Upload
others
View
5
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
Viaggio in Sicilia
otto artisti in viaggio nel sud della Sicilia
Noto Vittoria Menfi Sambuca
Viaggio in Sicilia
Progetto per l’arte e il territorio
ideato e prodotto da Planeta e Nuvole
Noto
Vittoria
Menfi
Sambuca di Sicilia
contributi di
Philippe Daverio
Raffaella De Pasquale
Fabrizio Carrera
Stefano Malatesta
Diego Planeta
opere di
Gaetano Cipolla
Maurice Frey
Paola Gandolfi
Jan Hísek
François Houtin
Giorgio Ortona
Vincenzo Nucci
Lanfranco Quadrio
Mostra
Palermo, Galleria Nuvole
26 maggio - 25 giugno 2005
a cura di Raffaella De Pasquale
Video
Giuseppe Gargano, Giuseppe Zimmardi
Montaggio video
Giuseppe Zimmardi, Emanuele Guida
Fotografie
Tullio Puglia
Catalogo
Progettazione e realizzazione
Studio Priori, Milano
Coordinamento e cura del progetto
Alessio Planeta e Francesca Planeta
Fotografie delle opere
Giorgio Benni, Giacomo D’Aguanno,
Alessandro Di Giugno, Riccardo Ragazzi
Ufficio Stampa
Studio Grassi, Milano
Segreteria Organizzativa del Progetto
Raffaella Agrati e Cristina Alga
Fotolito
G&G Computergrafica, Milano
Tipografia
Leva Arti Grafiche, Sesto San Giovanni (Milano)
Stampato su carta Scheufelen, Job Parilux Matt
bianca 170 gr
© 2005 Edizioni Nuvole Incontri d’Arte, Palermo
www.associazionenuvole.it
© Gli autori per le loro opere e i loro testi
9 Presentazione
di Diego Planeta
15 Viaggio in Sicilia in breve
17 La grande fuga
di Philippe Daverio
25 Vini, tempere e pennelli
di Fabrizio Carrera
37 L'arte è un bel rischio da correre
di Raffaella De Pasquale
47 Gli artisti e le opere
95 Il viandante tra le nuove vigne
di Stefano Malatesta
Un diverso modo di pensare il “Viaggio in Sicilia”…
otto artisti in libertà sulla strada segnata da tre 1
“viaggiatori” lungo un percorso di vigneti e cantine
Noto, Vittoria, Menfi, Sambuca
9Una serata invernale di alcuni anni fa, forse un camino, certamente un buon
bicchiere, un pò di tempo da trascorrere insieme senza impegni particolari e
tanta fantasia al galoppo.
Alessio, Francesca e Santi mi regalavano le loro confidenze, i loro progetti,
ed i loro entusiasmi.
Argomento principe della serata :
come espandersi nel futuro senza ripetersi, senza dare ombra ai primi nati (allora
erano soltanto vini!), con la quasi celata ambizione di voler rappresentare, alla
fine di un percorso ed attraverso il vino, il “mondo Sicilia”.
Trasferire nel vino le diversità di questo “mondo” raccontatoci da Platone e da
Goethe, dando al vino le stesse diversità che in Sicilia il paesaggio dà al carattere
degli uomini che lo abitano.
Come esprimere il “Nomadismo” spontaneo, venuto loro e da terreni ereditati in
zone diverse della Sicilia e dalla curiosità, dalla voglia di viaggiare, e dall'amore
per la loro isola che li aveva già portati ad attraversarla .
E' un nuovo modo di pensare il “Viaggio in Sicilia”.
Da quella serata nasce la nuova versione vinicola del viaggio; dopo Sambuca,
Menfi e poi Noto e poi Vittoria, un percorso non casuale, fortemente legato alla
diversità dei paesaggi, dei venti, del carattere degli uomini e quindi dei loro vini.
Un modo diverso per vivere e scoprire le coste meridionali dell'Isola.
Da un pò di tempo avevo intuito che la prima Cantina ed il primo vigneto non
erano che la prima tappa di una lunga avventura.
Ancor di più ho poi capito: anche il loro fantastico “Viaggio in Sicilia” non si
sarebbe fermato solo al vino.
di
Die
go
Pla
ne
ta
11L'intuizione non è smentita.
Otto artisti in libertà ed al lavoro, obbligati soltanto alla traccia segnata come
da un “Filo d'Arianna” lungo il quale crescono le cantine ed i vigneti che i tre
“viaggiatori”, di nuovo pensano, costruiscono, impiantano.
Il senso di aver legato la prima esperienza di viaggio a questa seconda?
Probabilmente, e forse inconsapevolmente, affidarsi alla cultura del bello,
dell'estro e della fantasia catturata dalle tele.
E' ambizione o modestia di chi vuole passare ad altri il compito di lasciare di
questo viaggio un segno, che certamente si rafforza nell'altro, legato ai vigneti,
alle cantine ed al vino.
Ho incontrato gli otto artisti al lavoro, erano giunti all'ultima tappa, le case dell'Ulmo
erano zeppe degli studi e dei bozzetti che ora ammiriamo finiti, e che allora, a me
che pur non sono un critico d'arte, suscitavano fortissima emozione e sorpresa.
Confesso di aver invidiato, tanto, chi ha avuto la capacità di catturare in così poco
tempo ed in modo così affascinante le immagini e la vita, di luoghi e persone, che
continuo ad inseguire nel mio presente e che si accavallano nel mio passato.
Quante volte avrei voluto catturare queste immagini dal mio immaginario per
affidarle ad un tratto di penna!
Domando a me stesso, cosa posso augurare a tutti i protagonisti di questa bella
avventura……..ma si, è facile:
che questo viaggio si ripeta, anzi, che si ripeta tantissime volte e………chissà che
Alessio, Francesca e Santi non ne possano allungare il percorso, la Sicilia dei vini
di qualità ha tante altre contrade, ricche di bellezze, ricche di storia e ricche di
cultura che attendono di essere riscoperte, dipinte, fotografate e così svelate.Pagina precedente: Noto (SR), Vigneto Buonivini
13
Pagina precedente: Marzameni (SR), Piazza Regina Margherita
In alto: Noto (SR), Palazzo di Villadorata
Pagina successiva: Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
15Il viaggio si è sviluppato, nel pieno del rito antico della vendemmia, in una delle
zone più suggestive e ricche di fascino della regione, quella costa meridionale,
lungo la statale 115, che partendo dalla zona sud-orientale della Val di Noto e
toccando Vittoria e il Ragusano, giunge fino a Menfi e a Sambuca di Sicilia sul
lago Arancio, nell'entroterra dell'Agrigentino.
Un gruppo di 8 artisti, con matrici ed estrazioni diverse, è stato “condotto”, in
questa prima edizione di Viaggio in Sicilia, attraverso questa terra per assorbir-
ne emozioni, stimoli ed impressioni visuali. Attraversando territori e paesaggi
impregnati di storia e di natura, di arte e di sentori, che affascinano per la loro
articolazione, complessità e varietà, gli artisti si sono confrontati con un pae-
saggio in cui l'uomo, da epoche remote, ha lasciato tracce sempre più evidenti
e sovrapposte ed in cui convivono la modernità e il retaggio dei secoli.
Tornati a lavorare nei propri studi, essi ci hanno poi restituito le opere che
sono qui in mostra.
La vite, che come un filo sottile lega millenni di storia, può ben rappresentare
la sintesi perfetta tra le radici e il futuro. Essa appare, seppure talvolta anche
solo evocata nei colori e nelle atmosfere, nelle opere nate da questo viaggio
che ha attraversato le tenute Planeta a Noto, a Vittoria, a Menfi e all'Ulmo
presso Sambuca di Sicilia.
Questa produzione artistica, nata da un fecondo interscambio con il territorio
e al territorio destinata a tornare con una fruizione pubblica e didattico-narra-
tiva nella città di Menfi, presso il palazzo Planeta, oggi divenuto edificio
pubblico, è un passo significativo verso nuove sinergie tra cultura, natura
e impresa del progetto.
La presenza dei Planeta, quali promotori del progetto, è la presenza discreta di
chi è testimone autentico di un territorio e lo vive come Impresa e come
Famiglia, anche nel diuturno peregrinare tra un'azienda e l'altra. Così hanno
immaginato di rendere un tributo alla propria terra.Via
gg
io i
n S
icil
ia i
n b
reve
17Trovarsi a Parigi alla Closerie des Lilas,
seduto ai tavolini della terrazza a guar-
dare sifoni di selz e bottiglie di assen-
zio, era condizione necessaria per
appartenere al girone più sofisticato
dell'arte d'allora, nel 1913, quando pro-
prio a quei tavolini il giovane esordiente
Gino Severini incontrò il massimo poeta
della città e quindi del mondo, Paul
Fort, e decise di sposarne la figlia
Jeanne, testimone Pablo Picasso.
Erano quelle le regole dell'avanguardia,
che si potevano pochi anni dopo decli-
nare in modo analogo nella Berlino
esplosiva e spartachista degli anni
venti. Scorrevano gli anni magici delle
grandi masse europee, condensate
attorno alle città più importanti della
terra, nelle quali tutto confluiva, affari,
idee e geni. Il conto fu pagato successi-
vamente quando queste masse si trova-
rono a scontrarsi in una definitiva defla-
grazione. E l'avanguardia delle masse,
quella politica come quella intellettua-
le, morì con le masse stesse; continuò
ad essere celebrata nel mezzo secolo
successivo come un ectoplasma mentre
era difatti diventata uno spettro. La
gra
nd
e f
ug
ad
i P
hil
ipp
e D
av
er
io
Mau
rice
Fre
yJa
n H
ísek
Fran
çois
Hou
tinLa
nfra
nco
Quad
rioG
aeta
no C
ipol
laG
iorg
io O
rton
aP
aola
Gan
dolf
iVi
ncen
zo N
ucci
19
Il m
ondo
nos
tro
è pe
r fo
rtun
a be
n
dive
rso
da q
uello
di c
ent'a
nni f
a: a
lle
mas
se ir
regg
imen
tate
d'a
llora
s'è
sos
ti-
tuito
il c
osm
o tr
asve
rsal
e d'
un p
opol
o
che
corr
e in
ogn
i tip
o di
dir
ezio
ne s
otto
ogni
gen
ere
d'im
puls
o. E
se
le g
rand
i
citt
à es
isto
no a
ncor
a no
n so
no p
iù
il pu
nto
di r
acco
lta
delle
gra
ndi c
oort
i
oper
aie
omol
ogat
e da
lla s
tess
a ga
vett
a
e de
lle s
chie
re d
'impi
egat
i res
i epi
ci d
ai
racc
onti
disp
erat
i di H
enry
Mill
er, s
ono
il lu
ogo
di a
ccum
ulo
delle
mer
ci.
La C
lose
rie
des
Lila
s è
dive
ntat
a pu
nto
di s
osta
per
turi
sti c
he h
anno
app
ena
conc
luso
il fa
ticos
o pe
rcor
so d
elle
com
-
mis
sion
i d'a
cqui
sto,
aff
rant
i dal
l'uni
co
impe
gno
inte
llett
uale
che
la g
rand
e
citt
à d'
oggi
esi
ge, l
o sh
oppi
ng, q
uello
dei v
estit
i ma
anch
e qu
ello
dei
libr
i,
dei t
eatr
i e d
egli
inco
ntri
um
ani f
ugac
i.
Nel
la n
ostr
a ep
oca
urba
na, i
rrim
edia
-
bilm
ente
ord
inat
a da
lle h
appy
hou
rs,
dove
son
o fin
iti i
tavo
lini r
oton
di, o
anch
e qu
adra
ti, a
ttor
no a
i qua
li si
sie
-
dono
gli
inte
llett
uali
per
perd
ere
tem
po
e qu
indi
pen
sare
e g
li ar
tisti
per
litig
are
e qu
indi
inve
ntar
e?
Han
no p
reso
una
str
ada
che
era
stat
a
anch
'ess
a gi
à in
dica
ta n
egli
anni
del
le
prim
e av
angu
ardi
e, q
uand
o gr
an p
arte
degl
i int
elle
ttua
li e
degl
i art
isti
del
mon
do g
erm
anic
o si
ritr
ovar
ono
part
i-
cola
rmen
te s
com
odi n
elle
mas
se, o
dina
nzi a
d es
se, d
uran
te la
pri
ma
guer
-
ra m
ondi
ale.
Opt
aron
o in
que
gli a
nni
diff
icili
per
il r
ifugi
o in
cam
pagn
a, in
un
terr
itori
o ne
utro
sia
pol
itica
men
te c
he
geog
rafic
amen
te, l
a C
onfe
dera
zion
e
Hel
vetic
a. I
più
acco
rti s
i rifu
giar
ono
ad
Asc
ona
e ne
i din
torn
i, ch
i cel
ebra
ndo
il pr
osie
guo
liber
tari
o e
salu
tista
del
Mon
te V
erità
, chi
riti
rand
osi t
ranq
uilla
-
mente in una comunità artistica meno
organica, più vicina all'etica della trat-
toria ticinese. Si trovò questo nucleo
d'avanguardia, per la prima volta nella
storia delle milizie artistiche, a com-
prendere personalità tendenzialmente
slegate dai gruppi di militanza estetica
corale. Nacquero allora sia il decentra-
mento che il polimorfismo linguistico.
Figli di quel momento magico furono
i dada a Zurigo quanto le future sotti-
gliezze del Bauhaus; perfino l'esisten-
zialismo letterario di Ivan Goll ad
Alexanderplatz ne discende…
L'esperimento nella campagna siciliana
d'oggi ha delle piccole consonanze con
il rifugio di Ascona, ma sorge ovvia-
mente da una realtà del tutto diversa.
Nei comodi giorni nostri non è la densi-
tà della paura a fare abbandonare la
città, ma il disagio provocato da una
ansia sottile. E il motivo ne è quindi
molto più complesso. E' legato al fatto
che la città non serve più molto all'arte,
anzi forse ne limita la libertà espressiva
perché tende a condizionarla secondo
gli unici parametri che conosce, che
sono parametri puramente commercia-
li. I pochi tavolini da bar non ancora
requisiti dalla happy hour si sono spo-
stati in mille luoghi che hanno la fortu-
na di potere esistere perché legittimati
dalla loro consistenza leggera.
La comunicazione ha tolto per fortuna
ogni tipo di barriera. E la cosa è forse
ancor più definitiva: quella necessaria
sensazione di appartenenza ad un
mondo speciale, a quello dove si inven-
ta o si distilla l'arte, è più facile ritro-
varla in simposi temporanei, dove le
esperienze si possono confrontare, se
lo vogliono, o possono rimanere pura-
mente coesistenti, se lo si preferisce.
Ecco ciò che è successo l'estate scorsa
all'Ulmo, quando tre artisti siciliani si
sono trovati ad incontrare, per arbitrio
dei curatori, cinque artisti appartenenti
al continente, non italiano ma europeo.
Gaetano Cipolla ha continuato il suo
lavoro di tutti i giorni a Palermo, ha
continuato a dipingere i suoi impasti
intriganti, le sue luci mediterranee, ma
ha forse contaminato lo svizzero
Maurice Frey, il quale seguendo
l'esempio di Klee in Nord Africa s'è
caricato di vivacità coloristiche.
La ormai romanissima Paola Gandolfi
ha trasferito le sue morbide morbosità
sulle tre gambe della Trinacria come se
i fiati pittorici delle evocazioni ancestrali
nei giardini di Vincenzo Nucci l'avessero
convertita ad altri atavismi. E curioso è
stato senza dubbio il colloquio fra i due
incisori, il francese François Houtin,
appassionatamente metodologico nelle
sue indagini surrealnaturalistiche, e il
siciliano Lanfranco Quadrio, apparente-
mente il suo opposto perché dedito ad
una esaltazione barocca del segno. E
poi Giorgio Ortona l'architetto che piace
tanto al mio amico Vanni Pasca perché
del mistero dell'architettura racconta il
momento ad alto patos della costruzio-
ne e del calcestruzzo. E poi il praghese
Jan Hísek che mi ricorda nelle masche-
re un poco di Enzo Cucchi, ma solo
forse perché discendono tutti e due
dalle maschere simboliste di Alfred
Kubin l'austroungarico. E poi…
Il risultato è da vedere e l'esperimento
da ripetere non perché non riuscito
(bene anzi!) ma perché corretto è
pensare che dopo un raccolto ne venga
un altro ancora…
Pagina 21: Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
Pagina 22 e 23: Noto (SR), Cantina Buonivini
21
25Si potrebbe cominciare così. Ricordando
le impressioni di chi la Sicilia l'ha sol-
cata molto tempo fa. Con gli occhi dei
grandi viaggiatori dei secoli scorsi.
Attratti da questa terra abbagliante e
carica di profumi, colori e sapori.
Scrittori e intellettuali che tra il
Settecento e il Novecento hanno riem-
pito pagine e pagine di descrizioni, sen-
sazioni, piaceri e delusioni. Cronache
reali della Sicilia del tempo. Con questi
occhi attenti, mobili e curiosi, otto arti-
sti, siciliani, italiani - in questo caso è
meglio specificare, quasi che la Sicilia
non appartenesse all'Italia - e stranieri,
hanno fatto un viaggio.
Duecento chilometri, forse più, da un
Sud all'altro, da un estremo all'altro
della Sicilia. Da quella greca a quella
fenicia, dalle pianure siracusane dove
si incrociano mar Jonio e il canale
di Sicilia fino ai templi di Selinunte.
Il tutto nel nome di un vino, del
vino soprattutto.
Un unico filo conduttore attraverso un
territorio che è pur sempre un'isola ma
che è pur sempre camaleontica e dalle
mille facce. Musa ispiratrice per ottoVin
i, t
em
pe
re e
pe
nn
ell
id
i F
ab
riz
io C
ar
re
ra
artisti in cerca di sensazioni.
L'invito dei Planeta, infaticabili produt-
tori di emozioni che mettono dentro
una bottiglia, era quella di lasciare una
testimonianza materiale e artistica di
un viaggio, quello che hanno effettuato
gli otto artisti. Il periodo era propizio:
inizio d'autunno quando la luce acce-
cante e il caldo perdono un pò di forza
regalando ai paesaggi una visione
meno estrema, più accogliente.
Tutto dal 23 settembre al tre ottobre,
con la collaborazione dell'associazione
culturale Nuvole di Palermo.
Scontata c'era solo l'idea che non si
rimanesse a corto di vino e di altre lec-
cornie che in questi dieci giorni hanno
accompagnato gli otto artisti.
Accolti, coccolati, rifocillati, trasportati,
guidati: c'è da giurare che come Marcel
Proust ricordava i suoi biscotti preferiti,
anche oggi a sentirli questi artisti rac-
conterebbero di melenzane alla parmi-
giana e Nero d'Avola, di pasta con le
sarde e Chardonnay, con l'acquolina in
bocca. Ma è arte anche questa.
Le testimonianze frutto di questo tour
del terzo millennio ora le avete sotto gli
occhi. In questo volume ma anche nella
mostra allestita a Palazzo Planeta a
Menfi, tappa conclusiva di questo viag-
gio d'arte collettivo. Quadri, incisioni,
tele, tutte molto diverse tra di loro.
Ognuno dei partecipanti ha interpretato
a modo proprio questa Sicilia dove è
emerso forte il piacere di stare insieme
e la voglia di lasciare un segno di questo
passaggio nella Sicilia del Sud. Luoghi
dove osservare vigneti e rovine archeo-
logiche, case abusive e cantine, spiagge
e laghi artificiali, il rumore urbano dei
grandi paesi e il silenzio di un baglio.
Nei quadri di Vincenzo Nucci, uno dei tre
siciliani del gruppo, c'è un tratto caratte-
rizzante: la palma. In primo piano o sullo
sfondo, questo albero mediterraneo non
manca mai nei suoi quadri.
Si definisce «un pittore siciliano che
disegna la luce».
Il viaggio, questo viaggio, per lui è un
grande stimolo e non fa un mistero
quando dice che spesso un giro in
automobile può essere una fonte di
ispirazione. Ed infatti gira sempre con
un taccuino pronto a prendere appunti.
Figuriamoci dunque un viaggio, in una
zona come quella di Noto da cui è
partito questo tour, che Nucci dice
di conoscere poco. Poi c'è il vino
che definisce con tre parole: «Arte, dia-
logo, nozione».
Metafore metafisiche per Giorgio
Ortona, romano, perché subito dice:
«Sto qui per pensare il poi; sono in
attesa dell'inizio». Mentre lavora ti col-
piscono i tratti geometrici ed estetici ad
un tempo, perché Ortona disegna città
dall'alto o magari infissi in alluminio
che hanno «valenza estetica».
Sì, proprio così, finestre, balconi e
infissi. «La tecnica? Te la fai da solo. Io
uso matita e olio». Qui in Sicilia ha sco-
perto Gela, «Gela è il massimo». E la
disegna con «sacralità precisa, l'ordine
nel disordine». Attenti, non si frainten-
da. «Il brutto - dice - resta brutto.
Mi fermo al punto in cui il brutto ha
qualcosa di bello, respira. Nelle cose
più brutte devo trovare il bello, ecco il
mio compito». Ecco perché ha trovato
Gela la città più intrigante e senza
volerlo cita Sciascia quando dice che la
periferia seppellirà il mondo.
Si sofferma sul viaggio GaetanoPagina successiva: Riserva naturale di Vendicari (SR)
27
Da sinistra a destra:
Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
Menfi (AG), Capparrina
Sambuca di Sicilia, (AG), laboratorio a Ulmo
29
Riserva naturale di Vendicari (SR)
31
Cip
olla
, l'a
ltro
sic
ilian
o de
l gru
ppo
per-
ché
«con
l'ae
reo
ti sp
osti,
per
gua
rdar
e
devi
via
ggia
re e
via
ggia
re è
un'
altr
a
cosa
, una
con
dizi
one
dell'
anim
a. N
oi
artis
ti -
conf
essa
- v
ivia
mo
di fi
ssaz
ioni
.
Ecco
, il v
iagg
iare
per
me
è un
a de
lle
cose
con
cui
si p
uò fa
re a
rte
ma
anch
e
il vi
aggi
o è
un'a
rte»
. Que
sto
tour
gli
ha
fatt
o sc
opri
re q
uant
o la
cam
pagn
a si
a
cam
biat
a. R
icor
da u
n vi
aggi
o in
Sic
ilia
tant
o te
mpo
fa e
lui c
he s
i def
inis
ce u
n
«ani
mal
e m
etro
polit
ano»
sos
tiene
che
la «
stor
ia r
esta
, la
citt
à re
sta
ma
la
cam
pagn
a ca
mbi
a pe
rché
tant
o, ta
ntis
-
sim
o, è
cam
biat
a qu
ella
sic
ilian
a, i
paes
aggi
, le
colt
ure»
. Cip
olla
dip
inge
a
mem
oria
, a te
mpe
ra, c
on i
colo
ri p
re-
para
ti da
lui m
edes
imo,
usa
la c
arta
da
spol
vero
ed
è ri
mas
to c
olpi
to in
que
sto
tour
dal
tra
lcio
del
la v
ite c
he «
mi r
icor
-
da il
nod
o de
lla G
orgo
na».
Ecc
oci a
l
tem
a is
pira
tore
: «La
Gor
gona
e il
tra
l-
cio.
Ovv
ero
il m
ito. P
erch
é è
l'ori
gine
,
dal m
ito p
arte
tut
to».
Pao
la G
ando
lfi,
rom
ana,
si è
con
cent
rata
, ha
lavo
rato
chiu
sa n
el b
aglio
, sal
a de
gust
azio
ne,
luog
o di
em
ozio
ni p
er g
li en
ofili
.
Spie
ga: «
Qua
ndo
si in
vent
a, q
uand
o si
sogn
a m
i dev
o se
ntir
e pr
otet
ta, a
nche
in u
no s
pazi
o gr
ande
, ma
al c
hius
o».
Anc
he le
i pun
ta s
ul m
ito p
erch
é è
«l'in
-
cons
cio
e a
me
piac
e la
vora
re a
ttor
no
all'i
ncon
scio
del
la d
onna
».
Cer
ca u
n lin
guag
gio
fem
min
ile d
ell'a
rte.
E sp
unta
no n
ei s
uoi l
avor
i i v
olti
di
donn
a, le
gam
be c
he «
rapp
rese
ntan
o un
mon
do s
ciss
o», m
agar
i tra
una
car
tina
geog
rafic
a. P
rim
a re
aliz
za u
n co
llage
,
poi p
assa
al q
uadr
o. E
d è
cert
o ch
e la
Sici
lia s
tess
a, ir
onia
del
cas
o, le
reg
ala
le g
ambe
, le
«tre
gam
be»,
il s
imbo
lo
della
Tri
nacr
ia, q
uind
i la
stes
sa S
icili
a.
«Senza volerlo - aggiunge - ho trovato la
terra delle mie fantasie». Poi un appun-
to enologico: «Ho capito adesso che chi
assaggia il vino, beve il territorio - dice
lasciandosi andare a considerazioni da
gourmet -. Ho bevuto pochissimo ma
questi bicchieri che roteano e gli odori
sprigionati, mi affascinano».
Lanfranco Quadrio ha origini lombarde
ma il suo parlare tradisce legami forti
con la Sicilia. Questo tour che si avvia
alla conclusione gli ispira danze dioni-
siache ma ha un timore: «Attenti, il vino
può portarti sul banale, quanto meno
devi evitare il rischio». Lui non dipinge
perché soprattutto ama incidere sul
rame, sullo zinco, usa inchiostri e ver-
nici e disegna soprattutto animali, cani
in particolare, «immagini primarie».
Il tour gli ha consentito di accantonare
la sua timidezza, poi la tavola è stato
un momento centrale. «Si sta insieme,
si trovano tante fonti di ispirazione,
si accavallano discorsi e sensazioni».
Ci sono ancora i tre stranieri del grup-
po, artisti che conoscevano la Sicilia
ma che con questa collettiva artistica
itinerante - c'è da credere - hanno rac-
colto sensazioni ed esperienze a cui
anche in futuro attingeranno. François
Houtin, uno dei tre, è francese. Per lui
l'arte è soprattutto la lastra incisa, la
sua bandiera, utilizzando le tecniche
della puntasecca e dell'acquaforte.
Usa un tralcio di vite come leggìo.
Dice: «Ho conosciuto una Sicilia diver-
sa da quella che avevo visitato nei miei
viaggi precedenti. Questa terra è brutta
nelle costruzioni moderne. Quella agri-
cola è più bella, non è quella stereoti-
pata del mare. Ho ammirato particolar-
mente la Sicilia barocca». Ad Houtin
33
Sopra: Noto (SR), cantina Buonivini
A sinistra: Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
Sopra e a sinistra: Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
35
piace poi tantissimo realizzare obeli-
schi formati da centinaia di pietre. Le
seleziona, le mette vicino e costruisce
così incredibili «monumenti». Ne ha
fatto uno, alto tre metri, davanti al lago
Arancio. Una sorta di mausoleo di
stampo celtico, lo ama definire.
Un omaggio alle vigne.
Jan Hísek, pittore e incisore è un ceco
di Praga, un pò globe-trotter. È colpito
dalla generosità della gente, dalla
voglia di parlare che ha la gente del
Sud perché «nel Nord Europa questo
non accade». Disegna il sole, il mare ed
è come «se la Sicilia appartenesse al
mare ed al sole». Ma nel quadro astrat-
to che sta realizzando il vino collega
tutto attraverso un filo invisibile.
Da lui parte un elogio al cibo:
«Pesce, olive, formaggi. Sublimi. Qui
il cibo è tutto».
Lo svizzero Maurice Frey prima di
essere pittore è stato anche attore,
scenografo e designer di gioielli.
Ce n'è per tutti i gusti. Spiega: «Il guaio
è che non siamo mai liberi. Si è
sempre schiavi di qualcosa, anche
della pittura si può essere schiavi.
Ma oggi mi sento bene perché sono
riuscito a mettere su una tela quello
che ho dentro». La tecnica è quella
del pastello ad olio. «Ma è tutto un
inizio, un work in progress. Ho trovato
molto bello il fatto di stare insieme
con tanti artisti.
Grandi stimoli in una terra piena di
stimoli. Un'esperienza irripetibile».
Ora le opere, quello che è venuto fuori
dal viaggio è in questo volume.
Cultura e territorio, arte e voglia di
vivere. Sinergie nel nome del vino.
Non è poco.
37Per gli artisti che dedicano l'intera
loro vita all'arte è così: chi potrà mai
dire se ciò che hanno realizzato è
davvero importante? Se rimarranno
tracce? Se il loro lavoro avrà avuto
una ragion d'essere? L'arte è un bel
rischio da correre - hanno scritto
Anne e Patrick Poirier - perché è un
rischiare legato alla vita, il rischio
della ricerca permanente, il rischio di
prendere il tempo per sé.
La famiglia Planeta, che certo ha con-
tezza del rischio d'impresa, ha deciso
di correre anche quello dell'arte. Ha
deciso di instaurare con gli artisti una
comunicazione speciale ed ha chiesto
a Nuvole di trovare le forme per intra-
prendere un viaggio comune.
Così viaggio è diventata la parola chia-
ve di questo progetto.
Viaggio per i Planeta che si spostano
tutti i giorni da Noto e Sambuca: è un
viaggio di lavoro attraverso i vigneti e
le cantine, che si ripete, sempre ugua-
le e sempre diverso, con l'azienda che
cresce, il paesaggio che si trasforma
e il desiderio che nasce di guardare
anche attraverso altri occhi, con altriL’a
rte
è u
n b
el
risch
io d
a c
orr
ere
di
Ra
ffa
ell
a D
e P
as
qu
ale
scopi, con altri tempi. Viaggio per gli
artisti che vivendo insieme, mangiando
alla stessa tavola, bevendo in allegria,
possono ritrovare una dimensione,
fatta di semplicità e scambio, di
leggerezza. Viaggio collettivo nel terri-
torio della memoria, che non è nostal-
gia del passato, ma curiosità per la
nostra storia, humus che alimenta
la nostra umanità.
Abbiamo affidato alla pittura e al dise-
gno il compito di lasciare le tracce di
questo viaggio infinito, che si nutre di
passato ma sempre guarda avanti e
sempre ricerca. Pittura e disegno sono
infatti l'arte nella forma più antica;
nascono nella dimensione più nascosta
dell'artista, nelle sue fantasie e scatu-
riscono quasi senza mediazioni, oggi
come sempre, materializzandosi in
forma e colori tangibili. E nell'ambito
della pittura abbiamo scelto otto artisti
diversi tra loro per età, provenienza e
formazione, ma che perseguono tutti,
con caparbietà, la realizzazione dei
propri sogni, artisti che rischiano.
Perché certo è stato un rischio affron-
tare questo viaggio per Paola Gandolfi,
che trova materia per le sue creazioni
nelle viscere e nelle ansie della psico-
logia femminile. Eppure la Sicilia
ragazzina con quel viso acuto e birban-
te riesce a diventare simbolo di una
Sicilia aperta e tuttavia consapevole e
solida, perché si alimenta (forse dalle
tre gambe?) di una bellezza antica e
misteriosa, che ritroviamo tutta nella
Luce della luna sul lago Arancio di
Vincenzo Nucci. Grande paesaggista
Nucci ci inonda di nostalgia e magica-
mente ci inghiotte nella Sicilia ance-
strale del mito. Da Gaetano Cipolla,
pittore di narrazione, è nato Resoconto
di viaggio, diciassette piccole opere
nelle quali la campagna intrisa del
viola dei vigneti e i tetti di paesi che
evocano Le Città del mondo di Vittorini,
si intrecciano con le testimonianze
inquietanti della Gorgona e di un Cristo
in gonnella visto in una Chiesa di
Scicli. Ma la Sicilia non sarebbe la
nostra se non ci fosse il dolore e l'an-
sietà, la malattia che ci investe con il
potente branco di cani di Lanfranco
Quadrio e senza l'allucinata Gela di
Giorgio Ortona e i suoi cantieri sicilia-
ni, cui concede una tonalità di azzurro
perché comunque siamo in Sicilia.
Nella luce e nei colori mediterranei
affondano le forme solo accennate dei
raffinatissimi pastelli di Maurice Frey,
e un senso di autentico spaesamento
è nelle tele di Jan Hísek che, frastor-
nato da una luce che non gli appartie-
ne, deve aver chiuso gli occhi per
dipingere. A suggello di un viaggio che
non dimenticheremo ci sono i rimandi
di Cipolla ad Houtin, trasformato in
contadino del colore, e di Ortona a
Frey, rappresentato tra le azzurre
persiane di Capparrina. Sono l'amici-
zia, l'interesse per l'altro nati in
questa piccola avventura. Ed ancora
François Houtin, inventore di giardini
fantastici, si è immerso fisicamente
nel paesaggio reale, costruendo,
alla fine del viaggio a Ulmo, un totem,
accatastando sassi e vecchi tronchi
di vite. Ha iniziato da solo e poi tutti,
artisti ed operai, lo hanno aiutato:
una sorta di rito collettivo spontaneo,
una forma di opposizione, di
resistenza alla distruzione della
memoria e della natura.
39
Arr
ivat
i, si
fest
eggi
a, c
osì
l'anf
itrio
ne:
“Fec
e ci
rcol
are
ilve
cchi
o vi
nodo
rato
, e b
evvi
da
sera
a m
attin
a.B
evvi
al s
uon
del
liuto
, e d
ei c
anti
degn
i di M
abad
.N
on v
i è v
itase
rena
se
non
all'o
mbr
a de
llado
lce
Sici
lia…
..”(A
bd-a
rRah
man
)…
Arr
ived
erci
…
41
45
Gaetano Cipolla è nato a Palermo nel
1950. Pittore da sempre, ha esposto
con continuità dagli anni '70. Negli anni
'80 e '90 si è dedicato anche all'attività
di scenografo e costumista teatrale
lavorando con Raul Ruiz, Mario
Martone, Enzo Moscato e Franco
Scaldati, trasferendo nel teatro di spe-
rimentazione di quegli anni le proprie
suggestioni pittoriche. Pittore anomalo
nel panorama dell'arte contempora-
nea, rielabora alcune influenze espres-
sioniste alla luce di una 'sicilianitudine'
complessa e colta. Lavora prevalente-
mente per cicli pittorici, concentrando,
anche per lunghi periodi, la ricerca su
temi specifici. Ricordiamo il ciclo
“Inventario domestico” degli anni '80
nel quale la memoria si fa forma e
quindi pittura attraverso la rappresen-
tazione di oggetti di uso comune e i
lavori sul corpo degli anni '90, nei quali
è forte il riferimento ad una situazione
del 'tragico' che affonda nelle radici
greche della storia e della teatralità
tutta siciliana.
Ga
eta
no
Cip
oll
a
47
Resoconto di viaggio, composizione, olio su cartone, misura complessiva circa cm. 94x94
49
Buonivini, olio su tela, cm. 100x100
51
Il vino costruito, olio su tela, cm. 80x100
Maurice Frey, è nato a Saint-Martin
(NE); ha poi soggiornato per molti anni
in Francia e in Italia. Dal 1997 vive e
lavora a Chaux-de-Fonds in Svizzera.
Espone con regolarità dagli anni '70.
Solitario nel suo percorso, al di fuori di
qualsiasi scuola, prima di dedicarsi
unicamente alla pittura Frey è stato
attore, creatore di gioielli, scenografo,
disegnatore di mobili. Il suo percorso
pittorico si nutre di questo eclettismo.
La sua ispirazione proviene da quella
che comunemente chiamiamo sensibi-
lità: un magma interiore multiforme
che emerge sulla superficie attraverso
una stesura del colore raffinatissima
che richiede un complesso e lungo
lavoro di stratificazioni successive.
Incline all'astrattismo è tuttavia possi-
bile individuare nei suoi quadri l'ele-
mento umano, anche se soltanto sug-
gerito, una presenza silenziosa, che
s'insinua nell'opposizione tra l'esterno
e l'interno, in un punto di osservazione
attraverso una finestra, nell'immagine
dell'essere di fronte al mondo.
Ma
uric
e F
rey
53
Senza titolo, trittico, pastello su carta, misura complessiva cm. 74 x 198
55
Senza titolo, trittico, pastello su carta, misura complessiva cm. 74 x 198
57
Ulmo, pastello su carta, cm. 60x60
Paola Gandolfi, è nata a Roma, dove
vive e lavora. Negli anni '70 a Bologna
si dedica a sperimentazioni di tipo con-
cettuale, prediligendo le installazioni.
Successivamente sceglie la pittura,
guardando nei primi anni al tardo
manierismo e al barocco, rientrando,
unica donna, nel gruppo storico
dell'Anacronismo. In seguito abbando-
na ogni citazione dell'antico esprimen-
do un linguaggio unico e originale.
Una delle pittrici più interessanti della
nuova figurazione italiana, lavora
soprattutto su tematiche psicologiche
legate al mondo femminile. Capace di
dare forma alle corde più nascoste sot-
tese alla difficoltà del vivere contempo-
raneo con una pittura definita e con-
centrata sul corpo e sulla presenza di
elementi fortemente simbolici.
Pa
ola
Ga
nd
olf
i
59
61
A sinistra: Esplorazione in Trinacria, olio su tavola, cm. 80 x 60
In alto: Esplorazione in Trinacria, bozzetto, carta incollata e tempera, cm. 37x29
Disorientamento dell’ebbrezza, matita, tempera e collage su carta, cm. 76x56
63
Il conflitto del macchinario, matita e tempera su carta, cm. 76x56
Jan Hísek, nato a Praga nel 1965. Si è
laureato nel 1990 presso l'Academy of
Applied Arts a Praga dove vive e lavora.
Prima fondamentalmente disegnatore
e incisore, a partire dal 1999 inizia a
dipingere. A partire dagli anni '90 il suo
viaggiare per il mondo (Irlanda, Italia,
USA nel 1996, Cina nel 1997, Messico e
Guatemala nel 1999) è stato anche e
soprattutto ricerca ed evocazione del
mistero dell'esistenza e della sua
dimensione spirituale, catturate dalla
pittura partendo dall'immersione nella
terra, nella struttura stessa della natu-
ra. I suoi riferimenti all'arte simbolista
vengono sviluppati in modo assoluta-
mente originale e conscio e subconscio
giungono ad una sintesi inaspettata.
Nelle sue opere è riconoscibile l'amore
per il disegno, che emerge nell'atten-
zione al dettaglio e nella precisione
quasi geometrica delle composizioni,
insieme ad un uso del colore assoluta-
mente libero e spontaneo.
Ja
n H
íse
k
65
Pagina precedente: Olive’s Angels, olio su tela, cm. 100x100
In alto: Harbour, puntasecca e acquaforte su rame, lastra cm. 14x20
67
In alto: Landscape with cloud, olio su tela, cm. 24x57
In basso: Landscape with lake, olio su tela, cm. 24x57
69
Disegni realizzati ad occhi chiusi durante il laboratorio all’Ulmo, matita e acquarello, cm. 32x24
François Houtin, nato nel 1950 a Craon
en Mayenne, dal 1971 vive e lavora a
Parigi. Dalla giovinezza trascorsa
nell'Haut-Anjou nasce forse il grande
amore per la natura. E' stato giardinie-
re, decoratore floreale e paesaggista:
ha realizzato un giardino-labirinto a
Castillon, nella regione del Calvados e,
nel 1991, ha partecipato ad un concorso
per il restauro dei giardini delle
Tuileries. Poi, abbandonata, ma non del
tutto, la dimensione progettuale del-
l'arte del giardino, si dedica quasi inte-
ramente all'incisione e al disegno, con
rapide incursioni nell'allestimento
(come quelli delle vetrine per Hermès a
Parigi) e nella installazione ambientale.
Costruisce, ispirandosi a quella reale,
una natura vegetale immaginaria con
l'antico strumento della lastra incisa
utilizzando le tecniche della puntasecca
e dell'acquaforte. La minuziosità e l'as-
soluta perfezione del segno danno vita
a un complesso vocabolario di segni
onirici e le sue composizioni hanno
spesso un carattere allucinatorio.
Fra
nço
is H
ou
tin
71
Frutti di Sicilia, acquaforte su rame, terzo stadio 4/5, lastra cm. 19x29
73
Fichi dell'Ulmo, acquaforte su rame, quarto
stadio 2/4, lastra 20 x 18 cm
Ultimo viaggio alla vigna, installazione fotografica (particolari), misura complessiva cm. 131x96
75
Vincenzo Nucci è nato a Sciacca (AG)
nel 1941 e qui ha sempre lavorato.
Ha esposto in molte città italiane
e all'estero.
Ha iniziato a dipingere negli anni '60 e
i suoi quadri allora avevano per tema
centrale la guerra in Vietnam e poi
il terremoto del Belice del 1968.
Dagli anni '70 la scelta di genere è
sicura e definitiva: Nucci dipingerà solo
paesaggi, anzi il paesaggio siciliano, le
cose del paesaggio siciliano: la casa,
il muro, la palma, il carrubo, il mare,
il cielo, la montagna. E' un guardare
ininterrotto e antico nel quale si ritrova
la nostalgia che ciascuno ha provato
nei propri viaggi e nei propri sogni.
E' una classicità profonda, un'energia
feconda che emerge nel segno,
nel colore e nel calore del pastello
e della pittura.
Vin
ce
nz
o N
ucc
i
77
La luce della luna sul lago Arancio,
olio su tela, cm. 93 x 73
79
Antico casolare con palma, olio su tela, cm. 73x93
Valle del Belice, olio su tela, cm. 100x100
81
Angolo barocco con palma e buganvillea, cm. 73x93
Giorgio Ortona, è nato a Tripoli (Libia)
nel 1960, da anni vive e lavora a Roma,
dove si è laureato in architettura.
In Spagna, a Cadice, ha seguito i corsi
di Antonio Lopez Garcia.
Dipinge la realtà urbana, i paesaggi
delle periferie e soprattutto Roma.
Con una ricchezza di dettagli che è il
risultato di uno sguardo che punta alla
struttura vera sottesa alla scena, uno
sguardo che scorpora, spolpa la visio-
ne. E' interessante il modo con cui l'oc-
chio di quest'artista indaga il paesag-
gio e le architetture. La precisione
della rappresentazione si trasmette
sottilmente in atmosfere avvolte dal
mistero: attraverso i suoi quadri Roma
appare ad esempio una città torrida,
sulla quale senti soffiare come un
caldo vento africano.
Gio
rgio
Orto
na
83
Cantieri siciliani, olio su tavola, cm. 60 x 140
85
Gela, olio su tavola, cm. 48 x 80
87
Maurice e la casa di mare, olio su tavola, cm. 48 x 80
Lanfranco Quadrio è nato a Lecco nel
1966. Ha iniziato a disegnare e a inci-
dere sotto la direzione del padre Guido.
Ha studiato all'Accademia di Belle Arti
di Palermo e si è specializzato in tecni-
che incisorie e stampa calcografica
all'Accademia Raffaello di Urbino con
con Carlo Ceci, Renato Bruscaglia ed
Enk de Kramer. Dal 1992 è docente di
decorazione pittorica all'Istituto Statale
d'Arte di Palermo.
Il suo lavoro si ricollega idealmente in
modo originale alla tradizione del dise-
gno italiano del '500 e del manierismo,
senza aderire ad anacronismi e a neo-
citazionismi, scoprendo nel fare la
ragione ultima del prodotto artistico.
La
nfr
an
co
Qu
ad
rio
89
L’anima, la foglia, il branco, tecnica mista su carta incollata, cm. 150 x 200
91
Senza titolo, tecnica mista su carta incollata, cm. 60x60
93
Senza titolo, matita su carta incollata, cm. 60x60
95Alla fine di febbraio anche in Sicilia le
belle giornate sono rare e non così
“glorious”, lo stimolante tepore del-
l'autunno che si prolunga fino a dicem-
bre se n'è andato e diciamo pure che
può fare un freddo della madonna. Ma
se vi muovete a piedi ed avete un buon
sacco, maglioni di lana di merinos
(Leloque, Patagonia), uno di quei ber-
retti di feltro che usano i pathani e una
canna di Malacca come bastone allora
potete andare ovunque. Ma prima fatevi
fotografare perché uno vestito così da
queste parti non lo hanno mai visto.
Quando ero ragazzo non pensavo che
una passeggiata - blando esercizio fisi-
co da anzianotti - avesse a che fare con
una qualsiasi attività umana superiore.
Mi sbagliavo: passeggiare “è” un'attivi-
tà umana superiore, che ha il ritmo
della poesia e lo stesso effetto benefico
e taumaturgico che riceviamo guardan-
do un'opera d'arte. Conosco pochi luo-
ghi al mondo che possono reggere il
confronto con le campagne degli Iblei,
nell'estrema Sicilia sud orientale, dove
portare la propria carcassa e metterlaIl v
ian
da
nte
tra
le
nu
ov
e v
ign
ed
i S
te
fan
o M
ala
te
sta
in moto. Solo la Toscana ha itinerari
così felici e strade non asfaltate che
raggiungono incantevoli paesi, dove si
può dormire ancora con poco, mangia-
re come nemmeno alle tavole dei prin-
cipi, e non solo vedere ma assorbire la
bellezza di un paesaggio. E se anche se
vi siete alzati dal letto barcollanti,
come ogni tanto mi succede, diciamo
pure spesso, e il passo non è più quello
di una volta, dopo due o tre giorni vi
sentirete molto meglio.
Le magie del mare
Qui il mare non è mai lontano e anche
se non si possono ancora fare i bagni
perché l'acqua della costa da Marsala
a Capo Passero è una delle più fredde
del Mediterraneo e non ci sono calda-
role come nella spiaggia dei Maronti
ad Ischia per riscaldarti prima dell'im-
mersione, una brezza che sa di salse-
dine arriva fino alle colline interne.
E non siete obbligati, se scrivete per
mestiere, a quelle metafore gonfie di
retorica o minacciosamente simili a
luoghi comuni che il mare ispira sem-
pre a chi abbassa la guardia.
Eravamo partiti da Ragusa, un paese
che bisognava lasciare in fretta o non
lo lasciavi più, talmente assomigliava
al luogo dove uno sogna di ritirarsi,
non si capisce poi a che fare.
Camminavamo in una luce chiara e tra-
sparente, che si ritrova in tutte le zone
aride e che trasforma il paesaggio in
una serie di linee nette e incisi. E lì
dove non batteva il sole, tutto spariva
come se non fosse mai esistito, quasi
in un buco nero. I vigneti apparvero
dopo un'ora di camminata, spogli in
questa stagione che salivano e scende-
vano su per le colline e davano slancio
e vigore al paesaggio. In Sicilia,
nell’Ottocento le case di campagna, per
la verità non molto diffuse perché quel-
le erano tutte terre da latifondo, aveva-
no un piccolo vigneto per uso domesti-
co, con le stesse funzioni dell'orto.
Naturalmente grandi vigne erano state
piantate in ogni tempo e ovunque nel-
l'isola. Ma quelle nuove avevano un
aspetto inconfondibile, occupavano ter-
reni una volta semi abbandonati e cor-
revano sopra le colline come i reggi-
menti dei corazzieri guidati da Murat.
Alcuni operai stavano lavorando al
restauro di una casa colonica, dipinta
con i colori delle crete e con un rosso
mattone che irradiava un'eleganza
senza sprechi, al centro di una tenuta
non lontana dal parco naturale di
Vendicari. La tenuta apparteneva a due
famiglie di produttori di Menfi, d'ora in
poi chiamati P, che erano stati tra i
primi a iniziare la rivoluzione enologica
in Sicilia, avevano avuto un fenomenale
successo ed ora stavano allargandosi
dall'altra parte dell'isola. Con qualcuno
di loro ero diventato un caro amico e
avevo visitato più volte la bellissima
tenuta sotto Sambuca, di fronte al lago
Arancio, invitato alle cene che si svol-
gevano in uno spettacolare baglio del
Cinquecento. Nella tenuta presso l'oasi
non c'era nessun baglio ma la struttura
seguiva la stessa idea di affiancare un
casale adibito alla rappresentanza e alla
degustazione del vino ai macchinari che
lo producevano. Nelle cantine c'era una
vetrata al posto del muro che guardava
le colline con i vitigni e tutto era magni-
97
ficamente studiato e funzionale. Mi
domandavo quanto piacesse ai siciliani
non interessati alla produzione del vino.
I vigneti erano stati piantati in tempi
molto rapidi, quasi con furia, come se
i produttori non si fossero fidati di loro
stessi e avessero cercato di superare
il punto del non ritorno per impedirsi
la ritirata. Fino a quindici anni fa i colo-
ri della Sicilia erano riservati alla frut-
ta, alle verdure, ai giardini lussureg-
gianti di piante semitropicali. Ma se
uscivi da Palermo o da Catania la cam-
pagna era quella fotografata da Enzo
Sellerio negli anni Cinquanta: riarsa,
sassosa, povera e disperata e senza
speranze, che serviva da cupo fondale
per le innumerevoli tragedie, le, vere o
inventate, che il cinema italiano mette-
va in scena da queste parti. E dopo due
o tre di questi film ti rendevi conto che
il protagonista non era Turiddu, per
dire, o il prefetto Mori, o quello fetuso
che diceva sempre “basciamo le mani a
voscenza”, ma uno strumento musica-
le: lo scaccia pensieri in un certo senso
simile al nano tamburino del romanzo
di Gunther Grass. Adesso, se sorvolavi
la Sicilia in aereo, ti accorgevi che le
macchie verdi si erano espanse per
tutto il territorio, fino a farne, apparen-
temente una delle regioni più intensa-
mente clorofilliane d'Europa...
Il grande salto
La vera trasformazione agricolo-ali-
mentare-enologica era diventata evi-
dente qualche anno più tardi con i
vigneti in produzione, e con le enoteche
sorte dal nulla che cominciarono ad
esporre sugli scaffali bottiglie mai viste
con etichette che portavano nomi cono-
sciuti solo dagli studenti di letteratura:
“Angelica”, “Uzeda”, persino “Bendicò”,
il cane del principe di Salina che una
volta Tomasi disse essere la chiave del
libro. Invece di andare ad aumentare il
numero dei dandy e dei flaneur della
capitale (intesa come Palermo) nume-
rosi tra i giovani produttori che si erano
lanciati nell'avventura avevano passato
qualche mese nelle cantine di
Bordeaux. Ed ora sapevano come
muoversi non solo tra i barrique ma
anche tra gli alambicchi e finalmente
si cominciava a fare un vino riconosci-
bile negli anni, che poi ognuno avrebbe
definito con il gergo un pò fasullo dei
sommelier (tanninico retrogusto pieno
robusto bouquet). Ma che si poteva
portare in tavola senza vergogna,
e nel caso dei vini prodotti da P.
con gran piacere.
Alcuni signori siciliani che conosco
hanno quel tono nostalgico, quando
parlano del passato, alla Talleyrand.
«Chi non è vissuto prima della rivolu-
zione non sa cosa significa la douceur
de vivre». Ho qualche dubbio che il
rimpianto possa applicarsi all'appena
ieri siciliano, pieno di storie efferate,
e quanto al vino abbiamo tutti un
pessimo ricordo.
Anni prima ero stato ospite di un nobi-
luomo che abitava in una tonnara cor-
rosa e mangiata dal mare, non lontano
da Capo Passero. Il gentiluomo si sve-
gliava alle dieci, indossava una vesta-
glia di seta sopra il pigiama pure di
seta, e cominciava a deambulare per le
stanze, dove entrava pochissima luce
per il terrore del caldo, e finiva sempre
in quelle delle giovani finlandesi che
Pagine successive:
Sambuca di Sicilia (AG), laboratorio a Ulmo
99
sembravano sue ospiti fisse.
Noi lo sentivamo muoversi a tentoni
per qualche minuto, poi usciva dalle
stanze e fingendo di ignorarci conti-
nuava la sua passeggiata lentamente,
come in trance, ripetendo fino all'una
una sola frase che accompagnava
con un gesto della mano: “Mi dovrei
fare la barba”.
Così per circa tre ore fino a quando la
barba non se la radeva veramente e
alle due esatte del pomeriggio un fami-
glio avvolto in curiose fasce multicolori
che chiamavamo Kenzo si affacciava al
balcone e percuotendo con grandi risa-
te il gong dava il segnale del pasto più
copioso al quale abbia mai partecipato.
Sformati di tutti i tipi, molli, duri,
con o senza melanzane, paste trasci-
nate in agrodolce, caponate, bianco
mangiare, fino a quando una granita
sublime non chiudeva l'ininterrotto
andare e venire delle pietanze.
Si trattava veramente di una cucina di
eccezione, che aveva come punto debo-
le i vini prodotti dal nostro ospite.
Troppo liquorosi, troppo pesanti, troppo
profumati, troppo dolci. Ma il nobiluo-
mo con tutta la sua aria internazionale,
era abituato a quelli e non ne conosce-
va altri. Bastavano un paio di bicchieri,
e di norma erano di più, e quando
passavi dal fresco della camera da
pranzo al calore torrido della strada
i diciotto gradi del vino ti facevano
sentire come una mazzata alla nuca.
C'era un piccolo ponte in ferro da per-
correre per raggiungere la spiaggia
ed io l'ho sempre visto oscillare come
il Golden Gate durante il terremoto
di San Francisco.
Di sabato, nella tenuta vicino Vendicari
non lavoravano e la casa colonica era
deserta. Qualcuno di noi aveva avuto
l'idea geniale di fermarsi in un risto-
rante lungo la strada, accattare tutte
cose: cioè qualcosa da mangiare pas-
sando da una leggendario caffè di
Noto, dove facevano delle meraviglie
come lo squaglio di pistacchi in un
miele profumato di zagara. E dunque
arrivata l'ora, facemmo un'indimenti-
cabile colazione con cibi propri nella
terrazza della casa colonica che guar-
dava i vigneti e il mare.
E mentre ci riposavamo in uno stato
d'animo leggero, raccontai di quella
volta che avevo accettato di presentare
un mio libro a Sambuca, senza sapere
che la presentazione era collocata
all'interno di una manifestazione di
varia umanità, che doveva essere con-
clusa da una distribuzione gratuita di
vino dei P. Così, arrivando a Sambuca,
paese che dava l'impressione di essere
in un stato perenne di levitazione, al
posto di quei quindici o venti curiosi che
il titolo del libro poteva attrarre, mi tro-
vai di fronte una folla strabocchevole
che stava gonfiando la piazza. Se aspet-
tavo altri due o tre minuti non sarei più
potuto passare fino al palco delle autori-
tà. Così chiesi subito se c'era una toletta
in giro e fu chiaro, immediatamente, che
avevo domandato l'impossibile.
Nessuno degli organizzatori aveva pen-
sato ad una simile eventualità perché
erano tutti paesani e i loro cessi stavano
a due passi e nessuno era disposto a
concederne l'uso. Senza entrare nei
particolari ricordo che fu una serata esi-
larante anche dopo la questua delPagina successiva: Sambuca di Sicilia (AG), Ulmo
101
Da sinistra a destra:
Vittoria (RG), Dorilli
Menfi (AG), Dispensa
Menfi (AG), Capparrina
103
cesso: il presentatore sbagliò il titolo del
libro, due assessoresse quasi vennero
alle mani su un problema localissimo, e
alla fine una di loro, alzandosi in piedi e
indicandomi, disse: «E adesso il dottor
Malatesta ci racconterà la sua vita pri-
vata» . Ed io le risposi se era scema.
Tempi moderni
Continuammo a marciare per due o tre
giorni. Faceva un freddo intenso e le
giornate erano splendide e dopo essere
passati per la seconda tenuta dei P,
verso Vittoria, anche più bella della
prima, ci dirigemmo verso il mare.
Volevo visitare un piccolo, delizioso
museo, con vista e un patio talmente
incantevoli che tentai invano di convin-
cere la moglie del custode, che stava
preparando qualcosa con un profumo
di pomodorini, ad ampliare il numero
dei commensali. Ma la proposta
venne silenziosamente lasciata
cadere, raggiungemmo il paese di Sc.
e mentre gli altri salivano le scale di
una trattoria raccomandata, io ero
andato a comprare della frutta.
Quando li raggiunsi, trovai questa
situazione: la cameriera, alta un metro
e ottanta, con indosso una minigonna
tagliata all'altezza dell'inguine, aveva
avuto un coup de foudre per Piero il
fotografo, belloccio, che si trascina die-
tro un tipo fisico continuamente insi-
diato da ragazzine popolane. Gli porta-
va in continuazione piattini che diceva
scelti con le sue manine, filetti di pesce
spada in carpione, uova di tonno, stru-
sciandosi e sussurrandogli alle orec-
chie paroline dolci, piropos. L'avevo
intravista di spalle e non mi era sem-
brata una bellezza. Ma quando con uno
scatto si rivoltò verso di me, lanciando-
mi uno sguardo inferocito perché stavo
disturbando l'idillio, mi accorsi che era
un travestito. Mi ci volle qualche altro
minuto per capire anche che il travesti-
to era il figlio del proprietario, uomo
deciso e con l'aspetto e i modi di una
persona di conseguenza.
E mentre il corteggiamento continuava
e si faceva più serrato senza che il
padre mostrasse il minimo imbarazzo,
arrivarono altre due cameriere, una
venezuelana e una romena, che aveva-
no l'aria di essere due amanti del
padre padrone. E i dialoghi con Piero
che dopo l'imbarazzo iniziale si sentiva
un irresistibile conquistatore erano
questi: “Dì un pò carina, di dove sei?”
“Venezuela…” “Caracas?”. Gli avventori
degli altri tavoli avevano naturalmente
smesso di mangiare e guardavano a
bocca aperta sicuramente pensando
che a teatro non facevano mai pièces
così divertenti. Uscendo dalla trattoria
ho tentato di ricordarmi quando
era stato applicato per l'ultima volta
in Sicilia l'articolo di legge sul
delitto d'onore: non più di quindici/venti
anni fa, da allora c'erano stati altri
cambiamenti nell'isola che non riguar-
davano solo il vino.
Pagina successiva dall’alto al basso:
Noto (SR), Buonivini
Menfi (AG), vigneto Dispensa
105
Finito di stampare il 19 maggio 2005
Di questo catalogo sono stati stampati 1.500 esemplari.