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Vivisezione a Genova - dossier informativo a cura di liberazione animale genova

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Dossier informativo sulla sperimentazione animale a Genova, a cura del collettivo ' Liberazione Animale Genova'

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Vivisezione a Genova un dossier informativo di Liberazione Animale Genova

Introduzione

Cambiare prospettiva

Larga parte del dibattito attualmente in corso sulla vivisezione vede spesso contrapporsi coloro che ne sosten-gono l’utilità per il progresso della scienza medica e coloro che sostengono non serva testare cure e farmaci su animali per scoprire terapie applicabili sulla specie umana; questo ultimo approccio viene generalmente identificato come ‘antivivisezionismo scientifico’.

Non vogliamo qui offrire giudizi di valore su approcci strategici che in alcune sedi hanno saputo essere fun-zionali strumenti per confutare le menzogne dell’industria della vivisezione (l’esistenza di molti aspetti di carattere pratico, oggettivamente esistenti, che riguardano questa pratica sono spesso negati senza pudore dai sostenitori della sperimentazione animale quando difendono il loro operato); ci preme però precisare che entrambe le posizioni sopra descritte (vivisezione utile/inutile per la salute umana) siano, intrinsecamente, speciste ed antropocentriche. Non a caso sono le uniche che riescano a fare breccia in una società specista ed antropocentrica.

Si tratta di posizioni speciste ed antropocentriche in quanto esaminano il problema sempre e solo da una prospettiva, che è quella dell’essere umano. Gli animali sono allo stesso tempo protagonisti della questione, in quanto soggetti che subiscono questa pratica, e grandi assenti.

Il loro punto di vista non viene considerato, restano esclusi.

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La contraddizione etica propria della vivisezione riguarda invece proprio quei milioni di individui costretti a nascere all’interno di pochi centimetri di metallo ed a rimanervi per tutta la durata della loro tormentata esistenza, senza mai poter assaporare neanche un attimo di ciò che vivrebbero se liberi. La profonda ingiustizia che caratterizza la storia della sperimentazione riguarda loro: i ratti ed i topi asfis-siati in esperimenti sul fumo sempre uguali, i conigli che non saranno mai capaci di saltare o ergersi su due zampe senza dislocarsi la spina dorsale dopo una vita piegati in gabbia, quei cani i cui latrati di disperazione rinchiusi nei box dei laboratori restano incisi dentro come echi e quelle scimmie strappate alla foresta ed immobilizzate in sedie di contenzione con elettrodi conficcati nel cervello.

Per questa ragione crediamo che sia necessario cambiare prospettiva.

Abbiamo tentato in questo lavoro di tradurre e semplificare circa 40 esperimenti su animali compiuti a Genova, o da ricercatori/trici genovesi in altre strutture, negli ultimi anni. Si è tentato di spostare il centro dell’attenzione su un solo ed unico fattore: gli animali e la loro sofferenza.

Rendere concreta la sofferenza degli animali

Le ragioni che ci hanno spinto a produrre questo dossier informativo sulla vivisezione, in un momento in cui l’argomento è particolarmente dibattuto e sentito, sono molteplici.

Innanzitutto la volontà di contestualizzare questa pratica in un percorso di critica più ampia, che tenti, per quanto difficile, di offrire una prospettiva di analisi radicale del problema, ma anche di rendere concreta quella sofferenza che spesso, di fronte alla complessità ed alla vastità dello sfruttamento animale, diviene astratta, generalizzata e quindi meno percepibile.La vivisezione non è qualcosa di distante da noi, non si esplicita solo nei grossi laboratori a contratto come Covance o HLS dai quali sono usciti i video che molti/e di noi conoscono e che hanno motivato molte per-sone ad una presa di coscienza. Si tratta di una pratica quotidiana, presente in ogni centro di ricerca all’in-terno delle città in cui abitiamo.

Combattere lo sfruttamento animale, e la vivisezione nello specifico, significa prima di tutto studiarne e com-prenderne le dinamiche interne, capire come funziona e perché, individuarne i punti deboli per elaborare strategie efficaci contro di essa.A nostro avviso uno dei punti deboli del mondo della ricerca è proprio quello che tentiamo di colpire con questo lavoro: dare un luogo ed una data a quegli esperimenti che altrimenti si perderebbero tra le migliaia di migliaia di altri, dare un nome a coloro che li hanno eseguiti, parlare delle storie di quegli animali che in essi sono morti e da esse generare la motivazione per il cambiamento. Renderne concreta e percepibile la sofferenza per costruire insieme percorsi di lotta che sappiano colpire nel segno.

Avere la possibilità di identificare con specificità e precisione un determinato studio in corso presso un dipar-timento offre, nel pratico, numerose possibilità per contrastarlo, per tentare di fermarlo.Il mostro che abbiamo di fronte difficilmente verrà scalfito nella sua interezza, tantomeno per l’intervento di quelle istituzioni che fondano la loro stessa esiste aaanza sul concetto di sfruttamento e gerarchia. Quelle istitu-zioni che riescono a invocare la liberazione dei cani di Green Hill quando sembrava funzionare per racimo-lare voti, ed a difendere la vivisezione a spada tratta non appena la lobby della ricerca ha sbattuto in prima pagina una storia ad effetto.

Crediamo, piuttosto, che una possibile strategia di attacco possa essere tentare di localizzare la problematica e combatterla approfondendone la conoscenza, riuscendo a trovare obiettivi specifici.

Per questo auspichiamo che altri gruppi e collettivi possano trovare lo stimolo e la voglia di riproporre un lavoro simile in relazione al territorio in cui si trovano, come peraltro già fatto dal gruppo ‘Nemesi Animale’ in passato nel loro ‘Vivisezione nei laboratori di Milano’.

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Questo dossier informativo, in ultima analisi, vuole ispirare rinnovata motivazione nella lotta contro la vivi-sezione, lasciando ad ogni individuo la scelta di come utilizzare le informazioni presentate su queste pagine e contrastare attivamente questa industria nei molti modi possibili che volontà ed immaginazione suggeri-scono.

Alcuni dettagli tecnici

Gli esperimenti riportati in questo dossier sono tutti liberamente reperibili su internet, si tratta di testi pub-blicati su riviste scientifiche internazionali. Non abbiamo fatto altro che tradurne le parti salienti dall’inglese e tentare di renderle comprensibili a chiunque.

Sicuramente, se qualcuno dei ricercatori menzionati in queste pagine si trovasse a leggere questo documento, verrebbe obiettata la scarsa precisione nel riportare i dettagli tecnici e la probabile inesattezza di alcuni dati. A loro ci sentiamo di rispondere, sin da ora, che se trovano necessario difendere il proprio operato pubblica-mente possono farlo in qualsiasi momento, descrivendo loro stessi con termini chiari ai più ciò che avviene dentro ai laboratori, spiegando perché avviene, illustrando nello specifico cosa succede agli animali. In quel caso non ci sarebbe neanche più bisogno di lavori come questo ed ognuno/a potrebbe maturare opinioni consapevoli a riguardo sulla base di elementi concreti.

Molti degli esperimenti presenti nel dossier non sono stati eseguiti a Genova, ma in laboratori di altre città con l’ausilio di ricercatori o dipartimenti genovesi. Questo in quanto era nostro intento offrire uno spaccato il più vario possibile del coinvolgimento dei dipartimenti universitari di Genova nella vivisezione e non ab-biamo ritenuto che il luogo materiale dove un dato esperimento avveniva fosse da considerarsi di particolare rilievo. Anzi, proprio il fatto che ricercatori di università diverse, anche al di fuori dell’Italia, si incontrino in altre strutture e cooperino a test specifici è un dato interessante che pensiamo vada considerato nell’ottica di analizzare il ‘sistema vivisezione’ nella sua totalità e nel suo carattere ‘globalizzato’.

Alcuni esperimenti si iscrivono in studi più ampi che coinvolgono uno o più dipartimenti, per questa ragione abbiamo organizzato il dossier per diverse aree tematiche. Non abbiamo rispettato un particolare ordine cronologico, abbiamo tuttavia scelto pubblicazioni relativa-mente recenti: la più datata risale a circa 10 anni fa.

Questo documento non vuole né può essere altro che un piccolo contributo, un tassello nella lunga lotta per la liberazione animale.

Una battaglia ardua e complessa, talvolta frustrante ed avvilente di fronte all’ampiezza di ciò che ci troviamo ad affrontare, ma che, nonostante tutto, non possiamo permetterci di non combattere.

Per la liberazione animale, umana e della terra

L i b e r a z i o n e A n i m a l e G e n o v a

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I luoghi della vivisezioneQuella che segue è una lista dei dipartimenti universitari genovesi responsabili degli esperimenti descritti in questo dossier.

Non si tratta di una lista completa dei dipartimenti universitari che commissionano o svolgono esperimenti a Genova, né ognuno di questi organismi possiede un laboratorio dove si svolgono in concreto i test (in alcuni casi ricercatori di un dipartimento privo di strutture adeguate hanno utilizzato laboratori presenti altrove). Questo in quanto lo scopo di questo dossier è tentare di offrire uno spaccato della sperimentazione con ani-mali a Genova a prescindere dai luoghi fisici dove essa avviene, ma mostrando piuttosto la complessa rete di collaborazioni e cooperazione che la rende possibile.

Appare tuttavia importante menzionare che, al momento, i due maggiori laboratori genovesi (ed annessi stabulari) si trovano presso due strutture:

- Istituto Italiano di Tecnologia - Via Morego 30, Genova: autorizzazione per topi, ratti, cavie e criceti (ultimo aggiornamento 2008/2009).L’IIT è un centro considerato all’avanguardia a livello internazionale e contiene al suo interno diversi diparti-menti in cui si pratica sperimentazione con animali. Al di là della vivisezione, questo centro è noto anche per la sua importanza nella ricerca nanotecnologica, e soprattutto nella robotica. Un luogo in cui le tecnologie del dominio sul vivente si concentrano e si intrecciano.La sede genovese è la principale in Italia, ma non l’unica. È stato recentemente inaugurato un polo dell’IIT a Rovereto, con annesso laboratorio specializzato nelle neuroscienze, dove si “utilizzano” scimmie per espe-rimenti sul cervello con la cooperazione di numerosi ricercatori provenienti da altre università e strutture di ricerca estere.

- Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro (il cui stabulario spesso compare sotto il nome di ‘Animal Facility’) - Largo R. Benzi 10, Genova: autorizzazione per topi, ratti, cavie e conigli (ultimo aggiornamento 2008/2009).Si tratta di un centro specializzato nella ricerca sul cancro di rilievo nazionale.

- Centro interuniversitario per la neurofisiologia del dolore - Via Dodecaneso 35, Genova Tel. (+39) 010-353.7801 / 353.6963 / Fax (+39) 010-35.6960esperimenti numero: 23, 30, 31

- Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro - Largo R. Benzi 10, 16132 Genovaesperimenti numero: 3, 8, 13, 22, 23, 28, 30, 31, 33, 35

- C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche):

Istituto per lo Studio delle Macromolecole, ISMAC - Sez. di Genova, Via De Marini 6, GenovaTel. (+39) 010-64751 / Fax (+39) 010-6475880 / e-mail: [email protected] esperimento numero: 22

IBF - Istituto di Biofisica - Via De Marini 6, GenovaTel. (+39) 010-6475577 - Fax (+39) 010-6475500esperimenti numero: 10, 14

- Dipartimento di Biologia (dipartimento del DISTAV) - Corso Europa 26, 16132 GenovaTel. (+39) 010-353.8311 / Fax: (+39) 010-352.169esperimento numero: 24

Dipartimenti e strutture

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- I.C.R.A.M./Museo Nazionale Antartide - Via Balbi 5, 16126 GenovaTel. (+39) 010-209.9415 / Fax: (+39) 010-209.9473esperimento numero: 24

- Dipartimento di Scienze della Salute (DISSAL) - Via A. Pastore 1, 16132 GenovaTel. (+39) 010-353.8501 / Fax: (+39) 010-353.8552 / E-mail: [email protected] numero: 1, 2, 3, 6, 13

- Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biofisiche, Mediche e Odontostomatologiche (DIST-BIMO)Direzione - Segreteria Amministrativa - Sezioni Medica e Odontostomatologica:Largo Rosanna Benzi 10, Pad. IV, 16132 GenovaTel (+39) 010-3538404 / Fax (+39) 010-3537584esperimento numero: 1

- Unità di Farmacologia e Tossicologia - Dipartimento di Medicina Sperimentale, Viale Cem-brano 4, 16147 Genova - Tel. (+39) 010-3532651esperimenti numero: 4, 5, 7, 9, 10, 11, 12, 14, 16, 19, 25, 27, 37

- CEBR - Center of Excellence for Biomedical Research, Viale Benedetto XV 9, 16132 Genova Tel. (+39) 010-353.3024/3037 / Fax :(+39) 010-353.3025E-mail: [email protected], [email protected] numero: 4, 5, 7, 9, 10, 11, 12, 14, 19, 25, 37

- Dipartimento di Medicina Sperimentale (DIMES), via De Toni 14, Genovaesperimenti numero: 14, 17, 28, 33

- Istituto G.Gaslini, Via Gerolamo Gaslini 5, 16147 Genova:

UOC Genetica medica - Tel. (+39) 010-5636.2370esperimento numero: 14

UOS Laboratorio di Citogenetica - Tel: (+39) 010-5636.2371E-mail : [email protected] numero: 14 UOC Laboratorio di Oncologia - Tel. (+39) 010-5636.2342/2524 - Fax (+39) 010-3779820esperimento numero: 35

- INN- Istituto Nazionale di Neuroscienze, centro di Genova(non sono disponibili altri dati)esperimento numero: 4

- IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, Via Morego 30, Genova

sez. ‘Drug discovery and development’esperimenti numero: 26, 32

sez. ‘Neurosciences and Brain Technologies’esperimenti numero: 17, 18, 20, 21, 29

sez. ‘Robotics, Brain and Cognitive sciences’ esperimenti numero: 15, 39, 40, 41

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- DINOGMI- Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili, L.go P. Daneo 3, 16132 Genovaesperimenti numero: 30, 36

- Dipartimento di scienze chirurgiche e diagnostiche integrate (DISC), Largo Rosanna Benzi 8, Genova Tel. (+39) 010-353.7631 / Fax. (+39) 010-353.7684 / E-mail: [email protected] esperimento numero: 34

- Dipartimento di Farmacia

Sezione di Chimica del Farmaco e del Prodotto Cosmetico - Viale Benedetto XV 3, 16132 Genova

Sezione di Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e Alimentari - Via Brigata Salerno 13, 16147 GenovaE-mail: [email protected] numero: 38

- Dipartimento di Scienze Pediatriche – Largo Gaslini 5, 16147 Genovaesperimento numero: 14

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Focus: topi e ratti

Il ratto (Rattus norvegicus) e il topo domestico (Mus musculus) sono le specie più comunemente usate in campo di sperimentazione animale (il loro insieme costituiva, nel 2008, il 77% delle cavie utilizzate in Euro-pa). Sono entrambi roditori che appartengono alla famiglia dei Muridi e sono distribuiti negli ambienti più disparati allo stato selvatico o come specie commensali dell’uomo.Dagli ambienti desertici alle foreste tropicali, dalle campagne agli ambienti urbani: a seconda del territorio hanno saputo adattarsi, sviluppando caratteristiche diverse sia morfologiche sia etologiche.

Il ruolo dell’essere umano nella diffusione di queste specie è stato fondamentale: l’urbanizzazione, di fatto, ha fornito loro, involontariamente, rifugi e cibo, mentre i viaggi via mare di esploratori e colonizzatori hanno consentito loro di “imbucarsi” sulle navi e raggiungere territori che sarebbero stati altrimenti totalmente al di fuori della loro portata.

La riproduzione, allo stato selvatico, è regolata da fattori come cibo e clima, ma, a causa dell’abbondanza delle risorse, è praticamente ininterrotta nei contesti urbani, dove la prolificità di queste specie ha consentito il moltiplicarsi esponenziale, nonostante le guerre mosse loro dagli esseri umani, il cui approccio consiste per lo più nel demonizzarli in quanto veicoli di malattie e autentiche piaghe infestanti, piuttosto che analizzare le proprie responsabilità (passate e presenti: vedi la pessima gestione dei rifiuti) in merito.

Purtroppo, però, le disinfestazioni non sono affatto quanto di peggio l’uomo abbia loro riservato.

Le sofferenze a cui questi animali vengono sottoposti in laboratorio va ben oltre quella inflitta durante i sin-goli esperimenti: trascorrono infatti un’intera esistenza piegata a quelli che sono gli interessi umani, senza che si tenga conto delle loro esigenze più elementari, come accade in genere anche alle altre specie tenute in cattività dall’uomo per i più disparati motivi - anche se il motivo, tristemente, è quasi sempre uno solo: il lucro.

I topi sono animali coloniali che vivono in gruppi organizzati gerarchicamente, in cattività è negata loro la possibilità di costruire nuclei familiari equilibrati e la detenzione in gabbie singole o i raggruppamenti indi-scriminati generano un forte stress, che sfocia spesso in episodi di aggressività intraspecifica, automutila-zioni o patologie che spesso non hanno il tempo di svilupparsi: infatti l’unico lusso che sembra loro concesso è quello di vivere esistenze relativamente brevi (l’aspettativa di vita media del topo è di due anni, quella del ratto di tre, ma nei laboratori i soggetti delle sperimentazioni raramente muoiono di vecchiaia).

Le norme sul benessere animale si limitano a regolare il soddisfacimento delle mere necessità fisiologiche, di-menticando che la qualità della vita riguarda la possibilità degli individui di agire secondo la propria natura; i topi sono animali estremamente timidi, prevalentemente notturni, che vivono e si muovono preferibilmente al buio, in ambienti per lo più ristretti o sotterranei. Si muovono negli spazi aperti con molta circospezione. Nelle gabbie degli stabulari è negato qualsiasi riparo, per cui sono condannati ad una vita di costante insi-curezza e pericolo imminente. Il fatto di essere nati in cattività non impedisce loro, come alcuni potrebbero essere portati a pensare, di soffrire continuamente per la mancata possibilità di esprimere le proprie necessità primarie, che sono so-ciali, ma anche intellettive. Si tratta infatti di animali estremamente curiosi, portati all’esplorazione e alla risoluzione di problemi. La frustrazione dei soggetti tenuti in cattività si trasforma spesso in comportamenti ossessivi, aggressivi o autolesionisti, a causa dell’impossibilità di sfogare altrimenti le proprie energie.

Non esistono giustificazioni valide per quello che succede nei laboratori in cui viene praticata la speri-mentazione animale: non lo sono i (dubbi) benefici che questi esperimenti possono apportare alla specie umana; non lo sono i tentativi di minimizzare il dolore degli animali non umani coinvolti, basati su criteri antropocentrici per stabilire quali siano dotati di sufficiente autocoscienza da meritare rispetto; non lo sono le speculazioni sulla possibilità che un individuo nato in cattività non sviluppi aneliti di libertà.

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La ricerca al servizio dell’industriaEsperimenti sul fumo di sigaretta e la nicotina

La connessione tra fumo e cancro ai polmoni, così come tra tabacco e patologie cardiovascolari, fu evidenziata, conseguentemente a ricerche epidemiologiche sulla popolazione umana, già nella prima metà del novecento; nel 1950 R. Doll e A. B. Hill pubblicarono sul British Medical Journal ‘Fumo e cancro del polmone - Rap-porto Preliminare’, un’approfondita analisi conseguente ad uno studio sul territorio britannico. Per quanto riguarda la sperimentazione sugli animali, i primi tentativi di induzione di tumori con prodotti del tabacco vengono registrati già nel 1911. Nel 1953 venne pubblicato (Wynder et al.) uno dei primi studi sui ratti.

Da allora milioni di animali sono stati sacrificati (termine utilizzato anche dai vivisettori) nei laboratori.

Grazie agli ambigui risultati della sperimentazione animale le industrie produttrici di sigarette hanno potuto continuare ad asserire per anni che ‘non si è ancora avuta una chiara dimostrazione dei danni del fumo’. Già, perché sperimentare su topi, criceti, gatti, cani, scimmie ecc. può dimostrare solo ciò che causa il fumo ad un topo, un criceto, un gatto, un cane o una scimmia seviziati nelle condizioni create dai vivisettori.

Philip Morris International, una delle maggiori industrie del tabacco, dedica uno spazio, sul proprio sito internet, ai test sugli animali e tra i goffi tentativi di rassicurazione leggiamo: ‘i ricercatori analizzano con attenzione quali animali siano più adeguati … e ne calcolano il numero minimo richiesto per ottenere i dati necessari’ e ‘usiamo le procedure meno invasive per ridurre al minimo il dolore e la sofferenza’. Evitano però di fornire i numeri che definiscono ‘minimi’ e si astengono dal pubblicizzare gli agghiaccianti esperi-menti da loro effettuati sugli animali.

Gli esperimenti riportati in seguito sono alcuni tra quelli praticati nel segreto dei laboratori “di ricerca” liguri.

1) Topi esposti al fumo di sigaretta fin dalla nascitaHigh susceptibility of neonatal mice to molecular, biochemical and cytogenetic alterations induced by

environmental cigarette smoke and light

Silvio De Flora, Francesco D’Agostini, Roumen Balansky, Anna Camoirano, Cristina Cartiglia, Mariagrazia Longobardi, Giorgia Travaini, Vernon E. Steele, Carlo Pesce, Alberto Izzotti

Data accettazione: 1 novembre 2007

- Dipartimento di Scienze della Salute (DISSAL), Università di Genova, Genova- National Centre of Oncology, Sofia 1756 - Bulgaria- National Cancer Institute, Rockville, MD 20892 - USA- Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biofisiche, Mediche e Odontostomatologiche (DISTBIMO), Univer-sità di Genova - Genova

Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’induzione di effetti genotossici e carcinogeni nei topi esposti al fumo di sigaretta e/o alla luce ultravioletta fin dalla nascita.Come prevedibile, lo studio ha tra l’altro dimostrato che l’esposizione di tutto il corpo per i primi quattro mesi di vita al fumo di sigaretta ha causato una notevole risposta carcinogena nei polmoni e in altri organi.Per realizzare lo studio sono state comprate 26 topine albine gravide fornite dalla Harlan di San Pietro al Natisone, che sono state tenute in gabbie individuali e nutrite con cibo standard per roditori fornito dalla Morini di S. Polo d’Enza.Ogni topina ha generato mediamente 10 cuccioli, per un totale di 260 topini neonati; i topi di una singola nidiata sono stati immediatamente tutti soppressi in modo che le condizioni dei loro polmoni potessero fare da termine di paragone per gli altri sottoposti ad esperimento.

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Gli altri, entro 12 ore dalla nascita sono stati esposti al fumo di sigaretta in concentrazioni molto elevate, alla luce ultravioletta o ad entrambe le cose per periodi di 6 ore al giorno, che diventavano 12 per i più sfortunati costretti a subire entrambi i trattamenti.Dopo 5 settimane una parte dei topini è stata soppressa a mezzo dislocazione cervicale, previa anestesia, per valutare le condizioni dei loro organi. Altri invece sono stati tenuti in vita per essere sottoposti ad altri studi, ancora in corso al momento della redazione di questo lavoro.

2) Topini appena nati e loro madri esposti al fumo di sigaretta Dose-responsiveness and persistence of microRNA expression alterations induced by cigarette smoke in

mouse lung

Alberto Izzotti, Patrizia Larghero, Mariagrazia Longobardi, Cristina Cartiglia, Anna Camoirano, Vernon E. Steele, Silvio De Flora

Data accettazione: 17 dicembre 2010

- Dipartimento di Scienze della Salute (DISSAL), Università di Genova, Genova- National Cancer Institute (NCI), Rockville, MD, USA

Questo è un altro esperimento mirato a valutare il danno causato dal fumo di sigaretta e le vittime sono an-cora una volta dei topi.Sette femmine, acquistate dalla Harlan già gravide, hanno generato un totale di 75 topini.I topi sono stati divisi in sette gruppi, sei dei quali sono stati esposti al fumo di sigaretta per un’ora al giorno per 4 settimane; l’esperimento è iniziato quando i topi neonati avevano al massimo 12 ore di vita. Un gruppo invece non è stato sottoposto ad alcun trattamento.I gruppi sono stati esposti al fumo di sigaretta in concentrazione variabile, e nel gruppo a concentrazione più alta la genitrice è morta nel giro di 24 ore, tanto da spingere i ricercatori ad escludere gli altri topi del gruppo, tutti neonati, dall’esperimento.Dopo quattro settimane i topi appartenenti a quattro gruppi, incluso quello non sottoposto al fumo di siga-retta, sono stati uccisi a mezzo dislocazione cervicale; il quinto gruppo è stato ucciso una settimana dopo la cessazione dell’esposizione al fumo, e il sesto gruppo quattro settimane dopo la cessazione dell’esposizione al fumo. A tutti è stato espiantato il polmone destro per valutare i danni riportati.Un gruppo, come detto, è stato scartato 24 ore dopo l’inizio dell’esperimento e lo studio non riporta la sorte riservata ai topini.

3) Effetti del fumo di sigaretta sui polmoni dei topi Interplay between histopathological alterations, cigarette smoke and chemopreventive agents in

defining microRNA profiles in mouse lung

Alberto Izzotti, Patrizia Larghero, Roumen Balansky, Ulrich Pfeffer, Vernon E. Steeled, Silvio De Flora

Data accettazione: 15 ottobre 2010

- Dipartimento di Scienze della Salute (DISSAL), Università di Genova, Genova- National Center of Oncology, Sofia, Bulgaria- Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- National Cancer Institute (NCI), Rockville, MD, USA

Ennesimo studio sull’effetto negativo del fumo di sigaretta sui polmoni dei topi.In questo caso sono stati esaminati undici campioni di polmone ottenuti da otto topi già utilizzati in pre-cedenti studi. I campioni sono stati ottenuti da topi non soggetti ad alcun trattamento, da topi esposti a fumo di sigaretta per 4 mesi a partire dalla nascita e da topi pure esposti a fumo di sigaretta, ma anche trattati farmacologicamente.

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Studio sugli effetti della nicotina, che ha comportato l’utiliz-zo di ratti adulti a cui è stata somministrata una dose e-levata di bitartrato di nicotina per 14 giorni attraverso una mini pompa osmotica (si tratta di uno strumento impianta-to chirurgicamente nel corpo degli animali, che permette il rilascio di ripetute dosi di sostanza farmacologica durante un dato intervallo di tempo - vedi foto) dopo di che gli ani-mali sono stati decapitati ed è stato loro prelevato l’ippocam-po per i successivi studi.

4)Ratti adulti esposti al bitartrato di nicotina e poi decapitatiChronic nicotine exposure selectively activates a carrier-mediated release of endogenous glutamate and

aspartate from rat hippocampal synaptosomes

Mario Marchi, Stefania Zappettini, Guendalina Olivero, Anna Pittaluga, Massimo Grilli

Data accettazione: 27 febbraio 2012

- Unità di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica (CEBR), Università di Genova, Genova- Istituto Nazionale di Neuroscienze, Genova

5) Ratti uccisi in studio su nicotina e rilascio di glutammato nell’ippocampoNicotine has a permissive role on the activation of metabotropic glutamate 5 receptors coexisting with

nicotinic receptors on rat hippocampal noradrenergic nerve terminals

Monica Parodi, Laura Patti, Massimo Grilli, Maurizio Raiteri, Mario Marchi

Data di accettazione: 7 Ottobre 2005

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova, Genova

Ancora una volta la sostanza testata è la nicotina e gli animali utilizzati sono nuovamente ratti. In questo caso il fine dell’esperimento era stabilire il ruolo della nicotina nell’attivazione di recettori di glutammato metabotropico e la loro interazione con i recettori nicotinici nelle terminazioni nervose dell’ippocampo di ratti adulti. Come in numerosi altri casi analizzati, gli animali sono stati decapitati ed il loro cervello viene analizzato post mortem.Il ‘sacrificio’ (termine comunemente usato dai vivisettori per indicare l’uccisione dell’animale utilizzato) di un numero non menzionato di ratti pare sia servito a determinare che nell’ippocampo di questa specie sono presenti recettori presinaptici in grado di regolare il rilascio di glutammato in presenza di nicotina. Come questo possa beneficiare in alcun modo la vita sia dell’essere umano, sia dei ratti, non ci è dato saperlo.

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6) 32 ratti esposti per ore al fumo di sigaretta ed uccisi per via di dislocazione cervicaleChemoprevention of genome, transcriptome, and proteome alterations induced by cigarette smoke in rat

lung

Alberto Izzotti, Maria Bagnasco, Cristina Cartiglia, Mariagrazia Longobardi, Roumen M. Balansky, Andrea Merello, Ronald A. Lubet, Silvio De Flora

Data di accettazione: 13 Giugno 2005

- Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Genova, Via A. Pastore 1, 16132 Genova- National Center of Oncology, Str. Plovdivsko pole 6, Sofia 1756, Bulgaria - National Cancer Institute, 6130 Executive Boulevard, Bethesda, MD 20852-7322, USA

Questo è uno studio sulla chemioprevenzione delle alterazioni provocate nel polmone dei ratti dall’espo-sizione al fumo di sigaretta. Lo studio esordisce parlando della schiacciante evidenza che il fumo ha un ruolo determinante nella pato-genesi del cancro al polmone, del cancro in altri siti e di altre malattie croniche degenerative e aggiunge però che è difficile riprodurne gli effetti nei modelli animali. Per questo studio sono stati usati 32 ratti di 14 settimane, comprati dalla Harlan di Correzzana. I ratti sono stati divisi in 4 gruppi da 8 individui. Un gruppo è stato tenuto in ambiente con aria filtrata, il secondo gruppo pure in ambiente con aria filtrata e sottoposto a somministrazione di Fluimicil, il terzo è stato esposto al fumo di sigaretta e il quarto esposto al fumo di sigaretta e sottoposto a somministrazione di Fluimicil. L’esposizione al fumo è stata ottenuta con una macchina per il fumo, che consumava 5 sigarette alla volta per 6 ore al giorno, divise in due turni da 3 ore intervallati da una pausa di 3 ore. Durante l’esperimento la concentrazione di sostanze tossiche era ovviamente molto elevata. Tutti i ratti sono comunque sopravvissuti, e dopo 28 giorni di trattamento sono stati tenuti a digiuno per 24 ore e poi uccisi a mezzo dislocazione cervicale.

7) Nicotina pompata nel sangue di ratti adulti Chronic nicotine causes functional upregulation of ionotropic glutamate receptors mediating hippocam-

pal noradrenaline and striatal dopamine release

Francesca Risso, Monica Parodi, Massimo Grilli, Francesca Molfino, Maurizio Raiteri, Mario Marchi

Data di accettazione: 22 Luglio 2003

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università degli Studi di Genova, viale Cembrano 4, Genova - Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università degli Studi di Genova, Genova

Ancora uno studio sugli effetti della nicotina effettuato su un numero non precisato di ratti adulti. Agli animali è stato somministrato del bitartrato di nicotina (o della soluzione salina per la comparazione) a mezzo minuscole pompe osmotiche, fino a raggiungere nel plasma dei livelli di nicotina compatibili con quelli dei fumatori accaniti. Gli animali sono poi stati uccisi a mezzo decapitazione e, a differenza di altri studi, qui non si menziona un’eventuale anestesia, anche se naturalmente si afferma che le procedure sperimentali sono state approvate da un ‘comitato etico’.

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8) Relazione sugli effetti della nicotina: insieme di esperimenti con modelli animaliMultiple roles of nicotine on cell proliferation and inhibition of apoptosis: Implications on lung carcino-

genesis

A. Catassi, D. Servent, L. Paleari, A. Cesario, P. Russo

Data di accettazione: 11 Aprile 2008

- Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro, Genova- CEA, iBiTeCS, Service d’Ingénierie Moléculaire des Protéines (SIMOPRO), Gif sur Yvette F-91191, France - Unità Chirurgia Toracica, Università Cattolica, Roma- IRCCS ‘‘San Raffaele’’, Roma

Questa relazione sugli effetti della nicotina e la sua implicazione nello sviluppo del tumore ai polmoni non riguarda uno specifico esperimento, ma è piuttosto una sintesi ragionata dei risultati ottenuti attraverso vari studi, alcuni dei quali condotti su modelli animali. Non sono peraltro dettagliate le modalità degli esperi-menti relativi agli studi menzionati. Il fatto che la ricerca in questione sia condotta da diversi dipartimenti universitari, uno dei quali in Francia, denota il costante interesse da parte del mondo della ricerca verso le patologie correlate al fumo, nonostante i danni da esso causati siano stati accertati da tempo.

9) Ratti decapitati in studio su recettori pre-sinaptici e nicotina P2X 7 receptors exert a permissive role on the activation of release-enhancing presynaptic a7

nicotinic receptors co-existing on rat neocortex glutamatergic terminals

Laura Patti, Luca Raiteri, Massimo Grilli, Monica Parodi, Maurizio Raiteri, Mario Marchi

Data di accettazione: 28 Novembre 2005

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova, Genova

Altro studio sulla nicotina, effettuato in vitro sui tessuti cerebrali di ratti adulti precedentemente uccisi a mezzo decapitazione. Anche in questo caso la ricerca si focalizza su alcuni recettori pre-sinaptici del cervello, sulle interazioni tra gli stessi e sulle loro reazioni alla nicotina.

10) Ratti decapitati in studio su recettori presinaptici denominati AMPAIn vitro exposure to nicotine induces endocytosis of presynaptic AMPA receptors modulating dopamine

release in rat nucleus accumbens nerve terminals

Massimo Grilli, Maria Summa, Alessia Salamone, Guendalina Olivero, Stefania Zappettini, Silvia Di Prisco, Marco Feligioni, Cesare Usai, Anna Pittaluga, Mario Marchi

Data di accettazione: 24 giugno 2012

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Istituto di Biofisica, CNR, via De Marini 6, 16149 Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova, Genova- Pharmacology of Synaptic Plasticity Unit, European Brain Research Institute (EBRI), 00143 Roma

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Ennesimo studio sugli effetti della esposizione alla nicotina in recettori del cervello. Nello specifico si ten-ta qui di dimostrare che l’esposizione alla nicotina di alcun recettori presinaptici denominati AMPA induce endocitosi (processo attraverso il quale la cellula in-ternalizza molecole o corpuscoli presenti all’esterno di essa) ed il tutto dovrebbe modulare il rilascio di dopa-mina nel cervello. In questo caso gli animali uccisi sono ratti e come in molti altri esperimenti simili il procedimento inizia con la decapitazione degli animali ed il prelievo di por-zioni di cervello.L’ippocampo degli animali è stato poi esposto a nico-tina ed in seguito analizzato per verificare eventuali reazioni alla sostanza.

11) Topi decapitati in studio sui recettori nicotiniciEvidence that a7 nicotinic receptor modulates glutamate release from mouse neocortical gliosomes

Laura Patti, Luca Raiteri, Massimo Grilli, Simona Zappettini, Giambattista Bonanno, Mario Marchi

Data di accettazione: 15 marzo 2007

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova, Genova

Anche in questo caso si analizzano recettori nicotinici del cervello per comprenderne le reazioni in presenza di nicotina. Si tenta qui di stabilire quali di questi recettori sia in grado di determinare rilascio di glutamma-to.Un numero imprecisato di topi adulti è stato ucciso attraverso decapitazione, la loro corteccia cerebrale è sta-ta poi rapidamente rimossa. I gliosomi e le sinapsi sono state incubate ad una temperatura di 37° per circa 15 minuti, ed in seguito analizzati con il sistema della superfusione. L’esperimento è stato finanziato dal MIUR.

Decapitazione di due ratti dcumentata in un laboratorio inglese (foto : buav )

12) Nicotina introdotta nel cervello di ratti tramite sondaDifferent presynaptic nicotinic receptor subtypes modulate in vivo and in vitro the release of glycine in

the rat hippocampus

Stefania Zappettini, Elisa Mura, Massimo Grilli, Stefania Preda, Alessia Salamone, Guendalina Olivero, Stefano Govoni, Mario Marchi

Data di accettazione: giugno 2011

- Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova- Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Centro di Eccellenza in Biologia Applicata, Università di Pavia

In questo esperimento si indaga il rilascio di glicina (un amminoacido) all’interno dell’ippocampo del ratto in seguito alla somministrazione di nicotina.

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Ratti adulti provenienti dalla Harlan di San Pietro al Natisone (Udine) sono stati utilizzati per entrambe le fasi dell’esperimento: dopo aver anestetizzato gli animali ed averli immobilizzati in un apparecchio ste-reotassico, la pelle del loro cranio è stata depilata, disinfettata ed infine incisa con un bisturi per esporre il cranio.

Il cranio è stato poi perforato, ed una sonda è stata inserita nell’ippocampo degli animali, fissandola all’osso con una vite in acciaio e del cemento per uso dentistico. La carne è stata poi ricucita con la sonda all’interno. Dopo 24 ore in cui gli animali si sono ripresi dalla anestesia, diversi elementi chimici, in massima parte nicotina, sono stati introdotti all’interno del loro cervello attraverso la sonda tramite microdialisi. Sempre attraverso la sonda e sempre con gli animali in vita e non più anestetizzati, si sono prelevati campioni per le analisi dei livelli di glicina. Si precisa che ogni ratto è stato usato per ‘solo’ una sessione di microdialisi.Pare doveroso menzionare, nel descrivere questa procedura, che a detta di coloro che difendono la ricerca con animali, la ‘vivisezione’, intesa come operazione invasiva su animali in vita, non esista più da anni. Ci interesserebbe sapere quale fantasiosa elaborazione terminologica sarebbero in grado di offrire in casi come questo.

Dopo aver prelevato i campioni gli animali sono stati decapitati, la sonda è stata estratta e ne è stata verificata la posizione: nei casi in cui la sonda ha mantenuto la posizione desiderata si è proceduto a rimuovere l’ippo-campo per procedere con l’esperimento, nei casi in cui invece la sonda si è mossa il cervello dell’animale non è stato ulteriormente esaminato.Nei risultati finali dell’esperimento si afferma che l’introduzione di ‘ingenti dosi di nicotina’ nell’ippocampo degli animali ha determinato un significativo rilascio di glicina nell’ippocampo: questa sembra essere stata la ragione per aver torturato nel modo sopra descritto un numero imprecisato di animali.L’esperimento è stato finanziato dal MIUR, dalla Compagnia di San Paolo e dal progetto europeo PYRGI.

13) Ennesimo esperimento sul fumo di sigaretta : studio sull’RNA del topoInterplay between histopathological alterations, cigarette smoke and chemopreventive agents in defining

microRNA profiles in mouse lung

Alberto Izzotti, Patrizia Larghero, Roumen Balansky, Ulrich Pfeffer, Vernon E. Steele, Silvio De Flora

Data di accettazione: ottobre 2010

- Dipartimento di Scienze della Salute , Università di Genova.- Unità funzionale di Genomica, Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro (IST), Genova- National Cancer Institute (NCI), Rockville, MD, USA- National Center of Oncology, Sofia, Bulgaria

In questo esperimento si verificano, per l’ennesima volta, gli effetti del fumo di sigaretta (somministrato sia in forma diretta, sia riproducendo una condizione di ‘fumo passivo’) nei polmoni di topi sani. Si sono testate inoltre alcune sostanze chemiopreventive, per verificarne l’eventuale efficacia nel contrastare l’effetto can-cerogeno causato dal fumo di sigaretta.Gli effetti del fumo e degli anticancerogeni si sono investigati sui microRNA (molecole endogene di RNA la cui alterazione viene riconosciuta come segno essenziale nel riconoscimento di quasi tutte le forme di can-cro) dei polmoni degli animali.Interessante notare come dall’intento stesso dell’esperimento si dia per scontato che il fumo provochi cancro e si tenti di comprenderne il processo al fine di combatterlo tramite somministrazione di sostanze che ne arrestino o rallentino lo sviluppo. Una caratteristica comune a molti degli esperimenti analizzati in questo la-voro, in particolare di quelli sul fumo, è proprio l’implicita ammissione ed accettazione del fatto che le cause delle patologie analizzate in questo o quell’esperimento siano da ricercarsi esclusivamente nello stile di vita o nelle abitudini dei pazienti che sviluppano la malattia.Ciò nonostante la soluzione più logica non appare, ad esempio, concentrarsi sulla prevenzione di quel de-terminato comportamento nella specie umana, quanto piuttosto nella ricerca di soluzioni chimiche e farma-cologiche, vendibili sul mercato, sulle altre specie. Soluzione il cui prezzo reale viene pagato dai milioni di esseri senzienti rinchiusi nei laboratori che continuano a morire ogni giorno.

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Per l’esperimento si sono prelevati campioni di polmoni su 8 topi del ceppo H, alcuni dei quali già utilizzati in studi precedenti nei quali erano già stati esposti al fumo.

Sono stati utilizzati: (a) animali mai esposti al fumo e con polmoni sani, (b) topi esposti al fumo di sigaretta direttamente per 4 mesi a partire dalla nascita, a cui sono seguiti 3 mesi di esposizione ad aria filtrata per consentire il ‘recupero’, (c) topi esposti appena nati al fumo diretto ed in seguito trattati con PEITC (Isothio-cyanate, un agente chemiopreventivo) sino alla fine dell’esperimento e (d) topi esposti ad agente antican-cerogeno prima della nascita attraverso somministrazioni transplacentali ed infine esposti direttamente al fumo non appena partoriti.Non viene precisato il modo in cui gli animali sono esposti al fumo, lo standard in uso nei laboratori tuttavia presuppone di immobilizzare gli animali in cilindri cavi di plastica, e infilare gli stessi all’interno di una mac-china di forma verticale dalle cui bocchette viene emanato fumo di sigaretta. Non è arduo immaginare come ci si possa sentire impossibilitati a muoversi per ore, forzati a respirare esclusivamente fumo.Dopo i vari periodi di esposizione forzata tutti gli animali sono stati uccisi, sono stati prelevati campioni dai polmoni e si è osservata l’alterazione dei loro microRNA.Nei risultati si precisa che pur considerando l’esperimento utile nell’aver ribadito il ruolo dei microRNA e della loro alterazione se esposti a fumo ed anticancerogeni nello sviluppo del tumore ai polmoni, i risultati sono da intendersi influenzati dallo stress dell’animale, dalla infiammazione polmonare causata dall’espo-sizione forzata per tempi così lunghi e dalla apoptosi (forma di morte cellulare, in questo caso causata dall’e-sperimento).L’esperimento è stato finanziato da NIH National Cancer Institute e dall’Associazione Italiana per la Ricer-ca sul Cancro (AIRC).

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Nel tentativo di offrire un quadro il più completo possibile di cosa accada oggi all’interno dei laboratori ap-pare impossibile non approfondire un aspetto che caratterizza ormai una grossa parte dell’industria della vivisezione come l’utilizzo di animali geneticamente modificati.Ricercando esperimenti compiuti negli ultimi anni per la redazione di questo dossier è apparso estrema-mente chiaro come un numero crescente di test sia ormai eseguito su animali mutanti, individui ‘prodotti’ con il solo scopo di divenire il modello perfetto per un determinato esperimento o per un certo studio.

Su questo specifico tema sono stati prodotti alcuni lavori recentemente, a cui rimandiamo per un appro-fondimento della questione: nel febbraio 2013 l’associazione inglese Animal Aid ha pubblicato un dossier dal titolo ‘Science Corrupted’ (visionabile on line a questo link: http://www.animalaid.org.uk/images/pdf/booklets/ScienceCorrupted.pdf), documento citato anche dal Coordinamento Fermare Green Hill che ai topi transgenici dedica uno spazio nel lavoro ‘Esperimenti su animali al dipartimento di Farmacologia di Milano’, pubblicato in seguito all’azione del 20 aprile 2013 negli stabulari proprio del dipartimento di Far-macologia.

L’inizio di questo perfetto esempio di arroganza antropocentrica, che mostra come le altre specie vengano considerate nulla più che elementi da dominare, gestire ed in questo caso modificare per renderle funzionali alla nostra, va ricercato nella mappatura del genoma umano (avvenuta nel 1999), a cui è ben presto seguita quella del topo.

Quello che viene fatto è tentare di creare modelli di malattie umane non presenti nell’animale attraverso una modifica del DNA di questi ultimi, modifica che si ottiene esponendoli ad agenti chimico-farmacologici ed in seguito facendoli accoppiare.I piccoli che nasceranno avranno alterazioni genetiche a loro volta diverse rispetto a quelle dei genitori; gli individui considerati interessanti ed utili per brevettare un modello per una certa patologia verranno tenuti e si tenterà di riprodurne il fenotipo, mentre tutti gli altri saranno eliminati.

Non è complesso immaginare il numero di animali uccisi in questo settore dell’allevamento per la sperimen-tazione, ancora prima di arrivare nei laboratori. Ottenere un fenotipo utile ai ricercatori è estremamente difficile e richiede spesso decine di incroci. Non a caso alcune multinazionali dell’allevamento come la Charles River si sono ultimamente specializzate nella produzione di roditori transgenici: per ogni animale transgenico prodotto viene registrato un brevetto, che significa che quel determinato modello è divenuto un prodotto ufficiale di questa o quella azienda che lo venderà sul mercato in esclusiva. Per comprendere quanto la domanda di animali geneticamente modificati sia estesa si può menzionare poi il fatto che persino i ricercatori stessi, come nel caso di Adriana Maggi del Dipartimento di Scienze Farmaco-logiche di Milano, decidano di specializzarsi in questo ‘settore produttivo’ ed aprire aziende di allevamento come la TOP di Lodi (www.top.unimi.it).

I topi selezionati diventeranno ‘fondatori’ di nuove colonie e verranno incrociati con topi non modificati (detti Wild Type) per generare sempre più individui identici che possano essere venduti.

La manipolazione genetica del vivente non si ferma peraltro ai topi usati nei laboratori.

Da ormai diversi anni la comunità scientifica internazionale investe notevoli energie nel campo della ricerca biotecnologica, pratica mascherata come salvifica ed atta a risolvere problematiche sociali.Nel tentativo di immettere OGM - organismi geneticamente modificati - sul mercato la scusa più gettonata sino a qualche tempo fa era dire che grazie a questi ‘nuovi cibi’ si sarebbe debellata la fame nel mondo, ma in realtà è contaminazione permanente ed irreversibile degli ecosistemi con effetti devastanti, nonché controllo totale da parte di aziende e multinazionali della produzione alimentare.

Nuove frontiere della vivisezione

Animali geneticamente modificati

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La mutazione è utilizzata non soltanto in animali che finiranno torturati nei laboratori, ma anche nell’indu-stria zootecnica al fine di creare individui maggiormente produttivi.Non solo: pratiche se possibile ancora più inquietanti come la clonazione da qualche anno sono largamente utilizzate sempre nell’ambito dell’allevamento di animali per l’industria alimentare e vi sono numerose aziende che si stanno specializzando nell’offrire animali ‘perfetti’.

Grazie alle nanotecnologie si è riusciti a mappare e tracciare per intero il processo di allevamento attraverso l’inserimento di chip all’interno degli animali, che in questo modo non sfuggono al controllo degli allevatori dalla nascita al momento della morte.

Seguendo la logica dell’ottimizzazione e della razionalizzazione del processo produttivo propria del sistema capitalista industriale e globalizzato, questa recente evoluzione nell’allevamento di animali è perfettamente sensata. Perché perdere tempo con individui inadatti, che non si ammalano come vorremmo e non rispon-dono ai test come auspicato, se possiamo crearne di appositi? L’individuo, la sua autonomia, non contano più niente, ogni cosa - anche e soprattutto l’etica - nulla possono davanti all’inesorabile procedere del loro concetto di progresso.

Quelli che seguono sono solo alcuni degli esperimenti che abbiamo trovato in cui sono stati utilizzati animali transgenici in diversi dipartimenti dell’Università di Genova.

Si tratta della fase finale della loro vita, l’unica che sarà mai nota.

14) Topi modificati geneticamente per sviluppare una malattia simile alla sclerosi laterale amiotrofica e uccisi solo ad uno stadio ormai avanzato della malattia

Group I metabotropic glutamate autoreceptors induce abnormal glutamate exocytosis in a mouse model of amyotrophic lateral sclerosis

Francesco Giribaldi, Marco Milanese, Tiziana Bonifacino, Pia Irene Anna Rossi, Silvia Di Prisco, Anna Pitta-luga, Carlo Tacchetti, Aldamaria Puliti, Cesare Usai, Giambattista Bonanno

Data accettazione: 13 maggio 2012

- Unità di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Unità di Genetica Molecolare e Citogenetica, Istituto Gaslini, Genova- Dipartimento di Scienze Pediatriche, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica (CEBR), Università di Genova, Genova- Dipartimento di Medicina Sperimentale, Unità di Anatomia Umana, Università di Genova, Genova- Istituto di Biofisica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Genova

Questo esperimento riguarda la sclerosi laterale amiotrofica e si basa sull’utilizzo di topi modificati genetica-mente per sviluppare una malattia simile a quella umana; i topi sono stati comprati da un fornitore america-no e allevati e fatti riprodurre all’Università di Genova, nel dipartimento di medicina sperimentale dell’unità di farmacologia e tossicologia.In questi topi la morte di solito interviene tra i 120 e i 140 giorni e per le finalità dell’esperimento sono stati uccisi solo ad uno stadio ormai avanzato della malattia. Una volta uccisi, ai topi è stato estratto il midollo spinale della regione toracolombare per i successivi esami. In totale per lo studio sono stati impiegati 123 topi, di cui 20 non transgenici per controllo.

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15) Recettori dell’attività motoria del topo: soluzioni farmacologiche iniettate nel cervello e test comportamentali

Pharmacological and genetic evidence for pre- and postsynaptic D2 receptor involvement in motor re-sponses to nociceptin/orphanin FQ receptor ligands

Riccardo Viaro, Mariangela Calcagno, Matteo Marti, Emiliana Borrelli, Michele Morari

Data di accettazione: Aprile 2013

- Robotics, Brain and cognitive sciences, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sez. Di Farmacologia , Università di Ferrara, via Fos-sato di Mortara 19, 44100 Ferrara- Centro per le Neuroscienze, Istituto Nazionale per le Neuroscienze, Università di Ferrara- Dipartimento per le Scienze Biomediche e per le Terapie Avanzate, Sez. Fisiologia Umana, Università di Ferrara, via Fossato di Mortara 19, 44100 Ferrara- Dipartimento di Microbiologia e Genetica Molecolare, Università della California Irvine, 308 Sprague Hall, 4049 Irvine, CA 92697 - 4049, USA

In questo caso si tratta di un esperimento svolto presso l’Università di Ferrara, in collaborazione però con l’università americana di Irvine, in California e con il dipartimento di Robotica dell’IIT di Genova.Si utilizza un approccio combinato di genetica e farmacologia per indagare il contributo della dopamina (so-stanza prodotta dal cervello) nel determinare gli effetti sulla funzione motoria di alcuni recettori del cervello. Per questo scopo si sono utilizzati topi privi di un recettore cerebrale, il D2, ai quali sono stati somministrati diversi tipi di farmaci atti a stimolare o inibire l’attività motoria. In base alle loro reazioni si è tentato di ca-pire quali recettori siano in grado di regolare tale attività ed in che modo.

Il risultato finale dell’esperimento, si legge, consta nell’aver capito che i recettori endogeni N/OFQ sono forti modulatori di trasmissione di dopamina nei topi ed influenzano di conseguenza la funzione motoria, e che i recettori a loro antagonisti sono i NOP, la cui funzione inibisce lo stimolo motorio.

Si sono utilizzati topi maschi adulti di diversi ceppi. Per ‘ridurne lo stress’ una settimana prima dell’inizio del trattamento farmacologico si è provveduto a far gestire gli animali da un solo operatore di laboratorio. E’ interessante notare come i ricercatori stessi ammettano che un dettaglio che potrebbe apparire di poca importanza, ossia che la persona che entra in contatto con gli animali sia sempre la stessa, sia considerata in realtà una fonte di stress per gli individui prigionieri, ammettendone implicitamente quindi l’estrema sensi-bilità e la cosciente percezione della realtà che li circonda.Per una settimana gli animali sono stati ‘allenati’ a compiere alcuni test, in modo tale da poterne verificare la validità in seguito, durante l’esperimento. Nel giorno dell’esperimento i farmaci sono stati iniettati diretta-mente nel cervello degli animali, attraverso iniezione nel ventricolo cerebrale laterale; si descrive il metodo utilizzato, che prevede di trovare un ‘punto soffice’ nel cranio dell’animale con l’ago della siringa inclinato a 45 gradi. Si ammette che per circa il 5% delle iniezioni si sia sbagliato punto, precisando ovviamente che i ‘modelli’ ai quali è stata sbagliata iniezione non siano stati utilizzati per l’esperimento. Ovvero sono stati uccisi subito dopo.

Dopo aver subito l’iniezione si sono svolti i test motori in successione.

Il primo, denominato ‘bar test’ prevede di piazzare l’animale su una barra metallica sollevata dalla base della gabbia e verificare dopo quanti secondi il topo tenti di camminarvi sopra per uscire. Il secondo test è deno-minato ‘drag test’ in cui il topo viene ‘sollevato gentilmente per la coda’ lasciando le zampe davanti a contatto del piano e lentamente trascinato all’indietro per contarne i tentativi di muoversi in avanti per sfuggire alla presa. La stessa operazione viene ripetuta sette volte in successione sullo stesso individuo. Infine il ‘rotarod test’, in cui gli animali sono forzati su di un cilindro posto orizzontalmente e sospeso sopra la gabbia: si misura il tempo in cui i diversi individui riescono a muoversi sul cilindro al fine di non cadere dallo stesso.

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Per gli ‘scienziati’ che hanno svolto l’esperimento, quindi, un topo che viene nutrito e pulito da diverse per-sone durante una settimana matura stress, ma se allo stesso topo vengono iniettati farmaci direttamente nel cervello e subito dopo lo si mette su una sbarra di metallo sospesa e lo si lascia penzolare, lo si prende per la coda e lo si tira per sette volte di fila, poi lo si piazza su un rullo e lo si forza a stare in equilibrio ed infine lo si decapita, in quel caso si è fatto ‘tutto il possibile per ridurre la sofferenza dell’animale’.Questo esperimento è stato finanziato da una borsa di studio concessa dal MIUR ad uno dei ricercatori coinvolti, Michele Morari.

16) Mutazione cromosomica indotta nei topi per mimare la sindrome di DownFluoxetine in adulthood normalizes GABA release and rescues hippocampal synaptic plasticity and

spatial memory in a mouse model of Down Syndrome

Tatjana Begenisic, Laura Baroncelli, Gabriele Sansevero, Marco Milanese, Tiziana Bonifacino, Giambattista Bonanno, Giovanni Cioni, Lamberto Maffei, Alessandro Sale

Data di accettazione: 12 Novembre 2013

- Dipartimento di Farmacia, Sez. Di Farmacologia e Tossicologia, Università di Genova- Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa- Dipartimento di Neuroscienze dello sviluppo, IRCSS Stella Maris ed Università di Pisa, Calambrone, Pisa.

In questo esperimento sulla sindrome di Down, che vede la collaborazione dell’Università di Genova e quella di Pisa, vengono utilizzati topi transgenici denominati Ts, nei quali è stata ricreata artificialmente una triso-mia (condizione di mutazione del genoma che consiste nella presenza di un cromosoma soprannumerario; nei casi di sindrome di Down riguarda il cromosoma 21) di alcuni cromosomi. Si tratta ovviamente di cromo-somi murini, ossia del topo, che per ammissione dei ricercatori stessi non sono uguali a quelli umani.Si studia, nello specifico, come la somministrazione cronica di fluoxetina (farmaco antidepressivo, normal-mente utilizzato per curare disturbi ossessivo-compulsivi) possa migliorare la capacità cognitiva, la plasticità dell’ippocampo e normalizzare il rilascio di acido amminobutirrico (GABA) nel cervello di topi Ts adulti (nel caso di sindrome di Down il rilascio di questo acido è inibito).

Topi transgenici e topi WT (Wild Type, non transgenici) acquistati in USA presso l’azienda Jax Laboratories sono stati fatti ambientare in gabbie di plexiglas e tenuti a cicli luce/buio regolari. Entrambe le tipologie di animali sono state trattate con fluoxetina, somministrata per 8 settimane nell’acqua da bere in diverse quantità a seconda dei gruppi. Attraverso diversi calcoli statistici e la misurazione dell’acqua bevuta si è ar-rivati alla conclusione che (si ipotizza) più o meno tutti gli animali avessero assunto la medesima quantità di sostanza (i dati numerici non sono tuttavia presentati). A partire dal terzo giorno di terapia si sono osservati gli animali per rilevare modifiche nel comportamento, eventuali crisi nervose e per misurare il tasso di so-pravvivenza alla sostanza.La fase finale dell’esperimento prevedeva test comportamentali, elettrofisiologici e molecolari.

Nel primo dei test i topi sono stati posti in scatole nere di pochi centimetri quadrati e le loro attività sono state riprese con una telecamera. Il test constava di due fasi: acquisizione e verifica. Durante l’acquisizione due oggetti identici sono stati introdotti in posizioni diametralmente opposte all’interno della scatola, al topo erano lasciati 10 minuti per ‘esplorare gli oggetti’, dopo di che veniva riportato nella sua gabbia, una volta reimmesso nella scatola nera l’animale avrebbe trovato uno degli oggetti precedenti spostato nel centro dello spazio; il tempo che l’animale ha speso nell’identificare l’oggetto è stato valutato da operatori che non cono-scevano la tipologia di topo (WT o mutato) né il farmaco somministrato.Nel secondo test venivano osservati gli animali, posti in un labirinto a forma di Y (con tre braccia) ed è stato misurato il numero di volte in cui ognuno di loro è entrato in una delle diramazioni.

Dopo questi test gli animali sono stati uccisi (non si precisa come) e diverse aree del cervello rimosse ed analizzate per misurare dati relativi all’ippocampo e le quantità di GABA presenti.

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Questo tipo di test, fatta eccezione per il fatto che gli animali vengono uccisi, non presenta procedure par-ticolarmente cruente. In questo senso offre un perfetto esempio di ‘sperimentazione animale’, ossia quella pratica che, a sentire i vari esperti in pubbliche relazioni assoldati dall’industria farmaceutica, ha soppianta-to l’obsoleta ‘vivisezione’ che a loro dire neanche esiste più (tesi questa confutata da molti degli esperimenti presi in esame in questo lavoro).

Vale quindi la pena di analizzare brevemente elementi e procedure qui descritte.

Parte degli animali utilizzati sono topi transgenici, nello specifico in questo caso si tratta di topi nei quali si tenta di riprodurre una condizione genetica che nella specie umana provoca la sindrome di Down. La produzione di topi geneticamente modificati è un processo di per sé eticamente aberrante in cui si tenta di riprodurre in questi animali malattie genetiche umane, il che comporta la soppressione di numeri altissi-mi di animali ‘non conformi’ (solo circa il 2% dei piccoli hanno il difetto genetico che interessa i ricercatori, gli altri vengono scartati) e nei quali la nascita, la vita e la morte sono sofferenza funzionale al loro ruolo di ‘prodotti’ per la sperimentazione.

La vita di questi animali consta di giornate passate in ambienti spogli e privi di stimoli, sofferenti per le patologie che sin dalla nascita sono state loro provocate. Nel caso di questo esperimento, agli animali viene somministrato uno psico-farmaco, sostanza che ha quindi un impatto notevole sulla psiche, l’umore e la percezione del mondo. Per quanto i ricercatori dicano, non sapremo mai cosa una sostanza simile causi dav-vero nel cervello di un piccolo topo. Il fatto che in numerosi animali questo farmaco produca crisi di vario tipo ed in altri persino la morte ci può suggerire che anche senza bisogno di un bisturi, la sofferenza inflitta sia enorme, enfatizzata dall’essere forzati ad eseguire ‘test comportamentali’ che nell’idea dei ricercatori dovrebbero fornire dati indicativi delle capacità cognitive degli animali.

Ancora una volta si dimostra l’incapacità di comprendere la complessità delle altre specie, riducendole a semplici meccanismi che si pretende di analizzare sulla base di procedimenti standard. La soggettività degli animali, la loro unicità e le loro peculiarità non vengono neanche prese in considerazione. Quattrocento anni dopo, gli insegnamenti di Cartesio sembrano essere ancora quantomai radicati nella cosiddetta ‘comunità scientifica’.

17) Tentativo di riprodurre epilessia ed autismo nei topiAutism-related behavioral abnormalities in synapsin knockout mice

Barbara Greco, Francesca Managò, Valter Tucci, Hung-Teh Kao, Flavia Valtorta, Fabio Benfenati

Data di accettazione: 10 Dicembre 2012

- Neurosciences and Brain Technologies department, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova- Istituto Scientifico San Raffaele e Vita Salute, Università di Milano- Department of Psychiatry & Human Behavior, Brown University, Providence, RI, USA

Qui l’oggetto di studio è il comportamento all’interno di gruppi di topi transgenici la cui mutazione genetica indica una predisposizione alla epilessia idiopatica (insieme di disturbi epilettici a forte base genetica) ed ASD (Autism-spectrum disorder), disturbo comunemente noto come autismo. La conclusione dei ricercatori che questi specifici tipi di animali mutati siano modelli validi per le malattie sopracitate si basa sull’analisi dei comportamenti degli animali. In base ad alcuni tratti riconosciuti come indicativi di una determinata patologia si afferma che un topo piuttosto che un altro siano riconoscibili come espressione, nel topo, di malattie complesse come l’autismo.

Anche in questo caso si utilizzano animali resi malati artificialmente, selezionati nel corso del tempo per arrivare al modello genetico ricercato. L’esperimento viene eseguito su tre gruppi diversi di topi transgenici indicati, a seconda della loro condizione genetica, come SynI −/− , SynII −/− e SynIII −/−.

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Il risultato dell’esperimento, si afferma, consta nell’aver dimostrato che le sinapsine (insieme di fosfopro-teine importanti nello sviluppo sinaptico indicate come Syn I, Syn II e Syn III) hanno qualcosa a che vedere con i tratti comportamentali riconosciuti come tipici di ASD nel topo, motivo per il quale topi con alterazioni delle Syn sono modelli validi nello studio di questi disturbi. Una sorta di verifica a priori, forse per meglio ponderare i prossimi acquisti presso gli allevamenti.

I topi sono stati acquistati dalla Charles River di Calco, in provincia di Lecco, e si precisa che questa con-dizione genetica è stata ottenuta facendo accoppiare topi SynI −/− , SynII −/− and SynIII −/− con topi provenienti da un altra colonia indicata come C57 per oltre 10 generazioni seguendo una pratica nota come ‘back crossing’, che prevede l’accoppiamento di animali mutati con i propri progenitori, o con individui ge-neticamente simili ad essi, al fine di ottenere cucciolate la cui identità genetica sia simile a quella dei genitori. Dieci generazioni di individui appena nati gettati via come spazzatura, dopo una breve vita di sofferenze, privazioni e prigionia.

Gli animali sono stati distribuiti in gruppi di 2 o 4, animali della colonia C57 non mutanti sono stati usati per il controllo. Un’ora prima degli esperimenti comportamentali gli animali sono stati introdotti in una stanza predisposta con una particolare forma di illuminazione, numerosi animali transgenici hanno mostrato, al solo spostamento nella stanza, forti crisi epilettiche (questo dovrebbe dare un’idea della condizione di sof-ferenza psico-fisica indotta in questi esseri) e per questa ragione sono stati esclusi dall’esperimento.Nei casi di crisi sporadiche invece, si attendono un paio di ore e si prosegue con svariati test comportamentali per misurare socialità, aggressività ed in generale le capacità cognitive degli animali mutanti in relazione a quelli di controllo.L’esperimento è stato finanziato dal MIUR, dalla Compagnia San Paolo e da Telethon, curiosamente appaio-no tra i finanziatori anche il Ministero del Quebec per le relazioni internazionali ed il Ministero Affari Esteri italiano.

18) Elaborazione di un nuovo strumento per test sulla capacità cognitiva dei topi e somministrazione di PCP per indurre sintomi schizofrenici negli animaliThe Ultimate Intra-/Extra-dimensional Attentional Set-Shifting Task for Mice

Diego Scheggia, Audrey Bebensee, Daniel R. Weinberger, Francesco Papaleo

Data di accettazione: 17 Maggio 2013

- Neurosciences and Brain Technologies Department, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Dipartimento di Scienze del Farmaco (FP), Università degli Studi di Padova, Padova.- Clinical Brain Disorders branch, National Institute of Mental Health, National Institutes of Health, Bethesda, Maryland , USA- Johns Hopkins University Medical Campus - Department of Psychiatry, Neurology, Johns Hopkins School of Medicine, Baltimore, Maryland, USA

Anche in questo esperimento l’Istituto Italiano di Tecnologia collabora con altre Università sia italiane sia straniere. L’oggetto della ricerca è la flessibilità cognitiva (ossia l’abilità mentale di diversificare l’oggetto del proprio pensiero a seconda delle circostanze e la capacità di pensare a due diversi concetti nel medesimo momento) ed i test ‘set shifting’ che normalmente sono utilizzati per analizzarla.Sin dall’inizio si rende chiara l’intenzione dei ricercatori: trovare un metodo per riadattare per i topi già e-sistenti tecniche di indagine in uso sui primati e sugli umani; la principale difficoltà consta nel fatto che i test maggiormente in uso come il Wisconsin Card Sorting Test ed il Cambridge Neuropsychological Test Auto-mated Battery prevedono l’utilizzo della manipolazione, cosa evidentemente complessa da attuare nei topi.

Per mimare il Cambridge Neuropsychological Test Automated Battery ID/ED utilizzato per i primati, si è inventato un test chiamato ID/ED “Operon”, che, si precisa, potrebbe divenire uno standard di utilizzo nella fase preclinica degli esperimenti, quando si deve verificare il grado di attenzione e la ‘salute mentale’ di malcapitati roditori sottoposti a manipolazioni genetiche che inducono patologie psichiatriche o alla som-ministrazione di nuovi farmaci.

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Si tratta di una struttura con due camere, divise da una separazione in plexiglas che se abbassata permette all’animale di spostarsi, e diverse aperture e funzioni, che permettono un aggiornamento costante degli sti-moli proposti dai ricercatori all’animale senza ‘interferire’ con l’esperimento. Si può ad esempio svolgere un test che prevede la misurazione del tempo nel quale un topo spinge il bottone dal quale gli verrà sommini-strato cibo, mentre nella stanza adiacente si predispone lo stesso test con un diverso tipo di cibo, o un diverso tipo di ‘ricompensa’. Questo, a detta dei ricercatori, permette di ottenere dati più affidabili in quanto non è necessario interferire con l’animale agendo nell’ambiente dell’esperimento.

Gli animali utilizzati sono topi transgenici e i topi WT (wild type) vengono usati per il controllo. I topi mutanti sono fatti nascere privati dell’enzima catecolo O-metiltransferasi, in quanto ritenuti modelli validi nella riproduzione degli effetti che l’alterazione di questo enzima ha nel comportamento e capacità cognitiva umana.

Siccome, si spiega, precedentemente questo modello di animale non poteva essere usato in test simili con le precedenti apparecchiature in quanto estremamente sensibile allo stress e quindi poco incline ad accettare la manipolazione da parte dei vivisettori, i benevolenti ricercatori hanno pensato di indurre negli animali pure una condizione simile alla schizofrenia per via farmacologica, utilizzando una sostanza nota come PCP (ossia fenciclidina, utilizzata anche come droga ricreativa con il nome di polvere d’angelo) che dovrebbe riprodurre negli animali reazioni nel cervello simili a quelle di esseri umani schizofrenici.

La fenciclidina è stata inizialmente brevettata come anestetico dalla compagnia farmaceutica Parke-Davis negli anni ‘50, ma fu presto ritirata dal mercato a causa dei marcati effetti collaterali (effetti allucinogeni e neurotossici). Circa 60 anni dopo i ricercatori dell’IIT la utilizzano per tormentare dei topi. Il fatto che, ov-viamente, gli animali trattati cronicamente con PCP abbiano dimostrato deficit cognitivi durante i test viene letto come dato positivo, nelle parole dei ricercatori: “… questa prova dimostra che il nostro nuovo modello di struttura per test comportamentali è particolarmente efficace nel comprendere come indurre seletti-vamente per via farmacologica danni cerebrali che possono essere utili nello studio su modelli animali di malattie psichiatriche …”.L’esperimento è stato finanziato dall’IIT stesso, dal fondo Marie Curie FP7 - Reintegration e dall’Intramural Research Program of the National Institute of Mental Health.

19) Disordini neurologici indotti in topi transgeniciIncreased excitability in tat-transgenic mice:Role of tat in HIV-related neurological disorders

Silvia Zucchini, Anna Pittaluga, Egidio Brocca-Cofano, Maria Summa, Marina Fabris, Rita De Michele, An-gela Bonaccorsi, Graziella Busatto, Giuseppe Barbanti-Brodano, Giuseppe Altavilla, Gianluca Verlengia, Pierangelo Cifelli, Alfredo Corallini, Antonella Caputo, Michele Simonato

Data di accettazione: 27 Febbraio 2013

- Dipartimento di Farmacia, Sez. di Farmacologia e Tossicologia, Università di Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova- Dipartimento Scienze Mediche, Centro Neuroscienze, Università di Ferrara, Istituto Nazionale per le Neu-roscienze, Ferrara- Laboratorio Tecnologie Terapia Avanzata (LTTA), Polo Tecnologico di Ferrara- Dipartimento di Medicina e Diagnostica Sperimentale, Sez. di Microbiologia, Università di Ferrara- Dipartimento di Medicina Molecolare, Università di Padova- Dipartimento di Medicina, Università di Padova- Dipartimento di Medicina e Diagnostica Sperimentale, Sez. di Microbiologia, Università di Ferrara- Fondazione RiMED, Palermo

Studio sui disordini neurocognitivi associati all’infezione da HIV-1 e sul ruolo della proteina Tat in tali di-sordini. Lo studio è stato effettuato su topi transgenici modificati geneticamente in modo da produrre tale proteina e su un gruppo di controllo di topi “normali”. Lo studio ipotizza che la proteina Tat generi uno stato latente di ipereccitabilità che favorisce gli aspetti nocivi degli agenti neurotossici e/o eccitotossici.

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Per verificare l’ipotesi, i topi sono stati sottoposti a crisi epilettiche e a neurodegenerazioni indotte dall’acido kainico e quelli transgenici hanno evidenziato delle risposte più accentuate rispetto al gruppo di controllo.

In dettaglio sono stati usati 102 topi maschi adulti, di cui 43 di controllo e 59 transgenici. Normalmente il 30% di quei topi transgenici sviluppa lesioni cutanee più o meno gravi, definite simili al sarcoma di Kaposi, che vanno dall’ispessimento della pelle e la perdita di pelo alla formazione di ampie lesioni con croste, fino all’esposizione dello strato muscolare e al distacco della pelle. I topi transgenici sono quindi stati suddivisi in due sottogruppi a seconda della loro maggiore o minore propensione a sviluppare tali lesioni.

Gli attacchi epilettici farmacologicamente indotti sono anch’essi stati classificati secondo una scala che va dalla presenza di salivazione al ciondolare il capo, e poi su su fino agli spasmi agli arti anteriori e posteriori, all’estensione tonica degli arti posteriori e alla morte. Ogni 5 minuti per 2 ore veniva osservata la gravità del-la condizione del topo ed assegnato un punteggio ad essa, e registrato poi il punteggio cumulativo al termine delle 2 ore, che come è facile comprendere devono essere state due ore di inferno per i topi.

Si intende che nondimeno lo studio assicura che sono state prese misure adeguate per minimizzare la sof-ferenza dei topi, apparentemente senza però prendersi la briga di spiegare quali sarebbero state queste misure.

Dopo 24 ore dal trattamento farmacologico i topi sono stati uccisi a mezzo decapitazione e i loro cervelli esaminati per valutare il livello di neurodegenerazione così indotto.

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Esperimenti su sistema nervoso e funzionamento delle sinapsi

Un altro degli studi portati avanti negli atenei genovesi da diversi dipartimenti riguarda esperimenti sul sistema nervoso, in particolare sul funzionamento delle sinapsi. Per questi esperimenti gli animali usati sono nella quasi totalità topi, in alcuni casi sottoposti a procedure altamente invasive (operazioni chirurgiche al cervello, installazione di elettrodi).

Quelle che seguono sono solo alcune delle procedure in questo ambito svolte a Genova negli ultimi anni.

20) Insieme di esperimenti su animali in studi sulla percezione nervosa dell’impulso visivoOptical investigation of brain networks using structured illumination

Marco Dal Maschio, Francesco Difato, Riccardo Beltramo, Angela Michela De Stasi, Axel Blau, Tommaso Fellin

Data di accettazione : 2012

- Department of Neuroscience and Brain Technologies, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova

Relazione sull’utilità di particolari tecnologie ottiche per studiare in vivo i tessuti cerebrali dei mammiferi: lo studio menziona esempi di esperimenti effettuati sui cervelli di topi anestetizzati esposti a raggi luminosi di diverso tipo ed intensità. La reazione dei neuroni degli animali è stata studiata per verificare i modi ed i tempi di elaborazione da parte del cervello delle informazioni percepite attraverso gli occhi.

Nella conclusione dell’esperimento si auspica che questa tecnica di ricerca, ancora poco utilizzata nel cam-po delle neuroscienze, inizi ad diffondersi negli esperimenti di carattere neuroscientifico. Si precisa poi che questa tecnica di studio offra le migliori possibilità di ottenere dei risultati se utilizzata in combinazione con l’inserzione di microelettrodi per registrazioni elettrofisiologiche (i microelettrodi sono solitamente inseriti direttamente nella corteccia cerebrale dell’animale, tuttavia i ricercatori definiscono queste tecnologie come ‘non invasive’).Lo studio è stato finanziato da Telethon Italy.

21) Elettrodi nel cervello di cuccioli di topo per studiare reazioni agli stimoli nella corteccia cerebrale

Sound-Driven Synaptic Inhibition in Primary Visual Cortex

Giuliano Iurilli, Diego Ghezzi, Umberto Olcese, Glenda Lassi, Cristiano Nazzaro, Raffaella Tonini, Valter Tucci, Fabio Benfenati, Paolo Medini

Data di accettazione: 22 Febbraio 2012

- Department of Neuroscience and Brain Technologies, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova

Lo scopo dell’esperimento è studiare le reazioni agli stimoli che agiscono contemporaneamente sulle diverse cortecce cerebrali (uditiva, visiva...), in particolare studiando l’inibizione di alcuni trasmettitori in favore di un unico canale ricettivo.Per fare questo, topi dalle quattro alle sei settimane di vita sono stati anestetizzati con uretano, la testa dei roditori è stata fissata e sono state operate diverse craniotomie (rimozione di una parte di osso dal teschio al fine di raggiungere il cervello); a quel punto sono state praticate iniezioni di Muscimol (potente alcaloide psicoattivo con effetti sedativo-ipnotici, agonista dei recettori GABA) attraverso un dispositivo per iniezioni a pressione. Si sono effettuati tagli in diversi punti del cervello degli animali e vi sono state inserite delle cannule.

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Per le registrazioni dell’attività sinaptica si sono utilizzati elettrodi in tungsteno o borosilicato, o pipette in borosilicato serrate al cervello con delle piccole ganasce e collegate ad amplificatori. Si specifica che non è stata utilizzata corrente, se non per ‘scopi eccitatori o inibitori’. In altre parole, è stata utilizzata corrente elettrica sui cervelli degli animali. È sempre interessante notare come pur descrivendo pratiche aberranti si tenti, attraverso giri di parole e costruzioni ad hoc, di sminuirne la brutalità.

L’esperimento vero e proprio è iniziato con una sessione di 20 flash luminosi accompagnati a 20 scosse elettriche alle zampe, questo, si dice, per ‘condizionare il comportamento’ dei topi. Agli animali immobiliz-zati sono stati poi trasmessi gli stimoli audio-visivi ogni 5-7 secondi sotto forma di: scoppi di varia intensità contemporaneamente a lampi e flash, vibrazioni di varia forza trasmesse agli animali tappando loro orecchie ed occhi, fotostimolazione tramite laser.

Immaginare come un piccolo animale quale il topo possa sentirsi dopo operazioni al cervello altamente invasive ed una serie di bombardamenti di suoni ed impulsi visivi del genere, resta davvero, nonostante i numerosi esperimenti, un quesito a cui è difficile dare risposta.Per concludere, i ricercatori responsabili ringraziano diversi colleghi tra cui spicca John Assad, neuroscien-ziato di fama internazionale, professore di neurobiologia ad Harvard, che da anni tortura scimmie in espe-rimenti sul cervello, recentemente arrivato in Italia per dirigere insieme ad altri eminenti colleghi la filiale trentina dell’Istituto Italiano di Tecnologia, aperta presso l’ex manifattura tabacchi di Rovereto.L’esperimento è stato finanziato dalla Compagnia di San Paolo, il fondo ISS per giovani ricercatori e la fon-dazione Telethon.

Altri esperimenti

Gli esperimenti che seguono non rientravano nelle aree tematiche precedentemente menzionate; in alcuni casi si tratta di test facenti parte di studi più ampi, in altri di esperimenti singoli.

22) Carcinoma epatocellulare indotto nei rattiProteomic analysis of the nuclear matrix in the early stages of rat liver carcinogenesis: identification of

differentially expressed and MAR-binding proteins

Paola Barboro, Cristina D’Arrigo, Erica Repacia, Luca Bagnasco, Paola Orecchia, Barbara Carnemolla, Eligio Patrone, Cecilia Balbia

Data accettazione: 20 ottobre 2008

- Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- C.N.R., Istituto per lo Studio delle Macromolecole, ISMAC, Sezione di Genova

In questo esperimento sono stati indotti dei noduli in un numero imprecisato di ratti maschi forniti dalla Charles River di Como; dopo 32 settimane si è osservato che le lesioni avevano la capacità di persistere e di crescere attivamente, fino a sfociare nel giro di uno o due mesi nel carcinoma epatocellulare.

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23) Dolore acuto inflitto ai rattiThe ITFR, impulsive tail flick reflex by short duration nociceptive stimuli

Massimo Leandria, Silia Leandria, Mariaisabella Ghignottia, Michele Cilli, Gianluigi Lunardi

Data accettazione: 2 maggio 2011

- Centro interuniversitario per la neurofisiologia del dolore, Università di Genova, Genova- Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova

In questo esperimento sono stati usati dieci ratti adulti e le loro code sono state sottoposte a stimoli termici, elettrici e meccanici per misurare il riflesso impulsivo di scatto della coda (per allontanare la stessa dallo stimolo doloroso). Inoltre, in cinque ratti è stato osservato l’effetto analgesico del Fentanyl.Gli stimoli termici sono stati provocati dall’utilizzo di un laser che alla massima potenza ha portato la tem-peratura della coda a raggiungere per alcuni millisecondi i 259 gradi centigradi.Gli effetti del Fentanyl sono stati osservati utilizzando il laser ad una potenza minore, allo scopo di evitare ustioni della pelle data la necessità di ripetere lo stimolo sei volte in due ore.

Lo studio dichiara esplicitamente che il riflesso impulsivo di scatto della coda viene proposto come modello del dolore acuto.

24) Cervello asportato a pesci appena pescatiGnRH immunodetection in the brain of the holocephalan fish Chimaera monstrosa L.: correlation to

oocyte maturation

Maria Angela Masini, Paola Prato, Marino Vacchi, Bianca Maria Uva

Data accettazione: 27 febbraio 2008

- Dipartimento di Biologia, Università di Genova, Genova- I.C.R.A.M./Museo Nazionale Antartide, Università di Genova, Genova

L’abstract di questo studio inizia alquanto grottescamente affermando che la chimaera monstrosa è un raro e delicato pesce che vive nelle profondità marine. Il trattamento riservatogli è stato assai meno delicato: trenta esemplari femmina sono stati pescati ad una profondità di 600 metri nelle acque tra Genova e Camogli nel giro di un anno. Poi, un’iniziale fissazione del cervello e delle gonadi è stata eseguita direttamente a bordo del peschereccio ed è stata seguita da un’ulte-riore lavorazione a terra, nei laboratori dell’Università di Genova.

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La lavorazione iniziale a bordo del peschereccio ha comportato l’apertura della scatola cranica e il versamen-to del fissativo direttamente sul cervello così esposto all’aria.Lo scopo dello studio era quello di studiare la correlazione tra la presenza di determinati enzimi nei follicoli ovarici e la presenza di determinati ormoni nell’ipotalamo.

25) Ratti neonati uccisi e sezionati per estrarre il midollo spinaleUnusual increase in lumbar network excitability of the rat spinal cord evoked by the PARP-1 inhibitor PJ-

34 through inhibition of glutamate uptake

Sara Ebrahimi Nasrabady, Anujaianthi Kuzhandaivel, Athena Akrami, Elena Bianchetti, Marco Milanese, Giambattista Bonanno, Andrea Nistri

Data accettazione: 16 aprile 2012

- Dipartimento di Neuroscienze, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA), Trieste- Unità di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica (CEBR), Genova- SPINAL (Spinal Person Injury Neurorehabilitation Applied Laboratory), Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione, Udine

Questo esperimento ha avuto come vittime dei ratti neonati (da zero a due giorni di vita) che sono stati uccisi e sezionati per estrarre il midollo spinale toracolombare in uno studio sulla iperattività dell’enzima polimerasi 1 ( PARP-1) e sui suoi inibitori. Lo studio dice che sono stati intrapresi tutti gli sforzi possibili per ridurre il numero di animali, numero che però non pare essere indicato.

26) Vari modi per infliggere dolore a topi e rattiAntinociceptive effects of the N-acylethanolamine acid amidase inhibitor ARN077 in rodent pain models

Oscar Sasso, Guillermo Moreno-Sanz, Cataldo Martucci, Natalia Realini, Mauro Dionisi, Luisa Mengatto, Andrea Duranti, Glauco Tarozzo, Giorgio Tarzia, Marco Mor, Rosalia Bertorelli, Angelo Reggiani, Daniele Piomelli

Data accettazione: 26 ottobre 2012

- Drug Discovery and Development, Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Department of Pharmacology, University of California, Irvine, CA, USA- Department of Biological Chemistry, University of California, Irvine, CA, USA- Dipartimento di Scienze del Farmaco e della Salute, Università degli Studi di Urbino ‘‘Carlo Bo’’, Urbino- Dipartimento Farmaceutico, Università degli Studi di Parma, Parma

Questo è un esperimento sugli effetti antiinfiammatori di un composto chimico. Lo studio è stato effettuato su modelli animali del dolore, o in altri termini è stata indotta artificialmente sofferenza agli animali per vedere l’effetto del composto studiato.Gli animali utilizzati sono stati topi e ratti forniti dalla ditta Charles River. Al termine degli esperimenti gli animali sono stati uccisi a mezzo dislocazione cervicale.

La sofferenza e’ stata indotta in vari modi: causando un edema alle orecchie attraverso un trattamento to-pico con un prodotto infiammatorio, oppure causando un edema alle zampe attraverso un’iniezione locale di un’altra sostanza, o ancora intervenendo chirurgicamente su una coscia per esporre il nervo sciatico e legar-lo strettamente in due punti, ovvero esponendo una zampa a irradiazioni ultraviolette, o sottoponendo una zampa a stimoli termici oppure meccanici. Insomma, per i ricercatori non c’è stato che l’imbarazzo della scelta nei metodi per infliggere sofferenza.

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27) Ambliopia indotta nei ratti, cui è poi stato trapanato il cranioEnriched experience and recovery from amblyopia in adult rats: impact of motor, social and sensory

components

Laura Baroncelli, Joyce Bonaccorsi, Marco Milanese, Tiziana Bonifacino, Francesco Giribaldi, Ilaria Manno, Maria Cristina Cenni, Nicoletta Berardi, Giambattista Bonanno, Lamberto Maffei, Alessandro Sale

Data accettazione: 12 febbraio 2012

- Istituto di Neuroscienze, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pisa- Laboratorio di Neurobiologia, Scuola Normale Superiore, Pisa- Unità di Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- Dipartimento di Psicologia, Università di Firenze, Firenze

Questo studio sull’ambliopia (difetto visivo dovuto ad uno sbilancio funzionale tra i due occhi) è stato svolto cercando di capire se attività fisica, arricchimento ambientale, maggiore interazione sociale e esercizi visivi di vario tipo potessero portare ad un miglioramento della patologia.

Vittime dell’esperimento sono stati 101 ratti, a cui all’età di 21 giorni è stata suturata una palpebra per forzare la deprivazione monoculare; poi, all’età di 70 giorni, si è provveduto a riaprire l’occhio deprivato e contem-poraneamente a chiudere quello prima sano.

I rilievi elettrofisiologici in vivo sono stati effettuati bloccando gli animali in un apparecchio stereotassico per immobilizzare la testa. L’occhio chiuso è stato riaperto con delle forbici (scissors) ed entrambi gli occhi sono stati bloccati in posizione con degli anelli metallici attorno al bulbo oculare. Una porzione del cranio è stata trapanata e la dura madre rimossa.

Dei microelettrodi sono poi stati inseriti dentro la corteccia cerebrale per effettuare le misurazioni elettrofi-siologiche.

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28) Topi sottoposti a xenotrapianto di cellule tumorali umaneTargeting a7-nicotinic receptor for the treatment of pleural mesothelioma

Alessia Catassia, Laura Paleari, Denis Servent, Fausto Sessa, Lorenzo Dominioni, Emanuela Ognio, Michele Cilli, Paola Vacca, Mariacristina Mingari, Giovanni Gaudino, Pietro Bertino, Massimo Paolucci, Andrea Cal-caterra, Alfredo Cesario, Pierluigi Granone, Roberta Costa, Monica Ciarlo, Angela Alama, Patrizia Russo

Data accettazione: 30 giugno 2008

- Unità Cancro Polmonare, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- Centro di Chirurgia Toracica, Università dell’Insubria, Varese- CEA, iBiTecS, Service d’Ingénierie Moléculaire des Protéines (SIMOPRO), Gif sur Yvette, F-91191, France- Unità di Patologia, Università dell’Insubria, Varese- Unità di Patologia, Multimedica spa, Milano- Unità Modelli Animali, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- Sezione di Immunologia, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Genova, Genova- DISCAFF Università del Piemonte Orientale ‘‘A. Avogadro’’, Novara- Unità di Radiologia, Ospedale di Gallarate, Gallarate (Varese)- Unità di Patologia Chirurgica, Università Cattolica, Roma- IRCCS ‘San Raffaele’, Roma- Unità di Chirurgia Cardio-Toracica, Ospedale di Alessandria, Alessandria

Studio sul mesotelioma pleurico maligno condotto sia in vitro su cellule tumorali umane che in vivo su mal-capitati topi nel quale l’Università di Genova ha collaborato con numerose altre facoltà.I topi sono stati sottoposti ad uno xenotrapianto, ovvero sono state loro innestate delle cellule tumorali umane; per questo scopo sono stati sottoposti a toracotomia e 48 ore dopo l’operazione sono iniziati i test di trattamento chemioterapico.Tutti i topi hanno sviluppato tumori macroscopici entro 20-30 giorni e sono stati uccisi una volta riscontrata una perdita di peso del 20%, o altrimenti dopo due mesi dall’operazione.La valutazione della tossicità del prodotto chemioterapico è stata effettuata utilizzando 50 topi per calcolare le dosi letali LD10, LD50, LD90 e LD100; in quest’ultimo caso i topi sono morti di insufficienza respiratoria e necrosi renale, e le autopsie hanno evidenziato emorragie interne e altri danni.In uno degli esperimenti, che ha riguardato 20 topi, la fine del trattamento chemioterapico è stata fissata al momento della morte dei topi, nei quali quindi il tumore è apparentemente stato lasciato progredire fino all’esito letale, senza porre un termine anticipato alle loro sofferenze.

29) Ratti sottoposti a craniotomia ed esposti a stimoli visivi per poi concludere che reagiscono differentemente dai topi e dai gatti

Cell-Type specific sub and suprathreshold receptive fields of layer 4 and layer 2/3 pyramids in rat prima-ry visual cortex

P. Medini

Data accettazione: 11 maggio 2011

- Cell Physiology Department, Max Planck Institute for Medical Research, Jahnstrasse 29, 69120 Heidel-berg, Germany- Neuroscience and Brain Technologies Department, Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Genova

Questo studio è stato effettuato su ratti di 30-33 giorni di vita, che sono stati immobilizzati in apparecchi stereotassici; una zona del loro cranio è stata assottigliata fino a rendere visibile la vascolarizzazione sotto-stante. Successivamente con del cemento acrilico si è costruito sul cranio una “camera di imaging” e la si è riempita con soluzione salina riscaldata a 37 gradi. I bulbi oculari sono stati tenuti fermi con degli anelli

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di metallo. Poi, con una videocamera si è sostanzialmente registrato cosa accadeva nel cervello del ratto du-rante l’esposizione a vari stimoli visivi forniti da un monitor a tubi catodici posto a 25 centimetri di distanza dagli occhi. I ratti sono stati sottoposti anche a craniotomia e ad altre procedure, per essere infine uccisi.

Da rimarcare che lo studio osserva che i risultati ottenuti sui ratti differiscono in vari aspetti da quelli ottenu-ti sui topi, e inizialmente si accenna brevemente anche alle differenze riscontrate tra roditori e gatti in studi esteri.

30) I topi costano meno dei ratti, meglio usare loro...Electrophysiological features of the mouse tail nerves and their changes in chemotherapy induced pe-

ripheral neuropathy (CIPN)

Massimo Leandri , Mariaisabella Ghignotti, Laura Emionite, Silia Leandri, Michele Cilli

Data di accettazione: 10 luglio 2012

- Centro interuniversitario per la neurofisiologia del dolore, Università di Genova, Genova - Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili, Uni-versità di Genova, Largo P. Daneo, 3, 16132 Genova- Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova

Interessante studio sui nervi nella coda dei topi che sembra quasi più appropriato per aspiranti piazzisti di animali da esperimento a buon prezzo. Lo studio infatti inizia dicendo che ratti e topi sono i più gettonati modelli animali di neuropatie periferiche perché raggiungono in fretta l’età adulta, si riproducono in quantità, sono facili da alloggiare e da maneg-giare. In più si possono indurre in loro molte patologie umane o con l’ingegneria genetica o somministrando loro agenti tossici.

I nervi lungo la coda dei ratti sono già stati oggetto di attenzione e di studi; i topi sono un bel po’ più piccoli e quindi studiarli e’ un po’ più complicato, ma al tempo stesso il mantenimento e i trattamenti costano meno, e quindi questo studio si è proposto di valutare se le tecniche utilizzate sui ratti siano trasferibili sui topi; insomma, una spending review universitaria... Già che c’erano, i ricercatori hanno anche indagato gli effetti di una neuropatia periferica indotta dal tratta-mento chemioterapico a cui hanno sottoposto i topi. Lo studio ha comportato l’utilizzo di 30 topi, di cui 20 sono stati sottoposti a trattamento chemioterapico mentre gli altri 10 non hanno ricevuto il trattamento e sono stati usati per controllo. Ai topi in tre diverse fasi dello studio sono stati applicati elettrodi lungo la coda e fino all’osso sacro, di cui 2 utilizzati per trasmettere al topo degli stimoli elettrici e gli altri per registrare la sua risposta agli stimoli. Altre prove svolte sono consistite nel mettere i topi sopra una barra di 30 mm di diametro, rotante a 6 giri al minuto, e vedere per quanto tempo riuscivano a mantenersi in equilibrio, e nel farli camminare in un corri-doio lungo 1 metro e largo 4,5 cm per valutare approssimativamente se il trattamento chemioterapico avesse comportato anomalie motorie.

In conclusione si dice che le piccole dimensioni dei topi non influenzano l’attendibilità delle metodologie u-sate e si nota con evidente soddisfazione che non essendo tecniche invasive le stesse possono essere ripetute più volte sullo stesso animale.

31)Coda di ratti immersa in silicone riscaldatoEffect of temperature on sensory and motor conduction of the rat tail nerves

M. Leandri, S. Leandri, G. Lunardi

Data di accettazione : 24 Agosto 2008

- Centro Interuniversitario per la Neurofisiologia del Dolore, Genova- Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro, Genova

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Studio sugli effetti della temperatura sulla conduzione nervosa sensoria e motrice nella coda dei ratti. Sono stati usati dieci ratti di 28 settimane di vita alla cui coda è stato applicato un elemento di platino fissato con del nastro termoisolante. La coda, cui sono anche stati fissati degli elettrodi sia per applicare stimoli elettrici sia per l’acquisizione dei dati, è stata immersa in un bagno di olio di silicone riscaldato in modo che la temperatura della coda raggiungesse il valore voluto. Le misurazioni delle reazioni nervose sono state effettuate ad una temperatura di 40 gradi poi fatti scendere ad intervalli di due gradi fino ad un valore di 16 gradi. Ogni esperimento, effettuato in anestesia anche ripetuta in caso il ratto desse segni di risveglio, ha avuto la durata di circa 90 minuti.

32) Stenosi indotta in ratti e conigli in studio sugli effetti della eminaHemin prevents in-stent stenosis in rat and rabbit models by inducing heme-oxygenase-1

Jean-Marc Hyvelin, Blandine Maurel, Rustem Uzbekov, Roberto Motterlini, Patrick Lermusiaux

Data di accettazione: Febbraio 2010

- Laboratoire de Physiopathologie de la Paroi Artérielle, Tours, Francia- Faculté de Médecine, Université François Rabelais, Tours, Francia - Laboratoire de Biologie Cellulaire et de Microscopie Électronique, Faculté de Médecine, Université François Rabelais, Tours, Francia - Department of Drug Discovery and Development, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova.

Studio coordinato tra la facoltà di medicina di Tours, in Francia ed il Dipartimento di scoperta e sviluppo farma-cologico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova sugli effetti dell’emina (un composto derivante dall’emo-globina) per la prevenzione della stenosi (ossia quella condizione patologica che prevede il restringimento di un orifizio, un vaso sanguigno o un organo cavo) negli stent (lo stent è una struttura metallica cilindrica a maglie che viene introdotta negli organi cavi, come l’intestino oppure i vasi sanguigni).

Per lo studio sono stati usati ratti e conigli. Ai ratti è stato applicato uno stent all’aorta, ai conigli invece alle arterie iliache. I conigli a partire da 28 giorni prima dell’opera-zione hanno ricevuto una dieta ad elevato tenore di cole-sterolo, presumibilmente per favorire l’insorgere di ste-nosi. Durante l’esperimento gli animali sono stati sot-toposti a somministrazione intraperitoneale di emina (o di soluzione salina, nel caso del gruppo di controllo). I ratti sono stati soppressi dopo 7 oppure 28 giorni, i coni-gli dopo 28, per il successivo prelievo ed osservazione dei tessuti oggetto dello studio.

33) Cranio di conigli trapanato in esperimento sulle proprietà osteoconduttive di una struttura in biomateriale applicata per la cura di difetti nella calotta cranica

Platelet rich plasma enhances osteoconductive properties of a hydroxyapatite-b-tricalcium phosphate scaffold (Skelite) for late healing of critical size rabbit calvarial defects

Rania M. El Backly, Samer H. Zaky, Barbara Canciani, Manal M. Saad, Ahmed M. Eweida, Francesco Brun, Giuliana Tromba, Vladimir S. Komleg, Maddalena Mastrogiacomo, Mona K. Marei, Ranieri Cancedda

Data di accettazione: 12 Giugno 2013

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- Dipartimento di Medicina Sperimentale (D.I.M.E.S.) (Head: Prof. Maria Adelaide Pronzato), Università di Genova & AOU San Martino e Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova, Italy - Tissue Engineering Labs, Faculty of Dentistry (Dean: Prof. Dr. Ihab Hammad), Alexandria University, El-Guish Road, El-Shatby, 21526 Alessandria, Egitto- Pharos University (Dean of Faculty: Prof. Dr. Yehia Ashour), Canal El Mahmoudia Street, Alessandria, Egitto- Faculty of Medicine (Dean: Prof. Dr. Mohammed Ashraf Galal), Alexandria University, El-Guish Road, El-Shatby, 21526 Alessandria, Egitto- Department of Industrial Engineering and Information Technology (Head: Prof. Maurizio Fermeglia), University of Trieste, Piazzale Europa 1, 34127 Trieste, Italia- Sincrotrone Trieste S.C.p.A. (Presidente: Prof. Carlo Rizzuto), Elettra, Strada Statale 14 e km 163,5 in AREA Science Park, 34149 Basovizza, Trieste, Italia- A.A. Baikov Institute of Metallurgy and Materials Science (Head: Prof. Konstantin Aleksandrovich Solnt-sev), Russian Academy of Sciences, Leninskii Avenue 14, 119991 Mosca, Russia

Questo studio ha evidenziato come l’aggiunta di plasma arricchito di piastrine migliori le proprietà osteo-conduttive di una struttura in biomateriale applicata per la cura di difetti nella calotta cranica di conigli. Le procedure sperimentali si sono svolte presso i laboratori dell’Università di Alessandria d’Egitto e hanno comportato l’uso e la successiva uccisione di 24 conigli. I conigli sono stati divisi in due gruppi e a ciascun animale con un trapano chirurgico da 13.000 giri al minu-to sono stati praticati due buchi di 1 cm. di diametro nell’osso parietale, oltre alla rimozione completa del periostio dallo stesso.

Il primo gruppo è stato trattato con un biomateriale in polvere nel buco destro, mentre il buco sinistro non è stato trattato. Il secondo gruppo ha ricevuto sia il biomateriale in polvere sia del gel a base di plasma arric-chito di piastrine nel buco destro e solo il gel nel buco sinistro. All’interno di ogni gruppo 2 animali sono stati uccisi dopo 4 settimane, 5 dopo 8 settimane e gli ultimi 5 dopo 16 settimane, per verificare il progresso della terapia.

Gli animali che, ricordiamo, avevano subito un intervento invasivo alla scatola cranica, venivano visitati giornalmente (cioè solo una volta al giorno, par di capire) per controllare sanguinamento e dolore post ope-ratorio, che è stato trattato con buprenorfina somministrata ogni 8-12 ore per 3 giorni.

Lo studio afferma che non possono essere escluse potenziali influenze sui risultati dello studio correlate alla concentrazione del plasma arricchito di piastrine e ai suoi effetti specie-correlati e conclude quindi che il plasma arricchito di piastrine associato ad una struttura in biomateriale può migliorare la rigenerazione ossea nei difetti della scatola cranica dei conigli, nulla quindi estrapolando per simili patologie umane.

34) Ratti resi cirrotici dall’esposizione artificiale al tetracloruro di carbonioEffects of pentoxifylline on intestinal bacterial overgrowth, bacterial translocation and spontaneous bac-

terial peritonitis in cirrhotic rats with ascites

Francesco Corradi, Claudia Brusasco, Javier Fernández, Jordi Vila, Maria Jose Ramirez, Tiago Seva-Pereira, Guillermo Fernández-Varo, Ismail Ben Mosbah, Juan Acevedo, Anibal Silva, Patricia Rieken Macedo Rocco, Paolo Pelosi, Pere Gines, Miquel Navasa

Data di accettazione: 25 Novembre 2011

- Dipartimento di Scienze Chirurgiche e di Diagnostica Integrata, Università di Genova, Italia- Liver Unit IMDiM and IDIBAPS, Hospital Clínic, University of Barcelona and CIBERehd, Barcelona, Spain - Microbiology Department, Hospital Clínic, University of Barcelona, Barcelona, Spain - Hormonal Laboratory, Hospital Clínic, University of Barcelona, Barcelona, Spain - Department of Experimental Pathology, Instituto de Investigaciones Biomédicas de Barcelona-Consejo Superior de Investigaciones Científicas, IDIBAPS, Barcelona, Spain- Laboratory of Pulmonary Investigation, Carlos Chagas Filho Biophysics Institute, Rio de Janeiro, Brazil

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Studio sugli effetti della pentoxifillina sulla eccessiva crescita batterica intestinale e sulla peritonite batterica spontanea in ratti cirrotici con ascite. È opportuno cominciare dal fondo, ovvero dai limiti dello studio: i ricercatori affermano di avere usato uno specifico modello sperimentale di cirrosi e di ascite nei ratti, e quindi scrivono che i risultati non possono es-sere estrapolati ad altri modelli sperimentali di cirrosi e di ascite. Ovviamente quindi di estrapolare i risultati alla cirrosi e all’ascite di pazienti umani non si può nemmeno parlare; conseguentemente si dovrebbe con-cludere che lo studio resta solo utile per indicare una possibile terapia nei ratti resi cirrotici dall’esposizione artificiale al tetracloruro di carbonio. Probabilmente per la salute dei ratti sarebbe molto più semplice non esporli artificialmente al tetracloruro di carbonio... Lo studio si è posto l’obiettivo di comparare i risultati del trattamento con pentoxifillina rispetto a quello con norfloxacina; quest’ultima infatti pare favorire lo sviluppo di resistenza agli antibiotici. La conclusione è stata che con simile efficacia la pentoxifillina ha però il vantaggio di ridurre lo stress ossidativo della mucosa cecale. In tutto sono stati utilizzati e poi uccisi 46 ratti; in una prima fase 37, di cui 6 sani e 31 a cui è stata indotta la patologia e in una seconda fase altri 9 pure fatti ammalare. Per indurre la malattia nei ratti, durante un periodo di 20 settimane l’acqua loro somministrata è stata ad-dizionata di fenobarbital e i ratti tre volte alla settimana sono stati costretti a respirare aria miscelata con tetracloruro di carbonio, noto anche come freon 10 o CFC10, composto sintetico molto tossico. Nella prima fase 2 ratti sono morti prima delle 20 settimane; i rimanenti sono stati divisi in due gruppi, uno di 14 ratti trattati con pentoxifillina e l’altro di 15 ratti a cui veniva somministrato un placebo. Peraltro la morte prematura di 1 ratto del primo gruppo e 3 ratti del secondo ha lasciato alla fine a disposizione 13 ratti trattati con pentoxifillina e 12 con placebo per le analisi previste. Nella seconda fase sono stati usati 9 ratti, di cui uno morto prima di sviluppare l’ascite. Questi ratti sono stati trattati con norfloxacina.

35) 110 topi uccisi in studio su farmaco antitumoreEnhanced anti-tumor and anti-angiogenic efficacy of a novel liposomal fenretinide on human neurobla-

stoma

Daniela Di Paolo, Fabio Pastorino, Guendalina Zuccari, Irene Caffa, Monica Loi, Danilo Marimpietri, Chiara Brignole, Patrizia Perri, Michele Cilli, Beatrice Nico, Domenico Ribatti, Vito Pistoia, Mirco Ponzoni, Gabri-ella Pagnan

Data di accettazione: 19 Giugno 2013

- Unità Terapie Sperimentali, Laboratorio di Oncologia, Istituto Giannina Gaslini, Genova- Animal Facility, IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino-IST Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova- Dipartimento per Studi Qualità della Vita, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, 47921 Rimini- Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze ed Organi Sensoriali, Sez. Anatomia Umana ed Istologia, Università di Bari ed Istituto Naz. Ricerca sul Cancro “Giovanni Paolo II”, 70124 Bari

Questo studio ha l’obiettivo di valutare l’efficacia di una nuova formulazione della fenretinide nel tratta-mento del neuroblastoma. La fenretinide era già considerata un promettente agente per la cura, ma la sua efficacia era limitata dalla scarsa solubilità e dal rapido metabolismo. In questo caso la fenretinide è stata incapsulata entro nanoliposomi stabilizzati e ciò ha portato ad un miglioramento dei risultati. Gli esperimenti in vivo sono stati effettuati su gruppi di undici topi e sono stati ripetuti due volte. I topi erano femmine di 5 settimane acquistate dalla Harlan di S. Pietro al Natisone e pare di capire che il totale di ani-mali uccisi sia stato di 110 individui.

I topi sono stati oggetto di laparatomia e ad essi sono state iniettate cellule di neuroblastoma umano. I tumori sono stati lasciati crescere per 21 giorni senza alcun trattamento, dopo di che i topi sono stati suddi-visi in 5 gruppi e trattati con diverse formulazioni (o non trattati nel caso del gruppo di controllo) due volte alla settimana per sei settimane. Ogni giorno è stato controllato il peso e lo stato di salute generale dei topi. Quelli che mostravano problemi (dilatazione addominale, deidratazione, paraplegia, forte perdita di peso)

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sono stati anestetizzati e poi uccisi tramite dislocazione cervicale. Il primo giorno dopo 5 settimane di trattamento 3 topi per ogni gruppo sono stati uccisi come sopra descritto e le masse tumorali analizzate. Lo studio non pare precisarlo, ma è da ritenersi che analogo trattamento sia stato riservato a tutti i topi rimanenti una volta arrivati al termine delle sei settimane di trattamento.

36) Lactoalbumina contro l’epilessia: studio con topi e ratti a cui vengono impiantati elettrodi nel cervello

Protective activity of a lactoalbumin (ALAC), a whey protein rich in tryptophan, in rodent models of epiloptogenesis

E. Russo, F. Scicchitano, R. Citraro, R. Aiello, C. Camastra, P. Mainardi, S. Chimirri, E. Perucca, G. Dona-to, G. De Sarro

Data di accettazione: 2012

- Dipartimento di Scienze della Salute, Scuola di Medicina, Università ‘‘Magna Graecia’’, Catanzaro- Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica, Università di Genova- Unità Clinica Farmacologica, Università di Pavia e Istituto di Neurologia IRCCS, Pavia.

Il fine di questo esperimento è di valutare il potenziale della lactoalbumina, una proteina del siero di latte ricca in triptofani (amminoacidi essenziali, contribuiscono alla sintesi della serotonina e dell’acido nicotini-co) nell’organismo di topi e ratti, in questo caso modelli di epileptogenesi, ossia quel processo nel quale un cervello normale sviluppa l’epilessia.Per fare questo si sono riprodotte negli animali diverse tipologie di crisi neuronali indotte per via chimi-co-farmacologica.Sono stati utilizzati ratti e topi maschi, rispettivamente di 3 e 6 settimane di vita, acquistati dalla Harlan di Correzzana. Si precisa, come al solito, che ogni sforzo è stato compiuto per ridurre il numero di animali utilizzati e la loro sofferenza.

Protocollo sperimentale nei ratti: la proteina ALAC è stata somministrata attraverso l’acqua a disposizione degli animali nelle gabbie. Il trattamento è cominciato quando i ratti avevano 30 giorni ed è continuato sino al raggiungimento delle 17 settimane. Altri ratti detti ‘di controllo’ (animali sui quali la sostanza non viene testata) della stessa età sono stati mantenuti nelle medesime condizioni. All’età di 6 mesi ai ratti sono stati impiantati elettrodi nel cervello per il controllo e la registrazione degli encefalogrammi e la misurazione delle crisi indotte.

Protocollo sperimentale nei topi: l’epilessia nei topi è stata causata da somministrazione di pilocarpina som-ministrata per iniezione; questa sostanza ha causato negli animali periodi alternati di crisi molto frequenti, o crisi del tutto assenti. Si precisa che in seguito alla somministrazione questa fenomenologia si manifesta per tutta la vita dell’animale.Inoltre si illustra il perché si sia scelto un ceppo di topi piuttosto che un altro: a causa della loro predispo-sizione ad una elevata neurodegenerazione dell’ippocampo ed al basso tasso di mortalità durante gli espe-rimenti.Dopo la pilocarpina, agli animali è stato somministrato anche del diazepam (potente tranquillante) per ‘mas-simizzare la sopravvivenza’ ed in seguito gli animali sono stati divisi in tre gruppi: a due viene data ALAC nell’acqua, mentre il terzo gruppo è di controllo.Dopo circa 10 settimane di trattamento gli animali sono stati anestetizzati, posti in apparecchio stereotas-sico, è stato loro aperto il cranio e ben cinque diversi elettrodi sono stati impiantati nel cervello, ancorati al teschio con viti di acciaio inossidabile. Le sessioni di registrazione sono durate 6 ore ciascuna durante le quali i topi alternavano momenti di apatia a momenti di crescente attività che culminavano in violente crisi.Per misurare i danni dell’ippocampo gli animali sono stati uccisi ed il loro cervello prelevato ed analizzato in diverse regioni.

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In conclusione, si afferma che grazie a questo ed altri studi ci sono ragionevoli prove che la proteina ALAC abbia un ruolo importante nella riduzione delle crisi neuronali tipiche dell’epilessia nei topi e nei ratti.Per verificare la medesima teoria sulla specie umana, ovviamente, sono necessari ulteriori esperimenti.

Verrebbe da chiedersi se invece di infliggere ad un numero imprecisato di animali le sofferenze sopra de-scritte (somministrazione di numerosi agenti farmacologici e chimici, impianto di elettrodi nel cervello e viti nel cranio, induzione di violente crisi neuronali, uccisione) non avrebbe più senso studiare i fenomeni dell’epilessia nelle numerosissime persone che ne soffrono. Ma probabilmente in questo modo sarebbe as-sai più complicato riuscire ad ottenere la pubblicazione dei propri esperimenti su riviste specializzate e fare carriera.

37) Studio sul morbo di Alzheimer: sonde impiantate nel cervello di ratti WistarInhibitory effects of beta-amyloid on the nicotinic receptors which stimulate glutamate release in rat

hippocampus: the glial contribution

Alessia Salamone, Elisa Mura, Stefania Zappettini, Massimo Grilli, Guendalina Olivero, Stefania Preda, Stefano Govoni, Mario Marchi

Data di accettazione: 11 Novembre 2013

- Sez. Farmacologia e Tossicologia, Dipartimento di Farmacia, Università di Genova.- Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova.- Dipartimento Scienze Farmacologiche, Centro di Eccellenza in Biologia Applicata, Università di Pavia.

Esperimento sui recettori nicotinici, svolto da due dipartimenti dell’Università di Genova in collaborazione con il dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università di Pavia.Nello specifico si investiga il ruolo dei recettori nicotinici nel rilascio nell’ippocampo di alcuni amminoacidi tra cui l’acido glutammico. L’obiettivo raggiunto sembra essere quello di aver dimostrato che la sommini-strazione in vivo di nicotina nel cervello di ratti adulti stimola il rilascio di acido glutammico attraverso i recettori nicotinici. Essendo l’acido glutammico importante nella formazione della memoria, si ipotizza che la funzione di rilascio di questa sostanza nel cervello sia correlata allo sviluppo del morbo di Alzheimer.

Per l’esperimento sono stati utilizzati ratti Wistar adulti provenienti dallo stabilimento Harlan di San Pietro al Natisone. Gli animali sono stati anestetizzati ed in seguito immobilizzati in un apparecchio stereotassico. La pelle sul cranio è stata depilata e si è proceduto a sezionarla per esporre il teschio; si è poi proceduto a perforare l’osso per impiantare una sonda all’interno del tessuto cerebrale.La sonda è stata fatta arrivare sino all’ippocampo e fissata al teschio con una vite di acciaio inossidabile e ce-mento dentale. Infine, la pelle è stata ricucita, si sono fatti riprendere gli animali e si è iniziato ad utilizzare le sonde per immettere del peptide (combinazione di amminoacidi) direttamente nel cervello dei malcapitati. Si è proseguito poi collezionando campioni, sempre attraverso la sonda ed un sistema di siringhe e tubazioni, e reimmettendo soluzioni farmacologiche, tra cui nicotina, per valutare le reazioni del cervello. Quest’ultima operazione, ossia l’immissione di sostanze ed il prelievo di campioni direttamente dal cervello degli animali, è stata compiuta con i ratti completamente svegli e coscienti. Si tiene a precisare che ogni animale è stato utilizzato per una sola sessione sperimentale (quasi a voler rimarcare la benevolenza dei ricercatori, come se fare esperienza anche solo per una volta delle procedure sopra descritte non fosse abbastanza).

Infine gli animali sono stati uccisi tramite decapitazione e l’esperimento è proseguito in vitro sui cervelli prelevati, solo però in quegli animali nei quali si è verificato che la sonda fosse localizzata nell’esatto punto voluto. Gli altri ratti, invece, hanno dovuto subire l’intero esperimento e sono morti solo per poi finire gettati via, come spazzatura.

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38) Topi e ratti torturati per testare nuovo anti infiammatorioImproving the solubility of a new class of antiinflammatory pharmacodynamic hybrids, that release

nitric oxide and inhibit cycloxygenase-2 isoenzyme.

Mariangela Biava, Claudio Battilocchio, Giovanna Poce, Salvatore Alfonso, Sara Consalvi, Giulio Cesare Por-retta, Silvia Schenone, Vincenzo Calderone, Alma Martelli, Lara Testai, Carla Ghelardini, Lorenzo Di Cesare Mannelli, Lidia Sautebin, Antonietta Rossi, Antonio Giordani, Paola Patrignani, Maurizio Anzini

Data di accettazione: 18 Ottobre 2012

- Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco, Università “La Sapienza”, Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma- Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di Genova, Genova- Dipartimento di Farmacia, Università di Pisa, Via Bonanno 6, 56126 Pisa- Dipartimento di Farmacologia, Università di Firenze, viale G. Pieraccini 6, 50139 Firenze- Dipartimento di Farmacologia Sperimentale, Università di Napoli “Federico II”, via D. Montesano 49, 80131 Napoli- Rottapharm S.p.A., via Valosa di Sopra 7, 20052 Monza- Department of Medicine and Center of Excellence on Aging, “G. d’Annunzio” University and CeSI, Via dei Vestini 31, 66013 Chieti- Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico, Università degli Studi di Siena, Via Alcide de Gasperi 2, 53100 Siena- European Research Centre for Drug Discovery and Development, via Banchi di Sotto 55, 53100 Siena

Gli effetti dei singoli componenti del farmaco sono stati testati su ratti Wistar, che sono stati sacrificati tra-mite dislocazione cervicale e dissanguamento dopo una leggera anestesia con etere. Parte degli esperimenti sono stati effettuati sugli anelli di aorta dei ratti rimossi dai loro corpi, ancorati a ganci ai quali è stata appli-cata tensione fisiologica e mantenuti in bagno termostatico per testare la risposta contrattile della muscola-ture dei vasi sanguigni. Per testare la formazione di nitrati, altri topi sono stati sacrificati mediante disloca-zione cervicale e dissanguamento. È stato rimosso loro il fegato ed omogeneizzato per rilevare la formazione di nitriti e nitrati, in alcuni casi si è inoculato un riduttore di nitrati che li convertisse in nitriti. Le proprietà antinfiammatorie del farmaco sono state testate su esemplari di ratti maschi Wistar o Sprague Dawley o topi maschi Swiss albini, iniettando in una zampa posteriore una soluzione a base di carragenina, la quale induce una reazione infiammatoria acuta. Quattro ore dopo l’iniezione si è proceduto con il test Randall-Selitto, attraverso il quale si misura la risposta al dolore, osservando la reazione a una pressione sempre maggiore sulla zampa infiammata. In altri esemplari sono stati indotti degli spasmi addominali tra-mite l’iniezione di una soluzione acida, calcolando la frequenza e il numero degli spasmi, in relazione all’uso del farmaco.

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Cooperazione per la tortura - l’industria globale della vivisezione

Studi sulla percezione con primati non umani

La vivisezione si caratterizza oggi, come numerose altre forme di sfruttamento umano, animale e delle risorse del pianeta, per essere una pratica estremamente globalizzata: i laboratori necessitano ed utilizzano animali, strumenti o sostanze provenienti spesso da altre parti del mondo, gli esperimenti sono pubblicati su riviste internazionali ed ispirano il ‘lavoro’ di altri ricercatori in altre nazioni o continenti. Non a caso alcune delle campagne antivivisezioniste che hanno raggiunto i più significativi risultati negli ultimi anni sono quelle contro il trasporto di animali come la campagna Gateway to Hell (www.gatewaytohell.net), proprio perché si è compreso quanto l’industria della vivisezione dipenda forte-mente dall’infrastruttura logistica che ne permette il funzionamento a livello globale.

Se, ad esempio, un ricercatore italiano pubblica un esperimento ritenuto interessante da un suo collega giapponese, in cui ha utilizzato un modello di topo transgenico ‘prodotto’ dalla Harlan o dalla Charles River solo in alcune sedi europee, il ricercatore giapponese necessita esattamente quel topo per poter riprendere lo stesso studio. Soprattutto per animali come i primati non umani, che per necessità di ricerca devono ancora essere cat-turati in natura e vengono quindi importati dai paesi dove vivono, l’importanza della possibilità di trasporto è cruciale.

Anche per approfondire questo aspetto dell’attuale industria della sperimentazione abbiamo deciso, in con-clusione a questo lavoro, di riportare tre esperimenti svolti da alcuni ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia genovese (Alberto Mazzoni e Stefano Panzeri) , in collaborazione con ricercatrici e ricercatori provenienti da altre parti d’Europa, presso l’Istituto Max Planck di Tübingen, in Germania. Si tratta di tre esempi perfetti di come attualmente la vivisezione avvenga in contesti di cooperazione internazionale tra diverse università e progetti di ricerca.

In questo caso gli esperimenti sono su scimmie (animale non presente in alcun centro di ricerca in Liguria) ed il campo di indagine è il funzionamento del cervello; nello specifico si ricercano reazioni a livello nervoso in risposta a stimoli esterni.La dinamica propria delle tre procedure è simile: diversi macachi sono stati immobilizzati in apparecchi di contenzione, sono stati loro impiantati elettrodi nel cervello attraverso operazioni chirurgiche ed infine sono stati obbligati a visionare filmati di diverso genere (tra cui numerosi film ‘commerciali’) ripetuti numerose volte.

Non occorre particolare sforzo, pensiamo, per immedesimarsi nella profonda sofferenza di un individuo che sente il proprio corpo costretto e bloccato, impossibilitato a muoversi, tormentato da elementi esterni im-piantati direttamente nel cervello. Non serve grande immaginazione per capire quale livello di stress e disperazione si possa provare con im-magini ossessivamente ripetute davanti agli occhi senza possibilità di volgere lo sguardo altrove, senza la capacità di fermarne il flusso né di chiudere le palpebre.

Basta volerci provare, basta aver voglia di capire, basta tentare di mettere in discussione anche solo per un attimo il paradigma antropocentrico che permea così profondamente la ‘nostra’ cultura ed immedesimarsi.

Spesso chi difende la vivisezione si arrocca sulla propria fortezza ideologica, sostenendo che si tratta in fondo di pratiche complesse, non comprensibili da chi, non esperto, fonda la propria opposizione su basi etiche (o, a detta dei luminari vivisettori, irrazionale emotività) e non arriva a capire che si sta agendo per un ‘bene superiore’. Chi sostiene questa pratica inaccettabile tenta di mascherare cosa avviene all’interno dei laboratori, tiene a precisare che ‘la vivisezione è da tempo illegale’ e che pratiche come quella descritta in questi esperimenti (o negli esperimenti precedentemente citati) appartengono ad un lontano passato.

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Con questo lavoro speriamo di aver contribuito a mostrare invece quanto tutto questo, che non pensiamo sia definibile in alcun altro modo se non ‘tortura’, avvenga ogni giorno, a pochi passi dai luoghi in cui viviamo, nelle università delle città in cui abitiamo.

Auspichiamo che possa aiutare a smontare un altro pezzo di quel muro di menzogne e falsità dietro al quale i vivisettori operano e gli animali continuano a morire nei modi più atroci.

Ci piacerebbe, in definitiva, che il concetto stesso di ‘scienza’, se basato su principi come quelli esplicitati in pratiche aberranti come quelle descritte a seguire, venisse messo in discussione nel suo complesso.

39) Macachi forzati a visionare ‘film commerciali’ in esperimento sugli LFPOptimal band separation of extracellular field potentials

Cesare Magri, Alberto Mazzoni, Nikos K. Logothetis, Stefano Panzeri

Data di accettazione: 2 Novembre 2011

- Max Planck Institute for Biological Cybernetics, 38 Spemannstrasse, 72076 Tübingen, Germania - Bernstein Center for Computational Neuroscience Tübingen, Germania - Division of Imaging Science and Biomedical Engineering, University of Manchester, Manchester M13 9PT, Gran Bretagna- Robotics, Brain and Cognitive sciences, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova

Questo esperimento si propone di investigare, precisando all’inizio del testo che si tratta di un campo di studio su cui ancora si sa poco, gli LFP (il ‘local field potential’) - ossia una classe di segnali elettrofisiologici composti in gran parte da segnali elettrici che si producono all’interno di un gruppo di sinapsi del cervello. Si parla di ‘potential’ (‘potenziale’) in quanto ci si riferisce al potenziale elettrico (o voltaggio) che viene pro-dotto in queste sinapsi.

I ricercatori ammettono di ignorare la fonte esterna che genera questi segnali elettrici nel cervello, e si pro-pongono quindi di trovare un metodo per identificarne l’origine, sulla pelle di due macachi rhesus.Le teste dei due animali vengono bloccate in appositi supporti e tramite operazione chirurgica vengono loro fissati due elettrodi con camere di registrazione nel cervello. Gli stimoli visivi (che, nell’intento dei viviset-tori, dovrebbero originare i segnali elettrofisiologici nel cervello oggetto della ricerca) vengono inviati agli a-nimali attraverso visione binoculare e con l’uso di un sistema di fibre ottiche. Agli animali vengono mostrati, alternati, video di foreste ed ambienti naturali ed estratti video di ‘film commerciali’ (non viene specificato quali).In seguito, si sono paragonati i dati registrati dagli elettrodi (che misurano l’attività cerebrale ed eventuali segnali elettrici) alle immagini che venivano mostrate in quel momento, tentando di trovare una relazione.

Nella discussione finale coloro che hanno partecipato all’esperimento ci dicono che quanto svolto avrebbe aiutato a definire nuovi possibili approcci nell’analisi degli LFP. Nel pratico, un esperimento volto ad affinare tecniche di tortura riutilizzabili in futuro in esperimenti simili.

Questo esperimento è stato promosso e finanziato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, dalla Compagnia di San Paolo, dalla ‘Max Planck Society’ e dal Ministero Federale per l’Educazione e la Ricerca tedesco.

40) ‘Star Wars’ mostrato per 50 volte a macachi immobilizzati in indagine su risposte nervose a stimoli esterni

A novel test to determine the significance of neural selectivity to single and multiple potentially correlated stimulus features

Robin A.A. Ince, Alberto Mazzoni, Andreas Bartels, Nikos K. Logothetis, Stefano Panzeri

Data di accettazione: 8 Novembre 2011

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Vivisezione a Genova - 41

- Robotics, Brain and Cognitive sciences, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Max Planck Institute for Biological Cybernetics, Spemannstrasse 38, 72076 Tübingen, Germany - Bernstein Center for Computational Neuroscience, Tübingen, Germania - Vision and Cognition Lab, Centre for Integrative Neuroscience, University of Tübingen, 72076, Tübingen, Germania - Division of Imaging Science and Biomedical Engineering, University of Manchester, Manchester M13 9PT, Gran Bretagna- Institute of Neuroscience and Psychology, University of Glasgow, Glasgow, Gran Bretagna

Secondo esperimento svolto in Germania che vede la collaborazione di ricercatori dell’IIT genovese con ricercatori inglesi e tedeschi. L’intento è formulare un test in grado di identificare ed analizzare la selettività di risposte a livello nervoso a stimoli esterni (sia singoli sia multipli).Comprendere la relazione tra uno stimolo e la sua risposta a livello nervoso appare complesso se in presenza di stimoli multipli, da qui la necessità di elaborare una metodologia per poter correlare una data risposta ad un dato stimolo.

Anche in questo caso vengono utilizzati dei macachi, che vengono immobilizzati ed a cui vengono inseriti nel cervello elettrodi in grado di registrare gli stimoli che il loro apparato visivo invia al cervello. Agli occhi degli animali sono applicati binocoli, nei quali vengono riprodotte clip della durata di circa due minuti ciascuna provenienti dai film ‘L’ultimo samurai’ e ‘Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma’ attraverso fibre ottiche. Ogni film è stato proiettato agli animali dalle 35 alle 50 volte: questo, ci dicono i vivisettori, “ … per campionare adeguatamente la probabilità della distribuzione delle risposte neuronali ad ogni parte del film”.

I dati raccolti sono in seguito stati elaborati ed analizzati statisticamente e la descrizione dell’esperimento si chiude con una critica ai metodi di analisi precedentemente applicati in campi di indagine similari; si tenta di spiegare per quali ragioni il metodo utilizzato in questo esperimento sia da preferirsi, pur ammettendo numerose criticità pratiche nel poter correlare con buon grado di esattezza un certo stimolo con una certa risposta se in presenza di stimoli complessi.Non viene precisato cosa accada in seguito ai 3 macachi utilizzati nell’esperimento.Anche questo esperimento è stato promosso e finanziato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, dalla Compa-gnia di San Paolo, dalla ‘Max Planck Society’ e dal Ministero Federale per l’Educazione e la Ricerca tedesco.

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41) Macachi a cui vengono installati elettrodi nel cervello in studio su sistema nervoso e reazione agli stimoli visivi

Cortical dynamics during naturalistic sensory stimulations: experiments and models

Alberto Mazzoni, Nicolas Brunel, Stefano Cavallari, Nikos K. Logothetis, Stefano Panzeri

Data di accettazione: mese non specificato, 2011

- Robotics, Brain and Cognitive sciences, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova- Laboratory of Neurophysics and Physiology (UMR 8119), Centre National de la Recherche Scientifique and Université Paris Descartes, 45 rue des Saints Pères, 75270 Parigi, Francia - Institute for Scientific Interchange, via Alassio 11/c, 10126 Torino - Max Planck Institute for Biological Cybernetics, Spemannstrasse 38, 72076 Tübingen, Germania-Division of Imaging Science and Biomedical Engineering, University of Manchester, Manchester M13 9PT, Gran Bretagna

In questo esperimento che include, oltre alle università e centri di ricerca già presenti nei due casi preceden-ti, anche il laboratorio di neurofisica e fisiologia dell’università Paris Descartes in Francia e l’ISI torinese. Il campo di indagine resta lo stesso: analisi delle reazioni del sistema nervoso (sotto forma di diversi tipi di impulso e segnale elettrofisiologico come gli LFP, menzionati precedentemente) in relazione a stimoli visivi e successiva correlazione delle une e degli altri. Più specificatamente si tenta qui di stabilire quali processi a livello biologico entrino in funzione per tradurre la complessità di un ambiente visivo (che muta costantemente negli spazi, nelle dimensioni e nei colori) in impulsi nervosi che permettono al cervello di elaborare le informazioni trasmesse.Anche questo esperimento è stato svolto a Tübingen e questa volta i macachi utilizzati sono quattro. Agli animali vengono preventivamente applicati elettrodi con camere di registrazione al cervello attraverso una operazione chirurgica. A causa dell’invasività e della sofferenza causata dalla procedura ai macachi è stato somministrato remifentanil come anestetico, ed altri medicinali per ‘prevenire’ altri effetti collaterali come l’acidosi.

Si precisa che le procedure sono state scelte per causare il livello minore possibile di stress agli animali, come se fosse possibile venire immobilizzati con elettrodi nel cervello, drogati e sottoposti a continui stimoli ‘senza provare stress’.

La scelta di svolgere il test con gli animali sotto anestesia non deriva certo da compassione verso i malcapi-tati macachi: si spiega infatti che in condizioni di anestesia è possibile analizzare gli impulsi cerebrali con maggiore facilità in quanto tutto viene percepito più lentamente, mentre in animali pienamente coscienti il livello di stress e gli stimoli esterni al filmato rischiano di ‘inquinare’ i dati raccolti.Anche in questo esperimento i filmati sono stati trasmessi agli animali attraverso binocoli con fibre ottiche; a sequenze di film hollywoodiani della durata di circa 5 minuti si sono alternati video con registrazioni video in ambienti naturali. Le sequenze sono state imposte a ripetizione ai macachi per 30-40 volte a sessione.Infine larga parte dell’esperimento è consistita nella analisi ed elaborazione dei dati raccolti e nella elabora-zione di nuovi modelli di indagine applicabili ad esperimenti similari, che purtroppo, basandosi sui riferi-menti citati dai ricercatori, sono e continuano ad essere molti.Il risultato empirico dimostrabile a seguito dell’esperimento consiste nell’aver individuato due, tra gli altri, impulsi nervosi che trasmettono le informazioni che arrivano dalla corteccia visiva primaria: fluttuazioni a bassa frequenza (inferiori 10 Hz) e oscillazioni di raggi gamma.

Anche per questi animali non si menziona cosa sia loro accaduto dopo la procedura ed anche in questo caso I finanziatori delle torture sono i medesimi degli altri due esperimenti.

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