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CARTEGGIO

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LUIGI STURZO - MARIO STURZO

CARTEGGIO

A CURA DI

GABRIELE DE ROSA

ROMA 1985

EDIZIONI DI STORIA E

ISTITUTO LUIGI !YiVRZO -

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Tutti i diritti riservati

EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA

Roma - Via Lanceliotti, 18

ISTITUTO LUIGI STURZO

Via delie Cappelle, 35 - 00186 Roma

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[London, Notting Hill], 1 del 1935

Carissimo fratello, la prima lettera del 1935 è per te. Ringraziamo Dio che ci ha

fatto arrivare a questo nuovo anno (insieme alla cara sorella) e preghiamolo che questo anno sia ancora di più e meglio dedicato a Lui. Sto bene. Stanotte è morto il Cardinal Bourne l . È una perdita per l'Inghilterra. Era un gran Vescovo. Credo che siamo d'accordo circa la filosofia e la storia, non ostante il diverso modo di esprimerci. Nella vita reale filosofia e storia sono unum et idem, perché unificati nel concreto. Nel nostro pensiero sono due atteg- giamenti diversi che si completano l'uno per l'altro. Quando io parlo di storia intendo sia il processo della realtà umana, sia la sistemazione ideale-narrativa di questo processo. Nel primo senso, storia e filosofia si convertono, nel secondo senso storia e filosofia si sintetizzano. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Ricevuto il magnifico torrone. L.

[London, Notting Hill], 5 gennaio 1935

Carissimo fratello, ti ho fatto spedire il Cantico dei Cantici. Tu mi scriverai le

tue impressioni. Grazie del rinnovamento dell'abbonamento al- l'«Osservatore Romano». Per «Critica» sono di accordo con te. Mi interessano le recensioni. Non vorrei perdere questo contatto, ma

* Le lettere del 1935 sono in prevalenza scritte su cartoline postali: si segnalano solo i casi diversi.

LE~TERA 1541. 1. Francis Bourne (1861-19351, cardinale dal 1911, studiò a Parigi e a Lovanio. Consacrò la nuova cattedrale di Westminster e si distinse per le varie iniziative di carattere sociale e per la particolare cura rivolta alle associazioni giovanili cattoliche. Per i suoi rapporti con Luigi Sturzo, dr. lettera 1 n. 2 e G. DE ROSA, Sturzo, cit., passim.

LETTERA 1542. * Cartolina illustrata: The Law Courts, di Londra.

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8 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

non è bene che tu spendi il tuo denaro per t'ale abbonamento. Ti dirò 6 SS. Messe secondo la tua intenzione nel prossimo mese. Sto bene. Il freddo è finalmente arrivato. Ci voleva ma per me è un po' troppo. Prega per me. Un abbraccio dal tuo

Luigi

Piazza Armerina, 7 gennaio 1935

Carissimo fratello, anche questa volta scrivo con ritardo. Sono ancora tutto preso

da lavoro urgente; ma son verso la fine. L'individuo presuppone il creatore. Questo è certo. Però gli idealisti non ignorano questo principio; essi credono di superarlo perché pongono l'individuo, non come natura tutta fatta, ma come spirito sempre in fieri, come autofarsi. Ci sarebbe contro di loro il fatto del tempo e dello spazio. Ma anche questo credono superare affermando che tempo e spazio non son che proiezioni dello spirito. Altra cosa certamente sono data la natura come natura tutta fatta, cioè, creata. In questo caso il tempo è l'espressione del divenire, lo spazio la corporalità. Come vedi bisogna sempre sorpassare le deduzioni per inchiodare l'awer- sario ed assurgere ai principio animatore dei sistema. Nei caso tuo poi altre ragioni ciò consigliano, non ultima quella di non introdur- re elementi caduchi o discutibili dove è tanta ricchezza di solidità ed anche personalità. Sto bene. Abbiamo gran freddo. Ne è tempo. Aspetto l'opuscolo sul Cantico dei Cantici che leggerò con piacere. Aspetto che mi risponda se per te debbo o no rinnovare l'abbona- mento alla «Critica». Io lo smetto. Ti ho fatto inviare il fascicolo di dicembre del nostro «Angelo deila famiglia». Della pastorale che ha altre due puntate si fanno gli estratti. I1 nuovo anno ti rechi bene e favori celesti. Ricordati sempre di me nelle tue orazioni e credimi sempre tuo aff.mo fratello

t Mario

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ANNO 1935 9

[London, Notting HiU], 11 gennaio 1935

Caro fratello, vedo che son passati sei giorni dacché ti ho scritto. Con

l'aspettare la tua, che non è venuta, ho fatto passare troppo. Sto bene. Solo in questi giorni ho sofferto del freddo intenso. Ora sto assai meglio. In questi giorni siamo uniti nei ricordi e nelle preghiere per i nostri cari. Ho ricevuto «L'Angelo delIa Famiglia» di dicenibre con i tuoi suggerimenti. Ti ho domandato altra volta se ne farai un opuscolo. Sarebbe tanto utile. A leggere a lungo sui giornali mi stanca. Preferisco i libri e gli opuscoli. Molti sono come me, specialmente per gli argomenti religiosi. Se ne farai un opusco- lo, ti prego di mandarmene dieci copie. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 15 gennaio 1935

Carissimo fratello, i miei più fervidi auguri per il tuo onomastico. I1 19 dirò la

Messa per te. Spero questa ti arrivi in tempo. Sto bene. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 19 gennaio 1935

Carissimo fratello, san Mario l , il glorioso martire persiano impetri anche a te

grazie celesti. Nelle serate di studio che da qualche tempo ho istituito tra gli oblati, i professori del seminario e i serninaristi studenti di teologia . e filosofia, si è discusso il problema della menzogna. S. Agostino lo pose nei termini in cui ancora permane,

LETITRA 1545. * Cartolina illustrata: Buckingharn Palace. LETTERA 1546. 1. Secondo la Passio, Mario e Marta, nobili persiani, sarebbero

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10 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

ma con l'attenuante che fissò S. Tommaso. Pel primo la menzogna non va detta mai e nemmeno va coperta con la restrizione mentale. S. Tomrnaso ammette la dissimulazione nei casi che debba custodir- si il segreto ecc. I teologi seguenti insistono sulla restrizione mentale. Dico io: se il segreto deve costodirsi, la restrizione mentale non è il mezzo conveniente. Infatti la restrizione allora è reputata lecita, quando chi ode può senza difficoltà prenderla in senso giusto. I1 segreto dunque è posto in balia della perspicacia di chi deve ignorarlo, per tacere che non è da tutti trovar subito una buona espressione di doppio senso. Io penso che ogni difficoltà possa venir superata limitando la verità, che è locutio contra mentem solo a quella parte di cognizione che può lecitamente manifestarsi. Quella è la mente presa in senso sociale, e la verità della parola non ha che funzione sociale. Chi perciò mi domandasse su cognizioni legate dal segreto, mi domanderebbe di là dai rapporti sociali comuni e onesti; per tali rapporti la mia mente deve reputarsi chiusa; e quindi qualunque risposta non sarà mai menzo- gna, perché non sarà mai locutio contra mentem nel detto senso. I1 nostro professore di teologia dommatica che è tornista, non accetta la mia teoria e sta fermo a quella di S. Tommaso. Tu che ne pensi? Quando avrai tempo, mi farai favore se mi risponderai. Sto bene. Oggi, dopo tanta neve, abbiamo un bel sole, una gioia 1. l 1 ' ai luce e cu ieyure. Quaiid~ saraiiiic, pronti gli zs:ra::i h:: pastorale, ti manderò le dieci copie che mi hai chieste. Ti abbraccic. Tuo aff.mo fratello

t Mario

[London, Notting Hiil], 20 gennaio 1935

Carissimo fratello, oggi il ricordo vivo è per la nostra Suor Giuseppina. Ho detto

la messa per la sua anima, ieri la dissi per te. Ti scrissi che avrei detto 6 messe secondo la tua intenzione in febbraio, non per avere

venuti a Roma al tempo deUa persecuzione di Diocleziano, per curare la sepoltura dei martiri. Catturati, furono decollati e sepolti al km. 13 della Via Aurelia dove si trovano i resti di una basilica del IX sec.

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ANNO 1935 11

un corrispettivo di elemosine, ma perché tu ti formassi l'intenzione secondo che desideri.

Non so se mi sono spiegato. Rispondo alla tua del 7 c.m. So bene che gl'idealisti pongono l'individuo come spirito sempre in fieri, come autofarsi. Però (è qui il punto) il loro spirito in fieri è unico per tutti? L'individuo - il farsi - è semplicemente fenomeni- co? e la molteplicità degl'individui e la loro coesistenza si spiega come la realizzazione simultanea e progressiva di un solo spirito? .idea di un autofarsi non scioglie né il problema dell'individuo né quello della coesistenza degl'individui. Io sempre più mi convinco che nell'idealismo non c'è posto per l'individuo, in qualsiasi modo concepito. Come si è attenuato il freddo io sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1548

[London, Notting Hiii], 26 gennaio 1935

Carissimo fratello, in questa settimana che si chiude stasera, non ho ricevuto tue

notizie. Ti penso sempre pieno di lavoro apostolico e ne benedico Dio. Spero che con questi freddi tu starai bene. Anch'io, grazie a Dio, sto bene: qui abbiamo avuto una settimana mite. Però mentre che scrivo tira vento freddo che penetra in tutte le stanze e sta per nevigare. Un po' d'inverno vero fa bene. Io sono alle prese con

- le ultime correzioni del mio lavoro di sociologia. Spero aver tutto finito col prossimo febbraio. E ti spedirò tutto il lavoro. Durante la revisione della traduzione e la composizione spero avere le tue osservazioni per i ritocchi necessari. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 30 gennaio 1935

Carissimo fratello, nella mia ultima che è quella del 24 dovevo ringraziarti degli

auguri onomastici, ma il pensiero fu tutto preso daile memorie del

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12 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

nostro amato padre che ad altro più non badai. Lo faccio ora e con vivissimo affetto. Nella tua del 20 che è l'ultima tu torni al concetto di fenomeno circa l'individuo dell'idealismo. I1 fenomeno, secondo me, non può essere invocato dove è affermata la coscienza, anzi l'autocoscienza. Dove è coscienza, è persona. Gl'idealisti negano la persona come natura, perché la natura, tutta fatta, presuppone il creatore, il Dio personale e trascendente. L'idealismo invece è panteismo. Io torno sempre al mio concetto come tu al tuo né c'incontriamo ancora. Io ritengo che bisogna combattere l'idealismo (e ogni altro sistema) nelle premesse. Ma combatterlo nelle premes- se è pura filosofia e non ancora sociologia. Tu dici bene che non comprendi le conseguenze dell'idealismo, perché ripugnano, dico le sue deduzioni. Non puoi però dare a queste il senso che non hanno e devi riceverle quali le afferma quel sistema. Hai però il diritto di studiare le premesse e scoprirne l'errore. L'errore fonda- mentale di tutti i sistemi che negano Dio personale e trascendente è nel reputare che l'uomo e il mondo, cioè il temporale possa esser causa sui, possa essere il primo dato, il primo esistente, l'essere primo. Sto bene. Siamo daccapo sotto la neve. Quest'anno un giorno piove e uno neviga. Così da un mese. Oggi la temperatura interna è 4 1/2. Aspetto le tue nuove. La posta del mattino non me le ha recate. Ti abbraccio. Tuo

i iviario

[London, Notting Hilll, 1 febbraio 1935

Carissimo fratello, le tue del 19 e del 24 mi sono arrivate insieme e con ritardo.

Godo che stai bene. I ricordi della morte dei nostri genitori mi sono vivi nella mente come se fosse stato ieri. Spero nel Signore di rivederli in cielo. Il problema della menzogna a me sembra uno di quelli che non sono stati mai risolti completamente. La restrizio- ne mentale è un giuoco di parole, un'abilità a cui bisogna essere educati; e una tale educazione è pericolosa per lo spirito della gioventù. Questo in genere. Nel caso specifico del segreto, io sono stato sempre del parere che qualunque forma si usi per evitare non solo di manifestarlo, ma di farlo indirettamente conoscere, sarà

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ANNO 1935 13

lecita, perché nel confiitto fra due precetti sociali, quello del segreto e della verità del discorso, il primo deve avere la preferenza. La tua soluzione è sottile, non ho avuto il tempo di riflettervi sopra. Tornerò a scrivertene. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1551

[London, Notting Hilll, 5 febbraio 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 30 gennaio. È vero che non si può parlare

di fenomeno dove si afferma esistere un'autocoscienza. Ma gli idealisti non parlano di tante autocoscienze individuali come distinte, autonome, molteplici, senza unificazione. Parlano di spirito (al singolare) o d'Idea pure al singolare; e non lo confondono né con Tizio né con Caio. Uno spirito in tutti e questi tutti si autofanno in quanto realizzano e attualizzano lo spirito. Per questa concezione io parlo di fenomeni; come chiamarli altrimenti? E perciò nell'ideali- smo non c'è posto per l'individualità. Che se per ipotesi si ammettes- se dagl'idealisti che l'autofarsi di ciascuno sia autonomo e indipen- dente da una realtà universale e ciascuno sia tutto lo spirito, allora avremmo sì, l'individualità molteplice, ma nessuna possibile unifica- zione. Come vedi prescindo dal problema deli'origine creativa per arrivarci ab absuvdo. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Atmerina, 9 febbraio 1935

Carissimo fratello, la tua del lo a cui rispondo, mi dice quanto sei occupato. E

lo credo. La risposta che mi dai sul caso del mendacio è comune, ma non esatta. I1 conflitto che dà luogo alla prevalenza del precetto prevalente, è quelio che awiene tra due precetti che non implichino atti intrinsecamente mali. In questo caso i precetti devono esser osservati tutti. Il mendacio è intrinsecamente malo. Così tutti i teologi. Dunque deve esser evitato sempre, esclusa la restrizione

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14 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

mentale. È la dottrina di S. Agostino. E allora? Allora, secondo me, bisogna segnare bene i limiti della definizione. Quale è la verità a cui si riferisce la definizione? Non certo ogni verità, ma quella che è commerciabile [sic]. Dunque la menzogna è locutio contra mentem commerciabilem [sic]. Tale non è la mente del segreto. Questa è mente chiusa. Ecco perché, in questi casi, qualunque modo di rispondere è lecito. Comunque, io aspetto che tu abbia tempo a pensarci e a darmi una risposta ben ponderata. Io respingo la restrizione mentale perché la reputo o menzogna o violatrice del segreto. È menzogna in quanto mira a nascondere la verità, cioè, in quanto è contra mentem; è rivelatrice in quanto è secundum mentem. È un gioco. Se il gioco riesce, è menzogna; se non riesce, è peccato di violato segreto. Nulla c'è di sottile in quel che io ho scritto. Sto bene. I1 tempo è discreto, la neve non è tornata, il sole si mostra e non si mostra. Ti abbraccio con fraterno affetto. Tuo

Mario

[London, Notting Hill], 9 febbraio 1935

c2rissirE~ fr2te!hj ho ricevuto ia tua dei 4 c.m. So bene quanto pensi a me, anche

dormendo; ed io anche. Spesso sono a colloquio con te nel mio pensiero. E i colloqui sono, per lo più, spirituali; e quando ti sogno, ti domando sempre se mi è possibile dire la Messa dopo avere mangiato o bevuto. Questo sogno mi viene quando sono angustiato o sofferente. Del resto sto bene; qua comincia a circolare l'influenza, ma non così forte (finora) come in Francia e altrove. Godo assai del tuo sforzo continuo a formare i tuoi preti e seminaristi con una vita interiore ben fondata. A me la meditazione fissata da altri, o da un libro, in genere mi lascia indifferente. Però quando sono stanco il libro mi è necessario, e non sono buono a formulare da me stesso dei pensieri, e, chiuso il libro, spesso tutto svanisce. Fortunatamente ciò non è sovente. Aspetto i tuoi opuscoli. Li ho già promessi a diversi. Ti spedirò il mio lavoro quando avrò finito la revisione. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

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ANNO 1935 15

Piazza Armerina, 14 febbraio 1935

Carissimo fratello, oggi è primavera neiie marine. Salutiamola almeno da lontano

questa dolce amica. La tua del 9 mi è giunta il 12 e quella del 5 il 13; scherzi della posta. Un fenomeno con la coscienza è un assurdo, caro fratello. Ma se l'idea di Hegel o lo spirito di Croce, o l'atto di Gentile (o la natura dei positivisti) fosse una realtà vera e propria, concreta e determinata, sarebbe trascendente, sarebbe Dio, sarebbe essa la coscienza e non ci sarebbe posto che per l'emanazio- nismo del vecchio panteismo. Se poi si volesse concepire senza coscienza, da essa non potrebbe derivare la coscienza. Ieri ci fu qui per una giornata paolina Don Giovanni Rossi ' con altri tre paolini. Fecero un bel lavoro che spero sia stato molto fruttuoso. Don Giovanni Rossi è un sant'uomo. Ti saluta tanto e si raccomanda alle tue orazioni. Circa la meditazione e le sue difficoltà (che le soffrono tutti gfincipienti) io penso che ciò derivi da un lavoro d'incomprensione dei manuali correnti derivati male da S. Ignazio. La meditazione intellettiva in S. Ignazio è per la prima settimana 2.

Essa va superata, deve tendersi a superarla, è come il periodo della scuola. Quando si passa alla meditazione affettiva e da questa alla contemplazione, diviene soave e agevole. Ma la stessa meditazione intellettiva, quando è fatta col metodo soggettivo, si spoglia di molte difficoltà. È quel che io ho cercato di dimostrare nella pastorale i cui estratti saran pronti, spero, entro il mese. Questo è un punto vitale per la vita interiore. E perciò io da oltre un anno mi travaglio attorno al medesimo per renderne comuni gli insegna- menti. Che il Signore benedica. Sto bene. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

LETTERA 1554. 1. Don Giovanni Rossi (1887-1975), fu una singolare figura di sacerdote aperto a esperienze di pluralismo culturale, teologico e politico. Sulla sua formazione influì molto il cardinale Ferrari. uEmblema del sacerdozio, di rito ambrosia- no» e «nobilmente anticonformista» (E. Masina, Introduzione a G. ROSSI, Lettere agli amici, Cittadeila, Assisi 1981) fu molto amico di papa Giovanni XXIII e fu tra i maggiori animatori deiia comunità di Assisi. Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo: Il cdrdinale Ferrari (1931); Memi Vian (1932); 11 curato di Prè (1934); Lettere assisane (1942); Breviario cristiano (1945); Gesti (1946); L'eterno nel tempo (1955); Le fonti della Grazia (1959); Cento problemi di coscienza (1960); Lettere agli amici (postumo, 1981).

2. Si fa riferimento agli Esercizi spirituali (Roma, 1548) di S. Ignazio di Loyola.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

1555

[London, Notting Hili], 14 febbraio 1935

Carissimo fratello, rispondo d a tua del 9 c.m. Secondo Taparelli (Vol. lo Note

al Cap. IV) Grozio definì la menzogna: sermo repugnans cum jure existente et manente eius ad quem sermo dirigitur l; in fondo potrebbe dirsi che questa è in termini giuridici quel che sarebbe in termini etici la locutio contra mentem communicabilem. Non ho tempo di andare alla biblioteca e leggere tutto il passo di Grozio. Non credo che gli si debba rimproverare tutto quello che scrive TapareUi. Ma stando alla definizione, a me sembra che restringere la veridicità ripugna alla stessa natura di veridicità. È per questo che non mi sembra accettabile neppure la tua definizione che è migliore di quella di Grozio. Ma tornerò a pensarci. Sto bene - oggi sole -. La primavera è in marcia. Anche l'influenza che ha un largo carattere epidemico ma benigna. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Ieri ho visto Gilson che ti manda i suoi omaggi devoti.

L E ~ A 1555. 1. Scrive Tapareiii: «I1 Grozio, seguito per lo più dai protestanti in tal materia, credette incombinabile cogli altri doveri sociali questa perfetta armonia della parola col pensiero, epperò, secondo lo stile dei filosofi di quel tempo, cangiò la definizione della menzogna, dicendola un parlare ripugnante al dritto di colui con cui si parla, e si trovò in tal guisa agevolata la morale. Imperocché da tal definizione inferiva poi non esser menzogna dir delie falsità ad un fanciullo; dirle ad uno che non ne sarà ingannato, benché possano ingannarsi gli astmti; dirle a colui cui giovano epperò non dispiacciono; dirle ad un inferiore su cui si ha qualche autorità; dirle per salvar un innocente ecc. Non può negarsi che, dopo tali dottrine, ei poteva a beli'agio dichiarar la guerra alle restrizioni mentali; ché in verità esse divenivano del tutto inutili, e potea esser sicuro di averne sterminato non pur la frequenza, ma perfino la tentazione.

Ma il cangiar definizione è egli un cangiar la natura? Moviamo dal fatto naturale. La natura ha fatto l'uomo parlante affinché egli esprima i1 suo pensiero; lo ha formato uno imprimendogli un naturale impulso a conformare l'esterno coll'intemo; gli ha impresso un naturale ribrezzo e rossore al farsi doppio col mentire; su& buona fede ha piantate le basi delia società. Dunque dire contro ciò che si pensa è contro natura, ed è male in sé, indipendentemente dal dritto altrui: il violare per soprappiù qualche altro suo dritto aggiugne aiia immoralità la ingiustizia, ma non costituisce tutto il male delia menzogna.

Ii bene della società che serve di pretesto a tal dottrina, è da lei interamente

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ANNO 1935 17

[London, Paddington], 19 febbraio 1935

Carissimo ftatello, 42 anni fa grande accademia nella Cattedrale di Caltagirone in

onore di Leone XIU, con gran discorso di Mons. Mineo etc. Come passa il tempo! Ricevo la tua del 14 c.m. Intendiamoci s d a parola fenomeno; per me vuol dire manifestazione sensibile; «oggetto di percezione» dicevano gli antichi, opposto a noumeno «oggetto d'intuizione intellettiva». I1 problema è se gl'individui-fenomeni abbiano un solo nourneno comune owero ciascuno abbia una propria realtà noumenica. Tu neghi che la Natura dei positivisti o lo Spirito di Croce sia una realtà «vera e propria, concreta e determinata*. Tutti questi aggettivi ce li metti tu; io non certo. Ma che sia realtà in divenire e quindi in atto, in divenire come indeterminata, e in atto come determinata, non è possibile negare, né la nega Croce (come non la negano i positivisti). Il problema è per loro (e per noi) come conciliare il multiplo con l'uno; preso quest'uno come idea (logica) o come coscienza (psicologica) o come individualità (sociologica). Per via di deduzioni essi arrivano al monismo e noi al dualismo. Sto bene: un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Atmerina, 20 febbraio 1935

Carissimo fratello, il problema del mendacio forse è difficile perché il mendacio

si reputa intrinsecamente malo. Se è tale, non potrà esser mai detto; in ciò che è malo intrinsecamente non può avere luogo contrasto

rovinato; giacché ammesso una volta potersi mentire, il commercio deile intelligenze è divenuto impossibile. E se a' di nostri è sì universale la maIa fede, lo dobbiamo in gran parte aila favorevole accoglienza fatta aile dottrine del Grazio». Cf. L. TAPARELLI D'AZEGLIO, Saggio teoretico di diritto naturale, Roma 1900, vol. I, p. 169. La prima edizione fu pubblicata a Palermo (1840-1843) con il titolo: Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sui fatto.

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di precetti. Questo rigore o trae origine da S. Agostino o si fissa con lui. Per questo santo, cada il mondo, la menzogna non si deve dire. Ma quando la veridicità violerebbe il segreto, che cosa bisogna fare? S. Tommaso trova la scappatoia della restrizione mentale, ma non risolve il problema, perché I'equivocazione, se non è trasparen- te, è menzogna, se è trasparente, è violazione del segreto. Lo stesso santo dice che l'allegoria non è menzogna, perché significa qualche cosa. L'Arcangelo dice a Tobia non certo il vero quando dice esser figlio del grande Anania l . Mentisce? No, di certo, perché, in questo caso Dio autorizzerebbe, vorrebbe la menzogna. E allora? La teoria deil'allegoria risolve il problema? Io credo di no. Io credo che bisogna preferire S. Ilario (credo) a S. Agostino, cioè, che bisogna negare che la menzogna sia intrinsecamente mala. Per me la menzogna è come l'omicidio. Questo è consentito nell'ingiusta aggressione però cum moderamine inculpatae tutelae. Si dica lo stesso della locuzione contra mentem. Quando la mente non è comunicabile, come avviene ne1 segreto, si risponda (non come dici tu con molti teologi, in qualunque modo) cum moderamine incul- patae tutelae cioè, si dica quanto basti a custodire il segreto. La parola avrà sempre la forma di mendacio, ma non ne avrà la malizia. Aspetto (senza fretta) le tue ponderate osservazioni. La teoria del Gmzin si riduce al diritto alla verità. È parziale, per lo meno. E in tai senso è combattuta da inolti te010gi. Sto bene. Senc di nueve molto occupato, non però come prima. Aspetto il manoscritto. Prego per te assai, e ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hiii], 25 febbraio 1935

Carissimo fratello, sono nel pieno del lavoro di revisione della traduzione france-

se deiia mia sociologia. Spero fra una settimana o dieci giorni avere finito. Passerò le correzioni nelia copia che ti manderò. Ho tolto quasi tutte le referenze ali'idealismo e ogni discussione a fondo. Ho lasciato solo accenni generici alle teorie metafisiche (le chiamo

LETTERA 1557. 1. Tobia, 5, 18.

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ANNO 1935 19

così) della sociologia. Sulla questione dell'idealismo, quando avrò studiato di più la materia farò un breve saggio a parte. Ma non ora. Sto bene ma alquanto stanco. E si capisce, ché la revisione stanca più del lavoro di getto. Un abbraccio di cuore. Ricevo la tua del 20. Te ne scriverò più in Ià sulla menzogna. Tuo

Luigi

Piazza Armerina, 26 febbraio 1935

Carissimo fratello, la nomenclatura del fenomeno che fai nella tua ultima, è

estranea al nostro problema. Tradotta in termini scolastici, si rende con le parole sostanza e accidenti; le quali due cose sono inseparabi- li e percepite dall'intelletto tutte e due col concorso iniziale o comunicativo dei sensi. Vorresti tu dire che l'individuo degli idealisti sia una parvenza, o gli accidenti dell'idea o dello spirito, che sarebbe il soggetto? Credo di no, perché sarebbe arbitrario e anche puerile. La nozione di fenomeno non si può applicare all'individuo, sino a che è concepito come coscienza. Io vorrei sapere quale autore interpreta a quel modo l'idealismo. Per me l'idealismo, più che una costruzione ontologica, è uno sforzo per spiegare .la conoscenza. Inteso così, non va deriso, ma studiato e superato. Studiato per superare certe nostre costruzioni aristoteli- che insostenibili. Bisogna un po' tornare a Platone e a S. Agostino, ma, in ultimo, bisogna rassegnarsi. I1 problema della conoscenza serba sempre un lato oscuro e misterioso. Ai fini della sociologia, ti ripeto, basta sapere che gl'idealisi negano una realtà concreta alla società come ente, e pongono la realtà vera unicamente nell'indivi- duo, nel quale è solo l'idea, quella benedetta idea che tu ipostatizzi, contro le loro affermazioni. Sto bene. Sono tutto preso da lavoro urgente. Di qui ancora una volta il ritardo a scriverti. Compatiscimi. Prega per me e credimi sempre tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiiil, lo mano 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 scorso. Su quel che mi scrivi, a proposito

dell'individuo degl'idealisti risponderò altra volta. Sono alla fine del lavoro di revisione e sono troppo stanco per pensare e per scrivere. Del resto sto bene. In questi giorni è stato qui il musicista D. Milhaud I , che ha finito di scrivere la musica per il Prologo, Angeli e Adamo. Mi ha fatto sentire al piano la primizia. Ci sono cose bellissime, altre mi sono rimaste oscure, ma tornerò a sentirle fra poco. La musica sarà pronta in marzo, ma è difficile trovare i mezzi per un'esecuzione. I monaci dell'abbazia di Einsiedeln avrebbero proposto di eseguire l'opera all'aperto nel Piazzale della Badia; ma ciò sarebbe impossibile per ragioni artistiche. Un abbrac- cio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting HiU], 7 mano 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 3. Godo che stai bene e lavori. Attendo le

tue pastorali. Hai ragione: il più necessario per noi è l'acquisto di una vita interiore profonda. Come son povero. Ieri, vespri di S. Tomaso d'Aquino, ho finito la correzione definitiva del testo e la revisione della traduzione. Fra giorni rivedrò le correzioni ultime della traduzione. Intanto passerò le correzioni neiia copia da spedirti. Non tutte le pagine sono molto chiare, ma spero che avrai un buon lettore. Chi predica la quaresima costà? e a Caltagirone? Dove è andato quest'anno Luigino Caruso l ? Vedo che lo han fatto

LETTERA 1560. 1. Cfr. lettera 1496 n. 1. 2. L'Abbazia deUa Santissima Vergine Maria di Einsiedeln, nel cantone di Schuryz,

nel centro deUa Svizzera, sorge nel luogo stesso dove abitò in solitudine verso 1'850 San Meinrado, monaco di Reichenau. Altri eremiti si riunirono presso la sua ceUa e un secolo dopo fu fondato un monastero consacrato aiia Madonna e meta di numerosi pellegrinaggi .

L E ~ R A 1561. 1. La risposta di Mario non è stata rintracciata. Luigi Caniso fu

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ANNO 1915 21

monsignore. Sto bene. Prego sempre per te, per la tua diocesi e il tuo lavoro. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 14 marzo 1935

Carissimo fratello, - che bel sogno! Pensare che la citronella è l'unico odore che

io desidero di tanto in tanto e che qui non trovo. Dopo la citronella desidero il gelsomino, che qui non odora quasi affatto; e proprio giorni fa ricordavo la citronella del nostro giardinetto. Che strane coincidenze. Mi piace vedere nella citronella il simbolo di modestia, dolcezza, mitezza. Ti ho mandato la Sociologia (20 vol.) che tu volevi. Peccato che non è un buon esemplare; ma non avevo altro disponibile. Ti prego di fare le osservazioni che credi e di scriverme- le mano mano indicando la pagina, ché io ho un altro esemplare con la stessa numerazione. Dato lo stato del lavoro, non è il caso (credo io) di una discussione strutturale, ma solo di singoli passaggi; ciò per essermi utile sul terreno pratico. Ho ricevuto l'«Angelo della Famiglia» e la risoluzione del caso, del quale ti parlerò in una prossima '. Sto bene. La stanchezza è diminuita. Prenderò qualche giorno di riposo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

probabilmente impegnato neila missione promossa da Mons. Bargiggia e tenuta dai vescovi di Patti, Antonio Mantino, di Siracusa, Ettore Baranzini e di Caltanissetta, Giovanni Jacono. (cfr. lettera 1563).

LETTERA 1562. l. Luigi Sturzo aveva ricevuto «L'Angelo della famiglia* con i'articolo il Caso morale pel mese d i Jebbraio. Ii caso viene espresso nei seguenti termini: «Tizio dice: S. Agostino ritiene che la menzogna non si possa dir mai, ad ogni costo; soggiunge: il segreto si deve serbare sempre. La prima, come insegnano i teologi in gran maggioranza è intrinsecamente mala, il secondo no. Dunque deve prevalere la prima. Il rimedio della restrizione mentale è inefficace. Senza segreto la società si sconvolge; senza verità si pecca. E possibile che Dio faccia le cose in modo che non sia possibile l'ordine? Quid?».

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[Paris], 19 marzo 1935

Carissimo fratello, ricevo qua la tua del 15. Godo assai che stai bene e lavori.

Sono contento delle notizie che mi dai s-da Missione dei tre Vescovi a Caltagirone. Assicurami di aver ricevuto tutti e due i volumi della Sociologia. Sono qui per gli ultimi ritocchi della traduzione e la presentazione ali'editore, con riserva dei ritocchi sulle bozze di stampa, che avrò alla fine di maggio o i primi di giugno. Sto bene: solo mi tormenta un piccolo raffreddore preso in viaggio, perché nel vagone veniva vento. Avrei dovuto cambiar vagone, ma era così incomodo. Non ho notizie da Nelina. È già tornata a casa? O il cattivo tempo le ha impedito il ritorno? Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[Paris], 23 marzo 1935

Carissimo frareiio, questa solo per dirti che sto bene, che il raheddore è passato

e che, a Dio piacendo, sarò stasera a Londra dove spero trovare tue notizie. Salutami tutti e prega per me. Non ho ricevuto notizie da Nelina il che mi fa stare in pensiero. Un abbraccio dal tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 27 marzo 1935

Carissimo fratello, sabato sera ti telegrafai perché l'ultima di Nelina era del 10

marzo. Né avevo trovato tue cartoline dopo il 15 marzo. Così tornato a Londra avevo passato mezza giornata agitata. Il tuo telegramma mi fu di conforto. Lunedì ebbi la cartolina di Nelina del 21; e ieri la tua del 22. Sto bene. Anche qui belie giornate; non

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ANNO 1935 23

così belle come le vostre, ma ci contentiamo. Io credo che il problema della menzogna non debba restringersi al caso del segreto, ma estendersi a tutti i casi analoghi, per potere valutare la tua soluzione o trovarne un'altra. Caso di guerra. Durante la guerra guerreggiata, poiché i rapporti sociali fra i nemici sono rotti, sono leciti l'uccisione, l'inganno, la frode, la menzogna e tutti gli altri atti antisociali e antimorali che sono connessi ai fini deila guerra. Gli atti immorali fuori dei fini deila guerra restano immorali e proibiti. Così durante le tregue, gli armistizi e le trattative non sono più leciti come non è più lecita la menzogna.

Polizia-Magistratzlra. Si domanda se sia lecita la menzogna ai poliziotti per appurare i delitti o per prevenirli, e ai magistrati inquirenti per appurare la verità. In questa categoria entrano lo spionaggio ordinario e militare, organizzato dagli stati. Alcuni credono che la menzogna di astuzia, che non rechi danno, possa usarsi a tale scopo di difesa sociale. Nel fatto la menzogna si usa da tutte le polizie etc. e quindi i cittadini stanno sulle difese per non cadere in trappola. Diplomazia. Lo stesso si dica della diploma- zia e della così detta «menzogna diplomatica* che pare sia usata anche da diplomatici cattolici ed ecclesiastici. I1 seguito in altra cartolina. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Paddington], 1 aprile 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua cartolina. Grazie del rimprovero e dei

consigli. Auguri per il ritiro spirituale e l'attività pastorale di questo periodo pre-pasquale. Continuo la mia del 27 marzo. Casi di persecuzioni. Quali esse siano le cause di una persecuzione, si estenda essa a molti o pochi, può dirsi che i perseguitati (cristiani, ebrei, minoranze etniche, partiti politici) siano al bando della società e non più protetti dalle leggi comuni. Per evitare in parte gli effetti delie persecuzioni, essi si nascondono, fingono, usano . linguaggi criptici, arrivano alla menzogna, o quando ogni altro modo di evitare vessazioni credute ingiuste non è possibile. Perse- cuzioni e vendette private. Lo stesso, con minore estensione, si può

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24 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

dire delle persecuzioni private, delle vendette di famiglia, deiie imboscate dei briganti e malfattori. Riassumendo, io direi che sia sul piano della difesa sociale (polizia, magistratura, diplomazia, guerra), sia sul piano della difesa personale (persecuzioni, vendette, aggressioni) i legami sociali sono attenuati o rotti e quindi il dovere-diritto alla verità come mezzo del vivere sociale sarebbe attenuato in proponione. La continuazione in altra cartolina. Sto bene. Ti abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 3 aprile 1935

Carissimo fratello, oggi è il 320 anniversario della mia elezione a vescovo. Quanti

anni! Quanta responsabilità! Qual conto da dare a Dio! Prega pel tuo povero fratello, fratello mio carissimo. Ho ricevuto la tua del 27. Tu citi fatti. Io cerco i principi che devono reggere i fatti. Il mio caso ora è limitato al segreto perché comincia dalla base e da ciò che è d'ordine generale. Ti prego di rispondermi in tono, perché la soluzione del caso devo pubblicarla nel bollettino «Spigolature». Poi dirci?teremo i! oste. Or2, come pregiudizia!r, ti &cc, che concedi troppo in quel che scrivi nella tua cartolina. Certo in tempo di guerra i rapporti son di lotta. Ma sono sconfinati. Sono occupa- tissimo anche perché in questi giorni Vincenzino è assente, e perciò il lavoro pesa tutto su di me. Ecco perché scrivo in ritardo e in fretta. Compatiscimi. Il 30 e 31 marzo abbiamo avuto neve. Immagina che balzi di temperatura! Da 10 a zero. Ora il tempo si è raddolcito, ma è sempre freddo. Che inverno lungo e pesante! Pure ciò è bene perché vien da Dio. Tutto è bene per chi ha un po' di fede. Si son pubblicati nel campo nostro diversi libri su Aifredo Oriani l . Che mi dici tu di quest'uomo così misconosciuto in vita, così esaltato ora? Ti abbraccio. Tuo

t Mario

L E ~ E R A 1567. 1. Alfredo Oriani (1852-1909) scrittore, fu influenzato dal vichia- nesimo di Giuseppe Ferrari e collegandosi, sia pure confusamente ali'idea giobectiana

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ANNO 1935 25

[London, Notting Hilll, 3 aprile 1935

Carissimo fratello, dalla rassegna fatta neiie due precedenti cartoline del 27 marzo

e del 1 aprile c.m. potrebbero derivarsi tre postulati: a) che il dovere della verità sia di carattere sociale e quindi deve corrispondervi il diritto alla verità; se cade o si attenua il diritto, cade o si attenua il dovere. Se così è, la teoria di Grozio sarebbe la giusta; b) essendo la verità un dovere sociale, l'iniziativa di nasconderla dovrebbe circondarsi da cautele sostanziali, nel caso che si debba ricorrere alla negazione di essa; e cioè 1) che non vi sia alcun danno di terzi; 2) che la negazione della verità sia usata solo quando gli altri mezzi per nasconderla facciano completo difetto (come avviene per la guerra che solo è lecita quando al buon diritto si accoppia il caso di reale necessità); 3) che sia limitata verso gli avversari o nemici dalla regola del moderamine inculpatae tutelae (regola da te invoca- ta per il caso del segreto). Pertanto tutti i ripieghi possibili per eludere di dire la verità, senza negarla, sono evidentemente un

. dovere prima di arrivare alla negazione della verità, così come ogni altra difesa dall'assalitore è doveroso impiegare prima di arrivare a colpirlo mortalmente. I1 resto ad altra cartolina. Sto bene, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 8 aprile 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 3 c.m. Non avevo compreso che la Risposta

al Caso morale dovesse pubblicarsi. In questo caso io toglierei l'accenno ai Prov. di P. pur lasciando l'affermazione (verissima) che la restrizione mentale dai più è stimata ipocrisia. Mi sembra che

del Primato,. esaltò in modi immaginosi e retorici la missione civile e guerriera dell'Italia, appoggiando attivamente la figura e l'opera di Francesco Crispi. Le sue opere principali sono: Fino a Dogali (1889), La lotta politica in Italia (1892), La rivolta ideale (1908), 11 nemico (1894), Gelosia (1894), L a dirfatta (1896), Vortice (1899), La bicicletta (1902), Olocausto (1902).

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sia il punto da dimostrarsi meglio quel che tu dici: «Qui l'ordine naturale sta per il segreto e non per la esplicazione del pensiero». Tu dici più sopra che in lui manca la volontà di mentire, ma ciò non mi sembra perfettamente esatto; se risponde il falso per nascondere il segreto, ha la volontà, sia pure subordinata, di mentire. Non si eludono così i termini del conflitto? Non mi piace affermare che sia menzogna quando «non c'è un perché» e non sia menzogna quando c'è un perché. Così si afferma che il fine rende giusto il mezzo; ch'è qualche cosa di più del giustifica. Tu infine affermi che non è menzogna materiale (uti in casu) e questo non mi sembra esatto. Questi rilievi li fo, perché a me sembra che non sia da ahettarsi la pubblicazione. Continuerò sul merito in altra cartolina. Sto bene. Un abbraccio

Luigi

Piazza Armerina, 9 aprile 1935

Carissimo fratello, rispondo alle tue del lo e del 3 corr. Quando ti scrissi la prima

volta sul mendacio, adottavo la teoria del diritto alla verità. Tu - suggiumente facesti UeYe riserve. T ~ r n m d ~ a studiare i! problemaj mi riaccostai a S. Tommaso. Tu invece te ne dilunghi e torni alla teoria del Grozio. Questa non soddisfa. Certo, chi non ha diritto a una data verità, non merita che gli si risponda il vero. Se però, come dice S. Tommaso e come tu stesso dicevi, la menzogna è intrinsecamente mala, questa non si può mai dire. Mai. È la teoria di S. Agostino. Di qui la restrizione mentale. Io però nella soluzione che ti mandai, distinguo con Io stesso san Tommaso tra menzogna formale e materiale, allargo più che non faccia san Tommaso il campo della menzogna materiale e supero la restrizione mentale. Qui tu devi fermarti, su questo punto mi devi dire il tuo pensiero. Io poi parlo del segreto perché questo è il caso che io studio. Però la nozione del segreto è ampia e abbraccia il caso della guerra, della polizia, della diplomazia. In tutti i casi possibili c'è sempre Ia ragione del segreto o individuale o sociale. Ti feci mandare le due pastorali. Le altre copie della pastorale sull'orazione ti saranno spedite appena la tipografia avrà mandato tutte le copie ordinate.

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ANNO 1935 27

Sto bene. Abbiamo bel tempo, vera primavera. Sono occupatissimo. Il lavoro pastorale abbonda. È una misericordia del Signore. Prega per me. Che il Signore mi usi misericordia e mi dia le forze necessarie. T i abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hiii], 11 aprile 1935

Carissimo fratello, torno sul problema della menzogna. Mi sembra apodittico che

la veridicità sia un obbligo sociale e risponde alla natura essenzial- mente sociale deIl'uomo. Ogni obbligo sociale si traduce in rapporti morali che implicano un dovere e un diritto reciprocamente. Non importa se questi doveri e diritti non si concretizzano sempre in formulazioni giuridiche; ciò non ostante restano sempre di carattere sociale. Inoltre si dovrà ammettere che un tale diritto può non essere positivo, ma è invece sempre negativo; cioè che non si ha sempre il diritto a conoscere la verità su dati fatti, ma si ha sempre il diritto a non essere ingannati. Perché (è questo un elemento sociale di primissimo ordine) il giorno che cessa la fiducia sulla veridicità reciproca, cessa in radice la socialità. I1 seguito in altra cartolina. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 13 aprile 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 9 c.m. Menzogna materiale. I1 modo tuo

di allargare il campo della menzogna materiale non mi convince. A me non sembra che possa affermarsi che, nel caso, non ci sia l'intenzione di dire una menzogna; c'è invece quella di dirla, perché non legato al dovere della verità. Questo è il senso del caso. Né vale comparare gli atti con le parole; perché gli atti non hanno per sé fine comunicativo diretto. Chi per difendersi fa la finta di tirare dalla tasca la rivoltella che non ha, è vero che inganna, ma fuori

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della finalità oggettiva dell'atto. La soluzione proposta difende l'uso della menzogna non perché sia materiale, ma perché «l'ordine della natura sta per il segreto» e «per la coscienza etico-sociale che vuole che per custodire il segreto non si dica la verità». Logicamente non è la menzogna che diviene materiale, ma è il dovere di dire la verità che è cessato. Ho ricevuto le pastorali. Attendo le altre copie.. Grazie. Sto bene, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 14 aprile 1935

Carissimo fratello, grazie delle osservazioni della tua dell'otto. Rispondo: lo Che

l'ordine naturale stia pel segreto più che per la stretta verità a me sembra chiaro. Tu non credi che sia dimostrato. La dimostrazione per me è il danno sociale che ne verrebbe se per la stretta verità dovesse venir meno la legge del segreto. 20 Manca la volontà di mentire, io dico; tu rispondi che non manca. Tu ciò dici, perché non accetti la distinzione tra menzogna formale e materiale. Chi deve dare --zia rispestu c deve c~ste&ijre il segreto e non può semplicemente tacere perché il silenzio equivarrer~e (nei caso) a rivelazione del segreto, è nella necessità e non nella libertà. Qualun- que risposta egli darà (custodendo il segreto) dice menzogna. Ma egli è nella necessità, dunque la sua volontà è materialità. Egli non vuol mentire e deve dir parole che non son la verità. Egli non ha la volontà (sia pure subordinata) di mentire, ma ha la volontà di custodire il segreto e non mentire. 30 Il fine renderebbe giusto il mezzo? No, non è il caso. Sarebbe, se si trattasse di menzogna formale. Or il punto sta tutto nella definizione della menzogna e nella sua giusta comprensione. La menzogna è locutio contra mentem. Questa definizione, uti tacet, è troppo generica. Siccome la ueridicità è funzione sociale, e funzione sociale è la custodia del segreto, ne viene che la mente nel segreto lascia la funzione sociale del commercio e assume quella del non commercio. Mora la definizione va determinata per es. così: locutio contra mentem communicabilem. Però chi non ha altro mezzo per custodire il segreto, che dare una qualche risposta; la sua risposta (si dica quel

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ANNO 1935 29

che si voglia e si tratti pure di restrizione mentale) materialmente presa è sempre menzogna, perché è sempre contra mentem. Come vedi se lasci fuori la distinzione di formale e materiale, il caso resta insolvibile. Sto bene. Aspetto le tue osservazioni. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 17 aprile 1935

Carissimo fratello, ti porti questa i miei auguri. pasquali fervidissimi e tutti

spirituali. Siamo uniti nella preghiera e nelle speranze celesti. Sto rileggendo la pastorale sul modo di fare l'orazione, poi leggerò l'altra. È un godimento: spero trarne profitto. Le altre copie non mi sono arrivate. Un amico che me l'ha vista voleva prendersi la mia. Il mio non è stato un ritorno puro e semplice alla teoria groziana (come tu scrivevi il 9 c.m.). Lo avrai certo notato leggendo la cartolina dell'll. Dire che la menzogna è intrinsecamente mala contiene in sé la sua ragione, cioè «il giorno che cessa la fiducia sulla veridicità reciproca cessa in radice la società». L'intrinseca- mente malo non è un'idea astratta, è in riferimento alla natura razionale e sociale dell'uomo. È per questo che non si può ammette- re che un uomo di suo arbitrio e «per rettificazione di fini» violi le leggi fondamentali della società che sono basate s d a fiducia reciproca nella comunicazione della verità e nella comunione del- l'amore. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London], 19 aprile 1935

Venerdi Santo

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 14. lo La ragione di danno generale (cioè

sociale) sta più per la veridicità costante che per la conservazione del segreto (fatto non costante). Ii danno particolare può essere più grave ora da un lato 'ora dali'altro. Comunque, poiché non è

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30 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

evidente per sé, occorre che la tua tesi sia dimostrata. Questo era un mio appunto più di forma che di sostanza, perché, tutto sommato, il più o il meno (nel caso) credo che sfugga ad un rigoroso apprezzamento. 2" Più netto è il mio dissenso sulla questione (ch'è la principale) della menzogna materiale. A me sembra che la necessità non trasforma la menzogna da formale in materiale; la mancanza di volontà diretta d'ingannare per ingannare e la presunta ragionevolezza d'ingannare non tolgono la qualità di menzogna alla menzogna. Se bastasse sul serio la non volontà di non fare un atto pur facendolo e una certa ragionevolezza per farlo, molte colpe non sarebbero colpe. Basta pensare all'obbligo dell'ubbidienza e alla ragionevolezza di evaderne pur non volendo disubidire. 30 Tu distingui la mens in communicabilis e non communicabilis. È esatto; ma tu vuoi dedurne che la menzogna è solo locutio contra mentem communicabilem. Così affetti in radice la socialità. Gli uomini come potranno distinguere se uno parla con mente comuni- cabile o no? Un abbraccio di cuore.

Luigi

Piazza Armerina, 19 aprile 1935

Carissimo fratello, questa ti reca gli auguri pasquali fervidissimi. Ieri nella

funzione siamo stati tutti uniti in Gesù Cristo. Io applicai la santa messa (solenne pontificale) per noi tutti e pei nostri cari defunti. Che il buon Dio tutti ci riunisca nel suo regno. Ti ringrazio delle cartoline che mi hai scritto sul gravissimo problema della menzo- gna. Esse rappresentano uno sforzo che non è ancora arrivato alla sintesi. Parmi che tu trascuri l'essenziale, e questa per me è la condizione di chi è interrogato sul segreto: non può parlare, non può tacere, deve rispondere. Il segreto non deve manifestarlo, la menzogna non deve dirla, qualunque risposta dà è menzogna. Ecco il problema. S. Agostino dice: cada il mondo e si dica la verità. S. Ilario dice: ci son casi che la menzogna è lecita. La teoria di Grozio sul diritto alla verità si può risolvere nella teoria di S. Ilario. E allora? I teologi con S. Tommaso si son appigliati alla via della restrizione mentale. Questa si può risolvere a sua volta

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ANNO 1935 3 1

nella teoria di S. Ilario. Tutte le posizioni del caso da te proposte, guerra, diplomazia ecc. si possono risolvere nel caso del segreto. Ciò posto, cerchiamo una soluzione logica e morale insieme. Io non trovo che quella della distinzione fra menzogna formale e menzogna materiale, implicita almeno, nella teoria di S. Ilario. Secondo i teologi è peccato formale quello che implica cognizione e volontà; materiale quello che manca o di avvertenza o di volontà (io aggiungo, o di libertà). Tale è la parola che dice colui che non può o non deve dire la verità, perché deve custodire il segreto o perché pzrò custodirlo, o, se vuoi, perché l'altro non ha diritto alla verità. Dovendo pur dare una risposta e non rivelare il segreto, in qualunque modo risponde, mentisce. Non essendo libero d'evitar una risposta, la sua non è che menzogna materiale. È la menzogna lecita di S. Ilario. Sto bene. Aspetto che tu mi risponda in questo quadro. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 24 aprile 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 19. 1) Circa la distinzione in menzogna

formale o materiale ti ho già scritto. Qui aggiungo che la mancanza di libertà che tu asserisci non c'è. Poiché il soggetto può preferire se necessario la morte come S. Giovanni Nepomuceno l . Fuori di questo caso, si può optare per una riposta equivoca, anche se non sia sufficiente a velare il segreto; la violazione sarebbe solo materia- le, perché le parole non tendono alla violazione ma alla conservazio- ne del segreto. 2) È poi vero quel che tu assumi che in ogni caso la risposta evasiva od equivoca equivale ad una menzogna? Io non sono per la restrizione mentale, ma per la risposta evasiva od equivoca. Se il medico dice ch'egli è obbligato al segreto professio- nale e non può rispondere a qualsiasi domanda, forse, date le circostanze, può svelare il segreto; cioè la persona che domanda

LEFRA 1577. 1. San Giovanni Nepomuceno (1340-1393), boemo, doctor decre- torurn. E il modello della fedeltà al sigillo sacramentale, perché subi il martirio pur di non rivelare al re Venceslao n7 la confessione della moglie Sofia.

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32 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

può intuire la verità; ma ciò non riguarda la coscienza del medico; il quale se risponde negando, oltre che dire una menzogna, si squalifica quale uomo e quale cristiano nel caso (non raro) che la menzogna si fa palese. Tornerò ancora sul tema, perché mi fa pensare. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi P.S. Puoi farmi avere il Trattato di Diritto Pubblico Ecclesia-

stico di Mons. Ottaviani 2 di cui parla l'«Osservatore Romano» dell'altro ieri?

Piazza Armerina, 24 aprile 1935

Carissimo fratello, ricevo insieme le cartoline del 17 e del 19. Grazie degli auguri

pasquali. I miei li avrai ricevuti. Te li rinnovo. La società richiede per l'ordine la verità e il segreto. Il bene comune limita il segreto, ma lo limita anche, in dati casi, il bene privato. Questo è altro problema. Il peccato è materiale solo quando manca l'awertenza o la conoscenza o la libertà. I1 caso dell'obbedienza, a cui tu accenni, non entra in questo quadro. Vi entra benissimo la menzogna, quando uno si trova Tiella necessità (neU'u!ter~titivz) o di vloiaae ii segreto o di dir la menzogna. Tu dici: come uno conosce se la mente è o no comunicabile? Rispondo: lo conosce perché domanda proprio di cosa segreta. Tale è il caso di chi interroga il confessore, l'awocato, il medico ecc. ecc. su cose che riguardano il segreto d'ufficio. I1 criterio del Grozio (diritto alla verità) non fa che precisare questi rapporti dal lato di chi domanda. La teoria antica del dovere del segreto, li precisa dal lato di chi è interrogato. I due criteri si compiono a vicenda. Il confessore che è interrogato su ciò che conosce come confessore, l'awocato, il giudice, il medico, su ciò che conoscono per il loro uffizio, devono dar una qualche risposta. Se possono, senza violare il segreto, dire: non rispondo perché l'ufficio me lo vieta, bene. Non sempre ciò si può. Quando non si può, qualunque risposta darà, dirà la menzogna materialrnen- te. Dimmi tu se c'è altro modo di uscire dal bivio. Sto bene. Ti

2. A. AVI-, Institutiones juris publici ecclesiastici, Città del Vaticano, 1935.

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ANNO 1935 33

abbraccio. Andrò a Bagheria per le conferenze episcopali annuali dal 27 al 4 maggio. Tuo

Mario Le altre copie della Pastorale ti sono state spedite per pacco.

[London, Notting Hiii], 28 aprile 1935

Carissimo fratello, rispondo, in parte, alla tua del 24 c.m. Tu assumi che se la

mente sia o no comunicabile ciò si conosce «perché si domanda proprio di segreti». Ora il segreto non è il presupposto di chi domanda, ma solo di chi deve rispondere. Se fosse anche di chi domanda, il caso da te studiato non esisterebbe, perché sarebbe facile la risposta: «è un segreto e tu lo sai ch'è segreto». Il caso dell'alternativa fra la menzogna e la violazione del segreto è possibile solo se da un lato chi domanda ignora trattarsi di segreto e se llall'altro lato il dire ch'è un segreto per ciò stesso ne svela l'esistenza e implicitamente la materia del segreto. Io sono contrario alla casuistica generica, perché credo che faccia deviare dalla realtà, perciò tendo ad arrivare al caso concreto psicologicamente possibile. Ciò posto, aveva valore la mia richiesta cioè chi può mai dire quale sia la mente comunicabile o no, se per risposta si ha una menzogna, che si prende per verità? Il resto altra volta. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Enna, 29 aprile 1935

Carissimo fratello, due parole in fretta per darti le mie nuove. Arrivai in questa

sabato mattina. La sera tenni una conferenza sul massimo problema al teatro comunale affollatissimo. Ora vado a Bagheria per le conferenze episcopali annuali. Dopo di nuovo in questa. Qui abbiamo trovato un po' d'inverno. Sto bene. Sul problema del mendacio aspetto le tue ulteriori osservazioni. Io persisto nel mio

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34 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

concetto. Chi, per custodire il segreto, deve dare una risposta, costui, in qualunque modo risponda, formalmente non risponde contra mentem, perché la mente è chiusa, è incomunicabile. Rispon- de praeter mentem. Però materialmente risponde contra mentem. Socialmente risponde secondo il dovere sociale che impone la custodia del segreto, e, ciò imponendo, non impone la comunicazio- ne secondo la mente. I1 dovere sociale ci trasporta in un altro campo, quello dell'ordine sociale del segreto. Qui non c'è, in quel caso, l'ordine sociale della verità. Perciò nella coscienza comune le risposte che si danno nel caso del segreto o non reputate menzogna o son reputate menzogna lecita o menzogna necessaria che fa lo stesso. È in fondo la teoria di S. Clemente d'Alessandria, Origene, S. Giovanni Grisostomo, S. Ilario, Cassiano, ed è la teoria di Grozio. La comune dei teologi è per la restrizione mentale; la coscienza comune è per la libertà, cioè, per la liceità d'ogni risposta atta a custodire il segreto. Gli Angeli e Adamo quando avranno la gioia della musica? Prega pel tuo aff.mo fratello che ti abbraccia.

t Mario

ilondon, Notting Hili], 3 maggio 1935

Carissimo fratello, continuo la mia del 28 scorso in risposta alla tua del 24. Tu

dici: «Se non può, qualunque risposta darà, dirà la menzogna materiale». Questa tua affermazione certo non si estende alle risposte evasive od equivoche, che tu, in maniera rapida, nella soluzione del caso, sottintendi nella proposizione: «Se tra tutte le risposte possibili ne trova qualama atta al fine, deve dare quella e non altra». Ora si domanda se la restrizione mentale possa includer- si in queste risposte atte al fine; che io chiamo «evasive od equivoche», senza cadere nella menzogna, anche solo materiale. La risposta di Gesù «non ascendam» a Gemsalemme, sottintende certo o palam o cum vobis o cum discipulis, perché «i frateUi» gli dicevano di mostrarsi 1. Secondo te, fu queiia una risposta evasiva

LET~ERA 1581. 1. Giovanni, 7 , 8 (Come lectio variante dei codici deiia famiglia gaiiica si ha ascendam, però è più corretto ascendo).

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ANNO 1935 35

ed equivoca o una restrizione mentale? Lo stesso a dire della celebre risposta di S. Atanasio «non longe abesse» 2. Per me non sono restrizioni mentali, né menzogne materiali. Sto bene. Attendo tue notizie. Un abbraccio, tuo

Luigi H o ricevuto le 10 copie. Grazie.

Enna, 5 maggio 1935

Carissimo fratello, ieri tornai in questa dopo aver partecipato alle annuali confe-

renze episcopali in Bagheria, in Villa S. Cataldo dei PP Gesuiti nella nuova casa di esercizi. È una villa principesca (dico la villa, non la casa. Questa è costruzione recentissima, pulita e ordinata, ma le stanze son troppo anguste). Ho ricevuto le tue due ultime cartoline. A me pare che tu giri attorno all'argomento, ma non lo colga nel suo punto essenziale. I1 punto essenziale è proprio questo che chi interroga, sa che interroga sopra d'una cosa non pubblica né di pubblica ragione. Chi interroga di cosa pubblica o pubblicabi- le sa che può averne notizia per diverse vie. Agli esempi. Tizio sospetta che un suo fratello celibe pensi di destinare il suo patrimonio a un'opera pia. Ha certo sentore che tratti l'affare con la Curia una data persona. Supponi che questo fratello sia vecchio e ammalato. Se la fondazione avrà luogo, Tizio perde l'eredità sulla quale conta. Quel che egli sospetta, è vero. Se arriva a rendersene certo ha modo d'impedire l'atto. Che cosa fa dunque? Cerca l'amico del fratello e lo interroga suli'argomento. Se questi risponde evasi- vo, l'altro comprenderà, perché, in questi casi, quando il fatto non è, si risponde netto. Se dice: è un segreto che non posso comunica- re, con ciò rivela il segreto. L'unica via (questo è il caso) è di rispon-

2. Sant'Atanasio era perseguitato e costretto a rimanere nascosto. Incontrò dei nemici che gli chiesero se non avesse visto Atanasio ed egli diede la famosa risposta: non è lontano da qui. Nel 1926 Luigi Sturzo ricordava al Cailigari due atteggiamenti di fronte aiia violenza del fascismo: I'esempio di S. Sebastiano, i suoi rimproveri a Diocleziano e i1 suo sacrificio, ma anche, al di là di questo tipo estremo di testimonian- za, il «metodo atanasianofi: hggire, nascondersi, ma nello stesso tempo parlare alto. Cfr. G. DE ROSA, Luigi Sturzo, p. 294.

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dere con prontezza e osservanza che non sa nulla. Se non c'è altra via, l'amico di cui parlo, non è libero. O rivelare il segreto (peccato) o mentire. Sarebbe menzogna formale questa? Se sì, peccherebbe. Peccherebbe affermando, peccherebbe negando. Ciò ripugna. Dopo la morte del fratello, la cosa diventerebbe pubblica. Si squalifiche- rebbe l'amico? Io dico: no, perché la legge del segreto è dovere mo- rale e sociale. E così si giudica dagli uomini. Sto bene. Tuo

t Mario

[London, Paddington], 8 maggio 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 27 aprile, ma non direttamente; perché

più penso alla questione della menzogna e più mi persuado che non debba potere ammettersi in nessun caso, neppure se il segreto possa essere indirettamente rivelato. Preciso un caso pratico: una madre va dal dottore che cura un giovane che sua figlia vorrebbe sposare, per informarsi se costui ha delle malattie segrete. Se il dottore risponde ch'egli per ragioni professionali non può parlare delle malattie dei suoi clienti, lascia un dubbio molto forte alla . . iiiake, perchi se !a iiia!atiia iìua ci fasse, rri ma riurmaIe I'assimre- rebbe che quel giovane n'è immune. Consiglieresti tu al medico, in tale circostanza, di negare che il giova ne^ ha una tale malattia, quando invece egli l'ha? Certo che no, sia per l'onore del medico e sia per il danno che potrebbe recare tale assicurazione alla futura sposa. Tu dirai che questo non è il tuo caso. Io non so pensare che casi particolari e pratici. Desidero da te un caso particolare per applicare la tua teoria. Circa l'opinione che la menzogna nel caso di segreto da osservare, non è formale, ma puramente materiale, io conservo i miei più forti dubbi. Sto bene. Attendo tue notizie. Un abbraccio, tuo

Luigi

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ANNO 1935

1584

Enna, 10 maggio 1935

Carissimo fratello, non discuto sulle risposte evasive. Hanno certo un gran valore

sociale. Ma non sempre bastano quando si tratta di vero segreto. Anzi certe volte possono esser vera e propria rivelazione. Circa gli esempi della S. Scrittura la cosa non è semplice. L'Arcangelo che dice a Tobia: sono Anania, figlio del grande Azaria (forse ricordo male i nomi, ma ciò è accidentale) l , disse parole certamente contrarie alla realtà, perché egli non era un uomo ma un Arcangelo. S. Tommaso per escludere il mendacio, ricorre al simbolo. Non sarebbe più semplice vedervi il mendacio materiale che non solo non è né peccato né imperfezione, ma, in dati casi è virtù? La parola mendacio qui offende perché non si bada al morale che è altra cosa. Io lo chiamo mendacio materiale per ragion di sistema. Se invece si bada alla legge sociale del segreto in contrasto con quella della verità e alla funzione del linguaggio, si esce dal campo della menzogna e si passa in quello della prudenza e della giustizia ecc. I1 linguaggio non ha la pura funzione di manifestare il pensiero; ha anche quella di custodire il segreto. Di fronte a chi interroga su cosa segreta, quando il tacere o il rispondere evasivo ecc. non giova, si ha il dovere sociale-morale di dare una risposta che valga a custodire il segreto. È contro la mente? Materialmente sì, non però formalmente. Sembra menzogna, ma non è, perché il pensiero in quel caso non è comunicabile. Sto bene. Il lavoro di S. visita mi assorbe. Prega per me. Tuo

t Mario

[London], 12 maggio 1935

Carissimo fratello, il tuo e il mio caso messi di fronte e risolti come sono stati

da te e da me, mostrano anzitutto che la tua teoria non potrebbe

LETITRA 1584. 1. Infatti non è esatto. L'arcangelo dice «Io sono Azaria, figlio del grande Ananiax, (Tobia, 5,18).

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egualrnente estendersi a tutti i casi e che ci sono casi nei quali la legge del segreto è meno premente della legge della veridicità. Io penso del resto che il tuo caso pecchi di semplicismo, perché in simili casi sarebbe ingenuo da parte del fratello non assicurarsi dell'eredità con mezzi più diretti, che una semplice interrogazione fatta ad una terza persona, ed è ancora più ingenuo ch'egli creda alla semplice smentita. E poi, perché mettere allo stesso livello da un lato una menzogna realmente menzogna e dall'altro l'istituzione di un'opera pia? Non sunt facienda mala ut evenient bona. Se quella è menzogna, non è da dirsi, vada pure a male l'opera pia. Altrimenti si dirà che i preti per avere le eredità dicono o fan dire delle menzogne, e perché non potranno far lo stesso i laici per i 'loro affari? Sto bene: un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1586

Enna, 13 maggio 1935

Carissimo fratello, questa ti reca i h-aterni auguri pe141° del tuo sacerdozio. Come

ricordo quel giorno e il giorno seguente, nel quale cantasti la prima messa, e ie paroie che io ciissi dal puipito, e ia commozione di tutti, e la processione del pomeriggio! Sante memorie, gaudi celesti! Che il buon Dio te li perpetui sino al giorno che ti darà i gaudi pieni dell'eternità! Circa il problema del mendacio ti prego di lasciar l'analisi e passare alla sintesi. Io ancora non so quale sia in merito la tua teoria. Oggi io ti reco un altro esempio, reale, vissuto da me. Anni fa io dovevo chiamare le Figlie di Maria Ausiliatrice a dirigere un istituto d'educazione che andava male per incapacità delle istitutrici. Feci le pratiche con le autorità relative e stipulai un compromesso. Tutto ciò nel più alto segreto, perché, se le suore da esser licenziate lo avessero saputo, avevano la forza di far andare in fumo le nostre pratiche. Ciò non ostante, la madre generale ne ebbe qualche sentore e venne da me per accertarsene. Io, colto alla sprowista, e con le antiche teorie nella mente, cercai una risposta equivoca e dissi: Madre mia, oggi non si può dir nulla. Essa prese la mia risposta in senso puramente negativo e così il segreto fu salvo. Se a me q u e h risposta non fosse venuta in mente, quale

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ANNO 1935 39

altra avrei douzrto dare per salvare il segreto? E se non trovavo che la pura negazione, avrei potuto darla? Avrei peccato dandola? Ecco il punto. Sto bene. Starò qui fino al 16. Prega per me. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 16 maggio 1935

Carissimo fratello, grazie dei tuoi auguri per il 19 c.m. Prega prega per me.

Rispondo alle tue del 10 e del 13. Io ancora non ho fissato una teoria; la cerco con te. Le obiezioni contro la tesi della menzogna materiale sono così forti, e le ripugnane anche, che non riesco a superarle. Nei due casi da te indicati (testamento a favore di opere pie e trasferimento d'istituto) a me sembra che facciano giuoco i fini buoni; ma il fine non giustifica i mezzi. Se quella sarà menzogna colpevole non è da usarsi; se non sarà colpevole potrà usarsi non solo in questi ma in tutti i casi nei quali si vuole raggiungere un fine onesto (anche un guadagno materiale o un'amicizia etc.) e nei quali sarà utile o necessario usare del segreto. Questa estensibilità, secondo me, va direttamente contro la socialità e perciò è contro natura. Riassumendo, le mie obiezioni sono: a) contro l'affermazio- ne che la volontà di non dire menzogna, in concomitanza al dovere di non dire la verità, renda la menzogna materiale; b) contro la estensibilità di queste tesi nella pratica, che ripugnerebbe alla natura sociale dell'uomo. Sto bene. Tuo

Luigi

Piazza Armerina, 18 maggio 1935

Carissimo fratello, dopo venti giorni di assenza eccomi in sede. Tornai ieri. H o

lavorato quanto ho potuto con la grazia del Signore. Sto bene e mi preparo a nuovo lavoro a Gela e Niscemi dove andrò tra qualche giorno, prima a Gela poi a Niscemi. Ricevetti la tua ultima. La tua conclusione mi sembra semplicistica. E legge sociale tanto quella

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4O LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

della verità, quanto quella del segreto. Occorre saper trovare la sintesi. Nel caso del deposito il segreto non riguarda il depositario, ma il depositante. I1 caso del medico va risoluto con altri principi. Quando il segreto recherebbe grave danno al terzo innocente, più non lega. L'ammalato di malattia grave, nociva al matrimonio, non può nascondere il suo male alla interessata, o, se vuol nasconderlo, non può contrarre matrimonio con quella. Nel caso che egli non

. cuta questo dovere, il medico può, con le debite cautele, informare detta interessata. Per lo stesso principio il depositario, se non può custodire il segreto senza suo grave danno, può rivelarlo. La quistione che io ti ho proposto, va limitata ai casi che il segreto debba esser custodito perché e quando prevale la legge del. segreto. Se la verità dovesse prevalere sempre, i'ordine sociale verrebbe profondamente turbato. Così posto il problema, occorre sapere se le risposte date per custodire il segreto siano vere e proprie menzogne. Se così fosse, avremmo casi in cui il peccato sarebbe necessario. Ciò ripugna. La menzogna non deve dirsi mai. La verità non deve dirsi sempre. Le risposte evasive non giovano sempre. La restrizione mentale si risolve in menzogna. E allora? A te la conclusione. Stamani ho celebrato la S. Messa pei nostri cari defunti, per te e Nelina e per me. Così ho commemorato il 410 del t1io sacerdozio. Tuo

i iviario

[London, Notting Hiii], 21 maggio 1935

Carissimo batello, grazie dei tuoi auguri, delle preghiere e della santa messa.

Godo dei tuoi lavori e delle forze che Dio, a sua gloria, ti concede. Rispondo alla tua del 18. a) Guardando al fondo della tua tesi sembra che sia la prevalenza della legge del segreto su quella della veridicità che renda la menzogna da formale a materiale. Ciò a me sembra un'impossibilità metafisica. Cambiare natura per una causa estrinseca. b) Dato e non concesso ciò, quale il motivo che può far prevalere la legge del segreto? non certo lo scopo del segreto, altrimenti si farebbe la discriminazione dei fini, il che porterebbe alla teoria che il fine giustifica i mezzi. Non la volontà della persona

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ANNO 1935 4 1

che &da il segreto, se ciò (come nel mio caso del medico) porta danno al terzo. Non trovo un criterio direttivo intrinseco. C) Né può il segreto prevalere sempre sulla legge della veridicità, perché il segreto per sé è antisociale e solo per riflesso e secundum quid è sociale; cioè per il lato difettoso della vita sociale, ch'è basato più sulla menzogna che sulla verità. Se si osservasse il precetto evangeli- co del sit sermo vester est est, non non ' non ci sarebbe bisogno del segreto. Sto bene. Ho riletto e meditato il tuo lavoro suli'Ora- zione e mi ha fatto (e spero mi farà) molto bene. Te ne scriverò al più presto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 22 maggio 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 16. Io non ti ho mai scritto che il fine

giustifichi il mezzo né che la volontà di non dir menzogna in concomitanza al dovere di non dir la verità, renda la menzogna materiale. Io ti ho scritto che rende materiale la menzogna la necessita. E così evito la temuta estensibilità. Mi spiego. Dato il dovere (che è ordine sociale) di custòdire il segreto, limitato ai casi di vero dovere e di dover dare una risposta; dato che nessuna risposta deve tradire il segreto (s'intende, in questi casi); dico: in questi casi la menzogna è inevitabile (e quindi l'uomo non è libero di evitarla). Questa io chiamo necessità in senso stretto. Ed io ho sempre aggiunto che tali risposte devono allontanarsi dal vero il meno possibile. Posto il caso che la risposta debba darsi e che qualunque risposta immaginabile non debba tradire il segreto, manca I'elemento essenziale a costituire la colpa formale. Esempio: Il confessore (prendo questo esempio perché è il più assoluto). Tutti i teologi affermano che il confessore che risponde dicendo: Non so, non mentisce, perché è sottintesa la qualità: Non so scientia communicabili. Ma il sottinteso non modifica la risposta perché non deve essere pensata, o meglio, non deve illuminare la risposta, perché se la illuminasse, tradirebbe (secondo i casi) il segreto.

LE-A 1589. 1. Matteo, 5, 37; Giacomo, 5,12.

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42 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

Dunque? Se il confessore non può salvare il suo segreto che con risposte contrarie al medesimo, deve dar quelle risposte. Queste, come contrarie al segreto, son menzogne, ma non colpe. Dunque della menzogna hanno solo la materialità. Noto poi che come la coscienza etico-sociale postula la verità, così postula la custodia dei veri segreti. Per questa coscienza gli uomini sanno che in dati casi si deve rispondere in dato modo per la legge del segreto. E questo basta per superare lo scandalo da te tanto temuto. Sto bene. Tuo

t Mario

Del libro che mi chiedesti mandami le indicazioni perché non ho trovato il foglio dell'«Osservatore» con ciò annunciato l .

[London, Notting Hill], 26 maggio 1935

Carissimo fratello, sono stato tanto occupato che non ti ho scritto la cartolina

promessa. Lo farò al più presto. Ora rispondo alla tua del 22 c.m., pregandoti di rileggere la mia del 16 e poi quella del 21 per accertarti che io non ho attribuito a te la tesi del fine che giustifica i mezzi. Seno ie che ne he tirate !a cezseguexza: i! che è assai diverse. parte ciò, tu insisti che la necessita (uti in casu) togliendo la libertà di evitare la menzogna, ne giustifica l'uso perché in tal caso la menzogna resta solo materiale e non formale. Ora, a me questa non sembra una teoria razionale. Nella mia del 21 te ne ho dato alcune ragioni. Intanto escludo dalla discussione il caso del segreto sacramentale, anzitutto perché socialmente è conosciuto come tale e perché il prete può sempre affermare il diritto del sigillo. I1 non so dei teologi sottintende sempre la legge del sigillo, ch'è conosciuta e rispettata anche dai tribunali protestanti e pagani. E se, per caso, l'interpellatore non ricorda o non pensa a tale legge, ciò non modifica il valore morale della risposta. Può il sacerdote ricorrere a negare un fatto positivo, conosciuto in confessione, per conservare il segreto? Io contesto la realtà dell'ipotesi; dato e non concesso,

L E ~ A 1590. 1. Cfc lettera 1579, nota 2.

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ANNO 1935 43

preferisco che il prete resti muto, si faccia bastonare, sia creduto pazzo, sia messo a morte, ma non che faccia un'affermazione che per ciò stessa è una violazione del segreto in genere: come dire che Tizio non ha rubato per nascondere la verità del furto. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Sac. Aifredo Ottaviani Institutiones juris Ecclesiastici, Poli-

glotta Vaticana L. 22.

Gela, 27 maggio 1935

Carissimo fratello, sono in questa da ieri. L'altro ieri fui a casa a salutare la nostra

buona sorella. Non la rivedevo dallo scorso novembre. Sta bene. Parlammo della Tetralogia della quale più non abbiamo notizie. Forse il maestro non avrà finita la composizione. H o letto negli scorsi giorni Vette umane di Paolo Arcari l . È un libro attorno al quale s'è fatta molta reclame. Tratta del genio, deli'eroe, del santo. Io, dopo le primizie di trenta e più anni fa, non avevo di Arcari più letto nulla. Noi allora ammiravamo questo precoce. Ed io credevo trovare in questo libro della piena maturità non so quali meraviglie. Delusione! Stile opaco, pensiero superficiale. Niente filosofia, niente psicologia, niente originalità. È un libro letterario, un libro, non da professore, ma da maestro elementare. Si anima un po' verso la fine, ma, nell'insieme, secondo me, è un'opera mancata. L'ultima tua cartolina è del 16. La nostra discussione sulla menzogna è sempre a un punto. Credo che resterà lì come tante altre discussioni. Nella storia io trovo le critiche, spesso acerbe, sulla restrizione mentale. Questa infatti non risolve il problema. Vale quanto valgono e quando hanno luogo le risposte evasive alle quali tu ti fermi. Le risposte evasive, certo, hanno il lor valore; sono nella coscienza umana; tutti le usiamo quando giovano. Quando non giovano, come bisogna rispondere per salvare il segreto? Tu sacrifichi questo in nome della vita sociale-etica. Ma

LETI-ERA 1592. 1. PAOLO ARCARI, Vette umane: il genio, LProe, il santo, Colonnel- lo, Milano 1935.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

questa vita ha anche bisogno del segreto. Se il dovere della verità, fosse sempre a tutto danno del segreto, la vita sociale verrebbe turbata profondamente. Son due doveri che vanno armonizzati. Come? Ecco il problema. Ma siccome il segreto è mente non comunicabile, così, secondo me, non entra nella legge sociale della verità. E allora bisogna accettare la mia definizione delia menzogna: Locutio contra mentem communicabilem. Così si arriva alla menzo- gna materiale che non è vera menzogna. Sto bene. Starò qui una settimana. Poi andrò a Niscemi. Tuo

t Mario

Gela, 30 maggio 1935

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 21 alla quale rispondo. A me pare che tu

consideri il problema della verità troppo analiticamente. Io non ho mai scritto che la legge del segreto sia da sé prevalente. La mia tesi, che poi è la tesi comune, riguarda solo i casi nei quali, per ragioni particolari, prevale la legge del segreto. I1 che vuol dire che la legge della verità è più universale e meno quella del segreto. Snn però tutte r due leggi sociali. Xon è esatto dire che ia iegge dei segreto sia antisociale. Se così fosse, non sarebbe legge. La parola del Vangelo «Est, est, non, non» non riguarda il nostro problema. Invece riguarda i casi che non osta la legge del segreto. La legge del segreto commesso, che è il più rigoroso, è la legge di giustizia. Gli altri aspetti son legge di prudenza, e la prudenza anch'essa come la giustizia è virtù cardinale. Quando il segreto prevale, non prevale per pura volontà, ma o per dovere di giustizia o per virtù di prudenza. Tutti i teologi affermano che al giudice che interroga non legittimamente, non c'è l'obbligo di dire la verità. E tutti affermano che non c'è obbligo di dir la verità a chi domandasse circa i segreti della propria coscienza. Se fosse come tu credi, avrebbero ragione gli intriganti, i curiosi, gl'imprudenti e tutti coloro che a costoro non rivelassero i chiesti segreti. La società è ordine di rapporti. Se

L E ~ A 1593. 1. Cfr. lettera 1589, nota.

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ANNO 1935 45

ci fosse una legge deUa verità così universale come pare che tu creda, l'ordine sociale sarebbe impossibile. Quel che io dico, è nella coscienza di tutti e anche nella tua. Sto bene. Anche qui il lavoro abbonda. Fa però caldo, ma ancora non mi fa soffrire. Ti abbraccio e mi raccomando alle tue orazioni. Tuo

Mario

[London, Notting Hill], 31 maggio 1935

Carissimo fratello, so da Nelina che sei stato. [...l l . Ora sei di già [...l Che Dio

ti assista e benedica le tue fatighe. Sto bene. Non [...l fin qui della tua pastorale [...l perché sempre preso da [...l sul segreto e la menzogna e perché il tuo lavoro l'ho letto (meglio riletto integral- mente e passo a passo) per mia edificazione, così ho impressioni esterne da comunicarti. Solo di tanto in tanto mi dava qualche fastidio la mancanza di divisione in paragrafi piuttosto brevi per dare riposo al lettore con delle soste opportune. La intitolazione dei capitoli e sottocapitoli tipograficamente è fatta male, senza caratteri grossi, senza margini sufficenti. Forse il taglio stesso dei capitoli non è il più indovinato. Che strano! mi dirai; parlami d'altro. Io della sostanza del tuo lavoro sono entusiasta. Lo rilegge- rò di nuovo con l'intenzione non solo di cavarne del profitto, ma di muoverti qualche questione, che mi veniva aiia mente, ma che io cacciavo via per non distrarmi. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Gela, 2 giugno 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 26 maggio. Son d'accordo con te che il

confessore non debba rispondere, per es. «non ha fatto questa o

LETTERA 1594. 1. I puntini segnalano, qui e di seguito, parole mancanti per il taglio del francobollo.

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quest'altra azione». Ma io non ho detto ciò nella mia cartolina. Ho citato la teoria comune presso i teologi che il confessore, senza mentire, può rispondere: non so, perché è sottinteso l'altro membro con cognizione comunicabile. E ci possono esser dei casi che debba rispondere così. Tu limiti il caso a h nostra civiltà attuale. Io lo estendo a tutte le civiltà. I pagani, per es., ignorano il sacramento della confessione, e il dovere del confessore. Se poi hai presente la mia soluzione che ti mandai, ivi troverai detto che si deve risponde- re nel modo meno contrario possibile alla verità segreta. Nella pratica poi tu non puoi imporre agli altri la tua teoria così rigorosa che spesso impone l'eroismo, perché la teoria più benigna non solo è probabile, ma è comune. Vero è che è formulata nella restrizione mentale, ma questa omai presso molti teologi è screditata perché, in fondo, vale quanto ogni altra risposta atta a custodire il segreto. Faccio un caso. Una fanciulla, visto che i parenti le negano assolutamente il permesso di farsi religiosa, pensa di fuggir da casa. A tal fine si apre con un avvocato per aver consiglio. Se il padre che sospetta, a£fronta l'awocato, e, a bruciapelo, gli domanda se sa del supposto proponimento della figlia, abbiamo queiia che io chiamo necessità. Infatti se l'awocato risponde che non può parlare perché l 'dici0 suo glielo vieta, con ciò rhela il segreto. Egli deve rispondere: non so. Tu soggiungerai che, più rardi, il segreiu iiuii

sarà più segreto e l'awocato sarà screditato. Io dico, no, perché il dovere del segreto d'ufficio lo purga. Sto bene. Lavorando assai.

Mario

[London, Notting Hiii], 4 giugno 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto le tue del 25 e del 30 maggio. Lascio per ora gli

spunti su est est, non non, sulla prudenza e sul non obbligo di dir la verità (che nessuno contesta) per restare al caso, quello di dire positivamente la menzogna arrivando persino (non ci sono limiti) a negare la verità del fatto per conservare il segreto. Io mi fermo aiie risposte evasive o al silenzio; ammetto l'obbligo di subire per il segreto persecuzioni e la morte (se occorre); ma non ammetto la menzogna. (Ecco il punto). Se poi tutto ciò non rende il segreto

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ANNO 1935 47

salvabile, perché le persone possono dal complesso dei fatti dedurre quale ne sarà la verità, ciò non tocca la mia coscienza, né in sostanza ferisce l'ordine sociale. La ragione di questo mio fermarmi davanti alla menzogna è più lata (la veridicità sociale) che quella della conservazione di un segreto in circostanze eroiche e con apprezza- menti problematici se e fino a qual segno sia o no conservabile e conservato. Ammetto il principio della mente comunicabile; però, come altra volta ti scrissi, devesi conoscere dall'altra parte la non comunicabilità. Nel caso discusso questo dato mi sembra escluso, altrimenti il caso non potrebbe darsi. Sto bene. Non ti ho scritto della Tetralogia, perché le difficoltà economiche mi sembrano insormontabili. La musica del Prologo, Angeli e Adamo è pronta ed è bella; ma... Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Niscemi, 6 giugno 1935

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 31. Le tue impressioni estrinseche son

giuste. Però i difetti che le cagionano furono inevitabili. Quando io cominciai a scrivere queila pastorale non pensavo che a pochi suggerimenti da dare in poche pagine. Come ne sia venuto quel lavoro io non lo so. A me preme sapere se mette il conto preparare una seconda edizione. Dato l'argomento, troverei agevolmente l'editore. Io non penso di rifondere il lavoro; mi mancherebbe il tempo. Penso di regolare il taglio dei capitoli e d'abbondare in sottotitoli, per dar al lettore una più agevole comprensione della dottrina e non faticarlo in capitoli troppo lunghi e senza pause intermedie. I1 tuo accenno sulla utilità del lavoro mi conforta ed anima. Aspetto altre osservazioni per cavarne profitto e vedere se debbo o no decidermi. Nelia diocesi, a quel poco che ne conosco, ha fatto e fa del bene. Conosco uomini di cultura che già praticano la orazione mentaIe con piacere e profitto. Starò in questa fino a Pentecoste. Oramai fa caldo e bisogna rallentare il lavoro. Sto però bene e ne ringrazio il Signore, perché così posso lavorare come ho lavorato durante questo periodo non breve. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiiil, 8 giugno 1935

Carissimo fratello, rispondo aiia tua del 2 c.m. ricevuta ieri. Dalle nostre lunghe

discussioni sul segreto e la menzogna, sarei venuto a queste precisazioni: a) in tutti i casi nei quali la risposta di non sapere presuppone una conoscenza implicita di non comunicabilità (come nel caso di obbligo di segreto confessionale o professionale) essa non contiene menzogna in tanto in quanto sia, nell'uso nella convinzione e nelle abitudini sociali, il presupposto della non comunicabilità. Sta al filosofo, al moralista, al sacerdote di far penetrare la convinzione e l'osservanza di questo presupposto; b) quando però la non comunicabilità non può presumersi, né averse- ne coscienza sociale, né l'interlocutore potrà supporla, allora anche la risposta di non sapere è una menzogna. C) In nessun caso, potrà affermarsi positivamente il contrario del fatto e delle sue circostanze per evitare di farlo conoscere; d) la restrizione mentale, se coincide con la risposta evasiva, è lecita; ma sarà meglio chiamarla risposta evasiva; in ogni altra maniera sarà una menzogna, tanto più pericolosa quanto dichiarata lecita entra nelle abitudini ed educa ull'ipccrisia. S:o bene. TuTn abbriiccio di cuore. Tuu

Luigi

Niscemi, 9 giugno 1935

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 4. I1 caso, come devi ricordare, io lo

ponevo nei termini seguenti, cioè, che i due obblighi della verità e del segreto permangono tutti e due. Tu poni altri termini, cioè poni che prevalga l'obbligo della verità. Quando prevale, non c'è problema. I1 problema c'è quando stanno i due obblighi. Di qui il lungo discutere dei teologi e la teoria del non diritto aiia verità. Noi ci siamo fermati al puro segreto. Ci sono altre posizioni che ora conviene esaminare perché possono far luce finalmente. Dicono che a San Francesco da Paola fu chiesto dai nemici se fosse passata

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da quella via la vittima. I1 santo, dicono, toccando la manica del suo abito, rispose: «Non è passato di qui, cioè dalla manica*. È una restrizione mentale che non salva la verità, cioè, la risposta è una menzogna. Era necessaria quella menzogna per salvar la vita all'innocente? Se era necessaria, c'era il dovere di dirla, cioè non c'era libertà di scelta, e quindi non cera vera menzogna, menzogna formale, ma solo materiale. Se fosse come dici tu (i teologi non son così rigidi), l'ordine sociale sarebbe turbato, perché verrebbe proclamato un dovere che per salvar una verità non dovuta nuoce- rebbe a tanti innocenti e turberebbe tante coscienze. Tu sei storico, guarda un po' la storia. Uomini santissimi non hanno i tuoi scrupoli: i più non discutono nemmeno. La vita sociale è, più che non si creda, fatta di menzogne materiali. I1 principio poi della mente non comunicabile (segreto commesso ecc.) è nella coscienza di tutti. Per questo la coscienza non resta offesa dalle risposte ordinate a non rivelare ciò che in dati casi deve restare occulto. Sto bene. Domani, a Dio piacendo, tomo in sede. Prega per me, mentre ti abbraccio. Tuo

Mario

[London, Notting Hilll, 13 giugno 1935

Carissimo fra tello, rispondo alla tua del 9 c.m. Credo che la mia dell'8 (che avrai

trovato a Piazza) dovrebbe soddisfare tanto alle esigenze di tacere la verità quanto a quelle di non dire la menzogna. I teologi sono meno rigidi di me, perché sostengono che la restrizione mentale non è menzogna; se la ritenessero menzogna, sarebbero più rigidi. La menzogna è come il divorzio: una volta aperta la strada non si sa dove si arriva; perciò occorre tenere bene chiusa la porta d'ingresso. I tuoi esempi sul testamento a favore di opere pie, o sulla giovane che si vuol fare suora e simili mi persuadono del contrario di quello che tu vuoi dimostrare; cioè mi fanno temere che la vista del bene (fine) faccia sottoestimare la malizia della menzogna. Infatti, se non è menzogna formale, per ogni fine onesto si potrebbe usare, tanto per avere uneredità o per comprare una casa o combinare un matrimonio, quanto per farsi suora o lasciar

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tutto ad un'opera pia. Se invece è menzogna formale nessun fine potrà giustificarla. Io sono di awiso che dovresti rivedere e ristampare la tua pastorale sull'Orazione. Vale la pena mantenere il tono pastorale in un lavoro così lungo? Non sarebbe meglio farlo precedere da una lettera ai fedeli breve e conservare per il libro il tono didattico? Sto bene, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 13 giugno 1935

Carissimo fratello, eccomi in sede dopo circa un mese e mezzo di lavoro di sacra

visita e predicazione. Sto bene. I1 caldo però è eccessivo. Ricevo la tua dell'otto. A raggiungere il pieno accordo, secondo me, occorre un passo, cioè, trovare almeno un caso nel quale l'affermare il contrario del vero sia certamente lecito. Infatti, trovato che in un caso ciò sia lecito, è affermato il principio, e ciò basta. Premetto che nel problema che andiamo studiando, chi interroga, interroga sapendo che cerca notizia di cosa segreta. Se così non fosse, egli

' l +-------l:---: -A A Cnrr; p ~ c n A i rnsripnza. Infatti non avreme ric Ja u a v . q p a l a 1 uu LuAul i! -- ciò che non è segreto, ciò che è comunicabiie, si può conoscere per mille vie. Tutti ammettono che il reo non è tenuto d'accusare se stesso. Nessuno chiama menzognero Silvio Pellico che da principio negò risolutamente la verità dei fatti. Lo stesso vale per Don Tazzoli, uno dei martiri di Belfiore. Anzi, segnatamente di questo ultimo si deplora la debolezza d'aver, confessando, perduto sé e i suoi compagni l . Altro caso. I1 ladro domanda il tesoro alla sua vittima. Rispondere al ladro: io non ho denaro: il denaro è alla banca o simili, nessuno pensa che sia menzogna. Per risolvere bene questo grave problema, occorre tenere presente anche il principio di Grozio - il non diritto alla verità - e il diritto. Chi non ha diritto alla verità in rapporto a chi ha il dovere di non dirla o solo il diritto, è come chi attenta alla vita del prossimo. Se ora rileggi

LETTERA 1601. 1. Don Enrico Tazzoli (1812-18521, sacerdote, membro del Comita- to mazziniano di Mantova; processato darAustria per le sue attività rivoluzionarie, salì sul patibolo a Belfiore il 7 dicembre 1852.

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il mio caso, forse ti accorgerai che non è mal risoluto. Ora leggerò Saggio di Sociologia ecc. Prima non mi è stato possibile. Ti abbraccio con fraterno affetto e ti anticipo gli auguri pel tuo prossimo onomastico. Tuo

t Mario

[London, Notting HiII], 17 giugno I935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 13 c.m. Al caso del reo deve applicarsi

lo stesso principio del caso della guerra; la società è rotta, la comunicazione non regge più. I1 giudice ha diritto di sapere la verità, ma il reo non ha l'obbligo di dirla; il giudice può usare mezzi coercitivi (io non ammetto la tortura, ma fu ammessa e usata anche dalla chiesa per vari secoli) ma il reo ha diritto di resistere. La rottura sociale è completa; inutile domandare una comunicazione veridica in base al principio di socialità dove c'è la rottura. Lo stesso nella guerra: durante le ostilità ogni comunicazione fra i belligeranti è rotta: l'uso della menzogna è un'arma come il carino'- ne. Ma al momento dell'armistizio o della tregua, la verità riprende il suo pieno diritto. Così per il reo, al momento ch'egli confessa, è ritornato dentro la società, non ha più diritto di mentire. La nostra discussione verte su altro tema; cioè nell'ambiente sociale, che crea diritti e doveri reciproci. In tale ambiente, tu supponi che la non comunicabilità della verità è presupposta dalle due parti; i casi dove ciò esiste di fatto si regolano con la legge della non comunicabilità o quindi bastano o la risposta chiara: materia segreta, o la risposta evasiva non so. Ma non è esatto dire che chi s'informa di un fatto sa ch'è un segreto; può supporre che è una cosa tenuta segreta o fatta con circospezione, il che è diverso. Io mantengo le mie posizioni e non andrei più in là. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

1603

Piazza Armerina, 18 giugno 1935

Carissimo fratello, la tua del 13 torna sulla teoria del fine che non è mia e non

è di nessun teologo e non è onesta. Io però rispondo a detta cartolina per un altro errore. Tu hai frainteso circa gli esempi del deposito e del consiglio. I1 problema non riguarda il depositante e il chiedente consiglio, ma chi riceve il deposito in segreto e chi dà il consiglio per d ic io . Costoro hanno il dovere, cioè, l'obbligo di serbare il segreto, mentre chi su ciò li interroga, non ha diritto a conoscere quel segreto. Chi cerca quel segreto, pecca; se chi ha l'obbligo di detto segreto, per non trovare una risposta evasiva ecc., svela il segreto, pecca anche lui. Tu canti l'idillio della verità. I1 divorzio poi è proscritto in modo assolutissimo dopo che il matrimonio fu elevato a sacramento. I1 D'Arinibale preferisce la parola veridicità l . Questa ha luogo solamente circa ciò che è comunicabile. Qui regna in modo assoluto. Ma c'è anche il regno del segreto che ha i suoi diritti, come ha i suoi limiti. Sino a che con principio più alto non limiti il dovere del segreto, questo sta, cioè, non si deve rivelare. Fermati qui. Rifletti su questo: questo è il pulito. Chi dommda di conoscere ciò che è segrct~, pecca. A Iiìi non si risponde. Ma se per salvare il segreto il cui obbligo persiste, non si trova altro mezzo che dar la prima risposta che sembra atta a tal custodia, quella risposta non è menzogna: è la risposta che salva il segreto-dovere, che fa evitare il peccato della rivelazione. Io dico: è menzogna materiale, e dico ciò perché in quei casi si è come tolta l'azione della necessità. Sto bene. Tuo

t Mario

LETTERA 1603. 1. Giuseppe D'Annibale (1815-18921, autore delia Summula theo- Logiae moralis, aiia quale lavorò per venti anni e che dedicò a Leone Xm. Fu stampata nel 1874.

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Piazza Armerina, 20 giugno 1935

Carissimo fratello, domani è S. Luigi. Che nome! Con quanta commozione lo

pronunziammo fanciulli e lo pronunziamo ancora! È il tuo santo perché tu hai la fortuna di portarne il nome. È la tua festa. A te dal vecchio fratello che t'ama con la tenerezza dei primi anni, i piu fervidi auguri. Domani celebrerò per te la Santa Messa. Ora mi preparo per la processione. Sempre desiderata e sempre dolce questa processione mi ricorda il tuo sacerdozio e la processione eucaristica con la quale lo inaugurasti. Torno alla nostra discussio- ne. Bisogna concepire la veridicità come legge universale della mente comunicabile e il segreto come legge universale deila mente non comunicabile. Nel primo rispetto la risposta contra mentem è peccato; nel secondo la ricerca del segreto è egualrnente peccato. Distinguo così la funzione sociale per limitare la veridicità e il segreto nel loro campo rispettivo. E perciò parlo del segreto che deve esser custodito, cioè, del segreto contro del quale non sta altro dovere più alto che ne consenta la rivelazione. Senza veridicità (nel suo campo) non ci sarebbe ordine; senza custodia del segreto (pure nel suo campo) nemmeno ci sarebbe ordine. La menzogna perciò non va definita solo locutio contra mentem, ma locutio contra mentem communicabilem. E perciò le risposte che l'uomo dà per custodire il segreto, limitatamente a questo dovere, non son menzo- gne. E quando non trascorrono oltre il necessario, hanno sempre un sottinteso etico-linguistico che è nella coscienza sociale. Es. Non lo so (sottint.) per dirlo a te, ecc. Questa è la teoria che io derivo dalle pagine dei teologi d'ogni tempo. Sto bene. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 22 giugno 1935

Carissimo Mario, rispondo alla tua del 18, ripetendo che né a te né ai teologi

ho attribuito la teoria del fine che giustifica i mezzi, ma ho voluto

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attraverso la controluce di tale errore far vedere che una volta ammessa la materialità della menzogna, ciò debba valere per tutti i segreti commessi ed accettati, quale ne sia l'oggetto. È chiaro che io perciò non ho frainteso che la questione riguarda il vincolo del segreto e non la materia, onde dicevo che gli esempi per sé non provano nulla. Ma quel che io ti contesto è che (in casu) la parte che domanda sappia di trattarsi di segreto, perché se così fosse, la risposta più diretta sarebbe ch'egli sa bene trattarsi di segreto. In tal caso è evidente la non comunicabilità e può anche usarsi la risposta comune di non sapere. Invece il caso sul quale sempre io ho puntato la discussione è quello in cui il richiedente non sa (almeno con certezza) che si tratti di segreto e l'altro non vuole dire che si tratta di segreto perché tale risposta può fare comprende- re la realtà del fatto che si vuole nascondere. Ebbene, in tale caso per me non è lecita la menzogna e l'interrogato si deve industriare con risposte evasive. Tu mi dirai rigido, ma io lo sento così e credo di avere tenuto sempre questo sistema in pratica. In nessuno dei casi poi ammetto che si possa dire il contrario del fatto. Per il resto mi riferisco alla mia del 17 c.m. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 24 giugno 1935

Carissimo fratello, grazie degli auguri, delle preghiere e delle sante messe che dici

per me. I1 Signore te ne rimeriti. I1 tuo affetto mi è di conforto. Io amo il mio Santo e vorrei essere come Lui. Ohimè! ... Rispondo per finire, riassumendo le differenze fra il tuo e il mio pensiero sul segreto. A) Tu ammetti l'uso della menzogna (che reputi materiale) quante volte le risposte evasive non arrivano allo scopo; io non l'ammetto, anche se per caso, le risposte evasive non arrivino allo scopo. B) Però nel caso che per ambo gl'interlocutori il fatto segreto sia presupposto e noto io ammetto che possa usarsi la risposta negativa di non so o altra simile, perché solo in tal caso la non comunicabilità £a stato. C) Non ammetto in nessun caso la risposta positiva contraria al fatto (tranne quanto ho scritto nella mia del

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ANNO 1935 55

17 c.m.). Tu invece supponi che il segreto sia sempre noto, (il che non mi sembra esatto), e quindi chi chiede (conoscendo ch'è un segreto) sempre pecca. Ciò può darsi, ma tu devi fare anche il caso che il richiedente non sappia che quello sia un segreto, pur supponendo che si tratti di un d a r e riservato, il che è nella maggior parte dei casi. Conseguenza: secondo il mio modo di vedere può darsi che in qualche caso il segreto non si salvi (e ciò solo perché di fatti non è intieramente segreto) se dà una risposta evasiva l'altro comprende tutto; ma ciò non sarà colpa dell'interrogato, che usa i mezzi che sono moralmente leciti. Sto bene; il caldo e il sole sono arrivati di botto, grazie al cielo per me. Tuo

Luigi

[London, Notting Hiiil, 29 giugno 1935

Carissimo fratello, due miei amici che hanno letto il tuo lavoro sull'Orazione ne

sono entusiasti, uno mi ha detto che ne scrivessi sopra un settima- nale cattolico di qui. Io lo sto rileggendo e lo trovo tanto utile. Fo qualche nota: 1) fra gli atti preparatori (pag. 4) avrei fatto espressa menzione dell'invocazione aiio Spirito Santo. Occorre inculcare il culto speciale allo Spirito Santo ed introdurlo nelle preghiere quotidiane dei fedeli. 2) A pag. 4 tu dici che il carattere distintivo della preghiera è la domanda; tu usi la parola preghiera in senso stretto; ma nel senso teologico-liturgico la parola preghiera ha un'ampiezza totale e comprende le due parti la teocentrica o lode (prima parte del Pater) e l'antropocentrica o domanda (seconda parte del Pater). 3) a pag. 12 tu dici: la presenza di Dio resa viva e quasi sensibile. I1 quasi sensibile mi sembra da eliminarsi, perché vi potrà far giuoco un'imaginazione equivoca. 4) a pag. 14 toglierei via il paragone dell'uomo che passa davanti il Santissimo. Quell'atto diviene purtroppo formalistico, ma mi disturba ammettere che è tale, mentre è un atto di adorazione. 5) pag. 14 «dicono i mistici»; siccome il testo è in Giobbe, suona strano quel «dicono i mistici»; così- toglierei a pag. 15 quel consigliano i maestri di ascetica, a proposito dell'atto di contrizione, come se fosse una cosa dubbia,

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da essere confermata da un consiglio autorevole e valido. Sto bene. Attendo la tua solita cartolina. Un abbraccio, tuo

Luigi

1608

Piazza Armerina, 30 giugno 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 24 e domando venia se torno sull'argo-

mento mentre tu cortesemente esprimi la volontà della fine. Devi ricordare che io ti proposi la .quistione per aver da te aiuti a risolverla in modo conveniente. Dopo tanto discutere possiamo raccoglierci e mirare il problema in ciò che ha di essenziale. Limitiamoci ai casi in cui certamente il segreto dev'esser custodito, in cui la sua rivelazione diretta o indiretta certamente sarebbe colpa grave. Prontamente limitiamoci al segreto sacramentale. Prendiamo il confessore che si trova fra i barbari pagani che non sanno né intendono che cosa sia il sacramento. Prendiamo la teoria dell'equi- vocazione. Questa teoria importa il presupposto che la menzogna non debba dirsi mai nemmeno per salvare il segreto sacramentale. Cioè, importa il presupposto che il caso della menzogna materiale non si dia. Ma importa una cosa molto più grave ancora, cioè, che n c ~ z q u ~ v c a z i v i l c prossirrzrriefiie uggetiiv.meii~e si mirare a che la risposta sia secondo la mente, cioè, rivelatrice del segreto; e solo remotamente che possa dar luogo all'errore in chi ascolta. Questa è la dottrina della corrente teologica che segue S. Tommaso. Con questa io discuto. Che ne deriva? Che l'aequiuocatio essentiali- ter deve esser usata come rivelatrice del segreto. Or quando il segreto è imposto da gravissime ragioni, come è il sacramentale, il solo esporlo alla rivelazione sarebbe gravissima colpa. Dunque qui l'equivocazione sarebbe gravissima colpa. Sto bene. Fa molto caldo. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hiii], 1 luglio 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la fotografia, che conservo con affetto. Quanti

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vescovi siciliani non conosco! H o avuto anche la pastoralé; non il libro di Mons. Ottaviani. Ritorno al tuo trattato, facendo seguito alla mia del 29 giugno: - 6) pag. 16 vale l'osservazione fatta al N. 2 (pag. 4). 7) pag. 18-19. Circa l'obbligo della meditazione come mezzo di salute, sono di accordo con te; vorrei però che tu renda ancora più chiara l'idea che ogni vera preghiera contiene implicita e valevole (inizialmente) la meditazione. Per evitare esagerazioni erronee e pericolose (specialmente per causa di zelanti indiscreti) io spieghe;ei ancora con esempi l'idea di una preghiera meditata, come il Rosario, l'ascoltare la Messa, andare alla Benedizione e simili. Infine mostrerei come il fatto di partecipare alla liturgia e alle preghiere in comune, il prepararsi ai'cacraienti della ~ o d e s - sione e Comunione fa arrivare a sentire chiaramente il bisogno di un metodo di meditazione che ciascuno adatti ai propri bisogni. Il problema è delicato per il 90 per cento di cristiani che non fanno meditazione metodica. 8) pag. 24. Toglierei militavesco che ha suono di appunto; leverei ideale che non mi sembra esatto: storica- mente fra il medioevo e il giansenismo ci furono tre secoli di ondeggiamenti fra rigore e rilassatezza. Inoltre io non credo che il predominio della fantasia derivi dal rigore o da condizioni speciali del tempo; bensi dal metodo analitico, per cui l'elemento fantastico diviene una pseudo-sintesi e un punto di memoria. Del resto accetto tutte le tue osservazioni sulla composizione di luogo che mi riusciva impossibile fin da quando ero piccolo chierico. Non ti preoccupare di leggere la mia Sociologia. Se puoi fartela leggere, sì, altrimenti no. Sto bene. Tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 2 luglio 1935

Carissimo fratello, fo seguito alla cartolina di ieri. Io penso che tu nel periodo

di calma (relativa) durante le vacanze, dovresti rivedere il tuo lavoro sull'Ovazione per una Za edizione. - 9) a pag. 33: «La meditazione ... è la forma più perfetta e più grata a Dio ... dell'orazione». A parte la costruzione del periodo alquanto difficile, trovo qui un'afferma- zione che mi disturba. L'orazione fondamentale della liturgia è

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l'ufficio detto in comune, è la lode e la glorificazione di Dio: il resto è mezzo e deve riguardarsi come mezzo. Se tale mezzo per essere efficace, si trasforma in lode e adorazione, ciò non vuol dire che perda la sua natura di mezzo. Io leverei «il più perfetto e più grato*. - 10) pagina 35. È necessario aggiungere: «come insegna S. Tornaso»? A me disturba, perché si tratta di verità nota; qui mi sembra fuori luogo. - 11) pag. 37 «non la sentono che solo le anime che ... » credo sia meglio: «solo non la sentono le anime che ...a - 12) pag. 40. Tu consigli (incidentalmente) di dedicare alla meditazione un'intiera ora. Poiché il tuo libro è diretto a tutti i cristiani, devi notare che è impossibile domandare ciò alla maggior parte delle persone, che appena alzate debbono dedicarsi al lavoro, etc. La stessa mezz'ora spesso riesce loro difficile. Occorre abituarli a poter fare la meditazione in un quarto d'ora e poi man mano, saranno essi stessi che arriveranno a prevenire il tempo delle loro occupazio- ni per durarla di più e di non accorgersi dell'ora che passa. Io ricordo la enorme pena di ragazzo in seminario a stare mezz'ora prima della messa a meditare a digiuno e col freddo. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Paddingtonl, 3 luglio 1935

Carissimo fratello, una cartolina al giorno! Forse è troppo. Una signora che sta

leggendo il tuo volume mi ha detto quanto bene ella ne ritrae. Sia benedetto il Signore. Continuo nelle minute osservazioni, perché nulla ho da dire sulla parte sostanziale del libro. 13) - pag. 42. La citazione quid prodest non è applicabile alla santificazione del mondo, nel qual caso sarebbero da evocare l'anathema esse di S. Paolo o certe aspirazioni di Santi; ma solo all'acquisto dei beni terreni, potenza, ricchezze e piaceri. Io la toglierei perché mi sembra, tra l'altro, oratoria; sarebbe impossibile santificare il mon- do senza santificare sé stesso. - 14) pag. 46 «le vene e i polsi». Non è meglio togliere via la troppo usata allusione dantesca? sa di letterario. - 15) pag. 47. Ti sembra psicologicamente esatto che uno che soglia bestemmiare faccia una meditazione così oggettiva da

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ANNO 1935 59

non pensare a sé stesso? o egli è indurito e non mediterà e si scuserà per giunta; o non lo è, e sentirà il rimorso del peccato, e quindi penserà a sé stesso. 16) pag. 50 alla frase: «vedrà aliora tutti i pericoli etc.» non insisterei con le successive ripetizioni per non creare coscienze erronee, date parecchie circostanze da doversi esaminare. 17) pag. 51. Psicologicamente non mi sembra possibile che la madre (nel caso) lasci la pratica quotidiana della meditazione, perché non le riesce quella sdla educazione dei figli. A me sembra che il soggetto deila meditazione non sia bene impostato. Sulla educazione oggettiva occorrerà che si consigli più che mediti; e su quella soggettiva, va prospettata diversamente la meditazione, cioè sull'esempio da dare ai figli. 18) pag. 55 L'aggettivo totalitario, a questo posto, non mi sembra usabile. Non credi che ci sia pericolo facendo la meditazione con il metodo che tu chiami sintetico (?) di rimanere nel generico? Sto bene. Tuo

Luigi

[London, Notting Iliiil, 4 luglio 1935

Carissimo fratello, speravo ricevere stamane la tua solita. Verrà stasera. Questa è

la 5" cartolina. Vedo che vo alle lunghe. Spero non ti seccherà. - 19) Fra due poli. Aiia fine del N. 3 insinuo un'asservazione incidentale. È vero che i termini sono Dio e l'anima e non possono essere altri; però nei due poli c'entra il prossimo come termine della legge dell'amore (amore del prossimo) e come partecipazione di solidarietà spirituale (la Chiesa e la Comunione dei Santi). Tutto ciò è implicito nel tuo pensiero. Non credi opportuno di renderlo esplicito? Certo nessuno deve meditare come aggiustare il mondo e come fare che gli altri osservino la legge di Dio; ma tutti dobbiamo meditare come osservare la legge dell'amore del prossimo e come partecipare aila vita sociale o mistica della chiesa. - 20) 11 metodo soggettivo. Altra osservazione incidentale. Sono d'accordo con te sulla preferenza al metodo soggettivo e sull'approfondimento psicologico ascetico diretto all'emenda, alla purificazione, all'acqui- sto della virtù. Però non bisogna trascurare la meditazione oggettiva su Dio, la sua infinità, il suo amore, la Passione di Nostro Signore

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etc. nelle quali il riferimento alle nostre colpe resti generico, senza introspezione analitica, che qualche volta può riuscire pericolosa stancante o inutile. - 21) pag. 61. Leverei quel profondità e specifici- tà, che disturbano. I1 periodo camina chiaro anche senza quella proposizione. 22) pag. 68-69-72 non comprendo la frase processo di determinazione e poi l'aggettivo determinato. Se vuol dire concreto, preferisco concreto; se vuol dire fatto di proposito o con propositi speciali e non generici, preferisco propositi. A me fa sorgere l'idea di un determinismo! 23) Pag. 71. È vero che un solo peccato merita l'inferno, ma è anche vero che se questo solo peccato non rende ostinati nel male e invece eccita il rimorso, non si è condannati. Sto bene. Tuo

Luigi

Piazza Armerina, 5 luglio 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 29 e del lo e ti ringrazio assai delle

osservazioni sulla pastorale Suggerimenti. Mi saranno preziosi quando ritoccherò il lavoro per una nuova edizione. Io frattanto continuo a sciiveiti sula yuistione dei mendacio. La restrizione mentale, consideratz nella sua oggettività e nella sua finalità, è menzogna. È però quella menzogna che io chiamo materiale e che deve allontanarsi dalla veridicità il meno possibile. Se poi la si prende come la prendono i teologi, allora è rivelazione del segreto e perciò peccato. La restrizione mentale storicamente è un fatto linguistico-filosofico. È la risposta che salva tutto. Ma è menzogna. È la menzogna lecita di S. Ilario e d'altri padri e teologi. Lecita perché non formale, lecita perché è nella coscienza sociale che la parola quando non può esser veridica sia prudente, sia veridica, non in senso letterale, ma ideale, cioè, spirituale. Chi, per tutelare il segreto contro cui non prevale la legge della verità nel suo pieno valore dice: «Non so», non mentisce, ma dice il vero, perché in quelle circostanze il «non so» vale quanto «non posso» o quanto «non so per dirlo a te». Queste mie ragioni son assolute quando si tratta del segreto sacramentale. Io parto da questo segreto che mi mette d'accordo con tutti i teologi. Il resto non è che giusta

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derivazione. Sto bene. Fa gran caldo. Io però lo sopporto meglio degli altri anni. Ti abbraccio con fraterno affetto. Tuo

t Mario

Piazza Armerina, 8 luglio 1935

Carissimo fratello, come ti son grato delle osservazioni su «Appunti» che mi

comunichi giorno per giorno. Ne farò tesoro a suo tempo. Frattanto non interloquisco anche perché a non poche tue domande troverai la risposta nel seguito. A lettura finita se ho qualche punto da discutere, lo discuterò. Io intanto continuo il mio monologo sul mendacio. La restrizione mentale non è invenzione di teologi, è logica di coscienza nella elaborazione della lingua. Colui che l'adopera deve volere che giovi a custodire il segreto, cioè, il contrario di quel che prescrivono i teologi. Infatti se vuole manife- stare il segreto, pecca; se adopera termini che rendono uguale la scoperta del segreto, pecca. E allora? a che cosa giova la restrizione mentale? Giova a evitare la menzogna formale. Ciò ottiene non perché consenta la cognizione del segreto, ma perché consente la cognizione di se stessa. La restrizione mentale ha il valore di una risposta che dica: «non posso rispondere; non so scientia communi- cabilzs e simili». Per questo suo valore è evitata la menzogna formale ed è custodito iisegreto. Però serba la figura di menzogna. Infatti chi dice «non so» quando «sa» dice cosa contro la mente. Però siccome la frase è neli'uso della lingua e della coscienza etico-sociale, ha solo la figura di menzogna, perché è trasparente in quanto è equivocazione e non risposta tassativa. Questo mio modo di vedere nei teologi non so se c'è. So che a me sembra logico e onesto. C'è la materialità superabile della menzogna. Dunque la menzogna non c'è. Sto bene. Lavoro. E ti abbraccio tuo aff.mo fratello

Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting IIiU], 9 luglio 1935

Carissimo fratello, il 12 c.m. saremo uniti nel ricordo e nella preghiera per la

nostra amata Margherita. Rispondo alle tue del 30 giugno e 5 luglio, riprendendo il tema del segreto. Tu per ora limiti la questione al segreto sacramentale. A me pare che per la convinzione generale dei paesi cristiani (cattolici, eretici e scismatici) il sigillo sacramen- tale è rispettato al punto che la coscienza generale insorgerebbe 'contro chi violasse il segreto e non contro chi lo mantiene. I1 caso quindi si presenta con caratteristiche proprie per le quali la difesa del segreto riesce facile, sia che si dica non so (perché se ne conosce la non comunicabilità) sia che si dica è segreto. Nessuno pensa ad autorizzare il prete a dire il contrario del fatto ch'egli conosce, cioè Tizio non ha rubato, mentre che ha rubato; perché (a parte la menzogna formale) farebbe supporre la violazione del segreto. Circa i paesi selvaggi e pagani, noi potremo costruire dei casi assai ipotetici, ma non conosciamo quella psicologia e quindi il modo di far capire l'importanza e inviolabilità sacra di quel segreto; in ogni caso escludo la menzogna. Circa la restrizione mentale: o essa P una risposta evasiva o und menzogna. Se risposra evasiva, io l'ammetto, se menzogna, no. Nelle due ipotesi non la chiamo restrizione mentale, (tranne se fo uno studio del problema). Pel resto, mi riferisco alla mia del 24 giugno. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiill, 13 luglio 1935

Carissimo fratello, da che tu mi richiami alla discussione sul segreto etc., ho

sospeso gli appunti sull'Orazione. Ma ci ritornerò presto. L'ultima tua deli'8 c.m. è una ricerca del come intendere e giustificare la restrizione mentale. Secondo me non si giustifica se non si riporta al carattere delle risposte evasive, fra le quali io includo quelle che si riferiscono alla non comunicabilità però conosciuta dai due

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ANNO 1935 63

interlocutori e non da uno solo. E ciò proprio per il carattere che io do alla «non comunicabilità nella socialità». Perché, come ti scrissi, se la socialità è visibilmente e ragionevolmente rotta (guerra internazionale o civile, rivolta, processo criminale) allora cade secondo me intierarnente il principio della comunicabilità. Dentro questo per me logico sistema (del quale tu non mi hai mai dato il tuo parere) la restrizione mentale come tale non ha posto. Essa è psicologicamente una stortura ed educa all'infingimento. Infatti si usa non solo per i segreti, ma per ogni caso in cui non si vuole parlar chiaro, in cui si vuole usare prudenza (spesso prudenza mondana) etc. La restrizione mentale è parente dell'ipocrisia; perché invece di dirigere la mente alla naturale risposta non posso dir nulla o non so, la guida alie formule di sotterfugi. Nella restrizione mentale la mente crea un elemento fittizio su cui poggiare la risposta. Hai la tabacchiera? L'altro mette la mano sul tavolo e risponde: - non l'ho -; intendendo dire che non l'ha sul tavolo. Ecco quel che si deve condannare senz'appello. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting IHill], 18 luglio 1935

Carissimo fratello, domani è il 320 della tua consacrazione episcopale. Dirò la S.

Messa per te e la tua diocesi. Non ho avuto la tua solita. Torno al trattato ssoraz ione .

24) pag. 76. I1 capitolo è intitolato «La contemplazione», ma da pag. 76 a pag. 91 torniamo al tema dei due modi di meditare, l'intellettiva e l'affettiva. Per la divisione della materia, forse sarà bene farne un capitolo intermedio. Circa il merito non ho nulla da dire, tanto è convincente quel che tu scrivi; ma fo delle riflessioni marginali. a) - c'è la preghiera meditata, come il rosario e la Via Crucis, che, uniti con una considerazione iniziale e un proponimen- to finale potrebbero avere il carattere di meditazione (e per molti cristiani bisogna inculcare questo mezzo per ovviare alla mancanza di meditazione) e sono basate più sull'esercizio della memoria e della fantasia che su quella dell'intelletto. Certo, si tratta di verità

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64 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

di fede e l'intelletto vi si esercita, ma non in modo prevalente; gli affetti possono. essere non superficiali anche se mossi da elementi sensibili; b) nella mia piccola esperienza spirituale coi giovani studenti, con operai e contadini, notavo che a loro riusciva difficile sviluppare un pensiero, ripensandoci sopra. Restavano là, al senso del mistero più o meno intuitivo sensibilmente, e a fare come conseguenza qualche atto di dolore. Insomma, il miserere mihi peccatori l del pubblicano. Credi tu che la maggior parte faccia della meditazione intellettiva? Io penso che per i più sia difficilissimo lo sviluppo di un pensiero riflesso, anche a derivarlo dalla medita- zione di un mistero facile come quello dello smarrimento di Gesù. Il resto in altra cartolina. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 19 luglio 1935

Carissimo fratello, continuo la cartolina di ieri. C) Invece, sopra un motivo unico

ripetuto nella mente come una specie di martellamento mnemonico, per esempio: - «se cintini?~ 2 y-..LUAL nprrar- m; .... JonfiL,,.~,. UU.U...LV,, - U V ,-,.m.,...,-,. V L A u .

«Gesù e morto per i nostri peccati» o simili, gli affetti sgorgano più facilmente e possono buoni frutti. Ciò ti scrivo non per contraddire a quel che tu dici, ma solo per domandarti di riconsiderare quel che tu affermi come primo grado, cioè la meditazione intellettiva, la quale (mi sembra) può essere usata dalle persone abituate alla riflessione intellettiva; &vero fatta solo con l'aiuto di un libro, perché il ragionamento lo fa il libro e chi medita ne resta sotto certo aspetto passivo. Ricevo la tua del 15. Mi duole della tua sofferenza agli occhi. Ti ho scritto il 9 e il 12 sulla menzogna; ieri ed oggi sull'Orazione. Dimmi se quella del 9 si è smarrita, che te la ripeterò. Sto bene. Prega per me. Oggi ho detto la S. Messa per te. Un abbraccio, tuo

Luigi

LET~ERA 1617. 1. Deus propitius esto mihi peccatori. Luca, 18,13.

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ANNO 1935

[London, Notting Hiiil, 23 luglio 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 19. Certo che ho pregato per te ed ho detto

la S. messa per te e per la tua diocesi nel giorno anniversario della tua consacrazione episcopale. Sto bene. Non riprendo la discussio- ne né le osservazioni per non stancarti gli occhi con le cartoline fitte fitte. Desidero sapere se hai ricevuto tutte le mie, con le seguenti date: 9-12-18 e 19 luglio. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi P.S. Ho ricevuto il libro di Mons. Ottaviani. Porterò con me

i tuoi opuscoli La Santità e la Pastorale Collettiva per leggerli in viaggio. Qui non ho avuto tempo. L.

[BtuxeUes], 27 luglio 1935

Carissimo fratello, sono a Bruxelles per due o tre giorni, poi mi fermerò qualche

giorno a Parigi per discutere col mio editore una piccola (o grande) vertenza: egli trova la mia Sociologia l troppo lunga, per il suo tipo di Collezione, e desidera una riduzione di almeno cento pagine. Io ho risposto che non potrei senza danneggiare il lavoro. Ora vedrò cosa si concluderà. Intanto sono stati perduti tre mesi di corrispon- denza. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Continua a mandare le tue cartoline a Londra, fino a che non

ti scriverò l'indirizzo del mio luogo di villeggiatura. L.

LETTERA 1620. l. Luigi Sturzo pubblicò nel 1935 l'Essai de Sociologie nei ~Cahiers de la NouveUe Journée» di Bloud et Gay, Paris. In italiano fu pubblicato nel 1949 dali'Istituto italiano Edizioni Atlas di Bergamo con il titolo La società: sua natura e leggi, e incluso infine nell'opera Omnia, Zanicheiii, Bologna 1960.

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LUIGI E h W O STURZO - CARTEGGIO

1621 *

Parigi, 31 luglio 1935

Carissimo fratello, trovo qui la tua del 25 c.m. Spero che col riposo gli occhi

tuoi riprenderanno il loro lavoro. Sto bene. Da quando riceverai questa, scrivimi a Prieuré de Lamalgue Le Mourillon près Toulon (Francia). Oggi S. Ignazio di Loyola a.m.D.gl. 1. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Toulon, 5 agosto 1935

Carissimo fratello, sono arrivato qui a momenti dopo un ottimo viaggio. Vedo

mare e sole (un po' obnubilato) e sento caldo. Sia ringraziato Dio ch'è tanto buono, anche nelle cose naturali e nei bisogni della vita. Del resto come vuole Lui, ch'è padre. Sto bene. Attendo notizie di .T .. iuenna. Spero più tardi avere ia ma cartolina rinviatami qui da Londra. Come vanno gli occhi? Prego per te. A Parigi ho combina- to per la Sociologia. Sarà pubblicata tale e quale. L'ho spedita al revisore editoriale. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Le Mourillon près Toulon, 9 agosto 1935

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 5 c.m. Certo fai molto bene a far riposare

gli occhi, né io desidero altro che tu possa al più presto rimetterti a scrivere, per quella gioia che io provo a leggere le tue cartoline,

LETIZRA 1621. * Cartolina illustrata: London Bridge di Londra. 1. Ad rnaiorem Dei gloriam. L E ~ A 1622. Cartolina illustrata: Westminster Abbey di Londra,

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ANNO 1935 67

anche quando dissentiamo. Ma ti leggo in altro lavoro, che non siano le cartoline, ho qui la tua pastorale La Santità nell'itinerario dell'anima a Dio, cosl ti sento vicino, in questa solitudine riposan- te. I giorni sono splendidi, uno più dell'altro e il potere stare a lungo all'aria aperta mi rifà delle brume e dei freddi di Londra. Scusami con Vincenzino se non risposi ai suoi auguri per il mio onomastico. Egli sa quanto mi sono graditi i suoi voti e le sue preghiere. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1624 *

Le Mourillon, 14 agosto 1935

Carissimo fratello, l'ultima tua è del 5 c.m. Spero arriverà oggi quella che attendo

che mi porterà tue buone notizie. Sono ancor solo. Sto bene. Mi distraggo leggendo o scrivendo, e godendo per molte ore l'aria libera del mare. Oggi vento impetuoso: il Mistral. (la nostra Provenza!) e mi ricorda la Russa 1. Domani l'Assunta. Che gioia! Optimam partem elegit 2. Un abbraccio, tuo

Luigi

Le Mourillon, 16 agosto 1935

Carissimo fratello, a momenti è arrivata Nelina un po' fatigata dal viaggio, ma

molto bene. Ti saluta e ti abbraccia insieme con me. Com'è benigno il Signore che ci dà questa consolazione di rivederci. H o ricevuto la tua del 10 c.m. Carlo Lovera è uno studioso coscienzioso l . Non conosco il suo S. Tommaso More. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

LETTERA 1624. * Cartolina illustrata: The Embankment di Londra. 1. Cfr. lettera 645 n. 1. 2. Luca, 10, 42. Veniva letto nel lezionario della Festività deli'Assunta. LETTERA 1625. * Cartolina illustrata con la baia di Tamaris. 1. CARLO LOVERA DI CASTIGLIONE, Tommoso Moro, prefazione di Luigi Gedda,

Editrice Ave, Roma 1935.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

Le Mourilion Toulon, 20 agosto 1935

Ti aggiungo due parole per dirti che pensiamo a te, parliamo di te. Ho letto La Santità. Mi è piaciuta molto. Avrei, al solito, qualche osservazioncella a fare. Ma non è il momento. Lo farò più in là. Spero che il riposo ti abbia ridato il completo uso degli occhi. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi l

Piazza Armerina, 21 agosto 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 16 e godo nel sapere che la sorella è arrivata

e sta bene. Sto bene anch'io. Gli occhi così così. Tu intanto puoi scrivermi meno brevemente. Io, se non posso in una volta, leggerò ,

a riprese. Dovevo scriverti ieri, ma la giornata fu oscura: pioggia placida e lunga. Ed io ho bisogno di molta luce per non sofhrire scrivendn. A Nelin2 dirsii che hc mandgtc r. D. Ciccic l !a. miixta pei contratto per ia faccenda degli orti. Così questo affare è rassettato. Aspetto il tuo giudizio sulla pastorale «La santità ecc.». Di questa pastorale non ho avuto nessun giudizio. Penso che debba avere qualche vizio o che debba esser un lavoro fallito. Eppure quando la scrissi sentivo di trattare un argomento di prima impor- tanza e direi quasi, essenziale. Ma già, l'argomento non è il lavoro. Comunque, aspetto il tuo giudizio. Oramai è passato molto tempo e mai tu hai tanto rimandata la lettura delle mie cose. Forse anche

L E ~ R A 1626. 1. Le parole di Luigi sono scritte in calce alia seguente lettera di Nelina: «Carissimo fratello, sono col caro gemello e sto bene anzi benissimo. Sarà il cambiamento di aria poiché per me è impossibile stare a lungo in que h... Lo prova da quando ebbi la febbre maltese. Anche Luigi sta abbastanza bene, si conserva lo stesso. Sia tutto per la maggior gloria di Dio! ... Grazie del tuo affettuoso pensiero, delie preghiere che fai per noi e speriamo un giorno riunirci tutti nelia patria beata. Conservati la salute, non lavorare molto col caldo, ma spero che anche costi abbia piovuto e così l'aria più rinfrescata come neli'alta Italia. Abbracci affettuosi Nelina~.

LETTERA 1627. 1. Francesco Piazza (Don Ciccio) era l'uomo di fiducia degli Stuno nell'amministrazione deiie loro proprietà. .

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tu avrai incontrato quelle difficoltà che credo abbiano incontrato gli altri. Penso anche che ci possa esser lo zampino del demonio, perché credo ancora che l'argomento debba far molto bene se sarà ben assimilato. Ho scritto senza soffrire. Sia ringraziato il Signore. Ti abbraccio con Nelina.

t Mario

Le Mouriiion, 24 agosto 1935

Carissimo fratello, riceviamo la tua del 21 di questo mese e godiamo al saperti

in buona salute. Speriamo che gli occhi tornino presto al loro normale funzionamento. Oggi abbiamo avuto con noi a colazione un ottimo sacerdote, col quale abbiamo parlato del zelo di tanti buoni che qui accudiscono alle -.:;ime, con h t t i assai copiosi. Pensavo di scriverti della pastorale La Santità, dopo avere termina- to le cartoline sull'altra L'orazione che certo mi ha interessato assai di più e che la trovo molto molto bella. L'ho letta tre volte. Quella sulla Santità, per un caso andò in mezzo a tanti altri libri opuscoli e carte che poi la perdetti di vista e solo quando feci un-po' di riordinamento venne a galla e ne fui mortificato del ritardo a parlartene. Ora rispoglierò k cartoline lasciate in sospeso suiia prima. Poi continuerò su questa che come al mio solito, rileggerò

'

la seconda volta. Non capisco perché credi che sia un lavoro fallito. C'è un po' troppo di filosofia, che il titolo non promette, sicché la disposizione del lettore viene un po' delusa nel senso che aspetta troppo per arrivare alla parte che credeva di trovare subito. Ma ciò è compensato da tante e così utili idee, che poi portano al tema, che ne dovrebbe rimanere soddisfatto. Ma te ne scriverò a suo tempo. Dal 28 in poi scrivimi all'H6tel dell'Avenir me Madame n. 65 Paris (6). Un abbraccio di cuore

Luigi Nelina ti ringrazia deli'invio del contratto a Don Ciccio.

Saluti affettuosi, Nelina

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LUIGI E MARIO STLTRZO - CARTEGGIO

Toulon, 29 agosto 1935

Carissimo fratello, siamo ancora qua per qualche giorno. Stiamo bene e godiamo

deiia bell'aria, nonostante che si è molto raffreddata la temperatura. Pochi giorni ancora e poi il cielo brumoso di lassù. Ripiglio gli appunti sull'Orazione. Ero arrivato a pagina 90 con l'ultima mia dei primi di luglio (non ricordo la data). Ora continuo con pag. 91. 1) pag. 91. Tu dici: «La meditazione è per la santità; la contemplazio-

'ne è la santità». A me non sembra che si possa dire che la contemplazione è la santità, sia perché credo che ci siano santi senza avere avuto il dono contemplativo, sia perché ci sono dei contemplativi che non sono santi. Comprendo quel che vuoi dire, ma la frase si presta ad equivoci. 2) pag. 95. «Contemplare è mirare in soavità e pace di det t i». Toglierei l'idea di soavità, perché ci sono i periodi di aridità e di prova con la soppressione di ogni soavità (S. Teresa 18 anni) S. Rosa di Lima (molti anni) l etc. e pure anche in tale stato di aridità si contempla. Penso che troverò la tua cartolina solita a Parigi. Raccomandaci al Signore. Salutami Vincen- zino e Giovanni. Un abbraccio di cuore, tuo . .

h g i

Piazza Armerina, 31 agosto 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 24. Ti ringrazio delle buone parole che

mi scrivi sulla pastorale La santità. I1 mio dubbio che quello fosse un lavoro fallito derivava da ciò che non mi pare abbia avuta veruna ripercussione. È stata come un sasso gettato in un abisso profondo del cui cadere non si oda il rumore. Nessun dei giornali e riviste

L ~ n r r u 1629. 1. S. Rosa di Lima (1586-16171, dornenicana. Tutta la sua breve vita fu un continuo esercizio di aspre penitenze accompagnate da prove fisiche e da lunghe aridità spirituali.

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a cui fu inviata ne ha fatto cenno, tranne la «Rivista di letture» l;

nessuno dei molti a cui l'ho mandata ha espresso un giudizio. I1 silenzio è stato assoluto. Comunque, io ho fatto il mio dovere di pastore, al resto ci penserà il buon Dio. Sto bene. Siamo già alla fine d'agosto. Ora aspettiamo il tempo mite del prossimo autunno. Quest'anno il caldo non mi ha cagionato le solite sofferenze che lo scorso agno furono molto gravi. Gli occhi migliorano così che spero riprendere il lavoro di penna tra breve. È stata una recidiva che mi ha impedito lo scrivere più delle altre. Sia però sempre benedetto il Signore. C'è stato I'ingegnere Foti che mi ha detto che col nuovo nastro il motore è al posto e funziona bene. Dirai a Nelina le più affettuose cose. E tu credimi sempre aff.mo fratello

t Mario

Paris, 5 settembre 1935

Carissimo fratello, dopo un ottimo viaggio, siamo qui per pochi giorni e poi a

casa. Mi scriverai a Londra (al solito 32. Chepstow Villas London W. 11) dal giorno che ricevi questa. Stiamo bene. Ho trovato qui la tua del 31 agosto. Io penso che il silenzio fatto attorno alla pastorale suUa santità in pzrte può essere dc\nirto al fatto che per lunghe pagine s'incontra della filosofia. Molti restano in dubbio suli'esposizione filosofica o per incomprensione o novità di ritmo o per pregiudizio sul passato. Almeno, questo io suppongo. Ma tu hai fatto un lavoro interessante e utile che farà il suo bene silenziosamente. Ho trovato qui le bozze di stampa del mio Saggio di Sociologia che ho cominciato a correggere. Ma mi dà fatica agli occhi. Andrò piano piano. Stiamo bene e ti pensiamo e preghiamo per te. Un abbraccio di cuore dal tuo

Luigi insieme a Nelina

LETTERA 1630. 1. La recensione si trova su «Rivista di letture», n. 6, anno 320, 1935, pag. 179: Suggerimenti sul modo di fare orazione; a pag. 180: La santità, zitinerario dell'anima a Dio.

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LUIGI E MARIO STURZG - CARTEGGIO

Piazza Armerina, 6 settembre 1935

Carissimo fratello, la tua ultima è del 29-8, da me ricevuta il 2-9. «La contempla-

zione è la santità»; è una frase che ha il suo senso nel contesto, significa anche che il vero mistico è sempre santo, né, come tu affermi, ci sono mistici non santi. Secondo la dottrina cattolica Dio non concede l'orazione mistica come stato a chi non si è purificato dai vizi e dalle ree tendenze; lo stato mistico è stato d'unione, è la vita unitiva, è la santità. Dio qualche volta concede frammenti di orazione mistica a non santi, e ciò, nei suoi arcani, fa per attirare certe anime alla santità. «La contemplazione è mirare in soavità e pace». La soavità non dice sensibilità e sta bene con l'aridità che non toglie l'adesione della volontà ma solo la risonanza sensibile. Quel che si vuol mettere in evidenza è che la contemplazione non ha più gli affetti veementi che possono avere i gradi inferiori. È dottrina dei maestri. La critica che diventa troppo analitica diventa ipercritica. Anche nelle osservazioni antecedenti c'è troppo di analitico. Molte cose che tu consigli, nella pastorale ci sono o nel testo o nel contesto. Ma tu che hai avuto la bontà di leggere tre voite ii mio povero iavoro, te ne sarai accorto. Comunque, ie osservazioni mi fanno sempre bene, perché mi fanno pensare al meglio. Sto bene. Anche gli occhi migliorano. E Nelina? Dille tante cose da parte mia. E tu credimi sempre tuo &.m0 fratello

t Mario

Parigi, 10 settembre 1935

Carissimo fratello, Nelina è partita ieri sera; mi ha incaricato di farti i suoi auguri,

insieme ai miei, per il tuo onomastico. Giovedì dirò per te la S. messa. Io ripartirò fra giorni appena finita la correzione delle bozze. Ricevo la tua del 6. Ti vado scrivendo le mie piccole osservazioni di dettaglio mano mano che vo rivedendo qualche segno messo a margine del tuo libro. Così, può darsi che non tengo conto di altri

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passaggi che chiariscono e completano. Ciò non ostante, godo che non siano inutili anche quindo non sono esatte. Circa la santità, io ricordo di aver letto più volte che può darsi santità senza la grazia della contemplazione. Forse alla parola contemplazione si dà qui un senso più stretto che tu non fai. Tu mi parli di «stato mistico» inteso come vita mistica. Inoltre io non credo che quando si parla di aridità, s'intenda solo la sottrazione delle dolcezze sensibili, e che la soavità spirituale rimanga. Questo ti scrivo senza . pretese di saperne molto. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 15 settembre 1935

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 10 e ti ringrazio vivamente dei fraterni

auguri e più della santa messa celebrata per me. Sto bene. Gli occhi ancora sofferenti. La santità è la vita unitiva. La vita unitiva è semplice o mistica. Necessaria alla santità è solo la prima. La vita unitiva implica la contemplazione acquisita. Sino a questo punto siamo d'accordo. Io però non ho detto che senza la contemplazione non c'è santità, ma che c'è quando c'è la contemplazione. La mia è una frase che ha il senso del contesto. Però, venendo alla dottrina, deve dirsi, come ho detto, che senza la contemplazione acquisita non c'è vera santità, perché la vita unitiva è vita cii purezza e distacco pieno, eroico. Chi si è distaccato da tutto e da se stesso ed è unito a Dio con l'affetto e le opere, come vuoi che parli con Dio nella orazione? Gli parla nella efficacia dell'unione, e questa è l'orazione di semplicità, cioè, la contemplazione acquisita o, come io dico, ascetica. Questo in teologia è certo. Circa l'aridità ti prego di rileggere quello che ne dico nell'ultima parte della pastorale. L'aridità dei santi è bensì mancanza di risonanza affettiva naturale e soprannaturale, ma è anche, sempre, pace, perché non cessa d'essere conformità alla volontà di Dio e amore. Anzi è l'amore più puro e più disinteressato, e la pace è nel fondo dell'anima ed è una soavità sui generis. Anche questo è certo. C'hi nelle aridità bada a ciò, non più le teme e giunge ad amarle. ~ o ' s c r i t t o senza che gli occhi soffrissero. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STUKZO - CARTEGGIO

Londra, [Notting Hiii], 16 settembre 1935

Carissimo fratello, ieri sera grazie a Dio sono rientrato a Londra a riprendere la

mia solita vita di studio e di preghiera. Ne sono contento. Ricevo in questo momento la tua del 12. Come mi duole a sentire che soffri ancora degli occhi. Quest'anno la sofferenza è più lunga del solito. Spero che passerà presto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiiil, 20 settembre 1935

Carissimo fratello, dalla tua del 15 debbo arguire che la nostra controversia è più

sulle frasi che sulla sostanza. Io ho criticato la frase che «la santità è contemplazione» perché sembra una definizione della santità, il che non sarebbe completamente esatta. Perché si abbia santità occorrono le virtù teologali e cardinali in grado eroico. La contem- plaziviie stcq~isita importa nrcmariumente !u ercicitk delle virtu? Accetto l'affermazione che senza contemplazione non si ha santità, ma non l'altra che senza santità non si ha contemplazione. Mi posso ingannare, e quindi non insisto. Sulla seconda osservazione, quella della soavità, n0.n vale la pena ritornare, dopo le tue spiegazioni del 15 c.m. Io non avrei usata la parola soavità, ma sono di accordo con te nella sostanza. Sto bene. Godo che gli occhi migliorano. Raccomandami al Signore. Un abbraccio affettuoso

Luigi

[London, Notting Hiiil, 25 settembre 1935

Carissimo fratello, riprendo le piccole osservazioni: 27) pag. 96. Tu dici che le

prime verità si conoscono senza veruna dimostrazione etc. In una

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discussione fra Blondel e il Padre Garrigou-Lagrange, questi am- mette che, pur essendo i primi principi «per se nota non solurn quoad se sed quoad nos, cependant on peut dire qu'ils ne sont pas tout d'abord connus selon le plus haut degré d'abstraction et d'universalité, ni exprimés d'emblée de facon distincte et propre- ment metaphysique. 11s sont d'abord connus de facon confuse, moins degagée du concret et, pour beaucoup, le principe de contradiction s'exprime d'abord de facon restreinte par rapport à ce qui les frappe, par exemple: on ne peut &re en meme temps assis et debout. Tout cela est fort juste et bien certainement S. Thomas l'a saisi de facon plus profonde que Thomas Reid» («Revue Thomiste») l. Quel che tu dici è esatto; ma vi manca la nuance che noi percepiamo queste verità in maniera confusa e immediatamente con riferimenti a dati concreti-sensibili. 28) A pag. 97 tu parli di «forza necessitante» - io direi evidenza, la quale sarà tanto più efficace quanto più deriva dalla realtà sensibile. Tu dici che ogni colpa merita una pena: è un primo principio. A me pare sia un derivato sociale. L'idea di colpa non può dirsi originaria, ma derivata da quella di ordine o legge. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 26 settembre 1935

Carissimo ftatello, nella tua del 20 tu scrivi di non poter accettare la proposizione

«senza santità non si ha contemplazione». Insisto su questo punto per mia utilità. Se io qui mi sono ingannato, molta parte dei miei suggerimenti crolla. Io, tra le altre cose, sostengo la corrispondenza tra le condizioni etiche dell'orante e il grado e la forma d'orazione, non certo in modo statico e meccanico. Ho voluto rivedere i

LET~ERA 1637. 1. Thomas Reid (1710-17961, professore di filosofia morale all'Uni- versità di Glasgow. Caposcuola della filosofia del «senso comune» o deiia «scuola scozzese» ebbe una larga influenza europea: in Francia, Jouffroy, Cousin, Maine de Biran; in Italia, Gaiiuppi, Rosmini; in Spagna Balrnes. Per quasi tutta la prima metà dell'800 il suo nome restò unito a quello di Kant neiia critica aii'empirismo e nella soluzione dei problemi della conoscenza e deii'origine delle idee in rapporto al razionalismo e aii'empirismo dei secoli XVII-XVIII.

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trattati. Il Tanquerey l, per es., insegna che la contemplazione acquisita (quella di cui parliamo) richiede le stesse disposizioni che richiede la via unitiva: grande purezza di cuore, grande padronanza di sé, abituale bisogno di pensare a Dio. Puoi tu concepire vita unitiva senza santità, se la santità è sempre e per essenza vita unitiva? Ma se per esser capaci di contemplazione acquisita sono necessarie le stesse disposizioni, non dobbiamo dire che è necessa- ria la santità? Può chi non ha vinto se stesso, per puro impero di volontà, pensare a Dio con amorosa adesione che sorpassa il ragionamento ed è stato di serena considerazione contro cui nulla pugni o contrasti? In chi non è giunto allo stato di vita unitiva, ci sono colpe da espiare, abiti da vincere, e, sopra tutto, c'è da vincere la naturale ripugnanza alle sofferenze, alle croci, alle rinunzie, alla vera e propria mortificazione.. C'è santità senza stato di mortifica- zione? Mi fermo perché manca lo spazio. Però ti prego di studiare meglio l'argomento e darmi l'aiuto della tua parola, sia pure di opposizione. Sono stato rafh-eddato. Ora sto meglio. Anche gli occhi stanno discretamente bene. Prega pel tuo

1- Mario

Carissimo fratello, ho lasciato passare il tuo 46O del Sacerdozio, senza ricordarlo;

ma io prego tanto per te ogni giorno come se fosse ogni giorno il tuo 460. Sto bene, una piccola influenza (debito autunnale a questa implacabile divinità) è già passata. Ti ho scritto il 16, il 20 e il 25 di questo mese. Torno s d a frase: «la contemplazione è la santità». Nel L. 111 C.LV, 40 dell'lmitazione è scritto: «Tanto gran cosa è questa grazia che ... né qualsiasi più sublime contemplazione non valgono punto senza di lei». Si suppone perciò l'esistenza della contemplazione senza la grazia. Del resto non è un'ipotesi strana supporre un uomo contemplativo che cada in peccato mortale. Adamo doveva avere avuto con la grazia anche i doni più eletti,

L E ~ R A 1638. 1. Cfr. lettera 1473, nota. L E ~ A 1639. 1. C é lettera 1642.

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anche la contemplazione. Questo ti scrivo non per contraddirti, ma per mio apprendere. Io vorrei essere persuaso che ho torto; specialmente in-materia della quale io non ho fatto studi molto speciali, e che vorrei con il tuo aiuto, conoscere meglio. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 1 ottobre 1935

Carissimo frarello, la tua del 25-9 è accademica. A rigore non ha che fare con la

mia pastorale che non è certo filosofia, ma ascetica e un po' mistica. Necessità è cosa ben diversa di evidenza. Ed è la parola adatta. Nella pastorale La Santità parlo a lungo di necessità e libertà coesistenti nell'atto di volontà. «Ogni colpa merita castigo* è verità prima. L'idea d'ordine in rapporto a colpa è come il principio d'identità in rapporto al principio di contraddizione: l'uno non nasce senza l'altro. Gli scolastici direbbero come dicono dell'intel- letto e della volontà: se invicem circumcludunt. Questi principi son posseduti da tutti non in modo confuso, ma implicito. Si fanno espliciti nel contrasto benché per farsi riflessi occorra lo studio. Esempio. Dico a un contadino: I1 padrone $2; il padrone noiì c'è. I1 contadino non fiata. Gli dico: I1 padrone c'è e non c'è. Risponde di colpo: O c'è o non c'è. Quistioni eleganti, ma anche fondamenta- li. Senza le prime verità, gli universali, l'astrazione, non c'è cognizio- ne umana. Ogni umana cognizione è fatta in questi principi, con questi principi, per questi principi. Sto bene. Oggi è ottobre. Il bel mese di ottobre, un po' mesto, ma bello. Il bel mese del Rosario. Ti abbraccio. Tuo &.m0 fratello

t Mario

[London, Notting Hiiil, 3 ottobre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 settembre, che si è incrociata con la mia

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del 29, la quale in parte risponde al tema da te propostomi. Io sono di accordo con te «sulla corrispondenza fra le condizioni etiche dell'orante e il grado e la forma di orazione». Accetto quel che afferma Tanquerey. La tua successiva domanda: «puoi concepire vita unitiva senza santità?» mi fa vedere dove sta il nostro dissenso. Per santità io intendo (come ti scrissi) quel che la Chiesa stabilisce per i processi di santificazione; cioè: il grado eroico delle virtù teologali e cardinali. Ora, io credo di poter concepire un contempla- tivo che non sia arrivato al grado eroico e perciò non possa dirsi santo (nel senso così indicato); ciò non ostante il suo è un abito acquisito di orazione contemplativa. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Raccomandami alla Vergine del SS.mo Rosario. Tuo

Luigi

Piazza Armerina, 5 ottobre 1935

Carissimo fratello, sento con pena che sei stato poco bene. Fo voti perché il

Signore ti conservi la sanità. I1 latino al cap. LV e non LVI, ha rperzi/htin e non contempiatio. Ii Guasti, che io più non ieggo, traduce male 1. S. Tommaso dice: «Speculatio ad meditationem reduci videtur; .... contemplatio in affectu terminatur» (2-2-180- III ,2,3) . Badando a1 contesto, in qualunque modo tradotta la parola speculatio, si vede che trattasi di colorito non di merito. Ma giacché tu ricorri all'autorità dell'lmitazione, è bene che legga quanto è detto al C. XI del I. I, cioè «Si essemus perfecti mortui, et interius minime implicati, tunc possemus etiam divina sapere et de caelesti contemplatione aliquid experiri»; e al C. XXXI del 1.II1, cioè «Ideo enim pauci inveniuntur contemplativi, quia pauci sciunt se a perituris et creaturis ad plenurn sequestrare». Hai letto S.ta Teresa? Questa grande contemplativa insiste a lungo sul fatto che neila contemplazione la speculazione vien meno, l'intelletto teoreti- co tace, e parla solo la volontà; anzi nemmeno propriamente parla. La santa dice quanto è difficile spiegare quel che allora awiene

L ~ r r u u 1642. 1. Cesare Guasti (1822-18891, terziario francescano, pubblicò nel 1866 una versione molto nota deiia Imi~azione di Cristo.

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nell'anima. Dice però che la contemplazione è comunicazione d'amore. È l'amore, del tutto purificato, che gode del suo oggetto che è Dio. E il perdersi in Dio che solo si ama, a cui solo si vuol dar piacere, la cui volontà solo si cerca, nella più completa rinunzia di sé. Togli la santità, ed avrai tolto l'anima alla contemplazione, cioè, avrai tolto la stessa contemplazione. Sto bene. E ti abbraccio. Tuo aff.mo fratello

t Mario

[London, Notting Hill], 9 ottobre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 5. Circa l'Imitazione hai ragione: il latino

dice speculatio, che devesi prendere nel senso di S. Tomaso. Circa quel che dice S.ta Teresa, io ho ritenuto trattarsi della contemplazio- ne che tu chiami mistica e non di quella che tu chiami ascetica o acquisita. Comunque sia, il mezzo termine sul quale si discute è se possa affermarsi che la contemplazione (acquisita) sia la santità, cioè se non possa darsi alcun grado di contemplazione (acquisita) se non si possiedono in grado eroico le virtù teologali o cardinali. Ecco il problema che non so risolvere in senso affermativo e aspetto (proprio su questo punto) il tuo responso. Sto bene. L'influenza è passata. Sto facendo una cura omeopatica. Nelina ti dirà. Spero la vedrai presto. Raccomandami alla Vergine Regina deI SS.mo Rosa- rio. Io vado ogni giorno nel Convento delle Suore per l'esposizione e la recita del Rosario e Benedizione e sono unito con voi. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 11 ottobre 1935

Carissimo fratello, nella tua cartolina del 3 dici di qual santità tu intendi parlare.

E sta bene. Ma questa è una quistione estranea alla critica della mia pastorale. È però una quistione elegante. Dunque abbiamo:

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Santità = eroicità di virtù. Vediamo ora che cosa è la vita unitiva. È senza dubbio vita perfetta nel senso che il distacco dalle creature è completo. Nella vita unitiva la lotta non è più per evitare il peccato, sia pure veniale; ma nell'evitare le imperfezioni, o meglio, nel tendere sempre al perfetto. Estendi questo stato di spirito a tutti gli atti della vita, in tutti i giorni, in tutte le ore. Che cosa trovi? Vita usuale? Invece trovo, non certo sempre atti eroici presi in individuo, ma un abito che importa eroismo. La vita unitiva, secondo come è concepita nel cristianesimo, supera le forze comuni della natura, domanda grazie speciali e speciale e fedelissima corrispondenza alla grazia. Questa è santità nel senso da te indicato. E allora? Allora quel che dici tu si risolve in quel che dico io. Contemplazione vera e propria, sia pure acquisita, senza vita unitiva, almeno come fatto costante, non se ne dà. Ma vita unitiva è santità. Dunque contemplazione senza santità non se ne dà. Quel che ti scrissi nella precedente, dove citai l'Imitazione, è la conferma dottrinale. Fa gran caldo, come in agosto. Sto bene. Mi raccomando alle tue preghiere. Io prego sempre per te. E ti abbraccio. Tuo aff.mo fratello

t Mario

[London, Notting Hilll, 14 ottobre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua dell'll e rispondo subito. L'argomento m'interessa

e le tue cartoline mi giovano. Ho ancora delle difficoltà che ti prego chiarire. Prima: Come tu concepisci la vita unitiva è santità nel senso non canonico ma approssimativo della parola, ed io l'accetto. Ma non mi pare possa dirsi che «la lotta non è più per evitare il peccato sia pure veniale...». Lucifero, Adamo, Davide, erano, secon- do la tradizione, santi e caddero; uno non si rialzò, gli. altri due sì. Posso consentire che in via normale è come dici tu, ma non avendo sulla terra la conferma in grazia, sono anche i santi esposti alle più grandi cadute. Seconda: E proprio sicuro che non si dà nessun grado di contemplazione se non in uno stadio unitivo, come vita perfetta? Tu stesso metti un'attenuante là dove aggiungi «almeno come fatto costante». Ti prego di tornare su questo punto. Sto

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bene: non ho notizie da Nelina da oltre una settimana. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armetina, 16 ottobre 1935

Carissimo fratello, la tua del 9 a cui rispondo, limita ancora più il problema. Ivi

è chiesto «se non possa darsi alcun grado di contemplazione (acquisita) se non si possiedono in grado eroico le virtù ecc.». Certo non si passa con un salto dalla vita illuminativa alla unitiva, né dalla vita comune alla eroica. Si deve pertanto ammettere un infimo grado di contemplazione senza la piena santità. Quell'infimo grado sarà un misto di meditazione affettiva e di contemplazione, mentre la vita sarà un misto di atti eroici e manchevolezze. Non è però questo il nostro problema. Io ritengo che occorra ben determinare che cosa sia la contemplazione acquisita. I teologi dicono che è «un fissare ailettuosamente il pensiero su Dio, un tenersi alla sua presenza, un abbandonarsi nelle sue mani e con una semplice vista di fede stare in Lui ed amarlo». Non è certo la contemplazione di cui parla S. Ignazio. Questa è atto della fantasia, appartiene alla meditazione intellettiva, è alla base. Or per meritar la grazia della contemplazione detta acquisita, occorre quella purezza che è l'essen- za della vita unitiva. E questa purezza è pieno distacco da tutte le creature e da se stesso. E stare uniti a Dio non solo nell'orazione, ma in tutte le azioni. E questo è uno stato che supera le forze comuni, è eroismo. Ma la santità di cui tu parli che altro è se non questo? Certo anche la santità ha i suoi gradi. E li ha anche la contemplazione. Contemplazione senza stato di eroicità sarebbe come la santità senza pienezza di amore, cioè, non è concepibile. La pura industria umana (quando manca la eroicità dello stato di vita) non arriverà mai alla contemplazione, perché (quantunque si chiami acquisita) è sempre un dono. È un dono che si merita, mentre la contemplazione mistica è puramente gratuita. Sto bene. Tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting HiUl, 19 ottobre 1935

Carissimo fratello, la tua solita non mi è arrivata, poiché domani (domenica) la

posta non parte, ti scrivo senza più attenderla. Neiia «Rivista del Clero» del giugno scorso vi è un articolo di Mons. Olgiati sulla Divozione al Sacro Cuore di Gesù l . Egli scrive: «Questa divozione era come un ultimo sforzo del suo amore». Questo fraseggio oratorio non mi piace. Ma egli soggiunge: «il culto del S. Cuore significa un fatto tale che può essere paragonato all'opera della redenzione nel mondo». Non comprendo esattamente cosa qui significa quel «essere paragonato» come se tale culto fosse altro dall'opera della redenzione; tutta la vita della Chiesa è opera della redenzione. Intende egli forse l'Incarnazione passione morte e risurrezione di Gesù? E ciò sarebbe esatto teologicamente? Sto bene: qui tempo mite. Oggi gran vento. Si awicina novembre. Ti mando gli auguri anticipati per il tuo compleanno. Salutami tutti gli amici e di' loro che preghino per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 21 ottobre 1935

Carissimo fratello, nella tua del 14 mi fai due quesiti: «se non si dà nessun grado

di contemplazione se non nella vita unitiva; come si spiega la caduta di Lucifero, Adamo, Davide». Al primo ho risposto nella mia del 16; al secondo rispondo ora dicendo che noi ignoriamo la psicologia degli Angeli e di Adamo allo stato di natura integra e che Davide se cadde in quelle colpe e a quel modo non doveva ancora esser giunto alla vera santità. I teologi poi non dicono che la vita unitiva sia stata d'impeccabilità, ma che in quella la lotta è per evitare le imperfezioni. Con ciò vogliono dire che nella vita unitiva si ama

LE-I-I-ERA 1617. 1. E O L G I A ~ , f in ione col Sacro Cuore, «Rivista del Clero», giugno 1935, Anno XVI, fasc. VI, pp. 365-373.

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Dio con tanta purezza di cuore e con tanta intensità di amore, che il peccato non trova da dove entrare nell'anima, cioè, che l'anima evita il peccato come il solo vero male. La vita degl'incipienti è di lotta contro la colpa grave, perché ci sono ancora forti stimoli che spingono a quella. La vita dei proficienti è di lotta, non più contro la colpa grave, ma contro la leggiera, perché non sono ancora così puri e così uniti a Dio da dominarsi e possedersi pienamente. Possono peccare i perfetti che son quelli'della vita unitiva? Sì, teoricamente. Praticamente per tornare alla colpa occorre che diventino negligenti, occorre un processo di dissoluzione. Sinché vivon bene la vita interiore, non peccano. È ciò che caratterizza i veri santi. Sto bene. Oggi entro in ritiro col clero della città. Prega per noi. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 24 ottobre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 21. Prego per te e per il tuo clero, riunito in

Ritiro. Io dovevo farlo in settembre dai benedettini di Buckfast, ma il tempo fu così cattivo, che non credetti di andarvi. Spero fra qualche mese. Sto bene. Ancora una difficoltà sulla tua concezione della contemplazione acquisita (s'intende ch'è dono di Dio; tutto è dono di Dio). Dalla tua corrispondenza rilevo che tu fai spesso il passaggio dalla contemplazion~ come una specie di orazione, che secondo S. Tomaso da te citato a pag. 96 «è una visione della verità», alla vita unitiva che può dirsi (è vero) una perpetua orazione nel senso largo della parola, ma che nel fatto è tutto il complesso del pensiero e dell'agire umano, in quanto santificati dalla grazia e rivolti a Dio in unione d'intenzione e di affetto. Tale distinzione, secondo me, non è vana, né superficiale, né apparente; è una distinzione reale e metodologica. Ora, (secondo la tua tesi) potrai ben dire che non si arriva alla contemplazione (come speciale grado dell'orazione) senza la santità, ma, sotto questo punto di vista, credo non potrebbe dirsi ch'è la santità. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Ebbi la tua del 16 c.m.

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LUIGI E h M O STURZO - CARTEGGIO

Piazza Armerina, 26 ottobre 1935

Carissimo fratello, Mons. Olgiati alle volte per la fretta scrive delie corbellerie.

Quello che segnali tu è anche un grosso errore. Sono stato in santo ritiro col clero della città tutta la settimana. Una settimana soavissi- ma. Sia ringraziato il Signore. Come è vero che l'ottima parte è sempre quella di Maria l ! Sto bene. Abbiamo avuto mal tempo e freddo precoce. Oggi una giornata tiepida e serena e bella come son le giornate serene d'autunno dopo le grandi piogge. Ti ringrazio degli auguri pel mio prossimo nataiizio. Compio 74 anni. Son vecchio. Mi preparo alla morte. Tu aiutami con le tue fraterne preghiere. Sto rileggendo, dopo molti anni, il Newman del Capece- latro 2. È certo un libro molto serio. Te ne ricordi? Quel che dice dell'Inghilterra è esatto? Forse qualche giudizio nei rapporti coll'an- glicanismo o circa gli effetti del medesimo o circa il modo d'inten- dere l'azione sociale del cattolicismo è antiquata. Lo stile ricorda il Tosti. Però è più sereno, meno artificioso e, nell'insieme, buono. Peccato che opere di questo autore non si trovano più né c'è chi peiisa 2 si è piu sur=e,UcinE e men:, diggei.&. Ti abbraccio con fraterno det to. Tuo

i Mario

[London, Notting Hili], 29 ottobre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 c.m. Rinnovo i più f&idi auguri. Tutti

dobbiamo prepararci ad esser pronti al passaggio vecchi e giovani. Prega assai per me. Riprendo le mie piccole osservazioni che mi servono per comprendere e approfondire le tue vedute. 29) a pag. 107 tu, nel descrivere la contemplazione ascetica, dici ch'è «una

L E ~ A 1650. 1. Cfc Luca, 10,42. 2. A. CAPECELA~O, Newman e la religione cattolica in Inghilterra, ovvero

l'oratorio inglese, Desclée, Roma-Tournay 1886.

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successione di atti però una successione lenta e dolce che etc.». Nella vita di S. Vincenzo de' Paoli si legge ch'egli passò (special- mente negli ultimi anni) tali periodi di aridità che non poteva recitare nemmeno gli atti di fede e di contrizione. Egli perciò, dopo averli scritti in apposita carta, li cucì nella fodera della sottana e tutte le volte che voleva fare tali atti portava la sua mano nella tasca e toccava quella carta. La sua contemplazione non poteva certo dirsi una successione lenta e dolce e pure era contemplazione. Almeno così mi pare. Sto bene. Sempre vi penso e prego per voi. Un abbraccio di cuore

Luigi Non ricordo il Newman di Capecelatro. Sarebbe da leggere

quello di Bremond l . Non ricordo se è stato tradotto in italiano.

Piazza Armerina, 1 novembre 1935

Amatissimo fratello, rispondo alla tua del 24-X. Mi sarò spiegato male. Io non

confondo la contemplazione con la vita unitiva né con la santità; invece ho cercato di rispondere alla tua domanda: se si dia santità senza contemplazione o contemplazione senza santità. La discussio- ne sull'espressione: «la contemplazione è la santità», si doveva reputar chiusa quando io ti scrissi che era una frase, o meglio (dico ora), una espressione relativa (figurata). Il Vangelo di S. Giovanni dice: <cHaec est vita aeterna ut cognoscant te, Deum verum et quem misisti» l . Or la vita eterna non è questo solo. Qui è detto che è condizione essenziale a conseguire la vita eterna, la fede in Dio ed in Gesù Cristo. È una espressione relativa che si comprende alla luce del resto della S. Scrittura. Qualcosa di simile deve dirsi della mia frase. Prima è detto: la meditazione è per la santità. Vuol dire che può darsi e si dà anche nello stato di colpa. È uno dei mezzi per uscirne. Subito dopo è detto: la contemplazione è la santità. VUOI dire che non può darsi senza la santità. Non deve dunque

LEITERA 1651. 1. A. BREMOND, Newman. Essai de biographie psychologique, Bloud et Gay, Paris 1906. Su Bremond cfr nota n. 1 della lettera 228.

LEITERA 1652. 1. Giovanni, 17,3.

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prendersi come una definizione. Sarebbe errore; ma come colorito. Sto bene. Ieri celebrai per tutti noi. Oggi pro populo: è l'obbligo nostro nelle feste. Prega pel tuo

Mario

[Paris], 3 novembre 1935

Carissimo fratello, non ho ancora ricevuto la tua solita. H o letto sulla «Vie

Spirituelle~ dei Padri Domenicani di Juvisy un articolo del Padre Garrigou-Lagrange (dell'Angelicum di Roma) ' in cui egli paragona il primo momento contemplativo al primo lume di ragione del bambino, che, secondo lui, è comprensivo benché confuso, e arriva ad un'intuizione ch'è alla radice della conoscenza e che dà il senso del reale nell'apprensione dei primi principi. Così, per la fede noi abbiamo una simile visione contemplativa al primo intuito soprana- turale. L'uno e l'altro intuito essendo ancora confusi, si diluiscono nell'analisi e in questo processo possono derivare, ma hanno in sé tanto da svilupparsi l'uno verso la conoscenza discorsivo-intuitiva

sifiteticu) \l&à; !altro VPI-SQ kugyogrn~ntn appro- T------

fondimento delle verità di fede, come una contemplazione di esse. Spero non aver fatto uno schema inesatto, perché in questo momento mi servo della memoria, non avendo presente il testo dell'aaicolo. Sto bene. Ieri uniti nella preghiera per i suffragi per i nostri cari e per tutti i fedeli defunti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 4 novembre 1935

Amatissimo fratello, ieri fui a casa; la buona e cara sorella sta benissimo. Lessi

molti anni fa le cose di Bremond su Newman. Son pregevolissime.

L E ~ A 1653. 1. Si riferisce all'articolo: Ueroikité de la vertu chez les enfanfs, in uLa Vie Spirituelle», a. XVII, t . XLII, 1935, pp. 34-52.

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L'opera del Capecelatro è d'altro genere. E storia e filosofia della storia. Bremond studia, sopra tutto, l'uomo. Fa ottima psicologia; Capecelatro studia, sopra tutto, la nazione. Fa ottima storia. Così pare a me. Di S. Vincenzo dei Paoli bisogna sapere che i primi biografi ne falsarono parecchi aspetti. Lessi l'opera recente del Redier «Il vero S. Vincenzo dei Paoli» che riduce il santo al vero. L'episodio a cui tu accenni, se non tutto, in parte è falso. Poniamo che sia vero: va inteso in altro modo. In esso è detto che il santo non poteva recitare gli atti cristiani. Questa è preghiera orale. I contemplativi spesso soffrono nelle preci orali, come soffrono nella meditazione; alle volte non possono. È questo uno dei segni che son chiamati alla contemplazione. Le loro aridità vanno perciò interpretate in altro modo. Una contemplazione arida non si dà, non sarebbe contemplazione. Quel che io dico alla pag. da te citata, è dottrina dei mistici e dei teologi. Qui vale l'esperienza e perciò l'autorità. Chi non ha provato non sa e non può. S. Teresa del Bambino Gesù a sette anni, presso le benedettine, veniva rimprove- rata perché non pregava. Essa in quel tempo contemplava. Non la comprendevano. Non comprendevano che non poteva pregare oralmente. Nota: non poteva. Sto bene. Ti seguo con interesse in queste discussioni. Come è bella la vita mistica! Beati coloro che ne son degni! Prega pel tuo

t Mario

[Paris], 8 novembre 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del lo nov. Non discuto più sulla tua

espressione ellittica e comprensiva: «La contemplazione è la santi- tà». Questa questione è stata, come tu ben dici, superata. Però il dubbio che ancora mi resta, e che è stato reso più sensibile dalla lettura dell'aaicolo del I? Garrigou, è se si dia contemplazione (orazione contemplativa) senza che l'uomo sia arrivato a quel grado di virtù che si chiama santità, nel senso eroico della parola. A me

LETTERA 1654. 1. ANTOINE REDIER, La vera vita di S. Vincenzo de' Paoli. Traduzione dal francese di hl.F., Morcelliana, Brescia 1928.

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sembra di sì, e non solo in forma accidentale e passeggiera (cosa che tu ammetti) né come un semplice intuito delle verità eterne. Può darsi che sbaglio, e quindi resto nel dubbio senza ancora risolverlo. Sto bene. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 8 novembre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 3. Io ti ho scritto il lo e il 4. Non comprendo

il pensiero del Padre Garrigou-Lagrange forse pel senso che egli dà alla parola contemplazione. E nemmeno comprendo quello che tu mi vuoi dire riportando quel pensiero. Secondo me la contempla- zione non è atto conoscitivo, ma una particolare attenzione all'og- getto già conosciuto, ed è ammirazione ed affetto. La contemplazio- ne certo rifluisce sulla cognizione e la rende più profonda e significativa e dispone a miglior processo riflesso di analisi e sintesi cognitiva. Questo va detto del fatto naturale della conoscenza e della valutazione filosofica. La contemplazione-orazione è ben altra . . cosa; P altra cosa P nni la cnrrkmplaziorze mrstica, Di qiiesta ne - - ---. possono pariare con proprietà soio coioro che ia godono, essendo puro dono di Dio e trascendendo le nostre naturali cognizioni. Ma anche della contemplazione ascetica od acquisita non possono parlarne che quelli che la posseggono. Gli altri ne parlano in fede dei primi. Possiamo però dire che non è atto dei sensi né della fantasia né dell'intelletto ragionante. È uno stato di elevazione in Dio che, sopra tutto, importa un gustare soprannaturalrnente la verità, un amarla e posarsi in essa soavemente fuori d'ogni moto discorsivo. Beati coloro che, fedeli alla grazia, purificano se stessi in modo da poter, senza impedimento, così posarsi in Dio! Sto bene. Grazie assai dei fraterni auguri. Prega pel tuo

t Mario

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ANNO 1935 89

[London], 12 novembre 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 4 c.m. dove mi chiarisci l'episodio. di

S. Vincenzo dei Paoli, quale citato in uno studio apparsosulla «Vie intellectuelle» dei Padri Domenicani, nel settembre scorso: non ho ragione di credere che non sia vero, perché dato senza alcuna riserva storica o psicologica. Certo in questi problemi, vale su tutto l'esperienza dei santi, perciò io vado a tentoni perché non sono un santo - e lo vorrei essere. Prega per me. La «Dublin Review» (che è una rivista di Londra e la più autorevole fra le riviste cattoliche inglesi) ha pubblicato una recensione del tuo libro sull'Orazione. Io non l'ho letta; ho saputo che c'è ed ho parlato per avere il N.o di ottobre dove si trova. Appena avutolo te ne manderò la traduzione. Mi han detto ch'è favorevole ma vi sono due punti di dissenso. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi

Piazza Armerina, 12 novembre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del giorno 8. Forse, per risolvere il problema

della contemplazione, occorre precisare meglio il concetto di santi- tà-eroismo. Noi sogliamo considerare l'eroismo analiticamente. Così lo coliochiamo in un piano superiore e ne facciamo un mito. Or l'atto eroico come unità staccata o straordinaria può darsi anche nella vita puramente naturale. Per intendere la santità dobbiamo considerare l'eroismo come perfezione, cioè, come forza che investe tutta la vita, la purifica ed ordina così che la colpa mortale è sempre evitata ed anche la veniale awertita. La vita è perfetta, ed è santità, ed è eroicità, quando decorre in tal modo. Fa al caso il passo delle Confessioni: «Quis est qui non rapiatur aliquando extra metas necessitati$ Quisquis est, magnus est; magnificet nomen tuurn» l .

L E ~ R A 1658. 1. S. AGOSTINO, Confessioni, Libro X, Cap. 31, par. 47, v. 115.

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Per S. Agostino sapersi contenere entro i limiti del necessario (parla del vitto e delle bevande) è grandezza. Traduci la parola grandezza in eroicità, ed avrai quel che cerchiamo. Insomma la contemplazio- ne è atto d'anima che ama neila purezza dell'amore che è perfetto distacco da ogni cosa temporale; ma questo stato dell'anima è santità-eroicità. Dunque ... Sto bene. S. Martino ci ha recato la sua estate. Bella. Sto predicando l'annuale ritiro ai miei cari oblati. Prega per noi. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

Piazza Armerina, 17 novembre 1935

Carissimo fratello, la tua del 12 mi giunse ier sera. Rispondo subito. Stamani ho

tenuto ordinazione. Ho predicato il S. ritiro ai miei cari oblati. Il 21 ci sarà la professione dei novizi. Ammesso che l'episodio di S. Vincerizo dei Paoli sia storico (il carattere dell'uomo e la critica lo escluderebbero, credo), non modifica la dottrina posta così: senza santità vera non è possibile la contemplazione acquisita. Resterebbe r. vedere se c'è santita verz senm ccnt~mplazlone. Che cosa ne caveremo? Questo soio: che Dio menerebbe certe anime per vie insolite. Ed è padrone di farlo, come alle volte concede la contem- plazione ascetica o anche mistica a non ancora santi per santificarli, santificandoli. Il de Lallemant ' afferma senza riserve che senza la contemplazione ascetica o mistica i santi non potrebbero viver neil'eroicità delle azioni: ciò sarebbe uno sforzo superiore aila natura. Certo deile esperienze mistiche non possono parlare che quelli che le hanno. Però i dottori dalle affermazioni dei mistici cavano gli elementi per le loro sistemazioni. La santità sia nei nostri voti. Piace a Dio, Dio la vuole; a noi è possibile, almeno nei limiti segnati da S.ta Teresa &Avila, di perfetta conformità aila volontà di Dio e carità pura, prescindendo dai carismi gratis dati. Sto bene. Stasera verrà Nelina. Starà un po' di giorni. Prega per noi. Tuo

t Mario

LE~TERA 1659. 1. Louis Laiiemant (1578-16351, gesuita, professore di teologia dommatica e morale a Parigi. Profondo conoscitore deiia letteratura ascetica e mistica.

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ANNO 1935 9 1

[London, Notting Hill], 18 novembre 1935

Carissimo fratello, solo oggi ho k t to la recensione al tuo libro fatta sulla «Dublin

Review» da uno dei più colti mistici inglesi: Edwin Watkin l . Non ho avuto tempo di fare la traduzione e spedirtela. Ho preso nota di qualche osservazione, in mezzo a molta comprensione e a una larga approvazione del libro. Una prima è questa (testualmente) - a proposito di una certa insistenza nel tuo libro -: «Io non posso che pensare che vi siano molte anime alle quali il solo effetto di una meditazione sull'ira di Dio sarebbe più che allontanarli dal peccato allontanarli dalla religione*. Una seconda (testualmente): «Io credo che l'abbé Gobert sia esatto quando egli afferma che la contemplazione, in senso largo, sia in parte una questione di temperamento e di dono naturale; vi sono anime così fatte, per Ie quali fin dall'inizio la loro preghiera avrebbe un carattere, più o meno, contemplativo. Io credo anche che l'Abate Chapman è nel vero nel negare che la preghiera affettiva sia una transizione necessaria fra la meditazione e la contemplazione. Onde mi sembra che il Vescovo Sturzo generalizzi troppo nel presentare lo schema tradizionale (meditazione-preghiera affettiva = contemplazione) co- me stadii necessari deil'orazione mentale*. Il resto altra volta. Ho ricevuto le tue dell'8 e del 12. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 22 novembre 1935

Carissimo fratello, la tua ultima è del 12. Spero che la posta del pomeriggio mi

rechi le tue nuove. Questa reca a te i più fervidi auguri pel tuo natalizio. Nelina è stata qui tre giorni. Sta abbastanza bene. Pare che la cura le giovi. Sto bene anch'io. Torno sull'argomento che ci

L E ~ A 1660. 1. Cfr. lettera 110, nota 1. 2. John Henry Chapman storico e critico benedettino inglese (1865-1933). Sturzo

si riferisce forse a Contemplative Prayer, in «Pax», 5 (1913), p. 339 ss.

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appassiona. La contemplazione-orazione non bisogna prenderla come un atto a conto suo e puramente naturale. È uno stato soprannaturale dipendente da grazie speciali. È certo che Dio può dare le sue grazie a chi vuole, ma è anche certo che Dio è sapienza e ordine. Or, siccome la contemplazione è una forma d'orazione che sorpassa le forze della natura, in quanto è uno stato di carità che si attua nelia fissità del pensiero amoroso e non nel discorso o moto, ed implica purezza non comune di coscienza; così è logico che Dio non faccia (almeno in via ordinaria) il miracolo di dare l'effetto mapcando la causa necessaria, la santità. Questo a me sembra così chiaro, che non so persuadermi come tu possa aver dubbi. I tuoi dubbi o il tuo dissenso li comprenderei, se in via normale e puramente umana l'uomo fosse capace di atti di amor puro senza aver la purezza dell'amore. Io vorrei che tu mi facessi meglio conoscere in merito le ragioni del tuo dissenso. Rinnovo gli auguri e mi raccomando assai alle tue sante orazioni. Tuo

, t Mario

[London, Notting Hiii], 23 novembre 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 17 c.m. Continuo a tradurti le osservazio-

ni della «Dublin Review» (testuale): «Né mi sembra ch'egli (Mons. Sturzo) abbia trattato adeguatamente il fatto non dubbio che ci sono anime di alta santità, la cui forma di orazione è la meditazione. Io potrei suggerire che l'essenziale sviluppo è una progressiva unione con Dio per via di una sempre crescente carità e che tale unione è non coscientemente espressa con la stessa forma di preghiera né con lo stesso grado per ciascuna anima. In un'anima naturalmente contemplativa un grado di unione si sarà espresso in contemplazione, mentre in un'anima di diverso temperamento naturale troverà la sua espressione o nella meditazione o nella preghiera affettiva. Così le anime il cui temperamento non è contemplativo, praticheranno la meditazione, benché il loro grado di unione (con Dio) possa essere eguale a quello di anime, la cui preghiera sia una mistica contemplazione. Pertanto, dacché la carità merita carità, cioè più alto grado di unione spirituale, mi

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sembra che non vi sia ragione a negare (con il Vescovo Sturzo) che la contemplazione mistica, in cui un dato grado di unione (cioè di carità) diviene conscio sotto certe condizioni di disposizioni e di ambienti, possa essere meritata». Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi Continua in altra seguente da attendere.

[London, Notting Hilll, 24 novembre 1935

Carissimo fratello, continuo la cartolina di ieri. Dovetti far punto per mancanza

di spazio e l'ultimo periodo venne troncato. Ecco il resto: «Cioè, io riguardo il cammino dell'ascensione spirituale come una progres- siva unione con Dio per mezzo della carità, la cui percezione cosciente da parte del soggetto dipenderebbe per molti iati da fattori naturali. Infine, io non credo che neli'ordine naturale l'intui- zione sia limitata ai primi principi del pensiero. Al contrario io sono convinto che ogni percezione e ogni ragionamento contiene in ultima analisi intuizioni di forma fisica o mentale». Così finisce. Per avere tutta la recensione ti aggiungo qui, e nella prossima, la traduzione della prima parte. Ecco intanto: ((Benché abbondino libri trattanti deli'orazione mentale, vi è posto per un altro quando esso è di qualità eccezionale come quello del Vescovo Sturzo. Chiaro, conciso, pratico, solido (ma niente indigesto) e profondo, ispirato da una delicatezza di pensiero e bellezza di spirito, ed evidentemente basato sopra una personale esperienza di vita inte- riore (ché come pura obiettiva trattazione non può concepirsi); questo è un libro da essere posto nelle mani di quanti desiderano avere pratica dell'orazione mentale». Un abbraccio, tuo

Luigi I1 resto un'altra volta.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 27 novembre 1935

Carissimo fratello, continuo la cartolina del 24. Ecco il resto della recensione. «I1

Vescovo si occupa in primo luogo degli atti preparatori all'orazione. Egli quindi discute sulla meditazione discorsiva, la preghiera effetti- va e quel ch'è usualmente il termine acquisito, la contemplazione (che il Vescovo chiama ascetica). Benché egli parli a tutto il suo gregge, non esita a conchiudere con un accenno alla contemplazione infusa (o mistica) e metterla come un fine a cui essi possono e vogliono aspirare, benché non si acquisti per niente. I due poli del meditare sono Dio e l'anima, e precisamente l'anima individuale nella sua individuale concreta situazione. Perché la meditazione abbia sempre queste due pratiche riferenze, deve essere diretta alle colpe particolari e alla lotta del momento. Preghiera e azione debbono avanzare pari passu. Se anche per i principianti nella vita spirituale il timore debba avere l'importanza che il Vescovo vi assegna, ciò è veramente dubbio. Io non posso che pensare che vi sono molte anime, per le quali il solo effetto di una meditazione %Kirc, 3 Qic 5 fUr&Ve ufivi,tui,ure pe~patv, BllCnt2n20 dalla religione. La sezione finale del libro è occupata da discussioni sugli atti affettivi e risoluzioni. I1 maggior merito persistente, sugli altri che il libro ha, è il dono deli'A. di esplanare le più profonde e molto difficili materie in un linguaggio insieme perfettamente accurato e semplice. Con dir ciò, non intendo affermare che io sono di accordo al Vescovo in tutti i punti» etc. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi Il resto è nelle cartoline del 18, 23 e 24.

Piazza Armerina, 27 novembre 1935

Carissimo fratello, rispondo aiia tua del 18. Non posso giudicare deile osservazio-

ni che tu mi trascrivi se non vedo tutta la recensione. Che cosa si

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vuol cavare dal caso che una meditazione sull'ira di Dio riesca nociva? Io credo nuil'altro che un dato analitico, cioè, lo stato spiritualmente malato d'una data anima, che domandi trattamento speciale. Che io generalizzi troppo affermando la normalità dei quattro stadi, meditazione intellettuale, meditazione affettiva, con- templazione acquisita, contemplazione mistica, credo che non possa sostenersi. Io studio il processo normale e logico e non escludo le eccezioni. Quel che poi reca il temperamento e il carattere dei singoli, non va oltre la base naturale; ed io studio il fatto sopranna- turale. Io sostengo che anche le anime nate alla contemplazione, devono, se vogliono gettar solide basi, cominciare dalla meditazione intellettiva. Che poi la meditazione affettiva sia un presupposto logico della contemplazione, io non ne dubito. Tutto dipende da un giusto e realistico concetto della orazione mentale nella vita interiore. Quali, in un dato momento, sono i rapporti dell'anima con Dio, tale è la sua capacità all'orazione. L'incipiente ama poco. Se ama molto, non è incipiente. Se è incipiente dawero, non può fare meditazione affettiva. Ieri ho applicato la S. Messa per te e Nelina e un po' per me e i nostri cari defunti. Le grandi ricorrenze ci vogliono tutti presenti. Sto bene. E ti abbraccio. Tuo

Mario

[London, Notting Hiii], 2 dicembre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 27 nov. Grazie delle tue preghiere per me. Il

Signore mi conserva ancora in vita e mi dà forze per lavorare; che sia ringraziato. Prega che io sappia sempre più e sempre meglio corrispondere alle sue grazie, di cui sono indegno. Non rispondo all'ultima tua, sia perché non voglio fare discussione sulle osserva- zioni di Watkin, sia perché oggi non ho tempo. Quando tu avrai letto tutta la recensione (che ti ho tradotta per intiero) ricostruendo il prima e il poi - mi dirai quel che tu credi inesatto, che io vorrei scriverne al Watkin e sentire le sue controsservazio~. Sto bene. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London], 7 dicembre 1935

Carissimo fratello, non ho ricevuto, lungo la settimana, la tua solita cartolina. In

quebta rispondo alla tua del 22 nov. nella quale mi domandavi perché io dubito che la contemplazione sia la santità. A me sembra che tu parlando della contemplazione, la porti tanto alto da non farne vedere più lo sviluppo progressivo; e, parlando della santità, ne riduci l'eroismo ad un minimo iniziale sì che non si vede in che cosa differisca dalla vita spirituale comune. I1 mio dubbio è doppio: 1) se si dà contemplazione in colui che pur essendo nella via della perfezione, non è un santo; 2) se si danno dei santi che non arrivano mai ad acquistare I'abito della contemplazione, come fissità di pensiero amoroso. Sto bene. Spero domani, cioè lunedì, ricevere la tua. Domani gran festa. Dirò la Messa per tutti noi. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 7 dicembre 1935

Carissimo fratello, ti scrivo con ritardo perché ho aspettato la tua cartolina che

è giunta ieri sera. Mi piace il consiglio di far arrivare le mie osservazioni al recensore. Le preciso meglio or che ho letto tutta la recensione. Le osservazioni o dissensi si riducono ai seguenti: lo se il timore stia alla base della vita perfetta; 20 se la classificazione di meditazione intellettiva ed affettiva e contemplazione acquisita e puramente gratuita sia antiquata; 30 se è la natura che determina il modo e grado dell'orazione. Io sostengo 10 che il timore è sempre alla base. E di fede. Initium sapientiae timor Domini. Il recensore forse considera più il caso dell'eretico che si vuol convertire che del credente che si vuol santificare. 20 La classificazione non è antiquata perché è logica. Riguarda però quelii che vengono dal peccato. Gli innocenti che ignorano la colpa grave possono aver superato i gradi inferiori senza speciale esercizio di orazione

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proprio perché in essi l'amore non è stato ferito dalla colpa. 30 La natura è certo il soggetto .sul quale agisce la grazia. Da sola è inefficace. Le anime disposte per natura più alla contemplazione che alla meditazione, se vengono dalla dissipazione e dal peccato, devono sempre cominciare dalla meditazione, perché devono acqui- stare le forti convinzioni soprannaturali. La contemplazione come reazione è cosa superiore alla natura; senza la necessaria purificazio- ne non si attua. Ma senza la contemplazione, almeno acquisita, alla vera perfezione che è eroismo, non si arriva. Dico alla contempla- zione come spirito, non come formula. Questa è dottrina comune e fatto costante nel cammino della perfezione. Sto bene. Abbracci

t Mario

[London, Notting Hiii], 11 dicembre 1935

Carissimo fratello, è tanti giorni che attendo una tua cartolina; l'ultima ricevuta

da te porta la data del 27 novembre, quindici giorni oggi. È rarissimo da parte tua così lungo silenzio. Penso che qualche tua cartolina si sia smarrita. Spero ricevere tue notizie stasera. L'ultima di Nelina è del 2 dicembre e mi diceva ch'era a letto con una leggiera influenza. Prego Iddio per voi, che vi protegga sempre e a me dia la sua santa grazia. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 13 dicembre 1935

Carissimo fratello, scrivo con ritardo perché ho atteso la tua che mi giunse ieri

sera. Io ancora non capisco l'ultima ragione della tua ricerca se si dia contemplazione senza santità o santità senza contemplazione. Questo, per sé, è un problema di fatto. E siccome questi fatti son legati alla grazia e al divino beneplacito, così possiamo dire che Dio fa anche qui quel che vuole. Per me il vero problema è conoscere bene che cosa è la contemplazione e quali disposizioni,

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in via ordinaria, richiede per darsi. E siccome non si dà senza la grazia, e siccome è effetto d'amor purificato e purificante, così i maestri insegnano, la ragione persuade, che senza vita unitiva (santità) contemplazione vera e propria non è possibile. Qui io mi fermo, persuaso che cercar altro, ai fini pratici della propria e altrui santificazione è superfluo e forse vano. Ho riletto la Santa Teresa di Louis Bertrand l . È un'opera seria e bella. Fo riserve sull'ultimo capitolo che riguarda Filippo 11 del quale, presa occasione dei rapporti con la Santa, il Bertrand tenta una riabilitazione. Conosci questo libro? C'è la traduzione italiana. La vuoi? Sto bene. E ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting HilI], 15 dicembre 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 7 c.m. Per caso era venuto a Londra il

signor Watkin e gli ho letto la tua cartolina e glie l'ho copiata; egli aveva fretta, e mi scriverà dal suo paese. È contento di questa

.* - - . - . . conve-rrsiziene con il mio intennedio, letto in «C.ritica» La poesia e la letteratura l : mi è piaciuto per vari motivi, ma non posso accettare quel che dice a pag. 434 sulla poesia religiosa e la Bibbia. L'errore è che se è umanizzata (egli dice manata) perde la natura religiosa: invece in tanto può essere poesia (o musica - pittura, etc. sacra) in quanto è insieme religiosa ed umana. Sto bene: ho avuto un piccolo raffreddore passato in piedi. Prega per me nella Santa Novena del Natale. Qui i ragazzi' cantano belle canzonette di Natale (carole) e anche i musici la sera vanno di porta in porta a suonare e domandare qualche obolo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

L E ~ A 1670. 1. Cfr. lettera 123, nota 5. La traduzione italiana è di Agnese Tovini, Morceiiiana, Brescia 1929.

LETTERA 1671. 1. Cfr. B. CROCE, La poesia e la letteratura. VII. I dominii della letteratura, in aLa Critica*, anno XXXIU, fasc. VI, 20 novembre 1935,434: «Al lirismo è da riportare una parte cospicua della cosidetta poesia religiosa, quando non rimane nelia sfera del sentimento immediato; perché la religione, contrariamente a quel che

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ANNO 1935

[London, Notting Hill], 19 dicembre 1935

Carissimo fratello, certo, siamo di accordo che quel che vale è sapere che cosa

sia la contemplazione e aspirarvi. Questo in pratica. In teoria, il problema non fu posto da me. Comunque, è superfluo rifarci ad una discussione già fatta ed esauriente. Siamo di accordo che contemplazione, come stato d'animo o abito spirituale, è lo stesso che via unitiva; contemplazione come orazione attuale è effetto di un tale stato (e parzialmente e subordinatamente anche dalle disposizioni naturali e dalle condizioni del momento). Però come la contemplazione (via unitiva) va da un inizio incerto ad una pienezza sempre crescente, così la contemplazione (orazione attuale) procede allo stesso modo. Sto bene. Auguri vivissimi pel Santo Natale; anche a Mons. Fondacaro a Giovanni etc. tuo

Luigi H o il Bertrand in francese. Grazie.

Piazza Armerina, 22 dicembre 1935

Carissimo fratello, ricevo la tua del 15. Non ho letto ancora il fasc. 6 della

«Critica» di Croce; ho però subito visto la pagina da te indicata. I1 pensiero di Croce bisogna considerarlo nel quadro del suo sistema. Ponendo egli la poesia tutta nella liricità, il soggetto, sacro o profano, e i così detti generi, non sono che un'accidentalità. Per noi dualisti la cosa va diversamente perché per noi l'oggetto è reale. Ciò non ostante io ritengo che la poesia religiosa non si distingua

taluni si piacciono di asserire, non solamente non è poesia (evidentemente per ciò stesso che è religione) ma non si porge docile alla poesia e tale non diventa se non umanandosi, ossia andando a sperdere sé medesima [...l. Nonostante la pia unzione e le artificiose esaltazioni, la poesia che regna nel nostro ricordo e vive nella nostra coscienza, non s'inizia con i libri della Bibbia (dove certamente non si vuol negare che ve ne siano sparsi tratti) ma con i poemi omerici, di queli'omero tanto poco religioso quanto Guglielmo Shakespeare~.

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IO0 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

che relativamente dalla profana anche per noi, perché, anche per noi, la religione non diventa poesia se I'oggctto non è risoluto in liricità, cioè, in soggettività, in un dato stato della soggettività. La differenza sarebbe piena se il soggetto potesse sempre e a sua volontà elevarsi agli stati mistici e se questi stati potessero sussiste- re fuori dell'orazione. Invece anche i mistici, quando vogliono cantare quel po' che ricordano delle loro elevazioni e comunicazioni con Dio, devono rassegnarsi a confessare la loro incapacità, perché - gli stati mistici, cessando, riescono inesprimibili, e -riescono tali, perché il potenziamento mistico cessò. È un problema sul quale ho molto pensato. Ed ho questa esperienza, che l'orazione distoglie dalla poesia umana e non dà la potenza alla vera poesia religioso- mistica. Per questa ragione io da due anni non riesco a scrivere un sol verso. Io vorrei, ma non posso. Vorrei cantare con altra voce, ma questa voce è nel fondo languido della memoria, è ineffabile. E dire che io non sono un mistico! Sto bene. Ti rinnovo gli auguri natalizi e ti abbraccio. Tuo

t Mario

LLondon, Notting Hiiij, 23 dicembre i935

Carissimo fratello, ho ricevuto ieri la tua del 17 c.m.; non .ebbi quella del lo

dicembre, che si dovette smarrire. Se io ti scrivo che non ho ricevuto tue lettere è per awisartene e così ripetere (se occorre) quel che hai scritto e non è arrivato. Sto bene. Oggi abbiamo il nebbione inglese, sembra notte e ti scrivo a mezzogiorno. Fortuna che non è frequente. La notte di Natale dirò le 3 SS. Messe al Convento delle Suore Missionarie (Suore Bianche del Card. Lavige- riel); dove vado ogni mattina alle 6 3/4. Che dispiacere la morte di Mons. Vizzini! Penso che Vincenzino farà una buona cura: ioduro - niente vino caffè, tabacco: passeggio quotidiano sufficien- te, poca carne (preferibile solo carne bianca) e cura di bagni in estate non di mare ma adatti come credo a Salsomaggiore e in

LEITERA 1674. 1. Charles-Martial Lavigerie (1825-1892), fondò due congregazioni missionarie, quella dei Padri Bianchi e deiie Suore Bianche.

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Germania a Bad Nauheim. Io so di chi ha superato i troppi rialzi dell'ipertensione ed ha un'età più avanzata della sua. Vincenzino soffre certo di acidi urici. Auguri da mia parte. Edwin Watkin mi ha risposto: io gli replicherò oggi o domani, e poi te ne scriverò a lungo. Guardati bene la notte di Natale. Io non potrei fare quel che tu fai. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina. 27 dicembre 1935

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 19. Ora riprendo la discussione sulla

veridicità, al punto che la lasciai lo scorso luglio pel mal degli occhi. Mi ero rifatto della restrizione mentale come punto di riferimento. Secondo i teologi che sostengono questo mezzo per salvar la capra e i cavoli, la restrizione mentale salva dal mendacio quando chi l'usa, intende volere il senso che corrisponde al fatto, non quello che non vi corrisponde. Se chi ode, si appiglia al secondo, sua colpa. Notavo allora che così facendo, si pecca, perché si mira a rivelare il segreto, o almeno, a metterlo in balia del caso. Sino a che il segreto urge, non si deve rivelare. Dunque chi usa la restrizione mentale, deve volere il senso contrario al fatto. Ma, secondo quei teologi, ciò sarebbe menzogna, e perciò, peccato per un altro verso. Secondo la sana logica, la teoria della restrizione mentale rende inevitabile il peccato o della rivelazione del segreto che urge o della menzogna. Ti prego di seguirmi strettamente per questa via. Vediamo dove ci mena. Tu ti trinceri nella risposta evasiva. La posizione è la stessa. Solo io trovo di diverso la natura del segreto che si vuol coprire con questa. Qui si tratta sempre di segreti molto relativi, la cui cognizione non reca danno a nessuno. Ora io voglio che ci fermiamo ai veri segreti, a quelli che non si devono rivelare per obbligo stretto e grave. Che si devono salvare ad ogni costo. Non vado oltre sino a che tu non mi avrai esposto il tuo pensiero. E ti prego di non ti riferire alle mie precedenti vedute. Supponi che te ne scriva ora per la prima volta. Sto bene. La notte del Santo Natale, una delle tre messe la celebrai per tutti noi. Prega pel tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiii], 28 dicembre 1935

Carissimo fratello, la tua cartolina del 22 pone diverse questioni che m'interessa-

no oltre modo. Metto come prima quella «se l'orazione distoglie dalla poesia umana e non dà la potenza alla vera poesia religiosa mistica*. Nel tuo enunciato ci sono delle nuances che vorrei cogliere bene. Credo che tu parlando qui di orazione intenda più che altro contemplazione; ma anche intesa più largamente, è naturale che concentrando in Dio la propria vita interiore si senta uno meno attratto a esprimere sentimenti e affetti umani, se non dentro il soffio della vita divina a cui tende. Questo effetto sarebbe non specifico per la poesia, ma anche per ogni altra arte. Io però vorrei attenuare questa tua affermazione, con darvi un valore di tendenza non di esclusione. Altrimenti nelluomo di orazione mancherebbe quella umanità che gli è necessaria, essendo l'uomo cristiano nel suo complesso natura e grazia e non grazia sola. Continuerò in altra cartolina. Questa era per gli auguri di fine e di principio di anno, con la più abbondante grazia del Signore per te e la tua diocesi. Un abbraccio. tuo

Luigi

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[London], 1 gennaio 1936 32 Chepstow Viiias, W 11

Carissim6 fratello, scrivo a Nelina e a te, le prime cartoline del Nuovo anno. Che

Dio ci conceda la grazia di servirlo meglio che pel passato. Sto bene. Continuo la mia del 28 dicembre scorso. Credi tu che il Beato Angelico, nel fare della pittura religiosa come la faceva, andasse diminuendo di valore artistico man mano che progrediva nella via della santità? o non arrivava ad esprimere meglio quel misto di umano e divino che c'è nell'arte sacra? Io credo che ha ragione Croce nel dire che «la religione non diventa poesia se non umaniz- zandosi», ma ha torto quando afferma che per tale umanizzazione la religione si perderebbe l . Per affermare ciò si dovrebbero annulla- re tutte le opere d'arte religiosa, le chiese stesse, le p'itture e sculture etc. È assurdo. Al contrario si ,deve conchiudere che la religione divenendo poesia si umanizza ma non si perde. Qui poesia vale liricità che si trova in ogni vera opera d'arte. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 1 gennaio 1936

Carissimo fratello, per te la prima lettera che scrivo il primo giorno del novello

anno. Che il buon Dio ti colmi delle sue grazie e ti faccia santo. Vincenzino ti ringrazia dei consigli igienici che gli hai scritto. Egli fa proprio la cura in essi indicata e ne ricava vantaggio. Prega per lui, perché possa rimettersi bene e tornare al lavoro come prima,

Le lettere del 1936 sono in prevalenza scritte su cartoline postali. Si segnalano solo i casi diversi.

L E ~ R A 1677. 1. Cfr. lettera 1671, nota 1.

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104 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

giacché il lavoro è molto e io son già tanto vecchio. H o letto il San Domenico di Clemente Barbieri l , un volume di circa mille pagine, un zibaldone senza sintesi e senza comprensione nel quale l'autore si perde in considerazioni generali fuori posto e noiose: un libro sbagliato nel senso pieno della parola, una delle vite di santi peggio fatta. Ricordi Clemente Barbieri? Io di lui avevo alto concetto almeno come poeta. Che delusione! E dire che i nostri giornali del libro dissero tante cose belle! Poveri noi come siamo superficiali. È l'opposto della vita di Santa Teresa di L. Bertrand, di cui ti scrissi in una delle mie ultime. Sto bene. Lavoro, grazie a Dio, come pel passato e il lavoro mi prende tutte le ore, né mi resta tempo sufficiente per lo studio come me ne restava prima. Prega per me e credimi tuo &.m0 fratello

t Mario

[London, Notting Hiii], 5 gennaio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 27 dicembre sulla veridicità, senza

riferirmi a quel che scrissi, che del resto non ho presente e dovrei cercare fra molte carte. Desidero anzitutto mettere in chiaro che la risposta evasiva non ha per niente il carattere della restrizione mentale: la risposta evasiva tende a velare la verità senza essere menzogna; intanto non è menzogna in quanto evade dalla verità; perciò non vi si attribuisce il carattere di menzogna dalla comune opinione e dall'uso generale. È questo uno dei punti interessanti di differenza con la restrizione mentale. Questa richiede un'astuzia di mente, un'abilità, un trucco che ripugnano al comune sentire. Ci vuole una speciale abitudine per riuscire; mentre la risposta evasiva è normale, comune, accetta a tutti. Copinione comune (meno quella dei teologi) ritiene la restrizione mentaIe un prodotto d'infingimen- to e d'ipocrisia; mentre ritiene la risposta evasiva il mezzo ordinario e lecito, perché ciascuno difenda il suo interno dagli indiscreti. T1 senso comune non solo ha valore normativo, ma per il fatto che è

LETTERA 1678. 1. C L E M ~ T E BARBIERI, San Domenico di Guzman, Tipografii Santa Lega Eucaristica, Milano 1928.

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ANNO 1936 105

comune fa venir meno l'elemento specifico della menzogna. I1 resto alla prossima. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 5 gennaio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua carissima del 28-XII. Certamente il problema

riguarda tutte le arti belle e non la sola poesia. Dici bene quando affermi che la grazia non annulla la natura. Ora bisogna cercare come sta il raccoglimento spirituale-soprannaturale agli stati esteti- ci. Tu dici che sta come tendenza e non come esclusione. A me pare che stia come tendenza che esclude l'altra tendenza, o meglio, come stato d'animo che esclude l'altro. Il raccoglimento soprannatu- rale è stato pratico e intensamente pratico. Quando il pratico prende tutta l'anima, esclude gli stati estetici che non sono né pratici né teoretici, ma sai generis. Il pratico e il teoretico sono contrari agli stati estetici e, come tali, li impediscono o fanno venir meno. Nei canti e nelle anime che in atto son fortemente raccolte in Dio avviene una specie di trasumanazione e di svalutazione di tutto ciò che è temporale. Per loro il temporale è vanità; vanità non come puro giudizio teoretico, ma come sentimento, gusto, tendenza, breve: come stato d'animo. In questo stato la poesia, l'arte come liricità non è possibile; l'anima se ne sente incapace, -

non la vuole, non è capace d'imporsi questa volontà; e, se se la impone, esce dal suo stato mistico. L'anima del poeta vorrebbe negli stati mistici esprimere la poesia che a quelli è propria: la poesia trascendente. Però non le è possibile. Appena a ciò si accinge, vede svanire le visioni mistiche, o meglio, le vede risolversi in naturalità. È I'umanizzarsi di cui parla il Croce. Così pare a me. Ed io aspetto con ansia quel che ne pensi tu. Sto bene. E ti abbraccio con fraterno affetto

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 9 gennaio 1936

Carissimo fratello, continuo la mia del 5 corrente. Secondo la mia interpretazione

(ch'è quella usuale) la risposta evasiva basta per evitare la rivelazio- , ne di un segreto o di un dato o fatto che si ha il diritto di mantenere

riserbato. Tu restringi il caso al segreto che non solo non deve essere rivelato, ma neppure esposto al pericolo di essere conosciuto o sospettato per la malaccortezza di chi risponde, in ipotesi: segreto gravissimo o pericolo d'insufficiente velame nella risposta evasiva. Questo caso estremo può darsi, ma bisogna subito notare che tale segreto non è poi tanto segreto se il richiedente può capire la sua esistenza o la sua sostanza da un'esitazione o da una frase malaccor- ta deii'altro. Se è un confessore il richiesto e su materia udita in confessione (ch'è il caso più grave) egli piìò sempre trincerarsi dietro il segreto confessionale e dire non so nulla; così per altri segreti professionali, fra i quali metto quelli di carattere domestico e politico. Poiché ciò è corretto e ammesso da tutti, non vedo più il pericolo ipotetizzato. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Mazzarino, 11 gennaio 1936

Carissimo fratello, stamani son arrivato in questa per predicare con Mons.

Bargiggia il ritiro al clero di Mazzarino e città circonvicina nel convento dei RR.PP. Cappuccini. Aiutaci con le tue preghiere. Sto bene, e mi è tanto soave predicare i santi esercizi ai miei sacerdoti. Oh se potessi, santificandomi, santificarli nel senso pieno deiia parola. Poveramente fo quanto posso, quanto Dio mi concede non ostante le mie miserie e la mia vecchiaia. Circa la restrizione mentale va bene. Mettiamola da parte. Accetto la risposta evasiva, ma per alcuni casi solamente per quelli nei quali si può dire senza danno che non si può rispondere. Restano però i casi che la risposta evasiva equivarrebbe aiia rivelazione del segreto. Aspetto su questo

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ANNO 1936 107

punto la tua teoria. Al ladro che vuol indicato il forziere per rubarlo, mentisci se rispondi: io non ho danaro, o io non l'ho qui? No, di certo, perché il ladro non ha diritto alla verità. Ecco che spunta questa teoria, la quale, a sua volta, non può venire universalizzata. Ma anche la restrizione mentale in dati casi può avere, penso, il suo valore, purché si escluda il vecchio concetto che non si miri al senso che favorisce il segreto. Starò qui, credo, una diecina di giorni. Ma tu mi scriverai sempre a Piazza; è la via più sicura e più semplice. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 11 gennaio 1936

Carissimo fratello, continuo e finisco la mia del 9 c.m. sulla veridicità. Infine,

ammessa l'ipotesi estrema che né la risposta evasiva, né il trincerarsi nel segreto confessionale o professionale valga ad evitare che il segreto sia messo in pericolo, io non solo non trovo che la menzogna possa evitare tale pericolo, ma che invece lo aggravi e per giunta sarebbe accreditata come mezzo lecito. I1 segreto stesso ci perderà al momento che l'interlocutore comprenderà che la risposta era menzognera. Io intendo per risposta menzognera non le frasi: non so, non ricordo, non mi sento bene e simili; ma proprio la risposta affermativa o negativa di merito. Per esempio. Doman- da: «Ha Tizio ucciso Gaio?». Risposta: «No, non l'ha ucciso» (quando invece l'ha ucciso proprio lui). Ti prego di studiare dentro questi termini, un caso concreto, in cui la menzogna sia sul merito e non si confonda con la risposta evasiva. Sto bene. Lessi a suo tempo la vita di S. Teresa del Bertrand. Non ne ho un ricordo entusiasta, a parte la stupidaggine della visita a Filippo 11. Bertrand è tendenzioso quasi sempre, quando si tocca di politica. Puoi farmi avere le Lettere di S. Paolo di Giov. Montali, Soc. Ed. Internaziona- le di Torino l ? Un abbraccio, tuo

Luigi

L E ~ R A 1683. 1. PAUL DELAYTE, Le lettere di San Paolo inquadrate nellam- biente storico degli Atti degli Apostoli, trad. di Giovanni Montali, S.E.I., Torino 1935-36, 2 voii. I1 Delatte (1848-1937), benedettino mostrò nei suoi scritti un senso

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 14 gennaio 1936

Carissimo fratello, tu parli di stati estetici in genere. Io vorrei passare all'analisi.

Mi riferisco agli stati d'animo di un artista ch'è tale per vocazione, dico poeta, pittore o musicista. La sua disposizione naturale, la cultura, l'esercizio lo portano ad avere stati estetici abituali che preparano l'opera d'arte. Sia che tali stati vengono guardati come stati lirici, sia come pratici, a me non sembra che si contrappongano o impediscano gli stati mistici. Ogni contemplazione, anche sola- mente naturale, rivissuta dentro se stesso diviene motivo di eleva- zione; e non solo la contemplazione del bello, ma anche del vero e del bene. Altrimenti si dovrebbe affermare che un S. Tommaso che specula sulla fisica e sull'etica di Aristotele, un Beato Angelico che idea quadri, un Giovanni della Croce o un Beato Jacopone che hanno idee .poetiche abbiano per tale fatto un arresto nel loro spirito contemplativo. I1 secondo stato (il pratico o tecnico) cioè la fissazione del piano di una poesia (come il preparare un quadro) è identico a tutti gli stati pratici di composizione e di lavoro quali quelli dei predicatori, scrittori, moralisti, pastori, controversisti giornalisti etc. Nessuna ragione di elisione h-a questo stato pratico e quello mistico, che non derivi da zltre cause spirituali. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi

Mazzaripo, 15 gennaio 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 9. Credo che per arrivare a una soluzione

soddisfacente della questione sul mendacio sia necessario cercare esempi specifici. Gesù Cristo, agli apostoli che lo interrogavano se

profondo deiia psicologia religiosa e deli'ascetica. Fu terzo abate del monastero di Solesmes, dove fu redatta la codificazione deiia edizione romana dei libri di canto gregoriano.

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ANNO 1936 109

andava alla solennità ecc. rispose tout court: non vado l . Pure andò. Gli oppositori ci vedono la restrizione mentale. Credo sia meglio vederci un principio più vasto e più confacente al Maestro. Quando la riforma teresiana pericolava presso la S. Sede e i nemici della Spagna usavano anche la violenza (avevano catturato S. Giovanni della Croce) fu necessario, per mandare difensori validi a Roma, tener segretissimo il fatto. Come? Fecero così: fecero dire che i messaggeri andavano per dati altri affari, e andarono travestiti; e così fecero a Roma. A chi li interrogava, rispondevano dicendo il non vero per custodire il vero che era segreto. Mentirono? Se sì, peccarono; per evitare il peccato o dovevano dir il vero e tradir la lor causa che era gravissima e santa, owero non andare, che era un abbandonare la difesa santa e necessaria. La risposta evasiva, se bastava, doveva esser preferita. Ma bastava? Non è questo uno dei casi che impongono di esporre al pericolo, ad ogni pericolo di rivelazione il segreto? Ma chi interrogava aveva diritto alla verità? S. Francesco di Sales andava a Ginevra per ordine del Papa affine di tentare la conversione di Teodoro Beza 3. A Ginevra il santo era cercato a morte dai Calvinisti. Giunta ivi la comitiva, i gabellieri domandano il nome di quel forestiero. Dirlo non si poteva. Dire: non sappiamo, sarebbe stato ingenuo e fonte di gravi sospetti. E bisognava dir il non vero. Mi fermo perché lo spazio manca. Sto bene. I santi esercizi procedono bene. Mons. Bargiggia edifica con la sua santità. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

L E ~ A 1685. 1. Cfr. Giovanni, 7, 8-10, 2.11 rinnovamento deii'ordine carmelitano - promosso da Santa Teresa neli'ambito

deiia riforma cattolica post-tridentina - era basato su un ritorno aiia regola primitiva e alla stretta osservanza deiia clausura. Così il 24 agosto 1562 la Santa fondò il primo monastero riformato e nel 1567 vide approvate le nuove costituzioni dell'ordine redatte da lei e dal generale deii'ordine padre Giovanni Battista Rossi. Nel 1568 promosse la riforma dei padri carmelitani scalzi con il concorso di S. Giovanni deiia Croce.

3. Teodoro Beza (1519-16051, discepolo di Calvino, erudito, rettore deiia scuola teologica e «moderatore» di Ginevra dal 1564, fu visitato negli ultimi anni deiia sua vita da S. Francesco di Sales (1567-1622) che cercò invano di ricondurlo aiia fede cattolica.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

1686

Mazzarino, 17 gennaio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua dell'11. Son pienamente d'accordo con te nel

dire che non sia lecito, nel caso da te supposto, rispondere: non l'ha ucciso lui, quando all'interrogato costa il contrario, non perché ciò sia menzogna, ma perché ciò non si può per tante altre ragioni. Tu ammetti che in dati casi, pure sapendo, si possa rispondere: non so. Questa è menzogna. Se tu escludi che la menzogna possa esser mai lecita, devi escludere ogni risposta contra mentem, senza distinguere tra menzogna materiale e formale. Io, come già ti ho scritto, ora credo che circa la custodia del segreto un sol criterio non basta. Bisogna secondo me, badare all'importanza del segreto. Molti segreti si custodiscono per saggezza. Questi, se vengono conosciuti, non recano vero danno. Qui basta la risposta evasiva. Molti segreti gravi, la cui rivelazione cagionerebbe gravi danni, si possono custodire con certe restrizioni mentali accolte dall'uso, come il non so (scilicet: scientia communicabilis). Non però usate, come vogliono i teologi, senza l'animo di far credere al senso favorevoie ai segreto. Son menzogne, sì, ma soio rnateriaii. XeGa coscienza sociale sono la risposta che tocca a chi s'impaccia di ciò che non lo riguarda. Finalmente ci son segreti che, per essere custoditi (e debbono esser custoditi), occorre affermare l'opposto. 11 caso concreto che desideri, l'ho accennato in una mia precedente: i messi dai riformati carmelitani di S.ta Teresa a Roma a difendere la riforma. Costoro, interrogati se vanno a quel fine, possono e devono negare, anzi far come fecero, cioè, far in modo da far credere il contrario. Anche ciò è nella coscienza sociale, e nessuno se ne scandalizza. Son menzogne materiali solamente; formalmente sono un mezzo (l'unico, nel caso) di custodire il segreto a cui si ha diritto. Sto bene. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

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ANNO 1936

[London, Paddington], 18 gennaio 1936

Carissimo fratello, i più vivi auguri per il tuo onomastico. Godo assai del tuo

lavoro pastorale. Presenta i miei omaggi a Mons. Bargiggia. Sto bene. Perché non credi che equivalga a risposta evasiva (nella comune opinione) quella che l'aggredito può dare al ladro dicendo che non ha denari né casseforti? Tutto il mondo è convinto che quella non è una menzogna. Tu applichi al caso la teoria di Grozio sul diritto alla verità. Però, a pensarci, quella teoria non può giustificare la menzogna, ma solo la non manifestazione della verità. Torniamo quindi alla valutazione della menzogna. Questa, dal punto di vista sociale, deve essere reputata tale dalla comune degli uomini, altrimenti non lo è: il venditore che magnifica la propria merce dicendola la migliore del mondo, non dice menzogna, perché manca a lui e al compratore il termine di paragone: tutti compren- dono la vanteria. Non così se dice che in una stoffa vi è lana o seta quando non ve n'è. Io reputo risposta menzognera quella che al confronto della verità è reputata menzogna dalla comune degli uomini. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 22 gennaio 1936

Carissimo fratello, ho ricevuto le tue cartoline del 15 e 17 c.m. Non sono di

accordo con te su tre punti. 1) che le risposte evasive, compreso il non so e simili, siano

restrizioni mentali nel senso che si dà a questa frase. Secondo me sono vere risposte evasive senza nessun giuoco di mente aggiunto alla frase. I1 non so è preso dall'uso comune; nessuno che dice non so, se non è teologo abituato a ciò, intende aggiungere nel suo interno: Scientia communicabili, come se questo pensiero togliesse il veleno della menzogna se menzogna è il non so. Intanto il non so vale una risposta evasiva in quanto da tutti è creduta tale. Se

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112 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

colui che riceve tale risposta non ci crede, insisterà ancora di più, e l'altro cercherà di toglierselo d'attorno come meglio potrà. Quante brave persone, in cerca di una sottile restrizione mentale diranno più e peggio di quel che non volevano dire. Ti prego di mettere da parte la questione delle restrizioni mentali, e se vuoi ne faremo un esame indipendentemente dalla questione del segreto. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Segue altra cartolina.

[London, Notting Hill], 24 gennaio 1936

Carissimo fratello, Fo seguito alla mia del 22 c.m. 2) I1 secondo punto sul quale non sono di accordo è che

secondo l'importanza del segreto si può usare o no la menzogna che tu reputi semplicemente materiale. Ora a me non sembra possibile, metafisicamente, che il fine possa modificare la natura del mezzo. Se è menzogna materiale lo sarà sia che si tratti della riforma teresiana sia che si tratti di acquistare una casa o un podere. Se invece è menzogna formale, tanto lo sarà per l'uno che per l'altro scopo.

3) Tutto il problema è se si tratti di menzogna materiale o formale. Secondo me, nei due casi da te indicati (Teresiani e S. Francesco di Sales) si tratta di menzogne formali; posso dare le attenuanti dell'epoca quando fra Ie teorie correnti ve nerano di larghissime in materia di rapporti fra cattolici ed eretici; o meglio pensare che essi usavano delle restrizioni mentali la cui teoria era allora in voga. Tu le credi menzogne materiali perché così reputate dall'uso. Secondo me l'uso comune non ammette negare il fatto, ma solo evaderlo. Se con l'evasiva il segreto non si può mantenere (il che non mi sembra) vuol dire che il segreto è già noto a metà. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

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ANNO 1936 113

Piazza Armerina, 27 gennaio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 22 mettendo da parte, come desideri, la

restrizione mentale e fermandomi alle risposte evasive. Osservo che anche queste domandano destrezza ed esercizio, presso a poco, come le restrizioni mentali. A parte ciò, esse si mostrano sempre quali sono, cioè, si mostrano risposte evasive. E tali non si mostrano, tali non sono. E perciò giovano quando basta evitare la risposta e non quando è necessario non dar adito alla scoperta del segreto. I1 dir: non so, è risposta tassativa e non evasiva. Quando uno sa, dir non so è rispondere contra mentem e perciò menzogna. Puoi discutere sulla menzogna materiale e formale, ma non potrai mai dimostrare che dir no, quando è si, non sia menzogna. Considerando intanto l'atteggiamento ostinato del tuo pensiero più favorevole a chi indaga i segreti che a chi li deve custodire, io penso che in te ci debba essere un frainteso. Chiariamolo, se c'è. La nostra discussione deve supporre nell'interrogato il dovere stretto al segreto e nell'interrogante la mancanza di ogni titolo per esplorare il segreto. Questo è il caso che io ti propongo e ti ho sempre proposto. Ora verso questi invasori del santuario dei segreti la coscienza comune non è per nulla tenera, e l'uso comune di chi non ha preoccupazioni dottrinali è di rispondere nel modo più conveniente a salvare il segreto. I1 popolo queste risposte le reputa bensì menzogne, ma queste menzogne le reputa necessarie. In fondo segue l'opinione di non pochi teologi antichi, come S. Ilario, che in dati casi la menzogna sia lecita. È la teoria della menzogna materiale. Questa via è logica, agevole a tutti, onesta. Sto bene. Le lettere di S. Paolo le riceverai direttamente. Tuo

Mario

Piazza Arrnerina, 31 gennaio 1936

Carissimo fratello, la tua del 24 mi ha fatto riflettere, non sul problema, ma sullo

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stato della mia mente. Ed ho anche pregato. Tu sai quanto conto io faccio del tuo giudizio perché ben conosco la potenza del tuo ingegno. Ho dunque anche pregato e chiesto di veder chiaro in un problema così grave e d'uso così frequente. Quel che ora scrivo, lo scrivo come chi cerca, non come chi ha trovato. Tu al n. 20 dici che la menzogna o è sempre formale o sempre materiale. Così sarebbe se l'atto avesse sempre gli stessi elementi. Esempio. L'orni- - - cidio formale è sempre peccato. Ma è sempre tale? Uccidere l'aggressore quando altro mezzo non c'è, per la propria difesa, tutti i teologi affermano non esser peccato. In tal caso l'omicidio è solo materialmente tale. E ciò, non perché il mezzo giustifichi il fine, ma perché la legittima difesa è lecita. In quanto alle risposte evasive ripeto quel che ti ho già scritto; queste non giovano nel caso del vero segreto, ma in casi meno importanti. Esse son sempre ricono- sciute come evasive e spesso lasciano indovinare quel che non si vuol dire, ma che nemmeno, conosciuto, reca danno. Dir poi (e tu lo hai tante volte scritto) che il domandare della cosa segreta, indichi parziale cognizione della stessa cosa, non è esatto. Altra cosa è cercare, altra aver trovato. Chi cerca, cerca perché ha un certo sentore del fatto. I1 caso di S. Francesco di Sales. Perché i ginevrini che incontrano la comitiva, domandano? Appunto perché rnrfrinn i-- $n++- " r i n r r n . rmrlnnn F n r . ~ c + ; ~ r i ,n nnn i rnnl iro n a r 7 i a l ~ v L u v i i v uii L a r r v i i u v v v , v L . u v i i v rv ibur ir i r . C:: rivi- y-r----r-..

cognizione del loro essere, ma solo cognizione della loro presenza. Chi sono? Perché son là? Ecco il segreto. Ma gl'interroganti son eretici che cercano a morte Francesco, che tante volte hanno attentato alla sua vita? Hanno diritto alla verità? Gli interrogati ne hanno il dovere. Non dunque l'intenzione modifica i rapporti, ma la colpa, l'animo omicida dei richiedenti. Sto bene. Tuo

t Mario

London, 31 gennaio 1936

Sto bene abbraccioti

Attendo tue risposte. Luigi

L ~ A 1692. * Scritta sul retro di una riproduzione del Magnificat di Bonicelli.

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Piazza Armerina, 5 febbraio 1936

Carissimo fratello, l'ultima tua è del 24-1. Ieri però ricevetti io, perché Vincenzo

è assente, la tua del 19 e il biglietto del 31. Le mie ultime cartoline sono del 22,27, 31 gennaio. Nella tua del 24 torni a discutere sulla teoria che il fine giustifichi i mezzi. Perché? Io non l'ho mai invocata questa teoria. Ma, giacché tu vi insisti, voglio un po' discuterla. I1 fine è cosa intrinseca ed essenziale. Concepire un atto o un fatto senza un fine non è possibile. I1 fine è un rapporto dinamico. Come tale reca con sé il suo processo, cioè, i mezzi. Il fine dunque non solo giustifica i mezzi, ma li crea, o meglio, li giustifica perché sono la sua stessa dinamicità. I1 fine però nelle umane azioni può essere disordinato. È il caso delle azioni peccami- nose. Se però è onesto, i mezzi da esso appellati nell'ordine dei rapporti non possono non essere onesti. Ora veniamo al nostro problema. Dato il segreto o il diritto a non manifestare in quel caso la verità, il segreto deve recare con sé, nella sua dinamicità, i rapporti finalistici appropriati. Se no, non sarà un diritto, non esisterà, verrà meno. E ci sono i casi che vien meno. Quando persiste, deve trovare nel linguaggio i termini convenienti al suo essere. In questo caso le risposte convenienti al fine non saranno mai contra mentem, perché la mente è chiusa, è segreta, e saranno propter mentem, cioè ordinate a una mente chiusa. Sto bene. Aspetto le tue nuove. Tuo

t Mario

[London, Notting Hiil], 5 febbraio 1936

Carissimo Eratello, anche a me era venuto il dubbio confrontando il caso della

legittima difesa con le armi con quello della difesa del segreto con la menzogna. Ma il rapporto mi sembrò solo apparente. Io ritengo la menzogna intrinsecamente mala, come in grado maggiore lo sono la bestemmia, lo spergiuro etc. Del Decalogo, solo i precetti quinto

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e settimo soffrono eccezione non perché non siano intrinsecamente mali, ma perché i casi di legittima difesa o di prendere un cibo per disfamarsi non sono più formalmente né omicidio, né furto; mentre le menzogna resta sempre formalmente tale; chi dice la menzogna, anche per salvare il segreto, intende dire una menzogna, mentre chi uccide in casu, non intende uccidere. Oltre a ciò vi è una ragione intrinseca insuperabile: la società è basata sulla veridicità come è basata sulla castità (secondo le condizioni di ciascuno, ma sempre castità). La violazione di tali precetti feriscono l'essenza della società; non vi possono essere eccezioni. Io avevo ritenuto che durante la guerra (perché rotti i rapporti sociali fra i due popoli) si potesse usare la menzogna, ma ho letto che i teologi la escludono anche come metodo di lotta in tempo di guerra. Così ricordo di aver letto nel Dictionnaire Théologique di Vacant l . A parte questa questione, della quale io non sono certo, non trovo un elemento oggettivo, che possa trasformare la menzogna da formale in materia- le. Tornerò sull'argomento dopo avervi ancora pensato e pregato in unione con te. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 10 febbraio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 5 che ricevo a momenti. Tutti i peccati

possono esser semplicemente materiali, perché a tutti può mancare qualche elemento che li renda formali, anche la bestemmia. Profferi- re una bestemmia per analizzarla e studiarne la particolare malizia è bensì dir una bestemmia, ma non formalmente. La cosa è chiara. La verità è quel che tu dici. Ma nel caso nostro propriamente non

L E ~ ~ R A 1694. 1. Alfred Vacant (1852-1901), teologo. Professore e poi rettore al seminario di Nancy, legò il suo nome al Dictionnaire de tbéologie catbolique, di cui fu l'ideatore e il primo direttore. Sturzo qui si riferisce alla voce Guerre curato da T. Ortolan (vol. VI, t. 2, Libraire Letouzey et Ané, Paris 1925, coil. 1899-1962) che, a proposito uDes stratagèmes et ruses de la guerre», definisce la menzogna sempre uintrinsèquement illiciten. Alcuni casi particolari riguardanti la menzogna in condizioni di guerra sono altresì riportati sotto la voce Mensonge redatta da L. Godefroy (vol. X, t. 1, Paris 1928, coil. 555-569), che introduce ulteriori distinzioni e specificazioni (colL 563 ss.).

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ANNO 1936 117

si tratta della verità, sibbene della veridicità. La differenza non è lieve. Or la società non poggia tutta sulla veridicità, poggia anche sulla prudenza e sulla giustizia. Se la legge della veridicità fosse così assoluta, sarebbe a danno dell'ordine sociale. Circa la menzo- gna solo materiale devi osservare che il rapporto di opposizione non è con la verità, ma con la veridicità. La menzogna infatti è definita: locutio contra mentem, non contra veritatem. Nel segreto la mente è chiusa, è fuori commercio o almeno è chiusa a-date persone. Deve restar tale se si tratta di vero segreto. Chi in questo caso indaga quale sia quella mente, commette peccato, o, almeno, cerca quel che non deve avere. Come tutelerà il segreto colui che ne ha il dovere? I teologi discutono e studiano; è il lor dovere. I1 sociologo dirà: Lo custodisca come meglio può e risponda quel che in atto reputa necessario al fine. Se la parola non sarà veridica, certamente non sarà peccato, perché non sarà menzogna formale. Sto bene. Continuerò a studiare e pregare. I1 buon Dio ci illumini. Tuo

t Mario

[London, Paddington], 13 febbraio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 5 c.m. sulla questione del fine. La

cosidetta teoria che il fine giustifica i mezzi è tutt'altro di quella metafisica della quale tu tratti. Essa è storicamente legata al lassismo condannato nel Sec. XVII e alla lotta antigesuitica, alla quale è legata anche la questione della restrizione mentale. Trattan- dosi d'impostazione storica, bisogna stare a quei termini. Cioè che un mezzo per sé disonesto divenga lecito per un fine buono. Esempi classici: che al fine di far cessare una persecuzione anticattolica sia lecito ad una donna di cedere alle voglie disoneste di un re o di un ministro, ovvero che si possa giurare il falso, o anche uccidere il persecutore e simili. Non si tratta quindi di mezzi intrinseci, come chi vuole essere sacerdote deve ottenere gli ordini o chi vuole essere dottore deve avere la laurea; ma di mezzi che sono azioni complete in sé ma ordinate ad un fine estrinseco. Tutta la questione della menzogna sta qua; essa è un'azione in sé completa e caratteriz-

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118 LUIGI E h W O STURZO - CARTEGGIO

zata, è menzogna. Non può ammettersi che se detta per ottenere l'approvazione della riforma teresiana sarebbe lecita; se detta per comprare una casa, sarebbe illecita. Se fosse così il fine caratterizze- rebbe la moralità del mezzo; il che è inaccettabile. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 15 febbraio 1936

Carissimo fratello, ti ho fatto spedire un opuscolo dove si studia la legislazione

matrimoniale antecedente al Concordato e susseguente. Ricevetti il libro da Parigi e te ne parlai nella mia del 22 gennaio l . Ti dissi che avevo cominciato a leggerlo e ne ero entusiasta. Te ne-scriverò di nuovo. Torno al mendacio. Credo che ci tiene divisi il considera- re il problema solo in rapporto al segreto. Invece va considerato in rapporto ali'abuso che della notizia del vero farebbe il richieden- te. E perciò la cosa può esser di pubblica ragione senza che questo autorizzi la risposta verace se di questa userà a fini mali. La posizione è quesra che i1 richièdeiite userebbe pcccairiiii~saii;c;;:e della risposta verace. Esempio. Un sicario cerca la vittima. Sa che è in un dato luogo ed ivi la cerca. Infatti è là. Colui, per es. il portiere, a cui il sicario domanda d'essere annunziato, conosciuto i1 reo disegno, non potrà dire: favorisca. Se dice: è uscito, mentisce? Se dice: E in tal luogo (dove non è), mentisce? Domandalo alla storia e alla coscienza storica. Lessi come una folla di forsennati circondava la casa della vittima per linciarla. A un tratto la folla si riversa verso altro edificio della città. Che cosa era avvenuto? Aveva visto la vittima fuggire verso quella parte. Dio aveva fatto vedere quello che non era. Così la vittima poté mettersi in salvo. Vedi come battiamo sempre a un punto: bisogna precisar meglio la definizione del mendacio. È un rapporto di opposizione tra Ia mente e la parola. Quando la mente non è comunicabile, non abbiamo più il contra mentem, ma il praeter mentem. Resta la materialità del mendacio, non il vero mendacio. E questo in fondo

L E ~ A 1697. 1. C ~ L lettera 1702.

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ANNO 1936 119

disse S. Ilario quando parlò di menzogne lecite, e questo dice il popolo quando è convinto che la mente non deve comunicarsi. Sto bene. Prega per me e credimi sempre tuo aff.mo fratello

t Mario

[London, Notting Hill], 15 febbraio 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 10 e rispondo subito. Tu dici esattamente che

«tutti i peccati possono essere semplicemente materiali*, però, dal lato subiettivo (per mancanza di volontà o di conoscenza etc.) non mai dal lato obiettivo per loro intrinseca natura. Si può mentire senza saperlo, senza avvertirlo, senza deliberarlo; ma quando si sa, si avverte e si vuole dire una menzogna (quale ne sia il fine) è sempre menzogna, formalmente menzogna. Questa non è solo mia convinzione, è di tutti i teologi che io conosco. Non credo che possa essere diversamente. Si tratta quindi di ammettere o no la menzogna formale per salvare il segreto; ma che la menzogna sia e resti formale per me non c'è dubbio. Prima di andare avanti nell'indagine, mi sembra sia necessario assodare questo punto e intenderci su quel che ti ho scritto il 13 c.m. sul fine e i mezzi. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 19 febbraio 1936

Carissimo fratello, rispondo alle tue del 13 e del 15. Io non mi sono riferito mai

alla teoria storica del fine che possa giustificare i mezzi. Lasciamola là. Quando poi io parlo di menzogna materiale intendo parlare delle espressioni che non sono menzogna, ma che ne hanno la figura solamente. Esempio. Il confessore che sa e dice: Non so. I1 suo non so non è menzogna. Tutti lo ammettono. Perché? Perché il suo segreto è incomunicabile. Pure il non so riferito al segreto, ha la figura di menzogna. Solo la figura, cioè, la materialità. Per

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120 LUIGI E MARIO STUIUO - CARTEGGIO

intendere come ciò avvenga è necessario rifarsi daila teoria del fine come te la ho esposta io nella mia del 5. Ma bisogna partire dal segreto e non dalla menzogna, perché è il segreto, che quando è veramente tale, deve raggiungere il suo fine che è di restare segreto. La legge della socialità impone la veridicità. Ma questa legge viene limitata dalla legge del segreto che è anch'essa sociale. Così la parola che è strumento di comunicazioni sociali, subisce una specificazione nel caso del segreto. La parola rivelante non deve esser detta. Ora poni il caso che altri ingiustamente vuol penetrare il segreto. Come si deve rispondere a costui? Certamente si deve rispondere in modo che il segreto resti salvo. Le risposte che vengono contenute in questi limiti, non sono menzogne, perché non si oppongono alla mente che è chiusa, incomunicabile; non son contra mentem, ma al più, praeter mentem. A rigore di termini deve dirsi che non sono menzogna. Può anche dirsi che sono menzogna solo materialmente. Ecco quello che io intendo dire quando parlo di menzogna materia- le. È quello che intendeva S. Ilario quando parlava di menzogne lecite. Lecite, quando più non son menzogne. Sto bene. E ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hili], 21 febbraio 1936

Carissimo fratello, ricevo da parte di Mons. Fondacaro il libro sul Concordato

Lateranense, dove trovo la risposta alla mia cartolina del 9. Mi ricorda il mio vecchio compagno di scuola e caro amico, volato al cielo in questi giorni '. H o detto per la sua anima una S. Messa. La sua dipartita è una perdita per la chiesa di Caltagirone. Per me è un ricordo che la mia dipartita non è lontana e che bisogna che mi ci prepari con tutte le mie forze. Prega il Signore che mi mantenga e accresca sempre la sua grazia. Sto bene. Attendo la tua solita cartolina. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

LEITERA 1700. 1. Mons. Filippo Interlandi, parroco di S. Giacomo, morto 1'11 febbraio 1936 a Catania. DiMise il culto per la Madonna del Ponte, fondando il periodico aStelia Matutina».

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ANNO 1936 121

Piazza Armerina, 24 febbraio 1936

Carissimo fratello, ieri fui a casa. La buona sorella sta bene e ti fa tanti fraterni

saluti. Dopo Ia tua del 15 non ho ricevuto altra cartolina; non ho dunque materia per la nostra discussione sul mendacio. Non posso dunque che riprendere il mio argomento favorito. Per giudicare di quali espressioni ci possiamo e dobbiamo servire per non violare il segreto owero difenderci dalle insidie dei cattivi od anche agire con prudenza, dobbiamo partire non dalla legge della stretta veridicità, ma dalla legge della prudenza, o meglio, non dalla legge della pura verità, ma dalla legge della comunicabilità o non comuni- cabilità della medesima. Se noi dovessimo sempre e con lo stesso rigore svelare i nostri pensieri al primo venuto che di quelli ci interrogasse, l'ordine sociale verrebbe profondamente turbato. Te- niamo questo principio, salvo poi a giudicare, nei casi particolari, se debba prevalere la legge della veridicità o quella del riserbo. Quando si ha il dovere o anche solo il diritto di non comunicare il nostro pensiero a chi ingiustamente ce ne richiede, se giova dire: Non posso rispondere, owero: Si tratta di segreto, o simili, così dobbiamo rispondere. Quando però tali risposte varrebbero a far conoscere il segreto che si ha il dovere o il diritto di non far conoscere a colui che in atto c'interroga, i nostri rapporti sociali con tal uomo non sono quelli della comunicazione, ma quelli della non comunicazione. E sono rapporti onesti, anzi di dovere. La parola in questi casi, non ha I'uflicio di aprire (veridicità), ma di chiudere, cioè, custodire il pensiero che è chiuso. La nostra risposta allora non sarà contro la verità che non è in commercio, ma oltre la verità, sarà regolata dalla legge della non comunicazione, e non sarà menzogna formale. Sto bene. Prega pel tuo

t Mario

1702

[London, Notting Hill], 25 febbraio 1936

Carissimo fratello, rispondo alle tue del 15 e del 19 arrivate ieri insieme. Non

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122 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

conosco il testo di S. Ilario, quindi non posso discuterlo. Contro la tua opinione c'è tutta la tradizione patristica, scolastica, e teologica. La nostra discussione non è pratica, ma teoretica: 1) se si dà menzogna obiettivamente materiale, cioè resa tale da un elemento obiettivo soprawenuto (il fine); - 2) se invece, nel caso, non si tratta di menzogna né materiale né formale, ma solo di frasi che hanno l'apparenza della menzogna. Le due questioni debbono essere tenute separate perché di natura diversa: e se sono presi come argomenti a favore della tua tesi, non possono sommarsi ché l'uno esclude l'altro. Occorre perciò che tu scelga l'uno o l'altro; non puoi mantenerli contemporaneamente. Per continuare la con- versazione attendo la tua scelta. Intanto sarà bene mettere fuori combattimento tutte le frasi evasive, compresi il non so, non ho visto, non ho sentito e simili di carattere subiettivo che non sono menzogne, ma frasi evasive, ritenute tali da tutti e perciò usabilissi- me sempre che si voglia evitare (per una ragione plausibile) di dire la verità. Spero che siamo di accordo su di ciò. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi Ti chiesi del libro perché non ho mai ricevuta la tua del 22

gennaio.

[London, Notting Hill], 28 febbraio 1936

Carissimo fratello, la tua cartolina del 24 c:m. si è incontrata con la mia del 25.

Io sono di accordo con tutto quel che tu scrivi circa la prudenza, la necessità di essere riserbato, il dovere di serbare il segreto e così via. Non è questo il problema che mi travaglia, ma quello della impossibilità che la menzogna da formale divenga materiale per una causa oggettiva. Se questa causa è il fine (nel caso un fine estrinseco alla natura della menzogna) non può metafisicamente cambiare la natura, proprio perché è estrinseco: donde deriva la massima che il fine non giustifica il mezzo. Tu dici di lasciare questa questione, ma per me è il nodo della questione. Tu non puoi applicare al caso la tua teoria del finalismo intrinseco (per esempio l'ordinazione è mezzo intrinseco al Sacerdozio): qui si tratta di fine

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ANNO 1936 123

attribuito, voluto, estrinseco all'atto che ne è il mezzo. Il mezzo è buono di sua natura? si può usare; il mezzo è cattivo di sua natiira, non si può usare. LI fine non lo modifica. Spero che tu vorrai condiscendere al mio desiderio di trattare questi punti. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 1 marzo 1936

Carissimo fratello, rispondo subito alla tua del 25-2. consenti che io segua il

corso del mio pensiero. Spero di esprimere quel che penso. La menzogna è soggettiva nel senso che è contraria non alla verità, ma alla veridicità. Se io sono in errore e questo esprimo parlando, io non rncntisco, ma son veridico perché la mia parola è iuxta mentem. L'intenzione non influisce sulla espressione; questa con qualunque intenzione e per qualunque fine detta è o veridicità o menzogna. Non così, per es., l'elemosina. Oggettivamente è sempre buona. Soggettivamente prende la sua bontà o malizia dal fine pel quale è fatta. Affermano che alle volte la menzogna è lecita S. Clemente d'Alessandria, Origene, S. Giovanni Crisostomo, S. Ilario, Cassia- no. S. Ilario la reputa lecita quando è necessaria per evitare un male indebito. Reca l'esempio di chi mentisce per nascondere l'innocente al sicario o confortare l'ammalato e simili. La teoria della restrizione mentale in fondo non è che l'affermazione che in dati casi la veridicità non sia senza peccato. Se ben consideri sia i primi che i secondi riconoscono il dovere del segreto in dati casi. È la mia teoria: bisogna prendere le mosse dal segreto. Quando questo prevale non è la menzogna che diventa lecita né la restrizione mentale che fa evitare la menzogna, ma la menzogna non c'è più perché i rapporti sociali son passati in altro piano, cioè, si son modificati. La risposta materialmente può suonare menzogna; for- malmente non è tale. Dico: materialmente quando è riferita alla mente. Ma la mente è chiusa, quindi il riferimento è arbitrario, pura materialità. Bucceroni nella Teologia morale dice che le

L E ~ A 1704. 1. Gennaro Bucceroni (1841-1918), gesuita, professore per 33 anni di teologia morale all'università Gregoriana, fu autore delle Institutiones theologiae

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124 LUIGI E MAIUO STURZO - CARTEGGIO

menzogne in questi casi non son reputate tali da& comune degli uomini. Avrebbe detto meglio dicendo che son tali solo material- mente. La menzogna non è mai lecita. D'accordo. Ma l'espressione verbale, quando la mente è chiusa, non è menzogna tranne che ecceda il necessario. Sto bene. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

Piazza Armerina, 5 marzo 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 28-2. Tu hai proprio ragione quando

affermi l'impossibilità che la menzogna di formale diventi materiale per un fatto estrinseco. Ma io ciò non l'ho mai affermato. Nelle mie cartoline io sempre ho parlato di mutamento di rapporti pel qual fatto l'espressione verbale che in dati rapporti sarebbe menzo- gna, nei nuovi rapporti più non è tale. Non è; nota l'affermazione. Però volendo riferire questa espressione verbale al segreto, trovan- do che non lo rivela, la espressione assume la figura di menzogna. Ma essendo indebito questo riferimento, così la figura di menzogna è soio materiale e non iorrnaie. il non so cleito per es. dall'avvrj~diu che sa sotto gravissimo segreto, non è espressione evasiva. L'espres- sione è evasiva quando evita l'affermazione o la negazione. Dunque

moralis secundum doctrinam S. Thomae et S. Alphonsi, opera apparsa per la prima volta a Roma nel 1892 e più volte riedita. Nel «De octavo decalogi praecepto» egli esamina le questioni riguardanti la menzogna e il segreto (cfr. VI ed., vol. 11, Ex typographia pontificia in Instituto Pii IX, Romae 1914, pp. 407-4181, In più punti i'autore prende in esame la possibilità per talune categorie di persone (autorità pubbliche, magistrati, medici, ecc.) di occultare la verità per evitare che la rivelazione generi «gravissima ... incommoda in societate» (n. 1533). In particolare, al n. 1543, aiia domanda «An iudici legitime interroganti teneatur quis secretum manifestare?» risponde:

«Negative item, per se, si agatur de secreto commisso. Ratio est, quia ipsum bonum commune postulat, ne metu talis reveiationis homines priventur commodo consilii, aut auxilii necessarii quaerendi, quod profecto nunquam requirerent, nisi certi de secreto servando forent. Postulat ergo ipsum bonum commune, ut quousque committens licite potest suum secretum servare ius retineat, ne alter iiiud prodat. Hinc iudici interroganti potest quis respondere: Nescio, subinteiiigendo, ita ut manifestare debeam; licet, interposito iuramento, testimonium proferre cogatur. [...l Per se, secus enim est, si casus sit, in quo quis potest et tenetur secretum revelare, ut puta si haereses, coniurationes, grassationes sint coercendae~ (p. 416).

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ANNO 1936 125

questo non so se la cosa non fosse segreta, sarebbe menzogna; essendo segreta è come fuori commercio, non è oggetto lecito né proprio della parola sociale. È una parola, una espressione, quella che impone il segreto. Questo non so significa (di fronte a chi indebitamente interroga) non so nei rapporti ordinari benché sappia nei rapporti professionali. È chiaro che qui, volendo parlar di fine, non può parlarsene nel senso da te voluto, cioè, di intenzione, cioè, di fatto estrinseco, ma se ne deve parlare nel senso di finalisticità intrinseca. I1 segreto, quando è inviolabile, crea i nuovi rapporti che danno all'espressione verbale negante il suo valore vero che è di veridicità e non di menzogna che per accidens diventi materiale. Così a me pare. E di ciò son convinto. Ed altro non so dirti. Sto bene. Ti abbraccio e attendo. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 6 marzo 1936

Carissimo fratello, vedo che la tua solita tarda ad arrivare. Ci sarà qualche

disguido postale come l'altra volta. Questa per dirti che sto bene e lavoro come sempre. H o ricevuto il I vol. delle Epistole di S. Paolo dalla Internazionale dei Salesiani. Lo leggerò subito e te ne scriverò. Ho ricevuto la lettera di Mons. Fondacaro che mi saluterai tanto. Così Giovanni e tutti gli altri amici. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 10 marzo 1936

Carissimo fratello, l'ultima tua è la cartolina del 28-2, che ricevetti il 3-3. Son

dunque sette giorni che non ho tue nuove. Ricevesti le Epistole di S. Paolo? Torno alla questione del mendacio. Se non erro la tua teoria è questa: o la risposta evasiva, o, in mancanza di questa o nella sua inefficacia, la rivelazione del segreto. È questa una teoria

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126 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

singolare che nessun teologo o sociologo sostiene. La teoria comu- ne vuole insieme salvare la veridicità e il segreto. Di qui l'equivoca- zione o restrizione mentale che poi non salva nulla. Quelli che pongono il principio del diritto alla veridicità risolvono solo in pane il problema. Però pongono un principio fecondo. Ben com- preso mena alla teoria deila finalisticità. Quando il segreto deve esser custodito, questo dovere deve potersi attuare. Con la tua teoria ciò non awiene. E solo awiene con la mia che determina meglio la definizione del mendacio. Questo si ha solo quando il rapporto tra la mente e la parola è aperto. In questi casi, che sono i casi normali, rispondere contra mentem è sempre menzogna formale. Quando però il rapporto è chiuso, cioè, rotto o sospeso a cagione del segreto, la risposta che salva il segreto non è contra mentem, .ma praeter mentem e quindi non è menzogna né formale né materiale. Però ha la parvenza di menzogna materiale. Ecco tutto. La gente che opera secondo il buon senso e non sottilizza, queste risposte le chiama menzogne lecite. È la teoria di S. Ilario e compagni. Ed è errore. Non la menzogna in questi casi diventa lecita, ma la risposta esula dal campo della menzogna. Sto bene. Hai letto il S. ~omhaso di Chesterton l ? C'è una traduzione francese del l? Gillet. La conosci? Prega per me che ti abbraccio s..-+m..-m-n..+a T.,- 1 1 a L u u a l u u L L L . I UV

t Mario

[London, Notting Hill], 11 marzo 1936

Carissimo fratello, ho ricevuto le tue cartoline del l e del 5 e riprendo la

conversazione. Tu dici in sostanza «che le espressioni verbali dette per nascondere un segreto non sono mai menzogne né formali né materiali». La ragione intrinseca che tu assegni a questo fatto si è che il soggetto non parla .contra mentem, ma praeter mentem. Se fosse così, cioè, se bastasse un atto volontario a mutare il contra in praeter, non si cercherebbe una giustificazione estranea (qual'è

LETTERA 1707. 1. GIL~ERT KEITH CHEWERTON, Saint Thomas d'Aquin, version frangaise de Maximilien Vox; préface du P. Giiiet, Plon et Nourrit, Paris 1935.

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ANNO 1936 127

quella di conservare il segreto); tutte le volte che al soggetto sembrerebbe suo diritto non dire la verità farebbe questa operazio- ne volontaria di chiudere un reparto della mente ed aprirne un altro. Messo in questi termini paradossali, tu vedi due cose: primo che l'atto volontario e intenzionale non differisce in sostanza dalla restrizione mentale, tranne che nella ricerca delle parole; secondo che il vero motivo giustificativo è un fine estraneo al rapporto intrinseco fra pensiero e parola, cioè il segreto, e può essere anche (perché no?) la riuscita di un affare lecito o qualsiasi altro fine legittimo. A me tutto ciò sembra evidente. Sto bene. Prego sempre per te, specialmente in questo periodo. Qui corre una leggiera influenza. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 16 marzo 1936

Carissimo fratello, la tua ultima è del 6, in essa non rispondi a nessuna delle mie

del 24 febbraio, 1, 5, 10, marzo; sicché io non ho argomento per la presente circa la quistione della veridicità. Tu poi non mi hai parlato della pastorale - Suggerimenti - ed io aspetto il resto delle tue osservazioni e delle tue conversazioni e lettere col recensore. In Sociologia, a principio, tu adoperi la parola istinto per indicare gli atti sociali che si compiono per esigenza essenziale di natura. E un uso metaforico che potrebbe anche nuocere. L'istinto è, da sé, un moto finalistico della pura sensitività, cioè, animalità. La vita sociale invece è umana e perciò razionale e non istintiva. Solo occorre mettere in luce che non soggiace al libero arbitrio, ma a quella tendenza della natura che attua i fini e perciò ha del necessario ed è volontà, volontà che non può non volere quelle date attuazioni, perché sono la stessa vita nel suo attuarsi. Sto bene. Andrò a Enna dove i vescovi di Agrigento e Caltanissetta dal 21 marzo al 4 aprile daranno missione a quel popolo. Prega pel frutto della santa missione. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiiil, 16 marzo 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 10. Io fin qui non ho cercato di dare una

teoria pratica circa l'uso della menzogna (ritenuta tale, secondo te) per custodire il segreto; ma ho voluto precisare le premesse teoriche sulle quali appoggiare la pratica. È vero che fin oggi mi sono limitato all'uso della risposta evasiva, escludendo tanto la menzogna che la restrizione mentale. Ma ciò non deve far precipitare le conclusioni. Nella mia dell'll di questo mese ti ho scritto quali difficoltà teoriche m'impediscono di accettare la tua tesi del praeter mentem. A me sembra che tu non dai la dovuta importanza al fatto che è un fine estraneo al rapporto fra la parola e il pensiero quello che te 1~ fa rnmperi con 1s menzogna (creduta apparente). Lo sforzo che tu fai per portare questo fine esterno nell'interiore del rapporto non ti dà altro che una semplice intenzionalità subiettiua tale quale quella della restrizione mentale. Questi due elementi (il fine esterno e la intenzionalità subiettiva) finché sussistono nella tua soluzione non potrò fare un passo avanti e dovrò negare la soluzione stessa. Ecco la mia posizione, Sto hene, Oggi di nuovo tempo mite. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 2! marzo 1936

Carissimo fratello, ricevetti ieri le tue dell'll e del 16. Rispondo subito. Mi aiuto

con gli esempi. Quando viveva lo zio abate Taranto, essendo in Catania, volli visitarlo. Stava agli Ammalati che è oltre il Carmelo. Non mi sentendo sicuro della via, domandai a un signore il quale rispose: è dali'opposta parte, molto lontano. Io però che del luogo avevo qualche sentore e che conoscevo il brutto vezzo di certa gente, dissi tra -me: costui m'inganna. Proseguii sul mio cammino e dopo pochi passi' fui agli Ammalati. Qui abbiamo un caso di un fine (divertirsi a spese altrui) estrinseco al rapporto. Legge sociale

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ANNO 1936 129

voleva che quello mi dicesse il vero. La legge del trastullo qui non poteva essere invocata. Altro esempio, ma della opposta legge. Io, anni fa, trattavo un affare molto grave, per la buona riuscita del -quale era necessario il segreto. L'affare era gravido di molto bene; la non riuscita era gravida di non poco male. Chi aveva altre mire e non molto elevate, sospettando quel che di fatto si trattava, venne ad interrogarmi: Non può dirsi che si miri a quel fine; risposta che nel contesto indusse l'importuno a credere che l'affare non si trattava. Era estrinseco il fine? Anzi era quanto mai intrinseco. Io avevo il diritto di trattar quell'affare ed anche il dovere, ed avevo il diritto e il dovere di trattarlo in segreto. In me in quel caso si attuava non la legge sociale della risposta rispondente rigorosamen- te a quel che io sapevo, ma la legge di rispondere in modo rispondente al rapporto sociale della riuscita d'un affare buono opposto, nella non riuscita, a conseguenze dannose. La parola, caro fratello, il buon Dio non ce la diede come una funzione meccanica, come una pura equazione geometrica, ma come mezzo di vita sociale con tutti i suoi aspetti di attività fattiva e difensiva. Per me la mia soluzione ha la vera evidenza. Sto bene. Tuo

t Mario

[London, Notting Hili], 23 marzo 1936

Carissimo fratello, ricevo oggi, dopo sette giorni la tua del 16 c.m. Perciò la mia

è in ritardo. Risposi già alla tua del 24 con la mia del 28 febbraio, alla quale tu replicasti il 5 marzo. Le altre mie sul tema della veridicità sono dell'll e del 16 marzo, spero le avrai ricevute entrambe. Mi sono fermato a questo punto - che non è sottile ma fondamentale - perché spero avere da te chiarimenti sdficienti, prima di procedere oltre. La parola istinto ha il doppio significato, d'istinto bruto e d'istinto umano; così in tutti i vocabolari inglesi, francesi e italiani che ho riscontrato; così anche nell'uso della psicologia. Quale altra parola si poteva usare per dire istinto gregario o istinto parentale? Sentimento è troppo generico e attenuato, volontà sarebbe inesatto, tendenza debole e generico. Ti scriverò sulla pastorale: Suggerimenti etc. Sto bene; solo ho una

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130 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

leggera sofferenza sinovitica al ginocchio destro; spero passerà. Prego per te e per la tua diocesi ogni giorno. Che il Signore benedica il tuo apostolato. Presenta i miei omaggi all'Ecc.mo Vescovo di Caltanissetta e anche di Agrigento (benché non ho il bene di conoscerlo). Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 27 marzo 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 23 e rispondo. Nella mia del 21 studiai due

esempi, ora torno ai principii. La parola è per la vita di società. Questo è indiscusso. La vita di società è comunicazione nell'ordine e per i'orciine, nei bene e pei bene. Ueve avere ed ha i niezsi ci; difesa ed anche di repressione (offensivi). Bene di prim'ordine sono le cognizioni della mente. Queste (cognizioni teoretiche e pratiche, scienza e storia e fatti attuali ecc.) animano la vita di società, la regolano, possono turbarla e la turbano quando sono usate fuori dell'ordine o contro l'ordine. Possono essere e sono fattori di pertur'bazione coioro che cercano certe norizie alle quab non hstriri" diritto, delle quali abuseranno, ecc. Contro costoro ci devono essere i mezzi convenienti difensivi ed offensivi come per es. nella guerra; e devono essere aiia portata di tutti dotti ed ignoranti. I1 primo mezzo difensivo è il silenzio. Spesso però esso può equivalere alla rivelazione indebita e colposa. Allora bisogna passare alle risposte. Queste possono assumere il valore dei mezzi offensivi, quando chi interroga assume l'atteggiamento d'ingiusto aggressore. In tal caso la difensiva e l'offensiva deve trovarsi nella parola. Di qui la teoria che in tempo di guerra si può dire al nemico il contrario della realtà di dati fatti. Si giustifica così la menzogna, come vogliono S. Ilario e gli altri da me citati in una delle mie precedenti? No. Invece si precisa la definizione della menzogna. In questi casi la risposta adatta alla difensiva e all'offensiva a cui si ha diritto, non è menzogna. Sto bene. Curati bene il ginocchio. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

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[London, Notting E l, 28 marzo 1936

Carissimo fratello, gli esempi, purtroppo, non mi convincono: ho bisogno d'idee

direttive. Ti prego, perciò, di rispondere in forma precisa alle seguenti domande: 10 È lecita la risposta menzognera ad una domanda indebita e importuna, per la riuscita di qualsiasi affare onesto? 20 Se non è lecita che solo per alcuni affari e per altri no, qual'è la linea oggettiva di demarcazione di tali &ari? Parlo di riuscita di affari onesti e non di segreti, per mantenere il cerchio più largo e perché ogni riuscita di affare comporta per lo meno il segreto prudenziale. Nel caso che tu escludi l'idea di riuscita di affari (accennata nei vari esempi datimi in diverse cartoline) e ti limiti al segreto, occorre precisare di quale segreto si parla. Se del prudenziale, del presunto, del dato e accettato, del commesso professionale etc. Così possiamo (credo io) trovare la strada. Sto bene: qui tempo tiepido; oramai Pasqua è vicina: la primavera è incominciata; grazie a Dio l'inverno è passato. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Atmerina, 1 aprile 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 28. lo La risposta menzognera non è

lecita mai. La risposta lecita non è mai menzognera. 20 Con questo ho risposto a'nche al secondo quesito. I principi li ho esposti nella mia del 27. Se poi tu volessi rileggere le mie precedenti a cominciar dalla prima su questo argomento, troveresti sempre la stessa impostazione. Io non ho mai pensato al fine che giustifica i mezzi, ed invece ho sempre pensato al fine che genera i mezzi. Sei tu che ad ogni costo vuoi leggere nelle mie cartoline quello che non c'è e non deve esserci. Sii più sereno. Come coscienza pratica tutti i teologi ammettono che in dati casi la mente non si deve svelare e che in altri casi può non svelarsi. Con ciò escludono che le risposte

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adatte al fine (intrinseco) siano menzogne. Ciò va tenuto presente perché deriva dalla coscienza spontanea (tu diresti istintiva) dell'or- dine sociale di commercio, azione difensiva, offensiva. I teologi, però, per fortuna non tutti, non sanno dalla pratica assurgere con libertà alla teoria e credono salvarsi con la restrizione mentale. A me pare che una revisione della definizione del mendacio schiuda la via. La schiude però solo quando si studia in rapporto alla vita sociale nella sua unità sintetica. Se fosse come tu affermi, ad ogni indiscreto interrogante si dovrebbe aprir la propria mente senza riserve. Poniamo il caso che uno mi domandi che cosa io pensi di lui se bene o male. Poniamo che io risponda di non poter o non voler rispondere per non dirgli che ne penso male. La mia risposta sarebbe una rivelazione. Posta una tal legge (meccanica) di veridici- tà, la società diverrebbe impossibile, anzi verrebbe sconvolta. Questo io so e credo e credo di esser nel vero e ne son vivamente convinto. Come va ii tuo ginocchio? Curati. Sro bene. E prcgu pei te. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[Parisj, j apriie i9 jb

Carissimo fratello, sono qui e non ho ricevuto la posta da casa mia. Spero domani

sera trovare la tua solita cartolina. Sto bene. Leggendo, l'altro giorno, il Vangelo del non ascenderò l ho pensato che la interpreta- zione giusta dovrebbe trovarsi nel fatto che al Tempio per le feste si andava dalle famiglie in gruppo, per lignaggio, a portare omaggio pubblico e collettivo. Egli perciò risponde ai parenti (fratelli) non vengo (s'intende insieme a voi). Tanto più ch'essi (pensando al Messia in senso nazionale e di potenza materiale) aggiungevano di mostrarsi. La risposta è data al senso e alle intenzioni della domanda. Non è detto dalYEvangelista altro che questo. I1 fatto dell'andata da solo e non con i parenti (quasi in incognito) non dà affatto il significato di avere Egli usato della restrizione mentale. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi LETITRA 1716. 1. Cfr. lettera 1581 nota 1.

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ANNO 1936 133

Piazza Armerina, 5 aprile 1936

Carissimo fratello, scrivo senza aspettare la tua cartolina perché ho un po' di

tempo e qualcosa da dirti intorno alla quistione del mendacio. Non pensare che debba dirti cose nuove. Si tratta solo di modo. La Pasqua vicina mi fa pensare al racconto di S. Luca sui discepoli che andavano ad Emmaus l . Nostro Signore, giunti al castello, finse d'andar oltre. I discepoli lo costrinsero a rimanere. Se lo costrinsero, Gesu Cristo dovette resistere ai primi inviti, cioè, dovette, non solo mostrare d'andare oltre, ma dire che andava oltre, che avea bisogno d'andar oltre. Ciò era l'espressione esterna, mentre l'espressione interna era diversa, anzi, contraria. Gesu Cristo insegna parlando, insegna agendo. Qui, tra l'altro, insegna che l'espressione esterna può esser contraria all'interna quando l'ordine dei rapporti sociali (cioè degli uomini come membri della società) lo richiedono. I1 segreto non è tutta la teoria, ma un caso. La teoria è più vasta. S. G. Bosco soleva dire ai suoi birichini: Vuoi esser mio amico? Si trattava di vera amicizia? No, di certo. Spesso ciò diceva ai peggiori, a coloro che più discordavano dal suo animo. I santi spesso mostrano di prender piacere a conversare con gente le cui parole e i cui atti non recano che dispiacere. A chi non ci ha compreso noi, se siamo cortesi, non diciamo: non mi hai compreso, ma non mi sarò spiegato chiaramente, anche quando siamo convinti di esserci spiegati chiarissimamente. Ne desumo una legge, la legge della relatività deila espressione esterna. Questa quando non ci sono ragioni contrarie, deve esser conforme alla interna; quando il bene o il meglio della vita di rapporti di società lo richiede, può od anche deve esser diversa. Dice S. Agostino chiosando il racconto di Emmaus: Gesu Cristo si mostrò ai due quale i due lo stimava- no 2. Possiamo dire: Quale conveniva al caso. Tu sei maestro in

LETTERA 1717. 1. Luca, 24, 13-33. 2. S. AGOSTINO, Quaestiones evangeliorum, vol. 11, cap. LI, in Corpus chrzstiano-

rum, Series latina, XLIV B, Typographi Brepols editores pontificii, Turnholti 1980, pp. 116-118: «Quod scriptum est de Domino: Finxit se longius ire, non ad mendacium pertinet. Non enirn omne quod fingimus mendacium est; sed quando id fingimus quod nihil significat, tunc est mendacium. Cum autem fictio nostra refertur ad aliquam significationem, non est mendacium, sed aliqua figura veritatis. Alioquin omnia quae

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134 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

sociologia. Scrivi il capitolo dei rapporti umani della parola. Sarà un capitolo nuovo sotto ogni riguardo. E tu darai la soluzione vera del problema della verità. Sto bene. Auguri. Tuo

t Mario

1718

[London, Notting Hiiil, 6 aprile 1936

Carissimo fratello, questa con i più vivi affettuosi e santi auguri per le Feste

Pasquali. Sono tornato subito: ho qui le tue cartoline del 27 marzo e del 1 aprile. Poiché tu sei così convinto, non ti resta che convincere me, che non lo sono. Ti prego, perciò, di seguire il mio pensiero e non più il tuo. Tanto gli esempi che le ragioni pratiche non mi convincoriu pcli:irf vi si Ir>GSSGiiG G p p G r r e akri ezexpi e altre ragioni pratiche. Pel momento almeno, mettiamole da parte. Riprendo le mie domande (28 marzo). Alla prima tu affermi che «la risposta lecita non è mai menzogneva». Se così fosse, la questione sarebbe finita. Ma la tua mente (nello scrivere ciò) è diversa daila mia, perché tu sei arrivato alla tesi che «le espressioni

1 neganti ia verità» iioii s o n ~ i i i c i i z G g i ì e cc chi parla hu i! dcvere C

il diritto a non dire la verità, o se chi ascolta non ha diritto alla verità. Tu arrivi al mio punto di partenza (Teoria di Grozio) che io lasciai subito. Ecco perché dico che il senso delle tue parole è

a sapientibus et sanctis viris, ve1 etiam ab ipso Domino figurate dicta sunt mendacia deputabuntur, quia secundum usitatum intellectum non subsistit veritas talibus dictis. [...l Quid ergo significat quod se ire longius Dominus finxit, cum comitaretur discipulis exponens eis sanctas scripturas, utmm ipse esset ignorantibus? Quid putamus nisi quia hospitaiitatis officio ad suam cognitionem pervenire posse homines intimavit, ut cum longius ipse ab hominibus abscesserit super omnes caelos, tamen ita cum eis sit qui haec exhibent servis eius, ut cum dicere coeperint: Domine, quando te vidimus hospirem et adduximus?, tamquam eum scilicet qui longe abscesserat, respondeat ille: Cum uni ex minimis meis fecistis mihi fecistis. Tenet ergo Christum, ne longius ab illo eat, quisquis cathecizatus verbo in omnibus bonis ei qui se cathecizat communicat, sicut apostolus dicit: Communicet qui cafhecizatur verbo ei qui se cathecizat in omnibus bonis, et alio Ioco cum dixisset: Necessitatibus sanctorum cornmunicanfes, statim subiecit: hospitalifafem sectantes. Et isti enim cathecizati erant verbo, cum eis exponeret scripturas; et quia hospitaiitatem sectati sunt, eum quem in ipsa expositione scripturamm non cognoverant, in panis fractione cognoscunt. hron enim auditores legis iusfi sunt apud deum, sed factores legis iustificabuntur».

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ANNO 1936 135

diverso dal mio. Tanto è vero che alla mia seconda domanda: «qual'è la linea oggettiva di demarcazione degli affari per i quali sia lecita la menzogna» tu neghi che si tratti di menzogna e perciò non occorre tale linea. La conclusione sarebbe così larga quanto anti-sociale, cioè che per la riuscita di tutti gli affari onesti si può negare la verità. È così? o io interpreto male? Sto bene. I1 ginocchio è sempre lo stesso ma soffro assai poco. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 10 aprile 1936

Carissimo fratello, ti auguro ogni bene per le sante feste pasquali. Nella tua del

3 dici bene che nella risposta di Gesù Cristo non si deve cercare una restrizione mentale e che dev'essere intesa in rapporto al discorso dei discepoli. Questo esempio iliustra quanto ti scrissi nella mia del 5. Illustro la mia teoria riassunta nelle mie del lo e del 5 con un altro esempio. I1 Massaia era in Abissinia, cercato a morte dal vescovo eretico Salama l . Giunto presso una dogana, seppe che i doganieri erano emissari del Salama. Egli viaggiava travestito. Per sfuggire al pericolo, disse ai due servi che l'accompa- gnavano che egli fingeva di non saper parlare né intendere la lingua. Essi dovevano alle domande rispondere che quel forestiero era un povero diavolo che non avendo fatto buona fortuna in Abissinia tornava in Europa. Egli però tornava in Europa per poi ritornare in Abissinia, né viaggiava in cerca di fortuna, ma per trovar la via dei paesi Galla luogo della missione a lui assegnata. Suggerì risposte mendaci ai suoi servi? Se sì, fece male. Se la teoria della comunicazione sociale è quella che tu credi, il Massaia doveva rispondere in conformità dei fatti e lasciarsi prendere e ammazzare. Ma, socialmente considerato il caso, non ti sembra illogico che il commercio della parola debba intendersi in modo così stretto e

LET~ERA 1719. 1. I1 cardinale Guglielmo Massaia (1809-1889) fu il primo vescovo cattolico che rimise piede nei tempi moderni in Etiopia e r icostd la gerarchia, consacrando tre vescovi. Perseguitato dal vescovo eretico Salama, sfuggi aiia cattura attraverso peripezie romanzesche. Fra le sue opere si ricorda I miei trentacinque anni di missione nellalta Etiopia (Roma-Milano 1885-1895).

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136 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

direi quasi meccanico? E non sarebbe stato un disordine sociale, per rispondere ad emissari delinquenti d'un uomo perfido, compro- mettere quella missione che per 35 anni fece del Massaia un apostolo? No, caro fratello, il buon senso si ribella. In simili casi le risposte convenienti a evitare un danno indebito, non sono menzogne. Il commercio della parola è ordine. Intenderlo in modo pedantesco è disordine. Sto bene. E il tuo ginocchio? Spero migliori. Ti abbraccio tuo

t Mario Fervidi auguri pasquali, mi benedica. Giovanni

[London, Notting Hiiil, 11 aprile 1936 Alleluja

Carissimo fratello, rinnovo gli auguri pasquali a te, alla diocesi, agli amici,

specialmente a Mons. Fondacaro e a Giovanni. Sto bene. Rispondo alla tua del 5 c.m. Non ho mai pensato che la frase deil'episodio di Emmaus potesse dar luogo ad una vera discussione. A parte il piano mistico, anche nel metodo naturale tutto ciò che va verso uno scioglimento dove la verità si manifesta, non è mai menzogna, così è nel metodo didattico. Tutte le manifestazioni di cortesia, dentro i limiti dell'urbanità e della carità, non hanno significato di menzogna; tranne che si ecceda, allora potranno essere tacciate d'ipocrisia, di cortigianeria, di adulazione. Quanto più la società si può educare al metodo evangelico dell'est est, non non, tanto meglio. Oggi, con costumi più semplici, ci fanno disgusto o destano il ridicolo tutte le forme di società del sei e settecento. Inoltre, io ti ho concesso più volte che tutte le frasi che convenzionalmente - in dati ambienti sociali - non sono reputate menzogne (come le semplici vanterie del venditore sulla bontà della merce) neppure il moralista le qualifica tali. A proposito delle vanterie del venditore, fra l'oriente e l'occidente e fra il Sud e il Nord c'è la differenza

2. Don Giovanni Napoli, persona di fiducia del vescovo Mario Sturzo, che accudiva premurosamente, accompagnandolo anche in Francia quando si incontrava con il fratello Luigi. Allorché la vista del Vescovo si indebolì, don Giovanni lo aiutava a leggere i libri italiani e francesi che lo interessavano.

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che fra i primi si continua a vantare, gli altri sono educati a non più vantare; fra i primi si discute sui prezzi, gli altri usano prezzi fissi etc. L'educazione sociale fa molto; perciò il moralista tollera, ma non incoraggia e cerca di migliorare, perché il limite tra la frase convenzionale e la menzogna è spesso poco sensibile. Il mio problema non è questo. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, [l1 aprile] 1936 Sabato Santo

Carissimo fratello, la tua del 6 mi reca i tuoi fraterni auguri. Grazie. I miei li

avrai certo ricevuti. Te li rinnovo centuplicati. Scrissi ieri. E scrivo oggi. Mi preme darti subito la mia risposta. Io non ho mai detto né dico che «per la riuscita di tutti gli affari onesti si può negare la verità». Dico invece che il commercio della parola è bilaterale e va soggetto alle leggi che regolano l'ordine morale della vita sociale. Questa legge non la puoi risolvere in unica formula. Né la legge sarà mai compresa, se si mira solo a colui che viene interrogato (è il caso tuo). Occorre mirare sempre ai due termini, a chi interroga ed a chi è interrogato. Doveri ha l'uno, doveri l'altro. I1 primo ha il dovere di non chiedere quel che non gli appartiene; il secondo ha il dovere di dare quel che l'ordine sociale vuole sia dato. Questi rapporti hanno gradi che vanno dal segreto sacramentale al riserbo di pura prudenza. Chi è interrogato indebitamente deve custodire il segreto o il riserbo quanto è necessario. Può negare la verità qualche volta almeno? Può certamente, come la nega il confessore che dice «non so», quando sa, come la si nega nella guerra. I teologi dicono che queste risposte non sono reputate menzogna. Vedi Bucceroni, teologia l . Io dico: non sono menzogna. Quando un problema sociale sembra insolvibile e la soluzione s'impone, deve dirsi che non è posto bene. II vizio del problema del mendacio sta tutto nella definizione della menzogna. Con la definizione in uso, non si risolve. Dunque .... È chiaro: occorre cercare altra definizione.

LETTERA 1721. 1. Cfr lettera 1704, nota.

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138 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

La teoria di Grozio è parziale. È un principio. Non si tratta del solo diritto del richiedente, ma anche del dovere del richiesto in rapporto ali'ordine etico-sociale. Anti-sociale è la tua teoria. Io son convinto all'evidenza. Abbracci

f Mario

[London, Notting Hill], 16 aprile 1936

Carissimo fratello, rispondo alle tue del 10 e dell'il c.m. Sono di accordo con

Bucceroni che afferma che certe risposte usualmente usate non sono reputate menzogne. Qui i rivenditori di merce in magazzini e botteghe non usano mai dire delle vanterie. Se .richiesti dai clienti rispondono semplicemente la verità. Ciò non è un mio personale apprezzamento, ma convinzione di tutti, paesani o esteri. Quando si fanno le liquidazioni, segnano spesso i due prezzi, il precedente e il ribassato. Vedendo certe volte notevoli differenze, credevo che si usasse alterare il primo. Ne chiesi a diverse persone di varia nazionalità e a persone del luogo; tutti mi dissero che si scrivevano le cifre esatte. In tale ambiente, le frasi di vanteria e le cifre non esatte sarebbero menzogne senz'altro. In differente ambiente, come la Spagna, dove I'uso è diverso, tutti sono convinti del contrario; in tale caso vanteria da mercanti o prezzi inesatti non sono reputati menzogne. Tornando al nostro tema, ti prego di dirmi se tu, che giudichi una «non menzogna» quella usata dai messi teresiani per fare approvare la riforma, giudichi pure una «non menzogna» quella che in pari circostanze potrebbe usare chi vuole andare in altro paese a comprare una casa. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

Enna, 16 aprile 1936

Carissimo fratello, ricevetti la tua ultima prima di partire per questa. A Dio

piacendo, starò qui cinque giorni, poi andrò a Pietraperzia e poi a

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Barrafranca e, dopo un po' di giorni a Caltanissetta per le conferen- ze episcopali e il congresso eucaristico diocesano. Tu mi fai dire quel che non dico perché ti fermi all'analisi. Passo alla sintesi. I1 mio dire è sintetico perché lavoro sui principii. Che certe risposte non conformi alla mente si diano per simbolo, per cortesia, per uso non solo non contraddice alla mia teoria, ma la conferma. Perché trovi esenti di menzogna queste risposte? Unicamente per la legge etico-sociale dei rapporti. La menzogna invece è tale perché implica una rottura di rapporti etico-sociali. Tu limiti la teoria a dati rapporti. Ciò è arbitrio. La legge è legge se è universale. E tale è questa. Deve dunque andare dalla cortesia, all'uso, alla prudenza, alla giustizia. L'est est, non non, è citato fuori proposito. I1 Vangelo ciò dice dopo aver detto: non giurare. Dunque, sì o no, senza bisogno del giuramento, Sì, no, senza coda. S. Tommaso è più coerente di te: condanna anche la menzogna giocosa. Eppure il gioco è trasparente. Se non fosse, non sarebbe gioco. Condanni tu la menzogna giocosa? Io no. Anche qui siamo nell'ordine etico- sociale, però quando il gioco è trasparente, quando si mostra gioco. Vola l'asino. E menzogna questa? No. È gioco. E il gioco è virtù, eutrapelia. Tu insisti cercando i limiti di questi rapporti. I limiti sono nell'umano buonsenso. Certo l'uomo parlando deve allonta- narsi dalla mente quanto basta a un dato rapporto. Quando si ha questo, basta? A priori chi può dirlo? Il campo etico è soggettivo oggettivo. Ma perché mi sei così implacabilmente ostile? Non arrivo a comprenderti. Sto bene. Ti abbraccio. Tuo ,

t Mario

[London, Notting Hill], 21 aprile 1936

Carissimo fratello, come puoi scrivermi «perché mi sei così implacabilmente

ostile»? Il 6 di questo mese ti pregavo nei seguenti termini: «poiché tu sei così convinto, non ti resta che convincere me che non lo sono. Ti prego, perciò, di seguire il mio pensiero e non il tuo». Rinnovo fraternamente questa mia preghiera; credimi ho bisogno di essere convinto. Per quanto non abbia occasioni (nell'ambiente in cui vivo) di sforzarmi a nascondere nulla, perché nessuno mi

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140 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

domanda cosa di cui io non possa rispondere francamente, e nessuno insiste a volere sapere ciò che io non intendo dire, pure è bene avere una teoria esatta per me e per gli altri. Fin oggi, specialmente nel diflicile periodo della mia attività passata, ho seguito sempre la teoria della restrizione, (per quanto mi ripugnas- se) solo per un apprezzamento riflesso, dato il peso dell'autorità che la suffraga. Oggi alla mia ripugnanza si è aggiunta la tua critica. Mi piace quindi la discussione che fai; solo vorrei che lasciata la pratica e gli esempi e i nomi autorevoli dei padri antichi, si cercassero le basi metafisiche della tesi. Tu dici che bisogna rivedere la definizione della menzogna. Ecco il punto: perché non si può valutare la frase se menzognera o no solo con l'intenzione di chi la pronunzia. Spero che ogni malinteso sia dissipato. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1725

' Pietraperzia, 23 aprile 1936

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 14. Sto bene. Por intenderci occorre

convenire circa i principi. I1 mio principio è che la parola soggiace anch'essa alla legge dei rapporti etico-sociali. Se tu accetti (e non puoi non accettarlo) questo principio, la soluzione dei casi partico- lari rientra nella casistica. Però il principio posto ne suppone altri; per es. quello della prudenza, della equità, della giustizia, del tempo normale, del tempo anormale ecc. I1 mercante che esagera i prezzi della richiesta, anche dove c'è l'uso, secondo me, mentisce. Solo dico col Bucceroni, che queste non vengono reputate menzogne. Mentisce perché il giusto prezzo è un termine oggettivo verso il quale il compratore ha diritti e il venditore doveri. I messi dei teresiani a Roma dicendo ch'erano Lì per certi loro affari, per altri affari, per dati affari (mentre c'erano per la difesa della riforma) non mentirono, perché gli interroganti non erano entro i rapporti di comunicazione, ma fuori, non avevano ragione d'indagare quel segreto, mentre i messi avevano il dovere di c~stodirlo. Al ladro che chiede il danaro non c'è obbligo di rispondere indicando il chiesto oggetto. La risposta che diverge o nega non è menzogna,

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ANNO 1936 141

perché non è contro i rapporti, mentre contro di questi è la richiesta. Dove gli antichi definirono la menzogna locutio contra mentem, metti locutio contra relationes etc. e troverai la soluzione di questo gravissimo problema. Prega per me. Lunedì, a Dio piacendo, andrò a Barrafranca, poi in sede. Tuo

Mario

1726

[London, Notting Hill], 27 aprile 1936

Carissimo fratello, vedo che il 23 eri a Pietraperzia. Tanti fraterni auguri per la

S. Visita. H o detto la S. Messa per la tua Diocesi, per Caltagirone e per il Papa, ieri domenica - Vangelo del Buon Pastore. Contro la definizione di locutio contra relationes sociales sta un principio più largo quello del periculum societatis. La menzogna, comunque sia, mette in pericolo la società; nessuno più saprà se l'altro dice il vero o il falso; cade così il fondamento sociale che si deve presupporre. I1 fatto sociale generale si può paragonare au'altro particolare del legame matrimoniale. Ammessa una infrazione, la società s'infrange; ammesso per un caso il divorzio (sia pure per la prigionia perpetua) la famiglia finisce. I1 periculum qui rende impossibili le eccezioni. Così per la menzogna. Questa la ragione che mi fa rigido. Credi tu ch'io non ne veda le difficoltà? Ci vuole uno sforzo dinamico che solo la teoria rigida potrà operare. La teoria della restrizione mentale ha impedito questo dinamismo. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1727

Barrafranca, 27 aprile 1936

Carissimo fratello, trovo in questa dove arrivo a momenti la tua carissima del

21. La frase «implacabilmente ostile» fu da me scritta per indicare il metodo di critica da te usato, cioè, nell'abuso d'analisi per cui mi fai dire quel che io non dico, quel che non dice il mio scritto,

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142 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

nel non valutare i principii e gli esempi che io reco e tutto ridurre al quadro del tuo pensiero. Così la nostra discussione non farà mai un passo. La menzogna non si può definire a priori; ma bisogna partire dal perché della parola come mezzo di comunicazione di vita sociale e da& legge dei rapporti. Definendola: locutio contra mentem simpliciter, si entra in un vicolo chiuso. Di qui l'espediente della restrizione mentale. Propongo, almeno come prowisoria per lo studio, la seguente: locuzione contro l'ordine dei rapporti etico-sociali. Pel momento non facciamo la critica di questa defini- zione, e invece studiamo la parola in rapporto a questa definizione come se fosse definitiva. Io ora non aggiungo altro, perché tutto quello che in tanti mesi ho scritto vale per me come prova. Solamente richiamo gli esempi più probativi. La così detta menzo- gna giocosa, che S. Tommaso chiama senz'altro menzogna e condan- na, apparisce, non menzogna, ma gioco, e ciò non per l'intenzione di chi ia dice, ma per se, per la sua oggettività. ii coniessore che dice: non so, non mentisce, perché non c'è rapporto ordinato eticamente buono, oggettivamente vero, tra chi domanda sapendo che domanda al confessore, e chi risponde. Sto bene. La S. Visita procede bene e pare che rechi £rutto. Si lavora e si gode di stancarsi lavorando per Dio. Rientrerò in sede sabato. Tuo

i Mario

[London, Notting Hill], 2 maggio 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 27 aprile. Lo stesso giorno ti avevo scritto

sul tema, prospettandoti il pericolo che tutta la società perda il suo fondamento. Tu dici di non discutere per ora la definizione e accettarla come ipotesi di studio; sicché dovrei anche ritenere per definizione della veridicità la locuzione secondo l'ordine etico sociale. Passeremo così da un dato fermo e assoluto (la mente) ad un lato relativo (l'ordine); e da un punto interiore subiettivo (la mente) ad uno esterno e oggettivo (l'ordine). A parte quel che ti ho scritto sul pericolo, tornerò a pensarci e te ne scriverò più in là dopo aver maturato il mio pensiero sul punto essenziale che è

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ANNO 1936 143

contenuto nella definizione. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

Piazza Armerina, 2 maggio 1936

Carissimo fratello, nella tua del 27 fai il solito errore, cioè, mi fai dire quello che

non ho detto. Io non ho detto che la menzogna qualche volta sia lecita, ma che quelle locuzioni che stanno nell'ordine etico-sociale non sono menzogne. I1 principio del pericolo qui non calza perché si tratta di leggi di natura. Queste se sono, sono. Ai pericoli ci pensò l'Autore della natura. Mi rifaccio a quanto scrissi il 27 da Barrafranca. Completo la definizione: I1 mendacio è locuzione contro l'ordine etico-sociale della verità. Non la verità in astratto è uno dei cardini del consorzio umano, ma la verità in concreto, o meglio, l'ordine della verità, o meglio ancora, l'ordine etico-sociale. Questo è l'anima di tutti gli altri principii e rapporti. Ed allora, come molte volte (povera Cassandra) ho scritto, parlando del mendacio, questo non deve opporsi alla verità, ma alla veridicità. Non si tratta dell'adeguatio rei et intellectus, ma della convenienza, la maniera d'esprimersi e la legge dell'ordine etico-sociale della parola. Or la società trae il suo ordine attuale, come fatto, come storia, da questa convenienza. E perciò, data per es. la legge assoluta del segreto sacramentale, è dato un nuovo rapporto sociale, il rapporto che rende illecita ogni richiesta circa le colpe del penitente dette al confessore. Chi interroga su ciò il confessore, non è nell'ordine etico-sociale delia verità, perché quella verità, la cogni- zione del confessore, non è nelle cose commerciabili con la parola. Così chi per gioco dice una parola contra mentem, non dice menzogna, perché il gioco, entro i giusti limiti, è virtù, è l'eutrape- lia. Tu dici che se ciò fosse vero, nessuno più saprebbe se gli si dice il vero o il falso. Nego che sia così. Tutti sanno che nel consorzio umano ci son cose non segrete e cose segrete, ci son cose che si devono o possono dire e cose che non si devono né possono dire. Manca lo spazio. Sto bene. La S. visita mi lascia pieno di santa gioia. Abbracci

t Mario

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LUIGI E P-W0 STURZO - CARTEGGIO

Piazza Armerina, 9 maggio 1936

Carissimo fratello, l'ultima mia è del 2; son dunque in ritardo. Mi è mancato il

tempo. Sto bene e sono immerso nel lavoro. Compatiscimi. La parola non è un'istituzione come è il matrimonio. La comparazione dunque non vale. È solo un mezzo. Il rapporto non va cercato tra la mente e la parola, ma tra la mente e i rapporti sociali. Il segreto è uno degli elementi etici dell'ordine sociale; la prudenza è anche virtù sociale che impone doveri e conferisce diritti. La mente non soggiace incondizionatamente alle richieste degli altri. Ogni richie- sta ha valore subordinatamente all'ordine etico-sociale in cui si trovano il chiedente e colui a cui è rivolta la richiesta. Su questo puriiu rie5suiio CJscuie. Quesiu k ariiiiiess" da iuiii aiiiliè da it..

Ma, ciò ammesso, il vecchio problema del mendacio non è più un problema. La parola non apparisce più come unequazione fatale con la mente, ma come il mezzo naturale di regolare la parte di espressione della mente che deve animare dati umani rapporti. E perciò quando il richiedente veste la figura d'aggressore, il rapporto k di difesa ed anche di ollesa, e quesia è iriereriie a l a difesa. Coiiir si può respingere la forza con la forza, si può respingere I'aggressio- ne della richiesta di una notizia con una risposta atta al fine. Perciò tutti i sociologi e tutti i teologi ammettono che in tempo di guerra, in dati casi, si può rispondere contra mentem senza peccare. Io dico: senza mentire. Lo stesso dico quando, per es. il ladro chiede il danaro all'aggredito. Come vedi una revisione della vecchia definizione del mendacio s'impone. La società non corre pericolo, perché ha i mezzi di difendersi contro chi abusa della parola.

t Mario

[London, Notting Hiiil, 10 maggio 1936

Carissimo fratello, vedo che sono in ritardo a risponderti. Da tre giorni softi-o

di una forte lombaggine, ma oggi mi sento un po' meglio. Non

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ANNO 1936 145

comprendo perché «il principio del pericolo non calza perché si tratta di leggi di natura»; il fatto sociale (che si metterebbe in pericolo) è legge primordiale di natura. Ma questa questione mettiamola per ora da parte. Torno alla definizione. Ti scrissi il 2 corr. su questo punto; la definizione della veridicità deve precedere quella della menzogna che ne è l'antitesi. Se la veridicità si definisce: locuzione secondo l'ordine etico sociale della verità, si distacca la veridicità dalla verità, introducendo un terzo termine da definirsi: l'ordine etico sociale. Per tale ordine si può affermare che sia quel che non è, senza cadere nella menzogna? In tal caso io non trovo più la verità, né credo di trovare l'ordine. Ecco il problema posto nei suoi veri termini. Attendo le tue osservazioni filosofiche su questo punto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hili], 16 maggio 1936

Carissimo fratello, ieri 45" della Rerum Novarum, martedì 420 del mio Sacerdo-

zio. Quanti ricordi! Prega per me. Sono tanto lieto quando mi scrivi che sei occupatissimo perché penso che fai del bene; posso sopportare qualche giorno di ritardo delle tue cartoline. Tu insisti che «il rapporto non va cercato fra la mente e la parola, ma fra la mente e i rapporti sociali». Siccome ciò non è un primo principio, va dimostrato. Tale dimostrazione deve partire dall'esame della natura della veridicità. Fin oggi, tutti i filosofi e i teologi hanno sempre mantenuto in rapporto di assoluta dipendenza la veridicità dalla verità, la parola dalla mente. Tu li scindi. Io non sono convinto della possibilità metafisica di tale scissura. Sto bene. La lombaggine quasi scomparsa. Un abbraccio, tuo

Luigi Puoi farmi aver il «Ragguaglio» dell'attività cattolica pel

1935 l?

LE~TERA 1732. 1. «I1 Ragguaglio deli'attività culturale, letteraria e artistica dei cattolici in Italia», pubblicazione annuale, stampata a Milano.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 22 maggio 1936

Carissimo batello, mi duole sentire che sei a letto con influenza, sia pure leggiera.

Con l'influenza bisogna avere cura, moltissima cura anche dopo. Prego per te, come sempre, perché in te si compia la volontà di Dio. Tu prega per me che ne ho tanto bisogno. Nelina mi aveva già scritto che eri rafieddato. Attendo altre tue nuove e buone. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Carissimo fratello, sento da Nelina che la febbre è caduta e stai meglio. Sia

ringraziato Dio. Io ho pregato come tu mi avevi scritto non per la tua salute, ma perché in te si faccia la'Sua Volontà. Si adhuc populo iiieo sum i i ~ c ~ ~ s a i i 2 ~ ;zoz ;ccixc I,nbcre,.lzl.

Vedi di essere prudente e averti cura durante la convalescenza. La mia (due anni fa) durò più di due settimane; specie di seconda malattia. L'influenza è più infida durante la convalescenza. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi Tante cose a Vincenzino e Don Giovanni.

[London, Notting Hill], 2 giugno 1936

Carissimo fratello, tre giorni fa ebbi notizie da Nelina, oggi da Mons. Fondacaro.

Sia ringraziato Dio che l'iduenza è passata. È superfluo raccoman-

L E ~ A 1734. 1. Si tratta di una deiie antifone che venivano lette nell'ufficio di S. Martino vescovo di Tours, nel giorno 11 novembre.

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ANNO 1936 147

darti di averti cura dopo, perché l'influenza è una malattia infida e lascia spossati. Io che l'ho avuta in questi anni sette o otto volte, so bene che cosa sia. Quest'anno me la son passata con due influenzelle così leggiere da restare in piedi e non mettermi a letto. Sto bene. Spero aver presto il piacere di ricevere una tua cartolina. Prego il Santo Spirito che rinnovi la tua diocesi e tutti noi colmi dei suoi Doni. Credo che ci vorrebbe un culto più sentito e diftuso allo Spirito Santo. L'enciclica di Leone XIII sullo Spirito Santo l è quasi sconosciuta ai più.

Ci vorrebbe nel mondo un po' più di spirito di Carità verso Dio e verso il Prossimo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi PS. Io dopo l'influenza per cura ricostituente ho preso sempre

il Metatono.

[London, Notting Hiii], 4 giugno 1936

Carissimo fratello, ho ricevuto le tue cartoline del 28 e del 31 maggio. Ti ringrazio

assai di avermi scritto. Mi mancava qualche cosa di intimo non ricevendo le tue solite cartoline. Godo che stai meglio. Bisogna correggere la febbretta che indica un'infezione. Non prendi del

' salolo per disinfettare gli intestini? Ti ho scritto che il Metatono mi ha fatto molto bene come cura ricostituente. Prego assai per te. Stamane ho detto la messa per te e per ogni attività apostolica. Sto leggendo il libro che mi mandasti. Le lettere di S. Paolo inquadrate negli Atti apostolici: è chiaro serio e buono per la lettura dei tuoi teologi seminaristi. Tante cose a Mons. Fondacaro e a Giovanni. Sto bene. Penso a te e prego per te. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

LET~ERA 1735. 1. LEONE XIU, Divinum illud munus, 9 maggio 1897.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 9 giugno 1936

Carissimo fratello, spero che giovedì prossimo, festa del Corpus Cbristi, potrai

dire la Messa. Io la dirò per tutti noi. Sit pro nobis pregustatum mortis in examine l . I1 mio dottore, che ho visto oggi, insiste che se c'è un'alterazione febbrile quotidiana, sia di pochi decimi, ci deve essere un'infezione che bisogna eliminare subito, agevolando la natura con i medicamenti adatti. Spero che avrai incominciato la cura col Metatono che porta un po' di appetito. Sto bene grazie a Dio; sto per finire il nuovo libro Chiesa e Stato, che sarà pubblicato in francese forse verso novembre. Prega per me, che il mio lavoro sia a gloria di Dio e per il bene della Chiesa. Ho visto la recensione 3-11- ..r:--:l+:- rn++nl;ro\\ alla m i a .CnriolngiQ 2. 1 Jn &braccio di UCUa ~ ~ u r v ~ i r a ~~~~~~~urr uuu -A--- -.----.- cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 14 giugno 1936

Carissimo fratello, ieri sera ho ricevuto la tua attesa de11'8 c.m. Comprendo quel

che tu soffri perché due anni fa l'ho sofferto anch'io ed è veramente una gran pena non poter pregare. Ricordo che i primi giorni mi sedevo un po' dopo il Vangelo e dopo la comunione (nel dire la S. Messa). Ma penso che quando questa ti arriva sarà già passata questa stanchezza e prostrazione di forze. I1 metatone o metatono è conosciuto anche in Italia. Mi pare che Nelina ne abbia fatta una

L E ~ A 1737. 1. Fa parte deiia sequenza composta da San Tommaso, che è letta nel giorno del Corpus Domini.

2. Recensione a L. STZIRZO, Exsai de Sociologie, cit., in «La Civiltà Cattolica», 2 maggio 1936, p. 238. I1 volume, definito pregevole, dimostra la grande padronanza deil'A. nel trattare problemi di diritto, di morale, di psicologia. Sono particolarmente apprezzati, capitoli dedicati aii'economia, ail'associazionismo, aUa storia della Società delle Nazioni, e yengono sottolineate le originali intuizioni dell'A. suli'analisi dei fenomeni sociali. E criticato, però, il confronto operato da Sturzo tra il fascismo e gli altri regimi totalitari deli'epoca, perché «non poca distanza ci corre tra il fascismo e il bolscevismo».

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ANNO 19% 149

cura una volta. Non so di che cosa sia fatta. È in una bottiglia, un liquido rosso, e se ne piglia un cucchiaio prima del pasto. Credo del resto che vi saranno altri simili preparati per rafforzare e ridare un po' di appetito. Prego per te. I1 22 di questo mese in modo speciale mi ricorderò di te e della tua diocesi. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 19 giugno 1936

Festa del S. Cuore di Gesù

Carissimo fratello, ricevo la tua del 13, oggi. Mi angustia saperti ancora in stato

di grande sfinimento. Forse un cambiamento d'aria ti potrà giovare. S. Bartolomeo non è troppo caldo. Fino alla prima settimana di luglio credo che andrebbe bene. Prego per te costantemente. I1 mio pensiero è con te. Ti ringrazio che offri per me le tue sofferenze. Ho tanto bisogno di aiuti celesti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 21 giugno 1936

Festa di S. Luigi

Carissimo fratello, oggi, il mio S. Luigi; giorno a me caro e soave. Penso a te e

ti scrivo di nuovo. Vorrei esserti vicino; ti sono col cuore e con la preghiera. Credo che faresti bene ad andare in campagna. Se il medico te lo consiglia e prescrive, aggiungo che dovresti. S. Bartolo- meo è così vicino di Caltagirone ... se volessi parlare con Piazza potresti farci mettere il telefono. Ormai non si può fare a meno del telefono. Qualche buon prete della tua diocesi potrebbe farti compagnia, (come credo) Mons. Fondacaro non potrebbe accompa- gnarti? Insomma, non ti mancherebbe nulla di quel che tu potresti desiderare di conforti morali e spirituali, di assistenza e di aria

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150 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

buona. Oggi giornata caldissima, sì che io ho lavorato bene a tavolino. Ma stasera fa temporale. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiiil, 25 giugno 1936

Carissimo fratello, grazie assai degli auguri e delle preghiere a Dio per me. Godo

a leggere nella tua del 18 c.m. che stai benino. Spero già starai bene. Scusami se insisto perché tu cambi aria; tante volte lo stomaco si rimette con il cambiamento di aria e di ambiente. Anche per poco: quindici giorni ti basteranno. Io spero di andare in agosto all'abazia di Einsiedeln (Svizzera) per farvi un ritiro spirituale e insieme aver deii'aria pura e diversa. Sto bene. u n a9~racciu di cuurc, iu"

Luigi Ringrazio Giovanni degli auguri. Luigi

Piazza Armerina, 28 giugno 1936

Carissimo fratello, il medico consigliava la villeggiatura; però, siccome non potrei

andare che fra qualche giorno, così non più insiste perché il tempo non più è propizio. Luglio è troppo caldo e c'è il pericolo deUa malaria. Del resto io sto abbastanza bene e il mio palazzo, come devi ricordare, è alto e circondato di campagna. Ed ora a noi. Io riprendo la discussione sul mendacio dal punto in cui fu interrotta dalla malattia. Ti pregavo, e ti prego, a prescindere (per ora) da ogni teoria e studiare il grande principio delle relazioni sociali- morali, così varie e così piene di relatività. Guarda le azioni. Legge suprema l'amore di Dio e del prossimo. Se però l'uomo è aggredito da altro uomo, ha diritto alla difesa, sino all'uccisione dell'ingiusto aggressore. Modifica il caso e supponi che l'aggressore non conosca bene la vittima che incontra neiia via. Supponi che fermi il suo nemico e gli domandi se sia lui. Potrebbe salvarlo una risposta pronta e netta, come «Non sono». Può rispondere così? Deve

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rispondere iuxta mentem in senso stretto? A te la risposta. H o letto che è morto Chesterton. Che dispiacere. Aveva solo 68 anni 1.

Arrivasti a conoscerlo? Hai letto il suo San Tommaso 2? È tradotto in francese dal Gillet con una bella prefazione del medesimo. I1 libro sul papato che hai richiesto a Nelina, posso ritirarlo da un qualche libraio 3. Dammene le indicazioni. Nelina non sa dove deve cercarlo. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Paddington], 30 giugno 1936

Carissimo fratello, grazie di nuovo degli auguri e della S. Messa. Godo assai che

ora stai meglio e che lo stomaco riprende la sua attività e che ... come i grandi di stato ... annunzi che il bollettino della salute è finito. Attendo con piacere la tua prossima, che riprende le tanto utili conversazioni. Questa pausa spero mi avrà giovato a ricevere con più facilità le tue idee che, in ogni caso, mi aiutano a riflettere. Sto bene. Un po' stanco del lavoro e attendo che arrivi il lo agosto per lasciare Londra e il suo umido e i suoi venti freddi. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Paddington], 3 luglio 1936

Carissimo fratello, la tua del 28 giugno scorso mi ha portato grande gioia, mi

pareva sentire la tua voce. Riprendo la discussione. I1 caso che mi presenti (e quelli simili che si potrebbero ideare) ammette qualsiasi risposta atta ad evitare l'omicidio. Dica pure non sono - non lo

LETIERA 1742. 1. Gilben Keith Chesterton era nato nel 1874, e aveva quindi non 68 ma 62 anni. Dirigeva un proprio settimanale, il «G.K. 's Weekly* a cui collaborò anche Luigi Sturzo.

2. Cfr. lettera 1707, nota. 3. Cfr. lettera 1747, nota.

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conosco - non è lontano - l'ho visto poco fa - etc. Non ha importanza. Tu mi dici di prescindere dalle teorie; ma se ne prescindo, la risposta mia ti rimarrà incompleta. Difatti: un teologo restrizionista dirà che nel caso si tratta di restrizione mentale; quella vera (l'ho visto poco fa) sarà la riuscita; l'altra (non sono io) la non-riuscita; perché (sventuratamente) l'uso della restrizione menta- le dipende dall'abilità, accortezza, presenza di spirito, abitudine di colui che ne fa uso, ed è questo che la condanna. Invece per te quella qualunque frase non è menzogna, perché tu definisci la menzogna, non contra mentem, ma locutio contra relationes socia- les; io infine non la credo menzogna perché l'ambiente in cui vivo (nel caso particolare) non la stima menzogna. Ecco le tre vedute diverse al tuo caso. Sto bene. Chesterton è morto a 62 anni. Peccato. Lo conobbi nel 1924, poi fui in relazioni assai rare, scrissi più volte nella sua Rivista. È una gran perdita. Un abbraccio di gjgp. T~jg .

Luigi

Piazza Armerina, 8 luglio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 3. Tu dunque credi che certe risposte

contra mentem non son menzogna perché l'uso comune non le reputa tali. È questo il tuo pensiero? In tal caso dovrebbe corregger- si così: Certe risposte menzognere perché contra mentem, dall'uso non son reputate menzogna. Son però menzogna. Ma questa è la teoria di S. Ilario e d'altri, cioè, che la menzogna può esser lecita in dati casi. Allora non resterebbe che cercare il criterio col quale discernere i casi che rendono lecita la menzogna. Questi non potrebbero esser se non i casi nei quali il segreto prevale sopra la stretta veridicità. Ma non vedi che la logica rimena la tua teoria alla mia senza gli interni contrasti che serba formulata a quel modo. I1 puro uso non giustifica la menzogna. Quello che tu chiami uso è la logica del buon senso. Se uno deve custodire il segreto e non può esimersi di dare una risposta si sente trasportato dalla teoria che definisce la menzogna locutio contra mentem, alia teoria che la definisce locuzione contro l'ordine etico-sociale della verità. Nel

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caso del segreto rigoroso, inviolabile come dovere stretto, dir la verità sarebbe peccato. La verità stretta in quel caso non è nell'ordi- ne etico-sociale dei rapporti umani della parola. Siamo in un campo diverso. Solo deve dirsi che in tali casi la risposta deve essere quella che basta a custodire il segreto. Il mio processo va dalla prassi, dall'uso, alla teoria. Un processo a priori non lo reputo possibile. Sto bene; riprendo il lavoro e ringrazio il Signore. Tu prega sempre per me come io faccio incessantemente per te. Tuo

t Mario

[London, Notting Hiiil, 10 luglio 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 3 c.m. dopo 7 giorni; cominciavo ad inquietar-

mi. Godo assai che stai bene e fai la villeggiatura nel tuo palazzo e giardino. E anch'esso un modo di farla., Io sono ancora qui per finire il mio lavoro, e poi mi prenderò anch'io l'a mia villeggiatura ma lontano da qui, dove da quasi tre settimane non si vede il sole che qualche rara volta dietro veli di nubi. E piove piove ... ma ciò nonostante grazie a Dio sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1747

Piazza Armerina, 13 luglio 1936

Carissimo fratello, dopo la tua del 3 non ho ricevuto tue nuove. Le aspetto. Ieri

tenni S. ordinazione presbiterale. Ciò mostra che sto bene. E sto bene davvero, grazie a Dio. Ieri fu il XIV anno della morte della nostra santa sorella Margherita. Celebrai per la sua anima sabato, essendo ieri obbligato pro populo. Riattacco il mio ragionamento. Tu dici che certe espressioni non son reputate menzogne. Questo è vero. Tu però ti fermi all'uso. E questo è errore. La menzogna (e questo tu lo ammetti) ha una oggettività che non può esser modificata dall'uso. Dunque, come scrissi, nella mia dell'8, occorre neli'uso vedere la logica del buon senso e la intelligenza della legge

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dei rapporti sociali nella loro relatività. Tu più volte mi hai scritto che la mia teoria cagionerebbe scandalo presso chi non conosce le sottigliezze dei teologi. Io dico: no; perché non mi limito al puro uso, ma arrivo alla logica del buon senso. Ogni uomo, anche se molto ignorante, comprende che i veri segreti non debbono esser violati, debbono esser custoditi fedelmente. Il Manzoni, grande interprete dell'anima popolare, fa da Perpetua dire a Renzo le seguenti parole: «Ah! voi vorreste farmi parlare; e io non posso parlare perché ... non so niente: quando non so niente è come se avessi giurato di tacere». Tu dici che la società si fonda sulla veridicità. Sta bene. Ma si fonda anche sulla prudenza e sulla giustizia. E fo punto. Fa già caldo, ma io lo sopporto bene. Prega per me e credimi sempre tuo aff.mo fratello

t Mario PS. Il Papa di de Maistre l ti è stato spedito dalla Fiorentina.

[London, Notting Hiii], 15 luglio 1936

Carissimo fratello ieri ho ricevuto la tua de11'8 c.m. Tu mi domandi se è il mio

pensiero che certe risposte contra mentem non sono menzogne. Io ho sostenuto fin dal primo inizio della nostra conversazione che le risposte evasive non sono menzogne e che le risposte che per l'opinione comune non sono reputate menzogne, non lo sono neppure. La ragione è che essendo la parola atto comunicativo ha il valore in quanto efficiente, e solo lo è per l'uso e per il modo comune d'intendere e di comportarsi. Se la persona a cui si dà la risposta evasiva o di uso facesse attenzione troverebbe ch'essa non risponde alla sua intenzionalità e potrebbe incalzare per una precisione maggiore. Evidentemente in tale caso non si può sfuggire alla necessità o di tacere o di dire di non essere obbligato a rispondere o di affrontare la situazione pericolosa nei modi che il senso morale detta, secondo circostanze, anche con proprio sacrifi-

LETITRA 1747. 1. JOSEPH DE MAISTRE, Il Papa, trad. e pref. di Tito Casini, Libreria editrice Fiorentina, Firenze 1926.

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cio. Ma una vera menzogna non è possibile consentire. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 21 luglio 1936

Carissimo fratello, come godo che hai fatto un'ordinazione presbiterale: sia per

la consolazione spirituale avuta, sia perché mostra che stai bene. Il 19 ho detto messa per te, per il 3 9 della consacrazione episcopale, e per Remigia per il suo Santo Fondatore. Sto bene. Qui venti freddi-pioggia e senza sole da due mesi. «Tu però ti attacchi all'uso. E questo è un errore». Così tu mi scrivi nella tua del 13, arrivatami l'altro ieri. A me non sembra: i quaccheri sono una setta abbastanza larga, che fra l'altro, non ammettono l'uso della menzogna voluta, anche materiale o della restrizione, in nessun caso della vita. Essi, nell'opinione comune inglese sono stimati i più sinceri e onesti uomini che altri nel mondo. 'Alla loro parola si crede senza esitare; la loro sincerità non è mai messa in dubbio da chicchessia, neppure dai tribunali, dove è loro consentito di non giurare. Essi di fronte ad un'interrogazione tendenziosa o impertinente rifiutano di ri- spondere. Nessuno perciò può supporre se sanno o non sanno. Ecco un ambiente nel quale le parole d'uso che suonano menzogna e non lo sono, per essi sono realmente menzogna perché ne manca l'uso. E questo è un loro vantaggio, perché se ne sono liberati per forza di una tradizione di tre secoli. Grazie del Papa di de Maistre. Un abbraccio di cuore.

Luigi

Piazza Armerina, 24 luglio 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua carissima del 15. Per quel che riguarda l'uso,

mi richiamo a quanto scrissi nella mia del 19, cioè, che le risposte evasive e simili non son menzogne per la legge dei rapporti. L'uso

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da solo non toglie alle espressioni i vizi di mendacità, perché la legge della veridicità non è positiva, ma naturale. Conchiudi poi la cartolina con due affermazioni: che, messi alle strette, deve dirsi la verità anche con proprio danno, che la menzogna vera e propria non debba dirsi mai. Nella prima affermazione c'è, almeno implici- to, il tuo pensiero pel quale subordini il segreto alla veridicità. Io ripeto quanto molte volte ho scritto, che anche il segreto è elemento d'ordine sociale, e che, in dati casi, come nella confessione, è assoluto. Circa la seconda affermazione osservo che annunziata così la legge della veridicità, mena a conclusioni paradossali. Così, per es. se per evitare la menzogna, o meglio, il dir la verità espone al certo pericolo di morte, debba affrontarsi questo pericolo piuttosto che mentire. È la teoria di S. Agostino. Ora socialmente e umana- mente è un chieder troppo all'umanità quando la menzogna non eccede la venialità. Voglio desumere che in tali casi sia lecito -----e:--> \TFi 1: --..+A TI..-,-.- -.fi-l:~\ O I ~ C . + P ~ - ) P ~ . P P ~ - ) P ;n +oli O ~;m;l; I l I L l l L u L . L Y U U L C L L L U . A L L V L L L V U $ y L U .,".,'L'lLLL L'iG AL* "AL. c " L l l l i u

casi prevale altro rapporto per cui la risposta non entra nell'ordine delle vere locuzioni contra mentem. È il caso del Massaia che ai satelliti di Abum Salama che lo cercavano a morte, fa rispondere: Ma che Massaia, quello è un poveraccio che viaggia per campare la vita. Non vedete come veste male ecc. ecc. l . Ci son casi che riijUgqailo ir; =ods acsvhv. 2 ;rere. C--; --oL nor P S n m n l b b A A & ~ i1 confessore non potrà dire: tal mio penitente di cui m'interrogate che sia esso l'omicida, vi assicuro che non è. Anche questo caso ha le sue ragioni limitative che esporrò altra volta. Sto bene. Tuo

t Mario

[Londonl, 26 luglio 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 19. I1 ritardo è dovuto alla posta tanto

nell'inviare che nel ricevere le lettere. Sto bene; ma sono un po' stanco del lavoro e sofferente del cattivo tempo che dura da due mesi, quasi sempre senza sole. Per cui il dottore non mi consiglia andare in Svizzera. Andrò al solito a Toulon (Mourillon) come nei

LETTERA 1750. 1. Cfr. lettera 1719 nota.

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due anni scorsi. Farò il ritiro spirituale al ritorno, per non perdere più i giorni caldi da stare sulla costa mediterranea; invece di Einsiedeln li farò ali'Abazia di Steenbrugge (nel Belgio) l . Scriverò subito a quell'Abate, ch'è buon mio amico. Certo noi davamo a Leone XIII proporzioni più alte di quelle che non aveva, però di tutti i papi moderni, da Pio VII in poi, fu il più grande, superiore a Pio IX; ed ebbe intuizioni geniali e vantaggiose alla Chiesa. Hai ragione con vedere sempre più ingrandirsi il soprannaturale e svanire il naturale. Ma neli'economia della Redenzione, natura e soprannatura sono talmente uniti da darci Gesù Cristo e la sua Sposa. A me sembra che l'errore di tutti i tempi è quello di non mantenere bene questa unione e cadere nel razionalismo o nel fideismo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 29 luglio 1936

Carissimo fratello, quanto dici nella tua del 21 circa i Quacqueri non prova nuUa,

cioè, non prova il valore che tu attribuisci all'uso. Solo prova che nella società di quei settari e fanatici non si attuano i rapporti che io chiamo d'insidia o di aggressione circa il segreto, i quali mancando, manca anche la ragione della difesa. Reco un esempio. Le armi per difesa personale si portano, non già quando l'uso lo consente, ma quando la società non è sicura. Quando è sicura in modo indiscusso, il girar armati farebbe ridere. Ma anche in una società di gente onestissima può infiltrarsi un brigante. Dato il brigante è data la ragione della difesa. Or tu supponi un Quacquero al quale si vuole strappare un segreto che queUo deve ad ogni costo custodire, per es. un segreto di stato, il quale col puro contegno usuale verrebbe tradito; quale pensi tu che, non ostante quello che chiami uso, debba esser il contegno di quel Quacquero? Caro mio, il segreto è una delle leggi della società; quando urge dà luogo a

LETIZRA 1751. 1. L'abbazia benedettina di Steenbrugge si trova alla periferia di Bmges. Attualmente cura la pubblicazione critica dei Padri della Chiesa, in particolare la patrologia latina.

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158 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

rapporti speciali di difesa. Il lasciarlo in balia dei perfidi per il culto pedantesco della parola comunicante il pensiero, a me pare non solo errore, ma colpa. Ti chiesi il tuo giudizio circa Il Papa di de Maistre. Io lo leggerò se è opera che meriti davvero d'esser letta (udita leggere) da chi, come me ha così poco tempo da disporre. Abbiamo caldo canicolare. Pure io continuo, grazie a Dio, a star bene. Ti ringrazio degli auguri pel 33" della mia consacrazione e della messa celebrata per me. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

[London, Notting Hill], 29 luglio 1936

Carissimo fratello, R C ~ V Q !r. del 24 c.m. Nnn ccmprenr'n perchi t i 1 affermi

che «l'uso non toglie alle espressioni i vizi della mendacitàn. Il discorso ha sempre un che di convenzionale perché nasce e si svolge con la vita sociale in concreto. Un orientale nel salutare farà una lirica piena d'imagini e di espressioni di affetto che non significano altro che un saluto, mentre un europeo dirà solo: Ciao - ti saluto . . - ti n s s e q ~ i ~ - b c i n 1e mani e simili. Forse l'orientale dira menzogne? no; quelle espressioni complicate, quelle proteste di servitu vogliono dire solamente: ti saluto. Chi per caso non comprende ciò, può credere a una presa in giro o a chissà quali scopi reconditi e penserà che si tratta di espressioni menzognere, ma ciò sarà suo errore. Anche quando, per maggior garanzia deI segreto confessionale non si crede trincerarsi nel non rispondere, ma si risponde negativamente, ciò per l'opinione comune o uso di apprezzamento non è stimata menzogna e quindi non lo è, data la convinzione generale circa l'obbligo di tale segreto. Dove, in paese non cristiano, non c'è ancora questa convinzione, e non sarà

. possibile formarla, la risposta negativa (in caso affermativo) è menzogna; e occorre evitarla. Sto bene - in mezzo alle valigie da viaggio. Mi scriverai a l'Hotel de 1'Avenir. Parigi (W), 65, Rue Madame. Un abbraccio, tuo

Luigi

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ANNO 1936

1754 "

Paris, 4 agosto 1936

Carissimo fratello, speravo avere qui tue notizie, ma da Londra non ho ricevuto

la posta solita. Sto bene. In partenza per il Sud. Mio indirizzo: Prieuré de Lamalgue - Mourillon près Toulon, (Var), Francia. Spero trovare quel sole che da due mesi e mezzo mi manca. Laterza mi scrive per l'abbonamento alla «Critica». Se non l'hai spedito, non ti dar la pena. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 4 agosto 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 29-7. Io insisto sul mio concetto: l'uso non

toglie la malizia di menzogna all'espressione veramente tale; solo fa, come nota il Bucceroni, che l'espressione non venga riputata menzogna. È la dottrina di S. Tommaso. Per questo dottore la menzogna giocosa è menzogna e, come tale, da non usarsi. L'esem- pio del saluto non fa al caso; qui si tratta non di valore, ma di colorito. S. Tommaso lo nota espressamente. L'iperbole, dice, non è menzogna ma figura. Il colorito può essere convenzionale e allora è rettorica e pedanteria. Per sé è naturale. I popoli che nel saluto o nei complimenti sono ampollosi, son popoli fantastici. E c'entra anche il fatto sociale. Dove il sovrano è assoluto e l'autorità premente e c'è la schiavitù e la tirannide ecc. si diventa adulatori, simulatori, vili. Questi elementi si elaborano nella collettività e danno origine a certi caratteri speciali delle espressioni. Qui l'espressione non è contra mentem, perché la mente è che si deve parlare come parlano gli altri; nella lingua, nel colorito che scaturi- scono da quel grado di civiltà. I1 nostro problema è un altro. I1 mio principio è che la parola è governata da più leggi; dalla legge

L E ~ A 1754. * Cartolina illustrata dell'H6tel de I'Avenir.

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160 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

della veridicità, prudenza, carità, giustizia ecc. ecc. Sto bene e ti auguro felice villeggiaturx.

Tuo aff.mo fratello t Mario

Mourillon près Toulon, 6 agosto 1936

Carissimo fratello, finalmente sole e caldo, non troppo, con un bel venticello

marino. Da ieri sono qui; sia ringraziato Dio. Ricevo la tua del 29/7; rispondo subito. Se in un dato ambiente si può arrivare ad attenuare l'insidia contro il segreto ciò vuol dite che si arriva a stimare nel suo giusto valore tanto il segreto quanto la parola: è . . quegv 5 cm deve ieiideie !'e&dcazionz cfic:iaGa. La teGaa sostieni renderebbe sempre più difficile tale educazione. Due esempi che io stimo probativi. Il primo: l'apprezzamento sociale del segreto confessionale; questo s'impose in modo che 99 su 100 non c'è persona o istituto sociale, anche laico, che non lo rispetti. I1 caso di eccezione, quello a cui tu ti riferisci, non si risolve che cori pio~~ediii~iìti di scezioiìe, coiììFess i! cacr~icio dei co~ifessc- re. I1 secondo: i membri di quell'ordine che più di ogni altro ha difesa la restrizione mentale sono circondati da una certa diffidenza, anche se molti stimati, perché non si sa mai se, nel tratto comune, usano o no la restrizione. Tu trovi tale diffidenza non tanto negli ambienti ostili, quanto in quelli &ni. Nel lo esempio, l'uso ha imposto il rispetto del segreto confessionale, proprio perché non coperto da nessuna menzogna, ma dermato come tale. Nel secondo caso, l'uso della restrizione non ha potuto formarsi, per il fatto che nessuno nel fare una restrizione mentale aggiungerà: badate che la mia è una restrizione. L'uso parte da convinzione e questa è comunicativa. Se manca la comunicazione, mancherà l'uso, e senza uso non vi sarà educazione. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

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ANNO 1936

1757

Piazza Armerina, 9 agosto 1936

Carissimo fratello, mons. Fondacaro che s'incarica della parte amministrativa, per

equivoco non mandò a Laterza il prezzo dell'abbonamento. Nello scorso mese mi giunse l'invito di pagamento ma solo per il mio abbonamento che fu spedito. Come è chiaro comprendere, non mandai l'altro perché, non mi venendo chiesto, mi dava da pensare che la rivista a te non fosse stata spedita. Dovevo chiedertene. Ieri fu qui a prender commiato la nostra buona sorella. Sta bene. Tomo al mendacio. La mia tesi è che la parola deve considerarsi, non come mezzo meccanico di corrispondenza stretta col pensiero, ma come mezzo naturale sociale, morale di vita di società. L'ordine sociale poggia certamente sulla veridicità, lealtà, sincerità. Ma poggia anche (l'ho scritto molte volte) sulla prudenza, la giustizia, la relatività. Contro la legge del segreto, necessaria all'ordine sociale, non vale né il sofisma filosofico di chi privilegia la veridicità stretta in modo assoluto, né l'uso né altro fattore. Quando il segreto urge davvero, deve esser custodito, e alle volte a costo della vita, come avviene nel sacramento. Questa teoria fa definire la menzogna - locutio contra mentem communicabilem. Questa definizione, in

fondo, tu la trovi nell'espediente della restrizione mentale. Dicono i teologi unanimemente che chi, tenuto al segreto risponde «non so», dice il vero, perché non sa scientia communicabili. Sto bene. Prega pel tuo

t Mario

Le Mouriiion, 11 agosto 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 4 c.m. Perché tu dici che «l'uso non toglie

la malizia di menzogna ali'espressione veramente tale»? Dato, come afferma Bucceroni, che l'espressione non è reputata menzogna, o colui che la pronunzia sa che non è reputata menzogna e la dice in tutta coscienza sapendo di non fare peccato, e non fa peccato;

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162 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

owero egli non lo sa o crede che la malizia della menzogna rimane, allora sì che fa peccato, perché fuori della ragione dell'uso. La veduta di Bucceroni è che la menzogna metafisica esiste anche quando la menzogna morale non esiste piu. Sono io che metto la distinzione in questi termini, ma la sostanza è in Bucceroni. Tu vorresti modificare il carattere metafisico della menzogna, cambian- done la definizione; di ciò ti scrissi già prima della tua malattia. Sto bene; godo il sole; lavoro anche. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[Toulon], 14 agosto 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 9. Grazie per la «Critica». Nelina mi ha

scritto che è arrivata a Roma bene. Qui bel tempo. A me, sembra che tu per conciliare certe posizioni casuistiche, cerchi di modificare il carattere metafisico delia veridicità. La virtù morale è metafisica- mente quella che corrisponde al suo dato essenziale: così la giustizia, la temperanza, la prudenza etc. Ci possono essere casi nei quali la giustizia non è da eseguire: summt;m jus summa iniuria; owero la temperanza non deve applicarsi (bere liquori a scopo di reazione medica) o che la prudenza sarebbe viltà etc. Ciò non ostante, non se ne modificano le definizioni che dipendono dalla loro essenza. Così, volendo tu aggiungere a mentem I'idea di comunicabilità inficii in radice la veridicità. Nessuno saprà mai se chi parla dice il vero o non lo dice, perché nessuno saprà mai quando I'interlocutore giudica che la sua mente sia comunicabile o no. Così è caduta a priori la base dell'edificio sociale. Chi ti avvertirà dicendo: bada, io parlo con la mente incomunicabile, sta attento a non ingannarti! La presunzione deve essere sempre per la comunicabilità; cioè per la veridicità pura e semplice; la prudenza e la giustizia si conciliano con tale presunzione, perché in via generale non ne sono lese. Nei casi specifici, si usano o le dichiarazioni franche (quando è possibile) o le frasi evasive e di uso, che fanno capire abbastanza la non comunicabilità. Un abbrac- cio di cuore, tuo

Luigi

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ANNO 1936 163

Bisogna tener presente che è sempre necessario che la non comunicabilità si capisca, almeno si possa intuire.

Piazza Armerina, 14 agosto 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 6. Godo del sol che ti awiva e ti scalda. Tu

mi scrivi che la mia teoria renderebbe sempre più difficile tale educazione. Io credo il contrario. La mia teoria supera tutti i compromessi ed essa stessa implica un alto grado di civiltà, perché la civiltà tanto è più alta, quanto più e meglio è compresa la relatività nostra e delle cose e il valore dei rapporti. La barbarie è egoismo; l'egoismo è assolutismo, autoadorazione. La menzogna è egoismo. I1 culto meccanico della veridicità è piccolezza d'animo e ignoranza della rapportualità. Io non sostengo nulla a priori. Ogni espressione ha il suo valore nel suo momento e nel suo rapporto. Intendere ciò è esser civili. Affermato il principio, il resto è casistica. Tu (cosa strana) premetti la casistica ai principii. Ecco perché da più anni ci dibattiamo in un vicolo chiuso. Sto bene. Domani è la nostra celeste Padrona l'Assunta. Si va in Cattedrale, stasera pei vespri pontificali, domani per la Messa. Saremo presso la Madonna Santissima in ispirito. Ti auguro buona villeggiatura e ogni bene. E ti abbraccio. Tuo aff.mo fratello

t Mario

1761 [Toulon], 20 agosto 1936

Carissimo fratello, ieri ho ricevuto la tua del 14 c.m. Ritorno sul tema che

c'interessa. Leggo sopra un giornale cattolico questo periodo: «La menzogna è un diritto, è un dovere per un governo che deve mantenere alto il morale di una nazione in pericolo; ma non si può dire che la menzogna utile per lo Stato divenga verità». La questione della menzogna utile per un nucleo sociale (anche per un ordine ecclesiastico) si confuse con il problema della ragion di Stato. Sotto l'idea di segreto di Stato, segreto diplomatico, segreto

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164 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

di polizia, segreto amministrativo etc. Tutta la questione è per me fino a quali limiti si può arrivare per salvare questi segreti. La non comunicabilità della verità non può mai divenire fabbrica di menzogna. Non si può dire che uno è onesto cassiere per nasconde- re il fatto c'h'egli ha rubato la cassa pubblica. O arriviamo alle frasi d'uso, alle frasi evasive, owero cadremo nella restrizione mentale: non vedo via di uscita. La tua stessa definizione non autorizza dire il contrario di quel ch'è nei fatti oggettivi (indipendentemente dal nostro pensiero). Sto bene, pur nella mia solitudine. Finita il 18 la correzione del testo ora sto curando la correzione della traduzione. Un abbraccio. Tuo

Luigi

[Toulonj, 24 agosto 1936

Sto bene un abbraccio di cuore

1763 "

Luigi l

[Toulon], 28 agosto 1936

Carissimo fratello, sento da Mons. Fondacaro che sei a letto con febbretta

reumatica. Speriamo che a quest'ora sia tutto passato; quando mi scrivesti che andavi a fare il Pontificale, me ne preoccupai. Con l'influenza avuta si resta tanto indeboliti ai colpi di aria e ai sudori. Preghiamo per te. Ringrazia Fondacaro da mia parte e da Nelina. Io ebbi la sua lettera dalla Stizza. Da quando ti arriverà questa,

LETI'ERA 1762. * Cartolina illustrata con il salone del Priorato di Lamalgue - Le Mourillon près Toulon (Var).

1. Parole scritte in margine alla seguente lettera di Nelina: «Carissimo fratello, fin da sabato sono qui con i'amato fratello che sta molto bene. Anch'io sto meglio di come ero sugli ultimi giorni a casa. Voglio sperare che anche tu non soffri col caldo e che costà sia venuta un po' di pioggia. Qui caldo, ma siamo sempre al mare. Gradisci i nostri fraterni saluti. Nelina».

L E ~ A 1763. * Cartolina illustrata dell'Hdte1 de i'Aveni~

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ANNO 1936 165

scrivi a me all'H6tel de l'Avenir, 65, Rue Madame, Parigi (6') - a Nelina a Roma all'H6tel Minerva. Un abbraccio da ambedue, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 28 agosto 1936

Carissimo fratello, Mons. Fondacaro ti ha dato le mie notizie essendo io a letto

per recidiva. Ora ve le do io. Mi misi a letto il 18. Ora da l'altro ieri mi alzo un'oretta al mattino. H o avuto di nuovo l'influenza, meno grave però. Ora il periodo acuto è passato. Ma il male continua e segue il suo corso. Nelle ore vespertine ho pochi decimi di febbre sino a sera. I1 Signore mi dà i mezzi di purificazione. Che ne sappia cavar profitto vero. La mia teoria del mendacio è un po' diversa da quel che tu stimi. Per prima cosa io pongo la definizione nella sua essenza e nei suoi giusti termini. La verità in sé è adeguazione delle cose e della mente. La verità che si oppone alla menzogna non è questa, ma quella dell'eloquio. Perciò io la chiamo veridicità. Ed io non mi irrigidisco in un sol termine mentale, ma considero la mente nella molteplicità immensa dei rapporti umani. Io sono, per es., il confessore (prendo questo esempio come il più assoluto). Però i miei rapporti di confessore sono limitati col penitente. Gli altri tutti sono estranei ed esclusi. Né occorre consuetudine e basta una breve spiegazione (pel caso dei selvaggi da te citato). Certo la verità, come confessore, è il peccato udito. Ma è la verità limitata come uso al penitente. Qualunque altro non ha diritto di sapere. Anzi deve non sapere. Se m'interroga, sappia o no che cosa è la confessione, io non devo rispondere. E se rispondo che non so, rispondo nei rapporti che si determinano a quelia interrogazione. Io non so, perché rapporto di comunicazione su quel punto tra me e l'interrogante non ce n'è. Così rispondendo non mentisco, non in grazia all'uso, ma alla ragione. Ricevo la cartolina di Nelina.

Abbracci vostro Mario

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LUIGI E h ' M O STURZO - CARTEGC-IO

[Paris], 8 settembre 1936

Caro fratello, la lettera di Mons. Fondacaro del 2 settembre mi è arrivata

qui stamane. Nelina partì per San Remo venerdì a mezzogiorno; doveva fermarsi là la notte (Hotel Beau Séjour) e poi proseguire per Roma (Hotel Minerva). Non ho ricevuto nessuna notizia fino a stamane (sono quattro giorni) e comincio ad impressionarmi. Spero che tutto vada bene. Ella partì che si sentiva bene. Penso ad un disguido postale. Le ho scritto a Roma sabato e oggi. Sto bene. Oggi festa della Bambina ho applicato per noi e per i seminari. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Tante cose a Fondacaro e a D. Giovanni. Che dispiacere la morte di Scaiia.

Paris, 10 settembre 1936

Carissimo fratello, tanti vivi fraterni auguri per il tuo onomastico. Mi duole che

questa ti arriverà in ritardo. Sabato dirò la S. Messa per te, per la tua diocesi, per i tuoi collaboratori.

Che la S. Vergine ti dia la consolazione di fare del bene fino all'ultimo istante.

Sto bene: sono qui ancora per qualche giorno, per tornare al più presto a Londra, dove mi scriverai dal giorno che ricevi questa.

Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

LETTERA 1765. * Cartolina illustrata deli'H6tel de I'Avenir. LETTERA 1766. * Scritta su carta intestata: Hotel de I'Avenir, 65, me Madame,

Paris.

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ANNO 1936

Paris, 16 settembre 1936

Carissimo fratello, ricevuta la tua. Godo che la febbre sia sparita del tutto. Ieri

ho finito la revisione della traduzione ed ho mandato una copia all'Editore e l'altra al Revisore Ecclesiastico. Deo Gratias. Bel giorno la festa dell'Addolorata. Sono un po' stanco e parto oggi stesso. Mi riposerò una settimana a Londra. Prega per me - come io fo sempre per te -. Un abbraccio di cuore. Sto bene, tuo

Luigi

[London, Paddington], 21 settembre 1936

Carissimo fratello, ricevo qui la tua del 14 c.m. e godo assai a sapere che la

convalescenza è superata, stai bene e lavori. Che Dio ti benedica. Non ho notizie di Nelina dall'll. Spero averne stasera. La posta è quasi sempre in ritardo. Sto bene. Ho ripigliato il mio ordinario tenore di vita. Non andai a Einsiedeln per il ritiro spirituale, perché le condizioni atmosferiche e climatiche dell'agosto in Svizzera (a più di 1.000 metri) quest'anno sono state cattive. Lo farò qui presso qualche casa religiosa. Avrò un po' di lavoro ancora per la correzio- ne delle bozze, indici, bibliografia ecc. di Chiesa e Stato e poi non so che cosa scrivere. Aiutami con la preghiera e i consigli.

Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

LETTERA 1767. * Cartolina illustrata dell'H6tel de I'Avenir. Il 16 settembre Luigi Sturzo scrisse la seguente cartolina postale a Nelina: «32 Chepstow Viiias, London, 11. Carissima, questa per dirti che sono arrivato a Londra dopo un ottimo viaggio, sto bene. Le mie padrone di casa ti salutano tanto. Un abbraccio. Tuo Luigi. P.S. Dammi notizie di Mario e digli che sono a Londra».

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I.UJGJ E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 26 settembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua attesa del 21 c.m. Godo assai che stai bene. Nella

mia ultima omisi gli auguri per i1 470 della tua ordinazione sacerdotale proprio al momento che pensavo di scrivertene dicendo che avrei celebrato per te. Sto bene. Attendo la tua sulla discussione sospesa. Lavoro per ora in vari articoli di studi per riviste, intanto penso a un nuovo soggetto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 28 settembre 1936

carissimo fratello, il lavoro non potuto sfogare nella malattia, mi prende tutto il

tempo che le forze mi consentono di consacrare al lavoro. Ecco la cagione del mio scriverti con ritardo. Sto bene. Rispondo alla tua del 2 corr. Accetto il lo e il 20 punto, cioè, che si tratta della . 1. . verimcità e non della verità, e c'rici :a cuiiiiliii~azioiir del peilsiero dev'esser prudente, opportuna e non deve ledere la giustizia. Non convengo con te sul )o cioè, che la società umana abbia per base così la comunicazione della verità, come la partecipazione dell'amo- re. Così tu limiti l'essenza delle basi sociali. Io ritengo che questo modo di ragionare sia sorpassato, o almeno debba reputarsi retori- co, oratorio, ecc. Cosa s'intende per basi? La parola è equivoca. Io credo che tu voglia dire elementi essenziali. La giustizia dove la lasci? E le altre virtù cardinali? La parola cardinali indica bene il concetto di base da te preferito. Prima di passar oltre, accordiamoci su questo punto. Godo nel sentire che stai bene. Prega pel tuo aff.mo fratello

t Mario

L E ~ R A 1769. * Cartolina illustrata: Hold Houses, Londra.

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ANNO 1936 169

1771

[London, Notting Hill], 3 ottobre 1936

Carissimo fratello, godo che stai bene; me ne ha scritto anche Vincenzino. Mi

duole ch'egli sia stato sofferente. Prego per tutti voi che fate tanto bene. La tesi che la società consiste nella comunicazione della verità e dell'amore è quella che ha ispirato il mio Saggio di Sociologia che va incontrando tante adesioni. Non si tratta né di oratoria né di retorica, ma di realtà metafisica. La società è comunione = comunità; perciò non si può parlare di società fra gli animali; la società è l'uomo stesso nella sua natura specifica di conoscente (per l'intelletto) e volitivo (volontà cosciente o amore). Nella verità c'è la morale speculativa, nell'amore la morale pratica. Le quattro virtù cardinali sono modi di attuare l'amore nella sua relatività e ordina- tezza. La frase evangelica: universa lex pendet et prophetae ' è applicabile anche alla società dei popoli che non conoscono il Vangelo. Gli ebrei avevano il precetto dell'amore del prossimo, ma la loro idea di prossimo era limitata. Così anche i pagani. I1 Vangelo ci ha insegnato l'universalità dell'amore del prossimo ed ha fatto dell'urnanità una famiglia: quanto più larga è l'idea di prossimo tanto meno interessato ne è l'amore. Che dispiacere la morte di Gurrera di Caltanissetta 2. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

1772

[London], 10 ottobre 1936

Carissimo fratello, vedo che sono sette giorni che non ti scrivo, il che vuol dire

che tutta la settimana non ho avuto tue cartoline. H o però avuto tue notizie da Mons. Fondacaro. Sto bene - grazie a Dio. Il lavoro

LETTERA 1771. 1. Matteo, 22, 40. 2. Si tratta di un parente dei fratelli Angelo e Michele Gurrera, sacerdoti. I1 primo

(morto nel 1950), molto impegnato nel campo sociale fu fondatore di Casse Rurali e preparò un importante incontro nel 1901, presieduto da Sturzo. I1 fratello, Vicario generale a Caltanissetta, morì nel giugno del 1937.

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170 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

non manca. Vorrei fare un libro mezzo ascetico e mezzo filosofico sulla vita interiore. H o delle idee fluttuanti. Aiutami con i tuoi consigli e le tue preghiere. Salutami gli amici tutti specialmente Don Giovanni. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 12 ottobre 1936

Amatissimo fratello, la tua del 3 è la più bella confutazione della tua teoria sul

mendacio e la più bella conferma della mia. La frase che io chiamo oratoria riguarda il concetto semplicistico o assolutistico o meccani- co della veridicità. Tu in questa cartolina, parlando di ordinatezza, superi il concetto di meccanicità. Passando dalla verità alla veridici- fGdz & rtiidin del l~ menzogna; io vedo che l'antica '">

definizione e incompleta. Ho anche rilevato e te ne ho scritto, che i teologi, nella tesi della restrizione mentale, che non è tutta deficiente, danno lo spunto per una definizione più completa, perché suppongono sempre nella restrizione mentale il sottinteso del non so scientia communicabili. Fissa bene questo concetto, Fes ta esigenza e solo qui trovi l'ordinatezza. Infatti è disordine svelare il segreto pel fantasma (dico fantasma) del mendacio; perché quando il segreto è tale che non deve essere svelato, per la comunicazione ordinaria è come se veramente non fosse nella mente, o meglio, è nella mente non comunicabile. Tu resisti, perché pensi che per salvare il segreto si debba mentire. No, non si deve mentire. Ma chi sa in vero segreto e risponde: Non so, non mentisce. Chi poi indaga i segreti sa che cerca quello che non deve trovare, lo sa per la natura stessa del fatto e non per l'uso. Sto bene

Mario

[London, Notting Hiii], 16 ottobre 1936

Carissimo fratello. questa per dirti che sto bene. H o atteso, stasera fino all'ultima

posta (arrivata alle 9 V2) per vedere se c'era la tua cartolina.

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ANNO 1936 171

Comprendo che sei occupato molto, e ne godo che puoi lavorare tanto alla gloria di Dio e per il bene della tua diocesi, che il piccolo sacrificio di attendere le tue cartoline è proprio niente. Una collaborazione lontana e indiretta, ma piena di affetto, al tuo lavoro episcopale. Qui corre l'influenza, ma leggera. Finora io ne sono esente. Salutami Vincenzino, D. Giovanni e gli altri amici. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 20 ottobre 1936

Carissimo fratello, la mia ultima è del 12. Troppo ritardo. Spero meglio per

l'avvenire. Sto bene. Attendo la tua risposta a detta mia cartolina per continuare la discussione. Ora mi limito alla tua difficoltà, cioè, che con la mia teoria non si saprebbe come conoscere se chi ci parla dice il vero o lo copre. Veramente tal timore non avresti dovuto averlo, perché io parlo di condizioni naturali e logiche e non convenzionali, come fai tu. Io mi appello al buon senso, tu al costume, all'uso. Io parlo di chi indaga i segreti. Chi ciò fa, sa che indaga il segreto e sa che il segreto è segreto e deve essere custodito; sa che egli commette una cattiva azione, o almeno, deve saperlo, benché poi non ci badi. Cosa curiosa! In questa ormai troppo lunga discussione, tu hai preso la difesa di coloro che tu stesso condanni; o meglio hai confuso la parte onesta e dovuta delle umane comunicazioni, con la parte riservata e limitata ai pochi che conoscono e devono conoscere il segreto. Mi chiedesti un consiglio. I1 mio è questo: per ora riposo almeno per alcuni mesi. Tuo

t Mario Mandami un flacone di Telatuten.

Siracusa, 28 ottobre 1936

Dalla città di Santa Lucia, dove mi trovo pel congresso catechistico diocesano, ti mando le mie nuove. Lunedì mi fermai

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172 LUIGI E hL4PJO STURZO - CMRTEGGIO

a casa a salutare la cara sorella che sta bene, ieri in auto venni qui. Sto bene. Un cenno sulia quistione del mendacio in rapporto aiia tua ultima. Chi viola il segreto parla, non contra mentem incommu- nicabilem, ma secundum mentem ecc. Pecca però perché la mente non era comunicabile. Questa definizione (l'ho scritto tante volte) non autorizza a dir quel che non è, ma indica l'obbligo di tacere quel che è segreto. Insomma (anche questo ho scritto più volte) si tratta di rapporti e loro ordine e armonia. I1 segreto è nei rapporti di pochi; fuori di quei pochi, rapporti non ce ne sono e si deve tacere. Chi colposamente indaga gli altrui segreti, vuole entrare nei rapporti nei quali non deve. Circa l'uso ti faccio osservare che se date espressioni non fossero suggerite dalla logica, nemmeno entre- rebbero nell'uso. Tornerò a casa, a Dio piacendo, il 30. I1 31 benedirò le nozze di Titta Fanales con Gegia Fanales l . Ti abbrac- cio. Tuo

t Mario Un devoto e riverente saluto cia Siracusa. Mi benedica.

Giovanni

[London, Notting Hilil, 2 novembre 1936

Requiescant in pace

Carissimo fratello, oggi uniti neiie preghiere per i nostri cari e per tutti i defunti

e secondo l'intenzione espressa del Sommo Pontefice. Sto bene. D'accordo che chi viola il segreto pecca, però se lo viola volutamen- te o se non mette cura a custodirlo. Ma chi per caso non sa coprirlo perché non vuol dire la menzogna e non sa trovare lì per lì una restrizione mentale o una parola d'uso, secondo me non pecca. Tu stesso convieni nel dire che la tua definizione «non autorizza a dire quel che non è». Questo è il punto capitale. Il resto non ha

'

LETTERA 1776. 1. La famiglia Fanales era imparentata con la famiglia Sturzo, perché Gaetano Fanales, cassiere al Comune di Caltagirone, aveva sposato Maria Boscarelli, soreiia di Caterina, madre dei fratelli Stuao. Ebbero due figli, Salvatore e Filippo. I1 figlio di Salvatore, Giovan Battista Fanales, detto Titta sposò la cugina, Remigia Fanales, Figlia di Filippo. Eletto senatore del Partito Comunista Italiano, morì nel 1970.

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ANNO 1936 173

importanza per la discussione. Se vogliamo continuare, il problema che a me sembra essenziale a esaminare è quello della definizione della veridicità (e per opposizione del mendacio) indipendentemen- te dalla questione del segreto. Rinnovo gli auguri per il tuo compleanno e ti prego di darmi notizie della tua gita a Siracusa e di Mons. Baranzini. Un abbraccio, tuo

Luigi Ti ho spedito il Telatuten raccomandato.

Enna, 6 novembre 1936

Carissimo fratello, un saluto da queste alte cime. Son qui per un discorso di ritiro

mensile alla pia unione delle dame cattoliche. Domani, a Dio piacendo, ritorno in sede. Sto bene. Alla tua persistente difficoltà sulle conseguenze della mia definizione del mendacio, rispondo che nasce da preconcetti. Tu dici che nessuno più saprebbe se chi risponde dice o no il vero. Io ti ripeto che, al contrario, chi interroga secondo l'ordine etico-sociale, sa che gli si deve dire il vero. Chi interroga contro o fuori di quest'ordine come chi spia i segreti altrui, sa o deve sapere che pecca e che non ha diritto a conoscere il segreto e che l'interrogato ha il dovere di non glielo manifestare. Ma non mentisce l'uomo spesso nelle comunicazioni non segrete? Omnis homo mendax dice il salmo. Come si può esser sicuri della verità a cui si ha diritto? Un po' badando all'onestà deuinterrogato, un po' riflettendo sulla risposta. Ma quante volte non si è vittime dell'altrui menzogna? Credi tu che il mondo che non rinsavisce alla legge di natura e di grazia, rinsavisca per una definizione? Prega per me e credimi tuo

Mario

L E ~ ~ E R A 1778: 1. Salmi, 115, 11.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting I.IiiiI, 7 novembre 1936

Carissimo fratello, ho avuto tue notizie da Nelina. Godo che stai bene. Anch'io,

grazie a Dio. Tu mi dici di non pensare per adesso ad un nuovo libro. Ed hai ragione: un po' di riposo mi fa bene; per quanto ancora non sono terminati i lavori del libro in corso, fra i quali l'indice dei nomi e la correzione delle bozze e gli scrupoli dell'ulti- ma ora danno tanto daffare. Ma io desidero ordinare le mie letture in questo periodo di mezzo riposo al fine del nuovo libro. Perciò è necessario avere presente un tema che possa attirarmi. Io vorrei scrivere, a modo mio, sulla Vita interiore. A modo mio, cioè non facendo un libro di ascetica o di precetti di ascetica, ma una specie di filosofia reliziosa per laici. Te ne tornerò a scrivere. Un abbraccio, tuo

Luigi

f [London, Notting Hill!, 10 [novembre! 1 1936

Carissimo fratello, come godo a sapere che tu hai ripreso completamente la tua

attività pastorale! Sto benino: ho avuto una lieve influenza già passata ed ora sto un po' debole. Ricevo insieme la tua del 3 da Piazza e quella del 6 da Enna. Il problema della definizione della veridicità è indipendente da quello degli effetti sociali. L'uso prudente, discreto, opportuno, nella comunicazione della verità appartiene al genere prossimo di virtù, non alla differenza specifica di comunicazione della verità; chi manca di discrezione e di prudenza etc. pecca contro il carattere di virtù, non contro la veridicità. Lo stesso si potrà dire della giustizia, della mortificazione etc. Si dice summum jus strmma injuria non perché l'esercizio del diritto cessi di esser giusto, ma perché è eccessivo. Si raccomanda che la mortificazione non attenti alla salute, non perché in tal caso

LEITERA 1780. 1. Stuno scrive per errore: ottobre.

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ANNO 1936 175

cessi di essere mortificazione, ma perché manca di misura. In tutti questi casi, il genere prossimo di virtù è affetto, non la differenza specifica di tale o tale altra virtù. I1 tuo comunicabile non può entrare in definizione perché non è differenza specifica. Ti abbrac- cio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 14 novembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 10 e rispondo subito. I1 tuo ragionamento

circa la definizione del mendacio pecca di astrattismo. Astrattamen- te considerato il mendacio è locutio contra mentem senz'altra aggiunta. Ecco perché da secoli si discute sul modo come coonesta- re il dovere della verità col dovere del segreto, senza venire a una definitiva conclusione, oscillando tra l'antica teoria di S. Ilario e altre della menzogna lecita e quella della restrizione mentale. Ed ecco perché tu, che hai sì potente ingegno, sacrifichi in dati casi il segreto alla verità astrattamente considerata. Noi qui non siamo in sede di pura filosofia, ma di filosofia morale, o meglio, teologia. A evitar confusione e a trovare la vera soluzione occorre al più un processo di divisione. Io direi così: il mendacio si deve considerare astrattamente e concretamente, teoreticamente e praticamente. Sot- to il primo rispetto riguarda simpliciter la mente, sia o no comuni- cabile, sia o no [sic]. Sotto il secondo rispetto riguarda solo la mente comunicabile, cioè non legata da segreto. Sotto questo rispetto il mendacio pratico è locutio contra mentem communicabi- lem. Quando però la mente è segreta, quando non è comunicabile, la risposta è immune di menzogna solo nell'opposizione, cioè quando è negativa. È menzogna quando è affermativa di cosa che non esiste. Qui non c'è contrarietà, ma diversità. Sto bene. E ti abbraccio. Usati riguardi

t Mario Ricevesti Ia mia da Siracusa?

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiii], 16 novembre 1936

Carissimo fratello, ti scrivo (senz'attendere la tua) per dirti che sto bene. I residui

influenzali sono passati; il lavoro non mi stanca. Sia ringraziato Dio. Ti scrissi che desideravo il «Ragguaglio» (per seguire così il movimento di pensiero cattolico di costà) e il libro di Toffanin sull'Umanesimo l . Diedi a Nelina la nota di alcuni libri miei che desideravo; ma pel momento non mi occorrono, quindi non li spedire (Nelina mi disse ch'erano presso di te). Quando avrò maturato un'idea esatta di quel che desidero scrivere, te ne parlerò. Intanto tu prega che il Signore m'illumini. Mandami altre due copie del tuo lavoro sull'Orazione, per darlo a degli amici. Vedi che fa bene. Salutami Vincemino, D. Giovanni e gli amici. Un abbraccio di cuore dal tuo

Luigi Ricevesti il Telatuten?

[London, Notting HiU], 18 novembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 14 c.m. Poiché sulla definizione che tu chiami

astratta siamo di accordo, resta a vedere se può darsi una seconda definizione concreta. A me sembra di no; il concreto è compreso nella definizione; nel genere uirtzi c'è la pratica che tu cerchi e che si riassume nella prudenza ch'è qualità necessaria di tutte le virtù. Come non c'è doppia verità, una teorica e l'altra pratica, così non ci sono mai due definizioni una teorica e l'altra pratica. Del resto, nella definizione usuale tu hai tutto quello che vuoi tirare dal comunicabile, senza che questo usurpi il posto di qualità affettante

LETTERA 1782. 1. GIUSEPPE TOFFANIN, Che cosa fu Z'Umanesimo. Il risorgimento dell'antichita classica nella coscienza degli italiani fra i tempi di Dante e la riforma, Sansoni, Firenze 1929.

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la differenza specifica. Tu conchiudi che la risposta (in caso di non comunicabilità) è immune da mendacio solo se è negativa. A me questa non sembra una regola. Anche la negativa non è immune da mendacio. «È venuto il tale a confessarsi? - Non è venuto*. I1 senso è positivo. Tu, credo, vuoi dire di risposte negative oggettive Non so, non credo, etc. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 21 novembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 12 (con tanto ritardo). Passiamo alla definizio-

ne della veridicità. Io non posso accettare di aggiungere la parola comunicabile alla mente. Dal punto di vista logico, se fosse così, ogni infrazione alla non comunicabilità della mente sarebbe menzo- gna (cioè violazione della veridicità) il che non è. Se uno comunica il segreto, dice il vero, pur offendendo la morale per altra ragione. Dal punto di vista etico, non risolve il tuo problema, perché non autorizza a dire quel che nella mente non c'è. Chi sa in segreto che uno ha ucciso un compagno, non può dirlo, ma non per questo è autorizzato a dire.che non l'ha ucciso. Resta allora il commodo non so. Se è sufficiente, vada per il non so. Per me è parola d'uso perciò legittima; per te è legittima e perciò parola d'uso. Non è questa la grave questione che ci divide, ma la precedente che è e resta gravissima. Sto bene. Nelina ti ha dato la nota di alcuni fra i miei libri di Roma che volevo. Non so se sono ancora leggibili o sono andati sciupati. Del resto, non credo che mi possano interessare molto in questo periodo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 21 novembre 1936

Carissimo fratello, godo nel sentire che i postumi dell'influenza son passati. Non

abusare, ma usati ancora riguardi. Nella mia del 14 credo d'aver un

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1 78 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

po' arruffato verso la fine. Così almeno mi pare, ripensandoci. Chiarisco. La menzogna, astrattamente (o, se vuoi, metafisicamente) ,

è simpliciter locutio contra mentem. Realmente, cioè, in concreto la menzogna riguarda la verità sociale libera. La verità chiusa nel segreto è regolata da leggi più strette, cioè, è sociale e libera solo tra date persone. Possiamo quindi dire che la verità ha comunicabi- lità generale e parziale. Ogni locuzione contraria alla prima, è menzogna. La seconda, per quelli che devono essere esclusi dalla sua conoscenza, è come se non fosse. Chi ha un segreto è come se non conoscesse queila verità; e a chi indebitamente lo interroga, deve rispondere come risponde chi realmente ignora. Tu dici: come so io se si tratta o no di segreto? Rispondo che lo so benissimo, perché cerco quello che non è di comune scienza. Interrogo I'awocato io? Lo interrogo sul segreto della sua professione? Se sì, so già, e pecco. Se no, sono un imbecille. Tu dici: chi non sa trovar la via, verifichi il segreto. No. Ciò mai. I teologi dicono: risponda come può, ma salvi il segreto. Sto bene.

t Mario I1 «Ragguaglio» è pronto da più mesi. Volevo vederlo un po' .

io. I1 Toffanin l'ho già ordinato. Te li manderò tutti insieme.

[London, Notting Hiii], 24 novembre 1936

Carissimo fratello, speravo stasera, con I'ultima posta ricevere la tua solita

cartolina. Essa tarda; ti scrivo per- dirti che sto bene, non ostante il freddo precoce. Da tre notti abbiamo zero o uno sopra zero. Però finalmente il tempo è asciutto. Prega per me come io fo sempre per te. Dimmi se hai ricevuto il Telatuten e se ne vuoi altro pacchettino. Sento con vivo dispiacere la morte dell'on.le Angelo .

Mauri: aveva circa un anno meno di me l . In pace! Così uno dopo

LEITERA 1786. 1. Angelo Mauri (1873-19361, giornalista e uomo politico milane- se, aderì al movimento sociale cattolico collaborando alla <Rivista internazionale di scienze sociali» di Talamo e Toni010 e alla «Critica sociale» di Murri. Nel 1903 fondò e diresse «I1 Momento» quotidiano cattolico di Torino. Nel 1906 fu tra i primi deputati cattolici. Nel 1919 firmò l'appello al paese del P.P.I., neiie cui file fu eletto deputato. Espeno di problemi agricoli, fu ministro deli'agricoltura nel primo gabinetto Bonomi.

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l'altro. Domani è l'anniversario della morte del caro Don Giulio De Rossi 2. Dieci o undici anni! Spero che li ritrovi tutti in cielo. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Caltagirone, 26 novembre 1936

Carissimo fratello, insieme alla nostra buona sorella ti faccio i migliori auguri

pel tuo natalizio. Ieri e stamani ho celebrato per te, per Nelina e un po' per me. Stiamo bene. Sono arrivato a momenti. Mi fermerò qui due giorni. Tu sei come legato dal rigore eccessivo della logica formalistica. La definizione pel genere prossimo e la differenza specifica è una maniera di definire. Presa, come fai tu con i rigidi deila Scolastica, mena alla conclusione che le cose semplici non sono definibili. Se veramente fosse così, le cose semplici - come per es. l'unità - non sarebbero nemmeno conoscibili. Definire è conoscere. Formulare le definizioni è arte. Le definizioni più ampie - o generiche - non vietano le meno ampie o specifiche, anzi le postulano, o meglio le esige la legge del conoscere. I1 mendacio - in senso amplissimo - è locutio contra mentem simpliciter (astra- zione). Il mendacio etico è la stessa cosa in astratto, concerne le sole verità non legate da segreto in concreto. I1 segreto è come se fosse non conoscenza. Chi non sa, risponde: non so. Chi è legato da segreto risponde allo stesso modo e non mentisce. Non può però dire altra cosa ecc. Pensaci bene. Prega per noi e abbiti i più cordiali fraterni saluti.

t Mario

Aventiniano, fu dichiarato decaduto dal mandato il 9-11-1926. Sciolto il P.P.I. si dedicò alia libera professione, insegnò anche ali'università Cattolica di Milano. Tenne rapporti con Luigi Sturzo e con Francesco Luigi Ferrari, durante i primi anni del loro esilio.

2. Giulio De Rossi (1877-19251, sacerdote giornalista e professore di fisica. Fu redattore del quotidiano «I1 Corriere d'Italia» e parroco di un popolare rione romano. Durante la prima guerra mondiale diresse il settimanale «Il Prete in campo». Aderi al P.P.I. di cui diresse l'ufficio stampa e il settimanale del partito «I1 Popolo Nuovo». Tra i suoi scritti ricordiamo: Il PPI. dalle origini al congresso di Napoli, Roma 1920; 1 popolari nella XXVI legislatura (dal congresso di Napoli alla marcia su Roma), 1923. Raccolse anche in volume alcuni scritti di Sturzo, che intitolò Dall'idea al fatto (1921).

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting HiU], 27 novembre 1936

Carissimo fratello, ricevo finalmente la tua del 21. Limitiamo la questione della

veridicità al caso del segreto. La legge della veridicità può entrare in conflitto con la legge del segreto solo nel caso che il mezzo della risposta evasiva o della cosidetta restrizione mentale non bastino a garantirlo. Dicendo non bastino, non intendo ciò dal punto di vista obiettivo (il che non avrebbe che un valore ipotetico) ma dal punto di vista di apprezzamento subiettivo di colui che deve cercare di garantirlo. Quindi, siamo nel caso di apprezzamento personale: ciascuno il suo. In tale caso tu, secondo la tua del 14, permetti solo la risposta negativa; - secondo la tua del 21 caratterizzi la posizione rl-l richiestn, come di chi ignnra; rin& n yetiva-siihiettiva, chi ignora dice non so. Siamo quindi di accordo. In una cosa non siamo di accordo: nel fissare (come fai) due criteri di veridicità. La non comunicabilità non è solo per il caso tipico del segreto, ma per tutte le volte che la comunicazione riesca inopportuna, imprudente o sia non dovuta. Io non ammetto che sia mezzo lecito negarla (menmgna negativa) o di &re altra cosa (menzogna positiva); ma solo ammetto le locuzioni evasive o d'uso, quando non possono usarsi le risposte dirette che fanno comprendere la volontà di non comunicare. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 2 dicembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 da Caltagirone; doppia gioia: i tuoi auguri

e le preghiere; e che queste vengono da casa dove hai passato due giorni con Nelina. Quando saremo riuniti in cielo? Sto bene e lavoro. Per arrivare alla conclusione delia tua del 26, che è la stessa di quella del 21, credo che abbiamo messo troppo tempo e troppo inchiostro. La differenza ha me e te è che tu giustifichi la risposta negativa-subiettiua («non so» e simili) come derivante dalla non

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comunicabilità, che tu metti nella definizione come nota pratico- specifica; io invece la giustifico dall'uso, che nasce dalla misura o prudenza, una delle qualità generali delle virtù, applicabile alla veridicità in genere e non solo per il caso del segreto. Così ridotta la questione non mi pare che valga la pena di continuare: tranquilla- mente possiamo restare ciascuno della nostra opinione. Dimmi: non pensi di rifare un'edizione nuova del tuo opuscolo sull'Orazio- ne mentale? Te ne ho domandato altre due copie ma non mi sono arrivate. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 4 dicembre 1936

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 27. La risposta evasiva altro non è che

una restrizione mentale quando è usata per nascondere il segreto. In caso contrario vale quanto dire: non posso e non voglio rispondere. Ha il suo valore da sé e non dall'uso. L'uso ha valore quando è logico. In caso contrario sarebbe solo un segno convenzio- nale, un gergo, che non fa al caso. Tu eviti il problema che è questo: custodire il segreto con'l'animo di custodirlo, con le parole atte a custodirlo, che non siano una ipocrisia come la restrizione mentale che dice e non dice. Custodire il segreto è legge che si attua in casi particolari; come tale, deve prevalere sulla legge della veridicità che è generale. È la mente chiusa che deve restar tale. Rassomigliare il segreto all'ignoranza, è porlo nei termini che soli consentono una soluzione. Ricevetti le compresse di Telatuten. Giovanni soffre di arterio-sclerosi. Voglio fargli fare una buona cura. Però mancando nel flacone la ricetta della composizione, il medico non sa come debba regolare la cura. Se tu puoi darmi delle norme, mi farai favore. Si può prendere come preventivo? Se sì, lo prenderò anch'io. Sto bene. Tuo

Mario P.S. I1 segreto deve prevalere sulla veridicità non nel senso

che renda lecita la menzogna, ma nel senso che la supera.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 8 dicembre 1936

Carissimo fratello, il Telatuten è fatto di materia organica delle arterie. Si prende

per cura i primi giorni, 2 tavolette, mattina e sera, all'ora che piace; dopo 3 o 4 giorni 3 tavolette all'ora che piace, fino che finisce il flacone, e poi si sospende per uno o due mesi. Se occorre, si riprende di nuovo. Come cura preventiva basta 1 tavoletta i primi giorni (una settimana) e poi 2 tavolette al giorno. Non è cosa che fa male. Se non si tollera (il che avviene nel primo periodo) si sospende qualche giorno e poi si riprende. Se non è adatto per un organismo speciale, si sospende e si prende in sua vece il joduro. Sto bene. La tua del 4 non agiunge alle tue precedenti. Tu apprezzi la risposta evasiva come una restrizione mentale, il che non mi sembra. L'assimilazione del detentore del segreto all'ignorante non porta che alla risposta negativa subiettivi «non so». L'ignorante non può rispondere positivamente è cosi o non è cosi, ma solo non so. È la risposta che io ho sostenuto fin da1 principio della nostra conversazione. L'interpretazione che ne diamo differisce, ma la difesa del segreto resta la stessa. Un abbraccio di cuore. Tuo

Luigi PS. Se è uscito il 20 volume delle Lettere di San Paolo del

Delatte (Soc. Ed. Int.) amerei averlo. Grazie.

Piazza Armerina, 12 dicembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua che chiude la lunga discussione sul mendacio. Io

però avrei qualche cosa da dire prima d'abbandonare l'argomento. Te ne scriverò altra volta. I1 «Ragguaglio» 1935-1936 è pronto. Lo spedirò con le copie di Suggerimenti, appena arriverà l'Umanesimo. Io sto bene. Vincenzino è a Roma, mio inviato per la visita ad limina Apostolorum essendo a me il lungo viaggio sconsigliato

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dagli anni e dalla patita infermità. Son perciò molto occupato. Mi raccomando alle tue orazioni e ti abbraccio. Tuo

t Mario 1

[London, Notting Hill], 14 dicembre 1936

Carissimo fratello, speravo ricevere stamane la tua solita, che tarda parecchio.

L'ultima tua è del 4 e io risposi 1'8 c.m. Sto bene. Oggi inizierò il corso del SS. Esercizi che vengono predicati presso i PP. Serviti, dove io abitavo un tempo. Prega per me. Intanto ti mando in anticipo - a te - Giovanni, Mons. V. Fondacaro e i pp. Oblati e tutti gli antichi amici i più vivi auguri natalizi.

Un abbraccio di cuore. Tuo Luigi

[London, Notting Hiii], 20 dicembre 1936

Carissimo fratello, ricevo la tua cartolina. Io non ho inteso chiudere, ma ricapito-

lare la nostra conversazione s d a veridicità. Le altre tue osservazio- ni le aspetto con vivo interesse. Per un acuto disturbo emorroidario ho dovuto interrompere gli esercizi spirituali (predicati da un dotto e santo benedettino) e mettermi a letto. Oggi mi sento un po' meglio ed ho un'ora quasi tranquilla per poterti scrivere. Del resto sto bene. Prega per me. Rinnovo gli auguri natalizi vivissimi e fraterni.

Un abbraccio, tuo Luigi

L E ~ R A 1792. 1. In calce L.S. annota: e20.12.36. Risposto che attendo con interesse le sue nuove osservazioni*.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London], 25 dicembre 1936

Natale 1936

Carissimo fratello, il bel giorno di Natale è sul finire:,quest'anno non ho potuto

dire le tre Messe di mezzanotte, perché ancora debole così che solo una Messa ho celebrato verso le 8 l/2. Ma il Signore mi ha confortato, e il piccolo disturbo di oggi mi è servito per pensare a Lui. Ora sto meglio; spero passare la notte discretamente. Nei giorni che, per le mie sofferenze non sono potuto andare al corso di esercizi spirituali, ho fatto del mio meglio da me, sicché mi sono sentito spiritualmente unito con gli altri, e così ho seguito fino all'ultimo giorno. Credi tu che abbia soddisfatto all'obbligo degli . . . esercizi triennsli? Fii ne1 sett. 1933 che andai a Rnckfsrst, porse i benedettini, a fare il mio corso regolare. Questo lo domando, non perché non mi piaccia fare un altro corso di ritiro, ma per le difficoltà pratiche di farlo in questo periodo, specialmente d'inver- no. Ho avuto fra le mani il corso di Esercizi Spiritzrali per il clero di M. Pistocchi l. Troppo lungo, troppe parole, che stanca a leggere, anche per lo stile, Perche non tenti tu di scrivere LQ COTSO per i! clero? o anche per tutti? Credo che ci vorrebbe, io non ne conosco uno adatto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 30 dicembre 1936

Carissimo fratello, sono passati i giorni natalizi senza un tuo rigo. Forse la tua

solita cartolina si sarà dispersa nella valanga di lettere e carte postali arrivate a Londra. Oggi ricevo notizie da Nelina, che mi dice che tu sei stato raffreddato. Spero che tutto sarà passato. Io ora sto bene: ho avuto anch'io tre giorni di leggera influenza. La solita al

LETTERA 1795. 1. Mario Pistocchi, (1874-1943), canonista, autore anche di opere di ascetica e di pietà, collaboratore deiia rivista apedice munus*.

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cominciare dell'inverno. Oggi esco, che c'è un pò di sole. Rinnovo gli auguri per il nuovo anno di grazie e di benedizioni per te e per la tua diocesi. Un abbraccio di-cuore, tuo

Luigi PS. - L'ultima tua è del 12 di questo mese.

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[London, Notting Hill], 1 gennaio 1937

Carissimo fratello, stamane ho cominciato il novello anno, ricevendo finalmente,

la tua tanto attesa cartolina. Godo che stai bene. Nelina m'aveva scritto ch'eri raffreddato. Qui corre l'influenza; io l'ho avuta, legge- rissima, ma sempre influenza. Ora sto meglio e mi ho una certa cura. Del resto sto bene. Spero di cambiare aria per una settimana. Ancora non sono deciso. Rinnovo gli auguri a te e a tutti i tuoi diocesani e collaboratori, specialmente a Vincenzino di cui ebbi la gradita lettera, a D. Giovanni, ai Padri Oblati etc. Poche sono state le recensioni che han mostrato di comprendere il mio pensie- ro. Mi dicono ch'è troppo difficile. Però dalle molte lettere ricevute vedo che il libro fa cammino e interessa. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiii], 7 gennaio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 3 gennaio c.m. e godo 'che stai bene. Non

ebbi la tua del 20 dicembre che si sarà perduta. Grazie dei libri che conto mi arriveranno presto. Non ricevo più l'«Angelo della Famiglia», così non ho letto la tua pastorale. Ma se ne farai degli estratti, io preferisco leggerla in fascicolo e d'un fiato. Sto bene, grazie a D~O, e sono preso dal pesante lavoro delle correzioni delle bozze di stampa di Chiesa e Stato. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

* Le lettere del 1937 sono in prevalenza scritte su cartoline postali. Si segnalano solo i casi diversi.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hiii], 13 gennaio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua da Palermo e godo che stai bene e lavori.

Ringrazio S. Em.za della sua benevolenza. Ebbi la tua da Siracusa e credevo di avertene fatto cenno. Spero che pubblicherai questi tuoi discorsi. Sarebbe il caso di farne una raccolta. Ho ricevuto ieri il pacco dei libri speditimi. Ho letto una 60na di pagine del Toffanin. È scritto male: manca di stile e fo fatica a leggerlo più che un libro francese o inglese. Ha delle buone vedute e dell'erudi- zione, non tutta certo di prima mano; ma parecchie vedute sono o parziali o inesatte. Luciano Beria è un giovane di ingegno, ma credo ancora inesperto. Sto bene. Qui c'è l'influenza assai diffusa e una certa mortalità elevata. Prega per me. Tanti saluti a Vincenzi- no e a Don Giovanni e agli amici tutti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[Londont Notting Hill], 18 gennaio 19.37

Carissimo fratello, domani è il tuo onomastico. Celebrerò la S. Messa per te, la

tua diocesi e i tuoi collaboratori; il mio pensiero e i miei auguri sono con te. Ho letto suli'«Osservatore Romano» la cronaca del congresso di Palermo e del tuo discorso e me ne sono compiaciuto in Domino l . Ti scrissi che volevo sapere se il 20 volume delle Epistole di S. Paolo dell'abate I? Delatte è stato pubblicato dalla Salesiana Internazionale *. In tal caso desidero averlo. L'«Osserva- tore Romano» parla di un libro del P. Garrigou-Lagrange, Le tre età della vita spirituale edito da Vita Cristiana in Firenze L. 6 3.

L E ~ A 1800. 1. Nell'uOsservatore Romano» del 14.1.1937 si da notizia del discorso di Mario Sturzo Sul douere del sacerdote circa l'istruzione religiosa. n cronista riassume ampiamente l'intervento, mettendo in evidenza i'abbinamento inscindibile fra Mysterium Verbi e Mysterium sacrififii.

2. PAUL DELATTE, Commentaire sur les Epitres de St Paul(3 voii., Essechen 1924; trad. it. cit.). Su P Delatte si veda lettera 1683, nota.

3. Si veda la lettera 1816 n. 1.

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ANNO 1937 189

Potresti farmèlo avere? Grazie assai. Sto bene, più o meno, e posso lavorare. Prega per me. Un abbraccio di cuore. Tante cose a Don Giovanni e a Vincenzino, tuo

Luigi

Piazza Arrnerina, 18 gennaio 1937

Carissimo fratello, la mia del 20-XII conteneva appunto la risposta alla tua circa

il mendacio. Ti dicevo che la nostra divergenza resta intera e insanabile, perché tu poni come legge assoluta la rigorosa veridicità nel senso di rigorosa corrispondenza alla mente, e come legge relativa e subordinata il segreto, mentre io distinguo tra mente comunicabile e mente non comunicabile che toglie il rigore mecca- nico alla teoria, e considero il segreto, in quanto legge meno universale, come prevalente, non nel senso che consenta la vera menzogna, ma nel senso che consente la risposta necessaria alla sua tutela, la quale - qualunque sia per essere nell'urgenza di rispondere, non è menzogna, perché la mente - segreta - non è comunicabile. Ti dicevo anche che la mia teoria, benché con altre parole e criteri, è la dottrina pratica dei teologi, mentre la tua praticamente è contraria a tale dottrina, e ieoreticamente non sostenibile. Spero che la mia del 10 da Palermo ti sia arrivata e che abbia ricevuto i libri. Io sto bene e lavoro. La pastorale, a Dio piacendo, ti sarà mandata quando se ne faranno gli estratti. Passerà però del tempo, perché è alquanto lunga. I1 viaggio di ritorno da Palermo, in auto, fu una poesia: si passarono plaghe, presso le Madonie, tutte bianche di neve. Non ti parlo del freddo che trovai in questa. Fortunatamente non mi fece male. Ora il tempo si è raddolcito. Del resto a me l'inverno è sempre propizio. Sta sano. Non ti affaticare troppo. Pensa che non sei più giovane. Domani è S. Mario. Dopo domani l'anniversario della morte di Suor Giuseppina, e il 24 di papà. Siamo uniti nella preghiera. Tuo

t Mario

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190 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hili], 22 gennaio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 18 c.m. Non ebbi la cartolina del 20 dicembre,

ricordo di avertelo scritto. Nella mia del 2 dicembre marcavo le nostre divergenze teoriche, ma riconoscevo che nella pratica arriva- vamo all'accordo; tu invece, nella tua ultima, arrivi a considerare la nostra divergenza intera ed insanabile. I1 che, se teoricamente può dirsi che la tua frase non è esatta ma approssimativa, pratica- mente non lo è affatto. A me, poi, sembra che tu teoricamente ti discosti assai più di me dall'insegnamento tradizionale. I postumi dell'influenza (per quanto leggiera) mi dànno ancora delle noie. Soffro di un po' di debolezza al cuore e soho al lavoro. Pazienza. Prega per me. Oggi ho celebrato per Benedetto XV che mi voleva tanto bene. Riuniti nella preghiera per i nostri cari, speriamo di essere tutti insieme nel Paradiso, quando a Dio piacerà. Un abbraccio, tuo

Luigi

[London, Notting Hili], 28 gennaio 1937

Caro fratello, non ho tue notizie. Spero mi arriveranno presto. Le mie

sono più o meno le stesse. Qualche giorno meglio, qualche giorno peggio. L'unica consolazione che posso andare a dire la Messa e arrivo a dire il breviario e le preghiere. Tutto il resto mi stanca. I1 dottore vuole riposo. Così scrivo solo qualche cartolina e leggo qualche giornale e qualche buon libro che non mi affatica. Sto leggendo Sacerdote e Ostia di P. Giraud pubblicato da Vita e Pensiero l . Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

L E ~ R A 1803. 1. SILVIO MARIA GIRAUD, Sacerdote e Ostia, versione di Maurilio Andreoletti, Vita e Pensiero, Milano 1936.

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[London, Notting Hill], 1 febbraio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 u.s. Grazie dei tuoi consigli. Ti assicuro

che lavoro ben poco in questo periodo. Sto un po' meglio, e certo il riposo mi ha giovato. Del resto pregare e pensare occupano gran parte della giornata. Che peccato che non puoi raccogliere i tuoi discorsi. Ma potrai però fare una edizione scelta in un volume delle tue pastorali. Nulla mi dici se intendi fare una nuova edizione del tuo lavoro suu'Orazione. H o ricevuto le 4 copie e le passerò in buone mani, per il loro vantaggio spirituale. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 6 febbraio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 2. Sto molto meglio grazie a Dio. La

stanchezza va diminuendo. Fo riposo e lavoro quel poco che posso. Anche qui vero inverno non vi è stato finora. Un umido mite, che è servito a diffondere l'influenza. Ora anche questa sembra assai diminuita; ma vi sono state in certe settimane fino a 2 mila morti d'influenza. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 13 febbraio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua deli'8 c.m. Grazie delle tue preghiere, dei tuoi

consigli e del pensiero che hai di me. Grazie a Dio sto assai meglio; potrei dirmi guarito, solo un po' di debolezza' che va eliminandosi lentamente. Non manco di curarmi; il valero-fosforo mi ha fatto bene e lo tollero facilmente. In questo periodo solo

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un giorno non sono andato al convento a dire la Messa e solo tre volte ho mancato per la Benedizione e tutte le volte sono andato senza il menomo sforzo o reale sofferenza.

Riprendo il lavoro con cautela e limitatamente, piu per darmi un'occupazione che per il lavoro in se stesso. Tanti saluti a Vincenzino, a D. Giovanni e agli amici. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 19 febbraio 1937

Carissimo fratello, non ho ancora tue notizie. Questa per non farti mancare le

mie. Sto bene, grazie a Dio. Tutto è passato. Ho ripreso la mia vita normale. Ho ripreso in mano Il mio canto dopo tanto tempo che non lo rileggevo. Dovresti fare una nuova edizione. Oramai sono cinque anni da che fu stampato; piccoli ritocchi, qualche omissione e forse qualche nuova già scritta. Ascolta il mio deside- rio. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiil], 24 febbraio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 18 c.m. Mi duole sentire che gli occhi seno

stanchi. Spero che ti rimetterai presto, per potere iniziare il lavoro di revisione delle tue Pastorali. Il mio nuovo lavoro dovrebbe essere la continuazione dei due precedenti. Il Saggio di Sociologia è stato il tentativo di precisare le leggi sociologiche naturali di una società umana ch'è stata chiamata a un fine soprannaturale. Chiesa e Stato è lo studio, sul piano storico, delle leggi di rapporto fra la società a fini terreni e quella a fini soprannaturali, il loro cozzo, e i vari tentativi di coordinazione. Vita Soprannaturale l

LETTERA 1808. 1. Si tratta deii'opera di Luigi Stuno pubblicata per la prima . volta in inglese con il titolo The True Life. Sociology o f the Supernatural.

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ANNO 1937 193

sarebbe (ancora in idea) lo studio delle leggi sociologiche e delle esperienze storiche nel piano spirituale della Grazia. Così complete- rei il mio pensiero, se Dio mi dà le forze e l'aiuto. Prega per me. Salutami Vincenzino, Don Giovanni e gli amici. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 28 febbraio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua. Sto bene. Gli occhi domandano ancora riposo. .

È l'unico rimedio. Scuserai perciò la brevità e anche la poca frequenza delle mie cartoline. L'idea che dovresti attuare nel seguito del tuo lavoro, per come me l'hai accennata, mi piace tanto. Aspetto che mi dia altre determinazioni del soggetto. Ciò gioverà al tuo pensiero creante e alla mia comprensione del tuo soggetto. Venerdì, a Dio piacendo, andrò a Caltagirone. Sabato farò un discorso al congresso catechistico parrocchiale (S. Giorgio) e lunedì ritornerò in sede. Prega per me, pei miei occhi, per la mia diocesi e credimi. Tuo

t Mario Rispettosi e riverenti ossequi, mi benedica. Giovanni

[Patis], 1 marzo 1937

Sto bene. Abbraccioti Luigi

L E ~ R A 1810. * Cartolina illustrata deli'H6tel de i'Avenir.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[Paris], 5 marzo 1937

Carissimo fratello, da che sono qui non ho ricevuto da Londra alcuna tua

cartolina. Forse si sarà dispersa, forse non me n'è arrivata alcuna. Spero che stai bene. Anch'io sto bene, grazie a Dio. Ho avuto l'imprimatur del mio lavoro, che vedrà la luce in aprile. Sto facendo la revisione delle bozze. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Bruxelles, 7 marzo 1937

Carissimo fratello, da più di dieci giorni non ricevo tue notizie; il che mi rende

meno tranquilli questi giorni di. riposo fuori di casa. Spero, tornando a Londra durante questa settimana, di trovare le tue

. notizie. Sto bene grazie a Dio. A Parigi mi son fatto vedere dal dottore omeopatico che Nelina conosce e mi ha trovato meglio che in settembre, non ostante queiio che ho avuto. Spero, tornando a Londra di mettermi al lavoro sul tema che ti ho accennato. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 10 marzo 1937

Carissimo fratello, le mie nuove te le ha date Nelina, presso la quale sono stato

tre giorni. Oh la cara sorella, come è buona! E sta proprio bene. Anch'io sto bene. Gli occhi migliorano. Spero riprendere il lavoro normale dello scrivere tra qualche giorno. Godo nel sapere che in aprile potrò leggere il secondo volume. Ricordo la prima lettura

L E ~ E X A 1811. * Cartolina illustrata deii'H6tel de I'Avenit

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ANNO 1937 195

sui primi saggi. I1 lavoro m'interessa, questo più del primo. A Caltagirone ci andai per un discorso nel congressino parrocchiale di S. Giorgio in preparazione del grande congresso eucaristico regionale del prossimo maggio. Mons. Bargiggia, che ti benedice, lavora da Apostolo. Che Dio lo benedica. Prega per me e credimi tuo

t Mario

[London, Notting HiU], 11 marzo 1937

Carissimo fratello, tornando trovo la tua del 28 febbraio, ch'era stata smarrita

in un cumulo di giornali. Mi duole assai che i tuoi occhi siano così stanchi. Spero che il riposo ti farà bene. A quest'ora sarai di ritorno da Caltagirone, dove si fanno tanti preparativi per il Congresso Eucaristico, ch'è una consolazione e una benedizione del Signore. Trovo il San Paolo (Lettere) di Delatte. La casa editrice mi ha inviato il lo e il 20 volume; ma io già avevo il lo volume. Che vuoi che faccia? Lo rimando alla Casa (dove? a Torino o a Catania?) o lo mando a te? Ti scriverò altra volta del mio soggetto. Per ora sono stato ripreso dalle correzioni delle bozze di stampa (piene di errori) e dovrò rivederle un'altra volta. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Tante cose a D. Giovanni.

[London, Paddington], 16 marzo 1937

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 10 c.m. Godo che stai meglio e della

visita fatta a Caltagirone. Ti scrissi già sull'idea direttiva del mio nuovo lavoro che vorrei intitolare Vita Soprannaturale. I1 mio punto di partenza è dato dalle conclusioni dei libri precedenti. Il Saggio di Sociologia finisce con l'appello che la vita sociale fa alla trascendenza; Chiesa e Stato con la constatazione che umanesimo

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1% LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

e cristianesimo sono storicamente inseparabili come natura e sopra-natura. Il terzo lavoro partirà (nell'introduzione già abbozza- ta) dal principio che non si dà in concreto una natura completa, perfetta, valevole ai fini dell'uomo, ma che elevata all'ordine sopran- naturale, decaduta e restaurata, la natura è talmente legata al soprannaturale da non essere più autonoma. Fuori della sintesi natura-sopra natura si avrà di qua la decadenza, di là l'annichilazio- ne. Tale sintesi è individuale-sociale l .

Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

[London, Notting Hili], 22 marzo 1937

Carissimo fratello. spero che il riposo ti gioverà per gli occhi a me basta saperti

in buona salute. Anche una cartolina illustrata con un tuo rigo e firma. Non ho ricevuto il. Garrigou-Lagrange l. Ti spedisco il lo volume delle Epistole di S. Paolo del Delatte. Non ho letto la vita di Tomaso Moro di Cristoforo Hollis 2 , ma me la procurerò. Sto bene. Questa ti porta i miei auguri pasquali, colmi di grazie del cieio per te e la tua diocesi, per Vincenzino e per D. Giovanni, per gli oblati, per gli amici. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

L E ~ R A 1815. 1. Nello svolgimento deli'opera citata, Luigi Sturzo manterrà i'idea di fondo qui enunciata esaminando nelia prima parte, Società in Dio (Cfr. La vera uita, cit., p. 21ss1, la partecipazione deli'individuo e delia società aiia realtà soprannaturale. In particolare Sturzo tratterà dei temi delia predestinazione, deila comunione e delia unione mistica. Neìia seconda parte, Dalla terra al cielo (p. 13lss), tratterà invece il riflesso del soprannaturale nelia storia svolgendo i temi deli'incarnazio- ne;del male, del cristianesimo nella storia. Neli'introduzione infine oltre a tracciare le linee del lavoro Sturzo giustifica i'approccio sociologico in base al fatto che la soprannaturalità è anche un evento storico e sociale.

L E ~ R A 1816. 1. RÉGINALD GARRIGOU-LAGRANGE, Le tre età della vita spiritua- le, traduzione Antonio Balducci, Libreria editrice fiorentina, Firenze 1936. Balducci fu segretario del grande arcivescovo di Palermo Nicola Monterisi, archivista e studioso di Seripando.

2. CHRISTOPHER MAUFUCE HOLLIS, Sir Thomas More, Sheed and Ward, London 1934.

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ANNO 1937 197

Piazza Armerina, 25 marzo 1937

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 16. Prima però ti faccio i migliori auguri

per la S. Pasqua. Ti auguro santità e sanità e lumi pei tuoi lavori affinché siano di gloria a Dio e edificazione alle anime. Circa il lavoro Vita Soprannaturale a cui dai già mano, ti prego di considerare attentamente che la vita individuale e sociale, per sé, non appella il soprannaturale, ma il trascendente; che la natura anche nel Cristianesimo, resta sempre imperfetta e sempre aspira a una perfezione che in terra non si raggiunge, ma solo in Cielo, e che la perfezione della natura non è suo svolgimento, ma dono di Dio, è da Dio, è in Dio. È inseparabile la natura dal trascendente, la creatura dal Creatore. Supposta la separazione, non resta la creatura come imperfetta, ma cessa l'esistenza. Il soprannaturale (la redenzione elevante) è gratuito e non dovuto. Sto bene. Prega pel tuo aff.mo fratello

t Mario Voglia gradire i miei più sinceri e affettuosi auguri d'una

Buona Pasqua. Mi. benedica. Giovanni

[London], 28 marzo 1937

Alleluja

Carissimo, ho avuto tue notizie da Mons. Fondacaro, che ringrazio.

Rinnovo gli auguri pasquali di santa letizia. Sto bene, non ostante il gran freddo di questi giorni. Ho ricevuto il libro di Garrigou- Lagrange, che sto leggendo con piacere., Te ne scriverò. Tanti saluti a tutti, specialmente a D. Giovanni. Un abbraccio, tuo

Luigi

LETIZRA 1818. * Cartolina illustrata: Trafalgar Square.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

1819

[London, Notting Hiil], 31 marzo 1937

Carissimo fratello, godo che stai bene, come mi scrivi nella desiderata cartolina

del 25, ricevuta ieri sera. Anch'io grazie a Dio, sto bene e oggi il tempo è un po' mite, dopo tanto freddo. Tu hai piena ragione nel dire: 1) che la vita individuale sociale appella il trascendente, non il soprannaturale; 2) che la natura rimane sempre imperfetta sulla terra. Quel che ti ho scritto non vi contraddice. La rivista dei gesuiti di qui («The Month*) l , facendo la recensione del mio Saggio di Sociologia, per equivoco scrisse che io inchinavo verso coloro che oggi pensano ad una naturale esigenza alla visione di Dio. Io feci subito la rettifica, citando vari passi del mio libro, che la Rivista si affrettò a pubblicare. Non comprendo da quale parola delle mie cartoline hai tratto motivo a richiamarmi queste verità. Mi piace- rebbe saperlo. Tante cose a D. Giovanni. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 1 aprile 1937

Carissimo fratello, continuo le mie osservazioni. Sociologicamente, cioè nel cam-

po della pura razionalità naturale, non si può affermare l'esigenza al soprannaturale. La constatazione delle umane deficienze altro

LETTERA 1819. 1. Cfr. «The Month», october 1936, vol. CLXVIII (a. 7301, no 868, pp. 374-5. Nella recensione si afferma che le tesi esposte nel volume di L. Sturzo sembrano in qualche modo essere state influenzate dalle recenti teorie del naturale bisogno dell'uomo per la visione di Dio. Non si negano, tuttavia, le considerazioni originali suiia sociologia, intesa come lo studio deii'insieme dei rapporti umani che si stabiliscono nel processo storico. In tal modo L. Sturzo assume una posizione mediana tra la filosofia del dover-essere e la concretizzazione storica deii'essere.

La nota redazionale contenente la replica di Luigi Sturzo appare nel numero di dicembre (n0 870, pp. 574-5751, L'A. riaffermq la validità delle proprie tesi, definendo lo storicismo come la concezione storica di un processo umano realizzato attraverso la convergenza di forze immanenti in un percorso razionale, che inizia da un principio assoluto e trascendente e che tende ad un fine assoluto e trascendente.

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ANNO 1937 199

non prova se non che l'uomo non è Dio. Noi crediamo diversamen- te perché inseriamo la fede nelle nostre indagini. Volendo far un libro di sociologia, non si può arrivare che al trascendente. Insom- ma non si può fare che filosofia pura. Certo si prova storicamente e quindi sociologicamente che l'uomo cerca Dio, sente Dio, bene o male, vive di Dio. La filosofia parte dai dati storici e sociologici e ne deduce la prova dell'esistenza di Dio e dei rapporti naturali e perciò inalienabili, dell'uomo con Dio. La vera cognizione dell'uo- mo non si ha che giungendo a Dio. La vera cognizione delle leggi e delle esigenze sociali non si ha che quando i due termini Dio e l'uomo si riconoscono inseparabili e si afferma l'azione di Dio (Provvidenza) nel mondo. Volendo passare al cristianesimo come elevazione e grazia, dalla sociologia storicistica si deve passare alla sociologia agiografica alla teologia alla gratuità, al fatto positivo, alla fede. Sto bene.

Mario

[London, Notting Hill], 6 aprile 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 10 aprile. Vedo che continui in una specie di

critica preventiva. Ponendo mente solo al titolo del mio lavoro: Vita soprannaturale, deve intendersi che tale vita è messa sul piano soprannaturale della Grazia. I1 mio è e deve essere uno studio basato sulla teologia. La società storica cristiana non è divisa in due società, una naturale e l'altra soprannaturale, ma forma unica società naturale-soprannaturale. Si fa bene a mettere in rilievo l'una e l'altra natura, i caratteri, i limiti; ma nel concreto individuale e in quello sociale, le due nature formano un'unica entità psicologica morale e storica. I1 separatismo intellettuale ci ha portato al naturalismo razionalista o al supernaturalismo fideista; quello prati- co ci ha portati al laicismo di stato e alla religione della sacrestia e della chiesuola. Ecco un lato del problema che io studio. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Ti ho spedito il lo volume del S. Paolo.

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200 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGiO

Piazza Armerina, 8 aprile 1937

Carissimo fratello, ecco le parole della tua cartolina del 16-3: «I1 terzo lavoro

partirà dal principio che in concreto non si dà una natura completa, perfetta, valevole ai fini deli'uomo, ma che, elevata ail'ordine soprannaturale, decaduta e restaurata, la natura è talmente legata al soprannaturale, da non esser più autonoma. Fuoii della sintesi natura-sopra-natura, si avrà di qua la decadenza, di là l'annichilazio- ne». Queste parole autorizzano le mie osservazioni. Tu, qui, hai saltato il vero termine (filosoficamente parlando) che è il trascen- dente e non ancora la grazia soprannaturale. Noto poi che «una natura completa, perfetta, valevole da sé ai fini della vita» non sarebbe più la creatura, ma Dio. E noto che la natura non può per essenza esser mai autonoma. sto bene. eii occhi si son a'b'bastanza rimessi. Sta sano e prega pel tuo

t Mario Voglia gradire i miei distinti e riverenti ossequi. Mi benedica.

Giovanni

[London, Notting Hill], 12 aprile 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua deil'8. Godo che i tuoi occhi si sono rimessi. Io,

grazie a Dio, sto bene. Chiarisco il mio pensiero. Quando parlo di sopranatura e sopranaturale è evidente che parlo di Rivelazione, Grazia e futura visione beatifica. Quando dico che nel concreto non si dà una natura completa perfetta valevole ai fini dell'uomo, intendo colpire prima i naturalisti e poi coloro fra i filosofi moralisti anche cattolici che costruiscono una teoria della natura in astratto, come se si potesse concepire che sia esistita o possa esistere. Ti ha fatto impressione la parola autonoma? Qui vuol dire indipendente dal soprannaturale (rivelazione e grazia) non indipen- dente da Dio (autore d e b natura). Ho paura che tu ti preoccupi

'

di ombre che non esistono. Il mio sarà un lavoro di carattere

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ANNO 1937 , 20 1

teologico. H o già trattato il trascendente nell'Essai de sociologie l .

Qui tratto il soprannaturale. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

Piazza Armerina, 15 aprile 1937

Carissimo fratello, quel che mi scrivi nella tua ultima cartolina, mi mostra il vero

concetto del tuo lavoro sociologico storico. Ciò mi invita a dir un'altra parola sulle mie osservazioni che tu chiami critica anticipa- ta e che invece sono osservazioni alla tua prima cartolina in cui entrava l'elemento filosofico. Storicamente è .come dici tu; filosofi- camente no. La filosofia pura non giunge all'elevazione, al sopranna- turale, perché questo è un fatto positivo che poteva mancare. Insomma io volli dire e dico che tu non puoi semplicemente dire che le umane manchevolezze menino all'affermazione del cristiane- simo; ma che trovi il cristianesimo nella storia e ve lo trovi quale è, elevazione ecc. Penso che veramente farai un bel lavoro. La religione ci si awantaggerà: Sto bene. Nel prossimo maggio, a Dio piacendo, andrò in patria pel Congresso Eucaristico regionale. Pregherò per te. Credimi intanto come sempre tuo

t Mario

[London], 18 aprile 1937

Carissimo fratello, non ho ancora ricevuta la tua solita cartolina, forse arriverà

domani. Sto bene. H o letto con piacere Le tre età della vita spirituale del P. Garrigou-Lagrange. E un libro chiaro, ben tagliato e che fa bene. Credo che sarebbe utile per i tuoi seminaristi filosofi

, e teologi. Mi piace dove combatte il separatismo del E! Scaramelli l .

LETIZRA 1823. 1. Cfr. lettera 1620 nota. In quest'opera Sturzo tratta del trascen- dente in particolare nel quinto capitolo la Forma religiosa - Il Cristianesimo.

L E ~ R A 1825. 1. Padre Giovan Battista Scaramelli (1687-17521, teologo ascetico- mistico. La sua opera più nota è il Direttori0 ascetico, in 2 volumi, nei quali insegna

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202 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

Sono pochi accenni, ma ben fatti. Del resto, il tipo del libro esclude qualsiasi discussione polemica portata a fondo. Spero che avrai ricevuto il lo volume delle Lettere di S. Paolo; ci sono delle pagine, che ho indicato con altre inseritevi. Le tre encicliche del Papa sono magnifiche 2. Nulla mi dici di quel che intendi fare per una nuova edizione del tuo Suggerimelzti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Paddington], 21 aprile 1937

Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 15. D'accordo che la filosofia pura non

giunge al soprannaturale. Ma la filosofia pura è un'astrazione, un metodo. Perciò la sociologia non è filosofia pura; essa è anche storia o non è sociologia. Storicamente e quindi nella realtà sociale non si può né pretermettere né annullare il soprannaturale. La rivelazio- ne primitiva (Adamo), la seconda (Abramo), la mosaica, i profeti sono elementi soprannaturali storicizzati in funzione della venuta di Gesu Cristo. Da Gesu Cristo in poi il Cristianesimo è storia vivente di tutto il mondo ed ha creato una sua civiltà. Come concepire una sociologia cioè la scienza della società nel concreto suo svolgimento, puramente razionale e umanistica? La stessa filosofia può chiudere la sua veduta su questa partecipazione permanente del divino nell'umano? Bisogna (di conseguenza) am- mettere la teologia rivelata come integrante la filosofia, così come il fatto della rivelazione integra la storia. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

«il modo di condurre le anime per le vie ordinarie deiia grazia alla perfezione cristiana». Secondo il padre Garrigou-Lagrange ~Scaramelii tende a dimostrare che l'ascetica non è ordinata a h mistica e che l'orazione abituale acquisita non dispone normalmente a ricevere la contemplazione infusa». Cfr. R. GARRIGOU-LAGRANGE, Le tre età della vita spirituale, cit., pag. XXVI.

2. Le tre encicliche cui si riferisce sono: Mit brennender Sorge (Con uiua ansia): suiia situazione della Chiesa cattolica nel Reich germanico, emanata il 14.3.1937; Divini Redemptoris: contro il comunismo, emanata il 19.3.1937; No es muy conocida, suiia situazione religiosa nel Messico, emanata in occasione della Pasqua.

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ANNO 1937 203

[London, Notting Hiill, 26 aprile 1937

Carissimo, ricevo la tua del 21. Ti ho già scritto sul libro di P. Garrigou-

Lagrange. Cr. Hollis è un giovane scrittore, mi dicono, un po' superficiale e troppo lodato. Seguo con grande interesse spirituale il lavoro preparatorio del Congresso Eucaristico di Caltagirone e vi parteciperò in ispirito e con le preghiere l . Ieri, durante il mio ritiro mensile stanco di meditare, presi in mano i tuoi canti. Mi fecero molto bene quei cinque o sei sonetti che rilessi, fra i quali quelli a pag. 92, 93, 96, 144. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Hai ricevuto il S. Paolo?

Piazza Armerina, 28 aprile 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua. Godo nel saperti in buona sanità. Sto bene

anch'io. Tutto quello che tu mi scrivi circa la filosofia pura, io non solo lo ammetto, ma ne parlai nella pastorale Itinerario dellanima in Dio. Le mie osservazioni ebbero origine da certe tue espressioni che a me parvero voler significare che il soprannaturale si possa dimostrare dal puro ragionamento. La sociologia lo afferma perché nella storia trova la Chiesa, ma non deve pretendere di affermarlo in nome della pura ragione. Questo scrivo affinché tu non creda che io abbia amato di sottilizzare. I1 mio fu un richiamo diretto a far evitare delle affermazioni non sostenibili, posto che ce ne fosse stato bisogno. Io prego sempre e molto per te. Tu fa lo stesso pel tuo povero fratello che ne ha tanto bisogno. Ti abbraccio. Tuo

t Mario

LETITRA 1827. * Cartolina illustrata: The Horse Guards. 1. I1 congresso eucaristico di Caltagirone si tenne dal 5 al 9 maggio. «L'Osservatore

Romano» dà notizia dei preparativi nei numeri del 21 e 24 aprile e in data 9 maggio riassume la relazione di apertura.

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LUIGI E MANO STLJRZO - CARTEGGiO

[London, Notting Hiii], 3 maggio 1937

Carissimo fratello, ricordo che tu ne avevi parlato nell'ltinerario, e per quel che

tu mi scrivi siamo di pieno accordo. Del resto, a evitare qualche frase inesatta i tuoi awertimenti mi sono sempre utili e desiderati. Purtroppo il lavoro va lento, sia perché occupato in altri scritti, sia per una sempre migliore preparazione intellettuale e spirituale. Mi è piaciuta assai, non ostante le ripetizioni e le lungaggini di stile (che in genere io sopporto poco) il libro del Padre S.M. Giraud, Sacerdote e Ostia, tradotto dal francese e pubblicato da Vita e Pensiero l . Credo sarà bene farlo conoscere ai tuoi preti e seminari- sti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 11 maggio 1937

Carissimo fratello, !'u!tim*. tu*. è del 28 aprile; l'idtima di Nelina del 1 maggio.

Temo di disguidi postali; ma è un po' esagerato esservi contempora- - neamente da tutti e due. Sto bene. Prego per voi. Ho seguito il

Congresso Eucaristico nella preghiera. Leggo la prima corrispon- denza sull'«Osservatore Romano* del 9 corrente mese. Un abbrac- cio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 16 maggio 1937

Pentecoste

Carissimo fratello, ieri ho ricevuto la tua tanto attesa del 7 c.m. Come è

confortante quel che awiene in molte diocesi di reviviscenza

LETTERA 1829. 1. Cfr. lettera 1803, nota.

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ANNO 1937 205

eucaristica specialmente a Caltagirone! Sia lodato Dio di tante grazie. L'azione cattolica ha la sua parte di merito, anche quella che sembrava meno direttamente interessata ai problemi del culto. Godo che tu stai bene e puoi andare in giro a fare conferenze e discorsi. Io grazie a Dio sto bene. Prego sempre per tutti voi. Così mi sento unito a coloro a cui va sempre il mio pensiero, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 22 maggio 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua da Caltanissetta e godo tanto delle tue fatiche

pastorali. Come son lieto che il buon frate1 Alessandro possa continuare a lavorare non ostante il lato paralizzato. E veramente una bell'anima. Ricordi certo il Lago Pergusa l . Che posti! e che sole! Qui ci manca il sole, specialmente in questa primavera fredda e col cielo sempre coperto. Sto bene, grazie a Dio. Prega per me. Saluti a D. Giovanni, a Mons. Fondacaro e agli altri amici. Mi pare che il Dec. Angelo Gurrera sia morto 2. È vero? E il prof. Natale? Quanti amici e compagni di lavoro. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Ricevesti il S. Paolo?

[London, Notting Hiil], 27 maggio 1937

Carissimo fratello, . questa per dirti che sto bene. Comprendo che sei tanto occupato e che perciò le tue cartoline vengono meno spesso. Io non voglio mancare a dirti che sono con te col pensiero e unito nella preghiera, tuo

Luigi

LETTERA 1832. 1. Cfr. lettera 1414, nota 1. 2. Cft. lettera 1771, nota 2. LETTERA 1833. * Cartolina iiiustrata con una vetrata della Chiesa di S. Chiara di

Caltagirone.

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LUIGI E MARIO SI'URZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hilll, 1 giugno 1937

Carissimo fratello, ho la tua del 26 maggio. Godo assai che Mons. Angelo

Gurrera sta bene e lavora e anche il Can.co Natale. Leggo con dispiacere che I'Aw. Luigi Bazoli di Brescia (ex deputato) sia morto '. Uno dei più retti e pii laici che io abbia conosciuto. Bondioli è un bell'ingegno, ma, a quel che io posso dire, analitico e che piglia le cose per traverso. I nostri dovrebbero apprendere un po' dai francesi il modo di fare libri svelti e interessanti. Sto bene. Sono sempre a ricorreggere bozze di stampa. Mi è capitata una tipografia assai scorretta. Pazienza. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hilll, 6 giugno 1937

Carissimo, ricevo la tua del 2 c.m. Sento sempre con viva consolazione

che tu iavori aiia gioria di Dio e ai bene delle anime. Io ti accompagno con le preghiere. Il mio lavoro continua lo stesso. Nei momenti di calma ripiglio il mio lavoro Vzta Soprannaturale. Spero avere più tempo ad hoc durante le vacanze. Ai primi di agosto parteciperò al Congresso Internazionale di Filosofia a Parigi. Non

LETTERA 1834. 1. Luigi Bazoli (1866-1937) laureatosi a Padova in giurispmdenza con pieni voti, entrò a Brescia nello studio dell'aw. Giuseppe Tovini col quale collaborò nel movimento cattolico. Fu subito favorevole alla mediazione tra cattolici e moderati che portò alla vittoria amministrativa del 1895 sul partito zanardeiiiano. Fece parte del Consiglio Provinciale e Comunale e membro della deputazione provinciale (1895-1902); fu vicepresidente della stessa (1920-19231, assessore al Comune di Brescia per la Pubblica Istruzione (1915-1919). 11 16 novembre 1919 venne eletto deputato di Brescia nella XXV Legislatura fino al 6 aprile 1921, ricoprendo anche un molo importante nel Partito Popolare di Brescia di cui fu tra i fondatori. Fu inoltre tra i promotori e dirigenti dell'Associazione Maestri Cattolici uNiccolò Tommaseo~ e della «Libera Associazione dei Comuni Italiani» di cui fu vicepresidente. Fu tra i fondatori di uLa Scuola Editrice» specializzandosi in problemi scolastici e dando incremento alla rivista uLa Scuola Italiana Moderna». Ebbe molta influenza sul giovane G. Battista Montini. Si collega culturalmente a Rosmini e Manzoni, di cui era cultore appassionato.

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ANNO 1937 207

presento relazioni perché feci passare i termini, senza accorgermene. Non importa. I1 tema è monotono, tutto e solo Descartes; ma si incontreranno molte persone interessanti. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi Il tuo tema è attraente ma... ho troppa carne allo spiedo.

[London], 12 giugno 1937

Carissimo fratello, questa settimana non ho avuto tue notizie; spero averle lunedì

(domani non c'è posta). Sto bene: tranne un piccolo raffreddore di stagione. Caldo, poi un temporale e venti freschi e poi caldo etc. è facile raffreddarsi. Conosci l'opuscolo di G. Colombo: Aspetti religiosi nella letteratura contemporanea l ? L'ho qui, ma ancora non l'ho letto. L'indice m'interessa. Te ne scriverò. Tante cose a

, Mons. Fondacaro, a D. Giovanni e agli amici tutti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hill], 17 giugno 1937

Carissimo fratello, questa ti arriva per l'anniversario della tua preconsacrazione

episcopale. Quel giorno dirò la messa per te e la tua diocesi, i tuoi collaboratori, gli oblati etc. Seguo sempre il tuo lavoro con spiritua- le consolazione. Sto bene. Sto leggendo (e mi piace assai non ostante lo stile sciatto) Cristo, vita dellanima, di Don Colurnba Marmion, sul quale giorni fa «L'Osservatore Romano» pubblicò un bel articolo l . È una traduzione italiana edita da Vita e Pensiero. I1 libro è divenuto celebre in Inghilterra e Francia, come uno dei migliori della spiritualità di questa epoca. Certo è un gran bel libro.

L E ~ R A 1836. 1. GIOVANNI COLO~MBO, Aspetti religiosi della letteratura contem- poranea, Vita e Pensiero, Milano 1937.

LETTERA 1837. 1. Cfr. P. GIOVANNI PAOLI, Don Columba Marmion Abate di

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208 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

Ma lo sarebbe stato ancor di più se scritto meglio. Sto bene un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 17 giugno 1937

Carissimo fratello, questa povera cartolina postale ti reca i fraterni auguri pel tuo

onomastico, che sono voti e ~ r e ~ h i e r e pel tuo bene, principalmente, per bene dell'anima tua. Ti reca anche il ricordo che il 22 è il 340 anniversario della mia nomina a vescovo, e chiede a te pel povero fratello, omai vecchio e con un piè nella fossa, preghiere. La sanazione circa messe non celebrate, riguardante Filippo l, è venuta. Reca, come componenda, la celebrazione di trenta sante messe. Mi sono offerto io a celebrarle. Però, siccome tu, io scorso autunno ti mostravi disposto a celebrarne tu qualcuna, così ti dò questa notizia e aspetto che tu mi faccia conoscere se vuoi venire in mio aiuto. Io non chiedo tale aiuto, perché mi sono offerto volontariamente a tale piccolo sacrifizio. Te ne scrivo come per rispondere a una tua proposta. Il caldo si è mitigato molto. Io sto bene. Ti rinnovo gli auguri e ti abbraccio. Tuo

-t Mario 2

Voglia gradire i miei più fervidi auguri. Mi benedica. Giovanni

Maredsous - un maestro benedettino di ascetica, in «L'Osservatore Romano», 11 giugno 1937.

Don Columba Marmion (1858-1923), nel 1886 entra nel monastero benedettino di Maredsous. Da questo momento la sua vita è contrassegnata da continue ailluminazio- ni» dottrinaii sulla parola di Dio, scandite da due fasi essenziali: una prima, fino al 1906, in cui, rifacendosi soprattutto a San Paolo, pone il dogma dell'Incarnazione, e quindi il Cristo, al centro di tutto; una seconda in cui prevale il dogma Trinitario, restando però il Cristo tramite fondamentale tra l'umanità e il Padre. Particolare rilievo viene dato, nelle meditazioni di don Columba Marmion, al valore dell'obbedienza e alla continua fusione tra riflessione teologica e preghiera.

L E ~ A 1838. 1. Si riferisce a Filippo Fanales di cui a h lettera 1776, nota. 2. L.S. annota: «Risposto che dirò le 30 messe per Fippon.

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2. Luigi Sturzo.

3. \lons. Vincenzo Fondacaro.

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PEOPLE an I.JIBERT'Y

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5 . Prima pagina della rivista «People and Libertr» del settembre 1946.

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L ' E G L I S E

L' E TAT Traduit de I 'italien inédit

par Juliette BERTRAND

PARIS

LES [DITIONS INTERNATIONALES M. CM. XXXVII

6. Frontespizio dell'edizione francese di Chiesa e Slalo.

CAHIERS DE LA N O U V E L L E

de socioiogie T ruduif de I1itof;er

Pas

J u l i e t t e BERTRAND

L I B R A I R I E BLOUD & GAY

7 . Fron tespizio dell'edizione francese di La soc i e !~ : suu n~ tur i l E l e a i .

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8. Cartolina postale di Mario Sturzo del 21 aprile 1939.

9. Cartolina postale di Luigi Sturzo del 1 novembre 1940.

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L U I G I S T U R Z O

LA V E R A V I T A SOCIQLOGIrl D E L SC)P.?2,4S,VATI;'R/ILE

nd viiam azrac vera t d a est

San t9Agost ino, Iract. in

loh. Esnatsg., 120, 2.

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EDIZLOSI DI " STORIA E LETTERATURA ,, RO3fA - VLA W V 3fhGCXO 10

10. Frontespizio della prima edizione italiana di Lo t e r a ri tu.

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* .

11. Santuario di Maria Santissima delle Vittorie a Piazza Armerina.

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12. Ritratto di mons. '\Iario Sturzo nella cattedrale di Piazza Xrrnerina.

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ANNO 1937 209

[London, Paddington], 22 giugno 1937

Carissimo fratello, oggi avrei voluto.dire la Messa per te e la tua diocesi, ma una

forte irritazione emorroidaria mi tiene a letto, impossibilitato a stare in piedi. Appena potrò, la dirò. Grazie degli auguri per il mio onomastico. Grazie a Don Giovanni e a Mons. Fondacaro. Dirò io le 30 messe per i Fanales. Sia perché fui io a volere che si ottenesse la dispensa e promisi la mia cooperazione; sia perché ho spesso dei giorni liberi; sia perché dimostri cosi in forma concreta, come mai ho avuto risentimento verso Filippo e la mia benevolenza spirituale e di parente fu ed è sempre la stessa.

Sto finendo di leggere un buon opuscolo (193 pagine) di Giovanni Colombo Aspetti religiosi nella letteratura contempora- nea. È un buon lavoro, fatto con sani criteri, buono stile, conoscen- za della materia e, a parte qualche esagerazione, degno di stima nel mondo della critica. Ne farò parola a qualche editore di qui, se vuole tradurlo in inglese (Edizione Vita e Pensiero, Milano). Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi Scrivimi dentro quanto tempo si debbon dire le 30 messe.

[London, Notting Hill], 28 giugno 1937

Carissimo fratello, sono tuttora a letto, con il mio male che mi travaglia e che

mi lascia lentamente. Del resto sto bene: nessuna febbre, tranne qualche decimo di reazione e per qualche ora. Qui sono ben curato ed assistito. Posso pregare e ciò mi basta e mi conforta. Anche leggere, ma non tutti i giorni. Il Veggian non è più in commercio;

L E ~ A 1840. 1. TIZIANO VEGGIAN, Il movimento sociale cristiano nella secon- da metà del XIXO secolo. Cenni storici, StabiIimento tipografico San Giuseppe, Vicenza 1899.

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210 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

fu esaurito trent'anni fa quando uscì o forse non esaurito per vendita ma buttato al macero. Ricordo che ci sono notizie che mi servono e che dovrei molto cercare per averle. Dovrebbe essere tra i libri che si trovavano a Roma, se non fu disperso. Tante cose a tutti. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 1 luglio 1937

Carissimo fratello, scrivo la solita cartolina per darti le mie nuove. Ricevetti la

tua. Mi duole del tuo mal d'emorroidi. Bada ai cibi caldi, cioè irritanti, e anche alle bevande. Ho scritto a Nelina per comunicare al cugino che le trenta messe le celebri tu come segno del tuo affetto. Le celebrazioni leopardiane mi fanno ripensare ai problemi d'estetica tanto discussi. Certo una poesia della disperazione non è possibile. Ma è proprio la disperazione che fa la poesia del Leopardi? La passione è questa. La elaborazione è altra cosa. Ma vedo che scrivo sciocchezze. Ti sarei grato se volessi dirmi il tuo pensiero su questo problema. Sto bene. Il tempo si mantiene mite. Lavoro e non soffro. E ringrazio Dio e mi preparo al passo estremo che non può oramai esser lontano. Tu prega per questo povero vecchio, come io faccio per te sempre. E credimi tuo aff.mo fratello

t Mario

[London, Notting Hilll, 5 luglio 1937

Carissimo fratello, col 1 di questo mese, grazie a Dio, ho ricominciato a dire la

S. Messa ogni giorno. Purtroppo non sono ancora guarito; e il dottore consiglia l'operazio-ne. Prima però penso di consultare a Parigi il dottore omeopatico che Nelina conosce. Prega per me.

LETTERA 1841. 1.L. S. annota: u5-W-37. Infra quanto tempo celebrare le messe».

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ANNO 1937 211

Comincerò subito a dire le 30 messe per i Fanales. Desidero conoscere in quanto tempo dovranno dirsi. Parecchi anni fa rilessi qualche poesia di Leopardi. Non ne ebbi quell'entusiasmo di un tempo. Io sono di accordo con coloro che pensano che la vera poesia di Leopardi è nell'idillio sentito con malinconia e pessimi- smo; non nelle sue declamazioni. Te ne scriverò Un abbraccio di cuore. Saluti a Giovanni, a Vincenzino che ringrazio degli auguri, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 8 luglio 1937

Carissimo fratello, di solito succede così: io scrivo la mia cartolina per te la

mattina; la tua mi giunge la sera dello stesso giorno. Così perdo il piacere di rispondere subito. Come stai? Spero bene e che la malattia sia del tutto cessata. Io sto bene, come possono i vecchi. Le tue lodi mi hanno invogliato alla lettura delle Tre età della vita spirituale del P. Garrigou-Lagrange. Veramente è interessante. Mi ha poi fatto piacere trovare come egli congiunga I'ascetica con la mistica, da far un sol corpo in due stadi. Ricordi? Tu tempo fa sostenevi il contrario mentre io sostenevo la connessione. Certo I'ascetica cristiana, dico: cristiana, se non è una preparazione alla mistica, e perciò, se non è la base della mistica, come dice il I? Garrigou, la perfezione mistica sarebbe un lusso di poche anime ecc.

Oggi fa caldo. I1 caldo quando è ascendente, mi fa soffrire. Mi rimetto quando è discendente. Non è però quello del Purgato- rio. E bisogna esser contenti. Prega pel tuo aff. mo fratello

t Mario '

L E ~ R A 1843. 1. L. S. annota: «13.VII. Spedito libro di P. Lindworsky»

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LUIGI E STURZO - CARTEGGIO

[London, Notting Hill], 14 luglio 1937

Carissimo fratello, la messa che non potei dire il 22 giugno spero poter dire il

19 di questo mese, 34" anniversario della tua consacrazione episco- pale. Che giorno benedetto e che folla di ricordi! Ieri ti ho spedito un piccolo libro del gesuita polacco Lindworsky sulla Psicologia dellascetica l . Ti prego di leggerlo e dirmi le tue impressioni. I1 libro non è ben fatto, ma vi sono delle interessanti osservazioni, che io però non ho l'esperienza del confessionale e della divozione delle anime per poterle confrontare. Notai, leggendo il P. Garrigou, le coincidenze col tuo pensiero. Io parto da un altro punto, che l'ascetica in genere (non la cristiana in ispecie) ha per suo fine la formazione della personalità o di una determinata personalità, per la correzione degli istinti viziosi o contrari al fine voluto. In quanto tale non ha rapporto alla mistica, tranne che la mistica non sia implicata alla formazione della personalità, allora l'ascetica sarebbe mezzo volontariamente ordinato a questo fine. L'ascetica cristiana è per sé ordinata alla conquista di Dio e ogni conquista di Dio (per la grazia) è uno sviluppo mistico. Le due questioni sono distinte. Vorrei su ciò il tuo pensiero. Sto un po' meglio. Spero poter viaggiare fra qualche settimana e prendere un po' di sole che qui quest'anno manca quasi del tutto. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

[London, Notting Hiil], 19 luglio 1937

Carissimo fratello, oggi ho detto la S.Messa per il tuo anniversario. Il 12 per la

cara Margherita. Ho cominciato a dire le Messe per Fanales. Sto

L E ~ R A 1844. 1. JOHAN~~ES LINDWORSKY, Psychologie de lascèse. Indications p~~chologiques en vue de l'ascèse. Traduit de l'allemand par Albert Desguigues, Editions «Alsatia». Paris 1937.

LETTERA 1845. * Cartolina illustrata con una vetrata della chiesa di S. Chiara di Caltagirone.

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ANNO 1937 213

un po' meglio e sono sulle mosse di partire. Ti scriverò. Prega per me che ne ho molto bisogno. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi H o appreso con vivo dispiacere il trasloco di Mons. Bargiggia.

Gli ho scritto subito. Scrivimi a Parigi ( 6 e ) Hotel de 1'Avenir - 65 me Madame.

Piazza Armerina, 22 luglio 1937

Carissimo fratello, scrivo la mia solita cartolina, diventata settimanale. Dico

sempre di tornare all'antica hequenza, e mi riduco sempre al settimo giorno. La vera causa è il lavoro che cresce e le forze che, con gli anni, decrescono. Io circa I'ascetica, avevo detto nella pastorale Suggerimenti che è la base della mistica. La discussione cadde su questa parola. Quel che dice il I? Garrigou-Lagrange mi conforta e conferma nel mio antico giudizio. Lasciando da parte la complessissima controversia sul vero carattere della mistica, è certo che I'ascetica è la purificazione per l'unione con Dio. Dice S. Ignazio: «Praticare l'orazione per la mortificazione; e queste due cose per I'unione con Dio». È anche certo che senza la purificazione ascetica, non si arriva alla vita unitiva. La vera vita unitiva è mistica. È certo oltre a ciò, che I'uomo, ogni uomo, può aspirare ail'orazione mistica, e vi si può disporre con la purificazione ascetica. Dico, può disporsi, e non dico, può conseguire, come si conseguono le virtù nel lavoro ascetico. La contemplazione mistica è dono gratui- to. Dio, però, quando l'uomo è stato generoso nella purificazione ascetica, non lo nega. Dio chiama tutti alla vera santità, che è sempre mistica, benché non sempre abbia tutti i fervori mistici. Sto bene. Il tempo è sempre mite, e ringrazio Dio. H o ricevuto I'opuscoletto Psicologia dell'ascesi, che leggerò. Prega pel tuo

Mario Voglia gradire i miei più rispettosi e riverenti ossequi. Mi

benedica. Giovanni

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LUIGI E MARIO STURZO - WIRTEGGIO

1847

Parigi, 23 luglio 1937

Carissimo fratello, sono già qui da tre giorni. H o visto il dottore omeopatico.

Egli non consiglia l'operazione e dice che con una sua cura fra qualche settimana tutto sarà passato. Ho cominciato la cura. Te ne scriverò. Del resto sto bene e posso lavorare. H o scritto a Mons. Fondacaro circa la divozione al Cuore Agonizzante di .Gesù per gli agonizzanti di tutto il mondo. Sai dirmi chi è il Rettore della Chiesa del Cuore di Gesù a Caltagirone? Gliene vorrei scrivere. Mi pare che tale divozione dovrebbe avere maggiore sviluppo che non ha, dato il numero enorme di quelli che muoiono senza assistenza religiosa.

Un abbraccio di cuore, tuo Luigi

Parigi, 28 luglio 1937

Carissimo fratello, sono di accordo di quel che mi scrivi nella tua del 22

sull'ascetica. Io ho fatto qualche riserva sulla concezione graduale. Per me, l'ascetica e la mistica non sono una gradazione, né la mistica presuppone una purificazione aascetica-non-mistica». Dal momento che l'ascetica è indirizzata alla purificazione spirituale e all'unione con Dio (potrebbe avere altro fine), la mistica è in atto, sia pure inizialmente o implicitamente. Spiego la parentesi. L'asceti- ca è l'esercizio per l'acquisto di un abito, è la purificazione per la vita dello spirito. C'è perciò un'ascetica naturale (quella dello scienziato per la sua scienza), che può arrivare ad abnegazioni straordinarie; c'è l'ascetica stoica (la virtù per se stessa), c'è I'ascetica musulrnana o buddista (in base a una concezione religiosa), come c'è I'ascetica cristiana. Dal momento che l'ascetica è orientata ali'unione con Dio, per la grazia è mistica, in certo modo, mistica. Ecco il mio pensiero, sul quale desidero la tua critica. Sto un po'

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ANNO 1937 2 15

meglio. Scrivimi qui, ali'indirizzo che ti ho dato. Un abbraccio di cuore. Tanti saluti a Giovanni, tuo

Luigi

Parigi, 3 agosto 1937

Carissimo fratello, vedo che passano i giorni; ancora non arriva la tua solita. Ti

scrivo per dirti che da quasi una settimana le mie sofferenze sono cessate; mi riguardo ancora per non ricadere. La cura omeopatica mi giova. Sto ancora qui per qualche tempo. Tu indirizza qui le lettere, finché non ti darò altro indirizzo. Conosci tu l'Uni0 apostolica sacerdotum saecularium sub auspiciis S.S. Cordis lesu '? Credo sia di recente fondazione (ai tempi di Pio X). Io mi ci sono associato dal marzo scorso. Non vi sono veri obblighi. Tutto quello che un sacerdote deve fare nella giornata, è indicato e se ne nota l'osservanza sera per sera con dippiu l'orazione speciale per la Unione, la Messa annuale etc. Ma credo che giova molto a tenere costante la regolarità giornaliera e lo spirito di unione fra i sacerdoti. Da tre o quattro anni sono associato alla Lega Eucaristica fra sacerdoti, con l'obbligo di fare un'ora di adorazione avanti il Santissimo tutte le settimane (e una messa annuale). Ci sono queste opere nella tua diocesi? Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

L E ~ R A 1849. 1. L'Unione apostolica dei sacerdoti secolari, come ricordava Mario Sturzo nella lettera del 12 agosto 1937, ebbe i suoi primi inizi in Germania nel 1640 ad opera di Bartolomeo Holzhauser, con lo scopo di avere buoni pastori d'anime sia nelle città che nelle campagne. Si era nel periodo deUa guerra dei Trent'anni, che creò gravi sbandamenti nel clero e fra la popolazione. I membri deli'associazione si impegnavano a condurre vita in comune, a mettere in comune i beni, a non coabitare con donne, a obbedire ai superiori. L'Unione incominciò a decadere nel XVIII secolo sino ad essere soppressa agli inizi del XIX secolo. L'idea di Holzhauser fu però ripresa dalle comunità di sacerdoti secolari deUa Unione apostolica, fondata nel 1862 a Parigi da Vittorio Lebeurier, con sede presso la basilica del Sacro Cuore a Montmartre.

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

[Paris], 4 agosto 1937

Carissimo fratello, ecco il mio indirizzo. Scrivimi qua fino a che non ti darò altro

indirizzo. Sto bene. Quasi guarito, grazie a Dio. Partecipo al 9. Congresso Internazionale di Filosofia che si tiene in questi giorni alla Sorbonne. I1 Prefetto degli Studi della Gregoriana (l? Boyer) vi ha fatto una relazione sul Cogito di Descartes e S. Agostino. Molti cattolici che parlano e assai bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 5 agosto 1937

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 28. Quel che tu in essa dici circa l'ascetica

è esatto, né io ho da ridire. Io però nella pastorale sull'Orazione, parlavo dell'ascetica cristiana, né potevo avere altri riferimenti. Tu però dici in questa tua cartolina che «l'ascetica dal momento che è orientata all'unione con Dio per la grazia, è mistica in certo modo». Or la mistica non è questa unione; se così fosse tutte le anime in grazia, sarebbero mistiche. La mistica è l'unione nella vita unitiva, in cui ci sono fervori che l'anima puramente riceve. Deve dirsi che l'ascetica è la base delia mistica. Questo io dicevo, questo a te non parve esatto. Ora però con la distinzione che tu fai tra ascetica cristiana e ascetica in generale, l'accordo, credo, è raggiunto. Prega pel tuo vecchio fratello che ha tanto bisogno di preghiera e che ti assicura delle sue e ti abbraccia. Tuo

t Mario

LETTERA 1850. * Cartolina illustrata: HOtel de I'Avenir.

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ANNO 1937

1852 *

[Paris], 8 agosto 1937

Carissimo fratello, Nelina mi scrive di non aver ricevuto mie cartoline. Sto ancora

qui; continuo la cura omeopatica che mi giova. Sto bene. Le sofferenze sono quasi tutte scomparse o attenuate. I1 Congresso di filosofia è finito. Blondel ha avuto un gran successo; il I? Boyer dell'università Gregoriana ha portato la sua ammirazione e il suo consenso, con una riserva che fu subito chiarita sul Mistero deila SS.ma Trinità. Ora vi è il Congresso Internazionale di Estetica. Fa caldo, fortunatamente per me, benché mi sembri un pò troppo. Un abbraccio di cuore tuo

Luigi L'ultima tua è del 27 luglio.

Parigi, 10 agosto 1937

Carissimo fratello, rispondo alla tua del 5 c.m. La questione della mistica

m'interessa. Lascio (almeno per ora) da parte tutto ciò che riguarda la contemplazione infusa e i doni straordinari: guardo la mistica come semplice contemplazione acquisita. Il mio problema è il seguente: se, nel concreto di ciascuna anima, si può concepire una via purgativa che non sia in certo modo (virtualmente almeno) illuminativa e unitiva. Io credo di no; così anche per le altre due, che sono sempre (virtualmente almeno) una sintesi di tutte e tre le vie. La distinzione viene per due note: 1) il processo progressivo ,

dali'una all'altra e alla terza; 2) la prevalenza dell'una sulle altre. Certo, ogni unione per la grazia è unione mistica: noi per la grazia facciamo parte del corpo mistico di Gesù Cristo; noi siamo, per la comunione dei Santi, partecipi a tutti i loro meriti, in quanto nello

L E ~ R A 1852. Cartolina illustrata: Hotel de i'Avenir.

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218 LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

stato di grazia, e per la grazia siamo insieme purgati e illuminati. È evidente che l'unione nella prima via non è quella della seconda o della terza; ma unione c'è. Come iniziare e proseguire la via purgativa senza essere illuminati ed uniti? Io uso le parole in certo modo e virtualmente, per denotare il grado infimo. Sto bene. Un abbraccio, tuo

Luigi

Enna, 12 agosto 1937

Carissimo fratello, sono in questa da stamani. Vi resterò, a Dio piacendo, tre

giorni. Qui ho trovato più caldo che a Piazza. Sto bene. L'Unione apostolica ebbe i suoi primi inizi in Germania alla fine del sec. ,

XVII per opera del Ven. Bartolomeo Holzhauser l ; ebbe seguito in Francia (1858) nel Seminario di Coutames per iniziativa dell'ab. Lebeurier; e compimento nel Belgio sotto l'impulso di Don Beau- loye e del I? Petit gesuita (1870) 2. Pio IX la benedisse (1875); poi

. c'è un decreto o lettera di Leone XII e finalmente l'atto più solenne da Benedetto XV che l'approvò sotto il titolo di Unione apostolica. Nella mia diocesi ci sono gli oblati aderenti, cioè qualche cosa di più, perché sono uniti alla congregazione degli Oblati di Maria. Prega per me e credimi tuo aff.mo fratello

t Mario Rispettosi e riverenti ossequi da Enna, mi benedica.

Giovanni

LETTESA 1854. 1. C&. lettera 1849, nota. 2. P. Adolphe Petit (1822-1914), gesuita, fondatore deile opere Ritiri Operai,

Esercizi spirituali per laici e «Ouvroir du Sacre-Coeur» per soccorrere le missioni in Congo. In una lettera a una devota, che gli chiese di dirigerla spiritualmente, il vescovo Sturzo citava l'insegnamento del gesuita Petit: «Il p. Adoifo Petit della Compagnia di Gesù, morto nel 1914 in fama di santità, soleva dire e insegnare che non si deve mai disperare d'una conversione, e che basta chiederla al Cuore di Gesù per mezzo deli'amore di Maria Lrnmacolata~. La lettera è in P. Steila, op. ci/., p. 120.

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ANNO 1937

1855

Parigi, 14 agosto 1937

Carissimo fratello, ebbi tre giorni fa una cartolina da Nelina, datata da Roma 9

c.m. e poi silenzio. Spero avere sue notizie domani. Sto bene, per fortuna non ho il tempo di annoiarmi. Ti ho fatto spedire un opuscolo dei Rosminiani di Domodossola, dal titolo Della comple- ta offerta d i sé a Dio. È di Donna Angelina Lanza Damiani di Palermo, morta nell'agosto dell'anno scorso l . È una specie di esperienza personale redatta in forma generale. È stata pubblicata anonima e per volere del Generale dei Rosminiani. Desidero che tu lo legga e me ne dia la tua impressione. In preparazione alla festa di domani ho riletto la tua pastorale sulla divozione alla Madonna SS.ma 2. L'ho trovata o ritrovata assai bella. Una osserva- zione: a pag. 4 dici che debbono pregare anche i peccatori anche quelli che han perduto la fede e gli increduli che non l'hanno mai avuta 3. Ed è giusto. Ma poi assegnando le condizioni di una preghiera efficace, naturalmente enumeri tutte le condizioni di una fede viva; così, omettendo le varie distinzioni e il processo della preghiera dell'incredulo verso la fede a quella del credente fervoro- so, dai il senso di una lacuna. Ma poiché non era la preghiera dell'incredulo o dell'uomo di poca fede l'oggetto della pastorale, la lacuna non si nota e non ha importanza. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

L E ~ A 1855. 1. Gli scritti di Angelina Lanza Damiani furono pubblicati con il titolo: Pagine spirituali. Le virtù nascoste. La completa offerta, S.A.L.E.S., Milano 1939.

2. M. STURZO, La divozione alla Madonna Santissima, Lettera pastorale, Soc. tip. S. Giuseppe, Asti 1934, pp. 24.

3. Cfr. op. cit. pp. 3-4: «Noi possiamo pregare sempre, noi dobbiamo pregare sempre; anche quando ci fossimo resi indegni d'ogni altra grazia, la grazia delia preghiera rimane sempre: anche i peccatori più accecati, più induriti, anche queili che hanno perduto la fede, anche quelli che nacquero neila incredulità».

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LUIGI E MARIO STURZO - CARTEGGIO

1856 *

[Paris], 17 agosto 1937

Carissimo fratello, ricevo la tua del 12. Godo che stai bene e giri per la diocesi.

Anch'io sto bene. Spero presto veder Nelina. Non sapevo degli oblati aderenti alla congregazione. Ma l'Unione apostolica non è per una scelta, ma per tutti i preti, e fa molto bene. Prega per me. Un abbraccio di cuore, tuo

Luigi

Piazza Armerina, 18 agosto 1937

Carissimo fratello, il 12 ti scrissi da Enna dove sono stato quattro giorni. Faceva

gran caldo. Più di qui, o almeno, più fastidioso. Anche qui fa caldo, ma lo sopporto. Tutto sommato, sto bene. Ho ricevuto la tua del 10 e a momenti quella del 14. Quel che tu dici circa l'unità della vita spirituale è vero. È quel che insegna S. Tommaso, quando dice che l'essenza della santità è la carità. Però ciò non risolve il problema delle tre età. Certo il bambino è uomo quanto l'adulto, ma certo l'infanzia non è la virilità. Poi la parola mistica ha sensi così speciali e irriducibili, che in nessun modo si possono risolvere in vera unità. Le purificazioni passive, la contemplazione infusa, lo stato di vera unione che è la morte dell'uomo vecchio e la vita dell'uomo nuovo, son cose che è troppo poco dirle in germe nella prima età. Prego per te assai e sempre. Tu non ti dimenticare di me nelle tue orazioni. Tuo

t Mario

LETIZRA 1856. * Carto!ina illustrata: H6tel de i'Avenir