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VULTURE MAGAZINE 1 Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata Sommario 28 Maggio 2010 “A Barile, Un Libro Digitale Su Una Fiaba Di Grimm”………………………….......…..PAG. 2 23° Edizione Del Festival Dell'artigianato Lucano ………..............…….………...….. PAG. 2 Ar’niur’ E Arn’uris”, Storia E Vita Di Un Paese…………………..……...……………….PAG. 3 Alle Origini Del Primo Maggio In Basilicata…………………………...………………….PAG. 6 Convegno All’irccs Crob Sui “Tumori Cutanei E Del Melanoma”…………….………..PAG. 7

Vulture Magazine - 28 Maggio 2011

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notizie dal cuore della Basilicata

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Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata

Sommario 28 Maggio 2010

“A Barile, Un Libro Digitale Su Una Fiaba Di Grimm”………………………….......…..PAG. 2 23° Edizione Del Festival Dell'artigianato Lucano ………..............…….………...….. PAG. 2 “Ar’niur’ E Arn’uris”, Storia E Vita Di Un Paese…………………..……...……………….PAG. 3 Alle Origini Del Primo Maggio In Basilicata…………………………...………………….PAG. 6 Convegno All’irccs Crob Sui “Tumori Cutanei E Del Melanoma”…………….………..PAG. 7

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A BARILE , UN LIBRO DIGITALE SU UNA FIABA DI GRIMM

BARILE – Presentato nei giorni scorsi, nell'aula magna dell'Istituto Comprensivo “Giovanni XXIII” del paese , a cura di un team di docenti , Maria Belluscio e Raffaella Palermo, un libro digitale sulla fiaba (allegata Foto) più conosciuta dei Fratelli Grimm . La proiezione del filmato ( visionabile anche on-line sul website della scuola e curato dalla vicaria dirigente scolastica) ha dato la possibilità a tanti genitori e nonni dei bambini della classe 2^ (scuola primaria) di gustare il prodotto multimediale, costato un intero anno di prove, disegni, preparazione di soggetti , riprese con una webcamera, dialoghi , in tandem con il webmaster Giovi.ma (vds. FB). A nome dell'Amministrazione Comunale , su espressa delega del sindaco Giuseppe Mecca, ha seguito tutta la performance innovativa e di elevato livello tecnologico , Donato M. Mazzeo, assessore alla Cultura, Comunicazione, Eventi artistici che ha porto il saluto dell'ente locale , citando l 'impegno nel tempo della prestigiosa classe magistrale barilese . Mazzeo ha pure ribadito che l'affabulazione in lingua -madre locale ha avuto esempi di grande importanza , sino agli anni settanta del secolo scorso, con Mastro Raffaele Belluscio , tradotto pure in lingua tedesca dal glottologo albanese Martin Camaj all'Università di Monaco di Baviera.

“Senza memoria del passato non c'è futuro per le nuove generazioni” ha concluso l'assessore , dando la parola ad un genitore , Emilio D'Andrea, giornalista e saggista, recentemente insignito a Torino , alla presenza dell'Ambasciatore della Repubblica d'Albania Llesh Kola, della medaglia d'oro (1° classificato) alla decima edizione, in bilingue , del concorso letterario nazionale “Principe Giorgio K. Skanderbeg”, promosso dall'Associazione Culturale “Vatra Arbereshe” di Chieri , presieduta dal lucano prof. Enzo Cucci, segretario Antonio Gioseffi. .

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: Da Agenzia LUCANIA NETWORK Rionero in V. (PZ) Tel. 339.5293372 www.lucanianetwork.it su Facebook: 'Lucania Network'

23° Edizione del FESTIVAL DELL'ARTIGIANATO LUCANO e 4° FESTA DEL PENSIONATO ARTIGIANO, a MELFI (PZ) c/o l'Hotel Ristorante 'Novecento', GIOVEDI 2 GIUGNO 2011 a partire dalle ore 11, a cura della Confartigianato Provincia di Potenza e Associazione Artigiani del Vulture-Melfese; Associazione Artigiani Pensionati e con il patrocinio della C.C.I.A.A. di Potenza. Nel corso della manifestazione: resoconto dell'attività delle associazioni, cerimonia di premiazione di artigiani e pensionati

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alla presenza di autorità locali, provinciali, regionali e nazionali, degustazione prodotti tipici lucani, sculture e realizzazioni a mano, piano bar con Anna e Giò, defilè moda con ospiti e attrazioni. Presentano Antonio Petrino e Alessandra Mettola. LA S.V. E' INVITATA A PARTECIPARE. N.B. Per il programma completo, gli ospiti, gli artisti e coloro che interverranno Tel. 320.0566744. Antonio Petrino ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: “AR’NIUR’ E ARN’URIS”, STORIA E

VITA DI UN PAESE Spettacolo teatrale in dialetto scritto e diretto da Gerardo Nardozza di Michele Traficante

Un altro grande e meritato successo dell’Associazione culturale “Rivonigro” che con il suo affiatato gruppo teatrale ha dato ancora una volta prova di grande versatilità e professionalità con la messa in scena dello spettacolo in dialetto rionerese “Ar’niur e arn’uris”. Storia e vita di un Paese, scritto e diretto dall’ormai noto poeta dialettale e regista Gerardo Nardozza, autore di apprezzate raccolte di poesie e di testi teatrali in vernacolo. Un lavoro certo particolarmente impegnativo, quest’ultimo di Nardozza, poiché l’autore si è cimentato nella trattazione, seppure simpatica e

divertente, delle fasi più importanti della storia di Rionero e dei rioneresi attraverso i secoli. Infatti, i bravi attori per hobby e per passione, una ventina, maschi e femmine, bambini e adulti, per circa sei mesi sono stati impegnati nella non facile impresa di rappresentare l’humus storico e leggendario della comunità rionerese negli aspetti salienti dell’indole e del costume. E, onestamente, bisogna riconoscere che vi sono riusciti alla grande, testimoniato fra l’altro dal successo della critica e del pubblico che numeroso ha assistito ed applaudito, anche a scena aperta, agli spettacoli. Lo spettacolo, in due atti, con un narratore d’eccezione, il parroco della Chiesa Madre don Giuseppe Cacosso, prende le mosse dagli albori della città del Vulture dall’epoca romana, addirittura dal 291 a. C., come pagus di Venosa e poi, a volo d’uccello, ma in modo molto significativo ed efficace, si passa al “Rivus niger” ( Rivonigro) del 1152, dall’abbandono del casale e l’emigrazione verso Atella nel 1330 al ripopolamento dello stesso, anche per opera degli profughi albanesi, del 1530. E poi il rapido ingrandirsi del XVIII secolo, sempre come casale di Atella, con l’arrivo delle famiglie più note ( i Fortunato da Sieti di Giffoni sei Casali ( Salerno), i Catena da Balvano, i Giannattasio da San Cipriano Picentino ( Salerno), i Corona da Teora, i Rotondo da Gambatesa ( Campobasso), i Pessolano da Atena Lucana, i Calvanese da Nocera ecc. che, nel corso degli anni, tanto hanno tanto influito sullo sviluppo socio economico e culturale della cittadina del Vulture). E poi ancora, l’agognata autonomia amministrativa del 1811, auspice Giustino Fortunato senior ( 1777-1862), procuratore generale nella Corte criminale, referendario al Consiglio di Stato, così come recita la lapide fatta apporre nella piazza principale, a futura memoria, in occasione del primo centenario. Altro simpatico evento, rappresentato anche con momenti esilaranti, in verità fra lo storico e il

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leggendario, è il trafugamento( nel 1805?) della statua di San Marco dal convento “Santa Maria degli Angeli” di Atella e la sua proclamazione a patrono di Rionero In Vulture. Particolarmente vivaci e colorite le scene della ribellione dei contadini rioneresi stanchi di subire soprusi e angherie da parte dei proprietari terrieri e degli esosi governanti del tempo. Famose le grida ” Ma che pagamenti e fiscali! Che Regia Corte! Volimo fa come li frencise” indirizzate il 15 dicembre 1793 dal popolino esasperato verso gli esattori che volevano esigere tributi ormai insopportabili, anticipando così di alcuni anni con la loro ribellione i moti risorgimentali. Non poteva mancare un cenno al martire rionerese Michele Granata, impiccato nella Piazza Mercato di Napoli il 12 dicembre 1799. Una prova superba, questa del Gruppo teatrale “Rivonigro” che, pur essendo composta da attori dilettanti, ha mostrato grande capacità interpretativa e di saper tenere magnificamente il palcoscenico. Alcuni di loro, ormai veterani del palcoscenico, hanno mostrato notevole talento e acquisito tale “verve” nella recitazione da fare invidia a tanti attori, così detti, professionisti. Bravissimi soprattutto nel calarsi nei personaggi interpretati, dal popolino col suo linguaggio dialettale, colorito, espressivo, diretto e talora mordace, con la sua indole docile e a volte rassegnata ma pronta ad insorgere e ribellarsi di fronte ai soprusi e alle angherie dei padroni arroganti. Dal giovane signorotto don Pasquale (Antonello Di Lucchio) sempre “arucchievol’”( adocchiava, galante e tentatore) verso le belle figliole del popolo, borbonico conservatore; l’attempato, bonario proprietario terriero don Domenico ( Mauro Petruzzi), più signorile e liberale; all’irruente popolana Maria (Mariella Imbriano), all’istrionico Peppe ( Fernando Ricci), al simpatico Luigi ( Gino Cassese), alla snob donna Letizia ( Rosa Spera), alle veterane Filomena Consiglio, Grazia Placido, al convincente Peppino Di Carlo s. e tutti gli

altri bravissimi interpreti, alcuni anche alle prime esperienze. Ma per non fare torto a nessuno e doveroso citarli tutti: Maria Labella, Gino Cassese, Mariella Imbriano, Martina Schirò, Gerardo Cammarelle Alberto Cammarelle, Mauro Petruzzi, Rosa Spera, Davide Placido, Nemi Spera, Antonello Di Lucchio, Fernando Ricci, Angelo Prota, Grazia Placido, Gerardo Placido, Peppino Di Carlo senior, Filomena Consiglio, Miriam Casale, Cristian Strazza e la piccola Michela Schirò. Perfetti i costumi d’epoca curati da Cristian Strazza e Rossella Cardilicchio; indovinata pure la scenografia di Antonello Di Lucchio. Bella anche la perfetta riproduzione della statua di San Marco per opera di Maria Virna Grieco. Inappuntabile la segreteria organizzativa di Fortunata Libutti. Efficace il Service Audio e luci della Master Sound. Gli intervelli dello spettacolo sono stati allietati dal Gruppo folk “A Nannarella” di Rapone.

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Insomma, un successone, che premia la “fatica, l’impegno e la passione dei protagonisti, la pazienza e i sacrifici dell’autore dei testi e regista, Gerardo Nardozza che ha voluto concludere con questi suoi versi inediti “ So passat’duicint’ann’ / e jè festa, festa grann’, / Ar’niur’jè ar’vintat’ Cumùn’ / r’accussì nun s’ngagn’ n’sciùn’… / Che b’llezz’ mizz’a stà chiazz’ / ng’ so cristian’ r’ tanta razz’ / ma n’sciùn’ chiù s’ rai mazz’ / ma ognùn’ ch l’aut’ s’abbrazz’ / Ch’ b’llezz’ mizz’ a sta chiazz’ / e chi s’allisc’ lu mustazz’ / e chi pènz a la v’nazz’, / Ar’niur adda scì nànd / ca jé r’ tutt’ quand’ . Che b’llezz’ e che piacér misèr’ / ca ngè che a nui ni crèr’”. So passati duecento anni ed è festa, festa grande. Rionero è diventato Comune (autonomo, ndr) così non si offende nessuno… Che bellezza in mezzo a questa la piazza dove vi sono cristiani di tante razze, nessuno più litiga ma ognuno abbraccia l’altro. Che bellezza in mezzo a questa piazza chi si liscia i baffi e chi pensa alla bevuta, Rionero deve andare avanti perché è di tutti. Che bellezza e che piacere questa sera, perché c’è chi a noi crede!). “Ho cercato di ironizzare, forse troppo, ha sostenuto Gerardo Nardozza – alcuni momenti: la ribellione dei contadini stanchi di pagare il dazio ai governanti di turno; il furto di San marzo nel convento di Atella; i tanti passanti provenienti dalle regioni limitrofe che si sono fermati e hanno fatto di Rionero un popoloso

centro di circa 8.000 abitanti già nel 1800 e gli eventi più importanti che hanno caratterizzato quel periodo”. Peccato che alla fine dello spettacolo finale non c’è stato per un saluto ( e un ringraziamento al il gruppo teatrale) alcun rappresentante dell’Amministrazione comunale di Rionero. Ha ragione Gerardo Nardozza. “Ar’ nìur addà scì nand’, ca jè r’ tutt’quand!”. Lo merita e ne è capace! Com’ è ormai consuetudine non è mancato il tocco di solidarietà. Infatti, sono state messe in vendita delle bottiglie di vino, imbottigliate per l’occasione, con una bella etichetta dell’Associazione Rivonigro disegnata da giovane Carmine Cassese, il cui ricavato sarà destinato a scopo di beneficenza a favore della Conferenza di San Vincente de Paola. L’evento teatrale s’inquadra nelle iniziative riguardanti le celebrazioni del bicentenario dell’elevazione di Rionero in Vulture a Comune autonomo ( 1811-2011) e del 1050° anniversario dell’Unità d’Italia, promosse e sostenute dall’Amministrazione comunale della città vulturina.

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ALLE ORIGINI DEL PRIMO MAGGIO IN BASILICATA di Michele Strazza

A proclamare il primo maggio festa mondiale del lavoro era stato il congresso di Parigi della Seconda Internazionale nel 1889. In Basilicata sono i primi nuclei socialisti che si fanno portavoce, alla fine del diciannovesimo secolo, di tale ricorrenza. Già durante i moti popolari del 1898, quando la disoccupazione ed il rincaro del pane avevano spinto le masse a rivoltarsi, infatti, si ha notizia di manifestazioni a Potenza, tendenti a festeggiare il primo maggio, poi puntualmente interrotte dalla forza pubblica. In tale periodo, del resto, nel capoluogo sono attivi i primi gruppi del socialismo potentino. Alla fine del secolo, infatti, dopo Matera ed Irsina, anche a Potenza erano sorti i primi circoli socialisti intorno ad esponenti del ceto borghese: gli avvocati Ernesto Ciccotti e Francesco Magaldi, il professore D’Errico, il medico Gavioli, il ragioniere Errico Poppi, lo studente universitario Raffaele Pignatari, quello liceale Fittipaldi, il parrucchiere Vincenzo Satriani. Ed erano stati proprio i socialisti potentini che avevano tentato il salto di qualità fondando, nel 1898, il giornale “L’Alba”definito “Giornale socialista dell’Italia meridionale”. Con l’allargarsi del movimento socialista lucano, specialmente dopo il primo Congresso Regionale del novembre del 1902, al quale avevano preso parte 23 delegati in rappresentanza di 12 circoli, 9

leghe ed una cooperativa di consumo, anche la ricorrenza del primo maggio si espande sul territorio regionale, inizialmente con una partecipazione non proprio numerosa ma poi sempre con maggiore coinvolgimento. La stampa socialista,“La Squilla lucana” ed “Il Lavoratore”, infatti, danno notizia delle varie feste celebrate in moltissimi centri della regione, da Potenza a Matera, da Melfi a Viggiano, mentre anche paesi più piccoli, come Barile, Atella, Ripacandida non vogliono mancare alle celebrazioni con cortei imponenti, bicchierate, balli e fuochi pirotecnici. Ma la diffusione è ancora tutt’altro che capillare, concentrandosi, in realtà, nei due centri urbani (Potenza e Matera), nel Melfese, roccaforte della corrente “intransigente” del Partito guidata da Attilio Di Napoli, e in tutti quei Comuni dove l’amministrazione è in mani socialiste (Irsina, Viggiano, Palazzo S. Gervasio, etc.). E tuttavia, a scorrere le cronache dell’epoca, l’imponenza di alcune manifestazioni colpiscono per l’alta partecipazione popolare, favorita da cooperative e leghe contadine, e per le modalità dei festeggiamenti. Così nel 1911 circa 3.000 persone festeggiano a Melfi dove l’amministrazione comunale socialista, dopo aver illuminato a il Municipio, decreta la chiusura di scuole ed uffici. Tre anni dopo sono 4.000 i partecipanti al primo maggio potentino arricchito da comizi, balli e merende nella villa di S. Maria, senza dimenticare i consueti fuochi d’artificio. Alla festa non mancava, poi, la partecipazione della banda musicale che, per l’occasione, suonava l’inno del socialismo lucano composto nel 1907, così come non mancavano le cosiddette “bicchierate”, tenute, tuttavia, attentamente sottocontrollo per evitare che la festa potesse degenerare con conseguente intervento della forza pubblica.

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Tutte le organizzazioni di partito e le associazioni dei lavoratori erano direttamente impegnate per la buona riuscita dei festeggiamenti che, naturalmente, rappresentavano l’occasione per veicolare messaggi di propaganda e di pedagogia politica, oltre che per pubblicizzare i cavalli di battaglia del socialismo come la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore ed il suffragio universale. Il bisogno di identificazione era supportato da segni distintivi come il fiore rosso all’occhiello, la bandiera, la cravatta anch’essa rigorosamente rossa: tutto diventava importante per distinguere il militante dal semplice spettatore. Ma il rosso non era il solo colore ammesso. Affianco al rosso “fiammante” delle bandiere dei Circoli e delle Avanguardie socialiste vi era il verde di quelle di alcune leghe di contadini: tutte erano orgogliosamente ostentate negli imponenti cortei che sfilavano lungo le vie cittadine per, poi, concentrarsi negli spiazzi deputati allo svolgimento della festa. Naturalmente le feste dei lavoratori spesso non erano ben viste dal “padronato” locale che, come ad esempio nel Melfese, tentava di boicottare l’iniziativa offrendo, proprio in quel momento, giornate di lavoro ai braccianti da lungo tempo disoccupati. Così come non sempre la festa sarà al riparo da scontri e violenze che la coinvolgeranno in momenti particolari della nostra vita nazionale come la guerra in Libia. L’avversione socialista alla politica bellica, ad esempio, verrà presa a pretesto dai nazionalisti, nel 1912, per rovinare il clima del primo maggio a Potenza e Melfi dove si registreranno scontri con alcuni feriti. Il tema della pace sarà un punto fermo nelle manifestazioni della festa dei lavoratori, a puntualizzare l’enorme distanza dal ceto borghese e dai suoi valori. Così nei festeggiamenti del 1914 la propaganda politica contro la guerra costituirà il tema centrale della riflessione

politica, contribuendo ancora di più ad accrescere l’ostilità dei padroni. Un’ultima annotazione. Nel 1913 il primo maggio incomincia ad essere festeggiato anche dalle forze cattoliche lucane, con una caratterizzazione religiosa ed il coinvolgimento delle strutture parrocchiali, anche se la festa continua ad essere, per qualità e quantità, ancora predominio dei socialisti. In definitiva, dunque, la celebrazione del primo maggio in Basilicata, nella sua duplice accezione di festa popolare e veicolo di propaganda politica, rappresentò, a cavallo di due secoli, una delle prime occasioni in cui i lavoratori festeggiavano se stessi, il proprio presente e la speranza in un futuro migliore, mostrandosi fieri delle proprie peculiarità e della propria identità. ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

CONVEGNO ALL’IRCCS CROB SUI

“TUMORI CUTANEI E DEL MELANOMA”

Intervenuto il dott. Soldano Ferrone, lucano ma docente negli Stati Uniti. di Michele Traficante Si è trattato dei tumori della pelle ed in particolare del melanoma in un affollato convegno scientifico a Rionero in Vulture, presenti numerosi medici ed infermieri, per i quali sono stati chiesti alla competente Commissione del Ministero della Salute crediti formativi ECM . Organizzato dall’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica e

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Ricostruzione dell’Irccs Crob, diretta dal dott, Tommaso Fabrizio, nei giorni scorsi si è tenuto un importante evento scientifico in cui si è approfondito la tematica “Diagnosi e trattamento dei tumori cutanei e del melanoma”. I tumori cutanei sono i tumori più frequenti nella popolazione bianca, ma anche i più facilmente dignosticabili e curabili. Infatti, la facile esplorabilità della cute rende questi tumori facilmente individuabili dal paziente e i periodici controlli del dermatologo ne consentono la diagnosi precoce e spesso una terapia risolutiva. Il più temibile dei tumori cutanei è il melanoma per l’elevata tendenza invasiva e la possibile diffusione delle metastasi per via ematica e linfatica. Nel corso del convegno ( si tratta del secondo appuntamento con l’approfondimento scientifico dedicato ai tumori della cute che si tiene presso l’Irccs Crob e costituisce – come spiega il direttore dell’U.O.C. di Chirurgia Plastica, Tommaso Fabrizio, il proseguimento ideale iniziato l’anno scorso sullo stesso tema), si è fatto il punto sullo stato dell’arte e sulle prospettive future della diagnosi e cura di tali gravi patologie. All’importante appuntamento scientifico sono intervenuti illustri studiosi del settore e clinici di varie università e ospedali che hanno, anche con l’aiuto di efficaci diapositive, illustrato in maniera esauriente i vari aspetti delle problematiche relative alle neoplasie della cute e le più aggiornate metodiche sia per la diagnosi e sia per gli interventi chirurgici al fine di combattere le varie forme di tumori cutanei ed in particolare i melanomi. I lavori del convegno, svoltisi in tre sessioni ( mattino e pomeriggio), sono stati aperti da una breve introduzione del direttore generale dell’Irccs Crob, Rocco Alessandro Maglietta e del dott. Pellegrino Musto, facente funzione di direttore scientifico. E’ stata poi la volta del prof. Marco Salvatore, presidente del Comitato

d’Indirizzo e Verifica dell’Irccs Crob, a dare validi elementi di riflessione sul tema del convegno e sollecitando la dovuta attenzione sull’evoluzione clinica dei tumori della pelle. Fra le varie relazioni, seguita con particolare attenzione la “lettura magistrale” del prof. Soldano Ferrone, docente dal 2007 di Chirurgia Immunologia e Patologia presso l’Hilman Cancer Research Institute dell’Università di Pittsburgh sul tema “ Anticorpi monoclinali ed immunoterapia del melanoma”. Il prof. Soldano Ferrone, di origine lucana, nato nel comune di Bella, è dal 1971 negli Stati Uniti dove ha lavorato presso i più prestigiosi centri oncologici, tra cui il National Cancer Institute di Bethesda ed è considerato uno dei maggiori esperti internazionali nel campo della immunologia del melanoma, con attivo la pubblicazione di 14 libri e autore di oltre 900 pubblicazioni su riviste internazionali. Una vera autorità, dunque, nel campo dei tumori cutanei. Il melanoma –è stato spiegato – è un tumore cutaneo maligno caratterizzato da un’elevatissima propensione alla metastasi, ovvero alla diffusione delle cellule maligne a tutti i tessuti dell’organismo. Esso origina dalle cellule che producono il pigmento e da cui il tumore prende il nome, i melanociti appunto. Il melanoma è un tumore sempre più comune al giorno d’oggi e la sua frequenza si presenta nella popolazione in costante aumento. Si parla di circa 12 casi su 100mila abitanti in Europa, mentre in Australia supera i 40 casi su 1000 abitanti. Il melanoma è un tumore che normalmente colpisce il soggetto adulto. Solo lo 0,4 dei melanomi insorge entro la pubertà, mentre nel 2 per cento dei casi si manifesta entro i 30 anni. Illustrati pure i fattori di rischio riconosciuti per l’insorgenza del melanoma maligno fra cui: familiarità per melanoma, fototipo cutaneo chiaro, uno stato di immunodeficienza ecc. ma, particolarmente, l’eccessiva esposizione

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solare e le ustioni cutanee, anche ovviamente la comparsa del melanoma a livello delle mucose, evento non raro. Le ustioni cutanee che si verificano durante l’infanzia risultano essere estremamente pericoloso per l’insorgenza del melanoma maligno nella successiva età adulta. Il melanoma tende quindi ad insorgere più spesso su una cute che ha subito un fotodanneggiamento acuto, un’ustione, su una cute chiara, ma anche sulla cute del soggetto con predisposizione genetica e manifestare una lesione di questo tipo, oppure nel soggetto portatore di numerosi nei. Posto l’accento anche l’aspetto preventivo, nel senso che il paziente dovrebbe subito rivolgersi al medico dermatologo per una valutazione clinica ed eventualmente strumentale ( tramite osservazione in epiluminescenza ad esempio) dei nei sospetti. Oggi, infatti, grazie alle numerose campagne di prevenzione e i tentativi di screening nelle popolazioni a rischio, la maggior parte dei melanomi viene riconosciuta e trattata sempre più precocemente, consentendo la completa guarigione del paziente. Hanno portato poi il loro qualificato e valido contributo il dott. Federico Ricciuti dell’Ospedale S. Carlo di Potenza ( “I tumori cheratinocitari), specificando che i tumori cutanei sono più frequenti nei paesi soleggiati; il prof. Rocco Satriano (di origine lucana), docente della scuola di specializzazione in Dermatologia e Venereologia, Allergologia e Immunologia Clinica della Seconda Università di Napoli (“Il melanoma cutaneo”) sostenendo che il melanoma è una neoplasia ad alto rischio di mortalità; il prof. Michele Mignogna dell’Università Federico II di Napoli (“Melanoma del cavo orale”); il prof. Adone Baroni, della seconda Università di Napoli (“ La diagnostica per immagini del melanoma”); la dott.ssa Giulia Vita, dell’Irccs Crob (“ Aspetti anatomopatologici”). Ancora hanno svolto una relazione i dott. Michele De Robertis, dell’Ospedale Madonna delle Grazie di Matera (“ Trattamento chirurgico”);

Michele Aieta (“Trattamento medico”); Vincenzo Fusco (“Trattamento RT”), Michele Guida (“ Stato della ricerca”) e infine i dott. Raffale Ardito (“ Razionale oncologico delle E.C.T.”), Gianfranco Orlandino (“Esperienze presso Irccs Crob”); Salvatore Serio (“ Descrizione del protocollo di ricerca IMI”), tutti dell’Irccs Crob. Le conclusioni sono state del dott. Tommaso Fabrizio il quale, fra l’altro, ha trattato della elettrochemioterapia, una nuova metodica che associa l’introduzione di farmaci chiemioterapici a brevi impulsi elettrici per la cura di tumori cutanei, di diversa istologia, localmente molto avanzati. Per l’applicazione di questa metodica innovativa l’Irccs Crob partecipa, insieme ad altri 23 centri oncologici nazionali, ad uno studio organizzato dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI).

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PRODUZIONI VIDEO, COMUNICAZIONE,

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