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VULTURE MAGAZINE 1 Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata Sommario 15 Dicembre 2011 Via Anzio Rionero. Un film lungo 150 Anni A Franco Loriso, ai suoi…25 anni “Il tempo concessovi è abbondantemente scaduto” Lavoratori Fonte Cutolo 5 giorni di cinema e teatro a Rionero Barile. Presentazione del film “Ne Cdo Stine - In Ogni Stagione” Dal Cielo Il Giovane Eritreo Perez Ringrazia Venosa . Lettera Aperta del Dirigente, Corpo Docente e Studenti Liceo Presentazione del libro “Schegge Di Vita Comunitaria” Dalla Basilicata alla citta’ dannunziana per Promuovere i Prodotti Enogastronomici

Vulture Magazine, 15 dicembre 2011

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notizie dal cuore della Basilicata

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Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata

Sommario 15 Dicembre 2011 Via Anzio Rionero. Un film lungo 150 Anni A Franco Loriso, ai suoi…25 anni “Il tempo concessovi è abbondantemente scaduto” Lavoratori Fonte Cutolo 5 giorni di cinema e teatro a Rionero Barile. Presentazione del film “Ne Cdo Stine - In Ogni Stagione” Dal Cielo Il Giovane Eritreo Perez Ringrazia Venosa . Lettera Aperta del Dirigente, Corpo Docente e Studenti Liceo Presentazione del libro “Schegge Di Vita Comunitaria” Dalla Basilicata alla citta’ dannunziana per Promuovere i Prodotti Enogastronomici

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A Franco Loriso, ai suoi…25 anni

25 anni di giornale non sono pochi. Tanti pezzi abbiamo pubblicato su Nuova Città, tanti gli argomenti, sempre diversi, sempre nuovi, funzionali ad una volontà di rinascita mai sopita, spesso delusa. E questo foglio ha contribuito alla gioia come alla delusione, che tanti sforzi, tante ricerche e tante piccole speranze sono state certo accolte dalla gente comune, un po’ meno dalle istituzioni che avrebbero dovuto cambiare il corso della nostra (piccola) storia. Questa è la cifra che ha caratterizzato questo lavoro di giornale, il nostro, diverso e comune, con la forza di vincere sfide, nel volontariato più puro, rimettendoci tempo sottratto alla famiglia e ad altri interessi. Eppure (credo) ce l’abbiamo fatta: nel nostro piccolo, caro Franco, abbiamo rappresentato e continuiamo a sentire un piccolo peso di quanto ci accade intorno, cercando di raccontarlo (ciascuno coi propri mezzi), cercando di carpire dall’ambiente quanto ci viene proiettato,

introitandolo e tentando di migliorarlo. Quanto vorremmo che migliorasse!... Ce la mettiamo tutta, l’entusiasmo giovanile non manca. Abbiamo cominciato a scribacchiare fogli che eravamo poco più che adolescenti: a partire da quell’esperienza comune ai piedi del Gran Sasso d’Italia (erano i primi anni ’70) che ci ha plasmato e motivato; scrivere e fare vignette su fogli ciclostilati in quegli incomparabili campeggi che organizzava l’Azione cattolica; il ricordo va al compianto don Domenico Telesca, e a don Rocchino Talucci, oggi Arcivescovo di Brindisi. Tanti i compagni di viaggio in questi decenni. Fra di noi un rapporto ricco seppur caratterizzato da alti e bassi. Ma siamo fatti così. Eppure sono molte le speranze che portavamo dentro e molte anche le soddisfazioni. Non ci pentiremo di nulla, sono certo, come ragazzi senza tempo, perché “la giovinezza è questo perenne / amare i sensi / e non pentirsi” come scriveva il poeta Sandro Penna, di quelli poco amati dalla letteratura ufficiale. Ma in queste ore ricorre Santa Lucia, e proprio quella omonima canzone di De Gregori (datata ’76) ci faccia sentire sempre adolescenti inquieti (malgrado i capelli siano ingrigiti): “…sia dolce anche la pioggia nelle scarpe, anche la solitudine”. Armando Lostaglio :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

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attività industriale contra legem presso stabilimento della fallita

Fonte Cutolo

“Il tempo concessovi è abbondantemente scaduto”

Egregi Signore e Signori,

che rappresentate i massimi vertici dell’Amministrazione Pubblica a livello regionale per le competenze attribuitevi, Vi informiamo che i sottoscritti lavoratori e, soprattutto, cittadini sono stati costretti ad assumere, ancora una volta, un atteggiamento di denuncia e di protesta rispetto all’inerzia che Vi vede protagonisti di fronte all’illecita conduzione di un’attività industriale e commerciale che, dopo il deposito della dichiarazione di fallimento della Cutolo Michele e Figli Srl, risalente al 29-11-2011, viene proseguita presso lo stabilimento della fallita società ad opera di una società non titolata ad esercitarla. Immediato è il riferimento all’assenza di una concessione mineraria in capo alla nuova ed estemporanea società, che si sente nel diritto di procedere nella conduzione della incriminata attività ed all’assenza delle necessarie autorizzazioni sanitarie previste per la medesima conduzione. Gli scriventi non hanno dimenticato la vacuità degli iter amministrativi da Voi intrapresi mesi or sono in tema di

revoca/decadenza delle concessioni e delle autorizzazioni sanitarie, allora detenute dalla Cutolo Michele e Figli SpA; così come non hanno dimenticato la Vostra inerzia nel permettere alla Acque Rionero Spa di esercitare la medesima attività per almeno sei mesi nel medesimo stabilimento; così come non hanno dimenticato, in aggiunta, che anche questa volta, dopo il fallimento, nonostante i sottoscritti Vi abbiano allertati almeno 10 giorni fa circa la nuova condizione di illegalità, siate capaci di non fermare l’illecito rappresentatoVi. A lor Signore e Signori sfugge l’entità del danno che hanno causato a tutti i lavoratori precedentemente impiegati nell’attività di captazione, imbottigliamento e commercializzazione delle acque minerali appartenenti alle concessioni messe a disposizione della Cutolo, i quali, oggi, ed è bene che lo ricordiate, sono in mobilità perché i Dipartimenti che rappresentate non sono stati capaci di assumere azioni e decisioni, che intraprese nei tempi dovuti, avrebbero garantito, ad avviso di chi scrive, diversi esiti della vertenza. Ebbene, oggi ci rivolgiamo a Voi non solo per chiedere il Vostro ascolto, ma siamo in protesta dinanzi ai portoni dove esercitate la Vostra attività lavorativa di dipendenti della Pubblica Amministrazione regionale per comunicarVi che l’azione che oggi intraprendiamo non avrà termine fino a quanto non avrete fermato, con gli strumenti efficaci che già la legge mette a vostra disposizione, l’attività in corso presso lo stabilimento della fallita Cutolo Srl. Gli ex lavoratori della Cutolo Vi staranno col “fiato sul collo” perché non si ripeta quello che sinora è loro successo a causa delle gravi omissioni commesse, aspetti già deferiti alla Procura delle Repubblica di Melfi.

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Vi rammentiamo, ove occorra, che ancorché diffidatiVi formalmente ad agire correttamente per effetto di un documento trasmessoVi nel mese di settembre, rispetto a tutte le nefaste ed illecite azioni commesse, ad avviso di chi scrive, dalla Acque Rionero Spa e dalla Cutolo Michele & Figli Srl, che avreste dovuto e potuto accertare, non sono stati rappresentati ai firmatari atti amministrativi idonei a rappresentare la volontà decisionale dell’Amministrazione che raffigurate. L’approssimarsi del Santo Natale, che per i responsabili in indirizzo sicuramente e giustamente sarà occasione di gioia e letizia, per gli scriventi sarà occasione di mestizia e di disagio rispetto alle legittime aspettative delle proprie famiglie, le quali non possono tollerare oltre modo l’”indifferenza” con la quale vengono liquidate le questioni sottoposteVi, che rappresentano una grave e dannosa offesa morale nei confronti di chi viene ancora una volta costretto a protestare per la “disattenzione” di chi dovrebbe esercitare un ruolo “imparziale e di buon andamento” delle vicende amministrative.

Chi scrive non è più disposto a fare sconti o ad assumere posizioni concilianti con chi ha sinora omesso.

Va ripristinata immediatamente ed assolutamente una condizione di legalità e di pari dignità, mettendo fine ai privilegi che sino ad ora qualcuno ha esercitato. F.to: LAVORATORI IN MOBILITA’ DELLA FONTE CUTOLO IN PRESIDIO ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

5 giorni di cinema e teatro a RIONERO

Mercoledì 14 dicembre ore 18:30 il critico e regista milanese Davide Rossi terra' nel Centro sociale di Rionero (ore 18:30) una lezione di cinema dell'est europeo e di cuba nel corso di storia e critica del cinema all'universita' delle tre eta' curato dal cineclub vittorio de sica - cinit di Rionero; L'intero corso di 10 lezioni viene svolto da Chiara Lostaglio. A seguire, sabato 17 dicembre, nel teatro la piccola di Rionero, si terra' un laboratorio teatrale su testi di Anna Seghers curato da Davide Rossi con un gruppo di studenti del liceo pedagogico di Rionero. Domenica nel pomeriggio, Davide Rossi presentera' in anteprima italiana il film ne Cdo Stine - In Ogni Stagione (1980, versione originale in lingua albanese, con traduzione simultanea) del regista Viktor Gjika

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Cine Club “Vittorio De Sica” – Cinit Cine Club “Pier Paolo Pasolini”

BasilicataCinema Centro Studi “Anna Seghers - Milano

Palazzo Frusci di Barile

domenica 18 dicembre 2001 ore 17.00

verrà presentato in prima italiana il film

Ne Cdo Stine IN OGNI STAGIONE

(1980) versione originale in lingua albanese, con traduzione

simultanea del regista

Viktor Gjika

Cinema albanese, una storia straordinaria,

la storia di un popolo

di Davide Rossi

Direttore Centro Studi “Anna Seghers”

L’Albania e il cinema Il cinema albanese ha rappresentato una pagina importante della storia cinematografica europea del Novecento e più in particolare del cinema del campo socialista, anche se i due cinquantennali,

quello della nascita del kinostudio nel 1952, nato per documentare le formidabili trasformazioni sociali ed economiche del paese e il primo film albanese “Tana” del 1957 non hanno avuto la risonanza che avrebbero meritato. Molti registi e registe si sono cimentati con successo dietro la cinepresa, ma a tutt’oggi resta insuperato Viktor Gjika di cui presentiamo “Ne cdo stine”, “In ogni stagione”, un assoluto capolavoro, che ancor oggi, quando la televisione albanese lo ripropone, ottiene record di spettatori. La storia del cinema albanese è in ogni caso legata alla storia del popolo e della nazione albanese e occorre ripercorrerle brevemente per collocare appropriatamente la sua cinematografia nel contesto in cui è nata, cresciuta e sviluppata. Intanto il territorio dell’Albania. Montagne erte di picchi scolpiti dal vento, valli scoscese come dirupi. Entrambi a tratti boschivi, a tratti brulli, a trattati terrazzati per le coltivazioni con incredibile, indicibile, millimetrica maestria, a tratti pietrosi. Poi poderosi obelischi di ferro e d’acciaio, che congiungono e tengono insieme cavi elettrici. Salgono, scendono, s’inerpicano ancora, si gettano di nuovo a precipizio con una violenza d’angolo da lasciare senza fiato nel momento stesso in cui riprendono a volare verso le più imprevedibili ripidezze. Rendere coltivabili queste pendenze, queste vertigini, asfaltare queste strade, conficcare nella terra questi pilastri per l’elettricità sono stati in Albania un’impresa al contempo straordinaria e ai limiti dell’umano. Qui strade, terre coltivabili e lampadine hanno chiesto e praticato uno squilibrio, hanno imposto una bilancia asimmetrica, in cui il risultato, immenso e ugualmente piccolo - luce e vie di comunicazione – si è trovato a pretendere ed esigere un prezzo di sudore incomparabilmente superiore all’immaginabile. Tra queste montagne il popolo albanese ha condotto battaglie e resistenze per la propria libertà e indipendenza. Alla metà del 1400, guidato da Giorgio Castriota

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Skanderbeg, padre della patria ed eroe amato da ogni generazione in ogni tempo, dall’inconfondibile elmo ornato da una capra volitiva, ha fronteggiato l’impero ottomano per un quarto di secolo dagli invincibili bastioni della fortezza di Kruja, antica capitale su cui sventolava la bandiera di oggi, largo drappo rosso con aquila bicipite nera, una delle bandiere più antiche d’Europa, insieme a quella svedese. Figli delle aquile, schipetari, così si definiscono gli albanesi, che parlano una lingua non slava, illirica, dalla pastosa musicalità, dalle forti suggestioni. Una seconda epica resistenza è stata condotta nel corso della seconda guerra mondiale contro i nazisti e i fascisti. Nel novembre 1944 l’Albania è liberata dall’impeto rivoluzionario che ha visto i comunisti protagonisti nel sogno e nel sacrificio, nel sangue versato contro i nazifascisti, nel progetto, nelle idee. Nasce la repubblica. Grandissima è la partecipazione alla guerra di Liberazione, molti i caduti, nel ’39 la popolazione è di 800mila abitanti, alla fine della guerra l’esercito regolare antifascista è composto da 70mila volontari, il che significa, escludendo i bimbi in fasce, un albanese, uomo o donna, giovane o anziano, ogni dieci persone, ad essi vanno aggiunti i martiri della libertà, sono ben 28mila, che perdono la vita nei combattimenti, nelle prigioni nazifasciste, negli agguati, nei campi di concentramento. Il contributo albanese alla libertà dell’Europa, in proporzione al numero di cittadini e al territorio, è immenso, un caduto ogni chilometro quadrato del suolo patrio. Il movimento antifascista, come han confermato anche i recenti studi storici di Shaban Sinani, ha un forte impulso, decisivo, con la costituzione del partito comunista albanese, avvenuta l’8 novembre 1941, nato con un doppio obiettivo, la liberazione dagli occupanti e la costituzione di un governo democratico popolare. L’8 settembre ’43 gli italiani passano ufficialmente con gli anglo-

americani e abbandonano i nazisti, dei 25mila militari presenti sul territorio albanese solo cinquemila si uniscono ai tedeschi, 20mila si uniscono ai partigiani oppure, vestendo abiti civili, alle famiglie contadine schipetare. Il genrale Azzi e i suoi soldati formano il battaglione “Antonio Gramsci” e si costituisce il “Circolo Garibaldi”. Nel maggio ’44 nella città meridionale di Permet si forma il comitato antifascista per l’insurrezione nazionale. A novembre l’Albania è libera. Tra quelle montagne, tra quelle valli a precipizio, in quelle rade pianure, lungo le coste adriatiche, i partigiani iniziano a costruire una democrazia popolare con l’aiuto dei sovietici e degli jugoslavi, dei loro tecnici, dei loro macchinari. Anche per i giovani albanesi appassionati di cinema e di fotografia, come per gli altri giovani dei paesi orientali, si spalancano le porte delle scuole di cinema di Mosca, di Leningrado e di Kiev, studi che uniscono le più recenti innovazioni tecniche con l’intelligenza e la creatività di professori che sono tra i più affermati e rappresentativi registi sovietici. Intanto in Albania è in corso un’edificazione totale, in una nazione in cui la popolazione è all’80% analfabeta. Si devono costruire case, scuole, ospedali, presidi medici, fabbriche, portare trattori tra i campi che da tempo immemorabile, ancestrale, hanno conosciuto solo zappe ed erpici. Soprattutto strade ed energia elettrica, una volta costruite le dighe che sfruttino la prepotenza dei pochi ma vigorosi fiumi. Già, ancora una volta, montagne e valli, quelle che Ismail Kadarè nel raccontare in I tamburi della pioggia l’assedio turco contro l’Albania di Skanderbeg così descrive per bocca del comandante della spedizione, Tursun pascià: “… gli erano apparse per la prima volta quelle paurose montagne. … timoroso … non ne aveva mai viste di simili. … il suolo e le rocce parevano proiettarsi furiosamente verso il cielo a dispetto di tutte le leggi della natura.” Asprezza di luoghi, di caratteri, forza come mezzo d’espressione, di lotta e di sopravvivenza, ma anche slancio e

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generosità, questo probabilmente ed altro ancora è l’Albania, ieri come oggi e il suo cinema ne ha raccolto tutta la prepotente vitalità, tutti i più profondi sentimenti. Nell’introduzione a I tamburi della pioggia Kadarè scrive: “… tra la superpotenza ottomana – la moltitudine innumerevole del più potente esercito del mondo - e il piccolo paese di Albania ebbe inizio uno dei più sbalorditivi, aspri e drammatici conflitti del ‘400… il lettore non mancherà di stabilire una relazione tra tali eventi e quelli del conflitto albanese – sovietico del 1960, allorché l’Albania, il più piccolo paese del campo socialista, ha iniziato ad essere oggetto di un feroce blocco economico e politico da parte della superpotenza sovietica. …” I rapporti con i paesi socialisti infatti volgono presto al peggio, anche per la spregiudicatezza del capo partigiano che guida l’Albania con durezza pari a quella delle montagne, Enver Hoxha, la cui rigidità col passare degli anni non aiuterà le sorti del paese. Dal 1960 al 1978 l’Albania avrà rapporti solo con la Cina di Mao Ze Dong. Per poi interromperli, denunciando il carattere antimarxista del pensiero di Mao e dei suoi successori: Hua Guo Feng e Den Xiao Ping. Dal 1978 al 1991 solo studenti europei, africani e latino-amiricani presso l’università di Tirana, rappresentanti di gruppi politici amici del popolo albanese, hanno tenuto vivo il senso internazionalista delle idee della Resistenza. Anche il cinema ne risente, termina nel 1960, dopo un quindicennio, per gli studenti albanesi la possibilità di frequentare le scuole sovietiche che dal 1955 stanno per altro vivendo una entusiasmante stagione di rinnovamento e slancio verso nuove idee, che segnerà il ventennio più fortunato di quella cinematografia. Non bisogna tuttavia dimenticare che l’Albania dal 1945, per lungo tempo, vive l’entusiasmo della costruzione di una nazione finalmente libera dalla presenza straniera, capace di porre fine al feudalesimo nelle campagne e costruire

industrie nelle città. Fonti statistiche occidentali nei primi anni novanta confermeranno i progressi compiuti nel corso di quasi mezzo secolo di potere del partito del lavoro: nella produzione industriale, di energia elettrica, di materiali da costruzione. Con la repubblica popolare è nata un’industria agro-alimentare e conserviera mai esistita prima, la prima ferrovia nel 1947, la prima centrale idroelettrica nel 1951, il centro cinematografico nel 1952, l’università nel 1957. La cultura e l’arte hanno avuto un grande impulso anche con la nascita del teatro nazionale. Il partito intanto invita ad “attaccare i monti e le colline e renderli fertili come le pianure”, ma è un’impresa tut’altro che facile. Nei mesi estivi per oltre quarant’anni le brigate giovanili del partito si sono alternate tra vanghe e pale a dissodar terreni a fianco dei contadini, costruir strade e ferrovie. Un’esperienza vissuta con gioia, principalmente per la libertà di poter stare ragazze e ragazzi insieme, senza il controllo della famiglia, la sera sotto il cielo stellato. Le terre agricole dal 1938 al 1990 raddoppiano, ma non sempre sono fertili come ci si augura. Più fortunato il rimboschimento delle montagne e la piantumazione di alberi da frutto, così come l’allevamento di bestiame, addirittura triplicato nel secondo dopoguerra, in particolare a partire dagli anni sessanta con la creazione di cooperative collettive che hanno superato una dimensione spesso in precedenza di ridotta sussistenza familiare. Il crepuscolo di quella nazione segue il corso della fine del campo socialista, nel 1991 i programmi televisivi italiani captati con fortunose antenne avranno la meglio su qualunque altra idea, la realtà sarà più dura e complessa di quella colorata delle pubblicità occidentali, ma oggi a venti anni da quella stagione l’Albania ha trovato una sua strada che presto la porterà a far parte dell’Unione Europea. Il cinema albanese, come quello di tutti i paesi socialisti, lungo l’ultimo decennio del Novecento ne ha fortemente risentito,

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con una drammatica contrazione dei mezzi economici e tecnici per realizzare pellicole. Il nuovo secolo e il digitale hanno aperto nuove frontiere, nuovi spazi e nuove possibilità, ma si è ancora lontani da un intensa, ricca e varia produzione come accadeva in tempo socialista. Il Kinostudio di Tirana Il Kinostudio apre nel 1952 e inizia a produrre documentari. Viktor Gjika è parte di questa avventura come giovane operatore e nel 1954 viene mandato a studiare presso la scuola cinematografica di Mosca, all’epoca universalmente considerata una delle migliori del mondo e vi resta sino al 1960, fortunatamente riesce a concludere gli studi poco giorni prima della definitiva rottura sovietico – albanese che obbligherà al rimpatrio tutti gli studenti albanesi presenti nelle democrazie popolari. Proprio grazie al Kinostudio nel 1957 si realizza un grande avvenimento, viene girato il primo film albanese: Tana la cui sceneggiatura è opera di un giovane scrittore: Nasho Jorgaqi, amico di Dimiter Simon Shuteriqi, presidente dell’Unione degli scrittori, uomo di straordinaria sensibilità, amico di Anna Seghers, la scrittrice tedesca, e grande difensore della libertà creativa, nonché del giovane Ismail Kadarè. Regista di Tana è Kristaq Dhamo, il film in bianco e nero segue la narrazione, inframezzato da molti balli popolari, di un amore tormentato in un villaggio agreste. Dal 1957 al 1991 l’Albania produce oltre trecento film, dal ’91 a al 2006 ne ha prodotti meno di una ventina. Titoli e storie di questa vasta produzione in epoca socialista meriterebbero una vera e propria storia del cinema albanese. Basterebbe pensare che tra il 1960 e il 1978 i film albanesi sono stati i soli film stranieri proiettati in Cina e ancora oggi molti celebri registi orientali dichiarano apertamente di essersi appassionati e formati guardando le pellicole prodotte in riva all’Adriatico, capaci di coniugare in quel tempo le obbligatorie esigenze

ideologiche con una forte sensibilità ispirata al neorealismo italiano. Zhāng Yìmóu è forse il pi celebre tra questi. Qui potrebbero essere citati titoli e titoli, come il celebre Fronte contro fronte, ma per restare alla sola produzione di Gjika nel 1966 realizza Il commissario della luce dedicato ad una storia d’amore tra due ragazzi in coregia con Dhimiter Anagnosti, nel ’68 Gli orizzonti aperti che spiega con partecipazione e profondità la vita di quegli anni, e di seguito Ottavo il bronzo, dedicato alle memorie partigiane, quindi Le stelle della nottata, nel ’74 Le strade bianche dedicato alla fatica della vita nei lunghi inverni nelle zone di montagna in cui operano alcuni operai della linea elettrica e telefonica, L’uomo cannone dedicato ad un militare italiano che partecipa alla lotta di liberazione e nel 1944 sceglie di restare in Albania tra i contadini con cui ha combattuto, nel ’76 Confronto, nel ’79 Generale grammofono con il celebre clarinettista Laver Bariu, dedicato all’incisione da parte del governo fascista alla fine degli anni venti dei canti popolari albanesi con un’alterazione delle melodie, in modo da avvicinarle alle più importanti canzoni fasciste e preparare in qualche modo l’invasione che sarebbe avvenuta nel 1939. Nell’80 In ogni stagione, con protagonista Arben Imami, oggi politico, interamente dedicato alla gioventù albanese, alla vita, agli studi universitari, ai sogni delle nuove generazioni che non hanno vissuto la Resistenza ma vivono e si amano nella capitale, tra lezioni, sport, serate al cinema al palazzo della cultura. Sorridendo Viktor Gjika ha affermato nel nostro incontro avvenuto a Tirana nel 2006: ”un tempo avevamo qualche vincolo di troppo alla nostra creatività, ma abbiamo prodotto dei film di qualità che ancora sono apprezzati ed anche trasmessi in televisione con regolarità, oggi nessuno sostiene le nostre proposte e i nostri progetti e la maggioranza dei registi è senza lavoro.” Ancora si potrebbe aggiungere della larga produzione di film storici, di film per

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l’infanzia, a partire da quelli realizzati dalla regista Xhanfize Keko. Nel suo insieme insomma un patrimonio cinematografico d’immagini e storie affascinati. Della produzione successiva al ’91 Gjergj Xhuvani è senza dubbio l’autore più capace e Slogans, presentato a Cannes nel 2001 e ora in questa rassegna, uno dei film di più riuscita qualità artistica. Il tema è quello storico, ma rivisto con il pensiero critico del presente. In una scuola di montagna il direttore assegna ai docenti e alle loro classi la scrittura lungo le dorsali delle montagne circostanti di slogan politici, ovviamente affidando frasi brevi ai docenti ritenuti meritevoli e decisamente lunghe a quelli che mostrano meno entusiasmo. Gli slogan vanno scritti formando con le pietre le lettere che poi vanno dipinti di bianco. Piccole rivalità, la complicazione delle relazioni, come spesso in un piccolo paese, nonché il probabile passaggio di Hoxa lungo la strada che attraversa il villaggio danno vita ad una narrazione incalzante e nel contempo molto fedele allo spirito di quei tempi. L’Albania nostra vicina L’Albania è per molti, troppo spesso, lontana e sconosciuta, ma in realtà è vicina, geograficamente, ma anche per la sua storia, l’umanità del suo popolo. I territori di proprietà pontificia nell’Italia meridionale e ceduti del papa a Skanderbeg sei secoli fa, occupati successivamente dalle comunità albanesi che rifiutavano il dominio turco – musulmano, sono oggi all’origine delle comunità italo-albanesi di Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. L’immigrazione dal ’91, raccontata anche dalla bella opera seconda di Matteo Garrone Ospiti, offre da un ventennio un contributo decisivo all’economia italiana in campi, a partire dall’edilizia. Il cinema, come sempre, quando ci racconta sguardi, storie, sentimenti, ci permette di conoscere, di riconoscere nella storia delle donne e degli uomini

lontani da noi, gli stessi nostri desideri, le stesse nostre preoccupazioni. Ovviamente declinati, gli uni e gli altri, secondo il tempo e le caratteristiche sociali che ciascun popolo è capace di darsi. Il cinema albanese è quindi una straordinaria finestra che ci racconta l’Albania per come era e per come è, con tutte le emozioni che il grande cinema, sempre e comunque, è in grado di regalarci. :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: DAL CIELO IL GIOVANE ERITREO

PEREZ RINGRAZIA Gravemente malato, arrivato in Italia il 29

giugno è morto al Crob il 26.10.2011

“Ciao! Sono partito dall’Eritrea il 29 giugno 2011, per arrivare nel vostro Paese, l’Italia. Purtroppo non era un viaggio di piacere, visto che mi attendeva l’ospedale di Potenza. Per un anno intero ho dovuto combattere con una terribile malattia: un tumore virale, che dalle vie respiratorie si è propagato in tutto il corpo, molto velocemente, visto che ho soltanto 21 anni. Ho subito apprezzato la vostra accoglienza. A Potenza moltissime persone mi hanno aiutato a sentirmi un po’ meno lontano da casa e dagli affetti: con me avevo soltanto l’amore di mio padre. Devo ringraziare la comunità dei missionari Vincenziani e i volontari a loro vicini, che mi hanno permesso di arrivare

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in Italia, e tutto il personale dell’ospedale San Carlo di Potenza, i volontari delle associazioni (A.M.A.S.I.) e ( Gigi Ghirotti), per il tempo e le cure che mi hanno prestato. Dopo alcuni giorni di degenza, sono stato trasferito al CROB di Rionero in Vulture, nell’Hospice, dove sono rimasto circa tre mesi, nelle amorevoli mani del personale sanitario, e più vicino al cugino di mio papà, padre Tecle, missionario vincenziano attualmente nella diocesi di Melfi. A Rionero, come a Potenza, molte persone hanno trascorso del loro tempo con me, compresi i sacerdoti. Tanti si sono adoperati per le più svariate esigenze, mie e di mio padre, che mi è sempre stato vicino: dal lavare la biancheria a comprare viveri o regali, a fare passeggiate nei dintorni. Molti sono stati vicini nella mia sofferenza: spesso infatti il dolore sembrava non volersi allontanare da me. Ma anche grazie a tutte le persone vicine, sopportavo questa sofferenza in silenzio, anche se a volte durava ore intere, ed era lacerante. Ora, da mercoledì 26 ottobre, ho abbandonato tutti questi affetti, e sono salito al cielo: Da lassù vi guardo, e prego per voi, così come avete fatto tutti per me. Grazie per tutto ciò che avete fatto quando ero tra voi: E grazie anche per aver permesso che la mia famiglia mi desse l’ultimo saluto nella mia terra nativa, l’Eritrea, ad una viva solidarietà della quale nessuno si è tirato indietro. Grazie per le vostre carezze, i vostri sorrisi, le vostre preghiere, per le volte in cui mi avete strapazzato, stretto, costretto a mangiare, incoraggiato a lottare… Il Signore vi benedica”. Cosa aggiungere a questa toccante lettera del giovane Perez, con la quale avrebbe voluto, se ne avesse avuta la possibilità, salutare e ringraziare tutti quelli che gli sono stati vicini nel corso della terribile malattia che lo ha portato, così prematuramente, in Cielo? Se non abbassare umilmente gli occhi in segno di profonda umiltà! Quale lezione di grande

umanità ci giunge da questa sincera e sentita gratitudine da chi, colpito dalla sfortuna, ha trovato solidarietà e spirito di vera fratellanza cristiana! Nel corso della sua degenza, presso l’Ospedale San Carlo di Potenza prima e l’Hospice del Crob di Rionero poi, il “povero” Perez con la sua docilità, la sua capacità di sopportazione, la dolcezza del suo sorriso, la sua bontà, più che ricevere amore ed affetto ha donato esempio e testimonianza di profonda comprensione. Infatti, una delle tante persone che lo ha conosciuto e gli è stato vicino ha scritto”. Ma quale buona! Il buono era lui, lo straordinario Perez, lui che ha accettato con rassegnazione, con umiltà, la scelta che il Signore aveva fatto per lui”. Il povero Perez non ha potuto certamente assolvere il suo ardente desiderio di esprimere la sua profonda gratitudine a quanti hanno condiviso con lui le sofferenze di un male crudele. Si è fatto interprete di questi alti, nobili e generosi sentimenti padre Tecle, missionario vincenziano , che è stato affettuosamente vicino al giovane eritreo e avrà raccolto le sue ultime parole nel tratto finale della sua sofferta esistenza terrena Michele Traficante ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

VENOSA . 13 DICEMBRE 2011. LETTERA APERTA DEL

DIRIGENTE SCOLASTICO, DEL CORPO DOCENTE E DEGLI

STUDENTI DEL LICEO ORAZIANO. SI CHIEDE PIU’

ONESTA,RESPONSABILITA’ E RISPETTO DELLE REGOLE.

Venosa. In merito ai fatti incresciosi verificatisi circa un mese fa, per due giorni il Liceo Classico e Scientifico del centro oraziano è stato allagato da alcuni alunni dello stesso istituto, è stato stilato

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un comunicato da tutti i componenti che formano la scuola, Dirigente scolastico, corpo docenti ed alunni. Ecco il contenuto di questa lettera, che è stata consegnata ai genitori nell’incontro scuola-famiglia dello scorso 13 dicembre: “Perché si allaga una scuola? Perché la si rende inagibile? Domande a cui cercano una risposta sia il dirigente sia i docenti sia gli studenti sia tutto il Liceo di Venosa. Mai si era verificata una situazione del genere! E’ così che si è deciso di stilare un documento, una lettera aperta, che raccoglie qualche riflessione e tende a ribadire, anche a chi sembra non porre più fiducia nelle istituzioni, l’importanza ineludibile della scuola!

Tutti quelli che ci lavorano, compresi gli studenti che la frequentano, sanno che solo a scuola si possono acquisire strumenti per leggere la realtà, quella realtà che gli autori degli atti vandalici, evidentemente non conoscono forse perché finora nessuno di loro è stato messo in condizione di rendersi consapevole del rispetto di sé, che passa attraverso il rispetto degli altri e delle cose di tutti, della scuola appunto. Il Liceo ha il compito di promuovere comportamenti che al centro abbiano il rispetto: valore cardine del vivere civile. E se oggi si declina tanto il verbo indignarsi e lo si traduce in atti di becero teppismo, questo accade perché dietro quell’indignazione c’è solo il nulla!

C’è l’incapacità di far ricorso alla parola, al dialogo! Ma è nostro dovere pure tentare di leggere quanto è successo: mancanza di credibilità, mancanza di autorevolezza, sfiducia nella scuola, che non viene più percepita come mezzo di ascesa sociale e come strumento indispensabile per la costruzione del futuro dei nostri giovani. Un clima di sfiducia ci avvolge, ma noi vogliamo rimettere la scuola al centro, nella profonda convinzione che possiamo uscire da questa crisi solo con la cultura, fornendo ai nostri ragazzi conoscenze e competenze di alto livello. Vogliamo inoltre che questa “crisi”, in atto nella nostra scuola, non sia solo un motivo per mettere in discussione la validità dell’azione educativa dei docenti e di tutte le forze lavorative che operano nell’Istituto, ma diventi piuttosto, nel senso greco del termine, un momento di riflessione e di discernimento, attraverso i quali si arrivi ad uno spartiacque tra ciò che è stato e ciò che noi vorremmo che fosse in futuro: un coinvolgimento più autentico e reale delle famiglie nel processo educativo e formativo dei propri figli; una collaborazione guidata da una condivisione di intenti e da un’assunzione di responsabilità da parte di tutti coloro che sono coinvolti in questo processo; un’azione educativa basata sulla reciproca fiducia. Tutto questo risulta indispensabile da un lato per far sì che gli insegnanti non vengano visti come dispensatori di voti o di giudizi senza appello, ma come coloro che, come il termine stesso suggerisce, dovrebbero lasciare un segno dentro questi ragazzi, dall’altro affinché gli stessi alunni comprendano l’importanza del processo educativo e formativo che hanno intrapreso. Pertanto, sperando che ciò possa accadere, noi vogliamo con forza esprimere tutta la nostra volontà di riprendere il cammino senza sottrarci ai nostri doveri di educatori, doveri per noi prioritari rispetto a quelli di specialisti delle discipline che insegniamo.

Page 14: Vulture Magazine, 15 dicembre 2011

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Ripartiamo dalla scuola, ripartiamo dalla cultura, ripartiamo dai valori etici e civili della nostra civiltà. Stringiamo più forte il patto educativo con le famiglie. Onestà, impegno, rispetto delle regole, responsabilità: ripartiamo da qui per i nostri figli!”. Il Dirigente scolastico, i docenti e tutto il personale del Liceo “ Q.Orazio Flacco” di Venosa ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Presentazione del libro di DONATO DI LUCCHIO

BICENTENARIO DI AUTONOMIA COMUNALE

NEL 150° DELL'UNITA' D'ITALIA 1861 - 2011

SCHEGGE DI VITA COMUNITARIA

RRIIOONNEERROO IINN VVUULLTTUURREE,, BBIIBBLLIIOOTTEECCAA ""GG.. FFOORRTTUUNNAATTOO""

SABATO 17 DICEMBRE 2011 - ore 17:00

Interventi:

"Aspetti politico-amministrativi della Città" Antonio Placido Sindaco di Rionero in Vulture

"Aspetti socio-culturali della nostra Comunità" Giuseppina Cervellino Dirigente scolastica

"Riflessioni di ordine religioso della nostra gente" S.E. Mons. p. Gianfranco Todisco Vescovo della diocesi di Melfi, Rapolla, Venosa

Moderatore:

Giovanni Rivelli Giornalista Capo Ufficio Stampa della Regione Basilicata

Conclusioni dell'Autore Donato Di Lucchio

Intermezzi musicali:

Gruppo del complesso bandistico "G. Verdi - Città di Rionero in Vulture"

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: DALLA BASILICATA ALLA CITTA’

DANNUNZIANA PER PROMUOVERE ANCHE I

PRODOTTI ENOGASTRONOMICI DELLA PROPRIA TERRA. ZOLFO VINATTERIA PRESA D’ASSALTO DA TANTI GIOVANI ABRUZZESI

Pescara - Lo scorso 7 Dicembre 2011 nella città Dannunziana è stata

Page 15: Vulture Magazine, 15 dicembre 2011

VULTURE MAGAZINE 15

inaugurata Zolfo vinatteria in via De Cesaris 22/24, a pochi passi da Viale Regina Margherita e da piazza Salotto (il centro pulsante di Pescara ). Giuseppe Zolfo, intraprendente pescarese, figlio di genitori di Ginestra, Alfredo e Rachele, da anni abita nella cittadina abruzzese, dopo aver svolto lavori di promozione di computer,ha pensato di aprire questo locale per promuovere anche i vini lucani, come le Drude dell'azienda agricola Laluce di Ginestra (vedi foto), Cantine del Notaio di Rionero in Vulture, il tutto accompagnato da prelibati prodotti lucani come i calzoncelli ripieni di mandorle e cioccolata. In questi giorni il locale è preso d’assalto dai tanti giovani pescaresi, vuoi per curiosità, vuoi anche per gustare questi prodotti enogastronomici della Basilicata. Avvicinato Giuseppe Zolfo ha riferito: “mi è piaciuto chiamare il locale vinatteria perché nel Medioevo esistevano le arti come quella dei vinattieri che crearono già nel 1288 una propria corporazione, il cui simbolo era un calice rosso su fondo bianco. Mi piace lavorare in mezzo alla gente, non sopporto il lavoro impiegatizio, dietro ad una scrivania. Ringrazio i miei genitori che mi hanno sostenuto in questa attività che servirà anche a pubblicizzare alcuni prodotti della terra lucana, dall’aglianico del Vulture, ai calzoncelli con la mandorla e la cioccolata, fino ai salumi di Avigliano. Anche il vino biologico Madonna delle Grazie di Venosa rientra tra i vini da gustare. Punto a creare qualità del cibo e soprattutto del vino” . l.z.

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