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Vino e dintorni 3

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Il terzo numero della rivista Vino e dintorni

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Editoriale

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Beh sì, questo è proprio il primo Vinitaly di “Vino e dintorni”. Siamo al terzo numero della rivista che raccoglie l’eredità lasciata da “Il Chianti e le terre del vino”, bimestrale dedicato ai vini toscani con quasi quindici anni di vita.Ricordo ancora il primo editoriale di quella rivista, quasi un patto con i nostri lettori. Una promessa: avremmo puntato sempre sul legame indissolu-bile fra vino e territori. Il vino come chiave di lettura per entrare in storie di uomini, di luoghi, di paesaggi, di prodotti tipici.Detto oggi sembrano quasi banalità scontate, allora non era proprio così e la caratterizzazione forte di quel link che rende unico e inimitabile un pro-dotto era ancora appannaggio di poche e illuminate aziende.Oggi, al contrario, è quasi un credo inflazionato e ci troviamo a galleggia-re fra centinaia di denominazioni e

migliaia di etichette che rivendicano, tutte, la propria unicità.Così resta difficile orientarsi in mezzo a questa selva inestricabile, soprattutto per chi apprezza i vini di qualità ma non è proprio un esperto. Troppe dif-ferenze formano solo un unico caos, chi si intende di marketing e comuni-cazione lo sa bene.È forse giunto il momento di cam-biare impostazione, soprattutto per le aziende più piccole e meno conosciute che non hanno la forza economica per investimenti seri in promozione e nem-meno quantità prodotte che meritino un impegno finanziario oneroso per imporre il marchio.Se queste aziende riuscissero a mettersi in rete riducendo il numero di etichette e completando, di contro, l’offerta di vini forse troverebbero la quadratu-ra del cerchio. Avrebbero economie di scala, potrebbero condividere gli

investimenti che servono a lanciare un marchio o ad impiantare una rete commerciale strutturata. Potrebbero condividere linee di imbottigliamen-to consulenti, agronomi ed enologi. Potrebbero, in poche parole, riuscire a diventare una grande azienda pur rimanendo imprese piccole e legate al territorio. Magari poi, alla fine, questi vini coste-rebbero anche un po’ meno. Nell’Italia dei campanili è quasi una missione impossibile ma per aggredire i nuovi mercati diventa quasi una scelta obbligata se non si vuole essere fago-citati dai grandi gruppi o dalle marche più famose. Per questo Paese di santi, poeti e viticoltori sarebbe davvero uno spreco che porterebbe, nel tempo, alla scomparsa di questo ricco tessuto di micro imprese che in ogni campo caratterizza la nostra economia. Buon Vinitaly a tutti voi!

Il nostroprimo

VinitalyDavid Taddei

Editoriale

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0810

AGENDANEWS

1821

TirrENo CT

CArrArA rifErimENTopEr lA riSTorAzioNE

ViNiTAly 2012

iN ATTESA Di CoNfErmESi GuArDA All’ExporT

2428

robErTo CiprESSo

filoSofiA Di uN WiNEmAkEr Al ViNiTAly moDA, WiNE E fooD CoN CAmpo AllA SuGhErA

3739

iNChiESTA

ViNo bio il TErriTorio

VENEToTErrA Di ViNo E TrADizioNi

4046

il TErriTorio

uNo SCriGNo Di TESori il TErriTorio

riNASCE il ViNo DEllA lAGuNA

5052

il TErriTorio

ETTorE CESChiN

ASColTArE lE ViTi pEr CApirE il ViNoil TErriTorio

AmAroNE 2008: uN’ANNATA più umANA

5457

il TErriTorio

ThE GArDA VillAGE: Sul lAGo pEr TuTTi ANTEprimE 2012

6973

CASTEllo Di mElETo

lA VACANzA iDEAlE TrA ComforT E TrADizioNE

uN briNDiSi AD AquA...riVA

7577

CiTTà DEl ViNo

DiVENTA “VErDE” lA SElEzioNE DEl SiNDACo

TrA lE DoNNE E il ViNoAllA SCopErTA DEllA SiCiliA

7981

AbbiAmo ASSAGGiAToViNo ED ECoNomiA

9192

Giulio GAmbElli

omAGGio A uN SEmpliCE GENio mArTiGNANi: l’EffiCiENzA VErDE

9410

fuori DAl GrEEN

xxxxxRoberto Martini

Sommario

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Mer & Vigne et Gastronomie è una fiera gastronomica che si terrà a Parigi dove si riuniscono gli espositori di prodotti provenienti dalle regioni francesi. La Fiera è l’opportunità per degustare pro-dotti, quali foies gras, prosciutti, salmone e vini. www.mer-et-vigne.fr

La fiera professionale FIVE si terrà a Pamplona. Il terzo Salone Internazionale del vino biologico sarà uno dei maggiori eventi vitivinicoli primaverili e vedrà la partecipazione di cantine spagnole, portoghesi e francesi per promuovere i loro prodotti. www.five-bio.com

L’11esima edizione di Anteprima Vini della Costa Toscana, organiz-zata dall’associazione Grandi Cru, si terrà a Lucca, nella location del Real Collegio in S. Frediano. L’evento pre-vede un percorso ispirato all’alta qua-lità dei vini della Costa Toscana. Tra degustazioni, sapori, storie, dibattiti, street-food, laboratori, banchi d’as-saggio ed eventi speciali, il visitatore avrà la possibilità di entrare in contat-to con oltre 80 produttori provenienti dalla Toscana. www.anteprimavini.com

Si terrà a Castel dell’Ovo (Napoli) Vi-tignoitalia, salone dedicato ai vini ita-liani. Alla sua ottava edizione, l’evento è considerato uno dei più qualificati ed attesi del Centro-Sud Italia, e punta a promuovere il rapporto tra vino e ter-ritorio. www.vitignoitalia.it

Wine & Spirits Asia è una mostra inter-nazionale di vini e liquori che mira a promuovere le marche asiatiche. Si terrà quest’anno a Singapore la 12esima edi-zione e saranno presenti molti vini e distillati, con espositori da tutto il mondo. www.winespiritsasia.com

mEr & ViGNE ET GASTroNomiE 30 mArzo – 2 GENNAio

ThE iNTErNATioNAl orGANiC WiNE 17 – 18 AprilE

ExpoVinis Brasil è il Salone del Vino più importante in America Latina. L’evento di San Paolo è il luogo per conoscere le ultime novità del mer-cato e riunisce ogni anno i principali operatori del settore, con la presenza di una folta rappresentanza di società nazionali e internazionali. L’Expo offre l’opportunità di incontrare e degustare le etichette che partecipano alla fiera oltre al concorso Top Ten, che premia i 10 migliori vini del Salone. www.exponor.com.br

ExpoViNiS brASil24 – 26 AprilE

i ViNi DEllA CoSTA ToSCANA5 – 6 mAGGio

ViTiGNoiTAliA20 – 22 mAGGioWiNE & SpiriTS ASiA

17 – 20 AprilE

“I grandi terroir del Barolo” è un evento ideato da Go Wine nel 2010 che si terrà a Castiglione Falletto e a Serralunga d’Al-ba in provincia di Cuneo. Il programma prevede banchi d’assaggio, degustazioni, visite in cantina e camminate nei vigneti attraverso i diversi terroir.

“i GrANDi TErroir DEl bArolo”21 – 22 AprilE

Agenda

A cura di Luca Casamonti

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La nuova moda del gotha internaziona-le, qualsiasi sia il campo è una: produrre vino. Altro che premi e riconoscimenti, per cantanti, attori e vip d’ogni gene-re la vera ricchezza è nel bicchiere. E non sembra quindi strano che una del-le ultime regine del pop, Lady Gaga, di origini italiane, abbia deciso di passare dai palchi di mezzo mondo al verde del-le vigne. La Napa Valley, in California, sembra essere la sua prossima “base”, almeno secondo i gossip e le notizie che circolano già da alcuni giorni. Di sicuro Stefani Germanotta ama il buon vino ed ama berlo spesso, riposandosi dalle sfiancanti tournée.

Tempi di crisi, c’è da buttare il meno possibile. Nasce così l’idea, tutta ame-ricana, di sviluppare ulteriormente il “vino al bicchiere”, fenomeno di suc-cesso da anni, tanto che, secondo re-centi indagini, pare che il 50% delle vendite del vino nei ristoranti è al ca-lice e non in bottiglia. Adesso il vino “al bicchiere” si compra in rete al sito americano tastingroom.com, che già tempo fa, propose kit da degustazione con sei campioncini da 50 cl. Ora si ri-pete con bottigline da 10 cl, equivalenti ad un bicchiere, contenenti vini da cen-to dollari a bordolese.

Attenzione alla nuova minaccia dell’uva: un piccolo parassita dal nome impro-nunciabile, l’“Antispila Oinophylla”, che attacca soprattutto foglie di vite di Chardonnay, Cabernet, Sauvignon, e Moscato. A causa delle sue frequenti in-cursioni nei filari del Nord-Est, il depu-tato padovano leghista Massimo Biton-ci si è rivolto, con un’interrogazione, al Ministro per le Politiche Agricole Ma-rio Catania ed al Ministro dell’Ambien-

Lady Gaga entra nel mondo

del vino: la reginetta del pop aprirà

la sua personalissima azienda

nella Napa Valley

Nuovo nemico per la vite: si tratta

dell’Antispila Oinophylla, golosa di foglie di vite,

che sta spopolando nel Nordovest

Adesso online si compra anche

il vino al bicchiere: tastingroom.com lancia i fine wine in 10 cl di piacere

te Corrado Clini. Il suo nome significa “falena della vite con macchie oppo-ste” e proviene dalla parte orientale del Nord America, tra Georgia ed Ontario, patria di una creatura simile, l’“Anti-spila ampelopsifioliella”. Le larve della sua specie si nutrono di uva selvatica e di foglie di vite e producono le “minie-re fogliari”. Si crea così un bozzolo nel quale nasce una microscopica farfalla con l’apertura alare di 5 millimetri.

News

A cura di Jacopo Rossi

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Negli Stati Uniti i vini italiani continuano a mietere successi, a piacere, a farsi bere a tutte le latitudini dell’immenso continente. Wine Spectator’s, la bibbia enologica ame-ricana, aprirà ad aprile il suo Gran Tour, che toccherà Washington, New York e Las Vegas, portando nelle città 200 tra i mi-gliori vini del mondo, molti dei quali no-stri connazionali. Parteciperanno, tra gli altri, Antinori, Planeta, Rocca delle Macìe, Bisol, Tasca d’Alemrita, Allegrini, Ruffino, Ornellaia, Marchesi di Barolo, Bisol, Ca-stello Banfi, Zenato, Ferrari e Marchesi de’ Frescobaldi.

Etilometro portatile obbligatorio

sulle macchine francesi:

lo ha deciso il Governo,

per combattere l’alcool al volante

La Francia ha deciso: dal 1 luglio 2012 ogni guidatore dovrà avere sul suo mez-zo, a meno che non arrivi dall’estero, un etilometro portatile. La norma rientra nella volontà di aiutare i cittadini a tenere d’occhio il loro tasso alcolemico al volan-te, prevenendo magari multe e sanzioni salate. Secondo recenti stime, l’alcool è re-sponsabile, nelle strade francesi, del 31% degli incidenti mortali. L’iniziativa, per dimostrare la sua utilità, avrà bisogno di tempo e comporterà una pena pecuniaria al guidatore sorpreso sprovvisto dell’eti-lometro. Meglio spendere pochi euro per comprarlo.

I social network sono ormai una realtà, splendida o meno in tema di privacy, comunque consolidata in tutto il mon-do, ed il loro potenziale fa gola anche al vino. L’80% delle cantine italiane ormai è presente in almeno una delle piatta-forme di maggior successo, Facebook, Twitter, LinkedIn, Youtube e simili. Molti degli ancor pochi “profani” pen-sano di aggiornarsi nel corso del 2012. Lo testimonia OperaWine, che tramite un’indagine ha svelato l’amore del mon-do enologico per il web 2.0. Internet

Parte il Gran Tour di Wine Spectator’s:

a New York, Las Vegas e Washington le migliori etichette al mondo, alcune

delle quali anche italiane

Il vino italiano è sempre più in rete: l’80% delle cantine

spopola su Facebook,

Twitter e colleghi

non solo per la vendita diretta, ma anche per restare in contatto con il pubblico, con riviste e giornali di settore, con as-sociazioni e colleghi, per organizzare de-gustazioni, convegni, incontri ed eventi. Anche la stessa OperaWine conta molto sulla rete per «far crescere la presenza di operatori internazionali a Verona e far aumentare l’attenzione della stampa in-ternazionale sulle nostre iniziative per la valorizzazione del vino italiano» afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere.

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News

Credit Suisse, fondazione bancaria di livel-lo mondiale, ha scelto il vino per la sua campagna di advertising internazionale. Il 27 febbraio scorso, a tamburo battente, è partita l’advertising campaign del colosso elvetico in Europa, Asia ed America, il cui fulcro ribadisce la volontà e l’impegno della banca a supportare i clienti di rilievo nella realizzazione dei propri progetti. Accanto alla Credit Suisse c’è Marchesi de’ Frescobaldi, prestigiosa azienda vini-cola toscana che da sette secoli immet-te nel mercato vini di alta qualità. Il pay off della campagna? «I vini della famiglia Frescobaldi hanno prosperato sul terreno toscano per 700 anni. Credit Suisse li sta aiutando a svilupparsi in nuovi mercati», il tutto illustrato da un accattivante scatto

che ritrae i vigneti dell’azienda immersi nel verde di Central Park.«Frescobaldi – dice Giampiero Bertolini, direttore commerciale dell’azienda – è orgogliosa di essere stata scelta da Credit Suisse per una campagna di comunica-zione internazionale che s’incentra su un messaggio in piena sintonia con le strate-gie della nostra azienda: esportare in un numero crescente di mercati la qualità e la passione, che da 700 anni mettiamo nel produrre vino».«Ho pensato subito – ribadisce il marchese Lamberto Frescobaldi, vice presidente e direttore produzione – che l’idea di inseri-re uno scorcio di Toscana in una delle città più energetiche del mondo avrebbe avuto un grande successo: un messaggio forte

Credit Suisse e Marchesi de’ Frescobaldi insieme per i nuovi mercati

che rappresenta l’essenza dell’attività im-prenditoriale della mia famiglia, impegnata da sempre a combinare la tradizione della toscanità con un approccio innovativo». I vini della Marchesi de’ Frescobaldi si col-locano nella fascia dei vini di pregio, rispet-tando il territorio e valorizzando le specifi-cità delle proprie uve. Le tenute di proprietà sono quattro: Castello di Nipozzano, Tenu-ta di Castiglioni, Castelgiocondo e Castello di Pomino. Il fatturato, in crescita, nel 2010 ha toccato quota 79,6 milioni di euro.Media e strategic plan sono stati studiati dai londinesi Mpg. “Forbes”, “The Economi-st”, “Financial Times” sono solo alcune tra le testate che ospiteranno la campagna, in-sieme ad alcuni aeroporti che rappresentano snodi vitali per il traffico aviario mondiale.

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La rete continua ad apprezzare i vini di casa nostra: il sito snooth.com, uno dei più cliccati oltreoceano, insegna ai suoi naviganti ad allestire una cantina di tutto rispetto e di valore (5.000 dollari). Obbli-gatorio possedere bottiglie italiane di spic-co, come Rubesco, Barolo, Barbaresco e Brunello. Un mercato che dunque con-tinua a ben volere la nostra produzione, che si confronta quotidianamente con i parigrado francesi, Bordeaux e Borgogna in testa. Nel campo delle bollicine invece spumante e prosecco stanno guadagnan-dosi il favore di consumatori giovani e meno giovani.

Il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania ha riconfermato alla presidenza del Comitato Nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni d’ori-gine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini il direttore generale di Assoenolo-gi Giuseppe Martelli.Il Comitato a sede a Roma ed è il massimo organo consultivo e deliberativo del dica-stero dell’agricoltura per il settore vitivini-colo tanto che, su richiesta del Ministero, esprime pareri su ogni questione relativa al settore vitivinicolo e collabora con gli organi statali e regionali per tutto ciò che riguarda normative e disciplinari.

Ancora un’altra ricerca di mercato effet-tuata dall’Institut des Hautes elude de la vigne et du vin promuove Italia, Francia e Spagna a regine dell’esportazione. Gli iberici crescono del 26,5% e superano i 22 milioni di ettolitri, mentre i cugini d’Ol-tralpe vendono 13 milioni di ettolitri per “appena” 6,96 miliardi di euro. Il nostro export invece cresce sia in quantità che in valore, grazie anche all’apporto fonda-mentale dello sfuso e degli spumanti. Nel resto del mondo crolla l’Australia, a causa

Snooth.com nella vostra cantina ideale raccomanda

di inserire i migliori vini italiani,

riconoscendone bontà e valore

Export nel mondo: bene Italia, Francia, Spagna, Argentina

e Stati Uniti. Male il Sudafrica,

malissimo l’Australia

Il direttore di Assoenologi

Giuseppe Martelli riconfermato alla

guida del Comitato nazionale vini

del ribasso del suo dollaro, che comporta anche il calo del 10% di volume e valore.Sempre nell’emisfero australe, in Sudameri-ca, l’Argentina vede salire del 15% entram-be le voci, grazie al solito sfuso ed ai vini varietali, mentre il vicino Cile, nonostante il calo dell’export, vede consolidarsi il pro-prio marchio ed il valore. Per gli Stati Uniti è stato invece un anno memorabile: l’export è aumentato del 7,3 % in quantità, del triplo in valore. Cambiando continente, il Sudafri-ca vede scendere del 5% il proprio export.

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La Rete Europea delle Città del Vino ha eletto la sua prima Capitale: è Palmela, in Portogallo, primo Paese a dover presen-tare le sue candidature. Nel distretto di Setùbal, la città conta cinquantatremila abitanti ed attrae annualmente i turisti con il suo Castello e la Festa de Vindima, la festa del vino di settembre. In seguito toc-cherà, nel 2013, all’Italia, poi alla Spagna ed alla Francia. La competizione punta a rafforzare le attività di valorizzazione del-la cultura e della tradizione del vino nel Vecchio Continente, mettendo in risalto non solo le singole realtà vitivinicole, ma inserendole in un contesto più ampio dal respiro europeo.

Quattordici aziende insieme per un obiettivo condiviso, nella splendida cor-nice delle Langhe, terre da sempre con-traddistinte dalla forte vocazione vitivi-nicola. Il tutto arricchito dal livello delle aziende, tutte prestigiose, differenti tra loro per le proprie caratteristiche, per il loro heritage storico e tipi di vino, unite però dalla ricerca ossessiva della qualità in ogni vendemmia, senza accontentarsi dello step raggiunto, ma migliorandosi nei vigneti ed in cantina. Le aziende in questione sono: Azelia, Michele Chiar-

Il Consorzio per la tutela della Doc Pro-secco non si ferma. Non pago del succes-so derivato dal viaggio negli Stati Uniti, dove ha ritirato il premio di Regione Vi-nicola dell’anno assegnatogli dalla rivista americana “Wine Enthusiast”, in attesa del Vinitaly, ha preso parte anche al Pro-wein. L’edizione di quest’anno ha visto in-tervenire più di 40.000 operatori di settore e 3.700 espositori provenienti da 50 paesi. Il mercato tedesco rappresenta per la Doc il 40% di export. Adesso in casa Prosec-co si guarda ai potenziali mercati, come la Cina, dove si aspettano grandi risultati.

Il Prosecco Doc gira il mondo:

dai premi negli Stati Uniti alle vendite

in Germania, sognando la Cina

Langhe: nasce l’Accademia del Barolo,

14 produttori uniti per promuovere

l’immagine di questo vino

nel mondo

Palmela, in Portogallo,

è la prima Città del Vino Europea: il prossimo anno tocca all’Italia

lo, Conterno-Fantino, Damilano, Poderi Luigi Einaudi, Gianni Gagliardo, Fran-co Martinetti, Monfalletto – Cordero di Montezemolo, Pio Cesare, Prunot-to, Luciano Sandrone, Paolo Scavino, Vietti e Roberto Voerzio. Tutte, negli anni, hanno aiutato a rendere grande il Barolo e la sua tradizione, creandosi anche una fama internazionale. Per aiu-tare ulteriormente questo marchio anno creato l’Accademia del Barolo, che avrà sede nell’omonimo Castello in provin-cia di Cuneo.

News

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News

È terminato a Tirreno C.T., svoltosi pres-so il polo fieristico di Carrara, in Toscana, il secondo Concorso interregionale “Wi-nes Meets Cocktail” che ha visto gareg-giare dodici coppie formate ciascuna da un Sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier) e da un Barman AIBES (As-sociazione Italiana Barman e Sostenitori). I partecipanti provenivano dalla Toscana, dalla Liguria e dall’Emilia Romagna per un gemellaggio tra queste tre regioni che ormai dura da parecchi anni. Si è classi-ficata al primo posto la coppia toscana formata dal barman Alessandro Pitanti di Forte dei Marmi e dalla sommelier Gio-vanna Dazzi con 197 punti, con il drink “Senti Bono” e con il vino bianco sec-co. Piazza d’onore per la coppia toscana formata dalla barlady Lucia Montanelli di Viareggio e dal sommelier Giacomo Schembri con 190 punti, con il drink “Mandrake Root” e con il vino Madei-ra. Terza posizione per la coppia toscana formata dal barman Alessandro Sainati di

Quando il sommelier incontra il barman nasce il wine-cocktail

Fornaci di Barga e dalla sommelier Irene Ratti con 184 punti, con il drink “Ape-ridouro” e con il vino Porto bianco. Si sono cimentate in pedana tre coppie della Liguria, due coppie dell’Emilia Roma-gna, una coppia della Valle d’Aosta e sei coppie provenienti da tutta la Toscana. Secondo il regolamento, alla coppia for-mata dal sommelier e dal barman veniva assegnato un tipo di vino: il primo dove-va fare la descrizione completa del pro-dotto a lui assegnato, comprensiva anche di abbinamento cibo-vino, mentre il se-condo realizzava un Cocktail che doveva contenere come prodotto predominante quel tipo di vino assegnato, realizzandone 5 dosi. Il tutto da presentare entro dieci minuti ad una giuria di tecnici formata per l’occasione dal delegato della Zona Apuana dell’AIS Lorenzo Chiappini, dal professore dell’Istituto Alberghiero G. Minuto di Marina di Massa Sommelier Alessandro Barontini, e dai Capobarman AIBES Enrico Clores e Paolo Mati.

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Il grande vino italiano, da qualche tempo, viaggia per posta. Le Poste Italiane hanno infatti deciso di dedicare i loro francobolli ai territori delle Docg italiane. Tra gli altri il Barolo, il Vermentino di Gallura, il Bru-nello di Montalcino, l’Albana di Romagna, l’Aglianico del Vulture Superiore, il Mo-scato di Scanzo, il Sagrantino di Mon-tefalco, il Greco di Tufo, il Prosecco di Conegliano, il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, il Primitivo di Mandu-ria, il Cannellino di Frascati, i Colli Orien-tali del Friuli Picolit, la Vernaccia di Serra-petrona ed il Cerasuolo di Vittoria. Solo cinque regioni sono rimaste fuori dall’ini-ziativa filatelica ma non è ancora finita.

Un’occasione per i giovani enologi di farsi conoscere. Su iniziativa dell’Aset (Asso-ciazione Giornalisti Enogastroalimentari e dell’Igp (I Giovani Promettenti, compo-sto da Carlo Macchi, Luciano Pignataro, Roberto Giuliani, Kyle Phillips e Stefano Tesi), il premio nazionale andrà al miglior giovane enologo sotto i 35 anni che più si mostrerà vicino alla filosofia vinicola del compianto Giulio Gambelli: rispetto per la materia prima e prodotti che siano degni rappresentanti dei territori e dei vitigni. I consorzi del Chianti Classico, del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepul-ciano offriranno, insieme alle aziende, un premio in denaro.

È Zhang Huan l’artista designato per la quarta “Vendemmia d’Artista” di Ornella-ia, che quest’anno celebra l’Equilibrio. Ispi-randosi a Confucio l’artista cinese ha chia-mato l’opera “Questioning Confucius”: si tratta di una scultura d’acciaio raffigurante il filosofo, posta nel cortile interno del-la cantina. Inoltre Huan ha creato cento etichette con il volto di Confucio ed una sua frase per altrettante magnum, dieci per altrettante imperiali da sei litri ed una per una Salmanazar recante anche una piccola scultura ovale d’acciaio. Ventuno bottiglie tra queste saranno protagoniste, in aprile, di un’asta benefica al Mandarin Oriental di Hong Kong.

Il vino, dall’etichetta

al francobollo: le Poste Italiane

celebrano le grandi Docg italiane

con una nuova iniziativa

Per Ornellaia una vendemmia

in Equilibrio, grazie all’opera di Zhang Huan, affermato

artista cinese

Nasce il premio Gambelli

per il miglior enologo

under 35

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Con oltre 50.000 presenze, in leggera crescita rispetto all’edizione 2011, Tirre-no Ct si conferma un punto di riferimen-to importante per il settore della ristora-zione italiana e in particolare per quello dell’agroalimentare, vino compreso. La 32esima edizione del salone nazionale per alberghi, bar, gelaterie, pasticcerie, pizzerie, panifici, ristoranti e comunità ha visto i visitatori spostarsi tra esibizio-ni, degustazioni, forum, visitare gli stand delle oltre 300 aziende espositrici prove-nienti da 14 regioni d’Italia più 3 espo-

sitori dall’estero (Germania e Austria). Più di 600 i marchi commerciali rappre-sentati, su una estensione che supera i 30.000 metri quadrati di superficie espo-sitiva coperta. Una mostra-convegno dedicata alle attrezzature e forniture per gli operatori della ristorazione e struttu-re ricettive dalle materie prime, agli in-gredienti, dai prodotti alimentari, a mac-chine e attrezzature specifiche. Durante la manifestazione si sono susseguiti de-cine di seminari, dimostrazioni, forum e tavole rotonde. E soprattutto molti con-

Carrara riferimento per la ristorazione

Tirreno CT

OGNI CATEGORIA PRESENTE HA SFRUTTATO L’IMPORTANTE VETRINA

DI TIRRENO CT PER PRESENTARE le pROpRie eCCellenZe

Fiere

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corsi professionali di livello nazionale e internazionale. Ogni categoria presente ha sfruttato l’im-portante vetrina di Tirreno CT per pre-sentare le proprie eccellenze e per dare lustro alle proprie punte di diamante con esibizioni e competizioni. Sono stati 294 gli espositori provenienti da 50 province di 14 regioni italiane e 3 da paesi esteri per un totale di 297 aziende. la geografia di provenienza vede il Nord pesare per il 49 %, il Centro per il 47% , mentre solo il 3% dal Sud e Isole. L’1% proveniva dall’estero. La regione italiana più rap-presentata è stata la Toscana (44%), se-guita dall’Emilia (14%), dal Veneto, dalla Lombardia e dalla Liguria. Tra le province, Massa Carrara (13%) è stata ovviamente al primo posto, a buo-na distanza dal secondo posto di Lucca

(8%); poi Pistoia, Firenze, Pisa. La prima extra Toscana è Venezia (7%), seguita da Reggio Emilia insieme con Milano.Durante i cinque giorni c’è stato anche il concorso per sommellier “Premio AIS Apuana – Tirreno CT”, organizza-to dall’Associazione Italiana Sommelier e riservato ai professionisti del settore. Quindici i concorrenti, provenienti da varie province della Toscana, che si sono affrontati in una difficile prova, consi-stente nel riconoscere tre vini campione di tipologia rosso, indicare il campione, effettuare una degustazione teorica, attri-buirgli un punteggio di valore in centesi-mi e motivare la scelta. Tra i cinque finali-sti che avevano superato la prima fase del concorso, è risultata vincitrice la somme-lier Liuccia Grassi da Massa Carrara.Il successo non è giunto inaspettato, come ha confermato il delegato dell’Ais Apuana, Lorenzo Chiappini, durante la presentazione dei vincitori: «Avevamo più che un forte sospetto che le donne fossero brave quanto e più degli uomini. Il risultato di oggi ce ne dà la conferma».Tra i quattordici concorrenti in gara, han-no passato il primo turno Liuccia Dazzi, Domenico Aricò, Giuliano Mazzi, Luca Lattanzi e Sergio Garaffo, che hanno affrontato la fase finale del concorso. «non è stato facile decidere la classifica finale, data la competenza dei concorren-ti, ma nelle gare c’è sempre un vincitore, – ha proseguito Lorenzo Chiappini – e in questo caso si tratta di una vittoria vera-mente meritata».La piazza d’onore è stata occupata da Domenico Aricò; terzo posto, ma a detta della giuria si tratta praticamente di un pari merito, per Giuliano Mazzi.La vincitrice Liuccia Dazzi ha stupito la giuria anche con la motivazione della sua scelta: «Su questo calice c’è il profumo del mare, il soffio del vento delle apua-ne, c’è il sacrificio della gente orgogliosa della mia terra». A quanto pare, questa ragazza ha veramente una marcia in più rispetto agli uomini, coniugando pro-fessionalità e poesia in un mestiere che fino a ieri era appannaggio praticamente esclusivo del cosiddetto sesso forte.Per la cronaca, oltre al campione selezio-nato Candia dei Colli Apuani, erano pre-senti anche il Merlot dell’azienda “Castel del Piano” e il Cabernet Franc dell’azien-da “La Bellanotte”.

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In attesa di conferme si guarda all’export

Vinitaly 2012

I vini da agricoltura biodinamica sono la vera novità di Vinitaly 2012. Il più grande salone del vino al mondo dedicato al vino si apre a una nicchia di mercato fatta di piccoli numeri, ma che fa tendenza rispet-to alla richiesta di qualità globale. Un cen-tinaio le aziende italiane ed estere che han-no scelto di aderire alla nuova iniziativa.L’altra novità della 46esima edizione, è il cambio della cadenza dei giorni, con ini-zio dalla domenica per finire mercoledì. Vinitaly di quest’anno, inoltre, avrà un oc-chio di riguardo per il canale horeca. Un sondaggio della stessa manifestazione ha evidenziato l’importanza per questa cate-goria di operatori di visitare la rassegna e avere eventi dedicati.Insieme a Vinitaly, le rassegne Sol e Agri-food Club completano l’offerta di Verona-fiere nel settore wine&food. e nelle stesse date, come di consueto, appuntamento anche con Enolitech, salone delle tecno-logie per le filiere vitivinicola e oleria.

I numerI del 2011. Lo scorso anno Vini-taly ha visto la presenza di 156mila visita-tori, dei quali 48.000 esteri (+3% sul 2010) da più di 110 Paesi, con la Germania in testa, seguita da Stati Uniti e Canada, Re-gno Unito, Svizzera, Francia, Austria, Pae-si dell’Est Europa con una forte presenza della Russia, Cina e Hong Kong.

BIologIcI o BIodInamIcI. Era un regola-mento atteso dai viticoltori biologici, ma anche da Vinitaly, quello che permetterà, a partire dai vini della prossima vendemmia, di utilizzare il termine “vino biologico” sulle etichette dei vini prodotti con questa tecnica e certificati da un organismo com-petente. «Era giusto arrivare a questa de-

Fiere

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cisione – dice Giovanni Mantovani, diret-tore generale di Veronafiere – per tutelare i consumatori e per dare riconoscimento a una produzione che sta crescendo sia in termini quantitativi che di interesse di mercato. Noi avevamo colto questa esi-genza, tanto da aver deciso di aprire un salone dedicato non solo ai vini biologici, ma anche a quelli biodinamici selezionan-doli sulla base di requisiti molto restrittivi».Ai vini bio, quelli non convenzionali, è dedicato Vivit – Vigne, Vignaioli, Terroir e avrà uno spazio allestito al 1° piano del Palaexpo, ingresso A. I produttori saranno 121, molti provenienti anche dalla Francia, ma anche da Austria e Slovenia.

Sempre pIù StranIerI I vInI neI rISto-rantI. I vini stranieri sono ormai di casa nelle cantine dei ristoranti italiani. Rimane comunque un’alta percentuale di ristorato-ri che sceglie di mantenere una carta dei vini rigorosamente nazionale. Il 60% dei clienti ordina la bottiglia e se non la finisce il 6% se la porta a casa. Francia, Germania, Austria per i vini bianchi e ancora Francia, ma seguita da Spagna, Cile, Stati Uniti, Au-stralia, Argentina, Sud Africa per i rossi. C’è sempre più mondo nelle carte dei vini della ristorazione italiana, con ristoranti che arrivano ad offrire bottiglie canadesi, israeliane, libanesi, ungheresi o greche per stuzzicare la curiosità dei propri clienti.Alla crescente offerta di vini stranieri si contrappone una riduzione della propo-sta di etichette, infatti nel 2010 rispetto al 2009 sono diminuiti i locali con oltre 100 etichette sulla carta dei vini.

Sembra essere questa la risposta alla con-trazione dei consumi nella ristorazione, ma se per molti tenere nella propria can-tina vini stranieri è una scelta obbligata, rimane un zoccolo duro di “patrioti” che continua ad offrire esclu-sivamente eti-chette italiane. Il 37% dei ri-storanti italiani non propone vini bianchi stranieri; la percentuale sale al 40% per i vini rossi, fino ad arrivare al 72% per i ro-sati e scendere al 20% per le bollicine.

BollIcIne che paSSIone. Il crescente fa-vore dei consumatori per i vini spuman-ti italiani traina anche la richiesta di quelli stranieri. Gli operatori della ristorazione adeguano le loro carte dei vini, inserendo un numero sempre maggiore di etichette e c’è anche chi “osa” e propone bollicine australiane, neozelandesi e cilene. Nei risto-ranti italiani l’offerta non si ferma alle bol-licine nazionali, tanto che l’80% delle carte dei vini propone anche etichette straniere, contro un 20% che continua ad essere na-zionalista convinto. E chi offre bollicine straniere, la quasi totalità, sceglie la tradi-zione francese, ma c’è un 9% che propone bottiglie spagnole o addirittura, con grande intraprendenza, provenienti da Australia, Cile e nuova Zelanda, oltre che dalle più vi-cine Germania, Austria, Slovenia e Croazia.

guStI che camBIano. La crisi è solo un alibi al calo dei consumi, c’è invece, da ri-pensare l’offerta di vino nella ristorazione.

Carte dei vini sempre più ‘corte’, contra-zione dei consumi, ma mentre tutti pen-sano alla crisi economica i clienti dei risto-ranti cambiano gusti e si fanno sempre più attenti ed esigenti. Per gestire e non subire

il cambiamen-to servono nuove moda-lità di offerta, più investi-

menti in cultura del prodotto e maggiori sinergie tra produttori e ristoratori. Cresce il ruolo del sommelier. E la crisi è stata anche l’occasione per rivedere le strategie.

Adesso si fa poco magazzino, i vini sono più legati al consumo quotidiano, magari con una strizzatina d’occhio alle etichette straniere, ma con un migliore rapporto qualità/prezzo. La crisi è diventata un’op-portunità per fare piazza pulita dei vini che non piacciono più. Bollicine e vini leggeri? Una ‘moda duratura’, ma solo se l’offerta sarà di qualità. I vini strutturati ‘per for-za’ non piacciono più così tanto, mentre il consumatore medio è più informato, cu-rioso, viaggia e assaggia vini di altri Paesi. I professionisti come i sommelier possono fare la differenza tra bere colto e informa-to e quello generalista.

la tendenza. Al ristorante si beve meno per colpa dei limiti imposti dalle normative antialcol, per la crisi e perché cambia l’ap-proccio dei clienti al vino. Occorrono vini semplici, leggeri e di prezzo medio, al calice o in bottiglia di piccolo formato.

LA CRISI È SOLO UN ALIBI AL CALO DEI CONSUMI

Fiere

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Protagonisti in cantina

Il confine fra le opposte tesi è dei più incerti. Pesa di più la spiccata tipologia di un vitigno, o i caratteri del territorio in cui vive? Per qualcuno è una disputa sterile. Un braccio di ferro senza vincitori. Uno spartiacque aperto a reciproche incursioni. Roberto Cipresso, invece, su questo distin-guo ha costruito la sua identità.«È un dato di fatto che il territorio è spesso caratterizzante, al punto da assorbire e forse annullare del tutto l’identità di un’uva. E viceversa, in areali meno decisi è il vitigno a imporsi sull’ambiente. Così a prevalere è sempre la componente più forte».Osservo che la stretta connessione fra i due elementi non consente di stabilire dove fini-sce l’influenza dell’uno sull’altro. Ma Roberto ha messo insieme un tale ventaglio di argo-menti a sostegno della sua tesi, da tirar fuori anche una felice metafora per essere più convincente. «Un testo di Shakespeare a tea-tro è destinato a prevalere sull’attore, mentre un’opera meno impegnativa lascia più spazio all’interprete… così va inteso il rapporto autoctono-territorio…».Roberto Cipresso è nel pieno di una felice maturità. Taglia sportiva, folta chioma appe-na brizzolata, pizzetto da alpino d’antan, è un veneto trapiantato in Toscana. È nato nel ’63 a Bassano del Grappa, e questo rende più familiare il nostro incontro. Ho un’antica fre-quentazione con l’entroterra vicentino e ho conservato forti legami di amicizia e di lavoro nelle terre di Jacopo da Ponte.Il trapianto in Toscana non è stato senza traumi. Il Grappa, le Dolomiti, l’Altopiano di Asiago costituiscono fotogrammi con-sacrati fin dall’infanzia. E la stessa scoperta del vino è riconducibile alle pareti di casa

Filosofiadi un winemaker

Roberto Cipresso

Nino D’Antonio

Roberto Cipresso

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in piazza dei Signori e alle prime esperienze di assaggio, con il papà buon intenditore e attento collezionista. Poi la scuola, i giochi, gli amici. Bassano nei primi anni Settanta è ancora tutta nella sua cinta muraria, dal viale dei Martiri al mitico Ponte al Borgo di Angarano, fra mescite, laboratori di ceramica e un corteo di osterie.«Continuo a nutrire da sempre un amore profondo per la montagna. Le Dolomiti del Brenta sono state per me una straordinaria palestra, che ho frequentato per anni. Poi, da un lato il trasferimento in Toscana, con la conseguente scoperta di una nuova realtà e, dall’altro, la tragica perdita di un compagno nel corso di una scalata, mi hanno portato a una dolorosa rinuncia». Gli studi a Padova e poi i corsi di spe-cializzazione a San Michele all’Adige – sotto la guida di Attilio Scienza – aprono le porte alle prime esperienze di lavo-ro. Personalità irrequieta, con una forte impronta creativa, Cipresso a soli ventri-tre anni è già all’opera sul Brunello, nelle cantine di Case Basse e di Poggio Antico, con una metodologia che, senza essere rivoluzionaria, accoglie criteri e princìpi del tutto nuovi. Ne è prova il fatto che nel volgere di una sola vendemmia si ritrova alla direzione tecnica dell’azienda Ciacci Piccolomini d’Aragona, per la quale firma non solo il Brunello ’88, ma anche il

Vigna Pianrosso del ’90. Due vini che saranno protagonisti nelle aste di New York, Chicago e Londra. Su questi esordi, Roberto procede spedito, al punto che ogni tanto deve fare qualche passo indietro perché la cronaca risulti chiara. Poi, d’improvviso, il racconto si fa ampio e disteso, con un corredo quantomai ricco di notizie e di particolari. Appena il tempo di sorprendermi, prima che le ragio-ni di questo cambio di marcia mi risultino comprensibili. La sua storia, quella che lo

vede assoluto protagonista e non compri-mario – anche se di produttori illuminati – prende l’avvio nel ’92 con la nascita della fattoria La Fiorita a Montalcino. Finalmente è sua la terra e la cantina, e questo vuol dire la piena libertà ma anche la piena responsabilità di ogni scelta. Anche se sono in tanti a tenere d’occhio La Fiorita, fin dai risultati della prima vendemmia curata in solitario da Cipresso. La storica enoteca Pinchiorri di Firenze batte tutti sul filo e acquista en primeur l’intera produzione. «Un colpo di fortuna, si dirà. Ma anche uno stra-

ordinario impegno e la rigorosa applicazione di una filosofia, che spesso ha richiesto il sacrificio di ogni utile a vantaggio di una qualità eccellente. Il Brunello ha dietro di sé troppa storia e troppo prestigio perché sia possibile ritagliarsi agevolmente uno spazio. Io ci ho provato…».Incontro Roberto presso la cantina La Sibilla degli amici Di Meo, a pochi chilometri da Napoli, nel cuore dei Campi Flegrei, cioè ardenti. È un topos magico, capace di ali-mentare profonde emozioni anche in chi

ha poca confidenza con la storia e le sue testimonianze. Qui siamo nella stagione più esaltante dell’impero romano. Quella dell’età di Augusto, e quindi della poesia di Virgilio, del lago d’Averno, della discesa agli Inferi di Enea, del mito della Sibilla.Le calate di Cipresso nel Sud hanno ormai un preciso calendario, da quando nel ’99 ha dato vita a una propria società di con-sulenza. Ma la Winemaking è qualcosa di più e di diverso rispetto ad altre iniziative similari. Intanto perché mette in cantiere una serie di progetti, a partire da quello con

GLI STUDI A PADOVA E POI I CORSI Di SpeCiAliZZAZiOne ApROnO le pORTe

Alle pRiMe eSpeRienZe Di lAVORO

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Protagonisti in cantina

la Diesel Farm di Renzo Rosso alla Bodega Achaval Ferrer di Mendoza, in Argentina. Un’apertura senza precedenti, che traduce appieno il gusto per il rischio che da sempre accompagna la ricerca di Cipresso. Il quale su questo piano non ha cer-tamente rivali. Specie se si pensa al Progetto Winecircus, che esiste ormai da più di quindici anni. «È stato un azzardo, mi creda. Ma ero così convinto della vali-dità di questo esperimento – e il tempo mi ha dato ragione – che non potevo rinunciare. Si tratta di una ricerca, e come tale aperta ad ogni imprevedibile risulta-to». Ne parliamo a lungo nel corso del pranzo all’insegna di quella animazione tutta partenopea, che raggiunge punti di una partecipazione corale. L’idea nasce in anni nei quali tutti sembrano voler dare un’identità a un vino, piuttosto che ricercare quella di un territorio. Ed è questa invece la bussola che guida da sem-pre la squadra di Roberto. Oggi il valore della diversità è un dato acquisito, anche perché si è capito che trascende l’uomo per radicarsi esclusivamente nel terroir. E qui fa ancora capolino la filosofia di Cipresso, il suo bisogno di sognare, le sue teorie sul mistero del vino. «Conoscere se stessi è quantomai difficile. E altrettanto vale per il vino. La biologia di un elemento vivo, i suoi processi, la sua evoluzione ci sono noti solo in parte, e questo anche sul piano scientifico. Col vino, come con le montagne e con la vita, arrivi sempre a un punto oltre il quale vai avanti a tentoni, spinto solo dalla speranza».Roberto va avanti a ruota libera, alternando considerazioni tecniche a immagini legate alla sua capacità inventiva. Viene fuori, così, un discorso a doppia faccia, dove le due compo-nenti, a prima vista inconciliabili, arrivano a fondersi in un tutt’uno. Che è poi lo spirito da cui è nato Winecircus. In sostanza, Cipresso individua in un determinato territorio un vitigno ricco di potenzialità e comincia un’operazione di mescolanza con altri vitigni provenienti da altri territori. Questo perché – a suo avviso – una mescita sapiente e ben governata può dare risultati più che eccellenti. È evidente che siamo ad una scelta aperta ad ogni possibile critica, ma anche ad esiti non solo originali, ma più che significativi. «Ciò che mi affascina è l’idea della mesco-lanza dei terroir. Il sogno di mescolare terre, luci, paesaggi, venti, ma anche sudori, fatiche, intelligenze, esperienze. Mescolare

vorrebbe anche dire mescolare i vecchi del vino, i saggi di ogni eccellenza del vino. Lo so bene. Non tutti i terroir sono tra loro mescolabili. Per comprendere se e quale fra loro sia abbinabile ad altri, occorreran-no stagioni e anni…, perché nella ricerca vera non ci sono binari prefisssati, ma solo la possibilità di vagare ed errare...».Parliamo di autoctoni e della loro difesa, che non sempre nasce da un profondo

convincimento. Spesso, dietro ci sono finalità commerciali. È una risposta al mercato, per contrapporsi ai vitigni internazionali. Il riferimento agli autoc-toni ci riporta ancora alla questione del dualismo varietà-territorio. Cipresso mi ricorda che Madame Leroy sostiene come il più grande Pinot Nero sia quel-lo che non sa di Pinot Nero. La qualco-sa riferita alla Borgogna, dove l’influsso

L’IDEA NASCE IN ANNI NEI QUALI TUTTI SEMBRANO VOLER DARE

UN’IDENTITÀ A UN VINO

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del territorio è del tutto prevalente, finisce per annullare le caratteristi-che di una varietà pur così forte. Anche in questo caso Roberto con-ferma il gusto per la citazione dotta, che scopre la sua frequentazione con i libri e le buone letture. Ma c’è di più. Lui i libri li scrive anche e, devo dire che hanno un successo non inferiore a quello dei suoi vini. Il creativo non si sfoga solo in cantina, ma mette insieme opere organiche, scritte con mano felice e senza aridi tecnicismi. Nel 2006 ha visto la luce Il Romanzo del Vino, che già nel titolo denuncia il suo approccio narrativo. E due anni dopo, ecco Vinosofia, un neologismo che interpreta bene quale tipo di fre-quentazione abbia Roberto col vino, e come la componente culturale sia alla base di ogni suo intervento.Il Romanzo del Vino ha vinto il Premio Veronelli, con una larga messe di con-sensi e recensioni. Ma i libri rappresen-tano solo il suo più recente approdo. Dietro, c’è una fitta rete di conferenze e convegni in tutto il mondo: New York, Dusserdolf, Valencia, Bruxelles, Berlino e la sua partecipazione a Radio Due con la trasmissione Decanter. Cipresso è un piacevole conversatore e ha un buon eloquio. L’accento ha perso l’originaria cadenza veneta, senza però assumere quella toscana. È nata così una parlata priva di inflessioni, che non è estranea ai suoi continui sposta-menti e al contributo che gli viene dalla varietà degli ambienti e dei contatti. In questo contesto, non sorprende che l’uscita nel 2009 del terzo libro, Vineide (ancora un titolo di matrice classica), sia stata preceduta da alcuni lusinghieri rico-noscimenti: Migliore Enologo dell’an-no nel 2006, Ambasciatore delle Città del Vino, Enologo italiano nel mondo al MeranoWineFestival, Accademico Corrispondente della rinomata Accademia dell’Agricoltura di Bologna.Chiedo quale sia il Sangiovese più ido-neo per il Brunello, visto che è il vino col quale ha più confidenza. La risposta elimina ogni residua credenza a favore della tipologia grossa. «Oggi – e meno male, aggiunge Cipresso – le varie sele-zioni hanno dato origine a cloni che rispondono a esiti più sicuri. Così siamo ai grappoli e agli acini piccoli e spargoli».

Provo a cambiare registro. Il vino sta tenendo banco da troppo. Apprendo, così, che Roberto è sposato e ha due maschietti, Matteo di nove anni e Gianmarco di cinque, ai quali è felice di dedicare tutto il suo tempo, quando è a casa. Il che non è molto frequen-te. Appassionato di jazz (in passato è stato un assiduo frequentatore dei maggiori concerti), suona la chitarra e ama sciare. Spesso fuori pista, perché questo gli consente un rapporto più solitario e intimo con la montagna.Legge con piacere saggi di filosofia, che in apparenza possono risultare anche aridi, ma favoriscono quell’esercizio del pensiero, fondamentale per un uno come lui. L’inevitabile commento ai vini de La Sibilla ci riporta ancora all’enologia e ai suoi protagonisti. E qui Cipresso non manca di avanzare un preciso distinguo fra l’enologo e il winemaker. Due figure a prima vista con-finanti e che invece si pongono con due diversi e ben precisi ruoli. L’enologo (che non sono io, si affretta a chiarire Roberto) è l’esperto della biologia e della chimica del vino, che realizza grazie al meglio della sua preparazione e delle sue esperienze professionali. Il winemaker ha, invece, una missione diversa e più ampia, che investe la formazione dei produttori. Vale a dire portarli a conoscere le potenzialità e i limiti dei loro vigneti. «Perché succede che c’è chi può contare sui requisiti di una Ferrari, e non lo sa, e chi invece si illude di averla, ma dispone solo di una Cinquecento. Insomma, è un lavoro da confessori, arbitri, allenatori, per realizzare un progetto che punti alla qualità dell’intera filiera, dal territorio alla confezione della bottiglia».Scatta a questo punto, immediata e ineludibile, la domanda di rito: come nasce un grande vino. Mi aspetto una di quelle aperture fra concetti e imma-gini, che sono proprie di Cipresso, e invece incasso una sola parola asciutta e decisa: «Equilibrio». Che riguarda l’uomo, l’ambiente, la vite, la vinifi-cazione e la filosofia con cui il vino viene prodotto. L’amplificazione è mia, perché la scelta del termine equi-librio sembra a Cipresso così chiara ed esaustiva, da rinunciare a qualunque ulteriore spiegazione.

Si chiama “Il Taglio per l’Unità” la serie speciale di 150 magnum realiz-zate dall’Associazione Nazionale Città del Vino per festeggiare il 150° anni-

versario dell’Unità d’Ita-lia; la cuveé porta

la firma del wine-maker Roberto Cipresso. Il vino contenuto nelle bottiglie è il risul-tato di un raffinato assemblaggio ese-guito personalmen-te da Cipresso che ha unito i vini pro-dotti esclusivamen-te con 25 vitigni autoctoni italiani messi a disposizio-ne da 38 aziende selezionate dallo

stesso enologo, in rappresentanza di tutte le regioni italiane. Il disegno dell’etichetta è stato realizzato da Annibale Parisi, un artista che vive e lavora a Montalcino, la cui sensi-bilità artistica è stata capace di sintetizzare, attraverso la sua opera, i concetti Di “taglio” e di “unione” che hanno trovato un’efficace rappresentazione grafica. La parola “taglio”, usata per identificare l’iniziativa, nel nostro caso, non intende certo una divisione, bensì l’unione di uno o più vini, a ribadire il valore del concetto di “unità”. Le Magnum sono in vendita all’asta, prezzo base di partenza 150 €. Per partecipare basta ciccare sul portale http://www.terredelvino.net/auction_prod.Il ricavato andrà al Comune di Monteforte d’Alpone e al Parco delle 5 Terre colpiti dalle alluvioni del 2010 e 2011.

Il Tagliodell’Unità d’Italia

L’associazione Nazionale Città del Vino, in occasione dei festeggiamenti per il 150°

anniversario dell’Unità d’Italia, ha realizzato, in collaborazione con il winemaker Roberto

Cipresso, una cuvée di vini da vitigni autoctoni italiani per 150 bottiglie magnum

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Protagonisti in cantina

Campo alla Sughera, l’azienda nel cuore di Bolgheri (Castagneto Carducci - LI) sarà protagonista alla 46esima edzione del Vinitaly, la più importante fiera eno-logica che si svolge a Verona dal 25 al 28 marzo. E lo fa con grandi novità. In uno stand tutto nuovo, inaugurato l’an-no scorso, più grande e più confortevole – stand C15 Pad 8 Toscana – l’azien-da di Bolgheri ospita gli eventi targati Moda&Food.Lunedì 26 marzo 2012 sarà possibile degustare i prodotti food di Bolgheri+ (dalle marmellate, al miele fino ai for-maggi) abbinate alle tante eccellenze di Campo alla Sughera. Il marchio è presente con negozi in Italia (Bolgheri e Torino) e all’estero (prossime aper-ture) e vendono esclusivamente pro-dotti bolgheresi (vino, olio, occhiali, cappotti e persino biciclette), denomi-nati La Bottega di Bolgheri+.«Campo al la Sughera crede nella diffusione del nome Bolgheri in Italia e nel mondo. – affer-ma Felice Tirabasso, responsabile di Campo alla Sughera – Un brand giovane che spazia dalla moda al food e si chia-ma Bolgheri+ può finalmente giocare a favore di una zona di eccellenza del vino ma ancora sconosciuta ai più. Il nostro stand si trasformerà per 2 giorni in un piccolo corner di moda, design, food con immagini dello splendido territorio di Bolgheri. Un brand può racconta-re una terra, in questo caso Bolgheri e soprattutto quel vino che l’ha resa

famosa e unica al mondo, proprio come fanno oggi le nostre eccellenze».Ma le novità che l’azienda propone per questo Vinitaly non finiscono qui. Mercoledì 28 marzo lo stand si trasforme-rà in un piccolo ristorante dove i protago-nisti saranno i grandi chef, all’opera per preparare prelibatezze abbinate alle perle di Campo ala Sughera.Il Pastry Chef della rinomata Scuola in-ternazionale di cucina Apicius, di Firen-ze, Simone De Castro, con l’executive chef Andrea Trapani, proporranno per la stampa una degustazione con uno spe-ciale menù ad hoc abbinato ai vini Cam-po alla Sughera. Guancia di manzo a 67° brasata al Bolgheri Superiore Arnione, baby carrots e spuma di patate di cetica alle spezie nostrali, Clafoutis alle uve macerate al Cru di Bolgheri, Campo alla Sughera, con mousse di cioccolato e cremeux di more e lamponi con crum-

ble al pepe il gustoso menù proposto. L’azienda di Bolgheri inoltre vi aspetta ogni giorno al Vinitaly per degustare le nuove annate delle sue eccel-

lenze: Campo alla Sughera, il Cru, sele-zione di Petit verdot, Arnione, il Bolgheri Superiore, Adèo, il Bolgheri Rosso, Achenio, il Bolgheri Bianco, Arioso il fresco Igt bianco, la ricercata Grappa di Arnione e il delizioso Olio Igp Toscano.Per informazioni contattare Rita Tonini allo 347/7126160, oppure visionare il sito internet www.campoallasughera.com dove è possibile scaricare anche le schede tecniche dei vini.

Al Vinitaly moda, wine e food

con Campo alla Sughera

UN BRAND PUò RACCONTARE UNA TERRA,

IN QUESTO CASO BOLGHERI

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Campo alla Sughera è l’azienda vitivi-nicola di Knauf nel cuore di Bolgheri, patria di grandi vini italiani. La rea-lizzazione del vigneto si è ispirata fin dall’inizio a due principi fondamentali: la massima qualità delle uve prodotte e la massima meccanizzazione della colti-vazione. Campo alla Sughera ha realiz-zato un impianto di vigneto altamente specializzato per una superficie di circa 20 ettari. Gli appezzamenti si trovano all’interno della zona Bolgheri Doc, delimitata dal Fosso di Bolgheri, il quale confina con l’azienda stessa, in un terri-torio particolarmente vocato alla realiz-zazione di vini di particolare pregio, sia rossi che bianchi. Il microclima sfrutta positivamente la ventilazione proveniente dal mare che dista pochi chilometri.Seguendo i più moderni canoni della viticoltura nazionale ed internaziona-le e sulla base di quello che stabilisce il disciplinare Doc Bolgheri, Campo alla Sughera produce vini in mag-gior parte rossi, ma anche bianchi di altissima qualità con vitigni quali Merlot, Cabernet Sauvignon, Blanc e Chardonnay. La capacità dell’azienda di far emergere il terroir di Bolgheri è la base dei loro prodotti:Campo alla Sughera, il Cru, selezione di Petit verdot, Arnione, il Bolgheri Superiore, Adèo, il Bolgheri Rosso, Achenio, il Bolgheri Bianco, Arioso il fresco IGT bianco, la ricercata Grappa di Arnione e il delizioso Olio Igp Toscano.

Un po’ di storia

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Protagonisti in cantina

La Puglia entra da protagonista alla 46esima edizione del Vinitaly con il progetto “Le Pitre” dell’azienda storica Mottura vini del Salento. Dopo oltre 80 anni di storia, in cui l’amore per la terra e la cura per le vigne sono stati traman-dati come un’eredità preziosa da padre

in figlio, attraversando quattro gene-razioni, Mottura si impone oggi come un’azienda leader nel Salento e in Italia nella produzione di vini di qualità. Ma cos’é esattamente il progetto Le Pitre? Chiediamolo a Barbara Mottura, giovane titolare dell’azienda.

«Il progetto Le Pitre nasce nel 2005 e mira ad esaltare le potenzialità delle uve autoc-tone, ottimizzare il rapporto tra terroir e vigna e migliorare la genetica con ricerche clonali. Ogni vino nato da questo pro-getto è un’espressione unica del proprio territorio, ha la propria identità, storia

Con Mottura la Puglia protagonista al Vinitaly

Barbara e Marta Mottura

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e personalità, ma con uno spirito e uno scopo comune: insieme rappresentano il meglio del Salento, e dei valori di Mottura. Primitivo del Salento, Negroamoro del Salento, Rosato del Salento e Bianco del Salento le eccellenze taragate Le Pitre. Questi vini dalla spiccata personalità e autentici nascono dalla Tenuta “Le Pitre” e le varietà coltivate sono Primitivo, Negroamaro, Chardonnay e Fiano. Vengono prodotti da vigneti di 60 anni allevati ad alberello con una naturale bassa produzione che consente una maggior concentrazione di aromi e profumi nei grappoli. La raccolta si effettua manual-mente con una attenta selezione delle uve affinché in fase di vinificazione arrivi un prodotto con una ricchezza organolettica intatta ed una qualità altissima.In cantina avviene poi il processo di affi-namento in barriques di rovere francese, dove per 12 mesi il vino ha modo di esprimere tutto se stesso e di restituirci

l’emozione del suo viaggio attraverso la storia di una terra che tanto amiamo».E dal 25 al 28 marzo presso lo stand G2 Padiglione 10 – Puglia, Mottura propo-ne una dolce novità (dalle 15 alle 17): il Primitivo e il Negroamaro del Salento saranno abbinati alle creazioni dei maestri dolciari dell’Alda, la famosa casa che rivisi-ta l’arte pasticcera pugliese più tradizionale in chiave moderna. Si va dalle proposte al cioccolato, come i “Ficolì” al vino cotto di Primitivo (cremino di fichi con puro fondente extra) o le “Amorene” (amarene candite in crosta di puro fondente), fino alla “Cotognata” retaggio di una tradizione antica e sempre viva nella cultura dolciaria della Puglia e alle creazioni in pasta di man-

dorla, perfette da abbinare con il Moscato di Trani di Villa Mottura, prodotto esclusi-vamente con uve raccolte a mano quando sono leggermente surmature.Oltre ai vini Le Pitre Mottura sarà presente con tutte le altre eccellenze enologiche, dai bianchi ai rosati fino, ai vini dolci.Insomma l’azienda salentina rappresente-rà, anche quest’anno, l’essenza più autenti-ca del Salento, in occasione della 46esima edizione del Vinitaly, per far riscoprire quei vini dalle rare caratteristiche qualitative che l’enologia italiana ha saputo esprimere.

I vini Mottura possono essere visionati sul sito www.motturavini.com e quelli firmati Le Pitre su www.lepitre.it.

OGNI VINO NATO DA QUESTO PROGETTO È UN’ESPRESSIONE UNICA DEL PROPRIO

TERRITORIO: IL SALENTO

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Il rinascimento del vino bio

Approvate le nuove norme europee che sanciscono definitivamente la nascita della filiera biologica anche per il nettare di Bacco

È dal 1991 che il mondo del vino euro-peo attendeva questa notizia: con le nuove norme approvate dallo Standing Committee on Organic Farming (Scof), il Comitato permanente per l’agricoltura biologica, anche il vino potrà definirsi “biologico”. Si potrà così applicare inte-gralmente la normativa comunitaria sulla produzione biologica, dal vigneto alla bottiglia, come si fa per gli altri prodotti agroalimentari (ortaggi, frutta, carni), a maggior garanzia dei consumatori ma anche a tutela dei viticoltori che da anni

applicano i concetti della produzione biologica che fino a ieri era riconosciuta solo a metà. Infatti, era possibile imbot-tigliare vini prodotti con “uve da agricol-tura biologica” ma non era contemplata la possibilità che le pratiche biologiche potessero essere applicate in cantina; o meglio, chi le applicava poteva farlo, ma non poteva apporre sull’etichetta il logo europeo della certificazione “bio”.Ora in Europa la filiera biologica del vino è completa. Per raggiungere que-

sto obiettivo, la Commissione Europea ha istituito un gruppo di lavoro, cuore del “progetto OrWine”, che ha redatto dopo alcuni anni di lavoro il “Codice di buone pratiche per la viticoltura e l’enologia biologica” da cui poi è scatu-rito il parere favorevole che ha portato alla definizione di vino biologico; 230 pagine fitte di dati, formule, prescrizioni, richiami a leggi e che sono alla base della complessa normativa. È così facilmente

Vino bio

A cura di Paolo Corbini

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immaginabile perché l’iter per l’approva-zione del regolamento sulla vinificazione bio non sia stato veloce né tanto meno agile, ed il testo definito non risponde appieno – secondo quanto affermano le varie associazioni e sigle di categoria – a tutte le aspettative del settore del biologico italiano, ma tutti concordano sull’importanza del risultato raggiunto che mette d’accordo gli Stati europei. Il regolamento, che ufficialmente entrerà in vigore dall’agosto 2012, tra l’altro, prevede la possi-bilità di etichettare come bio anche il vino delle annate precedenti, purché se ne possa dimo-strare la conformi-tà alle nuove norme europee.Ma quali sono i numeri del vino biolo-gico in Italia? Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento si potranno avere dati più certi; fino ad oggi i dati si riferi-vano alla sola coltivazione biologica delle uve. A partire dal 2009, il Sinab (sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica), ha prodotto dati più precisi sulla superficie trasformata o in trasfor-mazione al biologico; in generale, la viti-coltura biologica ha avuto un periodo di espansione, tra il 2005 e il 2008, durante il quale sono entrate in produzione molte aziende, tanto che gli ettari dedi-cati sono cresciuti da circa 20.000 fino ai 29.532 del 2008. Nel 2009 la super-ficie convertita è scesa leggermente (da 29.500 a 27.500 ettari), anche se poi si è registrato di nuovo una crescita. Oggi si

stimano 52.273 ettari di vigneti biologici (di cui 21.931 in conversione), su un totale nazionale di circa 684.000 ettari. L’Italia si colloca al secondo posto in Europa, dopo la Spagna (57.231 ettari) e prima della Francia (50.268 ettari). In Europa si parla complessivamente di 192.671 ettari.Il settore è in crescita rispetto alla viticoltura convenzionale, senza dimen-ticare che stanno crescendo anche i

produttori che si dedicano al bio-dinamico e, più in generale, alla pro-duzione di “vini veri” o “vini natu-rali” dove regna un approccio ancor più arcaico,

se così si può dire, alla coltura (ma anche alla cultura) della vigna e del vino. Di sicuro sono al bando prodotti chimici di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi) e gli organismi geneticamente modifica-ti. Del resto, essere impresa biologica significa prender sul serio le parole bios che significa vita, e logos che significa conoscenza; quindi, non solo una sem-plice pratica ecologica, ma una vera e propria filosofia di vita. Un ruolo centrale, anche se non esclusivo, nelle preferenze produttive dei vignaioli bio-logici, lo giocano i vitigni autoctoni, quelli che testimoniano un più forte rapporto tra vite e territorio, quelli che sono figli di un jenius loci che affonda le sue radici nella storia più antica della viticoltura italiana.

Fare la spesa in tempo di crisi: si guarda più al prezzo che alla qualità, almeno così fanno le fasce più deboli dei consumatori. I prodotti biologici dentro a questo scenario sembrano avere una vita autonoma, anche se la spesa bio incide appena il 2% sul tota-le. Sono circa 3 i miliardi di euro generati dal mercato del biologico italiano, con circa 1,8 miliardi di vendite al dettaglio in negozi specializzati, grande distribuzione, vendite dirette delle aziende agricole (ortofrutta, olio e vino), e gruppi d’acquisto. L’Italia è il maggior esportatore mondiale di prodotti biologici con circa 900 milioni di euro. C’è dinamismo intorno al mercato del cibo bio con oltre 1.100 punti di vendita specializ-zati in alimenti bio (indipendenti o affiliati in franchising, per due terzi localizzati al nord) mentre sono quasi 2.000 le azien-de che effettuano vendita diretta, o sono presenti nei mercatini. Con una superficie bio di 1 milione di ettari e per numero di aziende agricole l’Italia è al primo posto in Europa, a livello della Spagna. Il rank mondiale dell’agricoltura bio è guidato dall’Australia con 12 milioni di ettari. L’Ita-lia è al sesto posto. L’Italia è in testa nella produzione di ortaggi, cereali, agrumi, uva e olive bio ed è al secondo posto per il riso bio dopo la Thailandia. Al primo posto nella classifica regionale per superfici è la Sicilia con 220.000 ettari circa nel 2008. La Svizzera ha la spesa pro capite più elevata in Europa (con più di 100 euro), Austria, Danimarca e Svezia. In Italia la spesa pro capite è di circa 51 euro.

Nel carrello della spesa il biologico vale il 2%

IL SETTORE È IN CRESCITA

RISPETTO ALLA VITICOLTURA COnVenZiOnAle

Vino bio

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Le pratiche biodinamiche, per chi non le conosce, possono sembrare sospe-se tra natura, filosofia e un pizzico di magia. In realtà la coltivazione biodinamica implica tutto un modo di vivere, osser-vare e lavorare la terra, con l’obiettivo di sostenere la natura nei suoi processi stagionali per ottenere una terra sempre più fertile e alimenti di qualità e salutari. La nascita dell’agricoltura biodinamica risale ai primi anni Venti del secolo scorso, quando Rudolf Steiner, fondato-re dell’antroposofia, tenne a Koberwitz (Slesia), nel 1924, una serie di confe-renze ad un gruppo di agricoltori e proprietari terrieri, che gli chiedevano come intervenire sulla fertilità e vitalità dei terreni. I consigli che Steiner diede agli agri-coltori partivano dalla concezione che tutto ciò che esiste sulla Terra non è fatto solamente di materia, ma anche di un elemento spirituale che fluisce dal cosmo. L’agricoltore deve tenere conto di que-sto principio e si deve adoperare affin-ché nei suoi campi si crei la vita attra-verso l’impulso delle forze cosmiche. Il termine “biodinamico” vuole dire vita (bio) che si origina per l’attività di forze (dinamica). In quella occasione Steiner enunciò due principi fondamentali: il primo afferma-va che la qualità degli alimenti dipende dalla fertilità e dalla sanità della terra che si coltiva; il secondo che, se si con-cima la terra con nitrati e altre sostanze di sintesi, la terra perde la sua fertilità e si ammala.Dalle indicazioni di Steiner scaturirono la formulazione e l’uso dei preparati biodinamici che rappresentano uno dei fondamenti del metodo. In tutti i paesi occidentali c’è un piccolo numero di agricoltori (in costante cre-scita) che sentono il bisogno di avere un approccio naturale con la terra per man-tenerla fertile e rendere sane e forti le piante perché resistano alle malattie e si producano alimenti sempre di maggior qualità.

Biodinamico, tra natura e filosofia

Il nuovo regolamento sulla vinifica-zione bio prescrive regole precise sui coadiuvanti di processo e sulle tecni-che utilizzabili ed anche dei limiti – molti dibattuti – all’impiego dei solfi-ti. La riduzione dei solfiti è di 50mg/l per i vini secchi (con meno di 2g/l di zucchero residuo) e di 30mg/l per i vini più dolci (con più di 2g/l di zuc-chero residuo) rispetto ai limiti delle categorie del vino prodotto in modo convenzionale. Per fare un esempio, i vini rossi secchi bio avranno un limite massimo di 100mg/l mentre i convenzionali potranno andare fino a 150mg/l, per i bianchi secchi bio il limite è di 150mg/l mentre per i convenzionali è di 200mg/l. Sull’uso dei solfiti, infatti, nasce il compro-messo, ed ogni Paese ha cercato di ottenere il risultato meno penaliz-zante in relazione alle esigenze dei rispettivi territori; Austria e Spagna si sono astenute al momento di votare il regolamento, la prima per-ché ritiene troppo restrittivi i limiti dei solfiti e la seconda a causa del divieto dell’uso dell’acido sorbico, condizione problematica per alcu-ni produttori dell’Andalusia. Si potranno comunque richiedere delle deroghe al regolamento in caso di eventi climatici negativi di portata eccezionale e solo per le aree colpite. Intanto il vino bio italiano piace anche all’estero. Al recente Biofach di Norimberga (fiera dedi-cata all’agricoltura biologica che si è svolta a febbraio) pres-so lo stand del Ministero per le Politiche Agricole è stata presentata l’indagine sull’ex-port del biologi-co made in Italy n e l l ’ U n i o n e Europea, realiz-zata dalla Firab (Fondaz ione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) e dall’Ismea (Istituto di Servizi

Il cornosilice

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Per vini naturali si intendono quei vini, anche biologici e biodinamici, i cui pro-duttori non necessariamente si sotto-pongono ad una certificazione e rifiuta-no di usare prodotti chimici di sintesi e di intervenire nel lavoro di cantina con pratiche enologiche invasive. L’intento di questi produttori è quello di creare vini che siano il più possibile “figli” del territorio e della cultura dai quali pro-vengono, rispettosi dei cicli della natura. Il Consorzio ViniVeri (www.viniveri.net) si pone l’obiettivo di «ottenere un vino in assenza di accelerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura». I vignaioli che ade-riscono al consorzio coltivano preva-lentemente vitigni autoctoni, eseguono una vendemmia rigorosamente manua-le, utilizzano solo lieviti indigeni pre-senti sull’uva ed in cantina; seguono la fermentazione delle uve senza l’assillo del controllo della temperatura; non eseguono sui vini alcuna chiarificante e filtrazione che ne possa alterare l’equili-brio biologico. L’associazione VinNatur (www.vinna-tur.it) si propone di produrre vino in maniera naturale agendo nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agen-ti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica tanto in vigna quanto in cantina. L’associazione punta molto sulla ricerca, sulla sperimentazione e sullo scambio di esperienze tra vignaioli per promuovere pratiche di vigneto e di cantina orientate al massimo rispetto per l’ambiente.

INFOwww.aiab.itwww.cittadelbio.itwww.sinab.itwww.ismea.itwww.renaissance-italia.it/associazione-vini-biodinamici/www.orwine.org

Vini naturali e di territorio: al di là delle certificazioni

per il Mercato Agricolo Alimentare). L’indagine stima che il valore delle vendi-te all’estero per la produzione bio italia-na, nel 2010, abbia rappresentato il 45% del valore del mercato biologico naziona-le. Il vino si attesta intorno ad un lusin-ghiero 12%. I buyer stranieri comprano il vino bio italiano per la qualità (43%), per il fatto di essere made in Italy (34%), per il prezzo (14%) e per la notorietà del marchio (6%). Sono dati che attestano al nostro prodotto molta fiducia.Nonostante tutto, ci sono delle criticità: una scarsa informazione da parte dei consumatori sui vini biologici in generale e una forte competizione con i prodotti convenzionali. Le tendenze sono comun-que analoghe, sia che si parli di vino bio o meno; si preferiscono i vini espressione del territorio, freschi, poco complessi, con prevalenza per i vitigni autoctoni; in caduta libera la richiesta di vini troppo legnosi e barricati, mentre vanno bene le vendemmie tardive e i vini passiti. L’interesse per il vino bio è inoltre dimo-strato dalla nascita di nuovi appuntamen-ti dedicati esclusivamente alle produzioni biologiche, come testimonia la prima edizione di ViViT (Vignaioli, Vigne e Terroir) rassegna interna al Vinitaly 2012 dedicata al vino biologico e biodinami-co, ma anche altre più piccole, ma non meno significative, iniziative d’incontro e degustazione che di anno in anno si mol-tiplicano e che intendono trasformarsi in appuntamenti fissi come: Millésime Bio

a Montpellier (Francia) a gennaio; Gusto Nudo a Bologna, Fiera dei vignaioli ere-tici e Vini Naturali a Roma (febbraio); Haut les Vins a Bordeaux (Francia) a giugno; Mercato dei vini dei Vignaioli Indipendenti a Piacenza (dicembre).Anche i concorsi enologici si stanno ade-guando: l’Associazione Nazionale Città del Bio promuove “Biodivino”, il con-corso riservato ai vini prodotti con uve da agricoltura biologica, che si accom-pagna al concorso dell’Associazione Nazionale Città del Vino “La Selezione del Sindaco”, in programma a Lamezia Terme dal 25 al 27 maggio 2012.I consumatori, dopo alcuni anni di ini-ziale diffidenza, hanno cominciato ad apprezzare il vino biologico soprattut-to perché lo considerano più naturale, quindi meno nocivo per la salute (e comunque sia, il consumo deve essere sempre moderato, biologico o no che sia il vino), anche se a volte può risultare meno accattivante o almeno questo è quello che si è percepito fino adesso, ma la caparbietà di certi produttori e la loro attenzione verso l’ambiente e, più in generale, la loro convinta adesione ad una nuova idea etica della viticoltura possono rendere alcune evidenti spigo-losità sensoriali quanto di più esclusivo e originale un vino possa esprimere. E in Italia, data la vastissima varietà di vitigni autoctoni e di ambienti e paesaggi straordinari che li generano, non c’è che l’imbarazzo della scelta.

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Sono solo 140 ma sono molto agguer-riti. Sono i produttori di vini naturali e biodinamici che per la prima volta si sono messi assieme per partecipare al Vinitaly. Per loro è stata creata una sezione speciale, ViVit, ovvero Vigne, Vignaioli e Terroir. Tra di loro c’è Carlo Parenti, dell’azienda “Macchion dei Lupi” di Suvereto, che non ha fatto in tempo ad imbottigliare il suo primo vino, nel 2006, che subito è stato segnalato tra i migliori giovani produt-tori del momento.Le sue bottiglie non superano quota 8.000 unità (per lo più esportate negli Usa), anche se l’obiettivo che si è posto è di arrivare almeno a 20.000. «Sarà il massimo che vorrò produrre – afferma Carlo Parenti – perché non credo di andare oltre i 3 ettari e mezzo di vigna che coltivo attualmente». Parenti è tra gli ispiratori di Vivit, assieme agli amici di Renaissance des Appellations, asso-ciazione di vignaioli creata da Nicolas Joly nel 2001 che raggruppa oltre 160 pro-duttori da tutto il mondo dedica-ti alla viticoltura biodinamica. Il crescente inte-resse dei consu-matori e del mondo dei media di setto-re, e non solo, intorno al vino biodina-mico «fa piacere ma un po’ preoccupa» afferma Parenti, perché «questo è un mondo particolare che mette in primo piano il rapporto con la terra, la natu-ralità, e gli equilibri da mantenere nella conduzione dell’azienda sono molto delicati».La storia di Carlo Parenti produtto-re potrebbe essere raccontata in un libro d’avventura. Nato a Lodi nel 1971, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza e aver lavorato per un po’ a Milano («non mi ci vedevo dietro una scrivania e dentro l’aula di

un tribunale», afferma) Carlo decise di lasciar perdere e di inseguire il suo desiderio più forte: andare a vivere in campagna e fare del buon vino. Prima però consegue il master in enologia all’università di Milano, sotto la guida del prof. Attilio Scienza. Scopre così la Toscana e, in particolare Suvereto. S’innamora subito di questa terra e ne acquista un ettaro; gli altri due che verranno li affitta, pagando le rate non in denaro, ma in bottiglie di vino. Intanto non aveva dove dormire e restava accanto alle sue vigne da poco realizzate riposando in macchina. Poi finalmente ha acquistato una capanna, che ha trasformato in casa. «È solo una piccola dimora, ma molto accogliente» afferma con malcelata soddisfazione. All’inizio è stata dura, perché sembrava che quella natura che lui tanto amava lo volesse respingere. «Delle 10.000 bar-batelle piantate agli inizi del nuovo mil-lennio, più di un quarto andò perduto»,

ricorda ancora con un velo di sgomento. Non segue i consigli di chi gli diceva di lasciar perde-re e vanga metro dopo metro la sua vigna per far

rinascere le piante. Nel 2008 lo punge una vipera e meno male che giunge in tempo all’ospedale di Grosseto, perché stava per lasciarci le penne!Intanto il vino fermenta in cantina, una struttura non di proprietà ma che ha in comodato contraccambiando in lavoro manuale il suo utilizzo. E fer-menta bene, visto che il suo primo vino uscito nel 2006, un Igt Toscana dal nome evocativo, “Esperienze”, riscuo-te subito successo da parte della critica enologica, così come le annate succes-sive. «Il nome? È presto detto. Questo mio primo vino è nato dopo che le ho passate di tutti i colori, tante sono state

Passione per il bio e per la naturaLa sfida di Carlo Parenti

LA STORIA DI CARLO PARENTI POTREBBE

ESSERE RACCONTATA IN UN LIBRO

D’AVVENTURA

Vino bio

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le difficoltà anche difficili da superare, e queste esperienze ora le possono provare anche gli altri, sorseggiando un po’ del mio vino», per l’80% cabernet sauvignon e per il 20% sangiovese.Nel 2009 nasce “Profeta”, IGT Toscana merlot in purezza («questa volta il nome ha un valore meno serioso, perché tutti gli amici mi dicevano che ero un profe-ta, un visionario») mentre la prossima estate berremo due nuovi vini, questa volta bianchi: un Ansonica secco in purezza e la sua naturale evoluzione nella tipologia passito.Ma tutta questa fatica consente di tirare avanti? «La domanda è giusta, perché sce-gliere questo tipo di agricoltura significa non avere compromessi con la terra, ma assecondarne gli umori, seguire le stagioni e le leggi della natura. Gli investimenti ini-ziali sono stati equilibrati e proporzionati al risultato che mi sono dato come obietti-vo. Ce la sto facendo. Tutto dipende dalla qualità del vino che produco. È una sfida nella sfida, ma la vinco di sicuro».

Azienda Agricola Macchion dei LupiLoc. Campo al Drago 57028 - Suvereto (LI)tel/fax +39 0565 845100 - cell. +39 347 [email protected]

Vino bio

Carlo Parenti

Il territorio

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Il territorio

terra di vino e tradizioni

Veneto terra da vino. Mare, montagne, gastronomia, ma il Veneto è soprattutto vino.

Il fenomeno di questi anni si chiama Prosecco che da Valdobbiadene è riuscito a conquistare

tutto il mondo. Un successo così grande che c’è chi ha ipotizzato che entro i prossimi 25 anni la richiesta

di bollicine da Prosecco arriverà a quota un miliardo di botttiglie. Complessivamente il Veneto rappresenta da solo

il 30% del totale di vino esportatodall’Italia e Verona, con il 56%, è la provincia leader, trascinata da prodotti di grande

marchio come l’Amarone e il Soave. In questa classifica Vicenza perde una posizione e si piazza al quarto posto dopo Treviso (23%) e

Venezia (11%) con appena il 6,4% sul totale. Anche nel 2011 anno con la vendemmia più scarsa degli ultimi 60 anni, il Veneto ha mantenuto la

leadership in Italia con 7,9 milioni di ettolitri di vino prodotti, uno straordinario ed eccellente biglietto da visita del territorio regionale, fatto anche da 3,25 milioni

di ettolitri a denominazione, 1,6 milioni hl riguardano Doc e Docg Prosecco, 553mila ettolitri i vini della Valpolicella e 450mila ettolitri il Soave nelle varie tipologie. In tutto il

Veneto vanta 11 vini a Docg e 27 Doc. Tra questi vale ricordare il Recioto, il Malanotte del Piave, il Bardolino e il Bianco di Custoza.

Veneto

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Il territorio

… noi veneti abbiamo girato il mondo: ma la nostra Patria, quella per cui se ci fosse da combattere combatteremmo è soltanto il Veneto. Con il ricordo dei suoi odori di polenta che uscivano un tempo dai fumaioli delle case durante l’inverno uggioso, nebbioso e nordico, gli odori di paglia, di letame, di grano, e di fieno durante l’estate. Quando vedo scritto all’imbocco dei ponti sul Piave: «Fiume Sacro alla Patria» mi commuovo ma non perché penso all’Italia bensì perché penso al Veneto. Fuori dal Veneto per me è terra straniera e forse ostile...

(Goffredo Parise, da Il grande libro del Veneto)

Uno scrignodi tesoriAlessandra Piubello

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Il territorio

Bassano del Grappa

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Incantevole Veneto. Terra di tradizioni, ricca di panorami che variano dalle cime innevate delle Dolomiti all’azzurro del mare Adriatico, fino alla magia dei palazzi e dei canali di Venezia.Una regione completa che, in una superficie di circa 18.000 kmq, comprende montagne e valli; estesi altopiani a volte brulli e rocciosi, a volte ricoperti di boschi e di prati; colline tondeggianti e verdi, coperte di vigneti che producono alcuni dei più rinomati vini italiani (è la prima regione vitivinicola d’Italia); le rive del più grande lago della penisola, il Garda, dotato di un microclima molto particolare e infine una pianura ampia, dove si susseguono campi coltivati, vigneti, frutteti, città ricche d’opere d’arte, splendide ville venete, affasci-nanti castelli, città murate, preziosi palazzi e chiese ricche di inestimabili tesori d’arte. Un patrimonio storico-architettonico che cataliz-za da anni l’attenzione del mondo, tanto da essere la prima regione turistica d’Europa. Qui si è sviluppata la storia delle genti venete e del loro legame con la terra, che ha creato non solo città, ma paesaggi agresti invidiabili e produzioni vinicole e agroalimentari che non temono rivali al mondo. Il retroterra è variegato, pennellato di colori, sfumature, gusti, sapori e profumi unici. Tutta la regione è una sorta di paradiso dell’agricoltura: vanno citati, fra gli altri, alcuni prodotti tipici come il radicchio rosso di Treviso e il Variegato di Castelfranco, l’asparago bianco di Bassano (il primo in Europa ad ottenere il marchio Igp), il fagiolo di Lamon, il pregiato riso Vialone Nano di Isola della Scala, il marrone di San Zeno (una tipologia di castagna), le ciliegie di Marostica, i formaggi Asiago Dop e Monte Veronese Dop, il Prosciutto Veneto Berico Euganeo, la Sopressa Vicentina, l’olio extra-vergine del Lago di Garda. La gastronomia

Il territorio

veneta, seppur comprensiva di territori con vocazioni agricole diverse (mare e laguna, pianura, collina e montagna: in questa regio-ne non manca proprio nulla!) si presenta relativamente unitaria da più di mille anni, dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia. I veneziani infatti, quando occupa-vano un territorio, usavano portarvi le loro abitudini alimentari utilizzando e facendo propri i prodotti locali. Il tocco particolare alla cucina veneta l’hanno dato proprio loro, che viaggiavano per mare visitando paesi lontani e riportando a casa nuovi prodotti (ad esem-pio il mais) e le spezie d’Oriente che danno un profumo inconfondibile a tanti piatti della tradizione. Le provincie venete, pur nella loro diversità, sono legate quindi da alimenti comuni come il riso, (celebri i risotti, con il pesce, la carne, i funghi, le verdure…), i fagio-li, il baccalà, la polenta (perfetta con tutto, dagli intingoli di pesce della cucina veneziana al baccalà alla vicentina, alla selvaggina e agli arrosti in salsa peverada). Poche regioni come il Veneto possono vantare una tradizione di ristorazione così lunga, articolata e presti-giosa. I centri di Venezia, Verona, Vicenza e Padova, città storiche e autentici crocevia

IL RETROTERRA È VARIEGATO, PENNELLATO

DI COLORI, SFUMATURE,

GUSTI, SAPORI E PROFUMI UNICI

Vigneti di Col San Martino

Passo Cereda

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in fatto di cultura e commercio, fanno da traino. L’accoglienza delle genti venete è rinomata, l’ospitalità infatti è parte del loro carattere: vale la pena soggiornare nelle numerose strutture ricettive che sanno rendere confortevole la vacanza o il viaggio di lavoro. Abbiamo scelto per voi (impresa difficile, tanto offre questa ricca terra!) alcuni ristoranti e alcuni alberghi che, se venite in Veneto, non dovreste assolutamente perdervi. A Verona, Al Capitan della Cittadella, un ristorante dall’atmosfera di mare con raffinate proposte di pesce (piaz-za Cittadella 7a, tel. 045 595157; 65 €). Sempre in città, in una location di fascino tra il Teatro Romano e Ponte Pietra, La Fontanina. Un

bistrot dal sapore antico, con una cuci-na creativa sia di terra che di mare (via Portichetti Fontanelle 3, tel. 045 913305; 60 €). Per gli amanti di una cucina dalla mano garba-ta, basata su sapori nitidi

e ben impostata sul territorio, il Desco (via dietro San Sebastiano

7, tel. 045 595358; 130 €). In pro-vincia, a San Bonifacio (Vr), I Tigli, una delle migliori pizze d’Italia, gra-zie al genio di Simone Padoan (via Camporosolo 11, tel. 045 6102606; 25 €). Nella bassa veronese, a Isola Rizza, Perbellini, un sicuro indirizzo stellato per i gourmet (via Muselle 130, tel. 045 7135352; 130 €). A San Pietro in Cariano (Vr), Villa del Quar: in piena Valpolicella un’oasi di pace e di lusso, con una cucina inter-nazionale (via Quar 12, Pedemonte, tel. 045 6850149; 130 €).Nella zona vicentina, ad Altissimo, merita una tappa il Casin del Gamba, con le sue famose erbe, funghi e cac-ciagione che sono la base della cucina stagionale di questa fiabesca casa di montagna (via Roccolo Pizzati 1, tel. 0444 687709; 75 €). Ad Arzignano (Vi) vi segnaliamo Damini Macelleria & Affini, la nuova tendenza gourmet che raggruppa più anime: da macelle-ria a gastronomia, da enoteca a risto-rante, tutto con prodotti di eccellenza (via G. Cadorna 31, tel. 0444 452914; 40 €). A Lonigo (Vi) non perdetevi la cucina del bistellato La Peca dei fratelli

Chioggia

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Il territorio

Portinari, una vera oasi gourmet. Fuori, vista sui Colli Berici (via Giovannelli 2, tel. 0444 830214; 120 €). A Marano Vicentino, El Coq, per farvi trasportare dalla creatività di un giovane talentuoso chef (via Cané 2c, tel. 0445 8636718; 40 €).Nell’area veneziana a Mirano, La Ragnatela, una cooperativa che propone menu basati sulle tradizioni del territorio con attenzione alla tracciabilità delle ottime materie prime (via Caltana 79, Scaltenigo, tel. 041 436050; 40 €). A Venezia, Il Ridotto, a 3 minuti da San Marco, un piccolo locale con piatti di pesce fresco proposti con sapiente origi-nalità (Castello 4509, tel. 041 5208280; 60 €). Se avete tempo fate un salto sull’Isola di Mazzorbo e raggiungete Venissa, regno incontrastato di Paola Budel, che vi farà gustare ricette indimenticabili (Fondamenta Santa Caterina 3, tel. 041 5272281; 90 €).

Ci spostiamo nel bellunese per raccoman-darvi un tris d’assi. A Cortina d’Ampezzo (Bl), Tivoli, per concludere degnamente una giornata sulle piste da sci con una convin-cente cucina di mare (via Lacedel 34, tel. 0436 866400; 85 €); a Pieve d’Alpago (Bl), Dolada, con la sua tradizione gastronomica di lungo corso e una posizione incantevole con la Conca dell’Alpago sullo sfondo (via Dolada 21, Plois, tel. 0437 479141; 70 €); a Sappada (Bl), Laite, una perla della ristora-zione nostrana. Fabrizia Meroi propone una cucina di grande tecnica e cuore per regalarvi un’esperienza emozionante (via Hoffe 10, tel. 0435 469070; 60 €).A Oderzo (Tv), Gellius: qui si mangia in un locale storico, fra reperti archeologici, gustan-do una cucina ricca d’inventiva su materie prime di alta qualità (Calle Pretoria 6, tel. 0422 713577; 70 €). A Rubano (Pd), Le Calandre. Massimiliano Alajmo, unico chef al mondo che ha avuto tre stelle Michelin prima dei 30 anni, è l’in-

terprete di una celebre filosofia culinaria che merita il viaggio (via Liguria 1, tel. 049 630303; 180 €). A Pontelongo (PD), Lazzaro 1915, per assaporare piatti soprattutto di pesce con un tocco di riuscita creatività (via Roma, 26 tel. 049 9775072; 50 €).

Cambiamo argomento e pensiamo a dove dormire sogni tranquilli in ambienti memorabili. A Punta San Vigilio (Vr), Locanda San Vigilio: atmosfera molto romantica in questa locanda del Quattrocento. Fra le 12 camere, alcune hanno loggia e vista sul lago (Punta San Vigilio, tel. 045 7256688; 120 €). A San Pietro in Cariano (Vr), Villa Giona Stucchi: affreschi, mobilia d’epoca in una raffinata villa del Cinquecento abitata ancora dai proprietari, che hanno ricavato 18 camere (via Cengia 8, tel. 045 7725068; 110 €). A

Brenzone (Vr) B&B LH Lifestyle & Houses: è un b&b con 3 camere e suite con vista sul Garda, arredate con grande gusto e cola-zione a base di prodotti locali (loc. Fasor 8, tel. 339 6671922; da 130 €). A Chievo (Vr), Casa Villa d’Arco: a 4 km dal centro di Verona, una dimora del XVI secolo restau-rata secondo la bioarchitettura, un b&b con 3 camere arredate con mobili d’epoca (via dalla Riva 5, Corno Alto, tel. 045 8510154; da 110 €).A Verona, Due Torri: di fronte alla bella chie-sa di Sant’Anastasia, in un palazzo del ‘300, un hotel di fascino, con ristorante, 90 camere e suite, alcune con vista sulla piazza (piazza Sant’Anastasia 4, tel. 045 595044; da 193 €).A Venezia, Palazzina Grassi: l’unico design hotel di Philippe Starck in Italia si trova in un palazzo del XVI secolo, con 26 camere (la suite presidenziale affaccia su Canal Grande), ristorante e Krug Lounge (San Marco 3247, tel. 041 5284644; da 360 €). Sempre a Venezia, Luna Hotel

Baglioni: a meno di 50 metri da Piazza San Marco, 104 camere e suite impreziosite da pezzi d’antiquariato e con vista sull’Isola di San Giorgio (San Marco 1243, tel. 041 5289840; da 319 €).A Cortina (Bl), Cristallo Hotel Golf & Spa: dal 1901, un hotel a conduzione familiare, ma all’insegna del lusso e nel centro di Cortina. Settantaquattro camere e suite, ristorante, Spa a marchio Transvital, e golf a 9 buche (via Menardi 42, tel. 0436 881111; da 340 €).Ad Asolo (Bl), Hotel Villa Cipriani: a 200 metri dalla piazza centrale, una villa del ‘500 in stile palladiano, con 31 camere e ristorante (via Canova 298, tel. 0423 523411; da 360 €).A Codognè (Tv) Villa Toderini: nella bar-chessa di una villa patrizia del Settecento, che si riflette in una peschiera nel parco, 10 camere e una suite (via Roma 4/a, tel. 0438 796084; da 105 €). A Treviso, Maison Matilda,

un boutique hotel in un palazzo dell’Otto-cento, a pochi metri dal Duomo, con 6 came-re dal décor contemporaneo e urban chic (via Riccati 44, tel. 0422 582212; da 190 €).A Follina (Tv), Villa Abbazia: charme e atmosfere raffinate per le 18 camere e suite di questo palazzo patrizio del XVII secolo. Da segnalare anche il ristorante, affidato al talen-to di Ivano Mestriner (piazza IV Novembre 3, tel. 0438 971277; da 240 €). A Musestre di Roncade (Tv), Relais Ca’ Raffio: tre camere e una suite in un vecchia casa padronale di campagna ristrutturata con un mix fra mobili vintage e moderni. Dal molo nel giardino, si arriva direttamente nella Laguna di Venezia (via Principe 70, tel. 0422 780774; da 135 €).A Selvazzano Dentro (Pd) Villa Emo Capodilista ‘La Montecchia’: un borgo medie-vale, un castello e una villa nobiliare del XVI secolo annoverata fra i grandi capolavori d’arte d’Italia e la possibilità di alloggiare in camere e appartamenti (via Montecchia 16, tel. 049 637294; 2 notti da 480 €).

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Il territorio

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Rinasce il vino della Laguna

Andrea Settefonti

L’isola di Mazzorbocon la tenuta Venissa

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Il territorio

Un vino che parla di Venezia che ne rac-chiude la storia e la cultura. Dopo 10 anni di ricerca, sono venute alla luce le prime 4.880 bottiglie di “Venissa”, il vino nato dal recupero del vitigno autoctono della tenuta di Venissa sull’isola di Mazzorbo ad opera della famiglia Bisol. «Un vino bianco unico da un terroir altrettanto unico al mondo e con una storia eccezionale, quella di Venezia e del suo mare». È il commento di Gianlu-ca Bisol alla prima annata di “Venissa”. La famiglia Bisol, una tradizione nel Prosecco e sul Cartizze, ha recuperato l’antica tenuta Venissa di Mazzorbo Burano, nel cuore della Laguna. Nella storica vigna murata, di pro-prietà del comune di Venezia, che circonda il campanile trecentesco della tenuta, Bisol ha piantato la Dorona, vitigno autoctono a bacca bianca tipicamente veneziano, coltiva-

to fin dal XV secolo. «Quanto ottenuto è il coronamento di un difficile lavoro di ricerca sui vitigni autoctoni veneziani, iniziato nel 2002», continua Bisol, principale fautore del progetto. «La Dorona, l’uva d’oro ama-ta dai dogi veneziani un tempo diffusa in Laguna, rischiava di scomparire. “Venissa” omaggia la storia e la cultura della Laguna di Venezia, da sempre legata particolar-mente a Valdobbiadene, dove i nobili vene-ziani amavamo rige-nerarsi e trascorrere le loro vacanze».

Il vIno. “Venissa” è un vino bianco unico, da colle-zione, grazie alla supervisione di un

bianchista e un rossista d’eccezione, De-siderio Bisol, innovativo ed autorevole enologo, e Roberto Cipresso, esperto di terroir di fama internazionale. “Venissa”, inoltre, omaggia tre tradizioni di Vene-zia, il vino, l’oro e il vetro. Come spiega Gianluca Bisol «nell’ideazione di Gio-vanni Moretti l’etichetta è stata sostitui-ta da una preziosa foglia d’oro zecchino battuta dall’attuale discendente dell’an-

tica famiglia Berta Battiloro. L’appli-cazione della stessa è stata eseguita a mano e la bottiglia messa poi a ricot-tura nei forni della vetreria Carlo Mo-retti a Murano».

VENISSA OMAGGIA TRe TRADiZiOni

Di VeneZiA, il VinO, L’ORO E IL VETRO

Gianluca Bisol

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la tenuta. La tenuta Venissa è oggi una struttura ricettiva e un centro di formazio-ne e ricerca agroambientale, grazie alla col-laborazione fra Bisol e Vento di Venezia, polo nautico guidato da Alberto Sonino, che insieme a Gianluca Bisol ha costituito la società Terre di Venezia. Venissa ospita anche frutteti, orti, dove vengono coltiva-te le tipiche specialità veneziane, ed una peschiera con tipici pesci lagunari. Inoltre, è possibile pernottare nelle sei accoglienti camere della struttura, con vista sul vigne-to, sugli orti e sulla laguna.

Il rIStorante. Nella tenuta ha aperto il ristorante Venissa, gestito da Paola Bu-del, che offre dal pesce lagunare all’agnel-lo dell’Alpago, presidio Slow Food, alle gemme di aglio selvatico della tenuta. Paola Budel, chef bellunese che si è for-mata alla scuola di Gualtiero Marchesi e di Michel Rou, ha una cucina «che inter-preta con creatività l’autentica cultura la-gunare, lontano dagli stereotipi. Il menu viene rinnovato quasi quotidianamente e vengono proposti molti omaggi al Vene-to e a Venezia», spiega la chef. «Venissa è un perfetto connubio fra tradizione e innovazione, considerando che ho scel-to la tecnologia avanzata della cucina De Manincor, tutta a induzione». Per Gian-cluca Bisol «il ristorante Venissa offre un coinvolgimento emozionale totale e rappresenta di certo una novità per la ri-storazione e per il turismo. È importante si investa in progetti di questo livello, an-che e soprattutto in periodi critici come quello che stiamo attraversando: si deve puntare sulla cultura del territorio e sul turismo sostenibile».

Paola Budel

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Per produrre un ottimo vino occorre ascoltare quanto hanno da dire le viti. «Voglio far crescere una pianta che dia frutti in grado di produrre grandi vini». Ettore Ceschin è l’uomo che sussurra alle viti, che parla con loro e ne trae messaggi.È il credo di Ettore Ceschin, l’uomo che sussurra alle viti, che parla con loro e ne trae messaggi. E dall’ascolto del-le viti trae insegnamenti che traduce in qualità del vino. «Il mio obiettivo è fare vini di grandi qualità e che si possano bere con facilità. Ascoltare le piante, parlare con loro, serve proprio per ar-rivare a questo obiettivo», commenta Ceschin titolare dell’azienda Bepin de Eto in Veneto, a San Pietro di Felet-to (Tv) paese dove andava in vacanza papa Giovanni XXIII. L’azienda con-ta oggi 90 ettari a Prosecco, Incrocio Manzoni e Rosso di Conegliano in terra veneta e, da dieci anni, anche 50 etta-ri di vigneti in provincia di Taranto, a Torresgarrata. E anche in Puglia, nella terra del Salen-to Ceschin ha preso a parlare con le sue viti. «Ho parlato con le viti di Aglianico e ho capito che il modo migliore per trattarlo era fare un rosè spumante». Dunque il linguaggio delle piante, se si sa capire, è universale e dà risultati positivi. «Ogni volta che nasce un nuo-vo vino e mi soddisfa, ce n’è un altro pronto in progetto per continuare nella ricerca. In azienda valorizziamo le va-rietà autoctone, le proviamo per capire se vadano bene o meno». Un ragiona-mento applicato anche alla masseria

di San Martino a Torresgarrata. Qui la sfida, da nordista convinto, è che si possano fare ottimi vini anche al Sud. «C’è ancora molto da insegnare loro, ma è una bella terra. Si deve insegnare a lavorare in cantina, ma soprattutto in vigna. Non basta fare quantità, c’è da battersi per la qualità». Raccogliere l’uva al pun-to giusto, sana, buttare via i grappoli di-fettati, sono le basi che Ceschin cerca di insegnare per produrre vini di qua-lità. E poi c’è il lavoro da fare in can-tina. «Da noi si inizia a vendemmiare alle 6 di mattina, poi l’uva la mettiamo in cassette da 18 chilogrammi e dentro container frigo giunge, in 14 ore, in Ve-neto. Arriva al punto giusto, refrigerata

a 10°C e pronta per essere spremuta e vinificata». Un procedimento che non incide sulla qualità finale, ma che ha un peso in termini di costi. «Stiamo pen-sando di realizzare una cantina di vini-ficazione in Puglia, si abbatterebbero i costi di trasferimento».Ettore Ceschin porta avanti da qua-rant’anni l’azienda nata con il bi-snonno, Giuseppe del Nico-letto, da cui Bepin de Eto, ed è adesso aiutato dalle tre figlie, G i u s e p p i n a , Cristina e Silvia.

Quella del soprannome, in questo caso Bepin de Eto, è una caratteristica con la quale viene individuata una persona, ne viene confermata la notorietà. E adesso anche tramandata con il lavo-ro che portano avanti Ettore e le figlie. Una tradizione che affonda nelle radici della famiglia, ma che ha trovato nel-la tecnologia enologica la chiave giusta per proporre vini dal sapore antico, un marchio che si porta dietro il lavoro di tre generazioni.L’azienda produce ogni anno 900.000 bottiglie per un fatturato di 4,8 milioni di euro con un 30% di esportazione in tutta Europa più Brasile e Giappone. Il restante 70% viene venduto nel Nord Italia.

Ascoltare le viti per capire il vino

Ettore Ceschin

Andrea Settefonti

E ANCHE IN PUGLIA, NELLA TERRA DEL SALENTO CESCHIN HA PRESO

A PARLARE CON LE SUE VITI

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Ettore Ceschin

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Amarone 2008: un’annata più umanaAll’Anteprima dell’Amarone 2008 mancava-no solamente le fanfare per celebrare questo vino ed il suo successo in tutto il mondo. Un successo che ha stravolto in dieci anni la produzione di questa bella zona alle porte di Verona. I dati che ci hanno presentato parlano chiaro: se nel 2000 si producevano 50 milioni di bottiglie di Valpolicella e solo 5 milioni di Amarone, nel 2011 i numeri si sono ribaltati con una netta flessione di bottiglie di Valpolicella, (diminuite a poco più di 20 milioni), quasi soppiantate dai 12 milioni di bottiglie di Amarone e dai 20 del Ripasso. Siamo quindi passati in dieci anni da un territorio che produceva la stragrande maggioranza di vini secchi non molto potenti (Valpolicella) ad un territorio specializzato in vini potenti, rotondi, morbidi e, grazie all’ap-passimento, con una piccola componente zuccherina residua.A questo punto la mia personale proposta è quella di cambiare direttamente nome alla zona, chiamandola Amaronicella e non ne parliamo più. Insomma, come potete capire non sono molto tranquillo per questa netta inver-sione di tendenza, che potrebbe lasciare la Valpolicella in brache di tela nel momento in cui passa la moda del “vinone-dolcione-potentone”.

Ma l’Anteprima 2008 era per celebrare que-sto vinone e quindi… veniamo a noi.

Prima di tutto la location: siamo tornati alle bellissime, ma fredde, sale del Palazzo della Gran Guardia. Fredde le sale erano soprattutto per il produttori, che suddivisi per la prima volta a seconda delle valli di provenienza, erano in una location molto “esposta” al freddo vento veronese. Noi giornalisti eravamo invece più all’interno e quindi la degustazione degli oltre 50 campioni di amarone 2008 non ha pre-sentato problemi. Ho detto oltre cinquanta, ma di vini vera-mente imbottigliati ce n’erano poco più della meta. Gli altri erano dei campioni da botte. Questo è un problema che sempre più riscontro, in generale, nelle anteprime. Sempre più campioni da botte e sem-pre meno aziende di spicco che hanno la voglia di mettersi in discussione. Il rischio alla fine è di ritrovarsi da una parte ad assaggiare dei vini che non esi-steranno in futuro (una cosa è assaggiare una barrique, sicuramente non la peggio-re in cantina, e un’altra è l’assemblaggio finale) e dall’altra di non potere assaggia-re alcune delle migliori interpretazioni perché non presenti.

Questo, ripeto è un problema che non col-pisce solo l’Amarone ma in generale tutte le anteprime e che andrebbe risolto alla svelta, pena la fine di questo tipo di evento.Annata 2008: c’è l’hanno presentata di buon livello (come sempre), con la pioggia ed il sole al momento giusto (vorrei vedere..) e con tutte le altre cosine al loro posto. All’assaggio mi è sembrata una vendemmia non certo eccezionale ma dotata di buona freschezza e con una netta diminuzione degli zuccheri residui. Quindi il 2008 ci darà amaroni più bevibili e godibili quasi da subito, meno monolitici rispetto al 2007; vini più freschi che forse saranno maggior-mente abbinabili a tavola. Uno dei limiti di questo vino è infatti trovare il piatto giusto per berlo durante una cena, visto che non è molto facile mettere in tavola l’abbinamen-to, secondo me, principe: il cinghiale vivo! Sono un burlone, lo so, ma in effetti vini come l’Amarone rischiano di essere con-finati nel campo dei formaggi importanti e quindi ben venga un’annata meno impe-gnativa, più “da pasto”. Sui prezzi non ho molte notizie ma non mi sembra di aver sentito parlare di diminu-zioni. Insomma, per meno di 30/35 euro in enoteca un buon amarone 2008 non lo porterete a casa.

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Carlo Macchi

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The Garda Village: sul lago, per tutti

Jacopo Rossi

A due passi dal centro storico della catul-liana Sirmione sorge il The Garda Villa-ge, che troneggia sulla riva meridionale dell’omonimo lago. Immerso in sedici ver-dissimi ettari, il villaggio turistico consta di più di trecento bungalow (piccoli ap-partamenti in muratura dai 25 ai 60 mq.) completamente attrezzati e divisi secondo varie tipologie di comfort, e centoquaran-ta “case mobili” tutte dotate di servizi ed aria condizionata, per un totale di quasi duemila posti letto. Con le sua media di

duecentomila presenze annuali, italiane e soprattutto straniere, la struttura accoglie circa il venti per cento delle presenza sir-mionesi.Facilmente raggiungibile dalle principali vie di comunicazione, aperto da marzo ad ottobre, consente ai propri clienti di vivere in completo relax la loro permanenza, coccolati dallo scorcio, placido e silenzioso della spiaggia privata domi-nante le acque del lago.

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dIvertIrSI e… confrontarSI. Il The Garda Village non è solamente un luogo dove dormire e riposarsi, tutt’altro! I suoi campi da tennis, il minigolf, il ping pong, i campi da calcio, basket e calcetto permettono di svagarsi senza uscire dai confini amichevoli della struttura. Ma anche l’area attrez-zata per il tiro con l’arco, le piscine, di cui una per bambini riscaldata, ed una nuovissima con idromassaggio per rilassar-si ulteriormente: niente è lasciato al caso. Il mini club inol-tre si prende cura dei bambini, con animazioni, iniziative e giochi lungo tutto l’arco della giornata. Il centro congressi, non ampio ma accogliente, consta di due sale, una da ottanta persone, l’altra da duecentoquaranta. Moderne, dotate della tecnologia necessaria per ogni esigenza, possiedono anche un’area coffee-break e una segreteria congressuale.

mangIare In rIva al garda. Il ristorante è in grado di sod-disfare contemporaneamente gli appetiti di ottocento perso-ne, in bassa stagione, e di più di mille in estate con l’ausilio dell’ampia terrazza con vista lago. Il menù, vasto come la sala principale del locale, comprende piatti internazionali e regio-nali mentre il calendario propone divertenti serate a tema con buffet e barbecue a vista. Alla mattina è possibile fare colazione a buffet, sia continentale, per i più esigenti, che “dolce”, mentre, per chi volesse mangiare nella tranquillità della sua stanza, è disponibile un servizio di take away.Ogni alloggio è dotato di angolo cottura e, grazie alla presenza di un fornito market, gli ospiti possono acquistare cibi e prodotti di prima necessità per vivere appieno le loro stanze, trasformarle in una temporanea “seconda casa”.

vISItare I dIntornI. Per i più sportivi, desiderosi di visitare i dintorni, e magari smaltire gli eccessi della tavola, è possibile no-leggiare city e mountain bike per compiere escursioni intorno al lago di Garda e, perché no, nel suo entroterra. Parallelamente, perché non esplorare le vicinanze da un altro punto di vista? Che gli ospiti abbiano o meno una patente nautica, possono affittare presso la spiaggia privata imbarcazioni a motore, acquascooter, canoe e pedalò, e, grazie alla partnership con il Consorzio Moto-scafisti, compiere escursioni in motoscafo. A queste si aggiunge la gita in battello, adatta per tutte le età, della durata di un giorno intero. Per chi preferisce l’arte alla natura, perché non visitare le vicine Mantova, Venezia, Verona, vere perle italiane, forse a volte sottovalutate in favore di altre mete?

le olImpIadI dI InformatIca. Tra i vari eventi che avranno luogo nell’anno in corso, il The Garda Village sarà la sede ufficiale, nonché uno degli sponsors, delle Olimpiadi Internazionali di Informatica 2012, che si terranno a Sirmione dal 23 al 30 settembre, ospitando tutti gli “atleti” provenienti dalle ottanta Nazioni partecipanti, men-tre la competizione finale si terrà presso il centro fiere del Garda di Montichiari. Nate nel 1989 sotto il patrocinio dell’Unesco, le Olim-piadi hanno l’obiettivo di contribuire a diffondere l’informatica nel sistema di istruzione superiore e valorizzare le “eccellenze” presenti nelle scuole. Vedono studenti under20 di tutto il mondo sfidarsi nel risolvere problemi che necessitano algoritmi da creare con program-mi informatici. Il nostro Paese vanta un importante medagliere con un oro, undici argenti e diciotto bronzi e partecipa alla manifestazio-ne dal 2000 e, ad ogni edizione, gli studenti italiani sono circa tredici-mila, provenienti da cinquecento differenti istituti.

Il territorio

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Anteprime toscane

A cura di Rocco Lettieri

La prima volta insiemealle altre Docg toscane

Anteprima del Consorzio Vino Chianti

Il 18 Febbraio scorso il Consorzio Vino Chianti è stato protagonista dell’Antepri-ma a Palazzo Borghese di Firenze, prima tappa delle settimane delle “anteprime toscane”. Alla conferenza stampa, dav-vero gremita, ha preso parte la stampa di settore, con una presenza giornalista internazionale di rilievo. La parola è anda-ta al Presidente del Consorzio Chian-ti, Giovanni Busi, che ha affermato: «Personalmente, sono estremamen-te soddisfatto delle numerose richieste di adesione che sono arrivate da parte delle aziende. Ciò ci rende particolarmente fieri del fatto che iniziative di questo genere risultino essere di forte impatto per l’intero com-

parto vitivinicolo e per gli stessi operatori del settore. La nostra prima anteprima e lo è, letteralmente, anche da un punto di vista di prodotto sul mercato: si calcoli che non oltre il 1° di marzo, l’annata 2011 andrà in distribuzione, un bene pronto al consumo. Quando si parla di Chian-ti, si vuole comunicare un vino fresco, profumato, accattivante che ben si abbi-

na a moltissime delle nostre tipici-tà toscane e della tradizione culinaria della nostra peni-sola. Ricordiamoci inoltre che il Chian-ti sta tornando ad essere il vino italia-

no per eccellenza (ce lo richiedono i con-sumatori, lo ricerca il mercato). Quando si parla di Chianti, si parla di un vino, cer-

tamente, ma ciò che emerge è la storia di un territorio e della sua storia e della sua cultura enogastronomica. Il Consorzio si sta impegnando in maniera massiccia nel diffondere la cultura (e la storia) che sta (dentro e fuori) un bicchiere di Chianti. Si potrebbe parlare di Chianti Valley, di un concetto di territorio e di una deno-minazione (la più ampia docg italiana) che vuole tornare ad essere un prodotto di qualità ed al contempo di emozione forte e vera, duratura». Poi Busi ha conclu-so: «Stiamo cercando di contribuire, nel modo migliore, alla promozione del terri-torio del Chianti e dei nostri associati con eventi italiani ed esteri. Alcune di queste iniziative, diciamo più culturali, svolgono una efficace operazione di promozio-ne del prodotto, proprio grazie al loro approccio trasversale, raggiungendo in questo modo un vasto numero di perso-

QUANDO SI PARLA DI CHIANTI SI VUOLE

COMUNICARE UN VINO FRESCO

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Anteprime toscane

ne, altre, come Anteprima o gli eventi sui mercati terzi, sono pensate e realizzate al fine di creare delle opportunità di visibilità per le aziende, un ponte di collegamento al fine di approcciare nuovi ed importan-ti mercati. In tal senso continueremo a lavorare”. Da parte sua Ernesto Gentili (curatore Guida Italia de “l’Espresso”) si è mostra-to molto interessato a questa iniziati-va: «Oggi nei vini si cercano equilibrio, freschezza e immediatezza. Il Chianti ha tutto questo. Gli operatori di certo sapranno ancor più adeguarsi a questa nuova richiesta di mercato. Un’occasione eccellente di questa nuova classe dirigen-te che rappresenta circa la metà degli altri vini della zona del Chianti. Una cosa è certa: bisogna cercare di alzare il valore di ogni singola bottiglia». Molte le pro-blematiche sollevate dalla sala e condotte dalla giornalista Monica Giandotti. Tra le più piccanti quelle relative alla disparità di costi tra le bottiglie DOCG che partono da 5 euro per arrivare ai 90 euro, senza che il consumatore sappia individuare dove sta la differenza. Quindi fare comu-nicazioni mirate è il minimo per evitare confusioni che da anni si generano sui mercati internazionali ed interni.

orIgIne del conSorzIo. II Consorzio Vino Chianti si è costituito nel 1927, ad opera, di un gruppo di viticoltori delle province di Firenze, Siena, Arezzo e

Pistoia, allargando successivamente la sua operatività a tutta la zona di produ-zione riconosciuta dal Disciplinare del 1967, poi recepita nella Denominazione di Origine Controllata e Garantita rico-nosciuta nel 1984 e aggiornata, per ultimo, con decreto del 19 giugno 2009. Oltre duemilacinquecento produttori, che interessano più di 10.500 ettari di vigneto per oltre 600.000 ettolitri di Chianti delle varie zone e tipologie, sono tutelati dal Consorzio che, per la sua rappresentatività e per la sua tradizione operativa, ha ottenuto l’incarico di vigi-lanza sul Chianti da parte del Ministero dell’Agricoltura con D.M. 22 maggio 1978, incarico poi riconfermato anche per le altre denominazioni di competen-za nel 2003 e 2004, per le quali la rap-presentatività dei soci è analoga. La zona di produzione del Chianti è costituita da territori delimitati per legge, che si tro-vano nelle province di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Questo ambiente è caratterizzato da un sistema collinare a grandi terrazze con vallate attraversate da fiumi. La Denominazione “Chianti” può essere integrata con le menzioni aggiuntive Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Rufina e Montespertoli, corrispondenti, le prime, alle sottozone geografiche, contemplate dalla prima delimitazione del territorio, stabilita con D.M. 31 luglio 1932, mentre l’ultima,

Montespertoli, è stata riconosciuta con Decreto 8 settembre 1997. In tali zone specifiche, sono previste per il vino modalità produttive più restrittive e requisiti particolari. Interessante notare il recupero della tipologia “Superiore”, con più alte caratteristiche e che riguar-da potenzialmente tutta la zona dei vini Chianti.Per saperne di più: www.consorziovino-chianti.it

la deguStazIone. 49 aziende del Consorzio del Chianti hanno presen-tato in degustazione la loro anteprima di Chianti 2011. Tra tutte mi hanno colpito quattro etichette di altrettante cantine, per la loro filosofia azienda-le, rapporto qualità/prezzo e profilo organolettico. In due ore libere che restavano dopo la conferenza stampa non si potevano certamente degustare tutti i vini dei produttori presenti, che avevano anche vini di altre annate, oltre a quello dell’annata 2011. Pertanto un quadro generale sull’anteprima è impossibile averlo. Mi limito a segnala-re alcune case dove ho potuto intavola-re un discorso vis-a-vis.

Tra queste Case ho buoni ricordi di assag-gi per: Buccia Nera di Arezzo; Corbucci di Gambassi Terme; Fratelli Bini di Empoli; La Cignozza di Chianciano Terme; Badia di Marrona e Pieve de Pitti di Terricciola; Poggiotondo di Cerreto Guidi; Castello di Poppiano di Montespertoli; Fattoria Poggiopiano di Fiesole; Fattoria Lavacchio di Rufina; Fattoria Le Sorgenti di Bagno a Ripoli e Fattoria Pagnana di Rignano sull’Arno.

UNA COSA È CERTA: BiSOGnA AlZARe il VAlORe DI OGNI SINGOLA BOTTIGLIA

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Trentasei produttori hanno presentato le nuove annate

Anteprima Vernaccia di San Gimignano

Domenica 19 e lunedì 20 Febbraio scor-so presso il Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada, in San Gimignano, trentasei produttori del Consorzio della Denominazione San Gimignano, hanno presentano a giornalisti, operatori e pubblico le “Vernaccia di San Gimignano Docg” che saranno sul mercato nel 2012. L’appuntamento clou era comun-que la presentazione e la degustazione nella magnifica Sala Dante, gentilmente, come pure nelle altre sei manifestazioni, messa a disposizione dal Sindaco Giacomo Bassi. Qui, un centinaio tra giornalisti italiani e stranieri, hanno ricevuto il saluto di ben-venuto di Letizia Cesani, presidente del Consorzio: «… ci siamo affidati per questa edizione ad Ernesto Gentili, che fu con noi all’inizio e che ora ha accolto gentilmente il nostro invito a seguire questa edizione individuando con grande professionalità e metodo, anche il vino ospite di quest’anno, lo Chenin Blanc. Per la Vernaccia di San Gimignano l’idea è stata quella di selezio-nare aziende sparse su tutto il territorio per riuscire ad individuare per ogni microzona i diversi caratteri. La ricerca ha prodotto una selezione di vini di grande qualità e un buon numero di aziende, alcune mai presentate in

questa sala, portando a 21 il numero dei pro-duttori sfilati in questo ambiente di grande fascino che è la Sala Dante. La presenza dei nostri produttori qui oggi vuole essere un chiaro segnale di fiducia e la testimonianza diretta di come una produzione agricola di eccellenza, tradizionale, storica e rispettosa dell’ambiente non teme il cambiamento e se ben radicata e consapevolmente esercitata può aiutare un territorio a crescere e a dare stabilità anche economica. Il tempo, per chi lavora in agricoltura è un valore e bisogna saper attendere per raccogliere i frutti di questo nostro impegno: riscoprire il valore del tempo in questo momento di “caos” è il nostro messaggio di quest’anno».In questa occasione all’insegna del “Vino Bianco e i suoi Territori”, la Vernaccia di San Gimignano si è confrontata con un grande vino bianco francese, lo Chenin Blanc della Loira. Vini selezionati da Ernesto Gentili, curatore della guida dei vini de “l’Espres-so”, con l’obbiettivo “di mettere in risalto il balzo in avanti di tutta la denominazione”. L’esclusione delle aziende presenti in Sala Dante lo scorso anno e di quelle che hanno

partecipato già molte volte, la ricerca dei pro-dotti di quelle meno note, la decisione di sele-zionare produttori sparsi su tutto il territorio, in modo da evidenziare la varietà dei caratteri senza privilegiare nessuno di questi, ha pro-dotto una selezione di vini di grande qualità, in diversi casi di aziende non abituate alle luci della ribalta. E questo sta a dimostrare che il territorio ha risposto positivamente alle solle-citazioni del Consorzio, che in questi ultimi anni ha spronato e aiutato i produttori ad intraprendere un coraggioso percorso verso la qualità e la tipicità, uniche armi in mano ad una piccola denominazione nei confronti della globalizzazione delle produzioni e del mercato.

Il confronto.le 7 “vernaccIa docg”:Tropie 2010 – Il Lebbio 88Riserva Ori 2009 – Il Palagione 89Angelica 2008 – Fattoria San Donato 89Riserva 2007 – Fontaleoni 90I Mocali 2007 – Vagnoni 91Isabella 2005 – San Quirico 92Carato 2002 – Montenidoli 94

LA RICERCA HA PRODOTTO unA SeleZiOne Di GRAnDe QuAliTà

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Anteprime toscane

Indubbiamente una scala di valori visibile nei punteggi. Man mano che l’età avanzava la qualità cresceva, segno evidente che la Vernaccia ha un potenziale che si esprime nel tempo. Armonia ed equilibrio, acidità e mineralità si confrontano dal naso alla bocca senza perdita di qualità. La presenza di legno nel tempo si integra, ma se ne potrebbe fare tranquillamente a meno. I 5 chenIn Blanc:Montlouis-sur-Loire Mineral+ 2010 – Domaine Saumon 89Vouvrey Sec Le Mont 2010 – Domaine Huet 92Saumur Entre Deux Voyes 2009 – P’tit Domaine 88Saumur L’Insolite 2009 – Domaine des Roches Neuves 91Savennièeres Coulée de Serrant 2008 – Nicolas Joly 93

5 vini, 5 colori. 3 biologici e 2 biodinamici. Gli Chenin Blanc hanno poco espressività al naso, senza aromaticità, tanta frutta gialla matura e agrumi ma coperti da solforosa. Meglio si presentano in bocca con bella sali-nità, acidità contenuta e mineralità davvero affascinante. Bei vini che mettono in risalto il territorio scistoso e calcareo. Lo Chenin Blanc viene considerato un vitigno tra i più eclettici e versatili. Con questa pregiata uva bianca si ottengono, infatti, vini secchi, vini

dolci, spumanti e, addirittura, vini fortificati. La maturazione è piuttosto tardiva e il suo bagaglio aromatico può contare su note di fiori bianchi e agrumi, su mela cotogna e mandorla, oltre a evidenziare complesse nuances di stampo minerale come quelle avvertite. Originario dell’area centrale della Loira (Anjou e Touraine), dove è presente da almeno un millennio, è in realtà molto diffuso in Sudafrica, oltre ad essere presente in California, nel Centro e nel Sud America, in Australia e in nuova Zelanda. lungo la Loira la vite ha trovato, da secoli, un ambien-te particolarmente favorevole per attecchire e diffondersi rigogliosamente, superando, grazie all’azione temperatrice del fiume e alla straordinaria luminosità che pervade la regio-ne, le difficoltà di coltivazione che le elevate coordinate della latitudine apparentemente suggerirebbero. In modo estremamente sin-tetico possiamo dire che le aree interessate sono le seguenti: Anjou (la denominazione si estende su quasi 200 comuni per un totale di circa 1.000 ettari vitati). Montlouis (dislocata tra le città di Tours e Amboise, si estende su tre comuni per un totale di quasi 400 ettari di vigna). Saumur (Estesa su 38 comuni per un totale di 2700 ettari, conta su una prevalenza di vini spumanti, quindi di vini rossi, lasciando ai bianchi il resto. Le pittoresche cantine sono scavate nel tufo che unitamente al calcare caratterizza buona parte dei suoli dell’area e conferisce ai vini il tipico sentore di pietra focaia). Savennières (denominazione piccola, su terreni di origine vulcanica, ma di assoluto prestigio e distinzio-ne, imperniata esclusivamente sullo Chenin. Esposta magnificamente al sole, dà origine a vini ricchi, strutturati, talvolta austeri in gioventù ma dallo straordinario potenziale di longevità. Similmente alla Borgogna, molti dei suoi vigneti sono racchiusi da muri (clos) e prevedono nel disciplinare di produzione due cru di particolare vocazione: la Coulée de Serrant e la Roche-aux-Moines). Touraine (oltre 5.000 ettari di vigneti distribuiti su ben 171 comuni compongono questa imponen-te denominazione caratterizzata da terreni prevalentemente argillosi e silicei). Vouvray (situata a nord della Loira, a fianco della città di Tours, la denominazione conta su oltre duemila ettari vitati. I terreni sono argillosi-calcarei e silicei, su base tufacea. I vini sono morbidi, fruttati, appena aggressivi in fase giovanile ma avvincenti sul piano aromatico con sensazioni di fiori di acacia, agrumi e discreta mineralità).

la deguStazIone. 36 case le case aderenti con i produttori presenti. In degustazione: 33 i vini base del 2011, 10 le Selezioni del 2011, 6 le Selezioni del 2009, 1 del 2009, 11 le Riserve dal 2010 al 2006. L’Anteprima, lo continuiamo a scrivere, è un momento fuori luogo per degustare questi vini e per diversi motivi. Primo fra tutti, il fatto che, più della metà sono campioni di botte (anche se presi in acciaio) e molti di questi risentono di torbidità visiva e di “pizzicore” da imbotti-gliamento, e a volte, la solforosa è ancora fin troppo evidente. Dare giudizi complessivi è sempre azzardato, ma possiamo affermare che i vini presentati sono fruttati, floreali, morbidi e relativamente già pronti, con basi acidule fin troppe basse. Molti i vini vinificati al 100% con Vernaccia, ma molti i vini che hanno esagerato nell’uvaggio che ora è stato fissato ad un minimo di 85% di Vernaccia e 15% di altre uve autorizzate. Così facendo si perde la vera identità della Vernaccia stessa che da sola è in grado di competere con i grandi vini del mondo. A mio parere un’annata tra il buono e l’ot-tima, da rivedere a settembre. Un’annata che comunque ha dato segnali di positività e anche qualche novità in particolare nel prezzo di acquisto in cantina. Un ottimo segnale per andare incontro al mercato ma direi fin troppo basso per poter fare cassa da investire in azienda. Le mie preferenze tra le “Vernaccia 2011”: Cantine Guidi, Cappella di S. Andrea, Cesani, Hydra de Il Palagione, La Mormoraia, Reset di Mattia Barzaghi, Macinatico, Panizzi, Pietrafitta, Poderi del Paradiso, Rampa di Fugnano, Rubicini, San Quirico, Tenute Le Calcinaie e Tenute Guicciardini Strozzi. Di grande piacevolezza di beva e giusta mineralità alcune Selezioni 2011 (Vigna in Fiore di Cà del Vispo; Vigna a Solatio di Casale Falchini; Tropie de Il Lebbio; Borghetto di Pietrafitta e Poggiarelli di Signano. Tra le “Riserve”, che mostrano un’eccellente tenuta nel tempo e quindi grande predispo-sizione all’invecchiamento, ho buoni ricordi di: Sanice 2008 di Cesani; L’albereta 2010 de Il Colombaio di Santa Chiara; Riserva 2009 de Il Palagione; Fiore 2008 e Carato 2006 di Montenidoli; Vigna Santa Margherita 2010 e Riserva 2008 di Panizzi; La Costa 2010 e 2009 di Pietrafitta; Etherea 2010 di Rubicini; Riserva 2007 di San Benedetto; Isabella 2006 di San Quirico; Vigna ai Sassi 2008 di Le Calcinaie; I Mocali 2009 e Selezione Fontabuccio 2009 di Vagnoni.

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Il Gallo Neroalla prova del marchio collettivo

Anteprima Chianti Classico Collection 2012

Martedì 21 e mercoledì 22 Febbraio scorso, alla Stazione Leopolda di Firenze, si è svolta la ormai classica “Anteprima Chianti Classico Collection”. Circa 350 vini in degustazione, 152 aziende parte-cipanti, 200 giornalisti accreditati prove-nienti da tutto il mondo e più di 1000 operatori del settore italiani e stranieri. Questi i numeri snocciolati dagli orga-nizzatori. Giunta alla sua diciannovesima edizione, quest’anno la “Chianti Classico Collection”, ha proposto in degustazione le nuove annate da poco immesse sul mercato – 2010, 2009 – oltre alle antepri-me 2011. In quest’ambito la “Collection” de il Chianti Classico, ha ricevuto una importante investitura internaziona-le da parte dall’associazione svedese Muskankarna, il più grande club di eno-appassionati al Mondo con oltre 24.000 associati distribuiti in 155 diverse sedi in Svezia. Infatti, la Muskankarna ha eletto il territorio del Chianti Classico come

“Territorio dell’anno 2012”. Pochi terri-tori al mondo sono così famosi e cono-sciuti come il Chianti Classico, tanto da assumere la valenza di un vero e proprio brand, un “marchio territoriale” forte e un luogo di culto enologico oltre la sua denominazione, capace di vantare milioni di estimatori in tutto il mondo, per i quali i vini italiani non sono solo sinonimo di eccellenza, ma anche del lifestyle Made in Italy. Fra le molte attività promosse da “Muskankarna”, c’è il premio “Wine Capital”, ovvero l’elezione di un terri-torio particolarmente vocato e distinto per la produzione di vino di qualità che per un intero anno sarà meta e oggetto di degustazioni, approfondimenti e visite

da parte dei suoi wine lovers. E dopo Wiirzburg in Germania, Châteauneuf-du-Pap in Francia e Stellenbosch in Sudafrica, è il Chianti Classico a conquistare l’im-portante riconoscimento, preparandosi ad accogliere i molti eno-appassionati per visitare cantine, fare shopping di bottiglie e prodotti del territorio, sog-giornando nelle aziende – le “amiche di Muskankarna” – per tutto il 2012.«Ci stiamo preparando per accogliere gli amici svedesi – ha detto Marco Pallanti, presidente del Consorzio Chianti Classico – e speriamo che possano apprezzare il fascino che scatena il succedersi delle sta-gioni nel Chianti Classico. Ogni bottiglia nasce proprio da questo suggestivo avvi-

POCHI TERRITORI AL MONDO SONO COSì FAMOSI E CONOSCIUTI

COME IL CHIANTI CLASSICO

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Anteprime toscane

cendarsi di colori e profumi, da un territo-rio ideale per la produzione vinicola, dalla preparazione e passione dei produttori, da un costante sforzo del Consorzio nella ricerca, per offrire alle aziende gli stru-menti migliori per produrre un grande vino. Ogni etichetta però nasce anche dalla storia del nostro territorio, dalle vicende che lo hanno plasmato e da un vitigno, il Sangiovese, che qui riesce a esprimere il meglio di sé. Siamo ansiosi di raccontare questa storia di persona». E, in primavera, ad aprire le porte ai wine lovers sarà il settecentesco Convento di Santa Maria al Prato a Radda in Chianti, patrimonio artistico culturale del territo-rio, oggi di proprietà del Consorzio Vino Chianti Classico e della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico Onlus, oggetto di un progetto di restau-ro e recupero che lo trasformerà in un centro multifunzionale dedicato a turisti, eno-appassionati e studiosi del mondo del vino. Se la stampa può accedere esclusiva-mente su invito, gli operatori del settore potranno iscriversi alla manifestazione attraverso il modulo di iscrizione on line su www.chianticlassicocollection.it.

andamento StagIonale dell’annata 2011 . Un’annata nel complesso equilibra-ta, con qualche sbalzo termico di troppo nel finale, ma ben affrontato dai terreni argillosi del Chianti che hanno ben con-servato le riserve idriche accumulate nei mesi scorsi. A distanza di quattro mesi dalla vendemmia il giudizio di produttori e addetti ai lavori è unanime: il 2011 del Chianti Classico ha retto bene gli eccessi termici di fine stagione e lascia ben spe-rare per il futuro. La stagione, infatti, ha regalato un frutto ben equilibrato, grazie a un territorio fortemente collinare, for-mato da terreni per lo più argillosi che hanno potuto accumulare durante l’anno le riserve idriche necessarie ad affrontare i picchi termici dell’ultimo mese. Inoltre il Sangiovese – pie-tra angolare e cuore pulsante del Gallo Nero – si è negli anni perfettamen-te ambientato al clima del territorio chiantigiano ed ha retto bene al grande caldo che ha carat-

terizzato i mesi estivi, traendone beneficio, al punto di portare i grappoli a matura-zione con una/due settimane di anticipo rispetto ai tempi tradizionali. Il buon andamento delle condizioni atmosferiche riscontrato nel passare delle diverse stagio-ni ha sicuramente contribuito a quello che potrebbe essere un grande millesimo per il Gallo Nero: un fine inverno caldo e pio-voso ha aperto le porte a una primavera mite con piogge, intorno a fine maggio e inizio giugno, che si sono rivelate utili per

garantire una buona riserva idrica alle piante, il cui svilup-po è proceduto con un leggero anticipo sull’andamento tra-dizionale. La fine del mese di giugno e l’inizio del mese di luglio particolar-

mente caldi hanno accelerato le ultime fasi di sviluppo dei grappoli. L’agosto molto caldo e con assenza di piogge, aiutato dall’ottima escursione termica di settembre, ha completato la maturazione dei grappoli la cui quantità però nel 2011 è calata di circa il 10% rispetto alle passate stagioni. «Sotto il profilo sanitario l’anda-mento climatico della stagione è stato otti-mo, quasi perfetto direi – ha specificato Marco Pallanti, Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – Le uve arrivate in laboratorio a Settembre hanno da subito presentato condizioni sanitarie eccezio-nali, in particolare il Sangiovese che pre-senta un tenore zuccherino molto alto». L’affinamento in cantina ha registrato un andamento regolare. Le piogge arrivate a fine settembre nel Chianti hanno, infatti, abbassato le temperature, soprattutto nei vigneti di quota più alta, così la fermenta-zione delle uve non è avvenuta in tempi

IL 2011 DEL CHIANTI

CLASSICO HA RETTO BENE GLI ECCESSI TERMICI DI FINE

STAGIONE

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troppo rapidi, come in altre zone della regione che non hanno potuto godere di temperature più fresche poco prima della vendemmia. A ormai cinque mesi dalla vendemmia le ottime previsioni di settembre iniziano a diventare più solide certezze. Il vino in cantina si presenta con un’ottima acidità e con tannini “croc-canti”, che sembrano avere tutte le carte in regola per garantire un millesimo da apprezzare anche nel tempo.

la deguStazIone aI tavolI con I Som-melIerS. Di turno il Chianti Classico annata 2010 e riserva 2009; a seguire altri vini fino al 2006 di ben 152 produttori presenti. Per i vini in degustazione questa la proposta: 47 Chianti Classico DOCG 2010; 96 Chianti Classico DOCG 2009; 23 Chianti Classico DOCG 2008; 5 Chianti Classico DOCG 2007; 1 Chianti Classico DOCG 2001; 33 Chianti Classico DOCG Riserva 2009; 61 Chianti Classico DOCG Riserva 2008; 22 Chianti Classico DOCG Riserva 2007; 4 Chianti Classico DOCG Riserva 2006, per un totale di 292 vini.

deguStazIone chIantI claSSIco docg 2010. 47 i campioni presentati di cui ben 21 come “campione da botte”. Dunque non è rimasto che assaggiare la rimanenza di quelli imbottigliati per

capire come si delineava l’annata. Il 2010 di certo non sarà ricordata tra le annate più grasse, buoni però i profili aromatici e fruttati, molto in linea con il vitigno (in particolare nei colori) e con legni discreti sia al naso che in bocca. Ottima la sapidità e la freschezza balsamica anche nel retrogusto, mai appesantiti da gusti cacaosi o di speziature grevi. In molti vini si notava una bella minera-lità e lunga piacevolezza nel retrogola. Un’annata che fa ben sperare da subito. Tra gli assaggi da tenere in buona memo-ria: Bibbiano; Castellare di Castellina; Casuccio Tarletti; Fonterutoli; Castello di San Donato; Castello di Vicchiomaggio; Felsina Berardenga; Gagliole Rubiolo; Tenute di Nozzole.

deguStazIone chIantI claSSIco docg e chIantI claSSIco rIServa docg 2009. 96 campioni + 33 Riserve, tutti da bottiglia per un bel bere armonioso e interessante. Una trentina i miei assaggi (ma solo per il tempo che è venuto a mancare e degustati pertanto ai banchi dei produttori). Una lettura dell’annata ci porta a dire che i vini assaggiati (e a volte anche bevuti) hanno una bella nota di freschezza e di eleganza, nessuna nota verde (a volte balsamica o resinosa ma non verde), con finali al naso di spezie gentili e sigari. Poche le note di

confetture. In bocca si ha una bella armo-nia acido/tannica con piacevolezza di beva da lasciare quasi senza parole (ancor di più nelle riserve). Erano anni che non si trovavano vini così ben equilibrati e di grande impegno anche nel finale (cioc-colato mentolato e liquirizia). Fare un elenco degli assaggi mi sembra esagerato (tanti erano i vini buoni) e pertanto mi limito a segnalare i primi 10 che hanno superato la soglia dei 91 punti: Castello di Volpaia; Cinciano; Isole&Olena; Rancia di Felsina; Vaggiolata di Monterotondo; Ormanni; Querciabella; Riecine; Torraccia di Presura; Riserva Tolaini.

la deguStazIone 2011. Alla postazione con i produttori era possibile degustare l’“Anteprima 2011”, per un totale di altri 55 vini, molti dei quali appena prelevati dalle botti o dall’acciaio. Uno spreco di vino che va a finire tutto nelle sputacchiere o perché troppo giovani e disarmonici o per tannini ancora non ben integrati con l’acidità. Di certo un quadro a dir poco desolante, da testimoniare agli organiz-zatori, anche se poi, anche chi scrive, ha degustato, per forza o per voler sapere, una decina di questi campioni. Per la verità 3 di questi assaggi erano anche lodevoli: Castello della Paneretta; Fattoria Ispoli e I Massi de Il Colombaio di Cencio.

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Anteprime toscane

Presentazione tutta italiana per un vino che vince all’estero

Anteprima Nobile di Montepulciano 2012

L’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano 2012, per la stampa, ha preso il via il 22 Febbraio scorso, con la cena di gala nella suggestiva ed accogliente location della Fortezza, finalmente ridata al pubblico, anche se manca ancora qualche ritocco. Ma da subito, complimenti all’amministrazione comunale ed a i produttori per come hanno saputo adeguare questa storica dimora ad un grande contenitore di mostre e convegni. Bravi!!

Nelle due giornate precedenti, dedicate ai buyer, si è avuto un record di presenze mai visto, infatti, si contavano circa 120 tra buyer e opinion leader del settore provenienti da tutto il mondo e selezionati da Toscana Promozione. Taiwan, Vietnam, Hong Kong, India, Cina, Russia, Usa, Brasile, Giappone, Norvegia: sono solo alcuni dei 31 paesi rappresentati da questo gruppo che, oltre

a conoscere la Fortezza e le nuove annate, hanno avuto modo di visitare il territorio, soffermandosi in alcune aziende e andando alla scoperta del patrimonio artistico e pae-saggistico di Montepulciano. Massiccia anche la partecipazione dei professionisti (commer-cianti, ristoratori ed enotecari), convenuti a Montepulciano da tutta Italia e sorpresi, pure, dalla grande quantità di neve trovata nella patria del Poliziano della settimana pre-cedente. Tra le tante novità dell’Anteprima

2012, la presenza di un ospite internazionale, resa possibile grazie alla collaborazione della galleria d’arte Opio5 di Montepulciano. Si parla di Peter Gaymann, celebre vignettista, pittore e fotografo tedesco, grande appas-sionato dell’Italia, dei suoi vini e dei suoi cibi, che più volte ha ritratto nelle sue tavole. Fin dal primo mattina Gaymann realizzava “in diretta”, per gli ospiti, vignette e schizzi

personalizzati che poi sono stati esposti uni-tamente ad un’inedita collezione ispirata a Montepulciano e al Vino Nobile. Ma ritorniamo alla cena di gala e alla bellis-sima accoglienza degli ospiti con la banda “Divinorchestra: quando la musica riesce a suonare il vino”. Divinorchestra è la prima formazione musicale che celebra il mondo del vino suonando con strumenti artigia-nali costruiti attingendo appunto al mondo del vino. Gli orchestrali sono musicisti professionisti e allievi di scuole musicali, accademie e conservatori: normalmente danno vita all’Orchestra Poliziana, l’or-ganico interno all’Istituto di musica della Fondazione Cantiere Internazionale d’Ar-te. Un’orchestra vera e propria, dunque, che nelle occasioni speciali lascia però dietro le quinte gli archi e gli ottoni per suonare con bottigliofoni, imbutofoni e damigianofoni, flauti a boccia, barrique e caratelli come percussioni e magnum usate come grandi maracas. L’ensemble esegue in diretta brani inediti, tra cui gli espliciti “Canta cantina” e “Caro caratello”, scritti e pensati proprio per la Divinorchestra dal maestro Luciano Garosi, direttore e inven-

Si È AVuTO un ReCORD Di pReSenZe MAI VISTO, INFATTI SI CONTAVANO CIRCA

120 TRA BUYER E OPINION LEADER

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tore dell’inedita formazione, che spiega così questa idea innovativa: «Montepulciano, città del vino e della musica, coniuga le sue caratteristiche in un esperimento mai visto prima. Suoni persistenti, colori decisi, dinamiche vellutate: ci piace pensare che in un momento così delicato, il nostro pubblico possa inebriarsi con la musica e la creatività». E davvero ci siamo divertiti. A dire la verità non male neanche l’offerta gastronomica del Catering Massimiliano Cappelli, di certo la migliore cena delle ultime edizioni. Tra i ricordi: carpaccio di Chianina; zuppa di ceci con straccetti di gota di cinta senese; carrello di carni arrosto; pecorini assortiti ben scelti; panna cotta allo zafferano con salsa al Vin Santo secco. L’Anteprima ha sottolineato un altro degli aspetti emergenti di Montepulciano, quello culturale e artistico. Al termine della cena di benvenuto, i giornalisti, infatti, hanno potuto visitare, con una guida, il Museo Civico – Pinacoteca Crociani, aper-to per l’occasione, soffermandosi tra reper-ti archeologici, davanti alle terrecotte dei Della Robbia o, soprattutto, al cospetto del Ritratto di gentiluomo, recentemente attribui-to a Caravaggio. Per l’occasione ben 8 Vin Santo erano a disposizione per chiudere in dolcezza la serata di gala.

la preSentazIone e la deguStazIone. Giovedì 23 febbraio: Una giornata solare ci ha accolti al mattino in Fortezza. Non male pensando che una settimana prima si avevano ben 7 gradi sotto lo zero e neve a volontà. Alle 9,30 già al lavoro degusta-tivo con bravi e professionali sommeliers. Alle 11, presenta-zione dell’anna-ta 2011 illustra-ta dall’enologo Mauro Monicchi, saluto del sinda-co Andrea Rossi e del presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Federico Carletti. Un intermezzo che si potrebbe evitare nel bel mezzo della degustazione, a cui nessuno fa caso. In compenso si ha una cartella stampa davvero completa da potersi leggere a casa in tutta comodità. Trentaquattro le aziende presenti con i propri banchi di assaggio dislocati nelle sale dell’antico edificio. Annata in anteprima la 2009 (33 vini di cui 16 “campione da botte” e siamo quindi alle solite… Si assaggiano con attenzione i cam-pioni in bottiglia, lasciando meno attenzione agli altri, per non incappare nei soliti problemi di cui non stiamo ancora a raccontare). Altri 29

sono i vini in degustazione ai banchi con i som-meliers tra “selezione” e “riserva” (di cui altri 4 “campione da botte”). Come per il Chianti anche qui il Prugnolo Gentile (Sangiovese) ha fatto bene la sua parte donando vini floreali, fruttati, fini ed eleganti con speziature modeste e belle balsamicità. In bocca i tannini sono presenti ma abbastanza levigati, alta l’acidità che si allungava sin nel retrogusto con toni aspri e ruvidi. Le mie preferenze sono andate a: Nottola; Corte alla Flora; Lunadoro; Lodola Nuova; Le Berne; Le Bertille; Poliziano; Dei; La Braccesca; Boscarelli e Casale Daviddi. Tra i vini “campione da botte” Il Macchione; La Ciarlana; Poggio alla Sala; Icario; Godiolo; Bindella e Villa Sant’Anna.

note In chIuSura. Se il vino è il prodotto principe a Montepulciano, tuttavia la forte vocazione agricola di queste terre si espri-me attraverso tanti altri prodotti unici. Non è un caso che sia nato il progetto “Arte e Cibo” grazie al quale la Strada del Vino Nobile ha creato un concetto di “filiera corta” che lega l’artigianato (altro grande patrimonio) alle delizie di Montepulciano: dalle carni di razza Chianina, il cosiddetto Gigante Bianco invidiato in tutto il mondo, a quelle di Cinta Senese (la prima carne in Europa a ricevere la Dop). Non possono mancare nella lista dei prodotti d’eccel-lenza l’Olio extravergine d’oliva Terre di Siena Dop e Toscano Igp, inconfondibili espressioni degli oliveti collinari e lavora-

ti nel Frantoio di Montepulciano, che raccoglie gran parte della produzione loca-le. Anche il for-maggio pecorino trova un grande centro di produ-

zione di qualità a Montepulciano (come non ricordare Cugusi), grazie al clima e al territorio ideale per il pascolo delle peco-re. Senza dimenticare il grano, l’oro della Valdichiana, grazie al quale si producono farine ideali per la realizzazione di pasta, come i “pici”. Il recupero di molte ricette tradizionali a base di questi eccellenti pro-dotti è stato favorito dal concorso estivo A Tavola con il Nobile, organizzato dal Consorzio del Vino Nobile in un’atmo-sfera resa ancor più gustosa dalle iniziative gastronomiche realizzate dalle otto contra-te poliziane.

lA FORTe VOCAZiOne AGRICOLA DI QUESTE

TERRE SI ESPRIME ATTRAVERSO TANTI

PRODOTTI UNICI

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Anteprime toscane

Ultima tappa della settimana di degustazio-ni, dal 24 al 27 Febbraio, Montalcino ha attirato, com’è giusto che sia, giornalisti, critici e operatori provenienti da tutto il mondo. Ecco alcuni numeri dettati dal Consorzio: 250 giornalisti accreditati, di cui un centinaio stranieri, 30 paesi esteri rappresentati e 4.500 gli operatori che hanno affollato il Chiostro del Museo nei giorni di domenica e lunedì. La novità di quest’anno è stata la “digitalizzazione” dell’evento attraverso il blog e i principali social media (Facebook, Twitter, Youtube, Flicker ecc.) che ha riscosso un gran-de successo. L’edizione di quest’anno di Benvenuto Brunello ha riservato anche un’attenzione particolare alla solidarietà, con un evento di beneficenza a cui in tanti hanno voluto contribuire: 1.200 tra t-shirt e felpe, con stampato il disegno della pia-strella celebrativa della vendemmia 2011 realizzato quest’anno dagli stilisti della grif-fe “Salvatore Ferragamo”, sono state ven-dute durante la manifestazione per racco-gliere fondi da destinare all’acquisto di una nuova ambulanza per la Confraternita della

Misericordia di Montalcino. Giovanna Gentile Ferragamo ha presenziato alla ceri-monia di presentazione della piastrella e dell’evento di beneficenza. «Abbiamo voluto dare un nuovo volto a questa 20esima edizione di Benvenuto Brunello – ha commentato il Presidente del Consorzio Ezio Rivella – innanzitutto sfruttando appieno la bellezza del Chiostro del Museo di Montalcino, che ha ospitato non solo le degustazioni ma anche il nuovo spazio dedicato interamente agli incon-tri tra produttori e giornalisti. E ancora l’esperimento della nuova versione “social” dell’evento, che ricordo essere stata la prima in Italia per un appuntamento enologico, e che crediamo ci abbia permesso di avvici-narci a tutti quegli appassionati che non hanno potuto venire a Montalcino ma che riconoscono il prestigio e l’impor-tanza del nostro vino e della nostra mani-

festazione. E infine l’evento di solidarietà, a cui noi abbiamo creduto ma che non sarebbe stata possibile senza il fondamen-tale contributo e la passione di Giovanna Gentile Ferragamo e dei suoi collaborato-ri». Al Teatro degli Astrusi si sono tenute le previste manifestazioni per celebrare il rating della Vendemmia 2011 (assegnate 4 Stelle), la presentazione della piastrella (firmata Ferragamo) e l’assegnazione del Premio Leccio d’Oro.Per quanto riguarda la formella, che com’è ormai tradizione, viene poi cementata sul muro esterno del Palazzo Pubblico di Montalcino, l’immagine è stata rea-

lizzata dagli stilisti della “Salvatore Ferragamo”, grif-fe dell’alta moda di fama internaziona-le. Lo stesso dise-gno (come detto sopra) è stato ripro-dotto su t-shirt e

felpe messe in vendita durante la manife-stazione. La piastrella rappresenta un’ori-

Una manifestazione che ha riservato molte sorprese

Anteprima di Benvenuto Brunello 2012

ABBIAMO VOLUTO DARE UN VOLTO

NUOVO A QUESTA 20eSiMA eDiZiOne

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ginale composizione floreale in cui le foglie di vite, i pampini e i grappoli fanno da sfondo a un bicchiere e una bottiglia di vino, che prendono forma da delicati fiori bianchi e rosa. Il “calendario del Brunello” è possibile ammirarlo nel cen-tro storico di Montalcino ed è una vera e propria galleria d’arte con opere di artisti come Sandro Chia e Oliviero Toscani, stilisti di moda quali Roberto Cavalli e Ottavio Missoni, il vignettista Emilio Giannelli o campioni dello sport come Deborah Compagnoni. Ad aggiudicarsi il premio Leccio D’Oro quest’anno sono stati il Gaia Restaurant di Hong Kong per la categoria ristoranti, il Biondivino Wine Boutique di San Francisco (USA) per la categoria enoteche e l’Antica Trattoria Suban di Trieste per la categoria osterie. Il Gaia Restaurant (www.gaiagroup.com), uno dei migliori ristoranti italiani di Hong Kong, è stato il primo locale aperto dal “Gruppo Gaia”, nato nel 2000 e rapida-mente diffusosi in tutta la Cina attraverso l’apertura di numerosi altri ristoranti e bar. Il Gaia Restaurant di Hong Kong è gesti-to da Pino Piano: napoletano di nascita. Piano ha viaggiato per tutto il mondo, spostandosi da Londra a New York fino ad approdare a Hong Kong. La carta dei vini conta oltre 600 bottiglie, tra italiane e francesi. L’enoteca Biondivino (www.biondivino.com) di Ceri Smith nasce nel 2006 ed è specializzata soprattutto in vini italiani. L’esclusiva “italian wine boutique” di San Francisco comprende nella sua “wine list” qualcosa come 490 vini di venti regioni italiane di cui 150 con un costo, sullo scaffale, inferiore ai venti dollari. L’Antica Trattoria Suban (www.suban.it) di Trieste nasce nel lontano 1865 e da allora quattro generazioni di ristoratori si sono prodigati per portare avanti la tradizione gastronomica triestina nata dalla convivenza di genti, religio-ni, usi e costumi diversi. La trattoria fu aperta, e tuttora si trova, nel rione di San Giovanni, zona di sosta e di passaggio per i traffici che si svolgevano tra l’altipiano carsico e Trieste. Oggi la trattoria è gestita da Federica Suban.

la preSentazIone deI vInI. Montalcino ha proposto in anteprima i vini che stanno per essere lanciati sul mercato: l’annata 2007 per il Brunello, la 2006 per la Riserva e l’annata 2010 per il Rosso.

Molte le novità migliorative e innanzitut-to la presenza di uno spazio interamente dedicato all’incontro tra giornalisti e pro-duttori nel cortile di Palazzo Pieri, col-legato con il Chiostro di Sant’Agostino dove si sono svolte le degustazioni e “centro nevralgico” di tutta la mani-festazione. E’ stato inoltre creato, per la prima volta all’interno di un evento enologico italiano, uno spazio interattivo dove esperti, operatori e appassionati hanno potuto interagire tra loro, scam-biare informazioni, opinioni, materiali, foto e video. L’accesso alle informazioni, tradotte sempre in 3 lingue, avveni-va attraverso la homepage del sito del Consorzio (www.consorziobrunellodi-montalcino.it), che fungeva da “porta di accesso” a tutti i contenuti multimediali disponibili online. Ad essere protagonisti di questa “rivoluzione social” del vino, di cui il Brunello è stato pioniere, sono stati il territorio e i suoi produttori che sono stati fatti oggetto di interviste durante i giorni dell’evento. Tra i temi toccati: il futuro di Montalcino e dei suoi vini, gli assaggi e le valutazioni, i vigneti e le cantine, i personaggi del vino (nuovi nati e grandi vecchi, i giovani, le donne del vino ecc.), e i percorsi turistici del terri-torio oltre il vino ecc. Gli organizzatori hanno dato molto enfasi ad un evento definito da 15 stelle. Quest’anno, infatti, l’anteprima ha avuto per protagonisti 3 vini di vendemmie che hanno ricevuto le 5 stelle, cioè il massimo del punteggio ottenuto dalla commissione che ogni anno valuta la bontà della vendemmia. Sulle annate “superstar” celebrate in questa di Benvenuto Brunello, si può ribadire quanto già sottolineato da critica e produttori. Per il 2007 tutti furono concordi che la vendemmia avrebbe dato un vino elegante e strutturato, con buona componente polifenolica e dall’acidità contenuta. Ciò grazie ad uve con elevate gradazioni zuccherine e con la maturazione delle componenti fenoli-che. Per quella del 2006 (le riserve) e del 2010 (i rossi), la critica è stata concorde: due tra le migliori annate di sempre. Per quel che concerne la seconda e cioè la vendemmia 2010, produttori ed esper-ti condividono l’opinione che l’annata abbia manifestato caratteristiche stra-ordinarie per il Sangiovese, sia sotto il profilo organolettico sia sotto quello dei

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Anteprime toscane

parametri compositivi, che – oltre ad una gradazione alcolica di ottimo livello e in alcuni casi anche piuttosto alta – presentavano valori di polifenoli totali, di antociani e di estratto molto elevati e raramente riscontrabili in questo vitigno.

la deguStazIone. I numeri, innanzitut-to: 140 i “Brunello di Montalcino Docg 2007” più altri 7 campioni “Preferenze”, una quindicina le “Selezioni 2007”; 16 le “Riserve 2006”; 88 i “Rosso di Montalcino 2010” e 33 i “Rosso di Montalcino 2009”; 10 i “Moscadello” e 2, infine, i Sant’Antimo “Vin Santo”.Per le considerazioni di degustazione par-liamo subito dei colori: finalmente siamo ritornati alle vere tonalità rosso/rubino con riflessi aranciati, pochi i colori scuri per eccessive estrazioni, e fermiamoci qui per non toccare tasti dolenti. Al naso le sfumature floreali erano pochissime, i sen-

tori fruttati invece erano sempre presenti in tutti i vini con una scala che andava dal frutto fresco al frutto maturo e comunque quasi mai marmellatosi e/o di prugne cotte, con finali tendenti al balsamico (resina, liquirizia, menta, limoncella) con punte di legno ma molto ben dosati e non eccessivamente “boisé”. Interessante sco-prire che ben pochi vini avevano sentori terziari. In bocca molta complessità con acidità contenute che ben si erano inte-grate con i tannini, mai spigolosi, a volte ancora ruvidi, ma non da non consentire una piacevole degustazione che poi ben si soffermava nella gola con retrogusto

POCHISSIME LE RISERVE 2006 PRESENTATE E QUASI TUTTE

DI GRANDE LIVELLO

sempre fresco, balsamico, a volte cioccola-toso ma non pesante di tostature caffeose. Buoni gli spunti di mineralità. Un’anna-ta che penso abbia reso felici numerosi colleghi, in particolare, quelli esteri, che avevano espressioni di piacevole soddisfa-zione. Un’annata da posizionare superiore al 2005 con alcuni vini ben predisposti all’invecchiamento. Pochissime le riserve 2006 presentate e quasi tutte di grande livello. Ancora qualche punta di acidità da digerire ma la componente tannica era davvero piacevole. Per i rossi, pochi i vini degustati per mancanza di tempo. Molti i vini rossi del 2009 (che io non ho degusta-to). Una ventina gli assaggi saltando, come si suol dire, di palo in frasca, tra i banchi di assaggio con i sommelier e i tavoli con i produttori. Interessanti sentori di frutta fresca rossa, poco smalto, finezza e puli-zia, qualche punta di speziatura. In bocca vinceva l’acidità ma i tannini erano ben

lineari e non davano problemi di beva. Direi che se queste sono le basi dei rossi, si può ben sperare nel fratello maggiore: il Brunello che sta maturando in cantina.Tra le mie preferenze nei “Rossi di Montalcino 2010”: Agostina Pieri; Fat-toi; Gianni Brunelli; Paradiso di Manfre-di; Le Ragnaie; Pian delle Querci; Siro Pacenti; Solaria e Uccelliera. Queste le “Riserve 2006” che ho rite-nuto più interessanti: Collemattoni; Lisi-ni; Mocali; Pinino; Sesti (Phenomena); Tiezzi. Qui le “Selezioni di Brunello 2007”: Altero di Poggio Antico; Villa Loreto di Mastrojanni; I Poggiarelli de La Mannella; Le Ragnaie V.V e Le Ragnaie Vigna For-nace; Vigna Manapietra de La Lecciaia e Madonna delle Grazie de Il Marroneto. E, infine, le preferenze su 62 “Brunello Docg 2007” degustati: Donna Olga; Baricci; Campogiovanni; Caprili; Castel-lo Romitorio; Collemattoni; Fossacolle; La Fiorita; La Fortuna; La Poderina; La Rasina; Lambardi; Le Chiuse; Lisini; Pian delle Querci; Podere Brizio; Poggio Antico; Renieri; Ridolfi; San Lorenzo; Sesta di Sopra; Solaria; Talenti; Tenuta Le Potazzine e Tenuta di Sesta.

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La vacanza ideale tra comfort e tradizione

Se il viaggiatore di oggi potesse accedere a tutte le scale, i passaggi segreti e le vie di fuga tuttora esistenti nel Castello di Meleto, salendo verso l’alto si ritrovereb-be sulla torre centrale, risalente all’anno 1000. Da lì la sua vista dominerebbe la valle del torrente, ora denominato Massellone ma, anticamente, chiamato, probabilmente “Chianti”. Il fiume ha ori-gine fra Firenze ed Arezzo e volta le spalle all’Arno, scorrendo verso Siena. Il nome “Meleto in Chianti” compare per la prima volta nel 1269, nel Libro degli Estimi dei Guelfi Fiorentini, come proprie-tà della Famiglia di Ranierii de’ Ricasolis. Meleto era quindi un castello guelfo e face-va parte di una schiera di fortificazioni che Firenze contrapponeva a Siena, in qualità di ultimo baluardo di difesa posto in un lembo di terra meraviglioso.Quando arriverete a Meleto, ci sarà un momento, verso l’ora del tramonto, con la luce rosata che precede il calare della notte, quando gli uccelli rapaci lanciano il loro richiamo e gli ultimi passeri si nascondono fra le fronde del parco, in cui

vi sentirete in un altro mondo, immersi nel silenzio della campagna toscana. Alzando lo sguardo verso le torri circolari, costruite nel Quattrocento per difendere il castello dagli assalti degli invasori e dei loro archibugi, potrete senz’altro pensare di essere in un’altra epoca, ai tempi dei cavalli e dei cavalieri, degli armigeri e delle damigelle. All’interno, tante epoche si sono stratificate e oggi si può ammira-re il gusto aristocratico del passato, ben rappresentato nelle stanze decorate ed affrescate in stile barocco e nel magnifico piccolo teatro settecentesco, intitolato alla Compagnia degli “Accesi”.

meleto oggI. Oggi il Castello di Meleto è il centro dell’omonima importante azien-da vitivinicola, che coniuga la produzione di vini di pregio con l’ospitalità ai turisti e agli appassionati enogastronomi che desiderano conoscere il territorio dove si coltiva l’uva che andrà a spremersi nel vino che possono bere. Tutto è a misura di uomo, con ritmi naturali e paesaggi straordinari.

Il viaggiatore ha la possibilità di poter degustare il vino insieme a saporiti salu-mi, sapendo che qui si allevano – a km zero – i pregiati suini di cinta senese Dop, una razza così antica che è raffigurata (un maiale nero, rustico e selvatico, quasi un cinghiale, ma con una fascia bianca in vita, come una “cintura”) nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti Effetti del Bono e del Cattivo Governo al Palazzo Pubblico di Siena. E l’habitat ideale per questi animali così rustici sono proprio i boschi del Castello di Meleto.

la tenuta ed I prodottI. I terreni della tenuta di Meleto si estendono per circa 1.000 ettari, di cui 160 coltivati a vigneto. L’uva prevalente è il tradizionale Sangiovese, principale base del Chianti Classico: altri vitigni coltivati sono Merlot, Cabernet e Sirah. Il terreno è arido e sas-soso, ideale per la coltivazione della vite che produce uve di grande pregio.I vigneti di Poggiarso, Moci, Casi, Spaltenna, sono i “cru” più importanti del Castello di Meleto. Nelle vigne si

Luca Casamonti

Resort da sogno

Castello di Meleto

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può vedere e, in un certo senso, “toc-care con mano” come la vite riesca a dare il suo frutto migliore in terreni aridi e sassosi, dove vegeta al limite della sopravvivenza, data la composizione del terreno (marne calcaree, galestro ed alberese). I prodotti che ne derivano sono l’espressione del “terroir” e della tradizione chiantigiana.I vigneti di Meleto producono circa 6.000 kg. di uva per ettaro. L’uva vendemmiata a mano è destinata alla produzione di quattro principali linee di vino: il Chianti Classico Docg, il Chianti Classico Docg Riserva e tre Igt: il “Borgaio”, il “Fiore” ed il “Rainero”, quest’ultimo un omaggio al primo pro-prietario del Castello.Il Chianti Classico Castello di Meleto è un vino moderno ma di tradizione chiantigia-na, che conserva un gusto fine ed elegan-te. La Riserva, il Fiore ed il Rainero hanno una struttura molto intesa ed un bouquet caldo e profumato. Il Castello produce inoltre un ottimo Vin Santo Doc del Chianti Classico, due grappe, un ottimo olio “bio” extravergine di oliva, alla base della tradizionale cucina toscana, e il miele, dagli alveari immersi nella campagna.

vacanze. Il Castello di Meleto è al centro di un ideale triangolo formato dalle città di Siena, Firenze ed Arezzo. Direttamente addossate alla fortifi-cazione si trovano le case colo-niche Limonaie e Terrazze, rivolte verso la campa-gna, mentre altre abitazio-ni dei vecchi mezzadri – Loggia, Vignanova – sono a pochi passi dal Castello. Ristrutturate mantenendo le caratteristiche origina-li secondo lo stile rustico toscano (pavimenti in cotto, soffitti con travi a vista) ma con tutti i comfort moderni, hanno a disposizione una ter-razza o un giardino privato.Alta sulla collina, troviamo Casanova, una magnifica ex casa colonica, restaurata con i migliori accorgimenti per un piacevole soggiorno. Messa in una straordinaria posizione panoramica, domi-na il Castello e la valle del Massellone e a suo fianco troviamo una scenografica piscina d’acqua salata.

A Meleto è possibile soggiornare anche nelle camere al primo piano del Castello e nella casa Canonica, di fianco alla Cappella ed alla reception dell’agriturismo. Ben accessibile dai giardini si trova un’al-tra bella piscina a sfioro che si affaccia sulla campagna incontaminata. Da Meleto si possono fare comode gite nelle città d’arte come Firenze e Siena, San Gimignano, Arezzo, Perugia. Altre mete come Montalcino, Montepulciano, Chianciano, Bagno Vignoni, Pienza, Saturnia, Pitigliano e la Val d’Orcia si tro-vano tutte a breve distanza e si possono visitare tutte in un’unica giornata.Il Golf Club dell’Ugolino, uno dei più bei green d’Italia, è a soli 45 minuti; per trascorrere un soggiorno indimenticabile, possono essere organizzati voli in mon-golfiera e immersioni nelle acque termali.

Il Castello è punto di partenza per percorsi trekking in campagna, “eroiche” passeggiate in biciclet-ta o a cavallo fra pievi e castelli, vigneti e boschi. A Meleto l’enoturista può tro-vare tutto ciò che cerca per conoscere ed apprezzare più profondamente un territorio: la visita guidata del Piano Nobile del Castello e del teatrino, delle

antiche cantine sotterranee, con le segrete e l’antica “via di fuga”, si con-cluderà nella piacevole Enoteca dove, sotto le antiche volte, è pos-sibile degustare con tranquillità ottimi vini e distillati. Oltre ai prodotti della fattoria – vini, liquori, un intrigante Spumante Rosé prodotto con metodo classico da uve Sangiovese, grappe, brandy, salumi di cinta e miele – si trovano anche numerosi pro-dotti artigianali, tipici della zona del Chianti. E poi un corso di cuci-na, per imparare i segre-ti delle massaie toscane, un simpatico barbecue nel “Salvatico” o un’in-dimenticabile cena nei

IL CHIANTI CLASSICO CASTELLO DI MELETO È UN VINO MODERNO

MA Di TRADiZiOne CHiAnTiGiAnA

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saloni affrescati, per vivere l’autentica atmosfera della villa di campagna.Infatti, come insegnano le recenti mani-festazioni di Perugia e di Milano, la IWTC e la BIT, l’enoturismo in Italia sta assumendo un ruolo sempre più impor-tante per l’intero settore e si contano cinque milioni di turisti in Italia, per un fatturato di altrettanti miliardi di euro.Il Castello è anche cornice ideale per eventi speciali: feste di nozze o serate di Gala “Medioevali”, seminari e conferenze nella Scuderia, a cui far seguire una riu-nione conviviale nei saloni o nel giardino.

la fornace dI meleto. Nei tempi antichi il Castello di Meleto era indi-pendente, oltre che per le coltivazioni necessarie alla sopravvivenza degli abi-tanti fra cui il grano, il vino, l’olio, anche per i materiali da costruzione. Nelle vicinanze del Castello si trovavano i ruderi di due Fornaci: una per la calce ed una per i mattoni. All’inizio della strada che porta a Meleto, è aperto il Ristorante – Wine Bar “La Fornace di Meleto” che, dopo un atten-to restauro della vecchia fornace per mattoni, è diventato una pregevole oste-ria. Qui potete gustare le specialità della cucina toscana o piatti innovativi, ma sempre con l’utilizzo dei genuini ingre-dienti della zona come i salumi di cinta senese, la fettunta all’olio extravergine di oliva, la pappa al pomodoro, i pici e la classica bistecca alla fiorentina.

pIeve dI Spaltenna. La Pieve roma-nica di Spaltenna, che risale alla fine del X Secolo, si trova a breve distan-za da Gaiole, nel cuore del territorio più antico del Chianti Classico. Con tre navate, la Chiesa, di proprietà del Castello di Meleto, è un tipico esempio di edilizia religiosa romanica. Semplici pilastri di filaretto di alberese sostengo-no cinque grandi arcate che reggono la copertura a capriate. Gli altari laterali settecenteschi e l’Altare Maggiore non interrompono la sobrietà del perimetro murario. La torre campanaria, posta sul

lato sinistro della facciata è alleggerita da aperture che permettono l’entrata dei raggi del sole. Oggi nella Pieve si

celebrano anche i matrimoni religiosi degli ospiti del castello di Meleto.

progetto verde per meleto. “Oggi un quarto dell’intero consumo, da domani chissà”. È questo l’ambizioso obiettivo che Meleto si è prefisso da quando è stato attivato il nuovissimo impianto fotovoltaico completamen-te integrato alla Cantina di Ponte di Meleto. L’impianto a regime ha una capacità produttiva di 88 kW, equiva-lente per l’appunto al picco massimo del fabbisogno della cantina in vendem-mia. Per tutto il resto dell’anno, l’azien-da cede in rete energia pulita.Oggi il Castello deve confrontarsi con la problematica ambientale ed è dovere di tutti studiare delle soluzioni idonee che permet-tano di risparmiare energia, ridurre l’impatto e migliorare la salubrità dell’area. Un vino di qualità deve essere prodotto in un ambiente sano e l’impegno di Meleto per il futuro sarà sempre più orientato in questa direzione.

QUI È POSSIBILE GUSTARE LE SPECIALITÀ DELLA CUCINA TOSCANA

O PIATTI INNOVATIVI

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Un brindisi ad Aqua...riva! Jacopo Rossi

Il lago di Garda è notoriamente uno de-gli scorci naturalistici più belli del nostro Paese. Le sue acque, insieme al verde cir-costante, hanno fatto perdere la testa a vip di spessore, italiani e stranieri, che hanno eletto quelle zone a meta predi-letta per evadere da jet-set, flash e riflet-tori di sorta. Le sensazioni che le sue rive regalano sono forti, personali, cambiano anche nel giro di pochi metri, variano a seconda dei locali e dei ristoranti. Uno di questi, l’Aquariva, situato a Padenghe,

Protagonisti in cucina

Ivan Favalli Paolo Favalli

dentro il West Garda Marina, già esal-tato da altre riviste di settore, descrit-to minuziosamente nelle guide e nelle “bibbie” enogastronomiche per tutti i gusti, è in grado di regalare emozioni particolari, ben definite. emozioni che, a sentire Ivan Favalli, uno dei due fra-telli titolari del locale, parlano di mare quasi a volerne emulare nell’essenza. Aquariva festeggia quest’anno il suo decimo compleanno: è dal 2002 infatti che allieta le serate dei suoi clienti con i suoi piatti, elaborati dallo chef Paolo Favalli, fratello di Ivan e co-proprieta-rio del locale, la ricca carta dei vini e la qualità del servizio.

Il locale. La vista di cui si gode dalle ampie vetrate e dalla terrazza estiva è molto suggestiva, indimenticabile: ri-schia quasi di rubare la scena al locale stesso i cui interni sono curati al mas-simo. Minimalista sì, ma non povero di dettagli, moderno ma anche marinaro chic, e non potrebbe essere altrimenti. Infatti il ristorante è dotato di un pro-prio approdo, che gli consente d’essere una delle mete più gettonate dagli aman-ti dei natanti che ogni giorno solcano le acque del Garda. Il ristorante, si diceva: è situato in una villa in stile liberty con marina privata risalente agli anni Sessan-ta, immersa nel verde curato di un par-co, il tutto a picco sulle acque del Lago. Negli interni domina il bianco, arricchi-to dalla tenue luce delle candele, dagli arabeschi dei tappeti persiani e dal ca-lore del caminetto, capace di regalare, insieme alla vista serale del lago, un’at-mosfera non certo comune, per un lo-cale che non si può accontentare solo dell’etichetta di “ristorante”. Aquariva è di più, è un locale per certi versi mon-dano, comunque versatile, adatto anche alle situazioni informali. Durante tutto l’anno può capitare di trovarsi nel bel mezzo di un party affollato, con note jazz in sottofondo, live, e fiumi di bolli-cine. Tutto può accadere.

l’eState. Ma è d’estate che il locale si “apre”, in tutti i sensi: la bella stagione regala visioni paradisiache del lago e la numerosa clientela del locale, comunque selezionatissima, ha l’occasione di assapo-rare il gusto di una movida che nulla ha da invidiare alle mete più classiche e patinate del bien vivre, come Saint Tropez, Forte dei Marmi, o Milano Marittima. Con il tepore primaverile spesso diventa difficile trovare un tavolo libero. L’ampia terrazza sul lago diventa luogo di appuntamenti irrinuncia-

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Protagonisti in cucina

bili, gli aperitivi chic e mai banali, sottoli-neati dalle note jazz-lounge di sottofondo. Ed il calendario, quando anche gli spazi aperti sono a disposizione per la clemen-za del meteo, si popola di eventi mondani, serate ed appuntamenti informali e mai impegnativi. Inoltre, accanto al ristorante, è aperto l’Aqualounge Yatching Bar,: buo-na musica, stuzzicherie sfiziose, distillati ricercati e champagne, cocktails, sigari e cioccolatini raffinati, d’alta pasticceria.

la cucIna. I piatti elaborati da Pao-lo, coadiuvato da uno staff di giovani cuochi, appartengono alla tradizione di mare e di terra, proposta però con

accenti ed assaggi di modernità. Gli in-gredienti sono tutti di qualità, sempre freschi, di giornata», come sottolinea ancora Ivan. Il pesce è ovviamente pro-tagonista, ma la carne gode del giusto spazio nel ricco menu. Crudité e car-pacci di pesce fresco come il tonno si-ciliano o le ombrine del Mediterraneo, ostriche, caviale, zuppetta, paella, bra-ce, fritto da intingere nell’agrodolce e capesante dorate; risotti, linguine con le mazzancolle e penne con l’astice. Ma, per quanto riguarda la carne, anche tor-telli d’anatra, quaglia laccata, jamòn ibe-rico, vitello con purè al tartufo e filetto di manzo al pepe nero del Madagascar.

Inoltre, per rispettare al volontà di ge-nuinità, sia il pane che tutti i tipi di pa-sta sono fatti in casa.

la cantIna. Tutte le pietanze del ricco menu sono annaffiate dai vini della can-tina, che Ivan seleziona personalmente. A disposizione dei clienti ci sono più di novecento etichette locali, nazionali, ed estere. Ma le vere protagoniste sono però le bollicine: la cantina propone più di centocinquanta prestigiose etichette di champagne francese, che sono valse al suo curatore il titolo di Cavaliere dello Champagne assegnatogli dal Gran Co-siglio dell’Ordine. Vi si trovano anche numerose bollicine nazionali che ren-dono, insieme agli altri vini, la cantina dei fratelli Favalli una delle più fornite in tutto il territorio nazionale. E, goliardi-camente, animano le serate estive a colpi di “sciabola”.

GLI INGREDIENTI SONO TUTTIDI QUALITÀ, SEMPRE FRESCHI.

LA CANTINA OFFRE PIù DI 900 ETICHETTE

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Finalmente anche l’Europa ha intrapreso l’importante percorso di valorizzazione del vino biologico e il concorso enolo-gico “La Selezione del Sindaco”, pro-mosso dall’Associazione Nazionale Città del Vino (la rete degli oltre 550 comuni italiani a forte vocazione vitivinicola), quasi anticipando questo importante rico-noscimento, ha inserito tra le tipologie di vini che le aziende possono presentare anche il vino prodotto con uve da agri-coltura biologica, dicitura che in futuro potrà essere cambiata in “vino biologico” qualora l’azienda allunghi la filiera del bio-logico dalla vigna alla cantina.Con l’introduzione del logo europeo è stato colmato un vuoto normativo che rischiava di creare fenomeni di distor-sione della concorrenza rispetto ad altre realtà produttive che già godono di un regime di tutela normativa; si tratta di un risultato importante per il nostro Paese che, ormai da tempo, ha deciso di puntare con decisione sull’agricoltura di qualità tanto da diventare leader indiscusso nelle produzioni biologiche.“La Selezione del Sindaco” già da alcu-ni anni ha aperto le porte del concorso anche all’Associazione Nazionale Città del Bio con il concorso “Biodivino” riser-vato, fino ad oggi, ai vini prodotti con uve da agricoltura biologica.Intanto prosegue presso i comuni Città del Vino e le loro aziende la campagna di adesione al concorso “La Selezione del Sindaco”, le cui sessioni di degusta-zione si terranno in Calabria, a Lamezia Terme, dal 25 al 27 maggio 2012, presso la Fondazione Mediterranea Terrina (ex Centro Agroalimentare); sarà invece il comune di Acri (Cosenza) ad ospitare il

Diventa “verde” la selezione del Sindaco

Città del Vino

Paolo Corbini

Manifestazioni

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banco di assaggio e la proclamazio-ne dei vincitori delle medaglie d’oro e d’argento.Il concorso è autorizzato dal Ministero per le Politiche Agricole ed è realizzato da Città del Vino in collaborazione con Recevin (rete delle città del vino d’Europa), dall’Associazio-ne Città del Bio e gode del patrocinio dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino).Al concorso (sta qui la sua originalità), possono partecipare in modo congiunto sia le aziende vitivinicole sia i loro comu-ni di appartenenza, presentando partite di vini Doc, Docg e Igt da un minimo di 1.000 ad un massimo di 50.000 botti-

glie prodotte per tipologia di vino. I comuni dovran-no iscriversi al concorso entro il 21 maggio 2012, mentre le aziende potranno iscri-versi non oltre il 15 maggio 2012. Per comuni e

aziende i moduli da scaricare e riempire sono disponibili sul sito www.selezione-delsindaco.it.Tra le novità de “La Selezione del Sindaco” 2012 c’è la prima edizione del premio “Impronte d’eccellenza. Tecniche agronomiche sostenibili per una viticoltura di valore” indetto da Città del Vino e Cifo (azienda leader nella produzione di concimi per l’agricoltu-ra) che premierà l’azienda vitivinicola

più “verde” che avrà vinto almeno una Medaglia d’Oro.Obiettivo del premio è quello di promuo-vere tra le aziende vitivinicole buone prati-che agronomiche sostenibili e compatibili con l’ambiente. Alle migliori tre aziende vitivinicole verranno assegnati altrettanti premi, che prevedono, tra le altre cose, anche forniture di prodotti CIFO e con-sulenze gratuite di tecnici dell’azienda.Per rimanere fedeli allo spirito del concor-so enologico che vede la partecipazione congiunta di comuni e aziende e che assegna i premi tanto al Sindaco quanto al produttore, CIFO garantirà per un anno il mantenimento di un’area verde pubblica del Comune dove opera l’azienda vitivini-cola che si sarà classificata al primo posto.Per informazioni sul regolamento di ade-sione a “La Selezione del Sindaco 2012” Premio Città del Vino-CIFO, si può con-sultare il sito www.selezionedelsindaco.it.

IL PREMIO VUOLE PROMUOVERE PRATICHE

AGRONOMICHE SOSTENIBILI

E COMPATIBILI CON L’AMBIENTE

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Se cercate il suo profilo su Facebook troverete che si definisce “un viaggiatore epicureo del III millennio”. Lui è Andrea Zanfi, scrittore toscano con più di 70 libri all’attivo e autore di Sicilia. Diari di ven-demmie…in compagnia di donne siciliane che racconta il rapporto tra le donne, il vino e la loro terra. Per la stesura del libro, edito dalla Salvietti & Barabuffi Editori, l’auto-re ha incontrato quarantaquattro donne e il libro prende spunto il viaggio fatto da Zanfi in Sicilia. È un racconto giornaliero che parte dagli incontri dell’autore con le donne del mondo del vino nei filari e nelle cantine delle loro aziende e che finisce per raccontare al lettore chi sono e cosa si può percepire di quelle impren-ditrici. Ma il libro non solo è un racconto letterario, ma anche fotografico, grazie alle belle immagini scattate dal fotografo siciliano Giò Martorana

Partiamo da lei, ci racconti chi è e come ha iniziato la sua carriera di scrittore.

Vengo da una generazione on the road, che ha battuto la strada e lavorato in altri settori. Il passaggio alla narrativa è stata una mia forte volontà, che mi era cresciuta den-tro e che volevo sviluppare gradualmente. In più c’era la mia gran voglia di viaggiare,

Tra le donne e il vinoalla scoperta della Sicilia

esplorare e conoscere. Ho cominciato a guardare la realtà con occhi diversi e col tempo, con l’esperienza che aumenta e con i capelli che diventano grigi cambia il modo

di rapportarsi con i luoghi, le persone e le cose. Ho cercato non solo di osservare tutto quello che mi trovavo davanti, ma di percepirlo e di capire ciò che mi voleva trasmettere. Quando mi trovo al cospetto del mio interlocutore mi pongo con la capacità di ascoltare, percepire e capire chi ho davanti e cosa mi vuole dire. Nei miei viaggi cerco di vedere la realtà con occhi nuovi, cercando di eliminare le mie esperienze pregresse. Non voglio essere io ad andare a cercare un qualcosa, ma voglio che quel qualcosa venga a cercare me.

Veniamo al suo libro, come mai ha deciso di raccontare la Sicilia e le donne siciliane?

Volevo tornare a raccontare quella terra a distanza di anni e dopo averne già parlato in altri miei libri come Viaggi tra

i grandi vini di Sicilia, Vivo è - I mercati del pesce in Sicilia e Marco, mio nipote, dedicato a Marco De Batoli, viticoltore, vignaiolo ed uomo fuori dagli schemi.

Ho voluto affrontare questo territorio con occhi e spirito diverso, fermando-mi ad ascoltare chi avevo di fronte. Ho cercato di andare a studiare una Sicilia diversa, una terra che sta uscendo da una società tradizionalmente patriarcale, ma che sotto aveva sempre un’interferenza matriarcale, che oggi si sta avviando verso un nuovo modo di pensare con le donne che si avviano sempre più ad essere protagoniste.

Che Sicilia ha trovato?Basta girare la Sicilia per accorgersi

di quanto siano unici i paesaggi rura-li che caratterizzano questa terra. Ho trovato un paesaggio aperto, che riesce a valorizzare al meglio il lavoro dell’uo-mo, riuscendo a creare un’architettura

HO CERCATO NON SOLO DI OSSERVARE TUTTO QUELLO CHE MI TROVAVO

DAVANTI, MA DI PERCEPIRLO E DI CAPIRE

Sullo scaffale

Andrea Zanfi

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ambientale unica e dipingendolo come un’opera d’arte. La vite e il vino assumono qui un ruolo indispensabi-le, sono il frutto del lavoro svolto fra quei filari e più di ogni altro prodotto agroalimentare comunicano l’essenza di un territorio e di chi vi lavora intor-no. Ero stato altre volte in Sicilia, ma a differenza del passato questa volta l’ho vissuta con il cuore in tutta la sua interezza, guardando questo territorio attraverso occhi nuovi e più maturi.

Come ha scelto le protagoniste del suo libro e cosa ci può dire delle donne che ha incontrato nel suo viaggio?

Le “Sicilie”, se così si può dire, che stavo cercando le ho incontrate negli occhi delle donne che ho incontrato nel mio viaggio. Ho trovato sguardi dolci, amorevoli e risoluti, ma soprattutto ho trovato persone che hanno difeso fortemente i loro padri, i loro figli, mariti, ma soprattutto le loro terre e le loro tradizioni. Dalle loro parole e dai loro sguardi ho appreso il duro piglio con cui affrontano il lavoro che hanno deciso di intraprendere e di portare avanti. Ho visto donne fiere di essere siciliane e che hanno preso proprio la loro terra come simbolo per un loro riscatto personale e come motivazione per fare sempre meglio. In ogni angolo della Sicilia ho trovato attivo il ruolo della donna, che con il suo approccio concreto è riuscita a dare un’immagine viva al settore vitivinicolo, regalando a esso uno stile inconfondibile e inimita-bile. Ciò che lega queste donne fra di sé è un sottile filo rosso che proprio loro sono riuscite ad intrecciare e tes-sere con forza, credibilità e autorevo-lezza per riuscire a rappresentare al meglio la loro terra, quella Sicilia vera, autentica, tradizionalista, rurale, antica e matriarcale che è ormai proiettata, verso una modernizzazione innovativa. Il protagonista assoluto è così divenuto il vino che si è calato, ma in particolar modo identificato, nell’atmosfera sici-liana, legandosi alla terra, alla tipicità, alla sensibilità e alla cultura del territo-rio. Grazie al loro lavoro ed impegno la cultura fortemente patriarcale si sta pian piano trasformando e la cultura maschile e femminile si mischiano ed interagiscono sempre di più.

Le donne di Sicilia

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AziendA: Tomisa Castel de’ Britti

San Lazzaro di Savena (Bo); www.tomisa.it

denominAzione: Pignoletto Emilia Igt

AnnAtA: 2010

tipologiA: Bianco Biologico

UvAggio: Pignoletto 100%

grAdAzione: 14,5%

Commento: Anche i pignoli e non amanti del vino

bio, in questo Pignoletto si potranno ritrovare.

Ha un bel colore paglierino carico, al naso pre-

senta note di frutta bianca matura e mandorla.

In bocca è bello grasso ma con una sua elegante

freschezza. Unica nota sopra le righe l’alcool che

ogni tanto si fa sentire da solo. Per una cena da

ricordare in ottima compagnia.

voto 8

Vino nostrum

AziendA: Bisol Viticoltori

S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it

denominAzione: Cartize Valdobbiadene Prosecco superiore dry Docg

AnnAtA: 2010

tipologiA: Spumante

UvAggio: Glera 100%

grAdAzione: 11,5%

Commento: Il colore è un paglierino lieve. Sul primo vino spuman-

te che assaggiamo ve lo dobbiamo dire, il perlage dipende dal

bicchiere. Dipende dal bicchiere l’intensità, non la finezza della

bollicina, quindi più è piccina la bollicina meglio è il vino. E qui il

perlage è vivace, persistente e sottile. Quel sentore di big bubble

alla fragola è dovuto ai lieviti della fermentazione e può anche

piacere. Altre note di frutta bianca chiudono il cerchio. In bocca

viene fuori la dolcezza accanto alla bollicina che mostra il suo de-

siderio di rinfrescarvi. Abbinamento? Cartizze fa rima con pizze.

voto 7

AziendA: Bisol Viticoltori

denominAzione: Garnéi Prosecco Valdobbiadene supe-

riore dry

S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it

AnnAtA: 2009

tipologiA: Spumante

UvAggio: Glera 100%

grAdAzione: 12%

Commento: Al naso si apprezzano note di carta e

lieve sensazione floreale. Chi dice che il Prosecco

vada bevuto ancor prima di entrare in bottiglia

potrebbe ricredersi assaggiando questo Prosecco

superiore. Che magari non avrà un grande naso,

ma è molto citrico e in bocca mostra ancora una

acidità molto viva, pure troppo.

voto 6

AziendA: Vigneti Vignabella

Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella.com

denominAzione: Ca’ del Lago Lugana Doc

AnnAtA: 2010

tipologiA: Bianco

UvAggio: Trebbiano di Lugana (Turbiana) 100%

grAdAzione: 12,5%

Commento: Note di passion fruit e macedonia di

frutta. Certamente non tipiche del trebbiano. E

sul Garda tutta questa frutta (banana, ananas,

frutto della passione) non viene certamente

prodotta. Però è comunque bello sentirla in un

vino. E ritrovarla in bocca insieme a potenza e

lunghezza. Sembra fatto per il pesce di lago! Un

vino molto tecnico, ben fatto.

voto 7

AziendA: Azienda Agricola Dal Cero F.lli

Roncà (Vr); www.eccellenzadalcero.it

denominAzione: Vigneto Runcata Soave superiore

Docg

AnnAtA: 2009

tipologiA: Bianco

UvAggio: Garganega 100%

grAdAzione: 13,5%

Commento: Bel paglierino carico, naso pulito

ma non definito, lieve, frutta bianca e melone.

Di buona struttura che non mostra grandi

picchi aromatici. Abbastanza lungo in bocca.

Volete stupirvi? Provate su una carbonara, po-

trebbe anche andare bene.

voto 6,5

AziendA: Vigneti Vignabella

Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella.com

denominAzione: Pozzo dell’Amore Bardolino Chiaretto

Classico Doc

AnnAtA: 2010

tipologiA: Rosato

UvAggio: Corvina 50%, Rondinella 30%, Molinara

20%

grAdAzione: 12,5%

Commento: Sentori di erba fresca e big bubble (il

noto lievito), naso intenso ma non fine. Colore

buccia spessa di cipolla. In bocca la nota dolce è la

prima che si sente, corto. Non vogliamo offendere

nessuno, un vino entry level, da wine bar sul lago.

voto 6

Abbiamo assaggiato

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Vino nostrum

AziendA: Società Agricola Nicolis Angelo e Figli S.S

San Pietro in Cariano (Vr); www.vininicolis.com

denominAzione: Seccal Valpollicella Ripasso Doc Clas-

sico

AnnAtA: 2009

tipologiA: Rosso

UvAggio: Corvina 70%, Rondinella 20%, Moli-

nara 5%, Croatina 5%

grAdAzione: 13,5%

Commento: Rubino molto intenso, naso frutta

anche leggermente vegetale, ciliegia e liquirizia.

Ormai il Ripasso è il vino più prodotto in Valpol-

licella e ci possiamo domandare anche il perché.

Perché di solito è un vino piacevole profumato,

immediato, di buona struttura. Tutte caratteristi-

che declinate in questo vino che però manca un

po’ nel finale.

voto 7,5

AziendA: Vigneti Vignabella

Calmasino di Bardolino (Vr); www.vignetivillabella.

com

denominAzione: Villa Cordevigo Rosso veronese

Igt

AnnAtA: 2006

tipologiA: Rosso

UvAggio: Corvina, Cabernet Sauvignon, Merlot

grAdAzione: 14,5%

Commento: Corvina, Cabernet Sauvignon, Mer-

lot per allontanarsi dallo stile Amarone. Note di

frutta nera, lievi note balsamiche e vegetali, un

vino dove il legno dice la sua, ma con discrezio-

ne e dove le due uve francesi ti fanno pensare

a Bordeaux. Tannini (forse anche tannoni) dolci

per una chiusura molto dolce e piacevole.

voto 8

AziendA: Società Agricola Nicolis Angelo e Figli S.S

San Pietro in Cariano (Vr); www.vininicolis.com

denominAzione: Amarone della Valpollicella Doc

AnnAtA: 2006

tipologiA: Rosso

UvAggio: 65% Corvina, 20% Rondinella, 5%

Molinara, 10% Croatina

grAdAzione: 15%

Commento: Non molto intenso al naso, ma

piacevole, sa di frutta passita con note balsa-

miche. Quella 2006 è stata un’annata fresca

come questo vino fresco, sapido, lungo. Abbi-

natelo con un buon formaggio di vacca appas-

sito e sarete tutti più contenti.

voto 7,5

AziendA: Rubinelli Vajol

San Pietro in Cariano (Vr); www.rubinellivajol.it

denominAzione: Valpollicella Classico Superiore Doc

AnnAtA: 2008

tipologiA: Rosso

UvAggio: 50%Corvina, 25%Corvinone, 15%Rondinella,

5%Molinara, 5%Oseleta

grAdAzione: 14%

Commento: A chi piace la ciliegia sotto spirito consigliamo

questo vino, la ricorda in maniera stuependa. Un naso

che dà nell’occhio con belle note di frutta estremamente

matura e di nocciolina tostata. In bocca ti sorprende per

freschezza, chiude con un tannino rotondo. Ottimo per la

carne in umido.

voto 7,5

AziendA: Bisol Viticoltori

denominAzione: Eliseo Bisol Cuvèe del Fondatore

S. Stefano di Valdobbiadene (Tv); www.bisol.it

AnnAtA: degorgiato il 7 febbraio 2012

tipologiA: Spumante Millesimato Talento metodo classico

UvAggio: Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay

grAdAzione: 12,5%

Commento: Uno legge in etichetta Bisol e pensa al Prosec-

co. Poi assaggia questo millesimato 2002 e si trova in un

altro mondo. Un mondo con note potenti di miele, di

camomilla, di fiori e di frutta bianca, di tabacco, di note

ossidative mature. E un colore paglierino dorato. La frutta

al naso si ritrova anche in bocca e la sensazione è di frut-

ta matura fresca. Vino coerente, maturo al colore maturo

ai profumi, maturo in bocca.

voto 8

AziendA: Zecchini società agricola

Grezzana (Vr); www.vinizecchini.it

denominAzione: Valpollicella Valpantena Doc

AnnAtA: 2008

tipologiA: Rosso

UvAggio: 50% Corvina, 30% Corvinone, 20%

Rondinella

grAdAzione: 13%

Commento: Il nipotino non sarà male, ma il

nonno mostra tutte le sue primavere questo

che è un 2008. Sia al naso dove non esce né

una nota terziaria, né una nota fruttata. E

sia in bocca dove il vino sta accompagnando

se stesso verso una meritata vecchiaia.

voto 5

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Quando si tratta di vendere il vino in Cina e in Asia, gli italiani sono troppo “provin-ciali”. «Gli italiani non sanno comunicare il loro vino, non sanno essere presenti, sono troppo legati al proprio vigneto. Ad Hong Kong vengono due volte l’anno, gli altri tutti i mesi». A dirlo è stata Jeannie Cho Lee (Master of Wine, Wine Educa-tor & Journalist, Asian Palate) al Milano Fashion Global Summit organizzato da Class Editori che si è tenuto a Firenze. «In Cina i consumi di vino sono cresciuti, una bottiglia di vino è simbolo di lusso, di suc-cesso. I francesi sono riusciti a far cono-scere i loro vini e farli apprezzare come oggetti di lusso. Gli italiani no. Si conosco-no solo pochi grandi nomi, Frescobaldi, Antinori. I cinesi conoscono Bordeaux ma non sanno niente di Sangiovese. Manca la comunicazione, la promozione».

Italiani poco presenti e troppo provinciali

Jeannie Cho LeeVino ed economia

Andrea Settefonti

In Cina ci sono 5 regioni, 22 province e 4 municipalità ognuna della quali segue norme precise, diverse, per le importa-zioni di alcolici. «Le municipalità sono quelle che hanno le maggiori potenzialità tanto che tre di loro rappresentano il 50% del mercato del vino», continua Cho Lee. «Fino a metà degli anni Novanta, quello dell’Asia non veniva considerato un mer-cato interessante. Da allora molto è stato fatto, da quando il vino veniva conside-rato semplicemente una bevanda alcolica prodotta da frutta, da quando cioè non si capivano le varietà e le differenze tra i vari vini e i tipi di vitigno. Oggi ci sono distributori locali che vendono bottiglie anche a più di 500 euro e le produzioni nazionali hanno aperto ai vini di impor-tazione. Un produttore cinese per la sua azienda ha ricostruito un castello e vende

una bottiglia a 1.000 dollari. Il vino cinese è spesso il risultato di vino locale al quale vengono aggiunti vini stranieri comprati sfusi. Oggi le aziende mi domandano cosa fare per vendere più bottiglie in Cina». Jeannie Cho Lee traccia anche un quadro attuale del vino e di quelle che sono le tendenze nel Paese. «Il vino è parte dello stile di vita di un cinese. La case hanno già una cantina e con il successo sono saliti i prezzi sia dei vini e sia dei distillati. Il vino è uno stile di vita anche perché offrire qualcosa fa parte della tradizione cinese. E il prezzo è importante, fa la dif-ferenza in quanto acquistare cibi costosi è segno di rispetto verso il proprio ospite. Il vino viene apprezzato proprio per questo modo di pensare. E chi ha investito in questa immagine, chi ha proposto il vino come alternativa ad altri prodotti di lusso ha avuto successo».

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Per accedere alla Cina, oggi il passaggio obbligato sembra essere Hong Kong. «Qui sono state abolite tasse e dazi, non ci sono regolamentazioni per la vendita del vino e Hong Kong può davvero essere la finestra per il mercato cinese e quello asiatico. Ma gli italiani, ai quali certo non manca niente in termini di qualità o life stile, non sanno essere incisivi. L’aspetto più negativo è che non c’è promozio-ne dei marchi italiani. I vignaioli stanno troppo tempo dentro la propria azienda e a Hong Kong non si vedono quasi mai, solo i poche occasioni. Mentre gli altri, i francesi per primi, sono sempre presenti. I francesi sono riusciti a spingere non solo i vini famosi, ma anche tutti gli altri. Gli italiani che si conoscono in Cina sono i Frescobaldi, gli Antinori ma gli altri toscani. Occorrono azioni per educare al Sangiovese e al Chianti».Il vino è un elemento di successo del made in Italy, come lo sono la moda e il lusso. E il parallelismo tra queste realtà è stato evidenziato proprio al Milano Fashion Global Summit, appuntamento interna-zionale dedicato all’evoluzione del merca-to della moda e del lusso organizzato in collaborazione con la Camera Nazionale

della Moda Italiana, The Wall Street Journal Europe e Bank of America – Merrill Lynch. Il tema di questa edizione era «Options of Luxury – The Voice of China: Evoluzione dei consumatori, style, produzione, distri-buzione e investimenti». Tra gli interventi quello di Diego Della Valle. Per il presi-dente e Ceo del gruppo Tod’s «il 2012 sarà sicuramente un anno complesso ma, a fronte delle tante difficoltà che ci saranno da affrontare, i protagonisti del made in Italy vivranno una situazione privilegiata. In una parte del mondo, in Cina in parti-colare, c’è una grande voglia da parte del consumatore di comprare e conoscere la qualità dei prodotti italiani». Della Valle ha espresso la propria visione in merito al valore e alle potenzialità del made in Italy nel paese asiatico che «che a livello gene-rale, mi sento di affermare con certezza, questo mercato ha enormi possibilità di sviluppo e che gli italiani abbiano molto da portare». Per il patron di Tod’s «il con-

sumatore cinese ogni giorno sa qualcosa di più, è cittadino del mondo e più passa il tempo più dispone degli strumenti idonei per meglio fare le sue scelte. Per quanto concerne nello specifico il gruppo Tod’s, posso dire di guardare al 2012 con serenità anche grazie agli sviluppi di quest’area del mondo. Dove stiamo crescendo in fretta e portando il nostro Italian touch, lo stile di vita italiano. Perché gli italiani, quando fanno le cose, sono capaci di farle al me-glio». Il polso della situazione lo si misura anche dalla fiere di moda. per Raffaello Napoleone, ceo Pitti Immagine, «le pro-spettive per il 2012 sono positive. Quan-do il contesto economico va male, infatti, i luoghi fieristici sono un’importante catena di interazione per intercettare le opportu-nità anche nei mercati emergenti come la Cina. I compratori cinesi sono aumentati molto negli ultimi anni e molti vengono anche per imparare e studiare la qualità del made in Italy».

Vino ed economia

IL VINO È UN ELEMENTO DI SUCCESSO DEL MADE IN ITALY,

COME LO SONO LA MODA E IL LUSSO

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Gianni Salvadori è l’assessore regionale all’agricoltura. Con lui abbiamo riflettuto sul trend attuale del vino toscano e sulle prospettive, nell’imminenza di una scaden-za importante per il settore, come il Vinitaly.

Come si presenta la “squadra” del vino toscano al prossimo Vinitaly?Sarà, come sempre, una presenza di gran-de rilievo, degna dell’importanza che ha la Toscana nel settore del vino. In totale le aziende toscane presenti al Vinitaly saran-no 763. Toscana promozione, che si occu-pa dell’evento per conto della Regione, ha organizzato ancora una volta un’edizione all’altezza della Toscana.

Nel rapporto Irpet sul sistema rurale toscano, fra i dati più positivi c’è l’aumento del 16% delle esportazioni di vino. La Regione come sta suppor-tando questo trend?Nel 2012 Toscana Promozione investirà 1,6 milioni di euro per promuovere il vino toscano nel mondo per un totale di 24 ini-ziative in programma. Un’attività di promo-zione economica che si basa su un progetto pluriennale di internazionalizzazione con un duplice obiettivo: favorire il consolidamento delle produzioni toscane sui mercati tradi-zionali e la penetrazione commerciale nei Paesi emergenti; rafforzare la reputazione del brand Toscana nel settore vitivinicolo.

I dati sull’export confermano risultati positivi per il vino toscano negli Stati Uniti, sensibili aumenti per la Russia (+ 45%) e Cina (+133%), ma restano situazioni di difficoltà verso Paesi come Gran Bre-tagna e Germania. Come aggredire con maggiore incisività il mercato nel Vecchio Continente?Complessivamente i dati relativi ai pri-mi nove mesi del 2011 parlano di un

Gianni Salvadori: presente e futuro

L’intervista

Daniele Magrini

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+13,5% nelle esportazioni di vini toscani di qualità. Una crescita che, salvo rare ec-cezioni, riguarda tutti i mercati mondiali. Per consolidare i risultati ottenuti negli ultimi due anni e spingere ancor di più l’export regionale in questo settore, To-scana Promozione ha messo a punto, per il 2012, un intenso piano di promozio-ne internazionale che interesserà tanto i mercati storici (Germania; Regno Unito; Stati Uniti e Canada) quanto quelli emer-genti (Cina e Hong Kong, Russia, Brasi-le, Corea del Sud). L’Agenzia regionale inoltre, assieme ai Consorzi di Tutela, durante il 2012, lavorerà alla creazione di una strategia coordinata volta alla costru-zione e al rafforzamento di un’identità competitiva unica del territorio della To-scana utile all’affermazione della leader-ship regionale nel mondo. Per ottenere questi risultati Toscana Promozione so-sterrà progetti di “marketing territoriale” di eccellenza con l’obiettivo di dar vita ad un grande evento “diffuso” di valo-rizzazione della Toscana del vino, creerà un calendario unico annuale delle mani-festazioni di rilievo regionale; darà vita ad azioni di comunicazione mirate alla valorizzazione della Toscana come terra del vino; coinvolgerà giornalisti, buyer e sommelier di tutto il mondo. L’Agenzia, inoltre, lavorerà alla creazione di un sito dedicato e a una cam-pagna di comunica-zione online. Durante l’anno saranno raccol-te anche proposte di pacchetti turistici de-dicati al vino.

La conquista di nuovi mercati passa da un con-fronto molto duro soprattutto con la Francia. In Cina, ad esempio, l’immagine del nostro vino è buona, ma la Francia, dal punto di vista della commercializzazione è più avanti. Esperienze come l’Enoteca Toscana a Shanghay possono aiu-tare in questa competizione globale?Il ruolo dell’Enoteca Toscana a Shanghai (Yishang Wine Business Consulting) è molto utile in quanto è un centro di di-vulgazione della cultura del vino in un paese che ha scoperto da poco questo prodotto. La sua presenza in Cina, le de-gustazioni e i corsi che abbiano organiz-zato lì, in particolare a partire dall’Expo, hanno certamente aiutato l’export, in particolare dei bianchi che si legano mol-

Vino ed economia

SUL MERCATO INTERNO LA CRISI

SI È FATTA E SI FA SENTIRE

to bene alla cucina cinese: uno dei focus dei corsi organizzati è proprio l’abbina-mento dei vini toscani ai loro piatti tra-dizionali.

Lei ha recentemente sostenuto che, sul fronte del vino, «non sarà la quantità a farci vendere sul mercato, ma la qualità. Anche nei settori, come quello del vino, dove abbiamo la quantità. Dun-que confermiamo la qualità e organizziamo la

quantità». Può approfon-dire queste due direttrici di marcia?Significa che dob-biamo organizzarci, facendo rete fra le imprese, in modo da essere in grado di sod-

difare una domanda con grandi numeri. Se vogliamo entrare nel mercato cinese, e magari anche nella Gdo, la grande distri-buzione, dobbiamo pensare ad un merca-to che non può “accontentarsi” , faccio un esempio, di 1.500 bottiglie.

Come può incidere sul fronte della produzione di vino di qualità, il progressivo invecchiamento degli addetti all’agricoltura (media 63 anni), e quindi la possibile mancanza di ricambi con l’ingresso di giovani nelle gestione delle aziende vitivinicole?I giovani sono il nostro futuro: questo è un dato talmente ovvio da poter sem-brare perfino banale. In Toscana abbia-mo bisogno, anche più che altrove, di

investire sui giovani ed è per questo che la Regione ha scelto di accellerare su questa strada rispetto al passato, met-tendo più risorse, ma sopratutto inve-stendo in maniera più mirata sui giovani. Il pacchetto “GiovaniSì – fare impresa in agricoltura” prevede 30 milioni di euro per i giovani nel 2012 e questi sol-di sono legati agli investimenti, secon-do una formula che permette di avere accesso a più misure, oltre al “premio” di primo insediamento, e con somme crescenti con il crescere degli investi-menti. Andando più specificamente nel settore del vino, la Regione ha messo sul mercato i diritti di reimpianto della sua riserva. Ai giovani sotto i 40 anni i diritti vengono assegnati gratuitamen-te. Complessivamente però, rispetto al settore del vino, va fatto presente che si tratta di un settore molto complesso, dove l’innovazione è altissima e dove, rispetto ad altri settori, il ricambio ge-nerazionale appare meno sentito.

Le aziende toscane indicano nella diminuizione dei consumi sul mercato interna e nella eccessiva burocratizzazione della normativa, alcuni degli ostacoli più pesanti per il settore. Quale è il suo parere?Sul mercato interno la crisi si è fatta e si fa sentire. Le famiglie riducono i consu-mi e anche il vino rientra in questo trend. Quanto alla burocrazia è un problema ge-nerale del sistema Italia. In Toscana stia-

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Vino ed economia

mo lavorando per ridurre le incombenze e accellerare i pagamenti. Su questo pia-no ogni miglioramento, anche piccolo, è importante e noi siamo impegnati, ogni giorno, a cercare di semplificare. in par-ticolare c’è da tenere conto che il settore del vino è uno di quelli più normati, ma noi pensiamo di aver raggiunto qualche risultato importante. Penso ad esempio allo schedario viticolo, ai miglioramenti introdotti grazie all’informatica. Inoltre, più in generale, devo dire che Artea, la nostra agenzia incaricata dei pagamenti, è comunque riuscita a pagare entro la fine dell’anno passato il 105% del dovuto con riferimento al Programma di Sviluppo Ru-rale. A me pare un buon risultato, anche se – lo ribadisco – siamo impegnati a mi-gliorare ancora.

Sul fronte degli investimenti, i dati resi noti all’ul-timo Forum sul vino, attestano che in Toscana hanno maggiore rilevanza, rispetto alla media nazionale, le operazioni con mezzi propri, con-fermando le indicazioni di una visione prospettica di medio lungo periodo delle aziende vitivinicole

e di una discreta fiducia nelle prospettive, nelle proprie capacità imprenditoriali e nel bagaglio di conoscenze ed esperienza. Ma il credito cosa può fare di più per il vino toscano?Questa volontà di investire delle aziende toscane è stata ed è la grande forza del nostro sistema, quella che ci ha permesso di affrontare uno dei periodi più difficili in assoluto. In effetti le imprese toscane hanno fatto grandi investimenti (cantine, ristrutturazione dei vigneti ecc.) e chi in-veste in questo settore non può non ave-re un’ottica di lungo respiro. Certo che il credito può dare una mano ulteriore. Noi per esempio siamo intervenuti, insieme a Fidi Toscana, per aiutare gli investimnti sugli impianti con un preammortamento lungo. Altri interventi hanno riguardato la liquidità per le imprese.

Il rapporto con la grande distribuzione è uno degli elementi più importanti per la commercializzazio-ne dei vini toscani. Il dato complessivo di vendita di vino toscano attraverso la grande distribuzione è comunque calato dell’1% nello scorso anno. Ci sarà modo di recuperare nel 2012?

Questo è un tema che non riguarda solo il vino ma più in generale tutta la produzione agroalimentare. Noi cerchiamo di favorire e promuovere l’incontro fra la produzione agroalimentare della Toscana e la grande distribuzione. Quanto al calo di vendita rientra in un ambito di contrazione dei consumi dovuto alla crisi. L’augurio è che la situazione migliori, ma al momento non è possibile andare oltre l’augurio.

Dall’analisi di un’indagine dell’Associazione Città del vino tra le aziende toscane, emerge la necessità per le imprese di acquisire maggior flessi-bilità produttiva e commerciale, ma sopratutto di affinare le strategie di posizionamento (prezzo/canale di distribuzione) e di comunicazione con l’obiettivo di avvicinarsi in maniera più efficace e diretta al consumatore. Ritiene che siano obiettivi realistici da concretizzare?In un settore come quello del vino, dove la flessibilità non è facile dal punto di vi-sta strutturale, i produttori toscani sono stati molto in gamba e hanno realizzato la loro flessibilità, grazie al fatto che hanno tante denominazioni e quindi hanno diffe-renziato la produzione. I vini toscani sono molto vicini, in quanto a percezione, al consumatore e le iniziative non mancano, basti pensare alle cantine aperte, alle stra-de del vino ecc. Certo, bisogna continuare. Avvicinarsi sempre di più al consumatore non può che fare bene.

I PRODUTTORI TOSCANI SONO STATI MOLTO IN GAMBA E HANNO

ReAliZZATO lA lORO FleSSiBiliTà

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olIo. I dati contenuti nel rapporto agri-coltura 2012 dell’Irpet parlano chiaro: olio e vino si muovono su due binari, purtrop-po per il primo, divergenti. la filiera olivi-cola toscana infatti sta attraversando una fase non certo felice. L’olivicoltura appare stretta da condizioni di mercato avverse e da costi di produzione molto elevati. Tale convergenza, qualora si rivelasse duratu-ra, potrebbe minacciare la sopravviven-za stessa della coltura dell’olivo in ampie zone della regione. Sta diventando infat-ti sempre più diffuso l’abbandono degli oliveti regionali nelle zone più marginali o dove vi è una forte competizione con colture più redditizie. Buone notizie però arrivano dal fronte im-prenditoriale, dove resta forte la volontà di investire, creare nuovi impianti, rinnovare oliveti obsoleti, anche se tali migliorie in-teressano una porzione modesta del patri-monio olivicolo regionale, caratterizzato tuttora da modelli strutturali e produttivi di tipo semitradizionale.L’azione di rilancio del settore dev’esse-re improntata alla razionalizzazione delle tecniche e del contenimento dei costi sen-za intaccare la qualità; alla valorizzazione dell’olio e dei prodotti secondari legati al territorio; al miglioramento delle politiche di comunicazione; ad un miglior sfrutta-

Il rapporto Irpet: il trend di olio e vino

mento del mercato locale, innovando anche la vendita diretta; al rafforza-mento dell’offerta e di forme alternative di vendita; al soste-gno della costante ambientale e paesaggistica dell’olivo.Diventa dunque fondamentale innova-re ed innovarsi per il settore, in ogni suo aspetto: dalla produzione alla gestione dell’oliveto, dalla raccolta al confeziona-mento. Vanno superati i vincoli strutturali e dev’essere implementata una forma di coordinazione tra le aziende che operano nella stessa fase della filiera e non solo.

vIno. Per ciò che concerne il vino, nonostante l’incertezza che domina il mercato in ogni suo ambito, ci sono segnali incoraggianti di ripresa, trainata soprattutto dalle esportazioni sui mer-cati internazionali. Il Made in Tuscany rappresenta un’ottima base di partenza per innestare e consolidare strategie di produzione e marketing orientate alla qualità, coniugando tradizione produt-tiva e territorio con le nuove tendenze di mercato, sia per ciò che riguarda le scelte delle varietà che per le tipologie di vini e di modalità di confezionamen-to e distribuzione. La nuova normati-

va che regola le d e n o m i n a z i o n i geografiche però, nonostante offra maggiori garanzie di credibilità sulla promessa di qua-lità sottostante,

potrebbe scontare l’esigenza di maggior velocità di adattamento di fronte ad un panorama di mercato internazionale che fa della flessibilità l’arma vincente. Sarà quindi ancora più necessario puntare sul rafforzamento della comunicazione dei valori del vino e mettere in atto azioni e strategie collettive di produzione e di marketing.

DIVENTA DUNQUE FONDAMENTALE

INNOVAREED INNOVARSI

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Il mercato internazionale del vino sta conoscendo un periodo di grandi cambiamenti, in parte trainati dalla com-parsa sull’arena competitiva di nuovi paesi produttori e nuovi consumatori. Il quadro di incertezza che ne deriva richiede la capacità di delineare scenari per il futuro anche a medio termine in grado di indirizzare le strategie dei pro-duttori italiani ed in particolare toscani.L’Associazione Nazionale Città del Vino, nel commis-sionare questa ricerca, basata sul metodo Delphi, si è posta l’obiettivo di portare un gruppo di esperti nazionali ed internazionali del settore vitivinicolo a formulare un quadro di previsioni strutturato e coerente sulle princi-pali tendenze evolutive che, secondo i componenti del panel, caratterizzeranno nei prossimi 10 anni il settore vitivinicolo toscano nei mercati di esportazione USA, Germania, Russia e Cina. La ricerca è stata realizzata da Manuela Gabbai e Gianluca Stefani, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale dell’Università degli Studi di Firenze, ed è stata sostenuta dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena.Vediamo, in sintesi, i risultati della ricerca e le tendenze di mercato per il sistema vino toscano per i prossimi 10 anni.

uSa: aumentano I conSumI e camBIa lo StIle dI vIta. Gli esperti hanno formulato uno scenario di previsione caratterizzato da un trend fortemente positivo per il mer-cato Usa. Le motivazioni di queste previsioni si basano su due fattori strettamente correlati: il mercato Usa sarà caratterizzato da un costante aumento della base dei con-sumatori di vino; il cambiamento di stile di vita della popo-lazione favorirà la diffusione e la distribuzione del vino in Stati in cui ad oggi è poco presente.In futuro i vini toscani dovranno competere con un merca-to caratterizzato da una produzione locale in ascesa e quin-di più competitivo sul prezzo. La composizione dell’in-cremento dell’export per i vini toscani, sarà caratterizzata da due tendenze: la prima è contraddistinta dall’aumento dell’offerta di vini toscani provenienti anche da aree meno conosciute. Gli esperti hanno delineato tre principali fasce

di prezzo retail 9.90$, 14.90$, 19.90$ in cui si registrano la maggior parte dei volumi. La seconda tendenza delineata dal panel è la centralità che assumerà la caratterizzazione territoriale come elemento distintivo per i vini di nicchia.Infine manterranno il loro posizionamento sul merca-to i vini Igt del segmento luxury che sono stati capaci di costruire e consolidare un brand forte e ricono-scibile sul mercato. Alcuni esperti dichiarano che negli Usa la logistica assu-merà in futuro un ruolo centrale nel determinare le strategie e le performance delle imprese sul mercato.

germanIa: conSumatorI pIù attentI al prezzo. La maggior parte dei componenti del panel prevede che il mercato del vino in Germania rimarrà stabile. La Toscana ha per molti anni riscosso successo in questo mercato, ma oggi con l’allargamen-to della competizione molti vini toscani sono percepiti come troppo cari. Gli esperti si aspettano una leggera flessione dei margini accompagnata da una contrazione dei consumi di vini di elevata qualità. Sono invece più ottimisti sulle prospettive dei vini di fascia media e sulle proposte innovative (Igt). Saranno più ricer-cati i vini con un buon rapporto qualità/prezzo. Tuttavia dall’analisi delle risposte non è stato possibile trovare un grado di accordo sulla fascia di prezzo che dominerà il mercato. La forbice indicata va dai 5 ai 15 euro. Mentre per i vini di fascia superiore non si devono superare i 25/30 euro a bottiglia.

Vino ed economia

L’export del vino italiano nel 2020.Chi lo consumerà e dove?

Una ricerca promossa dall’associazione Nazionale Città del Vino

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Vino ed economia

cIna: mercato In forte evoluzIone. Gli esperti prevedono un andamento della crescita del prodotto interno lordo cinese da qui al 2020 tra il 5% e il 8% annuo. Questo aumento di ricchezza della popo-lazione porterà ad una maggior ridistri-buzione del reddito pro capite, ad un aumento dei consumi ed infine al con-solidamento della classe media. Il panel non è riuscito a costruire una previsione sull’espansione del vino in Cina in termini percentuali; per molti la Cina rimane quin-di un grande punto interrogativo. Il paese possiede numerosi nuovi consumatori potenziali ma, dati i rapidi cambiamenti che lo hanno interessato negli ultimi anni, risulta difficile delineare delle tendenze evolutive. I consumi pro capite di vino ad oggi sono molto bassi e alcuni esperti ritengono che per i prossimi 10/15 anni non si possa considerare la Cina un mer-cato di sbocco interessante per l’export.Secondo gli esperti il vino rappresenta, per i cinesi che vivono nelle grandi aree urbane, un simbolo dello stile di vita occidentale e del benessere economico. La scelta del vino si basa sull’immagine del brand e sull’etichetta che conferisce uno status a chi la beve e risulta lega-ta a modelli comportamentali connessi all’attrattiva del brand aziendale e del territorio.

Gli esperti credono che avranno più successo sul mercato quei vini che man-terranno caratteristiche molto semplici e non saranno troppo strutturati. Emerge la necessità di favorire e promuovere una promozione incentrata sull’educazione al consumo di vino e non solo sul marke-ting. Dal punto di vista della segmenta-zione dell’offerta, si prevede la creazione di una divaricazione che vedrà da un lato i vini industriali, di produzione sia cinese sia internazionale, che si troveranno a prezzi inferiori ai 10 euro a bottiglia, e dall’altro i vini di territorio che rimarran-no però una piccola nicchia. La Cina quin-di sarà un mercato interessante sopratutto per i grandi brand.

ruSSIa: dInamISmo e voglIa dI StupIrSI. Gli esperti prevedono un andamento positi-vo per il mercato del vino in Russia; non for-mulano previsioni di crescita in termini per-centuali ma concordano sul dinamismo del mercato. Alcuni membri del panel descrivo-no la Russia come il mercato più dinamico tra quelli analizzati da questa ricerca.Il consumatore benestante, che viaggia ed è sensibile ai trend e allo stile di vita delle grandi città metropolitane su scala internazionale, sarà sempre più attrat-to e incuriosito dalla scoperta del vino. Lo sviluppo della cultura del vino e la

IL CONSUMATORE BENESTANTE SARÀ SEMPRE PIù ATTRATTO E INCURIOSITO

DALLA SCOPERTA DEL VINO

maggior consapevolezza dei consumatori dovrebbero nel tempo fare in modo che la qualità diventi un attributo sempre più rilevante nelle scelte di consumo.Abbiamo chiesto agli esperti di formu-lare delle previsioni sulla composizione dell’offerta vitivinicola e sul suo anda-mento: il mercato appare molto polariz-zato per fasce di consumo; si prevede una crescita dei vini legati all’alta ristorazione (prodotti di qualità a prezzi elevati). In questa fascia ci sarà una forte concentra-zione di vini toscani e avranno successo dei brand aziendali che sapranno utiliz-zare il giusto mix nella comunicazione tra marchio aziendale e territorialità dei loro prodotti. Contemporaneamente si delinea una decisa espansione di prodotti venduti nel canale GDO e di qualità medio-bassa.

StrategIe delle ImpreSe toScane e promozIone. Dall’analisi dei questionari emerge la necessità per le imprese di acquisire maggior flessibilità produttiva e commerciale, ma sopratutto di affinare le strategie di posizionamento (prezzo/canale di distribuzione) e di comunicazio-ne con l’obiettivo di avvicinarsi in maniera più efficace e diretta al consumatore.Gli esperti hanno individuato due elemen-ti che in futuro dovrebbero essere di sup-porto alle strategie del comparto vitivini-colo regionale: interpretare le tendenze evolutive ed i gusti del consumatore che caratterizzano ciascun mercato all’espor-tazione; controllare gli aspetti legati alla logistica. Obiettivo generale, instaurare un rapporto più diretto e dinamico con i mercati internazionali.

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Omaggio a un semplice genioGiulio Gambelli

Il giorno dopo il funerale di Giulio Gambelli un conoscente mi ferma per strada a Poggibonsi «Hai visto, povero Bicchierino. Ma lo sai non credevo fosse così famoso? Per me era più uno che dava una mano a fare il vino qua attorno…»Forse la figura pubblica di Giulio è tutta in queste parole che, sono convinto, sarebbero sottoscritte dalla stragrande maggioranza dei suoi paesani. Di solito quando uno ha successo lo sventola a destra e sinistra, con particolare attenzione per il luogo dove è nato e dove vive, special-mente se è una piccola cittadina di provincia come Poggibonsi.Giulio era forse il più grande interprete vivente del Sangiovese (e non solo) toscano, uno che aveva firmato vini oramai pietre miliari della nostra enologia, un uomo cono-sciuto in tutta Italia e nel mondo, riverito dalla stampa di settore, ammirato e preso ad esempio dagli enologi di mezzo mondo. Eppure a Poggibonsi (nonostante il comune gli avesse conferito più di un premio alla carriera) e per i poggibonsesi, Giulio era sem-pre rimasto “Bicchierino”; quello che aveva avuto per tanti anni la tabaccheria in fondo

Il ricordo

alla via principale, quello che se avevi un problema con il vino “fatto per casa” gliene portavi una bottiglietta e ti diceva, gratis natu-ralmente, cosa fare.Sono convinto che Giulio fosse ben felice di questo bassisismo profilo e lo avesse coltiva-to con attenzione. Il suo genio si sviluppava oltre i confini della sua città. Tra i suoi amici e conoscenti lui voleva essere considerato una persona “normale” perché così erano più semplici i rapporti, non doveva stare a spiegare quello che faceva; non voleva essere messo su alcun piedistallo, non voleva “giu-stificare” il suo genio. Un genio che gli aveva fatto mettere il naso e il palato praticamente in tutte le grandi cantine tra il Chianti Classico e Montalcino. I nomi di oggi li conosciamo tutti: Montevertine, Case Basse, Poggio di Sotto, Ormanni, Villarosa, Il Colle; ma come scordarci di Rodano, Bibbiano, Cacchiano, San Donatino, Lilliano. Se poi dovessimo metterci ad andare indietro negli anni arri-veremmo a Fonterutoli, a San Felice e ad un infinità di cantine che, campione alla mano, bussavano alla porta di Giulio per un consul-to. E Giulio rispondeva a tutti: dal paesano che faceva tre damigiane di vino al grande winemaker. Volete i nomi? Non basterebbe lo spazio di questo articolo: diciamo “tutti” e così siamo sicuri di non sbagliare.Mi viene in mente una frase di Victor Hugo «È una cosa ben schifosa il successo. La sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini». Giulio questa frase credo non l’ab-bia mai letta ma l’ha sempre messa in atto, rifuggendo sistematicamente dai riflettori del mondo del vino. Nelle settimane in cui lo sottoposi a quella che lui reputava sicuramente una tortura, cioè parlare della sua vita, registran-do nastri su nastri per la sua biogra-fia (Giulio Gambelli, l’uomo che sa ascoltare il vino, Veronelli

Editore) , ad un certo punto non riusciva ad andare avanti; pensava di non avere altri ricordi. Mi toccò inventare uno strattagem-ma: andavamo nella sua cantina, prendevo una bottiglia a caso e gli chiedevo «Questo che vino è? Come l’hai fatto? Com’era l’anna-ta?». Solo allora il filo dei ricordi si riannodava ed uscivano, come messaggi dalla bottiglia, storie, aneddoti, pensieri, personaggi. Dalla non risposta alla cartolina precetto dopo l’8 settembre 1943 per stare in cantina a controllare i vini, alle principesse a cui faceva il vino e con cui andava a caccia. Dai gran-di nomi dell’enologia attuale che andavano come “ragazzi di bottega” nel suo piccolo laboratorio a fare analisi (e spesso il suo pala-to era più preciso), ai grandi industriali che, dopo aver speso miliardi per cantine ed eno-logi, si rivolgevano a lui per il solito gratuito consiglio. Una vita piena, quella che voleva, tra vini, caccia e famiglia; una vita a cui non voleva chiedere di più, quasi timoroso di aver avuto troppo.Tutto partiva dal grande dono ricevuto da madre natura, quello di riuscire a capire un vino, a conoscerlo e riconoscerlo al primo assaggio, a saperne con certezza, grazie al suo palato, passato, presente e futuro. Giulio, afflitto praticamente da sempre da una sordità oramai facente parte del perso-naggio, non sentiva le frasi degli uomini ma coglieva alla perfezione ogni sussurro, ogni respiro di un vino.Un dono del genere, certe volte riusciva a metterlo a disagio. Allora lui, persona timida e schiva per eccellenza, per non far sentire inferiore l’interlocutore, si trincerava dentro il personaggio di “Bicchierino”, il semplice amico di tutti.Oggi tutti lo piangono, rendendosi conto

che il mondo del vino ha perso non solo un maestro ma forse una delle chiavi per capire veramente il san-giovese.

TUTTO PARTIVA DAL GRANDE DONO

RICEVUTO DA MADRE NATURA

Carlo Macchi

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Ridurre al minimo le perdite per deriva nell’ambiente, ovvero la dispersione aerea delle particelle di miscela di prodotti fitosani-tari usati per i trattamenti in agricoltura che si diffondono nell’ambiente circostante e vanno ad inquinare l’aria, l’acqua e il suolo e a colpire non solo l’uomo ma anche le piante spontanee e gli insetti utili. È questo ad oggi il problema maggiore e risulta utile cercare di capire quale apparecchiatura risulti più idonea per l’applica-zione dei fitofarmaci nei vigneti declivi trattando a filari alterni, riuscendo a ridurre il tempo degli interventi mantenendo però la piena efficacia.La risposta migliore è data da Martignani con il Nebulizzatore Pneumatico K.W.H. B-612, col diffusore a due settori mirati, dotati di carica elettrosta-tica, primo e unico sistema di recupero di prodotto senza alcun riciclo di miscela anti-parassitaria come ampiamente testato da più di un istituto.I primi nebulizzatori pneumatici K.W.H. B-612 introdotti da Martignani nei vigneti col-linari della Toscana furono quelli venduti alla Tenuta “Castelgiocondo” di Montalcino nel 1976 e dimostrarono fin da subito le proprie qualità, riuscendo a trattare la vegetazione a filari alterni in maniera esemplare. In quella stagione particolarmente piovosa, l’azienda fu l’unica della zona a non subire alcun attacco di peronospora, distribuendo 50 l/ha a inizio vegetazione e 70 l/ha in piena vegetazione.L’innovativa tecnica migliorò ulteriormente la qualità e l’efficacia del trattamento a basso e bassissimo volume, per più di un motivo. Il primo è dato dalla sostanziale riduzione di perdite per deriva dell’aria, addirittura fino all’85%, unito all’assenza di gocciolamento a terra, dovuto alla nebulizzazione a basso volume. La conseguenza di ciò è stata un gran

Martignani: l’efficienza verde

Martignani Srl produce macchine d’avanguardia per la protezione delle colture e in ambito civi-le per la disinfestazione e l’igiene ambientale. I primi nebulizzatori risalgono al 1958: con gli anni ha migliorato le proprie tecniche, guada-gnandosi riconoscimenti internazionali e raggiun-gendo un livello di qua-lità altissimo. I Nebulizzatori Pneumatici-Elettrostatici sistema KWH oggi sono molto stimati per la loro efficienza e apprezza-ti in oltre 40 paesi del mondo, adottati anche dalle maggiori multina-zionali dell’Agroalimen-tare di pregio. Per Martignani è impor-tante la salute dell’am-biente ma anche quella dei consumatori dei prodotti. Questa la sua qualità totale.

L’aziendarisparmio del prodotto chimico, attestato attorno al 45-50 %. Un altro effetto interes-sante è dato dal fatto che le goccioline, a causa della loro carica elettrostatica uguale che le tende a respingersi, mentre vengono attratte dalla vegetazione che si carica di segno oppo-sto, riescono a depositarsi in modo perfetta-mente omogeneo, senza accumulo irregolare

di fitofarmaco. Tutto questo permette di avere un raccolto sano e senza residui chimi-ci, come dimostrato dalle analisi di frutta, uva, vino, ecc.Tornando al tema dei filari alterni, va sotto-lineato il fatto che la forza d’attrazione tra

vegetazione e goccioline aumenta col diminu-ire dell’energia cinetica del ventilatore. Come si evince dai risultati di due ricerche speri-mentali dell’Istituto di Fitoiatria di Bologna e dell’I.S.M.A. di Monterotondo (Roma), si vede che anche i filari non trattati faccia a faccia sono ugualmente coperti e addirittura con un maggior numero di impatti nelle parti più nascoste.Dopo tutti questi risultati possiamo quindi concludere che la macchina che abbiamo ana-lizzato sia la migliore per risolvere questo tipo di problemi, soprattutto se confrontati con tutti i modelli che oggi lavorano nello stesso settore.

Innovazione

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Fuori dal green

Qualche giorno fa mi chiama l’Editore (avrei voluto dire... mi chiama Leo, ma mantenere questo distacco tra tra l’Autore e l’Editore è molto più professionale..) e mi dice: «Prepara un articolo per il pros-simo numero della rivista che uscirà in occasione del Vinitaly. Devi raccontare un itinerario di golf nel Veneto...». «Perfetto – rispondo – farò il resocon-to di un weekend eno-gastro-golfistico a Venezia».«Perché a Venezia c’è anche un campo da golf ?».

Avrei voluto rispondergli come Silvano detto “I’ Vaìa”, sorseggiando un Punt e Mes, con tono suadente: «Vaìa, vaìa, vaìa...bischero... Ci sarà il golf a Venezia?».È come chiedere se c’è un casinò a Las Vegas, una chiesa a Roma o un negozio di souvenir a San Marino.. Eppure per i non addetti ai lavori è difficile immaginare un campo da golf proprio al Lido di Venezia.E ricordo che a suo tempo, in regime di fidanzamento agli arresti domiciliari, fu motivo di un’insopportabile polemica con la mia guardia penitenziaria.

Avevo visto in tv un’intervista a Christian De Sica, che raccontava simpatici aned-doti del padre Vittorio, notoriamente grande giocatore d’azzardo. De Sica rac-contava che il padre separato, quando an-dava a prendere i figli per il periodo di va-canze estive, li abbracciava, li faceva salire in auto e diceva: «Allora bambini, dove andiamo quest’anno al mare? A Venezia o a Sanremo??».Io, invece, sulla falsariga del grande Vitto-rio, ero solito proporre alle mie fanciulle: «Amore che ne dici di un bel weekend sul

Storia d’amore e di golf a Venezia

Roberto Martini

PORTARE UN GOLFISTA A VeneZiA È COMe

PORTARE UN BAMBINO A EURODISNEY

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lago di Garda, oppure a portofino, o a Roma, o addirittura a Porto Cervo?».Ovviamente, dopo avermi seguito svo-gliatamente in una “duegiorni” di golf full time, venivo lasciato senza appello duran-te il viaggio di ritorno, mangiando triste-mente un “Camogli” all’Autogrill..Stavo dicendo che tempo fa vivevo me-stamente un fidanzamento agli arresti do-miciliari e il golf era ovviamente motivo di interminabili polemiche; finchè non ebbi l’in-tuizione: «Amore, perché non facciamo un bel weekend a Venezia?». E lei: «Siiiiii, amore, finalmente un posto dove non c’è il golf!».Non ebbi il coraggio di confessare subito. E quando lo scoprì fu quasi peggio...portare un golfista a Venezia (e per di più esteta/gaudente/giocatore d’azzardo/mangiatore/bevitore), è come portare un bambino a Eurodisney o un alcolizzato al Vinitaly... Se non bastasse infatti quello che può offrire a una persona “normale” questa fantastica città, qualcuno si è diver-tito a …“metterci” anche un casinò e un meraviglioso campo da golf.Si narra che fu proprio Henry Ford, fonda-tore della nota casa automobilistica, che, re-catosi nel 1928 a Venezia con la sacca da golf e appreso che non c’era ancora un campo in loco (sicuramente non s’era portato la moglie appresso..), volle prodigarsi in prima perso-na affinchè ne venisse realizzato uno proprio all’estremità ovest del Lido, in località Albero-ni. E l’opera che ne è venuta fuori, all’interno di una splendida pineta adiacente alle dune di sabbia di mare, è davvero suggestiva.L’ideale (forse un pò costoso, ma ne vale la pena...) è raggiungere da Venezia il cir-colo in motoscafo. Attraverso una serie di canali si arriva dinanzi al Forte Alberoni, la cui porta principale conduce all’interno del circolo. Si attracca al pontile di legno e, sacca in spalla, ci si avvia alla bella club house un pò retrò e english style..Qui, dopo aver giocato le splendide, dif-ficili e sempre varie 18 buche disegnate nella pineta e nella macchia mediterranea, è doverosa una sosta gastronomica.. Il baccalà mantecato, gli scampi in saor, la pasta con le sarde, la polenta grigliata con le seppie, serviti al fresco sotto la veranda, valgono davvero la pena.. Davvero diffici-le trovare un circolo di golf ove si possa mangiare meglio.Ecco quindi i consigli utili per il weekend golfistico a Venezia, cercando di salvare matrimonio o fidanzamento.

Come detto, arrivo in motoscafo (costa come un vestito pronto moda..) e pernot-to obbligatorio al Grand Hotel Excelsior; un hotel leggendario nel quale, in bassa stagione, si può soggiornare con meno di 200 € a notte. D’estate, la spiaggia privata dell’hotel, con gli ombrelloni e gli asciuga-mani bianchi e blu, sembrano riportarci in un’atmosfera Belle Époque...Dopo aver giocato a golf (se volete evitare che se ne vada con un pescatore di Chiog-gia, dopo avervi devastato la macchina col ferro 5), obbligatorio un giro a Venezia (la visita a Palazzo Ducale o alla Collezione Peggy Guggenheim vale un bonus per due garette di circolo...).Per l’aperitivo, uno spritz o un prosecco (accompagnato da un ottimo crudo di pesce) al Bancogiro in Campo S.Polo (nei pressi del Rialto).Per la cena, evitare come la peste bubbo-nica tutti i ristoranti veneziani, con i came-rieri balcanici che ti adescano sulla porta come signorine minigonnate di Amburgo: «Ciau micu miu, tu viene mangiare dobre cucina venesian?».Obbligatoria invece, abbandonato il cen-tro di Venezia, una visita alla Trattoria Ponte di Borgo a Malamocco (ottima frit-tura globale, moleche comprese) e soprat-tutto da Nane o da Celeste a Pellestrina (imperdibile il tragitto con l’autobus che attraversa il Lido e si imbarca sul traghetto fino all’isola di pellestrina).Se la strega non vuole allontanarsi da Venezia, al limite, cena in un bàcaro (tipica osteria/vi-neria locale). Caratteristica dei bàcari è che si trovano quasi sempre in calli introvabili, spes-so nei pressi di un canale morto e rancido. La loro caratteristica principale è di essere locali pubblici con licenza settimanale, nel senso che se, casualmente, scoprite un caratteristi-co bàcaro, con ottimo vino bianco, polenta e folpetti, sarde in saor ed altre prelibatezze, e decidete di tornarci la sera dopo, non otterrete altro risultato che girare tutta la sera invano, come nella kasbah di Marrakech.Potete anche appuntarvi il nome del locale (Ostaria dal Bepi) o della via (Fondaco de S.Gregorio el bruseghin), tanto è inutile.Spariscono nel nulla non solo i bàcari, ma spesso anche le calli ed interi quartieri.. Impossibile ritornarci.Dopo ore di ricerche vane, scontato il polemi-co commento della “strega”: «Fosse stato un campo di golf, l’avresti ritrovato di sicuro...».Adoro Venezia.

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Anno II - Numero 3Registrazione Tribunale di Siena

numero 12 del 29/10/2011www.vinoedintorni.org

Direttore responsabileDavid Taddei

VicedirettoreAndrea Settefonti

In redazioneLuca Casamonti, Vanessa David,

Jacopo Rossi

Hanno collaborato a questo numeroPaolo Corbini, Nino D’Antonio,

Rocco Lettieri, Carlo Macchi,Daniele Magrini, Roberto Martini,

Alessandra Piubello

Progetto graficoe impaginazione

Claudia Gasparri

Responsabile commercialeMarilena Masia

+39 0577 [email protected]

StampaCooprint Industria Grafica

Colle Val d’Elsa (SI)

In copertinaGianluca Bisol

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Z.i. Belvedere, ingresso 253034 Colle Val d’Elsa (Si)

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Amministratore UnicoMilena Galli

Direttore EditorialeLeo Salvietti

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e dintorni

il buon vivere italiano

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