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I NDIRIZZO L INGUISTICO -L ETTERARIO - IX CICLO LABORATORIO DI DIDATTICA DELLA STORIA PROF. ANDREA CHIEREGATO “Volevamo braccia, sono arrivati uomini.” Il fenomeno dell’emigrazione dall’Unità d’Italia alla Grande Guerra. Specializzanda

VOLEVAMO BRACCIA, SONO ARRIVATI UOMINI · Web viewLa docente chiede poi agli studenti di recuperare alcuni concetti delle prime lezioni sulla vita degli italiani all’estero (fase

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INDIRIZZO LINGUISTICO-LETTERARIO - IX CICLO

LABORATORIO DI DIDATTICA DELLA STORIA

PROF. ANDREA CHIEREGATO

“Volevamo braccia, sono arrivati uomini.”

Il fenomeno dell’emigrazione dall’Unità d’Italia alla Grande Guerra.

Specializzanda Chiara Geremia

R11238

Tuo padre giace a più di nove metri di profondità.Le sue ossa sono diventate corallo;

I suoi occhi ora sono perle.Non c'è in lui parte alcuna

che non si trasformi per opera del mareIn qualcosa di ricco e di meraviglioso

Le ninfe del mare di continuo suonano per lui:Ding-dong.

William Shakespeare, 1611

Che puro gioco di lampi sottiliconsuma ogni diamanted'impalpabile schiuma,

e quanta pace che sia nata sembra;quando sopra l'abisso un sole posa,

opere schiette d'una causa eterna,scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.

Paul Valéry, 1923

SEZIONE D’INGRESSO

TITOLO DEL PERCORSO E DESCRIZIONEIl percorso è stato progettato per una classe terza della scuola secondaria di I grado. Il

titolo riprende un frase di Max Frisch “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”, per

evidenziare che il fenomeno dell’emigrazione non può essere considerato solo un

insieme di numeri, ma un evento che incide profondamente nella storia d’Italia (e del

mondo) e che va analizzata sotto diversi punti di vista.

Il percorso approfondisce (per quanto possibile nei limiti del sempre scarso tempo

didattico e delle capacità di ragazzi di 13 anni) il grande fenomeno dell’emigrazione

italiana dalla seconda metà dell’Ottocento allo scoppio della Grande Guerra. Oltre a un

aspetto più strettamente statistico, si vuole analizzare anche la percezione degli

emigranti, di chi rimaneva in patria, e di chi si trovava dall’altra parte dell’oceano ad

“accoglierli”, percezione che non rimane un sentimento personale e soggettivo, ma

diventa mentalità collettiva, che modifica la società sia antropologicamente, ma anche

economicamente e politicamente.

GIUSTIFICAZIONE DELLA TEMATIZZAZIONE IN ORDINE A CONTENUTI E METODISi è deciso di trattare questa tematica in quanto centrale nella storia dell’umanità (da

sempre l’uomo è in cammino, la vita è un viaggio, non solo metaforico) e in particolare

ricondurlo alla storia di un paese, l’Italia, che negli ultimi anni (ma forse decenni) sta

subendo un fenomeno non tanto di ritorno, ma di immigrazione. Capire che l’uomo da

sempre si sposta, in particolare soffermarsi ad analizzare (per quanto possibile) almeno

un tassello di questo fenomeno che a diritto rientra nella categoria di tempo della lunga

durata, può aiutare gli studenti ad aprire la mente su un aspetto complesso e attuale

come quello dell’emigrazione (e quindi immigrazione).

Per approfondire questa tematica gli studenti dovranno recuperare le conoscenze e

competenze storiche acquisite, potranno caricarle di nuovi significati, approfondire il

circolo ermeneutico (cfr Gadamer), maturare una visione delle problematiche attuali.

Significative mi son sembrate le parole introduttive al testo di Villa:

“La storia dell'emigrazione, per essere compresa, ha bisogno di essere inquadrata in un

orizzonte ampio e profondo. Occorre una lunga durata per comprendere quello che

succede nelle regioni, nei Paesi e nei continenti; dietro le vicende, anche quelle minute,

c' e sempre una struttura immobile che resiste da secoli.

L 'emigrazione investe sociologia, geografia, religione, politica, antropologia,

capitalismo, socialismo, civiltà. È un pezzo di vita di (cui la storia non può fare a meno.

Come tutte le storie e fondata su un conflitto permanente che mette a confronto, senza

esclusione di colpi, al di qua e al di là

delle frontiere, i ricchi e i poveri, l 'egoismo e la solidarietà, la paura e la speranza. ”1

Naturalmente non si ha la pretesa di far comprendere agli studenti il fenomeno di lunga

durata, anche perché troppo complesso per la loro età, ma far capire che ci sono

avvenimenti la cui comprensione sfugge ad una analisi immediata, che richiede invece

uno studio approfondito e che sono significativi per la storia dell’umanità. L’obiettivo

di fondo del percorso (come di tutta la programmazione) è di aiutare i ragazzi a

prendere coscienza dell’orizzonte storico di cui sono protagonisti e della sua

relativizzazione, ovvero che esso è determinato dal punto di vista del soggetto, e non

può essere altrimenti. Dobbiamo renderli consapevoli dell’uso che si fa del passato.

Analizzando lo stesso fenomeno attraverso punti di vista diversa gli alunni possono

realizzare come ogni evento non è interpretabile in maniera unidirezionale, ma esistono

molteplici piani, molteplici storie!

Questo percorso inoltre permette far comprendere il valore pluridiciplinare della storia,

che assume significato solo in relazione con altre materie, in particolare qui la geografia

(gli uomini si muovono in spazi reali), l’economia, la sociologia e l’educazione civica,

creando nei ragazzi così anche quella coscienza di uomini e cittadini, corresponsabili

della situazione storica (particolarmente sottolineato questo aspetto nelle direttive

dell’ultima riforma che prevede l’istituzionalizzazione dell’ora di educazione alla

costituzione quale mezzo per promuovere la cittadinanza responsabile). Gli studenti si

trovano a vivere in una realtà multiculturale, a studiare a fianco di ragazzini “migranti”,

a confrontarsi con situazioni in cui ritorna forte l’idea dello straniero-nemico. Una

conoscenza storica del fenomeno è indispensabile per aiutarli a costruirsi un giudizio

fondato e difendibile.

Il percorso getterà delle basi per poter poi proseguire nello studio e nella comprensione

della storia dell’umanità, ma anche della realtà locale in cui sono inseriti. Infatti, se già

1 D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995, pag.7

a cavallo del XX secolo dal Veneto è partita una grande massa di lavoratori, il

fenomeno poi si ripresenta in modo massiccio anche nella seconda metà del ‘900, gli

studenti potrebbero avere nonni, zii o conoscenti che sono emigrati e magari si trovano

ancora nel paese d’emigrazione.

Per affrontare l’argomento i ragazzi dovranno confrontarsi con dei grafici, delle tabelle,

dei dati statistici. Impareranno così a leggere testi diversi, che sono chiamati a

conoscere e interpretare nella vita quotidiana.

Molto importante sarà il lavoro sulle fonti: verranno analizzati documenti di studiosi,

ma anche fotografie dell’epoca, vignette, lettere dei migranti, testi di canzoni (in

educazione musicale). I ragazzi avranno così la possibilità di mettere da parte il

manuale (indispensabile per motivi organizzativi, vista anche la giovane età degli

studenti, ma talvolta diventa un interlocutore sterile) e “fare storia”, entrare cioè

nell’evento non da semplici spettatori passivi, ma da veri protagonisti, in quanto

interpreti degli avvenimenti e dei fenomeni. Il percorso sarà praticante un laboratorio

storico, come auspicato dalla scuola francese, in cui gli alunni saranno chiamati a

collaborare tra di loro per costruire i saperi. Essi rivedranno alcuni concetti e

ripercorreranno la linea cronologica degli avvenimenti potendo così riflettere sulla

dimensione temporale della storia, non schiacciata in un piano progressivo, ma che nel

suo aspetto sincronico assume un valore profondo e prospettico. Questa esperienza

servirà per maturare il senso del tempo e della storia, così da poter affrontare con

strumenti sempre più adeguati lo studio, ma soprattutto la vita.

OBIETTIVI

Obiettivi formativi:

Aumentare il grado di motivazione allo studio della storia2

Stimolare alla ricerca

Rendere lo studente cosciente dell’orizzonte storico in cui si muove

2 In linea con i traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola di primo grado previste dalle Indicazioni per il curricolo: «L’alunno ha incrementato la curiosità per la conoscenza del passato. Si informa in modo autonomo su fatti e problemi storici».(p. 85)

Sperimentare strategie di apprendimento collaborative che permettano ad ogni

allievo di lavorare in base alle proprie capacità e al proprio stile cognitivo per

raggiungere un obiettivo comune.

Conoscenze:l’alunno

Conosce i dati sul fenomeno dell’emigrazione italiana tra ‘800 e ‘900

Conosce la situazione dell’emigrato all’estero

Conosce alcuni termini e concetti specifici (emigrazione, immigrazione,

reclutatori, popolazione attiva,...)

Competenze: l’alunno

legge e interpreta grafici semplici

sa interpretare immagini riguardanti un determinato fenomeno storico

sa confrontare le fonti attraverso la guida dell’insegnante

comprende la presenza di diversi punti di vista e interpretazioni

sa discutere e confrontare la propria idea in maniera costruttiva e aperta

PREREQUISITI e PRECONOSCENZE

L’alunno

conosce gli avvenimenti storici dal Risorgimento italiano alla Grande Guerra

sa prendere appunti

sa cogliere le informazioni principali da un testo

sa muoversi nella linea del tempo

comprende i concetti di popolazioni, lingua e religioni visti in geografia

COLLOCAZIONE DEL MODULO NELLA PROPOSTA FORMATIVA

Il percorso è da collocarsi in una programmazione fondamentalmente diacronica, sia

per motivi organizzativi, ma anche per motivi cognitivi. Se infatti la sincronia permette

di comprendere meglio i fenomeni e il senso della storia, è anche vero che nella scuola

secondaria di I grado ci si scontra con i limiti intellettuali di persone ancora giovani,

che si trovano se non come tabula rasa (molte sono gli input e le sollecitazioni che

ricevono), comunque con una conoscenza storica assai carente, soprattutto in seguito

alla riforma Moratti (53/03) che ha previsto un percorso unico con la scuola primaria

nella materia storica. È dunque bene dare ai ragazzi una linea del tempo a cui

aggrapparsi, in quanto se sprovvisti del senso del tempo non potranno mai maturare un

senso della storia.

Non ci sono precise indicazioni contenutistica per quanto riguarda questo grado di

scuola, ma è sollecitato lo studio del Novecento nell’ultima classe. Seguendo il

realistico progetto di concludere nei primi mesi dell’anno (settembre, ottobre,

novembre) il Risorgimento Italiano e analizzare la situazione politica e sociale (dalla

destra alla sinistra storica, dai movimenti di massa alle condizioni per lo scoppio della

Grande Guerra), questo percorso si situa come momento di stacco per approfondire un

argomento, l’emigrazione, che si è solo accennato, ma che permette di riprendere e

comprendere meglio concetti conosciuti o che si ripresenteranno in futuro. Tutto il

mese di dicembre (8 ore) sarà dunque dedicato a ciò, approfittando anche del fatto che

l’insegnante di storia è generalmente anche quello di lettere, dispone dunque di

un’ampia flessibilità organizzativa d’orario interno e potrà svolgere un’attività che avrà

risvolti anche sul piano della lingua (quindi ampliare il monte ore della disciplina a cui

sono dedicate due ore settimanali).

A gennaio poi si riprenderà la programmazione diacronica affrontando la Grande

Guerra e gli altri argomenti che il manuale propone (naturalmente vagliando e

utilizzando metodologie didattiche adeguate). Si prevede un altro momento di

approfondimento alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che recuperi questa

metodologia e idea didattica dell’analisi più puntuale e approfondita, per costruire con

gli studenti degli strumenti validi e soprattutto una visione storica ampia e cosciente. Il

secondo percorso di approfondimento si svolgerà tra fine marzo e l’inizio di aprile e

andrà ad approfondire la questione femminile riprendendo eventi antecedenti,

focalizzando la situazione italiana (il voto del 1946) e arrivando fino ai giorni nostri.

CORPO CENTRALE

FASI DI LAVORO

Fase di avvio. (tempo:1h)

La prima lezione sarà un’introduzione al percorso in cui attraverso una discussione

guidata gli studenti sono invitati a esporre le preconoscenze sulla situazione storica che

si prenderà in esame (la situazione all’indomani dell’Unità d’Italia fino al 1914 circa)

fino ad arrivare a costruire una mappa riassuntiva comune degli avvenimenti e dei

concetti principali. Particolare attenzione sarà posta alla questione meridionale e alle

risposte della politica.

Il docente spiegherà il percorso che andrà a compiere con gli studenti, il suo valore

didattico e formativo, la necessità di una partecipazione attiva degli alunni.

Per casa ai ragazzi verrà consegnata la fotocopia di un breve brano di Villa3 sulle

condizioni che hanno portato all’emigrazione che gli studenti sono tenuti a studiare per

la lezione successiva.

Fase 1: I dati dell’emigrazione. (tempi: 2h)

La classe si recherà nell’aula multimediale dove gli studenti si sistemano a coppie per

ogni postazione. I computer sono tutti collegati e dipendono da un computer centrale in

cui l’insegnate può verificare il lavoro di ciascuno. Durante questa lezione gli alunni

sono tenuti a prendere appunti su dati e considerazioni in base a delle domande guida

con cui a casa dovranno costruire un breve testo.

Attraverso il sito http://www.orda.it/rizzoli/stella/home.htm4 si accede a varie sezioni

dedicate al fenomeno dell’emigrazione; il lavoro parte dalla sezione “I numeri”.

All’apertura la pagina web presenta quattro fotografie relative ai quattro ambiti

d’analisi. I ragazzi dunque hanno come primo compito quello di descrivere l’immagine

relativa a “L’Italia povera” e giustificarla (perché l’autore ha scelta proprio questa

immagine cosa rappresenta?).

3 D. VILLA, op. cit. vedi allegato 14 G.A. STELLA, L’ORDA. Quando gli albanesi eravamo noi, Rizzoli, Milano, 2002Il sito riprende l’opera del giornalista presentando dati, immagini, informazioni, anche sullo spettacolo nato da questo libro. Dà inoltre la possibilità di interagire con l’autore e discutere con altri lettori.

Si entra poi nella sezione e attraverso uno sguardo globale si cerca di capire quali sono i

criteri che il ricercatore ha ritenuto importanti per studiare la situazione dell’Italia (dati

demografici ed economici). Gli studenti sono quindi invitati a leggere alcuni grafici e a

decifrarli in collaborazione con il compagno; l’insegnante dà delle linee guida e

scandisce i tempi per analizzare ogni grafico (i primi tre sulla situazione demografica,

grafico 4-5-6 sulla situazione economica, grafico 7 sul divario tra Nord e Sud d’Italia).

Si analizzerà poi insieme la sezione relativa all’istruzione, notando in particolare la

differenza tra le spese militari e quelle per l’istruzione e anticipando come

l’analfabetismo sia un problema che sussiste tuttora, che solo con il fascismo comincia

a trovare soluzione.

Si passa poi alla sezione in cui vengono presentati i dati sull’emigrazione: i ragazzi

dovranno capire la complessità del fenomeno che ha avuto protagonisti diversi in anni

diversi e cercare di dare le risposte a questi cambiamenti (l’investimento nelle industrie

che ha portato miglioramento nelle regioni nord-occidentali, ma ha peggiorato la

situazione del Sud). Si prendono in particolare attenzione i grafici 1-2-5, relativi al

periodo da noi studiato, ma si considera anche la lunga durata del fenomeno che ha

visto il Veneto come grande protagonista.

Come ultima sezione è rappresentata la devianza, ovvero la criminalità. Agli studenti

sono proposti i grafici 1-4-5-6-8, in particolare si chiede di spiegare perché l’autore ha

scelto un parametro come quello dei “bevitori”. Si rifletterà dunque sui valori dei dati e

delle fonti, di come cioè la realtà possa essere capita solo interrogando dei dati che la

presentano in maniera autentica e in alcune sfaccettature che possono sembrare

irrilevanti, ma che spiegano invece molto bene alcuni fenomeni.

Molto interessante è anche il confronto con la realtà attuale (quanti albanesi in carcere

del grafico 5) che permette ai ragazzi di relativizzare gli avvenimenti e attribuire loro il

giusto significato.

Domande guida:

Come si evolve la situazione demografica italiana dal 1861 al 1880?

Chi sono le vittime principali e perché?

Che peso ha la disoccupazione e come si manifesta?

C’è relazione tra analfabetismo e povertà? Quale?

Perché il governo preferisce spendere più per gli eserciti che per l’istruzione?

Perché cambiano le regioni di emigrazioni tra 1876/1900 e 1900/1915?

Quali sono le regioni più colpite dall’emigrazione nel primo periodo, quali nel

secondo?

Perché l’autore sceglie come parametro i consumi di vino?

In base ai dati, quali erano seconde te le condizioni di vita dei migranti italiani?

Come erano considerati gli italiani negli Stati Uniti e perché?

Fase 2: Diversi punti di vista, parola agli storici. (tempo: 2h)

L’insegnate raccoglie i testi preparati dagli studenti (che non verranno valutati con voti,

ma considerati delle prove in itinere) e spiega il lavoro che si andrà a compiere.

In questa lezione vengono presentati diversi testi di storici, in particolare un brani di G.

Volpe5, A. R. Leone6, di D. Villa7.

Il brano di Volpe viene letto e analizzato insieme e l’insegnate si proporrà come

mediatore per un testo che risulterebbe troppo difficile per studenti di scuola secondaria

di primo grado. Ad essi però è chiesto alla fine di rileggere il brano e di sottolineare i

passi in cui emerge lo spirito nazionalista dello storico.

La classe è poi divisa in gruppi che dovranno analizzare gli altri brani discutere dei

diversi punti di vista che emergono, di come cioè una stesso fenomeno è interpretato in

maniera differente a seconda delle esperienze e delle visioni che ogni ricercatore

assume. Infatti, se Volpe è dichiaratamente un nazionalista, la Leone è l’autrice di un

manuale di scuola media, mentre Villa è fondatore e strenuo difensore dei diritti degli

emigranti8. Gli studenti dovranno analizzare i testi (sottolineando con un colore le

informazioni e con un altro le interpretazioni) e inserire in una tabella i punti di contatto

(principalmente le informazioni) e ciò che si discosta (le interpretazioni) tra i vari testi.

5 G. VOLPE, L’Italia in cammino, Laterza, Roma-Bari, 1991, pp 64-67; 151-153 (allegato 2 )6 A. R. LEONE, La nuova storia 2. L’Età del Risorgimento, Sansoni, Milano, 2004(3ediz.), pag. 116 (allegato 3 )7 D. VILLA, op.cit., pp. 61-63 (allegato 4)8Deliso Villa nasce a Piacenza nel 1923, per 22 anni vive in Francia, Belgio e Lussemburgo al servizio dei nostri emigrati.A Parigi per 15 anni dirige il settimanale "L'Eco d'Italia". La rivista in poco tempo, diviene il più diffuso giornale di emigrazione edito in Europa.Ha fondato l’A.D.V.E., associazione per la difesa e la valorizzazione dell’emigrazione. È vice-presidente dell’A.N.E.A., una delle più importanti associazioni a carattere nazionale che operano nel mondo dell’emigrazione. Ha partecipata alla nascita di “LA VALIGIA”, associazione di ex-migranti.Tra le sue opere ricordiamo L’emigrazione italiana. Il più grande esodo di un popolo nella storia moderna, edizioni BST.

Seguirà poi un momento di confronto con tutta la classe (comunità ermeneutica)

guidata dall’insegnante.

A casa dovranno completare la tabella analizzando altri brani dati dall’insegnate

(allegato 5-6).

Fase 3: Diversi punti di vista, la vita degli emigranti. (tempo: 2h)

La lezione si apre con il confronto delle tabelle che ogni studente ha completato a casa.

La docente chiede poi agli studenti di recuperare alcuni concetti delle prime lezioni

sulla vita degli italiani all’estero (fase 1 sui dati statistici).

Vengono proposte attraverso la videoproiezione diverse immagini che propongono

visioni differenti sull’emigrazione9, in particolare sulle difficoltà del viaggio

oltreoceano.

In gruppi (diversi dai precedenti, sempre stabiliti dall’insegnante) i ragazzi sono

chiamati a riflettere sulla diversità delle aspettative e della realtà dei migranti, anche

attraverso la lettura di brani che verranno consegnati in fotocopie (allegato 7-8). Come

risultato gli studenti dovranno scrivere un testo che evidenzi i motivi che hanno spinto

gli emigranti a partire e le condizioni in sui si trovavano a vivere portando motivazioni

e argomenti a sostegno delle loro tesi.

A casa gli studenti approfondiranno l’argomento leggendo a scelta alcuni testi proposti

dall’insegnate su i vari naufragi o massacri di italiani10. Dovranno inoltre costruire una

mappa geografica dei flussi migratori del periodo studiato ().

Fase 4: conclusione. (tempo: 1h)

In questa fase si riprende il filo del discorso ripercorrendo il percorso e sollecitando gli

studenti a far emergere le loro riflessioni e le considerazioni sull’utilità di questo

modulo, sia sul piano formativo che didattico. Qui verranno ripresi anche gli spunti

colti nelle altre discipline in cui si è lavorato parallelamente, in particolare musica, dove

si sono analizzati dei canti dei migranti. Inoltre sarà l’occasione per cogliere alcune

considerazioni sullo spettacolo basato sull’Orda e realizzato la sera precedente nel

teatro della città a cui gli studenti sono stati invitati a partecipare.

9 Le immagini sono ricavate da http://www.odissee.it/index.spm , in particolare le sezioni “ L’adescamento” e “L’incubo dei naufragi”, “La vita di bordo”.10 Brani tratti dai libri di G.A. STELLA, Odissee (…) e l’orda (..)

Vengono anche ripresi alcuni concetti che serviranno poi a comprendere meglio il

fenomeno della Grande Guerra, di cui si son già visti i prodromi (gli stati investono più

nelle armi che nell’istruzione: ecco cosa significava la corsa agli armamenti!).

Durante le vacanze(di Natale) dovranno completare la lettura di uno dei libri di Stella

(Odissee o L’Orda) e scrivere un testo in cui paragonano la situazione degli emigranti

italiani con quella degli immigrati che oggi sbarcano nel nostro paese (il testo può

comprendere anche il confronto fra immagini significative del fenomeno migratorio nei

diversi periodi storici).

STRUMENTI

Il percorso prevede l’utilizzo dell’aula multimediale, del videoproiettore, di testi di

diverse genere (immagini, brani scritti, carte geografiche, rappresentazioni teatrali).

I testi e le immagini si trovano in:

A. R. LEONE, La nuova storia 2. L’Età del Risorgimento, Sansoni, Milano,

2004(3ediz.)

G.A. STELLA, ODISSEE. Italiani sulle rotte del sogno e del dolore, Rizzoli, Milano,

2004

G.A. STELLA, L’ORDA. Quando gli albanesi eravamo noi, Rizzoli, Milano, 2002

D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995

G. VOLPE, L’Italia in cammino, Laterza, Roma-Bari, 199

http://www.odissee.it/index.spm

http://www.orda.it/rizzoli/stella/home.htm

http://www.scuolaedeamicis.com.ar/progetto2004/03.html

SEZIONE D’USCITA

PROVE DI VERIFICA

Le verifiche in itinere consistono nei lavori che i ragazzi producono nel corso delle

lezioni e a casa, molto importanti sono anche le discussioni che si svolgeranno in classe

dove l’insegnate potrà valutare il grado di comprensione e di i sviluppo del senso

critico.

La prova sommativa consiste nel testo che gli studenti dovranno elaborare a casa e che

richiede, oltre alla comprensione del lavoro svolto in aula, anche una rielaborazione

personale nel confronto con l’attualità, a cui si è sempre guardato, ma che spetta allo

studente interpretare con i nuovi strumenti maturati.

CONNESSIONI PLURIDISCIPLINARIIl percorso ha una struttura internamente pluridisciplinare, in quanto la storia di per sé

può essere studiata solo se lo sguardo non si limita a un piano (magari gli avvenimenti

puntuali di storia politica), ma comprende le diverse dimensioni della vita dell’uomo,

protagonista e interprete della storia.

In particolare ci sarà una stretta relazione con educazione musicale che analizzerà in

parallelo alcuni canti dei migranti italiani (fonte preziosa), mettendo in luce dunque

diversi concetti che si intersecano con quelli analizzati in storia e costituiscono una base

comune di lavoro.

Sul piano dell’educazione linguistica sarà lo spunto per una riflessione sul valore della

lingua (come veicolo per l’Unità) e sul suo sviluppo (i testi delle canzoni, ma anche

alcune lettere saranno i documenti che i ragazzi sono chiamati ad esaminare).

In matematica si può compiere un lavoro di analisi sui grafici analizzati nella prima

fase del percorso, così da comprendere meglio il senso di “numeri” che rappresentano

persone!

Lo studio delle immagini può essere approfondito in ed. all’immagine, dove

l’insegnante sottolineerà il valore delle immagini e la loro costruzione come un aspetto

fondamentale della retorica di un periodo (percorso che verrà approfondito con il

fascismo).

È invece interno il legame della geografia, sia quella antropica, da cui si ricavano

concetti fondamentali (come demografia, sottosviluppo,…) , che quella fisica, che

spiega, per esempio, perché si è verificata una fuga dalla Basilicata e come si sono

diretti i flussi migratori.

ALLEGATI

1. COME SONO ANDATE REALMENTE LE COSELa nostra storia è arrivata ormai in una zona illuminata: è più facile ora capire come sono andate realmente le cose. Alcuni segni

erano già apparsi all'orizzonte, ma ora il disegno è più preciso. Già è possibile dare un nome all'immagine. c Ritorniamo alla linea di partenza, a11860. La Penisola è arretrata, : priva di risorse. L' agricoltura è antiquata. L' industria muove i primi incerti passi. È su questo panorama arido che si inseriscono gli errori della classe dirigente italiana. 1° -Anzitutto le tasse. Sono eccessive, le più alte d'Europa. Non lasciano alcuna possibilità di risparmio. Essendo legate ai consumi, colpiscono soprattutto i poveri, rendendo la loro vita insopportabile. L' emigrazione è per molti l’unica soluzione possibile. 2° -Lo Stato dispone di risorse limitate. Ma invece di utilizzarle per cambiare il Paese, le mette a disposizione dell'Esercito e delle imprese coloniali. Non rimane nulla per i bisogni sociali. Per molti la fuga è una scelta obbligata. 3°- L 'agricoltura è ammalata. Ha bisogno dunque di essere aiutata, anche perché la maggior parte della popolazione vive ancora sulla terra. Invece viene condannata ad una difficile sopravvivenza. Milioni di contadini sono costretti a partire. ' 4°- È l'industria che prende il sopravvento. Ma è un'industria ancora giovane, incapace di dare il pane a molti. Milioni di lavoratori emigrano perché non c'è posto per loro. Il Paese non ha bisogno delle loro braccia. La storia degli ultimi anni che ci separano dal 1900 e di quelli immediatamente successivi è una storia drammatica, piena di convulsioni e di repressioni. Tra lamenti e grida il Paese cerca un nuovo equilibrio. I poveri agitano con rabbia le loro bandiere insanguinate. L' emigrazione entra come protagonista in questa storia. Sono gli emigrati che, partendo, impediscono alla Penisola di scoppiare. Cacciati dal Paese in difficoltà o emigrati volontari, sono loro che evitano all'Italia una rivoluzione che già era nell'aria(D. VILLA, Storia dimenticata, op. cit., pp169-170)

2. EMIGRAZIONE

Oltre che grande medioevista, Gioacchino Volpe (1876-1970) fu anche autore di opere fondamentali sull’ Italia del '900, tutte ispirate a un 'ideologia nazionalista e caratterizzate al tempo stesso da una forte sensibilità ai problemi economico- sociali. Da una delle sue opere più note, L 'Italia in cammino -una sintesi di storia dell'Italia unita uscita nel 1927 e tutta centrata sulla valorizzazione delle energie vitali del popolo italiano -, so- no tratti i brani che seguono, dove il problema dell'emigrazione è affrontato, in pagine di gran- de efficacia anche letteraria, in una chiave tipica- mente nazionalista: l'esaltazione dell'opera svolta dai lavoratori italiani ne/ mondo si unisce, infatti, a una visione dell'emigrazione come impoverimento demografico, a un apprezzamento della politica africana di Crispi e, in genera/e, alla convinzione che il problema avrebbe potuto risolversi soltanto attraverso le conquiste coloniali.

Tutto il XIX secolo, gli Italiani avevano emigrato: ma solo i figli della borghesia ed aristocrazia liberale, i più temporaneamente, alcuni stabilmente, mettendo sede a Tunisi, ad Alessandria d'Egitto, a Salonicco, nel Sud America, altrove. Ora invece, è essenzialmente emigrazione proletaria, laddove la borghesia si è fatta una patria ed ha subito trovato in essa un modesto ma libero e sicuro campo d'impiego, piuttosto smorzando che alimentando quello spirito di intraprendenza e quell'audacia dell'osare che già erano state doti singolarissime della nostra borghesia cittadina medievale, «quinto elemento del mondo». Il ceto medio si limita, ora, a spostarsi verso i centri urbani, disertando la provincia. Napoli diventa, così, un grande centro di attrazione per i figli della mezzana e piccola borghesia meridionale e siciliana. Da tutta Italia ne attirano Roma e Milano. Anche i proletari si muovono da provincia a provincia (costruzioni ferroviarie, opere edilizie, grandi industrie ecc.); ma la corrente migratoria operaia che scava veramente un solco profondo è quella verso l'estero, che solo fra il '70 e 1'80 comincia ad ingrossare. Precedono le province padane, più in contatto con l'Europa; e la Liguria, donde la crisi della marina a vela spinse molta gente verso l’America, già da tempo meta di commercianti e di navigatori liguri, divenuta quasi la seconda patria di Garibaldi, ligure anche lui. Ma ben presto, l'industria paesana che lì si sviluppava servì, un poco, da freno al migrare. L 'Italia centrale, terra di mezzadri, poco fu tocca. Viceversa, si mobilitò il Sud. L 'aumento delle imposte; la liquefazione dei pochi capi- tali, investiti non tanto in migliorie agrarie quanto in acquisto di nuove terre dallo Stato che quotizzava 1 i demani meridionali, e in aumento della superficie coltivata, anche se male coltivata e mal adatta a coltura; la distruzione dei boschi e il dissodamento di terre collinose e montane, che accrebbe il disordine delle acque e moltiplicò frane e malaria; la protezione concessa ai granicultori del Sud dopo che agli industriali del Nord, con relativo rincaro del pane e disagio di una popolazione fatta in gran parte non di mezzadri ma di braccianti e giornalieri, cioè di consumatori non produttori di grano; le diminuite esportazioni di molti prodotti d'alto reddito e il rinvilio2 del loro prezzo, dopo la rottura dei rapporti commerciali con la Francia; tutto questo, mentre la popolazione saliva a grandi ondate, sollecitò il contadino calabrese e di Basilicata e d' Abruzzo e, in ultimo, di Sicilia. Le zone malariche diedero il primo esempio, in gran- de stile: seguirono le

altre. Agevolavano e stimo- lavano l'esodo la stessa apertura di nuove strade; i richiami d'oltre monti e d'oltre Oceano, per i grandi lavori agricoli, edilizi, ferroviari, minerari; la propaganda delle compagnie di navigazione e ! i bassi noli marittimi. Inizialmente, più numerosa la emigrazione continentale e mediterranea; poi, sempre più la oceanica. Una specie di nuovo moto di indipendenza: solo che, ora, di proletari e contro un nemico che era un po' il governo, un po' altre classi, un po' la comune miseria. Era scemata nelle plebi la tolleranza del duro giogo padronale; e, ancor più, si era trovato un altro mezzo per sottrarsi ad esso, che non fosse la sterile rivolta dei secoli precedenti o il brigantaggio. Ma moto disordinato, istintivo, da principio e poi anche per molti anni. Bestiame abbandonato in cerca di pascolo e acqua. Il loro trasporto sostituisce per le compagnie di navigazione il trasporto degli schiavi negri. «Ammonticchiati là come giumenti -. Sulla gelida prua mossa dai venti -Migrano in terre inospiti e lontane -Laceri e macilenti...», cantava De Amicis, il poeta delle miserie popolari. Emigrato era sinonimo di disperato e miserabile. Vittime senza fine, selezione feroce. La storia non conosce altro esodo così fatto! Attorno al 1880, sono 150.000, fra emigrazione permanente e temporanea dalle varie regioni: di cui 2/3 dal Nord Italia. Nel primo decennio del nuovo secolo, sono 211.000 dal Nord, 108.000 dal centro, 278.000 dal Sud. La percentuale del Sud cresce dal 20 al 46 per cento, quella del Nord scema da 68 a 35 per cento; le cifre assolute del Nord appena raddoppiano, quelle del Sud decuplicano. I Meridionali prendono in genere la via del mare: Tunisia o America. I Settentrionali più volentieri valicano le Al- pi. Quelli, agricoltori, sterratori, manovali, piccoli commercianti; questi, addetti alle miniere di ferro, alle vetrerie, alla edilizia ecc. Emigrazione prevalentemente temporanea o periodica, gli ultimi; permanente o per lunghi periodi, l'altra. Ma pochissimi sono quelli che non partono con la intenzione del ritorno: salvo forse che da alcune zone più disperate donde quasi si fuggiva, maledicendo, come dalla Basilicata, che fu, dopo il 1861, fatta semideserta. Lì non fame di terra, come altrove: «La terra è ingrata», «la terra è amara», dicono quei contadini. Difatti il paese è tutta montagna e collina. Le frane lo devastano. Le valli dei fiumi la costa ionica, unica pianura della regione, so- no dominate dalla malaria, della quale la Basilicata divide con la Sardegna il primato. Quindi le popolazioni sempre più risalgon6 verso l'alto dei monti, dove le terre sono peggiori. Il mondo si venne, in tal modo, popolando di Italiani, a piccoli gruppi o a grandi masse, come se ne formarono a Buenos Aires, a Montevideo, a San Paolo del Brasile; a New- York ed a Chicago; a Marsiglia, a Parigi, a Tunisi, nelle zone mi- nerarie della Lorena e del Lussemburgo. Costruivano la ferrovia transiberiana e mietevano il grano nell’Argentina, spesso le stesse persone, da un anno all'altro, con meravigliosa adattabilità. Dissodavano e mettevano a vigneto la Tunisia, tagliavano la foresta brasiliana per piantarvi il caffè, fornivano di pesce il mercato di Marsiglia, facevano da arrotini e lustrascarpe per le vie di New- York. Portavano particolari abitudini e attitudini di lavoro, quasi da discendenti di quella gente che aveva coperto di strade, di terme, di acquedotti, di palazzi imperiali, di templi il mondo. Ed erano nel tempo stesso, almeno il maggior numero, la forza bruta, il lavoro squalificato e a buon mercato che consentiva lavori meno pesanti e più ti salari alle aristocrazie operaie di Francia, Germania, Nord America: pari, in questo, a negri e cinesi, di cui, un poco, avevano preso il posto ed cui erano facilmente equiparati. Li ricercava in genere l'imprenditore; ma li odiava spesso il lavoratore locale, come un ostacolo alla lotta con padroni: donde esplosioni di violenza collettiva contro di essi, come fu ad Aigues-Mortes ne11893, arrossata di sangue. È una storia di energia e di tristezza, questa

emigrazione italiana e specialmente meridionale, la più impreparata, la più lontana dal costume di vita dei paesi di immigrazione, più abbandonata a se stessa e nella necessità di dover contare solo su se stessa. E si capisce come da questo problema, che era poi il problema delle plebi meridionali, dovesse assai per tempo venir qualche stimolo ad iniziative coloniali nel Mediterraneo. Crispi siciliano, che da esule conosceva Malta e aveva quasi in vista Tunisi francese, si mise primo su questa strada. Ciò lo portava contro la Francia e, assai più, portava la Francia contro di lui, con odio insanabile, eguagliato solo dalla fenomenale incapacità francese di intendere i problemi degli altri e dalla ostinata ritrosia Francese ad ammettere l'esistenza di un'Italia nel Mediterraneo. Ma i tentativi di colonizzare l'Eritrea fallirono, anche indipendentemente dalla rotta di Adua de11896. La buona volontà di pionieri, come Leopoldo Franchetti, si infranse contro un ostacolo elementare: cioè l'emigrazione italiana cercava paesi capitalisticamente progrediti, che dessero alti salari e possibilità di risparmio. Per ciò essa seguitò a battere le sue vie tradizionali, anzi vi si mise con raddoppiato ardore in questi ultimi anni del secolo. [...] Ma ormai [attorno al 1910] le cifre degli emigranti toccavano altezze colossali, che fornivano materia di giusta preoccupazione, sia per ciò che esse significavano, sia per le possibili e probabili conseguenze. Giovanni Lorenzoni, studiando la Sicilia in occasione della grande inchiesta sul Mezzogiorno, ne parlava come di una paurosa incognita ed ammoniva di aspettarsi la redenzione dell'isola non dalle rimesse degli emigranti ma piuttosto da misure che attenuassero l'emigrazione: viabilità, igiene pubblica, acqua, giustizia ecc. Si cominciava a constatare più visibilmente i danni che dal moto migratorio venivano alla compagine familiare, la cresciuta renitenza alla leva militare, la maggiore morbilità e mortalità fra i reduci. Il possesso della Libia e le leggi restrittive americane non influirono affatto nel diminuire l'esodo, come da molti si aspettava. Alla vigilia della guerra mondiale, poco meno di un milione di persone abbandonava annualmente il paese, cioè 3 per cento circa della popolazione. Il più, verso gli Stati Uniti d' America. Nel 1913, su 872.000 emigranti, ben 376.776, cioè il 43 per cento, presero quella direzione. E mentre le partenze crescevano, diminuivano i ritorni e si accentuava il processo di assorbimento degli emigrati. Da una parte, era manchevole la nostra organizzazione scolastica all'estero e la protezione diplomatica sui nostri connazionali: pochi consoli, mal pagati, male alloggiati, male preparati, non sempre di nazionalità italiana, forniti di pochi mezzi in rapporto alla vastissima zona che essi dove- vano vigilare ecc. Negli Stati Uniti, solo 7 consoli di carriera; e quello di Chicago, con 270.000 Italiani sotto di se, portati lì, come altrove, da un esodo frammentario, individuale, proletario, disseminati in città, borgate, campagne, laddove l'emigrazione francese e inglese dava vita a poco numerosi e scelti nuclei urbani, appoggiati al proprio con- sole e a la propria banca ed a proprie agenzie di informazione e linee di navigazione. Per anni ed anni, non un funzionario italiano si vedeva, in regioni dove erano emigrati a migliaia e migliaia, in condizioni di lavoro rischiose e precarie; e nulla si sapeva di essi nei lontani consolati. Dall'altra parte, operava su questa materia poco resistente e abbandonata a se stessa la forza di attrazione dei vari paesi che a molti davano agiatezza e fortuna o speranza di conseguirla, la cresciuta indipendenza dei nostri dal lontano focolare e la maggior capacità loro di orientarsi nel vasto mondo e inserirsi nel- la vita economica e sociale di paesi stranieri, la facilità di acquistar terra e diventar proprietari, i vincoli matrimoniali con donne del luogo, la pressione dei vari patriottismi o nazionalismi locali, ormai baldanzosi ed esigenti ed esclusivi, i quali rendeva- no difficili, anche con offesa di

elementari regole di giustizia, la vita allo straniero, al professionista italiano capace di far concorrenza al professioni- sta indigeno, all'operaio e contadino che manda rimesse in patria e pensa di imbarcarsi appena raccolto il gruzzolo. Come resistere a questa varia e convergente azione di fattori negativi e positivi, in- consci e consapevoli, che mutava gli Italiani in Brasiliani e Argentini o sudditi della Repubblica stellata? Ne derivava che il paese di origine si impoveriva stabilmente degli elementi migliori e più produttivi, cioè dei maschi e più robusti giovani o adulti, e che la sua popolazione seguitava a crescere ma con una percentuale di donne e ragazzi e vecchi maggiore di prima; senza che poi questa massa di gente potesse rappresentare, nei paesi di immigrazione, una sensibile forza per l'Italia. (G. VOLPE, L’Italia in cammino, Laterza, Roma-Bari, 1991, pp 64-67; 151-153)

3. GLI EMIGRANTI Tra il 1881 e il 1910 più di 24 milioni di persone lasciarono i loro luoghi d'origine per raggiungere paesi lontani dove trovare quelle speranze di una vita migliore che la patria aveva loro negato. Fuggivano dalla miseria delle campagne, dai bassi salari dell'industria, da crisi economiche e da persecuzioni politiche. Questa ondata migratoria senza precedenti interessò soprattutto i paesi slavi (Russia ed Europa orientale) e lati- ni (Italia e Spagna) e portò gli emigranti negli Stati Uniti, in Brasile, in Argentina, in Canada, in Australia o in Francia. L Italia fu una delle nazioni più interessate dall'emigrazione. Dal 1876 fino al 1918, più di 14 milioni di persone lasciarono il nostro paese. Di esse i 2/3 circa tornarono, gli altri rimasero nei paesi d'arrivo. L’emigrazione non era sempre spontanea. Gli operai delle città erano più consapevoli della situazione e spesso partivano avendo già un'idea abbastanza precisa del- le possibilità offerte dai paesi dove si recavano. Le campagne, invece, popolate di contadini semianalfabeti, erano percorse da «agenti» che facevano balenare un paradiso in terra e favolose possibilità di guadagno. Ma la differenza tra promesse e realtà era chiara sin dal mo- mento dell'imbarco. Sui moli stessi, intorno a questi contadini ingenui, si muoveva un vero e proprio giro d'affari, manovrato da tavernieri, venditori di alcolici, faccendieri, imbroglioni. Sulle navi si dormiva ammassati nelle stive o nei ponti inferiori, privi di servizi igienici e di assistenza medica. l documenti di bordo attestano negli anni migliaia di morti per asfissia, fame, epidemie. Arrivati a destinazione, la maggior parte non sapeva a chi rivolgersi, non parlava la lingua del posto, non sape- va dove dormire. Ben presto, però, anche l'organizzazione dei nuovi arrivati divenne un affare. Ogni «nazione» aveva creato i suoi punti di ritrovo e i suoi quartieri, come il quartiere italiano di Brooklyn, a New York. Qui, emigrati già ben inseriti ricevevano al porto le reclute e trovavano loro un posto per dormire e un lavoro, ricevendone in cambio una cospicua tangente sui loro salari. (A. R. LEONE, La nuova storia 2. L’Età del Risorgimento, Sansoni, Milano, 2004(3ediz.) p.916)

4. ARRIVANO I RECLUTATORI

Il Paese attraversa una difficile fase di assestamento. Dopo l'unificazione, infatti, tutto il risparmio è stato rastrel1ato per finanziare le strutture dello Stato: strade, ferrovie, scuole, l'Esercito, la Marina. Non ci sono più soldi per le altre cose pure importanti. Bisogna riconoscere che in questo sforzo immane lo Stato non dimentica il Mezzogiorno: il 50% delle somme utilizzate (e spesso una percentuale maggiore) è destinato al Sud. Tuttavia l'agricoltura meridionale non rinuncia all’antica anima feudale. I padroni non hanno alcuna voglia di cambiare; i sorveglianti di turno si limitano a sfruttare i contadini senza permettere loro di vivere. L'emigrazione appare per molti l'unica soluzione possibile, anche se arrivano da lontano racconti inquietanti. C'è, per esempio, la storia di un bastimento (siamo nell'inverno 1873) carico di contadini abruzzesi diretti a Buenos Aires, dove li attendono parenti ed amici, e che finisce invece a New York... O quell'altra che parla di alcune centinaia di emigranti che avevano venduto ogni cosa e avevano consegnato i soldi a un agente di emigrazione e avevano raggiunto faticosamente il porto di Napoli. Lì avevano scoperto di essere stati truffati ed erano stati rispediti a casa, tra molte lacrime e imprecazioni, a spese del1o Stato. Sull'emigrazione, comunque, non ci sono ancora cifre precise, ma si parla oramai di 100.000 partenze all'anno. La quota maggiore si dirige, con molti viaggi di andata e ritorno, verso i Paesi europei. Fino all'irrompere del1a vera e propria emigrazione di massa (vale adire verso i11880) il flusso maggiore è dato dunque dall'emigrazione temporanea. Essa ha origini antiche, coinvolge in modo particolare le province di Bergamo, Brescia, Belluno, l'altopiano di Asiago,la Carnia e il Trentino. Ma ora, impercettibilmente, questa forma di emigrazione cambia, diventa quasi stabile. L'operaio passa dieci mesi all'estero e solo due a casa; e questo ogni anno. Ci sono voci che chiedono di spalancare le porte. L' emigrazione è oramai un fatto necessario; dovrebbe essere potenziata, pecche dalle comunità italiane all'estero possono nascere nuove correnti di commercio. Ma mentre costoro chiedono l'abbandono della politica restrittiva portata avanti fino allora dal Governo, gli agrari del Sud reclamano per l'emigrazione freni ancora più severi. I padroni della terra hanno una sola preoccupazione: i contadini che partono lasciano dei vuoti che è possibile colmare solo aumentando i salari. E questo non lo vogliono accettare. Meglio costringere la gente a rimanere sul posto. I padroni delle terre hanno i loro uomini in Parlamento; non è difficile per loro imporre soluzioni comode, attribuendo ogni colpa ai reclutatori, che cominciano proprio allora a percorrere la Penisola in cerca di lavoratori e di famiglie da avviare verso le Americhe. Sono soprattutto l' Argentina e il Brasile, in quegli anni, che impostano grossi piani di colonizzazione e bussano alle porte dell'Italia. Nel 1873 il Ministro Lanza, pressato dall'opinione pubblica, emana una nuova circolare per disciplinare il fenomeno degli espatri. È ancora una volta una circolare restrittiva: vi si sente la mano pesante degli agrari. Ancora una volta si fa appello ai Prefetti perché scoraggino l'emigrazione, facendo conoscere al pubblico, in tutta la loro crudezza, le esperienze terribili alle quali vanno incontro spesso coloro che si imbarcano.

La conseguenza è che si intensifica l'emigrazione clandestina. Il Governo da una parte sconsiglia, ammonisce, annuncia pene più gravi per i reclutatori; dall'altra offre agli emigranti commiserazione per una classe tanto sventurata di cittadini. Niente di più. Intanto (1874) a Imola e nel Beneventano scoppiano moti insurrezionali alimentati dagli anarchici di Bakunin. L'insurrezione finisce malamente. Crolla la convinzione che le masse popolari possano insorgere spontaneamente, solo accendendo qualche fuoco qua e là. Si fa strada un socialismo più maturo, che cerca di organizzare i lavoratori, dando loro un preciso disegno politico e un programma di rivendicazioni altrettanto preciso. La rete degli agenti di emigrazione raggiunge oramai tutta la Penisola. "Usurai, preti, sindaci, notai -scrive in proposito Giustino Fortunato -trovano in questo mestiere un nuovo modo di applicare la consueta arte del sensale, che la piccola borghesia meridionale era solita esercitare su qualunque operazione economica si compisse sopra le masse contadine... " Succede così che gli emigranti vengano ceduti dagli arruolatori alle Compagnie di navigazione, che poi li fanno viaggiare a fantasia. Succede pure che i mezzani si trasformino tranquillamente in usurai. Dai reclutatori (siamo a Bari ne11874) gli emigranti ricevono in prestito 100 ducati in lire di carta. Dovranno restituirne 1.50 in oro. L'operazione è fatta per gruppi di dieci persone, ognuno delle quali è responsabile per tutto il gruppo. Se qualcuno muore durante la traversata o dopo per malattie infettive, quelli che si salvano, anche se è uno solo, devono pagare per tutti. Se spediscono i risparmi a casa, vengo- no sequestrati alla posta. Eppure non mancano esempi che avrebbero potuto suggerire strade diverse per vincere il terribile flagello. Ad esempio nella provincia di Como l'antica abitudine di andare per lavoro nella vicina Svizzera era stata eliminata sviluppando sul posto nuove industrie e aumentando i salari degli operai. (D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995, pp.61-63)

5. PRIMI DIBATTITI

Una soluzione si impone. Scrive un giornale napoletano: "Alle torme di contadini che, guidati da un anziano o da un prete, si recano nell'America meridionale dal fondo del Salernitano, della Calabria o della Basilicata..., a quest'esodo che lascierà le donne senza sostegno f e i campi senza lavoro, è urgente provvedere". ' Giovanni Florenzano, economista e deputato napoletano legato alla Sinistra, interviene nel dibattito. " L' emigrazione -scrive -rappresenta un danno per il Paese, una grave perdita di capitale umano. La forza di una nazione, la cui economia poggia sulla terra, è l' agri- coltura, che va sviluppata. La popolazione, invece di diminuire, va aumentata. Ad ogni battello che salpa dai nostri porti, carico di contadini, si apre un solco di dolori e di danni nell'abbandonato suolo della Patria ... La soluzione -aggiunge -potrebbe essere trovata nelle colonie, dando in quelle terre uno sfogo alla popolazione meridionale. Nasce così quel sogno colonialista, assai diffuso nel Mezzogiorno, che Crispi -figlio del Sud -raccoglierà più tardi e che procurerà all'Italia innumerevoli guai. In quegli anni (1870-80) è sempre il Meridione che tiene banco. Appare sempre più evidente che l'emigrazione rappresenta una delle manifestazioni più vistose della questione sociale. L'emigrazione è strettamente legata alle condizioni del Sud e ai rapporti di produzione esistenti nelle campagne. Pasquale Villari, con le sue Lettere Meridionali (1876), fa scuola. Il problema contadino e il problema meridionale sono presentati come problemi nazionali, intimamente connessi con gli interessi di quel ceto agrario che aveva compiuto l'unificazione e che allora deteneva il potere. Villari chiede la riforma dei patti agrari e il potenziamento dell'agricoltura. Tuttavia la sua è una visione arcaica: l'Italia è soprattutto campagna e tale deve rimanere nel quadro dell'Europa. In attesa, come rimedio all'antica miseria, non rimane che l'emigrazione. Il problema dell'emigrazione si aggrava: la soluzione imposta dalla Destra, che consiste nel ricorrere a semplici misure di polizia, entra in crisi. Al congresso de-gli economisti, che si svolge a Milano (1875), si chiede una legge che affronti finalmente il problema, sull'esempio dei Paesi più progrediti. La crisi mondiale de11873-74 si fa sentire in modo nefasto nella Penisola. La produzione diminuisce, l'entrata in servizio dei nuovi grandi bastimenti a vapore e l'arrivo dall' America di grandi quantitativi di cereali a prezzi ridotti, mettono in ginocchio l' agricoltura italiana. È il modello liberi sta che è in crisi. Gli industriali, in prevalenza settentrionali, reclamano un muta- mento di rotta nella guida del Paese. Interprete di questa nuova esigenza è Leone Carpi (ex mazziniano, ex deputato della Sinistra) esperto di problemi economici. "È assurdo -scrive -sperare di rendere forte un Paese puntando su un' agricoltura che non riesce a soddisfare i bisogni interni e pro- duce 8-10 etto litri di grano per ettaro, contro i 22 inglesi... Non si può fare affidamento sul sole e sulla pioggia per mandare avanti un Paese di 30 milioni di persone. Non si può lasciare l'economia alla legge del "lasciar fare" ... L 'emigrazione non è che la manifestazione di una crisi che investe l'intera nazione... ". Le carceri sono stracolme di briganti e di ladri rurali. Qualcuno propone di creare delle colonie penitenziarie oltre Oceano (per esempio in Nuova Zelanda o nell' America centro-meridionale) e di scaricare in quelle terre i carcerati di troppo.

Nonostante il suo contenuto bizzarro, la proposta verrà presa in i esame, ma poi abbandonata. (D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995, pp. 63-65)

6. L’EMIGRAZIONE COME ROTTURA

D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995, pp.58-59)

7. AGOSTO 1893: AIGUES-MORTES...TERRIBILE !

Aigues-Mortes è un piccolo centro nel Sud della Francia. Un tempo era porto di mare: è da lì che è partito, a più riprese, San Luigi re di ( Francia, con le sue squadre di crociati, per liberare il Santo Sepolcro. I. Ad Aigues-Mortes vi sono importanti saline. Vi lavorano in molti. Come ovunque, sono presenti anche numerosi italiani. Succede ad Aigues-Mortes quello che succede in molte parti, dove i padroni approfittano della presenza degli stranieri per bloccare le rivendicazioni salariali degli operai locali. Gli italiani non si rendono conto di essere parte di un gioco che danneggia i lavoratori del posto. Hanno bisogno di lavorare e per loro qualunque salario va bene. Esplode la rivolta, improvvisa, terribile. La folla inferocita si scaglia contro gli italiani. Molti vengono linciati, altri feriti, quasi tutti costretti a fuggire. Si parla di 150 italiani gettati ferocemente in un canale. Il numero dei morti non è mai stato rivelato: forse 30, forse 36... Il fatto è gravissimo anche perché le autorità francesi non si sono preoccupate molto di intervenire; e quando 10 hanno fatto hanno cercato più di coprire la tragedia che di individuare e punire i colpevoli. Anche le autorità consolari italiane hanno manifestato uno scarso impegno. In Italia si scatena invece una forte reazione popolare contro la Francia, con attacchi all’ambasciata e al Consolato francese a Roma. Il terribile dramma finisce così in politica; e sono ancora una volta gli emigrati a pagarne il conto; Italia e Francia stanno conducendo una dura guerra sul terreno economiCo e politico. Se ad Aigues- Mortes i lavoratori francesi si sono scagliati contro i loro compagni stranieri è anche perché si trattava di italiani; appartenevano cioè ad una nazione che aveva rotto i rapporti con la Francia per allearsi con la Germania, nemica tradizionale del paese. Per colpa dunque dei giochi della politica, i lavoratori italiani non erano più dei lavoratori da accettare o al massimo da sopportare, ma dei nemici da combattere. Il massacro di Aigues-Mortes mette in rilievo il problema della concorrenza esercitata inevitabilmente dagli emigrati nei confronti della mano d'opera locale. Il problema diventa drammatico sui mercati di lavoro europei, dove la costruzione di grandi opere pubbliche e 10 sviluppo dell'industria richiama migliaia di lavoratori italiani. Ma è presente anche negli Stati Uniti, dove i sindacati alzano la voce e costringono il Governo a controllare con estrema severità l'arrivo dei lavoratori stranieri. Chi non è in regola viene brutalmente cacciato. Gli italiani uccisi ad Aigues-Mortes e quelli assaliti a Zurigo e a New Orleans, gli emigrati rifiutati dai sindacati nord-americani e quelli umiliati in tutti i cantieri del mondo, sottolineano pure un' altra verità amara. L'Internazionale Socialista ancora non esiste nella realtà. La solidarietà operaia ("Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!") non resiste alla prova dei fatti. I lavoratori emigrati, umiliati in Patria, vengono anche all'estero sfruttati, emarginati e offesi. Anche nella classe operaia ci sono lavoratori di prima, di seconda e di terza classe. Ci sono sempre gli ultimi, quelli che vengono da lontano, sui quali è facile scaricare capricci e prepotenze, egoismi e paure.(D. VILLA, Storia dimenticata, Meneghini, Tiene (VI), 1995, pp.185-186)

8. LETTERE

A- Buenos Aires Febrero 1899

Carissimo mio fratello e madre e sorella vi mando queste due righe per dirvi le mie notizzie e anche per sapere le vostre di tutti voi in compagnia mi perdonerete della mia poca cura di tardiare tanto ha scrivere ha voi pero quando devo io devo scrivervi io tribolo tanto che non lo potete credere perche sempre mi viene delle notissie grame e multo piu di quella della mia cara madre che mi rincresse piu di tutto se non e ancora morta Spero che non sara morta in questo mondo siamo nati per tribolare Cara mia madre recomandatevi ha dio che dio vole così portare pasienza altro vi fo sapere che io con mia moglie godiamo buona salute e come pure cosi pensiamo che sara di voi tutti fratello e sorella e nipote vi raccomando la nostra cara madre di più vi fo sappere che sé morta il mio caro figlio le morto ai 12 di dicembre che lera tanto sperto e perquesto ci vole pasiensa cari genitori in tanto che scrivo queste righe mi trema la mano caro fratello mi farai un piacere e come credo che me lo farai quello che guasterai teli mandremo e te devo mandarti ancora quello che ai guastato delle carte del matrimonio ma gho da fare un poco anche io nei denari perché dopo che venuti qui rossi antonio con sua molie non siamo più stati contenti pescialmente la bepina con tutti ga avuto da dire, basta quello che ta recomando de non dire niente fa il tuo dovere sapite a regolare vi salutiamo io e mia molie(lettera non firmata, emigratoemiliano)

B- Al signor Petrei Agostino- CavaliccoJesus Maria il 23 aprile 1878

Charisimo padre e madre io sono venuto con queste due rige a farvi sapere il stato di mia perfetta salute e così spero il simile di voi e di tutta la mia famiglia vi fasio sapere che io mi trovo essere a Jesus Maria con molta alegria a essere 700 più tutti friulani asieme la nostra pusisione e sai bella buona aria e buona aqua al piu e così mi farete sapere se avette volontà di venire ma se avette da venire avette di lavorare di contadino per che lavori non si trova di nesiun arte vi fasio sapere che il sole tramonte dove che cha da noi altri il leva qua la giente si trova tuti a chavallo negri e con una vesta asai bruta e son tutte salvativi domestichati dunque noi altri siamo ancora non abiamo prenduto il tereno perche ano avute le contrarita fra signori e adeso tutte le famiglie ano da farsi confinante alla stazione qua i danari sono a buon mercato la piu piccola moneta si trova di 25 centesimi. Alla mericha sista bene ma bisogna prenderla colla fiacha. Dunque vi prego a farmi una pronta risposta del vostro destino per che anche io poso fare una istanza al chomisario gienerale perche voi venite a gratis e chosi forsi nesiuna maraviglia uno o laltro che veniamo in persona a prendere tute le famiglie vollonta di venire alla mericha e in Americha non si muoie di fame si magna pane fresca e carne fresca e uceli aquantita che in Italia non ge nà. Dunque io non o altro che dirvi solo solo che salutarvi tuti di famiglia e tuti quelli che dimandano di me saludatemi tanto francesco chainero e tutti i miei cugini A Dio A Dio mi firmo di essere vostro figlioPetrei Vittorio   (emigrato friulano)