che difficilmente lo si poteva no-tare, tuttavia producevano sempre i risultati voluti.

Corsi gii dalla collina e salii sull'altra. Quando raggiunsi la cimami accorsi che lo sforzo mi era stato quasi eccessivo. Faticavo a ripren-dere fiato e avevo 1o stomaco sottosopra. Mi afflosciai e poi mi tannic-chiai un momento finch6 mi sentii rilassato. Quindi mi alzai in piedie mi accinsi a cogliere le foglie che mi aveva detto don Juan, ma nonriuscii a trovare il cespuglio. Mi guardai intorno; ero sicuro di esserenel posto giusto, ma in quel punto della collina non c'era nulla cherassomigliasse anche vagamente a quella particolare pianta. Eppure ilpunto in cui I'avevo vista doveva essere quello. Qualsiasi altro postosarebbe stato fuori portata per chiunque guardasse da dove ero statoprima con don Juan.

Abbandonai la ricerca e ritornai sull'altra collina. Don Juan sorrisecon benevolenza mentre gli spiegavo il mio sbaglio.

"Perchd lo chiami uno sbaglio?", chiese."Owiamente i l cespuglio non c'b", dissi."Ma lo hai visto, non d vero?"."Pensavo di sl"."Cosa vedi ora in quel punto?"." Niente ".Non c'era vegetazione nel punto in cui avevo pensato di vedere la

pianta. Tentai di spiegare quel che avevo visto come una distorsionevisiva, una specie di miraggio. Prima mi ero sentito veramente spos-

L'ultima danza del guerriero 139

sato, e forse il mio esaurimento mi aveva fatto credere di vedere qual-cosa che mi aspettavo che ci fosse ma che non c'era assolutamente.

Don Juan ridacchid dolcemente e mi guardb per un breve istante."Non vedo nessuno sbaglio", disse. "La pianta b l) sulla cima di

quella coll ina".Ora toccava a me ridere. Scrutai con cura tutta la zona. Non potevo

vedere nessuna pianta del genere e quel che avevo provato era stato,per quanto potevo sapere, un'allucinazione.

Con molta calma don Tuan incomincid a discendere la collina e mifece segno di seguirlo. Ci arrampicammo insieme sulla cima dell'altracollina e ci fermammo esattamente dove avevo pensato di vedere ilcespuglio.

Ridacchiai, con I'assoluta certezza di avere ragione. Anche don Juanridacchid.

"Vai fino all'altra parte della collina", mi disse. "L) troverai lapianta ".

Eccepii che I'altra parte della collina era stata fuori del mio campovisivo, che avrebbe potuto benissimo esserci una pianta, ma questonon avrebbe significato nulla.

Don Juan mi fece segno di seguirlo con un movimento del capo.Gird intorno alla cima della collina invece di valicarla direttamente e sifermb in posa drammatica davanti a un cespuglio verde, senza guar-darlo.

Si voltb e guardd verso di me. La sua occhiata era stranamentepenetfante.- "Devono esserci centinaia di piante come questa qui intorno",i. .

c l lss l .Con molta pazienza don Juan discese I'altro fianco della collina; lo

seguii. Cercammo dovunque un cespuglio simile, ma non ne vedemmonessuno. Camminammo per circa un quarto di miglio prima di incon-trare un'altra Dianta.

Senza dire-una parola don Juan mi ricondusse alla cima della primacollina. Rimanemmo l) fermi per un momento e quindi mi guidd inun'altra escursione alla ricerca della pianta, ma in direzione opposta.Setacciammo la zona e uovammo altri due cespugli, lontano circa unmiglio. Erano cresciuti insieme e spiccavano come una macchia di verdericco e intenso, pit lussureggianti di tutti gli altri cespugli dei dintorni.

Don Juan mi guardb con un'espressione seria. Non sapevo cosaDensare.

"E un presagio molto strano", disse.Ritornammo sulla cima della prima collina compiendo un ampio

giro per raggiungerla da una nuova direzione. Sembrava che don Juan

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110 L'ultima danza del guerriero

avesse fatto quella digressione per mostrarmi che li intorno crescevanopochissime piante di quel tipo. Non ne incontrammo nessuna sullanostra strada. Quando fummo sulla cima della collina ci mertemmo asedere in completo silenzio. Don Juan sciolse le sue zucche.

"Dopo mangiato ti sentirai meglio", disse.Non riusciva a nascondere il suo divertimento. Aveva sul viso un

ghigno raggiante e intanto mi dava dei colpetti sul capo. Mi sentivodisorientato. I nuovi sviluppi mi turbavano, ma ero troppo afiamato estanco per meditarli veramente.

Dopo mangiato mi sentivo molto assonnato. Don Juan mi esortb acercare un posto per dormire sulla cima della collina dove avevo vistoil cespuglio, usando la tecnica del guardare senza mettere a fuoco.

Scelsi un posto; don Juan ripuli il terreno e traccib un cerchio delledimensioni del mio corpo. Strappb delicatamente alcuni rami freschi daicespugli e spazzd I'interno del cerchio. Fece solo il movimento di spaz-zare, non toccb realmente i l terreno coi rami. Poi tolse tutti i sassi dal-l ' interno del cerchio e l i mise nel centro, meticolosamente, dividendolisecondo la grandezza in due mucchi di uguale numero.

"Cosa fate con quei sassi?", chiesi ."Non sono sassi", disse. "Sono lacci. Terranno sospeso il tuo

posto " .Prese i sassi pii piccoli e con essi segnb la circonferenza del cer-

chio. Li spazib uniformemente e con I 'aiuto di un bastone assicurd ognisasso al terreno, come un muratore.

Non mi permise di entrare nel cerchio ma mi disse di camminareintorno e. osservare quello che faceva. Contd diciotto sassi, seguendouna olrezlone antlorana.

"Ora corri ai piedi della coll ina e aspetta", disse. "Io verrb a vederese stai sul posto giusto".

" Che farete ? " ."Ti lancerd tutti questi lacci", disse, indicando il mucchio di sassi

piil grossi. "E dovrai porli nel terreno nel punto che ti indicherd, nellostesso modo in cui ho posto gli alri.

"Devi fare infinitamente attenzione, quando si tratta col poterebisogna essere perfetti. Qui gli errori sono mortali, ognuno di questisassi d un laccio, un laccio che potebbe ucciderci se lo lasciaisimopendere libero; percid non puoi commettere errori. Devi fissare 1osguardo sul punto in cui getterb il laccio. Se ti lasci disrarre da unacosa qualsiasi, il laccio diventer) un comune sasso e non riuscirai adistinguerlo dalle altre rocce intorno".

Suggerii che sarebbe stato pir) facile se avessi trasportato gii i ' lacci'uno alla volta.

L'ultima danza del gucnicro l4l

Don Juan rise e scosse il capo negativamsnte."Questi sono lacci", insist6. "E devono essere lanciati da me e

rrrccolti da te".Ci vollero due ore per portare a compimento quello che aveva

<letto. Il grado di concentrazione necessario era tormentoso. Don Juanlni ricordd ogni volta di fare attenzione e concentrare lo sguardo. Avevaraeione, riconoscere un sasso specifico che scendeva roto-iando giU perla china, spostando altri sassi sul suo cammino, era davvero una cosada far impazzire.

Quando, completato il cerchio, risalii sulla cima della collina,l)ensavo di dover cadere morto. Don Juan aveva colto dei ramoscellie li aveva usati per ricoprire il cerchio. Mi porse Dn m zzetto di fogliedicendomi di mettermele nei pantaloni, contro la pelle della regioncombelicale. Disse che mi avrebbero tenuto caldo e che non avrei avutobisogno di coperta per dormire. Ruzzolai nel cerchio. I rami forma-vano un letto abbastanza soffice e mi addormentai istantaneamente.

Quando mi svegliai era pomeriggio inoltrato. C'era vento e si elanoradunate le nuvole, che sulle nostre teste formavano cumuli compatti,rna verso ovest erano lievi cirri; il sole splendeva

^ tr^tti sulla terra.

Dormire mi aveva rimesso a nuovo: mi sentivo rinvigorito e felice.Il vento non mi dava fastidio, non faceva freddo. Mi puntellai la testacon le braccia e mi guardai intorno. Non I'avevo notato prima ma lacima della collina era molto alta. La vista verso ovest ere impressio-nante, potevo vedere una vasta estensione di basse coll ine e quindi i ldeserto. Verso nord e est c'era una catena di montagne dai picchi mar-rone scuro, e verso sud si vedeva un'interminabile distesa di pianura ecolline e montagne aznJtre in lontananza.

Mi tirai su a sedere. Non riuscii a vedere don Juan da nessunaparte. Ebbi un improwiso attacco di paura, pensai che potesse avermilasciato l i solo, e non sapevo la strada per tornare all 'automobile. Miridistesi sullo strato di rami e, abbastanza sranamente, la mia appren-sione svani. Provai di nuovo un senso di quiete, uno squisito senso dibenessere. Era una sensazione estremamente nuova; sembrava che imiei pensieri fossero stati cancellati. Ero felice. Mi sentivo sano. Misentii riempire da una ranquilla effervescenza. Un dolce vento soffiavada ovest e mi accarezzava tutto il corpo senza farmi provare freddo.Me lo sentivo sulla faccia e intorno alle orecchie, come una dolce ondad'acqua calda che mi bagnava, poi recedeva e mi bagnava ancora. Eroin uno strano stato di essere, mai provato prima nella mia vita afr.ac-cendata e disorganizzata. fncominciai a piangere, non di tristezz^ oautocommiserazione ma di una eioia inefiabile, inesplicabile.

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142 L'ultirna d.anza del guerriero

Volevo timanere li per sempre e lo avrei fatto se don Juan nonfosse venuto a scrollarmi.

"Hai riposato abbastanza", disse tirandomi su.Con molta calma mi fece camminare intorno al perimetro della

collina. Camminavamo lentamente e in completo silenzio; don Juansembrava interessato a farmi ossetvare il paesaggio tutto intorno a noi.Mi indicava le nuvole e le montagne con un cenno degli occhi o delmento.

A quell'ora del tardo pomeriggio il paesaggio era stupendo. Evocavain me sentimenti di sgomento e disperazione. Mi ricordava visioni dellamia infanzia.

Salimmo fino al punto pit elevato della collina, un picco di rocciavulcanica, e ci sedemmo comodamente con la schiena appoggiata allaroccia, guardando a sud. L'interminabile distesa verso sud era vera-mente maestosa.

'Fissati tutto questo nella memoria", mi sussurrd all'orecchio donJuan. "Questo posto d tuo. Questa mattina hai uisto, e quello era i lpresagio. Hai trovato questo posto uedenlo. Il presagio era inaspettatoma c'A stato. Andrai in caccia del potere, che tu. Io voglia o no. Nond una decisione umana, nd tua nd mia.

"Ora, per meglio dire, questa collina d il tuo luogo, il tuo luogocaro; tutto cib che B qui intorno e sotto la tua cura. Devi badare atutto qui, e tutto a sua volta baderi a te".

Gli chiesi in tono scherzoso se era tutto mio. Mi rispose di si intono molto serio. Scoppiai a ridere e dissi che quello che facevamo miricordava la storia di come gli spagnoli che conquistarono il nuovomondo avevano diviso la terra in nome del loro re. Salivano sulla cimadi una montagna e si attribuivano tutta la terra che potevano vederein ogni specifica direzione.

"E una buona idea", disse don Juan. "Ti dard tutta la terra chepuoi vedere, non in una sola direzione ma tutto intorno a te".

Si alzd in piedi e indicb con la mano protesa, girando su se stessoper compiere un cerchio completo.

"Tutta questa terra b tua", disse.Scoppiai a ridere forte.Anche don Juan ridacchid e mi chiese: "Perch6 no? Perchd non ti

posso dare questa terra?"."Perch€ non b vostra", tisposi."E con cib? Non era neanche degli spagnoli, eppure la dividevano

e la distribuivano. Perch6 non ne potresti prendere possesso allo stessomodo? ".

Lo scrutai cercando di scoprire il suo vero umore diero al suo

L'ultima danza del guerriero 143

sosriso. Proruppe in uno scoppio di i larit) e quasi cadde dalla roccia."Tutta questa terfa, fin dove puoi vedere, E tua", riprese, sempre

ridendo. "Non da usare ma da ricordare. Questa collina, invece, b tuatla usare per il resto della tua vita. Te la do perch6 tu stesso I'haitrovata. E tua. Accettala".

Scoppiai a ridere, ma don Juan pareva molto serio. Se non fossestato per il suo sorriso, sembrava che credesse veramente di potermidare quella collina.

"Perch6 no?", chiese, come se mi leggesse nei pensieri."L'accetto", dissi tra il serio e il faceto.Il suo sorriso scomparve. Socchiuse gli occhi mentre mi guardava."Ogni roccia e sasso e cespuglio di questa collina, specialmente

sulla cima, a sotto la tua cura", disse. "Ogni verme che vive qui d tuoamico. Puoi usare tutto e tutto pub usare te".

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. I miei pensieri eranoinsolitamente confusi. Sentivo vagamente che il suo improvviso muta-mento di umore presagiva qualcosa per me, ma non ero spaventato n€apptensivo, semplicemente non volevo piil parlare. Mi sembrava, incerto qual modo, che le parole fossero imprecise e i significati dificilida fissare. Non avevo mai provato una sensazione simile per quel cheriguardava parlare, e quando mi resi conto del mio insolito stato d'ani-mo mi afirettai a dire qualcosa.

"Ma che ne posso fare di questa coll ina, don Juan?"."Fissatene nella memoria ogni aspetto. Questo b il luogo in cui

verrai sogttando. Questo b il luogo in cui incontrerai i poteri, in cuiun giorno ti si tiveleranno i segreti.

"Tu dai la caccid, al potere e questo ts il tuo luogo, il luogo in cuimetterai in serbo le tue risorse.

"Ora non ha significato per te. Percid lascia che per il momentosia una cosa senza senso".

Scendemmo dalla roccia e don Juan mi guidd a una piccola depres-sione a forma di conca sul lato ovest della collina. L) ci sedemmo amangiare.

Indubbiamente su quella collina c'era per me qualcosa di indescri-vibilmente piacevole. Mangiare, come riposare, era una squisita sensa-zione sconosciuta.

La luce del sole al ramonto aveva uno splendore ricco, quasi colordi rame, e tutta la zona circostante sembrava spalmata di una tintadorata. Mi immersi completamente nell'osservazione del paesaggio; nonvolevo nemmeno pensare.

Don Juan mi parl6 quasi in un bisbiglio. Mi disse di osservare ognidettaglio per quanto piccolo o apparentemente insignificante, e di osser-

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l'14 L'ultina danza del gucrricro

vare specialmente gli aspetti piil evidenti del paesaggio in direzioneovest. Disse che non dovevo mettere a fuoco la vista sul sole, ma guar-darlo finchd non fosse scomparso all'orizzonte.

Gli ult imi minuti di luce, immediatamente prima che il sole rag-giur-rgesse una cortina di nuvole basse o di nebbia, furono, in sensoassoluto, magnifici. Era come se il sole incendiasse la terra, accenden-dola come un fald. Sentivo sulla faccia una sensazione di rosso.

" Alzatit ", urld don Juan tirandomi su.Si scostd da me con un balzo e con voce imperiosa mi ordinb di

trotterellare sul oosto su cui ero.Mentre salteliavo incominciai a sentire un calore che mi invadeva

tutto i l corpo. Era un calore come di rame. Lo sentivo nel palato enella parte iuperiore degli occhi. Era come se la sommit) della testa mibruciasse di un fuoco freddo che irradiava un bagliore color rame.

Qualcosa in me mi fece saltellare sempre pii in fretta finchi i l soleincomincib a scomparire. A un certo momento mi senti i veramentecosi leggero da poter volare via. Don Juan mi af{errd saldamente ilpolso sinistro. La pressione della sua mano mi ricl iede un senso disobriet) e sangue freddo. Caddi pesantemente al suolo e don Juan sisedette accanto a me.

Dopo qualche minuto di riposo si alzd tranquillamente, mi diedeun colpetto sulla spalla e mi fece segno di seguirlo. Risalimmo sullacima della roccia vulcanica dove eravamo stati a sedere prima. La roc-cia ci proteggeva dal vento freddo. Don .Tuan ruppe il si lenzio.

"E stato un buon presagio", disse. "Che stranol E sr-rccesso allafine della giornata. Tu e io siamo cosi differenti. Tu sei piil una crea-tura della notte. Io preferisco la giovane luminositi del mattino. Opiuttosto d la luminositi del sole mattr-rt ino che mi cerca, nra si scansada te. D'altr^ p^tte, i l sole morente ti ha inondato. Le sue fiamme tihanno scottato senza bruciarti. Che srano! ".

"Perchd strano? ","Non I'ho mai visto succedete. I l presagio, quanCo c'B b sempre nel

campo del sole giovane"."Perch6 d cosl don Juan?"."Non b questo i l momento di parlarnc", mi risltose seccamente.

"La conoscenza b potere. Ci vuole molto tempo per domare abbastanzapotete cosi da poterne anche solo parlare".

Cercai di insistere, ma don Juan cambid bruscamente discorso. Michiese dei miei progressi nel 'sognare'.

Avevo incominiiato a sognare luoghi specifici, come la scuola e lecase di alcuni amici.

L'ultima danza del guerriero lqj

"Eri in quei luoghi durante i l giorno o durante la notte?", michiese.

I miei sogni corrispondevano al momento del giorno in cui ordina-tiamente ero in quei luoghi: a scuola durante il giorno, a casa dei mieiamici la sera.

Mi suggetl di provare a 'sognare' quando facevo un sonnellinodurante il giorno e scoprire se riuscivo davvero a visualizzare il luogoscelto come era all'ora in cui 'sognavo'. Se 'sognavo' di notte, le mievisioni della localit) avrebbero dovuto essere notturne. Disse che quelloche si esperimenta 'sognando' doveva essere appropriato al momenrodel giorno in cui si 'sognava'; alrimenti le visioni che si potevanoavere non erano 'sognare' ma sogni ordinari.

"Per aiutarti dovresti scegliere un oggetto specifico che appartengaal luogo in cui vuoi andare e concentrare su quell'oggetto la tua amen-zione", riprese. "Su questa coll ina qui, per esempio, hai ora uno spe-cifico cespuglio che devi osservare finchd non ha un posto nella tuamemoria. Per tornare qui sognando devi semplicemente richiamare allamemoria quel cespuglio, o questa roccia su cui siamo a sedere, o qual-siasi altra cosa qui. Viaggiare sognando d pii facile quando ci si pubconcentrare su un luogo di potere, come questo. Ma se non vuoi venirequi puoi usare qualsiasi altro luogo. Forse Ia tua scuola b per te unluogo di potere. Usala. Metti a fuoco la tua attenzione su qualsiasioggetto che b li e quindi trovalo sognando.

"Dallo specifico oggetto che rievochi, devi ritornare alle mani equin<li a un altro oggetto e cosi via.

"lVIa ora devi mettere a fuoco la tua attenzione su tutto cib cheesiste sulla cima di questa collina, perch6 questo E il luogo pii impor-tante del la tua v i ta".

Mi guardb come per giudicare I'efietto delle sue parote."Questo b il luogo dove morirai", disse con voce dolce.Mi agitai nervosamente, cambiando ripetutamente poSizione; don

Juan sorrise."Dovrd ritornare molte volte con te su questa coll ina". disse. "E

poi dovrai venirci da solo finch6 non te ne sarai saturato, f inchd la cimadella collina trasuder) di te. Conoscerai il momento in cui ne saraipieno. Questa collina, cosl come E ora, sari allora il posto della tuaultima danza".

."Cosa intendete per mia ultima danza, don Tuan?"."Questo i i l luogo della tua ultima sosta', disse. "Morirai qr-ri, non

importa dove tu sia. Ogni guerriero ha un luogo per morire, un luogoda lui prediletto, permeato di ricordi indimenticabili, in cui gli avveni-menti di potere hanno lasciato il loro segno; un luogo in cui ha assi-

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146 L'ultima danza del guerrierc

stito a eventi meravigliosi, in cui gli sono stati rivelati dei segreti, unluogo in cui ha accumulato il suo potere personale.

"Il guerriero ha I'obbligo di tornare a quel suo luogo predilettoogni volta,che attinge,il potere per mettercelo in serbo. Pub andarcicammlnanoo o sogn4noo.

"E alla fine, un giorno, quando b terminato il suo tempo sullaterra e il guerriero sente sulla spalla sinistra il tocco della morte, il suospirito, che d gii pronto, vola al suo luogo prediletto e li il guerrierodanza fino alla sua morte.

"Ogni guerriero ha una specifica forma, una specifica posizione dipotere, che sviluppa durante tutta la vita. Un movimento che eseguesotto I'influenza del suo potere personale.

"Se un guerriero morente ha potere limitato, la sua danza d breve;se il suo potere b grandioso, la danza b magnifica. Ma sia che il suopotere sia piccolo o magnifico, la morte deve fermarsi per assisterc allasua ultima sosta sulla tena. La morte non pub cogliere il guerriero cherievoca per I'ultima volta le sue fatiche sulla tera; non lo pub co-gliere finchd il guerriero non ha finito la sta danza".

Le parole di don Juan mi fecero rabbrividire. La quiete, il crepu-scolo, il paesaggio magnifico, sembrava che tutto fosse stato messo llper dar risalto all'ultima danza di potere del guerriero.,. "Potete insegnarmi quella danza anche se non sono un guerriero?",

cnlesl."Ogni uomo che va in caccia del potere deve imparare quella

danza", rispose. "Tuttavia non te la posso insegnare ora. Ben prestopotresti avere un degno avversario e allora ti mostrerb il primo movi-mento di potere. Tu stesso dovrai aggiungere gli altri movimenti amano a mano che vai avanti nella vita. Ogni nuovo movimento deveessere ottenuto durante una battaglia di potere. Percib, in parole po-vere, la lorma del guerriero b la storia della sua vita, una danza checresce col crescere del suo potere personale".

"Davvero Ia morte si ferma per veder danzarc il guerriero?"."Un guerriero b solo un uomo. Un uomo umile. Non pud cambiare

i disegni della sua morte. Ma il suo spirito impeccabile, che ha imma-gazzinato potere con enormi fatiche, pub certamente trattenere per unmomento la propria morte, un momento abbastanza lungo da permet-tergli di godere per I'ultima volta di rievocare il proprio potere. Pos-siamo dire che E un gesto che la morte compie verso chi ha uno spiritoimpeccabile".

Provavo un'angoscia schiacciante e mi misi a patlate solo per alle-viarla. Gli chiesi se aveva conosciuto guerrieri che fossero morti, e inche modo la loro ultima danza aveva influenzato la loro morre.

L'altima danza del guerricro 147

"Piantala", mi disse seccamente. "Morire a una cosa monumentale.Non d solo stendere le_gambe e diventare rigidi,'.

"Anch'io danzerd alla mia morte, don Tian?,,."certamente. Tu vai in caccia del poteie personale, anche se nonvivi ancora come un gue'iero.

-oggi i l-sole ti^ha dato'un presagio. Irisultati migliori della tua vita li *o"tterrai

verso la n". J.ili nill'uru.owiamente non ti piace lo splendore giovanile delra luce -7ii.rtrrru.viaggiare.di giorno non ti attira. Ma q*r .h. fa per t. a ii *1. .,,o-rente, giallo e molle. Non.ti piace i l .ulo.., t i piace lo,pl.nJor..

"E cosi tu danzerui qui per la tua morte, suila cima di qr.ri. .ol_lina, alla. fine del giorno. E nella tua urtima d^"ru i^iriir"-rli"i" ,uulotta,.le battaqlie che hai vinto e quelle che hai perso; racconterai delletue gioie e della tua confusione nlll'incontt"t. il poi... p.rro.ui.. t"tua danza racconter) i segreti e le meraviglie che iai imi^giri""tr. ela tua morte seder) qui e ti osserveri."Il sole morente splenderd su di te senza scottare, come ha fattooggi. Il vento sari dolce e molle e la cima della conina ,t.-..a. e'rrrdoarriverai alla fine della tua da.nza guarderai il sore, perch6

"o" ti g"u.-derai mai piil n6 da sveglio nE sogiando, e allora lu i", ,ori" l"Ji.i.ra

verso sud. Vetso f immensiti".

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14

L'andatura del potere

Sabato 8 aprile, 1962

"La morte d un personaggio?", chiesi a don Juan mentre mi sedevosotto il portico.

Ci fu un'aria di sconcerto nella sua espressione. Aveva in mano unpacco di provviste che gli avevo portato; lo posd al suolo con cautelae si mise a sedere di fronte a me. Mi sentii incoraggiato e gli spiegaiche volevo sapere se la morte era una persona, o come una persona,quando osservava I'ultima danza del guerriero.

"Che difierenza fa? ", chiese.Gli dissi che I'immagine mi affascinava e che volevo sapere come

c'era arrivato, come lo aveva saputo,"E tutto molto semplice", ri ipose. "IJn uomo di conoscenza sa che

la motte b I'ultimo testimone, perchd aede"."fntendete dire che voi in persona avete assistito all'ultima danza

di un guerriero?"."No. Questo non E possibile; solo alla morte b possibile. Ma ho

uisto la mia propria morte che mi osservava e ho danzato per lei comese fossi stato per morire. Alla fine della mia danza la morre non haindicato nessuna direzione, e il mio luogo prediletto non ha trematodicendomi addio. Quindi la mia ultima ora sulla terra non era ancoragiunta e non sono morto. Quando accadde tutto cid, avevo potere limi-tato e non comprendevo i disegni della mia morte, percib credetti dimorire".

"La vostra morte era come una persona?"."Sei dawero buffo, pensi di poter comprendere tutto facendo do-

mande. Io non credo che ci riuscirai, ma chi sono io per giudicare?"La morte non d come una persona, d piuttosto una presenza. Ma

si pub anche scegliere di dire che non b nulla e cib nonostante d tutto,si avr) ragione in ogni caso: la morte B tutto quello che si desiderache sia.

L'and,atura del potere 119

"Io mi trovo a mio agio con la gente, percib la morte b pet me unar)crsona. sono anche portaro per i misteii, percid la morte ha occhiyrrofondi per me; ci posso guaidme attraverso: sono come due finestrec tuttavia si muovono, come si muovono gli occhi. E quindi posso direche la morte con i suoi occhi profondi guarda il gueiriero che- dan aper la sua ultima volta sulla terca,,.

"Ma d cosl soltanto per voi, don Juan, o d la stessa cosa per glialffi guerrieri? ".

"E la medesima cosa per ogni guerriero che ha una danza di potere,e tuttavia non lo d. La morte assiste alla sua ultima danza, ma if modoin .cui il guerriero, vede la sua morte d una questione personale. po-trebbe..essere qualsiasi cosa: un,uccello, una luce, ,r.r" parronu, u.,cespuglio, un sassolino,.un banco di nebbia o una presenza sconosciuta".. Le immagini che don Juan dava della morti mi turbavano. Non

riuscii a esprimere adeguatamente le mie domande e incominciai a bal-bettare. Don Juan,mi fissd sorridendo e mi esortb , prrla.e-

Gli chiesi se i l modo in cui i l guerriero vedeva'la propria mortedipendeva dal modo in cui era staio allevato. usai come esempi gliindiani. yum.a g yaqui. La mia idea era che la curtura dete.minn"r"-i lmodo rn cui si concepiva la morte.

"Il modo in cui si ts stati allevati non conta", disse don Juan. ,,Cibche determina i l modo in cui si fa qualsiasi cosa d i l potere"personale.L'uomo d soltanto la somma del pro[rio potere p.rronul",

" tol. ,o-,nu

determina come vivr) e come rnorii i , ' . '

"Cos'd i l potere personale?"."Il potere personale d una sensazione", disse. ,,eualcosa come I'es-

sere fortunati. oppure Io si pud definire uno staro i 'animo. II ooterepersonale d. qualcosa che si acquista a prescindere dalla propria origin..Ti ho- gii detto che il guerriero b un cacciatore di potere, e ti sto inse.gnarrdo come cacciarlo e immagazzinarlo. La diffcolti in te, che B rastessa di tutti noi, d lasciarti convincere. Tu hai bisogno di credere cheil potere personale pub essere usato e che b possibile"metterlo in serbo,ma finora non sei stato convinto".

Gli dissi che aveva ottenuto lo scopo e che ero quanto mai con-vinto. Scoppid a ridere.

"Non ts questo i l t ipo di convinzione di cui parlo". disse.Mi.colpi .sulla spalla con due o tre pugnetti leggeri e aggiunse con

un risolino: "Non c'b bisogno che mi asieiondi, lo"Jai bene""lMi sentii obbligato ad assicurarlo che dicevo sul serio.

- "Non ne dubito", disse. "Ma essere convinto significa che puoiagire tu st€sso. Ti ci vorr) ancora molto sforzo per farlo. c'€ ancoramolto da fare, hai appena incominciato".

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t

150 L'andatura del potetc

Rimase in silenzio per un momento. La sua faccia assunse un'espres-sione placida.

"E buffo il modo in cui certe volte mi ricordi me stesso", riprese."Anch'io non volevo prendere il sentiero del guerriero. Credevo chefosse tutta una fatica inutile, e poichd tutti dobbiamo morire, che diffe-renza avrebbe fatto essere un guerriero? Avevo torto, ma lo dovevoscoprire da solo. Ogni volta che capisci di avet torto, e certe volte faun mondo di differenza, puoi dire di essere convinto. E quindi puoiprocedere da solo, e da solo puoi anche diventare un uomo di cono-scenza".

Gli chiesi di spiegarmi che cosa intendeva per uomo di conoscenza."LJn uomo di conoscenza d uno che ha sesuito fedelmente le fatiche

dell 'apprendimento", disse. "Un uomo che, senza precipitarsi e senzaesitare, E andato fin dove ha potuto nello svelamento dei segreti delpotere personale".

Discusse il concetto in termini brevi e quindi lo scartd come unqualsiasi argomento di conversazione, dicendo'che dovevo preoccuparmisoltanto dell'idea di mettere in serbo il ootere oersonale.

"E incomprensibi le" , protestai . "Propr io non mi posso immaginaredove volete arrivare".

"Dar la caccia al potere d un avvenimento particolare", disse. "Deveessere prima un'idea, poi deve essete costruita, un passo dopo I'altro, epoi, bum! Succede".

"Come succede? ".Don Juan si alzb in piedi. Incomincib a protendere le braccia e a

inarcare il dorso come un gatto. Le sue ossa, come al solito, emiserouna serie di scricchioli i .

"Andiamo", disse. "Abbiamo un lungo viaggio davanti a noi"."Ma ci sono tante cose che vi voglio chiedere", dissi."Adesso andremo in un luogo di potere", mi rispose entrando in

casa. "Perchd non ti risparmi le tue domande per quando saremo l)?Potremo avere I'opportuniti di parlare".

Pensavo che saremmo andati con la macchina. oercid mi alzai e miavviai verso I'auto, ma don Juan mi chiamb dalla casa dicendomi diprendere la mia rete con le zucche. Mi stava aspettando al limite delsottobosco desertico dietro alla casa.

"Dobbiamo aflrettatci", disse.

Verso le tre del pomeriggio raggiungemmo i pendii inferiori dellemontagne occidentali della Sierra Madre. La giornata era stata calda maverso il pomeriggio inoltrato il vento diventb freddo. Don Juan simise a sedere su una roccia e mi fece sesno di imitarlo.

L'andatura del potere l5l

"Cosa faremo qui questa volta, don Juan?"."Sai benissimo che siamo qui per dar la caccia al potere"."Lo so, ma cosa faremo in particolare?"."Sai che non ne ho la minima idea"."Intendete dire che non sesuite mai un Diano?"."Dar Ia caccia al potere b uia cosa molto strana", mi rispose. "Non

c'b modo di progettarlo in anticipo, E questo che lo rende eccitanre.Il guerriero, perd, procede come se avesse un piano, perch6 si fida delsno potefe personale. Sa per certo che il suo potere personale 1o fariagire nel modo piil appropriato".

Gli feci osservare che le sue afiermazioni erano in certo modo con-traddittorie. Se il guerriero aveva gi) il potere personale, perchd glidava la caccia?

Don Juan inarcb le sopracciglia, assumendo un'espressione di simu-lato disgusto.

"Quello che d) la caccia al potere personale sei tu", disse. "E iosono il guerriero che lo ha gi). Mi hai chiesto se avevo un piano e tiho detto che confido nella guida del mio potere personale e non hobisogno di avere un piano".

Restammo in silenzio per un momento e poi riprendemmo a cam-minare. I pendii erano molto ripidi e salirli era per me molto difficileed esffemamente stancante. D'altra parte, sembrava che le energie didon Juan fossero inesauribili. Non coneva n6 si afirettava, il suo ince-dere era costante e instancabile; mi accorsi che non sudava nemmeno,neanche dopo aver scalato un pendio enorme e quasi verticale. Quandoarrivai sulla cima don Juan era gi) l) che mi aspettava. Mentre misedevo accanto a lui sentii che il cuore stava per esplodermi nel petto.Mi distesi sulla schiena e il sudore prese a scorrermi letteralmente dallafronte.

Don Juan scoppid a ridere forte e mi rotolb avanti e indiero perun po'. Il movimento mi aiutb a riprender fiato.

Gli dissi che ero semplicemente sbigottito dalla sua prestanza fisica."Ho sempre cercato di mostrarla alla tua attenzione", mi rispose."Non siete per niente vecchio, don Juan!".

. "No, naturalmente. Ho cercato di fartene accorgere"." Come fate? " ."Non faccio niente. I l mio corpo si sente bene, i tutto qui. Io mi

ffatto molto bene, dunque, non ho ragione di sentirmi stanco o a disa-gio. Il segreto non E in quel che fai a te stesso ma piuttosto in quelche non fai".

Aspettai una spiegazione. Don .fuan sembrava essersi accorto chenon riuscivo a capire. Sorrise con aria saputa e si alzb in piedi.

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I

152 L'andatura del potere

"Questo E un luogo di potere", disse. "Trova un posto dove ci pos-siamo accampare su questa collina".

Incominciai a protestare. Volevo che mi spiegasse cosa non dovevofarc al mio corpo, ma mi interruppe con un gesto imperioso.

"Piantala", disse a bassa voce. "Questa volta agirai diversamente.Non importa quanto ci metti a trovare un posto adatto per riposare;puoi impiegare tutta la notte. Non E nemmeno importante che trovi ilposto, I'importante b che cerchi di trovarlo".

Misi via il taccuino e mi alzai in piedi. Don Juan mi rammentb,come aveva fatto innumerevoli volte, ogni volta che mi aveva chiestodi trovare un posto per riposare, che dovevo guardare senza mett€re afuoco la vista su nessun punto in particolare, socchiudendo gli occhifino ad avere Ia vista offuscata.

Incominciai a camminare, scrutando il terreno con gli occhi soc-chiusi. Don Juan camminava alla mia sinistra a un paio di passi didistanza.

Percorsi per prima cosa il perimetro della sommiti della collina.La mia intenzione era di procedere a spirale fino al centro, ma Llnavolta compiuto il periplo della collina don Juan mi .fermd.

Disse che mi stavo lasciando sopraflare dalla mia preferenza perle cose meccaniche. In tono sarcastico aggiunse che stavo certamentepercorrendo la zona sistematicamente, ma in modo cosi stagnante chenon sarei stato capace di percepire il posto adatto. Disse' poi. che luisapeva dov'era, percib da parte mia non c'era possibilitlL di improvvi-sazione.

"Che dovrei fare invece?", chiesi.Don Juan mi fece mettere a sedere. Colse quindi una foglia per

ciascuno da un certo numero di cespugli e me le diede. Mi ordinb distendermi sulla schiena, di slacciarmi la cintura e mettermi le fogliesulla pelle della regione ombelicale. Controlld i miei movimenti e mifece premere le foglie contro il corpo con entrambe le mani. Poi miordind di chiudere gli occhi e mi avvertl che se volevo risultati per-fetti non dovevo lasciarmi sfuggire le foglie, n6 aprire gli occhi, n6cercare di tirarmi su a sedere quando lui mi avrebbe spostato il corpoin una posizione di potere. '

Mi afferrb per I'ascella sinistra e mi fece ruotare. Sentivo il desi-derio irresistibile di sbirciare attraverso le palpebre socchilrse, ma donJuan mi mise la mano sugli occhi. Mi ordinb di occuparmi soltantodella sensazione di calore che sarebbe uscita dalle foglie.

Rimasi disteso immobile per un momento e poi incominciai a sen-tire uno strano calore emanare dalle foglie. Lo sentii prima con lepalme delle mani, poi il calore mi si estese all'addome e alla fine mi

L'andatura del potere 15)

ir.rvase letteralmente tutto il corpo. In pochi minuti tutto il mio corpobruciava di un calore che mi faceva pensare a quando avevo avuto lafcbbre alta.

Dissi a don Juan della mia sgradevole sensazione e del mio desi-derio di togliermi le scarpe. Rispose che mi avrebbe aiutaro ad alzarmiin piedi, ma che non dovevo aprire gli occhi fir'rchd non me lo dicevalui e che dovevo continuare a premermi le foglie sullo stomaco finchdnon avessi trovato il posto adatto per riposare.

Quando fui in piedi mi sussurrb all'orecchio di aprire gli occhi edi camminare senza meta, lasciando che il potere delle foglie mi spin-gesse e mi guidasse.

Mi misi a camminare senza meta. Il calore che sentivo nel corooera sgradevole. Pensavo di avere la febbre alta e tentai di immaginarecon quali mezzi don Juan I'avesse prodotta.

Don Tuan camminava diero di me. Imorovvisamente lancid ungrido che- quasi mi paralizzd. Ridendo spiegd che i rumori improvvisispaventano e fanno fuggire gli spiriti sgradevoli. Socchiusi gli occhie camminai avanti e indietro per circa mezz'ora e il caldo sgradevoledel mio corpo si trasformb in un piacevole calore. Provai una sensa-zione di leggerczza mentre misuravo avanti e indietro la collina. Misentivo perd deluso; mi ero in certo qual modo aspettato di scoprirequalche tipo di fenonreno visivo, ma non c'era stato alcun cambia-mento alla periferia del mio campo visivo, nessun colore insolito, oluminositd, o masse oscure.

Alla fine mi stancai di tenere gli occhi socchiusi e li aprii. Ero inpiedi davanti a un piccolo ciglione di arenaria, uno dei pochi puntidella collina rocciosi e privi di vegetazione; il resto era di terriccio conpiccoli cespugli molto distanti ra loro. Sembrava che la vegetazionefosse bruciata qualche tempo prima e che la nuova non fosse ancoracresciqta completamente. Per qualche ragione ignota pensai che ilciglione di arenaria fosse bellissimo, gli rimasi a lungo in piedi davantie poi mi ci sedetti semplicemente sopra.

"Bene! Benel", disse don Juan dandomi un colpetto sulla schiena.Quindi mi disse di togliere attentamente le foglie da sotto agli abiti

e di metterle sulla roccia.Non appena ebbi tolto le foglie dalla pelle incominciai a raffred-

darmi. Mi sentii il polso, sembrava normale.Don Juan scoppib a ridere e mi chiamb 'dottor Carlos' chiedendomi

se volevo sentire anche il suo polso. Disse che quello che avevo provatoera il potere delle foglie e che quel potere mi aveva purificato consen-tendomi di eseguire il mio compito.

Aflermai in tutta sinceriti che non avevo fatto nulla di Darticolare

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1r4 L'andatura del potere

e che mi ero seduto l) perch6 ero stanco e perch6 avevo trovato moltoattraente i l colore dell 'arenaria.

Don Juan non disse nulla. Era in piedi a poca distanza da me. Ln-provvisamente balzb indietro con incredibile agiliti e saltd al di sopradi alcuni cespugli arrivando su una cresta rccciosa un po' distante.

"Che c'd?", chiesi allarmato."Osserva la direzione in cui i l vento soffier) le tue foglie", mi disse.

"Contale in fretta, i l vento sta arrivando; conservane la meti e metti-tela contro la pancia".

Contai venti foglie. Me ne infi lai dieci sotto la camicia e quindiuna forte folata di vento sparpaglid ie alre dieci in direzione ovest.Mentre le foglie venivano soffiate via ebbi la strana sensazione cheun'entitA reale le spazzasse deliberatamente nella massa amorfa diarbusti verdi.

Don Juan ritornb e si mise a sedere vicino a me, alla mia sinistra,guardando verso sud.

Non pronunciammo una sola parola per molto tempo. Non sapevocosa dire, ero esausto; volevo chiudere gli occhi ma non osai. Don Juandoveva aver notato il mio stato perchd disse che potevo benissimoaddormentarmi. Mi disse di metteimi le mani sull 'addome, sopra allefoglie, e di cercar di sentire di esseie sospeso sul letto di 'lacci' chelui aveva fatto pet me nel 'luogo di mia predilezione'. Chiusi gli occhie fui invaso dal ricordo della pace e della pienezza che avevo provatodormendo sulla cima di quell'altra collina. Volli scoprire se potevoveramente sentire di essere sospeso, ma mi addormentai.

N{i svegliai immediatamente prima del tramonto. Il sonno mi avevarinfrescato e rinvigorito. Anche don Juan si era addormentato, ma aprlgli occhi contemporaneamente a me. Il vento somava ma non sentivofreddo. Sembrava che le foglie sul mio stomaco avessero agito comeuna fornace, come una specie di stufa.

Esaminai i dintorni. Il posto che avevo scelto per riposare asso-migliava a una piccola conca. Ci si poteva veramente sedere come suun lungo divano; c'era un muro roccioso suficiente per servire da schie-nale. Scoprii anche che don Juan aveva portato i miei taccuini e me liaveva messi sotto la tesra.

"Hai trovato i l posto giusto", mi disse sorridendo. "E tutta I 'ope-razione si b svolta come ti avevo detto io. Il potere ti ha guidato quisenza nessun piano da parte tua".

"Che tipo di foglie mi avete dato?", chiesi.Il calore irradiato dalle foglie, che mi aveva fatto sentire cosl

L'andatura del potere 755

comodo, senza bisogno di coperte o di abiti particolarmente caldi, eraper me un fenomeno davvero interessante.

"Erano solo foglie", rispose don Juan." Intendete dire che potrei prendere le foglie di qualsiasi cespuglio

e che produrrebbero su di me lo stesso efietto?"."No. Non intendo dire che anche tu lo possa fare, tu non hai potere

p,ersonale. Intendo dire che qualsiasi tipo di foglie ti aiuterebbe, pur-ch6 la persona che te le di abbia potere. Oggi non ti hanno aiutatole foglie ma il potere".

"Il vostro potere, don Juan?"."Suppongo che tu possa dire che era il mio potere, benchd non

sia veramente esatto, il potere non appartiene a nessuno. Alcuni di noipossono raccoglierlo e quindi potrebbe essere dato direttamente a qual-cun altro. Vedi, la chiave del potere accumulato b che pub essere usarosolo per aiutare qualcun altro'ad accumulare potere".

Gli chiesi se intendeva dire che il suo potere era limitato soltantoad aiutare gli altri. Don .|uan spiegb pazientemente che poteva usareil suo potere personale comunque gli piacesse, in qualsiasi cosa luistesso volesse, ma quando si trattava di darlo direttamente a un'altrapersona allora era inutile, a meno che quella persona non lo utilizzasseper la propria ricerca di potere personale.

"Tutto quello che un uomo fa dipende dal suo potere personale",prosegui. "Quindi, per uno che non ne ha, gli atti di un uomo potentesono incredibili. Ci vuole il potere anche per immaginare che cosa siail potere. E, questo che ho cercato continuamente di dirti; ma so chenon hai capito, non perch6 tu non voglia, ma perchd hai pochissimopotere personale".

"Che dovrei fare, don Juan?"."Niente. Limitati a continuare cosl. I l Dotere trovera una via".Si alzd in piedi e girb su se stesso compiendo un giro completo,

fissando ogni aspetto dei dintorni. Il suo corpo si muoveva contem-poraneamente agli occhi; I'efietto totale era quello di uno ieraticogiocattolo meccanico che girasse completamente su se stesso con unmovimento preciso e inalterato.

Lo guardai con la bocca aperta. Nascose un sorriso, rendendosiconto della mia sorpresa.

"Oggi darai la caccia al potere nel buio del giorno", disse rimetten-dosi a sedere.

"Come avete detto?"."Stanotte ti awenturerai in queste colline sconosciute. Al buio non

sono colline"."Cosa sono? ".

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156 L'andaturu del potere

"Sono qualcos'altro. Qualcosa di impensabile per te, perch6 non nehai mai contemplato I 'esistenza".

"Che intendete dire, don Juan? Mi terrorizzate sempre con questidiscorsi spetffali".

Don Juan ridacchid e mi diede un calcetto sul polpaccio."Il mondo d un mistero". disse. "E, non b afiatto come te lo inr-

magini" .Sembrd riflettere per un momento. Il suo capo sobbalzava su e giir

con un movimento ritmico; poi sorrise e aggiunse: "Ciod, d anche comete lo immagini, ma non d tutto quello che c'E nel mondo; c'B molto dipii l . Lo sei andato scoprendo e forse stanotte aggiungerai un altroDezze ancora".- I l suo tono mi fece correre un brivido per i l corpo.

"Che progettate di fare?", chiesi."Non progetto niente. Tutto d stato deciso dallo stesso potere che

ti ha permesso di trovare questo posto".Don Juan si alzd e indicd qualcosa in lontananza. Immaginai che

volesse che anch'io mi alzassi per guardare e cercai di balzare in piedi,ma prima che mi fossi alzato completamente don Juan mi ributtb gii lcon una spinta.

"Non ti ho chiesto di seguirmi"; disse con voce severa. Poi adclolcii l tono e aggiunse: " stanotte passerai dei momenti diff ici l i e avraibisogno di tutto i l potere di cui puoi disporre. Resta dove sei e rispar-miat i per dopo".

Spiegd che non indicava nulla ma controllava soltanto che certecose ci fossero. Mi assicurb che tutto andava bene e che dovevo restareseduto tranquil lamente e tenermi occupato, perch6 avevo molto tempoper scrivere prima che sulla terra fosse sceso il buio totale. I l suo sor-riso era contagioso e molto confortante.

"Ma cosa faremo, don Juan?".Don Juan scosse la testa da una parte all 'altra con un'esagerata

espressione di incredulit i."Scrivi!". ordinb e mi volse le soalle.Non c'era altro da fare. Lavorui ai miei appunti finchd fu troppo

buio per scrivere.Don Juan mantenne sempre la stessa posizione, sembrava assorto

a fissare in lontananza verso ovest. Ma non appena smisi di scriveresi volse verso di me e disse in tono scherzoso che il solo modo perfarmi tacere era darmi qualcosa da mangiare, o farmi scrivere, o met-termi a dormire.

Tolse dallo zaino un oiccolo involto e lo aori cerimoniosamente:conteneva dei pezzi di carne secca. Me ne porse un pezzo, ne prese rrn

L'andatura del potere 157

altro per s€ e incomincib a masticarlo. Mi irtformd in tono casuale cheera cibo di potere, di cui avevamo tutti e due bisogno in quella circo-stanza. Avevo troppo fame per pensare alla possibiliti che la carnesecca contenesse una sostanza psicotropa. Mangiammo in completosilenzio finchd non ci fu pit carne; quando finimmo era completamentebuio.

Don Juan si alzd in piedi stirando le braccia e la schiena. Mi sug-geri di fare alrettanto. Disse che era buona pratica stirare il corpodopo aver dormito, essere stati a sedere o aver camminato.

Seguii il suo consiglio e alcune delle foglie che avevo tenuto sottoalla camicia mi scivolarono gii per i pantaloni. Mi domandavo se avessidovuto cercare di raccoglierle, ma don Juan disse di dimenticarmene,che non ce n'era pit bisogno e che dovevo lasciarle cadere come vo-levano.

Poi mi venne molto vicino e mi sussurrb all'orecchio destro cheavrei dovuto seguirlo a brevissima distanza imitando turto quello chefaceva. Disse chi eravamo sicuri nel posto in cui stavamo, pirch6 era-vamo, per cosi dire, al limite della nbtte.

"Questa non b notte", mormorb battendo col piede la roccia sucui eravamo. "La notte d qui fuori".

Indicd I 'oscurit i tutto intorno a noi.Poi controllb la mia rete per vedere se le zucche col cibo e i miei

taccuini erano ben assicurati, e con voce dolce disse che un guerrierosi accerta sempre che tutto sia in ordine, non perch6 creda di soprav-vivere alla prova a cui si accinge, ma perch6 cib fa parte del suocomportamento impeccabile.

fnvece di farmi sentire sollevato, le sue ammonizioni mi diederoI'assoluta certezz^ che il mio fato si avvicinava. Volevo piangere,Don Juan, ne ero sicuro, si rendeva perfettamente conto dell 'efiettodelle sue parole.

"Fidati del tuo potere personale", mi disse all 'orecchio. "E, la solacosa che si ha in tutto questo mondo misterioso".

Mi spinse con dolcezza e incominciammo a camminare, poi luiprese la testa camminando di un paio di passi avanti a me. Lo seguiicon gli occhi fissi al suolo. Non osavo guardarmi intorno, e concenrarela vista sul terreno mi faceva sentire stranamente calmo; quasi mi ipno-tizzava.

Dopo pochi passi don Juan si fermb. Mi sussurrb che il buio totaleera vicino e che lui sarebbe andato avanti a me, ma mi avrebbe datola sua posizione imitando il grido di un determinato piccolo gufo. Miricordd che gii sapevo che la sua particolare imitazione era sridulain principio e poi diventava molle come il gtido di un vero gufo. Mi

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158 L'andatura del potere

avverti di stare terribilmente attento agli altri richiami di gufi che nonavessero questa caratteristica.. Quando don Juan ebbe terminato di darmi tutte queste specificheistruzioni ero praticamente in preda al panico. Lo afrercai per il braccioe non lo volevo lasciar andare. Mi ci vollero due o r- minuti percalmarmi abbastanza da poter articolare le parole. Un fremito nervosomi correva per lo stomaco e per I'addome impedendomi di parlarecoerentemente.

Con voce calma e dolce don Juan mi esortb a tornar padrone dime stesso, perchd I 'oscurit) era come il vento, un'entitA iconosciutache poteva ingannarmi se non stavo attento. E dovevo essere perfetta-mente calmo pei poter resistere.

"Devi lasciarti andare cosi che il tuo potere personale si fondacol potere della notte", mi disse all 'orecchio.

Disse che avrebbe camminato davanti a me e io ebbi un altroattacco di paura furazionale.

"f una cosa folle", protestai.Don Juan non andb in collera nd si spazienti. Scoppid a ridere

tranquillamente e mi disse all'orecchio qualcosa che non capii bene."Che avete detto?", gridai attraverso i denti che mi battevano.Don Juan si mise la mano sulla bocca e sussurrb che un suerriero

agiva come se sapesse cid che faceva, menfe in realti non sapeva nulla.Ripet€ tre o quattro volte un'afiermazione, come se avesse voluto chela imparassi a memoria. Disse: "Un guerriero d impeccabile quandoconfida nel suo potere personale senza badare se sia piccolo o enorme".

Dopo una breve attesa mi domandb se andava tutto bene. Quandogli feci cenno di si col capo scomparve rapidamente senza un rumore.

Cercai di guardarmi intorno. Mi sembrava di essere in una zonadi 6tta vegetazione. Tutto quello che riuscivo a distinguere era la massaoscura degli arbusti, o forse di piccoli alberi. Concintrai I 'attenzionesui suoni, ma non c'era nulla di rilevante. Il sibilo del vento atrurivaogni altro suono eccettuati gli sporadici gridi laceranti di grossi gufie il cinguettio di altri uccelli.

Attesi per un po' in uno stato di assoluta attenzione e quindi udiiil grido stridulo e prolungato di un piccolo gufo. Non ebbi dubbio chefosse don Juan. Veniva da un punto diero di me. Mi voltai e miawiai in quella direzione. Mi muovevo lentamente perchd mi sentivoinestricabilmente oppresso dall'oscurit).

Camminai per forse dieci minuti. A un tratto una massa oscurabalzd davanti a me; maridai un grido e caddi a sedere per terra. Leorecchie mi incominciarono a ronzate. La Datra era stata cosl forte damozzarmi il respiro, dovetti aprire Ia bocca per respirare.

L'andatua del poterc 159

" Alzati", disse don Juan a bassa voce. "Non ti volevo spaventare.'fi sono solo venuto incontro".

Disse che era stato a osservare il mio stupido modo di camminaree che quando mi muovevo al buio sembravo una vecchia paralitica checercasse di camminare in punta di piedi tra le pozzanghere. Trovdbuffa questa immagine e scoppid a ridere forte.

Si mise quindi a dimostrarmi un modo speciale per camminare albuio, un modo che chiamd 'l'andatura del potere'. Si piegb su se stessodavanti a me e volle che gli passassi le mani sulla schiena e sulleginocchia, per farmi un'idea della sua posizione. Aveva il tronco leg-germente piegato in avanti ma la spina dorsale era tesa; anche le ginoc-chia erano leggermente flesse.

Si mise a camminare davanti a me perch6 potessi notare che ognivolta che faceva un passo sollevava le ginocchia quasi fino al petto.Poi scomparve letteralmente alla mia vista e ricomparve di nuovo.Non riuscivo a immaginare come facesse a correre nel buio completo.

"L'andatura del potere d per correre di notte", mi sussurrd al-I'orecchio.

Mi esortd a provare anch'io. Gli dissi che ero sicuro che mi sareirotto le gambe precipitando in un crepaccio o urtando in una roccia.Con molta calma don Juan disse che I'andatura del potere era assolu-tamente sicura.

Osservai che il solo modo in cui potessi comprendere i suoi attiera immaginare che conoscesse quelle colline alla perfezione e quindipotesse evitarne i trabocchetti.

Don Juan mi prese la testa tra le mani e mormorb con forza: "Que-sta d la notte! Ed E potere!".

Mi lascid andare la testa e aggiunse a bassa voce che di notte ilmondo era differente e che la sua caoacit) di correre nel buio nonaveva nulla a che fare con la sua conosc;nza di quelle colline. Disse chela chiave consisteva nel lasciar scorrere liberamente il proprio poterepersonale, perch6 potesse fondersi col potere della notte, e che unavolta che il potere era intervenuto non c'era possibilitd di inciampare.Aggiunse, in tono di assoluta serieta, che se ne dubitavo dovevo consi-derare per un momento cid che stava accadendo. Per un uomo dellasua eta correre per quelle colline, a quell'ora, sarebbe stato un suicidiose non lo avesse guidato il potere della notte.

"Guarda!", disse, e fuggi velocissimo nell 'oscurit), sparl e ricom-Darve nuovamente.- Il suo coroo si muoveva in modo cosl straordinario che non riuscivoa credere a quello che vedevo. Don Juan si mosse per un momentocome trotterellando sul posto. Il modo in cui sollevava Ie gambe mi

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160 L'andatura del Poterc

ricordava uno scattista che esegue esercizi per scaldarsi i muscoli primadella corsa.

Quindi mi disse di seguirlo. Lo seguii con sforzo e molto disagio.Cercai con estrema cura di guardare dove mettevo i piedi, ma eraimpossibile valutare la distanza. Don Juan tornb indietro e trotterelldal mio fianco. Mi sussurrb che dovevo abbandonarmi al potere dellanotte e confidare in quel po' di potere personale che avevo, altrimentinon sarei mai riuscito a muovermi con libert); e che I'oscuriti mi osta-colava solo perch6 mi affidavo alla vista per tutto quello che facevo,non saoendo che un altro modo di muovermi consisteva nel lasciarsiguidare dal potere.

Provai varie volte senza alcun successo; semplicemente non riuscivoa lasciarmi andare, la paura di farmi male alle gambe mi schiacciava.Don Juan mi ordind di continuare a muovermi sul posto e cercar disentire di usare veramente l ' 'andatura del potere'.

Disse poi che sarebbe corso avanti e che dovevo aspettare il stlorichiamo di gufo. Scomparve nel buio prima che potessi dire nulla.Chiusi gli occhi a intervalli e per circa un'ora trotterellai sul posto conle ginocchia e il busto piegati. A poco a poco la mia tensione incomincida ri lassarsi f inch6 mi senti i molto a mio agio. Allora udii i l r ichiamodi don Juan.

Corsi per cinque o sei metri nella direzione da cui veniva il grido,cercando di 'abbandonarmi' come aveva suggerito don .Tuan. Ma allor-ch6 inciampai in un arbusto fui immediatamente riportato ai miei senti-menti di insicurezza.

Don Juan mi aspettava e corresse la mia posizione. Insist6 che do-vevo innanzitutto piegare le dita contro il palmo della mano, proten-dendo il oollice e l'indice di ciascuna mano. Poi disse che a suo parerestavo solo indulgendo ai miei sentimenti di inadeguatezza, perch6 sa-pevo con certezza di poter sempre vedere abbastanza bene, per quantobuia fosse la notte, se non mettevo gli occhi a fuoco su nulla ma con'tinuavo a scrutare il terreno proprio davanti a me. L"andatura delpotere' era come trovare un posto per riposare. Entrambi i procedimenticomDortavano un senso di abbandono e un senso di fiducia. L"anda-tura del potere' esigeva che si tenessero gli occhi fissi sul teneno diret-tamente di fronte, perchd una sola occhiata da uno dei due lati avrebbeprodotto un'alterazione del flusso del movimento. Spiegb che piegarein avanti il busto era necessario per abbassare gli occhi, e le ginocchiadovevano essere portate fino al petto perch6 i passi dovevano esseremolto corti e sicuri. Mi awertl che da principio avrei inciampato mol-tissimo, ma mi assicurb che con la pratica avrei potuto correre velocee sicuro come di qiorno.

L'andatura del potere 16I

Cercai per ore di imitare i suoi movimenti ed entrare nello starod'animo che lui raccomandava. Don Juan continud a trotterellare moltopazientemente davanti a me, di quando in quando spiccava una brevecorsa e poi tornava da me perch€ potessi vedere come si muoveva.Addirittura mi sospinse e mi fece correre per qualche metro.

- Quindi partl e mi chiamd con una serie di grida di gufo. Inespli-cabilmente mi mossi con un grado di sicurezza inaspettato-. Per quantone sapevo non avevo fatto nulla che autorizzasse una tale sensazione,ma sembrava che il mio corpo si rendesse conto delle cose senza cheio le pensassi. Per esempio, non potevo veramente vedere le rocce fra-stagliate_sul mio cammino, ma il mio corpo riusciva sempre a cammi-nare sugli orli e mai nei crepacci, tranne che per qualche iontrattempoin cui persi l'equilibrio perch6 mi ero disratto. Il grado di concentra-zione necessario per continuare a esaminare I'area direttamente difronte a me doveva essere totale. Come mi aveva avvertito don Tuan.qualsiasi minima occhiata laterale o troppo in avanti alterava il flusso.

Individuai don Juan dopo una lunga ricerca. Era seduto vicino adelle grandi masse nere che sembravano alberi. Venne verso di me edisse che andavo molto bene, ma che era ora di andar via perch€ avevausato il suo fischio abbastanza a lungo ed era sicuro che oimai avrebbepotuto essere imitato da alri.

Fui d'accordo che era ora di smettere. Ero quasi spossato dai mieitentativi. Mi sentivo sollevato e eli chiesi chi avrebbe Dotuto imitareil suo richiamo.

"Poteri, alleati, spirit i , chiss)?", disse in un sussurro.Spiegb che di solito quelle 'entiti della notte' producevano suoni

molto melodiosi, ma erano molto svantaggiate nel riprodurre i suoniaspri delle grida umane o dei cinguettii degli uccelli. Mi avvertl dismettere sempre di muovermi se mai udivo uno di quei suoni e ditenere a mente tutto quello che aveva detto, perchd una volta o I'altraavrei dovuto fare I'identificazione appropriata. fn tono rassicurante disseche mi ero fatto un'ottima idea di quella che era l"andatura del po-tere' e che per impadronirmene avevo solo bisogno di una piccolaspinta, che potevo ricevere in un'altra occasione quando ci saremmonuovamente avventufati nella notte. Mi diede un colpetto sulla spallae annuncib che era pronto a partire.

"Andiamocene di qui", disse mettendosi a correre."Aspettate! Aspettate! ", urlai freneticamente. !'Camminiamon.Don Juan si fermb e si tolse il cappello."Perdinci!", disse in tono di perplessit). "Siamo in un bel pastic-

cio. Sai che non posso camminare al buio, posso solo correre. Se cam-minassi mi romperei le gambe".

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162 L'andatura del Potere

Ebbi la sensazione che sogghignasse mentre pronunciava quelleparole, sebbene non lo potessi vedere in faccia'- Aggiunse in tono confidenziale di essere troppo vecchio per cam-minare, e che quel po' di 'andatura del potere' che avevo imparatoquella notte doveva essere messo in pratica per sfruttare I'occasione.

"Se non usiamo l"andatura del potere' saremo falciati come filid'erba", mi sussurrd all'orecchio.

"Da chi? " ."Nella notte ci sono delle cose che agiscono sulle persone", mor'

mord in un tono che mi fece correre i brividi per il corpo.Disse che non importava che mi mantenessi alla sua altezza, perch6

mi avrebbe dato ripetuti segnali di quattro richiami di gufo per voltaaffinch6 potessi seguirlo.

Suggerii di rimanere su quelle colline fino all'alba per andar viacon la luce, ma in tono assai drammatico don Juan ribattd che rima-nere li sarebbe stato un suicidio; e anche se ne fossimo usciti vivi, lanotte avrebbe prosciugato il nosffo potere personale al punto di nonpoter'evitare di esser vittime dei primi rischi del giorno.

"Non perdiamo piL tempo", disse con un tono di urgenza nellavoce. "Andiamocene di qui".

Mi assicurd nuovamente che avrebbe cercato di andare pii lenta-mente possibile. Le sue ultime istruzioni furono che dovevo cercare dinon emettere un suono, neppure un sospiro, qualunque cosa accadesse.Mi diede la direzione generale in cui dovevamo andare e incomincib acorrere a un ritmo marcatamente piil lento. Lo seguii, ma per quantolentamente si muovesse non riuscii a rimanere al passo con lui, e prestosoad nell'oscuritd davanti a me.-

Quando fui solo mi accorsi di aver adottato senza accorgermeneun'andatura abbastanza rapida, e fu una scossa per me. Cercai di man-tenere quel ritmo ancora un po' e quindi udii il richiamo di don Juan,vicino, alla mia destra. Fischid quattro volte in successione.

Dopo pochissimo tempo udii ancora il suo richiamo di gufo, questavolta piil lontano a destra. Per seguirlo dovetti girare di quarantacinquegtadi.- Incominciai a muovermi nella nuova direzione, aspettando chegli alui tre gridi della serie mi dessero un orientamento migliore.

Udii un nuovo fischio, che situava don Juan quasi nella direzioneda cui ero partito. Mi fermai e ascoltai. Udii a poca distanza un suonoacutissimo, qualcosa come il rumore di due sassi sbattuti I'uno controI'alro. Ci fu un alro richiamo di gufo e allora capii quello che avevainteso dire don Juan. Nel grido c'era qualcosa di veramente melo-dioso; era chiaramente pii lungo e anche piil molle di quello di unvero gufo.

L'andatura del potere 16)

Provai una strana sensazione di paura. Il mio stomaco si contrassecome s_e qualcosa mi tirasse verso il basso dalla parte centrale del corpo.Mi voltai e mi misi a semi-trotterellare nella direzione opposta.

Udii in lontananza un debole grido. Ci fu una rapida successionedi altri tre richiami. Erano di don Juan; corsi nella loro direzione.Sentivo che doveva essere lontano un buon quarto di miglio e se con-tinuavo a quel passo sarei rimasto irrimediabilmente solo in quellecolline. Non riuscivo a capire perch€ don Juan corresse in avanti,quando avrebbe potuto correre intorno a me, se aveva bisogno di man-tenere quel passo.

Mi accorsi allora che pareva che qualcosa si muovesse con me allamia sinistra, lo potevo quasi vedere all'estremiti del mio campo visivo.Fui sul punto di lasciarmi prendere dal panico, ma un penriero tran-quillizzante mi attraversb la mente. Al buio non avrei poturo vederenulla. Volli guardare in quella direzione, ma avevo paura di perdereil mio slancio.

Un altro richiamo di gufo mi riscosse dalle mie meditazioni; venivadalla mia sinistra. Non lo seguii perch6 era senza dubbio il grido piidolce e melodioso che avessi mai udito. Tuttavia non mi ipaventb.Nel grido c'era qualcosa di attraente, o forse di assillante, o anche ditriste.

Quindi una massa oscura velocissima attraversd il sentiero da destraa sinistra davanti a me. La subitaneit) dei suoi movimenti mi feceguardare in avanti, persi I'equilibrio e andai a urtare rumorosamentecontro alcuni cespugli. Caddi di fianco e quindi udii lo stesso gridomelodioso a pochi passi alla mia sinistra. Mi alzai in piedi, ma primache potessi ricominciare ad avanzare ci fu un altro grido, piil imperiosoe irresistibile del primo. Era come se qualcuno volesse che mi fermassie ascoltassi. Il grido del gufo era cosl prolungato e lieve che sciolse lemie paure. Mi sarei davvero fermato se proprio in quel momento nonavessi udito quattro richiami stridenti di don Juan. Sembravano piivicini. Balzai in piedi e partii in quella direzione.

Dopo un momento notai un certo tremolio o un'onda nel buio allamia sinistra. Non era una visione vera e propria, ma piuttosto una sen-sazione, e tuttavia ero quasi sicuro di percepirla con gli occhi. Si muo-veva piil velocemente di me e di nuovo atraversd da sinistra a destra,facendomi perdere I'equilibrio. Questa volta non caddi, e stranamente,il fatto di non essere caduto mi irritb. Improvvisamente mi arrabbiaie I'assurdit) dei miei sentimenti mi gettd in un vero panico. Cercai diaccelerare il passo, volevo emettere a mia volta un richiamo di gufoper far sapere a don Juan dov'ero, ma non osai disobbedire alle sueistruzioni.

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164 L'andatura del potue

In quel momento qualcosa di raccapricciante attirb la mia atten-zione. Alla mia sinistra, vicino quasi fino a toccarmi, c'era veramentequalcosa come un animale. Lo spavento quasi mi soffocb. Ero cosiintensamente preso dalla paura che non avevo pensieri nella mentementre al buio mi muovevo pii presto che potevo. La mia paura sem-brava una sensazione fisica che non aveva nulla a che fare coi mieipensieri. Trovai molto insolita quella condizione. Nel corso della miavita le mie paure si erano sempre costruite slr una matrice intellettualeed erano state generate da situazioni sociali minacciose, o da personeche si comportavano pericolosamente nei miei confronti. Questa volta,invece, la mia paura era una vera noviti. Veniva da una parte scono-sciuta del mondo e colpiva una parte sconosciuta di me stesso.

Udii il grido di un gufo molto vicino e leggermente alla mia sinistra.Non potei afferrare i particolari del timbro, ma sembrava quello didon Juan, non era melodioso. Rallentai. Ci fu un altro grido, in essoc'era I'asprezza del fischio di don Jtran, percid accelerai. Un terzofischio venne da brevissima distanza. Potei distinguere una massa oscuradi rocce, o forse di alberi. Udii un altro grido di gufo e pensai chedon Juan mi aspettasse perchd eravamo fuori della zona pericolosa.Ero quasi al limite della zona piL buia quando un quinto grido milascib impietrito. Mi sforzai di guardare davanti a me nella zona buia,ma un improvviso suono frusciante alla mia sinistra mi fece voltare intempo per vedere una forma nera, pit nera dell'ambiente circostante,che rotolava o scivolava al mio fianco. Ansimai e balzai via. Udii unsuono secco, come di qualcuno che schioccasse le labbra, e quindiun'enorme massa scura sbucb dalla zona piil buia. Era quadrata, comeuna porta, alta quasi tre metri.

La subitaneit) dell'apparizione mi fece urlare. Per un momento lamia paura fu sproporzionata, ma un secondo piil tardi mi scoprii mera-vigliosamente calmo a fissare la forma nera.

Per quanto mi riguardava, le mie reazioni furono un'altra totalenovit). Una parte di me sembrava spingermi verso \a zona buia conuna misteriosa insistenza, mentre un'altra parte di me resisteva. Eracome se da una parte volessi sincerarmi e dall'altra volessi fuggirmeneistericamente.

Udii a stento le grida di gufo di don -]uan, sembravano molto vicinee frenetiche; erano pit lunghe e piil aspre, come se fischiasse mentrecorreva verso di me.

fmprowisamente mi sembrb di riacquistare il controllo di me stessoe riuscii a girarmi e pet un momento corsi proprio come don Juanaveva voluto che facessi.

"Don Juan!", urlai quando lo trovai.

L'andatura del potere 165

Mi mise la mano sulla bocca facendomi segno di seguirlo ed en-trambi trotterellammo a un ritmo molto tranquillo finch6 arrivammo alciglione di arenaria sul quale eravamo stati prima.

Sedemmo sul ciglione in silenzio assoluto per circa un'ora, finoall'alba. Poi mangiammo un po' del cibo che avevamo nelle zucche. DonJuan disse che dovevamo rimanere sul ciglione fino a metd della gior-Data, e che non dovevamo dormire ma parlare, come se non ci fossenulla fuori del normale.

Mi chiese di riferirgli dettagliatamente tutto quello che mi era suc-cesso dal momento in cui mi aveva lasciato. Quando conclusi il mioracconto rimase in silenzio a lungo, sembrava immerso in profondipensieri.

"Non sembra che sia andata ffoppo bene", disse alla fine. "Quelloche ti b successo stanotte d stato molto grave, cosl grave che non puoipiir avventurarti da solo nella notte. D'ora in poi le entit) della nottenon ti lascerebbero in pace".

"Cosa mi b successo stanotte, don Juan?"."Ti sei imbattuto in certe entiti che sono nel mondo e che asiscono

sulla gente. Non ne sai niente perchd non le hai mai incontratel Forsesarebbe piil appropriato chiamarle entiti delle montagne, infatti nonappartengono propriamente alla notte. Le chiamo entiti della notteperchd si possono percepire molto pit facilmente nell'oscurit). Sonoqui, sempre intorno a noi. Alla luce del giorno, perb, b pii drficilepercepirle, semplicemente perch€ il mondo ci d familiare e bid che Efamiliare prende la precedenza. Nell'oscuriti, d'alra parte, tutto Eugualmente sffano e pochissime cose prendono la precedenza, percidsiamo pit suscettibili a quelle entitd della notte".

"Ma sono reali, don Juan?"."Naturalmente! Sono cosl teali che ordinariamente uccidono le per-

sone, specialmente quelle che si smarriscono nei luoghi deserti e nonhanno potere personale".

"Se sapevate che sono cosi pericolose, perchd mi avete lasciato I)da solo? ".

"C'd un solo modo per imparare, e consiste nell'andare fino infondo alle cose. Limitarsi a parlare del potere b inutile. Se vuoi saperecos'b e se lo vuoi immaga'zzinare, devi affrontare tutto da solo.

"La strada della conoscenza e del potere B molto difficile e moltolunga. Forse avrai notato che fino a stanotte non ti avevo mai per-messo di avventurarti da solo nell'oscurit), non avevi abbastanza potereper farlo. Ora ne hai a suficienza per ingaggiare una buona battag.lia,ma non abbastanza Der restare al buio da solo".

"Che succederebte se 1o facessi?".

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166 L'andaturu d.el potere

"Moriresti. Le entid della notte ti schiaccerebbero come uno sca-rafaggio".

"Significa che non posso passare una notte da solo?"."Puoi passare la notte da solo nel tuo letto, ma non nelle monta-

gne " ."E le pianure?"."Questo. si applica- solo ai luoghi selvaggi, dove non ci sono per-

sone, specialmente i luoghi selvaggi sulle alte montagne. poich6 ledimore naturali delle entiti della notte sono rocce e irepacci, d'orain avanti non potrai andare sulle rnontagne finch6 non aviai accumu-lato abbastanza potere personale".

"Ma come posso accumulare potere personale?"."Lo farui vivendo come ti ho raccomandato. A poco a poco tam-

ponerai tutti i punti da cui pud fuggire il potere. Non lo dovrai faredeliberatamente, perch6 il potere trova sernpre una via. Prendi mecome esempio, quando incominciai a imparare i modi di un querrierolon sapevo di accumulare potere, proprio come te; penrauJ di nonfar nulla di particolare, ma non era cosl. Il potere ha ia peculiariti diessete inosservato quando viene accumulato".

Gli chiesi di spiegare come fosse arrivato alla conclusione che perme era pericoloso rimanere da solo nell'oscuriti.

" Le entitd della notte si muovevano alla tua sinistra ". disse."Cercavano di fondersi con la tua morte; specialmente la porta chehai visto. Era un'apertura, sai, e ti avrebbe attirato fino a cosrineertiad attraversarla, e quella sarebbe stata Ia tua fine".

Mi sforzai di dirgli che mi pareva molto strano che le cose accades-sero sempre quando c'era lui intorno, e che era come se lui stessoavesse architettato tutti gli avvenimenti particolari. Non avevo maivisto ombre n6 sentito strani rumori. In realti non ero mai stato soa-ventato da nulla.

Don Juan ridacchib sottovoce e disse che tutto era prova der fattoche lui aveva abbastanza potere personale per convocaie in suo aiutouna miriade di cose.

Ebbi la sensazione che forse volesse alludere di aver veramenrechiamato dei complici., Don Juan sembrb avermi letto nel pensiero e scoppid a ridereIofte.

"Non sforzarti a cercare spiegazioni", disse. "euello che ho dettonon ha senso per te, semplicemente perch6 ancora non hai abbastanzapotere personale.. Eppure ne hai piil di quando hai incominciato, percibadesso incominciano a capitarti le cose. Hai gii avuto un pot.nteincontro con la nebbia e col lampo. Non d importante che tu com-

L'andatura del potere 167

prenda quello che ti b capitato quella notte, I'importante E che neabbia acquistato il ricordo. Il ponte e tutte le altre-cose che hai vistoquella notte si ripeteranno un giorno quando avrai abbastanza poterepersonale ".

"A che scopo si ripeteri tutto cid, don Juan?"._ "Non lo so, io non sono te, tu solo puoi rispondere. Siamo tutti

diversi. Per questo ti ho lasciato solo stanotte, sebbene sapessi che eramortalmente pericoloso; hai dovuto metterti alla prova conuo quelleentite- La ragione qer cui ho scelto il richiamo del gufo d perch6 i gufisono. i messaggeri delle entiti. Quando si imita il grido di un gufo, leentiti vengono fuori. Per te son diventate pericolose non perchd sianonaturalmente malevole ma perch6 tu non sei impeccabile. C'd in tequalcosa di molto falso e io so cos'd: tu mi stai solo assecondando.Hai sempre, assecondato tutti, e naturalmente questo ti pone automa-ticamente al di sopra di tutto e di tutti. Ma tu stesso sai che non pudessere cosi. Sei soltanto un uomo e la tua vita d troppo breve per rac-chiudere tutte le meraviglie e tutti gli orrori di queiio mondo meravi-glioso. Percid, la tua abitudine di assecondare tutti ts falsa; t i mertein una condizione infima".

- Volevo protestare. Don Juan mi aveva inchiodato come aveva giifatto dozzine di volte. Per un momento andai in collera. Ma. come eragii successo, scrivere mi dava un sufficiente senso di distacco cosi chepotevo rimanere impassibile.

"Penso di avere una cura per questo", riprese don Juan dopo unlungo intervallo. " Anche tu saresti d'accordo con me se ricordassiquello che hai.fatto stanotte. Sei corso veloce come qualsiasi stregonesolo quando il tuo avversario i diventato irresistibile. Lo sappiamotutti e due e credo di aver gi) trovato un degno avversario per te".

"Che farete, don Jsan2".Non rispose, si alzd in piedi e si stirb, sembrava che confaesse

ogni muscolo. Mi ordinb di fare come lui."Devi stirarti molte volte durante i l giorno". disse. "Pii l volte lo

fai meglio d, ma solo dopo un lungo periodo di lavoro o di riposo"."Che tipo di avversario intendete ftovare per me?", domandai."Purtroppo solo i nostri simil i, gli uomini, sono i nosri degni

avversari", disse. "Le altre entit i non hanno una loro volont) e biso-gna andare a incontrarle e adescarle. I nosri simili, al contrario, sonoinesorabi l i .

" Abbiamo parlato abbastanza" , disse improvvisamente in tonobrusco e si volse verso di me. "Prima di andar via devi fare ancora unacosa, la pii importante di tutte. Adesso ti dirb qualcosa che ti metter)in pace la mente sul perch6 sei qui. La ragione per cui continui a venire

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168 L'andatura del potere

a vedermi i molto semplice; ogni volta che mi hai visto il tuo corpoha imparato certe cose, anche contro il tuo desiderio. E alla fine il tuocorpo ha bisogno di tornare da me per imparare ancora. Diciamo cheil tuo corpo sa che morira, anche se tu non ci pensi mai. Percid hodetto al tuo corpo che anch'io morirb e prima di farlo vorrei mostrareal tuo corpo certe cose, cose che tu non puoi dare al tuo corpo. Peresempio, il tuo corpo ha bisogno di spavento, gli piace. Il tuo corpoha bisogno dell'oscuriti e del vento. Il tuo corpo ora conosce I'anda-tura del potere e non pud aspettafe per provarla. Il tuo corpo ha biso-gno di potere personale e non pub aspettare per averlo. Perci6 diciamoallora che il tuo corpo ritorna da me perchd io sono suo amico".

Quindi don Juan rimase a lungo in silenzio, sembrava che combat-tesse con i suoi pensieri.

"Ti ho detto che il segreto di un corpo forte non b in quello chefai ma in quello che non fai", disse alla fine. "Ormai B ora che tu nonfaccia quello che fai sempre. Siediti qui finchd non ce ne andremoe non-fare".

"Non vi seguo, don Juan".Mise le mani sui miei appunti e me li tolse. Chiuse con cura le

pagine del taccuino, lo assicurb con la sua chiusura di gomma e quindilo lancid come un disco lontano tra i cespugli.

Mi turbai e incominciai a protestare, ma lui mi mise la mano sullabocca. Indicb un grosso cespuglio e mi disse di fissare la mia atten-zione non sulle foglie ma sulle ombre delle foglie. Disse che correre albuio non doveva. essere macchiato dalla palrra ma poteva essere Iareazione naturalissima di un corpo che sapeva 'non fare'. Mi mormorbripetutamente all'orecchio destro che "non fare quello che sapevo fare"era la chiave del potere. Nel caso del guardare un albero, guello chesapevo fare en mettere immediatamente a fuoco la vista sulle foglie,ma non mi curavo mai delle ombre o degli spazi tra le foglie. Lesue ultime ammonizioni furono di incominciare a mettere a fuocogli occhi sulle ombre delle foglie di un singolo ramo e poi finalmentearrivare a tutta la pianta, e non permettere che gli occhi tornasseroalle foglie, perchd il primo passo deliberato per accumulare poterepersonale consisteva nel permettere al corpo di 'non-fare'.

Forse fu per la stanchezz o per l'eccitamento nervoso, ma mi im-mersi a tal punto nella contemplazione delle ombre delle foelie chequando don-Juan si alzb potevo quasi classificare le masse "nere diombre con la stessa efficacia con cui normalmente classificavo il foslia-me. L'efietto totale era sconvolgente. Dissi a don Juan che mi sarebbepia_ciuto rimanere piil a lungo. Rise e mi diede un colpetto sul cap-pello.

L'andataru del polere 169

"Te I'avevo detto", disse. "Al corpo piacciono le cose come questa".Disse poi che dovevo lasciare che il mio potere accumulato mi

guidasse attraverso i cespugli fino al taccuino, e mi spinse dolcementenel sottobosco; camminai senza meta per un momento e quindi me lotrovai davanti ai piedi. Pensai di essermi inconsciamente impresso nellamemoria la direzione in cui era stato scagliato, ma don Juan spiegd ilfatto dicendo che ero andato direttamente verso il taccuino p-rche ilmio corpo si era imbevuto per ore del 'non-fare'.

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15

Non-fare

Mercoledi 11 aprile, 7962

Tornando a casa don Juan mi raccomandb di lavorare ai miei ap-punti come se non mi fosse successo nulla e di non parlare e nemmenopreoccuparmi di nessuno degli awenimenti che mi erano capitati.

Dopo un giorno di riposo annuncid che dovevamo lasciare la regioneper un po' di tempo, perch6 era consigliabile mettere ra noi e quelle'entiti' una certa distanza. Spiegb che avevano avuto un profondoe{Ietto su di me, sebbene non me ne fossi ancora reso conto perch6 ilmio corpo non era abbastanza sensibile. Mi sarei perd ammalato inbreve tempo s€ non fossi andato al mio 'luogo di predilezione' petessere purlncato e rlstorato.

Partimmo in automobile prima dell'alba dirigendoci a nord, e dopoun viaggio spossante e una rapida camminata amivammo sulla collinanel tardo pomeriggio.

Don Juan, come aveva fatto allora, coprl di ramoscelli e foglie ilpunto dove avevo dormito la volta prima. Poi mi diede una manciatadi foglie da mettere sulla pelle dell'addome e mi disse di stendermi ariposare. Preparb per s6 un altro posto alla mia sinistra, a circa unmetro e mezzo dalla mia testa. e si stese anche lui.

In pochi minuti incominciai a sentire un calore meraviglioso e unsenso di supremo benessere. Era un senso di conforto fisico, una sen-sazione di essere sospeso a mezz'atia. Ero Certo completamente d'ac-cordo con I'affermazione di don Tuan. che il 'letto di lacci' mi avrebbefatto galleggiare. Commentai I ' incredibile qualit) della mia esperienzasensoriale e don Juan rispose in tono positivo che il 'letto' era fattoper quello scopo.

"Non riesco a credere che sia possibile!", esclamai.Don Juan prese alla lettera la mia afrermazione e mi rimproverb.

Disse che era stanco del mio comportamento da persona che si ritienedefinitivamente importante, cui si deve dare ripetutamente ia prova cheil mondo b sconosciuto e meravislioso.

NonJare 17l

Cercai_ di spiegare che un'affermazione retorica non aveva signi6-cato, ma lui ribattd che se fosse stato cosl avrei scelto un'altru ifrermazione. Sembrava seriamente irritato con me. Mi tirai su a sederea meti e incominciai a scusarmi, ma lui rise e, imitando il mio mododi parlare, suggerl una serie di ridicole esclamazioni che avrei potutousare al posto di quella. Scoppiai anch'io a ridere della calcolata assur-dit) di alcune delle alternative che proponeva.

Don Juan ridacchid e mi ricordb in tono sommesso che dovevoabbandonarmi alla sensazione di galleggiare.

La dolce sensazione di pace e pienezza che provavo in quel luogomisterioso risveglid in me alcune emozioni profondamente sepolte.Incominciai a parlare della mia vita: confessai di non aver mai rispet-tato nd amato nessuno, nemmeno me stesso, e che avevo sempre sen-tito di essere intrinsecamente malvagio, e percib il mio atteggiamentoverso gli altri era sempre velato da un certo comportamento smargiassoe temerario.

"E vero", disse don Juan. "Tu non ti piaci afiatto".Ridacchid e disse che mentre padavo aveva 'visto'. Mi raccomandb

di non provare alcun rimorso pef nulla di quanto avevo fatto, perchdisolare i propri atti come se fossero meschini, o brutti, o malvagi, signi-ficava dare a se stessi un'importanza ingiustificata.

Mi mossi nervosamente e il letto di foglie emise un suono fru-sciante. Don Juan osservb che se volevo riposare non dovevo far sentireagitate le mie foglie, e che dovevo fare come lui e giacere senza com-piere alcun movimento. Aggiunse che nel suo 'vedere' aveva inconfatouno dei miei stati d'animo. Si arrestb un momento, come se faticassea trovare la pada siusta, e disse che 1o stato d'animo in questione erauno schema mentale in cui cadevo continuamente. Lo descrisse comeuna specie di botola che si apriva di quando in quando e mi inghiottivainaspettatamente.

Gli chiesi di essere pii specifico; rispose che era impossibile esserespecifici per quel che riguardava il 'vedere'.

Prima che potessi aggiungere altro mi disse di rilassarmi ma di nonaddormentarmi e rimanere pit a lungo possibile in uno stato di consa-pevolezza. Disse che il 'letto di lacci' era fatto esclusivamente perpermettere a un guerriero di arrivare a certi stati di pace e benessere.

Afiermd in tono drammatico che il benessere era una condizioneche bisognava sviluppare con cura, una condizione cui ci si doveva abi-tuare per poterla cercare.

"Tu non sai cosa sia i l benessere perch6 non lo hai mai sperimen-tato". d isse.

Non ero d'accordo. ma lui insistd che il benessere era una meta

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112 Non-fare

da cercare deliberatamente. Disse che la sola cosa che sapevo cercnreera un senso di disorientamento, malesscre e confusione.

Scoppid in una risata canzonatoria e mi assicurd che per riuscire arendermi infelice dovevo faticare moltissimo. ed era assurdo che nonalessi mai c-apito che potevo fare esattamente Ia stessa fatica per ren-dermi completo e forte.

"Il trucco sta in cid a cui si d) importanza". disse. "O ci rendiamoinfelici o ci rendiamo forti. La quantit) di fatica E la stessa".

Chiusi gli occhi e mi rilassai nuovamente e incominciai a sentire digalleggiare; per un po' fu come se davvero mi muovessi attraverso lospazio, come una foglia. Quella sensazione, sebbene assolutamentepiacevole, mi faceva pensare in certo qual modo a quando mi ero sen-tito male, a quando avevo avuto le vertigini e avevo provato la sensa-zione di ruotare su me stesso. Pensai che forse avevo mangiato qual-cosa di guasto.

Udii don Juan che mi parlava, ma proprio non riuscii a fate Iosforzo di ascoltarlo. Stavo cercando di passare mentalmente in rassegnaquello che avevo mangiato, ma non riuscivo a interessarmene, Sem-brava che non importasse.

"Guarda come cambia la luce del sole", disse don Juan.La sua voce era chiara, pensai che fosse come I'acqua, liquida e

calda.A ovest il cielo era completamente privo di nuvole e il sole bril-

lava di una luce spettacolare. Forse lo splendore giallastro del sole po-meridiano mi appariva cosi magnifico solo per via dei suggerimentidi don Juan.

"Lascia che quello splendore ti accenda", disse. "Prima che il solesia sceso devi essere perfettamente calmo e ristorato, perch6 domani odopodomani dovrai imparare a non-fare".

"ImDarare a non fare cosa?". domandai,"Ora non ha importanza", rni rispose. "Aspetta finchd saremo su

quelle montagne di lava".Indicb verso nord, in direzione di alcuni lontani picchi dentellati,

neri e dall 'aspetto minaccioso.

Giouedi 12 aprile, 1962

Nel tardo pomeriggio raggiungemmo il deserto che circondava lemontagne di lava, il cui colore marrone scuro appariva da lontanoquasi sinistro. Il sole era molto basso sull'orizzonte e splendeva sulla

Non-fare I r')

faccia occidentale della lava solidificara, tingendo il suo colore marronescuro di un abbagliante spiegamento di riflessi gialli.

Non riuscivo a distogliere gli occhi, quei picchi mi ipnotizzavano.Verso la fine della giornata giungemmo in vista dei pendii inferiori

delle montagne. Nel deserto c'era poca vegetazione, tutto quello chepotevo vedere erano cactus e una specie di corta erba che irerceva aciuffi.

Don_ Juan si fermb per riposare. Si mise a sedere, appoggib concautela le sue quattro zucche contro una roccia e disse che ii iare-moaccampati l) per la notte. Aveva scelto un luogo relativamente elevato,da dove ci trovavamo potevo spingere lo sguardo molto lontano tuttointorno a noi.

Era una giornata nuvolosa e ben presto fummo avvolti dal crepu-scolo. Mi misi a osservare, completamente assorto, la rapidit i concui le nuvole cremisi svanivano a ovest in un fitto grigio uniforme.

Don Juan si alzd e andb tra i cespugli. Quando tornb il profilo dellemontagne di lava era diventato una massa scura. Si mise a sedere almio fianco e mi mostrd quella che sembrava una formazione naturalesulle montagne verso nord-est. Era un punto che spiccava per il suocolore molto pii chiaro: mentre tutta la carena di montagne di lavaappariva al crepuscolo di un uniforme colore marrone scuro, il puntoindicato da don Juan era invece giallastro o beige scuro. Non riuscivoa immaginare cosa potesse essere; lo fissai a lungo, sembrava che simuovesse e immaginai che pr-rlsasse. Quando socchiusi gli occhi ondeg-gib letteralmente come mosso dal vento.

"Guardalo fisso!", mi ordind don Juan.Mantenni lo sguardo fisso per trn bel po' e a un certo momento

sentii che tutta la i.t.n, di montagne si muoveva verso di me; la sen-sazione fu accompagnata da un'insolita agitozione alla bocca dello sto-maco. Il disagio divenne cosi acuto che mi alzai.

"Siedi t i ! " , ur ld don Juan, ma ero gi i in piedi .Dal mio nuovo punto di vista la formazione giallastra appariva pii

in basso sul f ianco delle montagne. Mi rimisi a sedere senza distoglieregli occhi e la formazione si spostb in una posizione pii elevata. La fissaiper un istante e improvvisamente disposi tutto nella prospettiva giusta.Compresi che quello che guardavo non era affatto nelle montagne maera in realti un brandello di stoffa vercle giallognolo che pendeva daun alto cactus di fronte a me.

Scoppiai a ridere forte e spiegai a don Jr-ran che il crepuscolo miaveva dato un' i l lusione ot t ica.

Don Juan si alzd e si diresse verso il cactus da cui pendeva il bran-dello di stoffa, lo prese, 1o piegb e se lo mise in tasca.

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174 NoxJare

"Perch6 lo fate?", chiesi."Perch6 questo pezzo di stofia ha potere", rispose in tono indifie-

rente. "Per un momento sei andato bene e non c'd modo di saperecosa sarebbe successo se tu fossi rimasto seduto".

Venerd) L3 aprile, 1962

Ci dirigemmo verso le montagne allo spuntare dell'alba. Le mon-tagne erano sorprendentemente lontane. A mezzogiotno camminavamoin uno dei canyon sul cui fondo c'erano delle pozze d'acqua poco pro-fonde. Ci sedemmo a riposare all'ombra di una sporgenza.

Le montagne erano state formate da un enorme fiume di lava. Colpassare dei millenni 7a lava solidificata si era trasformata in una rocciaporosa marrone scuro. Solo poche erbe robuste crescevano tra le roccee nei crepacci.

Guardando in alto verso le pareti quasi perpendicolari del canyonprovai una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Le pareti eranoaltissime e mi davano I'impressione di volersi richiudere su di me. Ilsole era quasi allo zenith, leggermente spostato a sud-ovest.

"Mettiti in piedi qui", disse don Juan e mi sistemb il corpo facen-domi guardare verso il sole.

Mi disse di guardare fissamente le pareti della montagna sopra dime.

La vista era stupenda. L'enorme altezza del fiume di lava facevavacillare \a mia immaginazione, incominciai a pensare al gigantescosconvolgimento vulcanico che doveva averlo prodotto. Per molte volteguardai su e giil lungo i fianchi del canyon. Rimasi assorto a conrem-plare la ficchezza di colore della parete rocciosa: c'erano chiazze diogni tinta immaginabile; su ogni roccia c'erano macchie grigio chiarodi muschio o lichene. Guardai diritto sopra alla mia testa e notai che laluce del sole produceva riflessi meravigiiosi quando colpiva le chiazzebrillanti di lava solidificata.

Fissai un punto sulle montagne dove il sole si rifletteva. A manoa mano che il sole si muoveva I'intensit) diminuiva, poi svani com-pletamente.

Guardai dall'altra parte del canvon e vidi un altro punto con lestesse meravigliose t:ifrazioni di luce. Dissi a don Juan quello che suc-cedeva e quindi scoprii unraltra zona di luce, e poi un'altia in un puntodiverso, poi un'altra ancora, finch6 tutto il canyon fu costellato di grandimacchie di luce.

Mi sentivo girare la testa; anche quando chiudevo gli occhi potevo

NonJare 175

ancora vedere le luci brillanti. lvli presi il capo tra le mani e cercaidi strisciare sotto la sporgenza, ma don Juan r-ni strinse forte il braccioordinandomi di guardare le pareti delle montagne e cercar di immagi-nare macchie di pesante oscurit) in mezzo ai campi di luce.

Non volli guardare perch6 il bagliore mi dava fastidio agli occhi.Dissi che mi succedeva come quando si guarda una strada piena di soleattraverso una finestra e poi si vede la finestra sovrapporsi come uncontorno oscuro su tutto il resto.

Don Juan scosse il capo e incomincid a ridacchiare. Mi lascib andareil braccio e ci rimettemmo a sedere sotto la sporgenza.

Stavo trascrivendo le mie impressioni quando don Juan, dopo unlungo silenzio, parld improwisamente in tono drammatico.

"Ti ho portato qui per insegnarti una sola cosa", disse e tacque."Dovrai imparare a non-fare", riprese. "Potremmo benissimo parlarneperchd per te non esiste altro modo di procedere. Pensavo che avrestipotuto imparare a non-fare senza che ti dicessi nulla, ma mi sono sba-gliato ".

"Non so di cosa parlate, don Juan"."Non importa", rispose. "Voglio dirti qualcosa che d semplicissimo

ma difficilissimo da eseguire: ti parlerd del non-fare, quantunque nonesista modo di parlarne perchd B il corpo che lo fa".

Mi fissb con brevi occhiate e quindi mi ordinb di stare molto attenroa quello che avrebbe detto.

Chiusi il taccuino, ma con mio stupore don Juan insist6 che conti-nuassi a scrivere.

"Non-fare E cosi difficile e potente che non lo dovresti menzionare",riprese. "Non lo dovrai menzionare finch€ non avrai lermato il mondo;solo allora ne potrai parlare liberamente, se d questo che vorraifate" .

Si guardd intorno e quindi indicd una grande roccia."Quella roccia lassi E una roccia a causa del fare", disse.Ci guardammo a vicenda e lui sorrise. Aspettai una spiegazione, ma

rimase in silenzio. Alla fine fui cosretto a direli che non avevo capito."Questo d farel", esclamb."Come avete detto?"."Anche questo d fare"."Di che state parlando, don Juan?"."Fare d cid che fa di quella roccia una roccia e di quel cespuglio

un cespuglio. Fare d quel che ti fa essere te e mi fa essere me".Gli dissi che la sua spiegazione non spiegava niente. Scoppib a

ridere e si grattb le tempie."Questo d il problema quando si parla", disse. "Fa sempre confon-

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176 Non-fare

dere le cose. Se si incomincia ap^tlare del fare, si finisce sempre a par-lare di qualcos'altro. E meglio limitarsi ad agire.

"Prendi quella roccia, per esempio. Guardarla d fare, ma uederlaE non-fare".

Dovetti confessare che le sue parole non avevano senso per me."Oh si che ce I'hanno!", esclamd. "Ma tu sei convinto del contrario

perch6 questo d il tuo fare. Questo d il modo in cui agisci verso di mee verso il mondo".

Indicb nuovamente la roccia."Quella roccia b una roccia a causa di tutte le cose che sai fare

verso quella'roccia", disse. "Questo io lo chiamo fare. Un uomo diconoscenza, per esempio, sa che la roccia b una roccia solo a causa delfare,percid, se non vuole che la roccia sia una roccia, tutto quello chedeve fare d non-fare. Hai capito?".

Non lo capivo afratto. Don Juan scoppib a ridere e fece un altrotentativo di spiegazione.

" Il mondo ts il mondo perch€ tu conosci il f are implicito nel ren-derlo tale", disse. "Se tu non conoscessi i\ suo fare, il mondo sarebbedifierente".

Mi esaminb con curiositi. Smisi di scrivere, volevo soltanto ascol-tarlo. Continud a spiegare che senza quel certo 'fare' non ci sarebbenulla di familiare in cib che ci circonda.

Si piegb in avanti, raccolse un sassolino tra il pollice e I'indice dellamano sinistra e me lo tenne davanti agli occhi.

"Questo b un sassolino perch€ tu conosci il lare implicito nel ren-derlo un sassolino", disse.

"Cosa state dicendo?", chiesi sentendomi veramente confuso.Don Juan sorrise. Sembrava che cercasse di nascondere un piacere

malizioso."Non so perchd sei cosl confuso", disse. "Le parole sono la tua

predilezione; dovresti sentirti in paradiso".Mi lancib un'occhiata misteriosa e sollevb le sopracciglia due o tre

volte. Poi indicb di nuovo il sassolino che mi teneva davanti agliocchi.

"Dico che tu fai di questo un sassolino perchd conosci il fare im-plicito in questo sassolino", disse. "Ora, per lermare iI mondo devismettere di fare".

Sembrb che sapesse che non avevo ancora capito perchd sorrisescuotendo il capo. Prese poi un ramoscello e indicb l'orlo irregolare delsassolino.

"Nel caso di questo sassetto", prosegul, "la prima cosa che gli fail lare i ridurlo alle sue dimensioni. Percib la cosa giusta da fare, che

Non-fare 177

un guerriero fa se vuole,fermare il mondo, E ingrandire un sassolino, oqualsiasi altra cosa, mediante il non-fare".

Si alzb in piedi e pose il sassolino su un macigno, quindi mi dissedi avvicinarmi e di esaminarlo. Mi disse di girardare i buchi e le depres-soni del sassolino e cercare di distinguerne i minimi dettagli. Disseche se potevo distinguere il dettaglio, i buchi e le depressioni sareb-bero scomparsi e avrei capito cosa significava 'non-fare'.

"Oggi questo benedetto sassolino ti far) diventare pazzo", disse.Dovevo avere sulla faccia un'espressione sconcertata. Don Juan

mi guardb e scoppid a ridere fragorosamente, poi finse di arrabbiarsicol sassolino e lo colpl due o tre volte col cappello.

Lo esortai a chiarire quello che voleva dire. Gli dissi che se facevauno sforzo gli era possibile spiegare tutto quello che voleva.

Mi lancid un'occhiata sorniona e scosse il capo come se la situazionefosse senza sDeranza.

"sicuro che posso spiegare tutto", disse ridendo. "Ma tu poffesticapirlo? ".

La sua insinuazione mi prese alla sprovvista."11 lare ti fa separare il sassolino dal macigno piil grosso", riprese.

"Se vuoi imparare a non-fare, diciamo che devi congiungetli".Indicb Ia piccola ombra che il sassolino proiettava sul macigno e

disse che non era un'ombra ma una colla che li teneva uniti. Poi sivoltb e si allontanb dicendo che sarebbe tornato oiil tardi a control-larmi.

Rimasi a lungo a fissare il sassolino. Non riuscii a concentrare I'at-tenzione sui minimi dettagli dei buchi e delle depressioni, ma la piccolaombra che il sassolino gettava sul macigno divenne un punto interes-santissimo. Don Juan aveva ragione: era come una colla, si muoveva esi spostava. Ebbi I'impressione che fosse spremuta da sotto il sasso-lino.

Quando don Juan tornb gli riferii quello che avevo osservato del-I 'ombra.

"E un buon inizio", disse. "Dalle ombre un guerriero pub giudi-care ogni t ipo di cose".

Poi mi suggerl di prendere il sassolino e di seppellirlo da qualcl-reparre.

" Perch6? "."Sei stato a ossetvarlo molto a lungo", disse. "Ora ha qualcosa di

te. Un guerriero cerca sempre di agire sulla forza del lare cambiandoloin non-t'are. Fare sarebbe lasciar ll il sassolino perchd b solo un sasso.Non-fare sarebbe comportarsi con quel sassolino come se fosse moltodi piil di un semplice sasso. In questo caso il sassolino si t imbevuto

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di te per molto tempo e ora a te, percid non lo -puoi lasciare li ma lodevi seppellire. Se perb tu avessi poter. personale, non-lare significhe-rebbe cambiare quel sassolino in un oggetto di potere".

" Potrei farlo oru? " ."La tua vita non d abbastanza compatta per farlo. Se tu aedessi,

sapresri che il tuo pesante interessamento ha cambiato quel sassolinoin qualcosa di assai poco attraente, percib la cosa. migliore che tu possafu.. e scavare .tn buco, seppellirlo e lasciare che la terra assorba lasua pesantezza".

"Questo b tutto vero, don Juan?"."Rispondere si o no alla tua domanda sarebbe fare. Ma poichd stai

imparanio a non-fare ti devo dire che in realti non importa se a veroo .o. E qui che il guerriero ha un punto di vantaggio sull'uomo medio'L'uomo medio si .u.r re le cose siano vere o false, ma il guerriero no.L'uomo medio procede in modo specifico con le cose che sa essere veree in modo diveiso con le cose che sa non essere vere. Se le cose sonodette vere, agisce e crede in quello che fa, ma se le cose sono dettenon vere, non si cura di agire o non crede in quello che fa. Il guer-riero, d'altra parte, agisce in entrambi i casi. Se le cose sono dette vere,agisce per faie i l fai, se sono dette non vere, agisce ancora per fare1l non-lare. Hai capito?".

"No, non ho capito affatto", risposi.Le sue afrermazioni mi rendevano bellicoso; non riuscivo a trovare

un senso in quello che diceva. Gli dissi che era incomprensibile e luimi canzonb dicendo che non avevo uno spirito impeccabile nemmenoin quello che mi piaceva di piil, parlare. Derise letteralmente la miapadionanza verbale e la giudicb difettosa e inadeguata

"Se devi essere tutto bocca, sii un guerriero bocca", disse stop-piando a tidere.

Mi sentivo scoraggiato; le orecchie mi ronzavano, sentivo un caloresgradevole alla testa, ero realmente imbanzzato e probabilmente rossoin viso.

Mi alzai in piedi, mi avviai verso il sottobosco e seppellii il sas-solino.

"Ti ho stuzzicato un poco", disse don Juan quando tornai a sedere."Eppure so che se non parli non capisci. Per te parlare d fare, ma par-lare non b appropriato e se vuoi sapere quello che intendo per non-fa-redevi fare un semplice esercizio. Dal momento che ci interessiamo delnon-fare non importa che tu faccia I'esercizio ora o tra dieci anni".

Mi fece tt.nd..e e mi prese il braccio destro piegandolo al gomito.Poi mi girb la mano finch6 ebbi il palmo rivolto in avanti; mi fececurvare ie dita come se impugnassi una maniglia, e quindi incomincid

Non-fare lj9

a muovermi il braccio avanti e indietro con un movimento circolareche assomigliava all'atto di spingere una leva attacc^ta a una ruota.

- Don Juan disse che un guerriero eseguiva quel movimento ognivolta che voleva spingere qualcosa fuori del proprio corpo, qualcosacome una malattia o una sensazione sgradita. L'idea era di spingere etirare un'immaginaria forza antagonista finch6 si sentiva un oggettopesante, un corpo solido, che arrestava il movimento libero della mano.Nel caso di quell'esercizio, 'non-fare' consisteva nel ripeterlo finchd sisentiva con la mano il corpo pesante, a dispetto del fatto che non sipotesse mai credere che fosse possibile sentirlo.

Incominciai a muovere i l^ braccio e in poco tempo la mano midivenne fredda come il ghiaccio. Incominciavo a sentire intorno allamano una specie di sensazione molliccia; era come se remassi in unapesante materia l iquida e vischiosa.

Don. Juan fece un gesto improvviso e mi afierrd la mano per arre-starne il movimento. Tutto il mio corpo tremb come scosso da unaforza invisibile. Don Juan mi scrutb menffe mi tiravo su a sedere equindi mi cammind intorno prima di rimettersi seduto.

"Hai fatto abbastanza", disse. "Potrai compiere questo esercizioun'altra volta, quando avrai pir) potere personale".

"Ho fatto qualcosa di sbagliato?"."No. Il non-fare b solo per guerrieri molto forti e tu non hai ancora

il potere sufficiente. Ora cattureresti con la mano solo cose assurde,percib fallo a poco a poco, finch6 non senti pii freddo alla mano.Ogni volta che la mano ti rimane calda puoi veramente sentire conessa le l inee del mondo".

Fece una pausa come per darmi il tempo di chiedere delle linee, maprima che avessi I'opportunit) di farlo incomincid a spiegare che c'eraLrn numero infinito di linee che ci congiungevano alle cose. Disse cheI'esercizio del 'non-fare' che aveva appena descritto avrebbe aiutatochiunque a sentire una linea che usciva dalla mano che si muoveva, unalinea che si poteva mettere o gettare dovunque si voleva. Aggiunse chequello era solo un esercizio, perch6 le linee formate dalla mano nonduravano abbastanza a lungo per essere di valore reale in una situa-zione pratica.

"[Jn uomo di conoscenz^ \sa altre parti del corpo per produrrel inee durevol i " , d isse.

"Che parti del corpo, don Juan?"."Le linee pit durevoli che un uomo di conoscenza pub produre

vengono dal centro del corpo", disse. "Ma pud produde anche congli occhi".

"Sono vere l inee?".

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180 Non-fare

" Certo tt."Si possono vedere e toccare?"."Diciamo che si possono sentire. La parte pitr difficile della via del

guerriero E capire che il mondo d una sensazione. Quando uno non-fa,Jente il mondo, e sente il mondo attraverso le sue linee"'

Si interruppe e mi esaminb con curiosit). Sollevd le sopracciglia espalancb gli occhi, poi ammiccb. L'efietto era quello degli occhi di unuccello che ammiccava. Quasi immediatamente sentii una sensazione diimbaruzzo e di nausea. Era proprio come se qualcosa mi premesse sullostomaco.

"Capisci quello che voglio dire?", chiese don Juan distogliendo gliocchi.

Osservai che mi sentivo la nausea; don Juan rispose in tono posi-tivo che lo sapeva, che stava cercando di farmi sentire le linee delmondo coi suoi occhi. Non potevo accettare che afiermasse di essereproprio lui a provocarmi quella sensazione ed espressi i miei dubbi.Non riuscivo a concepire I'idea che fosse lui a causare la mia sensazionedi nausea, dal momento che non era entrato assolutamente in contattofisico con me.

"Non-fare d semplicissimo ma difficilissimo", disse. "Non d que-stione di comprenderlo ma di padroneggiarlo. Vedere, naturalmente, tla conquista finale dell'uomo di conoscenza, e uedere si raggiunge soloquando si riesce a lermare iI mondo attraverso la tecnica del non-fare" .

Sorrisi involontariamente. Non avevo capito'"Quando si fa qualcosa con la gente", riprese don Juan, "la sola

preoccupazione dovribbe essere di presentare il caso al loro corpo. Eqrr.rto che ho fatto con te finora, lasciando che il tuo corpo sapesse.Chi se ne importa se tu capisci o no?".

"Ma don Juan, questo non E giusto. Io voglio capire tutto, altri-menti venire qui sarebbe una perdita di tempo".

"Una perdita di tempo!", esclamb parodiando il mio tono di voce."Sei davvero un bel presuntuoso".

Si alzd in piedi e disse che dovevamo arrivare sulla cima del piccodi lava alla nostra destra.

L'ascensione alla cima fu un tormento, fu una vera e propria sca-lata, a parte il fatto che non c'erano corde per aiutarci o proteggerci.Don Juan mi disse ripetutamente di non guardare in basso; e un paiodi volte dovette letteralmente tirarmi su di peso quando stavo per sci-volare gii dalla roccia. Mi sentivo terribilmente imbarazzato dal fattoche don Juan, che eta cosl vecchio, dovesse aiutarmi. Gli dissi che eroin pessime condizioni fisiche perchd ero troppo pigro per fare qualsiasieseicizio. Risoose che una volta che si era arrivati a un certo livello di

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potere personale, l'esercizio o I'allenamento di qualsiasi tipo era super-Iluo, dal momento che tutto cib di cui si aveva bisogno per essere informa impeccabile era impegnarsi nel 'non-fare'.

Quando arrivammo sulla cima mi distesi al suolo, stavo per daredi stomaco. Don Juan mi fece rotolare avanti e indietro col piede comeaveva gi) fatto un'altra volta. A poco a poco il movimento-mi ridiedeI'equilibrio, ma mi sentivo nervoso. Era come se in certo modo aspet-tassi l'improvvisa apparizione di qualcosa. Due o tre volte guardaiinvolontariamente a destra e a sinistra: don Tuan non disse una parolama guardb anche lui nella stessa direzione.

"Le ombre sono cose strane", disse a un tratto. "Devi esserti ac-corto che ce n'B una che ci segue".

"Non mi sono accorto di niente del genere", protestai ad alta voce.Don Juan disse che il mio corpo aveva notato il nostro inseguitore

nonostante la mia ostinata opposizione, e mi assicurd in tono confi-denziale che nell'essere seguiti da un'ombra non c'era nulla di insolito.

"E soltanto u., pot"ri", disse. "Queste montagne ne sono piene.E solo come una di quelle entit i che ti hanno spaventato I 'altranotte " .

Voll i sapere se la potevo veramente percepire io stesso. Don Juanasseri che di giorno se ne poteva soltanto sentire la presenza.

Voll i che mi spiegasse perch6 I 'aveva chiamata un'ombra quandoovviamente non era come I'ombra di un masso. Rispose che avevanoentrambe le stesse l inee, percib entrambe erano ombre.

Indicd un grande masso proprio davanti a noi."Guarda l 'ombra di quel macigno", disse. "L'ombra d i l macigno,

tuttavia non lo d. Osservare i l macigno per sapere che cosa sia i l ma-cigno d lare, ma osservare la sua ombra d non-fare.

"Le ombre sono come le porte, le porte del non-lare. Un uomo diconoscenza, per esempio, pud,capire i sentimenti pid intimi degli uominiosservando le loro ombre".

"C'b del movimento nelle ombre?", chiesi."Puoi dire che c'b del movimento, oppure puoi dire che in esse si

mostrano le linee del mondo, oppure puoi dire che da esse escono isentimenti ".

"Ma don -[uan, come b possibile che i sentimenti escano dalleombre? ".

"Credere che le ombre siano soltanto ombre d. fare", spiegd. "Taleconvinzione B un po' stupida. Pensala cosi: nel mondo c'd tanto di pinin tutto, che ovviamente deve esserci di piil anche nelle ombre. Dopotutto, cib che le fa ombre b semplicemente il nostro fare".

Ci fu un lungo silenzio. Non sapevo che altro dire.

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"Si avvicina la fine del giorno", disse don Juan guardando il cielo."Devi usare questa brillante luce solare per eseguire un ultimo eset-cizio" .

Mi guidd in un punto in cui c'erano due picchi della grandezza diun uomo che si ergevano paralleli I'uno all'altro, distanti poco piil diun mero. Don Juan si fermd dieci metri pit in l), rivolto a ovest.-Segnd_ un punto dove dovevo mertermi in piedi e mi disse di guardarele ombre dei picchi. Disse che le dovevo osservare incrociando eli occhiproprio come li incrociavo ordinariamente quando scrutavo il-terrenoalla ricerca di un posto per riposare. Chiari le sue istruzioni dicendoche quando si cerca un posto per riposare si deve guardare senza met-tere a _fuoco gli occhi, ma nell'osservare le ombre bisogna incrociaregli occhi e tuttavia mantenere a fr-roco un'immagine netia. L'idea eradi lasciare che un'ombra si sovrapponesse all'altra incrociando gli occhi.Spiegd che con quel procedimento si poteva accertare una determinatasensazione che emanava dalle ombre. Osservai che le sue istruzioni nonerano molto precise, ma lui sostenne che non c'era davvero modo didescrivere quello che intendeva.

Il mio tentativo di eseguire I'esercizio fu futile, mi sforzai finchdnon mi venne mal di testa. Don Juan non si preoccupd minimamentedel mio insuccesso, sali su un picco a forma di cupola e urlb dalla cima,dicendomi che dovevo cercare due pezzi di roccia piccoli, lunghi estretti. Con le mani mi mostrb quanto dovevano essere grandi le-rocceche voleva.

Trovai_ due pezzi e glieli porsi. Don Juan mise ciascun pezzo diroccia in due crepacci a circa trenta centimetri di distanza. mi ci fecemettere in piedi sopra, rivolte a ovest, e mi disse di ripetere lo stessoesercizio con le loro ombre.

Questa volta fu una faccenda completamente diversa. Riuscii quasiimmediatamente a incrociare gli occhi e percepire le due singole ombrecome se si fossero fuse in una. Notai che I'atto del guardare senza con-vergere le immagini dava alla singola ombra che ivevo formato unaprofondit) incredibile e una specie di trasparenza. La fissai sconcerraro:ogni buco della roccia, nel punto sul quale erano a fuoco i miei occhi.era nettamente discernibile; e I 'ombra composita sovrapposta era comeuna pell icola incredibilmenre trasparenre.

Non volli ammiccare p.t prrriu di perdere I'immagine che tratte-nevo cosi precariamente, ma alTa fine il bruciore degli occhi mi costrinsea battere le palpebre, tuttavia non persi

^fratto la" visione del partico-

lare., anzi, poich6 mi si era inumidita la cornea, le immagini divenneroanche piil chiare. Mi sembrava di guardare un mondo .i. non urr.uomai visto prima, da un'altezza incommensurabile. Notai anche che po-

Non-farc 18)

tevo esaminare cib che circondava I'ombra senza perdere la messa afuoco della mia percezione visiva. Sentii di atterrare in un mondo pitvasto di quanto avessi mai immaginato. Quella straordinaria percezionedurb un secondo e poi tutto si spense. Guardai in su automaticamentee vidi don Juan che mi guardava in piedi direttamente sopra alle rocce.Aveva ostruito la luce del sole col suo corpo.

Gli descrissi quell'insolita sensazione e lui spiegb che aveva dovutointerromperla perch€ aveva 'visto' che stavo per perdermi in essa. Ag-giunse che per tutti noi era una tendenza naturale quella di lasciarsiandare quando ci capitavano sensazioni di quella natura, e che lascian.domi andare in essa avevo quasi trasformato il 'non-fare' nel mio vec-chio e consueto 'fare'. Disse che invece avrei dovuto mantenere la vistasenza soccombere a essa, perchd in certo qual modo il 'fare' era unsoccombere.

Mi lamentai che avrebbe dovuto avvertirmi in anticipo di quelloche mi dovevo aspettare e di quello che dovevo fare, ma lui osservbche non aveva modo di sapere se fossi riuscito o no a fondere leombre.

Dovetti confessare che sulla questione del 'non-fare' ero oii diso-rientato che mai. I commenti di 'don Tuan furono che avrei dovutoaccontentarmi di quello che avevo fatto, perch6 per una volta avevoagito correttamente, che riducendo il mondo lo avevo ampliato e chesebbene fossi stato ben lungi dal sentire le linee del mondo, avevotuttavia usato correttamente le ombre delle rocce come una porta del'non-fare'.

La sua afiermazione, che avevo ampliato il mondo riducendolo, miafiascinb infinitamente. I dettagli della roccia porosa, nella piccola zonasu cui si erano messi a fuoco i miei occhi, erano cosl netti e precisa-mente definiti che la cima del picco rotondo era diventata Der me unvasto mondo; eppure in realt) era una visione ridotta della roccia.Quando don Juan aveva bloccato la luce e mi ero trovato a guardarecome facevo normalmente, i dettagli precisi si erano offuscati, i piccolibuchi della roccia porosa erano diventati piil grandi, il colore brunodella lava inaridita era diventato opaco e tutto aveva perso la luminosatrasparcnza che aveva fatto di quella roccia un vero mondo.

Don Juan prese allora i due pezzi di roccia, li posd delicatamentein un profondo crepaccio e si rimise a sedere a gambe incrociate,rivolto a ovest, sul punto nel quale li aveva messi prima. Quindibattd con la mano su un punto vicino a lui alla sua sinistra e mi dissedi sedermi.

Rimanemmo a lungo senza parlare, poi mangiammo, sempre in si-

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lenzio. Fu soltanto dopo il tramonto che don Juan si alzd improvvisa-mente e mi chiese dei miei progressi nel 'sognare'.

Gli dsposi che al principio mi era stato facile, ma che al momentoavevo cessato completamente di trovarmi le mani in sogno.

"Quando hai incominciato a sognare la prima volta usavi il miopotere personale, percib era pii facile", disse. "Ora sei vuoto. Ma devicontinuare a tentare fino a quando non avrai abbastanza potere tuo.Yedi, sognare d il non-fa,re dei sogni, e a mano a mano ihe progre-dirai nel non-fare progredirai anche nel sognare. Il trucco d non smet-tere di guardarti le mani, anche se non credi che quello che fai abbiaun qualche significato. In efietti, come ti ho detto prima, il guemieronon ha bisogno di credere, perch6 fino a quando continua ad agiresenza credere, non-\a".

Ci guardammo a vicenda per un momento."Non c'B alro che ti possa dire del sognare", continud. "Tutto cid

*e ti potrei dire sarebbe soltanto non-fare. Ma se affronti il non-faredirettamente, tu stesso saprai quello che dovrai fare quando sogni.Adesso, perb, B essenziale che trovi le tue mani, e sono sicuro chelo farai".

"Non so, don Juan. Non mi fido di me"."Non B questione di fidarsi di nessuno. Tutta questa faccenda

riguarda la battaglia del guerriero; e tu continuerai a lotare, se nonsotto_ il tuo potere, allora forse sotto I'urto di un avversario degno, ocon I'aiuto di qualche alleato, come quello che ti sta gi) seguindo".

Feci un brusco sussulto involontario con il braccio destro. Don Juandisse che il mio corpo sapeva pit di quanto io sospettassi, perch6 lafotza che ci seguiva eru alla mia desra. A bassa voie mi .onfidd .h.quel giorno I'alleato mi era venuto per due volte cosi vicino che luiaveva dovuto intervenire e fermado., "Durante il giorno le ombre sono le porte del non-t'are", disse. "Ma

di notte, poich6 pochissimo lare prevale nell'oscurit), iutto d un'ombra,c_oppresi gli alleati. Te I'ho gi) detto quando ti ho insegnaro I'andaturadel potere".

Scoppiai a ridere forte e la mia stessa risata mi spaventb."Tutto quello che ti ho insegnato finora d stato un aspetto del

non-fare", riprese don Juan. "Il guerriero applica il non-fare a tuttocid che b nel mondo, e turtavia non posso dirti piil di quanto ti hodetto oggi. Devi lasciare che il tuo corpo scopra -il potere e il sensodel non-fare".

Ebbi un altro scoppio di riso nervoso."E stupido dispreizare i misteri del mondo semplicemente perchd

conosci il fare del disprezzare", disse don Juan con espressione seria.

Non-lare 185

Lo assicurai che non disprezzavo nulla o nessuno, ma che ero piilnervoso e incompetente di quanto lui pensasse.

"Sono sempre stato cosl", dissi. "E tuttavia voglio cambiare, manon so come; sono cosl inadeguato".

"So gi) che pensi di essete marcio", mi rispose. "Questo b il tuofare. Ora, per in{luenzare questo tuo lare voglio raccomandarti di im-parare un altro fare. D'ora in poi, e per un periodo di otto giorni,voglio che tu mentisca a te stesso. fnvece di dirti la veriti, che seibrutto, marcio e inadeguato, ti dirai invece che sei I'opposto completo,sapendo che mentisci e che sei assolutamente al di l) della speranza".

"Ma a che servirebbe mentire a questo modo, don Juan?"."Potrebbe inchiodarti a un altro lare e allora potresti comprendere

che entrambi i lare sono menzogne, sono irreali, e dipendere dall'unoo dall'altro b tempo sprecato, perch6 la sola cosa vera E I'essere in teche deve morire. Arrivare a quell'essere d il non-fare del s6".

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L'anello di potere

Sabato 74 aprile, 7962

Don Juan soppesd le zucche e concluse che avevamo esaurito le nostreprovviste di cibo ed era ora di tornare a casa. Osservai che per arrivarea casr- sua avremmo impiegato almeno un paio di giorni, ma risposeche non tornava a Sonora ma sarebbe andato in una citti di confinedove doveva occuparsi di certi afiari.

Pensavo che avremmo incominciato la nostra discesa seguendo ilfondo di un canyon, ma don Juan si diresse a ovest verso gli altipianidelle montagne di lava. Dopo circa un'ora di cammino mi guidd in unprofondo burrone che terminava in un punto dove due picchi quasisi congiungevano. Li c'era un pendio che arrivava fin quasi alla cimadella catena montuosa, uno strano pendio che sembrava un obliquoponte concavo tra i due picchi.

Don Juan indicb un punto sul pendio."Guarda fisso quel punto", disse. "Il sole E quasi perpendicolare".Spiegb che a mezzogiorno la luce del sole poteva aiutarmi a 'non-

fare'. Mi diede quindi una serie di ordini: allentare tutti gli indumentisffetti che avevo addosso, sedere a gambe incrociate e guardare inten-samente il punto che aveva indicato.

In cielo c'erano pochissime nuvole e nessuna a ovest. Era una sior-nata calda e i raggi del sole scintillavano sulla lava solidificata. Mimisi a osservare attentamente tutta la zona.

Dopo aver osservato a lungo domandai che cosa avrei dovuto spe-cificamente cercare. Don Juan mi fece tacere con un gesto impazientedella mano.

Ero stanco e volevo mettermi a dormire. Socchiusi gli occhi; miprudevano e me li strofinai, ma avevo le mani madide di sudore cheme li fece bruciare. Guardai i picchi di lava attraverso le palpebre soc-chiuse e improwisamente I'intera montagna si illuminb.

Dissi a don Juan che se socchiudevo gli occhi potevo vedere tuttala catena di montagne come un inricato spiegamento di fibre di luce.

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Don Juan mi disse di respirare meno possibile per conservare lavisione delle fibre di luce, e di non fissare intensamente ma suardarecasualmente un punto sull'orizzonte proprio sopra al pendiol Seguiile sue istruzioni e riuscii a conservare la vista di un'interminabile esren-sione coperta da una rete di luce.

A voce bassissima don Juan disse che dovevo cercare di isolare zonedi buio nel campo delle fibre di luce, e che subito dopo aver trovatoun punto buio dovevo aprire gli occhi e conrollare la posizione di quelpunto sul pendio.

Non riuscii a percepire nessuna zona di buio. Socchiusi gli occhi eli riaprii varie volte. Don Juan mi si avvicind e indicd wa zona allamia desta e quindi un'altra proprio di fronte a me. Cercai di cambiarela posizione del corpo; pensai che forse se spostavo la prospettiva sareiriuscito a percepire quella certa zona di buio che don Juan mi indicava,ma don Juan mi scosse il braccio e in tono severo mi ordind di rima-nere immobile e paziente.

Socchiusi nuovamente gli occhi e ancora una volta vidi la rete difibre di luce. La guardai per un momento e quindi spalancai gli occhi.In quell'istante udii un debole rombo - avrebbe potuto essere facil-mente spiegato come il rumore lontano di un aeroplano a reazione -e poi, con gli occhi spalancati, vidi tutta la catena di montagne davantia me come un enorme campo di piccoli punti di luce. Era come seper un breve istante alcune particelle metalliche nella lava solidificatariflettessero all'unisono i raggi del sole. Poi la luce del sole si attenube si spense improwisamente, le montagne divennero una massa diroccia di un monotono colore marrone scuro e nello stesso temoo sialzd il vento e incomincib a far freddo

Volli girarmi per vedere se il sole fosse scomparso dietro a unanuvola, ma don Juan mi tenne ferma la testa e non mi lascid muovere.Disse che se mi voltavo potevo intravedere un'entit) delle montagne,I'alleato che ci stava seguendo. Mi assicurb che non avevo la fotza ne-cessaria per resistere a una visione di quella natura, poi aggiunse intono calcolato che il rombo che avevo udito indicava il modo partico-lare in cui un alleato annuncia la propria presenza.

Quindi si alzb in piedi e disse che dovevamo incominciare a saliresu per il pendio.

"Dove andiamo? ", chiesi.Mi indicd una delle zone che aveva isolato come una macchia di

buio. Spiegb che il 'non-fare' gli aveva permesso di isolare quel puntocome un possibile centro di potere, o forse come un posto in cui sipotevano ffovare oggetti di potere.

Raggiungemmo il punto che intendeva dopo una faticosa scalata.

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Don Juan rimase in piedi immobile per un momento a poca distanzadi fronte a me, cercai di awicinarmi a lui ma con la mano mi fecesegno di fermarmi. Sembrava che si stesse orientando. Potevo vederela sua nuca muoversi come se facesse scorrere gli occhi su e giil per lamontagna;. quindi con passi sicuri si diresse verso una sporgenza. Simise a sedere e incomincib a spazzar via con la mano un po' di terric-cio. Scavd con le dita intorno a un piccolo pezzo di roccia che emer-geva.dal terreno togliendogli la terra inrorno. Poi mi ordind di tirarlotuorl.

Quande ebbi scavato fuori il pezzo di roccia mi disse di mettermeloimmediatamente sotto la camicia perch6 era un oggetto di potere chemi apparteneva. Disse che me lo avrebbe dato perchd lo conservassi elo dovevo pulire e tenere da conto.

Subito dopo incomir-rciammo a scendere seguendo il fondo di uncanyon e in un paio d'ore eravamo nell 'alto deserto che si stendeva aipiedi delle montagne di lava. Don Juan camminava circa tre metriavanti a me e mantenne Lln ottimo passo. Andammo verso sud fino apoco prima del tramonto. A ovest una pesante cortina di nuvole ci im-pediva di vedere il sole, ma ci fermammo finch6 non fu presumibil-mente scomparso dieffo L'otizzonte.

Quindi don Juan cambid direzione e puntb verso sud-est. Salimmosu una coll ina e mentre arrivavamo alla cima vidi quattro uominivenire verso di noi da sud.

Guardai don Juan. Nelle nosre escursioni non avevamo mai incon-trato nessuno e non sapevo cosa fare in un caso come quello; ma donJuan non sembrava afratto preoccupato, continub a camminare come senulla fosse.

Gli uomini si muovevano apparenremente senza fretta, avanzandopigramente verso di noi. Quando furono piir vicini notai che eranoquattro giovani indiani. sembrd che riconosiessero don Tuan che oarldloro in spagnolo. Parlavano a voce bassissima e lo irattavano conestrema deferenza. solo uno di loro mi parld. chiesi sottovoce a donJuan se anch'io potevo parlare con loro e lui mi fece cenno di slcol caDo.

.Una volta impegnati nella conversazione i qllatro giovani furonomolto amichevoli e comunicativi, specialmente quello.-che mi avevaparlato per primo. Mi dissero che

-andavano in cerca di cristall i di

q.uarzo dotati dj potere, che avevano errato per.molti giorni intornoalle montagne di lava, ma ncn avevano avuto fortuna.

Don Juan si guardd intorno e indicb una zona rocciosa a circa due-cento metri di distanza.

"E un buon posto per accamparci un po"', disse.

L'anello di potere 189

Si avvib verso le rocce e noi tutti lo seguimmoLa zona che aveva scelto era molto irregolare e priva di cespugli.

Ci mettemmo a sedere sulle rocce. Don Juan annuncid che sarebbetornato nella macchia a raccogliere rami secchi per accendere un fuoco.Mi ofirii di aiutarlo, ma mi sussurrb che era un fuoco speciale pet queivalorosi giovanotti e non aveva bisogno del mio aiuto.

I giovani si misero seduti intorno a me formando uno sffetto cer-chiot uno di loro si sedette con la schiena contro la mia. Mi sentivoun po' imbanzzato.

Quando don Juan tornb con un fascio di legna li elogid per la lorodiligenza e mi disse che i giovani erano i novizi di uno stregone, e chequando si andava in caccia di oggetti di potete la regola prescrivevadi sedersi in cerchio con al centro due persone schiena contro schiena.

Uno dei giovani mi domandb se avevo mai trovato dei cristalli, glirisposi che don Juan non mi aveva mai portato a cercarli.

Don Juan scelse un posto vicino a un grande macigno e si accinsea preparare un fuoco..Nessgno dei giovani si mosse per aiutarlo matutti lo osservarono attentamente. Quando tutti i pezzi di legno preserofuoco don Juan si mise a sedere con la schiena contro il macigno. Ilfuoco era alla sua destra.

Evidentemente i giovani sapevano cib che stava accadendo, ma ionon avevo la minima idea di come ci si dovesse comportare con deinovizi di stregone.

Osservai i quattro giovani: sedevano di fronte a don Juan formandoun semicerchio perfetto. Mi accorsi allora che don Juan era sedutodirettamente di fronte a me e che due dei giovani erano seduti alla miasinistra e gli altri due alla mia destra.

Don Juan incomincib a raccontare che io ero sulle montagne dilava per imparare a 'non-fare' e che un alleato ci aveva seguiti. Pensaiche fosse un inizio molto drammatico e avevo ragione. I giovani cam-biarono posizione e sedettero con la gamba sinistra piegata sotto ilcotpo. Non avevo osservato la posizione in cui si erano seduti prima,avevo immaginato che fossero seduti come me, a gambe incrociate.Un'occhiata casuale a don Juan mi riveld che anche lui era seduto con7a gamba sinistra piegata sotto il corpo. Lo guardai e lui mi fece colmento un cenno appena percettibile indicando la mia posizione. Comeper caso piegai in dentro la gamba sinista.

Don Juan mi aveva detto una volta che quella era la posizione usatadagli stregoni quando le cose erano incerte, ma per me era sempre statamolto faticosa. Sentivo che rimanere seduto a quel modo per tutta ladurata del suo discorso sarebbe stata per me una fatica terribile. DonJuan sembrava rendersi perfettamente conto del mio svantaggio e spiegb

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succintamente ai giovani che i cristalli di quarzo potevano essere tro-vati in certi punti specifici di quella zona, e che una volta trovati dove-vano essere p_ersuasi a lasciare la loro dimora con tecniche speciali.Allora i cristalli diventavano I'uomo stesso, e il loro potere andava aldi l) della nostra comprensione.

Disse che ordinariamente i cristalli di quarzo si trovavano in gruppie che I'uomo che li aveva trovati doveva scegliere cinque delle lamedi quarzo pii lunghe e pit belle e separarle dalla matriie. Quello cheIi aveva rovati aveva 7a responsabilit) di intagliarli e levigarli perfppuntirli_ e ,farli_ corrispondere perfettamente alla lunghezia , ill^forma delle dita della sua mano destra.

Poi ci disse che i cristalli di quarzo erano armi usate per la stre-goneria, che di solito erano scagliati per uccidere e peneiravano nelcorpo del nemico ritornando poi alla mano del loro proprietario comese non l'avessero mai lasciata.

Quindi parld della ricerca dello spirito che avrebbe trasformato inormali cristalli in armi e disse che la prima cosa da {ate era trovareun posto propizie pef attirare lo spirito. Quel posto doveva essere suuna collina e 1o si doveva movare passando Ia mano sul terreno colpalmo rivolto in basso finchd non si ientiva un certo calore nella mano.!u__quel punto si doveva accendere un fuoco. Don Juan spiegd cheI'alleato era atratto dalle fiamme e si manifestava

-. .r.r" serie di

rumori coerenti. La persona che cercava un alleato doveva seguire ladirezione dei rumori finch6 I'alleato si rivelava. poi doveva lJttare aterra con lui per soprafiarlo. Era a quel punto che si poteva riuscirea far sl che I'alleato toccasse i cristalli per imbeverli di potere.. ci avvertl che_in quelle montagne di lava c'erano molte altre forze,

che non rassomigliavano agli alleati; non facevano alcun rumore maapparivano soltanto come ombre fluttuanti e non avevano assolutamentenessun potere.

Don Juan aggiunse che una piuma dai colori brillanti o un cristallodi quarzo molto levigato avrebbe attrarro I'attenzione di un alleato,ma 9h9 -in generale qualsiasi oggetto sarebbe stato altrertanro efEcace,perc-h_e I'importante non era trovare gli oggetti ma la forza che liavrebbe imbevuti di ootere.

"A che servirebbe avere cristalli meravigliosamente levigati se nonsi riesce mai a trovare lo,spirito che di potere?,', disse. ,,Dlltra parte,se non si hanno i cristalli ma si trova lo spirito, si pud mettere sulsuo cammino qualsiasi cosa perchd la tocchi. se non riuscite a trovarenient'altro potete metterci i coglioni".

I giovani ridacchiarono. Il piil audace, quello che mi aveva parlatoper primo, scoppib a ridere forte.

L'anello di potue 191

Notai che don Juan aveva incrociato le gambe e sedeva rilassato,rrnchc tutti e quattro i giovani avevano incrociato le gambe. Cercai difrrr scivolare indifietentemente la gamba in una posizione pii rilassata,ma probabilmente mi si era accavallato un nervo del ginocchio sinistro() avcvo il muscolo indolenzito. e fui costretto ad alzarmi in oiedi esaltellare sul posto per qualche minuto.

Don Juan fece un commento ironico: disse che ero fuori esercizio,non riuscivo piil a stare in ginocchio petchd da anni non andavo piia confessarmi, da quando avevo incominciato ad andare in giro con lui.

Le sue parole divertirono i giovani che scoppiarono a ridere ascatti. Alcuni di loro si coprirono la faccia e ridacchiarono nervosa-mente.

"Adesso vi mostterb qualcosa", disse don Juan con aria indifierentequando i giovani ebbero finito di ridere.

Immaginavo che ci avrebbe fatto usare degli oggetti di potere cheaveva in tasca. Per un istante pensai che i giovani stessero per strin-gersi intotno a lui perch6 fecero un movimento improvviso all'unisono.Si piegarono tutti leggermente in avanti come per alzarsi in piedi, mapoi ripiegarono tutti \a garnba sinistra e ripresero quella misteriosaposizione cosi faticosa per le mie ginocchia.

Piegai indietro la gamba sinistra col movimento pii naturale possi-bile. Mi accorsi che se non mi mettevo a sedere sul piede sinistro, ciod,se mantenevo una posizione semi-inginocchiata, le ginocchia non mifacevano tanto male.

Don Juan si alzd in piedi e girb intorno al grosso macigno fino ascomparire alla vista.

Prima di alzarsi doveva aver alimentato il fuoco mentre io ripie-gavo la gamba sinistra sotto al corpo, perch6 nuovi pezzi di legno cre-iit"rono- e le fiamme divamparono. L'effetto fu estremamente dram-matico. Le fiamme diventarono grandi il doppio. Don Juan balzb im-mediatamente fuori da dietro il macigno e si fermd in piedi dove primaera stato a sedere. Per un attimo rimasi sconceftato, don Juan si eramesso in testa un buffo cappello nero con delle punte ai lati, vicinoalle orecchie, e rotondo sulla sommita. Mi venne in mente che era inrealt) un cappello da pftata. Indossava una lunga giubba nera con lecode. allacciila da un solo bottone metallico risplendente, e aveva unagamba di legno.

Risi tr" -..

Don Juan appariva veramente ridicolo nel suo costumeda oitata.Incominciai a domandarmi dove si fosse procurato quell'equi-puggi^.t".tto li nel deserto. Immaginai che dovesse essere stato nascostoiiJilo ala roccia. Commentai 6a me che gli mancava soltanto una

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192 L'anello di potere

benda sull'occhio e un pappagallo sulla spalla per essere il perfettoprctotipo del pirata.

Don Juan guardd tutti i membri del gruppo facendo scorrere len-tamente gli occhi da destra a sinistta, poi guardd al di sopra dellenostre teste e fissb lo sguardo nell'oscuriti, dieuo di noi. Rimase inquella posizione per un momento, poi girb intorno al macigno e scom-parve.

Non feci caso a come camminava. Ovviamente doveva tenere ilginocchio piegato per imitare I'andatura di un uomo con la gamba dilegno; quando si era girato per andare dietro al macigno avrei dovutovedere la gamba piegata, ma ero cosl disorientato dai suoi atti che nonavevo fatto nessuna attenzione ai dettagli.

Le fiamme persero la loro forza ptoprio nel momento in cui donJuan girb dietro al macigno. Pensai che la sua scelta del tempo fossesuperba; doveva aver calcolato il tempo che i legni aggiunti al {uocoavrebbero impiegato per bruciare, predisponendo la sua uscita in basea quel calcolo.-

Il cambiamento di intensiti del fuoco fu molto drammatico per ilgruppo; tra i giovani passb un'ondata di nervosismo. A mano a manoche le fiamme scemavano i giovani tornarono tutti insieme a sedersi agambe incrociate.

Mi aspettavo che don Juan uscisse subito da dietro al macigno etornasse a sedersi, ma non uscl, rimase invisibile. Aspettai con impa-zienza. I giovani erano rimasti a sedere con un'espressione impassibilesul volto.

Non riuscivo a capire che cosa avesse voluto intendere don Juancon tutti quegli istrionismi. Dopo una lunga attesa mi rivolsi al gio-vane seduto aTla mia destra e gli domandai sottovoce se qualcosa dicib che don Juan aveva addosso - il ridicolo cappello, Ia lunga giubbacon le code e il fatto che avesse una gamba di legno -

^vev^ per lui un

qualche significato.Il giovane mi guardb con una buffa espressione vuota, sembrava

confuso. Ripetei la domanda e I'altro giovane accanto a lui mi guardbattentamente per ascoltate.

Poi si guaidarono a vicenda con un'espressione di assoluta confu-sione. Dissi che per me il cappello, la gamba di legno e la giubbaavevano trasformato don Juan in un pirata.

Tutti e quattro i giovani si erano intanto stretti intorno a me.Ridacchiavano sommessamente e si agitavano nervosamenre, sembra-vano senza parole. Alla fine il piil audace padd. Disse che don Juannon aveva aftatto un cappello, non indossava una lunga giubba e certa-mente non aveva una gamba di legno. ma che aveva in testa un cap-

L'anello di potere 19)

puccio nero e addosso una tonaca nera, come quella di un frate, chearrivava fino a terra.

"Nol", esclamd sottovoce un altro giovane. "Non aveva un cap-puccio".

"Giusto", dissero gli altri.Il giovane che aveva parlato per primo mi guardb con un'espres-

sione di completa incredulit).Dissi loro che dovevamo riesaminare attentamente e con calma cib

che era successo, e che ero sicuro che don Juan aveva voluto che lofacessimo e percib ci aveva lasciati soli.

Il giovane alla mia estrema destra disse che don Juan era vestito distracci, che aveva addosso un poncho cencioso o una specie di giaccaindiana e in testa un sombrero ammaccatissimo. Reggeva in mano uncanestro con delle cose dentro, ma non era sicuro di quello che c'eradentro. Aggiunse che don Juan non era vestito veramente come Lrnmendicante ma piuttosto come un uomo che tornava da un viaggiointerminabile carico di strani oggetti.

Il giovane che aveva visto don Juan con un cappuccio nero disseche non aveva nulla in mano ma che aveva i capelli lunghi e incolti,come un selvaggio che avesse appena ucciso un frate e ne avesse indos-sato gli abiti, non riuscendo tuttavia a nascondere la propria naturaselvaggia.

Il giovane alla mia sinistra ridacchib sommessamente e osservd cheera tutto molto stiano. Disse che don Juan era vestito come un uomoimportante che fosse appena sceso da cavallo. Aveva gambali di cuoioper cavalcare, grandi speroni, un frustino che continuava a battere sulpalmo della mano sinistra, un cappello di Chihuahua a punta e duepistole automatiche calibro 45. Disse che don Juan era I'immagine dalranchero benestante.

Il giovane alla mia estrema sinistra rise timidamente e non vollerivelare quello che aveva visto. Cercai di persuaderlo, ma gli altri nonparevano interessati e lui sembrava troppo timido per parlare.

Il fuoco stava per estinguersi quando don Juan uscl da dietro ilmacigno.

"Faremmo meglio a lasciare questi giovani alle loro occupazioni",mi disse. "Salutali".

Non li guardd. Incomincib ad allontanarsi lentamente per darmi iltempo di salutare.

I giovani mi abbracciarono.Nel fuoco non c'erano fiamme, ma le braci aciese mandavano luce

sufEciente. Don Juan era come un'ombra nera poco distante e i giovani

li

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19-l L'anello di Potere

un cerchio di sagome statiche nettamente definite. Sembravano una filadi statue nere su uno sfondo di oscurit).

Fu in quel momento che l'inteto episodio ebbe il suo efietto su dime. Un brivido mi corse per la spina dorsale. Raggiunsi don Juan chein tono perentorio mi disse che non mi dovevo guardare intorno percercare i quattro giovani, perch6 in quel momento erano un cerchiodi ombre.

Sentivo nello stomaco una forza esterna, come una mano che miafrerava. Urlai involontariamente. Don Juan mormord che in quellazona c'era tanto di quel potere che per me sarebbe stato facilissimousare l ' 'anda'tuta del potere'.

Trotterellammo per qualche ora. Io caddi cinque volte e don Juancontd ad alta voce tutte le volte che persi I 'equil ibrio. Poi f inalmentesi fermd.

"Siediti, raggomitolati contro le rocce e coprit i Ia pancia con lemani", mi sussurrb all 'orecchio.

Domenica 15 aprile, 1962

La mattina, appena ci fu luce suficiente, riprendemmo a cammi-nare. Don Juan mi guidb fino al posto dove avevamo lasciato I'auto-mobile. Avevo fame, ma mi sentivo tuttavia riposato e rinvigorito.

Mangiammo dei crackers e bevemmo dell'acqua minerale che avevoin macchina. Volevo fargli delle domande che mi premevano molto,ma lui si 'mise i l dito sulle labbra.

A met) del pomeriggio eravamo nella citti di confine dove volevache lo lasciassi. Andammo a mangiare in un ristorante; il locale eravuoto, sedemmo a un tavolo vicino a una finesfia che guardava sullavia principale della piccola citt) e ordinammo il nostro pranzo.

Don Juan pareva rilassato; gli occhi gli brillavano di una luce ma-liziosa. Mi sentii incoraggiato e incominciai a bombardarlo di domande;principalmente volevo sapere del suo travestimento.

"Ti ho mosffato un po' del mio non-fare", disse, e i suoi occhisembrarono splendere.

"Ma nessuno di noi ha visto i l medesimo travestimento", dissi."Come avete fat to?".

"E semplicissimo", rispose. "Erano solo travestimenti, perch6 tuttocib che facciamo E in certo modo semplicemente un travestimento.Tutto quello che facciamo, come ti ho detto, d una questione di fare.Un uomo di conoscenza porebbe agganciarsi al lare di chiunque e

L'anello di potere I95.

trscirsene con cose irueali. Ma non sono cose irreali, non lo sono verajmente; sono irreali solo per chi b intrappolato nel fare.

"Quei quattro giovani e anche tu non vi rendete ancora conto delnon-fare, percib b stato facile i l ludervi tutti".

"Ma come ci avete i l lusi?"."Non avrebbe- significato per te. Non c'd modo per te di capirlo,,."Mettetemi alla prova, don Juan, per piacere"

-"Dic-iamo che ognuno di noi quando nasce porta con s6 un piccoloanello di potere. Questo anellino E messo in uso immediatarnente.Percid ognuno di noi ts gii agganciato fin dalla nascita e i nostri anellidi potere sono uniri a quell i di tutti gli alrri. In altre parole, i nostrianelli di potere sono agganciati al lare del mondo per fabbricare ilrnondo".

"Fatemi r.rn esempio perchd possa capire", dissi.. "Per esenpio, i nostri anell i di potere, i l tuo e i l mio, sono pro-

prio ora agganciati al fare in questa starza. Noi fabbrichiamo questastanza. I nosri anelli di potere costruiscono questa stanza in questostesso momento".

"Aspettate, aspettate", dissi. "Questa stanza d qui di per s6. Ionon la sto creando. Non ho niente a che fare con q.testa si.anza,'.

Don Juan non sembrd curarsi delle mie p.oteit", sosrenne conmolta calma che la stanza in cui'eravamo era portata in essere e man-tenuta al suo posto a causa della forza dell 'anello di potere di ognuno.- "Capisci", continud, "ognuno di noi conbsce 1l lare delle stanie per-

ch6, in un modo o nell 'altro, abbiamo passato gran parte della nosra vitain stanze. Un uomo di conoscenza, d'alffa parte, sviluppa un altroanello di potere. Lo chiamerei l'anello del non-fare, perchd- B aggan-ciato al non-fare. Con quell 'anello, quindi, pud costruire .,n l i tromondo".

Una giovane cameriera ci portb i nostri piatti e sembrd guardarcicon aria sospettosa. Don Juan mi disse sottovoce che dovevo pagarlaper farle vedere che avevamo al>bastanza denaro.:

"Non ha torto a diff idare di te", disse scoppiando a ridere. "Haiun aspetto spaventoso".

Pagai la donna e Ie diedi una mancia, e quando ci lascid soli f issaidon .fuan cercando di riprendere i l f i lo deli,r conversazione. Ltri mivenne in aiuto.

"La tua diff icolti b che ancora non hai sviluppato i l secondo anellodi potere e il tuo corpo non conosce il non-fare,', disse.

Non capivo quello che aveva detto. La mia mente era bloccata dauna preoccupazione quanto mai prosaica: tutto quello che volevo sapereera se aveva o no indossato un equipaggiamento da pirata.

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196 L'anello di potere

Don Juan non rispose ma scoppib a ridere fragorosamente. Lopregai di spiegarmi.

"Ma te I 'ho appena spiegato", ribatt6."Volete dire che non avete indossato nessun travestimento? ".

chiesi."Tutto quello che ho fatto b stato agganciare il mio anello di po-

tere al tuo fare", disse. "Sei stato tu a fare il resto e gli altri hannofatto altrettanto".

"E incredibile! ", esclamai."A tutti noi B stato insegnato a essele d'accordo riguardo il fare",

disse sottovoce. "Tu non hai idea del potere che tale accordo portacon s6. Ma fortunatamente i l non-farc E altrettanto miracoloso e po-tente ".

Sentii nello stomaco un brivido incontrollabile. Tra la mia espe-rienza diretta e la sua spiegazione c'era un abisso insormontabile.Come ultima difesa ricorsi, come avevo sempre fatto, a una sfumaturadi dubbio e sfiducia e alla domanda: "E se in realt) don Juan avessefatto comunella con quei giovani e avesse montato tutto lui stesso?".

Cambiai argomento e lo interrogai sui quattro giovani."Mi avete detto che erano ombre?", chiesi."Giusto"."Erano al leat i? " ."No. Erano i novizi di un uomo che conosco"."Perchd li avete chiamati ombre?"."Petch6 in quel momento erano stati toccati dal potere del non-

fare, e poich6 non sono stupidi come te si sono cambiati in gualcosadi molto diverso da quello che tu conosci. Non ho voluto che li guar-dassi per questo motivo, ti avrebbe solo fatto male.

Non avevo piil domande da fare e non avevo nemmeno piil fame.Don Juan mangid di gusto e sembrava di umore eccellente, ma io misentivo scoraggiato. Improvvisamente mi sentivo in preda a una stan-chezza logorante. Comprendevo che il sentiero di don Juan era troppoarduo per me. C)sservai che non avevo i requisiti per diventare unostregone.

"Forse un altro incontro con Mescalito ti potrebbe aiutare", rispose.Lo assicurai che era I'ultima cosa che mi passasse per la mente e

che non ne intendevo nemmeno considerare I'eventualiti."Ti devono accadere cose molto violente perchd tu permetta al

tuo corpo di profittare di tutto quello che hai imparato", disse.Azzardai I'opinione che'siccome non ero un indiano non ero vera-

mente qualificato per vivere la vita insolita dello stregone."Forse se riuscissi a districarmi da tutti i miei legami potrei viag-

L'anello di potete 197

giare un po'meglio nel vostro mondo", dissi. "Oppure se andassi convoi a vivere nel deserto. Cosl come stanno ora le cose, il fatto di avereun piede in ciascuno dei due mondi mi rende inutile in entrambi".

Don Juan mi fissd a lungo."Questo b il tuo mondo", disse additando attraverso la finestra la

strada piena di vita. "Tu sei un uomo di quel mondo e il tuo terrenodi caccia B li fuori, in quel mondo. Non c'E modo di sfuggire al laredel nostro mondo, percid, quello che fa il guerriero b trasformare ilproprio mondo nel proprio tefreno di caccia. Come un cacciatore, ilguerriero sa che il mondo b fatto per essere usato, percib ne usa ogniminima parte. Il guerriero B come un pirata che non ha scrupoli aprendere e usare tutto cib che vuole, con la difierenza che il guerrieronon si preoccupa e non si sente insultato quando a sua volta d presoe usato".

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17Un degno avversario

Martedi 11 dicembre, 1962

Le. mie.trappole erano perfette, la loro collocazione giusta, vedevoconlgli, scoiattoli e altri roditori, quaglie e uccell i, ma in"tutta Ia gior-nata non ero riuscito a catturare nulla.Quando eravamo usciti di prima mattina don Juan aveva detto chequel giomo mi dovevo aspettaie un ,dono di t";.'.;;, ;;;;;; ...._zionale che avrebbe potuto essere' atrirato

".1i. mil'ti"oo"i.'.ii *iavrei po-tuto essiccare la carne pef'farne,cibo di pot.r. i."--- - '

Sembrava di umore pensier6so; non mi ai"J. un ,.fo susserimenrond fece commenti di sorta. Verio la nn"- a.Uu- gt;;;;;3;;i,n.r,r"parld.

"Qualcuno interferisce con la tua caccia", disse."Chi? ", domandai sorpreso.

,, ,?_:l,Jy.un mi guardd sbrridendo e scosse il capo con un,espressioneor rncredullta.. "Ti comporti come se non lo sapessi, ', disse. ,,Eppure b tutto i lg iorno che sai chi d ' .

. stavo per protestare -ma capivo che non sarebbe servito a nrente.

:,1p_.": che don Juan. voleva alludere alla ,Catalina', e se era quello iltrpo dr conoscenza di cui parlava, arrota aveva ragione, conoscevo lapersona che interferiva."o ce ne andiamo a casa su-bito", riprese don Juan, "o aspettiamoche faccia buio e sfrutiamo_ il ...pur.l1o per catturarla,,.

. Sepb.rlva che aspettasse la mia'decisione. fo volevo andar via erncomlncral a raccogliere celti pezzi di una cordicella che stavo usando,:i .TA. -che

potess,i esprimere a parole il mio J.ria.iio'Jol"';u..,mr rermo con un ordine diretto..- "siediti ", disse. "Andarcene subito sarebbe una decisione pii l sem-plice e piir saggia,- ma in questo caso- p""i;J;";."r.' .rr.'a5ttiu,norimanere. Questa faccenda iiguarda solo te"

Un degno auuersario 199

"Che volete dire?"."Qualcuno interferisce con te in particolare, percib questa d una

faccenda che riguarda te. Io so chi b e anche tu lo sai"."Mi fate paura"."Non sono io che ti faccio paura", rispose ridendo, "ma quella

rlonna che si aggira qui intorno".Fece una pausa come se aspettasse di vedere I'efietto delle sue

lrarole su di me. Dovetti ammettere di essere tenorizzato.

Piil di un mese prima avevo sostenuto uno spaventevole confrontocon una strega chiamata '7a Catalina'. L'avevo afirontata a rischio dellamia vita perchd don Juan mi aveva convinto che quella strega minac-ciavala sua vita e lui non era capace di difendersi dai suoi assalti. Dopoil contatto con la donna don Juan mi aveva rivelato che la streganon aveva mai rappresentato per Iui un vero pericolo e che tutta lafaccenda era stata un trucco, non nel senso di uno scherzo maligno manel senso di una trappola per adescarmi.

Il suo metodo mi era parso cosl privo di etica che mi ero infuriatocon lui.

Nell'udire i miei scoppi di collera don Juan si era messo a cantaredelle canzoni messicane imitando dei popolari cantanti sentimentali, ela sua parodia era stata cosl comica da cosffingermi a ridere come unbambino. Don Juan mi aveva divertito per ore, non avevo mai imma-ginato che conoscesse un tale repertorio di canzoni idiote.

"Lascia che ti dica una cosa", aveva detto alla fine in quella circo-stanza. "Se non fossimo ingannati non impareremmo mai, lo stesso bsuccesso a me e succederi a chiunque. L'atte di un benefattore consistenel condurci f ino al l imite. I l benefattore pub solo indicare la via eingannare. Io ti ho gii ingannato una volta. Ricordi il modo in cui horicatturato il tuo spirito di cacciatore, non d vero? Mi avevi detto tuche cacciare ti faceva dimenticare le piante, eri pronto a fare moltis-simo per diventate un cacciatore, cose che non avresti fatto per impa-rare a conoscere le piante. Ora devi fare molto di piil per sopravvi-vefe ".

Mi aveva guardato fisso ed era scoppiato a ridere."E tutta una pazzia", avevo detto. "Siamo esseri razionali"."Tu sei tazionale, io no"."Ma certo che lo siete, siete uno degli uomini pi[ razionali che io

abbia mai incontato"."D'accordo!", aveva esclamato. "Non discutiamo pii l. fo sono ra-

zionale. e con cib?".Lo avevo poi ttascinato in una discussione sul perchd fosse neces-

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200 Un degno auuersario

sario che due esseri razionali si comportassero in un modo cosi follecome ci comportavamo noi con quella strega.

"Tu sei tazionale, d'accofdo", mi aveva risposto aspramente. "Ecid significa che credi di sapere tante cose del mondo; ma ne sai dav-vero tanto? Tu hai solo visto gli atti della gente. Le tue esperienzesono limitate esclusivamente a cib che la gente ha fatto a te o ad alui.Tu non sai niente di questo misterioso mondo sconosciuto".

Mi aveva fatto segno di seguirlo fino alla macchina, eravamo salitie ci eravamo diretti alla vicina cittadina messicana.

Non avevo chiesto cosa andavamo a fare. Don Juan mi aveva fattoparcheggiare I'automobile vicino a un ristorante, quindi avevamo giratointorno alla stazione degli autobus e all'emporio generale. Don Juancamminava alla mia destra e mi guidava. Improvvisamente mi ero resoconto che qualcun altro camminava a fianco a fianco con me alla miasinistra, ma prima che avessi il tempo di voltarmi per guardare donJuan aveva fatto un movimento rapido e improvviso; si era piegato inavanti, come per raccogliere qualcosa da terra, e poi mi aveva afierratosotto I'ascella mentre quasi inciampavo su di lui. Mi aveva poi uasci-nato fino all'automobile senza lasciarmi andare il braccio nemmeno Derfarmi aprire Ia serratura, menrre annaspavo con le chiavi. Mi avivasospinto dolcemente dentro la macchina-ed era salito dopo di me.

"Guida lentamente e fermati di fronte all 'emporio". aveva derro.Quando mi fermai mi fece un cenno con Ia t;sta per farmi suar-

darc: 'La Catalina' era li dove don Juan mi aveva a{Teriato. Indie"treg-giai involontariamente. La donna fece un paio di passi verso la macchinae si fermd con aria di sfida. La esaminai attentamente e conclusi cheera una donna molto bella: era scurissima di carnasione e abbondantedi forme, ma sembrava forte e muscolosa: aveva un volto rotondo congli zigomi alt i e due lunghe trecce di capell i nerissimi. Quello che misorprese maggiormente fu la sua giovinezza, doveva avere al massimouna tfentina d'anni.

"Lascia che si avvicini se vuole", aveva mormorato don Juan.La donna aveva fatto tre o quatffo passi verso la macchina ferman-

dosi a circa tre metri di distanza. Ci iuardammo. In quel momenrosentivo che in lei non c'era nulla di miiaccioso. Sorrisi e' le feci cennocon la mano. La donna fece un sorrisetto soffocato come Lrna taaazzenatimida e si copri la bocca, ne fui deliziato. Mi girai verso don .Tuanper commentare i l suo aspetto e i l suo comportamento, ma don lrranmi spaventb a morte con un urlo.

"Non voltare Ia schiena d quella donna, dannazione! ", aveva dettocon violenza.

Mi girai di scatto a guardatla: aveva fatto un altro paio di passi

Un degno aouersario 201

ed era appena a due metri dallo sportello della macchina; sorrideva;aveva i denti grandi, bianchi e pulitissimi. Nel suo sorriso c'era tuttaviaqualcosa di misterioso, non era amichevole: era un ghigno contenuto;sorrideva solo con la bocca. Gli occhi erano neri e freddi e mi guarda-vano fissamente.

Sentii un gelo in tutto il corpo. Don Juan scoppib a ridere ritmi-camente; dopo un momento di attesa la donna reftocedd lentamente escomparve tra la gente.

Misi in moto e ci allontanammo; don Juan osservd che se nonindurivo la mia vita e non imparavo, la donna mi avrebbe schiacciatocome uno scarafaggio.

"Quella donna E il degno avversario che ti dicevo di aver trovatoper te", aveva detto.

Don Juan disse che dovevamo attendere un presagio prima di saperecid che dovevamo fare con la donna che interferiva con la mia caccia.

"Se vedremo o udremo un corvo, sapremo con cettezza di poteraspettare, e sapremo anche dove aspettare", aggiunse.

Girb lentamente su se stesso compiendo un giro completo, scru-tando tut t i i d intorni .

"Non d i l posto adatto per aspettare", mormord.Ci avviammo verso est. Era gii abbastanza buio. Improvvisamente

due corvi sbucarono a volo da certi alti cespugli e scomparvero dietrouna coll ina. Don Juan disse che quella coll ina era la nostra destina-zione.

Quando arrivammo alla collina ne fece il giro e scelse Lrn postoche guardava a sud-est ai piedi della coll ina stessa. Spazzd via i ramo-scelli secchi, le foglie e gli altri detriti pulendo :un^ zon circolare deldiametro di quasi due metri. Tentai di aiutarlo ma mi respinse con ungesto imperioso. Si mise il dito sulle labbra facendomi segno di tacere.Quando ebbe finito mi sospinse al centro del cerchio, mi fece guardareverso sud, lontano dalla collina, e mi mormorb all'orecchio che dovevoimitare i suoi movimenti. Incomincid una specie di danza, battendo aterra ritmicamente il piede sinistro; \a danza consisteva in sette colpiregolari intervallati da una serie di tre rapidi colpi.

Cercai di adattarmial suo ritmo e dopo qualche goffo tentativo fuipii o meno capace di riprodune il suo battito.

"A che serve?", gli mormorai all 'orecchio.Anche lui sottovoce mi rispose che pestavo come un coniglio, e che

prima o poi la creatura che si aggirava li intorno sarebbe stata atffattadal rumore e si sarebbe mostrata per vedere cosa succedeva.

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202 Un degno auuersario

Una volta che ebbi imparato il ritmo don Juan cessb di battere, mami fece continuare dandomi il tempo con la mano.

Di quando in quando ascoltava con attenzione, piegando legger-mente il capo a destra, come se cogliesse dei rumori provenienti dallaboscaglia. A un certo momento mi fece cenno di fermarmi e rimase inuna posizione di estrema vigilanza; era come se fosse pronto a scattarein piedi e balzarc addosso a un assalitore sconosciuto e invisibile.

Poi mi fece segno di continuare a pestare e dopo un po' mi inter-ruppe nuovamente. Ogni volta che mi {ermavo ascoltava con una taleconcentrazione che ogni fibra del suo corpo sembrava tesa fino a scop-plare.

Improvvisamente balzb al mio fianco e mormorb che il crepuscoloera al colmo della sua forza.

Mi guardai intorno. La boscaglia era una massa oscura, come purele colline e le rocce. Il cielo era azzorto scuro e non riuscivo oiil avedere le nuvole. Tutto il mondo sembrava una massa uniforme disagome scure senza contorni visibili.

Udii in lontananza il grido raccapricciante di un animale, un coyoteo forse un uccello notturno. Era risuonato cosi all'imorovviso che nongli avevo fatto attenzione; ma il corpo di don Juan sussultb legger-mente, ne sentii la vibrazione menfe si alzava in piedi vicino a me.

"Ci siamo", mormorb. "Continua a pestare e tienti pronto. E qui".Incominciai a battere furiosamente, ma don Juan mise il suo piede

sul mio facendomi segno freneticamente di rilassarmi e battere ritmi-camente.

"Non la spaventare", mi sussurrb all 'orecchio. "Calmati e nonperdere il tuo sangue freddo".

Ricomincid a darmi il tempo e dopo che mi ebbe fatto fermare laseconda volta udii ancora lo stesso grido. Questa volta sembrava ilgrido di un uccello che volava sopra alla collina.

Don Juan mi fece battere ancora una volta e proprio quando mifermai udii uno strano fruscio alla mia sinistra. Era il rumore che unanimale pesante avrebbe potuto produrre muovendosi nel secco sotto-bosco. Per un istante pensai che potesse essere un orso, ma poi ricor-dai che nel deserto non c'erano orsi. Afierrai il braccio di don Juan elui mi sorrise mettendosi il dito sulle labbra ner farmi tacere. Fissailo sguardo nel buio alla mia sinistra, ma lui mi fece segno di non farlo.Indicd ripetutamente sopra di me e quindi mi fece girare lentamentee in silenzio finchd mi trovai a suardare la massa oscura della collina.Don Juan teneva il dito prot.rJ verso un punto della collina. Tennigli occhi incollati su quel punto e improvvisamente, come in un incubo,un'ombra nera balzb contro di me. Urlai e caddi a terra sulla schrena.

Un degno auuersario 203

Pcr un momento la sagoma nera si era sovfapposta alI'azzurro scuroclcl cielo e poi era volata atraverso I'aria atterrando dietro di noi, trai cespugli. Udii il rumore di un corpo pesante che schiantava i cespuglie poi un grido raccapricciante.

Don Juan mi aiutb ad alzarmi e al buio mi guidd 6no al posto doveavevo lasciato le mie trappole. Me le fece raccogliere e smontare e poisparpaglib i pezzi in tutte le direzioni. Esegui il tutto senza pronun-ciare una sola parola. Non parlammo afiatto mentre ritornavamo acasa.

"Cosa vuoi che dica?", mi chiese don Juan dopo che lo ebbi ripe-tutamente esortato a spiegare gli avvenimenti cui avevo assistito qual-che ora prima.

"Cosa era2 " . chiesi ."Sai maledettamente bene chi era", rispose. "Non stare a chiedere

'cosa efa?', L' importante b chi era".Avevo elaborato una spiegazione che rni sembrava soddisfacente.

La fig:.:l:a che avevo visto assomigliava moltissimo a un aquilone chequalcuno poteva aver fatto volare sopra alla collina mentre qualcunaltro, dietro di noi, lo aveva tirato al suolo, creando cosi I'efietto diuna sagbma nera che navigava per I'aria per circa quindici o ventimetri.

Don Juan ascoltb attentamente la mia spiegazione e poi rise finoalle lacrime.

"Smetti la di tergiversare", disse. "Vieni al punto. Era o no unadonna? ".

Fui costretto ad ammettere che, quando ero caduto e avevo guar-dato in alto, avevo visto la sagoma nera di una donna con una lungasottana saltare sopra di me con un movimento lentissimo; poi mi erasembrato che qualcuno avesse tirato la sagoma nera che mi aveva sor-volato

^ gr^rr velociti ricadendo tra i cespugli. In realti, quello che

mi aveva dato I ' idea di un aquilone era stato i l suo movimento.Don Juan rifiutd di discutere ulteriormente l'episodio.Il giorno dopo se ne andb a sbrigare certe su; misteriose commis-

sioni e io andai a far visita a dei miei amici vaqui di un'altra comuniti.

Mercoledi 12 dicembre, 1962

Non appena arrivai nella comunit) yaqui, il gestore messicano del-l'emporio mi disse di aver affi,ttato un giradischi e venti dischi a CiudadObregon, per la fiesta che aveva in programma di dare quella sera in

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201 Un degno aauersario

onore della Vergine di Guadalupe. Aveva gii annunciato di aver fattotutti i preparativi necessari ramite Julio, il commesso viaggiatore cheveniva due volte al mese nella colonia yaqui a riscuorere le rate delpagamento di certi abiti a buon mercato che era riuscito a vendere adalcuni indiani yaqui.

Julio portd il giradischi pr€sto nel pomeriggio e lo collegd alla di-namo che forniva l'eletriciti al locale. Si assicurb che funzionasse, poigirb il volume al massimo, ricordd al gestore di non toccare nessunbottone e incomincib a scegliere i dischi. '

"Conosco tutti i graffi di ognuno di questi discl.ri", disse Julio algestore.

"Dil lo a mia figlia", i l gestore replicb."Il responsabile sei tu, non tua figlia"."E la stessa cosa, d mia figlia che cambierh i dischi".Julio insistd che per lui non faceva nessuna difierenza se era la

figlia o qualcun altro a maneggiare effettivamente il giradischi, purchdil gestore pagasse ogni disco danneggiato. I l gestore incomincib a-discu-tere e Julio divenne rosso in faccia. Di volta in volta si sirava versoil folto gruppo di indiani )'aqui raccolti davanti all'empoiio e facevasegni di disperazione o frustrazione muovendo le mani e contorcendoIa faccia in una smorfia. Come ultima risorsa domandd un depos.ito.Questa richiesta originb un'altra discussione su cid che costituiva undisco danneggiato. Julio asseri con autorira che ogni disco rotto dovevaessere pagato per intero, come se fosse nuovo. I l gestore si infurid ancorpit e tird fuori i suoi argomenti pii forti. Sembrava che volesse srac-care il giradischi e annullare la fiesta. Fece capire ai suoi clienti raccoltidavanti al locale che lui aveva cercato di fare del suo meglio per met-tersi d'accordo con Julio. Per un momento sembrd che la fiesti dovessefallire prima di incominciare.

Blas, i l vecchio indiano yaqui in casa del quale mi ero fermaro,fece a voce alta alcuni sprezzanti commenti sulla triste condizione deeliyaqui, che non potevano nemmeno celebrare la loro pi[ importanlefestivit) religiosa, il giorno della Vergine di Guadalupe.

Volevo intervenire e offrire il mio aiuto ma Blas mi fermd. Disseche se avessi pagato io i l deposito, i l gestore in persona avrebbe rotto. l . I .

I Cl tschl .

_ 'E i l peggiore di tutti", disse. "Lascia che paghi Iui i l deposito.Ci dissangua, perchd non dovrebbe pagare?".

Dopo una lunga discussione nella quale, abbast^nza sftan^menre,tutti i presenti erano a favore di Julio, il gestore venne a termini reci-pr_ocamente piD accettabili. Non pagd deposito ma accettb la responsa-bil it) dei dischi e del siradischi.

Un degno aauersario 205

La motocicletta di Tulio lascid una scia di polvere mentre si diri-gcva verso alcune delle case piil remote della iocaliti. Blas disse checercava di raggiungere i suoi clienti prima che arrivassero all'emporioe spendessero tutto il loro denaro in alcool di pessima qualiti. Mentrediceva queste parole un gruppo di indiani emerse da dietro all'emporio;BIas li guardd e scoppid a ridere imitato da tutti i presenti.

Mi spiegd che quegli indiani erano i clienti di _Julio e si eranotenuti nascosti dietro all'emporio in attesa che Julio se ne andasse.

La fiesta incomincib presto. La figlia del gestore mise un disco sulpiatto e ci appoggid sopra il braccio del giradischi; sentimmo prima unraschio terribilmente stridente e un fruscio molto forte, poi venneun'assordante musica di tromba e chitarre.

La festa consisteva nel suonare i dischi a tutto volume. C'eranoquattro giovani messicani che ballavano con le due figlie del gestore econ me altre giovani donne messicane. Gli yaqui non ballavano; osser-vavano con evidente piacere ogni movimento dei danzatori. Sembravache tutto il loro godimento consistesse nel guardare e inghiottire sor-sate di tequila a buon mercato.

Pagai da bere a tutti quelli che conoscevo, volevo evitare ogni pos-sibile risentimento. Girai tra i numerosi indiani, parlai con loro e poiofirii loro da bere. La mia linea di condotta andd benissimo finch6 nonsi accorsero che non bevevo afr^tto. Sembrarono irritarsi tutti contem-poraneamente, era ceme se avessero scoperto collettivamente che nonero dei loro. Gli indiani incominciarono a incupirsi e a guardarmi ditraverso.

Intanto i messicani, ubriachi come gli indiani, si accorsero a lorovolta che non avevo ballato, e questo sembrb ofienderli ancor pii.Diventarono molto aggressivi. Uno di loro mi aflerrd violentemente peril braccio e mi rascinb vicino al giradischi; un almo mi versb un t^zzapiena di tequila e voleva che la bevessi tutta in un fiato per dimostrareche ero un macho.

Cercai di tenerli buoni e risi stupidamente, come se davvero mistessi godendo la situazione. Dissi che prima avrei ballato e poi avreibevuto. Uno dei giovani gridb i l nome di una canzone e la rugazzaincaricata della musica incomincib a cercare nella nila di dischi. Sem-brava un po' alticcia, sebbene nessuna delle donne a'uesse bevuto aper-tamente, e non riusciva a sistemare un disco sul piatto. Un giovanedisse che il disco che aveva scelto non era un twist; la r^gazza armeg-gid con la pila di dischi, cercando di trovare quello adatto, e tutti sistrinsero attorno a lei lasciandomi solo. Non mi lasciai sfuggire l'occa-sione e fuggii dietro all'emporio, lontano dalla zona illurninata e fuoridi vista.

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206 Un degno auuersario

Mi fermai una trenrina di_metri pin T l i, protetto dai cespugli,e cercai di decidere cosa fare. Ero stanco. sentivo che era or, a -on-tare in macchina e tornare a c^sa mia, percid mi avviai u.rso-lu .rr"di Blas dove avevo parcheggiato l'automobile. p.;;;; .'h"."1.''ru.rriguidato lentamente nessuno si sarebbe accorto .h"

"nd"uo .,riu.

Evidentemente Ie persone incaricate der giradischi ;;;";;; ancoracercando il disco qiyttg - tutto queilo che poievo sentire era ir rumo-rosissimo fruscio dell'altoparlant. - m. poi venne il suono ,rrtrd"nt.di un twist. scoppiai in una risata, pensando .he a..trLir;;;r l.] ' .r.novoltatr,per cercarmi e si erano accorti che ero scomparso.. vrdr le sagome scure di alcune persone che si avviavano nela dire-zione opposta, dirette verso-- I'empoiio. e,rando .i

"tii.prrrr--o rno._morarono: "Buenas noches". Le riconobbi e parlammo, di.ri loro ch.era una grande fiesta.Prima di a'ivare a una brusca curva della strada incontrai al*e duepersone che non riconobbi, ma Ie salutai comunque. Il fragore assor-dante del, giradischi era quasi pii forte la fuori suil, , i ir"J"".rr. airronte all empo'o. La notte era buia e senza stelle, .ma l 'arone delrelucr dell 'emporro mi permetteva di vedere abbastanza bene.i dintorni.I 'a casa di Blas era molto vicina e accelerai i l passo. Alr;;; notri I"forma scura di una persona seduta o fo.r. u..ouaiciata alla mia sinis*a,alla curva della strada. per un irroni. ' l** .fr"-p.t.r;"^^;;;;; ,nodei partecipa'ti alla festa che se n'era andato p.ima di

-.;- ,.r l.ouuche stesse defecando sul margine della stracla. Mi pr.u. ,*nno, ir^g.n,"della comunit) andava a co'mpiere l. p.op.i. f"rri;r;-.;;;or}i n.tfolto dei cesprrgli. pensai che'chiunqu.'fo'rr. d.;.;;; ;r;;r5"utrir.o.Arrivai alla curva e dissi: "Buenas noches". r" p".ronr--i-.-irpor.

co! lrn.g.rugnito misterioso, corrucciato, inuma-no. Tutti i peli dei corpomi si drizzarono letteralmente; per un secondo .;-n.i 'ptrrJu^ro,

poiincominciai a camminare in fretta. Lanciai una rapida occhiata e vidiche la s.agoma oscura sieoizzata a met), era una donna. Si era chinatapiegandosi in avanti e cammind in quella posizione p.. qrut.t-r" --",ro,

poi si mise a saltare. Mi misi , .or.".. ,n*rr. la donna i; i;;;; , i . ioflanco, come un uccello, alla mia stessa velocit).Quando arrivai a casa di Blas la donna srava tagriancromi la s'adae mi aveva guasi toccato.scavalcai d'un salto un fossatello asciutto davanti alla casa e arrra-versai di schianto la porta.Blas era gii r ienrato e non sembrd dar molta importanza alla miastoria.

- "Ti hanno fatto uno scherzo", disse in tono rassic.rante. ,,Gri in-diani si divertono a stuzzicare i forestierii.

Un degno auuersario 207

La mia esperienza era stata cosi snervante che il giorno dopo presila macchina e andai a casa di don Juan invece di andarmene a casa miacome avevo intenzione.

Don Juan ritornd nel tardo pomeriggio. Non gli lasciai i l tempo didite nulla ma tirai fuori tutta la storia, compreso il commento di Blas.La faccia di don Juan divenne cupa; forse era solo la mia immagina-zione, ma pensai che fosse preoccupato.

"Non dar tanto peso a quello che ti ha detto Blas", disse in tonoserio. "Lui non sa nulla delle battaglie tra srregoni.

"Avresti dovuto capire che c'era qualcosa di grave nel momentoin cui hai notato che I'ombra era alla tua sinistra; e inoltre non dovevimetterti a correre".

"Ma che avrei dovuto fare? Restare l i?"." Sicuro. Quando un guerriero incontra i l suo avversario e I 'avver-

sario non b un comune essere umano, deve imnrobilizzarsi: E la solacosa che 1o rende invulnerarbile".

"Che cosa di te, don Tuan?"."Dico che hai avuto il terzo incontro col tuo degno avversario.

Quella donna ti sta seguendo, aspettando ulr momento di debolezzada parte tua. Questa volta ti aveva quasi messo nel sacco".

Sentii un impeto di angoscia e lo accusai di farmi correre inuti l ipericoli. Mi lamentai che i l gioco che giocava con me era crudele.

"Sarebbe crudele se questo fosse successo a un uomo qualsiasi",r ispose. "Ma dal l ' is tante in cui s i incomincia a v ivere come un guerr ieronon si d pir) un uomo qualsiasi. Inoltre, non ti ho trovato un degnoavversario perch6 volessi che giocasse con te, o ti stuzzicasse o tiinfastidisse. Ur-r degno avversario dovrebbe spronarti: sotto I ' influssodi un avversario come 'la Catalina' potresti dover fare uso di tuttoquello che ti ho insegnato. Non hai altra alternativa".

Rimanemmo in silenzio per un po'. Le sue parole avevano risve-gl iato in me una temenda apprensione.

Poi don Juan volle che imitassi meglio possibile i l grido che avevoudito dopo aver detto "Buenas noches".

Cercai di riprodurre quel suono e me ne uscii con dei grugniti inna-turali che mi spaventarono. Don Juan doveva aver trovato divertentela mia imitazione perchd scoppid a ridere quasi senza ritegno.

In seguito mi chiese di ricostruire tutta la successione: lrr distanzache avevo percorso correndo, la distanza della donna da me al mo-mento in cui I 'avevo incontrata, la sua distanza da me al momento incui ero arrivato alla casa e i l oosto in cui la donna aveva incominciatoa saltare.

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208 Un degno auuersario

"Nessuna grassa indiana potrebbe saltare a quel modo", conclusedopo aver valutato tutti gli elemend. "Non potrebbe nemmeno correreper tutto quel tratto".

Mi fece saltare. I miei salti non arrivavano pii in l) di un metroogni volta, e se quello che avevo visto era giusto, la donna coprivaalmeno tre metri a ogni salto.

"Naturalmente sai che d'ora in avanti devi stare sul chi vive", midisse don Juan in tono di grande premura. "La donna cercher) di toc-carti sulla spalla sinistra in un momento in cui sarai distratto e debole".

"Che dovrei fare?", chiesi."Lamentarsi d inuti le", rispose. "D'ora in poi I ' importante b la

srategia della tua vita".Non riuscivo assolutamente a concentrarmi su quello che diceva,

prendevo appunti automaticamente. Dopo un lungo silenzio mi chiesese sentivo dolore dietro alle orecchie o nella nuca. Risposi di no, allorami spiegb che una sensazione sgradevole in uno di quei punti avrebbesignificato che ero stato gofio e che 'la Catalina' mi aveva ferito.

"Tutto cib che hai fatto quella sera B stato gofio", disse. "Innan-zitutto, sei andato alla fiesta pet amm zzare il tempo, come se ci fossestato del tempo da ammazzare. Questo ti ha indebolito".

"Volete dire che non devo andare alle feste?"."No, non b questo che voglio dire. Puoi andare dovunque vuoi ma

se lo fai devi assumerti tutta la responsabilit) del tuo atto. Un guerrierovive la propria vita strategicamente. Andrebbe a una festa o a unariunione del genere solo se la sua strategia lo richiedesse. Cib significa,naturalmente, che avrebbe il completo controllo ed eseguirebbe tuttigli atti che rit iene necessari".

Mi guardd fissamente e sorrise, poi si copri la faccia e ridacchibsommessamente.

"Sei in una gran brutta situazione", disse. "Il tuo avversario E sulletue tracce e per la prima volta nella vita non ti puoi permettere dicomportarti a casaccio. Questa volta dovrai imparare un lare completa-mente differente, il lare della strategia. Ragiona cosi: se sopravvivi agliassalti della 'Catalina' dovrai ringtaziarla un giorno o I'altro per averticostretto a cambiare il tuo fare" .

"Che modo terribile di ragionare!", esclamai. "E se non soprav-vivessi? ".

"Il guertieto non indulge mai a pensieri di questo tipo". rispose."Quando deve agire con i suoi simili, il guemiero segue il fare dellastrategia, e in quel lare non ci sono vittorie o sconfitte ma solo azioni".

Gli chiesi che cosa comportava il 'fare' della strategia."Comporta che non si d alla mercd della gente', rispose. "A quella

Un degno aauersario 209

fcsta, per esempio, sei stato un pagliaccio, non perchd essefe un pagliac-cio servisse ai tuoi scopi ma perch6 ti sei lnesso da solo alla merc€ diquella gente. Non hai mai avuto nessun controllo e percid hai dovutofuggirtene via".

"Che avrei dovuto fare?"."Non andarci afr.atto, oppure andarci per eseguire un atto speci-

fico."Dopo aver fatto il cretino coi messicani eri debole, e'la Catalina'

ha sfruttato I'occasione, si d. piazzata sulla strada ad aspettarti." Il tuo corpo sapeva perb che c'era qualcosa fuori posto, e tuttavia

le hai parlato. E stato terribile. In un incontro come quello non devidire una sola parola al tuo avversario. Poi le hai voltato la schiena, edd stato.ancora peggio. Poi te ne sei fuggito via, ed d stata la cosa peg-giore che potessi fare! Evidentemente quella donna d goffa, uno stre-gone che vale qualcosa ti avrebbe falciato immediatamente, nell'istantein cui hai girato la schiena e sei fuggito.

"Percib finora la tua sola difesa b rimanere immobile ed esesuire7a tua danza" .

"Di che danza parlate?", chiesi.Rispose che il 'battito del coniglio' che mi aveva insegnato era il

primo movimento della danza che il guerriero perfezionava e accre-sceva per tutta la vita, e poi la eseguiva nella sua ultima danza sullaterra.

Provai un momento di strana sobrietlr e mi venne in mente unaserie di pensieri. A un livello era chiaro che quanto era avvenuto trame e 'la Catalina' la prima volta che I'avevo afirontata era reale. 'LaCatalina' stessa era reale e non potevo scartare I'eventualiti che miseguisse realmente. A un altro l ivello non potevo capire come mi se-guisse, e questo faceva nascere il debole sospetto che don Juan potesseingannarmi e che fosse stato lui a prodLrrre in qualche modo gli stranieffetti cui avevo assistito.

Improvvisamente don .fuan guardb il cielo e disse che c'era ancoratempo per andar a controllare la strega. Mi rassicurd dicendo che noncorrevamo nessun pericolo perch6 saremmo solo andati con la macchinafino alla sua casa.

"Devi confermare la sua forma", disse. "Allora non avrai pii dubbinella mente, in un modo o nell 'altro".

Le mani mi incominciarono a sudare profusamente e dovetti asciu-garle con un fazzoletto. Salimmo in macchina e don Juan mi fece diri-gere verso la strada principale e poi mi fece prendere una larga stradanon asfal tata. Guidai nel centro del la strada; pesant i carr i e t rat tor iavevano scavato profondi solchi e la mia automobile era troppo bassa

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210 Un degno autctsario

per camminare sul lato sinistro o su quello destro. Procedemmo lenta-mente in mezzo a una fitta nuvola di polvere. La ghiaia grossolana usataper livellare il fclndo stradale si era mescolata alla terra con la pioggia,e srosse zolle indurite di terra e sassi rimbalzavano contro i l fondomelailico dell'automobile producendo forti rimbombi.

Don Juan mi disse di rallentare mentre arrivavamo a un ponticellodove erano seduti quattro indiani che ci salutarono. Non ero sicuro diconoscerli. Olrepassammo il ponte e la strada fece una dolce curva.

"Ecco la casa della donna", trrormorb don Juan accennando congli occhi a una casa bianca circondata da un alto steccato di bambil.

Mi disse di fare una conversione a U e fermarmi in mezzo allastrada aspettando che la donna si insospettisse abbastanza da mostrarela faccia.

"Eccola", disse, e i l suo corpo fece uno scatto improvviso.Vidi la scura sagoma di una donna in piedi dentro la casa, che guar-

dava attraverso la porta aperta. La stanza era buia e la sua penombranon faceva che accentuare I 'oscurit i della figura della donna.

Dopo qualche minuto la donna uscl dalla penombra della stanza esi piazzd sulla porta a osservarci. La guardammo un istante e quindidon Juan mi disse di mettere in moto e andar via. Ero senza parole,avrei potuto giurare che si ftattava della stessa donna che avevo vistosaltare lungo la strada nel buio.

Cftca mezz'ora dopo, quando fummo sulla strada asfaltata, don Juanparlb.

"Cosa dici? ", chiese. "Hai riconosciuto la forma? ".Esitai a lungo prima di rispondere. Avevo paura dell ' impegno che

avrebbe comDortato una risposta aflermativa. Formulai con cura la miarisposta e dissi che pensavo fosse stato troppo buio per essere comple-tamente sicuro.

Don Juan rise e mi diede un colpetto sulla testa."Era lei, non d vero?", chiese.Non mi diede il tempo di rispondere. Si mise il dito sulla bocca

per farmi tacere e mi mormorb all'orecchio che parlare non aveva sensoe che per sopravvivere agli assalti della 'Catalina' dovevo far uso ditutto quello che mi aveva insegnato.

SECONDA PARTE

VIAGGIO A IXTLAN

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L'anello di potere dello stregone

Nel maggio l97L feci a don Juan I'ultima visita del mio noviziato.In quell'occasione andai a trovarlo nello stesso spirito di tutti i diecianni del nostro sodalizio; vale a dire, ancora una volta andavo a cercarela piacevolezza della sua compagnia.

Con lui c'era il suo amico don Genaro, uno stregone indiano ma-zatec. Li avevo visti tutti e due nella mia visita precedente, sei mesiprima. Mentre consideravo se chiedere o no se erano stati sempre in-sieme, don Genaro spiegd che gli piaceva il deserto settentrionale, glipiaceva tanto che era tornato giusto in tempo per vedermi. Scoppiaronoa ridere tutti e due come se avessero un sesreto.

"Sono tornato proprio per te", disse do"n Genaro."E vero", fece eco don Juan.Ricordai a don Genaro che I'ultima volta che ero stato l) i suoi

tentativi di aiutarmi a 'fermare i l mondo' erano stati disastrosi. Era daparte mia un modo amichevole di fargli capire che avevo paura di lui.Don Genaro scoppid a ridere senza controllo, scuotendo il capo e scal-ciando come un bambino. Don Juan evitb di guardarmi e scoppib aridere anche lui.

"Non vorrete cercar di aiutarmi ancora una volta. non d vero donGenaro? " , d issi .

La mia domanda li fece scoppiare tutti e due in risate spasmodiche.Don Genaro rotold al tuolo rl iendo, poi si sdraib sulla pancia e inco-mincib a nuotare. Quando vidi i suoi movimenti seppi di essere per-duto. In quel momento il mio corpo si rese conto in un modo o nel-I'altro che ero arrivato alla fine. Non sapevo cosa fosse quella fine.La mia personale tendenza alla dramma tizzazione e Ja mia precedenteesperienza con don Genaro mi fecero credere che quella avrebbe potutoessere la fine della mia vita.

Durante la mia ultima visita don Genaro aveva cercato di portarmifin sul punto di 'fermare il mondo'. I suoi sforzi erano stati cosl biz-zarri e diretti che lo stesso don Tuan aveva dovuto dirmi di andar via.

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2I1 .L'anello di poterc dello stregone

Le dimostrazioni di 'potere' di don Genaro erano state cosi straordi-narie e sconcertanti da costringermi a una totale rivalutazione di mestesso. Ero tornato a casa mia, avevo rivisto gli appunti presi nei pri-missimi tempi del mio noviziato, e in me si era stubil ito un sentimentodel tutto nuovo, sebbene non me ne fossi reso pienamente conto finoa quando avevo visto don Genaro nuotare p.r i.rrr.

L'atto del riuotare per terra, coerente con altri atti strani e sconcer-tanti che don Genaro aveva eseguito davanti ai miei stessi occhi, inco-mincid quando don Genaro si stese a pancia in gii. Da principio ridevacosi forte che tutto il suo corpo si scuoteva come preso'da una convul-sione, poi incomincib a scalciare e alla fine il movimento delle sambesi coordind con un movimento natatorio delle braccia, e don Genaroincomincib a scivolare sul terreno come se fosse steso su un'asse mu-nita di cuscinetti a sfere. cambib varie volte direzione e coDri turtala superficie davanti alla casa, manovrando intorno a me e don luan.

Gi) alre volte don Genaro si era esibito in simili esercizi buffo-neschi,_e ogni volta don Juan aveva affermato che ero stato sul puntodi 'vedere'. La mia incapaciti di 'vedere' era il risultato della miainsistenza di cercar di spiegare ogni azione di don Genaro da un puntodi vista ruzionale. Questa volta perd stavo in guardia e quando donGenaro incomincid a nuotare non tentai di spiegare o comprendere I'av-venimento, mi limitai a osservarlo. Tuttavia non Dotei evitare una sen-sazione di confusione, don Genaro scivolava letteralmente sulla panciae sul petto. Gli occhi mi incominciarono a incrociarsi mentre lo osser-vavo. sentii un impeto di apprensione, ero convinto ehe se non avessispiegato quello che accadeva avrei 'visto', e questo pensiero mi riempldi straordinaria angoscia. La mia aspettativa nervosa-fr, cosl grande chein certo modo mi ritrovai al punto di prima, bloccato uncora una voltain uno sforzo razionale.

Don Juan doveva avermi osservato. Improvvisamente mi diede uncolpetto sulla spalla; mi voltai automaticamente verso di lui e per unistante distolsi gli occhi da don Genaro. Quando lo guardai di-nuovoera in piedi accanto a me con il capo leggermente pilgato e il mentoappoggiato sulla mia spalla destra. Ebbi una reazione ritardata: lo suar-dai per un secondo e balzai indietro._ - La'sua espressione di finta sorpresa fu cosi comica che scoppiai a

ridere istericamente. Tuttavia non potevo evitare di rendermi iontoche la mia risata era insolita. Il mio corpo si scuoteva con sDasmi ner-vosi che partivano dalla parte centrale dello sromaco. Don Genaro mimise la mano sullo stomaco e i brividi ilmili a convulsioni scomDar-vero.

L'anello di potere dcllo slrcgonc 215

"Questo piccolo Carlos d sempre cosi esageratol", esclamb in tonomolto oedante.

Poi, imitando voce e modi di don Juan, aggiunse: "Non sai che unguerriero non ride mai cosi?".

La sua caricatura di don Juan era cosi perfetta che risi ancora piilfor te.

Poi tutti e due se ne andarono insieme e non tornarono per piil didue ore, fino quasi a mezzogiorno.

Quando tornarono si misero a sedere davanti alla casa senza direuna parola. Sembravano assonnati, stanchi, quasi distratti. Restaronoimmobili a lungo, tuttavia sembravano esffemamente comodi e ri las-sati. La bocca di don Juan era leggermente aperta, come se fosse vera-mente addormentato, ma teneva le mani incrociate sul petto e muovevaritmicamente i poll ici.

Per un po' mi agitai e cambiai posizione, poi incominciai a sentireuna confortante placiditi e probabilmente mi addormentai perch6 fuirisvegliato dal ridacchiare di don Juan. Aprii gli occhi: i due stregoniml flssavano.

"Se non parli t i addormenti", disse don Juan ridendo."Ho paura di si", risposi.Don Genaro si stese sulla schiena e incomincib a scalciare in aria.

Per un momento pensai che avrebbe ricominciato col suo fastidiosocomportamento buffonesco, r.na immediatamente tornb a sedere nellasua poslzlone a gamDe lncfoclate.

"C'E qualcosa che ormai dovresti conoscere", disse don Juan. "folo chiamo il centimetro cubo di opportunit). Tutti noi, guerrieri o no,abbiamo un centimetro cubo di opportunit) che di quando in quandoci spLrnta davanti agli occhi. La difrerenza tra I'uomo medio e il guer-riero b che il guerriero se ne rende conto e uno dei suoi compiti consi-ste nello stare all'erta, aspettando deliberatamente, cosi che quando ilsllo centimetro cubo spunta, il guerriero ha la velocit) necessaria, I'abi-l i t i r ichiesta, per coglierlo.

"Il caso, la fortuna, i l potere personale o comunque lo si vogliachiamare, B uno stato di coie particolare. E come un piccolissimo ba-stoncello che sbuca davanti a noi e ci invita a tirarlo su. Di solitosiamo troppo occupati, o preoccupati, o semplicemente troppo stupidie pigri pef capire che quello d il nostro centimetro cubo di fortuna.Minlre

-il guerriero b sempre all'erta e compatto, e ha I'agilit) e la

capacit) necessarie per aflerrarlo"."La tua vita b molto compatta?", mi domandd bruscamente don

Genaro."Penso di si", risposi con convinzione.

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216 L'anello di potere dello stregone

"Pensi di saper afferrare i l tuo centimetro cubo di fortuna?", michiese don Juan in tono incredulo.

"Credo di farlo sempre", risposi., "Io penso che tu stai all 'erta solo per le cose che conosci", disse

don Juan.- "Forse mi illudo, ma io credo oggi di essere molto pir) consapevole

di quanto lo sia mai stato in tutta la mia vita", dissi veramentl con-vinto di quello che dicevo.

Don Genaro approvb con un cenno del capo."Si", disse sottovoce, come parlando tra s6. "I l piccolo Carlos d

veramente iompatto e assolutamente all 'erta".Mi parve che mi assecondassero deliberatamente per prendermi in

giro. Pensai che forse la mia asserzione sulle mie presunte condizionidi dvezza potesse averli infastiditi.

"Non volevo vantarmi", dissi.Don Genaro inarcb le sopracciglia e dilatb le narici. Lancid un,oc-

chiata al mio taccuino e finse di scrivere."Penso che Carlos sia pii l compatto che mai", disse don Juan a

don Genaro."Forse E troppo compatto", ribattd don Genaro."Probabil issimo", ammise don fuan.A quel punto non seppi cosa interloguire, percib rimasi in silenzio."Ti ricordi di quella volta cbe ti ho bloccato la macchina?", chiese

don Juan in tono indifierente.La domanda era stata improvvisa e non aveva alcun riferimento

a cib di cui stavamo parlando. Si riferiva a una volta in cui nonero riuscito a mettere in moto la macchina finch6 don Tuan non rniaveva detto che potevo farlo.

Osservai che nessuno avrebbe potuto dimenticare un episodio con.requello.

"Non b stato niente", affermb don Juan in tono positivo. "Proprioniente. Vero, Genaro? ".

"Vero", rispose don Genaro con indifierenza."Che intendete dire?", protestai. "Quello che avete fatto quel

giorno B stato veramente al di li della mia capaciti di comrrrender.e"."Questo non significa molto", ribattd don GenaroScoppiarono tutti € due a ridere forte e don Iuan mi diede un col-

petto sulla schiena._ "Genaro pub fare qualcosa di molto meglio che bloccarti la mac-

china", riprese. "Vero Genaro?"..

uE veroo, rispose don Genaro, protendendo Ie labbra come un bam-bino.

L'anello di potere dello slregone 217

"Che potrebbe fare?", chiesi cercando di apparire imperturbabile."Genaro ti pud portar via tutta la macchina!", esclamd don Juan

con voce tonante; poi aggiunse nello stesso tono: "Vero Genaro?"."E verol", ribattd don Genaro nel tono di voce pii l forte che

avessi mai udito.Sobbalzai involontariamente; tre o quattro spasmi nervosi mi scos-

sero il corpo."Che intendete dire? Che significa che mi pud portar via tutta la

macchina? ", domandai."Che intendevo dire, Genaro?", chiese don Juan."Intendevi dire che potrei salire nella sr-ra macchina, metterla in

moto e andarmene", rispose don Genaro con un tono di serieta pococonvincente.

"Porta via la macchina, Genaro", Io esortb don Juan in tono scher-zoso.

"Fatto!", rispose don Genaro aggrottando la fronte e guardandomidi ftaverso.

Notai che qr-rando aggrottava la fronte le sopracciglia gli si corru-gavano, dando ai suoi occhi un'espressione maliziosa e penetrante.

"D'accordo!", disse don Juan con calma. "Andiamo la.ggii a esaminare la macchina".

"Si", gli fece eco don Genaro. "Andiamo laggii a esanrinare Iamacchina ".

Si alzarono in piedi con estrema lentezza. Per un istante non seppicosa fare, ma don Tuan mi fece segno di e.lzarmi.

Ci incamminammo su oer la coll inetta di fronte alla casa di donJuan. I dne stregoni mi affiancavano, don .|uan a destra e don Genaroa sinistra. Camminavano un paio di metri avanti a me, sempre intera-mcnte nel mio campo vis ivo.

"Esaminiamo la macchina", disse ancora don Genaro.Don juan mosse le mani come se dipanasse un fi lo invisibile; don

Genaro fece altrettanto e ripet6: "Esaminiamo la macchina". I duecamminavano come rimbalzando; i loro passi erano pir) lunghi delsolito e muovevano le mani come se frustassero o battessero deglioggetti invisibil i di fronte a loro. Non avevo mai visto don Juan fareil buffone a quel modo e mi sentivo molto imbarazzato

^ guarCarlo.

Raggiungemmo la cima della collina e glrardai in basso verso ilpunto ai piedi della coll ina stessa, a una cinquantina di metri da noi,dove avevo parcheggiato la macchina. Lo stomaco mi si contrcsse conuna scossa: la macchina non c'era! Corsi gii l per la coll ina. La macchinanon c'era proprio! Per un momento mi senti i enormemente confuso,disorientato.

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218 L'dtzello di potere dello stregone

La macchina era rimasta parcheggiata l) da quando ero arrivato lamattina presto. Forse mezz'ora ptima ero sceso a prendere un nuovoblocco di carta per scrivere e avevo pensato di lasciar aperti i f inestriniper via del caldo eccessivo, ma Ia gran quantita di zanzarc e altri insettialati mi aveva fatto cambiare idea e avevo chiuso a chiave gli sportellicome al solito.

Guardai tutto intorno; mi rifiutavo di credere che la mia macchinase ne fosse andata. Camminai fino al margine della zona priva di vege-tazione. Don Juan e don Genaro mi seguirono e si misero accanto ame, facendo esattamente quello che facevo io, scrutando in lontanenzaper vedere se la macchina fosse in vista da qualche parte. Provai unmomento di srana euforia che lascid i l posto a uno sconcertante sensodi irritazione. Sembrava che i due se ne fossero accorti oerchd incomin-ciarono a camminarmi intorno muovendo le mani come se stessero im-pastando il pane.

"Cosa pensi che sia successo alla macchina, Genaro?", chiese donJuan in tono umile.

"L'ho portaLa via", disse don Genaro imitando con stupefacenteabil it i i gesti di una persona che cambia le marce e sterza. Piegb legambe come se fosse seduto e rimase per qualche momento in quellaposizione, sostenuto ovviamente solo dai muscoli delle gambe; poi spo-stb i l peso del corpo sulla gamba destra e stese i l piede sinistro perimitare I'azione sul pedale della frizione. Riprodusse con le labbra ilrumore del motore e per finire, come colmo, finse di aver preso unacunetta lungo la strada e sobbalzb su e git, dando la perfetta sensa-zione di un guidatore inesperto che rimbalza sul sedile senza lasciarandare lo sterzo.

La pantomima di don Genaro era stata stupenda. Don -|uan risefino a rimanere senza fiato. Volevo unirmi alla loro allegria ma nonpotevo ri lassarmi, mi sentivo minacciato e a disagio. Un'angoscia senzaprecedenti nella mia vita si era impadronita di me. Mi senrivo bruciaree mi misi a prendere a calci i sassi e finii con lo scagliarli con una furiainconscia e imprevedibile. Era come se la mia rabbia fosse stata dav-vero fuori di me e mi avesse avvolto all'improvviso. Poi il senso difastidio mi abbandonb misteriosamente come mi aveva rrreso. Tirai unprofondo respiro e mi sentii meglio.

Non osai guardare. Ero imbarazzato per aver dato spettacolo con la'mia collera, ma al tempo stesso volevo ridere. Don Juan mi venne alfianco e mi batt6 sulla schiena. Don Genaro mi mise il braccio sullaspalla.

"Benissimo", disse don Genaro. "Lasciati andare. Datti un pugnosul naso e fatti uscire il sangue. Poi puoi prendere un sasso e romper-

L'anello di pot(t'c dcllo strcgone 219

tici i denti, t i fari sentire meglio. E se non basra, con quello stessosasso ti ci puoi schiacciare le palle su qrrel masso laggii".

Don Juan ridacchid. Dissi loro che mi vergognavo di essermi com-portato cosi male, non sapevo cosa nri avesse preso. Don .Tuan disseche era certo_ che sapevo esattamente quello che succe<.leva, che fingevodi. non saperlo e che quel che mi aveva fato andare in collera era lamla nnzlone.

Don Genaro fLr insolitamente consolante, mi diede ripetuti colpettisulla schiena.

"Capita a tutri", disse don Juan."Che intendete dire con questo, don Juan?", chiese don Genaro

imitando la mia voce e canzonando la mia abitLrdine di farc domandea don Juan.

Don Juan disse alcune cose assurde come: "Quando il mondo ba testa in gii noi siamo a testa in srr, ma quando il mondo E a testain su noi siamo a testa in gir). Ora, quando il mondo d a testa in su,noi pensiamo di essere a testa in gir)...", e continub su guesto tonoa dire sciocchezze mentre don Genaro mi faceva il verso fingendo diprendere appunti. Scriveva su un taccuino invisibile, dilatando le naricimentre muoveva le mani, con gli occhi spalancati e fissi su don .Tuan.Imitava alla perfezione i miei sforzi di scrivere senza guardare il tac-cuiuo per non alterare i l naturale flusso dcllr conver;zione. La suacaricatura era veramente buffa.

Improvvisamente mi senti i molto a mio agio, felice. La risata diquei due mi confortava; per un momento mi lasciai andare e risi ditutto cuore. Ma poi la mia mente entr,) in un nuovo stato di appren-sione, confusione e fastidio. Pensai che quanto avveniva, qualunquecosa fosse, era impossibile; in effetti, era inconcepibile secondo I'ordinelogico mediante i l quale sono solito giudicare i l mondo. Tuttavia, ioche percepivo quel mondo, percepivo che la mia macchina non c'era.Mi venne in mente, come sempre eril successo quando don Juan miaveva messo di fronte a fenomeni inesplicabil i, di essere stato ingan-nato con mezzi ordinad. La mia mente aveva sempre, nei momenti ditensione, involontariamente e coerentemente ripetuto lo stesso costrutto.Incominciai a considerare qLranti complici avrebbero dovuto avere donJuan e don Genaro per sollevare la mia macchina e spostarla da doveI'avevo parcheggiata. Ero assolutamente certo di aver chiuso a chiavegli sportell i ; i l freno a mano era tirato, Ia marcia ingranata e i l blocca-sterzo chiuso. Per spostarla avrebbero dovuto sollevarla di peso e perfarlo ci sarebbe voluta una forza che, ero convinto, nessuno di lorodue avrebbe potuto avere. Un'alra possibil i t) era che qualcuno d'ac-cordo con loro fosse penerato neli'automobile dopo averla forzata,

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220 L'anello di potere dello strcgone

avesse messo i f i l i in contatto e I 'avesse portata via. Per farlo ci sarebbevoluta una conoscenza specializzata al di li dei loro mezzi. La solaaltra spiegazione possibile era che forse mi sravano ipnotizzando. I loromovimenti mi erano cosi nuovi e sospetti da spingermi in una catenadi razionalizzazioni. Pensai che se mi stavano ipnotizzando allora ero inuno stato di coscienza alterata. Nella mia esperienza con don Tuan avevonotato che in s imi l i s tat i s i d incapaci d i conservar. unu .oe..nte rcgi-strazione mentale del passar del tempo. In tutti gli stati di realti nonordinaria da me sperimentati non c'era mai stato un ordine durevoleper quel che riguardava il passare del tempo, e la n.ria conclusione fuche se rimanevo all 'erta sarebbe venuto un momento jn cui avrei persoil mio ordine di successione temporale. Come, per esempio, se a Llncerto momento fossi stato a guardare una montagna e poi, nel succes-sivo istante di consapevolezz.a, mi fossi trovato a guardare una vallenella direzione opposta ma senza ricordare di essermi voltato. Sentiiche se mi accadeva qualcosa di quella natura allora avrei potuto spiegarequanto accadeva alla mia macchina come, forse, un caso di ipnosi. De-cisi che Ia sola cosa da fare era osservare oqni dettarl io con tormentosaattenzione.

"Dov'd la mia macchina?", chiesi rivolto a entrambi."Dov'b la macchina, Genaro?", chiese don.f t ran con un'espressione

di nssoluta ser iet) .Don Genaro si mise a sollevare dei piccoli sassi guardando sotto.

Lavoro febbrilntente, per tutta la zona piancggiante dove avevo prr-cheggiato, I 'automobile; rivoltd letteralmente ogni sasso. Di quando inquando fingeva di arabbiarsi e scagliava i l sasso nei cespugli.

Don Juan sembrava godersi enormemente la scena. Ridacchiava egorgogliava e sembrava aver completamente dimenticato la mia pre-senza.

Don Genaro aveva appena 6nito di scagliare un sasso in un'esibi-zione_ di f inta colera quando si imbatt€ in un macigno piuttosto grosso,il solo sasso abbastanza grande e pesante della iona'dove era srataparcheggiata l_a macchina. Cercd di capovolgerlo, ma era troppo pesantee moppo profondamente conficcato nel terreno. Si sforzb e sbuffb finoa sudare, poi si mise seduto sul sasso e chiamb in aiuto don Juan.

. Don Juan si rivolse a me e mi clisse con un sorriso raggiante:"Avanti, diamo una mano a Genaro".

" Cosa fa ? " , chiesi ."Sta cercando la tua macchina", dichiarb don Tuan con aria indifte-

rente."Per I 'amor del cielo! Come la pud trovare sotto ai sassi?',, pro-

testai.

L'anello di potere dello stregone 221

"Per I 'amor del cielo, perchd no?", ribattd don Genaro e tutti edue scoppiarono a ridere fragorosamente.

Non riuscimmo a smuovere il sasso. Don Juan suggeri di ritornarea casa a cercare un grosso pezzo di legno da usare come leva.

Menfte ci dirigevamo verso casa dissi che i loro atti erano assurdie che qualunque cosa facessero per me era supefflua.

Don Genaro mi strizzb I'occhio."Genaro E un uomo molto preciso", disse don Juan con un'espres-

sione seria. "E preciso e attento quanto te. Tu stesso hai detto che nonlasceresti mai una cosa a met). Lui b come te".

Don Genaro mi diede un colpetto sulla spalla e disse che don Juanaveva assolutamente ragione e che veramente lui voleva essere comeme. Mi lancid uno sguardo folle e dilatd le narici.

Don Juan batt6 le mani e buttd in terra il cappello.Dopo una lunga ricerca, don Genaro trovb un pezzo di legno lungo

e abbastanza grosso, un pezzo di trave. Se lo mise sulle spalle e ripar-timmo per il posto dove era stata la mia macchina.

Mentre arrivavamo sulla collinetta e stavamo per raggiungere unacurva del sentiero da cui avrei dovuto vedere la radura dove avevoparcheggiato la macchina, ebbi un'improvvisa intuizione. Mi venne inmente che avrei trovato la macchina prima di loro, ma quando guardaiin basso non c'era nessuna macchina ai piedi della coll ina.

Don Juan e don Genaro dovevano aver capito quello che pensavoe mi corsero dietro ridendo fragorosamente.

Quando arrivammo ai piedi della collina si misero immediatamenteal lavoro. Li osservai per qualche minuto, i loro atti erano incompren-sibili. Non fingevano di lauo.a.e, erano realmente immersi nella faticadi capovolgere un macigno per vedere se sotto c'era la mia macchina.Era troppo per me e mi unii a loro; sbuffavano e urlavano e don Ge-naro ululava come un coyote. Notai quanto fossero incredibilmenteforti i loro corpi, specialmente quello di don Juan; accanto a loro facevola figura di uno smidollato.

Ben presto sudavo anch'io copiosamente. Alla fine tiuscimmo arivoltare il macigno e don Genaro esamind il terriccio che c'era sottocon la pit esasperante pazienz e meticolosite.

"No, non c'b", annuncid.Questa affermazione li fece cadere tutti e due in terra dal ridere.Risi nervosamente. Don Juan sembrava in preda a veri spasmi

dolorosi e si copri il volto stendendosi a terra, col corpo che si scuo-teva dal ridere.

"In che direzione andiamo adesso?", chiese don Genaro dopo unalunga sosta.

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222 L'anello di potere tlcllo stregone

Don Juan fece un cenno col caDo."Dovc andiamo? ", chiesi ."A cercare la tua macchina", rispose don Juan con espressioneimperturbabile.Mi si misero di nuovo ai f ianchi. Avevamo fatto soro pochi metritra i cespugli quando don Genaro ci fece segno di fermarci. 'si avvici.,din punta.di piedi a un cespuglio rotondo l"ont.no pochi passi, guardd

per qualche istante tra i rami lnterni e disse .h" h -"..hilr-norr'. ' ..u.continuammo per un po' a camminare e quindi dor c*u.o f...con la mano u_n gesto per .tarci tacefe. I'arcb Ia schiena alzandosi sullapunta dei pi:qi . prorese le braccia sopra al .upo .on i" diiu .lnrrr,,"come un artiglio. Dal punto in cui ero il suo corpo aveva Ia forma diuna lettera s. Don Genaro conservd_ per un istante qu.tt" forlron. "quindi si tufid lerteralmente a capofiito su un lungo'.u-o'.of.ito difoglie secche. Lo sollevb.on .u* e lo esamind, i ancora uio-uolt^osservd che la macchina non era ll.

Mentre camminavam,o nella.fitta boscaglia guardd dietro ai cespuglil_,rl 1r*rpico su piccoli alberi di patoueide. "guardando

t.r l. fogri.,solo per concludere che la macchina non era neanche li.Intanto io tenevo una meticolosissima registrazione mentale di rurtoquello che toccavo o vedevo. La mia visione"sequenziale e ordinata delmondo intorno a me era continua come sempre. in..ouo sassi, lespugli,alberi. Spostavo.la vista dal primo piano allo rf"n.lo gur.duido-3u,un

occhio.e poi dall 'altro. secondo ogni calcolo stavo ci-mminando neilaboscaglia come avevo fatto tante ,iolte nella vita.Poi don Genaro si-stese sulla pancia e ci invitb a fare come rui.

$rnoggid i l mento sulle mani incrociate, don Juan to i-ita. -iutti

edue fissarono una serie di piccole prot.rb.rrnz. Jul terreno J" ,.-urr-vano minuscole coll ine. Improvvisamente don Genaro fece un movi-mento rotarorio col braccio destro e afferrb qualcosa. Si alzb in irertaimitato da don Juan, ci mostrd i l pugno serrato e ci fece sesno ii avvi-cinarci e guardare, ooi incomincib ad.aprire lentamente l, .iuno. gu"rr-do fu aperta a met) ne volb via un grande oggetto nero. I l mouirientoera. stato cosl improvyir" g,l 'oggetto volanti cosl grosso che balzairndietro e quasi persi , l 'equil ibrio; don .Tuan mi ,o...rr..

"Non era la macchina", d isse don'Genaro dispiaciuto. "Era unamaledetta mosca. Mi sDiace!".Tutti e due mi scr.riarono. Stavano di fronte a me e non mi guar-

t'1_t11. direttamente ma con la coda dell'occhio. r'"-r"'...'r-,ilir'p.o-lunsata.

_i'Eau un, mosca, non b vero?,,, mi chiese don Genaro."Penso di sl", risposi.

L'anelLo di poterc dello sttegonc 22)

"Non pensare!", mi ordind don Juan imperiosamente. "Che cosahai v isto? " .

"Ho visto una cosa grande come un corvo volare via dalla suamano", d issi .

La mia afrermazione era coerente con quello che avevo percepitoe non era intesa come uno scherzo, ma tutti e due la presero probabil-mente come I'afiermazione pii bufia che uno di noi avesse fatto quelgiorno. Tutti e due saltarono su e giir f ino a soffocare.

"Penso che Carlos ne abbia avuto abbastanza", disse don Juan;aveva \a voce rauca dal gran ridere.

Don Genaro disse che stava per trovare Ia mia macchina, che lasensazione stava diventando sempre pii calda. Don Juan disse che era-vamo in un zona accidentata e che ffovare la macchina l) non era unacosa desiderabile. Don Genaro si tolse il capoello e ne sistemd il nastrocon un pezzo di spago che aveva in tasca,'poi attaccb la sua cinturadi lana a una nappa gialla fissata alla tesa del cappello.

"Sto facendo un aquilone col cappello", mi disse.Lo guardai e capii che stava scherzando; mi ero sempre considerato

un esperto di aquiloni, da bambino cosruivo gli aquiloni pii l compli-cati e sapevo che la tesa del suo cappello di paglia era troppo fragileper resistere al vento. La cupola, inoltre, era troppo profonda, e i lvento vi avrebbe circolato dentro rendendo impossibile sollevare i lcappello da terra.

"Pensi che non voler), non b vero?", mi chiese don Juan."So che non voleri", risposi.Don Genaro non se ne diede per inteso e finl di attaccare al suo

aquilone una lunga cordicella.Era una giornata ventosa e don Genaro corse gir) per la collina

mentre don Juan teneva il suo cappello, poi don Genaro tirb lo spagoe quel maledetto coso vold davvero.

"Guarda, guarda I 'aquilone!", urld dorr Genaro.Il cappello sobbalzb un paio di volte ma rimase in aria."Non distogliere gli occhi dall 'aquilone", disse don Juan con fer-

mezz ,Per un momento mi sentii girare la testa. Mentre guardavo I'aqui-

lone mi era tornato i l r icordo di tanti anni prima; era come se fossiio a farlo volare, come facevo quando tirava vento sulle colline dellamia citt i natale.

Per nn attimo fui avvolto dal ricordo e persi la consapevolezza delpassare del tempo.-

Udii don Genaro udare qualcosa e vidi il cappello sobbalzare sue gii e poi cadere a terra, dove c'era la mia macchina. Tutto era awe-

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224 L'anello di potere dello stregone

nuto con una tale rapidita che non ero riuscito ad averne una chiaraimmagine. Fui preso dalle vertigini e mi distrassi. La mia mente siafrerrava a un'immagine molto sconcertante. O avevo visto il cappellodi don Genaro trasformarsi nella mia automobile, o avevo , visto ilcappello cadere sul tetto della macchina. Volevo credere alla secondapossibilit), che don Genaro avesse usato il suo cappello per indicarela macchina. Non che contasse veramente, I'una cosa era stupefacentequanto I 'altra, ma cib nonostante la mia mente si afierrava a quel par-ticolare arbitrario per conservare il mio originale equilibrio mentale.

Udii don Juan che diceva: "Non lo ostacolare".Sentii che qualcosa stava per affiorare dentro di me. Pensieri e

immacini affluirono a ondate incontrollabili come se mi stessi addor-ment;do. Fissai lh macchina stupefatto: era posra su una superficiesassosa pianeggiante a un centinaio di metti da me; sembrava davveroche qualcuno I'avesse proprio posata ld. Corsi verso la macchina e inco-minciai a esaminarla.

"Maledizionel", esclamb don Juan. "Non fissare la macchina. Fermai l tnondot" .

Poi, come in un sogno, lo udii gridare: "I l cappello di Genaro!Il cappello di Genaro!".

Li guardai: tutti e due mi fissavano direttamente. I loro occhi eranopenetranti. Sentii un dolore allo stomaco, ebbi un improvviso mal ditesta e mi sent i i male.

Don Juan e don Genaro mi guardavano con curiositi. Mi sedettiper un po' vicino alla macchina e quindi aprii automaticamente la ser-ratlrra e feci sedere don Genaro sul sedile posteriore. Don .|uan losegui e si sedette accanto a lui. Pensai che fosse strano perchd di solitosi sedeva davanti.

Guidai fino a casa di don Juan in una specie di confusione mentale.Non mi sentivo afratto me stesso: avevo 10 stomaco sconvolto e lasensazione di nausea demoliva tutta Ia mia luciditi. Guidavo meccanica-mente.

Sentivo sul sedile posteriore don Juan e don Genaro ridere e gor-gogliare come bambini. Udii don Juan che mi chiedeva: "Ci stiamoavvicinando? ".

Fu a quel punto che guardai deliberatamente la strada. Eravamo dar.vero molto vicini a casa sua.

"Stiamo per arrivare", borbottai.Scoppiarono tutti e due in una risata ululante battendosi le mani

sulle cosce.Quando arrivammo saltai gii automaticamenre e aprii loro lo spor-

tello. Don Genaro scese per primo e si congratulb con me per quella

L'anello di potere dello stregone Z2j

che de6ni la gita in macchina piL dolce e senza scosse che avesse maifatto. Don Juan disse lo stesso. Non feci loro molta attenzione.

Chiusi a chiave la macchina e per poco non me la portai in casa.Prima di addormentarmi sentii don Juan e don Genato ridere frago-iosamente.

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Fermare il mondo

Il giorno dopo appena sveglio trovai don Juan diero alla casaoccr:pato a tagliire legna da ardere, e incominciai a faryli domande,ma no.r vidi don Genaro da nessuna parte. Don Juan disse che nonc'era nulla di cui parlare. Insistei, ricordandogli che il giorno primaero riuscito a rimanere distaccato e avevo osservato don Genaro 'nuo-tare per terra' senza volere o pretendere nessuna spiegaz.ione,_ ma cidnon mi aveva aiutato a capire quello che succedeva. Poi, dopo la scom-parsa della macchina, mi ero bloccato automaticamente nella ricerca diuna spiegazione logica, ma neanche quello mi aveva aiutato. Dissi cheinsistevJa cercare spiegazioni non perchi lo volessi io, tanto per fareil dificile, ma perch6 il bisogno di spiegazioni si era radicato cosl pro-fondamente in me da annullare ogni altra considerazione.

"E come una malattia". dissi."Non ci sono malattie", rispose don Juan con calma. "C'8 solo

abbandono, e tu ti abbandoni a te stesso quando cerchi di spiegaretutto. Nel tuo caso le spiegazioni non sono piil necessarie".

Insistei che potevo funzionare solo in condizioni di ordine e razio-nalit). Gli ricordai che durante il nostro sodalizio avevo cambiato radi-calmente la mia personalitb e che la condizione che aveva reso possi-bile il cambiamento nasceva dalla mia capaciti di spiegare a me stessotale cambiamento.

Don Juan rise piano. Non parld per molto tempo. ."Sei molto furbo", disse alla fine. "Ritorni sempre li dove sei sem-

pre stato. Ma questa volta hai finito, non hai piil un posto a cui tor-nare. Non ti spiegherb piil niente. Quello che ti ha fatto ieri Genaro,qualunque co." {otse, I'ha fatto al tuo corpo; percib lascia che sia iltuo corpo a decidere cos'era".

Il suo tono era amichevole ma insolitamente distaccato e mi diedeun senso di opprimente solitudine. Espressi i miei sentimenti di tri-stezza e don Juan sorrise e mi afierrb delicatamente il dorso dellamano,

Fermare il nondo 22:1

"Siamo tutti e due esseri che devono morire", disse sottovoce."Non c'b pir) tempo per quello che siamo abituati a farc. Ora deviimpiegare tutto il non-f are che ti ho insegnato e lermare il mondo".

Mi afferrd di nuovo la mano, il suo tocco era fermo e amichevole;.era come se mi rassicurasse di pfovare interesse e afietto per me, e altempo stesso mi dava I'impressione di una intenzionalit) incrollabile.

"Questo d i l mio gesto per te", disse conservando per un istantela sua stretta sulla mia mano. "Ora devi andare da solo in quelle mon-tagne amichevoli". Indicb col mento la lontana c^tena di montagneverso sud-est.

Disse che dovevo rimanere 1) finch€ il mio corpo non mi avrebbedetto di andar via e allora dovevo tornare , .rr^ ,rr. Mi fece capireche non voleva che dicessi nulla o aspettassi pii e mi sospinse dolce-mente verso la macchina.

"Che dovrei fare laggit?", chiesi.Don Juan non rispose ma mi guardd scuotendo il capo."Non aggiungere altro", disse alla fine.Poi indicb verso sud-est."Vai laggii!", mi ordind seccamente.Sali i in macchina e mi diressi verso sud e poi verso est, seguendo

le strade che avevo sempre preso viaggiando con don luan. Parcheggiaidove terminava la strada sterrata e mi avviai a piedi per un senrieroche conoscevo bene, fino a raggiungere un altipiano. Non avevo ideadi quello che avrei dovuto fare l i e gironzolai in cerca di un postoper riposare. Improvvisamente notai una piccola superficie alla miasinistra. Sembrava che in quel punto la cornposizione chimica del ter-reno fosse diversa, tuttavia quando mettevo a fuoco gli occhi non ve-devo nulla che potesse spiegare quella differenza. Mi avvicinai e cercaidi 'sentire', come mi aveva sempre raccomandato don Juan.

Rin-rasi immobile per circC un'ora. I miei pensieri diminuivano gra-dualmente finch6 cessai del tutto di parlare a me stesso. Allora provaiuna sensazione di fastidio che sembrava limitata allo stomaco ecl erapii acuta quando guardavo quella particolare superficie. Mi sentivorespinto e costretto ad allontanarmene. Incominciai a scorrere la zonacon gli occhi incrociati e dopo una breve camminata mi fetmai davantia una grande roccia piatta. In quella roccia non c'era niente di partico-lare che mi attirasse, non ci vedevo nessuno specifico colore n6 splen-dore, e tuttavia mi piaceva, i l mio corpo si sentiva bene. Provai unasensazione di conforto fisico e sedetti per un po'.

Girai tutto i l giorno per I 'alt ipiano e per Ie montagne circostantisenza saper che fare o che aspettare. Al crepuscolo tornai alla rocciapiatta, sapevo che se avessi passato Ii la notte sarei stato al sicuro.

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228 Fernare il nondo

Il giorno dopo mi spinsi piL a est sulle montagne. Nel tardo pome-riggio arrivai.a un altipiano ancora pii elevato. Pensavo di esserci giistato prima, mi guardai intorno per orientarmi ma non riuscivo a rico-nosceie ne.ssuno dei picchi circostanti. Scelsi con cura un posto adattoe mi misi' seduto u iipot.t" sul bordo di una ,o.ra ,arsosa priva divegetazione. Li mi sentii molto caldo e provai un gran senso di pace.Cercai del cibo nella mia zucca, ma era vuota. Bewi un po' d'acqua,era calda e sapeva di stantio. Pensai che non avevo altro da fare chetornare a casa di don Juan e incominciai a domandarmi se avessi dovutoo no riprendere subito la via del ritorno. Mi distesi sulla pancia eappoggiai la testa sul braccio. Mi sentivo a disagio e cambiai posizionevarie volte finch6 mi trovai a guardare a ovest. Il sole era gii basso.Avevo gli occhi stanchi. Guardai in terra e vidi un grosso scarabeosbucare da dietro un sasso sospingendo una palla di sterco grande ildoppio di lui. Seguii a lungo i suoi movimenti, I'insetto non sembravacurarsi della mia presenza e continub a spingere il suo carico, supe-rando sassi, radici, depressioni e protuberanze del terreno. Per quantone sapevo, lo scarabeo non si rendeva conto della mia presenza. Mivenne in mente che non potevo essere sicuro che I'insetto non si ren-desse conto di me, e questo pensiero scatenb tutta una serie di valu-tazioni razionali sulla natura del mondo dell'insetto contrapposto almio. Io e lo scarabeo eravamo nello stesso mondo ma ovviamente ilmondo non era lo stesso per tutti e due. Lo osservai intensamentemeravigliandomi della forza gigantesca necessaria per trasportare il suocatico sui sassi e nei crepacci.

Osservai I'insetto a lungo e quindi mi accorsi del silenzio che micircondava. Solo il vento fischiava tr^ i rami e le foglie della boscaglia.Guardai in alto, mi voltai a sinistra con un movimento rapido e invo-lontario, e intravidi una debole ombra, o un guizzo, su una roccia apochi passi di distanza. Dapprima non feci attenzione, ma poi mi resiconto che quel gtizzo era stato alla mia sinisra. Mi voltai di scatto eriuscii a percepire chiaramente un'ombra sulla roccia. Ebbi la stranasensazione che I'ombra scivolasse a terra e il suolo I'assorbisse comeuna macchia d'inchiostro sulla carta assorbente. Un brivido mi corse perla schiena; mi venne iri mente che la morte stava osservando me e loscarabeo.

Cercai ancora I'insetto ma non riuscii a trovarlo. Pensai che fossearrivato alla sua destinazione e avesse lasciato cadere il carico in unacavitd del terreno. Appoggiai la faccia contro un sasso levigato.

Lo scarabeo emerse da un buco profondo e si fermb a qualche cen-timetro dalla mia faccia. Sembrava che mi guatdasse e per un momentosentii che si era reso conto della mia presenza, forse come io mi ren-

Fermare il mondo 229

devo conto della presenza ,Jella mia morte. Sentii un brivido, dopotutto io e lo scarabeo non eravamo cosi diversi; la morte, come un'om-bra, ci spiava tutti e due da dietro un masso. Provai uno straordinariomomento di euforia: io e 1o scarabeo eravamo pari, nessuno dei dueera migliore dell'altro, la nostra morte ci rendeva uguali.

L'euforia e la gioia furono cosi prepotenti che scoppiai a piangere.Don Juan aveva ragione, aveva sempre avuto ragione: vivevo in unmondo misteriosissimo e, come ogni altro, efo un essere misteriosissimo,eppure non ero pir) importante di uno scarabeo. NIi asciugai gli occhie mentre me li strofinavo col dorso della mano vidi un uomo, o qual-cosa che aveva la forma di un uomo. Era alla mia destra, a una cinquan-tina di metri. Mi tirai su a sedere e mi sforzai di guardare. Il iole eraquasi sull'orizzonte e il suo bagliore giallastro mi irripediva di vederechiaramente. In quel momento udii uno strano rombo, come il rumorelontano di un aeroplano a reazione. Mentre concentravo I'attenzione

- stil rumore questo crebbe diventando un atuto sibilo metallico pro-lungato e poi si addolcl fino a trasformarsi in un suono ipnotizzanie emelodioso. La melodia era come la vibrazione di una corrente elettrica.L'immagine che mi venne in mente fu quella di due sfere elettizzateche si iongiungevano, o due blocchi di-metallo elettrizzato strofinatil'uno conffo I'altro e poi fermati con un colpetto quando erano l'unoperfettamente al livello dell'altro. Di nuovo mi sforzai di vedere seriuscivo a distinguere la persona che sembrava nascondersi, ma poteisolo scorgere un'ombra nera contro i cespugli. Mi feci schermo agliocchi con le mani. In quel momento il bagliore del sole cambib e allorami resi conto che guello che vedevo era solo un'illusione ottica, ungioco di ombre e foglie.

Distolsi gli occhi e vidi un coyote trotterellare calmo calmo attra-verso la radura; era vicino al punto in cui pensavo di aver vistoI'uomo. Avahzd per circa cinquanta metri in direzione sud e poi sifermd, si voltb e incomincid ad avanzare verso di me. Urlai un paio divolte per spaventarlo e farlo fuggire, ma continud a venire verso di me.Provai un momento di apprensione, pensai che potesse avere la nbbiae pensai anche di raccogliere qualche sasso per difendermi nel caso diun attacco. Ma quando I'animale fu a una quindicina di passi notai chenon era afr.atto agitato; al contrario, sembrava calmo e per nulla spa-ve::itato. Rallentb la sua andatura fermandosi appena a quattro o cinquepassi da me. Ci guardammo, poi il coyote si awicinb ancora; i suoi occhimarruli erano amichevoli e limpidi. Mi sedetti sulle rocce e il coyotesi avvicinb fin quasi a toccarmi. Ero stupefatto, non avevo mai visto uncoyote selvatico cosl da vicino, e la sola cosa che mi venne in mentein quel momento fu di parlargli. Incominciai a parlare come si parla a

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D0 Fermare il mondo

un cane, e quindi mi parve che il coyote avesse 'parlato' .in risposta;.bbi l'"rrol.riu ,rrt rri che avesse detto qualcosa' Mi sentivo confuso'

-" no" ebbi il tempo di considerare i miei sentimenti perch6 il coyote

;;;.i;;'-";;;;u. Nt" che l'animale pronunciasse le parole nel modo inJui ,or,o abituato a udirle pronuhciare dagli esseri umani, era piuttosto;;;G;r;;i.".; .h. stesse^parlando. Ma no.t era nemmeno. quella. sen-;;; i";;;h. si ha quando sembra che un cagnolino comunichi col suopadrone. Il coyote-disse veramente qualcosa: formuld un pet,srero eiu.g^.orn.rnicazione usci in qualcosa-di molto simile a una frase. Io;;.;; J.;.,;Co^. stai, piccoio coyote?", e pensai di aver udito I 'ani-,."t.-rirponaere: ,{Io sto Lene, e tu?.". Quindi il coyote ripetd la frasee io balzai in piedi. L'animale non lece un solo movimento, non sus-,"iia *,,'*."o p.. il mio balzo improvviso, i suoi occhi rimasero ami-;;; i i ;tt*pidi. Si distese sulla pancia, piegb la. testa.e chiese: "Per-ch6 hai panra?". Mi misi seduto davanti a lui e incomtnctar la conver-;;ri;;; piJ .,.r 'u della mia vita. Alla fine i l coyote mi chiese cosaf;;;;; iri quella zona e io risposi che ero..venuto lassil per 'fermare il

-"tatl Ii coyot. esclami "'Que b)e-uo! ", e allora capii che. era un

-uo,. bilineue. I nomi e i verbi delle sue frasi erano in inglese, ma

i."'.;;sil;;i;i'. rJ..ltu-azioni in spagnolo' Mi venne in mente chei;r;; .; aila presenza di un coyote Cblcano, Scoppiai a ridere.dell'as-surditlL di tutto quello che mi succedeva e risi cosi torte da dtventare;;;ril.;;ri.". poi fui colpito da tutto il peso dell'impossibiliti dellalir""ritr.-.-lu

-i" mente'vacillb. Il coyote si alzb e il nostro sguardo

ti-i".ont.a, lo fissai intensamente negli occhi, sentii che mi .tiravano. u

"" ,.^rio I'animale diventb iridescinte, incomincid a splendere. Era

come se la mia mente riproiettasse il ricordo di un- altro episodio acca-Juto dieci anni prima, qurndo sotto I'influenza del-peyote avevo assi-;;;; ;il, r,,;tamirfosi'di un comune cane in un indimenticabile esserei.id.r...r,.. Era come se il coyote avesse causato la rievocazione, e ilrl.".al J"ntpisodio precedenie fu e-vocato-.e sovrapposto alla formodel covote; i l coyote et, ,rn essere fluido, l iquido. e luminoso' [a sualuminosit) era abbagliante. Volli coprirmi- gli occhi con Ie manr perDrotesserli, ma non riuscii a muovermi. L'essere luminoso mi toccdir qr7T.n.'parte indefinita di me stesso e il mio.cotpo provb un sensodi ialore . .b"n.*er. cosl meravigliosamente indescrivtbtle che era;;*; ;.- quel tocco mi avesse fatio esplodere. Ero paralizzato, nonii"r.i". a'sentirmi i piedi, nd le gambi, n€ alcuna parte del corpo'eppure qualcosa mi sosteneva'-' '

Non'ho idea di q,rrnio a lungo sia rimasto in quella posizione. Nelf.",i"rrp" if .oyote l.rminoso e licollina svanirono. Non avevo pensierint ,"n,irn.r,ti. Tutto si era spento e io galleggiavo liberamente.

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Fermare il mondo 8I

Improvvisamente sentii che il mio corpo er&rcolpito e ?tiili1"-*k'd" ;;"i;;;^ .f,. *i u...nJ*". Mi accorsi che il iole splendeva. su di

me. Lontano a ovest pot.uo vagamente_ distinguere una catena di mon-tunn.. Il sole era quaii sull'orizzonte; lo stavo guardando dtrettamente;?lilr;';,dt f.;fii". a.i mondo'. Percepii realmente la piil straordi-;"il;"i;io". Ji llnee blanche fluorescenti che si intersecavano do'vunque intorno u ... F.. un istante pensai che fosse dovuto alla rifn-;iililil"I.- tra le mie ciglia. Batiei le palpebre e guardai ancora.Le linee efano costanti e si sovrapponevano o attraversavano tutto cib.f*^.i.i...rdava. Mi guandai intorno ed esaminai un mondo sffaordi-.,^ri"n'.nr. nuovo. Le lfiree erano visibili e costanti anche se distoglievolo sguardo dal sole. , -fi.i-"tl sulla collina in estasi per un tempo che.mi patve intermt-nabile, eppure tutto I 'episodio poteva.aver.durato solo qualche mlnuto'?;;-:;tr p.r il ,.*p'"-i" cui il

'ol" mi aveva illuminato prima di

raesiunqere l'orizzonte, ma a me era parso interminabile. Sentii qual-;:;'il?;i;" . |""?"ri"",e trasudare dal mondo e dal mio corpo. seppidi aver scoperto ,rn t.!."ro, era cosl semplice' Sentii un'altra ondataai ,*,r-."ii.-iur"i n.llu mia vita avevo provato un'euforia cosl divina,.r.ru t"la pace, una stretta cosi awolgente' e tuttavia non potevo tra-

durre in parole il segreto che avevo- scoperto: non potevo nemmenotradurlo ii pensieri, ma il mio corpo lo conosceva'

Poi mi addormentai o persi i sensi' Quando fui di nuovo consa-pevole di me stesso .io-airal"ro sulle rocce. Mi alzai in piedi. Il mondo!;;;;; io-.u.uo r"-pre visto. Stava calando I'oscurit i e automatica-mente mi avviai verso la macchina.

La mattina dopo, quando arrivai, don Ju.an era solo in .casa; gli

chiesi di don Genaro e rispose che era da,qualche Parte nel vlclnato'.afare una commissione. Incominciai immediatamente a narrargll le mlestraordinarie esperienze, don Juan mi ascoltd con evidente interesse.- - ;i"i ,..p1i..-"nt" frr*ito il mondo", commentb quando ebbi

finito il mio resoconto.Restammo in silenzio per un momento e poi don Juan disse che

d.r;;;";G ruriu, don Genaro per avermi uiututo. Sembrava insoli-;;;t;" loir.n,o di me,

-i auuu ripetuti colpetti sulla schiena' ridac-

chiava.-^-^-;tutu E inconcepibile che un coyote possa parlare"' dissi'

"Non era Parlare", risPose'"E allora cos'era?"."Il tuo corpo ha capito per la prima volta, ma tu non sei riuscito

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2J2 Fermare il mondo

a riconoscere che innanzitutto non era un coyote e che ceftamente nonparlava come parliamo tu e io".

"Ma il coyote ha parlato dawero, don Juan!"."Chi ts che parla come un idiota ora? Dopo tutti questi anni di -

apprendimento dovresti saperne di pin. Ieri hai lermato il mondo epotresti ancbe aver aisto.Un essere magico ti ha detto qualcosa e il tuocorpo d stato capace di comptenderlo perchd il mondo era crollato".

"Il mondo era come d oggi, don Juan?"."No. Oggi i coyote non ti dicono nulla e non puoi vedere le linee

del mondo. Ieri hai fatto tutto questo semplicemente perchd qualcosasi b fermato in te".

"Cosa si E fermato in me?"."Quello che si i fermato ieri in te era quello che la gente ti ha

sempre detto che E il mondo. Capisci, da quando siamo nati la genteci dice semDre che il mondo d cosi e cosl, e naturalmente non abbiamoaltra sceltaihe vedere il mondo come la gente ci ha detto che i".

Ci guardammo."Ieri il mondo d diventato come gli stregoni ti dicono che E",

riprese don Juan. "In quel mondo i coyote parlano, e anche i cervi,come ti ho detto una volta, e anche i serpenti a sonagli, gli alberi etutti gli altri esseri viventi. Ma quello che voglio che tu impari baedere. Forse ora sai che si aede solo quando ci si insinua ra i mondi,il mondo della gente comune e il mondo degli stregoni. Ora sei giustoin mezzo ai due mondi. Ieri hai creduto che il coyote ti avesse parlato;qualsiasi stregone che non uede credercbbe Ia stessa cosa, ma uno cheaede sa che credere questo vuol dire essere inchiodati nel regno deglistregoni. Per la stessa tagione, non credere che i coyote parlino signi-fica essere inchiodati nel regno degli uomini comuni".

"Don Juan, volete dire che n6 il mondo degli uomini comuni n6quello degli stregoni b reale? ".

"Sono mondi reali, potrebbero agire su di te. Per esempio, avrestipotuto chiedere al coyote tutto quello che volevi e lui sarebbe statocostretto a risponderti. Il solo lato negativo d che i coyote non sonoattendibili, sono degli imbroglioni. E tuo destino non avere un animalecompagno che sia attendibile".

Don Juan spiegb che il coyote sarebbe stato mio compagno per lavita e che nel mondo degli stregoni avere per amico un coyote non erauna condizione desiderabile. Disse che oer me I'ideale sarebbe stato Dar-lare con un serpente a sonagli, perch6 quegli animali erano compagnistupendi.

"Se fossi in te", aggiunse, "non mi fiderei mai di un coyote. Matu sei diffelente e potresti anche diventare uno stregone coyote".

Fermare il mondo 8)

"Cos'B uno stregone coyote?'."Uno che ottiene un sacco di cose dai suoi fratelli coyote".Volevo continuare a far domande ma don Juan mi interruppe con

un gesto."Hai visto le linee del mondo", disse. "Hai visto un essere lumi-

noso. Ormai sei quasi pronto per incontrare I'alleato. Naturalmente saiche I'uomo che hai visto nei cespugli era I'alleato, hai sentito il suorombo come quello di un aeroplano a reazione. Ti aspettera al mar-gine di una pianura, una pianura dove ti condurrd io stesso".

Rimanemmo a lungo in silenzio. Don Juan teneva le mani incro-ciate sullo stomaco, muovendo i pollici quasi impercettibilmente.

"Anche Genaro dovri venire con noi in quella valle", disse a untratto. "E lui che ti ha aiutato a fermare i l tnondo".

Mi guardb con occhi penetranti."Voglio dirti ancora una cosa", disse scoppiando a ridere. "Ora non

importa veramente. L'altro giorno Genaro non ha mai spostato la tuamacchina dal mondo degli uomini comuni, ti ha semplicemente costrettoa guardare il mondo come lo guardano gli stregoni e la tua macchinanon era in quel mondo. Genaro ha voluto ammorbidire 7a tua certezza.Il suo comportamento grottesco ha detto al tuo corpo che cercare dicapire tutto B assurdo. E quando ha fatto volare il suo aquilone tu haiquasi visto. Hai trovato la macchina ed eri in tutti e due i mondi. Laragione per cui ci siamo fatti quasi scoppiare le budella dalle risate bche tu credevi veramente di riportarci indiero in macchina dal postoin cui pensavi di averla trovata".

"Ma come ha fatto don Genaro a costringermi a vedere il mondocome 1o vedono gli stregoni?".

" Io ero con lui, tutti e due conosciamo quel mondo. Quando siconosce quel mondo, per evocarlo basta usare quel secondo anello dipotere che hanno gli sregoni, come ti ho detto. Genaro lo pud farecon la stessa faciliti con cui schiocca le dita. Ti ha tenuto occupatorivoltando sassi per distrarre i tuoi pensieri e permettere al tuo corpodi oedere".

Dissi che gli awenimenti degli ultimi tre giorni avevano arrecatoun danno ineparabile alla mia idea del mondo. Dissi che nei dieci anniin cui ero stato con lui non mi ero mai sentito cosi agitato, nemmenoquando avevo ingerito le piante psicotrope.

"Le piante di potere sono solo un aiuto", disse don Juan. "L'im-portante B quando il corpo si re_nde conto di poter uedere. Solo allorasi pub sapere che il mondo che guardiamo tutti i giorni b solo unadescrizione. Era mia intenzione mostrartelo, purtroppo ti resta pochis-simo tempo prima che I'alleato ti affronti".

Iti

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'l

T1 Fermare il mondo

"L'alleato mi deve afirontare?"."Non c'd modo di evitarlo. Pet t',edere bisogna imparate a guardare

il mondo come lo guardano gli stregoni e percib si deve evocare I'al-leato, e quando lo si b evocato I'alleato affiva" .

,,i\on'avreste potuto insegnarmi a uedere senza evocare l'alleato?"."No. Peruedire bisognai-p^t"t. a guardare il mondo in un altro

modo. e il solo alro modo che conosco d quello dello stregone"' 20

Viaggio a Ixtlan

Don Genaro ritornd verso mezzogiorno e per suggerimento didon Juan ce ne andammo tutti e tre in macchina alla catena di mon-tagne dove ero stato il giorno prima. Facemmo a piedi lo stesso sen-tiero che avevo preso io, ma invece di fermarci sull'altipiano raggiun-gemmo la cima della bassa catena di montagne, poi incominciammo ascendere in una valle pianeggiante.

Ci fermammo a tiposare su un'alta collina. Don Genaro scelse ilposto. Mi misi a sedere automaticamente, come avevo sempre fattoin loro compagnia, con don Juan a destra e don Genaro a sinistra,formando un triangolo.

La boscaglia del deserto aveva acquistato una meravigliosa lucen-tezza umida. Era diventata di un verde brillante dopo un breve acquaz-zone primaverile.

"Adesso Genaro ti insegner) qualcosa", mi disse tutto a un trattodon Juan. "Ti racconterd la storia del suo primo inconfto col suoalleato. Non ts vero, Genaro?".

Nella voce di don Tuan c'era un tono di esortazione. Don Genaromi guardb e conrasse -le labbra fino a far prendere alla sua bocca laforma di un buco rotondo, arrotold la lingua contro il palato e aprle chiuse spasmodicamente Ia bocca.

Don Juan lo guardd e'scoppib a ridere rumorosamente. fo nonsapevo cosa pensare,

"Che fa?", chiesi a don Juan."E una gall ina", rispose."Una gall ina? "."Guarda, guardagli la bocca, b il culo della gallina e sta per fare

I'uovo".Gli spasmi della bocca di don Genaro sembrarono aumentare, negli

occhi aveva uno sguardo strano, folle. La bocca gli si apriva come segli spasmi dilatassero il buco rotondo. Emise un suono gracchiante con

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D6 Viaggio a Ixtlan

la gola, incrocib le braccia sul petto con le mani piegate in dentro epoi sputb senza cerimonie un po' di catarro.

"Porca miseria! Non era un uovo", disse con un'espressione preoc-cuData sul volto.- La oosizione e I'esoressione di don Genaro erano cosl ridicole chenon poiei fare a meno di ridere.

"Ora che Genaro ha quasi fatto I'uovo forse ti racconteri del suoprimo incontro con I 'alleafo", insist6 don Juan.

"Forse", rispose don Genaro senza interesse.Lo supplicai di raccontare.Don Genaro si alzb in piedi, si stirb le braccia e la schiena e le sue

ossa scricchiolarono. Poi si rimise a sedere."Ero giovane quando ho aflrontato per la prima volta il mio al-

leato", disse alla fine. "Ricordo che era presto nel pomeriggio. Ero neicampi dall'alba e stavo tornando a casa. A un ratto I'alleato usci dadietro un cespuglio e mi sbarrd la strada, mi era stato ad aspettare emi invitava a lottare con lui. Mi preparai a voltargli le spalle per an-darmene, ma mi venne in mente che ero abbastanza forte per affron-tado, perb avevo paura; un brivido mi corse per la spina dbrsale e ilcollo mi diventd rigido come vn pezzo di legno. A proposito, questod sempre il segno che sei pronto, voglio dire, quando ti si indurisceil collo".

Si sbottonb la camicia e mi mosrb la schiena. Irrigidl i muscoli delcollo. del dorso e delle braccia. Notai la sua superba muscolatura. Eracome se il ricordo dell'incontro avesse risvesliato tutti i muscoli delsuo tofso.

"In una simile situazione", continub, "devi sempre chiudere labocca".

Si volse a don Juan e disse: "Non E cosi?"."S1", rispose calmo don Juan. "La scossa dello scontro con I'alleato

E cosi forte che ci si porebbe staccare la lingua con un morso o farsisaltare i denti. Il corpo deve essere diritto e ben saldo e i piedi devonoafierrare il terreno".

Don Genaro si alzd in piedi e mi mostrb la posizione giusta: ilcorpo leggermente flesso alle ginocchia e le mani penzoloni ai fianchicon le dita appena ripiegate. Sembrava rilassato e tuttavia ben saldosul terreno. Rimase in quella posizione per un istante, e quando pensaiche stesse per mettersi a sedere guizzis improwisamente in avanti conun salto stupendo, come se avesse avuto delle molle attaccate ai talloni.Il suo movimento fu cosi improvviso che ricaddi sulla schiena, ma men-tre cadevo ebbi la chiara impressione che don Genaro avesse afienatoun uomo, o qualcosa con Ia forma di un uomo.

Viaggio a Ixtlan D7

Mi titirai su a sedere. Don Genaro conservava ancora una tremendatensione in tutto il corpo, poi rilassb bruscamente i muscoli e si rimiseseduto al suo posto.

"Carlos ha appena uisto il tuo alleato, proprio ora", osservb donJuan in tono indifierente,'ma b ancora debole ed d caduto".

"Davvero?", mi chiese don Genaro con aria insenua dilatando lenarici.

Don Juan lo assicurb che I'avevo visto.Don Genaro balzd ancora in avanti con una tale fotza che io caddi

sul fianco. Aveva eseguito il suo salto cosl rapidamente che non riuscivodavvero a capire come avesse fatto a balzari in piedi a quel modo daseduto per proiettarsi in avanti._ Scoppiarono tutti e due a ridere rumorosamente e quindi don

Genaro cambib la sua risata in un ululato indistinguibile da quello diun coyote.

"Non pensare che per affrontare il tuo alleato dovrai balzare benecome Genaro", mi disse don Tuan in tono di avvertimento. "Genarosalta cosi bene perchd ha il sub alleato che lo aiuta. Tutto quello chedevi fare b restare ben saldo sul terreno per sostenere I'urto. Devi starein piedi proprio nella posizione in cui era Genaro prima di saltare, poidevi balzare in avanti e afierare I'alleato".

"Prima deve baciare il suo medaglione", interloqul don Genaro.Don Juan, con finta severita, disse che non avevo medaglioni."E i suoi taccuini?", insist6 don Genaro. "Deve fare qualcosa dei

suoi taccuini; li deve posare da qualche parte prima di saltare, altri-menti potrebbe usarli per picchiare I'alleato".

"Accidenti!", esclamb don Juan in tono di sorpresa apparentementegenuino. "Non ci avevo mai pensato. Scommetto che sarebbe la primavolta che un alleato b buttato a teffa con un taccuino".

Quando le risate di don Juan e I'ululato da coyote di don Genarosi placarono eravamo tutti di ottimo umore.

"Che b successo quando avete afferrato il vostro alleato, don Ge-naro? ". chiesi.

"E stata una scossa molto forte", disse don Genaro dopo un mo-mento di esitazione. Sembrava che avesse esitato per dare ordine aisuoi pensieri.

"Non avevo mai immaginato che sarebbe stata una cosa simile",prosegul. "E stato qualcosa, qualcosa, qualcosa... che non riesco a dire.Dopo che l'ho afierrato abbiamo incominciato a girare. L'alleato miha fatto roteare, ma io non I'ho lasciato andare. Abbiamo girato perl'aria con una tale velociti efotza che non riuscivo pii a vedere niente,tutto era offuscato. Abbiamo continuato a girare ancora, ancora, an-

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238 Viaggio a Ixtlan

cora. A un tratro ho sentito che ero di nuovo coi piedi per terra. Misono guardato: I'alleato non mi aveva ucciso, ero tutto

-di un pezzo,

ero me stesso! Allora ho saputo che ero riuscito, finalmente avevo unalleato. Mi sono messo a saltare per la feliciti. Che sensazione! Chesensazione era quella!

"Poi ho guardato in giro per sapere dove ero. I dintorni mi eranosconosciuti. Pensai che I'alleato mi avesse trasportato per aria e lasciatocadere moltb lontano da dove avevamo incominciito a gbare. Miorienta_i, pensai che la mia casa dovesse essere a est, percid-mi avviaiin quella direzione. Era ancora presto, I'incontro con i'alleato non erastato troppo lungo. Quasi subito trovai un sentiero e vidi un gruDoodi uomini e donne venire verso di me. Erano indiani. r,enr.i . ire fo.-sero indiani mazatec. Mi circondarono e mi chieseio' dove andavo.'Torno a casa a fxtlan', risposi. 'Ti sei perduto?', chiese uno. ,Si',r isposi, 'perch6?'. 'Perchd Ixtlan non d da quella parte, E nella dire-zione opposta. ci andiamo anche noi', disse un altro.'vieni con noi! ',dissero tutti. 'Abbiamo del cibo!"'.

Don Genaro si interruppe e mi guardd come se aspertasse una miadomanda.

"E al lora, che d successo?", chiesi . , ,s iete andato con loro?"."No, non ci sono andato", r ispose., ,Pgrch6 non erano real i . L 'ho

sap lto nell ' istante in cui mi sono ventrti incontro. Nella loro voce,nel loro atteggiamento- amichevole, c'era qualcosa che li tradiva, spe-cialmente quando mi hanno offerto di andare con loro. percid sonofuggito_. Mi hanno chiamato e supplicato di tornare. Le loro invoca-zioni diventavano ossessionanti, ma continuai a fuggire,'.

"Chi erano? " , chiesi .,"Gente", rispose seccamente don Genaro. .,Tranne che non erano

reali "."Erano come apparizioni", spiegd don Juan, ,.come fantasmi".

. "^Dopo aver camminato per un po"', r iprese don Genaro, .,acquistaipii f iducia. Sapevo che Ixilan era'nella mia direzione. E quinJl vididue uomini venire verso di me per i l sentiero, anche loro sembravanoindiani mazatec. Avevano un asino carico di iegna da ardere. M"nt."mi passarono accanto borbottarono ,Buon pomEriggio'., " 'Buon pomeriggio', risposi continuando , caLminare. Non mitecero caso e se ne andarono _per_ \a.loro strada. Rallentai i l passo emi girai casualmente a guardarli. si allontanavano senza curarsi di me,sembravano reali. Li rincorsi urlando: 'Aspettate! Aspettatc'! ' .

"Trattennero I 'asino e si fermarono ai due lati deli 'animale, comeper proteggere il carico." 'tr{i sono perduto in qtreste montaqne,, dissi loro. ,Da che parte

Viaggio a Ixtlan 2J9

d Ixtlan?'. Indicarono nella loro direzione. 'Sei molto distante', disseuno di loro. 'E dall'altra parte di queste montagne. Ti ci vorrannoquattro o cinque giorni per arrivarci'. Poi si voltatono e ripresero acamminare. Sentii che erano indiani veri e li pregai di lasciarmi andarecon loro.

"Camminammo insieme per un po' e quindi uno di loro prese ilfagotto del cibo e me ne ofiri. Rimasi impietrito. Nel modo in cui miavevano offerto il cibo c'era qualcosa di terribilmente strano. Il miocorpo si era spaventato, percib balzai indietro e incominciai a fuggire.I due mi dissero che se non andavo con loro sarei morto sulle monta-gne e cercarono di esoriarmi a'seguirli. Anche le loro suppliche eranomolto assillanti, ma fuggii cbn tutte le mie forze.

"Continuai a camminare. Sapevo di essere nella direzione giustaper Ixtlan e che quei fantasmi cercavano di attirarmi fuori della miastrada.

"Ne incontrai otto; dovevano aver saputo che la mia determina-zione era incrollabile. Restavhno sul fianco della strada e mi guarda-vano con occhi imploranti. Molti di loro non dicevano una parola; leloro donne, invece, erano pii audaci e mi supplicavano. Alcuni mo-strarono anche del cibo e altre mercanzie che presumibilmente avreb-bero dovuto vendere, come innocui mercanti sul margine della strada.Non mi fermai e non li guardai.

"Nel tardo pomeriggio arrivai a una valle che mi sembrd di ricono-scere, aveva qualcosa di familiare. Pensai di esserci gi) stato, ma seera cosl ero davvero a sud di Ixtlan. Incominciai a cercare dei segniper orientarmi e correggere la mia direzione quando vidi un rag zzettoindiano che pascolava le capre. Aveva forse sette anni ed era vestitocome me alla sua etd, anzi mi ricordava me stesso quando pascolavo ledue capre di mio padre.

"Lo osservai per un po'; il ragazzetto parlava da solo, proprio comefacevo io, poi parld alle capre. Da quel che sapevo suile capre capivoche era veramente bravo: era preciso e attento, non viziava Ie suecapre ma non era nemmeno crudele.

"Decisi di chiamarlo. Quando gli parlai a voce alta balzd in piedi,scappd su un ciglione e mi guardb da dietro alle rocce. Sembrava prontoa fuggire disperatamente. Mi piacque, sembrava spaventato e tutta-via trovava ancora il tempo di radunare le sue capre lontano dallamia vista.

"Gli parlai a lungo; dissi che mi ero perduto e non sapevo la stradaper Ixtlan. Gli chiesi il nome di quella localiti e rispose che era quellache pensavo. Questo mi fece molto felice, capii che non eto pii per'duto e meditai strlla forza che aveva dovuto avere il mio alleato pet

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24O Viaggio a Ixtlan

trasportare tutto il mio corpo cosl lontano in meno di un batterd'occhio.

"Ringraziai il rugazzetto e incominciai ad allontanarmi. Il rugazzouscl dal suo nascondiglio e radunb le capre in un sentiero quasi invi-sibile. Il sentiero sembrava condurre gir) nella valle. Chiamai il rugazzoche non fuggi. Mi avviai verso di lui ma quando gli arrivai moltovicino saltb nei cespugli. Lo elogiai per la sua cautela e incominciaia interrogarlo.

"'Dove porta questo sentiero?', chiesi. 'Gii l ' , r ispose. 'Dove vivi?'.'Laggi i ' . 'Ci sono molte case laggi i l? ' . 'No, solo una' . 'Dove sono lealtre case?'. 'I1 ragazzo indicd I'altro lato della valle con indifferenza,come fanno i rugazzi della sua eti. Poi si incamminb giil per il sentierocon le sue capre,

"'Aspetta', gli dissi. 'Sono molto stanco e ho fame, portami daituoi'.

"'Non ho nessuno', rispose, e le sue parole mi fecero sobbalzare.Non so perch6, ma la sua voce mi fece esitare. Il ragazzetto, notandola mia esitazione, si fermb e mi parld. 'In casa mia non c'b nessuno',disse. 'Mio zio E andato via e sua moglie b nei campi. C'b molto cibo,moltissimo. Vieni con me'.

"Mi sentii quasi triste, anche il mgaz.zetto era un fantasma. I1 tonodella voce e la sua premura l'avevano tradito. I fantasmi erano l) in-torno pef prendermi ma io non avevo paura. Ero ancora intorpiditodall'incontro con I'alleato. Volevo arrabbiarmi con I'alleato o coi fan-tasmi, ma non so come nbn mi riusciva di andare in collera come alsolito, percib rinunciai. Allora volli sentirmi triste, perch€ il rugaz-zetto mi era piaciuto, ma non ci riuscii, percib rinunciai anche a quello.

"fmprowisamente mi resi conto che avevo un alleato e i fantasminon potevano farmi nulla. Seguii il ngazzetto git per il sentiero. Altrifantasmi stavano in agguato e cercarono di farmi cadere nei precipizi,ma la mia volonti era pit forte di loro. Dovevano averlo sentito, per-ch€ smisero di molestarmi. Dopo un po' si limitarono a piazzarsi sulmio sentiero; di quando in quando qualcuno di loro balzava verso dime, ma lo fermavo con la mia volont). E allora smisero completamentedi infastidirmi".

Don Genato rimase a lungo in silenzio.Don Juan mi guardb."Che b successo poi, don Genaro?", chiesi."Ho continuato a camminare', dichiarb.Sembrava che avesse terminato la sua storia, che non ci fosse pit

nulla da aggiungere.

Viaggio a Ixtlan 241

Gli chiesi perch6 il fatto che gli ofirissero cibo gli aveva fatto capireche si trattava di fantasmi.

Non rispose. Lo intertogai ulteriormente chiedendo se era costumedegli indiani mazatec negare di avere cibo, o interessarsi pesantementedi questioni di cibo.

Disse che I'aveva capito dal tono delle voci, dalla loro premura nel-I'attirarlo e dal modo in cui i fantasmi padavano del cibo; e che losapeva perchd il suo alleato lo aiutava. Afiermb che da solo non avrebbemai notato quella particolariti.

"Quei {antasmi erano alleati, don Genaro?", chiesi."No. .Erano gente"."Gente? Ma se avete detto che erano fantasmi"."Ho detto che non erano piil reali. Dopo il mio incontro con I'al-

leato nulla era piil reale".Rimanemmo a lungo in silenzio."Qual d stato i l r isultato finale di quell 'esperienza, don Genaro?",

domandai alla fine." Risultato finale? "."Voglio dire, come e quando siete finalmente arrivato a Ixtlan?".Scoppiarono tutti e due a ridere contemporaneamente."Cosl per te quello sarebbe il risultato finale", osservb don Juan.

"Allora diciamo cosi: nel viaggio di Genaro non c'era nessun risultatofinale, non ci sari mai nessun risultato finale, Genaro b ancora inviaggio per Ixtlan!".

Don Genaro mi lancib uno sguardo penetrante e girb il capo perguardare in lontananza, verso sud.

"Non arriverd mai a fxtlan", disse.La sua voce era ferma ma lieve, quasi un mormorio."Eppure nei miei pensieri... nei miei pensieri qualche volta sento

che mf manca solo un passo per arrivarci' Ma non ci arriverd mai. Nelmio viaggio non trovo nemmeno i segni familiari che sono abituato ariconoscere. Nulla b pii lo stesso".

Don Juan e don Genaro si guardarono, nei loro occhi c'era qualcosadi triste.

"Nel rnio viaggio a Ixtlan incontro solo fantasmi viaggiatori", dissedon Genaro sottovoce.

Guardai don Juan, non avevo capito quello che aveva voluto diredon Genaro.

"Tutti coloro che Genaro incontra nel suo viaggio verso Ixtlansono soltanto esseri efimeri", spiegb don Juan. "Tu, per esempio, tusei un fantasma. I tuoi sentime;ti e la tua premura sono quelli della

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242 Viaggio a Ixtlan

gente. Per questo Genaro dice che nel suo viaggio verso fxtlan incontrasolo fantasmi viaggiatori".

Improwisamente capii che il viaggio di don Genaro era una meta-Iora.

"Allora il vostro viaggio a Ixtlan non b reale", dissi."E reale!", interloqul don Genaro. "I viaggiatori non sono reali".Indicb don Juan con un cenno del capo e disse enfaticamente: "Lui

E il solo che b reale. Il mondo b reale solo quando sono con lui".Don Juan sorrise."Genaro ha raccontato Ia sua storia a te", disse, "perch6 ieri tu hai

lernato il mondo, e perchd pensa anche che hai oisto, ma sei un talesciocco che non lo sai nemmeno tu. Continuo a dirgli che sei stranoe che presto o tardi aedrai. In ogni caso, nel tuo prossimo incontro, seper te ci sar) una seconda volta, dovrai lottare con I'alleato e domarlo.Se soprawivi alla scossa, e ne sono sicuro perchd sei forte e vivi comeun guerriero, ti rittoverai vivo in un paese sconosciuto. Allora, comed naturale per tutti noi, la prima cosa che vorrai fare sar) prendere lavia del ritorno a Los Angeles, ma non c'd via di ritorno a Los Angeles.Quello che hai lasciato l) E perduto pef sempre. Allora, naruralmente,sarai uno stregone, ma non avr) importanza; in un momento comequello I'importante per tutti noi E il fatto che tutto cib che amiamo,odiamo o desideriamo b rimasto alle nostre spalle. Tuttavia i sentimentidi un uomo non muoiono nd cambiano, e lo stregone prende Ia viadel ritorno sapendo che non arriverd mai,.sapendo che nessun poteresulla terra, nemmeno la sua morte, lo porteri al posto, alle cose, allepersone che amava. Questo ti ha detto Genaro".

La spiegazione di don Juan fu come un catalizzatorc; l'intero pesodella storia di don Genaro mi colpi all'improvviso quando incominciaia collegare Ia sua storia alla mia vita.

"E le persone che amo?", chiesi a don Juan. "Che accadrebbe diloro? " .

"Saranno tutte lasciate alle tue spalle", rispose."Ma non c'b un modo per ritrovarle? Potrei recuperarle e portarle

con me? "."No. Il tuo alleato gireri con te, con te soltanto, in mondi scono-

sciuti ".

-. "Y" potrei tornare a Los Angeles, non B vero? Potrei prenderl'autobus o l'aeroplano e andarci. Los Angeles sarebbe ancora ll, non bvero? ".

'Sicuro", rispose don Juan ddendo. "E anche Manteca e Temeculae Tucson".

"E Tecate", aggiunse don Genaro con grande seriet).

Viaggio a Ixtlan 243

"E Piedras Negras e Tranquitas", disse don Juan sorridendo.. 9or Genaro aggiunse altri nomi e cosl fece don Juan, e turti e due

si misero a enumerare una serie di nomi di citti e cittadine tra i piiridicoli e incredibili.

- "Quando girelai con l'alleato cambierai la tua idea del mondo",disse don Juan. "Quell'idea d tutto, e quando cambia, il mondo stessocambia".

Mi ricordd che una volta gli avevo letto una poesia e volle chegliela recitassi. Me ne accennb qualche parola e subito ricordai diavergli letto alcune poesie di Juan Ramon Jimenez. Quella che inten-deva-in particol3re don Juan si intitolava El Viaie Definitiuo (Il viag-gio de6nitivo). La recitai.

... e me ne andrb. Ma gli uccelli rimarranno, cantando:e il mio giardino rimarri, col suo albero verde,col suo pozzo d'acqua.

Molti pomeriggi i cieli saranno azzurri e placidi,e le campane sul campanile rintoccherannocome rintoccano questo pomeriggio.

Le persone che mi hanno amato moriranno,e ogni anno la citti si rinnover).Ma il mio spirito vagheri sempre nostalgiconello stesso recondito angolo del mio giardino fiorito.

_ "E questo il sentimento di cui parla Genaro", disse don Juan. ,'perdiventare uno stregone un uomo deve essere appassionato.- Un uomoappassionato ha sulla terra cose che gli appartengono e cose che glisono care, se non altro il sentiero che percorre.

"Nella sua storia Genaro ti ha detto precisamente questo. Genaroha lasciato la sua passione a Ixtlan: la sua casa, la sua gente, tutte lecose a cui teneva. E ora vaga nei suoi sentimenti; e qualche volta, comeha detto, quasi arriva a Ixtlan. Tutti noi l'abbiamb in comune: perGenaro E Ixtlan, per te sar) Los Angeles, per me...".

Non volevo che don Juan mi dicesse di se stesso e lui si intemuppecome se mi avesse letto nel oensiero.

Don Genaro singhiozzb e parafrasd i primi versi della poesia."Sono andato via. E gli uccelli sono rimasti, cantando".Per un istante sentii un'indescrivibile ondata di agonia e solitudine

awolgerci tutti e tre. Guardai don Genaro e seppi che, essendo unuomo appassionato, doveva aver avuto nel suo cuore tanti legami, tantecose a cui teneva e che aveva abbandonato. Ebbi la chian sensazione

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che in quel momento la forza della sua rievocazione stesse per franaree don Genaro fosse li li per scoppiare in lacrime.

Distolsi gli occhi in fretta. La passione di don Genaro, la sui supre-ma solitudine, mi facevano piangere.

Guardai don Juan, mi fissava."si pud sopravvivere sul sentiero della conoscenza solo vivendo

g-ome.-yn guerriero", disse. "Perch€ l'arte del guerriero consiste nel_I'equilibrare il terrore dell'esser uomo con la" meravislia dell'esseruomo".

Li guardai fisso tutti e due, uno alla volta. I loro occhi erano lim-pidi e calmi. Avevano evocaro una marea di nostalgia opprimenre, equando sembrava che fossero strl punto di scoppiare"in laciime appas-sionate ne avevano rattenuto I'ondata. per un irirnt. pensai di aiiere.vidi Ia solitudine dell'uomo come un'onda gigantesca pietrificata <Jifronte a me, trattenuta dal muro iresistibile Ji"una rn"tuforr.

La mia ftistezza era cosi prepotente che mi sentii euforico, li ab-bracciai.

Don Genaro sorrise e si alzb in piedi. Anche don Juan si alzb e miposb delicatamente la mano sulla sp;ila.. "Ti lasciamo- qui", disse. "Fai quello che pensi sia giusto. L'alleato

ti aspetter) al limite di quella pianura".Indicd una buia valle in loniananza."Ma se non senti che b la tua ora, non andare all'appuntamento,,,

continub. "Non si guadagna nulla forzando le cose. Se vuoi sopravvj-vere_devi essere limpido come il cristallo e mortalmente sicuro ii te".

- Don Ju_an si allontand senza guardarmi, ma don Genaro si voltb unpaio di volte e ammiccando e riuovendo il capo mi inlita ,d und"r.avanti. Li guardai finch6 scomparvero in lontananza, poi mi awiai versola macchina, misi in moto e me ne andai. Sapevo ih. non era ancoraIa mia ora.

INDICE

Introduzione pag.

Pnr^aa Prnre

Fermare il mondo

l. Conferme dal mondo intorno a noi . )>2. Cancellazione della storia personale >>l. Perdita della presunzione >>4. La morte i un consigliere . ))5. Assumersi la responsabiliti - ,>6. Diventare un cacciatore )7. Essere inaccessibile : ,,8. Infrangere Ie abirudini della vita )>9. L'ultima battaglia sulla terra . ,>

10. Diventare accessibile al potere ,>11. Lo stato d'animo del guerriero ,,12. Una battaglia di potere >>lJ. L'ultima danza del guerriero

,>>)>)>

14. L'andatura del potere15. Non-fare16. L'anello di17. Un ilegno

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Spconoa PlnrE

Viaggio a lxtlan

18. L'anello di porere dello stregone

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105119t34148170186198

19. Fermare il mondo20. Viaggio a Ixtlan

>> 211,> 226>> 235

Finito di stampare nel mese di novembre 1973 dalla Milanostampa - Farigliano (CN)per conto della Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma