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1 " La Tregenda di Fiordilatte " Vilipendio in Veritas di ChironeVateafanchjul Pesta per pigri: due mondi opposti, l'interesse della corte, il disinteresse del popolo. Scene all'antitesi: le prime di stampo antico, coeve le seconde. Intermezzi tele-audio, giornali, riviste, vu cumprà, lotterie e altro. Strumenti per sviare l'attenzione del cetoncolo. Non vi stupite se la vostra partecipazione verrà scomposta dalla cronologia dei fatti. La corrispondente teatralità contribuirà a far stagnare la confusione nella quale, il popolo ivi ne rimarrà ancorato, pregiudicando la crescita culturale. Ne consegue una perversa consapevolezza, dall'essere esso sovrano, così come la Carta lo vorrebbe ma, sarà la storia che andrà a redigere il testimone più attendibile. Prologo Una piazza sconnessa, due banditori in costume medievale, bambini che giocano, un gruppetto di donne affaccendate nei banchi di verdura. Sullo sfondo una finestra adibita a voliera per canarini. Il primo percuote il tamburello, s'arresta, scuote la jeravola. Il secondo slaccia il nastro azzurro che avvolge la pergamena, la srotola, urla, sillabando ne scandisce il contenuto. 1ban: Udite! Genti udite! il collega lo pungola con la punta della bacchetta. 2ban: Si dice gente. 1ban: Ignorante! Ho parlato al plurale... batti va.

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" La Tregenda di Fiordilatte "

Vilipendio in Veritas

di ChironeVateafanchjul

Pesta per pigri: due mondi opposti, l'interesse della corte, il disinteresse del popolo. Scene all'antitesi: le prime di stampo antico, coeve le seconde. Intermezzi tele-audio, giornali, riviste, vu cumprà, lotterie e altro. Strumenti per sviare l'attenzione del cetoncolo. Non vi stupite se la vostra partecipazione verrà scomposta dalla cronologia dei fatti. La corrispondente teatralità contribuirà a far stagnare la confusione nella quale, il popolo ivi ne rimarrà ancorato, pregiudicando la crescita culturale. Ne consegue una perversa consapevolezza, dall'essere esso sovrano, così come la Carta lo vorrebbe ma, sarà la storia che andrà a redigere il testimone più attendibile.

Prologo

Una piazza sconnessa, due banditori in costume medievale, bambini che giocano, un gruppetto di donne affaccendate nei banchi di verdura. Sullo sfondo una finestra adibita a voliera per canarini. Il primo percuote il tamburello, s'arresta, scuote la jeravola. Il secondo slaccia il nastro azzurro che avvolge la pergamena, la srotola, urla, sillabando ne scandisce il contenuto.

1ban: Udite! Genti udite!

il collega lo pungola con la punta della bacchetta.

2ban: Si dice gente.

1ban: Ignorante! Ho parlato al plurale... batti va.

il banditore scuote la jeravola con vigore.

2ban: Udite! Udite! Re Mannolo padrone assoluto delle contee dello stato di Pappon

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ia, subietta, anzi, decide che da minuto corrente i sudditi gleba tutta, paghe ranno meno tasse.

un silenzio surreale s'impadronisce della realtà, dipoi essere squarciato da grida festose. La Perpetua si trova vicino a una delle finestre che si affaccia no sulla piazza, esulta e richiama l'attenzione del fratello arciprete.

Dor: Savino! Savì!

Arc: Chi è?

Dor: So Dorina.

Arc: Ebbe?

Dor: Venite a sentì.

Arc: A sentire cosa... Accidenti! Lo sai che quando annaffio i miei fiori non voglio essere disturbato.

Dor: Lo so... so... ma quello che so sentut è mportante.

Arc: Allora... dite... dite.

Dor: Je Re! Ammoscia le tasse.

Arc: Hai capito bene?

Dir: Cum a no! Ho capito benissimo, non a caso la loggia è j'ech e la Valla.

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Arc: Che aspetti... chiama Marcantino no!

Dor: E addò sta?

Arc: E Dò... non lo porto certamente in tasca. Chiamalo e basta!

Dor: Marcantino! Marcantino!

Arc: Dorì, sei sempre la solita... quante volte devo dire che la loggia è sì vero l'eco della piazza ma, a senso unico.

i canarini cinguettano

Dor: Va bo! Va bo! Se quist è... mo esc.

Mar: Gevà, se sentut Dorina, me pare che i frate me sta a chiamà.

Marcantino incarna l'ambiguità, classico sordo a gettone gli torna utile per divertirsi alle spalle del prossimo. Dorina è una delle vittime da lui preferite e per arrecarle ulteriore piacere, prende sottobraccio il suo interlocutore, si mischiano con la folla. La donna li nota, con solerzia e trepidazione si muove per raggiungerli. Chiama a gran voce.

Dor: Marcantino!

Mar: Gevà, che stav a di'?

sebbene con il capo indichi i banditori, la domanda è un equivoco surrogato.

Dor: Benedetta Vergine! Marcantì, addò te se cacciat?

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Mar: O Dò! Addò vo che me so cacciate... stonch a parlà che j chempare Gevanne... ditemi.

Dor: Frateme te vo e subbet!

Mar: Subbetissimamente?

Dor: Scé.

il sacrestano si avvia pigramente, Dora lo segue, ci ripensa, si ferma, decisa torna sui passi, lancia un monito a Giovanni.

Dor: E voi signor Giovanni, consigliate al campanaro audioleso di restituire il palco al legittimo proprietario, poiché vedo che le proporzioni non fanno differenza alcuna.

Arc: Santo dei Santi! Quanto ti ci vuole Marcantì?

Mar: Assegneria... i temp se.

Arc: Svelto! Vai a scampanellare con la Maggiore, non hai sentito... il Monarca dimezza i tributi.

Mar: Don Savì... che so je trebute?

Arc: Come che sono? per non mandarlo a quel paese. Muoviti va!

Mar: Accépre... atev temp, che sta cianca pazza la campana po aspettà.

il prete mima un disappunto, borbotta, delega al portone di casa la stizza che lo pervade.

Arc: Iddio Santo! Uno meglio no? Ho capito vado a parlare con i miei canarini.

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in piazza scroscio di tamburo e jeravola.

1ban: Udite! Udite! Il re Mannolo emana un...

il collega le tira la rendi-gote, sottovoce puntualizza.

2ban: Ha emanato.

1ban: Re Mannolo! Emanato editto ha... udite!

escono dalla scena, la campana inizia a rintoccare, in lontananza la voce di un venditore ambulante, amplificata dall'altoparlante, troncata a tratti da una musica assordante.

Amb: E' arrivate o patatare! Donne! Accattate è patane d'Avezzane!

accessori di scena: un minuscolo mezzo trigommato sovraccarico di mercanzia, sulla cabina un paio di corna di lunghezza esagerata, lungo le pareti del cassonetto, un miscuglio di cornetti color corallo, peperoncini cremisi di vario genere e misura, a lato del parabrezza, lunghi ciuffi di capra, fanno da cornice ad un'immagine di santo Gennaro. Nella parte posteriore un cartello con lo sfondo nero e una scritta gialla che suggerisce: da GRANDE FARÒ IL TIR. Le persone in piazza sono disorientate. L'arciprete fa capolino dalla finestra, irritato dal comportamento della sorella rea di perdersi in chiacchiere, esce di casa e la richiama al dovere.

Arc: Dora! Dora!

Amb: Donne! E patane a pasta gialla pe j gnocch! Donne! Aje, cepolle, ventaje… aproffittatevenn!

simultaneamente arriva l'arrotino, musica strampalata, tonalità ridonda, fisicità virtuale.

Arr: E' arrivato l'arrotino! Arrotiamo da scuola borbonica, coltelleria e non solo. Senore e Senorite! Aggiustiamo ombrelli! Ripuliamo cantinelle! Usate la mia indefessa capacità! Avvicinatevi con fiducia... abbiano inoltre anche il pedigre. E' arrivato l'arrotino!

Str: Stracciarolo donne!

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Spa: Spazzacamino certificato!

Fer: Ferro! Ferrooo vecchiooo!

Alb: Prendo! Ritiro! Depredo… rame! Rame usato! Impalato! Grondato! Se non vi basta, anche caldaie murate… sappiamo dove… non vi scomodate signori!

Fer: Ferro! Fe…

Arc: Dora!

Dor: Ecchem!

Arc: Corri da Marcantino e fallo smettere.

Amb: Patane! Patane d'Avezzane signore!

prima che varchi il portale della chiesa.

Arc: Dora!

Dor: Che?

Arc: Penso io a quj, tu vai alla Valla e fai ammutolire i cefellari da strapazzo.

Dor: E fra... so capite... vaj... vaj.

sala buia, qualche voce in lontananza scema nel grembo del silenzio, l'occhio di bue avvolge una ragazza, bionda, bona, vichinga, nel cartello che solleva campeggia una scritta < Telegiornale Speziale > sigla: video, telecronista donna, espone il contenuto agli astanti con accento straniero.

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Tel: Signore e Signori buonasera: ci scusiamo con i contribuenti dell'interruzione dei programmi ma, dalla rilevanza della notizia capirete che non potevamo chiedere il vostro consenso, inoltre l'esponenzialità d'assenso che ci avete riservato, filio esso di Referendum inetto, induce a credere che siamo nel giusto. Tuttavia informiamo che la credibilità dei sondaggisti internazionali, rischia la bancarotta. Pare che il nascituro dei regnanti, non sia maschio ma trattasi lo stesso sesso essere una femminuccia. )

schermo azzerato, dissenso e stupore in platea, sigla, intermezzo più o meno ritmato.

Cor: No! Urge! O no un chiarimento... non solo all'isola dei lacrimosi o nel confessionale dei stabbiosi, pure qui han messo quelle con due tette a palla e il retro che par esser uscito dalle terme di Caracalla.

pausa: voce della cronista.

Tel: Signori in platea! Apprensione sedate, l'agenzia Lonsa in tempo reale specifica che: sino a prova autentica di marca e contra – intra – bollo: l'Editto regale non si... tocca!

consenso generale

Cor: Ah! Beh! Accettiamo corrige!

scroscio di applausi interrotti dall'entrata in pompa del segretario di Stato ilquale, con enfasi s'innesta alla battuta del pubblico, per poi tosto cambiare espressione, palesata da un patetico sconforto.

Ild: Io no! No! Oh me meschino! Oh me infelice! Oh me esule florentino in facondo! Ora, con quali credenziali posso annunziare al mio Re un cotal infausta novella?

anche la primogenita dei monarchi di nome Maschiolo, irrompe nel sipario con baldanza, a differenza del segretario Ildebrando vestito con costume medievale, lei, spudoratamente Emo, anche nell'anima, si avvicina con tracotanza all'uomo seduto e con un gesto confidenziale gli pizzica la guancia.

Mas: Ildebrando! Oh Ildebranduccio! Non puoi sapere quanto sia io... felice apprendere che la mamma ha dato alla luce una bella bambina.

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l'uomo si rizza di scatto, le gira a tutto tondo, scruta le pupille della ragazza nel tentativo di metterla in soggezione e nonostante la differenza di statura, con sguardo torvo la redarguisce.

Ild: Ancora no!

Mas: Qualcosa non va?

Ild: Dimmi tu! Ragazza di pece vestita, disponessi a tuo servigio di gole lunghe d'uffizio?

Mas: Ilde! Che tu dici? Ho semplicemente esternato un immenso gaudio eventuale.

Ild: Cosa!

Mas: Cosa! Cosa! Ritrovarmi con una compagna di giochi, mi stimola non poco.

Ild: Santi numi benedetti! Che mi consta sentir... d'ora innanzi a teschio nudo m'arreco.

tenta di strappare dal capo la parrucca da lord inglese, dopo ripetuti tentativi ci riesce, la scaraventa a terra. Dal canto suo la ragazza senza benché meno scomporsi.

Mas: Ilde! Acconciato così sei molto buffo.

Ild: Ti prendi lazzo di me? Dell'anche tuo segretario?

Mas: Giammai!

Ild: Forse tu non sai a qual tragico destino andrò incontro, dopo che poscia conferir con lo patre tuo.

Mas: Perché dici questo... pensi che egli non se ne allieterà? Come! Ha sempre desiderato una figlia femmina... una vera...

Ild: Cara la mia figliola... tu non hai fatto che anticipare i tempi.

Mas: Vuoi dire che per questo non sono capita? La corte tutta, ha da ridire, se indosso i pantaloni, perché l'indosso, se pratico il rodeo, perché lo pratico, se mi trucco, se mi lavo i denti, se il bidet me lo faccio da sola, insomma! In qual posto m'hanno ficcato il quinto piercing.

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Ild: Non hanno torto... con tutta questa metallurgia capisco perché gli Acciaiuoli sono andati di chiatto... somigli a un para saette.

Mas: Sei cattivo!

Ild: Non avrei fatto il Segretario.

Mas: Vedi! Anche con la frangia mi fermano e domandano se proviene da quel di Champagne.

Ild: Sarà perché i sudditi da palato fine sogliono rimembrare le radici di nobilissima terra della Regina.

Mas: Sarà che sarà! Se proprio ci tieni a sapere... io disprezzo la Monarchia, in modo particolare quella Anglo-Francigena.

Ild: Ragazza! Tu credi di essere la sola... anche tua madre mal cela codesto vagheggiamento, tant'è che alla tua nascita indisse un referendum popolare per farti chiamare Italia, ma con l'anamnesi del poi, ammetto che anche Maschiolo ti si addice alla grande.

Mas: Ti dirò... mi si addice e ne vado fiera... ciò dimostra evoluzione, non ti pare?

Ild: Evoluzione? A pensarci bene non sbagli, nell'arco di questi anni ne ho viste di rivoluzioni... pensa alla Terra e quanti chilometri fa per girare intorno al Sole.

Mas: Questo che c'entra.

Ild: Nulla! Ma pur sempre di rivoluzioni trattasi.

Mas: Ilde! Continuo a non capire.

Ild: E come puoi... cinquant'anni di storia sono tanti.

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Mas: Non per me... come! Proprio tu... hai suggestionato mio padre, affinché studiassi in un collegio di Gesuiti, facendomi io... due cosoni così.

Ild: Ragazza!

Mas: Ho imparato a memoria tutta la Pan sociologia dello Stivale, ivi compreso le liriche del Cotogno ed ora mi sento trattata da ignorante?

Ild: Non ho mai pensato a ciò, benché rilevassi che hai fatto tante e tal trasformazioni, ibride se vuoi... da indurre anche taluni avanguardisti della Pam Trimercati, dall'essere tu, ormai desueta.

Mas: E il Consulente?

Ild: Il Consulente… niente... però di questi tempi è molto di moda parlare di clonazione, sicché taluni hanno pensato di prendere ad esempio, te come modella... bada bene! E' solo un calco. Quindi suggeriscono di ritoccare geneticamente qualcosa qua e là e, paffete! Nuova grazia, nuovo benessere, nuova eguaglianza più fratellanza... ancor meno sudditanza e...

Mas: Ferma! Fermati! Ilde! Dove vuoi andare a parare?

Ild: Mia cara... da nessuna parte, bensì vorrei convincermi che, l'infanta Fiordilatte... nonché tua sorella, fosse dotata di un pene.

Mas: Ah! Ah! Ah! Coosa?

Ild: Hai capito bene.

Mas: Accidenti che si!

Maschiolo sprofonda sul divano, sembra aver perso i sensi.

Ild: Ragazza! Cosa stai tramando? Il tuo sguardo divertito... la tua malizia non mi convince.

Mas: Ma è tua la perspicacia che mi sfolgora d'immenso! Ilde! Genialacciata... ponesti!

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Ild: Ohi! Ohibò!

ora è l'uomo che si rifugia nella perplessità.

Mas: Ildebrando! Ildebranduccio! Non essere pensoso, la qui presente tua Principessa, potrebbe esser anche la tua salvezza... dipende da te.

Ild: Or tu nelle costumanze da cravattaro... ricatti?

Mas: Giammai! Sono semplicemente sensibile ai crucci della sudditanza.

Ild: E allor dimmi! Malnata! Ti ordino di parlarmene... subito!

Mas: Sia... vieni, mostra le auricola...immagina mio Segretario ma... badate bene, è solo un esempio bizzarro… di questi tempi sono di gran moda anche le protesi.

Ild: Dentarie!

Mas: Non solo.

silenzio, incredulità, circospezione, gioia.

Ild: Oh cielo! Mater Dei! Serena Domini! Stella della sera... favolosa fanciulla, perché... perché il Genio ha baciato solo che te?

l'entusiasmo di Ildebrando, viene stemperato dalla voce di Grimilde, la Tata in balia ad un panico esagitato, spalanca la porta dello studio senza essere autorizzata, fatto di per se gravissimo.

Gri: Aiuto! Aiuto! Presto accorrete!

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Mas: Grimilde!

Gri: Principessa!

Mas: Cos'è questo clamore?

Gri: Finalmente! Oh santo respiro! Finalmente v'ho trovata.

Mas: Si! Si! Povera la mia Grimilde... sembri essere scampata dalle grinfie del demone.

Gri: Di più! Andate a vedere vi prego, con i vostri occhi... io non...

Ild: Donna! Composta... siedi... respira... racconta.

Gri: Non c'è tempo... la Regina...

Mas: La Regina! Mia madre! Cosa l'è...

Gri: C'è l'aveva fatta... oh santo Iddio!

Mas: Grimilde ti prego... fai due respiri profondi... cos'è successo?

Gri: Avete ragione devo stare calma... la piccola...

Ild: E' morta?

Gri: No! No! La signora Regina che...

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Mas: Grimilde! Ildebrando! Signore aiuto! Presto chiama la servitù... anzi no! L'aceto!

Mas: O v'è? Questa è andata... forse un po' d'aria le si confà... avviciniamola alla finestra.

Mas: Hai ragione, però sono io che dovrei andare.

Ild: Andare! Hai detto andare? Questa è una massa al quadrato ed io non ho strumenti del siciliano... i scuri!

Mas: Si! Le campane! Ilde... perché le campane?

Ild: Un momento... dal rintocco regale si direbbe... mi sovvien che...

Mas: Regale... ma allora... Grimilde! Mamma! Mamma! Son da te...

in camera la Regina allatta al riparo di un separé, nell'anticamera l'arciprete, il sacrestano, l'ostetrica. Maschiolo si avvede tardi della sua irruenza, l'istinto la porta verso la madre, che in tenera estasi s'è assopita, la ragazza si blocca e con lo stupore stampato sul viso si guarda intorno, esclama.

Mas: Reverendo!

entra Ildebrando, benché il passo denoti apprensione, il sarcasmo è di pura matrice anglosassone. Anche lui ispeziona i presenti, s'avvicina a ciascuno senza parlare se non al prete al quale con un latino aggiustato commenta.

Ild: Anche madre Ecclesia... sbaglia!

Arc: No! Sono certissimamente che no!

Ild: Arciprete! Vuol forse contraddire l'evidenza?

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Arc: Faccio notare rilevanza.

Ild: Ovvero?

Arc: Adempienza a Minister Magister... provvidi.

Ild: Con solerzia.

Arc: E costanza.

pausa

Mar: Acceprè!

Arc: Cosa c'è?

Mar: Ve sete scordate la perseveranza.

Arc: Marcantì... inezie son queste.

Grimilde fa capolino dall'uscio, Ildebrando la vede e la invita a rompere l'indugio.

Ild: Venga! Venga! Entri pure.

Gri: Se posso...

Ild: Se può! Verbo incarnato l'è... lei è la benvenuta.

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Arc: Lor segretario!

Ild: Arciprete... chi meglio può spiegare?

Arc: Spiegare cosa? Se io son qua in provvida attesa.

l'ostetrica invita a fare silenzio, bensì contemplare il riposo regale, ovviamente non viene presa in considerazione.

Ild: Voi! Voi sostenete che, testato n'avete ancor la delfinanza precipua.

Arc: Dormiente come putto beato ho trovato, sicché, abluzione ex novo ho datato.

Ild: Reverendo! Riverisco la vostra perizia e con la stessa faccio notare che le campane l'han disattesa.

Arc: Come sarebbe... anch'esse diraman l'evento.

Ild: Con qual grazia l'essì... ma non sente che tutto è funesto, fuorché il suo rintocco n'è a festa?

Mar: Ne mpo esse! Jacceprete è nfelat je disch che je mannat la Curia e Sora... quij naut ne nse sbajane.

Ild: Che volete che dica... si sarà incantato.

Gri: Scusate... posso testimoniare?

Ild: Certamente! A condizione che non s'imbarchi nel panico.

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la Regina interrompe la diatriba e li invita al capezzale.

Reg: Venite! Avvicinatevi e dipoi a portare testimonianza al sovrano... al popolo tutto che l'è nato un erede.

le parole della Sovrana sono inequivocabili, primamente per Ildebrando che, non senza apprensione rivolge uno sguardo alla Principessa. Esterna anche un verbale disappunto ma viene vanificato dall'entrata in scena del confidente della Regina di nome Specchiolo. Il trambusto che giunge dalla piazza lo preoccupano.

Spe: Signori! Se panico v'è in piazza...

Ild: Collega! Cos'è le fugge la coda?

Spe: Affacciatevi e vedrete.

Gri: Cielo! Il da basso è gremito di popolo.

Ild: E le campane fan festa... che le dicevo reverendo... la confusione è pressoché totale.

Arc: Fatemi largo, vorrò constatare di persona.

come si espone giunge un trambusto assordante, venditori di quotidiani pur di catturare attenzione, si sovrastano con le voci, rimarcando la notizia del giorno.

Ven: Notizia del giorno! La Pitia a gettoni d'Apollo, direttamente dagli State, conferma che il Presidente ha dichiarato guerra al Rais. Il meteorologo smentisce, asserendo che l'ultimatum scade alle ventiquattro del giorno corrente... accattatev o Papiro verità assoluta du o Vesuvio! Signori no! Il Mercurio di Saturnio! Signori! Unico trifolato che in tempo reale vi aggiorna con fatti e fattispecie a caldo, sfornati dai soffioni... l'Apollo! Il Mercurio! Guerra alla Mesopotamia! Signori no! Il collega ha capito male scaramucce ai confini dell'Afghanistan! Sbagli! Attenti a quel dell'Iran! No! I Siri... Israele trema.

alla polifonia degli astanti si sovrappone la sigla del Telegiornale a edizione speciale.

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Arc: Segretario... Segretario! Convien con me che il lutto della Maggiore è quanto mai altre sì appropriato?

Ild: Reverendo! Tutto è relativo... se le dicessi che sono un partigiano che si commuove al suono dei bronzi a festa.

pausa

Arc: Marcantino.

Mar: Assegneria!

Arc: Svelto! Andiamo!

Mar: Scé.

Ild: Un momento! Dove? Non ho finito... signori!

Arc: Lei no? Io si!

i due escono, il segretario monta su tutte le furie, accenna a seguirli, si blocca, ammonisce il prete a voce alta.

Ild: Presbitero! Mi sente? Ebbene! Badi che potrei far revocare la vostra Prevostura.

Arc: Segretario! Mi sente? Or dunque inoltrerò una email per la vostra Scomunica.

silenzio, interrotto dai commenti che giungono dalle scale del prete e sacrestano.

Arc: Stavo dicendo... tu corri in canonica e taglia alimento a quelle maledette... mi sono spiegato?

Mar: Accepré... stè a di je fìle?

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Arc: Marcantì! I fìle i file... chiama chi ti pare, pure il numero verde ma muoviti e falle azzettà!

Mar: Boh! Assegneria... stat a scherzà, arriv prim i a Roma che sta cianca pazza che quij e j nummer a responnem.

entra l'ostetrica e la governante.

Ost: La Regina è ansiosa... presto venite... ma il Reverendo dov'è?

Gri: Si il parroco!

Ild: Non sentite? Nella tromba ancor ne consegue l'eco.

Gri: La Sovrana lo vuole al suo capezzale... vado a chiamarlo.

Spe: Si!

Ild: Donna! Fermati!

Spe: Come sarebbe?

Ild: Sarebbe che... dovreste proprio voi caro collega, saperlo.

Spe: Io so!

Ild: Voi sapete... ma la vostra adepta... sa?

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Spe: Ciò che le compete.

Ild: Bene! Allora se anche la Serenissima sa, voi Grimilde suggerite all'Arciprete di indossare la stola color rosa.

all'unisono: Specchiolo, l'Ostetrica, Grimilde.

Tre: Mah!

Ild: Avete capito! Nel mentre, chiamato alla solvenza di no anche consigliere di re Mannolo, urge che mi rechi ad annunziar lieta nova.

nel corridoio adiacente lo studio del Sovrano.

Mas: Ilde!

Ild: Santa ragazza! E voi da dove sbucate?

Mas: Ti meravigli! Di pertugi il Maniero ne offre tanti.

Ild: Modestamente anch'io ho contribuito a tal impresa.

Mas: Lo so... per cose particolareggiate sei un Maestro.

Ild: Ne più ne meno come tu lo sei nel camuffamento... or dimmi! Cos'è questo vestimento da ribelle.

Mas: Ah! Ah! Ribelle! Vuoi dire una ribella pacifista?

Ild: Vediam! Vediamo... pacifista è omofono di pacifico... Pacifico par essere a detta dei subologi... l'oceano più maroso della Terra.

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Mas: Se così come dici, non dovrò preoccuparmi alquanto... sarai tu, con il tuo viso radioso a portar bonaccia.

Ild: Giammai! Con i tutori della gleba non ho agape in comune.

Mas: Ti riferisci agli stessi che abbracciano le armi per tutelare la Patria.

Ild: Sarebbe più correttamente dire: agli interessi di alcuni... vedi figliola, i tuoi ideali attuati farebbero onore alla razza, ma la razza non è in grado di volere che ciò avvenga, quindi ti parrà assurdo, ciascheduna forma di Governo... nella sostanza sono tutte apparentate.

Mas: Stai dichiarando eresie.

Ild: Accetto l'epiteto... vedremo alla fine di Questa, chi sarà il padrino di cotal mistura-giuridica. Ora mi preme riporre il racconto su perché ci siamo incrociati.

Mas: Vedi! Come tuo solito eludi problemi importanti, attratto dall'assecondare la volontà di mio padre, perdi la cognizione della realtà.

Ild: Non sono mica lo smemorato di Collelongo... o forse tu, hai ragione? Dacché ho dimenticato dirti che da tempo, soffro di un disturbo chiamato dagli esperti: Juventus-Geriatrica... suvvia ragazza... vado da tuo padre per disarticolare a suo danno il proposito di tua madre.

Mas: Sarai tu matto? Non farlo!

Ild: Perché non dovrei?

Mas: Per ovvi motivi.

Ild: Dunque ne ho tanti per smascherare la faida intestina... già immagino le smorfie dei sudditi quando leggeranno il Ciarlatano, specializzato in gossip che titola: - la virtuosa Bell'Anima… Sovrana… s'è macchiata di aggiotaggio.-

Mas: Aggiotaggio! Ho capito bene? Ilde! Presumo tu conosca l'etimo di ciò che hai appena detto?

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Ild: Eccome! E' una parola che ha fatto il giro dei regni più blasonati, per poi approdare in Arno e devastare i registri Mastri di Firenze. Ah! Ah! Ah! Come si suol dire... del tuo peccato ne vien piene le tasche.

Mas: Capisco... come da consuetudine sei più ostinato che mai, ma non sarò io a mettere veto alla tua decisione azzardata. Ricorda però che farò del tutto per osteggiarti... tu! Non sei nessuno per infangare la buona reputazione di mia madre.

Ild: Dici… ragazza! Tieni bene a mente e non dimenticarlo mai... il regno senza il mio contributo... fal-li-sce!

Maschiolo si allontana cantilenando con scherno, il segretario ribatte con la stessa intensità.

Mas: Per questo che Madre lungimirante/ come primevo nome Italia m'appellò.

Ild: Tu credi che affar d'uffizio fece/ quando tirarono a sorte qual governo dovean graziar/ suvvia! Guardar tu devi le spalle/ dacché moltitudine ignorante/ imminente/ il tuo ricambio... di già vedo.

Mas: Paura non ho di ciò che dici/ la Storia da sempre ha un suo decoro sublime/ nel cui grembo l'uomo sagace palesar egli deve/ chiamarti dicesti jovis-geriatricicaca/ e io sono qui per raccattare la sfida/ pur di vedere al bando il tuo indegno nitore/ son pronta a dar via la pelle/ a chiunque per ragion di cuore si conviene/ da qui a dove mi ostacolerà.

nella stanza della Regina.

Spe: Le vostre ragioni mia Sovrana, vi rendono grazia.

Reg: Mio buon amico, è il Popolo la priorità... la gente umile non può essere oggetto dei capricci di qualcuno.

Spe: Tuttavia se posso osservare, il progetto, oltre che essere ambizioso è anche rischioso... mia Signora e se taluno avesse visto! Oppure udito! Chissà?

Reg: Confido nelle misericordia del Signore... sono certa che capirà.

Spe: Lui sia ingraziato... si... ma se per caso dovesse dimenticare? Ne vale della vostra incolumità, anzi, della nostra oserei aggiungere. La stessa fragile Principessina Fiordilatte.

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Reg: Non dire per carità! In questo momento lei e le sorti del Paese sono per me, tutt'uno.

Spe: Orbene, è indispensabile essere certi della segretezza sia di Grimilde che della signora Levatrice.

Reg: Non è questo che mi toglie serenità. Ma la curiosità morbosa del Re.

Spe: Inevitabile! Essa sarà la nostra sentenza... però uno sbocco... una via d'uscita... santa Vergine! Dovrà pur esserci?

Reg: Un Miracolo! Solo un Miracolo può...

entra Maschiolo

Mas: Mamma!

Reg: Figliola! Come sono felice di vederti.

Spe: Mia Regina... se avesse...

Mas: Cosa... avrei?

Spe: Oh! Oh! Nulla Principessa... la mia vuole essere semplicemente un'affermazione di reminiscenza.

Mas: Oh si! Capita spesso di straniarsi dalla realtà... sapete... anche Ildebrando ne va soggetto.

Specchiolo si volta di scatto, all'unisono con la Regina.

Reg: Ildebrando! Hit! Hit!

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Mas: Mamma! Cos'è questa esclamazione?

Reg: Nulla figliola... nulla.

Spe: Signora! Con il vostro permesso, potrei spiegare alla Principessa che si è trattato di nulla di ché, ma, un suffuso poste-partum, dovuto alla posizione dello sterno, il quale, comprime il riflusso esofageo.

lo stupore di Maschiolo si compendia con un semplice.

Mas: Già!

lunga pausa, la ragazza scruta prima Specchiolo poi la madre, dipoi la sorellina e con naturalezza domanda.

Spe: Non è come…

Mas: Ditemi... come sta la sorellina? E mio padre?

panico totale: nello studio del Re, l'entusiasmo di Ildebrando, raggela alla vista dell'arciprete.

Man: Come sto! Tu piuttosto... mio confidente da strapazzo! Ordunque tu! Saresti la mia coscienza... il traino del mio regno?

Ild: Lo sono! Sire.

Man: Lo sei! Or dimmi! Il Reverendissimo Reverendo Arciprete... cosa credi sia a fare?

Ild: Maestà! Credetemi... avrei voluto porre, quantunque con discrezione la stessa domanda... affare – che - fa?

Man: Mi affronti?

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Ild: Giammai! Mio Signore... constato.

Man: Allora che aspetti?

Ild: Sapete che non vi ho mai deluso, la mia fedeltà è imprescindibile a meno che, qualcuno, in questo dato preciso momento... osi metterla in discussione... cospirando! Indi se non v'è nulla da obiettare... potrei delucidare.

il prete si sorprende a tali accuse.

Arc: Maestà...

Man: Comprendo il vostro rammarico, dovuto alla lentezza del mio Assistente che alla gravità dei fatti in oggetto... Reverendo, la notizia non rallegra nessuno.

Ild: Ben meno che me... Signore.

Man: Ipocrita! Saresti dovuto precipitarti, se non fosse per la solerzia alla quale, devo infinita riconoscenza al nostro... lo capisci! Sarei stato l'ultimo a sapere.

Ild: Come si suol dire: il becco loda le corna altrui giacché le sue non vede.

Arc: Lor Segretario!

l'ira del Sovrano è repentina e imprevedibile.

Man: Andate via! Fuori! Armigeri! Armigeri! Mettete al patibolo codesto losco individuo!

Ild: Sire! Non era intenzione alcuna...

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Arc: Maestà...

Man: Guardie! A me!

il povero Ildebrando si trova in un battibaleno spogliato sia delle carica politica che quella personale. Secondo le esigenze di Regia, i gendarmi potrebbero anche non apparire.

Arc: Sire! Se posso suggerire di soprassedere... l'affronto è talmente effimero se messo a confronto con la Vostra inestimabile regalità.

Ild: Mio Re! Voleva essere una simpatica spiritosaggine... come si suol dire... una lappatura per leggerire il clima che s'è venuto a determinare, sono certo che quando avrà udito ciò che serbo...

Man: So già... siamo in guerra!

nella stanza della Regina.

Mas: Mamma! Anche voi signor Perspicuo... ascoltatemi attentamente... un miracolo può... è possibile... vero!

Reg: Come sarebbe?

Spe: Si! Principessa Maschiolo la prego... si spieghi in dettaglio.

Mas: E' semplice... parlate di una intercessione… ebbene! Hanno inventato una cella intercettante

una voce dal fondo della sala.

Vfc: Quella de clausura!

Mas: No! Quella della guerra! Quest’arte sarà il vostro dono più grande.

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Reg: Guerra! Ma tu figliola sei impazzita!

Mas: Io! Io no! La guerra è pazza o meglio... coloro che la fanno. Tuttavia a seguito della mia esposizione, biasimerete il concetto che essa arrechi solo malefici.

innestata sull'opinione ricorrente dell'idea che le ostilità arrechino solo danni, la Regina non si rende conto che la figlia, sebbene involontariamente l'ha tratta in inganno.

Reg: Nessuno... o meglio che si!

Spe: Mi perdoni Signorina, io non ravviso nessun nesso logico con la nascita di vostra sorella.

Mas: Volete dir... fratello!

Spe: Si! Fratello! Sorella! Perdinci! Nulla cambia!

Mas: Ehi! Ehi! Mi par di udire la retore intartio di Ildebrando... comunque sono qui in vostro ausilio venuta... sia che vogliate far credere che il nascituro è un maschietto... sia che la notizia sfoci in una apoteosi totale in quanto in verità si tratta di una femminuccia.

Reg: Figliola! Sei demoniaca.

Spe: Infernale! Direi.

Mas: Pragmatica... ma non sentite?

Spe: Cosa?

Mas: La bolgia che di piazza giunge?

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Spe: Noi! Noi no!

Maschiolo apre gli scuri.

Mas: E dove vivete?

in basso, classico vociare da mercato, un altoparlante concentra l'attenzione dei presenti.

Voc: Signore e signori, dame e damerini, borghesi d'oltralpe, artisti famosi, affamati, diseredati ivi acclusi senzatetto comuni e sbarcati retinenti. Udite! Udite! Il piatto dell'Enalotto fa la barba ai cento-milioni di euro... avete capito? Lo ripeto! Cento-milioni di euro... boni... signori! Ducento miliardi delle vecchie lire!

ambulante napoletano, alla guida del trigommato, nella parte posteriore la mega scritta: - SE VINCO NON FARÒ IL TIR - In questa occasione anziché vendere prodotti ortofrutticoli, il veicolo ricolmo di schedine già compilate, sono messe tutte in bella vista, all'interno di una cornice di contrasto, intarsiata con peperoncini sanguigni dalle proporzioni esagerate. Immancabile l'icona di santo Gennaro e poco più in basso quella di Totò. L'uomo incita i passanti.

1Am: Paisà! Sbregatev a cagnare 'a vita vostra! Ultimissime opportunité! Santo Gennaro e san DeCurtis de Fogas... stenn cu vuj! Accattat 'o bijett! Ultimissime option-alt… Signori!

secondo ambulante, indossa un camice bianco da dottore, sulle spalle pendula lo stetoscopio, sul tavolinetto di legno una scatola ridonda di manometri, la chiama Pressomeuri.

2Am: Dame e Damotti! Confidate nelle pulsioni del vostro cuore... diffidate della biocartomanzia e derivati... affidatevi alla Scienza... quella esatta! Il mio Pressomeuri è l'unico in grado di farvi cambiar vita... eterna! Signori! Dilungate il vostro braccio, Vassalli! Testatemi per credere.

3Am: No! Giammai per carità! Valvassori, il vostro futuro... pendula! Confidate nell'ultima trovata dall'Oriente... gongolatevi con il Lapillicazzolu Cinese, partorito dall'estro del monaco Oluc@ il rep Odnerp.it... Signore! L'arnese oscilla sui numeri prescelti dalla Dea sbendata.

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Cor: A me! A me!

a lato della scena, una signora d'età, seduta sopra uno sgabello, sul banco espone ortaggi, non parla, la sua eloquenza è sintetizzata nel cartello.

Vec: Aglio, cipolla, lieviti, cicoria di campagna, crescione, farro, mentuccia, crusca fiorentina... strumenti inibitori di Arie-vaganti.

in lontananza, la voce di uno che sa scandisce il montepremi.

Voc: Popolo! Sentite! Sturate le orecchie... cento! Dico e batto cento milioni di euro... capite!

nello studio del Re.

Man: Ildebrando... Ildebrando! Per tutti i carmini dell'Universo... dove ti sei cacciato?

Ild: Le segrete tacciono... m'avete fatto chiamare Maestà?

Man: Ho bisogno del tuo aiuto.

Ild: Sono qui per servirvi... dite pure.

Man: Povero me... sventurata Papponia! Oggi per il regno è un giorno nefasto.

Ild: Doppio giorno.

Man: Cosa?

Ild: Soliloquio mio Sire... sapeste sono contrito quanto voi.

Man: Non basta! Quel disgraziato d'Americano, intima di schierarmi al suo di fianco.

Ild: Maestà… a fiuto non mi pare una cattiva idea.

Man: Come! Non ti pare una cattiva... i miei progetti... la mia eredità... la prole... il mio intimo a ph neutro... dove le mettete tutte queste robe? Rispondi per grazia ricevuta!

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Ild: Mah! Si! O meglio...

Man: Non basta corbaccolina!

sprofonda commosso nella gestatoria.

Ild: Re Mannolo… suvvia, chi meglio di me conosce le vostre anime veraci? Sollevato! Troveremo un rimedio.

anime, dovute ai repentini sbalzi di umore, dopo un momento di esitazione, Mannolo balza ritto dalla poltrona.

Man: Santo consigliere mio! Voi si!... Mercurio! Giove! Cherubini! Spifferai! Si! Oh si! Mio segretario! Ragguagliate in uno... l'Olimpo intero.

Ild: Sono felice per voi Maestà.

Man: Anch'io da per me... abrogate subito... intendo dire immanente... l'editto.

il segretario trasecola, il Re lo incalza.

Ild: Eccellenza!

Man: Avete capito bene!

Ild: Il messo è ancora fuori mio Signore... inoltre, conoscete altre sì quanto grande sia il vostro regno.

Man: Intendete contraddirmi ancora? Mandatene a frotte per valli Padane e Monti marini, non voglio assolutamente dibattere... i scudi dei miei sudditi, in questo momento storico, hanno priorità su tutto.

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Ild: Capisco... però...

Man: Però cosa?

Ild: Così detto, andare a tirare il cinto in piazza, oltre il limite consentito lo trovo inopportuno.

Man: Opportuno o no! Chi è il Sovrano? Quanti prima di me si sono strafottuti del parere della plebaglia... non siete certo voi a cui debbo rinfrescare il senno.

Ild: Certo che no! Se posso insistere, sono sempre dell'idea di trovare un equo compromesso... ad esempio, con trattamenti definentesi indolori, sono essi a garantire stabilità politica, talvolta il popolo si compra con poco.

Man: Arciboldolina! Allora dite! Son tutt'orecchi... cosa aspetti?

Ild: E' elementare a dirsi più di quanto non si creda.

Man: A farsi?

Ild: No! No! Ascoltate bene: con decreto irreversibile dobbiamo legalizzare qualsivoglia sincretismo di gioco a scommessa, ivi compreso: lotterie, tornei, falce di Luna, scricchete e scrocchete, spenna-polli e tamburello senza trascurare il tiro alla fune e, qualora non dovesse bastare, troverò modo previo sondaggi, di arricchire la Cabala con altre diavolerie... insomma! Il cetoncolo dovrà esanguere divertendosi.

Man: Un momento! A quale anello degli inferi vorreste appartenere?

Ild: Ah! Ah! Il sommo Vate dovrebbe inventarne uno ex novo... ma solo per me.

Man: Non capisco!

Ild: Avvicinate l'udito a quella conchiglia... sentite cosa giunge dalle stanze sacre della nostra Bell'Anima?

Man: Cosa?

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Ild: Quisquilie Maestà... il congegno è in via sperimentale ma confido nella tecnologia del settore, sono certo farà passi da gigante... allora si ne sentiremo di belle.

Man: Continuo a non capire.

il Re stupito e titubante si avvicina all'oggetto, il segretario lo blocca.

Ild: Attendete... attivo l'audio amplificato... ecco la gestatoria, dovete auscultare in comodità... prego.

due le possibilità per la regia: rimanere nello studio, oppure rendere visibile la camera della Regina che, insieme a Specchiolo e Grimilde, guardano attoniti lo schermo di un televisore, mentre un telecronista, sottotono avvia il notiziario per poi caratterizzarlo con enfasi.

Voc: Signori e Signore! La guerra in Iraq, la fame nel mondo, il Lama sfrattato, carestie di genere, riscaldamento atmosferico, la Terra... stanca di girare intorno alla Fucina del mondo, per non parlare di morte bianca, nera e malandrina... ebbene! Tutto e altro viene soppiantato dalla notiziona del giorno in cui si dice che: Il centone di euro è stato vinto da uno sfinterrato borgo Catanise.

incredulità dilatata da una lunghissima pausa, Ildebrando, ieratico, sortisce.

Ild: Vedete mio amatissimo Sovrano, quale potere d'acquisto hanno i numeri? Ossia... se il fautore di tal trovata, elargisce cento, il buon Caronte nel fiume Erario ne traghetta cinquecento e più... e Voi mi venite a dire come facciamo a reperire i fondi?

canzone

Essì vero che Dea bendata m'han chiamatoper questo che con ferma presami tengon per mano rappresaavrei voluto dir una volta la miadacché se dono manna non è carestiala posta teste è troppo ghiottaper non far sviare qualcunocomprato o tacciato che vuoi

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che de 'sti tempi... siaveder sul manto mela cader bigliettoni al ventoe ricoprire una stanza con un natural... percentoprendere o lasciar se vuoi ma non sai cosa t'aspetta fuorise un pugno o la doppietta

Signori! Non so se il maglio il bavaglioun dì offuscarono a di voi la vistaso solo che la moneta di virgin fatturavenustà ed esen tasse sippoi di soppiatto ancor... l'èben ché meno allo sbaraglio andasseè vero che c'è chi crede al piglio della sorteimpegnando e sì e sì più voltesinnanco la ciprea della consorte

Però cosa posso fare per creduli e coglioni infingardise non ho più euro alcun per lor di vizi e bisogni cibarsicché si lassan andar mesti come pecore a frottea prelevar desco in Caritas affrancando indecenza e impudenzaprivando al picaro andante che di vero principio a fortior ne fa pudormentr'io da buona Dea sbendataposta a pié più che mai sfacciatami trovo sile compagna d'annatasvuotar cornucopia adiposanel loculo antico di un don Perignom per amico.

re Mannolo è tornato dalla guerra, la corte lo festeggia riunita, insieme a personalità di rango che il Ciambellano, con voce squillante si premura annunziare. Anche la piazza a suo modo esulta, con dimostranti pacifisti che chiedono più volte al Monarca di abdicare.

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Cia: Ed ora sta per fare il di loro ingresso, il Piissimo, Reverendissimo, Costumatissimo Reginaldo Arciduca dell'alleata Marca-Galla... accompagnato dal suo real seguito... nutrito e nutrente.

sottovoce

Mas. Ildebranduccio... speriamo che non ci sia Dallomai.

Cia: Sire! Anche il Cardinal Treppanze non ha voluto mancare a cotanto ricevimento, datato in Vostro onore.

Il Re elargisce a destra e a manca ampi sorrisi senza proferir parola. Maschiolo accenna a segni d'insofferenza, guarda più volte il Segretario, la madre, anche il padre imbevuto di compiacimento. Scocciata invita Ildebrando ad appartarsi.

Mas: Ildebrando! Vieni subito... mio padre non mi convince, sembra un'altra persona.

Ild: Ragazza! Sarà forse la stanchezza... dicevo io che si doveva attendere almeno un plenilunio, prima di sottoporlo ad altro stress.

Cia: Dame! Monsignori di corte! La Regina Antinolfa ha inviato un legato a rappresentarla... con il vostro consenso vorremmo ascoltare il messaggio dell'affezionatissima signora alleata.

il Ciambellano non finisce la frase, da piazza Bolgia giunge un baccano assordante, questa volta fanno arrivare il dissenso per mezzo di un megafono.

Meg: Abbasso! Declassiamo il Re! Abbattiamo la guerra perché è uno strumento solo per te! Se hai coraggio da leone affacciati dal tuo loggione... ma tu non l'hai sicché il fantoccio che è in te dovrà perir.

Ildebrando si trova vicino a Maschiolo, risentito esclama.

Ild: Gribbio! Codardi e sbandati rovinan la festa... bisogna far pur qualcosa.

Mas: Si! Si! Cosa?

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Ild: Certamente si! si blocca, scruta la Principessa dall'alto al basso, domanda. Tu dimmi! Con chi sei alleata?

Mas: Il vestimento parla... o tu Ilde non t'avvedi?

Ild: Vedo! Vedo! E sento pure la Bolgia tossire... per i miei gusti anglofoni rumoreggia sin troppo.

Mas: Allora cosa aspetti? Affacciati... sostituisci il Regnante!

Ild: Sarà buona idea... infernale ragazza!

il Segretario non fa in tempo a mettere piede nel loggiato che viene subissato da prodotti ortofrutticoli e altri eterogenei corpuscoli.

Meg: Non è la tua faccia che vogliamo! Buffone! Leccapiedi! Prendi questo... e quest'altro! Baronetto si nun te ne vai te cammiamo er trucco! Ostrega! La dipintura no!

scoppia un petardo Ildebrando intimorito tenta di trarsi.

lld: Alla faccia dall'essere questa orda grecula pacifista! Costoro fanno sul serio... risponderò loro con cipiglio... Armigeri! Squadrone - Urbi e Torvi... a me!

Meg: Regà! Famoj da vede chi semo!

Mas: No! Ildebrando! Aspetta! Prova prima con questa... su! Su! Esponila... che aspetti?

Ild: Santa donzella! Cos'è?

Mas: Un icona!

Ild: Iddio provvidenzioso... ma è il faccione di sua Maestà! No! Non posso abbeverarlo nella salsa vesuviana.

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Mas: Vero... presumo però che tu conosca l'arte della mimesi... pare fosse un espediente per dolcire spirti focosi.

Cia: E ora! Corte regale... sta per fare ingresso il principe Dallomai! Ex genero di sua Maestà re Mannolo e della signora... regina Bell'Anima.

Mas: No! Cristo no! Baffino salentino non ci voleva... no! Preferisco far contumelia con quelli della piazza.

Maschiolo fa per uscire, viene dissuasa.

Ild: Donde tu vai? Trasformista! Or più che mai servi alla causa dialoghista... sai dirmi se quel sepolcro in gestatoria non fiata, chi dovrebbe compendiare i convenuti? Se io tengo a bada la ciurma dei zeloti da basso, tu dovrai cingere corona da cicero dall'alto.

Mas: Ilde! Mio padre è muto, forse anche sordo, l'altro smorfeggia con ibridi contenuti, io, nel mezzo mi sento ben meno che una pupazza. Sono nata Principessa e questo non m'ha voluta, sono diventata Italia è il marpio in realtà non me s'è mai filata... s'è sempre riciclato pur di fustigar l'evento, or farli parlar da soli, varrà almeno un nano dispregio.

Ild: Bada figliola... così facendo la principessina Fiordilatte ti farà le scarpe.

Mas: Le scarpe! Ebbene Ildebranduccio, anche costi raccoglierò la sfida. Vedremo se come primogenitura non sarò dura a perire... ecco la tua diletta... al suo cospetto, anche mio padre strimpellerà nel corpetto.

Ild: Orbene! Qualora dovesse declinare attiverò Tiresia pur di capire qual satanasso gli scippa la voce... a men che, non l'è menda di sortilegio post-bellico... con il qual caso dovrò pattuire venia.

Mas: Suvvia mio buon Segretario... il Vietnam è memento del Settantatré. Con le tue superstizioni sorvoli l'America e sormonti di fantasie anche la Luna.

Ild: Accidempoli! Questa è bella... da che pulpito sentire abbattere pregiudizi, quando le streghe nella vostra Patria ne han fatto vitto e alloggio. ( batte sulla spalla di Maschiolo e la invita a seguirlo ) Suvvia ! Andiamo l'evento mediatico è si grande.

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Fiordilatte entra nello studio timidamente senza essere annunciata. S'inchina al padre, poi si volge ai presenti. Sofferma lo sguardo sulla madre, lei la incoraggia. Il personaggio deve essere incarnato da una adulta che deambula sulle ginocchia, questo per rendere patetico l'incedere, sia nel parlato, poiché si tratta di recitare in forma di filastrocca, che di camminata, la quale a tratti è precaria sino a raggiungere un punto prestabilito, qualora si voglia trovare un paradosso lo si ravvisa nella rappresentazione, la freschezza, la solarità la nobiltà di principi, escono dalla bocca di una fanciulla già vecchia.

Fio: Ba! pausa gestuale, s'inserisce la mimica del Re. Volevi me? Eccomi venuta... sono io... Fiordilatte nata nel Novantatré. pausa gestuale, mimica del Re. Politici, Confindustria, Sindacati, Interclassisti, Socialisti, Interventisti, Comunisti, Democristi e bla... bla... bla. Si dican d'accordo affinché sorella Italia venga tosto rimaneggiata, sicché con prece, venn'io e non un pisellino anelato, però come secondo nome frate Savin, senza pensarci su con epiteto esilarante... Riforma in fonte mi registrò. pausa gestuale, mimica del Re. Non volevo esser io altrimenti, co sto fagotto al collo, gremba di già son... di picche e sedimenti. pausa gestuale, mimica del Re. Ma con Referendum venni molto acclamata, dacché non potei, capisci me... fare altrimenti. pausa gestuale, mimica del Re. Non vorrei essere scortese se il Popolo a frotte rivendica pretese, son giovane bella e titolata, anche il Mameli si disse disposto a rivergar rime, con questa lusinga e venustà dovrei risanar principi, casse, orpelli di lusso, lira, pulici e zecche d'ogni Region di Stato. pausa gestuale, mimica del Re. Elargir sinnanco dovrei, diritto di vitto, alloggi, sanità e profitti, sippoi i doveri vengon essi a tergo messi in disparte, pazienza! In sacrestia e con fratellanza si fanno con piccioli stornar e in osmosi a querelle da fiato ridondo nel rispetto del privato, teleguidate con sentenze da legulei e arringhe grottesche sin troppo di parte, velando leggiadria nella nostra vilipendiata Democrazia. pausa gestuale, mimica del Re. Bà! Anche questa è Civitas, ossia: sicurtas fidei, gestita dai più con arte. Quindi Bà... a compendio garbato domando umilmente di farvi, Voi... da parte, son certa dall'essere all'altezza di convitti, crapule e tavole d'Artù... nonché increanza, ignoranza, arroganza, baldanza d'anni di lotte a fil di corda sottese, silurante ad oltranza da una Babele di viscida incuranza. Chissà… vedrà!

didascalia gestuale di re Mannolo.

Pri: il Re, stupisce per questa sortita affettuosa.

Sec: cerca riscontro nei sguardi dei presenti, poi, in segno d'assenso fa trasparire un velo di soddisfazione.

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Ter: non bisogna dimenticare che il Monarca, attendeva con trepidazione il parto, convinto che il nascituro fosse maschio. Da ciò un singulto gli nasce dal petto, evidenziando la delusione più intima. Anche Maschiolo, cerca lo sguardo del padre, il padre cerca lo sguardo del prete ma che non trova corrispondenza perché interessato più dal prezioso mosaico del pavimento. Mannolo pretende più attenzione, con il braccio tremante e proteso, pare voler dir qualcosa ma dalle labbra sfuggono solo atoni balbettii. Senonché, come se l'indice si staccasse dal resto del palmo, indice finalmente l'Arciprete.

Qua: il Re, scambia il significato della parola, gremba, la interpreta per gravida, con le pupille dilatate, interroga la Consorte.

Qui: questa volta fa roteare il braccio, con l'indice posto in evidenza, accusa i presenti di alto tradimento.

Ses: per ribattere, preda di simulate convulsioni, si batte il petto più volte.

Set: è molto ma molto risentito perché tutta questa grazia di benessere deve scaturire dalle sole sue, risorse patrimoniali, indi, strofinando l'indice e il pollice con tutte e due le mani, non intende foraggiare le classi ad oltranza.

Ott: si sbraccia ripetutamente in segno di vittoria, indica ai presenti la corona, segno evidente che l'unica forma di oggettiva governabilità, ritiene fosse la sua... l'euforia suo malgrado dura il battito di ciglia.

Non: Mannolo è stizzito, le ultime parole della figlia gli danno la stoccata finale, le ritiene sconce, ambigue, opportunistiche. Tuttavia vuole verificare se non l'avesse fraintese, esplicitando con il suo gesto anche una evidente sordità. Passa le dieci dita nei capelli, tenta di strapparseli, si gira tutt'intorno con l'intenzione di afferrare qualsiasi oggetto e scagliarlo, nulla trova. Provato da cotanta afflizione è fermamente intenzionato a disertare la sala. Prova più volte ad alzarsi ma la gestatoria lo ricaccia gravemente sul piedistallo, sembra voler essere appiccicata ai glutei. Si sente goffo e ridicolo. Redarguisce con sguardo torvo i convenuti i quali, danno la sensazione di non partecipare all'azione. Sconsolato si rassegna all'evidenza. Lunga pausa di silenzio e introspezione. Sarà il Ciambellano con timbro squillante a richiamare l'attenzione di tutti.

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Cia: Signori! Sire e Sira Corte sublime... presenti e non... anche di voi in piazza. L'annunzio è ufficiale... il principe Dallomai emozionato tanto quanto abbottonato l'è di costumanza, nonché onorato, chiede di inanellare l'anulare della principessina Fiordilatte. Annota inoltre che è disposto ad accompagnarla... sebbene laicamente, nel precario percorso di vita, nella quale si sente tutor verace. pausa Signori! Presenti! Tutti! pausa Voi che ne dite?

Ild: Potremmo dilettarci con i musici!

Cia: Che entrino i musici!

acclamazione generale, ivi compresa l'euforia munifica di scoppi che dalla piazza giunge per mezzo di altoparlante. Irrompono nel salone flautisti, suonatori di cornamusa, giocolieri insieme con luci e canti avvolgono i presenti d'allegria. Il Segretario, l'Arciduca e Mannolo approfittano della confusione e di soppiatto si ritirano nello studio del Re. A questo punto L'Arciduca si lascia andare a confidenze insolite. Mannolo ascolta divertito ma il suo dura poco, Maschiolo livida di collera si precipita nello studio.

Mas: Padre! Mi dovete delle spiegazioni?

il Re impassibile a tale impeto preferisce estasiarsi nell'ammirazione dell'Amorino, acquisto di fresco dal Cardinal Treppanze. La statuetta è conservata in un contenitore altrettanto prezioso. Mannolo con la delicatezza del perito tenta di rimuovere incrostazioni di terriccio.

Mas: Padre! Mi sentite? Ho diritto di sapere e di farmi ascoltare! pausa Padre! Non potete rimanere indifferente a cotanta impudenza... avrei, io! Onorato il vostro sigillo, trascinando quella sfrontata con i capelli sino a sfiorare i vostri piè. pausa Ma voi! Voi...

l'uomo è assente, la ragazza preda dello sconforto tenta di allungare il braccio, strattonare il padre pur di renderlo partecipe, si ritrae, lo guarda con disprezzo afflitta e contrariata, abbandona la stanza.

fine prima parte

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Fiordilatte rimpinguata da una miracolosa mistura composta di latte di foca e miele, cresce a vista d'occhio. La vediamo felice e spensierata giocare nel parco del Castello. La governante Grimilde, seduta su una panca assorta a rifinire un merletto con il tombolo, tenendo conto anche delle raccomandazioni del futuro sposo, non la perde di vista. Educatrice a tutto tondo cura anche i buoni principi, ai quali l'allieva precoce e di animo ragguardevole si rapporta con intima dovizia. Donna di notevole sensibilità fatica non poco per alleviare la sofferenza della sua pupilla, a causa della morte prematura della Regina. Tuttavia il pensiero Liberale, ereditato dalla Sovrana infarcito di nobili ideali, non sono condivisi dai cortigiani con a capo sia Ildebrando che lo stesso Mannolo, quindi severamente banditi, però la futura regnante ne è suggestionata. Suo padre seriamente preoccupato di fronte a cotanta bontà sociale, si ripropone di prendere seri provvedimenti ma una diatriba con il Cardinal Treppanze. rischia di degenerare in un conflitto d'interesse mitigato dalla onnipresente ortodossia religiosa. Sicché in accordo con il fido Segretario decide di rimandare il caso a periodi più sereni. Fiordilatte sembra essere stata concepita con un Eroe divino, incline alle sfumature del reale e delle dinamiche armoniche che lo caratterizzano, crede che un tal bellezza potesse un giorno radicare anche nell'Animo degli uomini, spesso disattenti anche all'incredibile panorama del Creato. La leggiadria delle sue amiche farfalle incarnano ai suoi occhi la fragilità nella quale confluiscono tutti gli equilibri della Vita. Quel pomeriggio, anch'esse più festose che mai sembrano percepire le fantastiche finalità dell'adolescente, e nella foga di una osmosi surreale, lei misteriosamente scompare. Grimilde non se ne capacita, il parco per grande che fosse e cintato da muri invalicabili, non può tornare al Castello senza l'amata Principessina. La chiama più volte sottovoce per evitare l'attenzione della ronda, impensabile domandare collaborazione, l'avrebbero tratta al cospetto con il Re. Il Crepuscolo pian piano ammanta la vegetazione con i suoi colori, tetri per la povera donna che carponi in preda ad una disperazione incontinente si rivolge alla defunta con afflato, affinché per intercessione della Madonna della Casa si possa pervenire a una soluzione. Passano interminabili minuti, poi una voce familiare la ricaccia all'interno di una confusione totale. Sarà la carezza di una mano passata sui suoi candidi capelli a ridarle sollievo.

Fio: Maman!

Gri: Fiordilatte! Bambina mia!

Fio: Maman… stai piangendo?

Gri: No… o forse che… è tutto passato.

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Fio: Si… Maman devo raccontarti una cosa fantastica.

Gri: Dopo! Dopo!

la governante preoccupata dell’ora tarda non le da peso ma la fanciulla insiste strattonandole la veste.

Fio: Maman… è importante.

L’anziana donna la guarda, sorride, si siede su una panca la pone sulle ginocchia e la invita a parlare.

Gri: Ecco! Sono tutt’orecchie.

Fio: Maman, stavo per prendere Maddalena la mia farfalla preferita, quando ho visto sbucare qua e là tanti piccoli omini.

Gri: Davvero!

Fio: Certo! Non mi credi? Dicono di chiamarsi Gnomi.

Gri: Dimmi… e quanti erano?

mostra le dita delle mani.

Fio: Tanti! Forse sette… oppure nove… sapete mi hanno portata con loro per farmi vedere piccole casine e mi hanno…

bruscamente si ammutolisce, l’euforia del suo viso scompare, vorrebbe fuggire ma il rispetto che prova la trattiene.

Gri: Figliola! Perché quella faccia? Lo sai, non devi aver timore di confidarmi i tuoi sentimenti… mi conosci.

Fiordilatte è mortificata, si limita a dire.

Fio: Maman… non posso.

Gri: Cosa? Piccola mia.

Fio: Ho fatto un giuramento! Non posso tradirli.

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Grimilde non insiste, la prende amorevolmente per mano, con un sorriso le fa capire quanto le sia vicino e in silenzio si avviano verso casa. Prima del ponte un Messaggero chiede loro di lasciargli la strada ha fretta di vedere il Re. Gli si fa incontro Ildebrando, a mala pena riesce a far recepire l’urgenza del dispaccio che reca con sé. Scoppia in un pianto dirotto, insiste per essere accompagnato dal Sovrano. Questi si trova nella Cappellina privata a pregare, il Segretario sa che non deve disturbare quindi tenta di dissuadere il soldato. Tosto ci ripensa conoscendo Mannolo, preferisce non essere la vittima della sua irascibilità.

Mes: Sire! Mio Sire!

Mannolo non gli degna neppure un respiro, disperato torna sui propri passi, sulla porta incontra Ildebrando, costui prima lo rimprovera poi lo stimola ad insistere.

Ild: Pavido! Vai! Quello è così…

Mes: Sire… perdonate l’insolenza… le notizie dal Cerrito non sono buone… è disfatta mio Signore.

a questo punto il Re si alza di scatto, inforca l’uscita imprecando.

Man: Maledetto! Come è disfatta! Bugiardo! Tu menti! Armigeri!

Mes: Sire!

Man: Silenzio perdio! Armigeri! Non tollero sentire che i nostri valorosi soldati si son fatti beffare dalla truppaglia di quel maledetto Cardinale in gonnella.

Mes: Signore… io ho…

Man: Un momento! Ne siete certo? Avete visto tutto con i vostri occhi?

Mes: Assolutamente mio Signore.

quella che voleva sembrare ironia da parte del Re, viene freddata dalle parole del soldato che perso in una strana beffarda confusione rincara la dose.

Man: Certo?

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Mes: Certissimo… è anche intenzione del prelato marciare prima di sera per cingere d’assedio la nostra capitale… vuole asserragliare il Castello, sfondare il Bastione principale e trarla come un prigioniero.

la prima reazione è quella del riso accompagnato da un singhiozzo nevrastenico poi cogliendo dal viso del subalterno tutta la gravità si mette a urlare come un ossesso.

Man: Ildebrando! Ildebrando! Che fai li impalato… coglione! Non è il tuo viso che voglio vedere ma quello del mio Segretario… via! Via! Ildebrando! Cribbio! Dove s’è cacciato quest’altro imbecille… Ildebrando!

rotea la testa a grand’angolo, non vede nessuno, scosta brutalmente il soldato impietrito e si ritira farneticando all’interno del Torrione-Fortezza. La battaglia dopo un lungo e penoso assedio si risolve con un armistizio invocato più volte da Mannolo. La netta supremazia del Cardinale è tale che non contento della vittoria, impone senza condizioni il totale assoggettamento alla Chiesa. E come se non bastasse si annette ricchi possedimenti dello Stato di Papponia. Obbliga il vinto a ricostruire la Bolgia e le città del suo regno che hanno subito danni. Sebbene non muova dita alla richiesta degli arresti domiciliari, sino a quando la ricostruzione non sarà completa. Treppanze sfodera magnanimità, ribalta il verdetto della Corte, lo grazia da impiccagione. Il Re, sembra soddisfatto del trattamento dell’acerrimo nemico, ma suo malgrado il compiacimento dura solo pochi giorni perché, da censimento indetto per reperire specialisti delle Arti e Mestieri si trova a fare i conti con la decimazione degli interessati senza precedenti, quei pochi rimasti avevano preferito la protezione del nuovo Signore. La disperazione non ha più freni, qualcuno del gran Consiglio suggerisce di chiedere clemenza al Cardinale, Mannolo la trova una opzione balzana dacché ipotizza non senza ragione un totale rifiuto. Essendo un devoto della Vergine la invoca a più riprese e quando ogni idea sembrava non avere più un senso logico, nel bel mezzo della centesima riunione Consiliare fa irruzione senza preannunzio uno strano personaggio, si tratta un Giullare ma non quello accreditato a Palazzo. Il tipo con balzi e piroette, invasato di euforia si rivolge agli anziani in modo confidenziale.

Giu: Zucca non zucca! Meningi non meningi! Provate voi tutti qui riuniti a indovinare cosa acquieterà il cor turbato dell’amato Sire?

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i presenti strabuzzano, anche la maschera al centro della scena si stupisce di quello strano silenzio, ci pensa Ildebrando a ristabilire il contatto, scatta ritto dallo scranno, si avventa sul malcapitato, lo afferra per la gola, urla a squarciagola.

Ild: Armigeri! Armigeri! Venite a me… presto!

sentito il richiamo due guardie con alabarda puntata irrompono nel salone, il Segretario molla la presa e consegna nelle loro mani il Giullare che si dimena strombettando e nella foca molla anche qualche calcio di sghimbescio.

Giu: Mettetemi giù! E’ un ordine!

Ild: Rinchiudete nelle segrete questo menzognero e non fatelo uscire se non a seguito di un mio preciso ordine. Eseguite!

Giu: No! No! Non potete trattarmi così… non capite! Io sono qui per salvare il Regno… Sire! Maestà!

i soldati lo sollevano, Ildebrando sfregando le mani per la soddisfazione torna a occupare il suo posto. Il Re non proferisce parola, i vetusti, inermi dal concepire un nesso logico continuano a scambiare occhiate di sbigottimento. Da parte sua il Giullare, non trovando consensi fa appello a tutto ciò che gli capita di dire, chiama in causa con un accorato appello il Monarca. Il Segretario scocciato intima solerzia ai soldati.

Ild: E voi!

Giu: Sire! Sire! Perdonate la mia sfrontatezza ma dovete ascoltarmi. Maestà vi scongiuro...

anche gli anziani avvertono il desiderio di entrare in scena, non può essere altrimenti, quindi perché non prendersela con il più debole. Sicché un via vai di oggettistica si plasmano con gli insulti.

Ass: Via! Cialtrone! A morte il mentecatto! Furfante! Cacciatelo nelle segrete in gran segreto! Buffone!

le guardie poveri malcapitati, si appressano all’uscio, stanno per richiudere il portone il Giullare più deciso che mai si appella all’ultimo singulto.

Giu: Re Mannolo! Gli Gnomi! Sono loro i personaggi che cercate!

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Mannolo recepisce la frase come se fosse un terremoto, sino a quel momento era rimasto impassibile e muto ma quel nome lo sferza, si alza in piedi e ordina.

Man: Riponetelo al mio cospetto!

i soldati accompagnano il disgraziato al centro, lo sbatacchiano il giusto, si voltano per congedarsi, Ildebrando li richiama.

Ild: Voi! Rimanete! Se le querule del ciarliero sono false, come spero voglia sì… dimostrare, sapete cosa fare.

il Giullare nonostante tutto tira un respiro di sollievo, inoltre è sicuro che la sua idea abbonisce quei poveri sprovveduti, indi s’impadronisce della scena con la stessa spavalderia con la quale s’era presentato.

Giu: Zucca non zucca! Meningi non meningi! Gli Gnomi… son qui! Già! Sono costoro i signori nonché padroni del nostro sconfinato parco.

in coro

Con: Gli Gnomi! E chi son… codesti?

Giu: Ah! Deduco che voi non sapete… potevate dirlo… val dunque ch’io vi illustri la valentia in lor possedimento. La qual cosa… al Re… interessi!

tutt’altro: il Sovrano scocciato del panegirico lo ammonisce duramente.

Man: Basta! Vi ordino di venire al dunque e, non abusate della mia infinita pazienza, laddove in più occasioni ho dato prova di essere indulgente… ancora attendo invano l’aiuto della vostra amatissima Antinolfa.

Giu: Giammai oserei prendermi burla di sua Maestà… son qui per recare anche aggraziate scuse della mancata collaborazione. Suvvia però! Priorità del nostro interesse l’ha la ricostruzione e non monito regresso.

anche Ildebrando freme.

Ild: Oh Mentecatto! Chiarite senza indugio i propositi che le orecchie del mio Re sogliono udire.

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Giu: Farò come suggerisce vostra Eminenza ma… c’è un ma! Garanzia a voi in prodromo… pretendo!

Ild: Sarebbe?

Giu: Badate che ci sono tanti testimoni… una su tutte… re Mannolo!

Ild: Gaglioffo! Rigattiere! Or dunque… ricattate?

Giu: Chi? Io! Io no!

Ild: E ditemi… di qual pulcella… parlate? E cos’ha a che fare con quei porcellini? Oh mi scusi… Ominidi?

Giu: E sia! Ebbene! Sire… è del riguardo della vostra figliola che fò raccomandazioni. Ho tra inteso… par conosca bene questi Ometti… o meglio… Ominidi. Pertanto chiedo anzitempo venia per lei a cui non dovete torcere ciglia.

Man: E cosa mai lor sanno di noi?

Ild: E come potrebbero esser di nostro, bada ben… ausilio?

Giu: L’infanta Fiordilatte… sa!

inforca l’uscio di corsa e sparisce, l’Assemblea è inebetita, non hanno tempo di infarcire una esclamazione, il Giullare fa capolino dalla porta semiaperta.

Giu: Badate però che se vorrete fare a loro del male, non potrete giacché anch’essi sono di proprietà del Cardinal Treppanze e recano seco stima da parte della mia amatissima… Sapientissima… Nobilissima… Signora Antinolfa!

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lascio immaginare i retroscena di un evento che vede Fiordilatte vittima delle angherie del padre che quelle più spregevoli di Ildebrando. Costoro si sono sentiti umiliati di fronte al gran Consiglio riunito in pompa, dalle reticenze della giovinetta, ostinata a non rivelare il nascondiglio dei suoi amici. Le minacce alle quali viene sottoposta rischiano di sfociare in una follia, sarà Grimilde a toglierle il fardello dall’Anima. Gli Gnomi una sera, assillati da estenuanti battute di caccia, vengono catturati dalla guarnigione personale del Segretario. Condotti in catene al cospetto del Re, eccitano lo scherno e la soddisfazione della Corte, meno lo spirito dei prigionieri che stando alle occhiatacce rivolte principalmente alla Principessina, fanno trasparire l’odio e la vendetta che li devasta. Quella notte la città si assopisce ammantata dai fumi di Bacco e solo il pomeriggio tardo del giorno seguente, Mannolo decide di dare udienza ai suoi ospiti.

Man: Oh! Venite… venite prego… accomodatevi, si da il caso che aspettassimo

proprio voi… non è vero Ildebrando?

Ild: Illustrissima Signoria… lei ha sempre ragionevolmente ragione.

Man: Sempre?

Ildebrando si rivolge alle guardie con garbo, le invita a entrare, benché lezioso, pingue di sarcasmo nei confronti degli Gnomi.

Ild: Prego Armigeri… fatevi avanti in modo che possiamo fare conoscenza con i lor signori… suvvia miei serventi, non è il caso di trattare come topini i nostri amatissimi ospiti… disciogliete! Uno, due, tre… ma quanti graziosissimi ometti Maestà.

Man: Vedo! Vedo! Speriamo che la nostra cagione sia causa nobile per la di loro memoria… così come ha avuto l’ardire lo ciarlatano.

Ildebrando nonostante l’evidenza appare nervoso, si muove in andirivieni lungo il perimetro della stanza.

Ild: Sire! Mi permetta una postilla… Ciarlerie o non ciarlerie i signori qui presenti li vedo alquanto dimessi ma… sono certo che la loro abile maestria non verrà meno alla aspettative del Regno.

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si avvicina ad uno Gnomo, gli sfiora la guancia come segno di tacita conferma, il gesto gli è fatale, sul pollice i canini come lame incidono la carne in profondità. Emette un urlaccio si discosta con un balzo felino, porta alle labbra la ferita per darle sollievo si guarda intorno mortificato. Ripresosi dell’accaduto non previsto minimizza, rassicurando sia il Re che qualche Consigliere presente.

Man: Fulmini a ciel sereno! Tensioattivi non vedo? Oppure…

Ild: Maestà! Signori tutti! Con ciò ovvero sia, posso confermare che i gentili ospiti hanno capito quali sono i nostri desideri, sono certo altresì che… non deluderanno le aspettative della Comunità. cambia repentinamente il tono di voce. Guardie! Rinchiudete nelle segrete sino a quanto non ingentiliscono, questi diavolacci tasmanoidi… forse non hanno ben compreso chi hanno al loro cospetto.

impettoriti di dignità i dieci Gnomi loro malgrado in silenzio si avviano a seguire i carcerieri, all’improvviso lo stanzone viene inondato dalle grida di Fiordilatte, seguite dalle implorazioni della Tata.

Fio: Pater! Pater! No! Non fate loro del male… Pater! Vi supplico!

le esclamazioni di intercessione si fissano su tutto fuorché sui cuori dei presenti, anzi si passano sguardi di sdegno. Il gran Consiglio nell’atto in cui tirano ai voti una decisione importante non tollera intrusioni. Fiordilatte continua a postulare la liberazione dei suoi amici indifferente al nervosismo che nelle viscere del padre lievita, il quale, per contrasto, stimolato da sottese sollecitazione sbotta nei confronti di Grimilde.

Man: Donna! Come avete potuto permettere che questo luogo venisse dissacrato dall’infante?

Gri: Sire!

Man: Zittite questa irresponsabile! Con lo scudiscio se necessario.

Fio: Pater! Pater! Perdonate vi preg…

Man: E con voi piccola ribelle, avrò modo di render pariglia… Armigeri! Cosa aspettate! Allontanate immediatamente le intruse.

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Fiordilatte si dispera, a nulla valgono le suppliche, deve, vuole far capire ai suoi amici di essere estranea alla di loro cattura, ma l’umiliazione più perforante è quella che le riserva Fonfo, il gran Capo.

Fio: Perdonatemi! Io! Io non c’entro con questa disgrazia… almeno tu… mi credi?

la parola lapidaria che le rivolge sintetizza lo zibaldone di sentimenti che lo pervadono.

Fon: Ellicebmi!

il sole splende sulla capitale la Bolgia. Fiordilate giovinetta, in compagnia dell’amata Governante passeggia in una delle vie, ricostruite dalla solerzia dei cittadini con il contributo eccellente degli Gnomi. Da tempo il loro rapporto grazie alla perseveranza di Grimilde si è addolcito, sicché con euforia elargisce sorrisi e in cambio riceve inchini di riverenza. Si avvicina anche il giorno delle nozze con il principe Dallomai, l’avvenimento la fa semplicemente trasognare. Assapora il coronamento del matrimonio scarno da superbia poiché lo vive non come punto di arrivo, ma come principio per concretizzare i tanti benefici e riforme sociali che al momento soggiacciono nel suo intimo. Però, come tutte le storie umane, per essere belle non deve mancare il travaglio, quindi, qualcuno pare se ne stia curando. Una mattina di buon’ora si presenta al castello di Mannolo un Messo dell’Arciduca, suocero di Fiordilatte. La sua faccia adombrata, sebbene non conosca il contenuto della missiva pare ne introduca il senso. Insomma il suo padrone pretende dal padre della futura nuora, in segreto, un colloquio di chiarificazione. Come rifiutarlo? Apre il proscenio, i due Sovrani seduti uno di fronte all’altro discutono con brio.

Arc: Mio caro Mannolo… veniamo a patti.

Man: Siamo qui per questo, però la tua eloquentia non contiene convincimenti alcuni. Indi è a priori che escludo tali vostri proponimenti.

Arc: Con ciò stai minando la mia onorabilità… mi stai dicendo che io! Sia uno buffone di che so, malsano contado bindolatore?

Man: Oh! Ohibò! Giammai sei! Lungi da me un cotal pensiero… riaffermo che il mio integerrimo Segretario, si farebbe castrare pur di rimanere integro alla sua squisita, indiscutibile, onorabile fedeltà alla Corona. Mentre per la verde donzella Fiordilatte… vedete! Ella è ancorché una fanciullina.

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Arc: Orbene! Se fosse come voi dite, alle qual parole non do credito alcuno, dimostratemi il contrario di ciò ch’è il mio risentimento, chiamando immantinente costoro pretendo ch’essi vengano posti a confronto. Ovvero: il signor Ildebrando cali le sue brache, mentre l’infanta mostri i suoi pensieri più intimi di modo che l’assillo che rimpingua il mio cuore, di vedere affacciata alle finestre della mia Marca, una Repubblichetta e non una Monarca… è dispregevole… pretendo trasparenza!

Man: Orsù! Mio vecchio leone, monastero di tanti ricordi a me cari, cosa ti ha spinto a dare credito a un vociare da borgataro?

Arc: E sia! Giorni, volle che a Castello si fosse presentato un tal Giullare…

Mannolo interrompe meravigliato.

Man: Hai detto Giullare?

Arc: Proprio! Un tipo da facili sussieghi e retoriche…

Man: Un Guitto addobbato da Sofista?

Arc: Si! Si! Però perbacco! Non distoglietemi dai binari.

Man: Aspettate! Costui vi ha parlato di una incerta Efigenia?

Arc: Ma cosa andate a pensare!

Man: No! Si! Un momento… benedetta croce! Com’è il suo nome? Perdio! Pervacca! Nulla mi sovviene… Ildebrando! Ah! Ecco! Ci sono… una tal regina Antinolfa?

Arc: Dabacco! Questo nome non mi è nuovo.

Man: Ah! Ben che meno alle mie meningi. corruccia e si mette a urlare. Inetto! Allucinator negletto di idee e nobile schiatta! Portatelo al cospetto delle mie cravatte che gli titillo il gozzo! Me tapino! Me meschino! ( pausa lunga ) Ildebrando! Ildebrando! Ildebrando!

Arc: Calma! Calma! Cosa mai ha di bestial costui, per dar tormenta e scatenare i tuoi neutrini?

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Man: Voglio Ildebrando!

come succede di sovente, quando Mannolo avverte una condizione di fragilità, pretende rassicurazione dal Segretario. Questi, nonostante l’immancabile vizietto che lo vuole origliante delle porte regali, ogni volta si fa desiderare.

Ild: Eccomi Maestà! Mi avete forse voi… chiamato?

Man: Si! Si! Or dunque ascoltate che ha da dire l’Arciduca e confinate il dispregio con cui esso pugna.

Ild: Con serenità mio adorato Signore… sono qui per questo, per servirvi… sempre. Dite! Dite a me Eminenza Eccellentissima.

Arc: Senza fronzoli vengo al dunque… sareste capace di tirar da basso le vostre brache?

il Segretario rimane esterrefatto, fissa lo sguardo in più punti ma non trova nessun alibi a cui appigliarsi, tosto si riprende e riparte all’attacco.

Ild: Arciduca! Proprio dalle sue onniscienti labbra doveva uscire un cotanto aforisma? Vorrò avvertirla che ne rimarrà scosso alquanto.

Arc: Suvvia mio caro Ildebrando, conosciamo le superbe doti nascose… se non ricordo male s’è parlato molto d’un certo Castruccio Castracani… bada, non il Senese ma trattasi del Norcino… lei lo conosce?

Ild: Mah!

l’Arciduca si incupisce, cambia tono di voce e con fare minaccioso si avvicina quasi a sfiorare il Segretario, il quale, abbassa lo sguardo in segno di pudicizia per essere stato punto sulle parti intime.

Arc: Tuttavia non sono qui per parlar d’eunuchi, ma dell’affabulazione con la quale la mia futura parente è riuscita a circuire mio figlio.

Ild: A quali disegni vi riferite signore… che l’infanta è piena di sé, lei ha perfettamente ragione, però…

Arc: Avete inteso Mannolo! Le mie supposizioni avevano fondamento… né ora né mai posso tollerare l’affronto… a me la pergamena verde… subito!

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il Re tace, rintanato nella frustrazione, lo scaltro Ildebrando intuisce le difficoltà in cui versa e con una sferzata intelligente lo rinverdisce.

Ild: Perdonatemi Signore! Non per dissentire ma m’è parso capire che allora stiamo discutendo di due argomenti distinti e separati.

Arc: Dunque!

Ild: Intendevo dire che la Principessina freme al sol pensiero delle imminenti nozze con il suo di lei diletto principe Dallomai. Pensi che, con il tasso ormonale ha contaminato la Corte intera. Sostiene che vuole essere all’altezza di saper gestire una sì nobile… chiamata.

la brillante locuzione trova ampio consenso nell’Arciduca, rincuorato sbotta in una fragorosa risata, poi batte in modo confidenziale la spalla di Mannolo come segno di soddisfazione.

Arc: Dopo queste commoventi parole mio caro amico, prometto che metterò al bando questi ciarlatani maccheronici e… non avvenga mai più che io! Debba dubitare della mia – amatissima – prossima – pupilla – baccellante… quindi… onore all’infanta Fiordilatte!

il Signorotto sta per finire la frase, Ildebrando batte le mani, due serventi entrano, uno con vassoio ricolmo di prelibatezze, l’altro stura una bottiglia di champagne, di quelle speciali. Lo sguardo malizioso dell’Arciduca rivolto a Mannolo sintetizza l’arguzia del Collaboratore. I tre brindano pasteggiando ingordamente. E’ Venerdì, il capo degli Gnomi viene fatto chiamare dal Segretario di Corte. Il Dignitario guardava con sospetto questi Lillipuziani dabbene, però con il tempo, grazie alle loro inconfutabili capacità artigianali nell’aver saputo contribuire alla ricostruzione delle città, vuole giocare una carta per accrescere il suo potere.

Ild: Carissimo! Vieni accomodati… il mio studio è casa tua… abbandona le membra affaticate sul canapè, sapessi, prima delle tue ha sopportato solo natiche di rango.

Fon: Mio signore, siffatte premure mi lusingano, io sono abituato ad altre cassapanche, tant’è che noi Gnomi abbiamo inventato i calli… conoscete queste protuberanze?

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Ild: Protuberanze! Calli! Orsù piccolo uomo non vorrai deridermi adombrando la mia inusitata ospitalità?

Fon: Non siate suscettibile… volete che ve li mostri?

Ild: Affatto!

Fon: No? Bene! Allora io qui seduto mi sento un gran Re.

Ild: Diciamo che potreste.

Fon: Se il vostro canapè non mente… sono! Presumo che i motivi per cui mi avete convocato siano di notevole interesse?

Ild: Però! Che acuzie… che lungimiranza. Fon: E’ più verisimile dire che mi adatto.

Ild: Sia… dunque… seppure ammetta che abbia ignorato, osteggiato il vostro talento, alla luce dei fatti deduco che non manchi neppure per gli affari.

Fon: Non capisco Vostra Altezza… si spieghi meglio?

Ildebrando senza mezzi termini, si alza, estrae da una cassaforte uno scrigno capiente, versa sul tavolo il prezioso contenuto, laconico.

Ild: Con tutta questa grazia comprerete l’Universo infinito.

Fonfo si estranea abbacinato dal luccichio dei gioielli e pietre preziose. La luce prende il sopravvento della realtà, lo Gnomo sopraffatto da cotanto splendore, sviene. Ildebrando in piedi come un fuso è inerme, accenna ad un riso, lo smorza sul nascere, accenna un pianto isterico, lo trattiene, porta le mani sul capo si strappa la parrucca la mette sotto i piedi e la pigia ben bene. Fonfo assiste alla scena strabuzzando un occhio, vorrebbe sì ridere a crepapelle, sa che rischia di grosso, torna allo stadio d’incoscienza. Al Segretario non rimane che prenderlo a schiaffi. Sono sufficienti due sonori ceffoni per farlo scattare ritto con i piedi sul pregiato broccato. Ildebrando immobilizza il braccio a mezz’aria, esclama.

Ild: Allora?

Fon: Mi dispiace deludervi signore ma dalle nostre parti non saprei che farmene.

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Ild: Come!

Fon: Proprio così… vedete, colà la Miseria è la nostra ricchezza più grande, la Libertà il bene più prezioso e il Sapere il passe-partout per la Felicità. Le nostre donne con le piume di pavone e le fantastiche conchiglie di Sancruaschj riescono a comporre magnifici monili, questo a noi ci basta.

Ildebrando ha ascoltato attentamente non senza provar disprezzo, guarda fisso dentro le pupille di Fonfo, ribolle d’ira come un vulcano, si batte il capo, si batte il petto, lo afferra per il braccio, ordina.

Ild: Bestiolina immonda! Scendi dal mio canapè! Tu! Tu non sei degno di cotanta delizia… cialtrone sozzonaccio!

Fon: Giù le mani! Faccio da me.

Ild: Oh mio Dio! Buon Pastore benedetto! Chi se non poteva suggerirmi una tal trovata… proporre affari a questo gambacorta panzerellone… povero me! Povera la Bolgia… ma chi mai…

Fonfo irremovibile, continua ad osservare senza minimo scomporsi. La ieraticità che lo avvolge lo fanno apparire come un Alieno, perciò, lo sbracciare e il farneticare di colui che ritiene essere un pellagroso da studio non lo scalfiscono alquanto. Il Segretario si rende conto di avere esagerato ritiene che non è quella la strada da percorrere e come se nulla fosse accaduto cambia veste. Si siede, invita lo Gnomo ad accomodarsi, lo richiama a un un contegno di rango, stampa sulle labbra i cinquantasei denti di ricambio e cambia canale.

Fon: Caspiterina! S’è morbido!

Ild: Grazie! Vogliate scusare la mia tracotanza e in onore alle vostre chiappe… potrei trarre dal calepino altra proposta interessante… che ne dite?

Fon: Se aveste anche del rosolio le chiocciole si distenderanno… tuttavia siate solerti il dovere mi chiama.

Ild: Certo! Certamente mio caro… già che sbadato, stiamo parlando da due ore e non conosco il vostro nome… come vi chiamate?

Fon: Fonfo… e voi Ildebrando!

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Ild: Però!

Ildebrando non trattiene una risata d’ironia, il nome dell’interlocutore gli suona buffo e senza senso. Lo Gnomo con espressione ingenua ribatte.

Fon: Signore! Cosa la fa ridere?

Ild: Ma mio caro… le pare che è domanda da porre? Non capite… il vostro nome stuzzica il mio umorismo.

Fon: Comprendo… non conoscendo l’anagramma suffissato!

Ild: Sarebbe?

Fon: Fotto non Fotto ? Questo il dilemma d’un mio lontano parente… tuttavia ciò non è affar vostro.

Ild: Credevi d’essere originale? Sappi che sei un eterno secondo.

Fon: Third! Delfi! Apollo! - know - yourself - the Greek - real - real - numbers – One!

Ild: Mah! Amico caro, innalziamoci da queste sciocchezzuole, al momento opportuno m’incaricherò personalmente presso la sede competente per darvi un’identità di tutto rispetto. Sensato è tornare al nocciolo del problema… vi trovo d’accordo?

Fon: Son qui!

Ild: Da informazione riservatissime mi è giunto che state sperimentando senza successo un insetticida che dovrebbe distruggere il batterio che fa tabula rasa delle vostre piantagioni di fragole.

Fon: Oh si! Sono dieci anni che non acchetiamo il nostro palato con il succo dell’eccelso frutto.

Ild: Orbene! Questa è soave musica per le mie orecchie… Io! Sol io ho la soluzione.

Fon: Voi!

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Ild: E chi? Se non l’onnisciente che avete di fronte, potrebbe calarsi nei panni d’un benefattore.

Fon: No! Voi avreste… avreste ciò che a noi ci vien precluso? No! Non può essere.

Ild: Ebbene! E’!

Fon: Santo Avo birichino! Sono anni che aspettiamo il tuo brevetto.

Ild: Sentite! Bando alle ciance… i defunti, bada bene quelli con i neuroni, se non giacciono, hanno traslocato negli State.

Fon: Non per noi signore.

Ild: Ne prendo atto. Sta di fatto che se riteniate diventare un mio stretto collaboratore non potrò chiamarvi con il vostro ridicolo nomignolo… fatemi pensare… ecco! D’ora innanzi vi chiamerete Furbolo.

Fon: Furbolo!

Ild: Si! Vi si addice… inoltre… parafrasandolo con l’ossimoro di un mio conoscente… Fonfo – Fragolo – Furbolo – Hanno tutti la stessa radice… voi mi capite vero?

Fon: Il conoscente si. Voi… voi no!

la Domenica del Corpus Domini dell’anno MCMXIII, Grimilde più euforica del solito bussa alla porta della camera di Fiordilatte per servirle la colazione. Ogni angolo del Borgo castellano è addobbato a festa, il colore profumato delle ginestre s’incunea in ciascun pertugio.

Gri: Mia diletta! E’ ora di alzarsi… guarda che bella giornata s’è riservato Nostro Signore… apro gli scuri… vedrai con i tuoi occhi… Fiordilatte!

Fio: Ohi! Ohi! Maman! Vi prego la finestra no.

Gri: Cosa c’è tesoro?

Fio: Maman!

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Gri: Dimmi! Angelo mio… sono qua.

Fiordilatte ha fatica le prende le mani e le stringe, dalle sue labbra escono parole smorzate da forti dolori.

Fio: Mia dolce Maman… ohi che male… un turbine nella sac…

scoppia in un pianto dirotto, Grimilde si rende conto della gravità, invoca aiuto.

Gri: Aiuto! Aiuto! Santo cielo! Perché nessuno mi sente?

la donna è disorientata, vorrebbe uscire dalla stanza ma le mani della Principessina la trattengono, si commuove ma il contegno prevale sui sentimenti, l’unica cosa che le rimane da fare, attendere, non perdere la calma, accarezza la pancia della sua adorata. Fatto insolito, Ildebrando non sta origliando, passano estenuanti minuti, il Giullare, insospettito dall’uscio della porta appena accostato e dai lamenti che provengono dall’interno, fa capolino.

Giu: Permesso! Grimilde! Santa donna che succede?

in un primo momento non si rende conto della situazione in cui versa la ragazza, si avvicina al letto, è sufficiente uno sguardo per capire dal viso ceruleo le condizioni che le arrecano tormento. Impotente di fronte al dramma lascia che sia la Tata a donare sollievo alla moribonda.

Fio: Maman! Fon… Acqu… Acqua.

Grimilde si precipita nei pressi del canterano per agguantare il bicchiere, il Giullare con un gesto della mano la dissuade.

Giu: Grimilde… è tardi.

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lei torna a sedere a fianco del letto, le due donne si scambiano sguardi di intensa commozione, una lacrima solca il viso di Fiordilatte che ad occhi socchiusi accenna ad un ultimo sospiro, reclina il capo e si lascia andare nelle braccia d’un crudele Destino. Il silenzio benché presente non si vede, ricacciato dalle grevità d’un indicibile dolore, tutto è immobile ma, il tetrume della camera sarebbe insostenibile se anche le emotività più remote, fossero annichilite dal suo grembo algido. Quantunque Grimilde vorrebbe essere protagonista di un altro sogno, sono le sue grida, testimoni di una realtà devastante.

Gri: No! No! Com’è possibile! Non è vero! Ditemi che non è vero… è solo un sogno… un maledetto sogno.

il Giullare compone sul guanciale il capo, ingentilito dai capelli color Tiziano della Principessina, a stento riesce a consolare l’anziana donna, che riversa su una cassapanca nel cantuccio della stanza, farnetica confusa. Poi come se presa da un raptus, torna nei pressi del comò, alza il bicchiere di cristallo, lo interroga, pretende spiegazione, suo malgrado da una materia inane.

Giu: Grimilde…

Gri: Tu! Tu sai… perché sei qui? Ogni volta che uscivo da questa stanza ti portavo con me… mentre ora… parla ti songiuro!

il Giullare impietrito ascolta il monologo all’apparenza senza senso, ne intuisce un risolvo, si avvicina con pudicizia alla Governante le sussurra all’orecchio di essere più esplicita.

Giu: Grimilde! Dimmi… se puoi illumina anche le mie perplessità.

la donna non ha tempo di rispondere, la camera viene invasa da un gruppo di persone con a capo Mannolo che, informato da un servo, si avvicina a Grimilde e pretende spiegazioni.

Man: Cosa! Chi è stato? Non ditemi…

il Re si gira a guardare la figlia assorta dentro un interminabile suggestivo sogno, vorrebbe avvicinarla, si tiene a distanza.

Giu: Signore!

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Man: Benedetta figliola… perché? Perché lo hai fatto… forse non eri paga del mio amor…

strappa dalla veste una pergamena, l’alza in modo che i presenti possono vedere.

Giu: Signore!

Man: Ecco la prova di quel che dico… questo testamento parli! pausa Eri tu la mia prediletta… sei tu la mia Regina.

sbatte a terra il rotolo e imbocca l’uscita con cipiglio, i presenti sono sbigottiti a tal punto che con i loro dubbi, fanno a gara a tirar ipotesi.

Ild: La Principessina si è avvelenata.

una Marchesa rivolta al marito benché sottovoce ma con brio pur di farsi sentire.

Mar: Ma no! Giammai!

Ild: Le dico che i fatti sono questi.

Mar: Ma non sperperi idiozie la prego! La mia domestica dice che è stata…

viene interrotta dal marito.

Con: Ma non avete inteso suo padre? Per tutti i cipiglini! La frase è esplicita… volete che ve la ripeta?

nel mentre Marcantino con l’acquasantiera da una mano, un grosso messale dall’altra ha da fare non poco per scostare i curiosi e fare largo all’Arciprete. Insieme intonano la preghiera di congedo.

Arc: Nostri Domini Signore… prendi teco la nostra Principessa Fiordilatte e…

Mar: Sia lodato il tuo santo Nome.

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La morte di Fiordilatte stravolge il regno di Papponia. La Bolgia, rimane tappezzata a lutto per circa un trimestre e solo dopo pressanti richieste del principe Dallomai, re Mannolo si convinge che il rituale è giunto all’epilogo. Il promesso vedovello, leggendo la mestizia nei volti dei sudditi nei luoghi ove ivi si reca in visite di cortesia, si rattrista non poco e di certo non contribuisce a fargli dimenticare il sorriso della sua amata. L’Arciduca non s’è perso d’animo, quantunque avesse fatto allestire in una stanza del palazzo una scenografia per accogliere il concorso da lui denominato: Miss – Marchetta – Gallica. Il figliolo preferisce girovagare nel vano tentativo di alleviare la sua stramaledetta solitudine. Il Re, schiavo della depressione è scontroso e irascibile, passa le giornate raccolto in preghiera, oppure rinchiuso nel Torrione, nel qual rifugio sovente vi s’intrattiene per diversi giorni. Il senso di colpa lo divora, si recrimina di non aver saputo capire le esigenze delle ragazze, tant’è che i rapporti con Maschiolo, sono inesistenti. Neppure il Segretario, le poche volte che gli consente di avvicinarlo, riesce né a tirar fuori una confidenza, impensabile un sorriso. Questa situazione ha lacerato tutti i rapporti diplomatici con i Stati confinanti, senonché pressato dal Consiglio dei Saggi un giorno di Primavera deve abdicare in favore di Ildebrando. Il Segretario fresco d’investitura si preoccupa di rendere gli alloggi del Sovrano, accoglienti e sfarzosi, non possono mancare Escort di rango, quindi, pur di soddisfare i capricci del Mentore le ha fatte venire passaporto alla mano, dai Paesi dell’Est – Ovest e tre Creole. Queste attenzioni hanno uno scopo preciso, non fare arrivare alle orecchie di Mannolo le dicerie di Paese che sogliono l’infanta Fiordilatte deceduta per avvelenamento. Anche la Tata s’è inspiegabilmente volatilizzata, taluni dicono che anch’ella è passata a vita migliore. Altri di parere opposti convinti di non aver mai visto transitare un corteo funebre, meno un necrologio affisso. Un altro personaggio di prim’ordine, ossia il Giullare non allieta le serate del ritrovo Stoconté, della sua assenza se ne parlò per qualche settimana poi più nulla. Ildebrando non sembra sconvolto da tutte queste vicissitudini anzi, forte della collaborazione degli Gnomi, con a capo il ribattezzato Furbolo, decide di dare sfogo alle manie di grandezza pianificando l’invasione dello Stato del Vaticano. Tuttavia non ha tenuto conto delle precarie condizioni di salute del suo Re, giacché deve suo malgrado accantucciare la strampalata fobia. Il vecchio accusa insistenti giramenti di testa le quali, nelle fasi acute lo rendono incosciente. Il desiderio è quello di essere visitato dal suo medico personale ma da due mesi anche il professionista è venuto a mancare. Ildebrando si rivolge al Ministro della Sanità signor Delorenzio, questi gli suggerisce il nome del dottor Stettino, dice di essere il luminare alla moda più quotato. Quando il professionista si presenta al Castello la fisiognomica è tutt’altro che sconosciuta, ricorda quella del Giullare. Intorno alla settantina, snello raccolto in spalle minute, un eccentrico pizzetto canuto e stravaganti

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occhialini da cicala, distolgono lo sguardo da quella faccia curiosa piuttosto intrigante.

Man: Senta dottore… già! Il suo nome?

Dot: Mi chiamo Stettino, Maestà.

Man: Stettino! Arciriboldolina! Che nome buffo. Tuttavia non mi meraviglio più di niente, da quando Ildebrando ha preso il potere, a Corte, l’esteronomia dilaga… pensi: anche la Yin a Mediolanum è più diffusa della Pel-lecca lumbard.

Ild: Sire… si rivolge a me? Assorto dal cambiare queste rose gialle non ho dato ascolto.

Man: Mio fido e devoto Consigliere… continuate pure. Sottovoce rivolto al medico.Sapete, a volte sembra interloquir fantasticando con le nuvole, però con la sua arguzia tiene testa a diversi Signorotti ivi compreso quel saccente di Treppanze. Perché caro amico, dovete…

si dialoga durante la visita, il medico posiziona la trombetta sulla schiena e lo invita a tossire.

Dot: La prego Maestà, ora dovrebbe essere cortese e rinviare le sue interessanti lodi.

Man: Farò come desidera ma mi permetta di dire che mi è molto simpatico. Mi ricorda vagamente qualcuno ma non saprei dire chi.

Il Segretario pare non curarsi dei discorsi dei due, sarà il medico a richiamare la sua attenzione e lo invita a seguirlo mentre Mannolo girato su un fianco continua il suo monologo.

Dot: Mio buon Segretario, devo darle una notizia con la qual forse, si dispiacerà.

Ild: Dite pure… trovate la salute del Re, precaria?

Dot: Non esattamente, anche se ad essere sincero ho ravvisato battiti cardiaci, come si dice in gergo: da pane in frasca… chissà… forse la sua presenza lo…

Ild: Lo?

Dot: Scompensa?

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Ild: Scompensa! Ma che state blaterando! La mia presenza! Sappiate che è indispensabile… dimenticate il mio ruolo?

Dot: Mi perdoni no! Ma non mi spiego gli intermezzi singultati.

Mannolo chiama.

Ild: Eccomi Sire.

Man: Perbacco quanto ci vuole? Sono stufo di bivaccare in questa positura.

Ild: Maestà! Il qui presente sana ossi… suggerisce che devo lasciarla sol con esso.

Man: Cosa! Non sia mai che il mio fido si allontani nel momento del mio maggior bisogno. Egli è il mio seguito… il mio braccio… la mia anca destra… insomma! Tutto perdio! Anche il mio orinale!

Dot: Maestà!

Man: Zitto tu!

Ild: Sire… egli ha ragione, l’esame a cui vuole sottoporvi necessita di penombra e quiete, giammai vi lascerò… mi accomiato semplicemente dietro l’uscio socchiuso… indi, saprò vigilare.

Man: Sia!

Ild: A voi congedo tre! Dico tre… minuti… bada di non trascurare la diagnosi, la salute del nostro Sovrano interessa a molti.

si avvicina agli scuri, li accosta, esce, il medico passa subito all’azione.

Dot: Maestà! Non posso perdere tempo, scusate la mia intransigenza ma devo comunicare notizie di Fiordilatte.

Man: Fiordilatte!

Dot: Scii! Sire… quello che sto per rivelare deve essere lemma mummifico… Fiordilatte è stata avvelenata.

Man: Avvelenata! La mia bambina avvelenata!

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Dot: Si!

Man: Come si!

Dot: State bene a sentire, non è il momento per l’emozioni, ma se volete vi presento un caro amico, il quale, per mezzo di un aggeggio portentoso, ricostruendo i fatti riesce a puntare l’indice, sulla mano dell’assassina ignobile.

Man: Ignobile! Si voglio vederlo subito, intendo subitissimamente.

Dot: Calma… si calmi la prego, queste cose debbono essere pianificate con cura, la priorità e che potete informare tutti fuorché il vostro Segretario.

Man: Perché? Alludete ad una sua implicanza? Io non serbo alcun sospetto nei confronti del mio Consigliere.

Ild: Mi avete forse chiamato Altezza?

Man: Io! Chi? No! O forse che si! Ma si… come posso fare a meno del mio Collaboratore… vieni.

il medico non a torto cambia espressione dacché, denunziando il piano paventa che il Sovrano possa smascherarlo.

Dot: Maestà…

Man: Orbene… mio valente Ippocrate, farò come suggerite, m’atterrò ai scrupolosi consigli e con ansia attendo l’arrivo del vostro amico.

le cordiali parole insospettiscono Ildebrando, il suo sguardo indagatore è eloquente, il cerusico capisce, si affretta a raccattare gli attrezzi del mestiere, l’altro si insospettisce, sbotta con risentimento.

Ild: Amico! Specialista! Volete spiegare anche alle mie povere orecchie cosa significa tutto ciò? Uscire dalla stanza, rientrare e assistere a un nonnulla… Mio Sire, io non ci sto!

la stanza cade all’interno di un enigma inusuale, il finto medico intimorito si arresta con un bisturi fra le dita, la gestualità è ambivalente, brandisce l’oggetto come se fosse un’arma ma nell’insieme appare frastornato. Mannolo gli agevola lo sbocco.

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Man: Perdio Ildebrando! Come ti permetti di redarguire, sebbene implicitamente il tuo Re? Capisco l’investitura ma caspiterina! Facciam maturare gli eventi.

Ildebrando viene colto di sorpresa, ammansito da un cotal richiamo torna ad indossare i panni della pecorella fuori dalla morra. Il medico ne approfitta per sgattaiolare dalla stanza. Per Mannolo il lascito del risentimento è l’abbraccio con una delle inseparabili amnesie.

Ild: Sire! Mio adorato Signore!

Man. Amic…ca…

Ild: Maestà! Maestà! Chiamo Ermengarda… lei potrà assecondarla.

s’inchina e guadagna l’uscio, Mannolo come per santa grazia ricevuta, rinsavisce, radiografa il retro del suo Segretario, annota.

Man. E bravo Ildebrando… la tua premura nei miei riguardi va oltre Papponia… bravo!

Parte Terza

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l’allestimento è ambientato all’interno di un’aula di Tribunale. I presenti, tranne un personaggio sono vestiti in stile medievale. L’uomo e la Segretaria di studio sono alle prese con un computer di ultima generazione, collegato a un maxi schermo, locato in una posizione strategica per offrire una visuale particolareggiata. Il Procuratore TinChiodo, indossa una superba pelliccia di vaio, dissimulando una disponibilità reverenziale chiama allo scranno gli imputati ritenuti più o meno complici di una tragedia inaudita. Anche gli Gnomi sono presenti, pur di apparire estranei alla realtà parlottano si scambiano sorrisi e pacche sulle spalle. La loro presenza non trova riscontro in una logica razionale, giacché i dicasteri di cui ne sono titolari a detta della Comunità, hanno altro a cui badare. La persona alla quale tutti indistintamente puntano l’indice è Ildebrando, rannicchiato all’interno di una botte di rovere pregiata, ivi campeggia ben visibile una scritta: - vino in cor Veritas - poco sotto il palchettone della Corte. Preoccupato riesce a stento a trattenere smorfie di disappunto. E’ abituato a stare sotto tutt’altri riflettori, ciò nonostante il suo sguardo livido d’ira è a tutto campo solo su una figura, quella che presume essere il suo accusatore. Questi non se ne cura, l’interesse è rivolto al computer, pretende dal macchinario chiarezza e per tramite la estende ai soggetti chiamati in causa. Rivolge uno sguardo al Re, Mannolo lo dilunga al Presidente, il Giudice, DuePesi - di cognome – aComando - che, con il martelletto di faggio a mezz’aria freme per dare avvio alle disamine.

Giu: Sire! Eminenze! Signori! Plebe concausante… annuncio che, per pos - posta richiesta dell’avvocato TinChiodo, ho l’onore di dare avvio ai lavori di questo processo, che con tutti i dovuti crismi, garantisco, si propone di far luce sulla morte della nostra amata Principessina Fiordilatte.

invita l’Assemblea ad alzarsi, con le mani chiuse a rosario rivolge lo sguardo al soffitto, segno indistinto per l’osservanza del silenzio più assoluto, esclama.

Giu: Dichiaro aperto il dibattito.

la sala esplode con fragore in un lungo applauso, tornata la calma, dall’angolo più oscuro un’anima solitaria con voce rauca esclama.

VFC: Ah TenChiò! Me riccommanno eh! Datte da fa… nun ce delude.

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Ildebrando scatta ritto sui plantari, rotea nervosamente la testa nel tentativo di inquadrare la provenienza della frase a suo modo puerile. Tutto tace, guarda con indignazione i Giudici, il cardinale Treppanze, tenta di interloquire a distanza con i due Carabinieri ma costoro, calati nell’incarico sono disattenti al richiamo gestuale. Il Segretario sconsolato si rimpaglia nel contenitore, rifuggendo nei suoi pensieri. Purtroppo viene ricondotto all’istante dalle parole del Pubblico Ministero che proprio su di lui lo indice con l’arringa.

Ild: Mi pare indi disadorno in essere… come l’Attilio…

VFC: A Brando! Lassa sta er Regolo, voi sete ‘ncannibale… sta a vede che te se fumano a brodetto…

Giu: Silenzio!

PM: Sire! Eccellenze! Presenti all’unisono… Come già su esposto siamo qui riuniti per fare chiarezza sulla morte prematura dell’acerba Regina Fiordilatte. I dati raccolti e in mio possesso, consentono di arrivare tosto al nocciolo della questione. Bene ho fatto a richiamare la vostra attenzione sul qui presente Segretario, auto-sostenente di galoppini quantunque a tempo dello Stato di Papponia.

VFC: Bravo! Tu si che sei uno dei nostri!

VFC: Daje sotto TenChiò!

interviene prontamente un Giudice per placare gli animi, redarguendo anche il PM a contemplare un contegno ovattato.

Giu: Signor Pubblico Ministero, è prematuro trascendere… comprendo la sua enfasi ma per favore si controlli.

PM: Vostra Eccellenza l’invito non verrà disatteso. Comunque il Signor Ildebrando, con la complicità dei Dicasteriali, ahimè… ben voluti dalla Principessina, tramite un incauta gestione hanno deluso i suoi, vostri nobili desideri, però…

Ildebrando dissente e interrompe.

Ild: Lei! Dico Lei! Non le permetto tali insinuazioni… vede! Ho il cartiglio aggiornato che dimostra la valida competenza nel di lor esercizio a colonne portanti del glorioso Stato di Papponia.

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PM: Devo riconoscere che dacché arguzia non mente come non potevano essere altrimenti le finalità perseguite?

Ild: Signor Giudice! Come permettere una sì cotanta bestemmia all’interno di quest’aula sacra, traboccante di giustizia ed equità?

il PM non recependo incalza.

PM: Benché la prima parte ha come nesso il suo prologo, servente per un indizio fugace, rischierei la noia se le dessi priorità assoluta. Signori! Siamo qui riuniti per appurare chi ha commesso un delitto! Capite! Efferato crimine!

inibiti dalla risolutezza delle ultime parole, il silenzio per un istante addiviene cappa, dipoi essere stemperato da applausi e ovazioni eterogenee.

Cor: Si! Si! Vogliamo il colpevole! A morte! A morte!

Ild: Chi?

Giu: Signori! Se vi trascurate nel baccano sono costretto a isolarvi dall’aula come bestie, con filo spinato a basso voltaggio… questo è un processo non una fiera… continui la prego.

PM: Grazie! Da una soffiata più che attendibile abbiamo prove che qualcuno dall’esterno, avrebbe dovuto alla povera, ammesso che di suicidio trattasi, procurare la cicuta. Inverso noi la pensiamo, convinti che si sia consumato un omicidio… omicidio signori! Lo deduciamo dalla caraffa… non poteva essa trovarsi in una posizione inconsueta…

Ild: Perché mai ciò non dovrebbe essere possibile? Scusi la mia curiosità ma tutte le anime di queste mondo si alzano a bere. Qualora la notte necessiti anche la topa si rifocilla e, anziché lasciar le zampe, altri per essa han lassato le penne… ne san qualcosa taluni fruitori delle blue pill… non le risulta?

risate generali.

PM: Intuizione esatta, però è anche risaputo che ad assolvere a tal servigio era la Governante e… data l’età?

Ildebrandro, tracotante di euforia scatta come una molla.

Ild: Allora è lei la colpevole!

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stupore e commenti concitati stimolano il Segretario.

Ild: Si! E’ colei l’infanticida che cercate!

Giu: Signor Consigliere la prego, non lasci le ricostruzioni a metà.

Ild: Non è colpa nostra… vero amici.

PM: Vede, anche questa sua affermazione potrebbe contenere un senso realistico se non fosse che la Tata disse che, quella notte aveva riposato profondamente, causa del suo onirico riposo fu un farmaco di quelli delle famiglie equivalenti…

Ild: Ah! Ah! Vede! Se si fosse fidata della sciroppata nevritica della ditta by Equitalia, la sveglia non l’avrebbe tradita.

MP: Ma non l’ha tradita… ne ha tardato l’assimilazione dei carboidrati. Lo attesta la colazione, servita non più alle otto e trenta come da consuetudine, ma, alle ore dieci e trenta.

Ild: Questo non corrisponde a verità! E mi dica… come fa lei, persona estranea a Palazzo a possedere una conoscenza minimale dei suddetti particolari?

PM: Vorrei farle notare caro Segretario…

Ild: E non chiamatemi caro! Manteniamo le dovute distanze, giacché io lo sono solo a me stesso.

PM: Come preferisce Narciso… tuttavia veniamo al dunque… le dicevo signor Segretario che a lei sarà passato inosservato questo gioiellino… vede! Frutto della tecnologia moderna. Per sua consolazione deve sapere che a oggi, basta premere un tasto e i casi più misteriosi vengono risolti.

Ild: E già! Signori! Popolo moderno, volete farvi aiutare anche nella minzione? Il nostro leguleio ha il rimedio! Desiderate virtualizzare le vostre intimità con le Cip e le Ciap? Il leguleio è il gestore del programma… volete farvi fottere? Il macchinario sarà il vostro strumento.

solleva un cartello che simboleggia la bandiera tricolore con su una scritta in latino.

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Sex Centum – Plagiarisbus – Vos pudeat !..

PM: E’ vero che dovremmo vergognarci, così come avete fatto voi dal non fare, pur avendo dissipato o eluso con gruzzoli ragguardevoli il controllo al confine.

Ild: Non è colpa di nessuno se esistono oltre ai pozzi petroliferi anche quelli di Santo Patrizio.

PM: Il vostro come lo avete chiamato?

Ild: Virtuoso! Gola virtuosa! Signor Giudice… come potete permettere un tale affronto? Lei Signore è testimone del mio operato, dall’essermi votato alla castità, il non aver messo su famiglie allargate per consacrarmi totalmente alla Corona e ai suoi nobili principi.

PM: Consacrato alla Corona! Consacrato al suo Sovrano… lei dice… ma non alla figlia! Futura Regnante e con ideologie radicalmente all’antitesi dalle vostre. Lei signor Segretario le aveva apparentemente caldeggiate, poiché sono esse stato mezzo, per esercitarne il tanto sotteso agognato sogno, ovverosia: diventare Re!

Ildebrando impreca, si toglie la parrucca, scuote con impeto il petto, grida come un ossesso.

Ild: Questo no! Lei non può piccolo bastardo… filio d’un raponzolo del Trullo; parlare, anzi, accusare con ingiurie infondate un nobile. Io! Posso mostrare il ceppo del mio lignaggio e lei? Se lo ha lo esponga! Lo tiri fuori! Lo mostri perdio! Ah! pausa Non se lo ritrova?

Il giudice DuePesi, invita Ildebrando a calmarsi e il Pubblico Ministero a contenersi in una dialettica meno abrasiva.

Giu: Segretario! Accheti locuzioni zotiche, la invito ad adottare un contegno idoneo al suo rango. Mentre lei signor PM, in-formalizzi con discorsivi consoni al canale per cui questa regia Corte, ivi si trova qui riunita.

PM: Lei ha ragione ma… anche per voi esimie personalità, tengo a mettere in luce l’antefatto… l’avvenuto decesso di Fiordilatte ha radici arcaiche, ovvero: è uno di quei delitti che potremmo ben ascrivere nel registro della cosiddetta matrice Ragion di Stato.

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l’aula rimbomba della voce cupa di Furbolo, il quale, pur di darsi tono e altezza, con uno scatto felino salta sul banco degli imputati.

Fur: E no eh! Caro lei! Ora ha sconfinato lungo tutti i parametri del paranormale. Fiordilatte era una persona munita di due distinte personalità. Il nome inganna, o meglio, falsa l’immagine di quella superba e disgustosa ragazza.

anche re Mannolo paonazzo d’ira si rizza in piedi, accenna a una plateale reazione, viene trattenuto e invitato ad accomodarsi dalla mano del Cardinale. Mentre uno dei Giudici terribilmente infastidito dalla intrusione non autorizzata dello Gnomo, minaccia di farlo espellere dall’aula.

Giu: Signor primo Ministro! Come si è permesso? Lei non ha rispetto alcuno per questo Consesso. Rifletterò sulle precauzioni che mi competono.

PM: Lasci a me la disamina signor Presidente nei confronti del professor Furbolo. Poiché presumo abbia avuto sentore che fosse giunto il suo momento, ciò lo ha indotto a giocare di anticipo…

Fur: Mente! A me piace giocare a tombola.

PM: E va bene attiverò il mio studio per far reperire i fagioli… Ora mi risponda senza tergiversare… sa dirci come mai da quanto è il responsabile del Dicastero, svariati milioni di euro sono precipitati nei fondachi dei gialli, dei neri, dei nevosi, per non parlare degli alabastrini e nemmeno un centesimo… signori! Dico uno! Destinati ai liberi professionisti della Politica?

Ild: E’ semplice! La povera defunta aveva pianificato tutte le risorse dello Stato di Papponia, quindi va da se che…

Fur: Si! Volevamo, dovevamo proteggere la Monarchia dal rischio della bancarotta fraudolenta. Volete capire che la pelle di giovenca Europa pendula di vischiosi parassiti!

Ild: Signori! Connazionali! Costoro non hanno identità quindi, sapete voi dirmi a cosa serve la ridonda e per giunta gratuita pubblicità! Si! Qui lo dico e nego, dell’Agenzie delle Entrate! Popolo! Tutti! State manzi tanto c’è chi paga! Almeno noi, santo cielo… conosciamo i nostri beneficianti. Non è vero amici?

lo stupore è totale. Anche il Pubblico Ministero pare non trovare parole di replica, si rifugia nella sospensione del Processo.

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Giu: Signor PM? A lei la replica.

PM: Presidente! Cortigiani! Eminenze tutte… oh! Non fate caso è il mio Pad… mi rimembra gli impegni… Giudice DuePesi, chiedo di sospendere la seduta, un costaricano, un cornetto italiano e per non farci mancare nulla a seguire un cubano, a quest’ora, sono le repliche più ficcanti… con permesso!

Giu: Permesso accordato.

durante la pausa Ildebrando, visibilmente turbato, chiama a raccolta i suoi collaboratori, intenzione sarebbe quella di far fuori il Pubblico Ministero. Furbolo non è d’accordo, il suo punto di vista è far luce sulla verità, non con mezzi spiccioli ma con testimonianze concrete, non falsate da mere supposizioni. Come per magia le aspettative dello Gnomo vengono soddisfatte dalla presenza della Governante, chiamata alla sbarra per testimoniare. Le preoccupazioni del Segretario stratificano alla settima potenza e non si capisce se sono dovute all’assenza forzata da motivi contingenti del suo Re, quello che è certo, le sue, sono in antitesi con l’iridescenza sprizzante dal viso del PM.

PM: Presidente! Eccellenze indistinte, credo di poter dimostrare le mie supposizioni. La giustizia Divina pare anch’essa essersi mossa. Ecco! Come per uno strano sortilegio, vi presento la signora Grimilde! Governante - Tata della infanta Fiordilatte. Quindi signor Giudice, intercedo per ridarle parola.

Ild: Signori! A chi? I defunti non parlano.

PM: Avete ragione. Riformulo la domanda. Giudice Duepesi, posso interloquire con la risorgiva?

Giu: La richiesta le viene concessa.

PM: Tralascio i preliminari di giuramento non perché disattento alle norme di prassi, ma tra le mani della signora, noto un Vangelo, sicché…

Ild: Signor Giudice! Chiedo rigore! E se fosse una Testimone di Geova? Il giuramento sulla Bibbia è altro cosa! Non le pare?

Giu: Gendarmi! Recate meco il Tomo.

Ild: Presidente! Perdonate le mie malformazioni… è quella della CEI?

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Giu: Segretario! Ora basta! Si segga! Anzi! Ammosti!

Gri: Avvocato.

PM: Mi dica… non abbia timore…

Gri: Non l’ho ma…

Giu: Signora! Parli a voce alta, l’Assemblea ha il diritto di scrutinare i suoi pensieri.

Gri: Mi scusi. Non so come dirlo…

PM: Vuole che le indichi il prodromo?

Giu: Oh! No! Grazie!.. Vede… lei sarà il mio conforto.

PM: Allora s’inoltri!.. S’inoltri!

Gri: Grazie! Signor Giudice, prima della mia testimonianza vorrei fare una richiesta avanzata.

Giu: Dica! Non si faccia condizionare da remore.

Gri: Lei è comprensivo come non mai, sapete, essendo io donna d’età, vedo sempre meno partecipazione a sottigliezze di buon senso civico, ciò le fa onore.

Ildebrando si volge ai Gnomi, sardonico commenta sottovoce.

Ild: Amici! Se ‘o vo… comprà!

ridono

Gri: Dicevo, semmai non dovessi dire tutta la verità a causa di recidive amnesie, qualora volesse condannarmi alla gogna, chiedo umilmente di essere restituita all’esilio forzato donde sono stata tratta, ossia: nella mia tenuta di Hammamet! Poverina! La Principessa Fiordilatte ha riposto seco sino all’ultima esalazione il desiderio di non vedermi una picara della fiumana e, anche con l’ausilio della Grazia Onniceleste… ciò non s’è avverato. Grazie mia diletta!

fa una pausa, bacia la foto, si asciuga le lacrime con il moccichino, il PM la incoraggia offrendole un bicchiere d’acqua, lei con la gestualità sintetizza il disprezzo.

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PM: Tenga! Agevolerà la salivazione.

Gri: Lei è gentile ma da quel dì… bevo solo latte d’asina. Della mia tenuta ne ho fatto allevamento.

Ildebrando apre il portello della botte, si sbraccia, inveisce.

Ild: Signor Presidente! Corte sinergica! Giurati semi-truccati! Com’è possibile esaudire una cotale richiesta? Questo è un disonore alla Corona! Spudorata! Si vergogni!

fanno eco gli Gnomi.

Gno: Si! Svergognata! Con la tipa non abbiamo nulla in comune! Noi! Noi ci esautoriamo dell’appello!

Giu: Signori! E’ un vostro diritto, tuttavia vi rammento che la richiesta della teste viene legittimata dalla nostra e non vostra nobile Costituzione, ove in essa ivi v’è contenuto un articolo che declama: il reo non dovrà mai essere penalizzato ma invero… riabilitato… Reggenti! Eminenze! Dico!.. Riabilitare!.. Vada avanti Avvocato.

Ild: Un momento! Io non ci sto! Se per voi riabilitare significa appollaiare corpi umani in spazi angusti, dove la promiscuità s’inchiappa in osmosi con la moccolaia studiata ad oc da ancella Miasma, allora si che la catarsi rieducativa ha ragion d’essere e, in complicità con il dolce far niente addiviene fragranza sublime. Questa miei cari! Non è riabilitazione ma ipocrisia! Guardate noi! I colpevoli li tiravamo giù dal torrino e amen!.. avanti un altro… così in requiem sia.

Grimilde in piedi come un fuso appare estranea al contesto, lo sguardo da veggente focalizza un punto dell’aula e quantunque assorta nei suoi pensieri bisbiglia freneticamente. Il PM rompe l’incantesimo e la invita a dare corpo alla disamina.

PM: Signora! Se lo stare in piedi agevola la sua deposizione, ciò l’è concesso.

Gri: Perdonate il turbamento… ancora ho vivido il ricordo della maschera straziante del viso della mia adorata infante.

estrae per l’ennesima volta il fazzoletto dal seno, si asciuga le lacrime.

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Giu: Signora! Faccia con comodo… nulla va in prescrizione.

Gri: Ha ragione, devo farmi forza, sapete, riordinare il disordine specialmente per un’anziana non è semplice. Comunque benché a tratti, ho ben chiaro del come si sono succeduti i fatti. Ricordo che all’improvviso come un uragano, le candide stanze della Principessina vennero invase da un via vai di segretari, sottosegretari, galoppini e portaborse. Uno stuolo di gente al servizio degli imperturbabili Ministri. Il signor Ildebrando sebbene fosse l’intessitore della tela, ad essere sincera lo si vedeva molto raramente, a differenza del professor Furbolo, che con nostro sommo dispiacere s’era accasato. Anche la sera precedente il decesso, senza alcun permesso, ci rallegrò con la sua presenza e si trattenne sin oltre il Crepuscolo. Quando finalmente andò via, Fiordilatte sbottò in un pianto incontenibile. Motivo, l’ipocrisia dei lor signori che sotto false spoglie di amicizia minavano la fiducia da lei riposta. Rammento che le dicevo: “ Fiordilatte! Fanciullina mia, la statura inganna… uomo gibboso… gibo salassa.”

Fur: Badrona!

ridono

Gri: Lei non ne teneva conto, incommensurabile la sua bontà. Risultato, costoro trescarono sino a renderla figurante, duttile per il loro potere. Anche lo stesso Canzonante, nonostante fosse una cavalcatura vile, si rendeva conto del disastro contro il Patrimonio Pubblico arrecato da codesti arraffa tutto. Credetemi… anche il principe Dallomai sono riusciti a prezzolare.

Ild: E lui?

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Grimilde molto provata tronca il racconto e si sbraga in un incontenibile pianto, fecondo di sonorità eterogenee. La sinfonia per alcuni istanti è tema di tacito studio da parte dei presenti, ma tosto viene scardinata dal boato di rabbia e indignazione da parte del pubblico popolare nei confronti degli Gnomi. L’ammutinamento è talmente furioso che il giudice Duepesi è costretto a far sgombrare l’aula e continuare il processo a porte chiuse. La Governante invitata a continuare nella disamina declina e chiede di assentarsi per una pausa di riflessione. I due Carabinieri si premurano di accompagnarla in una stanza adiacente e tenendo conto del suggerimento del PM, sorvegliarla con discrezione. Ildebrando scalpita, irriverente adagia la parrucca sullo scrittoio e con lo sguardo di sfida rivolto al Presidente di corte lo sollecita per essere ascoltato. Costui raccomanda di evitare retoriche, il Segretario lo disarma.

Giu: Lei mi ha capito… non è vero?

Ild: Ebbene che si! Anzitutto voglio ringraziarla per non aver permesso a quei masnadieri di continuare a dissacrare questo luogo Magno. Dedotto ciò, sebbene mi astenga dal fare retorica, dissento accanitamente con il racconto fatto dalla patrocinante, riqualificata Contessa dal nostro amatissimo re Mannolo e ciò consentirle di vivere nel benessere e grascia sulle spalle di nordici Terzomondisti.

PM: Signor Giudice! Il Segretario sostiene corbellerie! Faccio notare che la nostra assistita ha previo anteposto… che sì vive di vitalizio assistito, ma con umiltà sulle spalle dei suoi amati, inseparabili asinelli, indi…

Ild: Io preferisco i miei purosangue.

Giu: Signor Ildebrando non s’attardi nelle convenienze, venga al dunque.

Ild: Sono sufficienti tre passaggi, contrario ero e rimango all’istituzione dei più controversi Ministeri, diversamente dall’opinione dell’infante che pensava di istituirne addirittura trentacinque. Tanto per citarne, anche cani e gatti con rispettivi toilettatori dovevano averne uno. Due, a una repubblichina narcotizzante, preferisco la nostra Monarchia seriale, poiché un livellamento di classe, lo anelava anche il buon partenopeo, s’addice solo alla terra cosiddetta ignuda. Terzo, ma non trino e qui vengo da lei, Presule Eminenza cardinal Treppanze per…

un grido lancinante interrompe la frase del Segretario, un carabiniere si avvicina alla cattedra dei Giudici, saluta e con apprensione evidenzia la gravità in cui versa la Governante.

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Car: Presidente! Attenti! La test! La signora Contessa! Insomma la Governante è implosa sulle proprie gambe, accasciandosi si tratteneva le viscere.

Giu: Cosa aspettate! Chiamate un medico!

Car: Mah! Signore!.. Siorsì! Certo! Obbedisco subitaneamente!.. Comandi!

mentre i Giudici confabulano, l’avvocato Tinchiodo si reca nella stanza e sostenendo di avere infarinature di primo soccorso vuole dar prova della provetta nozionistica.

PM: Fate largo!.. Fatemi passare vi prego, lasciate che la donna possa respirare.

un presente

Pre: Scusi ma non siete l’Avvocato?

Ild: Milanese! L’è!

PM: Sono anche paramedico… fatemi passare.

un presente

Pre: Allora si accomodi, cosa aspetta? Fate largo… largo perdio!

dopo vari tentativi, Tinchiodo ha modo di avvicinare il corpo dell’anziana, accartocciato sul pavimento esamine, emette gli ultimi rantoli di morte, le tocco il polso e constata l’avvenuto decesso, dal colorito della pelle sentenzia anche la diagnosi.

PM: Signori! E’ andata… morta per avvelenamento.

chiama i due Carabinieri.

Car: Comandi!

PM: Voi che l’avete piantonata a vista, chi può essere stato?

Car: Signor Pubblico Ministero, qui non è entrato nessuno, abbiamo fatto una ronda circospetta… a meno che…

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PM: A meno cosa?

Car: A meno che… ma la prego venga… venga! Mi segua.

fanno un’ispezione lungo tutte le pareti, il Maresciallo si aiuta con la sciabola, i presenti lo deridono, l’altro guarda l’abbaino semiaperto e lo fa notare all’Avvocato.

Car: Vede! Colà… forse uno di quei mostriciattoli riesce ad infiltrarsi.

Tinchiodo si passa una mano fra i capelli, sembra aver capito, torna in Aula, chiede un rinvio. Il Processo attizza la paranoia dei media, tra cui il più accreditato dei settimanali: il Sollazzo. La gioia di Ildebrando e codazzo salottiero, è incontenibile. Inversamente, l’avvocato Tinchiodo è seriamente contrariato, rinvio sì… ma non quarantena. I timori come la Storia sovente insegna, sono: inquinamento delle prove, assuefazione popolare, concausa degli imminenti campionati di calcio d’Europa. Gli organizzatori per la prima volta vi hanno inserito tre nuove discipline: il calciotto screziato, quello del grullo a scommessa e non poteva mancare il calcio nel culo. Codesti cugini rispetto a quello giocato prevedono un giro di scommesse legali, coniate dallo Stato, unico, insindacabile Gestore. Tinchiodo inoltre n’è il revisore dei conti. Finalmente dipoi il trambusto variegato, il palazzo di Giustizia della Bolgia, riapre i battenti di via dell’Anima. Re Mannolo in gran pompa, ristabilito, gelatinato con brillantina traslucida, profusa d’ effluvi di jojoba, fa bella mostra nel palchetto riservato alle personalità. La scaletta del giudice DuePesi prevede, che venga ascoltato per primo. Ma l’euforia con la quale il Pubblico Ministero sortisce, disarma i convenuti.

PM: Ci sono! Ci sono!

Ild: Peccato!

PM: Signor Presidente! Eminenze del prima e del poi. Ci sono! Eureka! Ho trovato!

fa una pausa, si volge al computer come se fosse un utensile animato.

Ild: Cosa?

PM: Oh! Mi scusi caro amico, commuta al qui presente Segretario che abbiamo trovato?

il Presidente ammonisce.

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Giu: Signor Pubblico Ministero!

PM: Oh! Che bellezza! Lo dicevo! Lo sapevo! Pardon… sapevamo.

Giu: Avvocato! Le voglio ricordare che siamo in un’aula di Giustizia.

PM: Ha ragione! Scusi la mia eccitazione ma la invito… v’invito ad osservare attentamente quello che sta per apparire sullo schermo-video-super gigante.

Ild: Ancora! Basta! Non se ne può più!

un giornalista.

Gio: Ahó! Finiscila tu! Questa è la nostra rendita e guai a chi ci mette il bavaglio.

Ild: Signor Presidente! Un estimo di cesura non vuol dire censura, benché di questi tempi ne acclami le dovute ragioni, ma se le cose stanno così, fate a meno della mia inestimabile presenza… mi dimetto!

Giu: Calma!.. Imputato! Dove va?.. Gendarmi! Riordinate la quiete in mia presenza i marosi e turbolenza spetta a Ser-Monti la solvenza… eseguite… è un ordine!

Mannolo con una mimica del viso ammicca il suo Ministro, segno che non lo vuole nelle vesti di un disertore. Ildebrando capisce, accenna a una replica, tosto soffocata dallo sguardo con Furbolo. Le immagini sullo scherno prendono corpo, lui le esamina in dettaglio, esclama.

Ild: Signori! Che sono queste pagliacciate?

Gri: No! Fiordilatte! No! Non puoi domandare sì tanto… no! Fanciullina mia!

la Tata si accascia sul letto, la disperazione che la pervade la nasconde dietro il palmo delle mani. Anche la Principessa è una smorfia di delusione, sebbene lasci trasparire anche un certo distacco. Si avvicina all’anziana donna, le accarezza i capelli e con una pacatezza surreale sussurra.

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Fio: Maman!.. Maman! Comprendo il vostro sconforto ma v’imploro di essere solidale anche con il mio. Il travaglio che mi attanaglia il cuore non posso descrivere. Vedi, il Principe, Furbolo, mio Padre, la stessa Corona… io… io non riesco più a sostenere… mi ero illusa che con una chiamata referendaria potessi cambiar le sorti del mio Paese ma… che schiocca sono stata a lasciarmi suggestionare da franchi impollinatori.

Grimilde si avvicina, le stringe le mani, l’abbraccia.

Gri: Ascoltami Fiordilatte, quello che chiedi, non posso soddisfare… a tratti vorrei… a singhiozzo sono combattuta… però Santa Vergine della Casa… ammesso che… come potrei espiare un…

le labbra le vengono socchiuse dalle dita della ragazza, lei non ha mai dimenticato un caratteristico gesto di complicità, insegnatole proprio dalla sua amata Governante. Ma con altrettanta freddezza si ritrae con un monito.

Fio: Grimilde! So cosa fare… conosco colui che mi aiuterà! pausa Il mezzo non sarà lo stesso ma poco importa, confido nella Provvidenza e nel buon Dio…

Gri: No! Non voglio! Non posso udire!.. Fiordilatte! Bambina mia… non farlo!

Fio: Devo!

Fiordilatte, senza voltarsi sta per imboccare l’uscio, Grimilde emette un urlo lancinante, la richiama.

Gri: E sia! Farò come tu! Desideri… vado a prendere quest’erba benedetta Dimmi! Dai Colombiani o in Erboristeria? Sappi che non me lo perdonerò.. giammai!

la donna tutta scarmigliata si aggiusta alla meglio, provata abbandona la stanza, all’unisono con i colori del video. Il Pubblico Ministero non perde tempo e cavalcando il pathos dei presenti, sancisce.

PM: Presidente DuePesi! Corte! Eminenze… a me sembra che l’arcano abbia un volto e un senso. Quella stessa sera la triste vicenda assunse l’epilogo che andrò ad esporre.

Ildebrando e i suoi Ministri, gasati, con una esclamazione monocorde.

IlG: L’epilogo è uno… siamo innocenti!

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PM: Ne siete certi?

Ild: Issimi! Signor Giudice, noi siamo estranei a queste buffonate Disneyane.

PM: In parte… in disparte o in cos-parte… come preferisce che glielo lo dica caro Segretario? Voi siete certi che no gli esecutori materiali, ma siete oltremodo… responsabili, nonché, mandanti morali, dato che, la distruzione delle cellule neurali della nostra… voi! Voi l’avete causata. Quindi signori della Giuria, Presidenza! Chiedo ed esigo che vengano comminate le massime pene a tutti gli imputati.

vocio di dissenso, Mannolo fa smorfiacce di disappunto. Ildebrando, furioso esce dalla botte, sbatte sul pavimento parrucca e mantello, con fare minaccioso, punta il Pubblico Ministero, costui, lascia scivolare a terra la toga, slaccia giacca e cravatta, tira sull’avambraccio i polsini, si prepara allo scontro. DuePesi distratto, non si rende delle reale intenzioni dei due, domanda con semplicità.

Giu: Avvocato Tinchiodo! Ha terminato con l’arringa?

PM: L’arringa si il ring… no!

i Carabinieri intervengono, placcano Ildebrando, rimproverano gli Gnomi , invitano il Re a un contegno.

Giu: Quindi?

PM: Abbiate pazienza… mi rassetto… chiamo in causa re Mannolo.

Giu: Il Re!

PM: Vostro Onore… ha capito bene… il Re!

Mannolo impietrisce, cerca con lo sguardo una complicità che non trova. Pende come uno stoccafisso dalle labbra del querelante.

Giu: Allora proceda.

PM: Accuso testualmente il Monarca dello Stato di Papponia, reggente disoccupato a tempo indeterminato, di non aver saputo adempiere ai desideri del Popolo per i quali si auto declamò referente affidabile.

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Ild: Questa sciocchezza la sostiene solo che lei!

Giu: Segretario! Nessuno l’ha interpellato, inoltre re Mannolo ha già il difensore.

Ild: E no! Qui sta l’inghippo! Primo, la deontologia in qualità di Ufficiale Giuridico dello Stato mi implora di aiutare i deboli, secondo, poiché ritengo che più delle volte l’Avvocato d’ufficio permuta bustarelle con l’omonimo della controparte, codeste malandrinate necessitano d’essere una volta per tutte revisionate!

PM: Santo cielo! Ma cosa dice? Lei vilipenda i Libri di Diritto!

Ild: Forse che sì! Giammai la vostra Costituzione, essa lungimirante, tutela i titolari del tesserino di addetti all’ufficio stampa degli organi di disinformazione, indi, immune da responsabilità penali, le rispondo che sì! Vilipendo! Dunque?

Giu: Scrivente! Apponga agli atti! E lei signor PM continui, però è avvisato, qualora dovesse porre taluni all’indice… usi discrezione.

PM: Terrò conto signor Giudice e con enfasi eviscero le malefatte del qui presente Sovrano, lo indico come un addomesticatore, capace di un orrendo atto incostituzionale, ossia: l’aver invitato al desco, quantunque mi risultano essere stati parsimoniosi, solo pochi intimi, pur di far eleggere una persona o meglio un tecnico di fiducia riposta, a capo del Governo. Mentre il giurisperito dice che l’ascolto popolare avrebbe garantito, sebbene in parte… trasparenza.

Fur: Mentitore! Se non fosse per lui e le riconosciute acclamate capacità d’oltre confino … sareste fuori! L’Economia del Paese è fuori! Ricordalo!

Giu: Professore! Non interrompa… avrà diritto di replica in sede preposta.

PM: Affermo inoltre che re Mannolo è affetto da una strana forma di apatia residenziale, tant’è che rintanato sul fantomatico torrione-fortezza, denominato Stòinalto, si fregava di guardare cosa succedeva da basso. Signori! Questo sarebbe il vostro Re? Infine lo accuso di nichilismo verso i sacri doveri di indefesso cittadino e per non farsi mancare nulla, s’è macchiato anche del reato di Simonia. Detto e confermo, chiedo a questa suprema Corte che le vengano comminati tre anni di reclusione d’isolamento forzato. E al risarcimento dei danni causati alla Comunità, espropriandolo dei suoi averi e quelli di nepotismo per sette Generazioni… dico Sette e non Settanta volte Sette. Lascio alla Vostra clemenza la decisione di mantenerlo a pane e acqua e lo stipendio di trecento euro mensili previsto dalle normative carcerarie. Tuttavia…

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DuePesi annoiato, interviene e stoppa la dissertazione.

Giu: Avvocato Tinchiodo! La prego… non aggiunga altro. Vorrei comunque ricordarle che stiamo pur sempre trattando le casistiche di un Monarca, ovverosia, pregno d’Altissima Personalità di Schiatta. Sicché suggerisco agli insigni Colleghi e alla Giuria Popolare investiti di una sensibilità coatta, di ammorbare le pene. Vediamo cosa prescrivono i Comma del Reietto… signori! Perché non internarlo in una tenuta vista mare nella selvaggia Maremma? Oppure abbandonarlo, munito di un biglietto low coast di solo d’andata nell’Arcipelago della Isole di Pasqua, dacché in quelle Honduregne, ahimè ci van tutti… paiono soluzioni alternative… indefettibili.

PM: Signor Presidente! Onorabile Corte! Eminenze! Io! In qualità di Pubblico Ministero, reitero le pene richieste altrimenti mi dimetto dall’incarico… mi sono spiegato?

Ild: Brutto bastardo! Avvocato minuscolo e pur senza etichetta! Come osi spregiare le ipotesi della Corte?

Man: Presenti! Utenti! Qualunquisti e Renitenti! Sono io parte lesa e, in quanto insignito di sovranità popolare, chiedo radiazione del qui presente leguleio all’albo delle Baronie Curiali.

parapiglia generale, urla, fischi di assenso e dissenso, vola qualche ortaggio, i bersagli sono indistinti, il Giudice fatica non poco per ristabilire la calma, l’arena si placa quando un messo, tamburello alla mano, annunzia il verdetto.

Mes: Signori! Il Verdetto!

Giu: Italiani! La Corte da me presieduta, ovvero: giudice DuePesi di cognome aComando, avendo ascoltato attentamente e cardato con altrettanta perizia le pene, richieste dal Pubblico Ministero il qui presente avvocato Nonvanchiodato, le respinge al mittente e le commuta con assoluzione piena degli imputati per aver egli fatto troppo abuso di tecnologia. Così stabilito! La seduta è sciolta. Trasgressori! Non si accettano ricorsi al Tar del Lazio!

una voce dalla platea.

VFC: Ahó! Tu sta a vede che sti Magistrati so tutti Romanisti?

Fine

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Anzio. 5.6.2012

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