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IL LINGUAGGIO DELLA PAURA “I paradossi del cuore” (Noel Carrol) Come facciamo ad essere spaventati da qualcosa che sappiamo non esistere? Perché dovremmo essere interessati all’orrore, visto che l’essere spaventati è uno stato spiacevole? La risposta va cercata scendendo nel profondo, fino a giungere all’emozione conosciuta come paura.

Videogiochi e horror

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IL LINGUAGGIO

DELLA PAURA

“I paradossi del cuore” (Noel Carrol)

Come facciamo ad essere spaventati da qualcosa che

sappiamo non esistere?

Perché dovremmo essere interessati all’orrore, visto che

l’essere spaventati è uno stato spiacevole?

La risposta va cercata scendendo nel profondo, fino a

giungere all’emozione conosciuta come paura.

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Paure primarie

La paura funziona come campanello d’allarme per attivare una reazione di fronte ad un pericolo.

La necessità di dover accettare la morte (e il conflitto che ne scaturisce) è l’elemento irrisolvibile che genera tutte le altre paure.

A differenza degli altri animali, nell’uomo la paura oscilla tra istinto e cultura e può diventare fattore critico di crescita o di involuzione.

Nell’esperienza quotidiana l’uomo cerca di tutelarsi dalla paura sottoponendo le esperienze al vaglio della ragione. Ogni occasione di contatto con il pericolo deve essere evitata.

Se è vero che ciò che non si conosce spaventa, è altrettanto vero che solo la paura trasporta il sensibile oltre le soglie della realtà percepita, permettendo esperienza dell’ignoto.

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Le età della paura Il neonato ha paura dei rumori forti, del dolore, ma non del buio, perché

da un luogo buio arriva. Solo tra i 2 e i 3 anni, quando si sarà abituato alla differenza tra luce e buio, il bimbo capirà che nell’oscurità ha minori capacità di controllo della realtà.

La paura dei mostri arriva intorno ai 4 anni, quando si ha abbastanza fantasia per poterseli rappresentare.

Tra i 5 e i 6 anni iniziamo a sentir parlare della morte e a farcene una prima idea, soprattutto in relazione alla scomparsa di una persona vicina o a quella di un animale domestico.

Tra i 7 e gli 8 anni la percezione del mondo si fa più complessa e cominciano ad insorgere paure come quella degli incidenti e delle (relative) punizioni.

Durante l’adolescenza si sviluppano paure inerenti al rapporto con gli altri. È in questa età che inizia il difficile cammino di accettazione al di fuori della sfera degli affetti familiari: quelle che si generano sono paure sociali, in un ambiente che ancora non si conosce bene e nel quale fatichiamo a riconoscerci come individui.

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Catarsi

Nel frammento “La Poetica”, Aristotele lascia scritto: «Le cose che ci fanno soffrire nella realtà, ci recano un sommo piacere se le osserviamo in immagini.»

Questo fenomeno prende il nome di catarsi, un termine greco (katharsis) che designa la purificazione rituale da una contaminazione (miasma) visibile o invisibile – come il sangue o la colpa.

Secondo l’interpretazione aristotelica, la catarsi è la purificazione dell’anima dello spettatore dalle passioni dolorose della pietà e della paura attraverso la pietà e la paura ispirate dalla finzione.

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Il Perturbante (Freud, 1919)

Un sentimento imparentato con affetti repellenti e penosi che, pur senza coincidere con nessuno di essi, li suscita con la sua apparizione. Questo senso di inquietudine è caratterizzato da affetti contradditori: la paura è unita alla fascinazione, la voluttà al terrore, la repulsione all’attrazione.

Ciò che costituisce l’oggetto della paura è il ritorno del rimosso, che svela la qualità del nostro desiderio inconscio.

Freud sottolinea il legame tra il perturbante e il desiderio interdetto. Scontrandosi con la proibizione, il desiderio si tramuta in terrore, ma l’oggetto del desiderio conserva intatta la sua capacità di attrazione e la trasgressione il suo fascino.

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Rappresentare la paura

Le figure che popolano il fantastico sono proiezioni di paure e desideri che l’individuo non riesce a riconoscere in se stesso e che quindi colloca fuori di sé. In altre parole, grazie alla rappresentazione della paura, riusciamo ad esternare anche le nostre angosce e quindi a liberarcene: se la paura è lì, davanti a noi, allora non è dentro di noi.

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Creature mostruose e soprannaturali,

demoni e forze oscure animano

l’immaginario delle più antiche tradizioni

popolari. Un immaginario che attinge dal

fondo dell’animo umano, dalle sue zone

d’ombra, dove giace un’inquietudine

esistenziale per ciò che non si riesce a

dominare: la morte, il dolore, l’ignoto,

l’irrazionale. Questi elementi forniscono la

materia prima di fiabe, poesie, racconti ma

anche dell’iconologia e dell’architettura.

Nell’esperienza mediata dell’espressione

artistica, l’individuo può contrattare il

rimosso all’interno di un’area “protetta” in

cui esso appare contenuto e trasfigurato.

La questione del piacere legata a tale

esperienza “protetta” del perturbante è

connessa alla possibilità data all’Io di

controllare e dominare il fantasma.

Qualsiasi esperienza penosa, se vissuta

con la garanzia di uscirne indenni, è già di per sé un diletto (Carotenuto, 1997).

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L’Orrore

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Uno dei generi di finzione privilegiati per l’emergere del perturbante è quello che comunemente viene designato come horror, dal latino “horrere”, che indica il divenire ispido, il rizzarsi di peli e capelli - fenomeno fisiologico che comunemente viene associato alla risposta immediata che scaturisce dall’insorgere di uno stato di paura.

Questo termine fa riferimento ai prodotti di un genere che si fa risalire ai tempi

della pubblicazione di “Frankenstein”, la cui genesi (come la diffusione

letteraria del vampiro) ha origine nell’ambito della vacanza trascorsa nel 1816 a

Villa Diodati, vicino a Ginevra, che riunisce alcune fra le menti più fervide e

creative del Romanticismo inglese: Percy Bysshe Shelley e la seconda moglie

Mary, George Gordon Byron e l’amico John Polidori. Come forma di

intrattenimento, gli ospiti decidono di cimentarsi nella composizione di storie di

fantasmi. Byron presenta un frammento di romanzo che in seguito Polidori

rielabora nella forma popolare de “Il Vampiro” (1819). Mary Shelley, dopo aver

ascoltato il marito e Byron discutere di teorie speculative sulla base elettrica

della vita e la rianimazione galvanica dei cadaveri, ha una potente visione che

culmina in “Frankenstein” o “Il Prometeo Moderno”, pubblicato in tre volumi nel

1818. Cadaveri rianimati sono anche il soggetto del “Dracula” di Bram Stoker

(1897), storia del principe guerriero transilvano che si trasferisce a Londra alla

ricerca di sangue fresco.

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Archetipi mostruosi Come fa notare David J. Skal (1998), Frankenstein e Dracula sono importanti miti

moderni, due icone che si completano a vicenda, incarnazioni della guerra secolare tra scienza e superstizione. Le loro storie si fondano sul concetto romanzesco di autoreplicazione. A queste due figure primarie, Skal aggiunge altre due creature in grado di suscitare paura a livello archetipico.

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Il dottor Frankenstein crea il proprio doppio assemblando cadaveri trafugati da cimiteri e mattatoi.

Dracula riproduce

la propria stirpe

attraverso una

mistica trasfusione

di sangue.

Il dualismo

licantropico del

Dr. Jekyll & Mister

Hyde mette in scena

il tema dell’Ombra e

del Doppio, ovvero

del rimosso e

dell’opposto.

Il Freak di un baraccone da incubo, che cambia ogni volta che lo si guarda è una violazione del nostro senso più radicato della forma umana nei suoi confini naturali.

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Steven Schneider (1999) riconosce nella figura del mostro un’incarnazione metaforica di credenze universalmente condivise: non tutti sono in grado di riconfermare queste convinzioni con la loro presenza, dal momento che non tutti riescono ad assolvere il loro compito principale, che è quello di spaventare il pubblico.

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Mostri

reincarnati

Mostri

psichici

Mostri

diadici

Corpo

Zombi

Anima

Spiriti

Soprannaturali Dracula, Il Golem

la Mummia,

Scientifici Gli zombi

di Romero

Fuori dal corpo Fantasma

Altro corpo Possessione

Oggetti

Telecinesi

Pensiero

Telepatia

Piano fisico

Replica Piano

mentale

Naturale Doppleganger

(gemello, clone)

Artificiale Replicante

(robot e cyborg)

Schizofrenici Stesso corpo,

diversa coscienza

(Norman Bates)

Mutaforma Stesso corpo,

Trasformazione

(Licantropo)

Proiezioni Corpo differente

(Frankenstein)

Serial Killer Stesso corpo e

stessa coscienza

La convinzione

che i morti possano

tornare in vita.

La convinzione

che la mente sia

onnipotente.

La convinzione

dell’esistenza

di un Doppio.

La fabbrica dei mostri

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Il mostro nell’horror Ciò che distingue le storie horror da quelle con i mostri, come i

racconti mitologici, è l’attitudine dei personaggi nei confronti delle creature che incontrano. Nel genere horror gli umani guardano al mostro come essere anormale, elemento di disturbo dell’ordine costituito del mondo e della natura. Mentre nelle fiabe il mostro è una creatura ordinaria in un mondo straordinario, nell’horror il mostro è una creatura straordinaria in un mondo ordinario, un’entità che scardina le proprietà ontologiche presunte dai protagonisti umani della storia.

Il secondo carattere dominante del genere horror – che, ci riporta ad Aristotele - riguarda la risposta emotiva dell’audience che, idealmente, corre parallela alle emozioni del protagonista della vicenda. Un assunto che si dimostra ancor più vero nel caso del videogame, quando è il giocatore stesso a prendere controllo del protagonista della storia e non solo a “subire” ciò che accade sullo schermo. Le reazioni emotive del personaggio forniscono un set di istruzioni o, più semplicemente, degli esempi, sul modo in cui, come fruitori dell’opera, ci si aspetta che si reagisca di fronte alle proprietà destabilizzanti del mostro.

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Impurità La mostruosità nel genere horror non scatena solo una reazione

che riguarda la paura, ovvero l’essere spaventati da qualcosa che simboleggia minacciosamente il pericolo, ma la minaccia si accompagna alla repulsione, alla nausea e al disgusto; a ciò corrisponde una descrizione del mostro con termini associati al decadimento, all’infezione, alla malattia.

Nel saggio “Purity and Danger” Mary Douglas mette in relazione la reazione all’impurità con la trasgressione o la violazione di schemi che appartengono a determinate categorie culturali. Si rivelano impure le entità interstiziali che attraversano i confini delle categorie più profonde nello schema concettuale di una cultura.

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Elementi come il sangue, le lacrime o le feci, rappresentano una caratteristica dell’impurità, relativa ad opposizioni categoriche come io/non io, dentro/fuori e vivo/morto. Impure sono anche le entità che presentano la caratteristica di essere incomplete (come oggetti in frantumi e carne in putrefazione) o di essere prive di forma (come la polvere).

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Noel Carroll individua cinque processi generali che permettono la genesi delle creature horror: La fusione di categorie opposte a livello spazio-

temporale (come vita/morte).

La fissione permette di mantenere separati gli elementi contraddittori sul piano temporale (come Jekyll e Hyde) oppure di moltiplicarli su quello spaziale (come il ritratto di Dorian Gray).

L’ingrandimento e la massificazione permettono di incrementare il potere di creature già disgustose e minacciose (come un esercito di formiche giganti).

Per metonimia è possibile enfatizzare la natura impura di un’entità mostruosa (l’immagine del vampiro è spesso associata ad una bara ricolma di terra sconsacrata).

Processi di creazione

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Il momento storico

Tutto ciò che di mostruoso accade nel mondo ha

un’origine ancestrale, ma ogni epoca ha i propri orrori

da evocare. Il mostro è una figura intrinseca della

cultura, tuttavia la nostra consapevolezza del mostro è

in continua evoluzione.

Uno degli schemi classici della narrazione horror è il

collegamento con l’ambiente scientifico contemporaneo

al fruitore, in modo da rendergli plausibili gli eventi della

finzione.

Fuori dal proprio contesto, il mostro rischia di passare

dal pauroso al ridicolo con estrema facilità.

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L’orrore nel XX secolo

Mutilazione e privazione come riflesso di un

orrore da frammentazione fisica, dovuto alla

contrapposizione tra tecnologia bellica e

scienza medica, che rende possibile la sopravvivenza di soldati per ferite prima fatali.

La minaccia di una distruzione di massa è

catalizzata dal mutante gigante, risultato di

esperimenti atomici fuori controllo e dall’alieno

dedito al controllo ideologico, personificazione

della Guerra Fredda. Le immagini di occhi e

cervelli sporgenti danno l’impressione di un

intollerabile sovraccarico visivo e mentale che

ha legami con il bombardamento mediatico

senza precedenti di quegli anni.

Il controllo chimico delle nascite (fondamentale

per la “rivoluzione sessuale”) trasforma il

grembo materno nel cimitero da cui è tratta la materia prima per assemblare i nuovi mostri.

I confini del corpo e della mente subiscono

l’alterazione di psicoterapia e chirurgia estetica.

La cura e la correzione sono espedienti per

alimentare la dipendenza del paziente. Il culto

estetico e le sue degenerazioni trasformano il

corpo umano nel campo di battaglia di una

guerra che si combatte da soli. La figura più

emblematica di questo periodo è il nuovo

Frankenstein interpretato da Schwarzengger in

“Terminator”.

La spettacolarizzazione dell’AIDS genera nuova

paura nel confronto dell’epidemia. Il mostro

nasce dalla promiscuità e da comportamenti

sessuali non convenzionali - ogni vittima è in

grado di trasmettere il contagio, un’epidemia di

fronte alla quale la medicina tradizionale si

rivela impotente. Il tabù ematico scatenato dalla

nuova peste risveglia il fantasma del vampiro,

che si trasforma in agente virale. L’ingegneria

genetica ha la risposta: se il sesso è il

problema, la riproduzione della specie può

avvenire per clonazione. Il clone è l’ultima

incarnazione high-tech del Doppio

stevensoniano.

La crescente ma colpevole ostilità della

cultura nei confronti della nascita culmina in

quel mostruoso parassita fetale, ostile alla

cultura stessa, che è l’Alien di Ridley Scott.

1900 1950 1960 1970 1980 2000

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Una storia semplice

Il processo di gratificazione non è innescato dal mostro in quanto tale, ma dalla struttura narrativa nella quale viene presentato. Il piacere che deriva dalla fiction di horror risiede innanzitutto nel processo di scoperta, conferma e confronto che il testo dell’orrore solitamente propone.

Le storie dell’orrore sono generate a partire da un repertorio limitato di strategie narrative, prevedibili nel loro sviluppo. Tuttavia questo non preclude l’attenzione da parte dell’audience, anzi: il pubblico prova il desiderio di sentirsi raccontare sempre le stesse storie.

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Noel Carrol riconduce la struttura delle

storie dell’orrore a quattro movimenti:

L’introduzione del mostro

La scoperta

La conferma

Il confronto

Complex discovery plot

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Tramite il processo di sottrazione si

possono generare nuove strutture

narrative, alternative. Carroll arriva

ad identificarne quattordici,

composte da tre e due movimenti.

Page 17: Videogiochi e horror

Complex discovery plot

L’introduzione del mostro

Se l’identità viene subito rivelata all’audience, ci troviamo in presenza di un thriller: la suspense è generata da questa conoscenza, pertinente allo spettatore ma non al protagonista sullo schermo.

Se invece vengono rivelati solo gli effetti deleteri della presenza del mostro (come un cadavere smembrato), la vicenda assume i toni della storia di mistero.

L’introduzione del mostro (come le altre funzioni) può essere reiterata durante lo svolgimento dell’intreccio narrativo

La domanda che questa prima fase pone, riguarda il successo eventuale dei protagonisti nello scoprire le radici da cui ha origine il male.

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La scoperta

Raggiungere la consapevolezza che il mostro sia la

causa di tutti i problemi.

Questa scoperta deve essere dimostrata a qualcun

altro, una persona o un gruppo, inizialmente

scettico, ma indispensabile per opporre resistenza al

mostro.

Complex discovery plot

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La conferma

Durante l’interludio tra scoperta e conferma, il mostro guadagna vantaggio sui protagonisti, troppo impegnati a discutere sulla sua esistenza.

I vari passaggi sono collegati da manifestazioni di razionalità. Per dimostrare la scoperta del mostro, il protagonista dovrà infatti provare che la sua versione dei fatti ha fondamenta più solide rispetto a quella dei detrattori.

È proprio dalla volontà di illustrare l’intero ragionamento (che porta all’interpretazione razionale del soprannaturale) che la storia dell’orrore contribuisce in maniera determinante ad appagare il piacere cognitivo dell’audience.

Complex discovery plot

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Il confronto Assume la forma della sfida e del duello.

Solitamente viene proposto più di un confronto, in un escalation di intensità e complessità.

Questo movimento può assumere la forma problema/soluzione, nel senso che il confronto iniziale con il mostro prova la sua invulnerabilità, mentre in quello finale la vittoria deriva da una contromisura che rappresenta l’ultima chance per il protagonista.

Nella quasi totalità dei casi, l’uomo emerge vittorioso sul mostro; tuttavia è anche possibile venire sconfitti, oppure lasciarsi scappare la creatura - soprattutto se si prevede un seguito…

Complex discovery plot

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