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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL TURISMO CULTURALE (Sci-Tur) L-15 A.A. 2010-2011 CATTEDRA DI SOCIOLOGIA DEL TURISMO MOD. B WEB MARKETING E DESTINAZIONE TURISTICA Nicolò Costa Silvia Testa Scaricabile gratuitamente ai fini didattici

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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL TURISMO CULTURALE (Sci-Tur) L-15

A.A. 2010-2011

CATTEDRA DI SOCIOLOGIA DEL TURISMO MOD. B

WEB MARKETING E

DESTINAZIONE TURISTICA

Nicolò Costa

Silvia Testa

Scaricabile gratuitamente ai fini didattici

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Capitolo Primo

Il Web 2.0

-purpose: Si delinea un framework concettuale di riferimento per comprendere il modello e le caratteristiche del web 2.0

-metodology/design/approach: il concetto di web 2.0 è stato approfondito grazie alla consultazione della letteratura internazionale e

nazionale, con particolare riferimento alle pubblicazioni di Tim O'Relly, inventore del termine web 2.0

-findings:l'approccio sociale del web 2.0 mette in evidenza il crescere di un’intelligenza collettiva e partecipativa che richiede da

parte degli operatori del comparto un nuovo approccio sociale e conversazionale verso il turista

-research limitation/implication: il capitolo vuole dare solo una visione d'insieme del fenomeno del web 2.0. Ulteriori approfondimenti

delle motivazioni sociali e aggregative alla base del fenomeno web 2.0 sono auspicabili

-pratical implication: vengono forniti alcuni spunti per comprendere le regole dell'interazione sul web e i vantaggi a livello operativo

che tale interattività con il consumatore può portare. Ci si focalizzerà, inoltre, sulla necessità di un cambio di visione promozionale,

da un discorso autocentrato ad una conversazione paritaria, necessaria per operare nel web 2.0

-originality/value: delineare le basi sociali del web per comprendere i cambiamenti apportati da Internet al turismo e come il mercato

turistico sta cambiando con l'emergere di un consumatore attivo.

-keywords: internet, consumatore online, long tail, web 2.0, self-service

1.1 Introduzione. La nascita e sviluppo di Internet: il web 2.0

Nel marzo del 1989 Tim Berners-Lee presentò al suo referente al CERN di Ginevra uno documento intitolato “Information

Management: A Proposal”, ovvero una breve presentazione di un progetto per realizzare un nuovo sistema in grado di gestire in

maniera innovativa i contenuti della Rete. L’ideazione e lo sviluppo del nuovo progetto richiese circa 2 anni e ad agosto 1991, Tim

Berners-Lee pubblicò un secondo documento dall’esplicativo titolo “World Wide Web: Summary”, un progetto organico per spiegare

la visione e il funzionamento della nuova struttura del WWW. Nel corso degli anni l’idea di Berners-Lee dimostrò tutte le proprie

potenzialità, evolvendosi e rendendo il Web un elemento sempre più pervasivo nelle nostre esistenze. Il 6 agosto 1991 venne così

messo on-line su Internet il primo sito Web, definendo il protocollo HTTP (Hypertext Transfer Protocol) che permetteva la lettura

ipertestuale dei testi, grazie a link di rimando da un testo ad un altro . Inizialmente utilizzato solo dalla comunità scientifica, il 30

aprile 1993 il CERN decide di rendere pubblica la tecnologia alla base del Web. (Minetti E., 2009)

Internet nasce dunque come luogo in cui pubblicare informazioni, una sorta di pagina scritta che dal cartaceo passa al web e si

arricchisce di nuove possibilità e opportunità, come appunto gli ipertesti e le immagini: siamo di fronte a quello che oggi viene

definito web 1.0, ovvero una piattaforma tecnologia scarsamente interattiva utilizzata per lo più per pubblicare e rendere fruibile ad

un ampio numero di persone numerosi contenuti collegati tra loro. Oggi, invece, si afferma sempre di più il concetto di web 2.0, una

sorta di arricchimento di Internet che ha permesso una maggiore interattività, la condivisione dei contenuti e la socializzazione. Il "2.0" non rappresenta qualcosa di nuovo ma piuttosto una più completa realizzazione del vero potenziale della piattaforma web. ( O'

Relly T., 2002). Grazie all'implementazione della tecnologia nascono nuove modalità di utilizzo del web, tecnologie che segnano il

fondamentale passaggio di Internet da luogo di pubblicazione a luogo di partecipazione e creazione di community.

1.2 Cos'è il web 2.0

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Alcuni hanno provato a definire il Web 2.0 innanzitutto in termini di reti sociali. La definizione maggiormente diffusa è, però, quella

fornita da Tim O'Reilly, fondatore dell'omonima casa editrice americana e inventore del termine web 2.0: “ la rivoluzione commerciale nell'industria informatica provocata dalla trasformazione di internet a piattaforma e dal tentativo di comprendere le regole per avere successo con questa nuova piattaforma" (O' Relly T., 2005).

Il concetto di Web 2.0 ebbe inizio con una sessione di brainstorming, durante una conferenza, tra O'Reilly e MediaLive International.

Dale Dougherty, pioniere del web e Vice Presidente di O'Reilly, durante l'incontro sottolineò che lo scoppio della bolla dot-com

nell’autunno del 2001 aveva segnato un punto di svolta per il web (BOX n. 1).

BOX n. 1

Il fallimento della new economy e delle dot.com (Gentile R., 2007)

Tutto inizia alla fine degli anni '90, quando ancora il web non era ancora diffuso in tutto il mondo [...] e la new economy si stava

affermando. Nel 1995 [...] il Business Week aveva coniato il termine new economy per indicare lo stato di particolare ebbrezza che

l'economia degli USA avrebbe vissuto negli ultimi anni del secolo: crescita del PIL al 2-2.5% annuo, calo drastico del tasso di

disoccupazione e inflazione ai minimi storici. La new economy esaltava le attività che facevano uso di piattaforme di comunicazione

quale mezze principale per le transazioni e i contatti: banche elettroniche, università, negozi virtuali, ovvero gli utilizzatori ideali del

web. Il Millennium Bug aveva riempito di denaro le asse delle aziende tecnologiche, le neonate dot.com si quotavano in Borsa

raccogliendo milioni di dollari, tutti - dipendenti, azionisti, investitori - diventavano ricchi in un batter d'occhio.

[...] Nel 1999 la Borsa di Milano, ispirandosi al NASDAQ, crea in Nuovo Mercato, sezione del mercato azionario riservata alle nuove

imprese, impegnate perlopiù nella ICT (Information & Communication Technology). La prima società a quotarsi è Opengate,

nell'estate dello stesso anno, ma la svolta avviene a ottobre, con Tiscali, quando i titoli della società sarda vengono offerti al pubblico

dei risparmiatori al prezzo di 46 euro; solo una minima percentuale delle richieste di acquisto viene soddisfatta, il titolo schizza

letteralmente verso l'alto appena entrato nell'agone borsistico e dopo quattro mesi, a febbraio 2000,vale 1150 euro. Ovvero

venticinque volte il suo valore iniziale. La compagnia, che ha pochi anni di vita, arriva a capitalizzare quasi quanto la FIAT, che di

anni di vita ne sta per compiere cento. E' uno shock e l'inizio della folle corsa del mercato azionario, ce in Italia si arresterà

bruscamente, e in maniera del tutto inattesa, solo pochi mesi dopo. [...]

Chiunque in quel momento, avrebbe scommesso su Internet e su qualunque business a esso collegato: anche il turismo, quindi non

poteva rimanere a guardare. Moltissimi si aspettavano che Internet avrebbe rivoluzionato il mercato della distribuzione dei viaggi e

che le prime a farne le spese sarebbero state le agenzie di viaggi, l'anello debole della catena. Sembrava che milioni di consumatori

non aspettassero altro che collegarsi al web grazie alla connessione gratuita offerta da Tiscali e investire i guadagni ottenuti in Borsa

acquistando biglietti aerei, vacanze esotiche, hotel di sogno con tre o quattro click del mouse e a prezzo scontato.

Negli USA la bolla esplose, inattesa e deflagrante, il 28 marzo 2000, trascinando con sé tutto e tutti: il listino del NASDAQ crollò a

picco, titoli che valevano 1.000 dollari scesero a 100 in pochi giorni, dot.com (società il cui business era basato sul web) in piena

ascesa fallirono a centinaia in pochi mesi. L'Europa seguì di qualche mese, l'Italia arrivò buona ultima, in autunno, e al flop delle

dot.com italiane si sarebbero aggiunte, pochi mesi dopo, le drammatiche conseguenze dell'11 settembre.

L'economia online, nonostante la disastrosa crisi, dimostrava di non essere totalmente crollata, visto che giornalmente nascevano

nuove applicazioni e siti. Inoltre, le società che erano sopravvissute alla bolla delle dot-com sembravano avere alcuni elementi in

comune, identificabili nelle caratteristiche del Web 2.0 .

Tali caratteristiche sono riassumibili nella figura sottostante, che comprende una serie di concetti dai confini labili.

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Figura 1 Caratteristiche del web 2.0 in O' Rely T. (2005)

Le principali caratteristiche del Web 2.0 riportate nel grafico soprastante possono essere accorpate in 4 concetti chiave:

a) l’intelligenza collettiva e partecipativa

Una delle lezioni chiave dell’era di Web 2.0 è che gli utenti aggiungono valore (BOX n. 2). Il web 2.0 è un web che è sempre più

orientato da servizi che permettono ai navigatori di contribuire a sviluppare, valutare, collaborare e distribuire contenuti e a

personalizzare le applicazioni (Vickery, G., Wunsch-Vincent, S., 2007). La caratteristica chiave del web 2.0 è quella di ridisegnare la

collaborazione e la condivisione di informazioni attraverso software sociali che rendono possibile la comunicazione tra persone. Gli

utenti diventano quindi dei co-sviluppatori di prodotti e servizi, aggiungendo il loro sapere che, unito al contributo di altri utenti,

diviene un'intelligenza collettiva, volta a creare qualcosa di nuovo o ad aggiungere valore e funzionalità a qualcosa di pre-esistente.

Le informazioni, i dati e contenuti circolano così dall'esterno all'interno e viceversa, provocando una perdita di controllo a favore della

cooperazione, dove ogni singolo testo o servizio può essere riutilizzato, modificato, aggiornato, commentato e valutato da qualsiasi

persona e collegato e diffuso attraverso altri siti e persone, grazie alle strutture di link.

b) the long tail e il self-service

Il web è popolato di persone dagli interessi più svariati che si riflette nei numerosi siti di nicchia e specializzati in particolari argomenti

che, nell'insieme di ogni piccolo apporto, formano la gran parte dei contenuti presenti su Internet. All'interno di tali nicchie si

aggregano community altamente specializzate o altamente interessate agli argomenti trattati, pronti a collaborare e interagire pur di

ottenere in cambio un prodotto o servizio personalizzato. Ci si trova così di fronte ad utenti in grado di autoprodursi (self-service)

servizi e prodotti, assemblando o modificando servizi e prodotti messi a disposizione da uno o più siti web specializzati. Questo

aiuta a comprendere un altro principio chiave del web 2.0, l'innovazione nell’assemblaggio. Quando i componenti di base

abbondano, si può creare valore aggiunto semplicemente assemblandoli in un modo nuovo o efficace, sfruttando l'intelligenza

collettiva delle nicchie e degli "hobbisty". Nasce così il concetto della lunga coda, che sarà oggetto dei capitoli successivi.

c) i dati

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Uno dei vantaggi competitivi che si può ottenere lavorando secondo le regole del web 2.0 è possedere una fonte di dati unica e

difficile da ricreare, spesso direttamente fornita dagli utenti attivi e co-produttori. Le possibilità di interazione che il web offre

permettono di conoscere e possedere i dati sul proprio target, facendo della conversazione peer to peer una delle caratteristiche

chiave del web 2.0.

d) il software prevale sul dispositivo

Il PC non è più l’unico dispositivo che consente l’accesso alle applicazioni internet e le applicazioni che sono limitate a un solo

dispositivo hanno un valore inferiore rispetto a quelle che sono connesse. La multimedialità e multicanalità del web richiede oggi la

creazione di siti in grado di integrare servizi su dispositivi portatili, PC e server internet, soprattutto se si vogliono sviluppare servizi di

Internet Mobile o di social network mobile. ( O' Relly T., 2002).

BOX N. 2

Intelligenza collettiva e connettiva (Garassini S, 1999)

L'intelligenza collettiva è un concetto elaborato dallo studioso francese Pierre Lévy nel 1944. La teoria si fonda sull'avvento delle reti

di computer e di Internet e vuole creare le basi per una "antropologia del cyberspazio". L'intelligenza collettiva ha due caratteristiche

fondamentali:

1. è distribuita ovunque in quanto la totalità del sapere risiede nell'umanità intera e non nei singoli individui, che possono

possedere parte di questo sapere collettivo;

2. è continuamente valorizzata: il sapere collettivo va coltivato come una nuova fonte di energia, da condividere e

continuamente rielaborare e arricchire.

Fondamentale è il ruolo delle tecnologie digitali dell'informazione, che consentono il coordinamento in tempo reale delle intelligenze

all'interno di uno scenario virtuale di conoscenze in continua trasformazione.

Una posizione più sfumata e in velata polemica con Lévy è quella assunta da Derrick de Kerckhove, a cui si deve l'invenzione del

termine intelligenza connettiva.

Derrrick de Kerckhove, direttore del McLuhan Program of Culture and Technology di Toronto, conia il termine connettivo nel 1997,

nel suo libro intitolato appunto "L'intelligenza connettiva". L'intelligenza connettiva si scatena in presenza di un sistema

enormemente intelligente, ma in gran parte decentralizzato e che sembra organizzarsi da solo, senza che molta gente sappia o

debba sapere cosa sta succedendo. Attraverso l'uso della Rete, più menti connesse, che lavorano per uno stesso obbiettivo,

possono far emergere una forma di intelligenza che è superiore alla somma dei singoli cervelli. Le comunità virtuali rappresentano

perfettamente questo concetto in quanto sono qualcosa in più della semplice somma degli individui che vi prendono parte. Le

comunità virtuali possono essere assimilate ad una mente connettiva, che lavora in tempo reale, alla quale gli individui possono

unirsi e distaccarsi in modo flessibile, senza incidere sull'integrità della struttura comunitaria. Per arrivare a questo risultato occorre

passare attraverso quella che lo studioso chiama webness, ovvero una forma di condivisione di risorse che sfrutta al meglio le

potenzialità di interattività della Rete.

1.3 Implicazioni manageriali

Con il web 2.0 è in atto un cambiamento profondo, sia per i turisti che per gli operatori del comparto. Un cambiamento ben descritto

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da Roberta Milano (2009) così definisce il fenomeno noto come Web 2.0:

Il Web 2.0 e sicuramente un fenomeno non facilmente descrivibile, forse sintetizzabile nella definizione di era del web interattivo. Difficile, d’altra parte, rappresentare qualcosa in continuo divenire. Più chiari e definiti sono, invece, i suoi pilastri ed e su alcuni di questi che occorre, a mio avviso, soffermarsi per capire il fenomeno, e tradurlo come opportunità nello specifico del turismo:- contenuti generati dagli utenti (UGC) visti come risorsa e non come minaccia,- il potere collettivo dei piccoli siti che costituiscono la lunga coda e aprono nuovi mercati,- sfruttamento dell’intelligenza collettiva,- approccio partecipativo (attraverso i blog e altri social network) e collaborativo (wiki),- accettazione della filosofia del beta perpetuo,- massima fiducia nel contributo degli utenti attraverso recensioni e giudizi.

Le caratteristiche del web 2.0 sopra delineate evidenziano un cambio di prospettiva manageriale e di orientamento di marketing. In

presenza di un utente attivo e una concorrenza sempre più globale, le tradizionali strategie promozionali ricche di contenuti auto-

centrati e un controllo autoritario perdono il loro appeal presso un pubblico abituato a conversare in modo aperto e paritario.

Abbandonare il sito ufficiale per seguire la conversazione online attraverso i social media, approcciando una comunicazione

conversazionale e personalizzata è sicuramente un atteggiamento promozionale in linea con le caratteristiche del web 2.0 e del

nuovo consumatore. "Nonostante la diffusione sempre più capillare di queste nuove impostazioni, forti resistenze ostacolano il cambiamento. La mia personale interpretazione è che si tratti di resistenze dovute non soltanto ad un digital divide di tipo culturale e tecnologico, che in Italia effettivamente esiste e pesa, ma anche ad un atteggiamento di psicologica chiusura verso l’interazione e la comunicazione bidirezionale avvertita come potenzialmente destabilizzante per già precari equilibri economici. Il web 2.0 viene generalmente percepito, dal mondo aziendale, ancora come una minaccia e non come un’opportunità immensa di creare nuovi canali di comunicazione e nuovo valore per l’azienda stessa." (Milano R., 2009)

L'interpretazione della Milano e la base teorica sul web 2.0 fornita da Tim O' Relly sono utili a definire le competenze necessarie per

operare nel web 2.0:

• disponibilità ed apertura alla conversazione paritaria e abbandono del discorso autocentrato;

• sfruttamento dell'intelligenza collettiva;

• utilizzo di un approccio collaborativo e partecipativo, che richiede a monte fiducia verso i co-produttori;

• conoscenza del proprio target;

• attitudine alla personalizzazione;

• gestione del coinvolgimento dell'utente e delle sue recensioni e commenti, finalizzato al monitoraggio della propria

reputazione.

Capitolo secondo

Il turista-prosumer online

-purpose: l'obiettivo del capitolo è comprendere il comportamento del prosumer all'interno del quadro di riferimento del web 2.0 e

della sua socialità

-metodology/design/approach: la letteratura internazionale e nazionale sul prosumer è alquanto sviluppata, trattandosi di un

fenomeno studiato sin dal 1980 da Toffler. Si è quindi privilegiata quella letteratura che riporta il prosumer in un contesto web.

-findings: il web facilita la nascita di un soggetto collettivo, che si manifesta tramite la produzione, condivisione e consumo di

un’infinità di contenuti che compongono un disegno globale di cui nessuno detiene realmente il controllo.

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-research limitation/implication: Trattandosi nello specifico di un manuale dedicato al turismo su Internet e viste le numerose variabili

possibili nella realtà, ma difficilmente riconducibili ad uno schema semplificato ai fini dell'esposizione e analisi manualistica, di

seguito si andrà solamente ad analizzare il turista online "puro" che ricerca informazioni e acquista online, tralasciando quindi

l'interazione tra azioni di consumo e produzione possibili online e offline.

-pratical implication: l'acquisizione di potere da parte del consumatore attivo da una parte e, di contro, la perdita di controllo sulle

informazioni da parte degli operatori del settore, portano alla necessità di un modello di comunicazione flessibile, fiduciario e

paritario e un modello produttivo co-partecipativo e personalizzabile.

-originality/value: attraverso l'analisi delle caratteristiche del consumatore-prosumer si delinea un modello di business basato sul

crowdsourcing per la co-creazione di prodotti e servizi turistici.

-keywords: prosumer, consumatore online, co-produzione, web 2.0

2.1 Introduzione. Interazioni esigenti

A seguito dello sviluppo dell'ICT (Information and Communication Technologies) e alla nascita di sempre nuovi strumenti sociali (es.

community, social network, blog, siti di recensione, siti di video sharing ecc.), Internet permette una nascente interazione.

Tale interazione coinvolge sia gli operatori del settore che il consumatore, sta portando ad un cambiamento dei comportamenti dei

turisti stessi. Grazie ad Internet, ed alla rivoluzione dei modi di comunicazione e di interazione tra gli individui che esso ha

comportato, il turista oggi può crearsi la propria offerta turistica: è un produttore attivo ed allo stesso tempo è un consumatore attivo

di turismo.

Come notato da diversi autori, come Fabris, Toffler e Rifkin (Fabris G. 2009, Toffler A. 1981, Rifkin J. 2000), che meglio si

analizzeranno di seguito, i clienti diventano sempre più esigenti, attivi e interattivi, tanto da configurare il modello di prosumer,

ovvero un turista che è al contempo consumatore e produttore.

2.2. Il prosumer

Il termine “prosumer” è stato coniato da Alvin Toffler in "The third wave" (Granieri G., 2006). Nel suo libro The Third Wave (Toffler A.,

1981), Toffler descrive le tre ondate che hanno caratterizzato la storia socio-economica del nostro pianeta: la prima ondata, ovvero

l’economia agricola, la seconda ondata, ovvero l'era della produzione e industrializzazione di massa, e la terza ondata o era

postindustriale ma anche Information Age. Per Toffler la saturazione dei mercati dovuta ad una produzione di massa che aveva

caratterizzato la Seconda Ondata ha portato ad un cambiamento nei rapporti tra consumatori e produttori, con i primi ad avere un

ruolo attivo nella definizione delle caratteristiche dei prodotti e servizi creati dalle aziende. Si passa quindi da un consumatore

passivo ad uno maggiormente attivo e partecipativo, tanto da divenire un parte integrante della produzione di beni e servizi, al fine di

personalizzarli. La tecnologia digitale ha accelerato questo processo di fusione tra produttori e consumatori, portando alla nascita del

concetto, già analizzato, di web 2.0, all'interno del quale il prosumer gioca un ruolo da protagonista (Cravera A., 2010).

Il termine prosumer indica in realtà più cose, dal consumatore attivo che contribuisce allo sviluppo e al cambiamento del prodotto o

servizio, alla personalizzazione del prodotto o servizio stesso che si desidera acquistare. La "società digitale" si trasforma nel luogo

delle differenze individuali che interagiscono tra loro e rivendicano costantemente la propria individualità (Granieri G., 2006). Siamo

di fronte a quella che viene definita "mass customization", ovvero alla personalizzazione di massa (Bandulet M., Morasch K., 2003)

Eric Von Hippel, nel suo libro "Democratizating Innovation" (Von Hippel E., 2005) ha infatti teorizzato uno dei comportamenti

principali del consumatore online attivo, da lui chiamato “lead users”, assimilabile a quello che qui è stato definito prosumer. Afferma

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che sono proprio loro i principali innovatori dei prodotti, grazie alle loro competenze, conoscenze, capacità e voglia di sperimentare

per soddisfare i propri bisogni e la voglia di condividere le loro passioni con altri utenti all’intero di specifiche community, grazie

anche alle nuove tecnologie che rendono più semplice e veloce produrre informazioni a costo “zero” (Scotti E., Sica R., 2007). I

nuovi modelli di innovazione, progettazione e consumo di prodotti e servizi stanno quindi trasformando la relazione tra produttori e

consumatori, dando origine a quello che viene definito prosumer, quel consumatore che Goldhaber definisce come colui che “ è sempre pronto a leggere e contemporaneamente a scrivere, interagendo con le informazioni e ricostruendole dopo averle elaborate concettualmente...sta emergendo una sorta di nuova eguaglianza democratica”. Emerge così “un soggetto collettivo, che si manifesta tramite la produzione di un’infinità di frammenti che compongono un disegno globale di cui nessuno detiene realmente il controllo” (Granieri G. , 2006, pp. 120-121).

Il prosumer è quindi l'espressione della creatività condivisa, in quanto combina la creatività individuale -personalizzazione - alla

socialità - passaparola e condivisione delle esperienze - (Costa N. 2005). Infatti si delinea una creatività in cui gli amici erodono

relazioni ai parenti perciò e più un marketing relazionale tra nuovi amici elettivi.

Si va strutturando una conoscenza collettiva condivisa, che permette al turista di effettuare scelte d'acquisto ragionate e

corrispondenti alle sue esigenze, grazie alla possibilità di accedere alle esperienze di turisti che hanno le sue stesse necessità e

motivazioni. La creazione di UGC (user generated content), infatti, è un trend, con milioni di internauti in tutto il mondo, che

trasforma Internet da "new media" a "we media" (Gillmor D. 2006) esaltando la componente partecipativa dal basso che caratterizza

il Web 2.0. Ogni contributo è libero, aperto a nuove integrazioni di altri utenti, che possono valutare le informazioni, commentarle,

integrarle, aggiungere foto e video, pubblicarlo o "linkarlo" su altri siti. Si evidenzia così un processo di co-creazione e interattività,

tipico del nuovo consumatore - prosumer, in cui la perdita di controllo della produzione e distribuzione di informazioni e contenuti è

totale. Come sottolinea lo studio di Munar della Copenaghen Business School ( Munar A. M. 2010), l'affermarsi del prosumerismo fa

si che l'immagine e la reputazione di destinazioni e prodotti o servizi diventi un collage di input provenienti da diversi utenti, che si

espande in tutto il globo, ampliando il classico fenomeno del passaparola. In questa nuova realtà nessun operatore del settore potrà

avere il controllo, potrà però scendere da una posizione gerarchica, posizionarsi allo stesso livello del consumatore, iniziare a

dialogare con lui e scoprire le esigenze e desideri di persone, attraverso un mondo sociale fatto di commenti, elogi e critiche, un

nuovo modo di fare business che implica competenze relazionali nel saper ascoltare e dialogare, abbandonando definitivamente i

monologhi autoreferenziali. Il web si configura dunque per i DMO e gli operatori turistici come un'importante opportunità da non

perdere, uno spazio in cui ascoltare i bisogni del turista e di svariati segmenti di mercato, anche i più piccoli. Ogni turista è diverso,

porta con sé esperienze uniche, motivazioni e desideri differenti. Secondo Fabris (Fabris G. 2009) si e venuto a delineare un nuovo

consumatore definito come autonomo, più critico, avverso ed indipendente nei confronti della produzione perché rivendica una

maggiore discrezionalità di scelta e chiede a chi produce la possibilità di instaurare un dialogo paritario. E' un consumatore

competente, informato sulla composizione dei prodotti, servizi, sul rapporto qualità/prezzo. E' un consumatore esigente, che chiede

qualità e attenzione alle sue esigenze. E' selettivo ed orientato in senso olistico perché ai fini della scelta coinvolge sia dimensioni

tangibili, come i valori d'uso, ma soprattutto quelle intangibili, come i valori simbolici e i significati sociali delle sue scelte. Inoltre é

sempre più connesso in un mondo virtuale e abituato ad usare le nuove tecnologie. (Carciofi A, 2010; Fabris G. 2009)

Il nuovo consumatore teorizzato da Fabris riflette perfettamente le caratteristiche dei turisti online - prosumer: sono sempre più

“frequent travellers”, viaggiano molto soprattutto per brevi e frequenti week-end grazie anche alla diffusione dei voli low cost. Sono

inoltre sempre più competenti, sanno utilizzare il web e soprattutto affermano la loro unicità richiedendo servizi personalizzati e su

misura, con un buon rapporto qualità/prezzo. Il turista oggi è più mobile e veloce, informato e attento, infedele, critico e diffidente.

Difficile da coinvolgere e attrarre, visti i frequenti messaggi promozionali autoreferenziali a cui è sottoposto quotidianamente. Il

turista sceglie in base al prezzo e soprattutto alla motivazione, alle esigenze e all'esperienza ricercata, occorre dunque ascoltare e

parlare con il cliente per strutturare un prodotto turistico vincente. Sono sempre meno interessati ai pacchetti standardizzati e

riservati alle masse, mentre richiedono sempre più vacanze che si adattino a loro, in cui divertimento e relax si fondono a passioni e

conoscenza, verso un modello di edutainment (education + entrateinment).

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2. Implicazioni manageriali

La nascita del Web 2.0 e del prosumer modifica sostanzialmente il rapporto tra operatori turistici e il turista stesso, un cambiamento

critico da gestire perché un rapporto diretto, bidirezionale e partecipativo del cliente comporta dei cambiamenti nella gestione

aziendale, richiede delle competenze di ascolto, apertura e un'ampia professionalità e conoscenza del Web, al fine di sfruttare le

opportunità che la Rete offre, evitando le trappole che la Internet tende ai "non addetti ai lavori".

Internet è un sistema sociale partecipativo dove l'ascolto e il dialogo con il cliente aumentano la fidelizzazione, fino a far divenire i

consumatori dei veri e propri ambasciatori di marche e prodotti. In questa ottica il web 2.0 e la partecipazione attiva dei prosumer

potrà essere una nuova opportunità per le destinazioni turistiche aperte al cambiamento e all'innovazione, mentre potrà esser vista

come una minaccia da quelle che non sapranno innovare i propri modelli di marketing e comunicazione, oltre che di gestione interna

e manageriale. In un'era dove la conoscenza del cliente significa potere, questa evoluzione nel profilo del consumatore significa che

le imprese del settore e i DMO, che finora hanno avuto un approccio standard nei confronti dei bisogni del viaggiatore, dovranno

applicare delle tecniche sofisticate per costruire un dialogo e un'offerta ad hoc per il turista, essenziale al fine di attirare, legare e

trattenere i clienti in futuro (Mele M.a, 2007).

Ma in che modo questo consumatore attivo e interattivo influenza l'operatività degli operatori del settore? Può un consumatore di

questo tipo essere visto come un'opportunità?

incentivare l'interattività del prosumer per aumentare il passaparola e trasformare i turisti in ambasciatori della marca;

incentivare il dialogo per incrementare la fidelizzazione del cliente

incentivare la creatività del prosumer per creare in outsourcing nuovi prodotti e servizi personalizzati. Il dialogo con il

cliente, che porta alla co-creazione di prodotti e sevizi e alla condivisione di esperienze a essi collegati, permette la nascita

di quel fenomeno chiamato crowdsourcing, dagli interessanti risvolti positivi per gli operatori del settore. Etimologicamente

significa crowd (gente) e outsourcing (delegare all’esterno), una nuova metodologia di collaborazione con cui le imprese

chiedono contributo attivo alla rete per creare prodotti, servizi, campagne promozionali, brand e quant'altro in modo

gratuito. Un contributo spontaneo che nasce dalla passione e dalla creatività, fino a giungere a veri e propri "consigli"

professionali, condivisi da persone e clienti, che si identificano nei valori del brand. E i risvolti positivi sono evidenti: un

prodotto o servizio che rispecchia i desideri dei clienti, la creazione di empatia tra azienda e consumatori, l'abbattimento di

costi grazie all'esternalizzazione delle competenze e la creazione di relazioni stabili (Carciofi A.a 2010)

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Capitolo terzo

La lunga coda del turismo online

-purpose: L'obiettivo del capitolo è quello di definire le caratteristiche delle nicchie di mercato evidenziando come si tratti di un

mercato difficile per la continua richiesta di personalizzazione e creatività. Verranno quindi messe in luce le possibilità che Internet

mette a disposizione per quegli operatori che vogliono rivolgersi ai mercati di nicchia, altrimenti difficilmente raggiungibili con modelli

di vendita tradizionali.

-metodology/design/approach: Per approfondire le tematiche legate alla long tail, anche in riferimento al mercato turistico, è stata

utilizzata in particolar modo la letteratura e gli studi realizzati da Chris Anderson, primo studioso del fenomeno della long tail

-findings: Le possibilità che Internet mette a disposizione per raggiungere potenzialmente un altissimo numero di consumatori

possono indurre all'errore di credere che operare nei mercati di nicchia sia cosa facile. Si tenterà quindi di mettere in luce le difficoltà

che un operatore turistico può riscontrare nell'operare nella long tail, dando nel contempo spunti operativi e informazioni sulle

competenze richieste

-research limitation/implication: Il capitolo tende ad approfondire a livello teorico le caratteristiche della long tail. Maggiori spunti e

approfondimenti operativi sono auspicabili per fornire case study in grado di esemplificare come superare le difficoltà che si possono

riscontrare nel lavorare con delle nicchie di mercato

-pratical implication : La bibliografia consultata ha messo in evidenza la necessità di team di lavoro ricchi di innovazione e creatività,

al fine di avere successo ed entrare in sintonia con diverse nicchie di mercato

-originality/value: Il fenomeno della long tail viene messo in rapporto con l'innovazione e creatività necessarie per competere nelle

nicchie di mercato

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-keywords: long tail, coda lunga, nicchie di mercato, innovazione e creatività

3.1 Introduzione. La nascita della lunga coda

Grazie alla portata mondiale della rete, è oggi possibile incontrare migliaia di persone con interessi simili sparse nel globo,

comunicare con loro, vendere loro prodotti e servizi turistici. Ascoltate le esigenze di nicchie di mercato, è anche possibile

programmare un'offerta ad hoc, raggiungendo il target mediante la diffusione mondiale del web. Nasce così il fenomeno chiamato

“the long tail”, ovvero la lunga coda.

I concetti già esaminati di web 2.0 e di prosumer, sono fenomeni alla base del cambiamento del consumatore, che si spinge sempre

più verso la personalizzazione, l'interattività e la differenziazione, e i cui effetti sono riscontrabili nel mercato con la creazione di due

estremi, al cui interno si riassumono diverse sfumature, che vedono contrapposte nicchie di mercato al mercato di "massa". Il

fenomeno della long tail, teorizzato da Chris Anderson (Anderson C., 2006), tende a spiegare come si è venuta a creare tale

"separazione" nel mercato, e come potervi operare.

3.2. La lunga coda: caratteristiche

L'espressione “the long tail” è stato coniato da Chris Anderson, capo editore di Wired Magazine, nell'ottobre del 2004 per descrivere

il modello commerciale di Amazon.com. A seguito della diffusione di Internet si è osservato che i business con maggiore potere di

distribuzione possono guadagnare di più dai prodotti di nicchia che dai prodotti popolari molto richiesti.

Anderson ha spiegato il termine facendo riferimento alla coda della “Curva della Domanda", dove l'asse verticale rappresenta le

vendite dei libri Amazon, mentre quella orizzontale la “classifica di popolarità” dei libri. Si osserva che il volume di vendita totale dei

libri poco popolari, cosiddetti di nicchia, supera quello dei libri molto popolari o “best seller". Grazie al web, improvvisamente i costi

connessi allo spazio occupato dai libri sugli scaffali e le spese tradizionali di un punto vendita al dettaglio (es. personale, affitto, ecc.)

vengono eliminati. In questo scenario è possibile vendere ogni libro mai stampato e, svincolati dai confini geografici, il target

potenziale si trasforma da un piccolo gruppo di persone a decine di migliaia di utenti internazionali, grazie all’attivazione di tecniche

di stampa on demand, che perfettamente rispondono alle esigenze di personalizzazione del web 2.0 e alla richiesta di prodotti e

servizi non disponibili nei mercati tradizionali (Chris A., 2006).

Figura n. 2 La lunga coda

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Il concetto alla base della teoria della lunga coda sta a indicare come, con le tecnologie digitali, aumentano enormemente i prodotti e

servizi disponibili, rispetto ai modelli di distribuzione tradizionali. Secondo tale impostazione sta emergendo un nuovo modello di

business basato potenzialmente non più sull’economia della scarsità, ma sull’economia dell’abbondanza. Si prendano come

esempio i dati riportati da Anderson nel campo della distribuzione libraria e musicale: Amazon ha un catalogo di oltre 3,7 milioni di

titoli, in confronto, una tradizionale libreria di grandi dimensioni ne conta solo 100.000.

La figura sottostante mostra il confronto tra un rivenditore tradizionale e un business on-line nel rapporto tra l’ampiezza del catalogo,

il fatturato e gli utili. Nella parte sinistra del grafico, è rappresentata la tradizionale dinamica di un negozio fisico, nella parte destra si

vede la trasposizione dell’assortimento del negozio fisico nell’ambito di un rivenditore interamente digitale. Si può notare che il

100% del catalogo del rivenditore tradizionale rappresenta solo il 10% del catalogo del negozio virtuale. Inoltre emerge come il 25%

dei ricavi e il 33% degli utili derivino da quell’80% di prodotti che nel business tradizionale contava solo per il 20% dei ricavi. Di più,

un ulteriore 25% di ricavi e 33% di profitti sarebbe dato da un assortimento che non trova spazio nei canali di distribuzione

tradizionali. (AA.VVh.2007)

Figura n. 3 Confronto tra le vendite di un negozio online e di un negozio tradizionale (AA.VV.h 2007)

Ma come e perché Internet ha permesso questo cambiamento nei modelli di business? Chris Anderson identifica tre forze della

lunga coda in rapporto alle caratteristiche proprie del web:

1. Prima forza: la democratizzazione degli strumenti di produzione. Grazie alla crescente disponibilità di tecnologie di

produzione e di manipolazione dei prodotti e delle informazioni a prezzi sempre più bassi, la quantità di contenuti e prodotti

disponibili è cresciuta enormemente negli ultimi anni, soprattutto in rapporto all'emergere degli user generated content e

del prosumerismo.

2. Seconda forza: democratizzazione della distribuzione. Internet permette la distribuzione a livello globale dei contenuti e

prodotti realizzati da imprese o privati cittadini, rendendo fruibile tale materiale ad ogni persona in tutto il mondo,

incrementando così la liquidità del mercato e incentivando la creazione della coda

3. Terza forza: il collegamento tra domanda e offerta. La vastità della scelta disponibile online crea un sovraffollamento di

prodotti e contenuti, che mal si sposa con l’abitudine del consumatore a scegliere tra opzioni molto più ristrette, vista

l'incapacità oggettiva di poter confrontare tutti i prodotti presenti sul mercato online. Qual è il collegamento che permette

alla domanda di trovare e accedere al giusto prodotto tra milioni di prodotti? Il passaparola tra utenti permette, con il

tempo, di scoprire nuovi prodotti e servizi la cui popolarità è incentivata dal marketing virale. La “terza forza” agisce quindi

collegando domanda e offerta, creando strumenti che rendono possibile un abbassamento dei “costi di ricerca” per i

contenuti di nicchia, come ad esempio i database collegati a strumenti di dynamic packaging per la costruzione self service

del viaggio o alla diffusione di informazioni su viaggi e prodotti attraverso social media di nicchia specifici o azioni di viral

marketing. Ogni cosa che rende la ricerca più semplice favorisce l’esplorazione dei prodotti di nicchia della coda.

(AA.VV.h, 2007)

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Per quanto riguarda il settore dei viaggi, Anderson sottolinea come i fornitori, quali le compagnie aeree low cost, abbiano creato

un'impressionante gamma di scelta, offrendo rotte verso destinazioni poco conosciute in tutto il continente europeo. A sua volta,

l'abbassamento del costo dei voli ha aumentato la domanda dei consumatori. L'aumento del numero delle compagnie low cost e

delle agenzie di viaggio on-line negli ultimi 10 anni ha contribuito a prolungare la coda, ha creato nuove destinazioni e consentito alle

persone di viaggiare più lontano e più frequentemente. In questo nuovo turismo on-line, le destinazioni minori vengono sempre più

prese in considerazione da un pubblico che non le considerava (Holly Davis T, e May K.a, 2007). Una grande occasione si prospetta

dunque per tutti quegli operatori turistici specializzati, che possono allargare la loro diffusione di viaggi di nicchia su scala mondiale,

ma anche per tutte quelle destinazioni turistiche di nicchia, considerate altamente attraenti solamente da alcune categorie di

villeggianti, basti pensare ai viaggi avventura, sicuramente non per tutti ma con un “grande mercato di nicchia a livello mondiale”

(Holly Davis T, e May K.b., 2007). (BOX n. 3)

BOX n. 3

Piccole OTA crescono. La coda lunga e le nuove tendenze del traffico online (Booking Blog3 2009)

Secondo quanto riportato dal “PhoCusWright’s Online Traffic and Conversion Report”, edito da PhoCusWright in collaborazione con

Compete, le sette più grandi OTA (Online Travel Agency) presenti sul mercato internazionale, hanno subito un calo nelle quote di

mercato online rispetto agli anni precedenti.

Nonostante le OTA in generale rappresentino la categoria più visitata nel settore dell’online travel, proprio le “Big Seven” Online

Travel Agencies, ovvero Expedia, Hotels.com, Orbitz, Cheaptickets, Travelocity, Priceline e Hotwire, avrebbero veicolato un minor

traffico rispetto agli anni precedenti.

Precisamente, la percentuale degli utenti che solitamente prenota attraverso un portale affidandosi ad una delle sette “Big” sopra

citate, è sceso, negli ultimi due anni, dal 79% al 72%.

I portali minori a cavallo della coda lunga

Il dato dimostra come molti intermediari minori siano riusciti a ritagliarsi uno spazio nel mercato, aprendo una breccia nel muro delle

grandi. Numerose agenzie online, specializzate per collocazione territoriale o per tipologia di servizi offerti, hanno infatti tentato di

frammentare il mercato ed andare ad attrarre specifiche categorie di utenti, cavalcando il principio della “coda lunga” ( long tail) caratteristico del business online.

L’aumento della popolarità di queste piccole OTA risponde ad una crescente richiesta, da parte dei consumatori, di un servizio

sempre più targettizzato e tagliato su misura per le proprie esigenze.

Tutto ciò può sicuramente essere inteso come un dato positivo, in grado di ampliare il mercato, favorire la concorrenza, e in certa

misura anche la disintermediazione.

Anche se per le piccole OTA non sarà facile far crollare l’egemonia delle grandi, c’è dunque senza dubbio la possibilità di muoversi

con maggiore libertà per espandersi nella propria fetta di mercato.

Le query specifiche sovvertono le gerarchie

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Al fine di approfondire questo fenomeno, e capire quali risultati derivino effettivamente da ricerche non generiche, vi invitiamo a fare

un esperimento, provando a ricercare su Google alcune categorie di alberghi con caratteristiche specifiche nella vostra destinazione,

sia sul dominio “.com” che “.it” di Google. Noi stessi stiamo sviluppando la stessa ricerca e presto pubblicheremo i risultati.

Provate a ricercare hotel appartenenti a particolari categorie, ad esempio:

Su Google.it: albergo benessere firenze - hotel benessere firenze - albergo di design firenze - hotel di design a firenze - albergo eco

sostenibile firenze – hotel eco sostenibile firenze – albergo per gay firenze – hotel per gay firenze – albergo animali ammessi firenze

– hotel animali ammessi firenze – albergo per celiaci firenze – hotel per celiaci firenze

Su Google.com: wellness hotel florence – design hotel florence – eco hotel florence – green hotel florence – gay friendly hotel

Florence – pet friendly hotel Florence – gluten free hotel florence

Vedrete che, effettuando ricerche per queste query specifiche, le grandi OTA non appaiano quasi mai nelle prime posizioni, che

risultano invece occupate da portali più piccoli e specializzati, o da siti ufficiali di alberghi che offrono servizi particolari.

É quindi di grande importanza per OTA ed alberghi che operano in queste nicchie di mercato, riuscire a posizionarsi bene per le

keyword specifiche che meglio identificano i servizi offerti ed il linguaggio del target di riferimento.

Molti utenti, infatti, tendono ad utilizzare i motori di ricerca per cercare informazioni ed offerte tematizzate, bypassando così i grandi

portali, che presentano spesso ottime promozioni, ma di carattere molto più generico.

Quando gli utenti hanno le idee chiare sul tipo di servizio che intendono cercare, useranno per la ricerca delle query specifiche, che

con buone probabilità, daranno come risultato una serie di link che puntano a domini specializzati in tali servizi.

Essere ben posizionati per le cosiddette “Long tail keywords” può quindi risultare un’ottima pratica per veicolare potenziali clienti

targettizzati al proprio sito o al proprio portale.

2. Implicazioni manageriali

Le caratteristiche di interattività, fruibilità ed economicità del web incentivano sempre più la creazione di nicchie di mercato lungo la

coda. Chris Anderson (Anderson C. 2006) descrive le regole per prendere parte al fenomeno della coda lunga:

1. spostare il magazzino all'interno, per aumentare la disponibilità di prodotti diversi

2. lasciar "lavorare" i clienti, facilitando l'interazione tra azienda e cliente

3. un unico metodo di distribuzione non va bene per tutti i clienti, occorre affidarsi a modelli di multimedialità e multicanalità

4. un unico prodotto non va bene per tutti i clienti, occorre personalizzazione

5. un unico prezzo non va bene per tutti i clienti, emergono infatti fenomeni diversi ma complementari, come il turismo low

cost e il turismo di nicchia o luxury dal reddito medio-alto

6. condividere le informazioni, facilitando la creazione di community e di user generated content, con la partecipazione dal

basso, abbandonando modelli gerarchici

7. pensare in termini di "e" e non di "o", aumentando la tipologia di prodotti disponibili

8. affidarsi al mercato per il proprio lavoro, cercando di capire prima cosa desidera il cliente, per poi proporgli il giusto

prodotto

9. comprendere il potere delle cose gratuite, fornendo insieme al prodotto una serie di servizi accessori gratuiti

Le implicazioni pratiche dell'operatività nella long tail fanno riemergere concetti già affrontati nel corso del manuale, quali le regole

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1del web 2.0 e l'imporsi dell'interattività, con il crescere di community, social network e siti di recensioni e l'emergere della figura del

prosumer, che lavora per se stesso e per le aziende per la crescente necessità di prodotti personalizzati.

L'Innovazione e creatività sono però gli elementi basilari per operare nella lunga coda, per creare prodotti e servizi rimanendo

competitivi in un mercato globale. Internet facilita e fertilizza tale creatività, crea un'infinità di prodotti e informazioni. Chris Anderson

afferma infatti che "le nuove tecnologie contribuiscono a liberare gli spiriti innovativi e imprenditoriali di milioni di nicchie di valore economico, generando nuovi paradigmi con curve di produttività molto più consistenti di quanto sarebbe possibile con il paradigma del mercato di massa della rivoluzione industriale." (AA.VV.f, 2007)

Anche Niraj Dawar, professore di Marketing presso l'Università Western Ontario, in Canada, afferma che il "concetto di innovazione è molto più ampio di quanto riteniamo comunemente, e va al di là della creazione di prodotti migliori. Dobbiamo focalizzarci sulla customer value, che è una funzione di "cosa" il cliente compra più di "come" lo fa (AA.VV.f, 2007). Con questa affermazione Dawar

sintetizza il concetto di fornire il giusto prodotto, al prezzo giusto, alla persona giusta che ne è alla ricerca in quel preciso momento,

rispondendo a pieno alle sue esigenze. Il focus delle attività quindi non è più su cosa si vende, ma su cosa i clienti comprano.

3. Vincoli e Opportunità

Non bisogna ovviamente cedere a facili entusiasmi: non è facile avere successo in quanto il business concentrato nella long tail

richiede capacità e conoscenze non indifferenti. La “lunga coda” di consumatori nasce grazie ad Internet, e pertanto vigono tutte le

regole della rete, dall'interazione alla personalizzazione, dalla condivisione di contenuti alla partecipazione attiva degli utenti e degli

operatori del settore. Decidere di operare con i mercati di nicchia significa anche avere il know-how necessario per ascoltare e

dialogare con il cliente, per proporre servizi personalizzati, secondo l'ottica del Web 2.0, avvalendosi di professionisti e consulenti

specializzati nel web marketing per gestire e attrarre il "turista 2.0 "

La grande richiesta di servizi e prodotti personalizzati e differenziati, oltre alla grande varietà di motivazioni che spingono ogni

singolo turista a viaggiare, sono sicuramente dei punti di partenza a favore della “long tail", ma da soli non bastano, occorre far

giungere l'offerta di nicchia al target giusto e nel modo giusto, comunicando l'offerta turistica in modo innovativo, come verrà

illustrato nei successivi capitoli. Ma soprattutto non bisogna concentrarsi su volumi e flussi enormi, che non arriveranno mai,

essendo la lunga coda formata da mercati di nicchia. Occorrerà piuttosto puntare sulla qualità, sulla capacità di spesa elevata di

target così esigenti e differenziati, e soprattutto occorreranno degli strumenti atti a fidelizzare i consumatori e a farli acquistare

ripetutamente nel tempo. Questo è lo spirito della coda lunga che, se diversamente intesa, non porterà ai risultati sperati, divenendo

solo un grande flop, visto che la maggior parte dei flussi e delle entrate economiche rimangono nella “testa della long tail". E’ quindi

richiesto un cambio di visuale manageriale per avere successo in mercati di nicchia: dalla quantità occorre puntare alla qualità. La

“long tail", l'uso di Internet e i nuovi comportamenti di consumo sono il frutto di un cambiamento culturale del consumatore e si sta

riflettendo sull'economia, anche se ovviamente, trattandosi di centinaia di mercati di nicchia, non si può ad oggi parlare di grandi

numeri. Ma il cambiamento è in atto, dunque occorrerà adattarsi alle trasformazioni in tempi brevi, comunicare con il turista secondo

i dettami del web 2.0, superando così la concorrenza e conquistandosi il favore degli utenti online.

Sempre più turisti, anche quelli più tradizionali, si stanno "convertendo" al web e l'analisi fin qui condotta evidenzia, quindi, la

necessità degli operatori del settore di entrare nel mondo di internet per continuare a mantenere la competitività nel settore,

adottando le opportune strategie di web marketing, in linea con i principi del web 2.0, ad integrazione delle strategie di marketing

tradizionali.

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Capitolo quarto

Social media marketing: uno strumento di conversazione tra viral marketing e WOM (word of mouth)

-purpose: L'obiettivo del capitolo è quello di comprendere come il passaparola e il marketing virale possono essere considerati

strumenti promozionali da utilizzare all'interno dei social media. Si andranno quindi evidenziando le differenze esistenti tra WOM

(word of mouth) e marketing virale.

-metodology/design/approach: la bibliografia internazionale consultata è divisibile in diverse macro-aree tutte afferenti al social

media marketing: la prima area mette in luce la radice tribale del social media, grazie a studi di Michel Maffesoli e Bernard Cova. La

seconda area è invece dedicata ad evidenziare le differenze esistenti tra WOM e marketing virale e, infine la terza area pratico-

operativa con la presentazione di case study e articoli di professionisti del settore.

-findings: L'influenza interpersonale che il passaparola naturale o indotto genera, online si può moltiplicare a dismisura e divenire

una delle fonti di informazioni più importanti durante tutte le fasi di un viaggio, una sorta di nuova forma di mediazione nella

creazione dell'esperienza turistica, che non rappresenta né l'industria turistica né quella culturale, ma semplicemente le

considerazioni delle persone circa l'esperienza turistica vissuta

-research limitation/implication: I limiti promozionali che i social media sottintendono sono da ricercare nella necessità di inserire il

social media marketing in una visione strategica più ampia, una visione di web marketing con degli obiettivi e strategie precise e

comuni, che ricomprenda quindi la possibilità di promuovere i canali sociali sia su diversi siti internet sia offline. Da solo il social

media marketing non basta per incrementare il proprio business. Si auspica quindi l'adozione di un modello generico di piano

strategico di marketing in grado di incorporare sia azioni classiche che azioni online e, tra tutte, il social media marketing.

-pratical implication: L'analisi del WOM e del marketing virale mette in evidenza la possibilità di promuoversi e diffondere

velocemente messaggi. Operare all'interno di tali contesti sociali richiede però l'adozione di una prospettiva interattiva e paritaria da

parte degli operatori del settore.

-originality/value: Lo sforzo al cambiamento, verso una prospettiva interattiva all'interno dei social media, richiede impegno e risorse

umane. Uno degli argomenti più dibattuti dai professionisti del settore è il ritorno economico che tali sforzi e investimenti hanno. Nel

capitolo si propone una lettura qualitativa del ROI e non più solo quantitativa.

-keywords: tribù, marketing tribale, social media marketing, WOM, passaparola, marketing virale, ROI, ROE

Introduzione

In questo capitolo si vogliono approfondire le ripercussioni nell'offerta turistica avvenute a seguito dei cambiamenti sia della

domanda turistica, con l'affermarsi di un turista-prosumer, sia delle nuove tecnologie, che hanno facilitato l'interazione tra persone,

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tanto da far nascere un modello di web 2.0, offrendo nel contempo spunti agli specialisti di marketing che stanno puntando le loro

strategie nel gestire tale influenza interpersonale online al fine di trarne vantaggio.

Negli ultimi anni, infatti, è emerso un nuovo trend per la ricerca di informazioni, grazie al moltiplicarsi dei social media e dei loro

contenuti sociali, ben rappresentati dalle varie forme di user generated content, ovvero di quei contenuti generati e condivisi dagli

utenti attraverso i blog, comunità virtuali, wikis, social networks, collaborative tagging e siti di sharing. Questo fermento sociale

emerge anche nel settore del turismo, dove l'acquisto di un viaggio è percepito con un alto rischio, per cui i suggerimenti, anche

emozionali, di gruppi di riferimento online assumono un aspetto importante nella valutazione d'acquisto e nella scelta del viaggio.

L'utilizzo di tale influenza interpersonale, che trova la sua massima espressione in community, social network e forum, può diventare

un vantaggio competitivo se ben gestita. Per spiegare tale fenomeno si andrà dunque ad analizzare come nasce, come si sviluppa,

quali sono i luoghi privilegiati del passaparola online e quali sono le regole di tali luoghi, per poter intervenire e dialogare con i clienti

reali e potenziali, al fine di progettare campagne di viral marketing e di social media marketing in grado di apportare benefici

economici e di immagine a destinazioni ed operatori turistici. (Litvins S. W., Goldsmith R. E., Pan B. 2008).

Per comprendere come sviluppare il proprio business attraverso il social media marketing e come interagire con le community online

che popolano i social media, si è ritenuto opportuno suddividere il capitolo in diverse sezioni in modo da approfondire differenti

argomenti correlati tra loro. Il primo paragrafo metterà le basi per comprendere l'origine del fenomeno dei social media, partendo

dalla teoria delle tribù di Michel Maffesoli e Bernard Cova (Cova B., Kozinets R.V., Shankar, 2007; Cova B., Cova V. 2002; Maffesoli

M., 1998). Il secondo paragrafo sarà dedicato a comprendere, grazie ad una bibliografia scientifica internazionale, le differenze tra il

passaparola o word of mouth spontaneo e il viral marketing, entrambi facenti parte del cuore strategico del social media marketing

ovvero il dialogo e la comunicazione tra clienti e aziende o DMO. Si passerà poi, nel terzo paragrafo, ad approfondire le implicazioni

pratiche del social media marketing, comprendendo chi sono gli utenti che utilizzano i social network e cercando anche di

approfondire come e perché utilizzare i social media nelle strategie promozionali, con quali vantaggi e quali competenze,

proponendo tre esempi concreti e operativi: gli hotel Sharaton e alcune pratiche di operatori del settore sui maggiori social network

quali Facebook e Twitter. Infine, nell'ultimo paragrafo, si darà una lettura nuova dei ritorni economici delle strategie di social media

marketing, proponendo le nuove modalità di misurazione qualitativa del ROI sostenute dai maggiori specialisti di web marketing

turistico.

1. La radice dei social media: le tribù

Per comprendere qual è la radice dei social media, ovvero di quei fenomeni sociali, community, social network e cioè di aggregazioni

di "sconosciuti" intorno a tematiche, passioni o brand ben precisi, i francesi Michel Maffesoli e Bernard Cova, tra i massimi esponenti

del marketing tribale, hanno provato a definirli come tribù. "Una tribù postmoderna (o neotribù) è un insieme di individui non necessariamente omogeneo (in termini di caratteristiche sociali obiettive) ma interrelato da un´unica soggettività, una pulsione affettiva o un ethos in comune. Tali individui possono svolgere azioni collettive intensamente vissute, benché effimere". (Cova B,

Cova V, 2002)

Bernard Cova, sostiene che oggi viviamo nell´era della post-modernità, caratterizzata da un estremo individualismo, "logico punto di arrivo della modernità, durante la quale si è perseguito in ogni modo l´affrancamento da tutti i legami sociali". (Cova B, Cova V,

2002) Di contro emerge però un altro fenomeno, ovvero il tentativo dell’individuo post-moderno di riaggregazione sociale e di

ristabilimento di legami sociali, sulla base di scelte emotive e passionali, dando così vita alle " tribù postmoderne", facendo nascere

nuovi valori che si oppongono a quelli dell´individualismo sfrenato: autenticità, vicinanza e localizzazione. Le neotribù teorizzate da

Cova svolgono proprio questo ruolo di riaggregazione sociale. Le tribù post-moderne sono però più effimere, fragili e instabili di

quelle tradizionali, ogni persona infatti può far parte di più tribù, in cui svolge più ruoli, e mantenere alto il livello di libertà e

autonomia. Una tribù è quindi un gruppo poco definito, aperto, è un’aggregazione momentanea di individui che, grazie ad emozioni

condivise e passioni comuni, istaurano dei legami comunitari.

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Le possibilità di interattività offerte dal Web 2.0 fanno si che moltissime di queste tribù nascano su Internet, dando luogo alla nascita

di social network, forum, blog, siti di video e foto sharing e piattaforme sociali diversamente combinate. La rete offre ad ogni singolo

individuo la possibilità di interagire con un numero enorme di utenti e di condividere con questi interessi comuni, sviluppando un vero

senso di appartenenza. Ma non solo: le comunità e le tribù virtuali hanno infatti la possibilità di dare vita, attraverso la loro azione, ad

un cultura partecipativa o ad un’intelligenza collettiva, facendo emergere la figura di quello che è stato definito prosumer. Il forte

impatto culturale delle comunità virtuali o social network, che si alimentano di contenuti generati da utenti, mette in luce il

"protagonismo" degli utenti che sono ora in grado di pubblicare conoscenza ed informazioni turistiche stabilendo, nel contempo,

legami amichevoli e relazioni sociali basate sullo scambio e condivisione di UGC (user generated content). La ricerca di Munar

(Munar A. M. 2010), dimostra infatti che molti dei siti sociali analizzati usano un linguaggio che incoraggia l'idea di comunità, di

condivisione: le persone non sono solo utenti o turisti, bensì amici (su Facebook), couchsurfers (su Couchsurfing) o esperti e membri

(su Worldreviewer). Questo porta a definire i social media prima di tutto come comunità formate da una rete di rapporti e legami

interpersonali e, solo in secondo luogo, dei canali di scambio di informazioni e opinioni che possono diventare degli strumenti di

marketing. I social media nascono infatti per creare uno scambio di legami sociali, uno scambio di informazioni e supporto, un senso

di appartenenza e di identità sociale. E sta proprio in queste sue caratteristiche la possibilità di intravedere nei social media anche

uno strumento di ricerca di informazioni, proprio perché i contenuti generati da altri utenti, spesso amici reali ma a volte anche solo

virtuali, sono ritenuti altamente credibili per le caratteristiche proprie delle persone che appartengono alla stessa comunità.

Le tribù postmoderne possono avere diversa natura, legata alla diversa passione che accomuna i vari membri: esistono comunità

formatesi intorno ad uno sport estremo, a una destinazione turistica, ad un hobby o in difesa dei diritti umani, così come possono

esistere tribù formatesi intorno ad un marchio o un prodotto.

Compito degli operatori turistici diventa quindi cercare di raggiungere i propri target attraverso questi luoghi sociali virtuali e

individuare le modalità più adatte per comunicare con queste persone. Alla base del marketing tribale, o in senso lato del social

media marketing, c’è la visione e il desiderio comunitario tipico della società postmoderna, in cui il prodotto o servizio turistico

diviene una sorta di totem intorno al quale una tribù si costituisce. Dal punto di vista del marketing, le tribù sono quindi dei gruppi di

consumatori che hanno qualcosa in comune, delle nicchie di mercato posizionate lungo la long tail, e l’obiettivo aziendale diventa

quindi quello di creare dei gruppi intorno a prodotti o destinazioni turistiche, o di supportare tribù già esistenti. Alla base di questa

nuova tipologia di "marketing sociale" non c'è però la vendita come punto focale, bensì i legami, le passioni e i valori interni alla

community. Come sottolinea il Manifesto di Cluetrain (Levine R., Locke C., Searls D., Weinberger D. 2000), i mercati oggi sono

conversazioni e occorre che le imprese parlino con i propri clienti utilizzando un nuovo registro, passando cioè da un discorso

commerciale ad un discorso non commerciale, volto ad instaurare e rafforzare i legami con il gruppo e tra gli individui del gruppo

stesso, aiutandoli a condividere le loro passioni, emozioni e legami sociali (Carciofi A.b 2010).

Sarà così possibile creare un gruppo coeso e fidelizzato a livello affettivo al marchio o prodotto. Attraverso la partecipazione attiva a

tali community sarà, inoltre, possibile il passaggio da una fase in cui è il marchio a sostenere la tribù, ad una fase attraverso cui la

marca o territorio cerca di “guadagnare” dalle tribù, fidelizzando e aggregando nuovi clienti mediante il passaparola spontaneo o

indotto. Infatti, in virtù della fiducia e fidelizzazione che tali comunità sono in grado di sviluppare, i clienti possono diventare i migliori

promotori, attraverso azioni di passaparola o di marketing virale (Riccione V., 2010)

2. Dal passaparola al marketing virale

Il passaparola o word of mouth nasce dalla semplice motivazione di condividere con la propria community, considerata una cerchia

di amici allargata a livello mondiale, emozioni, passioni comuni, elementi di soddisfazione, piacere o insoddisfazione. Elemento

chiave di questo passaparola sono uno o più opinion leader, utilizzatori attivi del web, impegnati nella ricerca di informazioni, nella

testimonianza di eventi o attività, nella loro trasposizione, interpretazione e commento, il tutto a favore di coloro che nel web cercano

informazioni "neutrali", magari da arricchire con ulteriori commenti e informazioni. Gli opinion leader sono appassionati, hobbysti o

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professionisti, di determinati settori, prodotti, destinazioni turistiche, e proprio per loro tale posizione di "esperti" ricoprono un ruolo

fondamentale nell'influenzare la propria community e coloro che ricercano informazioni. L'influenza interpersonale che il passaparola

genera, online si può moltiplicare a dismisura e divenire una delle fonti di informazioni più importanti durante tutte le fasi di un

viaggio, una sorta di nuova forma di mediazione nella creazione dell'esperienza turistica, che non rappresenta né l'industria turistica

né quella culturale, ma semplicemente le considerazioni delle persone circa l'esperienza turistica vissuta. I contenuti generati o

semplicemente inoltrati dagli utenti, diventano così focali:

nella fase pre-viaggio, nel momento in cui si ricercano informazioni utili a guidare le scelte di acquisto, gli UGC possono

consigliare la scelta giusta ma anche enfatizzare il ruolo della fantasia e dell'immaginazione nell'anticipare l'esperienza di

viaggio;

nella fase del viaggio, nel momento in cui si arriva a destinazione, grazie alle tecnologie internet mobile, si possono fare

foto e riprese da caricare sui social network preferiti, si possono vedere le recensioni di altre persone che hanno già

mangiato in un ristorante o soggiornato in hotel, si possono avere informazioni sugli itinerari fatti da altri utenti;

nella fase post viaggio, nel momento del rientro a casa, il turista può condividere la sua esperienza turistica, il suo livello di

soddisfazione o insoddisfazione, scrivendo post e recensioni, caricando video e immagini.

Questo mormorio, dialogo, word of mouth (Qualman E. 2009), passaparola, definito anche "buzz" (Rosen, E., 2000), è il risultato

aggregato del passaparola intorno ad un prodotto/servizio. Westbrook (Westbrook, R. A. 1987) ha descritto per primo il WOM in

modo "allargato", includendo "tutte le comunicazioni informali dirette ad altri consumatori sull'acquisto, uso o caratteristiche di un particolare bene o servizio o venditore". Il passaparola è quindi un processo che si autoalimenta grazie alla naturale trasformazione

dei destinatari in nuovi vettori del messaggio. A questo si aggiunge la definizione di Buttle (Buttle F. A. 1998) che, trasferendo il

concetto di WOM su Internet, ne evidenzia il suo cambiamento da esclusiva forma di comunicazione tra clienti a strumento di

comunicazione che coinvolge anche i produttori e le aziende, attraverso campagne di marketing virale. Si comprende così uno dei

principi cardine del marketing virale, ovvero la volontà manipolativa di utilizzare il passaparola spontaneo per scopi di business.

(Litvin S. W., Goldsmith R. E., Pan B. 2008)

L’espressione marketing virale è stata coniata da Jurvetson e Draper nel 1997 (Juvertson S., Draper T., 1997) e denota ogni

strategia che stimoli e incoraggi gli individui a trasmettere ad altri e a diffondere un messaggio, generando il potenziale per una

crescita esponenziale sia della notorietà che dell’influenza del messaggio stesso. L’utilizzo del consumatore come veicolo di

diffusione del messaggio rimanda a quella forma di pubblicità e di promozione per così dire naturale che è il passaparola o word of

mouth (WOM). La definizione “viral” fu coniata per descrivere il successo di Hotmail, fornitore di free mail, che in 18 mesi riuscì ad

assicurarsi 12 milioni di abbonati, con costi relativamente ridotti. Partendo dall'esempio di Hotmail, infatti, i due studiosi hanno notato

che gran parte del potere di Internet sta nella possibilità di ognuno di essere un editore: il risultato è un sovraffollamento di contenuti

e la conseguente difficoltà per il cliente a selezionare e processare tutte le informazioni ricevute, per cui la carta vincente degli

operatori innovativi è nel cercare di ottenere attenzione da parte del cliente attraverso strategie non convenzionali. Unendo a questo

assunto quello del passaparola, che funge da strumento in grado di ridurre la complessità informativa in quanto fonte di informazioni

filtrate e disinteressate che facilitano il processo di acquisto, si arriva a delineare il concetto di marketing virale. E proprio nel

marketing virale i due studiosi individuano una nuova strategia di promozione non convenzionale: "elevarsi al di sopra di molte voci richiede creatività. Urlare non è molto creativo. Creare un sito web e aspettare i clienti non è molto creativo. Piuttosto, le nuove imprese possono strutturare il loro business in modo da permettergli di crescere come un virus". (Juvertson S., Draper T., 1997).

Catturare l’attenzione dei potenziali turisti online attraverso il passaparola, o meglio attraverso il marketing virale, diventa una nuova

strategia di marketing più potente di una normale pubblicità perché coinvolge il consiglio di un amico, nonostante rimangano spesso

chiari gli intenti pubblicitari (Jurvetson S. 2000). Il marketing virale può quindi essere definito come una qualsiasi azione o attività che

stimoli le persone a passare un messaggio pubblicitario a conoscenti e amici; è sostanzialmente un’evoluzione del passaparola, ma

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se ne distingue per il fatto di avere un’intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna. Il principio del viral marketing si

basa sull’originalità di un’idea: qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce a espandersi molto velocemente

presso un determinato target.

Ma come si costruisce una campagna di viral marketing? Il primo ad aver modellizzato questa originale forma promozionale è stato

Ralph F. Wilson, di professione E-Commerce Consultant, che ne ha definito i principi in "The Six Simple Principles of Viral

Marketing", di seguito riportati (Wilson R. F., 2005):

• Offrire servizi e prodotti gratuiti o sconti, in modo da incentivare la diffusione del messaggio anche tra i più restii;

• Creare un messaggio facile da trasferire ad altri (amici e conoscenti), con tool incorporati, come ad esempio, "invia ad

un amico";

• Deve essere facilmente scalabile. Il metodo di trasmissione del “virus” si deve adattare rapidamente ad una risposta

ampia da parte delle persone, in quanto il messaggio si trasmette in modo esponenziale e rapido;

• Contiene motivazioni e comportamenti comuni ad un target di persone, quindi si deve creare un messaggio originale

e coinvolgente, che deve colpire l'utente;

• Utilizza le reti di comunicazione come i Social Network, proprio perché è qui che si aggrega un numero sempre

maggiore di utenti e, quindi, di potenziali consumatori;

• Approfitta delle risorse degli altri, basti pensare al caso eclatante di Hotmail. Si è infatti avuta la brillante idea di

allegare ad ogni e-mail inviata tramite Hotmail il messaggio: "PS: Get your free e-mail account at

http://www.hotmail.com". Ogni mittente consigliava, involontariamente, al destinatario di ottenere un servizio gratis di

e-mail presso Hotmail ed è così che il fondatore si ritrovò con più di 12 milioni di abbonati (Kornfeind A., 2007).

Dai principi base del viral marketing si può comprende che questo strumento promozionale non mira ad imporre il prodotto ai

consumatori ma piuttosto ad indurre i consumatori a farsi testimonial del prodotto/servizio. L'obiettivo non è quello di realizzare una

vendita diretta, ma è quello di relazionare positivamente il proprio marchio con un potenziale cliente. (Mirri A., 2005). Pertanto i

ritorni economici, di notorietà e immagine di una vera campagna di comunicazione virale non è completamente pianificabile a priori,

proprio perché non si può sapere se il messaggio avrà un effetto virale e se coinvolgerà un alto numero di utenti (Lalli M., 2008).

Non è cosa facile far si che gli utenti inoltrino il messaggio ad altre persone, innescando un meccanismo di diffusione ampia e

veloce, una diffusione virale appunto. Cosa spinge dunque gli utenti a prender parte ad una community di un brand e a diffondere

messaggi virali o un passaparola positivo?

Uno studio pubblicato da Tourist Management (Casaló L. V., Flavián C., Guinalíu M, 2010) vuole spiegare l'intenzione dei

consumatori a partecipare all'interno di questi gruppi e il legame che esiste tra la volontà partecipativa e l'intenzione di acquisto e

l'intenzione di raccomandare l'azienda o la destinazione turistica, diffondendo i suoi messaggi virali. Tra i fattori che influiscono

maggiormente nell'intenzione a partecipare ad una community online c'è l'utilità percepita, la facilità d'uso, l'identificazione nei

prodotti, servizi o valori aziendali, il controllo comportamentale percepito e l'attitudine personale alla partecipazione e condivisione.

Lo studio conferma inoltre che la volontà di partecipare ad una community ha effetti positivi per l'azienda che la ospita, proprio

perché i partecipanti sono più propensi ad acquistare beni e servizi ma soprattutto a raccomandare l'azienda, divenendo facilmente

clienti advocate o evangelisti, ovvero dei veri e propri promoter. Alcune raccomandazioni per motivare una maggiore partecipazione

delle community al fine di spargere messaggi virali, vengono dai ricercatori, come conclusione della loro ricerca:

l'intenzione a partecipare dipende soprattutto dall'utilità e dalla facilità d'uso della piattaforma sociale, pertanto occorre

incrementare contenuti utili e pertinenti, magari con sconti o promozioni riservate che, unite ad un linguaggio adatto e a un

design dal facile utilizzo, possono facilitare la partecipazione di un alto numero di utenti.

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l'identificazione di comuni passioni e valori, che sono il fulcro portante della community, è indispensabile per creare un

gruppo stabile e dai forti legami sociali, con un'identità condivisa tra utenti e con l'azienda che ospita il gruppo. E' quindi

importante anche promuovere eventi e occasioni intorno alle quali incontrarsi, anche solo in modo virtuale.

la promozione della community attraverso diversi strumenti online, come blog e siti web con alto traffico (Casaló L. V.,

Flavián C., Guinalíu M, 2010)

3. Implicazioni pratiche

Gli strumenti di Web 2.0 hanno grande impatto nel settore turistico, visto il crescere dei social network e la loro capacità di

influenzare il processo di pianificazione e scelta di una vacanza. Numerosi studi hanno infatti dimostrato la forte influenza dei social

media nel comportamento del consumatore (D. Buhalis 1998; A. Poon 1993) e, di conseguenza, nell'immagine e nelle strategie di

marketing degli operatori turistici (R. V. Kozinets 1999; Y. Wang, D. Fesenmaier 2002; Miguéns J., Baggio R., Costa C. 2008).

L'importanza strategia dei social media nella promozione è dimostrata, tra gli altri, da due studi internazionali: il primo si focalizza sui

motori di ricerca e sulla misura in cui i social media sono rappresentati nei risultati dei motori di ricerca, aiutando gli operatori del

settore presenti su tali canali sociali, a posizionarsi sui motori di ricerca. Il secondo studio si focalizza invece sulle capacità

promozionali insite nel WOM, che vede nei social media il luogo privilegiato di scambio e diffusione di contenuti e informazioni. I

risultati della promozione tramite il passaparola vengono messi a confronto con quelli della classica pubblicità a pagamento su

Internet, mostrando come il WOM è uno strumento eccellente per le promozioni a breve termine. I due studi sono stati scelti come

case study esemplificativi di come una corretta strategia di social media marketing può portare effetti promozionali e di visibilità

online importanti.

La prima ricerca (Xiang Z., Gretzel U. 2010) investiga la misura in cui i social media sono rappresentati nei risultati dei motori di

ricerca nel contesto di ricerche relative ai viaggi. I risultati evidenziano che i social media rappresentano una parte notevole del

totale dei risultati di ricerca, dimostrando di essere "search engine friendly", proprio perché alcune delle preferenze dei motori di

ricerca, che si traducono in un migliore posizionamento1, si indirizzano verso informazioni generate da turisti, verso siti aggiornati

frequentemente e verso contenuti che presentano numerosi link a fonti esterne, tutte caratteristiche proprie dei social media. Tra i

10.383 risultati della ricerca di Google, ben 1150 sono identificabili come social media, suddivisibili come nel grafico sottostante in

social network, siti di media sharing, blog, comunità virtuali e siti di recensioni.

Figura n. 4 Rappresentazione grafica dei risultati di ricerca di Google (Xiang Z., Gretzel U. 2010)

1 Per posizionamento si intende un insieme di strategie che hanno l'obiettivo di migliorare la posizione di un sito web nei risultati delle ricerche dei motori di ricerca. I siti posizionati tra i primi risultati hanno più visibilità e, di conseguenza, un numero maggiori di visite. L'obiettivo principale delle strategie di posizionamento è aumentare la visibilità di un sito web per quelle parole chiave (o meglio combinazioni di termini) che riguardano l'attività del sito stesso.

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La ricerca ha però evidenziato che, già come accade con altri siti web, anche per i social media si presentano delle ripetizioni di

medesimi domini nelle diverse pagine dei risultati di ricerca. Nello specifico si sono registrati solamente 335 domini unici su 1150

risultati che indicano un sito social media. Siamo di fronte a un piccolo numero di siti che formano il nucleo dei social media

rappresentati da Google e a un significante e ben più ampio numero di altri siti di social media che sono rappresentanti solamente

una o due volte nei risultati di ricerca. In altre parole i social media rappresentati da Google sono dominati da una manciata di big

player.

Il secondo studio preso in esame (Baggio, R. , Cooper, C., Scott, N., & Antonioli Corigliano, M. 2009) si concentra invece sugli effetti

promozionali del WOM messi a confronto con quelli delle pubblicità a pagamento su Internet. I risultati dimostrano importanti

differenze tra le due tipologie promozionali. L'effetto della pubblicità è infatti strettamente connesso sia all'intensità con cui il

messaggio pubblicitario viene visualizzato sul web, sia alla coesione del gruppo target. Una bassa coesione della community porta

infatti ad una randomizzazione delle opinioni del gruppo stesso e, di conseguenza, ad una bassa efficacia degli sforzi pubblicitari,

come dimostra il grafico sottostante.

Figura n. 5 rappresentazione grafica della diffusione di un messaggio promozionale tramite PPC (Baggio, R., Cooper, C., Scott, N.,

Corigliano A. M. 2009)

La simulazione della promozione attraverso il passaparola (WOM) porta invece ad una rappresentazione grafica del tutto diversa,

come dimostra l'immagine sottostante.

Figura n. 6 rappresentazione grafica della diffusione di un messaggio promozionale tramite passaparola (Baggio, R. , Cooper, C.,

Scott, N., Corigliano, A. M. 2009)

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In questo caso, in un arco temporale breve, il numero di persone raggiunte dall'informazione è molto alto (74%). Altrettanto

velocemente, però, il numero di persone che entrano in contatto con il messaggio virale diminuisce. L'intensità del passaparola in

questo caso non dipende dall'azienda promotrice, ma solo ed esclusivamente dall'interesse della community e dalla portata della

rete sociale connessa a tale community.

Mettendo a confronto i due grafici si evidenzia la maggiore efficacia del WOM nel breve termine, ma non nel lungo termine.

Raggiungere i medesimi risultati in poco tempo con la pubblicità richiederebbe infatti uno sforzo economico maggiore e una buona

coesione della community.

Vista l'importanza che i motori di ricerca dedicano ai social media e le potenzialità promozionali del WOM e, di conseguenza, la loro

capacità di indirizzare scelte e acquisti, risulta importante per gli operatori del settore e destinazioni turistiche prendere parte a

questa "conversazione online", comprendendone appieno le regole non scritte del dialogo e trasparenza. Quali sono dunque gli

effettivi vantaggi che un operatore turistico può trarre dalla sua presenza sui social media?

1. ascolto e dialogo: la comunicazione con il cliente. Il social media marketing è l'arte di far crescere una conversazione

intorno a una marca, prodotto o destinazione, in modo che tale comunicazione venga condivisa da una vasta community e

diffusa tra nuovi utenti (Carciofi A.c 2010). Cambia la prospettiva comunicativa attraverso i social media: dalla

comunicazione si passa alla conversazione, emerge come fattore chiave di successo il dialogo, l'ascolto e l'interagire

attivamente con la propria community, al fine di ottenere credibilità, fiducia e fidelizzazione che possono portare, in ultima

istanza, ad un aumento delle vendite e della conoscenza dei prodotti o servizi venduti. I consumatori vedranno così

soddisfatto il desiderio di essere ascoltati e potranno così divenire dei potenziali prosumer e promoter dell'azienda o

destinazione (Parise S., Guinan P. J. e Weinberg B. D, 2009).

2. marketing virale e passaparola. Creare una community partecipata, come detto nel punto 1, ha come scopo primario non

la vendita ma la creazione di un gruppo di clienti attivi, i cosiddetti clienti brand advocate, quelli che spingono il

passaparola spontaneo positivo sul prodotto o destinazione e sono disposti ad inviare messaggi virali alla propria cerchia

di amici. Come sottolineato anche da Attardi, direttore e-commerce per B.F. Saul Company’s Hotel Division, durante

un'intervista a VFM Leonardo, sono proprio i clienti-advocate i migliori promotori perché sono più credibili agli occhi di altri

potenziali clienti, in quanto non direttamente coinvolti in interessi commerciali (VFM Leonardo 26 Ottobre 2009)

profilazione del target. I social network riescono a far ottenere una panoramica sulla tipologia di clienti interessati alla

destinazione o a un prodotto turistico, ottenendo così una fotografia puntuale dei target. Proprio sulle piattaforme sociali è

possibile leggere le recensioni degli utenti, i loro desideri, ciò che gradiscono e ciò che non gradiscono del servizio o

destinazione turistica. Ascoltando ciò che i turisti hanno da dire si potenzierà la capacità di creare valore, individuando con

più facilità e in minor tempo i bisogni dei consumatori.

3. creazione nuovi servizi e prodotti. Gli utenti più attivi di una community sono spesso degli appassionati di un brand,

prodotto o destinazione e ne conoscono tutti gli aspetti meno noti. La partecipazione parte dal basso, c'è l'esigenza di non

essere più solo spettatori passivi e dunque questa nicchia di utenti non si limita ad ascoltare i messaggi pubblicitari, ma

posta commenti, inoltra messaggi virali, partecipa a diverse community ma soprattutto si trasforma in un turista prosumer,

in grado di migliorare o re-inventare servizi e prodotti turistici.

4. brand reputation e costumer care. Le opinioni condivise sui social media tra più utenti hanno un influente ruolo nelle

decisioni di acquisto, basti pensare all'importanza crescente di TripAdvisor. Monitorare le conversazioni online e

rispondere sia alle recensioni lusinghiere che a quelle maggiormente critiche significa, da una parte, dare ascolto alle

esigenze dal turista sviluppando un servizio di costumer care online, dall'altra parte risulta essere uno strumento utile a

monitorare la propria brand reputation, capendo cosa le persone dicono di una destinazione o operatore turistico e

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cercando di porre rimedio ai disservizi.

5. fidelizzazione ed "engagement". Utilizzare i social network come strumenti per comprendere i propri clienti e fidelizzarli,

grazie ad una comunicazione continua nel tempo anche nella fase post-acquisto, grazie alla proposizione di prodotti

personalizzati, o a iniziative dedicate ed esclusive, sconti particolari, concorsi su foto e video girati nella destinazione

turistica. Esistono numerose e svariate iniziative possibili grazie ai social media, di cui si è voluto dare solo un breve

elenco non esaustivo, che permettono di instaurare una relazione con il cliente duratura ma soprattutto coinvolgente a

livello emozionale, confidenziale, amichevole.

6. aumento delle vendite. I social media facilitano l'incontro tra domanda e offerta e l'imponente disponibilità di informazioni

scambiate tra clienti e azienda permettono di avere una panoramica più ampia di una destinazione o operatore turistico,

aumentando la propensione all’acquisto e percependo un rischio di acquisto più basso. Si tratta però di obiettivi

raggiungibili solo nel lungo periodo e con molto impegno, costruendo giorno dopo giorno un dialogo e un'intesa unica con

la propria community di clienti. (BOX n. 4)

BOX n. 4

Facebook Marketing: Case History Sardegna Grand Hotel Terme (Alessandro S. 2010)

Paolo Bartolozzi, consulente Grand Hotel Terme Sardegna, ha illustrato la sua strategia promozionale su Facebook, dalle azioni

poste in essere fino ai risultati ottenuti. Di seguito si riporta un sunto della sua testimonianza.

Il rifacimento del sito è stato uno dei primi passi per avere a disposizione uno strumento che mi permettesse di indicizzare bene,

secondo i più recenti criteri SEO, le offerte di questo albergo. Inoltre ho creato a novembre 2009 la pagina aziendale su Facebook

che ho è stata integrata nel sito. Poi ho fatto includere un link alla nuova pagina Facebook su tutte le email e le comunicazioni in

uscita dall'albergo. Infine, per dare un impulso iniziale ho attivato una campagna pubblicitaria su Facebook (Facebook ADS) che ha

generato circa 1500 utenti. La campagna è stata mirata a donne, con età compresa tra 25 e 54 anni, ovvero colore che decidono

dove fare una vacanza benessere, su aree geografiche specifiche che sono i bacini di utenza naturali. Di seguito il grafico relativo.

Figura n. 7 statistiche Facebook relative alla pagina in analisi

Fin dall'inizio si è adottato uno stile "informale" di comunicazione, assicurando risposte rapide ad ogni intervento degli utenti. Tutti gli

utenti possono postare quello che vogliono, tranne link, e non abbiamo quasi mai esercitato una qualche forma di "censura",

soprattutto a fronte di commenti negativi o critiche. Settimanalmente ci sono sempre nuovi nostri post che comunicano pacchetti,

eventi ed altre iniziative. Inoltre si è inserito un modulo che permette di prenotare direttamente online da Facebook. Tutte le

prenotazioni che provengono da Facebook sono discriminabili grazie a dei codici e landing pages specifici. Pertanto anche il

fatturato "diretto" generato da Facebook è conosciuto in modo trasparente.

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I risultati: Facebook genera circa 1500 click al mese verso il sito www.termesardegna.it (circa 20.000 visitatori / mese), diventando il

primo sito di riferimento. Ogni 100 click da Facebook verso il sito si riceve una prenotazione dal sito e ogni 250 visite su Facebook

una prenotazione diretta dal modulo di prenotazioni online montato sullo stesso.

Ritengo inoltre che il vero segreto nell'avere successo con Facebook sia nella costanza e nell'omogeneità della comunicazione. Se

si hanno costantemente storie interessanti, se si riesce a mantenere sempre alto l'interesse si riesce a costruire una comunità

attenta e partecipe. Infine posso dire che Facebook rappresenta per noi il nostro miglior biglietto da visita, in quanto qualsiasi utente

può vedere centinaia di post da parte di clienti soddisfatti

4. Vincoli e opportunità: conversazione e ROI (Return on Investment) nei social media

Partendo dal già citato assunto "i mercati sono conversazioni", anche il mondo del turismo online diventa sempre più sociale e con

questi presupposti le aziende iniziano ad affrontare la loro presenza sul web. La comunicazione da unidirezionale diventa interattiva

e la "socialità" emerge come un fattore determinante di successo. (Maresca A.h, 2008). Questo richiede un cambio di visione

manageriale: da un modello tradizionale, che si basava su una comunicazione autoreferenziale, occorre passare ad un modello

relazionale, che si basa su un dialogo interattivo. Nel suo libro “Marketing to the Social Web”, Larry Weber afferma che

“comprendere il mercato del social web richiede di imparare un nuovo modo di comunicare con l'audience nell'ambiente digitale. Invece di continuare ad essere broadcaster, gli uomini di marketing dovranno diventare aggregatori di comunità di clienti. Invece di parlare ''ai'' clienti, i marketer dovranno parlare ''con'' i clienti. E il social web e' la via più efficiente per poterlo fare su larga scala. Il social web e' il luogo on line dove persone con interessi comuni si riuniscono per condividere pensieri, commenti e opinioni” (Weber

L., 2007). Larry Weber mostra come il Web 2.0 possa essere una grande opportunità per le aziende del settore, ma anche che sono

richieste nuove competenze comunicative per utilizzare correttamente gli "strumenti sociali" messi loro a disposizione da Internet. Le

potenzialità del settore chiaramente sono enormi, ma a volte poco sfruttate come dimostra un white paper diffuso da i360 (360i

White Paper 2010), web agency statunitense, dal titolo “Twitter & the Consumer: Marketer dynamic, condotto su circa 2.000 tweet

pubblicati tra ottobre 2009 e marzo 2010, mostra come maggiore risultato la discrepanza tra il comportamento degli utenti e quello

delle aziende (BOX n 4). La ricerca ha infatti evidenziato che gli utenti conversano mentre le aziende parlano, mantenendo un

approccio comunicativo e non conversazionale, imponendo messaggi dall'alto senza avere la capacità di intavolare un dialogo

continuativo con il cliente. Senza un dialogo di base, infatti, non si crea una community pronta ad ascoltare le offerte o messaggi

promozionali e a diffonderli tra la propria cerchia di conoscenti (Booking Blog4 2010)

BOX n 5

Twitter per la promozione turistica (360i Research, 2010; Menale S. 2009)

Lo studio di i360 si pone come obiettivo quello di capire chi sono le persone che usano Twitter e in che modo lo usano, al fine di

dare degli spunti utili alle aziende che vogliono intraprendere il loro cammino sociale e creare una profonda connessione con i propri

consumatori.

Alcuni dati emersi dallo studio:

più del 90% dei tweet vengono dai clienti

solo il 12% dei tweet menziona un brand

Il 43% dei tweet dei consumatori è conversazionale (presentano in apertura il simbolo @ che indica una risposta ad un altro

utente).

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Solo il 12% dei tweet delle aziende dimostra di essere parte di una conversazione con i consumatori

Solo l’1% dei tweet contenenti il nome di un brand rappresentano una conversazione tra utente e azienda

3 tweet su 4 da parte di un’azienda contengono informazioni o news sull’azienda stessa

Questi dati dimostrano un utilizzo di Twitter e dei social network in senso lato, per motivi personali, per cercare informazioni e

condividerle con il proprio network di amici, per incontrare nuove persone con interessi similari. In sostanza il motivo principale per

prender parte a Twitter è conversare con un'altra persona, come dimostra il grafico sottostante.

Figura 8 tipologia di twitt

L'analisi dei contenuti dei tweet di consumatori e aziende dimostra un utilizzo del medium in un modo completamente diverso. Circa

il 90% dei tweet contenenti il nome di un brand sono realizzati dai consumatori. In gran parte si tratta di condivisione di informazioni

sul brand (43%) o opinioni sull'acquisto o l'interazione con il brand, rispettivamente il 21% e il 35% dei tweet. In generale si tratta di

opinioni informative e, dunque, neutrali (82%); solo l'11% delle opinioni riflette un sentimento positivo e il 7% uno negativo. Il dato

sorprendente è che solo l'1% dei tweet su un brand riflette una conversazione tra cliente e azienda, come dimostra il grafico

sottostante, sottolineando cioè che le aziende non riescono ancora a sfruttare a pieno le potenzialità di Twitter, non sono ancora

capaci di “sintonizzarsi” con gli utenti.

Figura 9 perché le persone menzionano i brand?

Un'ulteriore conferma della mancanza di relazionalità tra le aziende presenti su Twitter, viene dall'analisi dei contenuti postati dai

diversi brand presi in analisi. La maggior parte dei tweet, il 75%, riguarda infatti informazioni autoreferenziali dell'azienda, come

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dimostra il grafico sottostante. Le conversazioni con gli utenti o altri brand rappresentano una minima parte dei contenuti pubblicati

su Twitter, insieme alle informazioni personali. Anche le iniziative promozionali, come i codici sconto, rappresentano una piccola

percentuale, il 2%, mentre le ricerche sopra riportate indicano come motivazione principale nel seguire un brand la possibilità di

accedere ad offerte esclusive e sconti, mostrando un ulteriore disallineamento tra clienti e aziende.

Figura 10 tipologia di twitt scritti da brand e aziende

Gli operatori turistici e DMO potrebbero beneficiare da nuove modalità di coinvolgimento dei consumatori attraverso un tono

conversazionale, ad esempio ponendo domande, invitando i clienti a rispondere, a postare commenti. Incoraggiare e prender parte

al dialogo con i clienti può inoltre incoraggiare più re-tweets ovvero la diffusione di un messaggio attraverso il passaparola, ovvero

quello che è stato fin qui definito anche marketing virale, al fine di favorire la conoscenza e la promozione del brand.

Al fine di dare delle indicazioni applicative e di business, sono stati raccolti alcuni esempi eccellenti che dimostrano la capacità di

usare i social media nel campo turistico, e in particolar modo Twitter e Facebook. Ma prima di illustrare tali case study, è opportuno

spiegare qual è la funzionalità e la struttura di Twitter e Facebook, due dei maggiori social network internazionali.

Twitter nasce dall'idea di creare un social network fondato su conversazioni della lunghezza di un SMS: 140 caratteri. Twitter

(tradotto dall’inglese “Cinguettio”) è un servizio di micro-blog sociale che consente a singoli utenti di pubblicare i loro ultimi

aggiornamenti e di poterli condividere.

Lo scopo di Twitter è quello di comunicare in tempo reale cosa si sta facendo in un determinato istante. C’è chi lo usa quindi per

raccontare la sua giornata o per segnalare link o foto e video interessanti.

Twitter è un ottimo strumento per farsi conoscere e fare promozione e inoltre consente di indicizzare sui principali motori di ricerca le

pagine di sito il cui link è riportato nei tweet

Lo sforzo al cambiamento, verso una prospettiva interattiva, richiede impegno e risorse umane. Uno degli argomenti più dibattuti dai

professionisti del settore risulta essere il ritorno a tali sforzi e investimenti nei social media. Esiste concretamente un ROI per il social

media marketing? Per avere una panoramica sugli effetti ritorni del social media marketing verranno di seguito presentate alcune

definizioni e prospettive pratiche di misurazione del ROI2 (Return on Investment) proposte dai maggiori studiosi e consulenti di social

media marketing e web marketing.

2 Per ROI si intende letteralmente il Return On Investment, un termine che indica il rapporto tra quanto si investe in un progetto e il ritorno economico dello stesso. Il risultato è una percentuale (positiva o negativa) che indica quanto si è guadagnato (o perso) da una specifica azione. (Lalli M.)

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Claudio Vaccaro, autore del blog Socialware nonché web marketing & social media specialist, spiega quale sia l'effettivo ROI delle

azioni di social media marketing. La teoria di Vaccaro si contrappone alla visione aziendale che considera i social media un modo

per vendere di più e senza importanti investimenti, sfruttando nel contempo il potenziale virale di tali community. Dalle parole dello

studioso si evince che il social media marketing è un nuovo modo di fare promozione online, al fine di acquisire reputazione e

fidelizzazione, ma anche aumentare il traffico sul sito web ufficiale. Tali azioni, nel lungo termine, se ben gestite, portano anche ad

un aumento delle vendite e una riduzione dei costi in pubblicità online (keyword, display, mailing) e dei costi per acquisizione del

cliente, aumentando nel contempo la reputazione aziendale o di una destinazione. Tutto questo ha però costi di tempo e denaro, e

garantisce una riuscita positiva solo con l'attivazione di un dialogo aperto, interattivo e continuativo con il cliente. Da un'azione

correttamente progettata ed eseguita ci si può aspettare:

aumento in brand equity3 e fidelizzazione

aumento della notorietà del brand

aumento della soddisfazione dei clienti

customer care più efficiente

aumento delle vendite

informazioni in tempo reale sui/dai clienti

public relations più efficaci

azioni mirate e rilevanti, riducendo così i costi

Il ROI del social media marketing si prospetta quindi diversificato e non riconducibile esclusivamente all'aumento delle vendite. Uno

studio pubblicato da Bookin Blog (Booking Blog5 21 maggio 2010), conferma infatti che Facebook e gli altri social network non

saranno comunque in grado di sostituirsi a Google nel processo di ricerca online, né tanto meno come strumento di pianificazione

per viaggi e vacanze Questo perché i social network non sono considerati dagli utenti la prima scelta a cui affidarsi quando si vuole

pianificare un viaggio. I canali preferiti dagli utenti per questo scopo restano infatti i motori di ricerca (Google, Yahoo!, Bing), seguiti

dai meta-motori (tipo Kayak.com) e dalle OTA. Si conferma così che l'obiettivo primario da porsi attraverso i social network non è la

vendita, che avviene in maggior parte attraverso altri canali. Dallo studio emerge invece che i social network sono utilizzati per

chiedere consigli e pareri alla propria rete sociale su eventuali destinazioni o esperienze di viaggio, configurando tali community

come il miglior luogo in cui farsi conoscere instaurando il dialogo con il cliente al fine di fidelizzarlo. Lo studio arriva a tali conclusioni

analizzando i case studies proposti da QNT Hospitality e HeBS, che mostrano come Google e gli altri motori di ricerca rimangono la

principale fonte di revenue per gli hotel, mentre il contributo di Facebook e dei social network, sempre in termini di revenue, risulta

decisamente inferiore, come mostra il grafico sottostante.

CASE STUDY A: “Quanto i motori di ricerca influiscono su visite e revenue del sito web dell’hotel”

Tipo Struttura % visite sito web % revenue sito web

Hotel 4 stelle Roma centro 68,43 % 65,58 %

3 l’effetto differenziale che la conoscenza del brand esercita sulle risposte dei consumatori alle azioni di marketing dell’impresa (Keller K. L., 1998)

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Hotel 5 stelle lusso Firenze centro 67,18 % 77,90 %

Hotel 4 stelle Milano centro 79,29 % 64,09 %

Wellness hotel 4 stelle Lago di Garda 48,80 % 48,09 %

Hotel 4 stelle Taormina 92,06 % 96,78 %

Hotel 3 stelle Firenze 65,79 % 55,18 %

Hotel 3 stelle Rimini 83,19 % 90,14 %

Figura n. 11 Traffico verso i siti web proveniente dai motori di ricerca

CASE STUDY B: ” Quanto Facebook contribuisce al revenue del sito web dell’hotel”

Tipo StrutturaN. Fan su

Facebook

Tot. revenue del Sito Web

(da Gennaio 2009)

Tot. entrate da Facebook

(da Gennaio 2009)

% di revenue proveniente

da Facebook

Wellness Resort 4 stelle

Lago Maggiore (*)1038 € 576.000 € 156 0,04 %

Full-service Gofl & Spa

Resort in Florida (**)1703 $ 1.252.900 $ 739 0,06 %

Boutique Luxury Hotel in

California (**)641 $ 1.965.031 $ 915 0,05 %

Figura 12 Traffico verso i siti internet proveniente da Facebook

Come si può notare dai grafici, sebbene la presenza su Facebook apporti traffico al sito dell’hotel, la quantità di revenue generata

dal social network risulta essere davvero minima rispetto al fatturato totale del sito web. Ciò non significa che la presenza sui social

network non apporti benefici economici agli operatori turistici, ma semplicemente che le azioni di social media marketing necessitano

di essere misurate diversamente per comprenderne l'effettivo ROI. Lo studio suggerisce infatti di spostare l’attenzione dal revenue e

dalle prenotazioni, ovvero le metriche comunemente utilizzate per misurare il ROI, e focalizzarsi su altri obiettivi come fidelizzazione

e coinvolgimento della clientela e aumento della brand reputation. Si ipotizzano dunque le seguenti misurazioni del ROI:

1. Coinvolgimento degli utenti:

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Quantità e qualità di commenti e feedback lasciati dagli utenti

Quantità di “mi piace” ricevuti sui post

Quantità di conversazioni iniziate dai fan sulla pagina Facebook

2. Statistiche dei Fans:

Quanti dei fans hanno effettivamente prenotato?

Di quanto crescono in percentuale i fans?

Caratteristiche dei fans: età, sesso, provenienza, per comprendere se sono il linea con il target di riferimento

3. Statistiche della Fan Page:

Numero di visite

Andamento del numero di visite nel tempo

4. Statistiche delle iniziative su Facebook:

Crescita dei fans in base al lancio di particolari iniziative (quiz, contest, giochi, ecc.)

5. Statistiche del sito ufficiale:

Numero di visite provenienti dalla Fan Page e da Facebook in generale

Prenotazioni ricevute, revenue generato, numero di visite generate da display advertising (banner a pagamento)

Si evince che la misurazione dell'impatto delle azioni di social media marketing va misurata in modo qualitativo e non quantitativo

(Pontone D. 2010) Partendo da questi presupposti in molti preferiscono ri-concettualizzare il termine ROI, proponendone nuove

letture, come "Return On Information" o "Return On Influence", o addirittura ROE ovvero "Return On Engagement".

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Capitolo quinto

Video Web Marketing

-purpose: delineare le caratteristiche socio-culturali e manageriali del video web marketing (Vwm) all’interno di una riflessione

generale su immagine e media turistici e proporre un position paper sulle sue potenzialità nel rinnovare la comunicazione delle

imprese e delle destinazioni turistiche;

-metodology: analisi della letteratura scientifica sull’uso dell’immagine nel marketing e nella comunicazione turistica, profilo sociale

degli utenti che inseriscono e guardano video on line, interviste ad alcuni esperti internazionali (opinion leader) di video online,

valutazione di alcune case study

-findings: il Vwm è una conseguenza della centralità del turista ‘oculocentrico’ come decision maker nella scelta dei servizi

turistici (consumer2business) mentre le soluzioni business to consumer (b2c), descritte nell’articolo, sono efficaci se facilitano

l’esplorazione visuale del prodotto e dei luoghi da parte del turista oculocentrico

-research limitation: il fenomeno è agli inizi, per cui lo studio descrive un trend e delinea un nuovo modello di business, ma

occorrono altri studi e ricerche per comprendere le ulteriori implicazioni socio-culturali e le ulteriori soluzioni manageriali del Vwm;

-pratical implication: viene presentato un webinar che spiega come produrre, mostrare e diffondere un video turistico, in sintonia

con i risultati dello studio, per accompagnare gli operativi nel nuovo modus operandi;

-originality/value: l’approccio sociologico al Vwm fa emergere che per conoscere il trattamento delle immagini nei new media,

occorre conoscere i turisti come persone ‘oculocentriche’ e poi procedere con innovazioni organizzative per rendere profittevole le

connessioni intermittenti tra turista e azienda

-keywords: video e foto online, community, effetto virale, video sharing, social media, oculocentrismo, video web marketing

5.1 Introduzione. Immagine e comunicazione turistica: dalla fotografia ai video on lineIl turismo moderno, cioè il viaggio organizzato in modo industriale, sin dalle sue origini a metà dell’Ottocento, si è sviluppato in

contemporanea con le industrie della cultura visiva, a cominciare dalla fotografia (Costa, 2003; Crouch e Lubbren 2003;

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Lenmann, 2003; Crawshaw e Urry, 1997; Urry, 1990; Crazy, 1990).

La Gran Bretagna è la prima nazione in cui si è istituita tale connessione . E’ stata utilizzata ampiamente già dal primo tour operator,

Thomas Cook, per illustrare i cataloghi di viaggio con disegni e poi foto, con finalità chiaramente seduttive, oltre che informative, e

poi dalle aziende editoriali, che hanno commercializzato le guide turistiche per facilitare l’accesso ai luoghi che ‘dovevano’ essere

visti, ma anche come souvenir o ricordo di viaggio (cartoline illustrate) per connettere il turista con amici e parenti rimasti a casa

(Lofgren, 2001).

La commercializzazione su larga scala della macchina fotografica, allo scopo di celebrare i luoghi e la presenza di amici e familiari,

ha trasformato lo strumento in protesi tecnologica che celebra anche il protagonismo del turista. E’ diventata un elemento distintivo

della sua rappresentazione stereotipata a livello di immaginario collettivo: non c’è turista senza macchina fotografica a tracolla,

vestito in modo informale e pronto a scattare foto, giudicate dagli intellettuali ‘critici’ come soggetti banali, superficiali, fruitori di

pseudo-eventi (Boorstein, 1964, è il più ironico ma è anche sprezzante) all’interno di una più ampia reazione della cultura europea

nei confronti dell’immagine riprodotta industrialmente e poi della televisione. L’immagine è sospettata di non veicolare valori

profondi perché fruibile senza aver studiato oppure perché utilizzata per manipolare le coscienze dai pubblicitari e dai ‘fabbricanti di

vacanze’. La denigrazione della visione turistica ha dato luogo al fenomeno dell’anti-turismo, assimilando il significato del termine

ad un viaggiatore effimero. L’anti-turismo è un aspetto di un più diffuso rifiuto della cultura visiva e della sempre più pervasiva civiltà

delle immagini da parte di letterati, filosofi e intellettuali impegnati a difendere l’Alta cultura contro la cultura di massa (Boinsenvain,

1996, Buzard, 1993). In realtà, la valutazione critica del turista esprime l’effetto snob degli intellettuali (descrive la politica e la

poetica del gusto da parte degli intellettuali) e poco o niente ci dice sulle connessioni tra sguardo turistico e tecnologie visuali.

Si tratta di un percorso di convergenza tra sguardo del turista ‘moderno’ e la ‘modernità’ dell’essere turisti che ha generato, secondo

Urry (1990) due tipi di sguardo: il romantico, che eleva la solitudine dei luoghi e ne celebra la trascendenza, e il collettivo, che

espone le folle ed è tipico del turismo di massa industriale. Entrambi strutturano il modo di vedere e di apprendere la realtà mediate

dalle immagini create dalla ‘moderna’ cultura turistica del ‘corretto’ modo di vivere e praticare le vacanze. Lo sguardo romantico

diventa, storicamente, un veicolo per imprenditori del ‘piacere’ e per i pubblicitari con lo scopo di vendere beni di largo consumo, tra

cui il package tour dello sguardo collettivo. I due sguardi sono quindi distinti ma inter-connessi.

La fotografia svolge una funzione emotiva che, molto di più dell’informazione illuministoico-razionale, diventa una risorsa

commerciale per incidere sulla scelta di un viaggio in alternativa ad un altro proposto dalla concorrenza.

Il Grand Tour è caratterizzato dalla narrazione scritta, sia con finalità scientifiche per descrivere luoghi e persone visitate

inizialmente con finalità di conoscenza scientifica, poi per esaltare romanticamente le emozioni dei viaggiatori davanti al sublime

spettacolo della natura o la nostalgia sprigionata da un’area archeologica: essere Granturisti vuol dire scrivere un diario e ragionare,

tant’è che i ‘vedutisti’, insieme agli amanti del ‘pittoresco’, vengono considerati i precursori del turismo di massa e gli ultimi,

declinanti, Granturisti (Adler, 1989, a, b; Lofgren, 2001). Il Granturista, anche in base alla sublimazione operata dagli intellettuali dal

secondo Ottocento ad oggi, è rappresentato come il simbolo del Viaggiatore che ‘comprende’ la popolazione locale in modo serio e

profondo, senza indulgere al divertimento. Anche il flaneur dei passage parigini è molto stimato dagli intellettuali ‘critici’ perché

questo personaggio ama guardare la folla delle grandi città con distacco, ma non partecipa alla loro ‘irrazionalità’ (la fine Ottocento

e il primo Novecento sono attraversate da un dibattito sulle masse e sulle folle in quanto aggregazioni ‘malate’ di suggestione, che

gli psicologi vogliono curare). Lo "sguardo vagabondo" del flaneur incarnerebbe il desiderio di libertà errabonda nell’individuo della

metropoli moderna nonché la ribellione contro la standardizzazione del turismo mordi e fuggi (Nuvolati, 2006).

Il turismo di massa privilegia, invece, lo sguardo come strumento di interazione, cognitiva ed emotiva, dei luoghi e dei servizi turistici,

tant’è che una tipologia del turista di massa organizzato è il sightseer (Adler 1989b,). E’ una tipologia socialmente diffusa,

soprattutto dal secondo dopoguerra ad oggi: costituisce il segmento dominante, insieme al vacationer, del viaggio organizzato di

massa e del mix promozionale dei tour operator. I cataloghi riccamente illustrati sono un supporto cartaceo utile, attraverso

informazioni commerciali e suggestioni visive, per vendere al dettaglio, attraverso le agenzie di viaggi, un prodotto standardizzato,

uguale per tutti ma in cui ogni consumatore/turista può riconoscersi, adattando le sue esigenze alle scelte del tour operator.

Secondo Wang (2000), il Grandturista è logocentrico perché centrato sull’intelletto mentre il turista è oculocentrico proprio perché

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privilegia l’esperienza visuale per interagire con la realtà visitata. In ogni caso, gli strumenti del comunicare sono un’estensione o

protesi tecnologiche dell’occhio, verso cui convergono anche le altre protesi corporali (si pensi al diving: pinne e bombole per

l’ossigeno convergono verso l’esplorazione visuale attraverso la maschera subacquea per vivere romanticamente l’emozione di

vedere ciò che gli altri, cioè chi resta in spiaggia, non può vedere).

L’arena turistica è un insieme di sguardi (guardare i locali ed essere guardati dai locali, guardare altri turisti per essere a sua volta

guardati dagli stessi turisti). Le foto diventano, quindi, una merce culturale ambivalente (Costa e Martinotti, 2003) che,

contemporaneamente, genera gerarchie di status tra chi esibisce la possibilità di poter spendere durante le vacanze per servizi

distintivi ma anche nuove forme di socievolezza e di amicizia per convergere insieme su valori relazionali legati alla vita intima

(spensieratezza tra giovani, amore tra genitori e figli pre-adolescenti ecc.). Ancor prima della condivisione delle foto nelle community

on line, esse sono merci culturali ambivalenti che generano (e superano) le barriere della distinzione sociale. Attraverso le foto si

esercita la distinzione sociale (effetto dimostrativo) per esibire la scelta di abiti, di case, di oggetti e di persone, la selezione di ciò

che è importante e ciò che è secondario, gerarchizzando le scelte in base a valori estetici e sociali. Al ritorno a casa, i turisti invitano

amici e parenti per rappresentare con le foto (e poi con la proiezione di filmati amatoriali) il loro protagonismo, dimostrando di essere

veramente stati in quel luogo e di aver accumulato un’esperienza speciale perché la loro capacità di spesa ha consentito di farlo.

L’immagine è quindi anche uno strumento di integrazione sociale per apparire normali e narrare momenti ‘straordinari’ e ‘fantastici’,

quelli delle vacanze, e addirittura è il materiale dei ‘riti di passaggio’, conservata per essere ricordata come momento che ha

intensificato i valori della vita privata (Chalfen, 1987).

Nel turismo di massa, le foto della pubblicità oscillano nel rappresentare i luoghi tra una dimensione reale ed una fantastica,

Vengono utilizzate per rispondere alle esigenze del potenziale cliente e ai suoi desideri, grazie a un processo di mitizzazione del

soggetto fotografato, che si allontana sempre di più dalla realtà territoriale raffigurata, trasformandosi in qualcosa d’altro, cioè in

attrattore con valenze simboliche (Dall'Ara 1990). Se il suo potere evocativo aumenta la propensione al viaggio,

contemporaneamente diminuisce la genuina e vera conoscenza della località rappresentata: le foto rappresentano ‘Paradisi

marginali’, luoghi incontaminati come le isole tropicali, sottratti ai dilemmi e ai traumi, ai conflitti e alle miserie della società locale,

per cui si esalta una ‘bella vita’ dissociativa (il ‘noi’ che possiamo) e viene occultata o messa tra parentesi qualsiasi ragionamento

sulla giustizia sociale o sull’ambiente, cioè su quella che dovrebbe essere una ‘buona società’ locale, con cui anche il turista viene a

contatto. Di conseguenza, il turista di massa arriva a possedere di un dato luogo un’idea e un'immagine prestabilita e talvolta

stereotipata: le fotografie trasmesse da dépliant, guide turistiche, tv e riviste specializzate, così rassicuranti e invoglianti,

appartengono più ad un universo ideale che alla realtà. Ogni luogo è ritratto con la migliore inquadratura, i colori più sgargianti, gli

scorci più suggestivi, e tutto ciò che non corrisponde all’idea-immagine viene accuratamente nascosto. Ne consegue

un’omologazione delle immagini turistiche che nasce dalle esigenze di marketing e comunicazione, orientate al target, di massa,

alle sue aspettative e motivazioni. L’immagine rappresenta qualcosa che il turista vorrebbe essere, vorrebbe avere, vorrebbe

sperimentare o raggiungere, per questo ogni foto rappresenta paesaggi perennemente soleggiati, pittoreschi, ricchi di attrattive

uniche e imperdibili, contiene significati diversi calibrati e indirizzati al target di riferimento radicati ancora nel vecchio turismo di

massa (Tuohino e Pitkanen , 2004).

Si afferma in parallelo l’idea strategica che l'immagine di una destinazione può essere manipolata anche dall'industria turistica al fine

di renderla facilmente vendibile come prodotto turistico. Partendo da questo presupposto, Garrod (2008) riconosce che Urry (1990),

ha dimostrato per primo che lo sguardo turistico, cioè il consumo visivo dei luoghi visitati che si concretizza in un particolare e

soggettivo modo di guardare la destinazione, è stato (ed è) costruito anche dall'industria turistica e dei media, che esalta alcuni

aspetti della destinazione nascondendone altri. Lo ‘sguardo turistico’ è socialmente costruito dagli imprenditori turistici che

‘interpretano’ le esigenze dei turisti per soddisfarne le esigenze, più che inventare dal nulla seduzioni completamente nuove. Essa

è il punto focale delle strategie di marketing e delle scelte editoriali, in quanto finalizzata a spingere il turista-cliente a preferire una

meta, un prodotto o un operatore rispetto ai tanti che operano in un mercato competitivo. Per tale motivo le aziende si sono da

sempre impegnate nel creare materiale pubblicitario con foto che riflettono le preferenze e le motivazioni dei turisti, costruite per

attrarli e coinvolgerli emotivamente, spingendoli all’acquisto.

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Lo ‘sguardo turistico’ appartiene al realismo fantastico veicolato anche da un altro settore della cultura visiva, quello dell’industria

cinematografica. Tant’è che nel corso degli ultimi anni, gli studi sociologici si sono incentrati anche sull’impatto dei film sulle località

in cui si svolge la narrazione: lo spettatore si trasforma in turista che vuol ri-vedere ciò che ha visto al cinema e, a tal fine, organizza

o sceglie un viaggio organizzato nei luoghi della fiction. Questa doppia dinamica degli sguardi ha dato luogo ad un fenomeno definito

cine-turismo che sarebbe meglio definire ‘turismo indotto dal cinema’ (Hydra 1977).

In sintesi, l’immagine turistica è socialmente costruita a livello di vita quotidiana e di società civile, riflette le dinamiche sociali e

culturali della vita ‘reale’ del turista di massa, sightseer o vacationer. Altrettanto ‘reale’ è l’‘interpretazione o la ‘ri-costruzione’ che

viene fatta dalla comunicazione pubblicitaria o la ri-presentazione veicolata tramite gli old media come il cinema.

E’ anche vero che i turisti di massa sono stati ‘resistenti’ alle immagini pubblicitarie, appositamente confezionate per attirarli, tanto

che un "filtro” rende meno efficace il potere evocativo ed emozionale che tali immagini suscitano. L’audience passiva della

comunicazione pubblicitaria one-to-many non è mai stata, in realtà, così passiva come sostenuto dai critici culturali. Nel turismo, in

particolare, come ha dimostrato Dall’Ara (2005), il passaparola influenza le decisioni di viaggio molto di più della pubblicità

generalista, svolgendo un’attività di resistenza alle invasioni delle immagini veicolate dalla pubblicità. Vi è un ruolo di mediatore tra la

pubblicità e il turista: vi è un opinion leader che svolge un ruolo di regolatore e di propagatore dei flussi, selezionando le

informazioni, soprattutto se ha visitato una destinazione o ha già viaggiato con un tour operator. In base a tali sue valutazioni, i

seguaci poi lo imitano perché attribuiscono alle informazione del leader affidabilità. Di qui, la ‘scoperta’ che il passaparola era già

presente nella comunicazione di massa e che il marketing virale on line è in verità un’estensione di dinamiche sociali e culturali

precedenti il web marketing. Il turista oculocentrico era (ed è) anche un ciarliero, un gran chiacchierone, già prima di Internet.

Già Gunn (1972) affermava l'importanza della conoscenza del target, proprio perché la percezione dell'immagine è influenzata da

un vasto numero di fattori, come la cultura personale, i media e il passaparola, le ricerche effettuate su quella meta, i precedenti

viaggi, fattori socio-demografici, la distanza e la familiarità con la destinazione stessa. Già in epoca del turismo di massa si sapeva

che l'immagine di una meta si può modificare in modo indotto, anche se non è facile e rapido attuare tale re-ingegnerizzazione e

quindi il conseguente re-styling: di certo il plus di un prodotto turistico è il risultato della combinazione di diversi fattori, ma occorre

ovviamente il nucleo attrattivo e i servizi per poter comporre un’immagine turistica. Sia per una destinazione turistica che per

un'azienda del settore, l'immagine è sostanzialmente un "composto" di diversi elementi mutabili nel tempo e a seconda del contesto.

L’immagine di un prodotto turistico o di una destinazione è una costruzione sociale realizzata nell’interazione tra ‘proiezione’ dei

produttori (imprese dell’incoming) e ‘percezione’ dei turisti. L'immagine di una destinazione è più della semplice somma dei suoi

attributi tangibili: le immagini non sono costruite solo dall'aspetto visivo di un luogo o di una struttura ricettiva, ma anche dalla sua

atmosfera e le emozioni che le immagini contribuiscono ad evocare (Jenkins 1999).

Sempre all’interno delle fiere generaliste del turismo di massa, i documentari sono stati presentati come "novità" rispetto alle foto:

attentamente studiati per i differenti target di riferimento, possono stimolare la percezione di emozioni e sensazioni perché

cominciano a presentare destinazioni ‘in movimento’, dove si svolgono attività di vario tipo, culturali o sportive, ridimensionando il

vecchio modello dicotomico, scoperto da Urry (1990), di sguardo romantico che celebra la solitudine di un monumento (non si

vede la gente) e quelle delle spiagge affollate dello sguardo collettivo (si vede tanta gente).

Le destinazioni multifunzionali realizzano molteplici documentari, diversi l’uno dall’altro, per presentarsi sui mercati con un’offerta

diversificata: per i congressisti, per i culturali, per gli astronauti, ecc. Il turista può muoversi secondo diversificati stili di vita e di

consumo e la qualità percepita dagli stessi turisti avvia il percorso di programmazione dell’offerta, questo è il cambiamento che i

documentari ‘personalizzati’ contribuiscono a diffondere e intensificare, condizionando anche le foto della pubblicità che mostrano

persone in ‘movimento che stanno svolgendo giochi culturali o sportivi.

Si vengono così a creare immagini multiple di una destinazione, per cui il post-turista si è affermato già prima dell’avvento di

Internet.

Tuttavia, la personalizzazione dei prodotti standard e l’avvento del prosumer, cioè del turista che co-produce i servizi, hanno

accelerato e intensificato quanto già era presente tra i teorici della qualità totale e della centralità dei clienti già negli anni Ottanta.

Secondo ricerche di mercato pubblicate a metà anni Novanta (Poon, 1993), si va diffondendo sempre più il turista post-massa, che

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continua ad essere intensamente oculocentrico ma è soprattutto polisensoriale, attivo ed esperienziale: ibrida i piaceri corporali con

informazioni razionali connesse al benessere psico-fisico o a conoscenze culturali ‘serie’, formalizzate in procedure di

apprendimento, di derivazione granturistica. La vacanza non è vuota di significati ma un contenitore per sviluppare competenze

culturali, sportive, gastronomiche, non è compensativa di un lavoro burocrati-fordista, monotono e ripetitivo, con il dolce far niente,

ma è una risorsa immateriale per fare esperienze polisensoriali.

La Poon è stata la prima ad istituire un collegamento tra le information e communication technologies e il post-turismo di massa

perché ha rilevato che i turisti attivi erano utilizzatori entusiasti delle novità tecnologiche, apprezzandone i vantaggi per il

potenziamento (enpowernment) delle loro competenze di viaggiatori professionalizzati, intellettualizzati e cosmopoliti. In sostanza, il

post-turista di massa ricerca la personalizzazione one-to-one attraverso il mix di immagini e scritture, svolgendo un ruolo attivo nel

generare contenuti informativi finalizzati a costruire viaggi personalizzati. E la Poon porta, fra i tanti, l’esempio delle prime guide

audio nei musei e i primi touch screen, i totem interattivi che fanno vedere particolari di quadri non visibili ad occhi nudo, pensati per

i turisti culturali, come anticipo di come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione avrebbero impattato nella fruizione

turistica dei beni culturali.

Le immagini partecipano ai flussi e alle mobilità e possono variare notevolmente e comunicare messaggi assai differenti a seconda

sia di chi ha creato la foto (enti pubblici, tour operator, organizzazioni turistiche, consumatori ecc.) sia del canale attraverso cui la

foto viene veicolata (tv, giornali,siti internet, blog, social network ecc.), dimostrando che la comunicazione varia a seconda del target

di riferimento e degli obiettivi del messaggio. Soprattutto, nel turismo post-massa, la comunicazione è circolare e interattiva, perde la

gararchia one-to-many tipica della pubblicità generalista.

Non è l’uso delle tecnologie a cambiare da solo stili di vita e immagini di una destinazione ma un complesso gioco di variabili,

soprattutto immateriali, che, combinandosi con le prime, generano modi nuovi di organizzare e vendere i viaggi. Se uno conserva

uno stile di vita sedentario da vacationer o da sightseer di massa, lo estenderà nei canali comunicativi in cui mette i suoi messaggi,

anche nei blog. Ma se invece è attivo, le sue foto partecipano ad una più dinamica e relazionale costruzione sociale della vacanza,

costruita tramite la condivisione di foto e filmati o attraverso l’esplorazione virtuale delle immagine messe on line da una impresa

ricettiva per incrociare lo sguardo del turista tramite il marketing diretto.

Ne sono un esempio le milioni di immagini e video caricati online dai turisti al ritorno dai loro viaggi, che spesso mostrano una realtà

ben diversa ed in contrasto con le meravigliose foto tanto viste nelle pubblicità.

Grazie al web i turisti attingono da diverse fonti i video e le foto che creano l'immaginario di una destinazione di viaggio o di un

operatore turistico: comunicare immagini incoerenti o falsamente idilliache può creare delle problematiche, visto che ormai ogni

turista è in grado di mostrare la vera natura dei luoghi a milioni di altri turisti, caricando le foto e video su social network, siti di video

e foto sharing o scrivendo sui blog, che permettono a molte persone di conoscere la vera faccia di luoghi o strutture ricettive: foto

stupende ma modificate, caricate sui siti di hotel e destinazioni, sono destinate ad essere presto smentite sul web (Choia ., Lehtoa ,

Morrison . 2007).

In realtà, Internet contribuisce a definire il post turismo di massa perché estende una richiesta socialmente diffusa tra i turisti già da

tempo. Dando accesso alle interpretazioni visuali dei turisti, permette agli utenti di avere una lettura dell’immagine del luogo di

vacanza non mediata soltanto da interessi commerciali. Un’immagine socialmente costruita nel rispetto delle finalità non economiche

dello scambio sociale. Quindi, viene costruita un’immagine più realistica, trasparente e credibile (Frias , Rodriguez , Castaneda ,

2008). Le foto infatti veicolano ‘conversazioni’ mixando in modo originale l’oculocentrismo con le radici logocentriche presenti già nel

granturismo, generando un mix , appunto, post-turistico, post-massa ,post-moderno.

Nel mercato delle conversazioni visuali, lo scambio sociale, come già per il marketing pre-elettronico, precede e qualifica quello

economico. Infatti, si sono affermate due tipologie di immagini: da una parte foto e video creati dagli utenti e dall'altra foto e video

generarti da professionisti del settore turistico. Per realizzare una comunicazione d’impresa, occorre che il marketer analizzi,

interroghi e interpreti le immagini generati dagli utenti per restituire una comunicazione visuale che si adatta al target per rispettarlo

(innanzitutto) e poi per soddisfarlo con finalità commerciali.

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Se utilizzati con creatività, partendo dall’idea-guida che nel turismo si vendono relazioni tra persone mediata dalla comunicazione

interattiva, l’analisi delle immagini e delle conversazioni possono aiutare a differenziarsi dalla concorrenza e incrementare il

coinvolgimento dei consumatori, spingendoli all'acquisto e alla creazione di una community online.

Il case study QuidPhoto Contest dimostra come è possibile coinvolgere gli utenti nell’apertura di un hotel utilizzando un concorso

fotografico (BOX n. 6 ) .

BOX n. 6

Le foto come strumento di social media marketing.

QuidPhoto Contest: un buon esempio di social media marketing (Booking Blog2 2010)

Il Best Western Quid Hotel, nuovo albergo design a 4 stelle, è stato inaugurato il 12 maggio 2010 a Trento. Il giorno

dell'inaugurazione nella hall campeggiavano quattro fotografie in formato grande: si trattava delle 4 foto vincitrici del “QuidPhoto

Contest”, un concorso lanciato in Rete dalla catena alberghiera come strumento di social media marketing teso a promuovere

l’apertura dell’hotel.

Il concorso consisteva nell’iscriversi alla pagina Facebook o Flickr dell’albergo e postare delle foto di viaggio che, secondo la propria

opinione, avessero un “non-so-quid”, ovvero un “non-so-che”, distintivo e speciale. Le 4 foto scelte dal management dell’hotel

sarebbero state esposte durante l’inaugurazione dell’albergo.

Una scelta adeguata alla tipologia di hotel: un ambiente contemporaneo, di design, brillante, aveva bisogno di essere comunicato

con strumenti socialmente attuali, che potessero raggiungere un’utenza giovane, abituata a partecipare e condividere le foto sui

canali digitali e che potesse favorire un certo passaparola intorno all’apertura.

Mentre purtroppo il concorso non ha avuto presa su Flickr, dove il gruppo è rimasto praticamente vuoto, la pagina di Facebook in un

mese e mezzo ha raccolto circa 300 membri e oltre 450 foto delle più svariate tipologie, come immagini di paesaggi, persone,

dettagli urbani, fiori, piante ed animali.

Il QuidPhoto Contest può essere considerato esemplificativo di quelle che sono le numerose potenzialità dei contenuti visuali uniti

alla viralità dei social media per il settore dell’ospitalità, non tanto in termini di conversioni o di nuovi clienti, quanto più di visibilità e

coinvolgimento degli utenti.

I risultati in termini di social media marketing sono stati positivi: il concorso è stato pubblicizzato sia on-line che off-line e questo ha

dato il via ad un passaparola diffuso che ha veicolato visitatori sul sito ufficiale, destando curiosità ed interesse intorno al brand.

L’hotel ha generato un buon livello di coinvolgimento degli utenti che, oltre a postare immagini, hanno anche scambiato commenti e

apprezzamenti.

Un’iniziativa di questo genere ha costi estremamente contenuti in termini di realizzazione, poiché una volta ideato il contest e diffusi i

comunicati stampa, il buzz si è sviluppato in modo pressoché autonomo e l’unica cosa da fare è stata favorire ulteriormente la

partecipazione e monitorare i risultati.

Sicuramente si sarebbe potuta amplificare la risonanza di tale iniziativa, che crea e lega una community di persone intorno

all'assodata pratica del foto sharing, attraverso l'utilizzo di più canali parallelamente in maniera continuativa e sistematica,

amplificando l’effetto passaparola e, di conseguenza, la diffusione dell’iniziativa e la conoscenza del brand. In questo caso Facebook

si è rivelato un veicolo ideale, che forse avrebbe potuto ottenere anche risultati migliori se affiancato dalla comunicazione su altri

canali, come ad esempio Twitter e forum turistici o di fotografia.

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Tra tour virtuali, foto e video, i turisti online hanno a disposizione un equipaggiamento completo, utile ad individuare le destinazioni e

i servizi turistici più appetibili e a farsi un’idea in anteprima del viaggio che li attende. Siti di video sharing, anche dedicati solo al

turismo, nascono e si sviluppano sempre di più, arricchendosi soprattutto di video realizzati dai turisti stessi, una testimonianza della

vacanza da condividere. E proprio i clip fatti in casa, che possono trasformarsi all’occorrenza in video-recensioni, stanno dando

nuova linfa vitale al metodo del “passaparola”, tanto da far nascere delle iniziative sperimentali e innovative, come Tripr.tv, il portale

che invita gli utenti a pubblicare le proprie video recensioni degli alberghi, offrendo come piccolo compenso una percentuale sulle

commissioni delle prenotazioni della struttura recensita.

A fare incetta di video però non sono solo i portali turistici, gli hotel e le agenzie di viaggio online, che vedono nel video marketing un

ottimo strumento promozionale e di business. Sempre più anche i portali di destinazioni turistiche, regioni, città ed enti di promozione

- come ad esempio lo svizzero Myswitzerland.com o il sito dedicato alla regione francese della Picardie - hanno un angolo

multimedia ricco di filmati e foto, fino alla creazione di veri e propri tour virtuali 3D. In questo modo è più facile per gli utenti orientarsi

nell’offerta turistica, farsi un’idea delle bellezze della destinazione e raccogliere le prime informazioni (Fusaro , 2009 )

Il mondo del turismo online giorno dopo giorno si arricchisce di nuove immagini, video e presentazioni visuali delle più svariate

tipologie. Questo perché le destinazioni turistiche e gli operatori del settore sono alla ricerca di nuovi canali promozionali online e le

caratteristiche proprie dei contenuti visuali aiutano la promozione di mete e servizi turistici. Ogni immagine, infatti, evoca delle

rappresentazioni mentali, che aiutano a decifrare destinazioni non familiari, trasformando la visione di una foto o video in un viaggio

immaginario ricco di significati esperienziali. Gli strumenti messi a disposizione dalle tecnologie informatiche e da Internet, quali ad

esempio la possibilità di “osservare” tramite webcam le parti comuni degli alberghi, le spiagge, oppure la possibilità di ascoltare e

vedere i luoghi in formato video, stimolano la percezione multisensoriale dell’individuo e permettono una maggiore e più completa

elaborazione delle informazioni. Le immagini e i video infatti, oltre a rendere più ricco il contenuto informativo che supportano,

permettono l’attivazione di “emozioni” e di “elementi empatici” superiori rispetto alle fonti informative tradizionali, andando ad

aumentare, di conseguenza, il coinvolgimento del consumatore-turista. Le foto ma soprattutto i video, diventano così uno strumento

di marketing importante per veicolare l'immagine di un luogo o di una azienda.

I social media, il viral marketing, il pay per click, i banner e le tecniche SEO (Search Engine Optimization) sono tra gli strumenti

promozionali online più noti ma, come già evidenziato poco sopra, sono proprio i contenuti visuali quelli maggiormente coinvolgenti

per il pubblico di riferimento e, tra questi, il medium più importante per la sua rapida crescita e adozione sono i video online.

I video sono diventati parte dell'esperienza quotidiana dei clienti sul web. Le ricerche online stanno diventando sempre più visuali,

proprio perché i video permettono ai clienti di sperimentare virtualmente una destinazione o un hotel o un pacchetto turistico prima

dell'acquisto, divenendo così uno strumento che aiuta nell'effettuare la giusta scelta tra i numerosi e diversi prodotti che affollano il

web. I viaggiatori preferiscono vedere dei video, piuttosto che delle foto statiche, proprio perché permettono di proiettarsi nella

destinazione e di farsi un'idea del viaggio che li attende in pochi minuti. Se, inoltre, ai video ufficiali delle destinazioni turistiche e

degli operatori, si aggiungono quelli generati dagli utenti, scatta un processo di costruzione della fiducia, essendo tali video

maggiormente credibili agli occhi dei turisti, in quanto creati da persone considerate super partes. Sia che si tratti di video ufficiali

che non, quello che non va mai dimenticato è che i turisti desiderano unicità, vogliono capire l'effettiva identità dell'hotel o della

destinazione. In estrema sintesi, più il video rappresenta costumi e stili di vita locale, fattori pro-atti alla "vacanza del fare", più esiste

la possibilità di avere successo. (Cerminara, 2010)

Per quanto riguarda i social network e le relazioni C2C, è interessante il caso di Flickr, basato sulla pubblicazione e la condivisione

delle immagini. Ogni iscritto crea e aggiorna nel tempo il suo album di fotografie, lo correda da etichette, descrizioni e coordinate

geografiche, invita nella propria rete sociale di amici e conoscenti a cui desidera mostrare i suoi scatti, partecipa a gruppi

monografici commenta le foto altrui, conserva le foto preferite (BOX n. 7)

BOX. n. 7

BTO 2010 Live: “YAHOO! con Flickr – Flickr, the eye of the world” (Booking Blog9, 2010)

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Con quasi 2 milioni di utenti unici, 45 milioni di pagine viste al mese ed una libreria in continua crescita, Flickr è una realtà che il

settore turistico non può permettersi di ignorare. Qual è però il modo migliore di sfruttare Flickr per promuovere la propria struttura?

Angela Falone, Product Marketing Manager Yahoo! Applications, ha tenuto una training session sull’utilizzo di Flickr per realtà

alberghiere medio-piccole.

L’incontro comincia con la descrizione delle proprietà più utili di Flickr: geotagging, organizzazione in set tematici, condivisione in

una community aperta e possibilità di espandere la condivisione a blog e social network.

Gruppi dedicati ad uno specifico argomento permettono un’esplorazione mirata ai luoghi/argomenti di reale interesse. Grazie a Flickr

Places in un click è possibile visualizzare il meglio che la community abbia da offrire in relazione ad una determinata ricerca. Proprio

come in un’enciclopedia multimediale.

Il materiale fotografico caricato dagli utenti compare nella ricerca immagini dei principali motori di ricerca (ovviamente con un “occhio

di riguardo” su Yahoo!) e la possibilità di inserire tags e commenti ne favorisce l’indicizzazione.

Le possibilità di utilizzare Flickr per promuovere località e strutture sono dunque molteplici. Innanzitutto offre la possibilità di

generare una promozione spontanea da parte del materiale fotografico pubblicato dagli utenti. In secondo luogo, può influenzare

nella scelta del luogo il turista alla ricerca della sua meta per le vacanze.

È fondamentale, raccomanda la speaker, non pensare di potersi autopromuovere pubblicando foto della propria struttura. La forza di

Flickr è quella di fare leva su foto e testimonianze di turisti veri.

È possibile utilizzarlo per arricchire il proprio sito istituzionale integrandolo con le suggestive slideshow che l’operatore può comporre

con materiale non protetto da copywriting. Esiste infatti la possibilità di selezionare le immagini tramite ricerca avanzata su contenuti

con licenza Creative Commons, utilizzabili esternamente e gratuitamente semplicemente incollando un codice html.

Yahoo! Offre la possibilità di utilizzare il materiale attrraverso la sponsorizzazione di gruppi. Interessante, in questo senso, la case

history del Montana Official State Travel Site che, attraverso la sponsorizzazione di un gruppo su Flickr, non solo ha guadagnato

visibilità ed integrato il proprio portale con immagini di qualità, ma ha utilizzato lo stesso materiale anche per iniziative offline.

5.2 Chi sono le persone che guardano i video online?

Nonostante le ricerche sociologiche abbiano dimostrato che il ‘moderno’ turista oculocentrico e poi ‘polisensoriale’ sia un soggetto da

cui non si possa prescindere, le ricerche di marketing operativo hanno sottostimato il ruolo delle immagini come fonte di informazioni

per capire ‘chi è il turista’ e come è possibile profilarlo secondo tareget specifici in base all’uso sociale della ‘cultura visiva’.

Sottovalutano l’accesso e il trattamento delle immagini all’interno della strategia di ricerca delle informazioni turistiche on line e off

line (Chen e Gurzoy, 2000; Gursoy e Umbreit, 2004, Hyde, 2006, 2009).

I riferimenti sono incidentali, mai focalizzati in modo sistematico, inseriti all’interno di concetti generali. Ad esempio, le immagini sono

utili più per i visitatori first-time che per coloro che ripetono il viaggio oppure che i dati pratici sono più utili nel momento in cui i

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visitatori si trovano nella destinazione mentre le foto sono più utili nella fase precedente il viaggio perchè possono servire a sedurre

maggiormente il turista incerto (Hyde, 2006, 2009).

Questo gap conoscitivo, particolarmente sorprendente se si confronta con la letteratura sociologica sul turista oculocentrico, è in

fase di superamento. Tre diversi istituti di ricerca specializzati in web marketing e nuove tecnologie - eMarketer, comScore e Google

in collaborazione con OTX Research - hanno realizzato degli accurati studi per descrivere il fenomeno dei video e le caratteristiche

degli utenti che guardano i video online. Un webinar4 di eMarketer di aprile 2010, "The evolving online video landscape", presentato

da Paul Verna, analista senior, mostra che gli utenti che guardano video online aumentano di anno in anno (figura 13) e nel 2014

potrebbero raggiungere i 193.1 milioni, ovvero il 77% degli utenti online, formati per la maggior parte da persone tra i 18 e i 44 anni

(figura 14), con un incremento annuo del 7% dal 2010 al 2014. I ricercatori hanno inoltre affermato che gli utenti internet che

guardano e scaricano video sono notevolmente aumentati in un solo anno: dal 6% delle persone che guardavano i video e il 5% che

li scaricavano a settembre 2008, al 20% delle persone che guardano i video online e il 13% che li scaricano a ottobre 2009 (figura

15).

Figura n. 14 Numero di persone che guardano video online

4 seminario interattivo sul web

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Figura n. 14 Persone che guardano i video, per età

Figura n. 15 persone che hanno guardato o scaricato un film da internet

I dati dimostrano l'importanza crescente dei video per gli utenti, sia a livello informativo che ricreativo e sociale. La ricerca infatti

sottolinea che il 62.6% delle persone guardano video generati da altri utenti su Youtube e il 36.6% sui social network, come

Facebook, mostrando l'importanza dei social media e delle comunità virtuali per guardare e condividere i video con gli amici. Lo

studio afferma, inoltre, che le persone intervistate guardano anche programmi TV, news, sport, trasmissioni meteorologiche e film in

altre tipologie di siti, ma in percentuali inferiori (figura 16). L'importanza sociale del fenomeno è sottolineata anche dall'ultimo grafico,

che riporta tra le maggiori fonti da cui attingere i video i link inviati da amici e parenti, con ben il 43% degli utenti online, secondo solo

alla ricerca casuale dei video sul web, con il 44%. Seguono poi la consultazione di siti di video sharing, la ricerca sui motori di ricerca

e i video inviati a seguito di specifiche sottoscrizioni.

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Figura n. 16 Tipologie di video che vengono guardate online

Figura n. 17 Metodi attraverso i quali gli utenti online trovano dei video

La seconda ricerca, quella di comScore e Media Contacts pubblicata nel 2008 sul loro sito web, nell'area press & events, che

sintetizza i contenuti di un video symposium tenutosi a New York il 13 febbraio 2008, mette in luce le differenze comportamentali tra

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i diversi segmenti di utenti che guardano i video online. Lo studio è stato disegnato per comprendere le abitudini di consumo e la

mentalità degli utenti che guardano i video online e che vengono in contatto con la pubblicità sia sul web che in TV. I risultati rivelano

importanti differenze tra utenti tanto da delineare tre segmenti: il 20% degli intervistati è un cosiddetto heaviest viewer perché passa

circa 841 minuti in media al mese a guardare video online, mentre il 30%, i moderate viewers, passano in media 77 minuti al mese;

e il 50%, i lightest viewers, guardano solamente 6 minuti di video al mese (figura 18). YouTube è il sito maggiormente visto da tutti e

tre i segmenti, ma comportamenti distintivi si notano tra gli heaviest viewers, tra coloro che spendono più tempo a guardare video

online, proprio perché utilizzano, nella maggior parte dei casi, siti di video di nicchia, che raggiungono ognuno meno dell'1% della

popolazione web americana. Al contrario i moderate viewers mostrano un'alta propensione a vedere video con contenuti specifici sui

siti ufficiali delle TV, mentre i lightest viewers preferiscono guardare la TV, con il 46% delle persone appartenenti a questo gruppo

che guardano più di 13 ore di TV a settimana. Messi a confronto, solo il 39% dei moderate viewers e il 30% degli

heavy viewers guardano la stessa quantità di TV. Questi risultati sono importanti per comprendere al

meglio come raggiungere e comunicare con differenti segmenti di utenti che guardano i video online, da

quelli che amano i siti di nicchia e richiedono messaggi targettizzati, a quelli che preferiscono i messaggi

pubblicitari classici in TV.

Time Spent Watching Online Video by Viewer Segment

October 2007

Total U.S. – Home/Work/University Locations

Source: comScore/Media Contacts Custom Study

Online Video Viewer Segments Average Minutes per Month

Heavy Viewers (Top 20%) 841

Moderate Viewers (Next 30%) 77

Light Viewers (Bottom 50%) 6

Figura n. 18 Tempo speso a guardare i video online, per segmento

L'ultima ricerca "The Traveler's Road to Decision", realizzata da Google in collaborazione con OTX Research ( OTX Research &

Google, Luglio 2009), conferma il trend di crescita degli utenti online che guardano i video, concentrandosi però esclusivamente sui

turisti, sia leisure che business. Ben il 55% dei turisti leisure e il 65% dei turisti business guarda almeno una volta a settimana dei

video online. Scendendo nel dettaglio i dati mettono in evidenza che il 36% dei turisti leisure e il 56% dei turisti business guarda dei

video turistici online, come dimostra il grafico sottostante.

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Figura n. 19 confronto tra quantità di video generici e video turistici guardati online, per tipologia di turista

La ricerca mette, inoltre, in evidenza l'utilizzo che gli utenti online fanno dei video turistici durante il loro processo di pianificazione

del viaggio. Più del 50% dei turisti leisure utilizza i video quando cerca un'ispirazione, un'idea di viaggio, quando deve scegliere una

destinazione, quando cerca delle idee sulle attività turistiche da intraprendere in loco e per prendere decisioni sull'acquisto di

soggiorni in hotel o sul tipo di trasporto. Poco meno del 50% di turisti leisure, invece, utilizza i video per supportare una scelta circa

la tipologia di viaggio da intraprendere. Una situazione simile si registra anche per i turisti business, mostrando però percentuali di

utilizzo dei video più alte, come dal grafico sottostante.

Figura n. 20 Percentuale di video turistici online guardati durante il processo di pianificazione di un viaggio

Infine, dati interessanti emergono anche sulla tipologia di video turistici che ispirano maggiore fiducia, confermando con i dati quanto

affermato a livello teorico: sono i video generati da altri utenti quelli maggiormente credibili e che ispirano maggiore fiducia. Buona

considerazione e fiducia viene data, però, anche ai video prodotti dagli operatori turistici, dimostrando come questo strumento di

marketing gode di per sé di maggiore attendibilità tra i consumatori, proprio perché difficilmente alterabili e quindi più aderenti alla

realtà.

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Figura n. 21 Confronto della credibilità tra video realizzati da utenti e quelli realizzati da operatori turistici

5.3 Impatto sociale dei video online: guardare, produrre e condividere emozioni

Per comprendere l'impatto sociale dei video e della loro condivisione online, sono stati analizzati tre studi internazionali che si

focalizzano sugli ultimi cambiamenti di Internet a piattaforma interattiva Web 2.0. (Tussyadiah e Fesenmeier, 2009); la seconda è

stata pubblicata dalla MPRA (Munich Personal RePEc Archive) nel 2007 e l'ultima è stata realizzata dalla OTO Insights nel 2008.

Tussyadiah e Fesenmeier dimostrano come l'emergere di nuovi media, che utilizzano strumenti multimediali, ha favorito la nascita

di nuovi mediatori di esperienze turistiche: immagini, video e realtà virtuale realizzati dagli operatori turistici accrescono e

aggiungono valore alle esperienze turistiche e, nel contempo, contribuiscono ad inviare diversi messaggi sulla destinazione turistica.

Viene però sottolineato dalla ricerca che le immagini e video realizzati da viaggiatori reali, che quindi non possono essere considerati

strumenti di marketing in senso stretto, hanno un maggiore significato sociale che culmina nell'atto della condivisione e del

commento al video. Per alcuni video di viaggi i commenti degli utenti diventano importanti proprio nel momento in cui si tende a

costruire una conversazione e formare una piccola e temporanea comunità online di viaggiatori. Grazie alla conversazione e ai

video, gli utenti condividono informazioni di viaggio e opinioni personali o percezioni sul soggetto del video. Basandosi sulla

dimensione temporale dell'esperienza turistica, i video non sono uno strumento primario solo nella fase esperienziale, quando si è

giunti a destinazione, ma anche nella fase pre-viaggio e quella post-viaggio. Il ruolo dei video nella fase pre-viaggio può essere

descritto come uno strumento informativo e di immaginazione, di sogno, una sorta di esperienza indiretta e virtuale della

destinazione. E' però nella fase post-viaggio che i video si fanno portatori di valori sociali, proprio perché possono essere considerati

uno strumento per rivivere e per testimoniare l'esperienza turistica, grazie alla possibilità di condividere informazioni su una meta o

un operatore turistico (figura 22).

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Figura n. 22 Ruolo dei video turistici durante le diverse fasi di un viaggio (Tussyadiah I. P., Fesenmaier D. R. 2009)

Come dimostra la figura sovrastante infatti, video assumono ruoli diversi a seconda delle diverse fasi del viaggio. Prima della

partenza il video turistico ha funzioni informative, stimola l'immaginazione, il sogno del viaggio e il suo acquisto. Al rientro dal viaggio

invece, il video turistico online assume una funzione di condivisione sociale dell'esperienza di viaggio, attraverso l'upload del video in

siti di video sharing. Nello specifico il turista di rientro dal viaggio desidera condividere informazioni e mostrare i luoghi visitati al fine

di rivivere l'esperienza turistica passata. Aspetto tecnico importante sottolineato dalla ricerca, sia per il turista nella fase pre-viaggio,

che in quello nella fase post-viaggio, è la qualità del video, che permette di vivere un'esperienza turistica multimediale più

coinvolgente e confortevole.

I risultati dello studio indicano chiaramente che l'aspetto sociale dei video, cioè la produzione dei video da parte degli utenti e la loro

condivisione online, ha il potere potenziale di influire sulle esperienze turistiche, confermando così che possono essere un

importante strumento per incrementare l'interesse dei potenziali turisti. Inoltre, la natura interattiva tra chi produce e chi vede il video

permette ai siti di video sharing, come YouTube, di sviluppare comunità di viaggiatori all'interno delle quali vengono scambiate

informazioni e opinioni sulle mete o sugli operatori turistici

Un altro studio, di Mabillot David (2007), si focalizza sull'industria audiovisiva e dei film, ma ha molte implicazioni sociali valide anche

per altri settori economici, come appunto il turismo. L'autore afferma che il crescente successo dei siti dedicati alla distribuzione e

condivisione di video, ha rivelato il ruolo sempre più importante che svolgono gli utenti di internet, e in particolar modo i cosiddetti

digital natives, nella costruzione del web. Non più soddisfatti del loro ruolo di semplici consumatori, gli utenti hanno sfruttato

l'opportunità loro offerta dal web di creare pagine individuali e di distribuire le loro produzioni e contenuti. L'obiettivo dello studio è

quello di analizzare i recenti fenomeni di condivisione dei video online, sottolineandone gli aspetti sociali, come la costruzione di tag

e di messaggi virali sui social network. Ogni utente può cioè realizzare e caricare sul web i propri video, guardare i video realizzati da

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altre persone, commentarli e classificarli attraverso i cosiddetti tag5, ovvero la radice del metodo collaborativo di classificazione dei

contenuti, più noto con il termine di folksonomies. La ricerca dimostra inoltre che, grazie al potenziale virale dei social network

coinvolti nella diffusione dei video, molte società mostrano interesse nella diffusione di contenuti sponsorizzati o da loro prodotti,

tanto da configurare una nuova modalità promozionale cha va dai semplici link sponsorizzati ai forme più innovative di video

advertising.

OTO Insights focalizza la sua attenzione sul potere di coinvolgimento dei video. Lo studio è parte di un programma di ricerca più

vasto che indaga il ruolo delle relazioni nella progettazione dei sistemi interattivi, presso l'Indiana University School of INformatics,

condotta in collaborazione con OTO Insights. Lo studio considera, senza riserve, i video online come uno dei più grandi successi di

Internet, in grado di offrire un nuovo e crescente strumento per le attività promozionali. Poco però è noto sul coinvolgimento emotivo

degli utenti alla vista dei video. Il collegamento tra emozioni e comportamenti d'acquisto è ormai consolidato nel marketing, ma

l'abilità di misurare la risposta emotiva ai video online è ancora lacunosa. In risposta a tale mancanza, la ricerca sviluppa un metodo

per misurare il riscontro emotivo e il coinvolgimento delle persone con i video online. Il coinvolgimento degli utenti è stato misurato

usando il sistema OTOinsight’s Quantemo™. Il sistema Quantemo™ utilizza un approccio multimodale che combina auto-report e

dati fisiologici per misurare in modo reale e olistico il coinvolgimento degli utenti con i media digitali, come i video. Analizzando i dati

provenienti da Quantemo™, sono emersi tre diversi risultati su come gli utenti rispondono, percepiscono e vengono coinvolti dai

video online:

1. le risposte di chi guarda i video sono emotivamente complesse;

2. i valori di coinvolgimento migliorano l'interpretazione della classificazione dei video da parte degli utenti;

3. il coinvolgimento dell'utente e il successo dei video sono positivamente collegati.

Il risultato della ricerca è composto da ben 80 set di descrizioni di emozioni fornite dai partecipanti. Ogni set di descrizione di

emozioni contiene da 1 a 3 differenti emozioni, riflettendo così una reazione emotiva complessa degli utenti ad ogni singolo video. I

set descrittivi delle emozioni sono divisi, secondo il Geneva Emotion Wheel, in gruppi positivi (es. divertente, interessante,

emozionante ecc.) e negativi (es. disgustoso, irritante, deludente ecc.). I risultati raccolti dai ricercatori dimostrano che il 57% delle

emozioni appartengono al gruppo positivo e il 43% a quello negativo. Il sorprendente numero alto di emozioni negative utilizzate

nelle descrizioni contrastano con le recensioni generalmente positive dei video, dimostrando reazioni emotive complesse e spesso

contraddittorie. I risultati suggeriscono il bisogno di video realizzati per il target di riferimento, al fine di incontrare l'interesse di

diverse tipologie di clienti. Visto che il coinvolgimento emotivo è al centro del video marketing, comprendere la relazione tra un video

e la reazione emotiva delle persone è la chiave di successo. Come i risultati preliminari di questo studio suggeriscono, i video con i

punteggi che indicano un coinvolgimento maggiore sono anche quelli che hanno più successo all'interno dei siti di video sharing.

Non c'è una formula magica per creare una campagna di video virali, ma l'empatia con gli utenti è un fattore cruciale di successo per

qualsiasi campagna promozionale e di video marketing.

5.4 Aspetto promozionale e commerciale dei video online: conoscenza del brand e intenzione di acquisto

Ogni destinazione o operatore turistico offre qualcosa di unico ai turisti e tali caratteristiche peculiari si riflettono sulla sua immagine,

sul suo brand. La WTO (World Tourism Organization), durante un meeting a Manila tenutosi a marzo 2006, ha definito il brand di

una destinazione come "una combinazione unica delle caratteristiche del prodotto e di valore aggiunto, sia tangibile che intangibile,

che acquista un significato legato in modo intrinseco ad una destinazione, la cui conoscenza può essere conscia o intuitiva. Il brand

non è quindi solo un logo ma un'esperienza e un'immagine che identifica un sistema di valori". (Cleverdon e Fabricius 2006)

5 Un tag è una keyword o una parola associata a un contenuto come un post in un blog, un'immagine, un articolo o un video. I tag sono scelti in modo informale e solitamente è possibile che chiunque aggiunga un tag. I tag vengono usati per catalogare i contenuti e facilitare al ricerca.

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I media online sono tra i luoghi più importanti in cui posizionare, difendere e far crescere un brand. E' il luogo in cui offerta e

domanda si trovano faccia a faccia, e un breve video online è il miglior modo per promuovere e vendere una destinazione, delle

attrazioni, dei tour o degli hotel, rafforzando nel contempo il brand, secondo quanto affermato da uno studio di Double Click (2009,

divisione di Google e Dynamic Logic. Lo studio si è concentrato sul valore del brand comunicato attraverso diversi strumenti online,

tra cui i video. I ricercatori hanno confrontato le performance di più di 4.000 brand che utilizzando i cosiddetti rich media, come foto

gif, jpg, pubblicità in formato flash e video, concludendo che il format pubblicitario più usato è il flash (55%) e i formati di foto gif e jpg

(39%) e solo il 6% delle campagne promozionali sul brand utilizzano i video (figura 23). Al contrario, i ricercatori hanno scoperto che

il formato più utile per promuoversi sono appunto i video, in quanto aiutano a diffondere la conoscenza del brand, la riconoscibilità

delle pubblicità online, le percezioni positive intorno al brand e la capacità di indurre all'acquisto, anche se hanno una scarsa

capacità di favorire l'associazione tra brand e il valore del messaggio pubblicitario. Di conseguenza, visti gli importanti vantaggi che il

video marketing offre e la prevalenza di pubblicità in formato flash, si evidenzia un disallineamento tra format scelto e obiettivi

promozionali.

I dati dimostrano che i video sono gli strumenti di maggiore successo nel guidare gli acquisti, con in media un aumento del 1.16%

nell'intenzione di acquisto se comparato con altri format, come jpg, gif e flash. Inoltre, i video hanno un impatto positivo nella

riconoscibilità e conoscenza del brand:

2.30% di aumento nelle percezioni favorevoli intorno al brand;

1.90% di aumento nella riconoscibilità del brand

2.60% di aumento nella riconoscibilità delle pubblicità online (figura 24)

In conclusione i video eccellono nel raggiungere obiettivi di brand e di vendita, proprio perché aiutano a unire informazioni, emozioni

e coinvolgimento con un prodotto, servizio o destinazione.

Figura n. 23 Rapporto percentuale tra l'utilizzo di rich media e video online nella promozione

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Figura n. 24 Performance a confronto tra rich media e video online

Per quanto riguarda nello specifico il settore turistico, il sondaggio condotto da Harris Interactive® tra il 27 e il 31 ottobre 2005 e

pubblicato da VFM Leonardo (VFM Leonardo & Harris Interactive®, 2005), con un campione di 2931 americani con più di 18 anni,

di cui ben 1935 acquistano i loro soggiorni in hotel online, dimostra l'importanza dei contenuti visuali per gli hotel. Tra i fattori che gli

utenti online classificano come "molto importante" nel selezionare l'hotel, le foto, i video e i tour virtuali risultano avere punteggi

maggiori rispetto ad altri fattori chiave, come le stelle dell'hotel, le informazioni sulla destinazione, i programmi fedeltà, il brand

dell'hotel e le recensioni di altri viaggiatori. I contenuti visuali risultano inoltre essere più importanti per alcune categorie di

viaggiatori, soprattutto tra chi viaggia e acquista online frequentemente (7 o più volte l'anno), tra chi ha figli e tra le donne.

Figura n. 25 Fattori importanti nella selezione dell'hotel, diversi dal prezzo e dalla location

Nonostante la dichiarata utilità degli strumenti visuali nello scegliere l'hotel, molti degli intervistati lamentano una scarsa qualità e

quantità di tali strumenti, soprattutto tra chi acquista i propri viaggi sulle OTA, come dimostrano i grafici sottostanti.

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Figura n. 26 soddisfazione degli utenti nella quantità e qualità dei video online

La scarsa soddisfazione dei turisti sulla qualità e quantità di video disponibili online, come anche la scarsa propensione degli

operatori del settore e destinazioni turistiche ad utilizzare i video, dimostrano un disallineamento tra quanto richiesto dalla domanda

turistica e quanto viene loro offerto. In uno altro studio pubblicato sempre da VFM Leonardo, si nota come alcuni dei primi

esperimenti promozionali attraverso i cosiddetti rich media (foto, video, tour virtuali, flash ecc.) si sono focalizzati troppo ed

esclusivamente sulla tecnologia, e non sulle possibilità che tale tecnologia offre al turista, il reale valore aggiunto che i rich media

permettono di ottenere (VFM Leonardo & Sapient, 2004). Al contrario l'uso dei rich media, e dei video in particolare, dovrebbe avere

come focus la valorizzazione dell'esperienza del cliente, dovrebbero essere strumenti utili che forniscono le informazioni giuste e

invogliano all'acquisto. Perché, se le animazioni flash sono tra le più gettonate e amate dagli operatori, come confermato anche dai

dati della sopra citata ricerca di Double Click, i clienti al contrario cercano delle esperienze virtuali e visuali in grado di aggiungere

valore e informazioni prima dell'acquisto di un viaggio.

Oggi ci sono sempre più opportunità di coinvolgere un consumatore attraverso una pubblicità online, ma non si tratta solamente di

un maggior numero di canali promozionali esistenti, bensì di promozioni maggiormente studiate per il pubblico di riferimento. Se si è

fin qui detto che il video marketing può incrementare il coinvolgimento del consumatore, questo non significa semplicemente postare

dei video su YouTube. Il marketing del 2010 riguarda piuttosto la capacità di saper incontrare le persone attraverso contenuti

multimediali innovativi, rilevanti, creativi e avvincenti.

Riassumendo i punti focali delle ricerche internazionali sopra illustrate, si evince che un video sul web risulta essere uno strumento

efficace di marketing perché:

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1. Viene visualizzato solo da chi è interessato, in quanto l’utente può decidere se visualizzarlo, se una volta iniziata la

visualizzazione interromperla e sopratutto se condividere la visualizzazione con altri utenti/amici.

2. Aumenta la fiducia del potenziale cliente

3. Influisce sulle scelte d'acquisto dell’utente anche più delle recensioni

4. Favorisce la conversione, grazie alle sue caratteristiche emozionali

5. Può generare viralità

5.5 Strumenti di video marketing: come produrre, mostrare e diffondere i video

I risultati delle ricerche svolte consentono di avviare il loro trasferimento agli operatori turistici, allo scopo di migliorarne le

performance manageriali in Wvm. A tal fine, proponiamo il metodo dei quesiti: si pone una domanda che i practitioner pongono nel

corso dei seminari e l’esperto in Wvm risponde in termini di pensiero applicato, contestualizzando la risposta, perché non è un

venditore di software e di soluzioni miracolistiche ma un professionista riflessivo o philosophic pratictioner (Costa, 2005)

Data l'importanza dei video nel business turistico, capire come produrre, mostrare e diffondere i video online è importante. A tal fine,

abbiamo preso ad esempio, come case study, la produzione di video realizzata da VFM Leonardo, una delle compagnie leader nel

management e distribuzione di contenuti visuali online.

Durante il webinar "Welcome to the video economy: learn how successful hoteliers are producing, displaying and syndicating video

online", presentato attraverso il loro sito web il 23 settembre 2010, la VFM Leonardo ha spiegato come produrre, mostrare e

diffondere i video online, mostrando anche una serie di esempi e best practice di hotel che hanno saputo realizzare strumenti

multimediali promozionali, che combinano testo, video e foto.

Primo quesito: come produrre un video?

E' importante definire una storia da raccontare, una storia che metta in luce le caratteristiche uniche di un hotel, prodotto o

destinazione, una storia che emozioni, che coinvolga il cliente. E' importante ispirare il maggior numero di turisti spingendoli

all'acquisto, dandogli una ragione per scegliere una destinazione turistica o un operatore invece di un concorrente. Sviluppare un

video di successo richiede la conoscenza dei propri consumatori, sapere cosa dicono della destinazione, cosa rende una meta

unica, quali sono le caratteristiche distintive dei competitors, cosa può ispirare e coinvolgere il turista. Sintetizzando, un video

promozionale deve essere:

autentico, catturando gli "elementi umani"

rilevante, per specifici target di turisti

coinvolgente, con elementi di intrattenimento

disponibile, quindi facile da trovare online grazie ad apposite pagine ottimizzate

condivisibile, cioè facile da condividere attraverso i social media

breve

con interviste e video-recensioni, per conoscere i proprietari o lo staff, creando un senso di familiarità e di fiducia

con una storia da raccontare che sappia esprimere il valore e l'unicità di ciò che si vende

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E' importante evitare di riprodurre nei video "falsi idilli un po' noiosi", anche al fine di incrementare l'attenzione degli utenti e la

possibilità di effetto virale. Un ottimo esempio virale in tal senso è il video dell’Hans Brinker Hotel (BOX n. 8) che usa la fantasia, la

creatività, ma soprattutto il coraggio di mettersi in gioco con qualcosa di diverso, per spingere l'effetto virale del video promozionale.

BOX n. 8

Il peggior hotel del mondo: l'efficacia del video marketing non convenzionale (Booking Blog, 2010; Video Youtube

http://www.youtube.com/watch?v=uv3KqZUY_qc)

La singolare campagna di video marketing virale di un ostello di Amsterdam, l’Hans Brinker Budget Hotel, inneggia all’estrema

onestà dell’hotel, che non si preoccupa di elogiare le proprie mancanze, persino esagerate, come segni distintivi e peculiari della

struttura, tanto da definirsi nel video il peggior hotel del mondo. Nel video viene sviluppata un'idea creativa ed efficace, in grado di

descrivere la struttura ricettiva ma che risulta anche interessante e piacevole, tanto da spingere l'utente a sua volta a condividere il

video con amici e parenti.

Questo magistrale esempio di video marketing non convenzionale invece di cercare di convincere gli utenti di essere il miglior ostello

al mondo, si lascia invece andare ad una serie di divertenti confessioni sulla propria sporcizia e sul suo stato di minimalismo definito

"eco-friendly”: ovvero la totale mancanza di servizi e di comodità, vista come un aspetto salutare per il pianeta e la persona. Si

passa infatti in rassegna la mancanza di scale, di tv e telefono, solo per citarne alcune. In poche parole l’ostello Hans Brinker, assai

poco attraente e curato ma a con prezzi bassissimi e con una location centralissima, ha saputo giocare con i suoi aspetti “negativi”

rendendoli, se non positivi, per lo meno divertenti ed unici.

La campagna ha avuto molto successo on-line, tanto che ne hanno parlato blog e testate giornalistiche: l’ostello ha un sito ufficiale

contente semplicemente il booking engine e alcune pagine che ripercorrono gli aspetti della campagna di marketing, che si

concentra soprattutto sulla pubblicazione di un video su YouTube, ispirato alla propria “eco-sostenibilità”, visibile al seguente link:

http://www.youtube.com/watch?v=uv3KqZUY_qc

Sul sito ufficiale l’ostello dichiara di aver ottenuto ciò che voleva: raggiungere migliaia di utenti, incuriositi a tal punto da prenotare.

Molti sono i punti di forza di questa campagna di video marketing alternativo e virale, tra questi:

1. la capacità di ribaltare completamente le regole e i canoni pubblicitari tradizionali, rendendo il messaggio unico, creativo e

divertente

2. la capacità di rivolgersi con il linguaggio giusto al target giusto: ragazzi giovani con un budget molto basso, che si trattengono ad

Amsterdam per pochi giorni e si accontentano di poco.

3. la capacità di trasmettere l'immagine aziendale in modo trasparente, ovvero di una struttura ricettiva low cost dalla qualità

bassissima.

Un perfetto esempio di come oggi per avere successo sia necessario essere “diversi, unici e inimitabili"

Come mostrare un video sul sito web ufficiale?

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Esistono tre diversi modi maggiormente adottati da molti siti e-commerce per mostrare i video all'interno del proprio sito internet. Si

possono realizzare dei link al video, o delle icone che invogliano il cliente a cliccare per guardare il video, o dei video inseriti

direttamente all'interno del sito. Tutti e tre i modi sono efficienti, seppur i video inseriti direttamente nella home page o nella pagina

relativa ad uno specifico prodotto, generano solitamente i più alti tassi di visione. Si può quindi concludere che il migliore modo per

mostrare i video sia nella home page, evitando di nascondere i video sotto una lunga serie di click.

Come diffondere un video?

Ogni video deve raggiungere un vasto pubblico di consumatori ed è quindi essenziale diffondere i video promozionali attraverso

diversi canali online e siti internet, come i social media, siti di video sharing e siti dedicati al turismo. Essere presenti in diversi siti

web con uno o più video aumenta, infatti, le possibilità di essere notati dagli utenti che si possono convertire così più facilmente in

clienti. David Attardi, direttore dipartimento e-commerce per B.F. Saul Company’s Hotel Division, in un'intervista a VFM Leonardo

argomenta l'importanza dei contenuti visuali come parte di una strategia promozionale coordinata degli hotel. Attardi afferma infatti

che per ogni contenuto visuale, sia esso una foto, un video, una presentazione flash o un tour virtuale, occorre pianificare un'attenta

strategia distributiva, proprio perché tutti insieme concorrono a creare un mix promozionale e, a tal fine, devono comunicare un

messaggio coerente, sulla stessa linea d'onda, indirizzato ad un preciso target, con una medesima storia da condividere. Rendere il

contenuto targettizzato, mettendolo in evidenza nei diversi luoghi in cui diversi target acquistano, risulta essere un'altra strategia

vincente. Ad esempio, i viaggiatori business preferiscono acquistare direttamente sul sito dell'hotel; di conseguenza il video

realizzato per il target business va messo ben in evidenza nelle sezioni del sito ufficiale dedicate ai servizi meeting ed incentive. Al

contrario, i viaggiatori leisure preferiscono acquistare su siti intermediari, come le OTA, pertanto si dovrà optare ad un

posizionamento su tali siti o su siti di video sharing, sia generici che dedicati al turismo. (Attardi D., Settembre 2009)

È bene sottolineare che i video prodotti non devono essere pubblicati solamente sul sito web della specifica struttura (hotel, villaggio,

tour operator, DMO ecc.). È essenziale provvedere alla loro pubblicazione su tutti i siti che offrono l’opportunità di vedere e

condividere i video, come YouTube in primis, ma anche Libero Video, MySpace, Google Video, AOL, MSN, Yahoo Videos, Search

Video, ecc. Questo consente una diffusione ben più ampia e molto più capillare, in quanto il numero di visitatori di questi portali è

molto grande e gli interessi dei suoi fruitori molto variegati. Inoltre i video presenti su siti di video sharing hanno l’opportunità di

essere condivisi spontaneamente con molti utenti, commentati ed al centro di discussioni tra persone.

Se all'effetto virale e community si aggiunge la possibilità di ottenere vantaggi anche nel posizionamento nelle pagine dei motori di

ricerca, si può comprendere appieno l'importanza del video marketing. Occorre però fare in modo che i video siano facilmente

ricercabili attraverso i motori di ricerca che, migrando verso l’Universal Search6, cominciando a mostrare sempre più video fra i

risultati, tanto da far parlare di ricerca visuale. (Digithink White Paper, in www.digithink.tv)

Inoltre, diffondere il materiale fotografico e video sulla rete equivale ad aumentare le chance di essere trovati perché foto e video

geotaggati e caricati sui siti Flickr, Panoramio e YouTube, sono ripubblicati su numerosi altri siti, mappe online e applicazioni mobile,

tra cui Google Maps. Cercando le informazioni sulla una destinazione attraverso le mappe, gli utenti possono vedere anche i video

georeferenziati da Youtube, con tanto di link diretto al canale video di DMO e operatori turistici, come mostra l'immagine sottostante.

(Booking Blog1 Giugno 2010)

6 l'Universal Search di Google è la nuova interfaccia di ricerca del motore americano. La nuova funzione permette di accedere direttamente dall'home page del motore di ricerca a diversi tipi di informazioni in formati diversi come immagini, video, mappe, news e libri. La novità consiste quindi nel mostrare i risultati della ricerca dei vari sottogruppi (web, news, immagini, ecc…) in un’unica pagina. In pratica non sarà più necessario cercare tra le immagini, le news, ed il web separatamente, ma il nuovo Google mostrerà tutto in modo raggruppato.

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Figura n. 27 Video e foto nei risultati di ricerca di Google maps

Risulta quindi importante ottimizzare la visibilità dei video online, grazie a:

1. un buon titolo, contenente le giuste keyword

2. una buona descrizione con link della pagina che si vuole promuovere

3. dei Tag impostati in modo corretto

4. dei link di qualità in entrata (link popularity)

5. l'inserimento di note all’interno del video con il link della pagina da promuovere (Todisco F., 2009)

5.6 Limiti e prospettive

Come tutti gli studi, anche questo paper non è privo di limiti. Il limite maggiore è il prevalente inserimento, nella parte più ‘pratica’, di

pubblicazioni provenienti da canali informativi espressi dall’industria turistica senza una teoria scientifica di riferimento. Pertanto,

anche allo scopo di potenziare o di rivedere la teoria del turista post-moderno come mix di oculocentrico, di polisensorialità e di

logocentrismo conversazionale, caratterizzato da un uso attivo e combinatorio delle immagini per costruire un’esperienza centrata

sul suo sé e da connessioni intermittenti che mixano velocità e lentezza, occorre un’estensione dello studio alle pubblicazioni

provenienti da riviste scientifiche con maggior reputazione di quelle espresse empiricamente da centri di ricerca operanti

esclusivamente nel trade. In tal modo, si potrebbe rispondere con un framework più robusto a ‘chi è l’e-tourist visuale’, a ‘come

svolge le sue ricerche per acquisire informazioni e prendere decisioni d’acquisto, a ‘come progettare e gestire uno scambio sociale

tra comunicazione d’impresa e turista visuale’ ecc.

Altro limite dello studio è l’adozione di un metodo di raggruppare e commentare gli articoli pubblicati, che non è certamente

sofisticato, ma orientato semplicemente a definire lo stato dell’arte (position paper) nell’irrisolto rapporto tra teoria sociale del turismo

contemporaneo, senso e significato dei video nell’economia esperienziale e sue applicazioni nel marketing operativo.

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Infine, il terzo limite è opposto al primo: lo studio contiene pochi dati empirici forniti dai professionisti del turismo e dell’ospitalità nel

commentare le implicazioni operative e l’applicabilità del WVm (ad esempio, come far acquisire nuove competenze ai lavoratori

impegnati nel revenue management).

Il valore dello studio consiste nell’avviare un modello di riferimento per l’istituzionalizzazione del Wvm come nuove settore di studi e

ricerche per comprendere meglio altri studi e ricerche pubblicate sull’e-commerce e sull’e-tourism. In particolare, l’indicazione su

come si fa a progettare e gestire il Wvm stimola i ricercatori ad investigare le attività in corso nelle imprese del turismo e

dell’ospitalità per re-ingegnerizzare l’organizzazione aziendale e sfruttare al meglio le opportunità per soddisfare il post turista di

massa, oltre a ricercare le tecnologie che il mercato propone in un inseguimento privo di una visione strategica del marketing

operativo.

Capitolo Sesto

Ciclo spazio-temprale del viaggio, comunicazione turistica e web marketing

-purpose: delineare un nuovo modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua che unisca in sé le caratteristiche di

ricerca di informazioni e acquisto del turista online e gli innovativi strumenti promozionali di web marketing, al fine di fornire ai DMO

un modello base di guida, attraverso cui strutturare una propria presenza sul web. A seguito dei più recenti studi internazionali, si

evidenzieranno nuovi comportamenti di acquisto del turista che portano all'abbandono di un modello decisionale lineare, che mal si

addice alla struttura e alle possibilità offerte da Internet e, nel contempo, portano alla strutturazione di nuove strategie di marketing e

di web marketing e nuovi modelli manageriali,

-metodology/design/approach: analisi della letteratura scientifica che delinea un nuovo modello decisionale del turista non più

lineare, grazie all'avvento di Internet. Partendo da tale indispensabile base, si è tentato di delineare un modello promozionale online

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che, grazie ad una totale ristrutturazione della comunicazione interna e all'incentivazione delle partnership collaborative, sia in grado

di creare un'innovativa comunicazione esterna, verso il turista, avvalendosi dei più moderni strumenti di web marketing.

-findings: La crescente competizione nel settore e i nuovi scenari che si presentano, richiedono un ripensamento dell'intera

impalcatura del marketing, tradizionalmente inteso, e un suo adeguamento -sia strategico/operativo che manageriale - per

comprendere e gestire i comportamenti degli utenti nell'era del cosiddetto web 2.0.

-research limitation/implication: Il modello di comunicazione circolare e discontinua è stato pensato per essere applicato ai DMO. Si

auspica quindi un ampliamento della ricerca attraverso studi empirici e applicazioni anche ad altre organizzazioni turistiche, come

hotel, tour operator e associazioni.

-pratical implication: Il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua propone una schematizzazione in 5 fasi

operative, al fine di rendere applicabile il modello teorico a realtà turistiche e territoriali diverse. Il quadro teorico genera uno

strumento operativo, con spunti e strategie di web marketing per gli operatori turistici.

-originality/value: Il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua trova un spunto di innovazione e riflessione nella

volontà di unire i cambiamenti apportati dal web sia alla domanda che all'offerta turistica, al fine di strutturare un piano di web

marketing competitivo

-keywords: web marketing, comunicazione circolare e discontinua, dialogo, always on, DMO, ciclo spazio temporale, modelli

decisionali

6.1 Introduzione. Tre metafore per comprendere la comunicazione turistica

Spesso, per spiegare il fenomeno comunicazione gli studiosi si sono serviti di alcune metafore che hanno cercato di raffigurare

quanto gli stessi teorizzano sul valore e sull’importanza della comunicazione.

Al riguardo ho scelto di descrivere tre metafore sulla comunicazione che cercano di spiegare tale fenomeno utilizzando due

immagini contrapposte: la metafora della “guerra” utilizzata da Pechlaner e Weiermair (2000) e da tutti gli aziendalisti di matrice

evoluzionistica, quella dell’ “orchestra” di Fabris (2003) e di altri sociologi dell’organizzazione post-fordista e quella qui proposta o

“drammaturgica”.

La prima offre un’immagine, molto forte, di come il fenomeno comunicazione agisca sul mercato in una sorta di grande teatro di

guerra: la competizione degli stakeholders che operano nel mercato è raccontata come se gli operatori economici fossero in guerra,

costantemente impegnati a vincere se vogliono sopravvivere in una visone un po’ darwiniana e un po’ hobbesiana della guerra di

tutti contro tutti purché esca fuori il migliore della specie.

L’altra esprime come l’armonia tra gli strumenti utilizzati nel mix comunicazionale sia un requisito indispensabile per una buona

riuscita della comunicazione. Essa si collega ad una visione in cui il potere economico mostra un ‘volto amichevole’ allo scopo –

piuttosto ambiguo – di far convergere le intelligenze verso un prodotto finale che ha valore in sé, trascendente le competenze

specialistiche di ciascuno e dotato di una ‘bellezza’ post-moderna, scollegato dalla sfera degli interessi materiali perché la ‘mano

visibile’ del manager-direttore d’orchestra guida tutti verso l’eccellenza o l’‘armonia’.

La terza metafora è la più innovativa perché è connessa alla gestione della comunicazione one-to- one e ai “service encounters” che

connettono le “rappresentazioni” o immagini del turista con le decisioni del destination manager nel corso del ciclo spazio temporale

del viaggio. Considera la comunicazione una risorsa strategica, tipica della società della conoscenza, e non soltanto una funzione

dell’attività economica di una azienda o di un territorio gestito come un’azienda collettiva. Costituisce l’applicazione congiunta di due

idee: il turismo è un’esperienza, per cui i beni e i servizi sono una specificazione del fatto che si vende l’immateriale, e la

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comunicazione è un’attività permanentemente utilizzata dal destination manager per ‘vigilare’ il comportamento dei suoi clienti,

definendo un rapporto orientato alla personalizzazione anche quando, vincolato dai costi di gestione e promozione, offre un

prodotto standard quale i pacchetti turistici.

6.2 - La metafora della guerra

Tra i vari dibattiti che cercano di stabilire la reale importanza della comunicazione, una riflessione colpisce per la crudezza delle

immagini che utilizza. Ci si riferisce ad una descrizione di Della Volpe che recita così:

“La comunicazione è un’arma che può diventare tanto più efficace e potente quanto più se ne conoscono le implicazioni e le sfaccettature. Negarle un ruolo nell’ambito di un’azienda significa rimanere un passo indietro e avere un’arma in meno nella lotta competitiva e diventare facile bersaglio e vittima delle capacità comunicative altrui” (Della Volpe, 1997, p. 293)

Tale affermazione non è un’eccezione negli studi di marketing turistico aziendale. Poiché la competizione ha un ruolo importante, le

rappresentazioni degli aziendalisti tendono a mutuare alcune espressioni del linguaggio militare, come “strategia” e “tattica”.

Talvolta, non sempre tengono a freno l’utilizzo di tali metafore. Sembra che il mercato turistico sia una guerra di tutti contro tutti

perché ogni azienda è raffigurata come un combattente solitario dominato da “minacce” e “opportunità”, “punti forti” e “punti deboli”,

tipici dell’analisi Swot. L’analisi Swot è uno degli strumenti adottati dai marketers turistici per sviluppare un buon piano di marketing.

L’acronimo inglese indica le parole strenght, weakness, opportunity, threath: i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le

minacce a una azienda o a una destinazione. La tabella Swot presenta gli aspetti su cui intervenire per il ‘potenziamento’ della

destinazione se vuole ‘conquistare’ quote di mercato secondo il presupposto filosofico che esistono soltanto ‘vincitori’ e ‘vinti’ (cfr.

Pechlaner e Weiermair, 2000)

La “dichiarazione di guerra” è una metafora utilizzata per mettere in guardia chi sottovaluta la reale utilità delle strategie

comunicative, corre il rischio di essere sconfitto e perde la “battaglia”. I concorrenti fanno profitti togliendo quote di mercato

all’organizzazione sconfitta, che quindi esce dal campo di battaglia ovvero dal mercato.

La comunicazione, secondo tale assunto, è uno strumento che agisce all’interno di un mercato libero, in cui la competizione è alta e

le regole spesso non stabilite in maniera chiara. Da qui la forte immagine della guerra che si riferisce alla libertà di azione di ogni

marketer in grado di scegliere i mezzi e le strategie comunicative più idonee al fine di ottenere i massimi vantaggi competitivi

Spesso gli autori non si accorgono di utilizzare il linguaggio ingenuo e talvolta infantile della guerra come metafora che, pur

cogliendo alcune verità, appare sbilanciata verso una conflittualità che non si accorda con i valori culturali e relazionali ispirati

all’amicizia (cordialità, sorriso, comprensione della diversità ecc.) che hanno fatto e continuano a fare la storia economica del turismo

e dell’ospitalità. La metafora della guerra semplifica eccessivamente le dinamiche reali e oscura gli aspetti sociali del turismo e

dell’ospitalità che svolgono una chiara funzione associativa, e non conflittuale o dissociativa, tra le persone e tra le aziende e i loro

clienti (Costa e Martinotti, 2003).

6.3 - La metafora dell’orchestra

Altra metafora, tutt’altro che bellica, è quella coniata da Giampaolo Fabris (2003) e utilizzata dagli anglosassoni, che ci fa infatti

riflettere sulla comunicazione globale definita come orchestrazione.

Che cosa significa e perché è un argomento che possiamo considerare interessante?

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Per esservi sintonia tra i diversi strumenti di un’orchestra questi devono essere utilizzati nella maniera giusta scandendo il loro

intervento su uno spartito musicale pre-ordinato.

Allo stesso modo, in riferimento a quanto abbiamo detto sino ad ora, la comunicazione funziona all’interno di un armonioso piano di

marketing che definisce chiaramente l’apporto di ciascuno strumento comunicativo utilizzato a tal fine (mix strumenti comunicativi).

L’orchestrazione della comunicazione è il presupposto fondamentale per ottenere una comunicazione realmente efficace e per

consolidare un posizionamento del prodotto forte e coerente.

La comunicazione ha infatti molte forme di espressione a disposizione e, secondo Fabris, l’apporto di ciascuno strumento

comunicativo può essere verificato tramite il communication auditing.

Il communication auditing è una tecnica utilizzata allo scopo di analizzare tutti gli strumenti a disposizione del communication mix per

verificarli singolarmente e stabilire come concertarli in un’orchestra unica che dia loro voce nella maniera più adeguata.

L’approccio di Fabris evidenzia maggiormente il ruolo dei legami laschi tra le persone in funzione delle competenze specialistiche sviluppate da attori all’interno dell’azienda e, a maggior ragione, di un’organizzazione pubblica finalizzata allo sviluppo turistico di

un’area di destinazione che dovrebbe – da metamanager – generare un’immagine non dissonante presso i target che si vogliono

selettivamente attrarre con l’offerta di un’area dotata di una sua coerente personalità.

Rispetto al modello precedente, la metafora dell’orchestra ci introduce anche alla ‘collaborazione creativa’, al ruolo dei ‘gruppi

creativi’ nel generare o nel ri-generare una città per renderla bella e attraente e, poi, vendere i servizi turistici con azioni collettive

per materializzare un’esperienza armoniosa.

L’azione comunicativa avviene in un mercato regolamentato con le sue istituzioni che agiscono secondo regole ben stabilite,

all’interno delle quali è possibile ottenere il vantaggio competitivo sulla base della ricerca e dell’innovazione, nonché di valori

collaborativi del ‘continuo miglioramento’ nella qualità dei servizi. Già Gronroos (1990) aveva teorizzato a partire dagli Anni Ottanta

la qualità dei servizi come apprendimento organizzativo basato sulla risorsa – per nulla conflittuale e guerriera – della conoscenza

del cliente per poterlo soddisfare.

Le regole non sono quelle delle guerra. In particolare, nel turismo, le regole del mercato si basano chiaramente sui valori relazionali,

sull’accoglienza, sull’incontro tra ospitanti e visitatori, sulle emozioni ambientali e culturali che generano armonia. Qualsiasi

atteggiamento o comportamento che induce topofobia (paura dei luoghi) contraddice le dinamiche di un’arena economica in cui gli

attori sono impegnati a costruire topofilia (amicizia per i luoghi). Perciò, ad esempio, Fyall e Garrod (2005) hanno scritto un manuale

di marketing turistico proponendo il ‘collaborative approach’, considerato come a ‘new marketing paradigm’ perché i vantaggi della

collaborazione inter-organizzativa risultano maggiori – soprattutto a livello di incoming – dell’azione solitaria dell’imprenditore che

crede soltanto in se stesso: il rapporti amichevoli tra attori appartenenti a segmenti diversi della stessa filiera territoriale (ristoratori,

albergatori, trasporti, enti locali ecc. ) sono un plus del prodotto perché generano accordi tipici di un’azienda collettiva che opera in

rete rispettando standard comuni che rendono l’area di destinazione più attraente, con un’immagine positiva presso i turisti che

rifiutano diversità di trattamento.

L’area di destinazione non massimizza pertanto i vantaggi competitivi dalla concorrenza regolata attraverso “dichiarazioni di

guerra” o un linguaggio che la richiama. La metafora, quantomeno applicata all’agire turistico, non è così realistica come vorrebbe

essere per la sua crudezza o, quantomeno, per il suo realismo. Non c’è bisogno di un destination manager che guida gli attori

dell’incoming come se fosse un generale impegnato in una battaglia.

Tuttavia, è difficile riscontrare nella realtà che, con atti deliberativi istituzionali, si crei un’immagine unitaria delle aree di destinazione

in grado di sviluppare un appeal verificabile con il communication auditing. E’ un modello troppo tecnocratico, da ingegneria

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istituzionale. E’ troppo freddo e rigido per poter essere rispettato. Richiede un potere ‘forte’ che spesso non c’è. Perché il destination

manager coordini dal suo podio gli attori locali, occorre che esista preliminarmente uno spartito, un’opera, su cui si è d’accordo,

ma questo non succede a livello di comunicazione della destinazione. L’armonia non è data ma va costruita dal basso, le reti

territoriali e comunicative della destinazione non hanno nodi già esistenti ma occorre creare gli ‘attori’ che scambiano informazioni,

beni e servizi.

Non a caso che le due teorie giungono ad una comune conclusione, pur utilizzando due linguaggi contrapposti: la comunicazione è

utilizzata all’interno di un assetto organizzativo che persegue obiettivi precedentemente pianificati secondo logiche collettive piuttosto “forti”. La metafora della guerra e quella dell’orchestra presuppongono una ‘forte’ coesione tra gli attori che operano

nell’organizzazione, tutti tesi ad identificare una mission che esprime tale impegno comune nel raggiungere finalità che trascendono

singoli stakeholders. La realtà locale è invece spesso frammentata

6.4 - La metafora “drammaturgica”

6.4.1 Aspetti generali

Oltre alla metafora della comunicazione come mezzo per la “guerra” in cui sarebbe quotidianamente impegnata un’azienda turistica

e alla metafora dell’orchestra”, elaborata per chiarire il ruolo di ciascun strumento nel mix degli strumenti comunicativi, è stata anche

elaborata una nuova metafora, quella “drammaturgica”

La prospettiva drammaturgica è presente nei primi studi pioneristici di psicologia ambientale, che studia le percezioni mutevoli del

turista come individuo, e nella geografia esperienziale, che studia il vissuto dei luoghi da parte dei diversi punti di vista degli attori

coinvolti nel modellare il luogo. Soprattutto, è diventata rilevante con la sociologia relazionale che ha ripreso alcuni concetti della vita

quotidiana come quello di ‘rappresentazione’, elaborati da Goffman sin dagli Anni cinquanta connessi ad un tema quadro della

filosofia esistenza, la convinzione che gli esseri umani, tra cui il turista, ricercano con i viaggi esperienze sincere, autentiche (cfr.

MacCannell, 2005, Gilmore e Pine, 2007, Pine e Gilmore, 2000)

L’idea-guida è che il mercato turistico, come ogni network sociale, è un ‘teatro’ in cui gli attori recitano un ruolo che è mutevole in

base al ‘contesto’ in cui si svolge l’interazione sociale. All’interno del contesto, le ‘rappresentazioni’, giocate tra ‘front region’ delle

attività commercializzate e ‘back region’ dell’autenticità, cioè tra ribalta e quinte, costituiscono il focus verso cui si rivolge l’attenzione

gli studiosi di interazioni sociali nel turismo.

Vi è infatti un continuum tra l’azienda che mostra, attraverso il mix promozionale, il “volto amichevole” del potere per sedurre i

turisti veicolando il valore autentico al luogo. Lo si può rilevare, ad esempio, nel rapporto tra cinema e turismo: la ‘familiarità’ dei

luoghi rappresentati nella fiction costituisce un potente stimolo per visitare di persona i luoghi visti al cinema, per cui si tratta di

turismo indotto dal film più che di generico cine-turismo ( Beeton, 2005, Roesch, 2009 ). La ‘rappresentazione’ dei luoghi attraverso

nuove narrazioni – ad esempio, quella inventata dalle Film Commission e dai produttori cinematografici – costituisce una nuova

interpretazione dell’autenticità che spinge gli spettatori a vedere ‘oltre’ la fiction per entrare dentro l’identità dei luoghi celebrata dalle

immagini. L’autenticità è rappresentata e incessantemente ripresentata con nuove interpretazioni celebrative.

Pertanto, la prospettiva drammaturgica può essere una risorsa più efficace e pratica della metafora bellica di derivazione

aziendalistica o dell’armonia musicale pre-definita in uno spartito. Stimola il destination manager a dosare, di volta in volta, in

base alle situazioni e i contesti, le informazioni e le immagini per soddisfare con apposite rappresentazioni le attese delle varie

tipologie turistiche: l’unicità del luogo è diversa in base al fatto se la motivazione del viaggio è culturale o sportiva o gastronomica o

naturalistica, alle ‘mappe mentali’ dei gruppi turistici che si vogliono attrarre. Si tratta di un ‘gioco delle parti’. Il destination manager

‘interpreta’ il ruolo di facilitatore degli scambi per realizzare dal basso, per prove ed errori, un’armonia organizzativa basata sulle

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competenze specialistiche degli addetti alla rappresentazione dell’autenticità e sull’incoraggiamento alle interpretazioni delle diverse

aspettative dei turisti. L’autenticità della back region è negoziata e co-prodotta dalle relazioni tra ospitanti e ospiti perché appaga i

protagonismi degli attori.

6.4.2. Il ciclo spazio-temporale del viaggio e la comunicazione circolare

Tra i risultati scientifici più duraturi vi è la seguente idea-quadro: l’esperienza turistica si connette ad un racconto idealtipico che

scandisce la mobilità turistica durante il ciclo spazio- temporale del viaggio turistico.

Già a metà degli anni Ottanta, i sociologi Fridgen (1984) e Jafari (1987) svilupparono alcune osservazioni della psicologia

ambientale, in particolare l’idea che i turisti percepiscono e valutano i luoghi in rapporto alle variabili del viaggio. L’immagine

soggettiva varia in rapporto alle attese o ai ricordi: una meta riceve attributi, emozioni, valutazioni di un certo tipo se è immaginata

prima di partire, quando l’esperienza sta per cominciare, ma ne prevalgono altri quando si torna a casa, quando cioè l’esperienza si

è conclusa e prevale il ricordo, il cosiddetto ‘remembering self’ studiato anche dagli economisti della felicità (Kahneman D., 2007)

Allo scopo di descrivere la fenomenologia del viaggio turistico, Fridgen (1984) e poi Jafari (1987) hanno elaborato una cornice

concettuale in cinque fasi, che la Liebman Parrirnello (2007) considera ancora attuali. Le fasi sono descritte secondo i

comportamenti del turista come se esse fossero i capitoli di un racconto o di un telefilm in 5 puntate: il turista è il protagonista di

vicende che possono essere raccontate come se ogni situazione potesse essere comune e ricorrente per tutti i turisti, qualunque sia

la tipologia o il cluster a cui vengono assegnati attraverso le ricerche di mercato.

Del resto, qualche anno dopo, Jafari e Gardner (1991) descrivono l’esperienza del viaggio turistico attraverso una comparazione

olistica con il lettore di romanzi o lo spettatore di un film, più in generale con l’attività connessa alle narrazioni della fiction. Il turista,

come lo spettatore di un film, vive in casa, la lascia per recarsi al cinema (area di destinazione), vede il film (vive l’esperienza

turistica), ritorna a casa, racconta agli amici quello che ha visto o vissuto.

In tal modo, Jafari e Gardner istituiscono, seppur in modo generale e teorico, il parallelismo tra narrazione del viaggio e

comunicazione. In particolare, rivedono il marketing turistico dimostrando che il manager dell’area di destinazione comunica

“sempre” con il suo cliente secondo un modello di comunicazione circolare.

Il corporate identity management sviluppa un piano di comunicazione basato sulla conoscenza dei punti di contatto che

l’organizzazione turistica stabilisce in rapporto alla situazione psico-sociale in cui si trova il singolo cliente nel ciclo spazio-temporale

del suo viaggio.

Secondo Fridgen, le 5 fasi sono le seguenti:

1. anticipazione, cioè quando il turista pianifica il viaggio e fantastica intorno alla destinazione

2. viaggio verso il luogo, cioè il materiale spostamento da casa verso la destinazione

3. il comportamento sul luogo, cioè quello che il turista fa durante le vacanze

4. il viaggio di ritorno, il materiale spostamento dalla destinazione a casa

5. il ricordo, il richiamo della memoria e le riflessioni su quanto è successo nel corso del processo precedente

Per Jafari le fasi sono:

1. corporazione: l’individuo è posizionato in una condizione favorevole per il viaggio, le motivazioni sono latenti e su di esse insiste

la comunicazione delle imprese turistiche e la promozione degli enti pubblici

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2. emancipazione. Si distingue in “separazione”, cioè in materiale comportamento organizzativo e in modalità spaziali, e in

“dichiarazione”, cioè la decisione di voler andar via; mentre la separazione segna la crescente distanza del turista dalla vita

ordinaria, la dichiarazione segna l’avvicinamento alla vita non ordinaria

3. animazione: l’immersione nella realtà non ordinaria, nel magnete: essa si distingue in due sottofasi: il “coinvolgimento totale”,

caratterizzato da inversione rituale; il “commiato” o lento finire delle performances

4. rimpatrio: il ritorno a casa per ricordare l’esperienza e per sottomettersi al flusso principale della vita ordinaria

5. incorporazione. Il turista è stanco nella mente e nel corpo, ricorda con piacere ed è pronto a ricominciare

Figura n. 28 Rielaborazione del modello del “ciclo spazio temporale del viaggio turistico”

La teoria di Fridgen e Jafari assume il punto di vista drammaturgico perché il turista è visto come un attore che vive situazioni

speciali, soggettive e irripetibili, che si inscrivono in una struttura narrativa ricorrente, in un modello-base simile per tutti.

Per molti anni la teoria drammaturgica non ha inciso sui principi e le procedure del marketing aziendale e delle aree di destinazione,

è rimasta confinata a livello di ricerca scientifica.

Costa (1989) si è limitato a verificare che, nel modello di Fridgen-Jafari, occorre considerare l’interazione tra il turista e i fornitori di

servizi di incoming come una “costante”: la comunicazione interpersonale, oggi diremmo interattiva, tra ospitanti e visitatori, è

considerata una componente importante per misurare la soddisfazione del turista nell’area di destinazione nella fase del “rimpatrio” o

per incidere sui “ricordi” con l’invio di saluti per l’onomastico o il compleanno del cliente o nella fase dell’incorporazione con il

passaparola. Pur avendo individuato le potenzialità per il marketing operativo, non ha fatto il passo successivo: far derivare,

coerentemente con la tesi, che si vendono esperienze di cui i beni e i servizi sono la materializzazione, il piano di marketing dalla

comunicazione.

Dichiarazione

Dichiarazione

2 -EMANCIPAZIONE

Separazione

1 -CORPORAZIONE Emissione

3- ANIMAZIONE

Orientamento Commiato: addio

Revisione

4 -RIMPATRIO

SottomissioneOMISSIONE

5 INCORPORAZIONE Emulsione

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Figura n. 29 Ruolo della comunicazione nelle diverse fasi spazio-temporali del viaggio turistico

Bisogna attendere il 2002 perché il modello venga finalmente implementato sul piano del marketing territoriale con il volume di

Godfrey e Clarke (2002, p. 209). Nel capitolo ottavo del volume, dedicato all’accoglienza nella destinazione e all’attenzione al

cliente, viene formulata l’idea che il management dell’incoming possa comunicare con il turista in modo stabile e duraturo, a livello

metodologico, alla gestione dei servizi e concorra alla qualità relazionale.

Gli autori riprendono gli stadi della visita turistica e approfondiscono il tema della profittabilità della comunicazione all’interno di un

marketing territoriale che metta al centro la comunicazione come attività strategica e tattica.

Ma analizziamo più nel dettaglio i differenti stadi considerando quanto l’apporto della comunicazione concorra alla definizione di

ogni tipo di attività intrapresa, appunto, dalla località turistica per relazionarsi con il potenziale consumatore.

6.5 - Stadi della visita turistica

6.5.1 La fenomenologia del viaggio

La fenomenologia spazio-temporale del viaggio, riprendendo gli schemi della psicologia ambientale e della geografia esperienziale,

evidenzia:

Pre-visita: ricerca di informazioni, raccolta di indicazioni, verifica delle conoscenze personali, uso di sistemi di prenotazione,

decisione d’acquisto

Arrivo: viaggio verso la destinazione, impressioni iniziali, benvenuto ed accoglienza, eventuali code

Soggiorno: ottenere il prodotto nel modo giusto, raccolta di informazioni, verifica capacità del personale, lamentele sui sistemi di

gestione

Partenza: ultime impressioni, valutazione a consuntivo, viaggio di rientro dalla destinazione

Ricordi: raccomandazioni con il passaparola ovvero lamentele sui sistemi di gestione

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6.5.2 Pre-visita

Lo stadio pre-visita è basato sulla capacità della destinazione di agire in maniera attiva sulle aspettative e sulle decisioni del

potenziale fruitore attraverso una promozione adeguata: “comunicazione è promozione” e la ‘promozione ha come conseguenza

finale la vendita’ (Ejarque, 2002).

In questa fase, il ruolo delle informazioni fornite al cliente sarà fondamentale e avverrà attraverso la raccolta di informazioni e la

ricerca di indicazioni più precise che devono essere capaci di materializzare l’experience good e dunque di trasmettere l’autenticità

della destinazione al cliente.

Nella fase pre-visita è fondamentale che la destinazione si organizzi a 360° in maniera tale da offrire al potenziale cliente, tramite

diversi strumenti comunicativi, una serie informazioni che gli permettano di entrare in contatto e conoscere la località ancor prima

dell’arrivo.

Gli strumenti a supporto del mix comunicazionale possono essere tangibili, pensiamo al ruolo svolto dalle brochures turistiche. Le

immagini riprodotte nel materiale cartaceo a scopo comunicativo influenzano spesso la selezione della destinazione da parte del

turista che cerca di ritrovare nella sua personale esperienza di viaggio quanto ha già immagazzinato nella sua esperienza visuale.

Le brochures, infatti, non hanno solo lo scopo di trasmettere informazioni, ma sono finalizzate soprattutto a suscitare il desiderio di

recarsi in una determinata località. Pertanto sono ricche di immagini e concorrono a generare il ‘sogno ad occhi aperti’ che precede

la partenza con i miti del Paradiso marginale, localizzato lontano dalla città di residenza e dell’Avventura nell’altrove (Costa, 1989).

Infatti, lo sguardo romantico continua ad avere un peso rilevante nell’immaginario turistico che si pone come ‘straordinario’ rispetto

all’’ordinario’, alla routine della vita quotidiana, soprattutto per i ceti sociali che scelgono ancora la vacanza ad un ‘unico boccone’ (in

estate) e la vivono come compensazione per lavori di routine considerati stressanti, per cui, come il venerdì prima del week end, non

si vede l’ora di lasciare il posto di lavoro. In tale contesto, la destinazione deve essere proposta per la sua ‘unicità’, quella giusta per

appagare il sogno.

La comunicazione cartacea può anche essere costituita da una corrispondenza che la destinazione intrattiene personalmente con il

cliente invitandolo a conoscere le bellezze dei suoi luoghi, o, in una fase in cui il cliente già conosce la destinazione, richiedendo,

attraverso il supporto cartaceo (lettere) o multimediale (mail) le sue opinioni.

I tempi di risposta alle richieste del turista definiscono se il servizio pubblico è efficace ed efficiente. Se passano pochi giorni, si

comunica un’immagine di ospitalità e di attenzione al cliente; se passano parecchie settimane, il messaggio è opposto e si corre il

rischio di perdere il turista che, nell’attesa, ha optato per una destinazione concorrente. Pertanto, un ricercatore, che agisce da

“acquirente misterioso”, può testare, attraverso il metodo comparativo il diverso modo in cui le differenti IAT (uffici di Informazione e

Accoglienza Turistica) rispondono alle stesse richieste di un cliente e tentano di soddisfare le sue esigenze con cortesia e in modo

personalizzato e tempestivo.

Il fine per la destinazione, oltre a quello di intrattenere un rapporto privilegiato ed unico con ogni cliente, è effettuare una sorta di

analisi swot a monte, utile per comprendere i propri punti di forza e le proprie debolezze, migliorando in tal modo le prestazioni.

Tale analisi, precedente ad un’eventuale e conclusiva verifica di “customer satisfaction”, che viene attuata quando il turista ha finito

le vacanze e si appresta a tornare a casa, somministrata ai clienti, da parte di una destinazione, permette alla località di monitorare

il proprio status sin da subito, così da individuare i diversi cluster a cui poter indirizzare successivamente un’offerta. La valutazione

dell’immagine percepita da parte dei potenziali turistici aiuta a modificare l’immagine proiettata per adattarla alle ispettive verificate

con l’interazione comunicative e conservate possibilmente in un data base operativo.

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In tal modo, la destinazione avrà anche la possibilità di comprendere quale sia il messaggio più adatto da trasmettere ai clienti. Ogni

messaggio deve, infatti, fornire informazioni idonee al target da raggiungere, continue e sempre aggiornate. Così facendo sarà

possibile convincere il cliente, ed eventualmente, fidelizzarlo ad una scelta che ha già effettuato in precedenza.

Inoltre, il cliente con cui si stabilisce un rapporto nella fase iniziale, potrà essere anche stimolato al passaparola (importante nella

fase precedente alla visita e in quella di ritorno a casa) e ad un’eventuale e maggiore propensione a raccomandare ad altri la propria

esperienza di viaggio.

Pertanto, nella fase precedente alla visita lo scopo del servizio è rispondere ad una serie di interrogativi sulla destinazione, in

maniera tale da far sentire il cliente coccolato e seguito ancor prima che lo stesso abbia preso una decisione precisa. Qui è

importante investire sul cosiddetto fattore intangibile, costituito dal capitale umano che si interfaccerà con il cliente attraverso il

telefono o la posta elettronica.

E’ importante che il personale preposto a tale attività comunicativa sia in grado di comprendere i bisogni e i potenziali interrogativi

del cliente al fine di farlo sentire protagonista della sua futura esperienza di viaggio.

Al riguardo è interessante descrivere il ruolo svolto dai call center, che si stanno diffondendo vistosamente anche nel sistema

turistico. Le attività di un call center si dividono in outbound: indagini di mercato, promozione, commercializzazione, verifica della

qualità dei servizi e inbound: assistenza on line, helpdesk, numeri verdi (Dall’Ara, 2005, p. 61) . Lo scopo principale dei call center,

soprattutto in questo stadio pre-visita, è quello di promuovere un prodotto mantenendo relazioni costruttive con i clienti, informandoli

e cercando di rispondere ai loro quesiti.

Il ruolo dei call center oltre ad essere importante in tale fase, precedente all’acquisto di un prodotto da parte di un cliente, lo è nella

fase di monitoraggio della customer satisfaction, ovvero quando il turista torna a casa, al fine di verificare la sua effettiva

soddisfazione e quanto un’offerta possa essere migliorata e/o modificata in base alle sue richieste, compresi gli eventuali reclami.

La fase di pre-visita si dovrebbe concludere con l’acquisto di beni e servizi presenti nell’area di destinazione e, quindi, dei servizi di

trasporto più idonei alla finalità e alla capacità di spesa del cliente potenziale.

Il destination manager comunica per incidere nell’atto di acquisto, quantomeno cerca di orientare il cliente a prenotare i servizi

dell’incoming. Pertanto, agisce anche da venditore. Se riesce nell’intento, si parla di comunicazione performativa. Perché la

comunicazione influisca sulle scelte e dunque influenzi il modo di agire dei turisti, venendo incontro ai suoi bisogni/desideri, il

venditore spinge, attraverso l’acquisto, alla consapevolezza di identificare gli strumenti più idonei per rispondere allo stato di

bisogno/desiderio.

La capacità d’azione della comunicazione sta nel comprendere cosa davvero può spingere (le potenziali leve d’acquisto) a

trasformare questa tensione in un bisogno di mercato e dunque ad acquistare un prodotto. Le domande fondamentali che il

comunicatore commerciale si pone nella fase iniziale del ciclo spazio-temporale riguardano l’effettiva relazione esistente tra

comunicazione e decisione d’acquisto e dunque quali sono i reali bisogni/desideri e le forze latenti che incidono nel processo

d’acquisto del cliente con cui sta parlando al telefono o a cui sta inviando una e-mail. Se riescono a comprendere questo,

stimolando l’interattività prosumeristica basata sulla fiducia nella produttività dello scambio informativo, i destination marketers

saranno in grado di influire attivamente nel processo decisionale del turista.

6.5.3 Viaggio verso la meta.

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Un altro momento fondamentale in cui i destination marketers dovrebbero mettere in campo la loro attività comunicativa è la fase

denominata ‘viaggio verso la meta’, che precede l’arrivo e non coincide con quella gestita direttamente dal destination manager.

Essa riguarda fondamentalmente il tipo di trasporto scelto dal turista per recarsi in una destinazione. E’ un viaggio di

attraversamento, reso veloce e ageografico dai vettori aerei oppure è territorializzato se si usa l’automobile.

Può essere standardizzato se prevale l’all inclusive tour e, quindi, il destination manager può soltanto monitorare che la qualità sia

confermata e intervenire attivamente in difesa del turista qualora vi siano reclami su fornitori e sub-fornitori, rinunciando all’idea di

separare le responsabilità: si assume il compito di una gestione olistica dell’esperienza turistica, mostrando che esiste un meta-

manager interessato alla completa soddisfazione del turista-cliente, aldilà delle responsabilità dirette della singola organizzazione

aziendale. Quando l’ufficio del destination manager comunica direttamente con i singoli turisti dimostra che esiste un organismo

preposto al customer care, un regista unico che può correggere i comportamenti e riparare i disguidi.

Nel secondo caso, quando il viaggio è compiuto in automobile, è chiamato in causa il destination manager del territorio attraversato.

E’ la fase in cui la località è lasciata sullo sfondo perché il turista, ad esempio, con la sua automobile si sta recando in un luogo

diverso e non ha alcuna intenzione di fermarsi.

Il destination manager può intervenire in tale fase attraverso una comunicazione mirata, utilizzando, ad esempio, la segnaletica

turistica. Il fine è quello di far sentire il turista accompagnato durante il viaggio ed invitarlo a soffermarsi anche nei punti di

passaggio, al fine di suggerire itinerari e percorsi che evadono dal tour predefinito.

La comunicazione in questa fase può inoltre servirsi di indicatori di direzione che svolgono una funzione affine alla segnaletica:

pannelli informativi in loco, cartelli di benvenuto.

Inoltre, la comunicazione che invita il turista a trattenersi nelle località di passaggio può essere realizzata negli autogrill delle

autostrade o in tabelle pubblicitarie lungo le strade che invitano il turista ad una sosta, oppure, se la località si trova vicino al

“magnete” verso cui è diretto il turista, ricordare che può fare un’escursione e trascorrere un particolare week-end (viaggio multi trip).

Ciò è valido per il turista individuale che ha organizzato da sé il viaggio.

Il fine in questo caso è promuovere anche le destinazioni di passaggio, che il cliente attraversa nella fase dello spostamento

precedente l’arrivo alla destinazione scelta. Questo permette alle diverse località di sfruttare al meglio le proprie risorse

presentandole al cliente in una fase itinerante, appunto di passaggio, cercando di agire in maniera diretta, semplice e chiara. Lo

scopo in questa fase è quello di spingere il potenziale cliente a cambiare i suoi piani di viaggio per fermarsi a visitare un luogo non

preventivato prima, perché “colpito” da una comunicazione efficace.

6.5.4 Comportamento nell’area di destinazione.

Anche nello stadio dell’arrivo è determinante il ruolo della comunicazione per la formazione del giudizio iniziale dei visitatori che si

baserà sull’insieme dei messaggi a cui sarà sottoposto e al tipo di trattamento che riceverà in loco.

Bisogna investire molto a livello comunicativo in questa fase perché da questo primo impatto iniziale (e dall’ultimo periodo o

commiato) dipenderà anche il successivo “word of mouth” da parte del consumatore soddisfatto e dunque la sua buona volontà di

raccomandare agli altri la destinazione.

A tale riguardo è molto importante la fase di accoglienza nella destinazione.

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Giocano un ruolo interessante i centri di informazione e accoglienza turistica che spesso costituiscono la prima fermata del turista

appena giunto a destinazione. Infatti, nel punto di informazione si instaura la premessa iniziale per definire la relazione successiva

tra il visitatore e gli operatori del luogo. Per questo è importante che gli IAT garantiscano “servizi immateriali”, quali la capacità di

rispondere alle richieste dei turisti al fine di agire attivamente a sostegno della strategia complessiva di management della

destinazione.

Il capitale umano che gestisce il servizio nei centri di informazione e accoglienza turistica deve essere in grado di analizzare e

comprendere singolarmente le esigenze del turista, in maniera tale da adeguare l’offerta alle richieste dell’utenza. A tal fine, ad

esempio, non vengono distribuite brochure con immagini particolarmente affascinanti. Ormai, il turista è già arrivato. Piuttosto, si

distribuiscono mappe della mobilità, che in modo molto chiaro e semplice indicano i luoghi in cui si può recare.

E’ altresì importante la localizzazione di tali centri di informazione. E’ preferibile che siano situati nei luoghi di accesso alla

destinazione e nei punti di maggior interesse turistico della città (stazioni ferroviarie, aeroporti,ecc..) affinché i turisti si sentano

guidati e seguiti virtualmente durante il loro viaggio.

Nella fase del soggiorno vero e proprio, che costituisce il core dell’esperienza turistica, la destinazione dovrà tenere conto di un

insieme di fattori che permettono la fruizione completa e soddisfacente dei servizi.

E’ essenziale la capacità di garantire una serie di informazioni che facciano sentire il cliente protagonista, applicando alla lettera la

prospettiva drammaturgia. Dunque, in questa fase, il flusso di informazioni fornite al cliente devono garantire un processo di

comunicazione continuo in cui il ruolo del consumatore non è più quello passivo ma quello attivo dello stakeholder che interagisce

con i differenti marketers ai quali offre anche gli spunti, attraverso richieste ulteriori di informazioni, per migliorare gli strumenti

comunicativi di cui l’azienda dispone.

Durante il soggiorno è importante che il turista abbia la possibilità in qualunque momento di avere subito disponibili informazioni, a

tal fine è utile il ruolo svolto in questa fase, come nella fase del viaggio verso la meta, della segnaletica turistica attraverso i pannelli

informativi e di interpretazione. Localizzati nei punti di maggior interesse turistico, vicino a monumenti, piazze o luoghi di rilevanza

storica artistica, servono per raccontarne e descriverne le caratteristiche essenziali al fine di far valutare e apprezzare ciò che forse

da solo il turista non avrebbe avuto modo di considerare.

6.5.5 Partenza.

Anche nella fase della partenza bisogna garantire un’attività comunicativa a tutto campo che consideri le reali aspettative e i reali

bisogni del cliente. Ad esempio, i cartelli di arrivederci ricordano al visitatore quanto ha vissuto e lo rendono consapevole di

un’esperienza che sta terminando ma gli ha permesso di portar via con sè una “parte” del luogo. La funzione segnaletica dunque, in

questo caso, come negli altri citati in precedenza in relazione alle altre fasi, evidenzia un’attenzione del luogo al visitatore e alle sue

emozioni e sensazioni quando transita, arriva e parte dalla meta prescelta come destinazione turistica.

6.5.6 Rimpatrio. Nella fase del “rimpatrio” e quindi del ritorno a casa è importante per i destination marketers poter incidere sui “ricordi” di quanto il

cliente ha vissuto, ad esempio con l’invio di saluti per l’onomastico o il compleanno, una volta che sarà tornato a casa.

Inoltre attraverso la misurazione della customer satisfaction il destination manager potrà valutare il reale valore dell’esperienza del

turista.

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Ciò, oltre a far sentire il cliente protagonista della sua esperienza di viaggio, a cui viene attribuito un valore, permetterà a coloro che

gestiscono la destinazione di agire sui ricordi del cliente e investire nella sua esperienza che se è positiva, porterà il protagonista a

trasmettere ben volentieri ad altri quanto vissuto.

Il cliente diverrà a questo punto un utile ‘strumento comunicativo attivo a disposizione dell’azienda’.

La fase dell’incorporazione e del ricordo è strettamente connessa con quella dell’anticipazione e dei processi decisionali che portano

all’atto di acquisto. Tale connessione può essere utilizzata dal destination manager per continuare a comunicare con il cliente

influenzando positivamente il passaparola (Dall’Ara, 2005) Quest’ultimo è, infatti, un altro strumento utile per promuovere l’immagine

di una destinazione ad un gruppo di potenziali turisti.

6.6 Il ciclo spazio-temporale come base concettuale per il marketing della destinazione turistica

Si è cercato di fornire al destination manager una “bussola di orientamento” affinché renda operativo il principio della frequente connessione intermittente e discontinua tra le sue azioni e le risposte comportamentali del singolo cliente con cui interagisce, sin

dalla fase in cui si formano i processi decisionali dello stesso turista (‘quando’, ‘come’, ‘dove’, ‘con chi’ andare in vacanza e ‘quanto’

spendere).

Il destination manager opera all’interno di un passaggio d’epoca: dalla comunicazione one-to-many, tipica della pubblicità direttiva di

massa con l’azienda di largo consumo che seduce dall’alto i consumatori, ad una comunicazione interattiva-circolare, in cui si

promuovono e si vendono prodotti personalizzati, costruiti su misura, a seguito di conversazioni tra chi vende e chi acquista con

l’appiattimento delle gerarchie tra emittente e ricevente (Costa, 2011).

L’interazione è una forma di prosumerismo non manipolativo perché coinvolge il cliente-consumatore nel processo produttivo del

servizio perché è il venditore che adatta il prodotto alle esigenze del turista e non viceversa. Tramite la comunicazione, il

destination manager ‘mette al lavoro’ il turista affinché l’organizzazione riduca i costi di un servizio con lo scopo di soddisfare il

turista, messo al centro della relazione di promo-commercializzazione: l’interazione comunicativa tramite e mail e web intensifica la

centralità del turista come ‘re’ del mercato, sviluppando una tendenza già iniziata negli Anni Ottanta con i teorici della qualità dei

servizi.

L’approccio costituisce l’applicazione di un diverso modo di concepire il mercato turistico. A differenza della società dei consumi e

del vecchio turismo di massa, il marketer non spinge la vendita di grandi quantità di beni, ma punta alla soddisfazione del turista

perché vende le relazioni che il turista fidelizzato attiva attraverso il passaparola.

In tale passaggio d’epoca, efficienza ed efficacia dell’azione organizzativa non sono raccontate con l’inserimento di alcune

metafore organizzative sviluppate dal marketing, quella della guerra e quella dell’orchestra. Si propone una nuova metafora, quella

drammaturgia, derivata direttamente dalla sociologia del turismo, che mette al centro delle proprie analisi le relazioni esperienziali e

le situazioni (Ryan, 2002), recentemente acquisita anche dai teorici della società dell’accesso (Rifkin, 2000).

La narrazione drammaturgica delle interazioni intermittenti tra turista e destination manager viene raccontata all’interno del ciclo

spazio-temporale del viaggio, suddiviso in 5 fasi, ciascuna delle quali costituisce un nucleo esperienziale da gestire nei termini del

marketing relazionale e territoriale (Godfrey e Clarke, 2002). Il ciclo spazio-temporale del viaggio è inteso come un’estensione in

ambienti virtuali del viaggio studiato nella vita ‘reale’ sin dagli anni Settanta dalla psicologia ambientale e dalla geografia

esperienziale che hanno analizzato il flusso di conoscenze, incontri, ricordi da ‘prima’ della partenza a ‘dopo’, quando il viaggiatore è

incorporato di nuovo a casa.

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Ciò che conta, nella prospettiva drammaturgica della comunicazione circolare, interattiva e discontinua è favorire il protagonismo del turista che è facilitato nella sua auto-realizzazione nel corso della sua esperienza turistica.

La prospettiva drammaturgica della comunicazione turistica innova rispetto ai tradizionali approcci della “guerra” e dell’ “orchestra”.

Infatti la comunicazione diventa un’attività che viene svolta in continuazione dal destination manager per verificare step by step la relazione con il cliente. Consente di essere sempre nella “testa” del visitatore e di migliorare i servizi dell’incoming in funzione

dell’immagine attesa confrontandola con quella proiettata. In particolare, la gestione della comunicazione è in sintonia con la teoria

generale che gli operatori dell’incoming sono venditori di esperienza.

Infine, la prospettiva drammaturgica assorbe l’idea della “vittoria” mutuata dalla prospettiva bellica (ogni incontro riuscito è una

battaglia vinta) e quella della “collaborazione” mutuata dalla prospettiva musicale (tutti gli attori cercano la qualità dei servizi). Integra

e supera gli altri approcci perché mette al centro la comunicazione come attività principale e trasversale del marketing territoriale, per cui si attribuisce alla comunicazione una autonoma funzione strategica, mettendo le situazioni dello spazio-temporale del viaggio, e non la comunicazione aziendale, come insieme di situazioni in cui inserire le azioni del destination manager. In tal senso, la metafora drammaturgia si collega al prosumerismo perché privilegia il ruolo attivo del singolo turista/persona morale.

6.7. L’impatto del web sul ciclo spazio-temporale del viaggio

Nel modello del ciclo-temporale del viaggio vi è una innovazione, cioè viene abbandonato il modello della comunicazione passiva

one-to-many, tipica della pubblicità generalista (Costa, 2011). Tuttavia, vi è un limite: il turista continua ad essere un attore passivo.

Ma è cambiato e sta cambiando il modo in cui il turista cercare informazioni e acquistare una vacanza, grazie al web: i modelli

decisionali lineari iniziano a lasciare il posto a modelli, non solo circolari, ma anche interattivi e discontinui (cfr. Hyde, 2009)

I classici modelli, infatti, schematizzano il processo decisionale per l'acquisto di un viaggio in tre macro attività distinte tra loro:

ricerca di informazioni; pianificazione della vacanza e scelta tra le alternative di viaggio; acquisto della vacanza. Si tratta di processi

ben definiti e che sono il risultato delle caratteristiche della vacanza (durata, budget a disposizione, scopo del viaggio ecc.), delle

caratteristiche del turista (età, reddito, fattori motivazionali, ciclo di vita familiare ecc.), e delle influenze sociali esterne che possono

condizionare sia la scelta della destinazione che il tempo e l'importanza data ad ognuna di queste attività. Si tratta quindi di un

processo lineare che porta alla definizione scientifica e ragionata della scelta di acquisto.

Lo studio di Hyde (2008), oltre ad attribuire un ruolo specifico ad ogni fase, sottolinea l'importanza della fase di ricerca di

informazioni soprattutto per quei turisti a caccia di novità e di uno stile di viaggio esperienziale, al fine di avere maggiori certezze

sulle scelte effettuate, soprattutto per quelle tipologie di destinazioni o attività turistiche poco note o poco praticate dal turismo di

massa. Altri studi invece si focalizzano piuttosto nella fase di valutazione e scelta delle alternative e sulle restrizioni e opportunità

che guidano le scelte.

Secondo la ricerca di Decrop (2010) la scelta di una destinazione è data dalla valutazione di alternative raggruppate in diversi set. Il

posizionamento di una meta in uno di questi set è dinamico e cambia nel tempo e a seconda delle occasioni, del contesto e dello

scopo del viaggio. Si evidenzia così la capacità di scelta di un viaggio solo tra un numero ristretto di alternative, più o meno da 2 a 4,

all'interno un numero molto più vasto di possibilità disponibili.

I set messi in luce dalla ricerca possono essere suddivisi in:

Awareness set, ovvero le destinazioni note ma verso cui non c'è un particolare interesse. Questo set rivela la conoscenza

della meta ma non l'intenzione di visitarla

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Evoked set, le destinazioni sono considerate una probabile meta di viaggi, seppur non per forza il prossimo viaggio

Surrogate set, le destinazioni non sono una priorità per il turista, ma sono considerata un'alternativa valida

Exclusion set, le destinazioni sono rigettate dal turista

Dream set, le destinazioni sono considerate un posto ideale ma permanentemente non accessibili per motivi strutturali

Unavailable set, le destinazioni sono ben considerate dal turista, ma temporaneamente non accessibili per motivi

situazionali

Available set, le destinazioni sono una valida scelta, dopo aver considerato i vincoli situazionali che un turista può avere

Si evidenzia così che la scelta della destinazione non è sempre la maggiore voce decisionale di una vacanza, se comparata con

decisioni che riguardano l'hotel, il periodo di viaggio e il trasporto. Questo perché spesso destinazioni fortemente desiderate non

sono accessibili per motivi economici o familiari o lavorativi, i cosiddetti vincoli situazionali. Lo studio evidenzia inoltre come offerte

speciali e altre azioni promozionali di marketing possono influenzare la scelta di una destinazione, portando il turista ad acquistare

una vacanza presso una meta precedentemente non considerata, ma comunque conosciuta. Così promozioni last minute, low cost

ed early booking hanno più influenza sulla scelta della normale ricerca di informazioni. Seppur lo studio presentato non è stato

pensato per il web, ben rappresenta i cambiamenti che alcuni dei più noti strumenti di marketing possono apportare alla scelta di un

viaggio. In particolar modo Internet si popola ogni anno di più di operatori low cost che fanno del ribasso all'ultimo minuto e delle

offerte a prezzi stracciati i loro punti di forza. Si delinea così un processo di scelta e acquisto che stravolge i canoni classici degli

schemi del processo decisionale turistico appena visti. Spesso sul web non si può più tracciare un percorso lineare e razionale di

scelta di una vacanza, bensì si delinea un modello circolare. Una recente ricerca di Smallman e Moore (2010) afferma infatti che

sono spesso scelte istintive o emozionali a guidare l'acquisto di una vacanza. Basti pensare ai viaggi avventura o di nicchia, in cui è

il valore esperienziale insito nel pacchetto a guidare la scelta, o ai voli low cost in cui è il prezzo a determinare in quale città si

passeranno le vacanze e non il contrario. Lo studio si concentra in una corposa analisi dei diversi modelli decisionali considerati

troppo lineari e orientati a soddisfare in modo scientifico i propri bisogni, evidenziando comportamenti orientati esclusivamente al

raggiungimento degli obiettivi secondo un'attenta valutazione a priori delle alternative, classificate in base alle diverse caratteristiche.

A questo si vanno ad aggiungere le caratteristiche socio-demografiche del turista, le motivazioni del viaggio, l'esperienza nel saper

viaggiare, la conoscenza della destinazione e la sua immagine. Seppur alcuni modelli decisionali ammettono influenze esterne e

meno razionali, come i media, il passaparola e i consigli di amici e parenti, a cui si vanno ad aggiungere le più moderne recensioni

pubblicate su piattaforme sociali (es. TripAdvisor), nessuno ammette la possibilità di scelte effettuate in modo irrazionale o quanto

meno impulsivo, dettato da situazioni del momento, da sconti e offerte o semplicemente da recensioni che possono incentivare o

disincentivare un viaggio, o ancora da contenuti e siti ben strutturati che vanno ad influenzare le emozioni del turista. In un'intervista

pubblicata su VTV Leonardo, Laurence Bernstein, direttore di The Bay Charles Consulting Company, ha infatti affermato che sempre

più frequentemente le scelte di acquisto dei consumatori sono guidate da aspetti esperienziali, grazie a contenuti che ispirano il

turista, che anticipano l'esperienza di viaggio, che fanno sognare e desiderare di viaggiare verso una determinata meta o di

soggiornare in uno specifico hotel. Se le informazioni, i video e le immagini riescono a non essere autoreferenziali e dettate da

politiche di marketing, ma più vicine ai desideri del turista, si riesce a creare un'emozione che blocca il processo razionale di

acquisto, dirottandolo verso un acquisto piuttosto emotivo e d'impulso (VFM LEONARDO3 2009)

A questo si va ad aggiungere un ulteriore studio di Pan e Fesenmaier (2006) che fornisce un modello decisionale turistico pensato

appositamente per il web. I risultati indicano che il processo di pianificazione di un viaggio e di ricerca di informazioni può essere

frammentato in una serie di episodi o capitoli. Grazie all'imponente rete di link e ipertesti il turista salta da un sito ad un altro, segue

un percorso di ricerca per nulla lineare, spesso concentrando la sua ricerca solamente su una componente del viaggio per volta. Ad

ogni nuovo click si presenta uno scenario diverso che può influenzare la scelta della destinazione di viaggio o semplicemente di un

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hotel o di un ristorante. Si scopre così che i modelli decisionali dei turisti non sono così lineari sul web come si ipotizza nei modelli

classici, anzi ci si trova di fronte ad un processo dinamico e contingente.

La scelta di acquisto oggi non è più guidata solo dalla ricerca di informazioni, seppur si tratta di una fase importante che influenza la

scelta e crea aspettative. Sempre più gli strumenti di marketing, e di web marketing nello specifico, dirottano i comportamenti

decisionali di acquisto, ma a questi si vanno aggiungendo anche influenze sociali non più limitate ad amici e parenti, ma allargate a

community virtuali. Il processo lineare che una volta si suddivideva in ricerca informazioni, valutazione delle alternative e scelta e

acquisto del viaggio, oggi si complica. La ricerca di informazioni è spesso frammentata nel tempo e alla ricerca del volo non è detto

che segua un'attenta valutazione delle alternative bensì si può direttamente passare all'acquisto online. E, dopo aver concluso un

acquisto, dedicarsi di nuovo alla ricerca di informazioni, per vedere le attrattive del luogo ed infine dedicare molto tempo a

comparare gli hotel nei diversi portali e siti di albergatori, per scegliere un hotel centrale, con servizio navetta aeroportuale e internet

WiFi gratuito.

Il web, come affermato da Scotti e Sica nel loro libro sul Community Management (Scotti E. Sica R. 2007), sta apportando delle

modifiche: la centralità del cliente e i meccanismi di interattività e di conversazioni spontanee dall'alta risonanza "mediatica", iniziano

ad avere dei risvolti importanti nel successo o insuccesso di un'azienda o di una meta turistica:

"Nel mondo del business sta emergendo una nuova forza. Noi l'abbiamo chiamata "collaborazione di massa"(...) E' una nuova modalità tramite cui le persone possono socializzare, divertirsi, innovare e operare all'interno di comunità tra pari a cui scelgono di partecipare. (...) Per il manager aziendale, l'insegnamento più importante riguarda il fatto che l'organizzazione monolitica, isolata, autoreferenziale, sta morendo. Indipendentemente dal settore in cui operate o dalle dimensioni delle vostra azienda, non potete solo fare affidamento sulle capacità interne e su poche partnership di serie b per soddisfare le aspettative del mercato di crescita e innovazione. Per avere successo, oggi, le imprese devono avere confini aperti e porosi e competere uscendo dalle proprie quattro mura per sfruttare le conoscenze, le risorse e le capacità esterne. (...) Indubbiamente la nuova era della collaborazione di massa apparirà complessa e piena di incertezze, ed è vero che la collaborazione e l'apertura sono più vicine all'arte che alla scienza. I leader devono dotarsi di capacità molto particolari per lavorare negli ambienti collaborativi. " (Scotti E, Sica R., 2007 pp.19-21)

Dalle parole di Tapscott si evince che la collaborazione (sia esterna che interna all'azienda) e l'apertura verso l'altro che il dialogo

con il cliente comporta, sono le competenze richieste per competere, proprio perché il turista è un ricercatore attivo e vuole

conversare con l’azienda o la destinazione priva di avviare il ciclo spazio-temporale del viaggio. Capacità che per divenire vincenti

vanno messe "a sistema" con altre abilità, che richiedono nuovi modi di operare, nuovi modi di concepire la comunicazione e di

promuoversi attraverso il web marketing.

Si propone nel prossimo paragrafo un modello di comunicazione online per riunire in un unico framework concettuale competenze

e strumenti di marketing che gli operatori turistici di successo dovrebbero mettere in atto per realizzare una campagna promozionale

sul web.

6.8 Modello di comunicazione on line, circolare, interattiva e discontinua

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6.8.1 Un modello per progettare la comunicazione

Si propone un modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua, che non si limita a proporre strumenti

promozionali alternativi e di web marketing, Si delinea uno schema di riferimento per la progettazione delle azioni comunicative, in

modo da ottenere una campagna promozionale online organizzata e coordinata per obiettivi e per soddisfare le necessità del turista.

Il modello non si fonda su degli studi empirici personalmente intrapresi, bensì ha alla base la raccolta di riferimenti, case history e

studi connessi a ricerche internazionali e nazionali che evidenziano i cambiamenti apportati da Internet alla domanda e all'offerta

turistica, e la conseguente necessità di nuove strategie di marketing e comunicazione.

Il modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua si pone, dunque, come obiettivo quello di essere un punto di

partenza per quegli operatori del settore che vogliono intraprendere per la prima volta delle azioni di web marketing.

Il modello si propone di unire la visione della comunicazione da parte dell'industria turistica e la visione del dialogo, delle relazioni e

community che caratterizzano il turista del web 2.0. Si vuole cioè unire la comunicazione e organizzazione interna, volta

all'attuazione delle azioni di web marketing per obiettivi, con una comunicazione esterna, per la diffusione delle giuste informazioni e

la creazione di relazioni a seconda delle fasi del viaggio del turista, dalla pianificazione pre-viaggio, al soggiorno a destinazione, fino

al rientro a casa, secondo un modello decisionale non più lineare, come sottolineato nel paragrafo precedente.

6.8.2 Quattro idee-guida

Il modello-guida si basa su tre concetti chiave, che si sintetizzano nelle seguenti parole-chiave :

"comunicazione". La comunicazione è intesa come ‘risorsa energetica’ che scorre nelle dinamiche relazionali del ciclo

spazio-temporale. Si tratti di comunicazione interna all'impresa o DMO o di comunicazione promozionale esterna, diretta

al consumatore finale, gli attori raccontano esperienze, sviluppano piccole narrazioni, propongono interpretazioni

L'importanza di far emergere dinamiche volte a sviluppare la comunicazione, abbandonando il modello del discorso

imposto dall'alto e comunicato in modo autoritario senza possibilità di replica, è appoggiata anche da Roberta Milano:

"solo un orientamento a una cultura dell'ascolto, dell'interazione e della collaborazione, applicato ai rapporti con il cliente ma coerentemente estesa alle relazioni interne all'azienda stessa" (Granieri G., Perri G. p.40), possono dare le basi valide

a strutturare un piano di web marketing di successo. In sostanza, prima di vendere occorre riconoscere che tutti gli attori

del ciclo spazio-temporale del viaggio sono dei comunicatori che trattano informazioni, conoscenze,

competenze,immagini, emozioni. Il web potenzia quindi la polisensorialità del marketer e del turista attraverso la

comunicazione;

"circolare". La comunicazione, sia interna che esterna all'azienda, è circolare in quanto il modello di web marketing

proposto attraversa obbligatoriamente diverse fasi che riportano al punto di partenza: la pianificazione per obiettivi è volta

all'attuazione di azioni promozionali che, a loro volta vanno monitorate per verificare se gli obiettivi posti nella prima fase

sono stati raggiunti o vanno modificati e corretti, proponendo così una nuova pianificazione per obiettivi che ridà vita

all'intero ciclo comunicativo. Qualsiasi comunicazione promozionale o pubblicitaria, sia online che offline, è soggetta ad un

numero di variabili che ne possono modificare l'efficacia o il messaggio trasmesso, per tale motivo il monitoraggio è una

fase molto importante per comprendere la riuscita della campagna promozionale. Il web, però, permette di avere maggiori

riscontri da parte del consumatore finale con l'amplificazione degli effetti di tali feed back. Infatti, sia attraverso un dialogo

interattivo con il turista grazie ai social media, sia attraverso i feed back rilasciati che si trasformano velocemente in

passaparola, positivo o negativo, dell'esperienza turistica avuta, si assiste alla possibilità di aumentare i flussi comunicativi

diretti all'operatore turistico e ad altri turisti. Ogni fase della campagna promozionale diventa così un circolo, in cui gli

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obiettivi e le azioni promozionali intraprese vanno continuamente monitorate ed, eventualmente, modificate, in base alle

relazioni che si intessono online.

“interattiva” Lo scambio di informazioni non avviene più one-to-many , per cui l’emittente orienta il consumatore/turista,

considerato un target passivo. Adesso, è la destinazione che si adatta al turista come ‘persona’ o come ‘gruppo’ multi-

motivato da soddisfare. A tal fine, migliora la qualità delle risorse in base alle immagini percepite, alle aspettative e alle

decisioni combinatorie dei turisti espresse proprio perché sa che vi sono operatori che si mettono nella loro testa (Hyde,

2009). Di certo, la ricerca sul web può essere un piacere in se stesso e il viaggio resta virtuale; sempre più spesso la

ricerca è però orientata ad un scopo e al problem-solving perché l’utente combina le competenze nella navigazione on

line al fatto che è divenuto un viaggiatore esperto che ricerca prodotti e mete personalizzate. Il confronto e la verifica

tramite Tripadvisor o la partecipazione ai Social Network esprimono la domanda di interattività, di relazionalità, di

comparazione, perfino di co-produrre amicizie tra hobbysti per pianificare insieme il viaggio supportandosi nella ricerca di

informazioni (comunicazione many-to-many)

"discontinua". La comunicazione circolare si compone di 5 fasi, la maggior parte delle quali non hanno tra loro continuità

temporale, ma solo una continuità logico-operativa. Il turista, infatti, non è continuamente connesso online durante tutte le

fasi del viaggio, dalla pianificazione al ritorno, ma solo in modo intermittente. Pertanto il dialogo tra operatore turistico e

turista è spezzettato nel tempo ma, allo stesso tempo, mantiene una continuità nella sua discontinuità. In ogni fase del

viaggio, infatti, il turista comunica con gli operatori turistici e con altri turisti, componendo un puzzle informativo e

relazionale che si forma in un lasso di tempo ampio. Questa intermittenza è perfettamente in linea con l'abbandono di un

modello decisionale lineare: il turista infatti può continuare a cercare informazioni e ad acquistare servizi anche in loco,

perché prima di partire ha acquistato solamente un volo e hotel attraverso i sistemi di dynamic packaging delle Olta. E

proprio mentre soggiorna nella destinazione, il turista può ritrovarsi a condividere informazioni con la propria cerchia di

amici virtuali, condividendo foto e opinioni in tempo reale, tanto da far nascere siti che si basano interamente sull'internet

mobile dedicato al turismo, come www.wayn.com. Ma può condividere le proprie opinioni e ricordi anche nel rientro a

casa. Si delinea cioè un comportamento del turista non schematizzabile a priori, proprio perché il collegamento al web e

alle sue attività "sociali" e "relazionali" è potenzialmente e teoricamente sempre possibile, in quasi ogni parte del mondo,

seppur non è ipotizzabile un collegamento continuo always on, bensì un collegamento discontinuo nel tempo e nello

spazio.

Il grafico sottostante sintetizza i concetti chiave e le fasi del modello di comunicazione online circolare e discontinuo, proponendo la

visione contemporanea dei flussi comunicativi interni ed esterni che attraversano le cinque fasi che compongono il modello. Per ogni fase

è possibile osservare le implicazioni pratiche delle azioni di web marketing dal punto di vista degli operatori turistici e del cliente, al fine di

rispondere alle diverse esigenze informative, relazionali e comunicative del turista. In rosso sono evidenziati i flussi comunicativi interni

atti ad organizzare la comunicazione promozionale, in blu invece i flussi comunicativi esterni verso il turista e in verde i flussi di

monitoraggio e report volti a revisionare le azioni di comunicazione esterna o di organizzazione interna.

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COMUNICAZIONE INTERNA

FASE 0 Condizioni alla base di un piano di comunicazione online circolare e discontinuo

FASE 1 OPERATORE TURISTICO Creazione del sito web usabile e con contenuti di qualità PENSARE E STRUTTURARE IL SITO PER COMUNICARE AI E CON I TURISTI

FASE 2 (pre-viaggio) CLIENTE Sogni, ricerca di informazioni, pianificazione del viaggio, selezione e acquisto dei servizi/prodotti turistici OPERATORE TURISTICO anticipazione dell'esperienza turistica (video e foto marketing), corretto posizionamento del sito sui motori di ricerca (SEO), azioni di promozione del sito sul web (SEM), azioni di social media marketing ecc. ISTAURARE UNA COMUNICAZIONE INIZIALE CON I TURISTI

FASE 3 (il soggiorno) CLIENTE Viaggio, visita, esperienza OPERATORE TURISTICO Accoglienza in loco: internet mobile, servizi di informazione, marketing esperienziale. SVILUPPARE LA COMUNICAZIONE CON I TURISTI "DI PERSONA"

FASE 4 (post-visita) CLIENTE Ripetere il viaggio, raccomandare il viaggio, condivisione dei ricordi e delle recensioni OPERATORE TURISTICO Incentivare la produzione di UGC, monitorare la brand reputation, la costumer satisfaction ed experience ecc. MANTENERE LA COMUNICAZIONE CON I TURISTI

COMUNICAZIONE ESTERNA

AZIONI CORRETTIVE

REPORT

Figura n. 30 rielaborazione della panoramica sulle diverse tecniche di web marketing ad ogni fase del viaggio del cliente

Nel dettaglio, un piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinuo, si suddivide nelle seguenti fasi:

Fase 0 - condizioni alla base di un piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua. Si tratta di presupposti atti a

porre degli obiettivi concreti su cui strutturare le strategie promozionali, grazie a know how, competenze e ruoli delle risorse umane.

Fase 1 - creare un sito internet, che non solo sia facilmente usabile e attraente, ma che risponda alle esigenze comunicative e

commerciali delineate nella fase 0

Fase 2 - promuovere la meta o il prodotto turistico attraverso nuove forme di marketing e di web marketing, finalizzate a

intraprendere e instaurare il dialogo con il turista, in linea con il concetto di collaborazione e dialogo peer to peer del web 2.0.

Fase 3 - l'accoglienza del turista in loco permette di rendere l'esperienza turistica memorabile, grazie alla predisposizione di

strumenti che il turista può utilizzare durante il suo soggiorno per fruire la destinazione turistica, come informazioni sulle attrattive ed

eventi attraverso punti informativi o servizi di internet mobile, uniti ad azioni di marketing esperienziale.

Fase 4 - monitorare le azioni promozionali e informative messe in atto per valutare le recensioni, il passaparola, la brand reputation

e la soddisfazione del cliente, provvedendo ad azioni correttive o di fidelizzazione del cliente

Nel successivo paragrafo verranno analizzate le fasi sopra esposte, declinando le applicazioni pratiche per i DMO.

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Capitolo Settimo

Fase 0 del modello di comunicazione on line, circolare, interattiva e discontinua per la destinazione turistica

-purpose: La fase "0" del piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua si pone come obiettivo di delineare i

processi di formazione delle partnership tra stakeholders di una destinazione turistica, e il cambiamento interno, sia organizzativo

che manageriale, perché il DMO assuma il ruolo di organo principale nella realizzazione e gestione di un piano di web marketing

-metodology/design/approach: utilizzo della letteratura scientifica per comprendere i ruoli di un DMO e le fasi per la creazione di

partnership collaborative finalizzate alla strutturazione di un piano di promozione online coordinato e condiviso. A tal fine, verrà

proposto anche un case study internazionale di una destinazione turistica Svedese, per evidenziare le buone pratiche di

‘legittimazione del DMO come regista della promo-commercializzazione del territorio

-findings: il capitolo evidenzia i cambiamenti interni al fine di realizzare una corretta promo-commercializzazione online. In

particolare, la fase "0" è un laboratorio di auto-analisi, al fine di facilitare le decisioni congiunte nell’avvio del piano di

comunicazione e di web marketing

-research limitation/implication: La fase "0" è soltanto la base indispensabile per la strutturazione di un ‘gruppo’ che condivide una

comune visione. . Ulteriori approfondimenti e soluzioni pratico-operative sono auspicabili per la risoluzione di conflitti, inevitabili

all'interno di partnership composte da organizzazioni eterogenee, e per le strategie di legittimazione che un DMO può adottare per

aumentare la sua autorità e credibilità.

-pratical implication: vengono messe in luce 5 fasi operative per mettere a sistema i diversi stakeholders locali, attraverso diversi

processi di collaborazione e di comunicazione interna al DMO

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-originality/value: l’opportunità di creare un DMO per promuovere il territorio viene analizzata in relazione all'emergere di nuove

tecnologie (ICT) e di Internet e quindi si cerca di superare la visione del DMO solo come organo "istituzionale", ma svolge un ruolo

attivo di promo-commercializzazione della destinazione turistica

-keywords: web 2.0, partnership collaborative, legittimazione, piano di web marketing, comunicazione interna

7.1 Introduzione. Fase 0: Partnership e legittimazione alla base di un piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo di un DMO

La relazione tra Information and Communication Technologies (ICT) e l’organizzazione delle imprese è stata diffusamente studiata

dalla comunità scientifica, la quale ha evidenziato la presenza di una stretta complementarietà tra cambiamenti tecnologici e

cambiamenti organizzativi (Compagno C., Visintin F., Pittino D., 2004; Trento S., Warglien M., 2003). Gli studi in ambito aziendale si

sono orientati sia all’analisi di come le ICT influenzano l’assetto organizzativo, strategico e gestionale a livello di singola impresa

(Mcfarlan F.W., 1984; Porter M.E., Millar V.E., 1985), sia a come le nuove tecnologie possono influenzare le relazioni che le imprese

intrattengono con altri operatori (analisi inter-organizzativa) (Scott Morton M.S., 1991) e con il mercato finale (Venkatraman N., 1991;

Franch M., Martini U., Buffa F., 2005 L’utilizzo di Internet da parte delle piccole e medie imprese alberghiere nelle Alpi Ecole

Supérieure de Commerce de Paris – EAP, 21-22 Gennaio 2005 convegno le tendenze del marketing).

Il capitolo ha come obiettivo cognitivo la comprensione dei cambiamenti interni, organizzativi e strategici apportati da Internet ai

DMO, al fine di rispondere ai nuovi comportamenti attuati dal turista nell'acquisto della propria vacanza sul web. A tal fine, vengono

delineati i processi di formazione delle partnership tra stakeholders di una destinazione turistica, evidenziando come il cambiamento

interno, sia organizzativo che di mentalità manageriale, è alla base di una trasformazione verso l'esterno, per la strutturazione di un

piano di marketing online in linea con il web 2.0 e con il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua. Ogni

cambiamento e innovazione si scontra, però, con dei freni , dovuti a gap culturali e a difficoltà di lavoro in team, piuttosto che a

difficoltà di interazione con le nuove tecnologie. Entrare nel mondo di Internet senza l'analisi e la conoscenza del mercato e un

delineamento degli obiettivi da raggiungere ‘insieme’ , legittimati a livello di DMO, potrebbe rivelarsi infruttifero, non solo per le

azioni di web marketing, ma per qualsiasi azione promozionale, anche offline.

7.2 Perché creare un DMO per sviluppare un piano di web marketing

La fase zero per una destinazione turistica ha come obiettivo quello di creare le basi per un piano di promozione del territorio

condiviso dagli stakeholders locali, al fine di progettare e diffondere al turista una comunicazione e un'immagine univoche, evitando

così conflittualità inevitabili per la presenza di un'offerta suddivisa tra molti operatori locali, pubblici e privati, ognuno con un obiettivo

e interessi diversi da perseguire. Già dalla definizione di destinazione turistica emergono differenti prospettive che sono proprie di

una visione discordante perché formata da molteplici attori. Adottando le definizioni riportate da Giacomo Del Chiappa nel suo

articolo "Elementi di destination brand management", si possono elencare ben tre prospettive: quella della domanda, dell'offerta e

quella olistica (Del Chiappa G., 2007). La domanda turistica vede la destinazione come "un contesto geografico (luogo, comprensorio, piccolo villaggio, nazione) scelto dal turista o dal segmento di turisti come meta del proprio viaggio, e che comprende tutte le strutture necessarie al soggiorno relative ad alloggio, vitto e ricreazione” (Bieger T., 2000, p. 86). "Adottando la prospettiva dell’offerta, il concetto di destinazione corrisponde a quello di località inteso come l’insieme di prodotti, servizi ed esperienze turistiche – complementari e interconnessi – realizzati e/o organizzati da una pluralità di produttori che svolgono la propria attività, direttamente o indirettamente a valenza turistica, su un determinato territorio allo scopo di rispondere alla loro domanda di

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riferimento, attuale e/o potenziale" (Tamma M., 2001, p. 55). Ma è proprio la prospettiva olistica, che fonde la visione della domanda

con quella dell'offerta turistica ad evidenziare la necessità di strutturare una destinazione turistica come un sistema organizzato, con

una precisa strategia e una visione manageriale condivisa e messa in atto dagli operatori locali, grazie alla creazione di un DMO

(Destination Management Organization). Da un lato, come riconosciuto da Buhalis, la necessità di azioni collaborative, più fruttifere

delle rivalità tra fornitori locali, è sentita per creare una destinazione competitiva e per raggiungere risultati ben accetti e sostenibili

(Buhalis 2000; Elbe J., Hallen L., Axelsson B. 2009 ). Dall'altro lato, la necessità di una collaborazione o coordinazione tra operatori

locali è dettata dalla volontà di aderire alla prospettiva del consumatore, che identifica la destinazione turistica come un'esperienza

turistica integrata, che implica la fornitura dei diversi componenti della vacanza da differenti attori. La visione globale del turista dà

senso alla necessità di trattare la destinazione come un'unica entità, anche a livello di marketing, e non semplicemente come un

insieme di operatori ognuno con strategie promozionali separate. Un DMO è un organo in grado di mettere a sistema gli operatori

locali al fine di promuovere e rendere competitiva una destinazione turistica, grazie alla presenza di un'organizzazione guida, definita

organo di meta-management, ovvero un organo in grado di "coordinare strategicamente la varietà delle risorse e degli operatori rilevabili nella località" (Del Chiappa G., 2007). Il DMO è sostanzialmente una forma organizzativa ibrida, che comprende imprese ed

enti di diverso tipo e con differenti esigenze, che ha come scopo quello di aggregare, in modo spontaneo o pianificato, una pluralità

di attori locali al fine di pianificare insieme una destinazione turistica.

A tal proposito, un recente studio svolto dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), ha descritto i modelli di governance

delle Destination Management Organizations mettendo in luce che il modello di partnership mista, che unisce pubblico e privato, è

sempre più utilizzato, anche se la presenza di imprese private risulta essere maggiore per gli enti che operano a livello locale, ed in

particolare per le destinazioni urbane e costiere.

Sul piano delle criticità, l’indagine mostra come le principali problematiche con cui si misurano le organizzazioni chiamate a gestire e

promuovere le destinazioni sono:

aumentare il livello di decentramento e di indipendenza da parte delle amministrazioni nazionali e regionali;

reperire fonti di finanziamento per sostenere le attività in programmazione;

riuscire a sfruttare i progressi nel campo delle ICT (Information Comunication Technology) per la promozione, il

posizionamento della destinazione e la gestione delle relazioni con i clienti;

lo sviluppo della qualità del prodotto e dei servizi, in chiave sostenibile;

attrarre segmenti di domanda con elevata capacità di spesa (Carciofi A.d, 2010)

7.3 I ruoli del DMO

Ma perché sempre più destinazioni ed operatori locali sentono la necessità di riunirsi intorno ad un DMO, che porta indiscutibili

vantaggi ad una località turistica ma richiede impegno, sacrifici per la collettività ed ha evidenti criticità, come evidenziato dalla

ricerca dell'UNWTO? La competizione tra destinazioni turistiche continua ad intensificarsi e sempre più il vantaggio competitivo è

dato dalla capacità di saper gestire in modo strategico e coordinato tutte le componenti del sistema turistico, per assicurarne il suo

successo e per offrire un'esperienza olistica al turista. Al fine di raggiungere tale obiettivo molte destinazioni si sono dotate di un

DMO, ovvero un organo in grado di svolgere funzioni di leadership legittimata e riconosciuta. Per assurgere a tale funzione, Gartrell

(Gartrell R., 1994; Bornhorst T., Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010), uno dei pionieri nel campo del marketing delle destinazioni,

ha identificato tre macro-aree in cui un DMO deve agire e i ruoli che deve svolgere in relazione a:

La comunità locale. E' indispensabile il conseguimento sia di una leadership, che di un ruolo di sostegno per il turismo e la

comunità locale. Il DMO deve essere un'entità visibile, in grado di attirare l'attenzione sul turismo al fine di far comprendere

alla comunità locale il ruolo e il significato dell'industria turistica;

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I turisti. Assistere i visitatori grazie alla realizzazione di servizi per i turisti, con la divulgazione di informazioni e assistenza

pre-visita, durante il soggiorno e post visita;

Gli stakeholders. Svolgere il ruolo di organo chiave per la messa a sistema degli operatori interni ed esterni, aiutando lo

sviluppo di una gamma di attrattive, servizi turistici, eventi e un'immagine in grado di posizionare e promuovere la

destinazione in modo competitivo per le esperienze turistiche che è in grado di offrire, al fine di formare un'unica "voce"

promozionale.

Riassumendo, il ruolo fondamentale del DMO è adoperarsi a migliorare l'esperienza di visita del turista, garantendo nel contempo il

benessere dei residenti, grazie alla capacità di gestire e amministrare correttamente la destinazione e i suoi stakeholders (Bornhorst

T., Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010).

Oltre al ruolo professionale, acquisendo le relative up skills, alle sfide competitive, il DMO svolge un ruolo di facilitatore dei processi

aggregativi e accompagna gli attori locali nell’auto-diagnosi della comunità locale (Costa, 2008). Il DMO cerca di allineare le

conoscenze scientifiche e le competenze locali di albergatori, ristorazioni, operatori dei trasporti, gestori di risorse culturali, ecc su

comuni standard di competenze tecnologiche e manageriali. Attraverso riunioni focalizzate su ‘che cos’è il web marketing’

intraprende un processo di comunicazione interna e avvia la diagnosi neo-comunitaria su un aspetto specifico della ‘città ospitale’,

l’aggiornamento in web marketing. Infatti, sin dall’avvio del processo, si sa che ogni comunità locale – da quelle più avanzate del

nord Italia a quelle con più difficoltà del sud Italia – si sa che vi sono barriere e limiti alla partecipazioni. Questo insieme di fattori va

identificato perché nelle resistenze locali si trovano i fattori che inibiscono la legittimazione del DMO come innovatore collettivo

Le tre aree costituiscono un continuum in cui ognuna ha effetti, positivi o negativi, sulle altre, per cui la gestione è soltanto

concettualmente separata, mentre operativamente il DMO le connette e misura la sua efficacia proprio dai risultati conseguiti.

Le prime due macro-aree di azione di un DMO sono incentrate sulla soddisfazione del turista e della comunità locale e costituiscono

i presupposti sociologici della sua legittimazione: è chiaro che il DMO è un organismo di servizio per i residenti, le imprese, i

lavoratori e i turisti. Nell'ultima macro-area che si racchiudono diverse voci e ruoli operativi, che evidenziano la responsabilità e le

attività del DMO nel promuovere e commercializzare una destinazione in collaborazione con gli stakeholders e, dunque nel creare i

presupposti per lo sviluppo di un piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo.

In particolar modo, le funzioni principali di un DMO per la promozione e commercializzazione di una destinazione turistica sono così

sintetizzabili:

raccolta e organizzazione delle informazioni, foto e video sulla meta, in modo da fornire indicazioni per visitare la meta

realizzazione di itinerari, eventi e prodotti innovativi, anche su misura, in collaborazione con gli operatori locali, al fine di

proporre attività e attrattive uniche e in linea con le esigenze del mercato

facilitare o mediare le prenotazioni e l'acquisto dei servizi turistici presso gli operatori locali

realizzare ricerche e analisi di mercato per delineare i nuovi trend e nuove strategie promozionali

creare dei database di clienti e fornitori interessati alla destinazione, da condividere con gli attori locali, per studiare e

realizzare azioni promozionali e commerciali loro rivolte

gestire, promuovere e monitorare la brand reputation, realizzando report e azioni correttive da condividere e attuare con

gli attori locali

realizzare azioni coordinate e condivise di marketing e web marketing al fine di evitare conflittualità di immagine e sprechi

economici

realizzare e gestire il sito web, rappresentativo della destinazione e dell'offerta degli operatori locali

Seppur si tratta di un elenco sintetico, suscettibile ad ampliamenti in base alle esigenze locali, già mette in evidenza la necessità di

avere delle partnership solide, in grado di strutturare un piano di azione condiviso, al fine di attivare un DMO e una destinazione di

successo.

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Le competenze operative generano, comunque, ‘fiducia condivisa’ nell’avvio del web marketing della destinazione perché sono

intrinsecamente connesse alle prime due: si può essere competenti nel ‘saper fare’ le attività dell’elenco sul piano esecutivo e della

vocazione professionale ma la loro implementazione è possibile se svolge in parallelo un’attività di facilitatore interno con incontri

informali e formali che ‘mettono a lavorare’ gli attori della filiera turistica e, più in generale, della città ospitale.

7.4 La comunicazione interna al DMO per gestire le partnership collaborative

Realizzare un piano di azione condiviso, richiede la diffusione di una comunicazione interna alla partnership, in grado di connettere

a rete gli operatori, le conoscenze, le competenze, le best practice e le problematiche, per creare un'organizzazione che sappia

porsi degli obiettivi di sviluppo condivisi, che apportino benefici a tutti i componenti del DMO e che abbia come finalità ultima la

realizzazione di un piano di comunicazione online circolare e discontinuo condiviso.

Avere buoni flussi comunicativi interni al fine di strutturare un di un piano di comunicazione e promozione esterna è riconosciuto da

Scotti e Sica (Scotti E., Sica R. 2007) come un elemento chiave di successo. I flussi comunicativi, infatti, aumentano la legittimità del

DMO, coinvolgono un maggior numero di stakeholders in modo attivo, permettono di stabilire obiettivi comuni che apportino benefici

collettivi, attenuando i conflitti e la competizione e facendo emergere un clima di collaborazione. Come dimostra il grafico

sottostante, la comunicazione interna, può giocare un ruolo fondamentale per i diversi attori e stakeholders, sia direttamente

coinvolti nella partecipazione interna al DMO, sia indirettamente coinvolti, come i cittadini (Scotti E., Sica R. 2007)

ATTORI FUNZIONI CONTENUTI Partecipanti attuali e potenziali informare i partecipanti portare informazione (e invito a

entrare) su cosa è il DMS, quali finalità ha, come funziona l'organizzazione

ascoltare e rilanciare condividere nell'organizzazione le rilessioni emerse e proposte da ogni partner, per stabilire obittivi e modalità operative comuni

Motivare far sentire l'importanza e il valore dell'organizzazione per il territorio

Dirigenti portare e diffondere gli obiettivi dell'organizzazione

rilevare la vicinanza tra gli obiettivi preposti e i risultati ottenuti dai partner facenti parte dell'organizzazione

Dipendenti/Partner Informare i partner del DMS

Spingere la diffusione del DMS sul territorio, coinvolgendo altri partner

Cittadini/Clienti Diffondere l'innovazione e fare marketing sul territorio

Coinvolgere i cittadini, cercando il loro consenso all'iniziativa del DMS

Figura n. 31 Rielaborazione delle funzioni e contenuti dei diversi stakeholders di un DMO

Alla base di tali relazioni e flussi comunicativi c'è la capacità del DMO di coinvolgere diversi stakeholders al fine di farli lavorare

insieme sulla base di comuni obiettivi o problematiche, attraverso un processo di scambio di idee e conoscenze, e la messa a rete di

risorse finanziare e umane. Bramwell and Lane (Bramwell B., Lane B., 2000; Wang Y., 2008) sono stati tra i primi a riconoscere che

la combinazione di conoscenza, esperienza e risorse finanziare all'interno delle strategie collaborative, è in grado di produrre

consenso e sinergie tra gli operatori locali, portando a nuove opportunità, soluzioni innovative e un maggior grado di efficacia che i

singoli operatori non sarebbero stati in grado di raggiungere da soli.

A livello operativo, come affermato da Cederle (Cederle A. 2005), strutturare una comunicazione interna, è indispensabile per:

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1. sviluppare una visione strategica relativa all’offerta e al brand della destinazione turistica, stabilendo un piano operativo e

di sviluppo condiviso

2. assicurarsi il supporto di esperti nel campo del marketing, tecnologia e turismo. La presenza di specialisti che hanno già

portato a termine progetti simili può essere importante per evitare di percorrere in proprio tutta la lunga curva di

apprendimento.

3. coinvolgere i principali operatori locali ed esterni di maggiore importanza, creando consenso tra gli stakeholders. Occorre

cioè scegliere i partner del progetto tra pubblico e privato, tra i più competenti, in grado di condividere best practice, un

ampio know how e conoscenze competitive e innovative

4. determinare le funzioni e il modello di business del DMO e del relativo sito web, rendendo il sito il punto di accesso

privilegiato all'offerta della meta (Cederle A. 2005)

7.5 Affrontare le barriere alla collaborazione: la legittimazione di un DMO

I vantaggi a livello di marketing della destinazione apportati dalla collaborazione di imprese private ed enti pubblici sono ampiamente

riconosciuti nella bibliografia internazionale (Buhalis and Cooper 1998; Fyall and Garrod 2004; Henderson 2001; Palmer and Bejou

1995; Prideaux e Cooper 2002; Saxena 2005, Wang Y., 2008), ma diversi obiettivi ed esigenze, dovuti alla natura diversa e

frammentata degli attori che compongono l'offerta di una destinazione, sono spesso delle importanti barriere alla collaborazione.

Questa situazione crea spesso una sfida che il DMO deve affrontare: come organizzare un piano di comunicazione online condiviso

e le attività di marketing in modo da avere dei benefici sia per i diversi stakeholders che per la destinazione? Uno studio realizzato

da Elbe, Hallen e Axelsson (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009) descrive come un DMO con poche risorse che si trova ad operare

in una realtà frammentata, può mobilitare gli operatori locali e trovare le giuste risorse per mettere in atto azioni di marketing a livello

di destinazione e sviluppare un gruppo collaborativo di attori. Le conclusioni dello studio si basano su un case study di un DMO

Svedese (BOX n. 9) e mettono in luce la necessita per i DMO di sviluppare la sua legittimazione. La legittimità viene infatti

riconosciuta dagli studiosi come il fattore cruciale per abbattere gli ostacoli alla collaborazione e creare un DMO di successo,

prendendo ad esempio quanto affermato da Suchman che definisce la legittimità come una "percezione generalizzata o presupposto affinché le azioni dell'ente siano desiderate, corrette o adeguate, all'interno di un sistema di norme, valori, credenze e definizioni". (Suchman 1995, p 574)

I ricercatori identificano tre diverse tipologie di legittimità:

legittimità cognitiva è fondamentale e si basa su strutture cognitive culturalmente e socialmente riconosciute. Un tipico

esempio di legittimità cognitiva in molte società è la condivisione di valori e principi democratici

legittimità pragmatica si basa sui benefici che possono derivare dalla collaborazione. La base di tale collaborazione è lo

scambio reciproco di benefici economici o benefici basati su interessi e valori comuni

legittimità politico-sociale si basa sulla percezione che l'ente rappresenta qualcosa di desiderabile da molti, con interessi

che vano al di là delle esigenze dei singoli direttamente coinvolti. Nei contesti stranieri la legittimità è definita ‘morale’ ma ,

in Italia è opportuno parlare di ‘politico-sociale’ perché la società politica è molto densa e pervasiva mentre la società civile

è molto debole, per cui i patti pre-politici o morali contano poco o niente anche nel turismo (Elbe J., Hallen L., Axelsson B.,

2009).

Lo studio evidenzia soprattutto l'importanza per un DMO di ottenere sia una legittimazione politico-sociale che pragmatica. La

legittimazione politico-sociale permette, infatti, al DMO di essere riconosciuto come l'organo rappresentativo di una destinazione,

grazie alla sua autorità e capacità di mediazione e di facilitatore delle aggregazioni, mentre la legittimazione pragmatica permette di

rendere il DMO l'organo atto a rendere una destinazione competitiva e di successo, grazie alle competenze e risorse possedute e

alle azioni promozionali messe effettivamente in atto.

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BOX n. 9

La legittimazione del DMO della Provincia di Smaland (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009)

La provincia di Smaland è una destinazione di grande appeal per la Svezia e i paesi confinanti, come la Germania e la Danimarca.

E' una meta nota per le sue foreste, laghi, e cottage rossi. E' il luogo natio di Astrid Lindgren, il ben noto autore di letteratura per

bambini, a cui è stato dedicato anche un parco a tema. Secondo le statistiche turistiche svedesi, Smaland è la quinta destinazione

più visitata in Svezia. Il DMO di Smaland, STR, nasce negli anni Sessanta come responsabile per il marketing della regione, anche

se con il tempo ha sviluppato delle vere e proprie azioni di business in proprio, grazie all'offerta di pacchetti turistici e al ruolo di

intermediario nell'affitto di alcuni cottage nei mesi estivi.

Per sviluppare il case study sono state intervistate 22 persone, con ruolo di dirigenti o responsabili marketing, appartenenti a 18

imprese e organizzazioni diverse. Le interviste, insieme alla raccolta di documenti scritti e di materiale di marketing, sono state le

basi per strutturare il case study. Nel complesso sono stati analizzati sei diversi progetti che hanno previsto la collaborazione degli

stakeholders locali, con una cooperazione che spazia dall'essere limitata all'essere estensiva, come rappresentato dal grafico

sottostante.

Figura n. 32 I sei casi di cooperazione nel marketing della destinazione di Smaland

a) The bridge project. Il ponte Öresund attraversa lo stretto tra Svezia e Danimarca. Al fine di ottenere dei vantaggi

competitivi dall'apertura del ponte, con conseguente maggiore accessibilità della meta da parte del mercato Danese, Tedesco e

Olandese, il DMO locale (STR) ha strutturato nuovi prodotti turistici e pacchetti pensati appositamente per tali mercati. E' stata inoltre

avviata una collaborazione con il consorzio incaricato della costruzione del ponte, al fine di aumentare la legittimità morale del STR,

riconosciuto così dalla comunità locale come l'organo rappresentativo della destinazione turistica. Tale mossa strategica ha

contribuito ad incentivare l'unione di diverse imprese locali al fine di creare nuovi prodotti e pacchetti turistici. Il STR ha avuto così un

ruolo di regia e coordinazione dei diversi attori coinvolti, riuniti in piccoli e distinti gruppi. Uno dei gruppi ha inoltre avviato iniziative di

promozione congiunta dei prodotti realizzati, passando così da una cooperazione limitata ad una moderata.

b) Matchmaking. La legittimità pragmatica può essere raggiunta solo se gli attori locali pensano che possano derivare dei

benefici dalla collaborazione con il DMO e con i diversi stakeholders. Il STR ha sviluppato la sua legittimità pragmatica vendendo

pacchetti turistici e agendo come intermediario nell'affitto dei cottage nei mesi estivi. Negli anni il progetto ha portato all'aumento

delle relazioni commerciali con numerosi agenti di viaggio non solo dei mercati più importanti, come la Danimarca, Germania e

Olanda, ma anche con mercati emergenti per la Svezia, come la Russia e la Spagna. La possibilità avuta di sviluppare tale network

ha permesso al STR di sviluppare anche una notevole conoscenza del mercato turistico. Tali conoscenze hanno permesso di far

incontrare i differenti agenti turistici con i fornitori locali.

c) Marknadsgruppen. E' un gruppo di marketing formato dai diversi DMO della regione. A Smaland esistono 33 municipalità,

di cui la maggior parte con un proprio DMO, che sono stati riuniti in un'entità più grande. Il STR è uno dei membri del gruppo ed è

l'ente che ha voluto la costituzione dello stesso, forte della sua legittimazione morale che lo ha fatto percepire come il DMO ufficiale

dell'intera regione. Il STR rappresenta all'interno del gruppo le municipalità del nord di Smaland, mentre altri 3 DMO rappresentano il

resto dell'area. Il gruppo si occupa di questioni connesse al ruolo pubblico dei suoi membri, come la pianificazione turistica e la

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lobbying politica riguardante il settore turistico. Il gruppo collabora anche con Smålandsgruppen (vedere il punto d) per la

pianificazione di attività di marketing della destinazione.

d) Smålandsgruppen. Il gruppo di Smaland è stato anch'esso voluto dal STR, che ne è il coordinatore, seppur si tratta di

un'entità più piccola in termini di numero di partecipanti. Gli altri membri del gruppo rappresentano le attrazioni locali de "Il Regno del

Cristallo" e "Il Mondo di Astrid Lindgren". Le attrazioni si trovano fuori dal territorio proprio del STR, sotto il territorio di altri DMO, ma

tuttavia hanno deciso di collaborare con il STR per la sua forte legittimità pragmatica percepita. Il STR è stato visto non solo come

un ente in grado di sviluppare le relazioni commerciali con mercati esteri, ma anche come un ente in grado di influenzare le strategie

di marketing dell'intera destinazione. Smålandsgruppen si occupa soprattutto di problematiche relative al business, come cercare

partner commerciali e partecipare alle fiere di settore.

e) Jönköping Convention Bureau (JCB). La fiera e conferenza Elmia ospitata nella destinazione porta una forte richiesta di

stanze di hotel durante il periodo dell'evento. Inizialmente le prenotazioni sono effettuate direttamente dai dipartimenti della Elmia. Si

è poi passati a degli accordi commerciali con gli hotel leader della zona, stipulando l'accordo che ha dato vita all' Hotellgruppen. Ben

presto si sono riscontrate delle problematiche tra le controparti, in quanto Hotellgruppen non è soddisfatta di come Elmia amministra

le prenotazioni, sopratutto in riferimento ad un'organizzazione poco efficace e trasparente. Il STR suggerisce allora di creare una

nuova entità in grado di prendersi cura delle prenotazioni alberghiere: viene creato così il JCB, che riunisce Elmia, Hotellgruppen e

STR. Il JBC si sviluppa nel tempo passando anche all'erogazione di servizi per gli organizzatori di eventi. Anche in questo caso la

legittimità morale di STR ha permesso di fargli ottenere un ruolo di mediatore nel risolvere il conflitto tra Elmia e Hotellgruppen.

f) Camping Smaland. Il camping è stato creato a supporto del parco a tema dedicato ad Astrid Lindgren. Il parco a tema,

infatti, non aveva un numero sufficiente di strutture ricettive in grado di soddisfare la domanda dei visitatori e, siccome molti di loro

arrivano in auto, il camping è risultato essere un'alternativa fattibile. Il parco a tema è interessato a raggiungere un accordo con i

camping circostanti, ma essendo piccoli e numerosi, è risultato impossibile trattare con loro separatamente ma in modo coordinato.

Nel contempo i campeggi sono interessati a offrire i loro servizi all'interno di un pacchetto che comprende anche la visita al parco a

tema. Viste le esigenze convergenti e le difficoltà tecniche di incontro dei diversi fornitori, dato il loro elevato numero, il STR ha

svolto un ruolo di direttore al fine di aiutare le parte a raggiungere un accordo e creare un'alleanza nota con il nome di Camping

Smaland. La possibilità dei camping locali ad avere accesso al know how di STR, al network di agenti di viaggio stranieri e alla sua

competenza nel creare e distribuire pacchetti turistici, ha permesso a STR di ottenere un ruolo strategico, proprio in funzione della

sua riconosciuta legittimità pragmatica.

In tutti e sei i casi sopra analizzati, il DMO ha svolto un ruolo di coordinamento per l’innovazione perché è stata riconosciuta la sua

legittimità perché ha agito nell'interesse dell'intera destinazione. Il ruolo di STR si è rivelato incisivo nell'influenzare lo sviluppo delle

collaborazioni; nell'aumentare la formazione e il know how degli attori locali e la loro conoscenza reciproca - attraverso meetings e

programmi educativi -; e nell'assumere il ruolo di facilitatore/ moderatore dove necessario per far crescere la collaborazione degli

stakeholders. Al fine di sviluppare una destinazione e un DMO di successo, occorre dimostrare, come ha fatto il STR, di possedere

una legittimità ‘morale’, al fine di essere comunemente indicato come l'organo rappresentativo della destinazione, ma anche di

possedere una legittimità pragmatica, essendo un attore con competenze e risorse adeguate ad aumentare la competitività della

destinazione.

7.6 Implicazioni manageriali: come mettere a lavoro le partnership collaborative

Creare un DMO di successo non richiede avere solamente buoni flussi comunicativi interni, che sono comunque alla base di

qualsiasi ente formato da molteplici attori locali. L'organizzazione interna di ruoli e tempi risulta, infatti, essere indispensabile per

mettere in opera un piano di azione, come dimostra lo studio già citato di Elbe, Hallen e Axelsson, realizzato grazie all'analisi del

modello organizzativo del DMO di Elkhart County, nel nord dell'Indiana (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009). A tal fine, gli autori

hanno esaminato il processo di collaborazione nel contesto di una destinazione turistica con lo scopo di comprendere la natura e la

dinamicità delle relazioni tra organizzazioni turistiche pubbliche e private, e le implicazioni pratiche di tali relazioni per lo sviluppo, la

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pianificazione e il marketing turistico della destinazione. Si è quindi proceduto ad analizzare le relazioni esistenti nella destinazione

turistica Elkhart County, nel nord dell'Indiana. La meta selezionata si distingue per essere la seconda comunità Amish del nord

America e le attrazioni maggiori e i prodotti turistici sono collegati alla cultura Amish, tanto che la destinazione viene solitamente

promossa come " Northern Indiana Amish Country". Il DMO locale è Elkhart County Convention and Visitors Bureau (ECCVB),

rappresentante della comunità locale e dei diversi stakeholders, nonché l'organizzazione che si occupa del marketing a livello di

destinazione.

Le interviste realizzate sia ad alcuni componenti dello staff di ECCVB che ad alcuni stakeholders, hanno messo in evidenza 5 fasi

operative, 2 processi di collaborazione e 2 di comunicazione interna al DMO:

1. Processo di collaborazione: la costruzione delle partnership. Le interviste non hanno evidenziato particolari distinzioni tra

una fase ed un'altra per la messa a punto della collaborazione. E' in ogni caso possibile distinguere 5 fasi operative, come

illustra anche l'immagine sottostante:

fase di assemblaggio, in cui sono identificati i problemi e selezionati gli stakeholders

fase di ordinazione, in cui ci si occupa della formalizzazione degli obiettivi da raggiungere, la costruzione della fiducia e la

mobilitazione delle risorse

fase di implementazione, in cui si suddividono e assegnano i ruoli e le responsabilità

fase di valutazione, in cui si verifica se gli obiettivi sono stati raggiunti

fase di trasformazione, in cui si prendono decisioni sull'evoluzione della partnership o sulla sua fine (Elbe J., Hallen L.,

Axelsson B., 2009)

2. Processo di collaborazione: il livello di coinvolgimento nella partnership nelle diverse fasi. Il livello di coinvolgimento

rappresenta l'intensità del tempo e delle energie spese in ogni fase della collaborazione. Come evidenziato nell'immagine

sottostante dalla linea continuativa, esistono due picchi di coinvolgimento nella fase di assemblaggio e in quella di

implementazione

Figura n. 33 I diversi stadi di collaborazione tra stakeholders all'interno di un DMO (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009)

3. Processo di comunicazione: le strategie per gestire i conflitti. I conflitti nascono frequentemente durante i processi di

collaborazione e sono spesso dovuti a visioni diverse nelle strategie di marketing e di gestione del DMO, a conflitti tra

interessi personali e collettivi o tra competitor; per tale motivo le organizzazioni turistiche coinvolte nella partnership sono

spesso alla ricerca di soluzioni ai conflitti. Gli intervistati indicano che i conflitti vengono spesso gestiti attraverso la

comunicazione e il compromesso

4. Processo di comunicazione: la percezione della relazione tra benefici individuali e benefici comuni, e della percezione della

relazione tra competizione e cooperazione.

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7.7 Conclusioni e limiti delle analisi

L'organizzazione interna di un DMO è volta a creare partnership collaborative per la promozione coordinata e condivisa della

destinazione. Quanto detto, in conclusione, porta ad evidenziare l'importanza di strutturare un'organizzazione flessibile e

collaborativa, attraversata al suo interno da flussi comunicativi e scambi di competenze, superando ostacoli e conflitti interni.

La legittimazione del DMO può portare ad attenuare i conflitti e le problematiche che ostacolano la collaborazione, mettendo in luce i

vantaggi che tali partnership portano sia alla destinazione che ad ogni singolo attore che ne fa parte. Nello specifico, i benefici

apportati dalla collaborazione con un DMO possono essere riassunti nei seguenti punti:

budget totali maggiori rispetto a quelli a disposizione del singolo, con il conseguente investimento individuale ridotto;

un'unica strategia di marketing per un'immagine più forte e dall'appeal maggiore per il turista, che attirerà maggiori flussi

turistici e un conseguente incremento del business;

fidelizzazione dei turisti

una condivisione di capacità e di know how non posseduti dai singoli operatori locali per promuovere efficacemente una

meta nel nuovo mercato turistico globale, tecnologico e competitivo;

una maggiore visibilità sul web grazie all'utilizzo dei nuovi strumenti di web marketing e del SEO, spesso proibitivi per le

piccole realtà, sia dal punto di vista dei costi, sia dal punto di vista delle conoscenze richieste per operare con le regole del

web 2.0;

possibilità di offrire informazioni e un prodotto completo ed integrato al turista, non realizzabile né dal singolo fornitore né

da altri enti presi singolarmente;

possibilità di diffondere le informazioni tra una rete di operatori ed enti, per far più facilmente circolare le notizie anche tra i

turisti.

miglioramento e valorizzazione delle attrattive locali e della qualità dei servizi erogati

definizione dell'USP (Unique Selling Proposition) del territorio con conseguente forte differenziazione dalla concorrenza e

aumento della sua notorietà, con benefici per il territorio e operatori locali

Il web e gli strumenti che l'ICT mette a disposizione possono facilitare la creazione di relazioni tra le parti costituenti il DMO,

attraverso reti intranet per la condivisione di informazioni, corsi di formazione online, scambio rapido di conoscenze attraverso il web,

la creazione di forum per il confronto delle idee e la proposta di nuove iniziative. E ancora, Internet, attraverso opportune strategie di

web marketing, può aiutare a diffondere il brand, i prodotti, servizi, la cultura e i valori di una destinazione, spesso con budget più

contenuti rispetto alla pubblicità sui mass media. Ma certo da solo il web non basta, occorre di fondo un'organizzazione fatta di

relazioni umane volte alla collaborazione e allo sviluppo di un gruppo, la cui creazione spesso va affidata ad un ‘facilitatore esterno’

che accompagna l’azione del DMO.

Nel rapporto tra DMO e società consiste la differenza tra i casi analizzati e la realtà italiana.

Il case-study svedese e quello americano dimostrano che in vari paesi ad economia avanzata (dagli Stati Uniti all’Australia, dal

Canada alla Gran Bretagna, dalla Germania alla Nuova Zelanda ecc.) il DMO affonda le sue radici nei livelli di partecipazione

democratica al business collettivo, basato sulla sicurezza ambientale e sulla fiducia nella reciprocità degli scambi, su valori socio-

politici che sono vivi ed operanti.

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L’imitazione pratica (benchmarking) per l’Italia è problematica perché l’Italia deve affrontare limiti e barriere che non consentono di

applicare la ‘strategia di continuità’ e la crescita ‘incrementale’ di Smaland, che non è soggetta, ad esempio, alle fratture e alle

discontinuità indotte dal sistema politico italiano. Negli Usa e in Svezia la politica svolge un ruolo più distaccato e liberale, consente

al DMO di agire nell’interesse dell’intera destinazione, conquistandosi la legittimità sul campo, senza riceverla esclusivamente dalla

politica.

Giusto per restare sul piano comparativo, il case-study non è valido per la Cina, in cui lo sviluppo locale è deciso in modo

centralizzato e in base a gerarchie, familiari e politiche, e non in base a piani di marketing partecipato che farebbero perdere tempo

ad una èlite impegnata a velocizzare la crescita economica, senza attardarsi sulla ‘legittimazione’ delle autorità che operano in modo

autonomo e dal basso.

La debolezza della società civile, e non solo italiana, spiega perché la legittimazione del DMO deve essere prevista, in questi casi,

con leggi specifiche che ne determinano le caratteristiche distintive ma anche perché, quando si procede in tale direzione (ad

esempio, la legge nazionale e quelle regionali istitutive del sistemi turistici) non vi sono le risorse socio-politiche per implementare la

legittimazione prevalentemente pragmatica.

Pertanto, il processo di legittimazione in Italia segue una via più pragmatica nelle regioni in cui l’economia e la società civile sono più

vitali (in varie zone del nord), mentre nelle regioni meridionali essa passa dalla’azione politica per creare le condizioni che liberano

la società civile e il business turistico, si richiede una politica sociale (e poi economica) che modifichi le pratiche di sfiducia

condivisa sull’azione collettiva. Pertanto, il destination manager è , in Italia, un gestore che possiede anche competenze politiche

nel generare il capitale sociale favorevole ad una legittimazione certificata con leggi e provvedimenti amministrativi, che prevalgono

sulla legittimità pragmatica e talvolta ne prescindono (Costa, 2005).

In ogni caso, la tendenza in atto, indotta anche dall’avvento delleI&CT technologies, dai digital media e dal fatto che, attualmente

l’italia è in Europa aderendo all’Unione europea e all’euro, crea condizioni di crescente omogeneizzazione dei processi aggregativi e

di crescente convinzione liberale che la società civile (e l’organizzazione turistica) sia legittimata nella sua autonomia. Pertanto, è

fondata, anche se non riscontrabile in Italia in modo diffuso, l’idea-guida che la creazione di partnership collaborative sono alla base

della creazione del DMO, sono la fase 0 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo.

Delineate le caratteristiche e i ruoli di tale organizzazione, si può quindi procedere con la fase successiva: occorre capire come tale

DMO può svolgere il suo ruolo di promozione e di commercializzazione, avvalendosi degli strumenti che il web mette a disposizione,

nelle successive fasi della comunicazione online circolare, interattiva e discontinua.

Capitolo Ottavo

Dalla fase 1 alla fase 4 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo: il fil rouge dei flussi relazionali

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-purpose: fornire un quadro generale di riferimento all'interno del quale ricondurre le diverse fasi del modello di comunicazione online

circolare, interattivo e discontinuo, delineando al contempo gli obiettivi e le strategie operative di ogni fase.

-metodology/design/approach: consultazione della letteratura internazionale e nazionale al fine di delineare le linee guida e analisi

di case studies … esemplificativi di alcune strategie adottate da DMO, italiane e straniere. Si evidenzia "come" operare online, al

fine di strutturare una comunicazione che si avvalga di nuove tecnologie e di internet, con un approccio web 2.0

-findings: convalida di una relazione tra il successo di una destinazione e quello di un DMO, focalizzando l'attenzione sugli indicatori

economici, di marketing e le connessioni interne alla comunità, come fattori di successo di una meta turistica.

-research limitation/implication: le fasi dalla 1 alla 4 sono un completamento del precedente capitolo, e dunque la loro lettura è

strettamente dipendente dalla fase 0. I contenuti trattati per ogni fase del modello di comunicazione sono volti maggiormente a

delineano un quadro generale di riferimento per la pianificazione delle azioni di web marketing di un DMO. L’analisi va completata i

con altri studi applicativi ed esperienze professionali.

-pratical implication: vengono messe in luce le attività operative per sviluppare una comunicazione esterna, diretta al turista,

successiva di una pianificazione per obiettivi della comunicazione interna al DMO e tra gli stakeholders.

-originality/value: il DMO viene visto come un organo di regia , che sviluppa un piano di comunicazione e web marketing che opera

‘tra’ e ‘attraverso’ le diverse fasi del ciclo spazio-temporale di un viaggio

-keywords: web marketing, sito internet, sito interattivo, costumer satisfaction, experience satisfaction, brand reputation,

procommercializzazione, internet mobile, marketing esperienziale, marketing relazionale

8.1 Introduzione. Dalla legittimazione alla progettazione

La fase 0 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, ha posto le basi per la creazione di un DMO, un

organo di regia attivo e propositivo, in grado di sviluppare un piano di web marketing condiviso dagli stakeholders locali per

promocommercializzare una destinazione turistica.

Alla fase 0 seguono altre quattro fasi operative, in grado di mettere in pratica le decisioni strategiche e tattiche prese. Se dunque la

fase 0 ha come finalità quella di creare una "community interna" volta a condividere e stabilire obiettivi, le fasi da 1 a 4 sono volte a

comunicare con il turista attraverso il web, in modo interattivo e discontinuo. I flussi comunicativi tra destinazione e turista sono il fil

rouge che lega le diverse fasi.

Vendere turismo è vendere sogni, occorre convincere le persone a vedere luoghi, a fare cose, a provare emozioni, a vivere

esperienze, e gli strumenti messi a disposizione da Internet possono essere un mezzo splendido per far sognare il turista e nel

contempo promuovere e commercializzare una meta. Ma, come afferma Baggio (Baggio R., 2001) "per vendere qualcosa bisogna che vi sia qualcosa da vendere. Il Web sposta il punto focale dal prodotto verso l'utente." Questo significa che occorre saper

strutturare un prodotto in base alle esigenze del turista, per poi promuoverlo e commercializzarlo. Cambiano così le prospettive

promozionali e comunicative, che diventano paritarie, creative, professionali e, soprattutto, orientate alla personalizzazione. Le

implicazioni per il management ricadono dunque in due categorie: la necessità di mantenere le informazioni aggiornate e la

necessità di organizzare le risposte agli utenti che richiedono informazioni, verso un modello di infocommerce interattivo.

Sul piano degli obiettivi professionalizzanti, si espone il percorso che un DMO deve seguire per creare un piano promozionale online

in linea con il modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo. Perciò, si è ritenuto opportuno scegliere un

approccio espositivo in grado di integrare suggerimenti applicativi provenienti da pubblicazioni scientifiche unite a spunti operativi e

linee guida fornite da consulenti ed esperti del settore coinvolti quotidianamente nell'applicazione di strumenti e strategie di web

marketing per aziende, hotel e operatori turistici.

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Si evidenzieranno, altresì, i vantaggi competitivi che può portare l'adozione di un DMO per la promozione coordinata e condivisa di

una destinazione, apportando degli esempi pratici tratti dalla letteratura internazionale. Le conclusioni portano ad evidenziare

l'importanza di strutturare un'organizzazione flessibile, non gerarchica e collaborativa, attraversata al suo interno da flussi

comunicativi e scambi di competenze. Infatti, solo grazie ad cambio di prospettiva manageriale si potranno correttamente integrare

strategie promozionali online e gestire gli strumenti di web marketing.

Proprio durante il convegno Buy Tourism Online del 2008 si sono approfondite tematiche fondamentali per la gestione delle relazioni

con i turisti, dedicando particolare attenzione al marketing relazionale. Attraverso il marketing relazionale infatti un DMO attua tutte

quelle attività finalizzate a creare, mantenere e sviluppare le relazioni con i suoi clienti al fine di soddisfare il maggior numero

possibile di esigenze per un arco temporale lungo. L'arrivo di Internet ha aumentato le possibilità di comunicare con i turisti,

attraverso dei network relazionali (es. Social Media) che consentono un libero passaggio di flussi informativi in tempo reale, grazie ai

quali è possibile fornire maggiori servizi e, nello stesso tempo, raccogliere utili informazioni che permettono di conoscere meglio i

clienti realizzando, così, quello che viene definito marketing relazionale.

Con il marketing relazionale o CRM (Costumer Relationship Management) ci si riferisce quindi a tutte quelle attività dirette a iniziare,

stabilire, mantenere e sviluppare con successo delle relazione durevoli con il cliente, perseguendo come obiettivo la fidelizzazione

del consumatore. Il dialogo con il cliente attraversa quindi tutte e quattro le fasi del nostro modello di comunicazione online,

circolare, interattivo e discontinuo, dai primi contatti con il cliente attraverso il sito, social network o messaggi pubblicitari, fino al

momento dell'acquisto -online o offline - fino all'accoglienza in loco volta a rafforzare il dialogo iniziato nella fase pre-viaggio, e fino al

rientro a casa, dove il rilevamento della soddisfazione e il mantenimento di un dialogo risultano essere fattori chiave per la

fidelizzazione del turista. Il marketing relazionale aiuta perciò le destinazioni ad utilizzare in modo proficuo le informazioni provenienti

dal cliente, per appagare le sue aspettative, personalizzando il prodotto e aumentando la sua soddisfazione (Baggio R., Corigliano

M. A., 2006).

Conoscere il cliente, ascoltarlo e parlare con lui, creare un servizio ad hoc, gestire i reclami e i feed back, fidelizzare il cliente,

sembrano configurarsi sempre più come un tutt’uno che richiede azioni complementari e coordinate, lungo il cliclo spazio-temporale

della vacanza, in modo da gestire efficacemente tutte le fasi di contatto tra impresa e cliente. (Redazione Guida Viaggi, a cura di,

2006).

8.2 Fase 1: il sito di un DMO

8.2.1. Il sito del DMO strutturato intorno all'utente

La fase 1 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, è volto a fornire le linee guida per strutturare un

sito internet efficace ed efficiente, seguendo i valori e le strategie promozionali e di commercializzazione stabilite nella fase 0. Il sito

infatti, risulta essere il primo punto di contatto tra destinazione e turista nella fase pre-viaggio. E' quindi uno strumento fondamentale,

è il principale punto di accesso alla destinazione, ma è soprattutto uno strumento ad uso dei turisti e pertanto va realizzato intorno

alle esigenze e aspettative dei target che si vogliono selettivamente attrarre

Il DMO analizza le diverse tipologie di siti web, da quelli vetrina a quelli interattivi, al fine di definire i fattori chiave per la

realizzazione di un sito di qualità, riconoscibili in usabilità, attrattività e contenuti di qualità dello stesso sito. Quindi valuta le

soluzioni per una corretta promo-commercializzazione online della destinazione, al fine di rendere operative le partnership

collaborative, ma anche per fornire al turista un sito completo, che sia in grado di presentare la destinazione in modo olistico.

Progettare un sito vuol dire entrare nella testa degli utenti potenziali e poi procedere operativamente a realizzare il servizio che

soddisfa la sua esperienza (experience satisfaction)

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8.2.2 Un sito ben strutturato

L'importanza di siti web ben strutturati sulle esigenze degli utenti (personalizzazione) non trova però spesso riscontro nella realtà.

Secondo un sondaggio realizzato nell’aprile 2009 dalla eDigitalResearch per la Frommers’s® Unlimited, svolto su un campione di

1.234 utenti provenienti da Regno Unito, America, Europa, Medio Oriente, Australia e Asia, che prenotano su Internet da uno a tre

viaggi l’anno, metà degli intervistati si lamenta della mancanza di chiarezza, delle poche immagini disponibili e di informazioni

(Booking Blog6 2009). Nello specifico, ben 4 utenti su 10 riferiscono di informazioni inaccurate, fuorvianti o scarse nei contenuti. Un

terzo degli utenti ha dichiarato di sentirsi frustrato per la mancanza di risposte alle proprie e-mail di richiesta informazioni e per aver

trovato servizi non prenotabili online e 1 utente su 10 dichiara che le agenzie turistiche non comunicano informazioni adeguate alle

proprie necessità. Solamente 8 utenti su 10 hanno dichiarato di trovare solo qualche volta le informazioni adeguate alle proprie

necessità.

I dati ben dimostrano l'incapacità di molti siti attuali di rispondere alle esigenze del turista, proponendo modelli ancorati ad una

comunicazione poco attenta, curata e interattiva, e troppo spesso autoreferenziale. In molti casi ci si imbatte in siti in fase

"embrionale", non in grado di sfruttare le potenzialità comunicative del web e, purtroppo, frequentemente neanche in grado di

rispondere ai minimi requisiti di usabilità. Invece, sono proprio l'utilità percepita dei contenuti e la facilità d'uso del sito, i fattori chiave

di successo, secondo quanto dichiarato dallo studio "Holiday Users of the Internet — Ease of Use, Functionality and Novelty" (Ryan

C., Rao U. 2008). Le conclusioni dello studio portano gli autori ad affermare la necessità per le destinazioni turistiche di puntare

soprattutto su siti funzionali, usabili e altamente informativi, piuttosto che su design attraenti o animazioni divertenti.

Numerose ricerche (Han J., Mills J. E., 2006; Wang Y., 2008; Cederle A., 2005) mettono in evidenza i fattori chiave per la corretta

realizzazione di un sito web. Le ricerche possono essere in alcuni momenti sovrapponibili, in quanto condividono alcuni fattori chiave

che si ritiene opportuno elencare brevemente di seguito, al fine di fornire una panoramica sullo stato attuale della ricerca applicata

alla realizzazione e strutturazione di siti internet:

1. I fattori estetici e di usabilità di un sito si riferiscono a tutti quegli elementi visuali in grado di sviluppare interesse e attrattiva dei

turisti, come ad esempio foto, colori, layout, video ecc. Tali elementi svolgono il ruolo di attrarre l'attenzione degli utenti al primo

colpo d'occhio, di creare un coinvolgimento emozionale istintivo. Il design non si esaurisce però, come spesso erroneamente si è

indotti a credere, in un layout attraente, ma fornisce elementi, come ad esempio contenuti facilmente leggibili, mappe del sito, link

corretti e pagine graficamente pulite, che rendono il sito usabile (Kim H., Fesenmaier D. R., 2008). Una buona qualità tecnica vuol

dire dunque avere un sito attraente e usabile, leggibile, razionale nell'uso della grafica e delle immagini, con un sistema di

navigazione e di link intuitivo

2. I fattori informativi si riferiscono a contenuti dettagliati su pacchetti turistici, prezzi e la cultura locale, e alla possibilità di fornir e

informazioni targettizzate che offrono una completa esperienza della località, unendo vari servizi e attrattive.

3. I fattori interattivi e relazionali di un sito web si riferiscono a tutti quegli elementi in grado di stimolare una risposta da parte del

turista, come la compilazione di moduli per la richiesta di informazione, l'invio di mail, l'acquisto di prodotti attraverso il sito, i

sistemi di pianificazione del viaggio, le community online.

4. I fattori transazionali si riferiscono alla possibilità di mettere in relazione domanda e offerta turistica in modo diretto al fine di

permettere la compravendita di prodotti e servizi turistici direttamente online

8.2.3 Contenuti e usabilità del sito centrato sugli utenti

Il primo step è definire che cos’è un sito e perché le ha caratteristiche speciali. Il sito web è costituito da una homepage e da un

numero variabile di pagine web , ognuna delle quali è un iper-testo (termine usato da Ted Nelson nel 1967) , cioè un documento

elettronico scritto in Html (hyper text markap language). Il sito è un enorme magazzino di informazioni o data base collegati tra di

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loro in una rete di connessioni potenzialmente infinita. Dall’interattività (interazioni molteplici) alla non-linearità (spostarsi avanti o

indietro) , dalla multimedialità (risorse verbali, iconiche, audio, grafiche) alla ricercabilità (raccolta informazioni , dai collegamenti (i

link mettono in connessione le pagine) alla plasticità (riconfigurazione e modifica dei testi) ,il sito è un sistema ad alta complessità

Porsi la questione della complessità, ecco l’avvio. Creare il sito di un DMO significa innanzitutto porsi degli obiettivi a livello di

promozione, di brand e di ritorno di flussi turistici. Porsi degli obiettivi importanti implica però la consapevolezza di dover strutturare

un sito e un team di addetti in grado di gestire numerose complessità. Rodolfo Baggio (Baggio R. 2001) identifica diverse tipologie di

siti web, dai più semplici con ritorni ridotti, ai più elaborati e costosi ma dai ritorni elevati se ben gestiti.

Si possono identificare cinque categorie principali:

siti di presentazione: hanno un contenuto informativo essenziale e limitato, con un livello di interazione basilare;

siti vetrina: hanno un contenuto informativo vasto, con un'ampia descrizione dei prodotti e servizi, seppur l'interattività

rimane sempre limitata e basilare;

siti marketing: svolgono una vera e propria azione di comunicazione sia verso il consumatore, sia verso i fornitori o i

partner. Il loro contenuto informativo è ricco e suddiviso per target. L'interattività inizia ad essere presente grazie a

formulari e newsletter.

siti interattivi: presentano un contenuto informativo ricco e un'alta interattività; si tratta spesso di siti e-commerce

siti editoriali: nascono per informare e quindi il loro centro focale è la ricchezza di contenuti. L'interattività spesso è elevata,

grazie alla possibilità di accedere ad aree di discussione e servizi di personalizzazione dei contenuti.

Figura n. 34 Tipologie di siti internet (Baggio R.b, 2001)

Compresi gli obiettivi e le tipologie di siti maggiormente adatti, occorre strutturare il sito avvalendosi di esperti del settore, non solo

per la sua realizzazione strutturale, ma anche per progettare e curare i contenuti, oltre a gestire i servizi che vengono erogati tramite

il sito.

Per strutturare un buon sito, specchio dell'immagine del DMO, è spesso opportuno rivolgersi a professionisti di diversa tipologia, che

sappiano ibridare le conoscenze informatiche con capacità di dialogo, comunicazione e ascolto. Necessitano cioè professionisti che

sappiano decidere i contenuti da pubblicare e la loro suddivisione in base al target che si vuole attirare, in base all'andamento del

mercato, in base alla conoscenza delle esigenze di chi naviga online e delle regole del web, che sappiano scrivere testi, selezionare

immagini e realizzare video attraenti ed emozionali, che sappiano realizzare un sito funzionale.

La scelta dei professionisti è un processo decisionale complesso, che richiede calma e ponderazione. Il sito interattivo è il più

avanzato e redditizio ma anche il più inter-disciplinare. Rinvia alla figura dell’umanista produttivo (2009), che opera ‘tra’ e ‘attraverso’

la cultura umanistica, le tecnologia, il marketing management ecc. In particolare, i giovani universitari formati in turismo appaiono

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andrebbero sempre coinvolti nel team Ciò esprime la maturità cognitiva del DMO nella direzione del knowledge worker e

dell’economia esperienziale che si basano sui gruppi creativi capaci di scambiare informazioni e saperi

Il team, preso atto della complessità del sito e delle tipologie, lo progetta in base ai ‘contenuti’ e all'’usabilità’ , i fattori considerati

indispensabili affinché sia ritenuto utile e affidabile; elementi che, se affiancati a corrette strategie comunicative, promozionali ed

esperienziali, possono rendere il sito di un DMO un punto di accesso virtuale privilegiato alla destinazione turistica.

Di seguito si andranno quindi ad analizzare i due fattori ritenuti chiave da qualsiasi studio in materia: i contenuti e l'usabilità del sito.

I contenuti " sono quelli la cui qualità è il motivo principale che spinge un cibernauta a ripetere una visita, sono quelli che costruiscono una positiva immagine dell'organizzazione che si propone in Rete, favorendone, di conseguenza, anche i ritorni commerciali. Come gli americani sostengono: content is king" (Baggio R., 2001). In un sito è cruciale rendere i contenuti curati,

attraenti e facilmente leggibili. Il discorso è ancor più rilevante se il target è un pubblico internazionale e una semplice traduzione dei

testi in diverse lingue può non essere sufficiente. Grande attenzione va messa nel creare un testo equilibrato nella forma, nello stile,

nelle animazioni e immagini oltre che nelle informazioni, né troppo sintetiche né troppo lunghe. Il pc infatti pone dei limiti alla lettura

dei testi: uno schermo di computer è più fastidioso Studi effettuati da Nielsen, esperto di usabilità, mostrano che la lettura su uno

schermo è più lenta del 25%, rispetto alla lettura tradizionale. Ma soprattutto mostrano che gli utenti non leggono le pagine web, si

limitano a scorrerle (Nielsen J., 1997). Altro aspetto importante in ogni testo online è la struttura dei link, il cosiddetto ipertesto. I

collegamenti ipertestuali (link) ad altri siti o pagine web sono una delle caratteristiche peculiari di internet e una delle più apprezzate

dai navigatori, proprio perché in grado di offrire fonti informative esterne che danno un valore aggiunto ai contenuti del sito. Sarebbe

quindi importante prevedere, oltre a link in entrata che aumentano sicuramente il posizionamento del sito sui motori di ricerca, anche

una serie di collegamenti con altri siti, che costituiscano un insieme di rimandi organizzato e attraente per il cibernauta. Gli effetti

principali sono di fornire contenuti utili agli utenti che saranno quindi maggiormente invogliati a tornare sul sito per vedere gli ultimi

aggiornamenti e link.

In conclusione, come affermato da Baggio (Baggio R., 2001), la scorrevolezza di una pagina è essenziale, e può facilmente essere

ottenuta grazie alle seguenti linee guida:

- curare la correttezza formale e stilistica, evitando assolutamente errori di ortografia e di grammatica;

- evidenziare le parole chiave o quelle più importanti;

- fornire titoli e sottotitoli che abbiano significato;

- usare liste e tabelle semplici;

- scrivere in maniera concisa;

- mettere un solo concetto in ogni paragrafo;

- impaginare razionalmente il testo evitando di sovraffollare lo spazio disponibile e lasciando spazi vuoti adeguati;

- cominciare con gli argomenti più importanti per poi passare ai dettagli;

- le illustrazione vanno bilanciate nel numero e nelle forme con i testi.

Il secondo aspetto da non sottovalutare, come detto, è l'usabilità del sito, cioè tutto ciò che rende il sito facile da leggere, ri-scrivendo

appunto i testi cartacei e intensificando la sua velocità di risposta.

Un sito ben strutturato infatti non si limita ad un design accattivante, ma deve unire estetica e facilità d'uso. A tal fine occorre creare

barre di navigazioni funzionali e chiare, che indirizzino correttamente il navigatore da una pagina all'altra, per farlo giungere in modo

rapido alle informazioni ricercate. La velocità è infatti un elemento importante, basti pensare che il tempo medio passato su una

pagina dal navigatore è di circa un minuto. Numerose sono le ricerche nel campo (Miller R. B.,1968) che mostrano l'esistenza di

tempi ben precisi che regolano le reazioni agli stimoli esterni e che fissano a 10 secondi il tempo limite di attesa per mantenere

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l'attenzione dell'utente sul sito. Spesso poi per facilitare la fruizione del sito si può strutturare lo stesso in base a delle convenzioni

grafiche:

al marchio, posto in alto a sinistra, si associa spesso la possibilità di tornare in homepage

la parte destra dello schermo è dedicata a contenuti in evidenza o offerte particolari

la barra di navigazione è situata in alto in orizzontale

sulla sinistra in verticale sono posizionati i link che rimandano ad aree di contenuto

occorre ridurre al minimo lo scrolling per la lettura dei contenuti

quando il sito viene creato, devono essere sviluppati adeguati piani di promozione pensati per il target di riferimento, al fine

di attirare il maggior numero di potenziali consumatori "qualificati" (adatti a quei prodotti) per poterli convertire facilmente

da lookers in bookers

fare un uso sapiente del sito web per ridurre i costi (es. stampe, call centre)

per far funzionare il tutto, oltre ad un budget dedicato, occorre un expertise appropriato all'area web (Wang Y., 2008)

BOX n. 10

Un'ipotesi per misurare la qualità di un sito (Mongiello F. 2010; Faggiani G., 2011, AA.VV.g, 2010)

Lo studio di MTM IULM in collaborazione con Confturismo si pone come obiettivo quello di analizzare diversi portali turistici di

alcune destinazioni al fine di evidenziare delle linee guida in grado di valutare la qualità di un sito web. Si è identificato un campione

composto da 162 portali di grandi destinazioni internazionali. Il campione include portali di tre diversi tipi di destinazioni: gli stati, le

regioni e le città. In tutti e tre i casi si tratta delle principali destinazioni per arrivi internazionali riportate da fonti istituzionali,

opportunamente integrate con le regioni e le principali città italiane non incluse nelle “top destination” internazionali, al fine di avere

un quadro il più possibile completo del panorama italiano.

Lo studio si fonda sull'analisi di quattro prospettive: la prima valuta la website popularity dei portali, adottando i criteri di

posizionamento dei grandi motori di ricerca; e la seconda, la customer perspective, valuta l’accessibilità del sito, la facilità di

navigazione, l’attrattività del design e l’aggiornamento dei contenuti. La prospettiva di marketing effectiveness, fa riferimento al brand

della destinazione e alla presentazione del prodotto in rapporto alla segmentazione del mercato e ai diversi “turismi”, alle partnership

attivate e a tutto ciò che attiene alla comunicazione di marketing. La quarta prospettiva, la destination information, infine, valuta la

qualità dei contenuti veicolati in rapporto alle risorse del territorio, ai servizi e alle infrastrutture, ai trasporti e agli eventi, e tiene conto

non solo dell’utente finale, ma anche delle informazioni utili per gli operatori e per i media, comprese le gallerie di immagini (WTM 20

p 16).

I risultati della ricerca evidenziano che:

le destinazioni italiane, pur avendo avviato importanti politiche per lo sviluppo e il posizionamento delle destinazioni su Internet,

faticano ancora a concepire il web aldilà di una funzione basilare di informazione e vetrina;

nei portali di destinazione, in particolare in quelli italiani, l’utente ha ancora un ruolo passivo. In particolare, con riferimento al

web 2.0, si nota che l’Italia sfrutta meno dei concorrenti questa potenzialità, che invece si conferma come premiante: l’analisi

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dimostra infatti che i portali turistici che hanno implementato strumenti di web 2.0 hanno anche una migliore performance

complessiva

i portali di destinazione, in particolare italiani, hanno un’identità ancora poco commerciale: il booking online è poco frequente,

così come la proposta di pacchetti;

per quanto riguarda il rapporto tra domanda e offerta, si rilevano strategie basate sul tradizionale prodotto arte e cultura rivolto al

segmento leisure individuale. La promozione si concentra sugli attrattori più tradizionali: le icone e il prodotto “arte e cultura”

sono gli elementi dell’offerta più frequentemente comunicati

il prodotto “eventi” è promosso molto frequentemente ma spesso manca un calendario strutturato a dimostrazione del fatto che

spesso, sia in Italia che all’estero, manca una gestione complessiva del prodotto eventi come leva di destination management e

di gestione dei flussi turistici.

Questa limitata identità promozionale e commerciale dei portali italiani, viene spiegata dagli autori con la debole azione di

coordinamento dei diversi DMO, che sono raramente strutturati secondo logiche di coordinamento del sistema di offerta e spesso

limitati alla funzione di promozione.

Se l'analisi condotta da MTM IULM in collaborazione con Confturismo ci fornisce un'ottima fotografia della situazione italiana,

soprattutto in riferimento all'adozione di strategie di web marketing, verso un'ottica web 2.0, poco ci dice sull'effettiva qualità dei siti

analizzati. L'analisi dei fattori interni al sito web include infatti la presenza di informazioni, immagini, virtual tour, caratteristiche di

usabilità e appeal del sito, ma come affermato da Mongiello (2010) manca un'analisi dei contenuti, sia testuali che visuali, in ottica

esperienziale.

Si tratta di fattori esperienziali a cui è difficile attribuire un valore oggettivo, in quanto sottoposti a valutazione altamente soggettiva,

ma è proprio la qualità emozionale di un sito a sedurre e quindi di accrescere il desiderio e la curiosità del potenziale viaggiatore

verso la destinazione. Solo una reale immedesimazione nel turista e un ascolto partecipato e attivo alle sue esigenze,

permetteranno di creare siti web realmente in linea con le emozioni ed esperienze ricercate dagli utenti attraverso un sito web. E

solo la propensione ad un continuo monitoraggio e miglioramento, oltre alla sperimentazione di azioni di marketing esperienziale

opportunamente mixate ad altri strumenti di web marketing (su tutti il video web marketing), potranno portare a creare un clima

maggiormente esperienziale, anche attraverso strumenti virtuali, quali i siti web.

8.2.4. Vincoli e opportunità: verso un sito di promo-commercializzazione della destinazione

Si sono evidenziate le caratteristiche essenziali che un sito deve avere. Adesso, si evidenziano alcuni vincoli e alcune opportunità

specifiche nella creazione di siti web per i DMO.

Il web può portare maggiori vantaggi diretti ai singoli partecipanti al DMO, e non solo all'utente finale. Se in passato gli sforzi

collaborativi tra stakeholders locali erano volti a realizzare brochure, azioni pubblicitarie o eventi, oggi, grazie ad internet, si può

andare oltre la promozione, arrivando a commercializzare i prodotti degli operatori locali attraverso un'unica piattaforma online.

Un’accelerazione non da poco. Si pensi che nel 2004 Janoschka (Janoschka A., 2004, pp. 132-157) definiva come web marketing il

web advertising, avvertendo che i tempi sarebbero stati lunghi prima di vendere on line non solo ticket aerei ma interi servizi

esperienziali che l’utente stesso avrebbe raccolto, comparato, selezionato e comprato: sottolineava soltanto il coinvolgimento

dell’utente nell’evento comunicativo, per cui l’azienda turistica si sarebbe rivolta al singolo turista in quanto individuo, sollecitandone

le emozioni e le conoscenze per offrire pacchetti personalizzati. Invece, in pochi anni siamo alla presenza di un’economia

esperienziale che consente la transazione completa, in cui si vendono relazioni e merci culturali nella stessa piattaforma, che sono

interrogabili e gestibili da chiunque, oltre il web advertising.

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Dunque, il potenziale di tali sistemi risiede nel commercializzare i singoli servizi di cui il cliente ha bisogno, insieme alla possibilità di

fornire informazioni e una visione d'insieme della destinazioni.

L'opportunità di promo-commercializzare la destinazione attraverso partnership collaborative tra operatori locali favorisce la

creazione di forti brand a livello di destinazione (Williams A.P., Palmer A.J., 1999)ma offre anche la possibilità di condividere più

facilmente il know-how indispensabile per operare sul web.

Lo studio di Buhalis (Wang Y. 2008) evidenzia le competenze indispensabili per il team di un DMO, grazie ad un'analisi di diversi siti

di destinazioni turistiche. L'organizzazione interna e il contesto tecnologico sono i due fattori chiave per il successo del sito, tanto

che le conclusioni dello studio affermano che risultano essere indispensabili una struttura e cultura flessibili, creatività, abilità e

velocità di adattamento ai cambiamenti, un approccio organizzativo collaborativo, innovativo e favorevole alle tecnologie e

management aperto alle novità. Il successo di un sito di un DMO, oltre che da elementi tecnici già analizzati, quali l'usabilità e i

contenuti, è anche una questione di management e di organizzazione, proprio perché frutto della partecipazione e collaborazione di

operatori turistici molto diversi tra loro, con know how e competenze tecnologiche di differente livello.

I problemi legati alla creazione di partnership per la co-produzione creativa di un portale di destinazione sono socio-organizzativi.

Altre questioni si sommano in caso di creazione di siti e-commerce. Alcuni problemi legali si possono porre in caso di un DMO

costituito in parte da enti pubblici ed in parte da enti privati, che voglia commercializzare servizi, prodotti o pacchetti turistici.

Sviluppare una catena di valore che incorpora gli sforzi di marketing territoriale con il business dei privati è molto complesso,

soprattutto dal punto di vista legislativo nel caso in cui siano coinvolti enti pubblici (BOX 11).

Per rispondere a tali problemi, il libro edito dal World of Tourism Organization e dalla European Travel Commission (AA.VVi. 2008)

propone una raccolta di soluzioni adottate a livello internazionale da diversi DMO:

a) Il sistema di click trough.

La prima soluzione sviluppata da alcuni siti di destinazioni turistiche, è quella di ricevere solamente una commissione per ogni "click

trough" verso i siti degli operatori, una sorta di vetrina pubblica imparziale dell'offerta locale. Soluzione che certamente non implica

alcun coinvolgimento o sponsorizzazione pubblica di società ed enti privati, ma che spesso non riesce a fornire pacchetti completi e

innovativi. La semplice possibilità di cliccare sulla miriade di operatori locali, per essere re-indirizzati sul sito dei singoli fornitori per

l'acquisto, è una soluzione che dà visibilità nel mare magnum del web, e sicuramente si pone come incentivo alla collaborazione nel

caso in cui le commissioni per ogni click siano inferiori rispetto ai prezzi di mercato. Certo si rischia di frazionare la percezione della

destinazione, di non fornire informazioni integrate per fruire una vacanza e di incentivare i singoli marchi degli operatori e non un

unico brand.

b) scegliere o creare un partner commerciale unico, al quale delegare il ruolo di commercializzazione

E' un approccio che richiede una visione a lungo termine e un'attenta selezione del partner, che può, ad esempio, identificarsi in

un'agenzia di viaggi o tour operator locali, anche creati ex-novo. In questo caso il partner si occupa della commercializzazione,

mentre il DMO si occupa del marketing e promozione.

c) creare una piattaforma, interrogabile da chiunque tramite il sito internet del DMO, che rappresenti attraverso un database gli

operatori locali

Il DMO non agisce come un sito di e-commerce in senso stretto, ma mette gli operatori locali a sistema attraverso la creazione di

una piattaforma online. Ogni qual volta venga richiesta la disponibilità di un servizio, la piattaforma si connette ad un database

esterno, appartenente ad ogni singolo operatore, per effettuare la prenotazione. L'acquisto, pertanto, avviene tecnicamente

all'esterno della piattaforma del DMO, che si collega ai database dei singoli fornitori connessi al sistema. E' un sistema efficiente,

che non coinvolge il DMO direttamente nell'e-commerce, ma permette agli utenti di confrontare prezzi, disponibilità e fornitori, oltre a

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richiedere un know-how decisamente inferiore rispetto alla creazione di un sito di e-commerce direttamente gestito dal DMO. Si

tratta però di una soluzione che richiede un'attenta verifica dell'operato dei diversi stakeholders, sia a livello qualitativo, sia a livello di

strategie di prezzi da essi operate.

BOX n. 11

Una piattaforma aperta a fornitori e distributori nel Queensland (AA.VVi.,2008, pp. 137-138)

Il problema

I centri di informazione turistica australiani (VICs) sono spesso costretti a confrontarsi con budget limitati e uno staff composto da

volontari spesso anziani, con realtà composta da piccole e medie imprese. L'efficienza sembra essere l'unica via d'uscita per offrire

un servizio di assistenza al turista, aiutando nel contempo il business locale e abbassando i costi.

Uno dei problemi sembra essere il booking: per effettuare una prenotazione i VICs devono chiamare telefonicamente le piccole e

medie imprese del territorio, per verificarne la disponibilità secondo quanto richiesto dai turisti. Se il fornitore non è immediatamente

reperibile, può significare fare ben 3 o 4 chiamate ad altri fornitori. In caso di pagamento dei servizi si utilizza, generalmente un

sistema manuale o, se esiste un sistema computerizzato sono richieste specifiche competenze del personale, spesso non

possedute. Spesso il cliente paga un deposito ai VICs e il rimanente al fornitore, ma ci sono anche casi in cui l'intero ammontare

viene liquidato presso i VICs, richiedendo un processo di pagamento al fornitore, commissione esclusa, che richiede tempo e

risorse.

La soluzione

David Phillips, presidente dell'Organizzazione Regionale del Turismo in Queensland, notò che, vista la situazione, alla Regione

occorreva una piattaforma aperta. Si creò pertanto il progetto "Queensland Online", ovvero una piattaforma aperta alla quale fornitori

e distributori potevano accedere liberamente in un ambiente commerciale neutrale, in modo efficiente.

Il piccolo centro di informazione turistica del Mackay è un buon esempio per capire come funziona la piattaforma. Mackay è un

piccolo paese della Regione, dove la disponibilità di strutture ricettive e di fondi sono molto limitate. Solo con una piccola manciata di

fornitori, il sistema è stato in grado di processare prenotazioni giornaliere, con un pagamento diretto ai fornitori. Si sono così

eliminate le centinaia di telefonate o i processi di pagamento manuali. La piattaforma ha permesso di risparmiare tempo, soldi e

migliorare il processo di prenotazione, dando grande visibilità a tutti i fornitori che vogliano inserirsi nella piattaforma.

Target

Hannah Kochevatkin del Mackay Tourism ha dichiarato che la loro scelta si è basata su due alternative: spendere una considerevole

somma di denaro per creare un proprio management system, che sarebbe sicuramente stato sottoutilizzato o, in alternativa,

utilizzare la piattaforma regionale del Queensland Online, senza dover effettuare investimenti. Scegliendo la seconda soluzione, il

centro di informazioni turistiche del Mackay può ora cercare disponibilità ed effettuare delle prenotazioni in pochi minuti, certi che il

fornitore riceverà una conferma di prenotazione tramite mail e il pagamento diretto.

Risultati

I risultati per il Mackay sono stati ottimi, considerando i limitati budget a disposizione e una realtà locale formata da piccole e medie

imprese. Inoltre, i volontari che lavorano presso il centro di informazione turistica, risparmiando più tempo nel processo di

prenotazione, possono dedicarsi a soddisfare un numero maggiore di richieste dei clienti.

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In termini di benchmarking, si può sostenere che, a livello regionale, il web marketing della destinazione turistica può puntare su un

asset: l’ente regionale sa che molte piccole comunità sono interessate ad entrare in rete e a far parte della destinazione-regione,

per cui il compito del destination manager è garantire il loro accesso e accompagnarli concretamente nel verificare che la rete

territoriale può far crescere le prenotazioni e valorizzare anche un luogo che si vive come periferico.

8.3 Fase 2: promuovere il brand di una destinazione attraverso il web marketing

8 3 1. Comunicare il brand on lineLa fase 2, denominata ‘comunicare il brand on line’ è il terzo stadio del processo complessivo di programmazione del web

marketing ma la seconda nel modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua Si focalizza sulla promozione di

una meta turistica attraverso il web ed è strettamente collegata alla fase precedente, ovvero alla creazione di un sito di destinazione.

Fare un sito, infatti, non è condizione sufficiente per riscuotere successo online perché la diffusione di siti web su Internet impone

ormai di effettuare una promozione mirata delle pagine che vengono messe in rete (Baggio R., 2001).

Alla luce di ciò, risulta evidente che un compito primario dell’organo di metamanagement del DMO è proprio quello di riuscire a

capire se la scarsa o ridotta capacità competitiva dipenda da problemi legati alla notorietà o all’immagine, al fine di riorganizzare il

media mix, utilizzando correttamente nuovi strumenti promozionali e comunicativi (Del Chiappa G. 2007). La promozione online,

come il mix promozionale tradizionale, serve a far conoscere la destinazione attraverso la comunicazione del brand agli intermediari

commerciali (canale lungo) e ai clienti finali (canale breve).

Obiettivo del paragrafo è delineare una panoramica introduttiva sul brand di una destinazione turistica, accompagnata da una

esposizione dello stato attuale della ricerca internazionale sulla comunicazione del brand online e dell'uso degli strumenti di web 2.0

nella promozione di una destinazione,. A tal fine verrà proposta l'analisi dei fattori che influenzano la comunicazione online della

destinazione turistica, sia a livello di utilizzo e adozione dei nuovi strumenti di web marketing 2.0, sia a livello di reticenze (?) che di

benefici innescata dalla promozione innovativa via web. .

8.3.2 Destination brand: definizioni

Per comprendere il ruolo del DMO nelle azioni promozionali, occorre innanzitutto definire il concetto di destinazione turistica e di

brand.

Secondo Buhalis una destinazione turistica è definita come una specifica area geografica in grado di attrarre turisti, grazie a una

vasta gamma di prodotti turistici forniti da imprese private, organizzazioni ed enti pubblici La destinazione può essere vista come un

brand costituito dall'immagine delle esperienze turistiche tra loro combinate, servizi e beni disponibili per il turista. (Buhalis D., 2000).

A fronte dei nuovi contesti sempre più competitivi, la vera fonte di differenziazione di una meta turistica non risiede solo nell'offerta

tradizionale di beni e servizi, ma piuttosto nell'offerta immateriale di esperienze ed emozioni coinvolgenti, che si concretizzano nella

marca o brand, che diviene, come affermato da Giacomo del Chiappa, "un asset immateriale che sintetizza l’intera storia evolutiva della destinazione e,non meno importante, l’insieme delle esperienze immateriali e emotive che i turisti hanno maturato nel tempo nei confronti dell’offerta sottostante" (Del Chiappa G., 2007).

Se ne deduce che il brand di una destinazione turistica può essere definito a sua volta come "l'insieme delle credenze e impressioni che le persone hanno di un luogo. L'immagine rappresenta la semplificazione di un insieme di associazioni e informazioni connesse ad un determinato luogo. E' sostanzialmente il prodotto della mente, un estratto delle informazioni essenziali provenienti da un grande numero di informazioni e dati di un luogo" (Morgan N., Pritchard A., Pride R., 2004, p.42)

Perché la destinazione sia ricondotta, in termini di presenza reale nel mercato turistico, ad un brand implica che i diversi attori, i

molteplici componenti dell'offerta turistica, agiscano in modo interdipendente per la promozione turistica della meta (Elbe J., Hallen

L., Axelsson B. 2009), tanto da far presupporre due funzioni chiave al brand: organizzativa e di marketing (Del Chiappa G., 2007)

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Il brand è quindi la conseguenza di un’attività di organizzazione e di coordinamento dei diversi attori, al fine di condividere

un'identità e un obiettivo comune, che si concretizzano nelle azioni promozionali e di marketing. Comunicare un'identità distintiva e

univoca della destinazione, grazie al coordinamento e legittimazione del DMO con gli stakeholders locali, risulta essere un passo

indispensabile per assumere un collocamento nel mercato e nella mente dei turisti, senza creare immagini conflittuali

controproducenti (C. Gunn, 1972; M. Selby, N. J. Morgan, 1996) e cercando di minimizzare i "rumori" esterni provenienti dai media e

dal mercato che possono distorcere l'immagine comunicata.

Come dimostra il grafico sottostante, la collaborazione interna per creare un brand condiviso è solo il primo passo. Il brand va poi

comunicato correttamente e, ristringendo il nostro campo di analisi alla promozione online, occorre strutturare un'azione di marketing

coordinata, che non si limiti a proporre il brand sul sito web ufficiale, ma che sia in grado di sviluppare un piano promozionale online

e offline coerente, che attraversi tutte le fasi del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, al fine di creare

un'immagine e un'identità distintiva e nota. Un’immagine a cui si associano valori speciali che sono stati realizzati a seguito del

lavoro specialistico e amichevole svolto dal DMO dal basso, per cui l’immagine non è forte ma speciale, costruita attraverso la forza

creativa dei legami laschi sviluppati dal basso per premiare le prestazioni dei talenti locali nella ristorazione o nell’alberghiero o nelle

varie interdipendenze settoriali che danno sostanza, credibilità e familiarità (Costa, 2008).

Figura n. 35 La comunicazione del brand nel web

Sicuramente cimentarsi nella promozione online della destinazione significa confrontarsi con il continuo progresso tecnologico, i

media "globali" e "sociali" e l'aumento della competizione internazionale, che influiscono sempre di più sulla percezione di una

destinazione, sulla sua immagine e sui flussi turistici che vi si dirigono. La formazione del brand e la comunicazione turistica online in

senso lato, non è più un processo "push", di massa e a senso unico, ma un processo dinamico fatto di condivisione, riflessioni,

esperienze (Govers R., Go F. M., Kumar K. 2007). Dalla comunicazione a senso unico, si passa alla comunicazione bidirezionale e

interattiva, la sua caratteristica è la fluidità conversazionale, amichevole e specialistica. E' una comunicazione innovativa che si

alimenta di ascolto e conversazioni con e tra le persone, grazie all'utilizzo di media vecchi e nuovi che richiedono nuove competenze

e know how, per comunicare l'immagine di una meta ma soprattutto la sua reputazione (Iabichino P., 2009).

8.4 . Dal broadcasting al narrowcasting: le competenze per promuovere il brand di una destinazione online

8.4.1 Un cambiamento profondo ma non ancora compreso dal DMO

Internet è una tecnologia veloce a cui seguono dei cambiamenti sociali con importanti risvolti nel settore del turismo, sia nelle

modalità di promozione di una destinazione che nelle modalità d'uso dei nuovi strumenti promozionali online. "La Grande Rete è un ambiente in cui "pubblicare" è facile come leggere, marcando in maniera definitiva il passaggio dall'era dei media di massa all'era del medium per le masse"" (Granieri G., 2006 p 21), dove turisti, operatori turistici locali e DMO sono sempre più strettamente connessi

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e dove la possibilità di dialogo e di ascolto da vita ad iniziative bottom up e a un nuovo modo di comunicarsi, meno autoritario e

autocentrato, più aperto alla conversazione paritaria. Possibilità queste, sconosciute nei media classici, dove domina la logica del

broadcasting, fondata su un palinsesto comunicativo rigidamente predeterminato a priori, senza possibilità di scelta o di intervento

da parte dell'utente, considerato passivamente ricettivo e massificato.

Le opportunità che Internet offre, invece, vanno nella direzione opposta, dove domina la logica del narrowcasting, fondata sulla

possibilità di ogni singolo di scegliere cosa leggere e ascoltare in base alle proprie esigenze, secondo una logica di "long tail", in cui

ognuno può potenzialmente costruire il proprio palinsesto informativo ma può, nel contempo, partecipare anche attivamente alla

creazione di contenuti, secondo un modello già definito prosumeristico.

Sicuramente i mass media attraverso cui fare pubblicità monodirezionale e generalista hanno il vantaggio di avere un vasto pubblico

e di permettere di raggiungere un numero altissimo di utenti, ma ciò non garantisce che la comunicazione porti concreti risultati. La

promozione online porta sicuramente numeri minori, ma si rivolge ad un pubblico certamente interessato, perché ha ricercato

determinate informazioni e non gli sono state imposte a priori. Su Internet si passa da una logica di quantità ad una di qualità del

pubblico, il che implica anche nuove capacità comunicative e molto impegno, proprio perché ci si rivolge spesso a piccoli gruppi di

persone altamente interessate e spesso altamente qualificate. La credibilità e la reputazione su tutti i canali online in cui si è

presenti, diventano così i cardini fondamentali per creare un brand di destinazione forte, in linea con il target di riferimento e con le

esperienze da loro ricercate (Booking Blog7 2010)

La situazione attuale di uso degli strumenti promozionali online, dalle tecniche pubblicitarie a pagamento (PPC, banner ecc.) agli

strumenti sociali (social network, forum, newsgroup, blog ecc.), non è però delle migliori. Studi internazionali (Wang Y., 2008)

dimostrano che la maggior parte dei DMO negli USA si limita a creare un mix promozionale poco innovativo.

L'immagine sottostante ben illustra come la maggior parte delle destinazioni utilizzi solamente rimandi al sito web sulle pubblicazioni

cartacee, pubblicità PPC sui motori di ricerca e ottimizzazione del sito attraverso meta-tags, mentre meno della metà del campione

utilizzi newsletter rivolti ad un database di indirizzi e-mail, banner e partecipazione attiva in newsgroup. Se ne deduce che le

potenzialità del mezzo Internet non vengono sfruttate o comprese appieno, limitandosi nella maggior parte dei casi a proporre azioni

pubblicitarie poco interattive, tanto che l'unico strumento promozionale "sociale" menzionato solamente dal 6.2% dei DMO sono i

newsgroup. Sono totalmente assenti strumenti come social network, blog o forum, mentre permangono numerosi strumenti

tradizionali come pubblicità su giornali, radio e TV.

Figura n. 36 Tipologie di tecniche promozionali adottate dai DMO (Buhalis 2003)

La situazione anche in Europa e in Italia, sembra ripercorrere i passi degli Stati Uniti d'America (BOX n. 12).

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Per avere un quadro generale sull'uso e la propensione all'uso dei nuovi strumenti promozionali online, con particolare attenzione a

quei canali interattivi e sociali, cosiddetti web 2.0, si può guardare alle ricerche dell'Osservatorio Enterprise 2.0 della School of

Management del Politecnico di Milano. Le ricerche evidenziano che le principali barriere all'introduzione degli strumenti web 2.0 nelle

aziende italiane, "sembrano ricondursi non a barriere tecnologiche, che non vengono mai citate, quanto ad un gap di informazione e conoscenza (54%) e soprattutto, ad una scarsa conoscenza delle potenzialità (56%). Coerentemente a questa visione sono molte le organizzazioni che lamentano importanti barriere culturali (42%) all’introduzione di questi strumenti che scontano probabilmente paure e pregiudizi da parte di chi non ha compreso e fatto propri i principi di fondo dell’Enterprise 2.0." (Epifani F., 2009)

Figura n. 37 barriere all'adozione del web marketing

Le difficoltà vanno riscontrate soprattutto nel know how necessario all'utilizzo corretto dei nuovi strumenti di web marketing. Una

scarsa conoscenza dei meccanismi e degli strumenti online, infatti, unite alla paura di non poter gestire la comunicazione in modo

autoritario e controllato, genera in molti manager la perplessità nell'adozione e utilità di un piano promozionale online. Un

approfondimento viene da Arturo Salerno, esperto di web marketing, in un post pubblicato sul suo sito (Salerno A., 2010), facente

parte di un più ampio progetto che ha come obiettivo la realizzazione di un compendio che si basa sul concetto chiave: "il piano di

web marketing diventa piano di identità". Le perplessità riscontrate sono raggruppabili in tre macro gruppi: la difficoltà di coniugare

azioni online ed offline; la difficoltà di interagire e dialogare con il cliente; la difficoltà di strutturare un piano di comunicazione online

per mancanza di competenze e risorse umane a disposizione, confermando come le barriere principali all'adozione di nuovi mix

promozionali e comunicativi vengano da uno scarso know how e conoscenze delle logiche di Internet. Ritrosie sicuramente

comprensibili ma non giustificabili di fronte agli importanti vantaggi che una corretta presenza online può apportare. Come si vede

dall'immagine sottostante essere online permette di creare una community di clienti, attraverso la quale accrescere la reputazione,

fidelizzare i clienti, gestire i feed back negativi e creare fiducia. Creare una community attiva consente inoltre, grazie alla viralità di

alcuni messaggi e alla possibilità di condividerli con la rete di amici, di ottenere vantaggi a livello promozionale come, ad esempio,

incrementare la riconoscibilità del brand, aumentare il numero di clienti e di fatturato, rafforzare le relazioni, il coinvolgimento e la

fidelizzazione del cliente e, infine, conoscere in modo approfondito le esigenze del proprio target e i nuovi trend.

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Figura n. 38 Quali vantaggi trarre dal web marketing (Salerno A., 2010)

BOX n. 12

Ricerca sul rapporto tra DMO ed uso dei social media (Marocchini A., 2010)

Da qualche anno le destination marketing organization (DMO) nazionali hanno sposato i social media, chi per convinzione chi per

cavalcare l’onda del web 2.0. Ma a distanza di qualche anno come va questo “matrimonio”? Quali strumenti usano i DMO e in che

modo? Come interagiscono con i propri fan/followers? E con quali risultati?

Una ricerca svolta dall’autore (tra Gennaio e Giugno 2010) sulle 5 principali destinazioni mondiali (Francia, USA, Spagna, Italia,

Cina) e su due destinazioni turistiche minori ma molto dinamiche online (Irlanda e Svizzera), cerca di comprendere meglio il

fenomeno per rispondere ai quesiti posti.

Gli esiti a volte sono sorprendenti.

LA RICERCA

I DMO usano tutti gli strumenti di base del webmarketing: banner, SEM (search engine marketing), SEA (search engine advertising),

SEO (search engine optimization), newsletter, email, co-marketing, affiliation, video. La maggior parte di esse usa anche i social

media per il proprio marketing online e sfrutta google maps per indicare e condividere luoghi e alberghi (tranne la Francia e l’Italia).

Poco sfruttato il blog come canale di comunicazione (lo usano 3 DMO su 7), viene usato principalmente dai DMO più piccoli (Irlanda,

Svizzera). L’advergame viene usato solo da un DMO (Francia) per promuovere particolari destinazioni legate al turismo famiglia o

giovane (es. Corsica). Sorprendentemente molti DMO non usano feed rss per condividere le proprie pagine e i propri articoli: solo 2

su 7 usano questo strumento (Spagna e Svizzera). Incredibilmente solo 3 su 7 DMO usano il pulsante send-to-friend per inviare ad

un amico o un conoscente il link alla pagina che si sta visitando.

Dall’analisi effettuata si può comprendere come i DMO abbiano da poco iniziato ad investire nella comunicazione online e finora

sono state capaci di sfruttare tutti gli strumenti base offerti dal web: quello che manca però è un vero approccio al web 2.0 e al

mobile, per ora riscontrato in modo insufficiente specie tra i DMO dei maggiori paesi turistici, mentre i più piccoli sembrano più

sensibili a questo tema e stanno iniziando a sperimentare social media e nuovi strumenti di advertising e branding online. Ad

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esempio solo 1 DMO su 7 usa foursquare per il turismo mobile, mentre altri social media mobile non vengono presi nemmeno in

considerazione, un vero peccato dato che il turista usufruirà proprio dei servizi mobile nel momento in cui si svolgerà la sua vacanza

e si troverà in viaggio: proporre luoghi, negozi, attrazioni culturali, eventi, concerti e offerte promozionali attraverso questi social

mobile supporterebbe maggiormente la proposta turistica di una destinazione e catturerebbe l’attenzione del turista. Chicago, ad

esempio sta sfruttando questa possibilità attraverso foursquare (Explore Chicago) per proporre al turista in loco itinerari e attrazioni

turistiche che possono incuriosirlo e lo aiutano a scoprire lati “nascosti” della città attraverso la possibilità di ottenere badge se si

visitano luoghi specifici; in questo modo si incrementa il turismo “periferico” e si offre al turista un offerta estesa e originale, sempre

più personalizzata e georeferenziata.

L’analisi sui social media usati dai DMO conferma che la dimensione turistica delle destinazioni è inversamente proporzionale all’uso

dei social media: grandi destinazioni come Francia e Spagna usano solo le piattaforme più conosciute e mainstream, come

Facebook e Twitter. Altri (4 su 7) sfruttano anche social media come Youtube per condividere i video della destinazione. Solo le più

piccole tra quelle analizzate (Svizzera e Irlanda) hanno scelto di sfruttare altri social media come Flickr, Foursquare (Svizzera) e

Second Life (Irlanda). L’Italia addirittura non ha sfruttato nessun social network tra quelli analizzati preferendo sviluppare in casa una

piattaforma community (Join Italy) sicuramente poco visibile e non in grado di garantire lo stesso pubblico dei grandi social network:

gli iscritti sono molto pochi e sinceramente sembrano anche abbastanza inattivi e poco interessati.

ANALISI SPECIFICA DEI SOCIAL MEDIA:

FACEBOOK

I DMO usano facebook principalmente per postare notizie su luoghi, eventi e consigli di viaggio. Alcune di esse praticano molto

l’interazione con i propri iscritti (es. Irlanda e NY) mentre altre sono meno propense a interagire con i propri fan (Svizzera e Spagna).

Alcuni DMO utilizzano delle applicazioni virali per poter fidelizzare i propri fan: sfruttando la viralità di FB cercano di intrattenerli e nel

frattempo spingono a comunicare il loro gradimento per la destinazione attraverso l’applicazione (invita un amico etc…).

Alcuni DMO gestiscono in modo superficiale la fan page di Facebook. Ad esempio la Spagna non controlla pienamente i post

pubblicati dai propri fan: alcuni di essi addirittura propongono offerte turistiche di altre destinazioni, mentre altri DMO (come la

Svizzera) sono troppo formali e non interagiscono, pubblicando contenuti poco emozionali dal punto di vista del copy. Si è

riscontrato come alcuni DMO che usano un linguaggio informale e interagiscono fortemente con i clienti, abbiano poi anche risultati

migliori nel numero dei fan e nel loro grado di fidelizzazione verso la fan page.L’Italia non ha un account facebook ed è un peccato

dato che è una delle nazioni con il maggior numero utenti, potrebbe sfruttare questa caratteristica per il turismo interno e gli short

break.

TWITTER

Twitter viene utilizzato dai DMO principalmente per postare brevi notizie e link al portale per approfondimenti. Spesso vengono

retwittate notizie e curiosità da altre fonti e in alcuni casi si cerca anche l’interazione con i followers (NY e Irlanda). Si è riscontrato

come i followers e l’interazione con essi non siano legati tanto alle dimensioni turistiche della destinazione quanto al suo grado di

eterogeneità d’attrazione : più la destinazione è legata a vari asset (enogastronomia, moda, lingua, cultura, etc…) più ha followers. Il

dialogo su twitter infatti non è incentrato completamente sul turismo ma spesso copre anche altri aspetti della destinazione. Ad

esempio uno dei DMO con più followers è la Spagna, che pur interagendo poco riesce ad attrarre molti followers legati alla lingua e

alla cultura Spagnola. Nei suoi post non si parla solo di viaggi e turismo ma di musica, calcio, cucina, feste, eventi, etc… Le liste che

retwettano i tweet dei DMO trattano principalmente di viaggi e turismo, fanno eccezioni destinazione come la Spagna, NYC, Irlanda

che vengono usate anche da liste riguardanti moda, star system (NYC), cucina e lingua (Spagna) o musica e cultura (Irlanda).

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Insomma su twitter un DMO deve farsi portatrice di tutti gli assets culturali e attrattivi di una destinazione, e non solo di turismo e

viaggi in senso stretto, se vuole avere successo ed essere seguita. L’Italia incredibilmente non ha un account twitter.

YOUTUBE

La maggior parte dei DMO usa youtube per proporre i video delle proprie campagne promozionali. I video sono realizzati in modo

professionale e hanno una risoluzione massima di 480p, non sfruttando cosi la possibilità dell’HD (720p o 1080p). Solitamente i

DMO postano 1 video al mese e sono seguite in media da 352 iscritti. Vengono visualizzati in media 10 video per visita. Solo 2 DMO

su 7 propongono nel canale video documentari di città, territori, feste ed eventi della destinazione (Spagna e Irlanda), ed infatti sono

i DMO più seguiti su youtube. I video sono molto evocativi ed emozionali, sono brevi e illustrano efficacemente in poco tempo tutti gli

aspetti legati al turismo, accompagnati spesso da sottofondi musicali attinenti alle immagini e alla destinazione. Resta però da

sottolineare come siano ancora pochi i DMO che stanno sfruttando a dovere questo strumento.

8.4. 2 Implicazioni manageriali per il DMO

La mancanza di conoscenza dei processi promozionali e delle "regole" del web non è una sorpresa: è un risultato atteso, perché è il

gap che la ‘società della conoscenza’ vuol riparare. La conseguenza è l’immersione nell'uso degli strumenti di web marketing e di

comunicazione online senza un preciso schema di azione.

Implementare la comunicazione strategica del brand richiede tre passaggi fondamentali (Del Chiappa G., 2007):

1. verificare l’esistenza di eventuali gap e discrasie tra l’immagine del prodotto/servizio del singolo operatore e quella della

destinazione nel suo complesso;

2. implementare un’efficace strategia di comunicazione integrata, ossia una strategia che abbia lo specifico obiettivo di

integrare e rendere reciprocamente coerenti i diversi contenuti, messaggi e strumenti di comunicazioni utilizzati dalle

diverse fonti;

3. misurazione della notorietà e dell’immagine della destinazione e nel loro sistematico confronto con quelli delle destinazioni

concorrenti.

Al fine di comprendere quali sono le azioni pratiche da attuare per pianificare un'attività in rete seguendo i tre punti sopra delineati da

ricerche scientifiche, si è preso come case study di riferimento quanto suggerito da Madri Internet Marketing, azienda che fornisce

formazione nel campo del web marketing. Mettere le basi per un piano di web marketing richiede di rispondere a degli interrogativi

basilari:

Analisi - Come agisce la concorrenza? Quali sono le caratteristiche e la vocazione distintive della destinazione?

Obiettivi - Cosa si vuole fare e comunicare, e perché?

Target - A chi ci si rivolge e perché?

Strategie - in quale modo raggiungere gli obiettivi? Quali strumenti utilizzare, e come? (SEO, PPC, Social media ecc.)

Tempi - in quali tempi raggiungere gli obiettivi?

Risultati - cosa si è ottenuto e perché? Come effettuare il monitoraggio?

Rispondere a queste domande permette di capire quali obiettivi realistici porsi in base ai bisogni e desideri del target e alle azioni

poste in essere dalla concorrenza; permette inoltre di comprendere quali messaggi e strumenti sono più utili per indirizzare le azioni

promozionali al target di riferimento, quali sono i tempi per ottenere risultati e verificare se gli obiettivi posti sono stati raggiunti

(Belemmi M., 2007)

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8.5 Fase 3: l'accoglienza del turista in loco: internet mobile e marketing esperienziale

8.5.1. La ricerca di informazioni una volta giunti a destinazione

Le due precedenti fasi del piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo sono dedicate alla comunicazione e

promozione di una destinazione nella fase pre-viaggio, con lo scopo di fornire informazioni finalizzate a coinvolgere il turista e

invogliarlo ad acquistare e intraprendere un viaggio nella destinazione. Tutto sommato, ciò rientra nel mix promozionale ben

conosciuto dal DMO.

Il DMO online controlla, nel nostro modello, la comunicazione in tutte le fasi del viaggio perché Il turista è considerato un ricercatone

continuo di informazioni da quando parte a quando torna a casa. Valutare questa attitudine esplorativa vuol dire approntare servizi

per soddisfare il turista ricercatore di informazioni.

Il DMO cerca di delineare un filo conduttore in grado di attraversare la relazione tra turista e destinazione nella fase pre-viaggio,

durante il viaggio, nell’area di destinazione, nel post-viaggio e quando torna a casa, grazie all'uso del web. Il Web è sempre più

una piattaforma trasversale, che integra diversi mezzi di comunicazione, aprendo la strada, tra gli altri, all’Internet Mobile, ovvero

l'acceso al Web tramite dispositivi mobili, come il cellulare.

Uno degli elementi in assoluto più dinamici e a più veloce cambiamento che coinvolgono il settore del turismo è sicuramente

l’insieme degli strumenti di promozione e comunicazione a disposizione dell’offerta per intercettare e georeferenziare la domanda.

Questa evoluzione dipende da diversi fattori; in primo luogo dal velocissimo sviluppo di strumenti informatici che ha portato a una

pervasiva diffusione della rete Internet e alla sua accessibilità attraverso diversi canali di comunicazione, in particolare attraverso i

telefoni cellulari, che in pochi anni si sono trasformati in veri e propri smartphone, in grado di gestire contenuti multimediali sempre

più complessi, rendendo possibile l’accesso all’informazione in ogni luogo e in qualsiasi momento. Dall’altro lato si assiste a un

nuovo approccio culturale da parte della domanda turistica in tema di maggiore sofisticazione nella ricerca, fruizione e condivisione

delle informazioni circa la possibilità di soddisfare le proprie specifiche motivazioni di vacanza, non solo prima della partenza, ma

anche durante e dopo (Belloni F., 2010). Se, come visto, numerosi sono gli studi internazionali sulla ricerca di informazioni tramite

Internet nella fase pre-viaggio, grazie ai quali si possono delineare corrette strategie di web design e web marketing, pochi sono gli

autori che hanno studiato la ricerca di informazioni da parte del turista una volta giunto a destinazione.

A colmare questo gap, tra gli altri, lo studio "At-destination Visitor Information Search and Venue Decision Strategies" (Di Pietro R.,

Wang Y., Rompf P., Severt D. 2007) che delinea i modelli comportamentali di ricerca delle informazioni da parte del turista sia

quando è in transito verso la destinazione, sia nel momento in cui giunge nel luogo di vacanza. Infatti la possibilità di accedere al

web e cercare informazioni sulla meta e i suoi servizi anche una volta giunti a destinazione, tramite dispositivi mobili come i cellulari,

ha importanti ripercussioni nei modelli decisionali.

Se le passate teorie e modelli decisionali prevedevano un modello lineare di scelta finalizzato all'acquisto, oggi Internet sta

velocemente rivoluzionando tali modelli (Hwang; Fesenmaier, 2004). Come si è già appurato all'inizio di questo capitolo, se le

decisioni primarie (come il mezzo di trasporto, l'alloggio, il budget e il tempo disponibili, la scelta della destinazione) vengono prese

prima della partenza e a volte possono non seguire un criterio di scelta lineare nel tempo; le decisioni secondarie (come esperienze

di intrattenimento, escursioni, attività, ristoranti ecc.) vengono oggi prese sempre più spesso sul luogo, sia grazie all'aiuto di nuove

tecnologie e internet mobile sia grazie all'aiuto più classico degli infopoint e centri visitatori. (Fodness; Murray,1997)

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Mettendo a confronto le decisioni primarie e secondarie con le diverse fasi decisionali dal pre-viaggio, al transito fino all'arrivo a

destinazione, si evidenziano i seguenti risultati:

le decisioni che vengono prese quasi in egual numero prima della partenza e a destinazione riguardano le attività ricreative

e di intrattenimento;

le decisioni che vengono prese in maggior numero a destinazione riguardano i ristoranti;

le decisioni che vengono prese in maggior numero prima della partenza riguardano l'alloggio e il trasporto;

le donne tendono a prendere le decisioni di acquisto prima della partenza, mentre gli uomini tendono a prendere la

decisione una volta giunti in loco;

i viaggiatori leisure tendono a prendere le loro decisioni sulle attività di intrattenimento nella fase pre-viaggio, seppure

notevoli differenze sono state riscontrate per i viaggiatori domestici e quelli internazionali. I viaggiatori domestici, infatti,

tendono a prendere tali decisioni prima del viaggio, mentre i turisti internazionali sono più propensi a scegliere le attività

ricreative in loco. Tali differenze comportamentali possono far facilmente intuire un gap comunicativo delle attrazioni e

servizi locali che, se non noti prima della partenza, vengono usufruiti e acquistati durante il viaggio. Sia le nuove tecnologie

mobile che il ripensamento in ottica di accoglienza dei centri di informazione turistica, possono sicuramente colmare tale

gap, fornendo le informazioni e i servizi realmente ricercati dai turisti nel momento in cui giungono a destinazione.

8.5.2. Internet mobile: un nuovo strumento per vivere la destinazione ed implementare il marketing esperienziale.

Vista la crescente popolarità delle tecnologie mobile nel campo turistico, ci si propone di fornire un framework concettuale che

spieghi i fattori che maggiormente influenzano l'accettazione dei devices mobile da parte dei turisti, grazie all'aiuto della ricerca

internazionale: A Model of Traveller Acceptance of Mobile Technology (Kim D., Park J., Morrison A. M. 2008).

I risultati della ricerca mettono in luce la presenza di due variabili esterne (l'esperienza nell'uso della tecnologia e l'esperienza di

viaggio) e due determinanti influenti (percezione dell'utilità e percezione della facilità d'uso). I quattro fattori insieme, infatti,

determinano l'attitudine degli utenti all'uso delle tecnologie internet mobile, seppur è dimostrato che sono soprattutto l'esperienza

con la tecnologia e l'esperienza di viaggio ad incidere maggiormente nell'uso di tali dispositivi all'interno di un contesto di viaggio, sia

per l'acquisto di servizi (m-commerce) sia per la fruizione della meta. I risultati mostrano inoltre che sono proprio i frequent travellers

ad utilizzare maggiormente i dispositivi mobile e fornire connessioni wireless in hotel o luoghi pubblici possono portare ad un

incremento della fidelizzazione e degli acquisti tramite m-commerce, soprattutto se i servizi di connessione al web vengono resi

gratuiti o a costi bassissimi.

La consultazione di Internet da mobile, a differenza della consultazione tramite PC, permette di reperire delle informazioni in

relazione alla posizione fisica dell’utente, grazie all’uso della nuova generazione di cellulari e al sistema GPS. I servizi al turista

tramite questa nuova tecnologia potrebbero così spaziare dalle informazioni per la visita di un museo o di una città, alla disponibilità

di informazioni su un evento che si svolge a poca distanza dal turista o le informazioni sui servizi basilari, come gli orari dei treni,

delle banche e dei servizi pubblici in genere, con la possibilità, inoltre, di localizzare e georeferenziare le informazioni che vengono

fornite, oltre che di acquistare e prenotare biglietti per concerti, mostre, treni ecc. E proprio sulla possibilità di effettuare delle

prenotazioni, si presentano interessanti sviluppi per hotel, voli aerei e mezzi di trasporto in genere, pacchetti turistici, gite ed eventi. Il

cosiddetto m-commerce, ovvero il commercio elettronico tramite dispositivi mobili, è solo all'inizio, ma già interessanti ricerche

emergono sull'uso del cellulare e degli smartphone per l'acquisto di beni e servizi, come dimostra la recente ricerca di eMarketer.

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Figura 38. Mobile Commerce, confronto tra possessori di cellulari e di smartphone

Figura n. 39 uso dei cellulari per lo shopping

Come si può notare dal grafico, la maggior parte di chi utilizza un cellulare di ultima generazione, come gli smartphone, è

maggiormente propenso all'uso delle nuove tecnologie e all'acquisto online, al contrario di chi possiede dei normali cellulari, dalla

tecnologia meno sviluppata. La maggior parte degli utenti, infatti, si limita anche da cellulare, a ricercare informazioni, disponibilità o

sconti last minute. Importanti barriere, quindi, si pongono per l'adozione delle ultime tecnologie. Seppur le tecnologie mobili di ultima

generazione e il wireless sono ormai sufficientemente sofisticate da permettere la creazione di applicazioni veramente utili in campo

turistico e m-commerce, rimane certo ancora molto da fare per arrivare a creare dispositivi accettabili e usabili dalla maggior parte

degli utenti, che siano molto intuitivi ed economicamente alla portata di tutti (Bisiani B., 2006, pagg. 1-4).

Una ricerca di Baggio e Corigliano (Baggio R., Corigliano M. A., 2004), condotta su un campione di studenti universitari italiani,

dimostra infatti che, per rendere la tecnologia accessibile, anche economicamente, ad una vasta popolazione, occorre raggiungere

una massa critica di utilizzatori di internet mobile e le tecnologie 3G. I risultati della ricerca affermano che la questione chiave per il

successo di questi servizi di tecnologia mobile è la capacità di fornire contenuti attraenti e a prezzi ragionevoli. Un aumento del

numero dei clienti è fortemente collegato a questi elementi e può portare a sua volta ad un ulteriore incremento della clientela,

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generando un circolo virtuoso di valore aggiunto (Valente T. W.,1995) notando che la massa critica è raggiunta quando circa il 10% -

20% del mercato potenziale hanno adottato l'innovazione. Lo studio dimostra che il tempo necessario per raggiungere una massa

critica di utenti di tecnologie 3G Mobile, dipende soprattutto dalle dinamiche del mercato. Molte sono le condizioni che devono

essere presenti per raggiungere una massa critica di utilizzatori, con riguardo soprattutto al prezzo e alla disponibilità dei servizi,

oltre che alla presenza di infrastrutture tecnologiche adeguate. Il questionario realizzato e a cui si sono sottoposti un campione di

studenti italiani dimostra un'attitudine in gran parte positiva verso l'utilizzo delle tecnologie mobili (71.1%) e la maggior parte ha

dichiarato di essere propenso a pagare per ottenere servizi mobile proprio perché si riconosce un potenziale di valore aggiunto di tali

servizi pari a un incremento di utilità del 20% - 25%.

La preferenza degli intervistati va a servizi collegati al turismo, il ché dimostra che le implicazioni della tecnologia mobile di nuova

generazione e delle tecnologie wireless nel settore viaggi e turismo sono molto importanti. Si fa sempre più sentire la necessità per i

viaggiatori di ricevere informazioni in tempo reale per avere un'assistenza nella pianificazione delle attività turistiche mentre

viaggiano. I viaggiatori, sia leisure che business, vogliono servizi informativi veloci, flessibili e convenienti sulle attrazioni che una

destinazione offre (BOX n. 13). Siau (Kim D., Park J., Morrison A. M. 2008) identifica le quattro caratteristiche chiave della

comunicazione mobile, che rendono l'uso di tale tecnologie utile ai fini della fruizione ed esperienza turistica:

ubiquità: si possono raggiungere le informazioni ricercate in qualsiasi luogo e momento;

personalizzazione: le informazioni possono essere personalizzate in quanto sono per loro natura on demand e

georeferenziate, quindi i dispositivi mobile forniscono solamente i contenuti utili in base alla collocazione geografica;

flessibilità: i dispositivi mobile permettono di ricevere informazioni nel momento in cui necessitano, essendo portatili;

disseminazione e viralità: internet mobile permette di diffondere messaggi a più utenti.

La ricerca di maggiori informazioni, dettagliate e personalizzate, nel momento dell’arrivo sul luogo di vacanza è testimoniato anche

dai modelli di navigazione, nettamente diversi tra pc fisso e internet mobile (Okazaki S., Hirose M., 2009). Nel primo caso infatti,

come dimostra il grafico 21, l’utente non è ancora giunto a destinazione, e si fa un grande uso dei motori di ricerca, al fine di trovare

il maggior numero di informazioni per la visita del luogo di vacanza.

Figura n. 40 Utilizzo di internet da pc fisso (ShinyStat 2008)

I modelli di navigazione cambiano nettamente da dispositivo mobile, come dimostra la figura n. 41 in quanto, giunti sul luogo di

vacanza, gli utenti tendono a ricercare le informazioni necessarie tramite richieste dirette ai fornitori locali di servizi turistici.

Figura n. 41 Utizzo di internet da dispositivo mobile (ShinyStat 2008)

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Si crea così l’opportunità per fornire servizi non solo personalizzati e in qualunque momento della giornata, ma anche

contestualizzati all’ambiente che circonda il turista. Grazie a i dispositivi di ultima generazione è infatti possibile localizzare le

persone, gli oggetti e i luoghi, facendo interagire il turista con l’ambiente circostante, e ricercando i servizi di cui necessita che si

trovano nelle vicinanze, come hotel, negozi o attrattive, fornendo anche informazioni complete e pertinenti (Buhalis D., Lawb R.,

2008). La conoscenza di dove si trova l’utente ha molti vantaggi, sia per l’utente che per la destinazione turistica: semplifica la

fruizione di una località, permette di avere solo le informazioni rilevanti in una data posizione, aiutando l’utente alla localizzazione di

aree e eventi di interesse non noti, oltre che a facilitare l’orientamento in un luogo sconosciuto.

BOX n. 13

Internet Mobile nel turismo: esempi (Morresi A.,2008; Geoblog; Giscover)

Di seguito verranno presentati degli esempi di servizi internet mobile applicati al settore turistico, al fine di fornire una panoramica di

servizi possibili che utilizzano tecnologie mobile, dalle più semplici a quelle più sofisticate.

Ad esempio, il progetto “A spasso per la Valle d’Aosta” è un servizio realizzato da Vodafone, in collaborazione con alcuni assessorati

della Regione Valle d’Aosta. I turisti dopo aver mandato un SMS contenente il nome di un comune valdostano seguito dalla parola

“Sentieri”, “Ristoranti” o “Eventi”, restituisce via MMS rispettivamente l’elenco delle escursioni da fare in giornata nell’area scelta con

i relativi codici dei sentieri, una lista dei ristoranti presenti nel luogo o eventuali eventi in programma nell’area di interesse, tutti

corredati da una breve descrizione. Inviando poi un secondo SMS con il codice del sentiero che si vuole percorrere, oppure con il

nome di uno dei ristoranti proposti, si riceverà un ulteriore MMS con informazioni approfondite su quanto richiesto. Un’iniziativa come

questa mostra quanto sia facile offrire un supporto “geolocalizzato”, economico e senza grosse barriere per la fruizione, dato che la

quasi totalità dei device in giro è in grado di ricevere MMS, senza la necessità di possedere l’ultima generazione di telefonini.

(Morresi A., 2008).

Soluzioni più evolute, che usufruiscono dell’internet mobile propriamente detto, sono presentate da un altro progetto, il geoblog della

Via Francigena del Lazio. Lungo le tappe della Via Francigena, che dall’alto Lazio vanno verso Roma, è possibile, attraverso i

commenti propri della pratica blog, in linea con i dettami Web 2.0, rilasciare le proprie esperienze sia culturali sia turistiche del

viaggio intrapreso, creando un percorso georeferenziato che possiede il valore aggiunto rilasciato dalle recensioni di altri utenti

(http://geoblog.it/francigena/).

Sulla stessa linea ma sicuramente di maggior interesse e completezza, è il programma creato da Giscover web 2.0, che aiuta il

turista a pianificare in modo personalizzato la propria esperienza turistica, oltre a fornire aggiornamenti in tempo reale per

partecipare ad eventi o essere informati sui ritardi dei mezzi, sul meteo, ecc. All’efficienza dell’infomobility si aggiunge la presenza di

una community, che suggerisce itinerari percorsi da altri utenti, fornendo inoltre foto, video e musiche. Ovviamente ogni itinerario è

georeferenziato, con la presenza di strutture ricettive, ristoranti, luoghi di interesse, visibili anche grazie a ricostruzioni 3D. Infine il

progetto si completa con la possibilità di prenotare hotel, auto e quant’altro e di ricevere informazioni complete in base alla

collocazione geografica dell’utente (http://www.giscover.com).

I contenuti e i servizi particolarmente adatti alla tecnologia 3G mobile sono da sempre stati identificati con servizi geolocalizzati, che

aiutano concretamente il turista a fruire della destinazione turistica in modo interattivo. Non si tratta dunque più di limitarsi a fornire al

turista foto, video e informazioni; si tratta, invece, di fare un qualcosa in più, che aiuti il turista a fruire del luogo, delle sue tipicità,

degli eventi, creando un’immersione totale, coinvolgente, interattiva ed esperienziale con la destinazione turistica. La sfida, al giorno

d’oggi in un comparto turistico caratterizzato da un’esasperata concorrenzialità, non è più quella tra prodotti, ma quella tra percezioni

attorno ai prodotti; e sono allora la comunicazione e l'esperienza in loco a fare la differenza. Proprio per questo da diversi anni si

parla di marketing emozionale o dell’esperienza.

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Teorizzato da Bernd Schmitt (Schmitt B., 1999), professore alla Columbia University, il marketing esperienziale è così definito in

quanto si basa più sull’esperienza del consumo che sul prodotto in sé, come brevemente illustrato nel grafico sottostante. Obiettivo

primario della strategia di marketing è individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio il turista o ,meglio, il post-turista di

massa, i cui stili di vita si sono formati nel periodo della società post-industriale (dalla metà degli anni Settanta ad oggi)

MARKETING TRADIZIONALE MARKETING ESPERIENZIALE

Qualità del prodotto e servizio Qualità dell'esperienza

Homo oeconomicus Home ludens

Bisogno Desiderio e piacere

Agire di consumo razionale Agire emozionale

Benefici e attirbuti Stili di vita ed esperienza olistica di consumo

Scopi Processi e relazioni

Figura n. 42 Confronto tra Marketing Tradizionale ed Esperienziale

A differenza del marketing tradizionale, che attribuisce importanza soprattutto alle caratteristiche di un prodotto o di un servizio, il

marketing esperienziale rivolge la sua attenzione al cliente e a migliorare, se non a rendere unica, quella che è la sua esperienza di

fruizione della destinazione turistica. (Baglini L., 2006).

Tuttavia, non è opportuno enfatizzare troppo l’idea che sia l’I&C technologies ad aver determinato l’avvento del marketing

esperienziale. La concezione del turista come un soggetto non totalmente razionale perché molte scelte d’acquisto sono dettate

dalle emozioni o dall’istinto sono presenti negli studi pioneristici di psicologia sociale del turismo sin dai primi anni ottanta (Pearce,

2002). La classica logica “bisogno-acquisto-beneficio” si mostra fragile, presuppone un turista perfettamente informato e

perfettamente consapevole di quale sia l’utilità massima procedendo all’acquisto. Così non è, visto che non sempre gli acquisti

vengono effettuati con razionalità limitata (asimmetrie informative) più spesso alla razionalità si accompagna un’alta percentuale di

emozionalità indotte, ad esempio, dal valore sociale del ‘prestigio’, non riconducibile ad un calcolo utilitaristico ma al mondo

simbolico per marcare differenze sociali.

Ciò è tanto più vero in quei settori, come il turismo, in cui il servizio offerto ha valenze e connotazioni intangibili e permeate di

emozionalità, mentre le attività veicolano simboli di appartenenza a gruppi sociali che amano distinguersi anche scegliendo vacanze

speciali per connotare un’esperienza per ‘pochi’ oppure per gruppi che praticano attività ricreative ( culturali o sportive) che

richiedono competenze specialistiche.

Le ricerche, che analizzano congiuntamente le esperienze e l’ICT , hanno ripreso principi teorici già presenti nel dibattito scientifico

di fine Novecento, rendendole più complete e applicative.

Secondo Bernd Schmitt (Schmitt B. 1999) esistono cinque diversi tipi di esperienza, seguendo i quali si possono pianificare diverse

strategie di marketing mix:

• Sense experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale;

• Feel experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni;

• Think experiences, ovvero le esperienze creative e cognitive;

• Act experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono la fisicità;

• Relate experiences, ovvero le esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo.

Il Sense è il primo e più basso livello di esperienza, in quanto si tratta di un modulo che costruisce esperienze sensoriali utilizzando il

gusto, l’olfatto, il tatto, l’udito e la vista. L’attivazione dei sensi è presente già in Urry (1990) che evidenziò lo ‘sguardo’, ma è stato

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Wang (2000) ad evidenziare la tendenza dall’oculocentrismo alla polisensorialità, testimoniata, ad esempio, dalla realizzazione dei

musei scientifici con finalità didattica che, da Barcellona a Glasgow, vengono definiti dei ‘cinque sensi’perché i progettisti vogliono

soddisfare la polisensorialità dei post-turisti di massa.

Il secondo stadio di marketing esperienziale è il Feel, al quale afferiscono le esperienze affettive e interiori del cliente. L’obiettivo è

di suscitare emozioni, sentimenti, stati d’animo. Il prodotto deve essere in grado di giocare con il mondo delle emozioni del

consumatore postmoderno. Già Cohen (1985) aveva teorizzato che i games dei turisti sono radicati nel bisogno antropologico del

play. In questa prospettiva rientrano immagini, video e suoni che sono da sempre il veicolo d’eccellenza per le emozioni a cui

spesso vengono associati prodotti e destinazioni, che diventano ‘places to play and places in play’ (Sheller e Urry, 2004)

Il modulo del Think ha l’obiettivo di creare stimoli ed esperienze per la mente. Esso fa appello alle capacità intellettive e creative

dell’uomo, alle sue abilità di problem solving, alla sua voglia di scoprire, capire e apprendere cose sempre nuove, al suo desiderio di

essere sorpreso e provocato, alla sua propensione a riflettere, risolvere, scovare ed escogitare, in modo giocoso e divertente. Il

riferimento è al turista logocentrico , che rinvia al Grand Tourist, perché l’esperienza è soprattutto narrazione basata sulla riflessione

intellettuale (Wang, 2000).

La categoria dell’Act consiste nel proporre azioni fisiche e corporee ai clienti, che vengono coinvolti mostrando loro nuovi stili di vita,

in grado di arricchire la loro esistenza e suggerire prospettive alternative. In tal senso si orientano tutti quei prodotti turistici, rivolti a

turisti multimotivati e attivi, che prevedono la scoperta della destinazione turistica apprendendo e giocando nel contempo. E’ l’attività

che già nel 1979 Cohen definiva ‘tipicamente esperienziale’.

Il modulo del Relate, infine, ingloba al suo interno tutte le tipologie di marketing esperienziale precedenti, ma va oltre l’esperienza

personale dell’individuo, perché lo inserisce in un contesto sociale più ampio. In questa fase, l’esperienza è in grado di mettere

l’individuo in relazione con il sé ideale, con gli altri individui e con le altre culture. (Schmitt B. H, 1999).

In fondo, il modello di Schmitt non è così innovativo, come apparve quando il suo contributo fu pubblicato. Si tratta di una

revisione/aggiornamento della piramide dei bisogni di Maslow, che era funzionale soprattutto a spiegare/giustificare i piaceri

‘superiori’ del tempo libero e del turismo di massa nella società industriale come obiettivo legittimo di auto-realizzazione nella vita

privata degli individui. La differenza sostanziale è che il turista pienamente soddisfatto non esce dal mercato (si pensi al sogno

consumistico di stare senza far niente in un atollo circondato da servitori) e entra nella ‘bella vita’ ma, in sintonia con le aspettative e

le norme del turismo ‘sostenibile’ e della ‘globalizzazione riflessiva’, il t’sé ideale’ del turista esperienziale va soddisfatto con

proposte inter-culturali che premiano le differenze tra gli individui e attraverso le culture

Altri contributi nel campo del marketing esperienziale, più vicini al tema dell'internet mobile, sono stati proposti dalla Ceriani, nel suo

saggio intitolato “Dal sincretico al sinestetico”, che evidenzia come si andranno sempre più mescolando e contaminando i cinque

sensi nella percezione del prodotto turistico, attraverso un numero sempre maggiore di mezzi di comunicazione e di codici

espressivi. L’autrice evidenzia i vantaggi dell’applicazione di tali tecniche nella comunicazione: le contaminazioni e le

corrispondenze sul piano emozionale, che molte delle moderne tecniche di comunicazione e di marketing sanno attivare, riescono a

creare una relazione con il potenziale cliente favorendo il suo consenso e abbassando la soglia cognitiva e razionale, a favore di

quella affettiva e sensoriale (Ceriani G., 1994).

Basti citare l’esempio della Strada del Vino in Franciacorta che, attraverso un sito web ben strutturato, un palmare e un sistema di

navigazione satellitare, ha saputo offrire un’esperienza di visita globale e coinvolgente. In pratica si tratta di una guida virtuale,

installata sul palmare, che contiene tutti i dati di aziende vitivinicole e ristoranti associati, ma anche di punti panoramici e di interesse

storico-culturale. Attualmente il palmare è disponibile su noleggio, depositando una cauzione presso alcuni punti che fanno parte

della stessa Strada. In alternativa si può scaricare l’itinerario dal sito della Strada, e caricarlo sul proprio palmare. (Salatino M.,

2008). L’offerta turistica si configura quindi, non solo come singolo prodotto ma come l’insieme delle attività ed emozioni legate al

viaggio, inteso nella sua globalità. La strada che si prospetta si dirige verso un marketing che propone tecniche di vendita e di

comunicazione polisensoriali, basate sulla sollecitazione strategica di tutti e cinque i sensi del consumatore. Implementare tecniche

di marketing esperienziale è indispensabile per ottenere due importanti vantaggi: dotare il servizio di un’identità forte e coinvolgere

maggiormente il consumatore sia sul piano cognitivo che su quello passionale, aumentando la sua fidelizzazione alla destinazione

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turistica.

8.5.3 Alcune applicazioni di Internet mobile per migliorare l'accoglienza: esempi di integrazione tra online e offline - infopoint e qr code -

Se fino ad oggi, anche se complementari, il mondo della promozione on-line e off-line non si potevano considerare perfettamente

integrati, grazie alla tecnologia mobile la fruizione reale e virtuale di una destinazione turistica possono potenzialmente fondersi e

reciprocamente integrarsi. Se in passato, infatti, l'accoglienza di un turista in una destinazione era riservata in gran parte agli

infopoint, oggi l'accoglienza e la fruizione di una località si arricchiscono di nuovi strumenti informativi e multimediali, disponibili

grazie a diverse tecnologie, tutte strettamente legate alla possibilità di accedere al web da dispositivi mobile. Si tratta di strumenti

che non solo facilitano la visita di una destinazione turistica, grazie alla possibilità di avere in tempo reale informazioni

georeferenziate e, quindi, di interesse pertinente; ma permettono inoltre di migliorare l'esperienza di fruizione, secondo i dettami del

marketing esperienziale, grazie alla possibilità di usufruire di contenuti multimediali e interattivi. Di seguito si andranno ad illustrare

due modalità di accoglienza turistica che utilizzano la rete Internet: il primo è sostanzialmente il riadattamento tecnologico dei

classici infopoint; la seconda modalità affronta invece una nuova tecnologia, i QR Code, che permettono di accedere al web verso

contenuti specifici.

Partendo da uno studio di Rino Vitelli sugli infopoint di Napoli (Vitelli R., 2007) si possono delineare le caratteristiche di un infopoint

moderno. La riorganizzazione degli uffici di informazione turistica rappresenta un tassello essenziale nell’impostazione delle politiche

di destination management. Tralasciando elementi che dovrebbero essere parte basilare di ogni ufficio turistico, come orari

d'apertura prolungati e la formazione del personale di alto livello, sia linguistica sia nella gestione dei rapporti interpersonali, si vuole

di seguito dare degli spunti e delle linee guida per adeguare gli infopoint alle nuove esigenze del turista. Il ruolo dell'infopoint infatti

non solo informare, bensì saper ascoltare e rispondere ai bisogni anche impliciti dei turisti è il concetto fondamentale di accoglienza

ed esperienza della destinazione. Alla pura e semplice erogazione di informazioni sulla destinazione andrebbero quindi affiancati dei

servizi aggiuntivi al turista, come ad esempio corner per il noleggio di biciclette, bacheche e chioschi informatici, disability service e

box per la prenotazione di alberghi, ristoranti, escursioni, visite guidate a musei e monumenti, e l’acquisto di biglietti per concerti,

manifestazioni artistiche ed eventi sportivi. Tutti servizi, quelli appena elencati, che non è affatto raro, ormai, trovare in molti uffici

turistici operanti all’estero, che sono diventati dei veri e propri point of purchase, ovvero degli spazi di acquisto di prodotti e servizi

(Vitelli R., 2007)

Ma la vera differenza tra un punto informativo "classico" e un punto di accoglienza centrale nella destinazione è la modalità di

comunicazione tra operatore e turista. Come delineato dallo studio di Vitelli l’erogazione delle informazioni risulta tuttora imperniata

sulla figura dell’operatore che governa le informazioni, senza la possibilità da parte del turista di interagire o di richiedere servizi e

informazioni personalizzate. Non vi è quindi una comunicazione paritaria e interattiva, tipica del web 2.0, né tantomeno la possibilità

di utilizzare strumenti informativi altamente tecnologici ed esperienziali. Ovviamente gestire una comunicazione one to one,

soprattutto in periodi di alta stagione e sovraffollamento, sarebbe oggettivamente più difficile. A tal fine da diversi esperti del settore,

viene suggerita la possibilità di integrare le nuove tecnologie negli infopoint, per permettere ai turisti di ottenere certe informazioni

consultando autonomamente il materiale multimediale, appositamente organizzato e trattato per l’autoconsultazione, e magari

arricchito da video sulla destinazioni pensati in ottica esperienziale. Ma ancora, come suggerito da Roberta Milano, perché non

pensare di integrare i QR Code7 nelle vetrine degli infopoint o nel loro materiale cartaceo, con un rimando diretto al sito ufficiale o

alle pagine dei social network, attraverso cui esprimere giudizi e opinioni sulla destinazione ma anche sulla qualità del servizio

ricevuto presso gli infopoint. (Carciofi A.e, 2010)

I QR Code nascono nel 1994 da un'innovativa corporation giapponese, la Denso-Wave, che ha creato un codice bidimensionale

dalla forma quadrata con all'interno una matrice di puntini. L'innovazione dei QR Code (Quickly Response) è nella rapida risposta

7 Si tratta di un codice bidimensionale (detto anche SmartCode) capace di memorizzare delle informazioni, inclusi gli indirizzi URL. Orientando sul codice la fotocamera del dispositivo mobile, all’interno del quale è stato installato un 2D code reader, si viene indirizzati sul uno specifico sito

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della decodifica del contenuto e nella capacità di memorizzare un gran numero di informazioni, accessibili direttamente da cellulari e

smartphone dotati di fotocamera e di un software liberamente scaricabile in grado di decodificare il contenuto del QR Code e di

rimandare ad una pagina web specifica (Belloni F. 2010). L’evoluzione dei telefoni cellulari ha reso possibile l’accesso

all’informazione in ogni luogo e in qualsiasi momento permettendo alla tecnologia QR Code di esprimere tutte le sue potenzialità. E

in particolare, grazie alla possibilità di rimandare a un indirizzo internet, di visualizzare un testo, oppure di riprodurre direttamente un

file audio o video, la loro efficacia si sta manifestando soprattutto nel campo della comunicazione e della promozione turistica. Non è

difficile quindi immaginare le implicazioni che questa tecnologia mobile può avere in ambito turistico: un DMO o ente di promozione

turistica potrebbe fornire tramite QR Code dei coupon elettronici che una volta fotografati e stampati possono dar diritto a regali,

sconti o accessi privilegiati durante eventi o manifestazioni. Tramite i QR Code è inoltre possibile fornire contenuti supplementari ad

alto valore aggiunto, magari arricchite con file multimediali che siano in grado di arricchire l'esperienzialità della fruizione della

destinazione. Allo stesso modo l’utilizzo dei QR Code è utile anche per migliorare il contenuto dei pacchetti tematici offerti ai turisti,

così da trasformare anche una semplice escursione in un’esperienza multisensoriale, come dimostra numerosi case study di

destinazioni turistiche italiane che hanno già deciso di utilizzare gli strumenti che internet mobile mette a disposizione per arricchire

l'esperienza e la visita delle località turistiche (BOX n. 14).

BOX. n. 14

QR Code nel turismo: scopri quali sono i maggiori case history in Italia (Belloni F., 2010)

Di seguito verrà illustrata una rassegna di alcune case histories che enfatizzano il connubio tra turismo e Qr code, tratte dalla rivisita

di settore Hotel Domani.

TagMyLagoon, è un progetto che ha come claim " Dopo Venezia il nostro viaggio continua alla scoperta dell'Internet delle cose": un

modo innovativo per ri-scoprire la città.

In pratica si tratta di un progetto pilota (in inglese e italiano) che ti permette di scoprire una parte di Venezia attraverso una guida

passo-passo per la città lagunare attraverso il tuo cellulare, la rete wifi e i il Qr code, una sorta di sentiero digitale dove sono stati

posizionati Qr code in ambienti quali lampioni, cestini ed insegne, in modo che il turista può accedere alle informazioni più disparate

del territorio in maniera del tutto "fruibile" e "mobile".

Alle città che hanno "implementato" Qr Code nella segnaletica ed informazione turistica c'è da annoverare anche il progetto di

Benevento che proprio in questi giorni sta ultimando la fase di "implementazione". Il sindaco spiega così le motivazioni: il turista deve

essere accolto sia da una politica del welcome, che da strumenti di conoscenza. E’ questo il valore dell’iniziativa presentata oggi. I

Tag saranno posizionati sui cartelli informativi dei monumenti cittadini e i visitatori scattando una foto, saranno indirizzati al sito web

specifico dove poter acquisire tutte le informazioni”. Ne è un esempio un altro progetto sperimentale realizzato dalla città di Pontinia,

in Provincia di Latina, per la celebrazione del suo 75º anno di fondazione, “con lo scopo di promuovere conoscenza, valore, cultura,

e consolidare quella consapevolezza per rispettare e apprezzare il suo territorio attraverso la sua storia e le curiosità che lo

caratterizzano, avvantaggiandosi dell’interazione tra telefono cellulare e Internet in un’esperienza d’uso interattiva e contestuale al

territorio”, come si legge nella pagina web dedicata al progetto. L’idea è appunto quella di informare e incuriosire l’utente,

direttamente presente sul territorio, con delle informazioni a valore aggiunto relative al contesto geografi con il quale si trova a

interagire. Il progetto si sintetizza nel posizionamento di 9 punti, corrispondenti ai luoghi più importanti dal punto di vista storico-

artistico, vicino a ognuno dei quali è posto un moderno ed elegante panello informativo dove, oltre alle informazioni di interesse

turistico, sono presenti due QR Code che rimandano rispettivamente al sito internet del concorso, dove il visitatore può scaricare

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video e informazioni audio sul monumento che si sta osservando, oppure accedere alla visualizzazione immediata di informazioni

testuali, che completano la descrizione presente.

8.5.4 Implicazioni manageriali

Le implicazioni pratiche dell'adozione di tecnologie mobile per la fruizione di una destinazione turistica convertono soprattutto nella

possibilità di aumentare l'esperienzialità e le emozioni legate alla visita di una destinazione, aiutando nel contempo il visitatore a

conoscere la località grazie a contenuti, foto e testi georeferenziati e disponibili in ogni momento, in grado di identificare le attrazioni

turistiche più prossime e di maggiore interesse. L'utilizzo delle tecnologie internet mobile permettono quindi al turista di migliorare la

fruizione di una località, ma numerosi vantaggi si prospettano anche dal punto di vista del DMO, sia nell'implementazione delle

strategie promozionali e comunicative, sia nel monitoraggio dei flussi. Alcuni esperti e pubblicazioni del settore evidenziano infatti i

seguenti vantaggi (Carciofi A.e., 2010; Belloni F. 2010)

Miglioramento della qualità della comunicazione turistica e dei suoi contenuti informativi

Facilità nel tracciare le campagne di promozione e di comunicazione e di monitorare lo spostamento dei flussi turistici,

evidenziando i luoghi più e meno frequentati e i cambiamenti di fruizione che contenuti e video disponibili tramite internet

mobile inducono

Facilità nella condivisione e la diffusione delle informazioni, grazie anche alle applicazioni mobili dei social network

Possibilità di creare prodotti turistici "contestualizzandoli" con il territorio, grazie all'uso di specifici QR Code o di particolari

percorsi e itinerari georeferenziati

Possibilità di "creare" una segnaletica turistica del tutto "emozionale", attraverso video, immagine e testi

Possibilità di creare totem informativi e snack info all'interno di città

Possibilità di integrare la comunicazione attraverso internet mobile e QR Code con i social media, facilitando l'uso di altri

strumenti promozionali, e in particolar modo il video marketing, il viral marketing

Possibilità di convertire il cellulare verso uno strumento di m-commerce maggiormente utilizzato, grazie alla connessione

di contenuti informativi e multimediali a proposte commerciali, come visite guidate e pacchetti turistici, acquistabili

direttamente in loco e in tempo reale, ovvero quando nasce l'esigenza per il turista.

Ulteriori vantaggi possono essere raggiunti se il DMO converte in logica internet mobile tutto il materiale promozionale cartaceo,

inserendo dei QR Code in depliant e materiale informativo in grado di rimandare a video, podcast, itinerari e contenuti multimediali

aggiuntivi, che possono aumentare l'appetibilità e la valenza informativa delle proposte turistiche presenti sul territorio. Se tale logica

di integrazione tra offline e online viene poi perseguita anche una volta che il turista è arrivato a destinazione, si potrebbe ipotizzare

di utilizzare i QR Code o altre tecnologie Internet Mobile collegate a rilevatori GPS, per proporre itinerari innovativi. Per esempio è

possibile associare la Movie Map di un film girato in una città a un QR Code o ad un contenuto multimediale disponibile su cellulare

per ogni location presente, in modo tale che, una volta giunto, il cliente possa rivedere la scena del film vivendola quasi da

protagonista, così come avere informazioni complementari sulle riprese, oppure vedere l’intervista del regista o dei protagonisti.

In conclusione Internet mobile risulta essere un valido strumento di fruizione del territorio, soprattutto perché i contenuti multimediali

fruibili attraverso cellulari e smartphone permettono di sviluppare strategie di marketing esperienziale che, come visto dagli studi

precedentemente esposti, sono in grado di creare un approccio emozionale ed un attaccamento maggiore alla destinazione.

E' pur vero però che, se cellulari e smartphone sono ampiamente diffusi, per poter sviluppare e consolidare strategie di Internet

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mobile occorrerà rendere più accessibile la connessione a Internet tramite dispositivi mobili. Se quindi ad oggi non è ancora stata

raggiunta quella massa critica di utilizzatori prospettata da Baggio, al fine di abbassare i costi di connessione, si potrebbe suggerire

un partenariato o collaborazione tra DMO e gli operatori di telefonia mobile, al fine di implementare strategie promozionali e di

fruizione del territorio che si allineino perfettamente al modello di comunicazione online circolare e discontinua che prevede l'utilizzo

del web anche una volta giunti a destinazione, al fine di implementare la fruizione emozionale ed esperienziale della località turistica.

8.6 Fase 4: il post-viaggio. Monitorare il raggiungimento degli obiettivi: la soddisfazione del cliente e la brand reputation

8.6.1. Valutare il successo di un DMO

La fase 4 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, è la fase conclusiva, che si pone come obiettivo

quello di valutare i risultati ottenuti dal DMO attraverso il piano di web marketing adottato. Nello specifico, si andranno di seguito ad

approfondire quali sono gli indicatori di successo delle azioni intraprese da un DMO, con particolare attenzione alla valutazione della

soddisfazione olistica del cliente, definita anche experience satisfaction, e alla brand reputation della meta che si diffonde online, al

fine di elaborare strategie correttive dell'offerta turistica o della promozione.

Cos'è dunque il successo nel settore turistico? In particolar modo, cosa significa il successo per una destinazione turistica e per un

DMO? Il successo di un DMO automaticamente determina il successo di una destinazione? E allo stesso tempo, il successo di una

destinazione implica necessariamente la presenza di un DMO? L'obiettivo principale della fase 4 del modello di comunicazione

online circolare, interattivo e discontinuo è quello di esaminare il concetto di successo turistico relativo sia alle destinazioni che ai

DMO, e determinare se esiste una relazione tra i due.

Molti studi condotti da una prospettiva interna ai DMO si sono focalizzati su singoli aspetti delle performance e successo di una

destinazione, come il marketing (Buhalis, 2000), il prezzo (Dwyer, Forsyth, & Prasada, 2000; Keane,1997; Mangion, Durbarry,

Sinclair, 2005), l'offerta turistica (Faulkner, Oppermann, Fredline, 1999; Judd, 1995; Murphy, Pritchard, & Smith, 2000), le

partnership collaborative (Donnelly, Vaske,1997), o la qualità (Go & Govers, 2000). Uno dei primi modelli teoretici che ha utilizzato

un approccio con variabili multiple per determinare il successo, in senso olistico, di una destinazione, è stato proposto da Ritchie e

Crounch (2000). I principali indicatori e variabili sono state identificate dai due studiosi in:

indicatori economici: indica le performance economiche come gli arrivi, le presenze, la spesa giornaliera media dei turisti

efficacia delle iniziative di marketing: indica l'incremento o il decremento di alcune variabili a seguito delle azioni di

marketing, come il miglioramento dell'immagine e l'aumento della consapevolezza di una destinazione presso il target

offerte di prodotti e servizi: indicano la presenza di prodotti e servizi turistici come eventi, infrastrutture, iniziative culturali,

sviluppo delle attrazioni turistiche ecc., in grado di attrarre nuovi flussi turistici

qualità dell'esperienza dei visitatori: indica la qualità dell'esperienza di viaggio che porta alla soddisfazione del

consumatore (costumer satisfaction ed experience satisfaction) e la volontà di ripetere o meno il viaggio

relazioni interne da stakeholders: indica la presenza o meno di partnership collaborative e la qualità di tali rapporti,

escludendo quindi tutte quelle partnership con soli fini promozionali che rientrano nelle variabili di efficacia delle iniziative

di marketing, e tenendo in considerazione solo partnership più consolidate e sviluppate.

Al fine di rispondere alle domande che ci si è posti ad inizio del paragrafo è utile far riferimento alla ricerca internazionale

Determinants of tourism success for DMOs & destinations: An empirical examination of stakeholders’ perspectives (Bornhorst T.,

Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010). Nello studio sono stati coinvolti 84 manager turistici e stakeholders provenienti da 25

destinazioni Canadesi. Le risposte fornite durante le interviste sono state utilizzate per identificare le variabili e costruire un modello

che supporti l'esistenza di una relazione tra il successo di una destinazione e quello di un DMO, focalizzando l'attenzione sugli

indicatori economici, di marketing e le relazioni interne alla comunità.

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Partendo da tale modello teorico, lo studio ha analizzato i fattori ritenuti maggiormente importanti dagli operatori turistici locali per

misurare il successo di una destinazione in rapporto all'operato del DMO. La ricerca ha evidenziato che il DMO viene visto come una

figura di centrale importanza dalla maggior parte degli stakeholders perché, se realmente funzionante, ha l'abilità di gestire

efficacemente tutte le variabili indicate nel modello teorico di Ritchie e Crounch (2000), sopra esposto, in grado di delineare il

successo o meno di una destinazione. Nessun'altra tipologia di organizzazione è in grado di sviluppare strategie olistiche in grado,

da un lato di incontrare il favore di tutti i diversi stakeholders coinvolti nel settore turistico, e dall'altro lato di sviluppare programmi

promozionali diretti ai turisti al fine di aumentarne i flussi verso la destinazione.

Nello specifico i risultati della ricerca e delle interviste agli stakeholders locali dimostrano che i fattori cruciali per valutare il successo

di una destinazione e, di conseguenza, dell'operato di un DMO, possono identificarsi in:

qualità e tipologia delle relazioni interne tra gli stakeholders

attività operative, di marketing e promozionali intraprese

risorse finanziarie e di know how messe a disposizione dal network di partnership e dal DMO stesso

misurazione delle performance del DMO, tramite modelli statistici e rilevamento di feedback

Tra questi fattori, quello ritenuto più importante sono le attività operative (86%) che effettivamente realizza il DMO per promuovere la

destinazione, a cui segue la qualità e tipologia di relazioni e rapporti interni tra stakeholders (60%), mettendo in luce come le azioni

concretamente volte allo sviluppo della destinazione turistica in modo olistico, sono considerate di grande importanza dai diversi

partner locali. A questo seguono, in percentuale nettamente inferiore, le risorse finanziare e umane (32%) e la misurazione delle

performance (35%), come dimostra il grafico sottostante.

Figura n. 43 Temi chiave che definiscono il successo di un DMO (Ritchie e Crounch, 2000)

Compresa la relazione intrinseca e strettamente interdipendente che esiste tra l'operatività di un DMO e il successo di una

destinazione, di seguito verranno proposti alcuni strumenti di analisi e monitoraggio, in grado di valutare, anche statisticamente, gli

esiti delle azioni intraprese da una destinazione turistica per migliorarne l'appeal e i flussi turistici.

Nello specifico si andranno ad analizzare tre fattori chiave da monitorare:

la soddisfazione del turista,

la brand reputation

le performance e i ritorni delle azioni promozionali online.

8.6.2. Misurare il successo di un DMO attraverso la soddisfazione del cliente

Un numero considerevole di studi e ricerche si sono focalizzati sulla soddisfazione, proprio perché considerata un fattore chiave di

successo in un panorama altamente competitivo (Morgan, Attaway, Griffin 1996). Numerosi sono i modelli che tendono a spiegare le

interrelazioni tra attitudini, convinzioni precedenti al viaggio, la valutazione del rischio connesso al viaggio (Asli D. A. Tasci, Yasin

Boylu, 2010), le valutazioni post-viaggio e le inclinazioni comportamentali del turista, che possono condurre alla soddisfazione del

turista. Il monitoraggio della soddisfazione del turista da parte della destinazione, attraverso questionari, feedback e raccolta di

informazioni o suggerimenti, è uno strumento in più per poter migliorare gli standard dei propri servizi, ristabilendo la centralità del

cliente e orientando il proprio business alla customer satisfaction, o meglio alla experience satisfaction.

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Come ha dichiarato Daniel Kahneman (Rossi A. 2010), premio Nobel per l’economia, il marketing esperienziale è sempre più legato

alla soddisfazione delle attività del tempo libero, tra cui quelle turistiche, che hanno costituito utili laboratori per la sua teoria, in

quanto le emozioni giocano un ruolo fondamentale nello strutturare i ricordi di viaggio e nell’attivare il passaparola e la fidelizzazione

del cliente. L’experience satisfaction è un perfezionamento della customer satisfaction, e si definisce come un insieme di attività

sociali ed economiche attivate dai ricordi di viaggio. Ma come si misura l’experience satisfaction? Innanzitutto occorre distinguere tra

experencing self e il remembering self. Kanheman ha infatti rilevato delle discrepanze sostanziali tra il ricordo delle emozioni provate

durante le vacanze e la reale esperienza di gioia vissuta dai turisti: sono le emozioni ricordate, e non quelle sperimentate, che

inducono o meno il turista a ripetere l’esperienza di viaggio in quel luogo e non in un altro, portando dunque alla fidelizzazione del

cliente.

E’ dunque evidente il legame tra esperienza, soddisfazione e fidelizzazione. Conoscere l’esperienza fatta dai turisti attuali, infatti,

aiuta a raccogliere informazioni sulla loro eventuale insoddisfazione e a modificare i comportamenti di chi offre i servizi e migliorare

la gestione dei reclami. Soprattutto, è un valido supporto per la strategia del marketing passaparola, che consente di abbattere molti

costi di comunicazione: la soddisfazione esperienziale, abbinata all’analisi dei blog e delle community online, consente di capire che

cosa pensano i clienti e può sviluppare nuove idee promozionali o nuovi prodotti.

Al fine di fornire strumenti operativi e linee guida per analizzare e misurare l'experience satisfaction, si sono scelti due modelli di

analisi della soddisfazione, tratti dalla bibliografia internazionale: il modello duale e il modello cognitivo-affettivo, che verranno di

seguito analizzati.

8.6.3 La customer experience: definizione

Il turismo è un’esperienza, di cui i beni e i servizi sono la materializzazione perché:

- il turista attivo del ceto medio internazionale non ricerca principalmente la conferma del proprio status sociale. Non va in albergo

per mostrare di poterselo permettere e in luoghi ‘famosi’ in cui la popolazione locale è un semplice contenitore in cui mostrare la

capacità di spendere e comprare. Non è il turista passivo o vacationer. No, il turista è multi-motivato, anche quando le sue decisioni

di viaggio sono basate su una motivazione principale o prevalente. E’ una persona con molti hobby, ceca relazioni più sincere con le

popolazioni locali, esplora i luoghi con multi-trip perché è sempre meno sedentario e vuole fare ‘esperimenti’ polisensoriali con il cibo

locale. Il successo dell’agriturismo, dei prodotti gastronomici e artigianali tipici, del B & B, del turismo sportivo e dei centri di

benessere ma anche di formule come gli short break o del fly & drive dimostra che non siamo alla presenza di una moda ma di una

tendenza e di un ‘nuovo’ turista. La figura di riferimento è il professional cosmopolita, in cui confluiscono ingegneri e avvocati,

informatici e pubblicitari, gente dello spettacolo e biotecnologi, insomma sono le persone che tutti vorrebbero ospitare perché hanno

tanti soldi da spendere e rendono ‘prestigiosa’ la località. Dove vivono, che fanno e, soprattutto, perché scelgono così poco l’Italia

pur amandola?

- l’incontro tra locali e visitors è co-prodotto da chi eroga il servizio e da chi lo utilizza, è quindi il focus dell’esperienza turistica.

L’economia esperienziale del turismo è basata sulla figura del prosumer, di un cliente che è messo a lavorare (fornisce informazioni

su di sé) interagendo con chi eroga il servizio. Il successo delle web agency e dei dynamic package tour, flessibili e polivalenti, è la

conferma della centralità dell’incontro one-to-one come focus esperienziale intorno alla quale sono progettati servizi personalizzati,

su misura. Non è il turista che si deve adattare all’operatore e alla destinazione ma queste al turista. La comunità locale è sempre

meno passiva e il turista sempre più consapevole dei suoi ‘limiti’ e rispettoso delle diversità come valore in sé. La qualità dei servizi

della customer satisfaction è un presupposto di base, adesso cresce la qualità relazionale, sociale, ambientale, estetica, che genera

il value for time: spendere per riempire il tempo di contenuti.

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L’experience satisfaction o soddisfazione esperienziale non è uno stato di benessere generale o un equilibrio olistico ‘interno’ alla

persona e quindi difficile da misurare.

E’ un insieme di attività sociali ed economiche attivate dai ricordi di viaggio, che si trasformano in preziose informazioni per gli

operatori che vogliono personalizzare l’offerta o pianificare la comunicazione tramite nuove tecniche. E’ un insieme di ‘pezzi di vita’

che, analizzati uno per uno, danno preziosi suggerimenti sui servizi alla persona e sulle innovazioni da apportare all’offerta e al mix

promozionale.

Il riferimento scientifico è a Daniel Kanheman, premio Nobel per l’economia, studioso dell’economia della felicità, che distingue tra

experencing self e il remembering self.

Il ricercatore ha trovato discrepanze sostanziali tra il ricordo della gioia provata nelle vacanze al mare o in montagne o alle terme e la

loro reale esperienza di gioia: era la gioia ricordata, e non quella sperimentata, che prediceva il desiderio di ripetere l’esperienza

della vacanza in quel luogo e non in un altro (fidelizzazione). Il well-being non è unitario ma va coniugato al plurale. Il ‘sé che fa

esperienze’ dei momenti felici, raramente sopravvive ai momenti che ha vissuto. Così, quando chiediamo a qualcuno “quanto ti sono

piaciute le vacanze quest’anno?” , chi risponde all’intervistatore non è l’experencing self, il sé che registra e archivia i momenti, i

momenti del presente psicologico distribuiti nel flusso del passato prossimo. Risponde il ‘sé che ricorda e valuta’ (il remembering

self). Contrariamente all’experiencing self, il remembering self è abbastanza stabile e permanente e costituisce la sola prospettiva

che i turisti possono adottare appena sono sollecitati a valutare le fresche memorie o cool memories dei pezzi di vita del passato,

l’insieme di incontri di servizio esperiti durante le vacanze appena concluse.

Pertanto, l’esito dell’incontro tra erogatori di servizi turistici e nuovi turisti esperienziali/attivi non è racchiuso nell’esperienza fatta

immediatamente ma in ciò che resta nella memoria. Sono i ricordi che determinano le attribuzioni di equità sul rapporto qualità-

prezzo, sia in termini da value for money che di value for time. Perciò, non occorre analizzare soltanto gli ‘incontri di servizio’ tra i

turisti e gli erogatori pubblici e privati, ma soprattutto i ricordi, se vogliamo misurare la soddisfazione esperienziale.

L’experience satisfaction è un perfezionamento della customer satisfaction e promette, una volta applicata, di dare risultati

originali, fertilizzando le menti dei talenti più proattivi dell’incoming made in Italy. Infatti, non si limita ad evidenziare gli scostamenti

tra immagine proiettata dal territorio o dall’azienda e immagine percepita dal turista. Fa molto di più: aiuta a mettere a lavorare i

turisti e gli erogatori di servizi perché insieme co-producano l’esperienza., ingegnerizzando nuovi prodotti o re-ingegnerizzando quelli

invecchiati a partire dei ricordi del remembering self.

La soddisfazione esperienziale è formata da due componenti:

- la soddisfazione esperienziale espressiva, collegata agli scambi e agli incontri con le culture e le tradizioni locali tramite i servizi

della città ospitale. Definisce i piaceri del gioco e della ‘bella vita’ a contatto con ambienti e persone diverse dal solito, con cui il

turista è entrato in contatto, oltre i servizi commercializzati ‘per’ i turisti. Racchiude l’unicità locale, che costituisce la motivazione

principale del viaggio. Misura il core business dell’autenticità, dell’amicizia, dell’accoglienza voluta consapevolmente dai locali. Essa

è sempre immateriale. La ricerca Ispo sull’atteggiamento degli Italiani nei confronti dei turisti è l’inizio di un percorso di ricerca

finalizzato alla vendita di prodotti turistici urbani, che ho descritto nel mio libro ‘La città ospitale’, Mondadori, 2008: le popolazioni

locali, con le loro culture e i loro stili di vita, fanno sempre più parte integrante del prodotto turistico. Capire che cosa pensano i

cittadini sui servizi turistici e sull’indotto del turismo è soltanto il primo passo per definire il capitale sociale pro-turistico di una

comunità locale. E lo sanno bene gli assessori al turismo, che tanto faticano ad attribuire un ruolo strategico al comporto, inteso

come trainante di tutte le interdipendenze settoriali (beni culturali, trasporti, agricoltura, ristorazione ecc.). Questo tipo di

soddisfazione si raccomanda sempre quando si vuol testare un nuovo prodotto a rete – ad esempio una shopping card o una arte

card – perché i beneficiari siano sia i residenti che i visitors, creando così un clima urbano favorevole alla città ospitale e al fatto che

il turismo è utile. Questa componente misura come ridurre i conflitti tra locali e turisti creando spazio di gioco per entrambi;

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- la soddisfazione esperienziale strumentale, collegata ai servizi pubblici e privati utilizzati dai turisti attivi, soprattutto dal nuovo ceto

medio internazionale, per cercare di essere felici. Definisce le valutazioni del turista, in quanto viaggiatore sempre più competente

per la numerosità dei viaggi fatti nel corso della vita. Racchiude i temi usuali della qualità dei servizi più i temi della ‘buona società’

(ambiente pulito, sicurezza personale, mantenimento ecc.). La ricerca sonda le valutazioni sui servizi del turismo ristretto (alberghi,

ristoranti, negozi ecc.) e di quello allargato (trasporti locali, ospedali, lavanderie ecc.).

La valutazione tramite sondaggio dei due livelli fa emergere i variabili standard che spingono il turista a definirsi più o meno

soddisfatto e quindi è pronto al passaparola positivo, a spendere di più per tutti i servizi dell’area, ad accettare tranquillamente piccoli

aumenti di prezzo anno dopo anno.

8.6.4 Alcuni modelli di misurazione dell'esperienza turistica

Il modello duale di Joaquın Alegre e Jaume Garau

Il modello duale di misurazione della soddisfazione di Alegre e Garau (2010) si limita a rilevare la soddisfazione del cliente in modo

statistico, senza inserire le rilevazioni in un contesto comunicativo più ampio che attraversa le diverse fasi del viaggio, dal sogno alla

pianificazione alla prenotazione, al viaggio e alla visita della destinazione, fino al rientro a casa. L'innovazione di tale modello sta nel

non adottare un questionario valutativo della soddisfazione in base al punteggio indicato ad ogni singolo attributo su una scala likert,

bensì considera la soddisfazione o insoddisfazione come un aspetto olistico, che non valuta i singoli attribuiti di una località ma la

destinazione nel suo complesso, dando così pesi diversi ad attributi diversi che possono avere un'importanza maggiore o minore per

ogni singolo turista e quindi essere più o meno influenti nella sua soddisfazione generale. Come affermato anche da Cadotte e

Turgeon (1988) esistono infatti diversi attributi che influenzano la soddisfazione generale in modo diverso. A tal fine tali attributi sono

stati divisi in 4 categorie:

attributi che creano soddisfazione se presenti, ma non creano insoddisfazione quando non presenti;

attributi che generano insoddisfazione se assenti o al di sotto di certi standard;

attributi critici che possono generare sia soddisfazione che insoddisfazione e la cui valutazione è altamente soggettiva;

attributi neutrali che non generano né soddisfazione né insoddisfazione.

Se a questo si aggiunge lo studio di Chan e Baum (2007) che afferma che usufruire di un determinato servizio può portare allo

stesso tempo soddisfazione e insoddisfazione se collegato a differenti dimensioni tra loro non connesse, è possibile delineare un

nuovo modello di rilevamento della soddisfazione, legata all'esperienza olistica vissuta dal turista a destinazione.

Partendo da questa letteratura internazionale, Alegre e Garau (2010) hanno concretizzato tale approccio innovativo, grazie all'analisi

della soddisfazione dei turisti attraverso diverse tipologie di attributi di una destinazione turistica, includendo sia attributi positivi che

negativi sui quali i turisti esprimono il loro giudizio. I risultati dell'analisi dimostrano l'esistenza di una dimensione duale della

soddisfazione, confermando l'ipotesi che diversi fattori, non collegati tra loro, possono generare soddisfazione ed altri, in

contemporanea, generare insoddisfazione. Il vantaggio di un approccio duale di questo tipo permette di mettere in evidenza anche

gli aspetti negativi che influenzano la soddisfazione e l'intenzione di ritornare nella destinazione, al fine di poter sia correggere tali

attributi negativi, sia di poter comprendere meglio quali sono effettivamente gli attribuiti ritenuti importanti al fine della creazione di

una percepita soddisfazione olistica. Un approccio di questo tipo permette di valutare l'esperienza complessiva del turista in loco,

non fermandosi solamente ad analizzare la soddisfazione del consumatore rispetto ad alcune variabili, ma spingendosi a valutare la

"experience satisfaction", ovvero la soddisfazione generale del turista circa la sua esperienza di viaggio. Al fine di intraprendere le

giuste strategie e di migliorare l'offerta turistica, lo studio evidenzia la necessità di non limitarsi alla rilevazione della soddisfazione

del turista, ma di spingersi esplicitamente a chiedere una valutazione di tutti gli attributi di una destinazione, da quelli potenzialmente

positivi (es. beni culturali e naturali, eventi, attrattive storiche ecc.) a quelli potenzialmente negativi (es. traffico, congestione, pulizia

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ecc.), in modo da poter correggere quegli attributi che generano insoddisfazione ed incrementare quelli che generano soddisfazione

e migliorano l'esperienza del turista, rendendo il viaggio memorabile.

Il modello cognitivo affettivo di Ignacio Rodrıguez del Bosque e Hector San Martın

Il modello cognitivo - affettivo di Rodriguez del Bosque e San Martin (2008), rispetto al modello precedente, si integra nel ciclo

spazio-temporale del viaggio evidenziando l'importanza degli aspetti comunicativi e relazionali tra destinazione e turista, ipotizzando

un modello di comunicazione circolare in grado di influenzare la soddisfazione del visitatore.

Inserendosi in tale contesto, lo studio analizza la psicologia del consumatore sia nei processi affettivi che psicologici che

attraversano i diversi stadi di una vacanza, dal pre al post viaggio e che possono influenzare la soddisfazione del turista. L'approccio

cognitivo riesce infatti a spiegare in modo razionale le azioni dell'uomo e quindi a far derivare la soddisfazione da una risposta

congruente alle performance e gli standard dei servizi ricevuti; mentre l'approccio affettivo riesce a dare importanza anche a tutti

quegli aspetti ed azioni non razionali, dettati da sensazioni, esperienze ed emozioni, e quindi fa derivare la soddisfazione da

esperienze soggettive di consumo e da giudizi personali influenzati da elementi irrazionali. Partendo da tale approccio dualistico e

dal modello sviluppato da Oliver (Oliver, R., R. Westbrook 1993), gli studiosi hanno delineato un modello di analisi della

soddisfazione turistica definito congitivo-affettivo, per analizzare come le due variabili, una razionale, l'altra emotiva, si influenzano a

vicenda, al fine di delineare un approccio olistico alla valutazione della soddisfazione.

I risultati dimostrano che l'immagine della destinazione percepita prima della partenza (e comunicata dalla destinazione durante la

fase 2 del nostro modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo) influenza sia le aspettative che la

fidelizzazione del cliente. A questo si vanno aggiungendo le emozioni derivanti dall'esperienza turistica (sviluppate durante il

soggiorno nella meta turistica e incrementate dalle diverse azioni di accoglienza e marketing esperienziale sviluppate nella fase 3)

che hanno un impatto importante nelle intenzioni di acquisto e riacquisto. (Crouch, Perdue, Timmermans and Uysal 2004), come

dimostra il grafico sottostante.

Figura n. 44 Fattori che influenzano la soddisfazione e la fedeltà ad una destinazione turistica

I risultati dimostrano l'importanza di due fasi del nostro modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, al fine di

creare soddisfazione:

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la fase pre-viaggio è importante per la creazione di aspettative, direttamente dettate dall'immagine della destinazione.

Un'immagine percepita favorevole può avere effetti positivi sia sulle aspettative che sulla fidelizzazione. Se la

soddisfazione non ha un collegamento diretto con l'immagine di una destinazione, se ne può individuare un collegamento

indiretto, che passa attraverso le aspettative, come mostra il grafico soprastante.

la fase di visita della destinazione, in cui le emozioni, positive e negative, hanno un'importante impatto nella soddisfazione,

proprio perché in loco vengono confermate o disconfermate quelle aspettative ed emozioni che si erano andate

strutturando nella fase pre-viaggio, come diretta conseguenza dell'immagine della destinazione comunicata.

Concludendo si può quindi affermare che due sono le variabili importanti che determinano la soddisfazione olistica di un turista,

ovvero le aspettative, derivanti da un processo cognitivo, e le emozioni, derivanti da un processo affettivo:

1. Processo cognitivo: se l'immagine di una destinazione influenza la creazione di aspettative, sono proprio queste ultime a

giocare un ruolo fondamentale nella soddisfazione del turista, evidenziando come l'ultima fase del nostro modello di

comunicazione circolare, interattiva e discontinua, è fortemente legata alle prime tre fasi del modello (Fase 0; 1; 2), dove si

va strutturando il brand, i suoi valori e le modalità di promozione dell'immagine. Se ne deduce che un DMO che sappia

sapientemente comunicare la propria immagine, in modo etico ed attraente, potrà ottenere dei risvolti positivi dalle azioni

di promozione, creando aspettative coerenti con i servizi e prodotti turistici offerti.

2. Processo affettivo: le emozioni derivano sia dalle aspettative che si hanno circa un viaggio, sia dalla fruizione reale del

territorio, che può confermare o disconfermare quanto ci si attendeva e influenzare così direttamente la soddisfazione del

consumatore. In questa fase gioca un ruolo fondamentale l'esperienza del territorio e le emozioni ad essa collegate. Per

un DMO gestire l'accoglienza risulta quindi importante, sia grazie all'utilizzo di nuove tecnologie per fruire il territorio, sia

grazie a strategie di marketing esperienziale in grado di suscitare ed incrementare le emozioni derivanti dalla visita di

monumenti ed attrattive, e di incrementare l'experience satisfaction del turista. Si evidenzia quindi, ancora una volta, che

l'ultima fase del nostro modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua è strettamente collegata alla fase

precedente, ovvero la fase 3.

8.6.5. Implicazioni manageriali: il monitoraggio della brand reputation e delle performance delle azioni di web marketing

In conclusione, dopo aver analizzato i due diversi modelli di rilevazione della soddisfazione olistica del turista e aver definito

l'experience satisfaction, si possono trarre i giusti spunti operativi per i DMO, così sintetizzabili:

- strutturare una comunicazione etica e coinvolgente, che non crei false aspettative, ma confermi quanto promosso con prestazioni

adeguate. Va ricordato infatti che foto accattivanti e attività di video web marketing coinvolgenti ma false, vengono spesso e

velocemente smascherate online, grazie al potere del passaparola e di siti di recensioni o di foto e video sharing. Va infine

sottolineato che la creazione di false aspettative conduce solamente alla delusione e all'insoddisfazione del turista.

- strutturare delle attività marketing esperienziale in loco, anche avvalendosi di nuove tecnologie come l'internet mobile, al fine di

sviluppare emozioni ed esperienze indimenticabili, in grado di generare soddisfazione e passaparola positivo.

- rilevare l'experience satisfaction attraverso questionari, anche da inviare online, al fine di rilevare la soddisfazione generale del

turista, i punti forti e deboli della destinazione.

- attuare le opportune correzioni nell'offerta e nella comunicazione, in base ai dati raccolti dai questionari di experience satisfaction.

TripAdvisor e siti simili di recensioni online, si propongono ai DMO come strumenti di successo da sfruttare sapientemente.

Analizzare i contenuti generati dagli utenti, non solo nelle recensioni, ma anche nei forum e blog, può portare a comprendere i punti

forti e deboli dei servizi turistici offerti, portando all’attuazione di misure correttive per migliorare l’offerta e l’immagine della località

turistica, al fine di aumentare la soddisfazione dei clienti e di conseguenza migliorare il passaparola positivo online (Buhalis D.,

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Lawb R., 2008).

Data l'influenza della fase di ricerca di informazioni e dei relativi luoghi sociali e virtuali in cui tale ricerca spesso avviene, risulta

indispensabile effettuare un monitoraggio di commenti e recensioni che circolano online su una determinata meta turistica o

operatore del settore, gestendo sapientemente sia i feedback positivi che negativi dei viaggiatori. Si possono così scoprire punti

deboli da risolvere attraverso azioni mirate, magari suggerite dalla stessa community di turisti attivi, si possono scoprire punti forti

della destinazione da valorizzare, attrattive e caratteristiche di un luogo importanti per il turista, ma magari sottovalutate nelle

campagne promozionali avviate.

Ogni destinazione dovrebbe dunque dotarsi di specialisti che sappiano raccogliere le informazioni su una meta o servizio,

analizzando i siti online maggiormente utilizzati dal target di riferimento nel ricercare informazioni, coordinando ciò che l'utente dice

nei blog e social network all'immagine che si crea attraverso il proprio sito internet o la stampa e altri media. Occorre evitare di

creare una brand reputation online creata dai viaggiatori parallela a quella diffusa ufficialmente dal DMO, in quanto potrebbero

crearsi facilmente immagini conflittuali. Risulta pertanto indispensabile monitorare la brand reputation, ovvero capire cosa si dice in

rete della meta turistica o dei servizi dell’azienda. Questo perché un turista soddisfatto parlerà della sua esperienza nei social

network e siti internet sociali e interattivi, incrementando il passaparola e una brand reputation positiva della destinazione; viceversa

un utente insoddisfatto può diventare un veicolo di cattiva pubblicità, da gestire il più rapidamente possibile (Meotto M. e Fagotto F,

2008).

Ben il 40% degli europei che fanno shopping online tendono a cambiare idea sul marchio del prodotto da acquistare dopo aver

effettuato ricerche sul web. A rivelarlo il report del 2008 redatto dall’EIAA, che sottolinea come la tendenza alla volatilità delle scelte

degli internet shoppers sia soprattutto una caratteristica dei mercati web più maturi, come, per esempio, il Regno Unito (AA.VV.b,

2008). Proprio per le caratteristiche del nuovo turista 2.0, sempre più infedele e sempre più volto alla ricerca di informazioni tra i suoi

pari, risulta fondamentale saper gestire i feed back dei propri clienti e le tecniche maggiormente diffuse per gestire i rapporti con i

clienti.

Figura n. 45 Gli effetti di una ricerca online sulla scelta di un brand

Accanto al monitoraggio della brand reputation, altra azione fondamentale per valutare le performance di un DMO è quella di

valutare i ritorni delle azioni di web marketing, dalle attività promozionali al sito internet. Secondo uno studio di Buhalis (Buhalis

2003) Internet rende facile misurare gli effetti della pubblicità ma non rende facile misurare il suo successo. Numerosi sono i dati che

strumenti di monitoraggio, come Google Analytics, permettono di ottenere; ma si tratta di dati poco significati se presi se stanti e non

analizzati e collegati al contesto delle diverse azioni di web marketing intraprese. Oltre a prendere in considerazione i dati di accesso

al sito, occorre analizzare il rapporto lookers/bookers detto anche tasso di conversione (rapporto tra utenti che navigano nel sito e

quelli che acquistano online), le pagine del sito più e meno visitate, da quali siti o motori di ricerca proviene il maggior numero di

utenti, qual è il sito o motore di ricerca che porta più traffico, quali banner portano più traffico e dove sono posizionati, quali pagine

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riportano errori, secondo un modello di monitoraggio già ampliamente adottato negli USA, come si può notare dal grafico

sottostante.

Figura n. 46 Popolarità e utilità delle tecniche di misurazione e monitoraggio usate dai DMO (Buhalis 2003)

Oltre agli elementi on-site, sopra descritti, va accompagnata l'analisi degli elementi off-site, ovvero i ritorni e le performance delle

azioni promozionali online, indirettamente collegate al sito web. Il lancio della campagna online, infatti, richiede di essere analizzata

e ottimizzata in base ai risultati ottenuti e in base ai KPI (Key Performance Indicator) 8 realizzati: a tal fine si deve analizzare la link

popularity del sito, il posizionamento nei motori di ricerca, il ROI (Retourn on Investment) delle pubblicità online, siano esse PPC

(Pay Per Click) che banner, la popolarità e il grado di interazione sociale all'interno dei social media (es. twitter, facebook ecc.).

Tutto questo al fine di poter evitare la pubblicità e le azioni di web marketing che non hanno portato risultati concreti di visibilità o

reputazione della destinazione, presso il target di riferimento, adattando di conseguenza le spese di web marketing e il budget da

destinare alle diverse azioni promozionali online (Booking Blog8 2010).

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