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Viaggio in Occidente Marionette e burattini della tradizione cinese nella collezione Mario e Giorgio Pasotti

Viaggio in Occidente

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Viaggio in OccidenteMarionette e burattinidella tradizione cinesenella collezione Mario e Giorgio Pasotti

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La collezione, nata a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del Novecento per la curiosità e l’amore di Mario Pasotti nei confronti della cultura cinese, si compone di due fondi: sessantuno marionette a filo e sedici burattini a bastone.Pasotti, giunto a Pechino nel 1986 per perfezionarsi nelle Arti Marziali, entra in contatto con una società desiderosa di modernizzarsi e disposta a disfarsi di tutto ciò che, come gli oggetti del teatro delle figure animate, rappresentava un periodo culturale e sociale di povertà e arretratezza.Mario Pasotti in pochi anni, con la colla-borazione di un intermediario, costituisce una collezione davvero unica per bellezza e completezza che, con passione e cura, conserva senza, però, renderla né oggetto di ricerca né di esposizione.Nel settembre 2019 la volontà e il desi-derio di Pasotti di avviare un percorso di studio e di valorizzazione del suo patrimo-nio teatrale di tradizione cinese, lo hanno convinto ad affidare l’intera collezione al Museo del Burattino di Bergamo.Il confronto con questo patrimonio, così complesso e di difficile analisi, ha indotto i curatori ed il Museo ad avviare un percor-so di conoscenza dei fondi di tipo graduale e di ampio respiro.Questo approccio di indagine ha prodotto un utile primo livello di conoscenza della collezione che, con maggiore consapevo-lezza, ci permette di consegnarla, seppur ricco di stimolanti problematicità, alla collettività.

Nel caso delle marionette questo pro-cedimento, grazie ad un primo confron-to con alcuni dei più tipicizzati canoni estetico-formali della ricca e complessa tradizione teatrale cinese, ci ha permesso di compiere delle prime ipotesi nel campo dell’identificazione dei ruoli-tipo. Gli abiti e le loro simbologie, i copricapi e il trucco dei volti hanno reso evidenti i personaggi presenti nella muta: tra questi, in termini di rappresentanza, si impongono i cosid-detti comprimari — funzionari di palazzo, dignitari, militari, letterati e servi. Una differenza in parte giustificata, almeno a livello drammaturgico, dalla necessaria e massiccia presenza di questi personaggi all’interno di quelli che Nicola Savarese chiama presepi, ovvero dei micro-nuclei composti dai personaggi necessari per lo sviluppo di ogni racconto; mentre i veri deus ex machina delle storie, come l’Impe-ratore, godono di una minore presenza.Di tutt’altra natura, invece, sono i soggetti rappresentati all’interno della muta dei burattini a bastone. Qui, infatti, la rap-presentanza appare più di natura urbana e popolare. È facile, quindi, immaginarli mentre vengono animati per raccontare storie comuni e di strada all’interno di un piccolo teatrino. Tratti ricorrenti di questo secondo fondo sono sia i volti semplici di giovani popolane che le facce di uomini dalla barba incolta e dallo sguardo furbo.Altre questioni, non secondarie per impor-tanza, sono quelle relative all’attribuzione, alla periodizzazione e alla provenienza geografica dei singoli fondi.

Viaggio in OccidenteLuca LoglioCuratore Museo del Burattino

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Stando alle prime fonti di informazione, come quelle fornite dal collezionista, il fondo potrebbe trovare collocazione all’interno del primo quarto del Novecento; mentre l’anonimato, tipico del teatro delle figure animate, rende arduo il compito finalizzato a dare un’identità alle mani che hanno scolpito e decorato questi meravi-gliosi pezzi.I processi che ci hanno guidato fino ad ora, permettendoci di tracciare le prime coordinate iconografiche, storico e artisti-che, non trovano dunque nella mostra una conclusione, bensì un inizio. Come se l’atto di mostrare, nella sua evidenza, contri-buisse a trovare una possibile risoluzione alle aporeticità, di matrice attribuzionisti-ca, fin qui riscontate. La mostra Viaggio in Occidente vuole essere, per motivazioni e per prospet-tive strutturali, un prezioso viatico per incentivare e favorire percorsi di ricerca, di valorizzazione e di conoscenza del teatro e della cultura cinese, di cui il Museo del Burattino intende rendersi partecipe e promotore.

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Il teatro cinese classico propone un ven-taglio estremamente variegato di forme e stili, di varianti regionali e locali, di tradi-zioni colte e popolari. Secondo gli studiosi, è possibile identificare più di trecento generi teatrali in Cina, alcuni dei quali nati nel secolo scorso, cui si sommano le sva-riate declinazioni del teatro di figura. Una cifra precipua del teatro cinese classi-co è la tendenza a rappresentare una for-ma di spettacolo convenzionale, fondata su principi noti e condivisi dagli interpreti e dal pubblico. Esso è dunque caratteriz-zato da un forte simbolismo – rintraccia-bile nei colori, nei costumi, nei gesti, nel trucco, nella musica, negli oggetti scenici – che ne regola ogni aspetto e che, allo stesso tempo, consente allo spettatore di intuirne i significati. Ulteriore attributo essenziale del teatro cinese classico risiede nella fusione di molteplici arti dello spettacolo come mu-sica, danza, canto, recitazione e acrobazia. La grande complessità formale che lo con-traddistingue è erede di una progressiva armonizzazione delle numerose fonti che lo hanno plasmato nei secoli, nonché della puntuale conservazione della tradizione, prodotto di una cultura millenaria legata al rito.In Cina, la connessione fra teatro e rito risale alla preistoria del teatro stesso: le rappresentazioni protodrammatiche erano anzitutto associate a forme di culto e a occasioni rituali – e parte integrante del rito – ancor più nel contesto del dramma religioso. Anche il teatro delle marionette

(mu’ou ju 木偶剧 o kuileixi 傀儡戏) dalla sua nascita concorre all’esercizio della spi-ritualità, probabilmente in virtù della somi-glianza fra le marionette e le statue delle divinità, e delle origini centroasiatiche.

Sin dall’epoca Han (206 a.C.-220 d.C.), oltre ad intrattenere durante banchetti, festeg-giamenti nuziali e funerali, le marionette presiedevano alla pratica di esorcismi, in particolare nelle aree rurali; tanto nella tradizione del Sud quanto in quella del Nord, formule apotropaiche erano portate sulla scena per allontanare demoni e spi-riti maligni, persino in tempi più recenti. In linea generale, l’insistente ricerca del lieto fine, da intendersi quale vittoria del bene sul male, è riconducibile alla necessità di ripristinare un ordine cosmico. Tale princi-pio, che permea la cultura cinese tradizio-nale, fa eco a una morale confuciana che in una certa misura abita il teatro delle marionette; esso, seppur avversato dai conservatori per la sua portata sovversiva – come pure il teatro cinese classico – ri-propone una tipizzazione dei ruoli, sovente caricati di giudizi di valore, assieme a una rigorosa gerarchia che ricalca l’assetto sociale. Coerentemente, soprattutto negli spettacoli destinati ai centri urbani, sono riconoscibili personaggi quali imperatori e concubine, giovani rampolli e vecchi funzionari, giudici e ministri, generali e guerrieri, servitori e povere sventurate, che agiscono e interagiscono nel rispetto di una logica predeterminata e incontro-vertibile.

Approccio al teatro cineseMaria Giuseppina GottardoDocente di Lingua Cinese Università degli Studi di Bergamo

Simona GalloDocente di Letteratura Cinese Università degli Studi di Bergamo

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In Cina, la scrittura teatrale sorge in epoca Song (960-1279), quando i maggiori centri urbani cominciano ad accogliere spettacoli a pagamento. Tuttavia, è la dinastia Yuan (1279-1368) a patrocinare “l’epoca d’oro” del teatro, assieme alla letteratura popo-lare e di intrattenimento. In tale periodo di dominazione mongola fiorisce il genere assai composito dello zaju 杂剧, meglio noto come “teatro del Nord”, cui apparten-gono alcuni dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi: Guan Hanqing 关汉卿, Wang Shifu 王实甫, Ma Zhiyuan 马致远 e Bai Pu 白朴. Non di rado i loro lavori sono il frutto della rielaborazione di narrazioni antecedenti, poiché largamente ispirati al grandioso patrimonio storico, a leggende popolari e religiose, a testi narrativi in lingua volgare e letteraria. Alla dinamica intertestuale, dominante nella produzione letteraria cinese classica, si affida anche il melodioso e raffinato teatro del Sud (nanxi 南戏), il quale raggiunge la sua massima espressione nel XVII secolo con il chuanqi 传奇, un genere celebre per la cospicua durata delle rappresentazioni e per la predilezione verso la tematica amo-rosa. Come nella narrativa, la dimensione onirica, religiosa o soprannaturale – con demoni, spiriti, divinità e fantasmi – talvol-ta sostiene creativamente la trama, così da offrire al pubblico spettacoli ancora più godibili.Lo stesso accade nel teatro delle mario-nette, che pur annoverando centinaia di titoli non vanta di una tradizione dramma-turgica paragonabile a quella dello zaju,

del nanxi o dell’Opera di Pechino (Jingju 京剧). Ciò è ascrivibile all’attitudine degli attori all’improvvisazione e alla predilezio-ne degli autori per l’anonimato, ma anche all’attività censoria del confucianesimo, esercitata in particolare su opere rite-nute licenziose. A quest’ultima categoria appartengono le cosiddette “opere del dopo mezzanotte” (houbanye xi 后半夜戏), ossia spettacoli dalla comicità sala-ce, pertanto destinati a un solo pubblico maschile. Più nutrito è invece il corpus di drammi storici e romantici, fortemente indebitati alla tradizione letteraria scritta e orale. Le finzioni narrative di episodi sto-rici significativi – come cadute dinastiche, fondazione di nuovi regni, celebri battaglie – costituiscono un campo privilegiato per la rappresentazione drammatica, nonché un topos molto amato dal pubblico, al pari di quello amoroso. Anche i componimenti più sentimentali tendono a ripercorrere un tracciato riconoscibile nel solco di una tradizione popolare o letteraria; le vicissi-tudini dei personaggi, nei loro ruoli tipici e tipizzati, qui si intrecciano secondo schemi spesso convenzionali. La fedeltà a motivi noti caratterizza altresì il genere giudizia-rio, che inscena la ricerca della giustizia e il trionfo della rettitudine sull’immoralità. Soprattutto nella Cina settentrionale, non è dunque infrequente incontrare nei teatri di marionette protagonisti di vicende ro-cambolesche del passato o eroi di romanzi classici, già parte di una memoria (artisti-ca) collettiva.

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Secondo un’antica leggenda, in Cina, già nel 1.000 a.C. si fabbricavano marionette in grado di cantare e ballare. Tuttavia, secondo ricerche più recenti, le marionette sarebbero state inventa-te a scopo consolatorio ai tempi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.): durante le esequie del tempo si riscontra l’usanza di spettacoli con pupazzi di legno per distrarre la famiglia in lutto. Ancora prima, le marionette furono forse usate come sostitutive di sacrifici umani, contro la ter-ribile consuetudine che voleva, alla morte di un sovrano, la sepoltura con lui dei suoi eserciti, delle sue donne e dei suoi cavalli.Alla fine della dinastia Han, comunque, troviamo già marionette costruite alla perfezione, la cui animazione costituiva una forma di intrattenimento comune, per esempio durante i banchetti, assieme agli acrobati e ai giocolieri. Durante il successivo periodo dei Tre Regni (221-265 a.C.), le marionette erano rifinite al punto che potevano danzare, suonare il flauto e il tamburo, stare sulla testa e perfino giocare con sfere e coltelli imitando, con più perfezione, i virtuosismi dei giocolieri in carne e ossa. Un libro di musica della dinastia Tang (618-906 d.C.) afferma che le marionette sono un’invenzione di un generale, grande stratega al servizio dell’imperatore Gao Zu. Il generale è assediato dai mongoli che, come loro abitudine di nomadi, hanno con sé le proprie donne. Venuto a cono-scenza di questo particolare, il generale fa costruire delle marionette e le mette a

danzare sugli spalti della città di fronte al campo nemico. Quando le donne mongole le vedono, le credono donne vere e, gelose della sorte dei loro mariti, se fossero riusciti a entrare in città, fanno ritirare l’assedio. La prima marionetta mossa con i fili risale alla dinastia Tang (618-906 d.C.) quando probabilmente partecipò ai vivaci spetta-coli di corte, insieme alle celebri danze e alle musiche provenienti da ogni parte del mondo conosciuto. Durante i Song (960-1279) le indicazioni diventano più dettagliate quando censi-scono molte tecniche di manipolazione (a filo, a bastone, ad acqua) e la facoltà che le figure hanno di danzare singolarmente o in gruppo. Gli spettacoli facevano parte dei banchetti imperiali e le rappresentazioni si basavano su storie e leggende di personaggi eroici e famosi e forse per questo venivano chiamate “uomini forti”. Si diffusero così le marionette, da spet-tacolo di corte a spettacolo popolare, con un continuo sviluppo delle tecniche di costruzione e di manipolazione, tanto che nel XII secolo già esistevano tutti i generi oggi conosciuti.Non bisogna dimenticare che per un lun-ghissimo periodo, sotto la dinastia Yuan (1279-1368) e Ming (1368-1644), ci si avva-leva del teatro, tanto di veri attori come delle marionette, nelle feste religiose per compiacere gli dei. Nel XVII secolo, parallelamente all’insor-gere delle opere locali, si definirono gli

Il teatro delle marionetteNicola SavareseGià docente di Storia del Teatro e Teatro e spettacolo tra Oriente e Occidente Università degli Studi di Roma Tre

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stili regionali delle marionette: con la differenza che i burattini potevano rappre-sentare ogni genere d’opera. In tal modo il repertorio di un burattinaio era più ricco di quello di una compagnia. La tecnica progredì moltissimo al punto che le marionette di alcune regioni arriva-rono a muovere occhi e bocca.Alla fine della dinastia Qing (1644-1911) divennero soprattutto popolari i burat-tini itineranti che di villaggio in villaggio trasportavano in un’unica cassa tutto il materiale. Da dietro una tenda, muoveva-no i burattini e suonavano il tamburo. La tecnica di questi burattinai era celebre e i più abili riuscivano a produrre movi-menti come il farsi vento col ventaglio. Nelle grandi città, all’avvento della Repubblica Popolare (1949) c’erano fino a trenta compagnie di marionette che durante le feste portavano in parata tutti i personaggi amati dal pubblico. Ma se a Shanghai, la Compagnia della Stella Ros-sa mescolava le marionette alle proiezioni delle ombre, altrove molte compagnie si lasciavano influenzare dai fumetti e dai cartoni animati americani.Ai nostri giorni sono scomparsi quasi del tutto i singoli burattinai e le piccole compagnie ambulanti. In sostituzione le compagnie di Stato e quelle di molte organizzazioni culturali di base rappresen-tano periodicamente, oltre il tradizionale e noto repertorio dell’opera, anche storie più moderne, sia per adulti che per bambini.Le marionette cinesi erano oggetti d’arte, creati da artisti e prodotti con materiali

pregiati. Spesso le teste e i volti erano realizzati con l’avorio o la porcellana. E anche i costumi e i copricapi erano cuciti con stoffe preziose come la seta ed erano decorati con gioielli e pietre preziose. Lo spettacolo delle marionette era riserva-to infatti a spettatori dei ceti sociali più alti e i biglietti erano più costosi rispetto ad altre forme di intrattenimento. Come accade spesso ai generi più for-tunati, le marionette furono imitate dal teatro dei più maneggevoli burattini, che generalmente erano rappresentati per strada per un pubblico più popolare.Una interessante indicazione, infine, sul fatto che i marionettisti riprendendo le storie dal teatro degli attori in carne e ossa, tendevano a ricreare un assortimen-to, un set di personaggi legati a quelle storie già pronti per entrare in scena. Ma, come in tutti i teatri del mondo, l’economia di pesi e ingombri faceva sì che con poche modifiche alcuni personaggi, per esempio i buffoni, fossero usati anche in altre storie.

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I ruoli

Nel teatro tradizionale cinese ci sono molti personaggi, ma è possibile identificare quattro importanti categorie: Sheng, Dan, Jing e Chou.

Lo Sheng 生, ovvero il personaggio ma-schile, trova declinazione nel Laosheng 老生, l’uomo anziano con la barba; nel Xiaosheng 小生, l’uomo giovane e senza barba che molto spesso coincide con il protagonista del dramma; nel Wusheng 武生, il guerriero con l’armatura dai colori sgargianti.

La Dan 旦, categoria dei personaggi fem-minili, si suddivide in: Qingyi 青衣, donna modesta, virtuosa ed educata che indossa abiti eleganti dai colori tenui; Huadan 花旦, o donna civetta, che rappresenta una donna di basso lignaggio la quale, vesti-ta di abiti appariscenti, ama attirare gli uomini; Laodan 老旦, donna anziana dal trucco e abiti molto modesti.

Come per i ruoli maschili anche tra i ruoli femminili vi sono personaggi militari: la Wudan 武旦, guerriera specializzata nelle acrobazie, e la Daomadan 刀马旦, giova-ne generale, spesso eroina della storia, riconoscibile dall’armatura complessa che indossa.

La terza categoria, caratterizzata dal truc-co, è quella del Jing 净, o faccia dipinta. Il personaggio, contraddistinto da un colora-to e simbolico maquillage, è dotato di un carattere forte.

Quarta ed ultima categoria è quella del Chou 丑, il clown. Di questo personaggio esistono due specifiche tipologie: il Wu-chou 武丑, di tipo marziale, spesso un funzionario imperiale, e il Wenchou 文丑, un uomo civile di basso rango. Buoni o cattivi che siano, i comici sono facilmente riconoscibili dal distintivo trucco, caratte-rizzato da una biacca che viene applicata nella zona degli occhi e del naso.

Ruoli, abiti, copricapi e trucchiJennifer Arlette Melara Jaco

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Gli abiti

Il vestiario – Xingtou 行头 – è utile legen-da per definire il ruolo sociale, la gerarchia e il carattere del personaggio. Primo indi-catore è il colore: il giallo, ad esempio, è utilizzato solo dall’Imperatore e dalla sua famiglia; il verde è a uso dei militari o dei principi; il rosso per i personaggi maschili, giovani e virtuosi; il nero per gli uomini di giustizia e saggi; il bianco per gli uomini indica lealtà nei confronti della patria, mentre per le donne è segno di lutto; il granata è utilizzato dagli alti funzionari di palazzo e dai personaggi dal carattere dominante; il rosa negli uomini indica la bellezza, la giovinezza e il romanticismo, mentre per le donne è indice di delicatez-za; il blu è assegnato a personaggi vir-tuosi e risoluti, spesso con ruolo militare oppure di funzionario civile; l’azzurro è il colore dei giovani colti, belli ed eleganti; il verde oliva è utilizzato dagli anziani.

I numerosi modelli, ricchi di dettagli sim-bolici, rispettano due macro-categorie: formale e informale.

Il capo formale per eccellenza è il Mang 蟒, una veste riccamente decorata ad uso esclusivo della famiglia imperiale e delle figure di alto rango. Il drago, presente su fronte e retro dell’abito, sembra volare su mari e montagne – Haishui jiangya 海水江崖 –. Questi motivi, posti alla base dell’a-bito, simboleggiano la nazione. Curiosità: se il drago è provvisto di cinque artigli, il personaggio è membro della famiglia im-periale; se, invece, sono quattro si tratta di un alto funzionario o un nobile.

Il Guanyi 官衣, altro indumento formale, è una lunga veste con aperture laterali in-dossata dai funzionari civili e militari. Sul fronte della veste è ricamata l’insegna di rango Buzi 补子 corrispondente al gra-do del funzionario.

Fanno parte di questa prima tipologia anche il Gongzhuang 宫装, l’abito cerimo-niale delle concubine e delle principesse e il Peiyi 帔衣, un abito con apertura cen-trale e ricami disposti simmetricamente sul tessuto.

Gli abiti informali, invece, sono più sempli-ci, sia nella forma che nella colorazione, e sono i più utilizzati sulla scena. Fra questi vi è il Zhezi 褶子, un costume dal taglio geometrico chiuso obliquamente sul da-vanti che ricorda un vestito da taoista e la sua versione floreale chiamata Huazhezi 花褶子.

Anche le vesti veloci Kuaiyi 快衣 fanno parte di questa categoria e si compongo-no di una giacca corta abbinata a dei pan-taloni attillati. È un completo adatto alle acrobazie, pertanto è spesso indossato dal Wusheng e dal Wuchou.

Esistono, inoltre, costumi non classificabili tra gli abiti formali o informali e questi sono: lo Xiannuyi 仙女衣, vestito delle ninfe, adornato da frange e dal collare a nuvola; le armature Kao 靠, di cui esistono diverse varianti.

Una nota distintiva che accomuna la mag-gior parte di questi abiti sono le cosiddet-te maniche d’acqua o Shuixiu 水袖, ovvero maniche in seta utili per creare gradevoli effetti scenografici.

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I copricapi

I copricapi – Kuitou 盔头 – completano con eleganza i costumi e sono classificabili in quattro categorie: Guan 冠, Kui 盔, Mao 帽 e Jin 巾.

Le Guan sono le corone e, in quanto copri-capi cerimoniali, sono indossate da perso-nalità illustri in occasioni formali. Fra queste vi sono la corona dell’Impera-tore Wangmao 王帽 e quella dell’Impe-ratrice Fengguan 凤冠. Entrambe sono decorate con gli animali mitologici che li rappresentano, rispettivamente il Drago, Long 龙 e la Fenice, Feng 凤, simboleg-gianti le forze complementari di yin e yang.

Gli elmi, o Kui, molto elaborati e appa-riscenti, sono indossati dai personaggi militari. I più rilevanti sono lo Zhajin ezi 扎巾额子, l’elmo dei grandi generali e il diadema a sette stelle Qixing ezi 七星额子 della Daomadan.

Fra la categoria dei cappelli Mao, impor-tante è lo Zhongsha 忠纱, anche chiama-to Wushamao 烏紗帽, ovvero il cappello di lealtà dei funzionari di corte; questo ha due varianti, una tonda e una squadrata e si contraddistingue per l’aggiunta di due ali laterali a indicare il carattere del per-sonaggio: le ali rettangolari sono indice di intelligenza e lealtà; a punta di malvagità e tradimento; mentre tonde sono sinoni-mo di ignoranza.

I personaggi di ceto sociale basso, come popolani e servitori, indossano un cap-pellino esagonale con pompon, chiamato Luomao 罗帽.

Questo vale solo per gli uomini, poiché le donne non portano cappelli, ma solo co-rone o elmi e se si tratta di donne comuni un semplice chignon, chiamato Yunhuan 云鬟.

I Jin, infine, sono copricapi in tessuto uti-lizzati dagli scolari.

Fra questi lo Xiaosheng jin 小生巾, il cappello del giovane, e il Wusheng jin 武生巾, il cappello dello studente militare, sono simili per manifattura e forma ma si differenziano grazie a due nappe che rica-dono solo ai lati del volto dello studente militare.

Lo Xueshi jin 学士巾 è il cappello dello scolaro, così come lo è lo Yawei jin 鸭尾巾, il cosiddetto cappello a coda d’anatra.

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I trucchi

Il trucco – Jingju huazhuang 京剧化妆 – dalla rinomata tradizione secolare, svolge da sempre un ruolo fondamentale all’interno della performance teatrale. Infatti, grazie a esso, il pubblico riesce ad identificare facilmente i ruoli e il carattere dei personaggi.

Caratteristiche principali del trucco cinese, sia per gli uomini, sia per le donne, sono l’utilizzo di una cipria bianca a mo’ di base per tutto il viso e l’impiego di un pigmento rosso per l’area degli occhi e delle guance. Questa combinazione di colori crea un effetto speciale che, secondo un famoso detto orientale, vorrebbe evocare un deli-cato fiore di ciliegio.

Il volto, inoltre, è reso maggiormente espressivo grazie a un trucco nero che disegna le sopracciglia e da una tintura rosso vermiglio sulle labbra.

Importanti elementi di distinzione e di caratterizzazione sono l’età, lo stato di salute e la posizione sociale del personag-gio. Ad esempio per i soggetti giovani il maquillage è molto artificioso, noto come trucco attraente o Junban 俊扮, che vuole esaltare gli elementi iconici della bellezza tradizionale, come l’incarnato eburneo e le labbra a forma di bocciolo di rosa; mentre per quelli anziani o i poveri si caratterizza, tendenzialmente, per una naturalezza maggiore il cui nome tecnico è Shuaiban 衰扮. È tuttavia possibile che i personag-gi maturi di alto rango, come la madre dell’Imperatore, utilizzino un Junban, per via del loro status sociale.

Il trucco del Jing, detto Lianpu 脸谱, risul-ta essere più complesso e articolato. Le colorazioni e i motivi usati descrivono e rivelano la natura del personaggio.

I colori principali sono: il rosso, usato per i generali leali e coraggiosi; il nero, per in-dicare i personaggi dalla grande integrità morale; il giallo, impiegato per gli uomini subdoli e astuti; il bianco, riservato ai personaggi più infidi; il blu, rappresenta-tivo degli eroi feroci e coraggiosi; il verde, designante banditi e spiriti; e, infine, oro e argento come colori distintivi degli dei e delle divinità.

Anche il Chou è contraddistinto da un trucco peculiare, che comprende l’applica-zione di una biacca nella zona degli occhi e del naso. Ciò gli conferisce un’aria un po’ ingenua.

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Marionette

Pag. 9A . WUCHOU, comico, acrobataB . XIAOSHENG, erede imperialeC . WUDAN, donna guerrieraD . XIAOSHENG, giovane studente militare o civile E . XIAOSHENG, giovane studente militare o civile

Pag. 10A . XIAOSHENG, nobile scolaro o funzionarioB . XIAOSHENG, giovane nobile dell’aristocrazia militareC . XIAOSHENG, giovane

funzionario imperiale di basso rango con funzioni militariD . XIAOSHENG, giovane studente civile o militareE . XIAOSHENG, servo, acrobata

Pag. 11A . XIAOSHENG, giovane studente o militare B . WUSHENG, giovane guerrieroC . XIAOSHENG, giovane nobile dell’aristocrazia militareD . WENCHOU, comico civile E . XIAOSHENG, giovane studente civile

Pag. 12A . WENCHOU, comico civileB . WUCHOU, comico marzialeC . WUSHENG, soldato, acrobataD . DAN, prigioniera E . DAN, ninfa (xiannu)

Pag. 13A . WUJING, faccia dipinta, militareB . LAOSHENG, scolaro confucianoC . WUSHENG, generale dell’esercito D . WUSHENG, giovane guerrieroE . DAN, giovane donna

Pag. 14A . LAOSHENG, primo ministroB . WUJING, faccia dipinta, generale dell’esercitoC . QINGYI, concubinaD . CHOU, comicoE . DAN, ninfa (xiannu)

Pag. 15A . XIAOSHENG, funzionario di stato B . HUADAN, donna fiore o donna civetta, di alto rangoC . XIAOSHENG, imperatoreD . XIAOSHENG, giovane studente militareE . HUADAN, donna fiore o donna civetta, di basso rango

Pag. 16A . XIAOSHENG, giovane nobile dell’aristocrazia militareB . XIAOSHENG, giovane funzionario imperiale di alto rango con funzioni militariC . LAOSHENG, capo supremo dell’esercito D . WUSHENG, giovane generale dell’esercitoE . DAOMADAN, generale femmina di alto rango

Pag. 17A . WUSHENG, generale dell’esercitoB . XIAOSHENG, giovane funzionario militareC . WENCHOU, comico civileD . WUJING, faccia dipinta, studenteE . SUN WUKONG, scimmiotto, protagonista de “Il viaggio in Occidente”

Indice ruoli

A B

D E

C

Burattini a bastone Pag. 2a . Generico maschileb . Generico femminilec . Generico maschiled . Generico femminilee . JING, faccia dipinta, maschilef . JING, faccia dipinta, maschileg . Generico femminile

Pag. 23a . Generico maschileb . Generico maschilec . Generico maschiled . Generico femminilee . Generico maschilef . JING, faccia dipinta, maschileg . Generico maschile

a b

f g

c ed

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Viaggio in Occidente Marionette e burattini della tradizione cinese nella collezione Mario e Giorgio Pasotti

ComitatoMario Pasotti – Sinofilo e collezionista

Simona Gallo – Università degli Studi di BergamoMaria Giuseppina Gottardo – Università degli Studi di Bergamo Alessandra Cristina Lavagnino – Università Statale di MilanoNicola Savarese – Università degli Studi di Roma TreAnna Maria Testaverde – Università degli Studi di Bergamo

Curatela e coordinamento Luca Loglio

Allestimento Diego Bonifaccio

Progetto grafico e stampa &1 lab

Fotografie Gianfranco Rota Photo Studio U.V.

Produzione video Anna Fumagalli Nicolò De Nunzio 2.40 Video Production

Segreteria Paola Ravasio

Ufficio stampa Tiziana Pirola

Social media Dijana Adamović

Con la collaborazione diJennifer Arlette Melara JacoPiera Ravasio

9 788895 059419

ISBN 978-88-95059-41-9

Museo del BurattinoBergamo, 2021 museo.fondazioneravasio.it

LA28 © Libri Aparte Bergamo, 2020libriaparte.it

5 Euro

Sostegno

Patrocinio

Progetto

Contributo

COMUNE DI BERGAMO