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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL TURISMO CULTURALE (Sci-Tur) L-15
A.A. 2010-2011
CATTEDRA DI SOCIOLOGIA DEL TURISMO MOD. B
WEB MARKETING E
DESTINAZIONE TURISTICA
Nicolò Costa
Silvia Testa
Scaricabile gratuitamente ai fini didattici
Capitolo Primo
Il Web 2.0
-purpose: Si delinea un framework concettuale di riferimento per comprendere il modello e le caratteristiche del web 2.0
-metodology/design/approach: il concetto di web 2.0 è stato approfondito grazie alla consultazione della letteratura internazionale e
nazionale, con particolare riferimento alle pubblicazioni di Tim O'Relly, inventore del termine web 2.0
-findings:l'approccio sociale del web 2.0 mette in evidenza il crescere di un’intelligenza collettiva e partecipativa che richiede da
parte degli operatori del comparto un nuovo approccio sociale e conversazionale verso il turista
-research limitation/implication: il capitolo vuole dare solo una visione d'insieme del fenomeno del web 2.0. Ulteriori approfondimenti
delle motivazioni sociali e aggregative alla base del fenomeno web 2.0 sono auspicabili
-pratical implication: vengono forniti alcuni spunti per comprendere le regole dell'interazione sul web e i vantaggi a livello operativo
che tale interattività con il consumatore può portare. Ci si focalizzerà, inoltre, sulla necessità di un cambio di visione promozionale,
da un discorso autocentrato ad una conversazione paritaria, necessaria per operare nel web 2.0
-originality/value: delineare le basi sociali del web per comprendere i cambiamenti apportati da Internet al turismo e come il mercato
turistico sta cambiando con l'emergere di un consumatore attivo.
-keywords: internet, consumatore online, long tail, web 2.0, self-service
1.1 Introduzione. La nascita e sviluppo di Internet: il web 2.0
Nel marzo del 1989 Tim Berners-Lee presentò al suo referente al CERN di Ginevra uno documento intitolato “Information
Management: A Proposal”, ovvero una breve presentazione di un progetto per realizzare un nuovo sistema in grado di gestire in
maniera innovativa i contenuti della Rete. L’ideazione e lo sviluppo del nuovo progetto richiese circa 2 anni e ad agosto 1991, Tim
Berners-Lee pubblicò un secondo documento dall’esplicativo titolo “World Wide Web: Summary”, un progetto organico per spiegare
la visione e il funzionamento della nuova struttura del WWW. Nel corso degli anni l’idea di Berners-Lee dimostrò tutte le proprie
potenzialità, evolvendosi e rendendo il Web un elemento sempre più pervasivo nelle nostre esistenze. Il 6 agosto 1991 venne così
messo on-line su Internet il primo sito Web, definendo il protocollo HTTP (Hypertext Transfer Protocol) che permetteva la lettura
ipertestuale dei testi, grazie a link di rimando da un testo ad un altro . Inizialmente utilizzato solo dalla comunità scientifica, il 30
aprile 1993 il CERN decide di rendere pubblica la tecnologia alla base del Web. (Minetti E., 2009)
Internet nasce dunque come luogo in cui pubblicare informazioni, una sorta di pagina scritta che dal cartaceo passa al web e si
arricchisce di nuove possibilità e opportunità, come appunto gli ipertesti e le immagini: siamo di fronte a quello che oggi viene
definito web 1.0, ovvero una piattaforma tecnologia scarsamente interattiva utilizzata per lo più per pubblicare e rendere fruibile ad
un ampio numero di persone numerosi contenuti collegati tra loro. Oggi, invece, si afferma sempre di più il concetto di web 2.0, una
sorta di arricchimento di Internet che ha permesso una maggiore interattività, la condivisione dei contenuti e la socializzazione. Il "2.0" non rappresenta qualcosa di nuovo ma piuttosto una più completa realizzazione del vero potenziale della piattaforma web. ( O'
Relly T., 2002). Grazie all'implementazione della tecnologia nascono nuove modalità di utilizzo del web, tecnologie che segnano il
fondamentale passaggio di Internet da luogo di pubblicazione a luogo di partecipazione e creazione di community.
1.2 Cos'è il web 2.0
Alcuni hanno provato a definire il Web 2.0 innanzitutto in termini di reti sociali. La definizione maggiormente diffusa è, però, quella
fornita da Tim O'Reilly, fondatore dell'omonima casa editrice americana e inventore del termine web 2.0: “ la rivoluzione commerciale nell'industria informatica provocata dalla trasformazione di internet a piattaforma e dal tentativo di comprendere le regole per avere successo con questa nuova piattaforma" (O' Relly T., 2005).
Il concetto di Web 2.0 ebbe inizio con una sessione di brainstorming, durante una conferenza, tra O'Reilly e MediaLive International.
Dale Dougherty, pioniere del web e Vice Presidente di O'Reilly, durante l'incontro sottolineò che lo scoppio della bolla dot-com
nell’autunno del 2001 aveva segnato un punto di svolta per il web (BOX n. 1).
BOX n. 1
Il fallimento della new economy e delle dot.com (Gentile R., 2007)
Tutto inizia alla fine degli anni '90, quando ancora il web non era ancora diffuso in tutto il mondo [...] e la new economy si stava
affermando. Nel 1995 [...] il Business Week aveva coniato il termine new economy per indicare lo stato di particolare ebbrezza che
l'economia degli USA avrebbe vissuto negli ultimi anni del secolo: crescita del PIL al 2-2.5% annuo, calo drastico del tasso di
disoccupazione e inflazione ai minimi storici. La new economy esaltava le attività che facevano uso di piattaforme di comunicazione
quale mezze principale per le transazioni e i contatti: banche elettroniche, università, negozi virtuali, ovvero gli utilizzatori ideali del
web. Il Millennium Bug aveva riempito di denaro le asse delle aziende tecnologiche, le neonate dot.com si quotavano in Borsa
raccogliendo milioni di dollari, tutti - dipendenti, azionisti, investitori - diventavano ricchi in un batter d'occhio.
[...] Nel 1999 la Borsa di Milano, ispirandosi al NASDAQ, crea in Nuovo Mercato, sezione del mercato azionario riservata alle nuove
imprese, impegnate perlopiù nella ICT (Information & Communication Technology). La prima società a quotarsi è Opengate,
nell'estate dello stesso anno, ma la svolta avviene a ottobre, con Tiscali, quando i titoli della società sarda vengono offerti al pubblico
dei risparmiatori al prezzo di 46 euro; solo una minima percentuale delle richieste di acquisto viene soddisfatta, il titolo schizza
letteralmente verso l'alto appena entrato nell'agone borsistico e dopo quattro mesi, a febbraio 2000,vale 1150 euro. Ovvero
venticinque volte il suo valore iniziale. La compagnia, che ha pochi anni di vita, arriva a capitalizzare quasi quanto la FIAT, che di
anni di vita ne sta per compiere cento. E' uno shock e l'inizio della folle corsa del mercato azionario, ce in Italia si arresterà
bruscamente, e in maniera del tutto inattesa, solo pochi mesi dopo. [...]
Chiunque in quel momento, avrebbe scommesso su Internet e su qualunque business a esso collegato: anche il turismo, quindi non
poteva rimanere a guardare. Moltissimi si aspettavano che Internet avrebbe rivoluzionato il mercato della distribuzione dei viaggi e
che le prime a farne le spese sarebbero state le agenzie di viaggi, l'anello debole della catena. Sembrava che milioni di consumatori
non aspettassero altro che collegarsi al web grazie alla connessione gratuita offerta da Tiscali e investire i guadagni ottenuti in Borsa
acquistando biglietti aerei, vacanze esotiche, hotel di sogno con tre o quattro click del mouse e a prezzo scontato.
Negli USA la bolla esplose, inattesa e deflagrante, il 28 marzo 2000, trascinando con sé tutto e tutti: il listino del NASDAQ crollò a
picco, titoli che valevano 1.000 dollari scesero a 100 in pochi giorni, dot.com (società il cui business era basato sul web) in piena
ascesa fallirono a centinaia in pochi mesi. L'Europa seguì di qualche mese, l'Italia arrivò buona ultima, in autunno, e al flop delle
dot.com italiane si sarebbero aggiunte, pochi mesi dopo, le drammatiche conseguenze dell'11 settembre.
L'economia online, nonostante la disastrosa crisi, dimostrava di non essere totalmente crollata, visto che giornalmente nascevano
nuove applicazioni e siti. Inoltre, le società che erano sopravvissute alla bolla delle dot-com sembravano avere alcuni elementi in
comune, identificabili nelle caratteristiche del Web 2.0 .
Tali caratteristiche sono riassumibili nella figura sottostante, che comprende una serie di concetti dai confini labili.
Figura 1 Caratteristiche del web 2.0 in O' Rely T. (2005)
Le principali caratteristiche del Web 2.0 riportate nel grafico soprastante possono essere accorpate in 4 concetti chiave:
a) l’intelligenza collettiva e partecipativa
Una delle lezioni chiave dell’era di Web 2.0 è che gli utenti aggiungono valore (BOX n. 2). Il web 2.0 è un web che è sempre più
orientato da servizi che permettono ai navigatori di contribuire a sviluppare, valutare, collaborare e distribuire contenuti e a
personalizzare le applicazioni (Vickery, G., Wunsch-Vincent, S., 2007). La caratteristica chiave del web 2.0 è quella di ridisegnare la
collaborazione e la condivisione di informazioni attraverso software sociali che rendono possibile la comunicazione tra persone. Gli
utenti diventano quindi dei co-sviluppatori di prodotti e servizi, aggiungendo il loro sapere che, unito al contributo di altri utenti,
diviene un'intelligenza collettiva, volta a creare qualcosa di nuovo o ad aggiungere valore e funzionalità a qualcosa di pre-esistente.
Le informazioni, i dati e contenuti circolano così dall'esterno all'interno e viceversa, provocando una perdita di controllo a favore della
cooperazione, dove ogni singolo testo o servizio può essere riutilizzato, modificato, aggiornato, commentato e valutato da qualsiasi
persona e collegato e diffuso attraverso altri siti e persone, grazie alle strutture di link.
b) the long tail e il self-service
Il web è popolato di persone dagli interessi più svariati che si riflette nei numerosi siti di nicchia e specializzati in particolari argomenti
che, nell'insieme di ogni piccolo apporto, formano la gran parte dei contenuti presenti su Internet. All'interno di tali nicchie si
aggregano community altamente specializzate o altamente interessate agli argomenti trattati, pronti a collaborare e interagire pur di
ottenere in cambio un prodotto o servizio personalizzato. Ci si trova così di fronte ad utenti in grado di autoprodursi (self-service)
servizi e prodotti, assemblando o modificando servizi e prodotti messi a disposizione da uno o più siti web specializzati. Questo
aiuta a comprendere un altro principio chiave del web 2.0, l'innovazione nell’assemblaggio. Quando i componenti di base
abbondano, si può creare valore aggiunto semplicemente assemblandoli in un modo nuovo o efficace, sfruttando l'intelligenza
collettiva delle nicchie e degli "hobbisty". Nasce così il concetto della lunga coda, che sarà oggetto dei capitoli successivi.
c) i dati
Uno dei vantaggi competitivi che si può ottenere lavorando secondo le regole del web 2.0 è possedere una fonte di dati unica e
difficile da ricreare, spesso direttamente fornita dagli utenti attivi e co-produttori. Le possibilità di interazione che il web offre
permettono di conoscere e possedere i dati sul proprio target, facendo della conversazione peer to peer una delle caratteristiche
chiave del web 2.0.
d) il software prevale sul dispositivo
Il PC non è più l’unico dispositivo che consente l’accesso alle applicazioni internet e le applicazioni che sono limitate a un solo
dispositivo hanno un valore inferiore rispetto a quelle che sono connesse. La multimedialità e multicanalità del web richiede oggi la
creazione di siti in grado di integrare servizi su dispositivi portatili, PC e server internet, soprattutto se si vogliono sviluppare servizi di
Internet Mobile o di social network mobile. ( O' Relly T., 2002).
BOX N. 2
Intelligenza collettiva e connettiva (Garassini S, 1999)
L'intelligenza collettiva è un concetto elaborato dallo studioso francese Pierre Lévy nel 1944. La teoria si fonda sull'avvento delle reti
di computer e di Internet e vuole creare le basi per una "antropologia del cyberspazio". L'intelligenza collettiva ha due caratteristiche
fondamentali:
1. è distribuita ovunque in quanto la totalità del sapere risiede nell'umanità intera e non nei singoli individui, che possono
possedere parte di questo sapere collettivo;
2. è continuamente valorizzata: il sapere collettivo va coltivato come una nuova fonte di energia, da condividere e
continuamente rielaborare e arricchire.
Fondamentale è il ruolo delle tecnologie digitali dell'informazione, che consentono il coordinamento in tempo reale delle intelligenze
all'interno di uno scenario virtuale di conoscenze in continua trasformazione.
Una posizione più sfumata e in velata polemica con Lévy è quella assunta da Derrick de Kerckhove, a cui si deve l'invenzione del
termine intelligenza connettiva.
Derrrick de Kerckhove, direttore del McLuhan Program of Culture and Technology di Toronto, conia il termine connettivo nel 1997,
nel suo libro intitolato appunto "L'intelligenza connettiva". L'intelligenza connettiva si scatena in presenza di un sistema
enormemente intelligente, ma in gran parte decentralizzato e che sembra organizzarsi da solo, senza che molta gente sappia o
debba sapere cosa sta succedendo. Attraverso l'uso della Rete, più menti connesse, che lavorano per uno stesso obbiettivo,
possono far emergere una forma di intelligenza che è superiore alla somma dei singoli cervelli. Le comunità virtuali rappresentano
perfettamente questo concetto in quanto sono qualcosa in più della semplice somma degli individui che vi prendono parte. Le
comunità virtuali possono essere assimilate ad una mente connettiva, che lavora in tempo reale, alla quale gli individui possono
unirsi e distaccarsi in modo flessibile, senza incidere sull'integrità della struttura comunitaria. Per arrivare a questo risultato occorre
passare attraverso quella che lo studioso chiama webness, ovvero una forma di condivisione di risorse che sfrutta al meglio le
potenzialità di interattività della Rete.
1.3 Implicazioni manageriali
Con il web 2.0 è in atto un cambiamento profondo, sia per i turisti che per gli operatori del comparto. Un cambiamento ben descritto
da Roberta Milano (2009) così definisce il fenomeno noto come Web 2.0:
Il Web 2.0 e sicuramente un fenomeno non facilmente descrivibile, forse sintetizzabile nella definizione di era del web interattivo. Difficile, d’altra parte, rappresentare qualcosa in continuo divenire. Più chiari e definiti sono, invece, i suoi pilastri ed e su alcuni di questi che occorre, a mio avviso, soffermarsi per capire il fenomeno, e tradurlo come opportunità nello specifico del turismo:- contenuti generati dagli utenti (UGC) visti come risorsa e non come minaccia,- il potere collettivo dei piccoli siti che costituiscono la lunga coda e aprono nuovi mercati,- sfruttamento dell’intelligenza collettiva,- approccio partecipativo (attraverso i blog e altri social network) e collaborativo (wiki),- accettazione della filosofia del beta perpetuo,- massima fiducia nel contributo degli utenti attraverso recensioni e giudizi.
Le caratteristiche del web 2.0 sopra delineate evidenziano un cambio di prospettiva manageriale e di orientamento di marketing. In
presenza di un utente attivo e una concorrenza sempre più globale, le tradizionali strategie promozionali ricche di contenuti auto-
centrati e un controllo autoritario perdono il loro appeal presso un pubblico abituato a conversare in modo aperto e paritario.
Abbandonare il sito ufficiale per seguire la conversazione online attraverso i social media, approcciando una comunicazione
conversazionale e personalizzata è sicuramente un atteggiamento promozionale in linea con le caratteristiche del web 2.0 e del
nuovo consumatore. "Nonostante la diffusione sempre più capillare di queste nuove impostazioni, forti resistenze ostacolano il cambiamento. La mia personale interpretazione è che si tratti di resistenze dovute non soltanto ad un digital divide di tipo culturale e tecnologico, che in Italia effettivamente esiste e pesa, ma anche ad un atteggiamento di psicologica chiusura verso l’interazione e la comunicazione bidirezionale avvertita come potenzialmente destabilizzante per già precari equilibri economici. Il web 2.0 viene generalmente percepito, dal mondo aziendale, ancora come una minaccia e non come un’opportunità immensa di creare nuovi canali di comunicazione e nuovo valore per l’azienda stessa." (Milano R., 2009)
L'interpretazione della Milano e la base teorica sul web 2.0 fornita da Tim O' Relly sono utili a definire le competenze necessarie per
operare nel web 2.0:
• disponibilità ed apertura alla conversazione paritaria e abbandono del discorso autocentrato;
• sfruttamento dell'intelligenza collettiva;
• utilizzo di un approccio collaborativo e partecipativo, che richiede a monte fiducia verso i co-produttori;
• conoscenza del proprio target;
• attitudine alla personalizzazione;
• gestione del coinvolgimento dell'utente e delle sue recensioni e commenti, finalizzato al monitoraggio della propria
reputazione.
Capitolo secondo
Il turista-prosumer online
-purpose: l'obiettivo del capitolo è comprendere il comportamento del prosumer all'interno del quadro di riferimento del web 2.0 e
della sua socialità
-metodology/design/approach: la letteratura internazionale e nazionale sul prosumer è alquanto sviluppata, trattandosi di un
fenomeno studiato sin dal 1980 da Toffler. Si è quindi privilegiata quella letteratura che riporta il prosumer in un contesto web.
-findings: il web facilita la nascita di un soggetto collettivo, che si manifesta tramite la produzione, condivisione e consumo di
un’infinità di contenuti che compongono un disegno globale di cui nessuno detiene realmente il controllo.
-research limitation/implication: Trattandosi nello specifico di un manuale dedicato al turismo su Internet e viste le numerose variabili
possibili nella realtà, ma difficilmente riconducibili ad uno schema semplificato ai fini dell'esposizione e analisi manualistica, di
seguito si andrà solamente ad analizzare il turista online "puro" che ricerca informazioni e acquista online, tralasciando quindi
l'interazione tra azioni di consumo e produzione possibili online e offline.
-pratical implication: l'acquisizione di potere da parte del consumatore attivo da una parte e, di contro, la perdita di controllo sulle
informazioni da parte degli operatori del settore, portano alla necessità di un modello di comunicazione flessibile, fiduciario e
paritario e un modello produttivo co-partecipativo e personalizzabile.
-originality/value: attraverso l'analisi delle caratteristiche del consumatore-prosumer si delinea un modello di business basato sul
crowdsourcing per la co-creazione di prodotti e servizi turistici.
-keywords: prosumer, consumatore online, co-produzione, web 2.0
2.1 Introduzione. Interazioni esigenti
A seguito dello sviluppo dell'ICT (Information and Communication Technologies) e alla nascita di sempre nuovi strumenti sociali (es.
community, social network, blog, siti di recensione, siti di video sharing ecc.), Internet permette una nascente interazione.
Tale interazione coinvolge sia gli operatori del settore che il consumatore, sta portando ad un cambiamento dei comportamenti dei
turisti stessi. Grazie ad Internet, ed alla rivoluzione dei modi di comunicazione e di interazione tra gli individui che esso ha
comportato, il turista oggi può crearsi la propria offerta turistica: è un produttore attivo ed allo stesso tempo è un consumatore attivo
di turismo.
Come notato da diversi autori, come Fabris, Toffler e Rifkin (Fabris G. 2009, Toffler A. 1981, Rifkin J. 2000), che meglio si
analizzeranno di seguito, i clienti diventano sempre più esigenti, attivi e interattivi, tanto da configurare il modello di prosumer,
ovvero un turista che è al contempo consumatore e produttore.
2.2. Il prosumer
Il termine “prosumer” è stato coniato da Alvin Toffler in "The third wave" (Granieri G., 2006). Nel suo libro The Third Wave (Toffler A.,
1981), Toffler descrive le tre ondate che hanno caratterizzato la storia socio-economica del nostro pianeta: la prima ondata, ovvero
l’economia agricola, la seconda ondata, ovvero l'era della produzione e industrializzazione di massa, e la terza ondata o era
postindustriale ma anche Information Age. Per Toffler la saturazione dei mercati dovuta ad una produzione di massa che aveva
caratterizzato la Seconda Ondata ha portato ad un cambiamento nei rapporti tra consumatori e produttori, con i primi ad avere un
ruolo attivo nella definizione delle caratteristiche dei prodotti e servizi creati dalle aziende. Si passa quindi da un consumatore
passivo ad uno maggiormente attivo e partecipativo, tanto da divenire un parte integrante della produzione di beni e servizi, al fine di
personalizzarli. La tecnologia digitale ha accelerato questo processo di fusione tra produttori e consumatori, portando alla nascita del
concetto, già analizzato, di web 2.0, all'interno del quale il prosumer gioca un ruolo da protagonista (Cravera A., 2010).
Il termine prosumer indica in realtà più cose, dal consumatore attivo che contribuisce allo sviluppo e al cambiamento del prodotto o
servizio, alla personalizzazione del prodotto o servizio stesso che si desidera acquistare. La "società digitale" si trasforma nel luogo
delle differenze individuali che interagiscono tra loro e rivendicano costantemente la propria individualità (Granieri G., 2006). Siamo
di fronte a quella che viene definita "mass customization", ovvero alla personalizzazione di massa (Bandulet M., Morasch K., 2003)
Eric Von Hippel, nel suo libro "Democratizating Innovation" (Von Hippel E., 2005) ha infatti teorizzato uno dei comportamenti
principali del consumatore online attivo, da lui chiamato “lead users”, assimilabile a quello che qui è stato definito prosumer. Afferma
che sono proprio loro i principali innovatori dei prodotti, grazie alle loro competenze, conoscenze, capacità e voglia di sperimentare
per soddisfare i propri bisogni e la voglia di condividere le loro passioni con altri utenti all’intero di specifiche community, grazie
anche alle nuove tecnologie che rendono più semplice e veloce produrre informazioni a costo “zero” (Scotti E., Sica R., 2007). I
nuovi modelli di innovazione, progettazione e consumo di prodotti e servizi stanno quindi trasformando la relazione tra produttori e
consumatori, dando origine a quello che viene definito prosumer, quel consumatore che Goldhaber definisce come colui che “ è sempre pronto a leggere e contemporaneamente a scrivere, interagendo con le informazioni e ricostruendole dopo averle elaborate concettualmente...sta emergendo una sorta di nuova eguaglianza democratica”. Emerge così “un soggetto collettivo, che si manifesta tramite la produzione di un’infinità di frammenti che compongono un disegno globale di cui nessuno detiene realmente il controllo” (Granieri G. , 2006, pp. 120-121).
Il prosumer è quindi l'espressione della creatività condivisa, in quanto combina la creatività individuale -personalizzazione - alla
socialità - passaparola e condivisione delle esperienze - (Costa N. 2005). Infatti si delinea una creatività in cui gli amici erodono
relazioni ai parenti perciò e più un marketing relazionale tra nuovi amici elettivi.
Si va strutturando una conoscenza collettiva condivisa, che permette al turista di effettuare scelte d'acquisto ragionate e
corrispondenti alle sue esigenze, grazie alla possibilità di accedere alle esperienze di turisti che hanno le sue stesse necessità e
motivazioni. La creazione di UGC (user generated content), infatti, è un trend, con milioni di internauti in tutto il mondo, che
trasforma Internet da "new media" a "we media" (Gillmor D. 2006) esaltando la componente partecipativa dal basso che caratterizza
il Web 2.0. Ogni contributo è libero, aperto a nuove integrazioni di altri utenti, che possono valutare le informazioni, commentarle,
integrarle, aggiungere foto e video, pubblicarlo o "linkarlo" su altri siti. Si evidenzia così un processo di co-creazione e interattività,
tipico del nuovo consumatore - prosumer, in cui la perdita di controllo della produzione e distribuzione di informazioni e contenuti è
totale. Come sottolinea lo studio di Munar della Copenaghen Business School ( Munar A. M. 2010), l'affermarsi del prosumerismo fa
si che l'immagine e la reputazione di destinazioni e prodotti o servizi diventi un collage di input provenienti da diversi utenti, che si
espande in tutto il globo, ampliando il classico fenomeno del passaparola. In questa nuova realtà nessun operatore del settore potrà
avere il controllo, potrà però scendere da una posizione gerarchica, posizionarsi allo stesso livello del consumatore, iniziare a
dialogare con lui e scoprire le esigenze e desideri di persone, attraverso un mondo sociale fatto di commenti, elogi e critiche, un
nuovo modo di fare business che implica competenze relazionali nel saper ascoltare e dialogare, abbandonando definitivamente i
monologhi autoreferenziali. Il web si configura dunque per i DMO e gli operatori turistici come un'importante opportunità da non
perdere, uno spazio in cui ascoltare i bisogni del turista e di svariati segmenti di mercato, anche i più piccoli. Ogni turista è diverso,
porta con sé esperienze uniche, motivazioni e desideri differenti. Secondo Fabris (Fabris G. 2009) si e venuto a delineare un nuovo
consumatore definito come autonomo, più critico, avverso ed indipendente nei confronti della produzione perché rivendica una
maggiore discrezionalità di scelta e chiede a chi produce la possibilità di instaurare un dialogo paritario. E' un consumatore
competente, informato sulla composizione dei prodotti, servizi, sul rapporto qualità/prezzo. E' un consumatore esigente, che chiede
qualità e attenzione alle sue esigenze. E' selettivo ed orientato in senso olistico perché ai fini della scelta coinvolge sia dimensioni
tangibili, come i valori d'uso, ma soprattutto quelle intangibili, come i valori simbolici e i significati sociali delle sue scelte. Inoltre é
sempre più connesso in un mondo virtuale e abituato ad usare le nuove tecnologie. (Carciofi A, 2010; Fabris G. 2009)
Il nuovo consumatore teorizzato da Fabris riflette perfettamente le caratteristiche dei turisti online - prosumer: sono sempre più
“frequent travellers”, viaggiano molto soprattutto per brevi e frequenti week-end grazie anche alla diffusione dei voli low cost. Sono
inoltre sempre più competenti, sanno utilizzare il web e soprattutto affermano la loro unicità richiedendo servizi personalizzati e su
misura, con un buon rapporto qualità/prezzo. Il turista oggi è più mobile e veloce, informato e attento, infedele, critico e diffidente.
Difficile da coinvolgere e attrarre, visti i frequenti messaggi promozionali autoreferenziali a cui è sottoposto quotidianamente. Il
turista sceglie in base al prezzo e soprattutto alla motivazione, alle esigenze e all'esperienza ricercata, occorre dunque ascoltare e
parlare con il cliente per strutturare un prodotto turistico vincente. Sono sempre meno interessati ai pacchetti standardizzati e
riservati alle masse, mentre richiedono sempre più vacanze che si adattino a loro, in cui divertimento e relax si fondono a passioni e
conoscenza, verso un modello di edutainment (education + entrateinment).
2. Implicazioni manageriali
La nascita del Web 2.0 e del prosumer modifica sostanzialmente il rapporto tra operatori turistici e il turista stesso, un cambiamento
critico da gestire perché un rapporto diretto, bidirezionale e partecipativo del cliente comporta dei cambiamenti nella gestione
aziendale, richiede delle competenze di ascolto, apertura e un'ampia professionalità e conoscenza del Web, al fine di sfruttare le
opportunità che la Rete offre, evitando le trappole che la Internet tende ai "non addetti ai lavori".
Internet è un sistema sociale partecipativo dove l'ascolto e il dialogo con il cliente aumentano la fidelizzazione, fino a far divenire i
consumatori dei veri e propri ambasciatori di marche e prodotti. In questa ottica il web 2.0 e la partecipazione attiva dei prosumer
potrà essere una nuova opportunità per le destinazioni turistiche aperte al cambiamento e all'innovazione, mentre potrà esser vista
come una minaccia da quelle che non sapranno innovare i propri modelli di marketing e comunicazione, oltre che di gestione interna
e manageriale. In un'era dove la conoscenza del cliente significa potere, questa evoluzione nel profilo del consumatore significa che
le imprese del settore e i DMO, che finora hanno avuto un approccio standard nei confronti dei bisogni del viaggiatore, dovranno
applicare delle tecniche sofisticate per costruire un dialogo e un'offerta ad hoc per il turista, essenziale al fine di attirare, legare e
trattenere i clienti in futuro (Mele M.a, 2007).
Ma in che modo questo consumatore attivo e interattivo influenza l'operatività degli operatori del settore? Può un consumatore di
questo tipo essere visto come un'opportunità?
incentivare l'interattività del prosumer per aumentare il passaparola e trasformare i turisti in ambasciatori della marca;
incentivare il dialogo per incrementare la fidelizzazione del cliente
incentivare la creatività del prosumer per creare in outsourcing nuovi prodotti e servizi personalizzati. Il dialogo con il
cliente, che porta alla co-creazione di prodotti e sevizi e alla condivisione di esperienze a essi collegati, permette la nascita
di quel fenomeno chiamato crowdsourcing, dagli interessanti risvolti positivi per gli operatori del settore. Etimologicamente
significa crowd (gente) e outsourcing (delegare all’esterno), una nuova metodologia di collaborazione con cui le imprese
chiedono contributo attivo alla rete per creare prodotti, servizi, campagne promozionali, brand e quant'altro in modo
gratuito. Un contributo spontaneo che nasce dalla passione e dalla creatività, fino a giungere a veri e propri "consigli"
professionali, condivisi da persone e clienti, che si identificano nei valori del brand. E i risvolti positivi sono evidenti: un
prodotto o servizio che rispecchia i desideri dei clienti, la creazione di empatia tra azienda e consumatori, l'abbattimento di
costi grazie all'esternalizzazione delle competenze e la creazione di relazioni stabili (Carciofi A.a 2010)
Capitolo terzo
La lunga coda del turismo online
-purpose: L'obiettivo del capitolo è quello di definire le caratteristiche delle nicchie di mercato evidenziando come si tratti di un
mercato difficile per la continua richiesta di personalizzazione e creatività. Verranno quindi messe in luce le possibilità che Internet
mette a disposizione per quegli operatori che vogliono rivolgersi ai mercati di nicchia, altrimenti difficilmente raggiungibili con modelli
di vendita tradizionali.
-metodology/design/approach: Per approfondire le tematiche legate alla long tail, anche in riferimento al mercato turistico, è stata
utilizzata in particolar modo la letteratura e gli studi realizzati da Chris Anderson, primo studioso del fenomeno della long tail
-findings: Le possibilità che Internet mette a disposizione per raggiungere potenzialmente un altissimo numero di consumatori
possono indurre all'errore di credere che operare nei mercati di nicchia sia cosa facile. Si tenterà quindi di mettere in luce le difficoltà
che un operatore turistico può riscontrare nell'operare nella long tail, dando nel contempo spunti operativi e informazioni sulle
competenze richieste
-research limitation/implication: Il capitolo tende ad approfondire a livello teorico le caratteristiche della long tail. Maggiori spunti e
approfondimenti operativi sono auspicabili per fornire case study in grado di esemplificare come superare le difficoltà che si possono
riscontrare nel lavorare con delle nicchie di mercato
-pratical implication : La bibliografia consultata ha messo in evidenza la necessità di team di lavoro ricchi di innovazione e creatività,
al fine di avere successo ed entrare in sintonia con diverse nicchie di mercato
-originality/value: Il fenomeno della long tail viene messo in rapporto con l'innovazione e creatività necessarie per competere nelle
nicchie di mercato
-keywords: long tail, coda lunga, nicchie di mercato, innovazione e creatività
3.1 Introduzione. La nascita della lunga coda
Grazie alla portata mondiale della rete, è oggi possibile incontrare migliaia di persone con interessi simili sparse nel globo,
comunicare con loro, vendere loro prodotti e servizi turistici. Ascoltate le esigenze di nicchie di mercato, è anche possibile
programmare un'offerta ad hoc, raggiungendo il target mediante la diffusione mondiale del web. Nasce così il fenomeno chiamato
“the long tail”, ovvero la lunga coda.
I concetti già esaminati di web 2.0 e di prosumer, sono fenomeni alla base del cambiamento del consumatore, che si spinge sempre
più verso la personalizzazione, l'interattività e la differenziazione, e i cui effetti sono riscontrabili nel mercato con la creazione di due
estremi, al cui interno si riassumono diverse sfumature, che vedono contrapposte nicchie di mercato al mercato di "massa". Il
fenomeno della long tail, teorizzato da Chris Anderson (Anderson C., 2006), tende a spiegare come si è venuta a creare tale
"separazione" nel mercato, e come potervi operare.
3.2. La lunga coda: caratteristiche
L'espressione “the long tail” è stato coniato da Chris Anderson, capo editore di Wired Magazine, nell'ottobre del 2004 per descrivere
il modello commerciale di Amazon.com. A seguito della diffusione di Internet si è osservato che i business con maggiore potere di
distribuzione possono guadagnare di più dai prodotti di nicchia che dai prodotti popolari molto richiesti.
Anderson ha spiegato il termine facendo riferimento alla coda della “Curva della Domanda", dove l'asse verticale rappresenta le
vendite dei libri Amazon, mentre quella orizzontale la “classifica di popolarità” dei libri. Si osserva che il volume di vendita totale dei
libri poco popolari, cosiddetti di nicchia, supera quello dei libri molto popolari o “best seller". Grazie al web, improvvisamente i costi
connessi allo spazio occupato dai libri sugli scaffali e le spese tradizionali di un punto vendita al dettaglio (es. personale, affitto, ecc.)
vengono eliminati. In questo scenario è possibile vendere ogni libro mai stampato e, svincolati dai confini geografici, il target
potenziale si trasforma da un piccolo gruppo di persone a decine di migliaia di utenti internazionali, grazie all’attivazione di tecniche
di stampa on demand, che perfettamente rispondono alle esigenze di personalizzazione del web 2.0 e alla richiesta di prodotti e
servizi non disponibili nei mercati tradizionali (Chris A., 2006).
Figura n. 2 La lunga coda
Il concetto alla base della teoria della lunga coda sta a indicare come, con le tecnologie digitali, aumentano enormemente i prodotti e
servizi disponibili, rispetto ai modelli di distribuzione tradizionali. Secondo tale impostazione sta emergendo un nuovo modello di
business basato potenzialmente non più sull’economia della scarsità, ma sull’economia dell’abbondanza. Si prendano come
esempio i dati riportati da Anderson nel campo della distribuzione libraria e musicale: Amazon ha un catalogo di oltre 3,7 milioni di
titoli, in confronto, una tradizionale libreria di grandi dimensioni ne conta solo 100.000.
La figura sottostante mostra il confronto tra un rivenditore tradizionale e un business on-line nel rapporto tra l’ampiezza del catalogo,
il fatturato e gli utili. Nella parte sinistra del grafico, è rappresentata la tradizionale dinamica di un negozio fisico, nella parte destra si
vede la trasposizione dell’assortimento del negozio fisico nell’ambito di un rivenditore interamente digitale. Si può notare che il
100% del catalogo del rivenditore tradizionale rappresenta solo il 10% del catalogo del negozio virtuale. Inoltre emerge come il 25%
dei ricavi e il 33% degli utili derivino da quell’80% di prodotti che nel business tradizionale contava solo per il 20% dei ricavi. Di più,
un ulteriore 25% di ricavi e 33% di profitti sarebbe dato da un assortimento che non trova spazio nei canali di distribuzione
tradizionali. (AA.VVh.2007)
Figura n. 3 Confronto tra le vendite di un negozio online e di un negozio tradizionale (AA.VV.h 2007)
Ma come e perché Internet ha permesso questo cambiamento nei modelli di business? Chris Anderson identifica tre forze della
lunga coda in rapporto alle caratteristiche proprie del web:
1. Prima forza: la democratizzazione degli strumenti di produzione. Grazie alla crescente disponibilità di tecnologie di
produzione e di manipolazione dei prodotti e delle informazioni a prezzi sempre più bassi, la quantità di contenuti e prodotti
disponibili è cresciuta enormemente negli ultimi anni, soprattutto in rapporto all'emergere degli user generated content e
del prosumerismo.
2. Seconda forza: democratizzazione della distribuzione. Internet permette la distribuzione a livello globale dei contenuti e
prodotti realizzati da imprese o privati cittadini, rendendo fruibile tale materiale ad ogni persona in tutto il mondo,
incrementando così la liquidità del mercato e incentivando la creazione della coda
3. Terza forza: il collegamento tra domanda e offerta. La vastità della scelta disponibile online crea un sovraffollamento di
prodotti e contenuti, che mal si sposa con l’abitudine del consumatore a scegliere tra opzioni molto più ristrette, vista
l'incapacità oggettiva di poter confrontare tutti i prodotti presenti sul mercato online. Qual è il collegamento che permette
alla domanda di trovare e accedere al giusto prodotto tra milioni di prodotti? Il passaparola tra utenti permette, con il
tempo, di scoprire nuovi prodotti e servizi la cui popolarità è incentivata dal marketing virale. La “terza forza” agisce quindi
collegando domanda e offerta, creando strumenti che rendono possibile un abbassamento dei “costi di ricerca” per i
contenuti di nicchia, come ad esempio i database collegati a strumenti di dynamic packaging per la costruzione self service
del viaggio o alla diffusione di informazioni su viaggi e prodotti attraverso social media di nicchia specifici o azioni di viral
marketing. Ogni cosa che rende la ricerca più semplice favorisce l’esplorazione dei prodotti di nicchia della coda.
(AA.VV.h, 2007)
Per quanto riguarda il settore dei viaggi, Anderson sottolinea come i fornitori, quali le compagnie aeree low cost, abbiano creato
un'impressionante gamma di scelta, offrendo rotte verso destinazioni poco conosciute in tutto il continente europeo. A sua volta,
l'abbassamento del costo dei voli ha aumentato la domanda dei consumatori. L'aumento del numero delle compagnie low cost e
delle agenzie di viaggio on-line negli ultimi 10 anni ha contribuito a prolungare la coda, ha creato nuove destinazioni e consentito alle
persone di viaggiare più lontano e più frequentemente. In questo nuovo turismo on-line, le destinazioni minori vengono sempre più
prese in considerazione da un pubblico che non le considerava (Holly Davis T, e May K.a, 2007). Una grande occasione si prospetta
dunque per tutti quegli operatori turistici specializzati, che possono allargare la loro diffusione di viaggi di nicchia su scala mondiale,
ma anche per tutte quelle destinazioni turistiche di nicchia, considerate altamente attraenti solamente da alcune categorie di
villeggianti, basti pensare ai viaggi avventura, sicuramente non per tutti ma con un “grande mercato di nicchia a livello mondiale”
(Holly Davis T, e May K.b., 2007). (BOX n. 3)
BOX n. 3
Piccole OTA crescono. La coda lunga e le nuove tendenze del traffico online (Booking Blog3 2009)
Secondo quanto riportato dal “PhoCusWright’s Online Traffic and Conversion Report”, edito da PhoCusWright in collaborazione con
Compete, le sette più grandi OTA (Online Travel Agency) presenti sul mercato internazionale, hanno subito un calo nelle quote di
mercato online rispetto agli anni precedenti.
Nonostante le OTA in generale rappresentino la categoria più visitata nel settore dell’online travel, proprio le “Big Seven” Online
Travel Agencies, ovvero Expedia, Hotels.com, Orbitz, Cheaptickets, Travelocity, Priceline e Hotwire, avrebbero veicolato un minor
traffico rispetto agli anni precedenti.
Precisamente, la percentuale degli utenti che solitamente prenota attraverso un portale affidandosi ad una delle sette “Big” sopra
citate, è sceso, negli ultimi due anni, dal 79% al 72%.
I portali minori a cavallo della coda lunga
Il dato dimostra come molti intermediari minori siano riusciti a ritagliarsi uno spazio nel mercato, aprendo una breccia nel muro delle
grandi. Numerose agenzie online, specializzate per collocazione territoriale o per tipologia di servizi offerti, hanno infatti tentato di
frammentare il mercato ed andare ad attrarre specifiche categorie di utenti, cavalcando il principio della “coda lunga” ( long tail) caratteristico del business online.
L’aumento della popolarità di queste piccole OTA risponde ad una crescente richiesta, da parte dei consumatori, di un servizio
sempre più targettizzato e tagliato su misura per le proprie esigenze.
Tutto ciò può sicuramente essere inteso come un dato positivo, in grado di ampliare il mercato, favorire la concorrenza, e in certa
misura anche la disintermediazione.
Anche se per le piccole OTA non sarà facile far crollare l’egemonia delle grandi, c’è dunque senza dubbio la possibilità di muoversi
con maggiore libertà per espandersi nella propria fetta di mercato.
Le query specifiche sovvertono le gerarchie
Al fine di approfondire questo fenomeno, e capire quali risultati derivino effettivamente da ricerche non generiche, vi invitiamo a fare
un esperimento, provando a ricercare su Google alcune categorie di alberghi con caratteristiche specifiche nella vostra destinazione,
sia sul dominio “.com” che “.it” di Google. Noi stessi stiamo sviluppando la stessa ricerca e presto pubblicheremo i risultati.
Provate a ricercare hotel appartenenti a particolari categorie, ad esempio:
Su Google.it: albergo benessere firenze - hotel benessere firenze - albergo di design firenze - hotel di design a firenze - albergo eco
sostenibile firenze – hotel eco sostenibile firenze – albergo per gay firenze – hotel per gay firenze – albergo animali ammessi firenze
– hotel animali ammessi firenze – albergo per celiaci firenze – hotel per celiaci firenze
Su Google.com: wellness hotel florence – design hotel florence – eco hotel florence – green hotel florence – gay friendly hotel
Florence – pet friendly hotel Florence – gluten free hotel florence
Vedrete che, effettuando ricerche per queste query specifiche, le grandi OTA non appaiano quasi mai nelle prime posizioni, che
risultano invece occupate da portali più piccoli e specializzati, o da siti ufficiali di alberghi che offrono servizi particolari.
É quindi di grande importanza per OTA ed alberghi che operano in queste nicchie di mercato, riuscire a posizionarsi bene per le
keyword specifiche che meglio identificano i servizi offerti ed il linguaggio del target di riferimento.
Molti utenti, infatti, tendono ad utilizzare i motori di ricerca per cercare informazioni ed offerte tematizzate, bypassando così i grandi
portali, che presentano spesso ottime promozioni, ma di carattere molto più generico.
Quando gli utenti hanno le idee chiare sul tipo di servizio che intendono cercare, useranno per la ricerca delle query specifiche, che
con buone probabilità, daranno come risultato una serie di link che puntano a domini specializzati in tali servizi.
Essere ben posizionati per le cosiddette “Long tail keywords” può quindi risultare un’ottima pratica per veicolare potenziali clienti
targettizzati al proprio sito o al proprio portale.
2. Implicazioni manageriali
Le caratteristiche di interattività, fruibilità ed economicità del web incentivano sempre più la creazione di nicchie di mercato lungo la
coda. Chris Anderson (Anderson C. 2006) descrive le regole per prendere parte al fenomeno della coda lunga:
1. spostare il magazzino all'interno, per aumentare la disponibilità di prodotti diversi
2. lasciar "lavorare" i clienti, facilitando l'interazione tra azienda e cliente
3. un unico metodo di distribuzione non va bene per tutti i clienti, occorre affidarsi a modelli di multimedialità e multicanalità
4. un unico prodotto non va bene per tutti i clienti, occorre personalizzazione
5. un unico prezzo non va bene per tutti i clienti, emergono infatti fenomeni diversi ma complementari, come il turismo low
cost e il turismo di nicchia o luxury dal reddito medio-alto
6. condividere le informazioni, facilitando la creazione di community e di user generated content, con la partecipazione dal
basso, abbandonando modelli gerarchici
7. pensare in termini di "e" e non di "o", aumentando la tipologia di prodotti disponibili
8. affidarsi al mercato per il proprio lavoro, cercando di capire prima cosa desidera il cliente, per poi proporgli il giusto
prodotto
9. comprendere il potere delle cose gratuite, fornendo insieme al prodotto una serie di servizi accessori gratuiti
Le implicazioni pratiche dell'operatività nella long tail fanno riemergere concetti già affrontati nel corso del manuale, quali le regole
1del web 2.0 e l'imporsi dell'interattività, con il crescere di community, social network e siti di recensioni e l'emergere della figura del
prosumer, che lavora per se stesso e per le aziende per la crescente necessità di prodotti personalizzati.
L'Innovazione e creatività sono però gli elementi basilari per operare nella lunga coda, per creare prodotti e servizi rimanendo
competitivi in un mercato globale. Internet facilita e fertilizza tale creatività, crea un'infinità di prodotti e informazioni. Chris Anderson
afferma infatti che "le nuove tecnologie contribuiscono a liberare gli spiriti innovativi e imprenditoriali di milioni di nicchie di valore economico, generando nuovi paradigmi con curve di produttività molto più consistenti di quanto sarebbe possibile con il paradigma del mercato di massa della rivoluzione industriale." (AA.VV.f, 2007)
Anche Niraj Dawar, professore di Marketing presso l'Università Western Ontario, in Canada, afferma che il "concetto di innovazione è molto più ampio di quanto riteniamo comunemente, e va al di là della creazione di prodotti migliori. Dobbiamo focalizzarci sulla customer value, che è una funzione di "cosa" il cliente compra più di "come" lo fa (AA.VV.f, 2007). Con questa affermazione Dawar
sintetizza il concetto di fornire il giusto prodotto, al prezzo giusto, alla persona giusta che ne è alla ricerca in quel preciso momento,
rispondendo a pieno alle sue esigenze. Il focus delle attività quindi non è più su cosa si vende, ma su cosa i clienti comprano.
3. Vincoli e Opportunità
Non bisogna ovviamente cedere a facili entusiasmi: non è facile avere successo in quanto il business concentrato nella long tail
richiede capacità e conoscenze non indifferenti. La “lunga coda” di consumatori nasce grazie ad Internet, e pertanto vigono tutte le
regole della rete, dall'interazione alla personalizzazione, dalla condivisione di contenuti alla partecipazione attiva degli utenti e degli
operatori del settore. Decidere di operare con i mercati di nicchia significa anche avere il know-how necessario per ascoltare e
dialogare con il cliente, per proporre servizi personalizzati, secondo l'ottica del Web 2.0, avvalendosi di professionisti e consulenti
specializzati nel web marketing per gestire e attrarre il "turista 2.0 "
La grande richiesta di servizi e prodotti personalizzati e differenziati, oltre alla grande varietà di motivazioni che spingono ogni
singolo turista a viaggiare, sono sicuramente dei punti di partenza a favore della “long tail", ma da soli non bastano, occorre far
giungere l'offerta di nicchia al target giusto e nel modo giusto, comunicando l'offerta turistica in modo innovativo, come verrà
illustrato nei successivi capitoli. Ma soprattutto non bisogna concentrarsi su volumi e flussi enormi, che non arriveranno mai,
essendo la lunga coda formata da mercati di nicchia. Occorrerà piuttosto puntare sulla qualità, sulla capacità di spesa elevata di
target così esigenti e differenziati, e soprattutto occorreranno degli strumenti atti a fidelizzare i consumatori e a farli acquistare
ripetutamente nel tempo. Questo è lo spirito della coda lunga che, se diversamente intesa, non porterà ai risultati sperati, divenendo
solo un grande flop, visto che la maggior parte dei flussi e delle entrate economiche rimangono nella “testa della long tail". E’ quindi
richiesto un cambio di visuale manageriale per avere successo in mercati di nicchia: dalla quantità occorre puntare alla qualità. La
“long tail", l'uso di Internet e i nuovi comportamenti di consumo sono il frutto di un cambiamento culturale del consumatore e si sta
riflettendo sull'economia, anche se ovviamente, trattandosi di centinaia di mercati di nicchia, non si può ad oggi parlare di grandi
numeri. Ma il cambiamento è in atto, dunque occorrerà adattarsi alle trasformazioni in tempi brevi, comunicare con il turista secondo
i dettami del web 2.0, superando così la concorrenza e conquistandosi il favore degli utenti online.
Sempre più turisti, anche quelli più tradizionali, si stanno "convertendo" al web e l'analisi fin qui condotta evidenzia, quindi, la
necessità degli operatori del settore di entrare nel mondo di internet per continuare a mantenere la competitività nel settore,
adottando le opportune strategie di web marketing, in linea con i principi del web 2.0, ad integrazione delle strategie di marketing
tradizionali.
Capitolo quarto
Social media marketing: uno strumento di conversazione tra viral marketing e WOM (word of mouth)
-purpose: L'obiettivo del capitolo è quello di comprendere come il passaparola e il marketing virale possono essere considerati
strumenti promozionali da utilizzare all'interno dei social media. Si andranno quindi evidenziando le differenze esistenti tra WOM
(word of mouth) e marketing virale.
-metodology/design/approach: la bibliografia internazionale consultata è divisibile in diverse macro-aree tutte afferenti al social
media marketing: la prima area mette in luce la radice tribale del social media, grazie a studi di Michel Maffesoli e Bernard Cova. La
seconda area è invece dedicata ad evidenziare le differenze esistenti tra WOM e marketing virale e, infine la terza area pratico-
operativa con la presentazione di case study e articoli di professionisti del settore.
-findings: L'influenza interpersonale che il passaparola naturale o indotto genera, online si può moltiplicare a dismisura e divenire
una delle fonti di informazioni più importanti durante tutte le fasi di un viaggio, una sorta di nuova forma di mediazione nella
creazione dell'esperienza turistica, che non rappresenta né l'industria turistica né quella culturale, ma semplicemente le
considerazioni delle persone circa l'esperienza turistica vissuta
-research limitation/implication: I limiti promozionali che i social media sottintendono sono da ricercare nella necessità di inserire il
social media marketing in una visione strategica più ampia, una visione di web marketing con degli obiettivi e strategie precise e
comuni, che ricomprenda quindi la possibilità di promuovere i canali sociali sia su diversi siti internet sia offline. Da solo il social
media marketing non basta per incrementare il proprio business. Si auspica quindi l'adozione di un modello generico di piano
strategico di marketing in grado di incorporare sia azioni classiche che azioni online e, tra tutte, il social media marketing.
-pratical implication: L'analisi del WOM e del marketing virale mette in evidenza la possibilità di promuoversi e diffondere
velocemente messaggi. Operare all'interno di tali contesti sociali richiede però l'adozione di una prospettiva interattiva e paritaria da
parte degli operatori del settore.
-originality/value: Lo sforzo al cambiamento, verso una prospettiva interattiva all'interno dei social media, richiede impegno e risorse
umane. Uno degli argomenti più dibattuti dai professionisti del settore è il ritorno economico che tali sforzi e investimenti hanno. Nel
capitolo si propone una lettura qualitativa del ROI e non più solo quantitativa.
-keywords: tribù, marketing tribale, social media marketing, WOM, passaparola, marketing virale, ROI, ROE
Introduzione
In questo capitolo si vogliono approfondire le ripercussioni nell'offerta turistica avvenute a seguito dei cambiamenti sia della
domanda turistica, con l'affermarsi di un turista-prosumer, sia delle nuove tecnologie, che hanno facilitato l'interazione tra persone,
tanto da far nascere un modello di web 2.0, offrendo nel contempo spunti agli specialisti di marketing che stanno puntando le loro
strategie nel gestire tale influenza interpersonale online al fine di trarne vantaggio.
Negli ultimi anni, infatti, è emerso un nuovo trend per la ricerca di informazioni, grazie al moltiplicarsi dei social media e dei loro
contenuti sociali, ben rappresentati dalle varie forme di user generated content, ovvero di quei contenuti generati e condivisi dagli
utenti attraverso i blog, comunità virtuali, wikis, social networks, collaborative tagging e siti di sharing. Questo fermento sociale
emerge anche nel settore del turismo, dove l'acquisto di un viaggio è percepito con un alto rischio, per cui i suggerimenti, anche
emozionali, di gruppi di riferimento online assumono un aspetto importante nella valutazione d'acquisto e nella scelta del viaggio.
L'utilizzo di tale influenza interpersonale, che trova la sua massima espressione in community, social network e forum, può diventare
un vantaggio competitivo se ben gestita. Per spiegare tale fenomeno si andrà dunque ad analizzare come nasce, come si sviluppa,
quali sono i luoghi privilegiati del passaparola online e quali sono le regole di tali luoghi, per poter intervenire e dialogare con i clienti
reali e potenziali, al fine di progettare campagne di viral marketing e di social media marketing in grado di apportare benefici
economici e di immagine a destinazioni ed operatori turistici. (Litvins S. W., Goldsmith R. E., Pan B. 2008).
Per comprendere come sviluppare il proprio business attraverso il social media marketing e come interagire con le community online
che popolano i social media, si è ritenuto opportuno suddividere il capitolo in diverse sezioni in modo da approfondire differenti
argomenti correlati tra loro. Il primo paragrafo metterà le basi per comprendere l'origine del fenomeno dei social media, partendo
dalla teoria delle tribù di Michel Maffesoli e Bernard Cova (Cova B., Kozinets R.V., Shankar, 2007; Cova B., Cova V. 2002; Maffesoli
M., 1998). Il secondo paragrafo sarà dedicato a comprendere, grazie ad una bibliografia scientifica internazionale, le differenze tra il
passaparola o word of mouth spontaneo e il viral marketing, entrambi facenti parte del cuore strategico del social media marketing
ovvero il dialogo e la comunicazione tra clienti e aziende o DMO. Si passerà poi, nel terzo paragrafo, ad approfondire le implicazioni
pratiche del social media marketing, comprendendo chi sono gli utenti che utilizzano i social network e cercando anche di
approfondire come e perché utilizzare i social media nelle strategie promozionali, con quali vantaggi e quali competenze,
proponendo tre esempi concreti e operativi: gli hotel Sharaton e alcune pratiche di operatori del settore sui maggiori social network
quali Facebook e Twitter. Infine, nell'ultimo paragrafo, si darà una lettura nuova dei ritorni economici delle strategie di social media
marketing, proponendo le nuove modalità di misurazione qualitativa del ROI sostenute dai maggiori specialisti di web marketing
turistico.
1. La radice dei social media: le tribù
Per comprendere qual è la radice dei social media, ovvero di quei fenomeni sociali, community, social network e cioè di aggregazioni
di "sconosciuti" intorno a tematiche, passioni o brand ben precisi, i francesi Michel Maffesoli e Bernard Cova, tra i massimi esponenti
del marketing tribale, hanno provato a definirli come tribù. "Una tribù postmoderna (o neotribù) è un insieme di individui non necessariamente omogeneo (in termini di caratteristiche sociali obiettive) ma interrelato da un´unica soggettività, una pulsione affettiva o un ethos in comune. Tali individui possono svolgere azioni collettive intensamente vissute, benché effimere". (Cova B,
Cova V, 2002)
Bernard Cova, sostiene che oggi viviamo nell´era della post-modernità, caratterizzata da un estremo individualismo, "logico punto di arrivo della modernità, durante la quale si è perseguito in ogni modo l´affrancamento da tutti i legami sociali". (Cova B, Cova V,
2002) Di contro emerge però un altro fenomeno, ovvero il tentativo dell’individuo post-moderno di riaggregazione sociale e di
ristabilimento di legami sociali, sulla base di scelte emotive e passionali, dando così vita alle " tribù postmoderne", facendo nascere
nuovi valori che si oppongono a quelli dell´individualismo sfrenato: autenticità, vicinanza e localizzazione. Le neotribù teorizzate da
Cova svolgono proprio questo ruolo di riaggregazione sociale. Le tribù post-moderne sono però più effimere, fragili e instabili di
quelle tradizionali, ogni persona infatti può far parte di più tribù, in cui svolge più ruoli, e mantenere alto il livello di libertà e
autonomia. Una tribù è quindi un gruppo poco definito, aperto, è un’aggregazione momentanea di individui che, grazie ad emozioni
condivise e passioni comuni, istaurano dei legami comunitari.
Le possibilità di interattività offerte dal Web 2.0 fanno si che moltissime di queste tribù nascano su Internet, dando luogo alla nascita
di social network, forum, blog, siti di video e foto sharing e piattaforme sociali diversamente combinate. La rete offre ad ogni singolo
individuo la possibilità di interagire con un numero enorme di utenti e di condividere con questi interessi comuni, sviluppando un vero
senso di appartenenza. Ma non solo: le comunità e le tribù virtuali hanno infatti la possibilità di dare vita, attraverso la loro azione, ad
un cultura partecipativa o ad un’intelligenza collettiva, facendo emergere la figura di quello che è stato definito prosumer. Il forte
impatto culturale delle comunità virtuali o social network, che si alimentano di contenuti generati da utenti, mette in luce il
"protagonismo" degli utenti che sono ora in grado di pubblicare conoscenza ed informazioni turistiche stabilendo, nel contempo,
legami amichevoli e relazioni sociali basate sullo scambio e condivisione di UGC (user generated content). La ricerca di Munar
(Munar A. M. 2010), dimostra infatti che molti dei siti sociali analizzati usano un linguaggio che incoraggia l'idea di comunità, di
condivisione: le persone non sono solo utenti o turisti, bensì amici (su Facebook), couchsurfers (su Couchsurfing) o esperti e membri
(su Worldreviewer). Questo porta a definire i social media prima di tutto come comunità formate da una rete di rapporti e legami
interpersonali e, solo in secondo luogo, dei canali di scambio di informazioni e opinioni che possono diventare degli strumenti di
marketing. I social media nascono infatti per creare uno scambio di legami sociali, uno scambio di informazioni e supporto, un senso
di appartenenza e di identità sociale. E sta proprio in queste sue caratteristiche la possibilità di intravedere nei social media anche
uno strumento di ricerca di informazioni, proprio perché i contenuti generati da altri utenti, spesso amici reali ma a volte anche solo
virtuali, sono ritenuti altamente credibili per le caratteristiche proprie delle persone che appartengono alla stessa comunità.
Le tribù postmoderne possono avere diversa natura, legata alla diversa passione che accomuna i vari membri: esistono comunità
formatesi intorno ad uno sport estremo, a una destinazione turistica, ad un hobby o in difesa dei diritti umani, così come possono
esistere tribù formatesi intorno ad un marchio o un prodotto.
Compito degli operatori turistici diventa quindi cercare di raggiungere i propri target attraverso questi luoghi sociali virtuali e
individuare le modalità più adatte per comunicare con queste persone. Alla base del marketing tribale, o in senso lato del social
media marketing, c’è la visione e il desiderio comunitario tipico della società postmoderna, in cui il prodotto o servizio turistico
diviene una sorta di totem intorno al quale una tribù si costituisce. Dal punto di vista del marketing, le tribù sono quindi dei gruppi di
consumatori che hanno qualcosa in comune, delle nicchie di mercato posizionate lungo la long tail, e l’obiettivo aziendale diventa
quindi quello di creare dei gruppi intorno a prodotti o destinazioni turistiche, o di supportare tribù già esistenti. Alla base di questa
nuova tipologia di "marketing sociale" non c'è però la vendita come punto focale, bensì i legami, le passioni e i valori interni alla
community. Come sottolinea il Manifesto di Cluetrain (Levine R., Locke C., Searls D., Weinberger D. 2000), i mercati oggi sono
conversazioni e occorre che le imprese parlino con i propri clienti utilizzando un nuovo registro, passando cioè da un discorso
commerciale ad un discorso non commerciale, volto ad instaurare e rafforzare i legami con il gruppo e tra gli individui del gruppo
stesso, aiutandoli a condividere le loro passioni, emozioni e legami sociali (Carciofi A.b 2010).
Sarà così possibile creare un gruppo coeso e fidelizzato a livello affettivo al marchio o prodotto. Attraverso la partecipazione attiva a
tali community sarà, inoltre, possibile il passaggio da una fase in cui è il marchio a sostenere la tribù, ad una fase attraverso cui la
marca o territorio cerca di “guadagnare” dalle tribù, fidelizzando e aggregando nuovi clienti mediante il passaparola spontaneo o
indotto. Infatti, in virtù della fiducia e fidelizzazione che tali comunità sono in grado di sviluppare, i clienti possono diventare i migliori
promotori, attraverso azioni di passaparola o di marketing virale (Riccione V., 2010)
2. Dal passaparola al marketing virale
Il passaparola o word of mouth nasce dalla semplice motivazione di condividere con la propria community, considerata una cerchia
di amici allargata a livello mondiale, emozioni, passioni comuni, elementi di soddisfazione, piacere o insoddisfazione. Elemento
chiave di questo passaparola sono uno o più opinion leader, utilizzatori attivi del web, impegnati nella ricerca di informazioni, nella
testimonianza di eventi o attività, nella loro trasposizione, interpretazione e commento, il tutto a favore di coloro che nel web cercano
informazioni "neutrali", magari da arricchire con ulteriori commenti e informazioni. Gli opinion leader sono appassionati, hobbysti o
professionisti, di determinati settori, prodotti, destinazioni turistiche, e proprio per loro tale posizione di "esperti" ricoprono un ruolo
fondamentale nell'influenzare la propria community e coloro che ricercano informazioni. L'influenza interpersonale che il passaparola
genera, online si può moltiplicare a dismisura e divenire una delle fonti di informazioni più importanti durante tutte le fasi di un
viaggio, una sorta di nuova forma di mediazione nella creazione dell'esperienza turistica, che non rappresenta né l'industria turistica
né quella culturale, ma semplicemente le considerazioni delle persone circa l'esperienza turistica vissuta. I contenuti generati o
semplicemente inoltrati dagli utenti, diventano così focali:
nella fase pre-viaggio, nel momento in cui si ricercano informazioni utili a guidare le scelte di acquisto, gli UGC possono
consigliare la scelta giusta ma anche enfatizzare il ruolo della fantasia e dell'immaginazione nell'anticipare l'esperienza di
viaggio;
nella fase del viaggio, nel momento in cui si arriva a destinazione, grazie alle tecnologie internet mobile, si possono fare
foto e riprese da caricare sui social network preferiti, si possono vedere le recensioni di altre persone che hanno già
mangiato in un ristorante o soggiornato in hotel, si possono avere informazioni sugli itinerari fatti da altri utenti;
nella fase post viaggio, nel momento del rientro a casa, il turista può condividere la sua esperienza turistica, il suo livello di
soddisfazione o insoddisfazione, scrivendo post e recensioni, caricando video e immagini.
Questo mormorio, dialogo, word of mouth (Qualman E. 2009), passaparola, definito anche "buzz" (Rosen, E., 2000), è il risultato
aggregato del passaparola intorno ad un prodotto/servizio. Westbrook (Westbrook, R. A. 1987) ha descritto per primo il WOM in
modo "allargato", includendo "tutte le comunicazioni informali dirette ad altri consumatori sull'acquisto, uso o caratteristiche di un particolare bene o servizio o venditore". Il passaparola è quindi un processo che si autoalimenta grazie alla naturale trasformazione
dei destinatari in nuovi vettori del messaggio. A questo si aggiunge la definizione di Buttle (Buttle F. A. 1998) che, trasferendo il
concetto di WOM su Internet, ne evidenzia il suo cambiamento da esclusiva forma di comunicazione tra clienti a strumento di
comunicazione che coinvolge anche i produttori e le aziende, attraverso campagne di marketing virale. Si comprende così uno dei
principi cardine del marketing virale, ovvero la volontà manipolativa di utilizzare il passaparola spontaneo per scopi di business.
(Litvin S. W., Goldsmith R. E., Pan B. 2008)
L’espressione marketing virale è stata coniata da Jurvetson e Draper nel 1997 (Juvertson S., Draper T., 1997) e denota ogni
strategia che stimoli e incoraggi gli individui a trasmettere ad altri e a diffondere un messaggio, generando il potenziale per una
crescita esponenziale sia della notorietà che dell’influenza del messaggio stesso. L’utilizzo del consumatore come veicolo di
diffusione del messaggio rimanda a quella forma di pubblicità e di promozione per così dire naturale che è il passaparola o word of
mouth (WOM). La definizione “viral” fu coniata per descrivere il successo di Hotmail, fornitore di free mail, che in 18 mesi riuscì ad
assicurarsi 12 milioni di abbonati, con costi relativamente ridotti. Partendo dall'esempio di Hotmail, infatti, i due studiosi hanno notato
che gran parte del potere di Internet sta nella possibilità di ognuno di essere un editore: il risultato è un sovraffollamento di contenuti
e la conseguente difficoltà per il cliente a selezionare e processare tutte le informazioni ricevute, per cui la carta vincente degli
operatori innovativi è nel cercare di ottenere attenzione da parte del cliente attraverso strategie non convenzionali. Unendo a questo
assunto quello del passaparola, che funge da strumento in grado di ridurre la complessità informativa in quanto fonte di informazioni
filtrate e disinteressate che facilitano il processo di acquisto, si arriva a delineare il concetto di marketing virale. E proprio nel
marketing virale i due studiosi individuano una nuova strategia di promozione non convenzionale: "elevarsi al di sopra di molte voci richiede creatività. Urlare non è molto creativo. Creare un sito web e aspettare i clienti non è molto creativo. Piuttosto, le nuove imprese possono strutturare il loro business in modo da permettergli di crescere come un virus". (Juvertson S., Draper T., 1997).
Catturare l’attenzione dei potenziali turisti online attraverso il passaparola, o meglio attraverso il marketing virale, diventa una nuova
strategia di marketing più potente di una normale pubblicità perché coinvolge il consiglio di un amico, nonostante rimangano spesso
chiari gli intenti pubblicitari (Jurvetson S. 2000). Il marketing virale può quindi essere definito come una qualsiasi azione o attività che
stimoli le persone a passare un messaggio pubblicitario a conoscenti e amici; è sostanzialmente un’evoluzione del passaparola, ma
se ne distingue per il fatto di avere un’intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna. Il principio del viral marketing si
basa sull’originalità di un’idea: qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce a espandersi molto velocemente
presso un determinato target.
Ma come si costruisce una campagna di viral marketing? Il primo ad aver modellizzato questa originale forma promozionale è stato
Ralph F. Wilson, di professione E-Commerce Consultant, che ne ha definito i principi in "The Six Simple Principles of Viral
Marketing", di seguito riportati (Wilson R. F., 2005):
• Offrire servizi e prodotti gratuiti o sconti, in modo da incentivare la diffusione del messaggio anche tra i più restii;
• Creare un messaggio facile da trasferire ad altri (amici e conoscenti), con tool incorporati, come ad esempio, "invia ad
un amico";
• Deve essere facilmente scalabile. Il metodo di trasmissione del “virus” si deve adattare rapidamente ad una risposta
ampia da parte delle persone, in quanto il messaggio si trasmette in modo esponenziale e rapido;
• Contiene motivazioni e comportamenti comuni ad un target di persone, quindi si deve creare un messaggio originale
e coinvolgente, che deve colpire l'utente;
• Utilizza le reti di comunicazione come i Social Network, proprio perché è qui che si aggrega un numero sempre
maggiore di utenti e, quindi, di potenziali consumatori;
• Approfitta delle risorse degli altri, basti pensare al caso eclatante di Hotmail. Si è infatti avuta la brillante idea di
allegare ad ogni e-mail inviata tramite Hotmail il messaggio: "PS: Get your free e-mail account at
http://www.hotmail.com". Ogni mittente consigliava, involontariamente, al destinatario di ottenere un servizio gratis di
e-mail presso Hotmail ed è così che il fondatore si ritrovò con più di 12 milioni di abbonati (Kornfeind A., 2007).
Dai principi base del viral marketing si può comprende che questo strumento promozionale non mira ad imporre il prodotto ai
consumatori ma piuttosto ad indurre i consumatori a farsi testimonial del prodotto/servizio. L'obiettivo non è quello di realizzare una
vendita diretta, ma è quello di relazionare positivamente il proprio marchio con un potenziale cliente. (Mirri A., 2005). Pertanto i
ritorni economici, di notorietà e immagine di una vera campagna di comunicazione virale non è completamente pianificabile a priori,
proprio perché non si può sapere se il messaggio avrà un effetto virale e se coinvolgerà un alto numero di utenti (Lalli M., 2008).
Non è cosa facile far si che gli utenti inoltrino il messaggio ad altre persone, innescando un meccanismo di diffusione ampia e
veloce, una diffusione virale appunto. Cosa spinge dunque gli utenti a prender parte ad una community di un brand e a diffondere
messaggi virali o un passaparola positivo?
Uno studio pubblicato da Tourist Management (Casaló L. V., Flavián C., Guinalíu M, 2010) vuole spiegare l'intenzione dei
consumatori a partecipare all'interno di questi gruppi e il legame che esiste tra la volontà partecipativa e l'intenzione di acquisto e
l'intenzione di raccomandare l'azienda o la destinazione turistica, diffondendo i suoi messaggi virali. Tra i fattori che influiscono
maggiormente nell'intenzione a partecipare ad una community online c'è l'utilità percepita, la facilità d'uso, l'identificazione nei
prodotti, servizi o valori aziendali, il controllo comportamentale percepito e l'attitudine personale alla partecipazione e condivisione.
Lo studio conferma inoltre che la volontà di partecipare ad una community ha effetti positivi per l'azienda che la ospita, proprio
perché i partecipanti sono più propensi ad acquistare beni e servizi ma soprattutto a raccomandare l'azienda, divenendo facilmente
clienti advocate o evangelisti, ovvero dei veri e propri promoter. Alcune raccomandazioni per motivare una maggiore partecipazione
delle community al fine di spargere messaggi virali, vengono dai ricercatori, come conclusione della loro ricerca:
l'intenzione a partecipare dipende soprattutto dall'utilità e dalla facilità d'uso della piattaforma sociale, pertanto occorre
incrementare contenuti utili e pertinenti, magari con sconti o promozioni riservate che, unite ad un linguaggio adatto e a un
design dal facile utilizzo, possono facilitare la partecipazione di un alto numero di utenti.
l'identificazione di comuni passioni e valori, che sono il fulcro portante della community, è indispensabile per creare un
gruppo stabile e dai forti legami sociali, con un'identità condivisa tra utenti e con l'azienda che ospita il gruppo. E' quindi
importante anche promuovere eventi e occasioni intorno alle quali incontrarsi, anche solo in modo virtuale.
la promozione della community attraverso diversi strumenti online, come blog e siti web con alto traffico (Casaló L. V.,
Flavián C., Guinalíu M, 2010)
3. Implicazioni pratiche
Gli strumenti di Web 2.0 hanno grande impatto nel settore turistico, visto il crescere dei social network e la loro capacità di
influenzare il processo di pianificazione e scelta di una vacanza. Numerosi studi hanno infatti dimostrato la forte influenza dei social
media nel comportamento del consumatore (D. Buhalis 1998; A. Poon 1993) e, di conseguenza, nell'immagine e nelle strategie di
marketing degli operatori turistici (R. V. Kozinets 1999; Y. Wang, D. Fesenmaier 2002; Miguéns J., Baggio R., Costa C. 2008).
L'importanza strategia dei social media nella promozione è dimostrata, tra gli altri, da due studi internazionali: il primo si focalizza sui
motori di ricerca e sulla misura in cui i social media sono rappresentati nei risultati dei motori di ricerca, aiutando gli operatori del
settore presenti su tali canali sociali, a posizionarsi sui motori di ricerca. Il secondo studio si focalizza invece sulle capacità
promozionali insite nel WOM, che vede nei social media il luogo privilegiato di scambio e diffusione di contenuti e informazioni. I
risultati della promozione tramite il passaparola vengono messi a confronto con quelli della classica pubblicità a pagamento su
Internet, mostrando come il WOM è uno strumento eccellente per le promozioni a breve termine. I due studi sono stati scelti come
case study esemplificativi di come una corretta strategia di social media marketing può portare effetti promozionali e di visibilità
online importanti.
La prima ricerca (Xiang Z., Gretzel U. 2010) investiga la misura in cui i social media sono rappresentati nei risultati dei motori di
ricerca nel contesto di ricerche relative ai viaggi. I risultati evidenziano che i social media rappresentano una parte notevole del
totale dei risultati di ricerca, dimostrando di essere "search engine friendly", proprio perché alcune delle preferenze dei motori di
ricerca, che si traducono in un migliore posizionamento1, si indirizzano verso informazioni generate da turisti, verso siti aggiornati
frequentemente e verso contenuti che presentano numerosi link a fonti esterne, tutte caratteristiche proprie dei social media. Tra i
10.383 risultati della ricerca di Google, ben 1150 sono identificabili come social media, suddivisibili come nel grafico sottostante in
social network, siti di media sharing, blog, comunità virtuali e siti di recensioni.
Figura n. 4 Rappresentazione grafica dei risultati di ricerca di Google (Xiang Z., Gretzel U. 2010)
1 Per posizionamento si intende un insieme di strategie che hanno l'obiettivo di migliorare la posizione di un sito web nei risultati delle ricerche dei motori di ricerca. I siti posizionati tra i primi risultati hanno più visibilità e, di conseguenza, un numero maggiori di visite. L'obiettivo principale delle strategie di posizionamento è aumentare la visibilità di un sito web per quelle parole chiave (o meglio combinazioni di termini) che riguardano l'attività del sito stesso.
La ricerca ha però evidenziato che, già come accade con altri siti web, anche per i social media si presentano delle ripetizioni di
medesimi domini nelle diverse pagine dei risultati di ricerca. Nello specifico si sono registrati solamente 335 domini unici su 1150
risultati che indicano un sito social media. Siamo di fronte a un piccolo numero di siti che formano il nucleo dei social media
rappresentati da Google e a un significante e ben più ampio numero di altri siti di social media che sono rappresentanti solamente
una o due volte nei risultati di ricerca. In altre parole i social media rappresentati da Google sono dominati da una manciata di big
player.
Il secondo studio preso in esame (Baggio, R. , Cooper, C., Scott, N., & Antonioli Corigliano, M. 2009) si concentra invece sugli effetti
promozionali del WOM messi a confronto con quelli delle pubblicità a pagamento su Internet. I risultati dimostrano importanti
differenze tra le due tipologie promozionali. L'effetto della pubblicità è infatti strettamente connesso sia all'intensità con cui il
messaggio pubblicitario viene visualizzato sul web, sia alla coesione del gruppo target. Una bassa coesione della community porta
infatti ad una randomizzazione delle opinioni del gruppo stesso e, di conseguenza, ad una bassa efficacia degli sforzi pubblicitari,
come dimostra il grafico sottostante.
Figura n. 5 rappresentazione grafica della diffusione di un messaggio promozionale tramite PPC (Baggio, R., Cooper, C., Scott, N.,
Corigliano A. M. 2009)
La simulazione della promozione attraverso il passaparola (WOM) porta invece ad una rappresentazione grafica del tutto diversa,
come dimostra l'immagine sottostante.
Figura n. 6 rappresentazione grafica della diffusione di un messaggio promozionale tramite passaparola (Baggio, R. , Cooper, C.,
Scott, N., Corigliano, A. M. 2009)
In questo caso, in un arco temporale breve, il numero di persone raggiunte dall'informazione è molto alto (74%). Altrettanto
velocemente, però, il numero di persone che entrano in contatto con il messaggio virale diminuisce. L'intensità del passaparola in
questo caso non dipende dall'azienda promotrice, ma solo ed esclusivamente dall'interesse della community e dalla portata della
rete sociale connessa a tale community.
Mettendo a confronto i due grafici si evidenzia la maggiore efficacia del WOM nel breve termine, ma non nel lungo termine.
Raggiungere i medesimi risultati in poco tempo con la pubblicità richiederebbe infatti uno sforzo economico maggiore e una buona
coesione della community.
Vista l'importanza che i motori di ricerca dedicano ai social media e le potenzialità promozionali del WOM e, di conseguenza, la loro
capacità di indirizzare scelte e acquisti, risulta importante per gli operatori del settore e destinazioni turistiche prendere parte a
questa "conversazione online", comprendendone appieno le regole non scritte del dialogo e trasparenza. Quali sono dunque gli
effettivi vantaggi che un operatore turistico può trarre dalla sua presenza sui social media?
1. ascolto e dialogo: la comunicazione con il cliente. Il social media marketing è l'arte di far crescere una conversazione
intorno a una marca, prodotto o destinazione, in modo che tale comunicazione venga condivisa da una vasta community e
diffusa tra nuovi utenti (Carciofi A.c 2010). Cambia la prospettiva comunicativa attraverso i social media: dalla
comunicazione si passa alla conversazione, emerge come fattore chiave di successo il dialogo, l'ascolto e l'interagire
attivamente con la propria community, al fine di ottenere credibilità, fiducia e fidelizzazione che possono portare, in ultima
istanza, ad un aumento delle vendite e della conoscenza dei prodotti o servizi venduti. I consumatori vedranno così
soddisfatto il desiderio di essere ascoltati e potranno così divenire dei potenziali prosumer e promoter dell'azienda o
destinazione (Parise S., Guinan P. J. e Weinberg B. D, 2009).
2. marketing virale e passaparola. Creare una community partecipata, come detto nel punto 1, ha come scopo primario non
la vendita ma la creazione di un gruppo di clienti attivi, i cosiddetti clienti brand advocate, quelli che spingono il
passaparola spontaneo positivo sul prodotto o destinazione e sono disposti ad inviare messaggi virali alla propria cerchia
di amici. Come sottolineato anche da Attardi, direttore e-commerce per B.F. Saul Company’s Hotel Division, durante
un'intervista a VFM Leonardo, sono proprio i clienti-advocate i migliori promotori perché sono più credibili agli occhi di altri
potenziali clienti, in quanto non direttamente coinvolti in interessi commerciali (VFM Leonardo 26 Ottobre 2009)
profilazione del target. I social network riescono a far ottenere una panoramica sulla tipologia di clienti interessati alla
destinazione o a un prodotto turistico, ottenendo così una fotografia puntuale dei target. Proprio sulle piattaforme sociali è
possibile leggere le recensioni degli utenti, i loro desideri, ciò che gradiscono e ciò che non gradiscono del servizio o
destinazione turistica. Ascoltando ciò che i turisti hanno da dire si potenzierà la capacità di creare valore, individuando con
più facilità e in minor tempo i bisogni dei consumatori.
3. creazione nuovi servizi e prodotti. Gli utenti più attivi di una community sono spesso degli appassionati di un brand,
prodotto o destinazione e ne conoscono tutti gli aspetti meno noti. La partecipazione parte dal basso, c'è l'esigenza di non
essere più solo spettatori passivi e dunque questa nicchia di utenti non si limita ad ascoltare i messaggi pubblicitari, ma
posta commenti, inoltra messaggi virali, partecipa a diverse community ma soprattutto si trasforma in un turista prosumer,
in grado di migliorare o re-inventare servizi e prodotti turistici.
4. brand reputation e costumer care. Le opinioni condivise sui social media tra più utenti hanno un influente ruolo nelle
decisioni di acquisto, basti pensare all'importanza crescente di TripAdvisor. Monitorare le conversazioni online e
rispondere sia alle recensioni lusinghiere che a quelle maggiormente critiche significa, da una parte, dare ascolto alle
esigenze dal turista sviluppando un servizio di costumer care online, dall'altra parte risulta essere uno strumento utile a
monitorare la propria brand reputation, capendo cosa le persone dicono di una destinazione o operatore turistico e
cercando di porre rimedio ai disservizi.
5. fidelizzazione ed "engagement". Utilizzare i social network come strumenti per comprendere i propri clienti e fidelizzarli,
grazie ad una comunicazione continua nel tempo anche nella fase post-acquisto, grazie alla proposizione di prodotti
personalizzati, o a iniziative dedicate ed esclusive, sconti particolari, concorsi su foto e video girati nella destinazione
turistica. Esistono numerose e svariate iniziative possibili grazie ai social media, di cui si è voluto dare solo un breve
elenco non esaustivo, che permettono di instaurare una relazione con il cliente duratura ma soprattutto coinvolgente a
livello emozionale, confidenziale, amichevole.
6. aumento delle vendite. I social media facilitano l'incontro tra domanda e offerta e l'imponente disponibilità di informazioni
scambiate tra clienti e azienda permettono di avere una panoramica più ampia di una destinazione o operatore turistico,
aumentando la propensione all’acquisto e percependo un rischio di acquisto più basso. Si tratta però di obiettivi
raggiungibili solo nel lungo periodo e con molto impegno, costruendo giorno dopo giorno un dialogo e un'intesa unica con
la propria community di clienti. (BOX n. 4)
BOX n. 4
Facebook Marketing: Case History Sardegna Grand Hotel Terme (Alessandro S. 2010)
Paolo Bartolozzi, consulente Grand Hotel Terme Sardegna, ha illustrato la sua strategia promozionale su Facebook, dalle azioni
poste in essere fino ai risultati ottenuti. Di seguito si riporta un sunto della sua testimonianza.
Il rifacimento del sito è stato uno dei primi passi per avere a disposizione uno strumento che mi permettesse di indicizzare bene,
secondo i più recenti criteri SEO, le offerte di questo albergo. Inoltre ho creato a novembre 2009 la pagina aziendale su Facebook
che ho è stata integrata nel sito. Poi ho fatto includere un link alla nuova pagina Facebook su tutte le email e le comunicazioni in
uscita dall'albergo. Infine, per dare un impulso iniziale ho attivato una campagna pubblicitaria su Facebook (Facebook ADS) che ha
generato circa 1500 utenti. La campagna è stata mirata a donne, con età compresa tra 25 e 54 anni, ovvero colore che decidono
dove fare una vacanza benessere, su aree geografiche specifiche che sono i bacini di utenza naturali. Di seguito il grafico relativo.
Figura n. 7 statistiche Facebook relative alla pagina in analisi
Fin dall'inizio si è adottato uno stile "informale" di comunicazione, assicurando risposte rapide ad ogni intervento degli utenti. Tutti gli
utenti possono postare quello che vogliono, tranne link, e non abbiamo quasi mai esercitato una qualche forma di "censura",
soprattutto a fronte di commenti negativi o critiche. Settimanalmente ci sono sempre nuovi nostri post che comunicano pacchetti,
eventi ed altre iniziative. Inoltre si è inserito un modulo che permette di prenotare direttamente online da Facebook. Tutte le
prenotazioni che provengono da Facebook sono discriminabili grazie a dei codici e landing pages specifici. Pertanto anche il
fatturato "diretto" generato da Facebook è conosciuto in modo trasparente.
I risultati: Facebook genera circa 1500 click al mese verso il sito www.termesardegna.it (circa 20.000 visitatori / mese), diventando il
primo sito di riferimento. Ogni 100 click da Facebook verso il sito si riceve una prenotazione dal sito e ogni 250 visite su Facebook
una prenotazione diretta dal modulo di prenotazioni online montato sullo stesso.
Ritengo inoltre che il vero segreto nell'avere successo con Facebook sia nella costanza e nell'omogeneità della comunicazione. Se
si hanno costantemente storie interessanti, se si riesce a mantenere sempre alto l'interesse si riesce a costruire una comunità
attenta e partecipe. Infine posso dire che Facebook rappresenta per noi il nostro miglior biglietto da visita, in quanto qualsiasi utente
può vedere centinaia di post da parte di clienti soddisfatti
4. Vincoli e opportunità: conversazione e ROI (Return on Investment) nei social media
Partendo dal già citato assunto "i mercati sono conversazioni", anche il mondo del turismo online diventa sempre più sociale e con
questi presupposti le aziende iniziano ad affrontare la loro presenza sul web. La comunicazione da unidirezionale diventa interattiva
e la "socialità" emerge come un fattore determinante di successo. (Maresca A.h, 2008). Questo richiede un cambio di visione
manageriale: da un modello tradizionale, che si basava su una comunicazione autoreferenziale, occorre passare ad un modello
relazionale, che si basa su un dialogo interattivo. Nel suo libro “Marketing to the Social Web”, Larry Weber afferma che
“comprendere il mercato del social web richiede di imparare un nuovo modo di comunicare con l'audience nell'ambiente digitale. Invece di continuare ad essere broadcaster, gli uomini di marketing dovranno diventare aggregatori di comunità di clienti. Invece di parlare ''ai'' clienti, i marketer dovranno parlare ''con'' i clienti. E il social web e' la via più efficiente per poterlo fare su larga scala. Il social web e' il luogo on line dove persone con interessi comuni si riuniscono per condividere pensieri, commenti e opinioni” (Weber
L., 2007). Larry Weber mostra come il Web 2.0 possa essere una grande opportunità per le aziende del settore, ma anche che sono
richieste nuove competenze comunicative per utilizzare correttamente gli "strumenti sociali" messi loro a disposizione da Internet. Le
potenzialità del settore chiaramente sono enormi, ma a volte poco sfruttate come dimostra un white paper diffuso da i360 (360i
White Paper 2010), web agency statunitense, dal titolo “Twitter & the Consumer: Marketer dynamic, condotto su circa 2.000 tweet
pubblicati tra ottobre 2009 e marzo 2010, mostra come maggiore risultato la discrepanza tra il comportamento degli utenti e quello
delle aziende (BOX n 4). La ricerca ha infatti evidenziato che gli utenti conversano mentre le aziende parlano, mantenendo un
approccio comunicativo e non conversazionale, imponendo messaggi dall'alto senza avere la capacità di intavolare un dialogo
continuativo con il cliente. Senza un dialogo di base, infatti, non si crea una community pronta ad ascoltare le offerte o messaggi
promozionali e a diffonderli tra la propria cerchia di conoscenti (Booking Blog4 2010)
BOX n 5
Twitter per la promozione turistica (360i Research, 2010; Menale S. 2009)
Lo studio di i360 si pone come obiettivo quello di capire chi sono le persone che usano Twitter e in che modo lo usano, al fine di
dare degli spunti utili alle aziende che vogliono intraprendere il loro cammino sociale e creare una profonda connessione con i propri
consumatori.
Alcuni dati emersi dallo studio:
più del 90% dei tweet vengono dai clienti
solo il 12% dei tweet menziona un brand
Il 43% dei tweet dei consumatori è conversazionale (presentano in apertura il simbolo @ che indica una risposta ad un altro
utente).
Solo il 12% dei tweet delle aziende dimostra di essere parte di una conversazione con i consumatori
Solo l’1% dei tweet contenenti il nome di un brand rappresentano una conversazione tra utente e azienda
3 tweet su 4 da parte di un’azienda contengono informazioni o news sull’azienda stessa
Questi dati dimostrano un utilizzo di Twitter e dei social network in senso lato, per motivi personali, per cercare informazioni e
condividerle con il proprio network di amici, per incontrare nuove persone con interessi similari. In sostanza il motivo principale per
prender parte a Twitter è conversare con un'altra persona, come dimostra il grafico sottostante.
Figura 8 tipologia di twitt
L'analisi dei contenuti dei tweet di consumatori e aziende dimostra un utilizzo del medium in un modo completamente diverso. Circa
il 90% dei tweet contenenti il nome di un brand sono realizzati dai consumatori. In gran parte si tratta di condivisione di informazioni
sul brand (43%) o opinioni sull'acquisto o l'interazione con il brand, rispettivamente il 21% e il 35% dei tweet. In generale si tratta di
opinioni informative e, dunque, neutrali (82%); solo l'11% delle opinioni riflette un sentimento positivo e il 7% uno negativo. Il dato
sorprendente è che solo l'1% dei tweet su un brand riflette una conversazione tra cliente e azienda, come dimostra il grafico
sottostante, sottolineando cioè che le aziende non riescono ancora a sfruttare a pieno le potenzialità di Twitter, non sono ancora
capaci di “sintonizzarsi” con gli utenti.
Figura 9 perché le persone menzionano i brand?
Un'ulteriore conferma della mancanza di relazionalità tra le aziende presenti su Twitter, viene dall'analisi dei contenuti postati dai
diversi brand presi in analisi. La maggior parte dei tweet, il 75%, riguarda infatti informazioni autoreferenziali dell'azienda, come
dimostra il grafico sottostante. Le conversazioni con gli utenti o altri brand rappresentano una minima parte dei contenuti pubblicati
su Twitter, insieme alle informazioni personali. Anche le iniziative promozionali, come i codici sconto, rappresentano una piccola
percentuale, il 2%, mentre le ricerche sopra riportate indicano come motivazione principale nel seguire un brand la possibilità di
accedere ad offerte esclusive e sconti, mostrando un ulteriore disallineamento tra clienti e aziende.
Figura 10 tipologia di twitt scritti da brand e aziende
Gli operatori turistici e DMO potrebbero beneficiare da nuove modalità di coinvolgimento dei consumatori attraverso un tono
conversazionale, ad esempio ponendo domande, invitando i clienti a rispondere, a postare commenti. Incoraggiare e prender parte
al dialogo con i clienti può inoltre incoraggiare più re-tweets ovvero la diffusione di un messaggio attraverso il passaparola, ovvero
quello che è stato fin qui definito anche marketing virale, al fine di favorire la conoscenza e la promozione del brand.
Al fine di dare delle indicazioni applicative e di business, sono stati raccolti alcuni esempi eccellenti che dimostrano la capacità di
usare i social media nel campo turistico, e in particolar modo Twitter e Facebook. Ma prima di illustrare tali case study, è opportuno
spiegare qual è la funzionalità e la struttura di Twitter e Facebook, due dei maggiori social network internazionali.
Twitter nasce dall'idea di creare un social network fondato su conversazioni della lunghezza di un SMS: 140 caratteri. Twitter
(tradotto dall’inglese “Cinguettio”) è un servizio di micro-blog sociale che consente a singoli utenti di pubblicare i loro ultimi
aggiornamenti e di poterli condividere.
Lo scopo di Twitter è quello di comunicare in tempo reale cosa si sta facendo in un determinato istante. C’è chi lo usa quindi per
raccontare la sua giornata o per segnalare link o foto e video interessanti.
Twitter è un ottimo strumento per farsi conoscere e fare promozione e inoltre consente di indicizzare sui principali motori di ricerca le
pagine di sito il cui link è riportato nei tweet
Lo sforzo al cambiamento, verso una prospettiva interattiva, richiede impegno e risorse umane. Uno degli argomenti più dibattuti dai
professionisti del settore risulta essere il ritorno a tali sforzi e investimenti nei social media. Esiste concretamente un ROI per il social
media marketing? Per avere una panoramica sugli effetti ritorni del social media marketing verranno di seguito presentate alcune
definizioni e prospettive pratiche di misurazione del ROI2 (Return on Investment) proposte dai maggiori studiosi e consulenti di social
media marketing e web marketing.
2 Per ROI si intende letteralmente il Return On Investment, un termine che indica il rapporto tra quanto si investe in un progetto e il ritorno economico dello stesso. Il risultato è una percentuale (positiva o negativa) che indica quanto si è guadagnato (o perso) da una specifica azione. (Lalli M.)
Claudio Vaccaro, autore del blog Socialware nonché web marketing & social media specialist, spiega quale sia l'effettivo ROI delle
azioni di social media marketing. La teoria di Vaccaro si contrappone alla visione aziendale che considera i social media un modo
per vendere di più e senza importanti investimenti, sfruttando nel contempo il potenziale virale di tali community. Dalle parole dello
studioso si evince che il social media marketing è un nuovo modo di fare promozione online, al fine di acquisire reputazione e
fidelizzazione, ma anche aumentare il traffico sul sito web ufficiale. Tali azioni, nel lungo termine, se ben gestite, portano anche ad
un aumento delle vendite e una riduzione dei costi in pubblicità online (keyword, display, mailing) e dei costi per acquisizione del
cliente, aumentando nel contempo la reputazione aziendale o di una destinazione. Tutto questo ha però costi di tempo e denaro, e
garantisce una riuscita positiva solo con l'attivazione di un dialogo aperto, interattivo e continuativo con il cliente. Da un'azione
correttamente progettata ed eseguita ci si può aspettare:
aumento in brand equity3 e fidelizzazione
aumento della notorietà del brand
aumento della soddisfazione dei clienti
customer care più efficiente
aumento delle vendite
informazioni in tempo reale sui/dai clienti
public relations più efficaci
azioni mirate e rilevanti, riducendo così i costi
Il ROI del social media marketing si prospetta quindi diversificato e non riconducibile esclusivamente all'aumento delle vendite. Uno
studio pubblicato da Bookin Blog (Booking Blog5 21 maggio 2010), conferma infatti che Facebook e gli altri social network non
saranno comunque in grado di sostituirsi a Google nel processo di ricerca online, né tanto meno come strumento di pianificazione
per viaggi e vacanze Questo perché i social network non sono considerati dagli utenti la prima scelta a cui affidarsi quando si vuole
pianificare un viaggio. I canali preferiti dagli utenti per questo scopo restano infatti i motori di ricerca (Google, Yahoo!, Bing), seguiti
dai meta-motori (tipo Kayak.com) e dalle OTA. Si conferma così che l'obiettivo primario da porsi attraverso i social network non è la
vendita, che avviene in maggior parte attraverso altri canali. Dallo studio emerge invece che i social network sono utilizzati per
chiedere consigli e pareri alla propria rete sociale su eventuali destinazioni o esperienze di viaggio, configurando tali community
come il miglior luogo in cui farsi conoscere instaurando il dialogo con il cliente al fine di fidelizzarlo. Lo studio arriva a tali conclusioni
analizzando i case studies proposti da QNT Hospitality e HeBS, che mostrano come Google e gli altri motori di ricerca rimangono la
principale fonte di revenue per gli hotel, mentre il contributo di Facebook e dei social network, sempre in termini di revenue, risulta
decisamente inferiore, come mostra il grafico sottostante.
CASE STUDY A: “Quanto i motori di ricerca influiscono su visite e revenue del sito web dell’hotel”
Tipo Struttura % visite sito web % revenue sito web
Hotel 4 stelle Roma centro 68,43 % 65,58 %
3 l’effetto differenziale che la conoscenza del brand esercita sulle risposte dei consumatori alle azioni di marketing dell’impresa (Keller K. L., 1998)
Hotel 5 stelle lusso Firenze centro 67,18 % 77,90 %
Hotel 4 stelle Milano centro 79,29 % 64,09 %
Wellness hotel 4 stelle Lago di Garda 48,80 % 48,09 %
Hotel 4 stelle Taormina 92,06 % 96,78 %
Hotel 3 stelle Firenze 65,79 % 55,18 %
Hotel 3 stelle Rimini 83,19 % 90,14 %
Figura n. 11 Traffico verso i siti web proveniente dai motori di ricerca
CASE STUDY B: ” Quanto Facebook contribuisce al revenue del sito web dell’hotel”
Tipo StrutturaN. Fan su
Tot. revenue del Sito Web
(da Gennaio 2009)
Tot. entrate da Facebook
(da Gennaio 2009)
% di revenue proveniente
da Facebook
Wellness Resort 4 stelle
Lago Maggiore (*)1038 € 576.000 € 156 0,04 %
Full-service Gofl & Spa
Resort in Florida (**)1703 $ 1.252.900 $ 739 0,06 %
Boutique Luxury Hotel in
California (**)641 $ 1.965.031 $ 915 0,05 %
Figura 12 Traffico verso i siti internet proveniente da Facebook
Come si può notare dai grafici, sebbene la presenza su Facebook apporti traffico al sito dell’hotel, la quantità di revenue generata
dal social network risulta essere davvero minima rispetto al fatturato totale del sito web. Ciò non significa che la presenza sui social
network non apporti benefici economici agli operatori turistici, ma semplicemente che le azioni di social media marketing necessitano
di essere misurate diversamente per comprenderne l'effettivo ROI. Lo studio suggerisce infatti di spostare l’attenzione dal revenue e
dalle prenotazioni, ovvero le metriche comunemente utilizzate per misurare il ROI, e focalizzarsi su altri obiettivi come fidelizzazione
e coinvolgimento della clientela e aumento della brand reputation. Si ipotizzano dunque le seguenti misurazioni del ROI:
1. Coinvolgimento degli utenti:
Quantità e qualità di commenti e feedback lasciati dagli utenti
Quantità di “mi piace” ricevuti sui post
Quantità di conversazioni iniziate dai fan sulla pagina Facebook
2. Statistiche dei Fans:
Quanti dei fans hanno effettivamente prenotato?
Di quanto crescono in percentuale i fans?
Caratteristiche dei fans: età, sesso, provenienza, per comprendere se sono il linea con il target di riferimento
3. Statistiche della Fan Page:
Numero di visite
Andamento del numero di visite nel tempo
4. Statistiche delle iniziative su Facebook:
Crescita dei fans in base al lancio di particolari iniziative (quiz, contest, giochi, ecc.)
5. Statistiche del sito ufficiale:
Numero di visite provenienti dalla Fan Page e da Facebook in generale
Prenotazioni ricevute, revenue generato, numero di visite generate da display advertising (banner a pagamento)
Si evince che la misurazione dell'impatto delle azioni di social media marketing va misurata in modo qualitativo e non quantitativo
(Pontone D. 2010) Partendo da questi presupposti in molti preferiscono ri-concettualizzare il termine ROI, proponendone nuove
letture, come "Return On Information" o "Return On Influence", o addirittura ROE ovvero "Return On Engagement".
Capitolo quinto
Video Web Marketing
-purpose: delineare le caratteristiche socio-culturali e manageriali del video web marketing (Vwm) all’interno di una riflessione
generale su immagine e media turistici e proporre un position paper sulle sue potenzialità nel rinnovare la comunicazione delle
imprese e delle destinazioni turistiche;
-metodology: analisi della letteratura scientifica sull’uso dell’immagine nel marketing e nella comunicazione turistica, profilo sociale
degli utenti che inseriscono e guardano video on line, interviste ad alcuni esperti internazionali (opinion leader) di video online,
valutazione di alcune case study
-findings: il Vwm è una conseguenza della centralità del turista ‘oculocentrico’ come decision maker nella scelta dei servizi
turistici (consumer2business) mentre le soluzioni business to consumer (b2c), descritte nell’articolo, sono efficaci se facilitano
l’esplorazione visuale del prodotto e dei luoghi da parte del turista oculocentrico
-research limitation: il fenomeno è agli inizi, per cui lo studio descrive un trend e delinea un nuovo modello di business, ma
occorrono altri studi e ricerche per comprendere le ulteriori implicazioni socio-culturali e le ulteriori soluzioni manageriali del Vwm;
-pratical implication: viene presentato un webinar che spiega come produrre, mostrare e diffondere un video turistico, in sintonia
con i risultati dello studio, per accompagnare gli operativi nel nuovo modus operandi;
-originality/value: l’approccio sociologico al Vwm fa emergere che per conoscere il trattamento delle immagini nei new media,
occorre conoscere i turisti come persone ‘oculocentriche’ e poi procedere con innovazioni organizzative per rendere profittevole le
connessioni intermittenti tra turista e azienda
-keywords: video e foto online, community, effetto virale, video sharing, social media, oculocentrismo, video web marketing
5.1 Introduzione. Immagine e comunicazione turistica: dalla fotografia ai video on lineIl turismo moderno, cioè il viaggio organizzato in modo industriale, sin dalle sue origini a metà dell’Ottocento, si è sviluppato in
contemporanea con le industrie della cultura visiva, a cominciare dalla fotografia (Costa, 2003; Crouch e Lubbren 2003;
Lenmann, 2003; Crawshaw e Urry, 1997; Urry, 1990; Crazy, 1990).
La Gran Bretagna è la prima nazione in cui si è istituita tale connessione . E’ stata utilizzata ampiamente già dal primo tour operator,
Thomas Cook, per illustrare i cataloghi di viaggio con disegni e poi foto, con finalità chiaramente seduttive, oltre che informative, e
poi dalle aziende editoriali, che hanno commercializzato le guide turistiche per facilitare l’accesso ai luoghi che ‘dovevano’ essere
visti, ma anche come souvenir o ricordo di viaggio (cartoline illustrate) per connettere il turista con amici e parenti rimasti a casa
(Lofgren, 2001).
La commercializzazione su larga scala della macchina fotografica, allo scopo di celebrare i luoghi e la presenza di amici e familiari,
ha trasformato lo strumento in protesi tecnologica che celebra anche il protagonismo del turista. E’ diventata un elemento distintivo
della sua rappresentazione stereotipata a livello di immaginario collettivo: non c’è turista senza macchina fotografica a tracolla,
vestito in modo informale e pronto a scattare foto, giudicate dagli intellettuali ‘critici’ come soggetti banali, superficiali, fruitori di
pseudo-eventi (Boorstein, 1964, è il più ironico ma è anche sprezzante) all’interno di una più ampia reazione della cultura europea
nei confronti dell’immagine riprodotta industrialmente e poi della televisione. L’immagine è sospettata di non veicolare valori
profondi perché fruibile senza aver studiato oppure perché utilizzata per manipolare le coscienze dai pubblicitari e dai ‘fabbricanti di
vacanze’. La denigrazione della visione turistica ha dato luogo al fenomeno dell’anti-turismo, assimilando il significato del termine
ad un viaggiatore effimero. L’anti-turismo è un aspetto di un più diffuso rifiuto della cultura visiva e della sempre più pervasiva civiltà
delle immagini da parte di letterati, filosofi e intellettuali impegnati a difendere l’Alta cultura contro la cultura di massa (Boinsenvain,
1996, Buzard, 1993). In realtà, la valutazione critica del turista esprime l’effetto snob degli intellettuali (descrive la politica e la
poetica del gusto da parte degli intellettuali) e poco o niente ci dice sulle connessioni tra sguardo turistico e tecnologie visuali.
Si tratta di un percorso di convergenza tra sguardo del turista ‘moderno’ e la ‘modernità’ dell’essere turisti che ha generato, secondo
Urry (1990) due tipi di sguardo: il romantico, che eleva la solitudine dei luoghi e ne celebra la trascendenza, e il collettivo, che
espone le folle ed è tipico del turismo di massa industriale. Entrambi strutturano il modo di vedere e di apprendere la realtà mediate
dalle immagini create dalla ‘moderna’ cultura turistica del ‘corretto’ modo di vivere e praticare le vacanze. Lo sguardo romantico
diventa, storicamente, un veicolo per imprenditori del ‘piacere’ e per i pubblicitari con lo scopo di vendere beni di largo consumo, tra
cui il package tour dello sguardo collettivo. I due sguardi sono quindi distinti ma inter-connessi.
La fotografia svolge una funzione emotiva che, molto di più dell’informazione illuministoico-razionale, diventa una risorsa
commerciale per incidere sulla scelta di un viaggio in alternativa ad un altro proposto dalla concorrenza.
Il Grand Tour è caratterizzato dalla narrazione scritta, sia con finalità scientifiche per descrivere luoghi e persone visitate
inizialmente con finalità di conoscenza scientifica, poi per esaltare romanticamente le emozioni dei viaggiatori davanti al sublime
spettacolo della natura o la nostalgia sprigionata da un’area archeologica: essere Granturisti vuol dire scrivere un diario e ragionare,
tant’è che i ‘vedutisti’, insieme agli amanti del ‘pittoresco’, vengono considerati i precursori del turismo di massa e gli ultimi,
declinanti, Granturisti (Adler, 1989, a, b; Lofgren, 2001). Il Granturista, anche in base alla sublimazione operata dagli intellettuali dal
secondo Ottocento ad oggi, è rappresentato come il simbolo del Viaggiatore che ‘comprende’ la popolazione locale in modo serio e
profondo, senza indulgere al divertimento. Anche il flaneur dei passage parigini è molto stimato dagli intellettuali ‘critici’ perché
questo personaggio ama guardare la folla delle grandi città con distacco, ma non partecipa alla loro ‘irrazionalità’ (la fine Ottocento
e il primo Novecento sono attraversate da un dibattito sulle masse e sulle folle in quanto aggregazioni ‘malate’ di suggestione, che
gli psicologi vogliono curare). Lo "sguardo vagabondo" del flaneur incarnerebbe il desiderio di libertà errabonda nell’individuo della
metropoli moderna nonché la ribellione contro la standardizzazione del turismo mordi e fuggi (Nuvolati, 2006).
Il turismo di massa privilegia, invece, lo sguardo come strumento di interazione, cognitiva ed emotiva, dei luoghi e dei servizi turistici,
tant’è che una tipologia del turista di massa organizzato è il sightseer (Adler 1989b,). E’ una tipologia socialmente diffusa,
soprattutto dal secondo dopoguerra ad oggi: costituisce il segmento dominante, insieme al vacationer, del viaggio organizzato di
massa e del mix promozionale dei tour operator. I cataloghi riccamente illustrati sono un supporto cartaceo utile, attraverso
informazioni commerciali e suggestioni visive, per vendere al dettaglio, attraverso le agenzie di viaggi, un prodotto standardizzato,
uguale per tutti ma in cui ogni consumatore/turista può riconoscersi, adattando le sue esigenze alle scelte del tour operator.
Secondo Wang (2000), il Grandturista è logocentrico perché centrato sull’intelletto mentre il turista è oculocentrico proprio perché
privilegia l’esperienza visuale per interagire con la realtà visitata. In ogni caso, gli strumenti del comunicare sono un’estensione o
protesi tecnologiche dell’occhio, verso cui convergono anche le altre protesi corporali (si pensi al diving: pinne e bombole per
l’ossigeno convergono verso l’esplorazione visuale attraverso la maschera subacquea per vivere romanticamente l’emozione di
vedere ciò che gli altri, cioè chi resta in spiaggia, non può vedere).
L’arena turistica è un insieme di sguardi (guardare i locali ed essere guardati dai locali, guardare altri turisti per essere a sua volta
guardati dagli stessi turisti). Le foto diventano, quindi, una merce culturale ambivalente (Costa e Martinotti, 2003) che,
contemporaneamente, genera gerarchie di status tra chi esibisce la possibilità di poter spendere durante le vacanze per servizi
distintivi ma anche nuove forme di socievolezza e di amicizia per convergere insieme su valori relazionali legati alla vita intima
(spensieratezza tra giovani, amore tra genitori e figli pre-adolescenti ecc.). Ancor prima della condivisione delle foto nelle community
on line, esse sono merci culturali ambivalenti che generano (e superano) le barriere della distinzione sociale. Attraverso le foto si
esercita la distinzione sociale (effetto dimostrativo) per esibire la scelta di abiti, di case, di oggetti e di persone, la selezione di ciò
che è importante e ciò che è secondario, gerarchizzando le scelte in base a valori estetici e sociali. Al ritorno a casa, i turisti invitano
amici e parenti per rappresentare con le foto (e poi con la proiezione di filmati amatoriali) il loro protagonismo, dimostrando di essere
veramente stati in quel luogo e di aver accumulato un’esperienza speciale perché la loro capacità di spesa ha consentito di farlo.
L’immagine è quindi anche uno strumento di integrazione sociale per apparire normali e narrare momenti ‘straordinari’ e ‘fantastici’,
quelli delle vacanze, e addirittura è il materiale dei ‘riti di passaggio’, conservata per essere ricordata come momento che ha
intensificato i valori della vita privata (Chalfen, 1987).
Nel turismo di massa, le foto della pubblicità oscillano nel rappresentare i luoghi tra una dimensione reale ed una fantastica,
Vengono utilizzate per rispondere alle esigenze del potenziale cliente e ai suoi desideri, grazie a un processo di mitizzazione del
soggetto fotografato, che si allontana sempre di più dalla realtà territoriale raffigurata, trasformandosi in qualcosa d’altro, cioè in
attrattore con valenze simboliche (Dall'Ara 1990). Se il suo potere evocativo aumenta la propensione al viaggio,
contemporaneamente diminuisce la genuina e vera conoscenza della località rappresentata: le foto rappresentano ‘Paradisi
marginali’, luoghi incontaminati come le isole tropicali, sottratti ai dilemmi e ai traumi, ai conflitti e alle miserie della società locale,
per cui si esalta una ‘bella vita’ dissociativa (il ‘noi’ che possiamo) e viene occultata o messa tra parentesi qualsiasi ragionamento
sulla giustizia sociale o sull’ambiente, cioè su quella che dovrebbe essere una ‘buona società’ locale, con cui anche il turista viene a
contatto. Di conseguenza, il turista di massa arriva a possedere di un dato luogo un’idea e un'immagine prestabilita e talvolta
stereotipata: le fotografie trasmesse da dépliant, guide turistiche, tv e riviste specializzate, così rassicuranti e invoglianti,
appartengono più ad un universo ideale che alla realtà. Ogni luogo è ritratto con la migliore inquadratura, i colori più sgargianti, gli
scorci più suggestivi, e tutto ciò che non corrisponde all’idea-immagine viene accuratamente nascosto. Ne consegue
un’omologazione delle immagini turistiche che nasce dalle esigenze di marketing e comunicazione, orientate al target, di massa,
alle sue aspettative e motivazioni. L’immagine rappresenta qualcosa che il turista vorrebbe essere, vorrebbe avere, vorrebbe
sperimentare o raggiungere, per questo ogni foto rappresenta paesaggi perennemente soleggiati, pittoreschi, ricchi di attrattive
uniche e imperdibili, contiene significati diversi calibrati e indirizzati al target di riferimento radicati ancora nel vecchio turismo di
massa (Tuohino e Pitkanen , 2004).
Si afferma in parallelo l’idea strategica che l'immagine di una destinazione può essere manipolata anche dall'industria turistica al fine
di renderla facilmente vendibile come prodotto turistico. Partendo da questo presupposto, Garrod (2008) riconosce che Urry (1990),
ha dimostrato per primo che lo sguardo turistico, cioè il consumo visivo dei luoghi visitati che si concretizza in un particolare e
soggettivo modo di guardare la destinazione, è stato (ed è) costruito anche dall'industria turistica e dei media, che esalta alcuni
aspetti della destinazione nascondendone altri. Lo ‘sguardo turistico’ è socialmente costruito dagli imprenditori turistici che
‘interpretano’ le esigenze dei turisti per soddisfarne le esigenze, più che inventare dal nulla seduzioni completamente nuove. Essa
è il punto focale delle strategie di marketing e delle scelte editoriali, in quanto finalizzata a spingere il turista-cliente a preferire una
meta, un prodotto o un operatore rispetto ai tanti che operano in un mercato competitivo. Per tale motivo le aziende si sono da
sempre impegnate nel creare materiale pubblicitario con foto che riflettono le preferenze e le motivazioni dei turisti, costruite per
attrarli e coinvolgerli emotivamente, spingendoli all’acquisto.
Lo ‘sguardo turistico’ appartiene al realismo fantastico veicolato anche da un altro settore della cultura visiva, quello dell’industria
cinematografica. Tant’è che nel corso degli ultimi anni, gli studi sociologici si sono incentrati anche sull’impatto dei film sulle località
in cui si svolge la narrazione: lo spettatore si trasforma in turista che vuol ri-vedere ciò che ha visto al cinema e, a tal fine, organizza
o sceglie un viaggio organizzato nei luoghi della fiction. Questa doppia dinamica degli sguardi ha dato luogo ad un fenomeno definito
cine-turismo che sarebbe meglio definire ‘turismo indotto dal cinema’ (Hydra 1977).
In sintesi, l’immagine turistica è socialmente costruita a livello di vita quotidiana e di società civile, riflette le dinamiche sociali e
culturali della vita ‘reale’ del turista di massa, sightseer o vacationer. Altrettanto ‘reale’ è l’‘interpretazione o la ‘ri-costruzione’ che
viene fatta dalla comunicazione pubblicitaria o la ri-presentazione veicolata tramite gli old media come il cinema.
E’ anche vero che i turisti di massa sono stati ‘resistenti’ alle immagini pubblicitarie, appositamente confezionate per attirarli, tanto
che un "filtro” rende meno efficace il potere evocativo ed emozionale che tali immagini suscitano. L’audience passiva della
comunicazione pubblicitaria one-to-many non è mai stata, in realtà, così passiva come sostenuto dai critici culturali. Nel turismo, in
particolare, come ha dimostrato Dall’Ara (2005), il passaparola influenza le decisioni di viaggio molto di più della pubblicità
generalista, svolgendo un’attività di resistenza alle invasioni delle immagini veicolate dalla pubblicità. Vi è un ruolo di mediatore tra la
pubblicità e il turista: vi è un opinion leader che svolge un ruolo di regolatore e di propagatore dei flussi, selezionando le
informazioni, soprattutto se ha visitato una destinazione o ha già viaggiato con un tour operator. In base a tali sue valutazioni, i
seguaci poi lo imitano perché attribuiscono alle informazione del leader affidabilità. Di qui, la ‘scoperta’ che il passaparola era già
presente nella comunicazione di massa e che il marketing virale on line è in verità un’estensione di dinamiche sociali e culturali
precedenti il web marketing. Il turista oculocentrico era (ed è) anche un ciarliero, un gran chiacchierone, già prima di Internet.
Già Gunn (1972) affermava l'importanza della conoscenza del target, proprio perché la percezione dell'immagine è influenzata da
un vasto numero di fattori, come la cultura personale, i media e il passaparola, le ricerche effettuate su quella meta, i precedenti
viaggi, fattori socio-demografici, la distanza e la familiarità con la destinazione stessa. Già in epoca del turismo di massa si sapeva
che l'immagine di una meta si può modificare in modo indotto, anche se non è facile e rapido attuare tale re-ingegnerizzazione e
quindi il conseguente re-styling: di certo il plus di un prodotto turistico è il risultato della combinazione di diversi fattori, ma occorre
ovviamente il nucleo attrattivo e i servizi per poter comporre un’immagine turistica. Sia per una destinazione turistica che per
un'azienda del settore, l'immagine è sostanzialmente un "composto" di diversi elementi mutabili nel tempo e a seconda del contesto.
L’immagine di un prodotto turistico o di una destinazione è una costruzione sociale realizzata nell’interazione tra ‘proiezione’ dei
produttori (imprese dell’incoming) e ‘percezione’ dei turisti. L'immagine di una destinazione è più della semplice somma dei suoi
attributi tangibili: le immagini non sono costruite solo dall'aspetto visivo di un luogo o di una struttura ricettiva, ma anche dalla sua
atmosfera e le emozioni che le immagini contribuiscono ad evocare (Jenkins 1999).
Sempre all’interno delle fiere generaliste del turismo di massa, i documentari sono stati presentati come "novità" rispetto alle foto:
attentamente studiati per i differenti target di riferimento, possono stimolare la percezione di emozioni e sensazioni perché
cominciano a presentare destinazioni ‘in movimento’, dove si svolgono attività di vario tipo, culturali o sportive, ridimensionando il
vecchio modello dicotomico, scoperto da Urry (1990), di sguardo romantico che celebra la solitudine di un monumento (non si
vede la gente) e quelle delle spiagge affollate dello sguardo collettivo (si vede tanta gente).
Le destinazioni multifunzionali realizzano molteplici documentari, diversi l’uno dall’altro, per presentarsi sui mercati con un’offerta
diversificata: per i congressisti, per i culturali, per gli astronauti, ecc. Il turista può muoversi secondo diversificati stili di vita e di
consumo e la qualità percepita dagli stessi turisti avvia il percorso di programmazione dell’offerta, questo è il cambiamento che i
documentari ‘personalizzati’ contribuiscono a diffondere e intensificare, condizionando anche le foto della pubblicità che mostrano
persone in ‘movimento che stanno svolgendo giochi culturali o sportivi.
Si vengono così a creare immagini multiple di una destinazione, per cui il post-turista si è affermato già prima dell’avvento di
Internet.
Tuttavia, la personalizzazione dei prodotti standard e l’avvento del prosumer, cioè del turista che co-produce i servizi, hanno
accelerato e intensificato quanto già era presente tra i teorici della qualità totale e della centralità dei clienti già negli anni Ottanta.
Secondo ricerche di mercato pubblicate a metà anni Novanta (Poon, 1993), si va diffondendo sempre più il turista post-massa, che
continua ad essere intensamente oculocentrico ma è soprattutto polisensoriale, attivo ed esperienziale: ibrida i piaceri corporali con
informazioni razionali connesse al benessere psico-fisico o a conoscenze culturali ‘serie’, formalizzate in procedure di
apprendimento, di derivazione granturistica. La vacanza non è vuota di significati ma un contenitore per sviluppare competenze
culturali, sportive, gastronomiche, non è compensativa di un lavoro burocrati-fordista, monotono e ripetitivo, con il dolce far niente,
ma è una risorsa immateriale per fare esperienze polisensoriali.
La Poon è stata la prima ad istituire un collegamento tra le information e communication technologies e il post-turismo di massa
perché ha rilevato che i turisti attivi erano utilizzatori entusiasti delle novità tecnologiche, apprezzandone i vantaggi per il
potenziamento (enpowernment) delle loro competenze di viaggiatori professionalizzati, intellettualizzati e cosmopoliti. In sostanza, il
post-turista di massa ricerca la personalizzazione one-to-one attraverso il mix di immagini e scritture, svolgendo un ruolo attivo nel
generare contenuti informativi finalizzati a costruire viaggi personalizzati. E la Poon porta, fra i tanti, l’esempio delle prime guide
audio nei musei e i primi touch screen, i totem interattivi che fanno vedere particolari di quadri non visibili ad occhi nudo, pensati per
i turisti culturali, come anticipo di come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione avrebbero impattato nella fruizione
turistica dei beni culturali.
Le immagini partecipano ai flussi e alle mobilità e possono variare notevolmente e comunicare messaggi assai differenti a seconda
sia di chi ha creato la foto (enti pubblici, tour operator, organizzazioni turistiche, consumatori ecc.) sia del canale attraverso cui la
foto viene veicolata (tv, giornali,siti internet, blog, social network ecc.), dimostrando che la comunicazione varia a seconda del target
di riferimento e degli obiettivi del messaggio. Soprattutto, nel turismo post-massa, la comunicazione è circolare e interattiva, perde la
gararchia one-to-many tipica della pubblicità generalista.
Non è l’uso delle tecnologie a cambiare da solo stili di vita e immagini di una destinazione ma un complesso gioco di variabili,
soprattutto immateriali, che, combinandosi con le prime, generano modi nuovi di organizzare e vendere i viaggi. Se uno conserva
uno stile di vita sedentario da vacationer o da sightseer di massa, lo estenderà nei canali comunicativi in cui mette i suoi messaggi,
anche nei blog. Ma se invece è attivo, le sue foto partecipano ad una più dinamica e relazionale costruzione sociale della vacanza,
costruita tramite la condivisione di foto e filmati o attraverso l’esplorazione virtuale delle immagine messe on line da una impresa
ricettiva per incrociare lo sguardo del turista tramite il marketing diretto.
Ne sono un esempio le milioni di immagini e video caricati online dai turisti al ritorno dai loro viaggi, che spesso mostrano una realtà
ben diversa ed in contrasto con le meravigliose foto tanto viste nelle pubblicità.
Grazie al web i turisti attingono da diverse fonti i video e le foto che creano l'immaginario di una destinazione di viaggio o di un
operatore turistico: comunicare immagini incoerenti o falsamente idilliache può creare delle problematiche, visto che ormai ogni
turista è in grado di mostrare la vera natura dei luoghi a milioni di altri turisti, caricando le foto e video su social network, siti di video
e foto sharing o scrivendo sui blog, che permettono a molte persone di conoscere la vera faccia di luoghi o strutture ricettive: foto
stupende ma modificate, caricate sui siti di hotel e destinazioni, sono destinate ad essere presto smentite sul web (Choia ., Lehtoa ,
Morrison . 2007).
In realtà, Internet contribuisce a definire il post turismo di massa perché estende una richiesta socialmente diffusa tra i turisti già da
tempo. Dando accesso alle interpretazioni visuali dei turisti, permette agli utenti di avere una lettura dell’immagine del luogo di
vacanza non mediata soltanto da interessi commerciali. Un’immagine socialmente costruita nel rispetto delle finalità non economiche
dello scambio sociale. Quindi, viene costruita un’immagine più realistica, trasparente e credibile (Frias , Rodriguez , Castaneda ,
2008). Le foto infatti veicolano ‘conversazioni’ mixando in modo originale l’oculocentrismo con le radici logocentriche presenti già nel
granturismo, generando un mix , appunto, post-turistico, post-massa ,post-moderno.
Nel mercato delle conversazioni visuali, lo scambio sociale, come già per il marketing pre-elettronico, precede e qualifica quello
economico. Infatti, si sono affermate due tipologie di immagini: da una parte foto e video creati dagli utenti e dall'altra foto e video
generarti da professionisti del settore turistico. Per realizzare una comunicazione d’impresa, occorre che il marketer analizzi,
interroghi e interpreti le immagini generati dagli utenti per restituire una comunicazione visuale che si adatta al target per rispettarlo
(innanzitutto) e poi per soddisfarlo con finalità commerciali.
Se utilizzati con creatività, partendo dall’idea-guida che nel turismo si vendono relazioni tra persone mediata dalla comunicazione
interattiva, l’analisi delle immagini e delle conversazioni possono aiutare a differenziarsi dalla concorrenza e incrementare il
coinvolgimento dei consumatori, spingendoli all'acquisto e alla creazione di una community online.
Il case study QuidPhoto Contest dimostra come è possibile coinvolgere gli utenti nell’apertura di un hotel utilizzando un concorso
fotografico (BOX n. 6 ) .
BOX n. 6
Le foto come strumento di social media marketing.
QuidPhoto Contest: un buon esempio di social media marketing (Booking Blog2 2010)
Il Best Western Quid Hotel, nuovo albergo design a 4 stelle, è stato inaugurato il 12 maggio 2010 a Trento. Il giorno
dell'inaugurazione nella hall campeggiavano quattro fotografie in formato grande: si trattava delle 4 foto vincitrici del “QuidPhoto
Contest”, un concorso lanciato in Rete dalla catena alberghiera come strumento di social media marketing teso a promuovere
l’apertura dell’hotel.
Il concorso consisteva nell’iscriversi alla pagina Facebook o Flickr dell’albergo e postare delle foto di viaggio che, secondo la propria
opinione, avessero un “non-so-quid”, ovvero un “non-so-che”, distintivo e speciale. Le 4 foto scelte dal management dell’hotel
sarebbero state esposte durante l’inaugurazione dell’albergo.
Una scelta adeguata alla tipologia di hotel: un ambiente contemporaneo, di design, brillante, aveva bisogno di essere comunicato
con strumenti socialmente attuali, che potessero raggiungere un’utenza giovane, abituata a partecipare e condividere le foto sui
canali digitali e che potesse favorire un certo passaparola intorno all’apertura.
Mentre purtroppo il concorso non ha avuto presa su Flickr, dove il gruppo è rimasto praticamente vuoto, la pagina di Facebook in un
mese e mezzo ha raccolto circa 300 membri e oltre 450 foto delle più svariate tipologie, come immagini di paesaggi, persone,
dettagli urbani, fiori, piante ed animali.
Il QuidPhoto Contest può essere considerato esemplificativo di quelle che sono le numerose potenzialità dei contenuti visuali uniti
alla viralità dei social media per il settore dell’ospitalità, non tanto in termini di conversioni o di nuovi clienti, quanto più di visibilità e
coinvolgimento degli utenti.
I risultati in termini di social media marketing sono stati positivi: il concorso è stato pubblicizzato sia on-line che off-line e questo ha
dato il via ad un passaparola diffuso che ha veicolato visitatori sul sito ufficiale, destando curiosità ed interesse intorno al brand.
L’hotel ha generato un buon livello di coinvolgimento degli utenti che, oltre a postare immagini, hanno anche scambiato commenti e
apprezzamenti.
Un’iniziativa di questo genere ha costi estremamente contenuti in termini di realizzazione, poiché una volta ideato il contest e diffusi i
comunicati stampa, il buzz si è sviluppato in modo pressoché autonomo e l’unica cosa da fare è stata favorire ulteriormente la
partecipazione e monitorare i risultati.
Sicuramente si sarebbe potuta amplificare la risonanza di tale iniziativa, che crea e lega una community di persone intorno
all'assodata pratica del foto sharing, attraverso l'utilizzo di più canali parallelamente in maniera continuativa e sistematica,
amplificando l’effetto passaparola e, di conseguenza, la diffusione dell’iniziativa e la conoscenza del brand. In questo caso Facebook
si è rivelato un veicolo ideale, che forse avrebbe potuto ottenere anche risultati migliori se affiancato dalla comunicazione su altri
canali, come ad esempio Twitter e forum turistici o di fotografia.
Tra tour virtuali, foto e video, i turisti online hanno a disposizione un equipaggiamento completo, utile ad individuare le destinazioni e
i servizi turistici più appetibili e a farsi un’idea in anteprima del viaggio che li attende. Siti di video sharing, anche dedicati solo al
turismo, nascono e si sviluppano sempre di più, arricchendosi soprattutto di video realizzati dai turisti stessi, una testimonianza della
vacanza da condividere. E proprio i clip fatti in casa, che possono trasformarsi all’occorrenza in video-recensioni, stanno dando
nuova linfa vitale al metodo del “passaparola”, tanto da far nascere delle iniziative sperimentali e innovative, come Tripr.tv, il portale
che invita gli utenti a pubblicare le proprie video recensioni degli alberghi, offrendo come piccolo compenso una percentuale sulle
commissioni delle prenotazioni della struttura recensita.
A fare incetta di video però non sono solo i portali turistici, gli hotel e le agenzie di viaggio online, che vedono nel video marketing un
ottimo strumento promozionale e di business. Sempre più anche i portali di destinazioni turistiche, regioni, città ed enti di promozione
- come ad esempio lo svizzero Myswitzerland.com o il sito dedicato alla regione francese della Picardie - hanno un angolo
multimedia ricco di filmati e foto, fino alla creazione di veri e propri tour virtuali 3D. In questo modo è più facile per gli utenti orientarsi
nell’offerta turistica, farsi un’idea delle bellezze della destinazione e raccogliere le prime informazioni (Fusaro , 2009 )
Il mondo del turismo online giorno dopo giorno si arricchisce di nuove immagini, video e presentazioni visuali delle più svariate
tipologie. Questo perché le destinazioni turistiche e gli operatori del settore sono alla ricerca di nuovi canali promozionali online e le
caratteristiche proprie dei contenuti visuali aiutano la promozione di mete e servizi turistici. Ogni immagine, infatti, evoca delle
rappresentazioni mentali, che aiutano a decifrare destinazioni non familiari, trasformando la visione di una foto o video in un viaggio
immaginario ricco di significati esperienziali. Gli strumenti messi a disposizione dalle tecnologie informatiche e da Internet, quali ad
esempio la possibilità di “osservare” tramite webcam le parti comuni degli alberghi, le spiagge, oppure la possibilità di ascoltare e
vedere i luoghi in formato video, stimolano la percezione multisensoriale dell’individuo e permettono una maggiore e più completa
elaborazione delle informazioni. Le immagini e i video infatti, oltre a rendere più ricco il contenuto informativo che supportano,
permettono l’attivazione di “emozioni” e di “elementi empatici” superiori rispetto alle fonti informative tradizionali, andando ad
aumentare, di conseguenza, il coinvolgimento del consumatore-turista. Le foto ma soprattutto i video, diventano così uno strumento
di marketing importante per veicolare l'immagine di un luogo o di una azienda.
I social media, il viral marketing, il pay per click, i banner e le tecniche SEO (Search Engine Optimization) sono tra gli strumenti
promozionali online più noti ma, come già evidenziato poco sopra, sono proprio i contenuti visuali quelli maggiormente coinvolgenti
per il pubblico di riferimento e, tra questi, il medium più importante per la sua rapida crescita e adozione sono i video online.
I video sono diventati parte dell'esperienza quotidiana dei clienti sul web. Le ricerche online stanno diventando sempre più visuali,
proprio perché i video permettono ai clienti di sperimentare virtualmente una destinazione o un hotel o un pacchetto turistico prima
dell'acquisto, divenendo così uno strumento che aiuta nell'effettuare la giusta scelta tra i numerosi e diversi prodotti che affollano il
web. I viaggiatori preferiscono vedere dei video, piuttosto che delle foto statiche, proprio perché permettono di proiettarsi nella
destinazione e di farsi un'idea del viaggio che li attende in pochi minuti. Se, inoltre, ai video ufficiali delle destinazioni turistiche e
degli operatori, si aggiungono quelli generati dagli utenti, scatta un processo di costruzione della fiducia, essendo tali video
maggiormente credibili agli occhi dei turisti, in quanto creati da persone considerate super partes. Sia che si tratti di video ufficiali
che non, quello che non va mai dimenticato è che i turisti desiderano unicità, vogliono capire l'effettiva identità dell'hotel o della
destinazione. In estrema sintesi, più il video rappresenta costumi e stili di vita locale, fattori pro-atti alla "vacanza del fare", più esiste
la possibilità di avere successo. (Cerminara, 2010)
Per quanto riguarda i social network e le relazioni C2C, è interessante il caso di Flickr, basato sulla pubblicazione e la condivisione
delle immagini. Ogni iscritto crea e aggiorna nel tempo il suo album di fotografie, lo correda da etichette, descrizioni e coordinate
geografiche, invita nella propria rete sociale di amici e conoscenti a cui desidera mostrare i suoi scatti, partecipa a gruppi
monografici commenta le foto altrui, conserva le foto preferite (BOX n. 7)
BOX. n. 7
BTO 2010 Live: “YAHOO! con Flickr – Flickr, the eye of the world” (Booking Blog9, 2010)
Con quasi 2 milioni di utenti unici, 45 milioni di pagine viste al mese ed una libreria in continua crescita, Flickr è una realtà che il
settore turistico non può permettersi di ignorare. Qual è però il modo migliore di sfruttare Flickr per promuovere la propria struttura?
Angela Falone, Product Marketing Manager Yahoo! Applications, ha tenuto una training session sull’utilizzo di Flickr per realtà
alberghiere medio-piccole.
L’incontro comincia con la descrizione delle proprietà più utili di Flickr: geotagging, organizzazione in set tematici, condivisione in
una community aperta e possibilità di espandere la condivisione a blog e social network.
Gruppi dedicati ad uno specifico argomento permettono un’esplorazione mirata ai luoghi/argomenti di reale interesse. Grazie a Flickr
Places in un click è possibile visualizzare il meglio che la community abbia da offrire in relazione ad una determinata ricerca. Proprio
come in un’enciclopedia multimediale.
Il materiale fotografico caricato dagli utenti compare nella ricerca immagini dei principali motori di ricerca (ovviamente con un “occhio
di riguardo” su Yahoo!) e la possibilità di inserire tags e commenti ne favorisce l’indicizzazione.
Le possibilità di utilizzare Flickr per promuovere località e strutture sono dunque molteplici. Innanzitutto offre la possibilità di
generare una promozione spontanea da parte del materiale fotografico pubblicato dagli utenti. In secondo luogo, può influenzare
nella scelta del luogo il turista alla ricerca della sua meta per le vacanze.
È fondamentale, raccomanda la speaker, non pensare di potersi autopromuovere pubblicando foto della propria struttura. La forza di
Flickr è quella di fare leva su foto e testimonianze di turisti veri.
È possibile utilizzarlo per arricchire il proprio sito istituzionale integrandolo con le suggestive slideshow che l’operatore può comporre
con materiale non protetto da copywriting. Esiste infatti la possibilità di selezionare le immagini tramite ricerca avanzata su contenuti
con licenza Creative Commons, utilizzabili esternamente e gratuitamente semplicemente incollando un codice html.
Yahoo! Offre la possibilità di utilizzare il materiale attrraverso la sponsorizzazione di gruppi. Interessante, in questo senso, la case
history del Montana Official State Travel Site che, attraverso la sponsorizzazione di un gruppo su Flickr, non solo ha guadagnato
visibilità ed integrato il proprio portale con immagini di qualità, ma ha utilizzato lo stesso materiale anche per iniziative offline.
5.2 Chi sono le persone che guardano i video online?
Nonostante le ricerche sociologiche abbiano dimostrato che il ‘moderno’ turista oculocentrico e poi ‘polisensoriale’ sia un soggetto da
cui non si possa prescindere, le ricerche di marketing operativo hanno sottostimato il ruolo delle immagini come fonte di informazioni
per capire ‘chi è il turista’ e come è possibile profilarlo secondo tareget specifici in base all’uso sociale della ‘cultura visiva’.
Sottovalutano l’accesso e il trattamento delle immagini all’interno della strategia di ricerca delle informazioni turistiche on line e off
line (Chen e Gurzoy, 2000; Gursoy e Umbreit, 2004, Hyde, 2006, 2009).
I riferimenti sono incidentali, mai focalizzati in modo sistematico, inseriti all’interno di concetti generali. Ad esempio, le immagini sono
utili più per i visitatori first-time che per coloro che ripetono il viaggio oppure che i dati pratici sono più utili nel momento in cui i
visitatori si trovano nella destinazione mentre le foto sono più utili nella fase precedente il viaggio perchè possono servire a sedurre
maggiormente il turista incerto (Hyde, 2006, 2009).
Questo gap conoscitivo, particolarmente sorprendente se si confronta con la letteratura sociologica sul turista oculocentrico, è in
fase di superamento. Tre diversi istituti di ricerca specializzati in web marketing e nuove tecnologie - eMarketer, comScore e Google
in collaborazione con OTX Research - hanno realizzato degli accurati studi per descrivere il fenomeno dei video e le caratteristiche
degli utenti che guardano i video online. Un webinar4 di eMarketer di aprile 2010, "The evolving online video landscape", presentato
da Paul Verna, analista senior, mostra che gli utenti che guardano video online aumentano di anno in anno (figura 13) e nel 2014
potrebbero raggiungere i 193.1 milioni, ovvero il 77% degli utenti online, formati per la maggior parte da persone tra i 18 e i 44 anni
(figura 14), con un incremento annuo del 7% dal 2010 al 2014. I ricercatori hanno inoltre affermato che gli utenti internet che
guardano e scaricano video sono notevolmente aumentati in un solo anno: dal 6% delle persone che guardavano i video e il 5% che
li scaricavano a settembre 2008, al 20% delle persone che guardano i video online e il 13% che li scaricano a ottobre 2009 (figura
15).
Figura n. 14 Numero di persone che guardano video online
4 seminario interattivo sul web
Figura n. 14 Persone che guardano i video, per età
Figura n. 15 persone che hanno guardato o scaricato un film da internet
I dati dimostrano l'importanza crescente dei video per gli utenti, sia a livello informativo che ricreativo e sociale. La ricerca infatti
sottolinea che il 62.6% delle persone guardano video generati da altri utenti su Youtube e il 36.6% sui social network, come
Facebook, mostrando l'importanza dei social media e delle comunità virtuali per guardare e condividere i video con gli amici. Lo
studio afferma, inoltre, che le persone intervistate guardano anche programmi TV, news, sport, trasmissioni meteorologiche e film in
altre tipologie di siti, ma in percentuali inferiori (figura 16). L'importanza sociale del fenomeno è sottolineata anche dall'ultimo grafico,
che riporta tra le maggiori fonti da cui attingere i video i link inviati da amici e parenti, con ben il 43% degli utenti online, secondo solo
alla ricerca casuale dei video sul web, con il 44%. Seguono poi la consultazione di siti di video sharing, la ricerca sui motori di ricerca
e i video inviati a seguito di specifiche sottoscrizioni.
Figura n. 16 Tipologie di video che vengono guardate online
Figura n. 17 Metodi attraverso i quali gli utenti online trovano dei video
La seconda ricerca, quella di comScore e Media Contacts pubblicata nel 2008 sul loro sito web, nell'area press & events, che
sintetizza i contenuti di un video symposium tenutosi a New York il 13 febbraio 2008, mette in luce le differenze comportamentali tra
i diversi segmenti di utenti che guardano i video online. Lo studio è stato disegnato per comprendere le abitudini di consumo e la
mentalità degli utenti che guardano i video online e che vengono in contatto con la pubblicità sia sul web che in TV. I risultati rivelano
importanti differenze tra utenti tanto da delineare tre segmenti: il 20% degli intervistati è un cosiddetto heaviest viewer perché passa
circa 841 minuti in media al mese a guardare video online, mentre il 30%, i moderate viewers, passano in media 77 minuti al mese;
e il 50%, i lightest viewers, guardano solamente 6 minuti di video al mese (figura 18). YouTube è il sito maggiormente visto da tutti e
tre i segmenti, ma comportamenti distintivi si notano tra gli heaviest viewers, tra coloro che spendono più tempo a guardare video
online, proprio perché utilizzano, nella maggior parte dei casi, siti di video di nicchia, che raggiungono ognuno meno dell'1% della
popolazione web americana. Al contrario i moderate viewers mostrano un'alta propensione a vedere video con contenuti specifici sui
siti ufficiali delle TV, mentre i lightest viewers preferiscono guardare la TV, con il 46% delle persone appartenenti a questo gruppo
che guardano più di 13 ore di TV a settimana. Messi a confronto, solo il 39% dei moderate viewers e il 30% degli
heavy viewers guardano la stessa quantità di TV. Questi risultati sono importanti per comprendere al
meglio come raggiungere e comunicare con differenti segmenti di utenti che guardano i video online, da
quelli che amano i siti di nicchia e richiedono messaggi targettizzati, a quelli che preferiscono i messaggi
pubblicitari classici in TV.
Time Spent Watching Online Video by Viewer Segment
October 2007
Total U.S. – Home/Work/University Locations
Source: comScore/Media Contacts Custom Study
Online Video Viewer Segments Average Minutes per Month
Heavy Viewers (Top 20%) 841
Moderate Viewers (Next 30%) 77
Light Viewers (Bottom 50%) 6
Figura n. 18 Tempo speso a guardare i video online, per segmento
L'ultima ricerca "The Traveler's Road to Decision", realizzata da Google in collaborazione con OTX Research ( OTX Research &
Google, Luglio 2009), conferma il trend di crescita degli utenti online che guardano i video, concentrandosi però esclusivamente sui
turisti, sia leisure che business. Ben il 55% dei turisti leisure e il 65% dei turisti business guarda almeno una volta a settimana dei
video online. Scendendo nel dettaglio i dati mettono in evidenza che il 36% dei turisti leisure e il 56% dei turisti business guarda dei
video turistici online, come dimostra il grafico sottostante.
Figura n. 19 confronto tra quantità di video generici e video turistici guardati online, per tipologia di turista
La ricerca mette, inoltre, in evidenza l'utilizzo che gli utenti online fanno dei video turistici durante il loro processo di pianificazione
del viaggio. Più del 50% dei turisti leisure utilizza i video quando cerca un'ispirazione, un'idea di viaggio, quando deve scegliere una
destinazione, quando cerca delle idee sulle attività turistiche da intraprendere in loco e per prendere decisioni sull'acquisto di
soggiorni in hotel o sul tipo di trasporto. Poco meno del 50% di turisti leisure, invece, utilizza i video per supportare una scelta circa
la tipologia di viaggio da intraprendere. Una situazione simile si registra anche per i turisti business, mostrando però percentuali di
utilizzo dei video più alte, come dal grafico sottostante.
Figura n. 20 Percentuale di video turistici online guardati durante il processo di pianificazione di un viaggio
Infine, dati interessanti emergono anche sulla tipologia di video turistici che ispirano maggiore fiducia, confermando con i dati quanto
affermato a livello teorico: sono i video generati da altri utenti quelli maggiormente credibili e che ispirano maggiore fiducia. Buona
considerazione e fiducia viene data, però, anche ai video prodotti dagli operatori turistici, dimostrando come questo strumento di
marketing gode di per sé di maggiore attendibilità tra i consumatori, proprio perché difficilmente alterabili e quindi più aderenti alla
realtà.
Figura n. 21 Confronto della credibilità tra video realizzati da utenti e quelli realizzati da operatori turistici
5.3 Impatto sociale dei video online: guardare, produrre e condividere emozioni
Per comprendere l'impatto sociale dei video e della loro condivisione online, sono stati analizzati tre studi internazionali che si
focalizzano sugli ultimi cambiamenti di Internet a piattaforma interattiva Web 2.0. (Tussyadiah e Fesenmeier, 2009); la seconda è
stata pubblicata dalla MPRA (Munich Personal RePEc Archive) nel 2007 e l'ultima è stata realizzata dalla OTO Insights nel 2008.
Tussyadiah e Fesenmeier dimostrano come l'emergere di nuovi media, che utilizzano strumenti multimediali, ha favorito la nascita
di nuovi mediatori di esperienze turistiche: immagini, video e realtà virtuale realizzati dagli operatori turistici accrescono e
aggiungono valore alle esperienze turistiche e, nel contempo, contribuiscono ad inviare diversi messaggi sulla destinazione turistica.
Viene però sottolineato dalla ricerca che le immagini e video realizzati da viaggiatori reali, che quindi non possono essere considerati
strumenti di marketing in senso stretto, hanno un maggiore significato sociale che culmina nell'atto della condivisione e del
commento al video. Per alcuni video di viaggi i commenti degli utenti diventano importanti proprio nel momento in cui si tende a
costruire una conversazione e formare una piccola e temporanea comunità online di viaggiatori. Grazie alla conversazione e ai
video, gli utenti condividono informazioni di viaggio e opinioni personali o percezioni sul soggetto del video. Basandosi sulla
dimensione temporale dell'esperienza turistica, i video non sono uno strumento primario solo nella fase esperienziale, quando si è
giunti a destinazione, ma anche nella fase pre-viaggio e quella post-viaggio. Il ruolo dei video nella fase pre-viaggio può essere
descritto come uno strumento informativo e di immaginazione, di sogno, una sorta di esperienza indiretta e virtuale della
destinazione. E' però nella fase post-viaggio che i video si fanno portatori di valori sociali, proprio perché possono essere considerati
uno strumento per rivivere e per testimoniare l'esperienza turistica, grazie alla possibilità di condividere informazioni su una meta o
un operatore turistico (figura 22).
Figura n. 22 Ruolo dei video turistici durante le diverse fasi di un viaggio (Tussyadiah I. P., Fesenmaier D. R. 2009)
Come dimostra la figura sovrastante infatti, video assumono ruoli diversi a seconda delle diverse fasi del viaggio. Prima della
partenza il video turistico ha funzioni informative, stimola l'immaginazione, il sogno del viaggio e il suo acquisto. Al rientro dal viaggio
invece, il video turistico online assume una funzione di condivisione sociale dell'esperienza di viaggio, attraverso l'upload del video in
siti di video sharing. Nello specifico il turista di rientro dal viaggio desidera condividere informazioni e mostrare i luoghi visitati al fine
di rivivere l'esperienza turistica passata. Aspetto tecnico importante sottolineato dalla ricerca, sia per il turista nella fase pre-viaggio,
che in quello nella fase post-viaggio, è la qualità del video, che permette di vivere un'esperienza turistica multimediale più
coinvolgente e confortevole.
I risultati dello studio indicano chiaramente che l'aspetto sociale dei video, cioè la produzione dei video da parte degli utenti e la loro
condivisione online, ha il potere potenziale di influire sulle esperienze turistiche, confermando così che possono essere un
importante strumento per incrementare l'interesse dei potenziali turisti. Inoltre, la natura interattiva tra chi produce e chi vede il video
permette ai siti di video sharing, come YouTube, di sviluppare comunità di viaggiatori all'interno delle quali vengono scambiate
informazioni e opinioni sulle mete o sugli operatori turistici
Un altro studio, di Mabillot David (2007), si focalizza sull'industria audiovisiva e dei film, ma ha molte implicazioni sociali valide anche
per altri settori economici, come appunto il turismo. L'autore afferma che il crescente successo dei siti dedicati alla distribuzione e
condivisione di video, ha rivelato il ruolo sempre più importante che svolgono gli utenti di internet, e in particolar modo i cosiddetti
digital natives, nella costruzione del web. Non più soddisfatti del loro ruolo di semplici consumatori, gli utenti hanno sfruttato
l'opportunità loro offerta dal web di creare pagine individuali e di distribuire le loro produzioni e contenuti. L'obiettivo dello studio è
quello di analizzare i recenti fenomeni di condivisione dei video online, sottolineandone gli aspetti sociali, come la costruzione di tag
e di messaggi virali sui social network. Ogni utente può cioè realizzare e caricare sul web i propri video, guardare i video realizzati da
altre persone, commentarli e classificarli attraverso i cosiddetti tag5, ovvero la radice del metodo collaborativo di classificazione dei
contenuti, più noto con il termine di folksonomies. La ricerca dimostra inoltre che, grazie al potenziale virale dei social network
coinvolti nella diffusione dei video, molte società mostrano interesse nella diffusione di contenuti sponsorizzati o da loro prodotti,
tanto da configurare una nuova modalità promozionale cha va dai semplici link sponsorizzati ai forme più innovative di video
advertising.
OTO Insights focalizza la sua attenzione sul potere di coinvolgimento dei video. Lo studio è parte di un programma di ricerca più
vasto che indaga il ruolo delle relazioni nella progettazione dei sistemi interattivi, presso l'Indiana University School of INformatics,
condotta in collaborazione con OTO Insights. Lo studio considera, senza riserve, i video online come uno dei più grandi successi di
Internet, in grado di offrire un nuovo e crescente strumento per le attività promozionali. Poco però è noto sul coinvolgimento emotivo
degli utenti alla vista dei video. Il collegamento tra emozioni e comportamenti d'acquisto è ormai consolidato nel marketing, ma
l'abilità di misurare la risposta emotiva ai video online è ancora lacunosa. In risposta a tale mancanza, la ricerca sviluppa un metodo
per misurare il riscontro emotivo e il coinvolgimento delle persone con i video online. Il coinvolgimento degli utenti è stato misurato
usando il sistema OTOinsight’s Quantemo™. Il sistema Quantemo™ utilizza un approccio multimodale che combina auto-report e
dati fisiologici per misurare in modo reale e olistico il coinvolgimento degli utenti con i media digitali, come i video. Analizzando i dati
provenienti da Quantemo™, sono emersi tre diversi risultati su come gli utenti rispondono, percepiscono e vengono coinvolti dai
video online:
1. le risposte di chi guarda i video sono emotivamente complesse;
2. i valori di coinvolgimento migliorano l'interpretazione della classificazione dei video da parte degli utenti;
3. il coinvolgimento dell'utente e il successo dei video sono positivamente collegati.
Il risultato della ricerca è composto da ben 80 set di descrizioni di emozioni fornite dai partecipanti. Ogni set di descrizione di
emozioni contiene da 1 a 3 differenti emozioni, riflettendo così una reazione emotiva complessa degli utenti ad ogni singolo video. I
set descrittivi delle emozioni sono divisi, secondo il Geneva Emotion Wheel, in gruppi positivi (es. divertente, interessante,
emozionante ecc.) e negativi (es. disgustoso, irritante, deludente ecc.). I risultati raccolti dai ricercatori dimostrano che il 57% delle
emozioni appartengono al gruppo positivo e il 43% a quello negativo. Il sorprendente numero alto di emozioni negative utilizzate
nelle descrizioni contrastano con le recensioni generalmente positive dei video, dimostrando reazioni emotive complesse e spesso
contraddittorie. I risultati suggeriscono il bisogno di video realizzati per il target di riferimento, al fine di incontrare l'interesse di
diverse tipologie di clienti. Visto che il coinvolgimento emotivo è al centro del video marketing, comprendere la relazione tra un video
e la reazione emotiva delle persone è la chiave di successo. Come i risultati preliminari di questo studio suggeriscono, i video con i
punteggi che indicano un coinvolgimento maggiore sono anche quelli che hanno più successo all'interno dei siti di video sharing.
Non c'è una formula magica per creare una campagna di video virali, ma l'empatia con gli utenti è un fattore cruciale di successo per
qualsiasi campagna promozionale e di video marketing.
5.4 Aspetto promozionale e commerciale dei video online: conoscenza del brand e intenzione di acquisto
Ogni destinazione o operatore turistico offre qualcosa di unico ai turisti e tali caratteristiche peculiari si riflettono sulla sua immagine,
sul suo brand. La WTO (World Tourism Organization), durante un meeting a Manila tenutosi a marzo 2006, ha definito il brand di
una destinazione come "una combinazione unica delle caratteristiche del prodotto e di valore aggiunto, sia tangibile che intangibile,
che acquista un significato legato in modo intrinseco ad una destinazione, la cui conoscenza può essere conscia o intuitiva. Il brand
non è quindi solo un logo ma un'esperienza e un'immagine che identifica un sistema di valori". (Cleverdon e Fabricius 2006)
5 Un tag è una keyword o una parola associata a un contenuto come un post in un blog, un'immagine, un articolo o un video. I tag sono scelti in modo informale e solitamente è possibile che chiunque aggiunga un tag. I tag vengono usati per catalogare i contenuti e facilitare al ricerca.
I media online sono tra i luoghi più importanti in cui posizionare, difendere e far crescere un brand. E' il luogo in cui offerta e
domanda si trovano faccia a faccia, e un breve video online è il miglior modo per promuovere e vendere una destinazione, delle
attrazioni, dei tour o degli hotel, rafforzando nel contempo il brand, secondo quanto affermato da uno studio di Double Click (2009,
divisione di Google e Dynamic Logic. Lo studio si è concentrato sul valore del brand comunicato attraverso diversi strumenti online,
tra cui i video. I ricercatori hanno confrontato le performance di più di 4.000 brand che utilizzando i cosiddetti rich media, come foto
gif, jpg, pubblicità in formato flash e video, concludendo che il format pubblicitario più usato è il flash (55%) e i formati di foto gif e jpg
(39%) e solo il 6% delle campagne promozionali sul brand utilizzano i video (figura 23). Al contrario, i ricercatori hanno scoperto che
il formato più utile per promuoversi sono appunto i video, in quanto aiutano a diffondere la conoscenza del brand, la riconoscibilità
delle pubblicità online, le percezioni positive intorno al brand e la capacità di indurre all'acquisto, anche se hanno una scarsa
capacità di favorire l'associazione tra brand e il valore del messaggio pubblicitario. Di conseguenza, visti gli importanti vantaggi che il
video marketing offre e la prevalenza di pubblicità in formato flash, si evidenzia un disallineamento tra format scelto e obiettivi
promozionali.
I dati dimostrano che i video sono gli strumenti di maggiore successo nel guidare gli acquisti, con in media un aumento del 1.16%
nell'intenzione di acquisto se comparato con altri format, come jpg, gif e flash. Inoltre, i video hanno un impatto positivo nella
riconoscibilità e conoscenza del brand:
2.30% di aumento nelle percezioni favorevoli intorno al brand;
1.90% di aumento nella riconoscibilità del brand
2.60% di aumento nella riconoscibilità delle pubblicità online (figura 24)
In conclusione i video eccellono nel raggiungere obiettivi di brand e di vendita, proprio perché aiutano a unire informazioni, emozioni
e coinvolgimento con un prodotto, servizio o destinazione.
Figura n. 23 Rapporto percentuale tra l'utilizzo di rich media e video online nella promozione
Figura n. 24 Performance a confronto tra rich media e video online
Per quanto riguarda nello specifico il settore turistico, il sondaggio condotto da Harris Interactive® tra il 27 e il 31 ottobre 2005 e
pubblicato da VFM Leonardo (VFM Leonardo & Harris Interactive®, 2005), con un campione di 2931 americani con più di 18 anni,
di cui ben 1935 acquistano i loro soggiorni in hotel online, dimostra l'importanza dei contenuti visuali per gli hotel. Tra i fattori che gli
utenti online classificano come "molto importante" nel selezionare l'hotel, le foto, i video e i tour virtuali risultano avere punteggi
maggiori rispetto ad altri fattori chiave, come le stelle dell'hotel, le informazioni sulla destinazione, i programmi fedeltà, il brand
dell'hotel e le recensioni di altri viaggiatori. I contenuti visuali risultano inoltre essere più importanti per alcune categorie di
viaggiatori, soprattutto tra chi viaggia e acquista online frequentemente (7 o più volte l'anno), tra chi ha figli e tra le donne.
Figura n. 25 Fattori importanti nella selezione dell'hotel, diversi dal prezzo e dalla location
Nonostante la dichiarata utilità degli strumenti visuali nello scegliere l'hotel, molti degli intervistati lamentano una scarsa qualità e
quantità di tali strumenti, soprattutto tra chi acquista i propri viaggi sulle OTA, come dimostrano i grafici sottostanti.
Figura n. 26 soddisfazione degli utenti nella quantità e qualità dei video online
La scarsa soddisfazione dei turisti sulla qualità e quantità di video disponibili online, come anche la scarsa propensione degli
operatori del settore e destinazioni turistiche ad utilizzare i video, dimostrano un disallineamento tra quanto richiesto dalla domanda
turistica e quanto viene loro offerto. In uno altro studio pubblicato sempre da VFM Leonardo, si nota come alcuni dei primi
esperimenti promozionali attraverso i cosiddetti rich media (foto, video, tour virtuali, flash ecc.) si sono focalizzati troppo ed
esclusivamente sulla tecnologia, e non sulle possibilità che tale tecnologia offre al turista, il reale valore aggiunto che i rich media
permettono di ottenere (VFM Leonardo & Sapient, 2004). Al contrario l'uso dei rich media, e dei video in particolare, dovrebbe avere
come focus la valorizzazione dell'esperienza del cliente, dovrebbero essere strumenti utili che forniscono le informazioni giuste e
invogliano all'acquisto. Perché, se le animazioni flash sono tra le più gettonate e amate dagli operatori, come confermato anche dai
dati della sopra citata ricerca di Double Click, i clienti al contrario cercano delle esperienze virtuali e visuali in grado di aggiungere
valore e informazioni prima dell'acquisto di un viaggio.
Oggi ci sono sempre più opportunità di coinvolgere un consumatore attraverso una pubblicità online, ma non si tratta solamente di
un maggior numero di canali promozionali esistenti, bensì di promozioni maggiormente studiate per il pubblico di riferimento. Se si è
fin qui detto che il video marketing può incrementare il coinvolgimento del consumatore, questo non significa semplicemente postare
dei video su YouTube. Il marketing del 2010 riguarda piuttosto la capacità di saper incontrare le persone attraverso contenuti
multimediali innovativi, rilevanti, creativi e avvincenti.
Riassumendo i punti focali delle ricerche internazionali sopra illustrate, si evince che un video sul web risulta essere uno strumento
efficace di marketing perché:
1. Viene visualizzato solo da chi è interessato, in quanto l’utente può decidere se visualizzarlo, se una volta iniziata la
visualizzazione interromperla e sopratutto se condividere la visualizzazione con altri utenti/amici.
2. Aumenta la fiducia del potenziale cliente
3. Influisce sulle scelte d'acquisto dell’utente anche più delle recensioni
4. Favorisce la conversione, grazie alle sue caratteristiche emozionali
5. Può generare viralità
5.5 Strumenti di video marketing: come produrre, mostrare e diffondere i video
I risultati delle ricerche svolte consentono di avviare il loro trasferimento agli operatori turistici, allo scopo di migliorarne le
performance manageriali in Wvm. A tal fine, proponiamo il metodo dei quesiti: si pone una domanda che i practitioner pongono nel
corso dei seminari e l’esperto in Wvm risponde in termini di pensiero applicato, contestualizzando la risposta, perché non è un
venditore di software e di soluzioni miracolistiche ma un professionista riflessivo o philosophic pratictioner (Costa, 2005)
Data l'importanza dei video nel business turistico, capire come produrre, mostrare e diffondere i video online è importante. A tal fine,
abbiamo preso ad esempio, come case study, la produzione di video realizzata da VFM Leonardo, una delle compagnie leader nel
management e distribuzione di contenuti visuali online.
Durante il webinar "Welcome to the video economy: learn how successful hoteliers are producing, displaying and syndicating video
online", presentato attraverso il loro sito web il 23 settembre 2010, la VFM Leonardo ha spiegato come produrre, mostrare e
diffondere i video online, mostrando anche una serie di esempi e best practice di hotel che hanno saputo realizzare strumenti
multimediali promozionali, che combinano testo, video e foto.
Primo quesito: come produrre un video?
E' importante definire una storia da raccontare, una storia che metta in luce le caratteristiche uniche di un hotel, prodotto o
destinazione, una storia che emozioni, che coinvolga il cliente. E' importante ispirare il maggior numero di turisti spingendoli
all'acquisto, dandogli una ragione per scegliere una destinazione turistica o un operatore invece di un concorrente. Sviluppare un
video di successo richiede la conoscenza dei propri consumatori, sapere cosa dicono della destinazione, cosa rende una meta
unica, quali sono le caratteristiche distintive dei competitors, cosa può ispirare e coinvolgere il turista. Sintetizzando, un video
promozionale deve essere:
autentico, catturando gli "elementi umani"
rilevante, per specifici target di turisti
coinvolgente, con elementi di intrattenimento
disponibile, quindi facile da trovare online grazie ad apposite pagine ottimizzate
condivisibile, cioè facile da condividere attraverso i social media
breve
con interviste e video-recensioni, per conoscere i proprietari o lo staff, creando un senso di familiarità e di fiducia
con una storia da raccontare che sappia esprimere il valore e l'unicità di ciò che si vende
E' importante evitare di riprodurre nei video "falsi idilli un po' noiosi", anche al fine di incrementare l'attenzione degli utenti e la
possibilità di effetto virale. Un ottimo esempio virale in tal senso è il video dell’Hans Brinker Hotel (BOX n. 8) che usa la fantasia, la
creatività, ma soprattutto il coraggio di mettersi in gioco con qualcosa di diverso, per spingere l'effetto virale del video promozionale.
BOX n. 8
Il peggior hotel del mondo: l'efficacia del video marketing non convenzionale (Booking Blog, 2010; Video Youtube
http://www.youtube.com/watch?v=uv3KqZUY_qc)
La singolare campagna di video marketing virale di un ostello di Amsterdam, l’Hans Brinker Budget Hotel, inneggia all’estrema
onestà dell’hotel, che non si preoccupa di elogiare le proprie mancanze, persino esagerate, come segni distintivi e peculiari della
struttura, tanto da definirsi nel video il peggior hotel del mondo. Nel video viene sviluppata un'idea creativa ed efficace, in grado di
descrivere la struttura ricettiva ma che risulta anche interessante e piacevole, tanto da spingere l'utente a sua volta a condividere il
video con amici e parenti.
Questo magistrale esempio di video marketing non convenzionale invece di cercare di convincere gli utenti di essere il miglior ostello
al mondo, si lascia invece andare ad una serie di divertenti confessioni sulla propria sporcizia e sul suo stato di minimalismo definito
"eco-friendly”: ovvero la totale mancanza di servizi e di comodità, vista come un aspetto salutare per il pianeta e la persona. Si
passa infatti in rassegna la mancanza di scale, di tv e telefono, solo per citarne alcune. In poche parole l’ostello Hans Brinker, assai
poco attraente e curato ma a con prezzi bassissimi e con una location centralissima, ha saputo giocare con i suoi aspetti “negativi”
rendendoli, se non positivi, per lo meno divertenti ed unici.
La campagna ha avuto molto successo on-line, tanto che ne hanno parlato blog e testate giornalistiche: l’ostello ha un sito ufficiale
contente semplicemente il booking engine e alcune pagine che ripercorrono gli aspetti della campagna di marketing, che si
concentra soprattutto sulla pubblicazione di un video su YouTube, ispirato alla propria “eco-sostenibilità”, visibile al seguente link:
http://www.youtube.com/watch?v=uv3KqZUY_qc
Sul sito ufficiale l’ostello dichiara di aver ottenuto ciò che voleva: raggiungere migliaia di utenti, incuriositi a tal punto da prenotare.
Molti sono i punti di forza di questa campagna di video marketing alternativo e virale, tra questi:
1. la capacità di ribaltare completamente le regole e i canoni pubblicitari tradizionali, rendendo il messaggio unico, creativo e
divertente
2. la capacità di rivolgersi con il linguaggio giusto al target giusto: ragazzi giovani con un budget molto basso, che si trattengono ad
Amsterdam per pochi giorni e si accontentano di poco.
3. la capacità di trasmettere l'immagine aziendale in modo trasparente, ovvero di una struttura ricettiva low cost dalla qualità
bassissima.
Un perfetto esempio di come oggi per avere successo sia necessario essere “diversi, unici e inimitabili"
Come mostrare un video sul sito web ufficiale?
Esistono tre diversi modi maggiormente adottati da molti siti e-commerce per mostrare i video all'interno del proprio sito internet. Si
possono realizzare dei link al video, o delle icone che invogliano il cliente a cliccare per guardare il video, o dei video inseriti
direttamente all'interno del sito. Tutti e tre i modi sono efficienti, seppur i video inseriti direttamente nella home page o nella pagina
relativa ad uno specifico prodotto, generano solitamente i più alti tassi di visione. Si può quindi concludere che il migliore modo per
mostrare i video sia nella home page, evitando di nascondere i video sotto una lunga serie di click.
Come diffondere un video?
Ogni video deve raggiungere un vasto pubblico di consumatori ed è quindi essenziale diffondere i video promozionali attraverso
diversi canali online e siti internet, come i social media, siti di video sharing e siti dedicati al turismo. Essere presenti in diversi siti
web con uno o più video aumenta, infatti, le possibilità di essere notati dagli utenti che si possono convertire così più facilmente in
clienti. David Attardi, direttore dipartimento e-commerce per B.F. Saul Company’s Hotel Division, in un'intervista a VFM Leonardo
argomenta l'importanza dei contenuti visuali come parte di una strategia promozionale coordinata degli hotel. Attardi afferma infatti
che per ogni contenuto visuale, sia esso una foto, un video, una presentazione flash o un tour virtuale, occorre pianificare un'attenta
strategia distributiva, proprio perché tutti insieme concorrono a creare un mix promozionale e, a tal fine, devono comunicare un
messaggio coerente, sulla stessa linea d'onda, indirizzato ad un preciso target, con una medesima storia da condividere. Rendere il
contenuto targettizzato, mettendolo in evidenza nei diversi luoghi in cui diversi target acquistano, risulta essere un'altra strategia
vincente. Ad esempio, i viaggiatori business preferiscono acquistare direttamente sul sito dell'hotel; di conseguenza il video
realizzato per il target business va messo ben in evidenza nelle sezioni del sito ufficiale dedicate ai servizi meeting ed incentive. Al
contrario, i viaggiatori leisure preferiscono acquistare su siti intermediari, come le OTA, pertanto si dovrà optare ad un
posizionamento su tali siti o su siti di video sharing, sia generici che dedicati al turismo. (Attardi D., Settembre 2009)
È bene sottolineare che i video prodotti non devono essere pubblicati solamente sul sito web della specifica struttura (hotel, villaggio,
tour operator, DMO ecc.). È essenziale provvedere alla loro pubblicazione su tutti i siti che offrono l’opportunità di vedere e
condividere i video, come YouTube in primis, ma anche Libero Video, MySpace, Google Video, AOL, MSN, Yahoo Videos, Search
Video, ecc. Questo consente una diffusione ben più ampia e molto più capillare, in quanto il numero di visitatori di questi portali è
molto grande e gli interessi dei suoi fruitori molto variegati. Inoltre i video presenti su siti di video sharing hanno l’opportunità di
essere condivisi spontaneamente con molti utenti, commentati ed al centro di discussioni tra persone.
Se all'effetto virale e community si aggiunge la possibilità di ottenere vantaggi anche nel posizionamento nelle pagine dei motori di
ricerca, si può comprendere appieno l'importanza del video marketing. Occorre però fare in modo che i video siano facilmente
ricercabili attraverso i motori di ricerca che, migrando verso l’Universal Search6, cominciando a mostrare sempre più video fra i
risultati, tanto da far parlare di ricerca visuale. (Digithink White Paper, in www.digithink.tv)
Inoltre, diffondere il materiale fotografico e video sulla rete equivale ad aumentare le chance di essere trovati perché foto e video
geotaggati e caricati sui siti Flickr, Panoramio e YouTube, sono ripubblicati su numerosi altri siti, mappe online e applicazioni mobile,
tra cui Google Maps. Cercando le informazioni sulla una destinazione attraverso le mappe, gli utenti possono vedere anche i video
georeferenziati da Youtube, con tanto di link diretto al canale video di DMO e operatori turistici, come mostra l'immagine sottostante.
(Booking Blog1 Giugno 2010)
6 l'Universal Search di Google è la nuova interfaccia di ricerca del motore americano. La nuova funzione permette di accedere direttamente dall'home page del motore di ricerca a diversi tipi di informazioni in formati diversi come immagini, video, mappe, news e libri. La novità consiste quindi nel mostrare i risultati della ricerca dei vari sottogruppi (web, news, immagini, ecc…) in un’unica pagina. In pratica non sarà più necessario cercare tra le immagini, le news, ed il web separatamente, ma il nuovo Google mostrerà tutto in modo raggruppato.
Figura n. 27 Video e foto nei risultati di ricerca di Google maps
Risulta quindi importante ottimizzare la visibilità dei video online, grazie a:
1. un buon titolo, contenente le giuste keyword
2. una buona descrizione con link della pagina che si vuole promuovere
3. dei Tag impostati in modo corretto
4. dei link di qualità in entrata (link popularity)
5. l'inserimento di note all’interno del video con il link della pagina da promuovere (Todisco F., 2009)
5.6 Limiti e prospettive
Come tutti gli studi, anche questo paper non è privo di limiti. Il limite maggiore è il prevalente inserimento, nella parte più ‘pratica’, di
pubblicazioni provenienti da canali informativi espressi dall’industria turistica senza una teoria scientifica di riferimento. Pertanto,
anche allo scopo di potenziare o di rivedere la teoria del turista post-moderno come mix di oculocentrico, di polisensorialità e di
logocentrismo conversazionale, caratterizzato da un uso attivo e combinatorio delle immagini per costruire un’esperienza centrata
sul suo sé e da connessioni intermittenti che mixano velocità e lentezza, occorre un’estensione dello studio alle pubblicazioni
provenienti da riviste scientifiche con maggior reputazione di quelle espresse empiricamente da centri di ricerca operanti
esclusivamente nel trade. In tal modo, si potrebbe rispondere con un framework più robusto a ‘chi è l’e-tourist visuale’, a ‘come
svolge le sue ricerche per acquisire informazioni e prendere decisioni d’acquisto, a ‘come progettare e gestire uno scambio sociale
tra comunicazione d’impresa e turista visuale’ ecc.
Altro limite dello studio è l’adozione di un metodo di raggruppare e commentare gli articoli pubblicati, che non è certamente
sofisticato, ma orientato semplicemente a definire lo stato dell’arte (position paper) nell’irrisolto rapporto tra teoria sociale del turismo
contemporaneo, senso e significato dei video nell’economia esperienziale e sue applicazioni nel marketing operativo.
Infine, il terzo limite è opposto al primo: lo studio contiene pochi dati empirici forniti dai professionisti del turismo e dell’ospitalità nel
commentare le implicazioni operative e l’applicabilità del WVm (ad esempio, come far acquisire nuove competenze ai lavoratori
impegnati nel revenue management).
Il valore dello studio consiste nell’avviare un modello di riferimento per l’istituzionalizzazione del Wvm come nuove settore di studi e
ricerche per comprendere meglio altri studi e ricerche pubblicate sull’e-commerce e sull’e-tourism. In particolare, l’indicazione su
come si fa a progettare e gestire il Wvm stimola i ricercatori ad investigare le attività in corso nelle imprese del turismo e
dell’ospitalità per re-ingegnerizzare l’organizzazione aziendale e sfruttare al meglio le opportunità per soddisfare il post turista di
massa, oltre a ricercare le tecnologie che il mercato propone in un inseguimento privo di una visione strategica del marketing
operativo.
Capitolo Sesto
Ciclo spazio-temprale del viaggio, comunicazione turistica e web marketing
-purpose: delineare un nuovo modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua che unisca in sé le caratteristiche di
ricerca di informazioni e acquisto del turista online e gli innovativi strumenti promozionali di web marketing, al fine di fornire ai DMO
un modello base di guida, attraverso cui strutturare una propria presenza sul web. A seguito dei più recenti studi internazionali, si
evidenzieranno nuovi comportamenti di acquisto del turista che portano all'abbandono di un modello decisionale lineare, che mal si
addice alla struttura e alle possibilità offerte da Internet e, nel contempo, portano alla strutturazione di nuove strategie di marketing e
di web marketing e nuovi modelli manageriali,
-metodology/design/approach: analisi della letteratura scientifica che delinea un nuovo modello decisionale del turista non più
lineare, grazie all'avvento di Internet. Partendo da tale indispensabile base, si è tentato di delineare un modello promozionale online
che, grazie ad una totale ristrutturazione della comunicazione interna e all'incentivazione delle partnership collaborative, sia in grado
di creare un'innovativa comunicazione esterna, verso il turista, avvalendosi dei più moderni strumenti di web marketing.
-findings: La crescente competizione nel settore e i nuovi scenari che si presentano, richiedono un ripensamento dell'intera
impalcatura del marketing, tradizionalmente inteso, e un suo adeguamento -sia strategico/operativo che manageriale - per
comprendere e gestire i comportamenti degli utenti nell'era del cosiddetto web 2.0.
-research limitation/implication: Il modello di comunicazione circolare e discontinua è stato pensato per essere applicato ai DMO. Si
auspica quindi un ampliamento della ricerca attraverso studi empirici e applicazioni anche ad altre organizzazioni turistiche, come
hotel, tour operator e associazioni.
-pratical implication: Il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua propone una schematizzazione in 5 fasi
operative, al fine di rendere applicabile il modello teorico a realtà turistiche e territoriali diverse. Il quadro teorico genera uno
strumento operativo, con spunti e strategie di web marketing per gli operatori turistici.
-originality/value: Il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua trova un spunto di innovazione e riflessione nella
volontà di unire i cambiamenti apportati dal web sia alla domanda che all'offerta turistica, al fine di strutturare un piano di web
marketing competitivo
-keywords: web marketing, comunicazione circolare e discontinua, dialogo, always on, DMO, ciclo spazio temporale, modelli
decisionali
6.1 Introduzione. Tre metafore per comprendere la comunicazione turistica
Spesso, per spiegare il fenomeno comunicazione gli studiosi si sono serviti di alcune metafore che hanno cercato di raffigurare
quanto gli stessi teorizzano sul valore e sull’importanza della comunicazione.
Al riguardo ho scelto di descrivere tre metafore sulla comunicazione che cercano di spiegare tale fenomeno utilizzando due
immagini contrapposte: la metafora della “guerra” utilizzata da Pechlaner e Weiermair (2000) e da tutti gli aziendalisti di matrice
evoluzionistica, quella dell’ “orchestra” di Fabris (2003) e di altri sociologi dell’organizzazione post-fordista e quella qui proposta o
“drammaturgica”.
La prima offre un’immagine, molto forte, di come il fenomeno comunicazione agisca sul mercato in una sorta di grande teatro di
guerra: la competizione degli stakeholders che operano nel mercato è raccontata come se gli operatori economici fossero in guerra,
costantemente impegnati a vincere se vogliono sopravvivere in una visone un po’ darwiniana e un po’ hobbesiana della guerra di
tutti contro tutti purché esca fuori il migliore della specie.
L’altra esprime come l’armonia tra gli strumenti utilizzati nel mix comunicazionale sia un requisito indispensabile per una buona
riuscita della comunicazione. Essa si collega ad una visione in cui il potere economico mostra un ‘volto amichevole’ allo scopo –
piuttosto ambiguo – di far convergere le intelligenze verso un prodotto finale che ha valore in sé, trascendente le competenze
specialistiche di ciascuno e dotato di una ‘bellezza’ post-moderna, scollegato dalla sfera degli interessi materiali perché la ‘mano
visibile’ del manager-direttore d’orchestra guida tutti verso l’eccellenza o l’‘armonia’.
La terza metafora è la più innovativa perché è connessa alla gestione della comunicazione one-to- one e ai “service encounters” che
connettono le “rappresentazioni” o immagini del turista con le decisioni del destination manager nel corso del ciclo spazio temporale
del viaggio. Considera la comunicazione una risorsa strategica, tipica della società della conoscenza, e non soltanto una funzione
dell’attività economica di una azienda o di un territorio gestito come un’azienda collettiva. Costituisce l’applicazione congiunta di due
idee: il turismo è un’esperienza, per cui i beni e i servizi sono una specificazione del fatto che si vende l’immateriale, e la
comunicazione è un’attività permanentemente utilizzata dal destination manager per ‘vigilare’ il comportamento dei suoi clienti,
definendo un rapporto orientato alla personalizzazione anche quando, vincolato dai costi di gestione e promozione, offre un
prodotto standard quale i pacchetti turistici.
6.2 - La metafora della guerra
Tra i vari dibattiti che cercano di stabilire la reale importanza della comunicazione, una riflessione colpisce per la crudezza delle
immagini che utilizza. Ci si riferisce ad una descrizione di Della Volpe che recita così:
“La comunicazione è un’arma che può diventare tanto più efficace e potente quanto più se ne conoscono le implicazioni e le sfaccettature. Negarle un ruolo nell’ambito di un’azienda significa rimanere un passo indietro e avere un’arma in meno nella lotta competitiva e diventare facile bersaglio e vittima delle capacità comunicative altrui” (Della Volpe, 1997, p. 293)
Tale affermazione non è un’eccezione negli studi di marketing turistico aziendale. Poiché la competizione ha un ruolo importante, le
rappresentazioni degli aziendalisti tendono a mutuare alcune espressioni del linguaggio militare, come “strategia” e “tattica”.
Talvolta, non sempre tengono a freno l’utilizzo di tali metafore. Sembra che il mercato turistico sia una guerra di tutti contro tutti
perché ogni azienda è raffigurata come un combattente solitario dominato da “minacce” e “opportunità”, “punti forti” e “punti deboli”,
tipici dell’analisi Swot. L’analisi Swot è uno degli strumenti adottati dai marketers turistici per sviluppare un buon piano di marketing.
L’acronimo inglese indica le parole strenght, weakness, opportunity, threath: i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le
minacce a una azienda o a una destinazione. La tabella Swot presenta gli aspetti su cui intervenire per il ‘potenziamento’ della
destinazione se vuole ‘conquistare’ quote di mercato secondo il presupposto filosofico che esistono soltanto ‘vincitori’ e ‘vinti’ (cfr.
Pechlaner e Weiermair, 2000)
La “dichiarazione di guerra” è una metafora utilizzata per mettere in guardia chi sottovaluta la reale utilità delle strategie
comunicative, corre il rischio di essere sconfitto e perde la “battaglia”. I concorrenti fanno profitti togliendo quote di mercato
all’organizzazione sconfitta, che quindi esce dal campo di battaglia ovvero dal mercato.
La comunicazione, secondo tale assunto, è uno strumento che agisce all’interno di un mercato libero, in cui la competizione è alta e
le regole spesso non stabilite in maniera chiara. Da qui la forte immagine della guerra che si riferisce alla libertà di azione di ogni
marketer in grado di scegliere i mezzi e le strategie comunicative più idonee al fine di ottenere i massimi vantaggi competitivi
Spesso gli autori non si accorgono di utilizzare il linguaggio ingenuo e talvolta infantile della guerra come metafora che, pur
cogliendo alcune verità, appare sbilanciata verso una conflittualità che non si accorda con i valori culturali e relazionali ispirati
all’amicizia (cordialità, sorriso, comprensione della diversità ecc.) che hanno fatto e continuano a fare la storia economica del turismo
e dell’ospitalità. La metafora della guerra semplifica eccessivamente le dinamiche reali e oscura gli aspetti sociali del turismo e
dell’ospitalità che svolgono una chiara funzione associativa, e non conflittuale o dissociativa, tra le persone e tra le aziende e i loro
clienti (Costa e Martinotti, 2003).
6.3 - La metafora dell’orchestra
Altra metafora, tutt’altro che bellica, è quella coniata da Giampaolo Fabris (2003) e utilizzata dagli anglosassoni, che ci fa infatti
riflettere sulla comunicazione globale definita come orchestrazione.
Che cosa significa e perché è un argomento che possiamo considerare interessante?
Per esservi sintonia tra i diversi strumenti di un’orchestra questi devono essere utilizzati nella maniera giusta scandendo il loro
intervento su uno spartito musicale pre-ordinato.
Allo stesso modo, in riferimento a quanto abbiamo detto sino ad ora, la comunicazione funziona all’interno di un armonioso piano di
marketing che definisce chiaramente l’apporto di ciascuno strumento comunicativo utilizzato a tal fine (mix strumenti comunicativi).
L’orchestrazione della comunicazione è il presupposto fondamentale per ottenere una comunicazione realmente efficace e per
consolidare un posizionamento del prodotto forte e coerente.
La comunicazione ha infatti molte forme di espressione a disposizione e, secondo Fabris, l’apporto di ciascuno strumento
comunicativo può essere verificato tramite il communication auditing.
Il communication auditing è una tecnica utilizzata allo scopo di analizzare tutti gli strumenti a disposizione del communication mix per
verificarli singolarmente e stabilire come concertarli in un’orchestra unica che dia loro voce nella maniera più adeguata.
L’approccio di Fabris evidenzia maggiormente il ruolo dei legami laschi tra le persone in funzione delle competenze specialistiche sviluppate da attori all’interno dell’azienda e, a maggior ragione, di un’organizzazione pubblica finalizzata allo sviluppo turistico di
un’area di destinazione che dovrebbe – da metamanager – generare un’immagine non dissonante presso i target che si vogliono
selettivamente attrarre con l’offerta di un’area dotata di una sua coerente personalità.
Rispetto al modello precedente, la metafora dell’orchestra ci introduce anche alla ‘collaborazione creativa’, al ruolo dei ‘gruppi
creativi’ nel generare o nel ri-generare una città per renderla bella e attraente e, poi, vendere i servizi turistici con azioni collettive
per materializzare un’esperienza armoniosa.
L’azione comunicativa avviene in un mercato regolamentato con le sue istituzioni che agiscono secondo regole ben stabilite,
all’interno delle quali è possibile ottenere il vantaggio competitivo sulla base della ricerca e dell’innovazione, nonché di valori
collaborativi del ‘continuo miglioramento’ nella qualità dei servizi. Già Gronroos (1990) aveva teorizzato a partire dagli Anni Ottanta
la qualità dei servizi come apprendimento organizzativo basato sulla risorsa – per nulla conflittuale e guerriera – della conoscenza
del cliente per poterlo soddisfare.
Le regole non sono quelle delle guerra. In particolare, nel turismo, le regole del mercato si basano chiaramente sui valori relazionali,
sull’accoglienza, sull’incontro tra ospitanti e visitatori, sulle emozioni ambientali e culturali che generano armonia. Qualsiasi
atteggiamento o comportamento che induce topofobia (paura dei luoghi) contraddice le dinamiche di un’arena economica in cui gli
attori sono impegnati a costruire topofilia (amicizia per i luoghi). Perciò, ad esempio, Fyall e Garrod (2005) hanno scritto un manuale
di marketing turistico proponendo il ‘collaborative approach’, considerato come a ‘new marketing paradigm’ perché i vantaggi della
collaborazione inter-organizzativa risultano maggiori – soprattutto a livello di incoming – dell’azione solitaria dell’imprenditore che
crede soltanto in se stesso: il rapporti amichevoli tra attori appartenenti a segmenti diversi della stessa filiera territoriale (ristoratori,
albergatori, trasporti, enti locali ecc. ) sono un plus del prodotto perché generano accordi tipici di un’azienda collettiva che opera in
rete rispettando standard comuni che rendono l’area di destinazione più attraente, con un’immagine positiva presso i turisti che
rifiutano diversità di trattamento.
L’area di destinazione non massimizza pertanto i vantaggi competitivi dalla concorrenza regolata attraverso “dichiarazioni di
guerra” o un linguaggio che la richiama. La metafora, quantomeno applicata all’agire turistico, non è così realistica come vorrebbe
essere per la sua crudezza o, quantomeno, per il suo realismo. Non c’è bisogno di un destination manager che guida gli attori
dell’incoming come se fosse un generale impegnato in una battaglia.
Tuttavia, è difficile riscontrare nella realtà che, con atti deliberativi istituzionali, si crei un’immagine unitaria delle aree di destinazione
in grado di sviluppare un appeal verificabile con il communication auditing. E’ un modello troppo tecnocratico, da ingegneria
istituzionale. E’ troppo freddo e rigido per poter essere rispettato. Richiede un potere ‘forte’ che spesso non c’è. Perché il destination
manager coordini dal suo podio gli attori locali, occorre che esista preliminarmente uno spartito, un’opera, su cui si è d’accordo,
ma questo non succede a livello di comunicazione della destinazione. L’armonia non è data ma va costruita dal basso, le reti
territoriali e comunicative della destinazione non hanno nodi già esistenti ma occorre creare gli ‘attori’ che scambiano informazioni,
beni e servizi.
Non a caso che le due teorie giungono ad una comune conclusione, pur utilizzando due linguaggi contrapposti: la comunicazione è
utilizzata all’interno di un assetto organizzativo che persegue obiettivi precedentemente pianificati secondo logiche collettive piuttosto “forti”. La metafora della guerra e quella dell’orchestra presuppongono una ‘forte’ coesione tra gli attori che operano
nell’organizzazione, tutti tesi ad identificare una mission che esprime tale impegno comune nel raggiungere finalità che trascendono
singoli stakeholders. La realtà locale è invece spesso frammentata
6.4 - La metafora “drammaturgica”
6.4.1 Aspetti generali
Oltre alla metafora della comunicazione come mezzo per la “guerra” in cui sarebbe quotidianamente impegnata un’azienda turistica
e alla metafora dell’orchestra”, elaborata per chiarire il ruolo di ciascun strumento nel mix degli strumenti comunicativi, è stata anche
elaborata una nuova metafora, quella “drammaturgica”
La prospettiva drammaturgica è presente nei primi studi pioneristici di psicologia ambientale, che studia le percezioni mutevoli del
turista come individuo, e nella geografia esperienziale, che studia il vissuto dei luoghi da parte dei diversi punti di vista degli attori
coinvolti nel modellare il luogo. Soprattutto, è diventata rilevante con la sociologia relazionale che ha ripreso alcuni concetti della vita
quotidiana come quello di ‘rappresentazione’, elaborati da Goffman sin dagli Anni cinquanta connessi ad un tema quadro della
filosofia esistenza, la convinzione che gli esseri umani, tra cui il turista, ricercano con i viaggi esperienze sincere, autentiche (cfr.
MacCannell, 2005, Gilmore e Pine, 2007, Pine e Gilmore, 2000)
L’idea-guida è che il mercato turistico, come ogni network sociale, è un ‘teatro’ in cui gli attori recitano un ruolo che è mutevole in
base al ‘contesto’ in cui si svolge l’interazione sociale. All’interno del contesto, le ‘rappresentazioni’, giocate tra ‘front region’ delle
attività commercializzate e ‘back region’ dell’autenticità, cioè tra ribalta e quinte, costituiscono il focus verso cui si rivolge l’attenzione
gli studiosi di interazioni sociali nel turismo.
Vi è infatti un continuum tra l’azienda che mostra, attraverso il mix promozionale, il “volto amichevole” del potere per sedurre i
turisti veicolando il valore autentico al luogo. Lo si può rilevare, ad esempio, nel rapporto tra cinema e turismo: la ‘familiarità’ dei
luoghi rappresentati nella fiction costituisce un potente stimolo per visitare di persona i luoghi visti al cinema, per cui si tratta di
turismo indotto dal film più che di generico cine-turismo ( Beeton, 2005, Roesch, 2009 ). La ‘rappresentazione’ dei luoghi attraverso
nuove narrazioni – ad esempio, quella inventata dalle Film Commission e dai produttori cinematografici – costituisce una nuova
interpretazione dell’autenticità che spinge gli spettatori a vedere ‘oltre’ la fiction per entrare dentro l’identità dei luoghi celebrata dalle
immagini. L’autenticità è rappresentata e incessantemente ripresentata con nuove interpretazioni celebrative.
Pertanto, la prospettiva drammaturgica può essere una risorsa più efficace e pratica della metafora bellica di derivazione
aziendalistica o dell’armonia musicale pre-definita in uno spartito. Stimola il destination manager a dosare, di volta in volta, in
base alle situazioni e i contesti, le informazioni e le immagini per soddisfare con apposite rappresentazioni le attese delle varie
tipologie turistiche: l’unicità del luogo è diversa in base al fatto se la motivazione del viaggio è culturale o sportiva o gastronomica o
naturalistica, alle ‘mappe mentali’ dei gruppi turistici che si vogliono attrarre. Si tratta di un ‘gioco delle parti’. Il destination manager
‘interpreta’ il ruolo di facilitatore degli scambi per realizzare dal basso, per prove ed errori, un’armonia organizzativa basata sulle
competenze specialistiche degli addetti alla rappresentazione dell’autenticità e sull’incoraggiamento alle interpretazioni delle diverse
aspettative dei turisti. L’autenticità della back region è negoziata e co-prodotta dalle relazioni tra ospitanti e ospiti perché appaga i
protagonismi degli attori.
6.4.2. Il ciclo spazio-temporale del viaggio e la comunicazione circolare
Tra i risultati scientifici più duraturi vi è la seguente idea-quadro: l’esperienza turistica si connette ad un racconto idealtipico che
scandisce la mobilità turistica durante il ciclo spazio- temporale del viaggio turistico.
Già a metà degli anni Ottanta, i sociologi Fridgen (1984) e Jafari (1987) svilupparono alcune osservazioni della psicologia
ambientale, in particolare l’idea che i turisti percepiscono e valutano i luoghi in rapporto alle variabili del viaggio. L’immagine
soggettiva varia in rapporto alle attese o ai ricordi: una meta riceve attributi, emozioni, valutazioni di un certo tipo se è immaginata
prima di partire, quando l’esperienza sta per cominciare, ma ne prevalgono altri quando si torna a casa, quando cioè l’esperienza si
è conclusa e prevale il ricordo, il cosiddetto ‘remembering self’ studiato anche dagli economisti della felicità (Kahneman D., 2007)
Allo scopo di descrivere la fenomenologia del viaggio turistico, Fridgen (1984) e poi Jafari (1987) hanno elaborato una cornice
concettuale in cinque fasi, che la Liebman Parrirnello (2007) considera ancora attuali. Le fasi sono descritte secondo i
comportamenti del turista come se esse fossero i capitoli di un racconto o di un telefilm in 5 puntate: il turista è il protagonista di
vicende che possono essere raccontate come se ogni situazione potesse essere comune e ricorrente per tutti i turisti, qualunque sia
la tipologia o il cluster a cui vengono assegnati attraverso le ricerche di mercato.
Del resto, qualche anno dopo, Jafari e Gardner (1991) descrivono l’esperienza del viaggio turistico attraverso una comparazione
olistica con il lettore di romanzi o lo spettatore di un film, più in generale con l’attività connessa alle narrazioni della fiction. Il turista,
come lo spettatore di un film, vive in casa, la lascia per recarsi al cinema (area di destinazione), vede il film (vive l’esperienza
turistica), ritorna a casa, racconta agli amici quello che ha visto o vissuto.
In tal modo, Jafari e Gardner istituiscono, seppur in modo generale e teorico, il parallelismo tra narrazione del viaggio e
comunicazione. In particolare, rivedono il marketing turistico dimostrando che il manager dell’area di destinazione comunica
“sempre” con il suo cliente secondo un modello di comunicazione circolare.
Il corporate identity management sviluppa un piano di comunicazione basato sulla conoscenza dei punti di contatto che
l’organizzazione turistica stabilisce in rapporto alla situazione psico-sociale in cui si trova il singolo cliente nel ciclo spazio-temporale
del suo viaggio.
Secondo Fridgen, le 5 fasi sono le seguenti:
1. anticipazione, cioè quando il turista pianifica il viaggio e fantastica intorno alla destinazione
2. viaggio verso il luogo, cioè il materiale spostamento da casa verso la destinazione
3. il comportamento sul luogo, cioè quello che il turista fa durante le vacanze
4. il viaggio di ritorno, il materiale spostamento dalla destinazione a casa
5. il ricordo, il richiamo della memoria e le riflessioni su quanto è successo nel corso del processo precedente
Per Jafari le fasi sono:
1. corporazione: l’individuo è posizionato in una condizione favorevole per il viaggio, le motivazioni sono latenti e su di esse insiste
la comunicazione delle imprese turistiche e la promozione degli enti pubblici
2. emancipazione. Si distingue in “separazione”, cioè in materiale comportamento organizzativo e in modalità spaziali, e in
“dichiarazione”, cioè la decisione di voler andar via; mentre la separazione segna la crescente distanza del turista dalla vita
ordinaria, la dichiarazione segna l’avvicinamento alla vita non ordinaria
3. animazione: l’immersione nella realtà non ordinaria, nel magnete: essa si distingue in due sottofasi: il “coinvolgimento totale”,
caratterizzato da inversione rituale; il “commiato” o lento finire delle performances
4. rimpatrio: il ritorno a casa per ricordare l’esperienza e per sottomettersi al flusso principale della vita ordinaria
5. incorporazione. Il turista è stanco nella mente e nel corpo, ricorda con piacere ed è pronto a ricominciare
Figura n. 28 Rielaborazione del modello del “ciclo spazio temporale del viaggio turistico”
La teoria di Fridgen e Jafari assume il punto di vista drammaturgico perché il turista è visto come un attore che vive situazioni
speciali, soggettive e irripetibili, che si inscrivono in una struttura narrativa ricorrente, in un modello-base simile per tutti.
Per molti anni la teoria drammaturgica non ha inciso sui principi e le procedure del marketing aziendale e delle aree di destinazione,
è rimasta confinata a livello di ricerca scientifica.
Costa (1989) si è limitato a verificare che, nel modello di Fridgen-Jafari, occorre considerare l’interazione tra il turista e i fornitori di
servizi di incoming come una “costante”: la comunicazione interpersonale, oggi diremmo interattiva, tra ospitanti e visitatori, è
considerata una componente importante per misurare la soddisfazione del turista nell’area di destinazione nella fase del “rimpatrio” o
per incidere sui “ricordi” con l’invio di saluti per l’onomastico o il compleanno del cliente o nella fase dell’incorporazione con il
passaparola. Pur avendo individuato le potenzialità per il marketing operativo, non ha fatto il passo successivo: far derivare,
coerentemente con la tesi, che si vendono esperienze di cui i beni e i servizi sono la materializzazione, il piano di marketing dalla
comunicazione.
Dichiarazione
Dichiarazione
2 -EMANCIPAZIONE
Separazione
1 -CORPORAZIONE Emissione
3- ANIMAZIONE
Orientamento Commiato: addio
Revisione
4 -RIMPATRIO
SottomissioneOMISSIONE
5 INCORPORAZIONE Emulsione
Figura n. 29 Ruolo della comunicazione nelle diverse fasi spazio-temporali del viaggio turistico
Bisogna attendere il 2002 perché il modello venga finalmente implementato sul piano del marketing territoriale con il volume di
Godfrey e Clarke (2002, p. 209). Nel capitolo ottavo del volume, dedicato all’accoglienza nella destinazione e all’attenzione al
cliente, viene formulata l’idea che il management dell’incoming possa comunicare con il turista in modo stabile e duraturo, a livello
metodologico, alla gestione dei servizi e concorra alla qualità relazionale.
Gli autori riprendono gli stadi della visita turistica e approfondiscono il tema della profittabilità della comunicazione all’interno di un
marketing territoriale che metta al centro la comunicazione come attività strategica e tattica.
Ma analizziamo più nel dettaglio i differenti stadi considerando quanto l’apporto della comunicazione concorra alla definizione di
ogni tipo di attività intrapresa, appunto, dalla località turistica per relazionarsi con il potenziale consumatore.
6.5 - Stadi della visita turistica
6.5.1 La fenomenologia del viaggio
La fenomenologia spazio-temporale del viaggio, riprendendo gli schemi della psicologia ambientale e della geografia esperienziale,
evidenzia:
Pre-visita: ricerca di informazioni, raccolta di indicazioni, verifica delle conoscenze personali, uso di sistemi di prenotazione,
decisione d’acquisto
Arrivo: viaggio verso la destinazione, impressioni iniziali, benvenuto ed accoglienza, eventuali code
Soggiorno: ottenere il prodotto nel modo giusto, raccolta di informazioni, verifica capacità del personale, lamentele sui sistemi di
gestione
Partenza: ultime impressioni, valutazione a consuntivo, viaggio di rientro dalla destinazione
Ricordi: raccomandazioni con il passaparola ovvero lamentele sui sistemi di gestione
6.5.2 Pre-visita
Lo stadio pre-visita è basato sulla capacità della destinazione di agire in maniera attiva sulle aspettative e sulle decisioni del
potenziale fruitore attraverso una promozione adeguata: “comunicazione è promozione” e la ‘promozione ha come conseguenza
finale la vendita’ (Ejarque, 2002).
In questa fase, il ruolo delle informazioni fornite al cliente sarà fondamentale e avverrà attraverso la raccolta di informazioni e la
ricerca di indicazioni più precise che devono essere capaci di materializzare l’experience good e dunque di trasmettere l’autenticità
della destinazione al cliente.
Nella fase pre-visita è fondamentale che la destinazione si organizzi a 360° in maniera tale da offrire al potenziale cliente, tramite
diversi strumenti comunicativi, una serie informazioni che gli permettano di entrare in contatto e conoscere la località ancor prima
dell’arrivo.
Gli strumenti a supporto del mix comunicazionale possono essere tangibili, pensiamo al ruolo svolto dalle brochures turistiche. Le
immagini riprodotte nel materiale cartaceo a scopo comunicativo influenzano spesso la selezione della destinazione da parte del
turista che cerca di ritrovare nella sua personale esperienza di viaggio quanto ha già immagazzinato nella sua esperienza visuale.
Le brochures, infatti, non hanno solo lo scopo di trasmettere informazioni, ma sono finalizzate soprattutto a suscitare il desiderio di
recarsi in una determinata località. Pertanto sono ricche di immagini e concorrono a generare il ‘sogno ad occhi aperti’ che precede
la partenza con i miti del Paradiso marginale, localizzato lontano dalla città di residenza e dell’Avventura nell’altrove (Costa, 1989).
Infatti, lo sguardo romantico continua ad avere un peso rilevante nell’immaginario turistico che si pone come ‘straordinario’ rispetto
all’’ordinario’, alla routine della vita quotidiana, soprattutto per i ceti sociali che scelgono ancora la vacanza ad un ‘unico boccone’ (in
estate) e la vivono come compensazione per lavori di routine considerati stressanti, per cui, come il venerdì prima del week end, non
si vede l’ora di lasciare il posto di lavoro. In tale contesto, la destinazione deve essere proposta per la sua ‘unicità’, quella giusta per
appagare il sogno.
La comunicazione cartacea può anche essere costituita da una corrispondenza che la destinazione intrattiene personalmente con il
cliente invitandolo a conoscere le bellezze dei suoi luoghi, o, in una fase in cui il cliente già conosce la destinazione, richiedendo,
attraverso il supporto cartaceo (lettere) o multimediale (mail) le sue opinioni.
I tempi di risposta alle richieste del turista definiscono se il servizio pubblico è efficace ed efficiente. Se passano pochi giorni, si
comunica un’immagine di ospitalità e di attenzione al cliente; se passano parecchie settimane, il messaggio è opposto e si corre il
rischio di perdere il turista che, nell’attesa, ha optato per una destinazione concorrente. Pertanto, un ricercatore, che agisce da
“acquirente misterioso”, può testare, attraverso il metodo comparativo il diverso modo in cui le differenti IAT (uffici di Informazione e
Accoglienza Turistica) rispondono alle stesse richieste di un cliente e tentano di soddisfare le sue esigenze con cortesia e in modo
personalizzato e tempestivo.
Il fine per la destinazione, oltre a quello di intrattenere un rapporto privilegiato ed unico con ogni cliente, è effettuare una sorta di
analisi swot a monte, utile per comprendere i propri punti di forza e le proprie debolezze, migliorando in tal modo le prestazioni.
Tale analisi, precedente ad un’eventuale e conclusiva verifica di “customer satisfaction”, che viene attuata quando il turista ha finito
le vacanze e si appresta a tornare a casa, somministrata ai clienti, da parte di una destinazione, permette alla località di monitorare
il proprio status sin da subito, così da individuare i diversi cluster a cui poter indirizzare successivamente un’offerta. La valutazione
dell’immagine percepita da parte dei potenziali turistici aiuta a modificare l’immagine proiettata per adattarla alle ispettive verificate
con l’interazione comunicative e conservate possibilmente in un data base operativo.
In tal modo, la destinazione avrà anche la possibilità di comprendere quale sia il messaggio più adatto da trasmettere ai clienti. Ogni
messaggio deve, infatti, fornire informazioni idonee al target da raggiungere, continue e sempre aggiornate. Così facendo sarà
possibile convincere il cliente, ed eventualmente, fidelizzarlo ad una scelta che ha già effettuato in precedenza.
Inoltre, il cliente con cui si stabilisce un rapporto nella fase iniziale, potrà essere anche stimolato al passaparola (importante nella
fase precedente alla visita e in quella di ritorno a casa) e ad un’eventuale e maggiore propensione a raccomandare ad altri la propria
esperienza di viaggio.
Pertanto, nella fase precedente alla visita lo scopo del servizio è rispondere ad una serie di interrogativi sulla destinazione, in
maniera tale da far sentire il cliente coccolato e seguito ancor prima che lo stesso abbia preso una decisione precisa. Qui è
importante investire sul cosiddetto fattore intangibile, costituito dal capitale umano che si interfaccerà con il cliente attraverso il
telefono o la posta elettronica.
E’ importante che il personale preposto a tale attività comunicativa sia in grado di comprendere i bisogni e i potenziali interrogativi
del cliente al fine di farlo sentire protagonista della sua futura esperienza di viaggio.
Al riguardo è interessante descrivere il ruolo svolto dai call center, che si stanno diffondendo vistosamente anche nel sistema
turistico. Le attività di un call center si dividono in outbound: indagini di mercato, promozione, commercializzazione, verifica della
qualità dei servizi e inbound: assistenza on line, helpdesk, numeri verdi (Dall’Ara, 2005, p. 61) . Lo scopo principale dei call center,
soprattutto in questo stadio pre-visita, è quello di promuovere un prodotto mantenendo relazioni costruttive con i clienti, informandoli
e cercando di rispondere ai loro quesiti.
Il ruolo dei call center oltre ad essere importante in tale fase, precedente all’acquisto di un prodotto da parte di un cliente, lo è nella
fase di monitoraggio della customer satisfaction, ovvero quando il turista torna a casa, al fine di verificare la sua effettiva
soddisfazione e quanto un’offerta possa essere migliorata e/o modificata in base alle sue richieste, compresi gli eventuali reclami.
La fase di pre-visita si dovrebbe concludere con l’acquisto di beni e servizi presenti nell’area di destinazione e, quindi, dei servizi di
trasporto più idonei alla finalità e alla capacità di spesa del cliente potenziale.
Il destination manager comunica per incidere nell’atto di acquisto, quantomeno cerca di orientare il cliente a prenotare i servizi
dell’incoming. Pertanto, agisce anche da venditore. Se riesce nell’intento, si parla di comunicazione performativa. Perché la
comunicazione influisca sulle scelte e dunque influenzi il modo di agire dei turisti, venendo incontro ai suoi bisogni/desideri, il
venditore spinge, attraverso l’acquisto, alla consapevolezza di identificare gli strumenti più idonei per rispondere allo stato di
bisogno/desiderio.
La capacità d’azione della comunicazione sta nel comprendere cosa davvero può spingere (le potenziali leve d’acquisto) a
trasformare questa tensione in un bisogno di mercato e dunque ad acquistare un prodotto. Le domande fondamentali che il
comunicatore commerciale si pone nella fase iniziale del ciclo spazio-temporale riguardano l’effettiva relazione esistente tra
comunicazione e decisione d’acquisto e dunque quali sono i reali bisogni/desideri e le forze latenti che incidono nel processo
d’acquisto del cliente con cui sta parlando al telefono o a cui sta inviando una e-mail. Se riescono a comprendere questo,
stimolando l’interattività prosumeristica basata sulla fiducia nella produttività dello scambio informativo, i destination marketers
saranno in grado di influire attivamente nel processo decisionale del turista.
6.5.3 Viaggio verso la meta.
Un altro momento fondamentale in cui i destination marketers dovrebbero mettere in campo la loro attività comunicativa è la fase
denominata ‘viaggio verso la meta’, che precede l’arrivo e non coincide con quella gestita direttamente dal destination manager.
Essa riguarda fondamentalmente il tipo di trasporto scelto dal turista per recarsi in una destinazione. E’ un viaggio di
attraversamento, reso veloce e ageografico dai vettori aerei oppure è territorializzato se si usa l’automobile.
Può essere standardizzato se prevale l’all inclusive tour e, quindi, il destination manager può soltanto monitorare che la qualità sia
confermata e intervenire attivamente in difesa del turista qualora vi siano reclami su fornitori e sub-fornitori, rinunciando all’idea di
separare le responsabilità: si assume il compito di una gestione olistica dell’esperienza turistica, mostrando che esiste un meta-
manager interessato alla completa soddisfazione del turista-cliente, aldilà delle responsabilità dirette della singola organizzazione
aziendale. Quando l’ufficio del destination manager comunica direttamente con i singoli turisti dimostra che esiste un organismo
preposto al customer care, un regista unico che può correggere i comportamenti e riparare i disguidi.
Nel secondo caso, quando il viaggio è compiuto in automobile, è chiamato in causa il destination manager del territorio attraversato.
E’ la fase in cui la località è lasciata sullo sfondo perché il turista, ad esempio, con la sua automobile si sta recando in un luogo
diverso e non ha alcuna intenzione di fermarsi.
Il destination manager può intervenire in tale fase attraverso una comunicazione mirata, utilizzando, ad esempio, la segnaletica
turistica. Il fine è quello di far sentire il turista accompagnato durante il viaggio ed invitarlo a soffermarsi anche nei punti di
passaggio, al fine di suggerire itinerari e percorsi che evadono dal tour predefinito.
La comunicazione in questa fase può inoltre servirsi di indicatori di direzione che svolgono una funzione affine alla segnaletica:
pannelli informativi in loco, cartelli di benvenuto.
Inoltre, la comunicazione che invita il turista a trattenersi nelle località di passaggio può essere realizzata negli autogrill delle
autostrade o in tabelle pubblicitarie lungo le strade che invitano il turista ad una sosta, oppure, se la località si trova vicino al
“magnete” verso cui è diretto il turista, ricordare che può fare un’escursione e trascorrere un particolare week-end (viaggio multi trip).
Ciò è valido per il turista individuale che ha organizzato da sé il viaggio.
Il fine in questo caso è promuovere anche le destinazioni di passaggio, che il cliente attraversa nella fase dello spostamento
precedente l’arrivo alla destinazione scelta. Questo permette alle diverse località di sfruttare al meglio le proprie risorse
presentandole al cliente in una fase itinerante, appunto di passaggio, cercando di agire in maniera diretta, semplice e chiara. Lo
scopo in questa fase è quello di spingere il potenziale cliente a cambiare i suoi piani di viaggio per fermarsi a visitare un luogo non
preventivato prima, perché “colpito” da una comunicazione efficace.
6.5.4 Comportamento nell’area di destinazione.
Anche nello stadio dell’arrivo è determinante il ruolo della comunicazione per la formazione del giudizio iniziale dei visitatori che si
baserà sull’insieme dei messaggi a cui sarà sottoposto e al tipo di trattamento che riceverà in loco.
Bisogna investire molto a livello comunicativo in questa fase perché da questo primo impatto iniziale (e dall’ultimo periodo o
commiato) dipenderà anche il successivo “word of mouth” da parte del consumatore soddisfatto e dunque la sua buona volontà di
raccomandare agli altri la destinazione.
A tale riguardo è molto importante la fase di accoglienza nella destinazione.
Giocano un ruolo interessante i centri di informazione e accoglienza turistica che spesso costituiscono la prima fermata del turista
appena giunto a destinazione. Infatti, nel punto di informazione si instaura la premessa iniziale per definire la relazione successiva
tra il visitatore e gli operatori del luogo. Per questo è importante che gli IAT garantiscano “servizi immateriali”, quali la capacità di
rispondere alle richieste dei turisti al fine di agire attivamente a sostegno della strategia complessiva di management della
destinazione.
Il capitale umano che gestisce il servizio nei centri di informazione e accoglienza turistica deve essere in grado di analizzare e
comprendere singolarmente le esigenze del turista, in maniera tale da adeguare l’offerta alle richieste dell’utenza. A tal fine, ad
esempio, non vengono distribuite brochure con immagini particolarmente affascinanti. Ormai, il turista è già arrivato. Piuttosto, si
distribuiscono mappe della mobilità, che in modo molto chiaro e semplice indicano i luoghi in cui si può recare.
E’ altresì importante la localizzazione di tali centri di informazione. E’ preferibile che siano situati nei luoghi di accesso alla
destinazione e nei punti di maggior interesse turistico della città (stazioni ferroviarie, aeroporti,ecc..) affinché i turisti si sentano
guidati e seguiti virtualmente durante il loro viaggio.
Nella fase del soggiorno vero e proprio, che costituisce il core dell’esperienza turistica, la destinazione dovrà tenere conto di un
insieme di fattori che permettono la fruizione completa e soddisfacente dei servizi.
E’ essenziale la capacità di garantire una serie di informazioni che facciano sentire il cliente protagonista, applicando alla lettera la
prospettiva drammaturgia. Dunque, in questa fase, il flusso di informazioni fornite al cliente devono garantire un processo di
comunicazione continuo in cui il ruolo del consumatore non è più quello passivo ma quello attivo dello stakeholder che interagisce
con i differenti marketers ai quali offre anche gli spunti, attraverso richieste ulteriori di informazioni, per migliorare gli strumenti
comunicativi di cui l’azienda dispone.
Durante il soggiorno è importante che il turista abbia la possibilità in qualunque momento di avere subito disponibili informazioni, a
tal fine è utile il ruolo svolto in questa fase, come nella fase del viaggio verso la meta, della segnaletica turistica attraverso i pannelli
informativi e di interpretazione. Localizzati nei punti di maggior interesse turistico, vicino a monumenti, piazze o luoghi di rilevanza
storica artistica, servono per raccontarne e descriverne le caratteristiche essenziali al fine di far valutare e apprezzare ciò che forse
da solo il turista non avrebbe avuto modo di considerare.
6.5.5 Partenza.
Anche nella fase della partenza bisogna garantire un’attività comunicativa a tutto campo che consideri le reali aspettative e i reali
bisogni del cliente. Ad esempio, i cartelli di arrivederci ricordano al visitatore quanto ha vissuto e lo rendono consapevole di
un’esperienza che sta terminando ma gli ha permesso di portar via con sè una “parte” del luogo. La funzione segnaletica dunque, in
questo caso, come negli altri citati in precedenza in relazione alle altre fasi, evidenzia un’attenzione del luogo al visitatore e alle sue
emozioni e sensazioni quando transita, arriva e parte dalla meta prescelta come destinazione turistica.
6.5.6 Rimpatrio. Nella fase del “rimpatrio” e quindi del ritorno a casa è importante per i destination marketers poter incidere sui “ricordi” di quanto il
cliente ha vissuto, ad esempio con l’invio di saluti per l’onomastico o il compleanno, una volta che sarà tornato a casa.
Inoltre attraverso la misurazione della customer satisfaction il destination manager potrà valutare il reale valore dell’esperienza del
turista.
Ciò, oltre a far sentire il cliente protagonista della sua esperienza di viaggio, a cui viene attribuito un valore, permetterà a coloro che
gestiscono la destinazione di agire sui ricordi del cliente e investire nella sua esperienza che se è positiva, porterà il protagonista a
trasmettere ben volentieri ad altri quanto vissuto.
Il cliente diverrà a questo punto un utile ‘strumento comunicativo attivo a disposizione dell’azienda’.
La fase dell’incorporazione e del ricordo è strettamente connessa con quella dell’anticipazione e dei processi decisionali che portano
all’atto di acquisto. Tale connessione può essere utilizzata dal destination manager per continuare a comunicare con il cliente
influenzando positivamente il passaparola (Dall’Ara, 2005) Quest’ultimo è, infatti, un altro strumento utile per promuovere l’immagine
di una destinazione ad un gruppo di potenziali turisti.
6.6 Il ciclo spazio-temporale come base concettuale per il marketing della destinazione turistica
Si è cercato di fornire al destination manager una “bussola di orientamento” affinché renda operativo il principio della frequente connessione intermittente e discontinua tra le sue azioni e le risposte comportamentali del singolo cliente con cui interagisce, sin
dalla fase in cui si formano i processi decisionali dello stesso turista (‘quando’, ‘come’, ‘dove’, ‘con chi’ andare in vacanza e ‘quanto’
spendere).
Il destination manager opera all’interno di un passaggio d’epoca: dalla comunicazione one-to-many, tipica della pubblicità direttiva di
massa con l’azienda di largo consumo che seduce dall’alto i consumatori, ad una comunicazione interattiva-circolare, in cui si
promuovono e si vendono prodotti personalizzati, costruiti su misura, a seguito di conversazioni tra chi vende e chi acquista con
l’appiattimento delle gerarchie tra emittente e ricevente (Costa, 2011).
L’interazione è una forma di prosumerismo non manipolativo perché coinvolge il cliente-consumatore nel processo produttivo del
servizio perché è il venditore che adatta il prodotto alle esigenze del turista e non viceversa. Tramite la comunicazione, il
destination manager ‘mette al lavoro’ il turista affinché l’organizzazione riduca i costi di un servizio con lo scopo di soddisfare il
turista, messo al centro della relazione di promo-commercializzazione: l’interazione comunicativa tramite e mail e web intensifica la
centralità del turista come ‘re’ del mercato, sviluppando una tendenza già iniziata negli Anni Ottanta con i teorici della qualità dei
servizi.
L’approccio costituisce l’applicazione di un diverso modo di concepire il mercato turistico. A differenza della società dei consumi e
del vecchio turismo di massa, il marketer non spinge la vendita di grandi quantità di beni, ma punta alla soddisfazione del turista
perché vende le relazioni che il turista fidelizzato attiva attraverso il passaparola.
In tale passaggio d’epoca, efficienza ed efficacia dell’azione organizzativa non sono raccontate con l’inserimento di alcune
metafore organizzative sviluppate dal marketing, quella della guerra e quella dell’orchestra. Si propone una nuova metafora, quella
drammaturgia, derivata direttamente dalla sociologia del turismo, che mette al centro delle proprie analisi le relazioni esperienziali e
le situazioni (Ryan, 2002), recentemente acquisita anche dai teorici della società dell’accesso (Rifkin, 2000).
La narrazione drammaturgica delle interazioni intermittenti tra turista e destination manager viene raccontata all’interno del ciclo
spazio-temporale del viaggio, suddiviso in 5 fasi, ciascuna delle quali costituisce un nucleo esperienziale da gestire nei termini del
marketing relazionale e territoriale (Godfrey e Clarke, 2002). Il ciclo spazio-temporale del viaggio è inteso come un’estensione in
ambienti virtuali del viaggio studiato nella vita ‘reale’ sin dagli anni Settanta dalla psicologia ambientale e dalla geografia
esperienziale che hanno analizzato il flusso di conoscenze, incontri, ricordi da ‘prima’ della partenza a ‘dopo’, quando il viaggiatore è
incorporato di nuovo a casa.
Ciò che conta, nella prospettiva drammaturgica della comunicazione circolare, interattiva e discontinua è favorire il protagonismo del turista che è facilitato nella sua auto-realizzazione nel corso della sua esperienza turistica.
La prospettiva drammaturgica della comunicazione turistica innova rispetto ai tradizionali approcci della “guerra” e dell’ “orchestra”.
Infatti la comunicazione diventa un’attività che viene svolta in continuazione dal destination manager per verificare step by step la relazione con il cliente. Consente di essere sempre nella “testa” del visitatore e di migliorare i servizi dell’incoming in funzione
dell’immagine attesa confrontandola con quella proiettata. In particolare, la gestione della comunicazione è in sintonia con la teoria
generale che gli operatori dell’incoming sono venditori di esperienza.
Infine, la prospettiva drammaturgica assorbe l’idea della “vittoria” mutuata dalla prospettiva bellica (ogni incontro riuscito è una
battaglia vinta) e quella della “collaborazione” mutuata dalla prospettiva musicale (tutti gli attori cercano la qualità dei servizi). Integra
e supera gli altri approcci perché mette al centro la comunicazione come attività principale e trasversale del marketing territoriale, per cui si attribuisce alla comunicazione una autonoma funzione strategica, mettendo le situazioni dello spazio-temporale del viaggio, e non la comunicazione aziendale, come insieme di situazioni in cui inserire le azioni del destination manager. In tal senso, la metafora drammaturgia si collega al prosumerismo perché privilegia il ruolo attivo del singolo turista/persona morale.
6.7. L’impatto del web sul ciclo spazio-temporale del viaggio
Nel modello del ciclo-temporale del viaggio vi è una innovazione, cioè viene abbandonato il modello della comunicazione passiva
one-to-many, tipica della pubblicità generalista (Costa, 2011). Tuttavia, vi è un limite: il turista continua ad essere un attore passivo.
Ma è cambiato e sta cambiando il modo in cui il turista cercare informazioni e acquistare una vacanza, grazie al web: i modelli
decisionali lineari iniziano a lasciare il posto a modelli, non solo circolari, ma anche interattivi e discontinui (cfr. Hyde, 2009)
I classici modelli, infatti, schematizzano il processo decisionale per l'acquisto di un viaggio in tre macro attività distinte tra loro:
ricerca di informazioni; pianificazione della vacanza e scelta tra le alternative di viaggio; acquisto della vacanza. Si tratta di processi
ben definiti e che sono il risultato delle caratteristiche della vacanza (durata, budget a disposizione, scopo del viaggio ecc.), delle
caratteristiche del turista (età, reddito, fattori motivazionali, ciclo di vita familiare ecc.), e delle influenze sociali esterne che possono
condizionare sia la scelta della destinazione che il tempo e l'importanza data ad ognuna di queste attività. Si tratta quindi di un
processo lineare che porta alla definizione scientifica e ragionata della scelta di acquisto.
Lo studio di Hyde (2008), oltre ad attribuire un ruolo specifico ad ogni fase, sottolinea l'importanza della fase di ricerca di
informazioni soprattutto per quei turisti a caccia di novità e di uno stile di viaggio esperienziale, al fine di avere maggiori certezze
sulle scelte effettuate, soprattutto per quelle tipologie di destinazioni o attività turistiche poco note o poco praticate dal turismo di
massa. Altri studi invece si focalizzano piuttosto nella fase di valutazione e scelta delle alternative e sulle restrizioni e opportunità
che guidano le scelte.
Secondo la ricerca di Decrop (2010) la scelta di una destinazione è data dalla valutazione di alternative raggruppate in diversi set. Il
posizionamento di una meta in uno di questi set è dinamico e cambia nel tempo e a seconda delle occasioni, del contesto e dello
scopo del viaggio. Si evidenzia così la capacità di scelta di un viaggio solo tra un numero ristretto di alternative, più o meno da 2 a 4,
all'interno un numero molto più vasto di possibilità disponibili.
I set messi in luce dalla ricerca possono essere suddivisi in:
Awareness set, ovvero le destinazioni note ma verso cui non c'è un particolare interesse. Questo set rivela la conoscenza
della meta ma non l'intenzione di visitarla
Evoked set, le destinazioni sono considerate una probabile meta di viaggi, seppur non per forza il prossimo viaggio
Surrogate set, le destinazioni non sono una priorità per il turista, ma sono considerata un'alternativa valida
Exclusion set, le destinazioni sono rigettate dal turista
Dream set, le destinazioni sono considerate un posto ideale ma permanentemente non accessibili per motivi strutturali
Unavailable set, le destinazioni sono ben considerate dal turista, ma temporaneamente non accessibili per motivi
situazionali
Available set, le destinazioni sono una valida scelta, dopo aver considerato i vincoli situazionali che un turista può avere
Si evidenzia così che la scelta della destinazione non è sempre la maggiore voce decisionale di una vacanza, se comparata con
decisioni che riguardano l'hotel, il periodo di viaggio e il trasporto. Questo perché spesso destinazioni fortemente desiderate non
sono accessibili per motivi economici o familiari o lavorativi, i cosiddetti vincoli situazionali. Lo studio evidenzia inoltre come offerte
speciali e altre azioni promozionali di marketing possono influenzare la scelta di una destinazione, portando il turista ad acquistare
una vacanza presso una meta precedentemente non considerata, ma comunque conosciuta. Così promozioni last minute, low cost
ed early booking hanno più influenza sulla scelta della normale ricerca di informazioni. Seppur lo studio presentato non è stato
pensato per il web, ben rappresenta i cambiamenti che alcuni dei più noti strumenti di marketing possono apportare alla scelta di un
viaggio. In particolar modo Internet si popola ogni anno di più di operatori low cost che fanno del ribasso all'ultimo minuto e delle
offerte a prezzi stracciati i loro punti di forza. Si delinea così un processo di scelta e acquisto che stravolge i canoni classici degli
schemi del processo decisionale turistico appena visti. Spesso sul web non si può più tracciare un percorso lineare e razionale di
scelta di una vacanza, bensì si delinea un modello circolare. Una recente ricerca di Smallman e Moore (2010) afferma infatti che
sono spesso scelte istintive o emozionali a guidare l'acquisto di una vacanza. Basti pensare ai viaggi avventura o di nicchia, in cui è
il valore esperienziale insito nel pacchetto a guidare la scelta, o ai voli low cost in cui è il prezzo a determinare in quale città si
passeranno le vacanze e non il contrario. Lo studio si concentra in una corposa analisi dei diversi modelli decisionali considerati
troppo lineari e orientati a soddisfare in modo scientifico i propri bisogni, evidenziando comportamenti orientati esclusivamente al
raggiungimento degli obiettivi secondo un'attenta valutazione a priori delle alternative, classificate in base alle diverse caratteristiche.
A questo si vanno ad aggiungere le caratteristiche socio-demografiche del turista, le motivazioni del viaggio, l'esperienza nel saper
viaggiare, la conoscenza della destinazione e la sua immagine. Seppur alcuni modelli decisionali ammettono influenze esterne e
meno razionali, come i media, il passaparola e i consigli di amici e parenti, a cui si vanno ad aggiungere le più moderne recensioni
pubblicate su piattaforme sociali (es. TripAdvisor), nessuno ammette la possibilità di scelte effettuate in modo irrazionale o quanto
meno impulsivo, dettato da situazioni del momento, da sconti e offerte o semplicemente da recensioni che possono incentivare o
disincentivare un viaggio, o ancora da contenuti e siti ben strutturati che vanno ad influenzare le emozioni del turista. In un'intervista
pubblicata su VTV Leonardo, Laurence Bernstein, direttore di The Bay Charles Consulting Company, ha infatti affermato che sempre
più frequentemente le scelte di acquisto dei consumatori sono guidate da aspetti esperienziali, grazie a contenuti che ispirano il
turista, che anticipano l'esperienza di viaggio, che fanno sognare e desiderare di viaggiare verso una determinata meta o di
soggiornare in uno specifico hotel. Se le informazioni, i video e le immagini riescono a non essere autoreferenziali e dettate da
politiche di marketing, ma più vicine ai desideri del turista, si riesce a creare un'emozione che blocca il processo razionale di
acquisto, dirottandolo verso un acquisto piuttosto emotivo e d'impulso (VFM LEONARDO3 2009)
A questo si va ad aggiungere un ulteriore studio di Pan e Fesenmaier (2006) che fornisce un modello decisionale turistico pensato
appositamente per il web. I risultati indicano che il processo di pianificazione di un viaggio e di ricerca di informazioni può essere
frammentato in una serie di episodi o capitoli. Grazie all'imponente rete di link e ipertesti il turista salta da un sito ad un altro, segue
un percorso di ricerca per nulla lineare, spesso concentrando la sua ricerca solamente su una componente del viaggio per volta. Ad
ogni nuovo click si presenta uno scenario diverso che può influenzare la scelta della destinazione di viaggio o semplicemente di un
hotel o di un ristorante. Si scopre così che i modelli decisionali dei turisti non sono così lineari sul web come si ipotizza nei modelli
classici, anzi ci si trova di fronte ad un processo dinamico e contingente.
La scelta di acquisto oggi non è più guidata solo dalla ricerca di informazioni, seppur si tratta di una fase importante che influenza la
scelta e crea aspettative. Sempre più gli strumenti di marketing, e di web marketing nello specifico, dirottano i comportamenti
decisionali di acquisto, ma a questi si vanno aggiungendo anche influenze sociali non più limitate ad amici e parenti, ma allargate a
community virtuali. Il processo lineare che una volta si suddivideva in ricerca informazioni, valutazione delle alternative e scelta e
acquisto del viaggio, oggi si complica. La ricerca di informazioni è spesso frammentata nel tempo e alla ricerca del volo non è detto
che segua un'attenta valutazione delle alternative bensì si può direttamente passare all'acquisto online. E, dopo aver concluso un
acquisto, dedicarsi di nuovo alla ricerca di informazioni, per vedere le attrattive del luogo ed infine dedicare molto tempo a
comparare gli hotel nei diversi portali e siti di albergatori, per scegliere un hotel centrale, con servizio navetta aeroportuale e internet
WiFi gratuito.
Il web, come affermato da Scotti e Sica nel loro libro sul Community Management (Scotti E. Sica R. 2007), sta apportando delle
modifiche: la centralità del cliente e i meccanismi di interattività e di conversazioni spontanee dall'alta risonanza "mediatica", iniziano
ad avere dei risvolti importanti nel successo o insuccesso di un'azienda o di una meta turistica:
"Nel mondo del business sta emergendo una nuova forza. Noi l'abbiamo chiamata "collaborazione di massa"(...) E' una nuova modalità tramite cui le persone possono socializzare, divertirsi, innovare e operare all'interno di comunità tra pari a cui scelgono di partecipare. (...) Per il manager aziendale, l'insegnamento più importante riguarda il fatto che l'organizzazione monolitica, isolata, autoreferenziale, sta morendo. Indipendentemente dal settore in cui operate o dalle dimensioni delle vostra azienda, non potete solo fare affidamento sulle capacità interne e su poche partnership di serie b per soddisfare le aspettative del mercato di crescita e innovazione. Per avere successo, oggi, le imprese devono avere confini aperti e porosi e competere uscendo dalle proprie quattro mura per sfruttare le conoscenze, le risorse e le capacità esterne. (...) Indubbiamente la nuova era della collaborazione di massa apparirà complessa e piena di incertezze, ed è vero che la collaborazione e l'apertura sono più vicine all'arte che alla scienza. I leader devono dotarsi di capacità molto particolari per lavorare negli ambienti collaborativi. " (Scotti E, Sica R., 2007 pp.19-21)
Dalle parole di Tapscott si evince che la collaborazione (sia esterna che interna all'azienda) e l'apertura verso l'altro che il dialogo
con il cliente comporta, sono le competenze richieste per competere, proprio perché il turista è un ricercatore attivo e vuole
conversare con l’azienda o la destinazione priva di avviare il ciclo spazio-temporale del viaggio. Capacità che per divenire vincenti
vanno messe "a sistema" con altre abilità, che richiedono nuovi modi di operare, nuovi modi di concepire la comunicazione e di
promuoversi attraverso il web marketing.
Si propone nel prossimo paragrafo un modello di comunicazione online per riunire in un unico framework concettuale competenze
e strumenti di marketing che gli operatori turistici di successo dovrebbero mettere in atto per realizzare una campagna promozionale
sul web.
6.8 Modello di comunicazione on line, circolare, interattiva e discontinua
6.8.1 Un modello per progettare la comunicazione
Si propone un modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua, che non si limita a proporre strumenti
promozionali alternativi e di web marketing, Si delinea uno schema di riferimento per la progettazione delle azioni comunicative, in
modo da ottenere una campagna promozionale online organizzata e coordinata per obiettivi e per soddisfare le necessità del turista.
Il modello non si fonda su degli studi empirici personalmente intrapresi, bensì ha alla base la raccolta di riferimenti, case history e
studi connessi a ricerche internazionali e nazionali che evidenziano i cambiamenti apportati da Internet alla domanda e all'offerta
turistica, e la conseguente necessità di nuove strategie di marketing e comunicazione.
Il modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua si pone, dunque, come obiettivo quello di essere un punto di
partenza per quegli operatori del settore che vogliono intraprendere per la prima volta delle azioni di web marketing.
Il modello si propone di unire la visione della comunicazione da parte dell'industria turistica e la visione del dialogo, delle relazioni e
community che caratterizzano il turista del web 2.0. Si vuole cioè unire la comunicazione e organizzazione interna, volta
all'attuazione delle azioni di web marketing per obiettivi, con una comunicazione esterna, per la diffusione delle giuste informazioni e
la creazione di relazioni a seconda delle fasi del viaggio del turista, dalla pianificazione pre-viaggio, al soggiorno a destinazione, fino
al rientro a casa, secondo un modello decisionale non più lineare, come sottolineato nel paragrafo precedente.
6.8.2 Quattro idee-guida
Il modello-guida si basa su tre concetti chiave, che si sintetizzano nelle seguenti parole-chiave :
"comunicazione". La comunicazione è intesa come ‘risorsa energetica’ che scorre nelle dinamiche relazionali del ciclo
spazio-temporale. Si tratti di comunicazione interna all'impresa o DMO o di comunicazione promozionale esterna, diretta
al consumatore finale, gli attori raccontano esperienze, sviluppano piccole narrazioni, propongono interpretazioni
L'importanza di far emergere dinamiche volte a sviluppare la comunicazione, abbandonando il modello del discorso
imposto dall'alto e comunicato in modo autoritario senza possibilità di replica, è appoggiata anche da Roberta Milano:
"solo un orientamento a una cultura dell'ascolto, dell'interazione e della collaborazione, applicato ai rapporti con il cliente ma coerentemente estesa alle relazioni interne all'azienda stessa" (Granieri G., Perri G. p.40), possono dare le basi valide
a strutturare un piano di web marketing di successo. In sostanza, prima di vendere occorre riconoscere che tutti gli attori
del ciclo spazio-temporale del viaggio sono dei comunicatori che trattano informazioni, conoscenze,
competenze,immagini, emozioni. Il web potenzia quindi la polisensorialità del marketer e del turista attraverso la
comunicazione;
"circolare". La comunicazione, sia interna che esterna all'azienda, è circolare in quanto il modello di web marketing
proposto attraversa obbligatoriamente diverse fasi che riportano al punto di partenza: la pianificazione per obiettivi è volta
all'attuazione di azioni promozionali che, a loro volta vanno monitorate per verificare se gli obiettivi posti nella prima fase
sono stati raggiunti o vanno modificati e corretti, proponendo così una nuova pianificazione per obiettivi che ridà vita
all'intero ciclo comunicativo. Qualsiasi comunicazione promozionale o pubblicitaria, sia online che offline, è soggetta ad un
numero di variabili che ne possono modificare l'efficacia o il messaggio trasmesso, per tale motivo il monitoraggio è una
fase molto importante per comprendere la riuscita della campagna promozionale. Il web, però, permette di avere maggiori
riscontri da parte del consumatore finale con l'amplificazione degli effetti di tali feed back. Infatti, sia attraverso un dialogo
interattivo con il turista grazie ai social media, sia attraverso i feed back rilasciati che si trasformano velocemente in
passaparola, positivo o negativo, dell'esperienza turistica avuta, si assiste alla possibilità di aumentare i flussi comunicativi
diretti all'operatore turistico e ad altri turisti. Ogni fase della campagna promozionale diventa così un circolo, in cui gli
obiettivi e le azioni promozionali intraprese vanno continuamente monitorate ed, eventualmente, modificate, in base alle
relazioni che si intessono online.
“interattiva” Lo scambio di informazioni non avviene più one-to-many , per cui l’emittente orienta il consumatore/turista,
considerato un target passivo. Adesso, è la destinazione che si adatta al turista come ‘persona’ o come ‘gruppo’ multi-
motivato da soddisfare. A tal fine, migliora la qualità delle risorse in base alle immagini percepite, alle aspettative e alle
decisioni combinatorie dei turisti espresse proprio perché sa che vi sono operatori che si mettono nella loro testa (Hyde,
2009). Di certo, la ricerca sul web può essere un piacere in se stesso e il viaggio resta virtuale; sempre più spesso la
ricerca è però orientata ad un scopo e al problem-solving perché l’utente combina le competenze nella navigazione on
line al fatto che è divenuto un viaggiatore esperto che ricerca prodotti e mete personalizzate. Il confronto e la verifica
tramite Tripadvisor o la partecipazione ai Social Network esprimono la domanda di interattività, di relazionalità, di
comparazione, perfino di co-produrre amicizie tra hobbysti per pianificare insieme il viaggio supportandosi nella ricerca di
informazioni (comunicazione many-to-many)
"discontinua". La comunicazione circolare si compone di 5 fasi, la maggior parte delle quali non hanno tra loro continuità
temporale, ma solo una continuità logico-operativa. Il turista, infatti, non è continuamente connesso online durante tutte le
fasi del viaggio, dalla pianificazione al ritorno, ma solo in modo intermittente. Pertanto il dialogo tra operatore turistico e
turista è spezzettato nel tempo ma, allo stesso tempo, mantiene una continuità nella sua discontinuità. In ogni fase del
viaggio, infatti, il turista comunica con gli operatori turistici e con altri turisti, componendo un puzzle informativo e
relazionale che si forma in un lasso di tempo ampio. Questa intermittenza è perfettamente in linea con l'abbandono di un
modello decisionale lineare: il turista infatti può continuare a cercare informazioni e ad acquistare servizi anche in loco,
perché prima di partire ha acquistato solamente un volo e hotel attraverso i sistemi di dynamic packaging delle Olta. E
proprio mentre soggiorna nella destinazione, il turista può ritrovarsi a condividere informazioni con la propria cerchia di
amici virtuali, condividendo foto e opinioni in tempo reale, tanto da far nascere siti che si basano interamente sull'internet
mobile dedicato al turismo, come www.wayn.com. Ma può condividere le proprie opinioni e ricordi anche nel rientro a
casa. Si delinea cioè un comportamento del turista non schematizzabile a priori, proprio perché il collegamento al web e
alle sue attività "sociali" e "relazionali" è potenzialmente e teoricamente sempre possibile, in quasi ogni parte del mondo,
seppur non è ipotizzabile un collegamento continuo always on, bensì un collegamento discontinuo nel tempo e nello
spazio.
Il grafico sottostante sintetizza i concetti chiave e le fasi del modello di comunicazione online circolare e discontinuo, proponendo la
visione contemporanea dei flussi comunicativi interni ed esterni che attraversano le cinque fasi che compongono il modello. Per ogni fase
è possibile osservare le implicazioni pratiche delle azioni di web marketing dal punto di vista degli operatori turistici e del cliente, al fine di
rispondere alle diverse esigenze informative, relazionali e comunicative del turista. In rosso sono evidenziati i flussi comunicativi interni
atti ad organizzare la comunicazione promozionale, in blu invece i flussi comunicativi esterni verso il turista e in verde i flussi di
monitoraggio e report volti a revisionare le azioni di comunicazione esterna o di organizzazione interna.
COMUNICAZIONE INTERNA
FASE 0 Condizioni alla base di un piano di comunicazione online circolare e discontinuo
FASE 1 OPERATORE TURISTICO Creazione del sito web usabile e con contenuti di qualità PENSARE E STRUTTURARE IL SITO PER COMUNICARE AI E CON I TURISTI
FASE 2 (pre-viaggio) CLIENTE Sogni, ricerca di informazioni, pianificazione del viaggio, selezione e acquisto dei servizi/prodotti turistici OPERATORE TURISTICO anticipazione dell'esperienza turistica (video e foto marketing), corretto posizionamento del sito sui motori di ricerca (SEO), azioni di promozione del sito sul web (SEM), azioni di social media marketing ecc. ISTAURARE UNA COMUNICAZIONE INIZIALE CON I TURISTI
FASE 3 (il soggiorno) CLIENTE Viaggio, visita, esperienza OPERATORE TURISTICO Accoglienza in loco: internet mobile, servizi di informazione, marketing esperienziale. SVILUPPARE LA COMUNICAZIONE CON I TURISTI "DI PERSONA"
FASE 4 (post-visita) CLIENTE Ripetere il viaggio, raccomandare il viaggio, condivisione dei ricordi e delle recensioni OPERATORE TURISTICO Incentivare la produzione di UGC, monitorare la brand reputation, la costumer satisfaction ed experience ecc. MANTENERE LA COMUNICAZIONE CON I TURISTI
COMUNICAZIONE ESTERNA
AZIONI CORRETTIVE
REPORT
Figura n. 30 rielaborazione della panoramica sulle diverse tecniche di web marketing ad ogni fase del viaggio del cliente
Nel dettaglio, un piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinuo, si suddivide nelle seguenti fasi:
Fase 0 - condizioni alla base di un piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua. Si tratta di presupposti atti a
porre degli obiettivi concreti su cui strutturare le strategie promozionali, grazie a know how, competenze e ruoli delle risorse umane.
Fase 1 - creare un sito internet, che non solo sia facilmente usabile e attraente, ma che risponda alle esigenze comunicative e
commerciali delineate nella fase 0
Fase 2 - promuovere la meta o il prodotto turistico attraverso nuove forme di marketing e di web marketing, finalizzate a
intraprendere e instaurare il dialogo con il turista, in linea con il concetto di collaborazione e dialogo peer to peer del web 2.0.
Fase 3 - l'accoglienza del turista in loco permette di rendere l'esperienza turistica memorabile, grazie alla predisposizione di
strumenti che il turista può utilizzare durante il suo soggiorno per fruire la destinazione turistica, come informazioni sulle attrattive ed
eventi attraverso punti informativi o servizi di internet mobile, uniti ad azioni di marketing esperienziale.
Fase 4 - monitorare le azioni promozionali e informative messe in atto per valutare le recensioni, il passaparola, la brand reputation
e la soddisfazione del cliente, provvedendo ad azioni correttive o di fidelizzazione del cliente
Nel successivo paragrafo verranno analizzate le fasi sopra esposte, declinando le applicazioni pratiche per i DMO.
Capitolo Settimo
Fase 0 del modello di comunicazione on line, circolare, interattiva e discontinua per la destinazione turistica
-purpose: La fase "0" del piano di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua si pone come obiettivo di delineare i
processi di formazione delle partnership tra stakeholders di una destinazione turistica, e il cambiamento interno, sia organizzativo
che manageriale, perché il DMO assuma il ruolo di organo principale nella realizzazione e gestione di un piano di web marketing
-metodology/design/approach: utilizzo della letteratura scientifica per comprendere i ruoli di un DMO e le fasi per la creazione di
partnership collaborative finalizzate alla strutturazione di un piano di promozione online coordinato e condiviso. A tal fine, verrà
proposto anche un case study internazionale di una destinazione turistica Svedese, per evidenziare le buone pratiche di
‘legittimazione del DMO come regista della promo-commercializzazione del territorio
-findings: il capitolo evidenzia i cambiamenti interni al fine di realizzare una corretta promo-commercializzazione online. In
particolare, la fase "0" è un laboratorio di auto-analisi, al fine di facilitare le decisioni congiunte nell’avvio del piano di
comunicazione e di web marketing
-research limitation/implication: La fase "0" è soltanto la base indispensabile per la strutturazione di un ‘gruppo’ che condivide una
comune visione. . Ulteriori approfondimenti e soluzioni pratico-operative sono auspicabili per la risoluzione di conflitti, inevitabili
all'interno di partnership composte da organizzazioni eterogenee, e per le strategie di legittimazione che un DMO può adottare per
aumentare la sua autorità e credibilità.
-pratical implication: vengono messe in luce 5 fasi operative per mettere a sistema i diversi stakeholders locali, attraverso diversi
processi di collaborazione e di comunicazione interna al DMO
-originality/value: l’opportunità di creare un DMO per promuovere il territorio viene analizzata in relazione all'emergere di nuove
tecnologie (ICT) e di Internet e quindi si cerca di superare la visione del DMO solo come organo "istituzionale", ma svolge un ruolo
attivo di promo-commercializzazione della destinazione turistica
-keywords: web 2.0, partnership collaborative, legittimazione, piano di web marketing, comunicazione interna
7.1 Introduzione. Fase 0: Partnership e legittimazione alla base di un piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo di un DMO
La relazione tra Information and Communication Technologies (ICT) e l’organizzazione delle imprese è stata diffusamente studiata
dalla comunità scientifica, la quale ha evidenziato la presenza di una stretta complementarietà tra cambiamenti tecnologici e
cambiamenti organizzativi (Compagno C., Visintin F., Pittino D., 2004; Trento S., Warglien M., 2003). Gli studi in ambito aziendale si
sono orientati sia all’analisi di come le ICT influenzano l’assetto organizzativo, strategico e gestionale a livello di singola impresa
(Mcfarlan F.W., 1984; Porter M.E., Millar V.E., 1985), sia a come le nuove tecnologie possono influenzare le relazioni che le imprese
intrattengono con altri operatori (analisi inter-organizzativa) (Scott Morton M.S., 1991) e con il mercato finale (Venkatraman N., 1991;
Franch M., Martini U., Buffa F., 2005 L’utilizzo di Internet da parte delle piccole e medie imprese alberghiere nelle Alpi Ecole
Supérieure de Commerce de Paris – EAP, 21-22 Gennaio 2005 convegno le tendenze del marketing).
Il capitolo ha come obiettivo cognitivo la comprensione dei cambiamenti interni, organizzativi e strategici apportati da Internet ai
DMO, al fine di rispondere ai nuovi comportamenti attuati dal turista nell'acquisto della propria vacanza sul web. A tal fine, vengono
delineati i processi di formazione delle partnership tra stakeholders di una destinazione turistica, evidenziando come il cambiamento
interno, sia organizzativo che di mentalità manageriale, è alla base di una trasformazione verso l'esterno, per la strutturazione di un
piano di marketing online in linea con il web 2.0 e con il modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua. Ogni
cambiamento e innovazione si scontra, però, con dei freni , dovuti a gap culturali e a difficoltà di lavoro in team, piuttosto che a
difficoltà di interazione con le nuove tecnologie. Entrare nel mondo di Internet senza l'analisi e la conoscenza del mercato e un
delineamento degli obiettivi da raggiungere ‘insieme’ , legittimati a livello di DMO, potrebbe rivelarsi infruttifero, non solo per le
azioni di web marketing, ma per qualsiasi azione promozionale, anche offline.
7.2 Perché creare un DMO per sviluppare un piano di web marketing
La fase zero per una destinazione turistica ha come obiettivo quello di creare le basi per un piano di promozione del territorio
condiviso dagli stakeholders locali, al fine di progettare e diffondere al turista una comunicazione e un'immagine univoche, evitando
così conflittualità inevitabili per la presenza di un'offerta suddivisa tra molti operatori locali, pubblici e privati, ognuno con un obiettivo
e interessi diversi da perseguire. Già dalla definizione di destinazione turistica emergono differenti prospettive che sono proprie di
una visione discordante perché formata da molteplici attori. Adottando le definizioni riportate da Giacomo Del Chiappa nel suo
articolo "Elementi di destination brand management", si possono elencare ben tre prospettive: quella della domanda, dell'offerta e
quella olistica (Del Chiappa G., 2007). La domanda turistica vede la destinazione come "un contesto geografico (luogo, comprensorio, piccolo villaggio, nazione) scelto dal turista o dal segmento di turisti come meta del proprio viaggio, e che comprende tutte le strutture necessarie al soggiorno relative ad alloggio, vitto e ricreazione” (Bieger T., 2000, p. 86). "Adottando la prospettiva dell’offerta, il concetto di destinazione corrisponde a quello di località inteso come l’insieme di prodotti, servizi ed esperienze turistiche – complementari e interconnessi – realizzati e/o organizzati da una pluralità di produttori che svolgono la propria attività, direttamente o indirettamente a valenza turistica, su un determinato territorio allo scopo di rispondere alla loro domanda di
riferimento, attuale e/o potenziale" (Tamma M., 2001, p. 55). Ma è proprio la prospettiva olistica, che fonde la visione della domanda
con quella dell'offerta turistica ad evidenziare la necessità di strutturare una destinazione turistica come un sistema organizzato, con
una precisa strategia e una visione manageriale condivisa e messa in atto dagli operatori locali, grazie alla creazione di un DMO
(Destination Management Organization). Da un lato, come riconosciuto da Buhalis, la necessità di azioni collaborative, più fruttifere
delle rivalità tra fornitori locali, è sentita per creare una destinazione competitiva e per raggiungere risultati ben accetti e sostenibili
(Buhalis 2000; Elbe J., Hallen L., Axelsson B. 2009 ). Dall'altro lato, la necessità di una collaborazione o coordinazione tra operatori
locali è dettata dalla volontà di aderire alla prospettiva del consumatore, che identifica la destinazione turistica come un'esperienza
turistica integrata, che implica la fornitura dei diversi componenti della vacanza da differenti attori. La visione globale del turista dà
senso alla necessità di trattare la destinazione come un'unica entità, anche a livello di marketing, e non semplicemente come un
insieme di operatori ognuno con strategie promozionali separate. Un DMO è un organo in grado di mettere a sistema gli operatori
locali al fine di promuovere e rendere competitiva una destinazione turistica, grazie alla presenza di un'organizzazione guida, definita
organo di meta-management, ovvero un organo in grado di "coordinare strategicamente la varietà delle risorse e degli operatori rilevabili nella località" (Del Chiappa G., 2007). Il DMO è sostanzialmente una forma organizzativa ibrida, che comprende imprese ed
enti di diverso tipo e con differenti esigenze, che ha come scopo quello di aggregare, in modo spontaneo o pianificato, una pluralità
di attori locali al fine di pianificare insieme una destinazione turistica.
A tal proposito, un recente studio svolto dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), ha descritto i modelli di governance
delle Destination Management Organizations mettendo in luce che il modello di partnership mista, che unisce pubblico e privato, è
sempre più utilizzato, anche se la presenza di imprese private risulta essere maggiore per gli enti che operano a livello locale, ed in
particolare per le destinazioni urbane e costiere.
Sul piano delle criticità, l’indagine mostra come le principali problematiche con cui si misurano le organizzazioni chiamate a gestire e
promuovere le destinazioni sono:
aumentare il livello di decentramento e di indipendenza da parte delle amministrazioni nazionali e regionali;
reperire fonti di finanziamento per sostenere le attività in programmazione;
riuscire a sfruttare i progressi nel campo delle ICT (Information Comunication Technology) per la promozione, il
posizionamento della destinazione e la gestione delle relazioni con i clienti;
lo sviluppo della qualità del prodotto e dei servizi, in chiave sostenibile;
attrarre segmenti di domanda con elevata capacità di spesa (Carciofi A.d, 2010)
7.3 I ruoli del DMO
Ma perché sempre più destinazioni ed operatori locali sentono la necessità di riunirsi intorno ad un DMO, che porta indiscutibili
vantaggi ad una località turistica ma richiede impegno, sacrifici per la collettività ed ha evidenti criticità, come evidenziato dalla
ricerca dell'UNWTO? La competizione tra destinazioni turistiche continua ad intensificarsi e sempre più il vantaggio competitivo è
dato dalla capacità di saper gestire in modo strategico e coordinato tutte le componenti del sistema turistico, per assicurarne il suo
successo e per offrire un'esperienza olistica al turista. Al fine di raggiungere tale obiettivo molte destinazioni si sono dotate di un
DMO, ovvero un organo in grado di svolgere funzioni di leadership legittimata e riconosciuta. Per assurgere a tale funzione, Gartrell
(Gartrell R., 1994; Bornhorst T., Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010), uno dei pionieri nel campo del marketing delle destinazioni,
ha identificato tre macro-aree in cui un DMO deve agire e i ruoli che deve svolgere in relazione a:
La comunità locale. E' indispensabile il conseguimento sia di una leadership, che di un ruolo di sostegno per il turismo e la
comunità locale. Il DMO deve essere un'entità visibile, in grado di attirare l'attenzione sul turismo al fine di far comprendere
alla comunità locale il ruolo e il significato dell'industria turistica;
I turisti. Assistere i visitatori grazie alla realizzazione di servizi per i turisti, con la divulgazione di informazioni e assistenza
pre-visita, durante il soggiorno e post visita;
Gli stakeholders. Svolgere il ruolo di organo chiave per la messa a sistema degli operatori interni ed esterni, aiutando lo
sviluppo di una gamma di attrattive, servizi turistici, eventi e un'immagine in grado di posizionare e promuovere la
destinazione in modo competitivo per le esperienze turistiche che è in grado di offrire, al fine di formare un'unica "voce"
promozionale.
Riassumendo, il ruolo fondamentale del DMO è adoperarsi a migliorare l'esperienza di visita del turista, garantendo nel contempo il
benessere dei residenti, grazie alla capacità di gestire e amministrare correttamente la destinazione e i suoi stakeholders (Bornhorst
T., Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010).
Oltre al ruolo professionale, acquisendo le relative up skills, alle sfide competitive, il DMO svolge un ruolo di facilitatore dei processi
aggregativi e accompagna gli attori locali nell’auto-diagnosi della comunità locale (Costa, 2008). Il DMO cerca di allineare le
conoscenze scientifiche e le competenze locali di albergatori, ristorazioni, operatori dei trasporti, gestori di risorse culturali, ecc su
comuni standard di competenze tecnologiche e manageriali. Attraverso riunioni focalizzate su ‘che cos’è il web marketing’
intraprende un processo di comunicazione interna e avvia la diagnosi neo-comunitaria su un aspetto specifico della ‘città ospitale’,
l’aggiornamento in web marketing. Infatti, sin dall’avvio del processo, si sa che ogni comunità locale – da quelle più avanzate del
nord Italia a quelle con più difficoltà del sud Italia – si sa che vi sono barriere e limiti alla partecipazioni. Questo insieme di fattori va
identificato perché nelle resistenze locali si trovano i fattori che inibiscono la legittimazione del DMO come innovatore collettivo
Le tre aree costituiscono un continuum in cui ognuna ha effetti, positivi o negativi, sulle altre, per cui la gestione è soltanto
concettualmente separata, mentre operativamente il DMO le connette e misura la sua efficacia proprio dai risultati conseguiti.
Le prime due macro-aree di azione di un DMO sono incentrate sulla soddisfazione del turista e della comunità locale e costituiscono
i presupposti sociologici della sua legittimazione: è chiaro che il DMO è un organismo di servizio per i residenti, le imprese, i
lavoratori e i turisti. Nell'ultima macro-area che si racchiudono diverse voci e ruoli operativi, che evidenziano la responsabilità e le
attività del DMO nel promuovere e commercializzare una destinazione in collaborazione con gli stakeholders e, dunque nel creare i
presupposti per lo sviluppo di un piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo.
In particolar modo, le funzioni principali di un DMO per la promozione e commercializzazione di una destinazione turistica sono così
sintetizzabili:
raccolta e organizzazione delle informazioni, foto e video sulla meta, in modo da fornire indicazioni per visitare la meta
realizzazione di itinerari, eventi e prodotti innovativi, anche su misura, in collaborazione con gli operatori locali, al fine di
proporre attività e attrattive uniche e in linea con le esigenze del mercato
facilitare o mediare le prenotazioni e l'acquisto dei servizi turistici presso gli operatori locali
realizzare ricerche e analisi di mercato per delineare i nuovi trend e nuove strategie promozionali
creare dei database di clienti e fornitori interessati alla destinazione, da condividere con gli attori locali, per studiare e
realizzare azioni promozionali e commerciali loro rivolte
gestire, promuovere e monitorare la brand reputation, realizzando report e azioni correttive da condividere e attuare con
gli attori locali
realizzare azioni coordinate e condivise di marketing e web marketing al fine di evitare conflittualità di immagine e sprechi
economici
realizzare e gestire il sito web, rappresentativo della destinazione e dell'offerta degli operatori locali
Seppur si tratta di un elenco sintetico, suscettibile ad ampliamenti in base alle esigenze locali, già mette in evidenza la necessità di
avere delle partnership solide, in grado di strutturare un piano di azione condiviso, al fine di attivare un DMO e una destinazione di
successo.
Le competenze operative generano, comunque, ‘fiducia condivisa’ nell’avvio del web marketing della destinazione perché sono
intrinsecamente connesse alle prime due: si può essere competenti nel ‘saper fare’ le attività dell’elenco sul piano esecutivo e della
vocazione professionale ma la loro implementazione è possibile se svolge in parallelo un’attività di facilitatore interno con incontri
informali e formali che ‘mettono a lavorare’ gli attori della filiera turistica e, più in generale, della città ospitale.
7.4 La comunicazione interna al DMO per gestire le partnership collaborative
Realizzare un piano di azione condiviso, richiede la diffusione di una comunicazione interna alla partnership, in grado di connettere
a rete gli operatori, le conoscenze, le competenze, le best practice e le problematiche, per creare un'organizzazione che sappia
porsi degli obiettivi di sviluppo condivisi, che apportino benefici a tutti i componenti del DMO e che abbia come finalità ultima la
realizzazione di un piano di comunicazione online circolare e discontinuo condiviso.
Avere buoni flussi comunicativi interni al fine di strutturare un di un piano di comunicazione e promozione esterna è riconosciuto da
Scotti e Sica (Scotti E., Sica R. 2007) come un elemento chiave di successo. I flussi comunicativi, infatti, aumentano la legittimità del
DMO, coinvolgono un maggior numero di stakeholders in modo attivo, permettono di stabilire obiettivi comuni che apportino benefici
collettivi, attenuando i conflitti e la competizione e facendo emergere un clima di collaborazione. Come dimostra il grafico
sottostante, la comunicazione interna, può giocare un ruolo fondamentale per i diversi attori e stakeholders, sia direttamente
coinvolti nella partecipazione interna al DMO, sia indirettamente coinvolti, come i cittadini (Scotti E., Sica R. 2007)
ATTORI FUNZIONI CONTENUTI Partecipanti attuali e potenziali informare i partecipanti portare informazione (e invito a
entrare) su cosa è il DMS, quali finalità ha, come funziona l'organizzazione
ascoltare e rilanciare condividere nell'organizzazione le rilessioni emerse e proposte da ogni partner, per stabilire obittivi e modalità operative comuni
Motivare far sentire l'importanza e il valore dell'organizzazione per il territorio
Dirigenti portare e diffondere gli obiettivi dell'organizzazione
rilevare la vicinanza tra gli obiettivi preposti e i risultati ottenuti dai partner facenti parte dell'organizzazione
Dipendenti/Partner Informare i partner del DMS
Spingere la diffusione del DMS sul territorio, coinvolgendo altri partner
Cittadini/Clienti Diffondere l'innovazione e fare marketing sul territorio
Coinvolgere i cittadini, cercando il loro consenso all'iniziativa del DMS
Figura n. 31 Rielaborazione delle funzioni e contenuti dei diversi stakeholders di un DMO
Alla base di tali relazioni e flussi comunicativi c'è la capacità del DMO di coinvolgere diversi stakeholders al fine di farli lavorare
insieme sulla base di comuni obiettivi o problematiche, attraverso un processo di scambio di idee e conoscenze, e la messa a rete di
risorse finanziare e umane. Bramwell and Lane (Bramwell B., Lane B., 2000; Wang Y., 2008) sono stati tra i primi a riconoscere che
la combinazione di conoscenza, esperienza e risorse finanziare all'interno delle strategie collaborative, è in grado di produrre
consenso e sinergie tra gli operatori locali, portando a nuove opportunità, soluzioni innovative e un maggior grado di efficacia che i
singoli operatori non sarebbero stati in grado di raggiungere da soli.
A livello operativo, come affermato da Cederle (Cederle A. 2005), strutturare una comunicazione interna, è indispensabile per:
1. sviluppare una visione strategica relativa all’offerta e al brand della destinazione turistica, stabilendo un piano operativo e
di sviluppo condiviso
2. assicurarsi il supporto di esperti nel campo del marketing, tecnologia e turismo. La presenza di specialisti che hanno già
portato a termine progetti simili può essere importante per evitare di percorrere in proprio tutta la lunga curva di
apprendimento.
3. coinvolgere i principali operatori locali ed esterni di maggiore importanza, creando consenso tra gli stakeholders. Occorre
cioè scegliere i partner del progetto tra pubblico e privato, tra i più competenti, in grado di condividere best practice, un
ampio know how e conoscenze competitive e innovative
4. determinare le funzioni e il modello di business del DMO e del relativo sito web, rendendo il sito il punto di accesso
privilegiato all'offerta della meta (Cederle A. 2005)
7.5 Affrontare le barriere alla collaborazione: la legittimazione di un DMO
I vantaggi a livello di marketing della destinazione apportati dalla collaborazione di imprese private ed enti pubblici sono ampiamente
riconosciuti nella bibliografia internazionale (Buhalis and Cooper 1998; Fyall and Garrod 2004; Henderson 2001; Palmer and Bejou
1995; Prideaux e Cooper 2002; Saxena 2005, Wang Y., 2008), ma diversi obiettivi ed esigenze, dovuti alla natura diversa e
frammentata degli attori che compongono l'offerta di una destinazione, sono spesso delle importanti barriere alla collaborazione.
Questa situazione crea spesso una sfida che il DMO deve affrontare: come organizzare un piano di comunicazione online condiviso
e le attività di marketing in modo da avere dei benefici sia per i diversi stakeholders che per la destinazione? Uno studio realizzato
da Elbe, Hallen e Axelsson (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009) descrive come un DMO con poche risorse che si trova ad operare
in una realtà frammentata, può mobilitare gli operatori locali e trovare le giuste risorse per mettere in atto azioni di marketing a livello
di destinazione e sviluppare un gruppo collaborativo di attori. Le conclusioni dello studio si basano su un case study di un DMO
Svedese (BOX n. 9) e mettono in luce la necessita per i DMO di sviluppare la sua legittimazione. La legittimità viene infatti
riconosciuta dagli studiosi come il fattore cruciale per abbattere gli ostacoli alla collaborazione e creare un DMO di successo,
prendendo ad esempio quanto affermato da Suchman che definisce la legittimità come una "percezione generalizzata o presupposto affinché le azioni dell'ente siano desiderate, corrette o adeguate, all'interno di un sistema di norme, valori, credenze e definizioni". (Suchman 1995, p 574)
I ricercatori identificano tre diverse tipologie di legittimità:
legittimità cognitiva è fondamentale e si basa su strutture cognitive culturalmente e socialmente riconosciute. Un tipico
esempio di legittimità cognitiva in molte società è la condivisione di valori e principi democratici
legittimità pragmatica si basa sui benefici che possono derivare dalla collaborazione. La base di tale collaborazione è lo
scambio reciproco di benefici economici o benefici basati su interessi e valori comuni
legittimità politico-sociale si basa sulla percezione che l'ente rappresenta qualcosa di desiderabile da molti, con interessi
che vano al di là delle esigenze dei singoli direttamente coinvolti. Nei contesti stranieri la legittimità è definita ‘morale’ ma ,
in Italia è opportuno parlare di ‘politico-sociale’ perché la società politica è molto densa e pervasiva mentre la società civile
è molto debole, per cui i patti pre-politici o morali contano poco o niente anche nel turismo (Elbe J., Hallen L., Axelsson B.,
2009).
Lo studio evidenzia soprattutto l'importanza per un DMO di ottenere sia una legittimazione politico-sociale che pragmatica. La
legittimazione politico-sociale permette, infatti, al DMO di essere riconosciuto come l'organo rappresentativo di una destinazione,
grazie alla sua autorità e capacità di mediazione e di facilitatore delle aggregazioni, mentre la legittimazione pragmatica permette di
rendere il DMO l'organo atto a rendere una destinazione competitiva e di successo, grazie alle competenze e risorse possedute e
alle azioni promozionali messe effettivamente in atto.
BOX n. 9
La legittimazione del DMO della Provincia di Smaland (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009)
La provincia di Smaland è una destinazione di grande appeal per la Svezia e i paesi confinanti, come la Germania e la Danimarca.
E' una meta nota per le sue foreste, laghi, e cottage rossi. E' il luogo natio di Astrid Lindgren, il ben noto autore di letteratura per
bambini, a cui è stato dedicato anche un parco a tema. Secondo le statistiche turistiche svedesi, Smaland è la quinta destinazione
più visitata in Svezia. Il DMO di Smaland, STR, nasce negli anni Sessanta come responsabile per il marketing della regione, anche
se con il tempo ha sviluppato delle vere e proprie azioni di business in proprio, grazie all'offerta di pacchetti turistici e al ruolo di
intermediario nell'affitto di alcuni cottage nei mesi estivi.
Per sviluppare il case study sono state intervistate 22 persone, con ruolo di dirigenti o responsabili marketing, appartenenti a 18
imprese e organizzazioni diverse. Le interviste, insieme alla raccolta di documenti scritti e di materiale di marketing, sono state le
basi per strutturare il case study. Nel complesso sono stati analizzati sei diversi progetti che hanno previsto la collaborazione degli
stakeholders locali, con una cooperazione che spazia dall'essere limitata all'essere estensiva, come rappresentato dal grafico
sottostante.
Figura n. 32 I sei casi di cooperazione nel marketing della destinazione di Smaland
a) The bridge project. Il ponte Öresund attraversa lo stretto tra Svezia e Danimarca. Al fine di ottenere dei vantaggi
competitivi dall'apertura del ponte, con conseguente maggiore accessibilità della meta da parte del mercato Danese, Tedesco e
Olandese, il DMO locale (STR) ha strutturato nuovi prodotti turistici e pacchetti pensati appositamente per tali mercati. E' stata inoltre
avviata una collaborazione con il consorzio incaricato della costruzione del ponte, al fine di aumentare la legittimità morale del STR,
riconosciuto così dalla comunità locale come l'organo rappresentativo della destinazione turistica. Tale mossa strategica ha
contribuito ad incentivare l'unione di diverse imprese locali al fine di creare nuovi prodotti e pacchetti turistici. Il STR ha avuto così un
ruolo di regia e coordinazione dei diversi attori coinvolti, riuniti in piccoli e distinti gruppi. Uno dei gruppi ha inoltre avviato iniziative di
promozione congiunta dei prodotti realizzati, passando così da una cooperazione limitata ad una moderata.
b) Matchmaking. La legittimità pragmatica può essere raggiunta solo se gli attori locali pensano che possano derivare dei
benefici dalla collaborazione con il DMO e con i diversi stakeholders. Il STR ha sviluppato la sua legittimità pragmatica vendendo
pacchetti turistici e agendo come intermediario nell'affitto dei cottage nei mesi estivi. Negli anni il progetto ha portato all'aumento
delle relazioni commerciali con numerosi agenti di viaggio non solo dei mercati più importanti, come la Danimarca, Germania e
Olanda, ma anche con mercati emergenti per la Svezia, come la Russia e la Spagna. La possibilità avuta di sviluppare tale network
ha permesso al STR di sviluppare anche una notevole conoscenza del mercato turistico. Tali conoscenze hanno permesso di far
incontrare i differenti agenti turistici con i fornitori locali.
c) Marknadsgruppen. E' un gruppo di marketing formato dai diversi DMO della regione. A Smaland esistono 33 municipalità,
di cui la maggior parte con un proprio DMO, che sono stati riuniti in un'entità più grande. Il STR è uno dei membri del gruppo ed è
l'ente che ha voluto la costituzione dello stesso, forte della sua legittimazione morale che lo ha fatto percepire come il DMO ufficiale
dell'intera regione. Il STR rappresenta all'interno del gruppo le municipalità del nord di Smaland, mentre altri 3 DMO rappresentano il
resto dell'area. Il gruppo si occupa di questioni connesse al ruolo pubblico dei suoi membri, come la pianificazione turistica e la
lobbying politica riguardante il settore turistico. Il gruppo collabora anche con Smålandsgruppen (vedere il punto d) per la
pianificazione di attività di marketing della destinazione.
d) Smålandsgruppen. Il gruppo di Smaland è stato anch'esso voluto dal STR, che ne è il coordinatore, seppur si tratta di
un'entità più piccola in termini di numero di partecipanti. Gli altri membri del gruppo rappresentano le attrazioni locali de "Il Regno del
Cristallo" e "Il Mondo di Astrid Lindgren". Le attrazioni si trovano fuori dal territorio proprio del STR, sotto il territorio di altri DMO, ma
tuttavia hanno deciso di collaborare con il STR per la sua forte legittimità pragmatica percepita. Il STR è stato visto non solo come
un ente in grado di sviluppare le relazioni commerciali con mercati esteri, ma anche come un ente in grado di influenzare le strategie
di marketing dell'intera destinazione. Smålandsgruppen si occupa soprattutto di problematiche relative al business, come cercare
partner commerciali e partecipare alle fiere di settore.
e) Jönköping Convention Bureau (JCB). La fiera e conferenza Elmia ospitata nella destinazione porta una forte richiesta di
stanze di hotel durante il periodo dell'evento. Inizialmente le prenotazioni sono effettuate direttamente dai dipartimenti della Elmia. Si
è poi passati a degli accordi commerciali con gli hotel leader della zona, stipulando l'accordo che ha dato vita all' Hotellgruppen. Ben
presto si sono riscontrate delle problematiche tra le controparti, in quanto Hotellgruppen non è soddisfatta di come Elmia amministra
le prenotazioni, sopratutto in riferimento ad un'organizzazione poco efficace e trasparente. Il STR suggerisce allora di creare una
nuova entità in grado di prendersi cura delle prenotazioni alberghiere: viene creato così il JCB, che riunisce Elmia, Hotellgruppen e
STR. Il JBC si sviluppa nel tempo passando anche all'erogazione di servizi per gli organizzatori di eventi. Anche in questo caso la
legittimità morale di STR ha permesso di fargli ottenere un ruolo di mediatore nel risolvere il conflitto tra Elmia e Hotellgruppen.
f) Camping Smaland. Il camping è stato creato a supporto del parco a tema dedicato ad Astrid Lindgren. Il parco a tema,
infatti, non aveva un numero sufficiente di strutture ricettive in grado di soddisfare la domanda dei visitatori e, siccome molti di loro
arrivano in auto, il camping è risultato essere un'alternativa fattibile. Il parco a tema è interessato a raggiungere un accordo con i
camping circostanti, ma essendo piccoli e numerosi, è risultato impossibile trattare con loro separatamente ma in modo coordinato.
Nel contempo i campeggi sono interessati a offrire i loro servizi all'interno di un pacchetto che comprende anche la visita al parco a
tema. Viste le esigenze convergenti e le difficoltà tecniche di incontro dei diversi fornitori, dato il loro elevato numero, il STR ha
svolto un ruolo di direttore al fine di aiutare le parte a raggiungere un accordo e creare un'alleanza nota con il nome di Camping
Smaland. La possibilità dei camping locali ad avere accesso al know how di STR, al network di agenti di viaggio stranieri e alla sua
competenza nel creare e distribuire pacchetti turistici, ha permesso a STR di ottenere un ruolo strategico, proprio in funzione della
sua riconosciuta legittimità pragmatica.
In tutti e sei i casi sopra analizzati, il DMO ha svolto un ruolo di coordinamento per l’innovazione perché è stata riconosciuta la sua
legittimità perché ha agito nell'interesse dell'intera destinazione. Il ruolo di STR si è rivelato incisivo nell'influenzare lo sviluppo delle
collaborazioni; nell'aumentare la formazione e il know how degli attori locali e la loro conoscenza reciproca - attraverso meetings e
programmi educativi -; e nell'assumere il ruolo di facilitatore/ moderatore dove necessario per far crescere la collaborazione degli
stakeholders. Al fine di sviluppare una destinazione e un DMO di successo, occorre dimostrare, come ha fatto il STR, di possedere
una legittimità ‘morale’, al fine di essere comunemente indicato come l'organo rappresentativo della destinazione, ma anche di
possedere una legittimità pragmatica, essendo un attore con competenze e risorse adeguate ad aumentare la competitività della
destinazione.
7.6 Implicazioni manageriali: come mettere a lavoro le partnership collaborative
Creare un DMO di successo non richiede avere solamente buoni flussi comunicativi interni, che sono comunque alla base di
qualsiasi ente formato da molteplici attori locali. L'organizzazione interna di ruoli e tempi risulta, infatti, essere indispensabile per
mettere in opera un piano di azione, come dimostra lo studio già citato di Elbe, Hallen e Axelsson, realizzato grazie all'analisi del
modello organizzativo del DMO di Elkhart County, nel nord dell'Indiana (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009). A tal fine, gli autori
hanno esaminato il processo di collaborazione nel contesto di una destinazione turistica con lo scopo di comprendere la natura e la
dinamicità delle relazioni tra organizzazioni turistiche pubbliche e private, e le implicazioni pratiche di tali relazioni per lo sviluppo, la
pianificazione e il marketing turistico della destinazione. Si è quindi proceduto ad analizzare le relazioni esistenti nella destinazione
turistica Elkhart County, nel nord dell'Indiana. La meta selezionata si distingue per essere la seconda comunità Amish del nord
America e le attrazioni maggiori e i prodotti turistici sono collegati alla cultura Amish, tanto che la destinazione viene solitamente
promossa come " Northern Indiana Amish Country". Il DMO locale è Elkhart County Convention and Visitors Bureau (ECCVB),
rappresentante della comunità locale e dei diversi stakeholders, nonché l'organizzazione che si occupa del marketing a livello di
destinazione.
Le interviste realizzate sia ad alcuni componenti dello staff di ECCVB che ad alcuni stakeholders, hanno messo in evidenza 5 fasi
operative, 2 processi di collaborazione e 2 di comunicazione interna al DMO:
1. Processo di collaborazione: la costruzione delle partnership. Le interviste non hanno evidenziato particolari distinzioni tra
una fase ed un'altra per la messa a punto della collaborazione. E' in ogni caso possibile distinguere 5 fasi operative, come
illustra anche l'immagine sottostante:
fase di assemblaggio, in cui sono identificati i problemi e selezionati gli stakeholders
fase di ordinazione, in cui ci si occupa della formalizzazione degli obiettivi da raggiungere, la costruzione della fiducia e la
mobilitazione delle risorse
fase di implementazione, in cui si suddividono e assegnano i ruoli e le responsabilità
fase di valutazione, in cui si verifica se gli obiettivi sono stati raggiunti
fase di trasformazione, in cui si prendono decisioni sull'evoluzione della partnership o sulla sua fine (Elbe J., Hallen L.,
Axelsson B., 2009)
2. Processo di collaborazione: il livello di coinvolgimento nella partnership nelle diverse fasi. Il livello di coinvolgimento
rappresenta l'intensità del tempo e delle energie spese in ogni fase della collaborazione. Come evidenziato nell'immagine
sottostante dalla linea continuativa, esistono due picchi di coinvolgimento nella fase di assemblaggio e in quella di
implementazione
Figura n. 33 I diversi stadi di collaborazione tra stakeholders all'interno di un DMO (Elbe J., Hallen L., Axelsson B., 2009)
3. Processo di comunicazione: le strategie per gestire i conflitti. I conflitti nascono frequentemente durante i processi di
collaborazione e sono spesso dovuti a visioni diverse nelle strategie di marketing e di gestione del DMO, a conflitti tra
interessi personali e collettivi o tra competitor; per tale motivo le organizzazioni turistiche coinvolte nella partnership sono
spesso alla ricerca di soluzioni ai conflitti. Gli intervistati indicano che i conflitti vengono spesso gestiti attraverso la
comunicazione e il compromesso
4. Processo di comunicazione: la percezione della relazione tra benefici individuali e benefici comuni, e della percezione della
relazione tra competizione e cooperazione.
7.7 Conclusioni e limiti delle analisi
L'organizzazione interna di un DMO è volta a creare partnership collaborative per la promozione coordinata e condivisa della
destinazione. Quanto detto, in conclusione, porta ad evidenziare l'importanza di strutturare un'organizzazione flessibile e
collaborativa, attraversata al suo interno da flussi comunicativi e scambi di competenze, superando ostacoli e conflitti interni.
La legittimazione del DMO può portare ad attenuare i conflitti e le problematiche che ostacolano la collaborazione, mettendo in luce i
vantaggi che tali partnership portano sia alla destinazione che ad ogni singolo attore che ne fa parte. Nello specifico, i benefici
apportati dalla collaborazione con un DMO possono essere riassunti nei seguenti punti:
budget totali maggiori rispetto a quelli a disposizione del singolo, con il conseguente investimento individuale ridotto;
un'unica strategia di marketing per un'immagine più forte e dall'appeal maggiore per il turista, che attirerà maggiori flussi
turistici e un conseguente incremento del business;
fidelizzazione dei turisti
una condivisione di capacità e di know how non posseduti dai singoli operatori locali per promuovere efficacemente una
meta nel nuovo mercato turistico globale, tecnologico e competitivo;
una maggiore visibilità sul web grazie all'utilizzo dei nuovi strumenti di web marketing e del SEO, spesso proibitivi per le
piccole realtà, sia dal punto di vista dei costi, sia dal punto di vista delle conoscenze richieste per operare con le regole del
web 2.0;
possibilità di offrire informazioni e un prodotto completo ed integrato al turista, non realizzabile né dal singolo fornitore né
da altri enti presi singolarmente;
possibilità di diffondere le informazioni tra una rete di operatori ed enti, per far più facilmente circolare le notizie anche tra i
turisti.
miglioramento e valorizzazione delle attrattive locali e della qualità dei servizi erogati
definizione dell'USP (Unique Selling Proposition) del territorio con conseguente forte differenziazione dalla concorrenza e
aumento della sua notorietà, con benefici per il territorio e operatori locali
Il web e gli strumenti che l'ICT mette a disposizione possono facilitare la creazione di relazioni tra le parti costituenti il DMO,
attraverso reti intranet per la condivisione di informazioni, corsi di formazione online, scambio rapido di conoscenze attraverso il web,
la creazione di forum per il confronto delle idee e la proposta di nuove iniziative. E ancora, Internet, attraverso opportune strategie di
web marketing, può aiutare a diffondere il brand, i prodotti, servizi, la cultura e i valori di una destinazione, spesso con budget più
contenuti rispetto alla pubblicità sui mass media. Ma certo da solo il web non basta, occorre di fondo un'organizzazione fatta di
relazioni umane volte alla collaborazione e allo sviluppo di un gruppo, la cui creazione spesso va affidata ad un ‘facilitatore esterno’
che accompagna l’azione del DMO.
Nel rapporto tra DMO e società consiste la differenza tra i casi analizzati e la realtà italiana.
Il case-study svedese e quello americano dimostrano che in vari paesi ad economia avanzata (dagli Stati Uniti all’Australia, dal
Canada alla Gran Bretagna, dalla Germania alla Nuova Zelanda ecc.) il DMO affonda le sue radici nei livelli di partecipazione
democratica al business collettivo, basato sulla sicurezza ambientale e sulla fiducia nella reciprocità degli scambi, su valori socio-
politici che sono vivi ed operanti.
L’imitazione pratica (benchmarking) per l’Italia è problematica perché l’Italia deve affrontare limiti e barriere che non consentono di
applicare la ‘strategia di continuità’ e la crescita ‘incrementale’ di Smaland, che non è soggetta, ad esempio, alle fratture e alle
discontinuità indotte dal sistema politico italiano. Negli Usa e in Svezia la politica svolge un ruolo più distaccato e liberale, consente
al DMO di agire nell’interesse dell’intera destinazione, conquistandosi la legittimità sul campo, senza riceverla esclusivamente dalla
politica.
Giusto per restare sul piano comparativo, il case-study non è valido per la Cina, in cui lo sviluppo locale è deciso in modo
centralizzato e in base a gerarchie, familiari e politiche, e non in base a piani di marketing partecipato che farebbero perdere tempo
ad una èlite impegnata a velocizzare la crescita economica, senza attardarsi sulla ‘legittimazione’ delle autorità che operano in modo
autonomo e dal basso.
La debolezza della società civile, e non solo italiana, spiega perché la legittimazione del DMO deve essere prevista, in questi casi,
con leggi specifiche che ne determinano le caratteristiche distintive ma anche perché, quando si procede in tale direzione (ad
esempio, la legge nazionale e quelle regionali istitutive del sistemi turistici) non vi sono le risorse socio-politiche per implementare la
legittimazione prevalentemente pragmatica.
Pertanto, il processo di legittimazione in Italia segue una via più pragmatica nelle regioni in cui l’economia e la società civile sono più
vitali (in varie zone del nord), mentre nelle regioni meridionali essa passa dalla’azione politica per creare le condizioni che liberano
la società civile e il business turistico, si richiede una politica sociale (e poi economica) che modifichi le pratiche di sfiducia
condivisa sull’azione collettiva. Pertanto, il destination manager è , in Italia, un gestore che possiede anche competenze politiche
nel generare il capitale sociale favorevole ad una legittimazione certificata con leggi e provvedimenti amministrativi, che prevalgono
sulla legittimità pragmatica e talvolta ne prescindono (Costa, 2005).
In ogni caso, la tendenza in atto, indotta anche dall’avvento delleI&CT technologies, dai digital media e dal fatto che, attualmente
l’italia è in Europa aderendo all’Unione europea e all’euro, crea condizioni di crescente omogeneizzazione dei processi aggregativi e
di crescente convinzione liberale che la società civile (e l’organizzazione turistica) sia legittimata nella sua autonomia. Pertanto, è
fondata, anche se non riscontrabile in Italia in modo diffuso, l’idea-guida che la creazione di partnership collaborative sono alla base
della creazione del DMO, sono la fase 0 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo.
Delineate le caratteristiche e i ruoli di tale organizzazione, si può quindi procedere con la fase successiva: occorre capire come tale
DMO può svolgere il suo ruolo di promozione e di commercializzazione, avvalendosi degli strumenti che il web mette a disposizione,
nelle successive fasi della comunicazione online circolare, interattiva e discontinua.
Capitolo Ottavo
Dalla fase 1 alla fase 4 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo: il fil rouge dei flussi relazionali
-purpose: fornire un quadro generale di riferimento all'interno del quale ricondurre le diverse fasi del modello di comunicazione online
circolare, interattivo e discontinuo, delineando al contempo gli obiettivi e le strategie operative di ogni fase.
-metodology/design/approach: consultazione della letteratura internazionale e nazionale al fine di delineare le linee guida e analisi
di case studies … esemplificativi di alcune strategie adottate da DMO, italiane e straniere. Si evidenzia "come" operare online, al
fine di strutturare una comunicazione che si avvalga di nuove tecnologie e di internet, con un approccio web 2.0
-findings: convalida di una relazione tra il successo di una destinazione e quello di un DMO, focalizzando l'attenzione sugli indicatori
economici, di marketing e le connessioni interne alla comunità, come fattori di successo di una meta turistica.
-research limitation/implication: le fasi dalla 1 alla 4 sono un completamento del precedente capitolo, e dunque la loro lettura è
strettamente dipendente dalla fase 0. I contenuti trattati per ogni fase del modello di comunicazione sono volti maggiormente a
delineano un quadro generale di riferimento per la pianificazione delle azioni di web marketing di un DMO. L’analisi va completata i
con altri studi applicativi ed esperienze professionali.
-pratical implication: vengono messe in luce le attività operative per sviluppare una comunicazione esterna, diretta al turista,
successiva di una pianificazione per obiettivi della comunicazione interna al DMO e tra gli stakeholders.
-originality/value: il DMO viene visto come un organo di regia , che sviluppa un piano di comunicazione e web marketing che opera
‘tra’ e ‘attraverso’ le diverse fasi del ciclo spazio-temporale di un viaggio
-keywords: web marketing, sito internet, sito interattivo, costumer satisfaction, experience satisfaction, brand reputation,
procommercializzazione, internet mobile, marketing esperienziale, marketing relazionale
8.1 Introduzione. Dalla legittimazione alla progettazione
La fase 0 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, ha posto le basi per la creazione di un DMO, un
organo di regia attivo e propositivo, in grado di sviluppare un piano di web marketing condiviso dagli stakeholders locali per
promocommercializzare una destinazione turistica.
Alla fase 0 seguono altre quattro fasi operative, in grado di mettere in pratica le decisioni strategiche e tattiche prese. Se dunque la
fase 0 ha come finalità quella di creare una "community interna" volta a condividere e stabilire obiettivi, le fasi da 1 a 4 sono volte a
comunicare con il turista attraverso il web, in modo interattivo e discontinuo. I flussi comunicativi tra destinazione e turista sono il fil
rouge che lega le diverse fasi.
Vendere turismo è vendere sogni, occorre convincere le persone a vedere luoghi, a fare cose, a provare emozioni, a vivere
esperienze, e gli strumenti messi a disposizione da Internet possono essere un mezzo splendido per far sognare il turista e nel
contempo promuovere e commercializzare una meta. Ma, come afferma Baggio (Baggio R., 2001) "per vendere qualcosa bisogna che vi sia qualcosa da vendere. Il Web sposta il punto focale dal prodotto verso l'utente." Questo significa che occorre saper
strutturare un prodotto in base alle esigenze del turista, per poi promuoverlo e commercializzarlo. Cambiano così le prospettive
promozionali e comunicative, che diventano paritarie, creative, professionali e, soprattutto, orientate alla personalizzazione. Le
implicazioni per il management ricadono dunque in due categorie: la necessità di mantenere le informazioni aggiornate e la
necessità di organizzare le risposte agli utenti che richiedono informazioni, verso un modello di infocommerce interattivo.
Sul piano degli obiettivi professionalizzanti, si espone il percorso che un DMO deve seguire per creare un piano promozionale online
in linea con il modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo. Perciò, si è ritenuto opportuno scegliere un
approccio espositivo in grado di integrare suggerimenti applicativi provenienti da pubblicazioni scientifiche unite a spunti operativi e
linee guida fornite da consulenti ed esperti del settore coinvolti quotidianamente nell'applicazione di strumenti e strategie di web
marketing per aziende, hotel e operatori turistici.
Si evidenzieranno, altresì, i vantaggi competitivi che può portare l'adozione di un DMO per la promozione coordinata e condivisa di
una destinazione, apportando degli esempi pratici tratti dalla letteratura internazionale. Le conclusioni portano ad evidenziare
l'importanza di strutturare un'organizzazione flessibile, non gerarchica e collaborativa, attraversata al suo interno da flussi
comunicativi e scambi di competenze. Infatti, solo grazie ad cambio di prospettiva manageriale si potranno correttamente integrare
strategie promozionali online e gestire gli strumenti di web marketing.
Proprio durante il convegno Buy Tourism Online del 2008 si sono approfondite tematiche fondamentali per la gestione delle relazioni
con i turisti, dedicando particolare attenzione al marketing relazionale. Attraverso il marketing relazionale infatti un DMO attua tutte
quelle attività finalizzate a creare, mantenere e sviluppare le relazioni con i suoi clienti al fine di soddisfare il maggior numero
possibile di esigenze per un arco temporale lungo. L'arrivo di Internet ha aumentato le possibilità di comunicare con i turisti,
attraverso dei network relazionali (es. Social Media) che consentono un libero passaggio di flussi informativi in tempo reale, grazie ai
quali è possibile fornire maggiori servizi e, nello stesso tempo, raccogliere utili informazioni che permettono di conoscere meglio i
clienti realizzando, così, quello che viene definito marketing relazionale.
Con il marketing relazionale o CRM (Costumer Relationship Management) ci si riferisce quindi a tutte quelle attività dirette a iniziare,
stabilire, mantenere e sviluppare con successo delle relazione durevoli con il cliente, perseguendo come obiettivo la fidelizzazione
del consumatore. Il dialogo con il cliente attraversa quindi tutte e quattro le fasi del nostro modello di comunicazione online,
circolare, interattivo e discontinuo, dai primi contatti con il cliente attraverso il sito, social network o messaggi pubblicitari, fino al
momento dell'acquisto -online o offline - fino all'accoglienza in loco volta a rafforzare il dialogo iniziato nella fase pre-viaggio, e fino al
rientro a casa, dove il rilevamento della soddisfazione e il mantenimento di un dialogo risultano essere fattori chiave per la
fidelizzazione del turista. Il marketing relazionale aiuta perciò le destinazioni ad utilizzare in modo proficuo le informazioni provenienti
dal cliente, per appagare le sue aspettative, personalizzando il prodotto e aumentando la sua soddisfazione (Baggio R., Corigliano
M. A., 2006).
Conoscere il cliente, ascoltarlo e parlare con lui, creare un servizio ad hoc, gestire i reclami e i feed back, fidelizzare il cliente,
sembrano configurarsi sempre più come un tutt’uno che richiede azioni complementari e coordinate, lungo il cliclo spazio-temporale
della vacanza, in modo da gestire efficacemente tutte le fasi di contatto tra impresa e cliente. (Redazione Guida Viaggi, a cura di,
2006).
8.2 Fase 1: il sito di un DMO
8.2.1. Il sito del DMO strutturato intorno all'utente
La fase 1 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, è volto a fornire le linee guida per strutturare un
sito internet efficace ed efficiente, seguendo i valori e le strategie promozionali e di commercializzazione stabilite nella fase 0. Il sito
infatti, risulta essere il primo punto di contatto tra destinazione e turista nella fase pre-viaggio. E' quindi uno strumento fondamentale,
è il principale punto di accesso alla destinazione, ma è soprattutto uno strumento ad uso dei turisti e pertanto va realizzato intorno
alle esigenze e aspettative dei target che si vogliono selettivamente attrarre
Il DMO analizza le diverse tipologie di siti web, da quelli vetrina a quelli interattivi, al fine di definire i fattori chiave per la
realizzazione di un sito di qualità, riconoscibili in usabilità, attrattività e contenuti di qualità dello stesso sito. Quindi valuta le
soluzioni per una corretta promo-commercializzazione online della destinazione, al fine di rendere operative le partnership
collaborative, ma anche per fornire al turista un sito completo, che sia in grado di presentare la destinazione in modo olistico.
Progettare un sito vuol dire entrare nella testa degli utenti potenziali e poi procedere operativamente a realizzare il servizio che
soddisfa la sua esperienza (experience satisfaction)
8.2.2 Un sito ben strutturato
L'importanza di siti web ben strutturati sulle esigenze degli utenti (personalizzazione) non trova però spesso riscontro nella realtà.
Secondo un sondaggio realizzato nell’aprile 2009 dalla eDigitalResearch per la Frommers’s® Unlimited, svolto su un campione di
1.234 utenti provenienti da Regno Unito, America, Europa, Medio Oriente, Australia e Asia, che prenotano su Internet da uno a tre
viaggi l’anno, metà degli intervistati si lamenta della mancanza di chiarezza, delle poche immagini disponibili e di informazioni
(Booking Blog6 2009). Nello specifico, ben 4 utenti su 10 riferiscono di informazioni inaccurate, fuorvianti o scarse nei contenuti. Un
terzo degli utenti ha dichiarato di sentirsi frustrato per la mancanza di risposte alle proprie e-mail di richiesta informazioni e per aver
trovato servizi non prenotabili online e 1 utente su 10 dichiara che le agenzie turistiche non comunicano informazioni adeguate alle
proprie necessità. Solamente 8 utenti su 10 hanno dichiarato di trovare solo qualche volta le informazioni adeguate alle proprie
necessità.
I dati ben dimostrano l'incapacità di molti siti attuali di rispondere alle esigenze del turista, proponendo modelli ancorati ad una
comunicazione poco attenta, curata e interattiva, e troppo spesso autoreferenziale. In molti casi ci si imbatte in siti in fase
"embrionale", non in grado di sfruttare le potenzialità comunicative del web e, purtroppo, frequentemente neanche in grado di
rispondere ai minimi requisiti di usabilità. Invece, sono proprio l'utilità percepita dei contenuti e la facilità d'uso del sito, i fattori chiave
di successo, secondo quanto dichiarato dallo studio "Holiday Users of the Internet — Ease of Use, Functionality and Novelty" (Ryan
C., Rao U. 2008). Le conclusioni dello studio portano gli autori ad affermare la necessità per le destinazioni turistiche di puntare
soprattutto su siti funzionali, usabili e altamente informativi, piuttosto che su design attraenti o animazioni divertenti.
Numerose ricerche (Han J., Mills J. E., 2006; Wang Y., 2008; Cederle A., 2005) mettono in evidenza i fattori chiave per la corretta
realizzazione di un sito web. Le ricerche possono essere in alcuni momenti sovrapponibili, in quanto condividono alcuni fattori chiave
che si ritiene opportuno elencare brevemente di seguito, al fine di fornire una panoramica sullo stato attuale della ricerca applicata
alla realizzazione e strutturazione di siti internet:
1. I fattori estetici e di usabilità di un sito si riferiscono a tutti quegli elementi visuali in grado di sviluppare interesse e attrattiva dei
turisti, come ad esempio foto, colori, layout, video ecc. Tali elementi svolgono il ruolo di attrarre l'attenzione degli utenti al primo
colpo d'occhio, di creare un coinvolgimento emozionale istintivo. Il design non si esaurisce però, come spesso erroneamente si è
indotti a credere, in un layout attraente, ma fornisce elementi, come ad esempio contenuti facilmente leggibili, mappe del sito, link
corretti e pagine graficamente pulite, che rendono il sito usabile (Kim H., Fesenmaier D. R., 2008). Una buona qualità tecnica vuol
dire dunque avere un sito attraente e usabile, leggibile, razionale nell'uso della grafica e delle immagini, con un sistema di
navigazione e di link intuitivo
2. I fattori informativi si riferiscono a contenuti dettagliati su pacchetti turistici, prezzi e la cultura locale, e alla possibilità di fornir e
informazioni targettizzate che offrono una completa esperienza della località, unendo vari servizi e attrattive.
3. I fattori interattivi e relazionali di un sito web si riferiscono a tutti quegli elementi in grado di stimolare una risposta da parte del
turista, come la compilazione di moduli per la richiesta di informazione, l'invio di mail, l'acquisto di prodotti attraverso il sito, i
sistemi di pianificazione del viaggio, le community online.
4. I fattori transazionali si riferiscono alla possibilità di mettere in relazione domanda e offerta turistica in modo diretto al fine di
permettere la compravendita di prodotti e servizi turistici direttamente online
8.2.3 Contenuti e usabilità del sito centrato sugli utenti
Il primo step è definire che cos’è un sito e perché le ha caratteristiche speciali. Il sito web è costituito da una homepage e da un
numero variabile di pagine web , ognuna delle quali è un iper-testo (termine usato da Ted Nelson nel 1967) , cioè un documento
elettronico scritto in Html (hyper text markap language). Il sito è un enorme magazzino di informazioni o data base collegati tra di
loro in una rete di connessioni potenzialmente infinita. Dall’interattività (interazioni molteplici) alla non-linearità (spostarsi avanti o
indietro) , dalla multimedialità (risorse verbali, iconiche, audio, grafiche) alla ricercabilità (raccolta informazioni , dai collegamenti (i
link mettono in connessione le pagine) alla plasticità (riconfigurazione e modifica dei testi) ,il sito è un sistema ad alta complessità
Porsi la questione della complessità, ecco l’avvio. Creare il sito di un DMO significa innanzitutto porsi degli obiettivi a livello di
promozione, di brand e di ritorno di flussi turistici. Porsi degli obiettivi importanti implica però la consapevolezza di dover strutturare
un sito e un team di addetti in grado di gestire numerose complessità. Rodolfo Baggio (Baggio R. 2001) identifica diverse tipologie di
siti web, dai più semplici con ritorni ridotti, ai più elaborati e costosi ma dai ritorni elevati se ben gestiti.
Si possono identificare cinque categorie principali:
siti di presentazione: hanno un contenuto informativo essenziale e limitato, con un livello di interazione basilare;
siti vetrina: hanno un contenuto informativo vasto, con un'ampia descrizione dei prodotti e servizi, seppur l'interattività
rimane sempre limitata e basilare;
siti marketing: svolgono una vera e propria azione di comunicazione sia verso il consumatore, sia verso i fornitori o i
partner. Il loro contenuto informativo è ricco e suddiviso per target. L'interattività inizia ad essere presente grazie a
formulari e newsletter.
siti interattivi: presentano un contenuto informativo ricco e un'alta interattività; si tratta spesso di siti e-commerce
siti editoriali: nascono per informare e quindi il loro centro focale è la ricchezza di contenuti. L'interattività spesso è elevata,
grazie alla possibilità di accedere ad aree di discussione e servizi di personalizzazione dei contenuti.
Figura n. 34 Tipologie di siti internet (Baggio R.b, 2001)
Compresi gli obiettivi e le tipologie di siti maggiormente adatti, occorre strutturare il sito avvalendosi di esperti del settore, non solo
per la sua realizzazione strutturale, ma anche per progettare e curare i contenuti, oltre a gestire i servizi che vengono erogati tramite
il sito.
Per strutturare un buon sito, specchio dell'immagine del DMO, è spesso opportuno rivolgersi a professionisti di diversa tipologia, che
sappiano ibridare le conoscenze informatiche con capacità di dialogo, comunicazione e ascolto. Necessitano cioè professionisti che
sappiano decidere i contenuti da pubblicare e la loro suddivisione in base al target che si vuole attirare, in base all'andamento del
mercato, in base alla conoscenza delle esigenze di chi naviga online e delle regole del web, che sappiano scrivere testi, selezionare
immagini e realizzare video attraenti ed emozionali, che sappiano realizzare un sito funzionale.
La scelta dei professionisti è un processo decisionale complesso, che richiede calma e ponderazione. Il sito interattivo è il più
avanzato e redditizio ma anche il più inter-disciplinare. Rinvia alla figura dell’umanista produttivo (2009), che opera ‘tra’ e ‘attraverso’
la cultura umanistica, le tecnologia, il marketing management ecc. In particolare, i giovani universitari formati in turismo appaiono
andrebbero sempre coinvolti nel team Ciò esprime la maturità cognitiva del DMO nella direzione del knowledge worker e
dell’economia esperienziale che si basano sui gruppi creativi capaci di scambiare informazioni e saperi
Il team, preso atto della complessità del sito e delle tipologie, lo progetta in base ai ‘contenuti’ e all'’usabilità’ , i fattori considerati
indispensabili affinché sia ritenuto utile e affidabile; elementi che, se affiancati a corrette strategie comunicative, promozionali ed
esperienziali, possono rendere il sito di un DMO un punto di accesso virtuale privilegiato alla destinazione turistica.
Di seguito si andranno quindi ad analizzare i due fattori ritenuti chiave da qualsiasi studio in materia: i contenuti e l'usabilità del sito.
I contenuti " sono quelli la cui qualità è il motivo principale che spinge un cibernauta a ripetere una visita, sono quelli che costruiscono una positiva immagine dell'organizzazione che si propone in Rete, favorendone, di conseguenza, anche i ritorni commerciali. Come gli americani sostengono: content is king" (Baggio R., 2001). In un sito è cruciale rendere i contenuti curati,
attraenti e facilmente leggibili. Il discorso è ancor più rilevante se il target è un pubblico internazionale e una semplice traduzione dei
testi in diverse lingue può non essere sufficiente. Grande attenzione va messa nel creare un testo equilibrato nella forma, nello stile,
nelle animazioni e immagini oltre che nelle informazioni, né troppo sintetiche né troppo lunghe. Il pc infatti pone dei limiti alla lettura
dei testi: uno schermo di computer è più fastidioso Studi effettuati da Nielsen, esperto di usabilità, mostrano che la lettura su uno
schermo è più lenta del 25%, rispetto alla lettura tradizionale. Ma soprattutto mostrano che gli utenti non leggono le pagine web, si
limitano a scorrerle (Nielsen J., 1997). Altro aspetto importante in ogni testo online è la struttura dei link, il cosiddetto ipertesto. I
collegamenti ipertestuali (link) ad altri siti o pagine web sono una delle caratteristiche peculiari di internet e una delle più apprezzate
dai navigatori, proprio perché in grado di offrire fonti informative esterne che danno un valore aggiunto ai contenuti del sito. Sarebbe
quindi importante prevedere, oltre a link in entrata che aumentano sicuramente il posizionamento del sito sui motori di ricerca, anche
una serie di collegamenti con altri siti, che costituiscano un insieme di rimandi organizzato e attraente per il cibernauta. Gli effetti
principali sono di fornire contenuti utili agli utenti che saranno quindi maggiormente invogliati a tornare sul sito per vedere gli ultimi
aggiornamenti e link.
In conclusione, come affermato da Baggio (Baggio R., 2001), la scorrevolezza di una pagina è essenziale, e può facilmente essere
ottenuta grazie alle seguenti linee guida:
- curare la correttezza formale e stilistica, evitando assolutamente errori di ortografia e di grammatica;
- evidenziare le parole chiave o quelle più importanti;
- fornire titoli e sottotitoli che abbiano significato;
- usare liste e tabelle semplici;
- scrivere in maniera concisa;
- mettere un solo concetto in ogni paragrafo;
- impaginare razionalmente il testo evitando di sovraffollare lo spazio disponibile e lasciando spazi vuoti adeguati;
- cominciare con gli argomenti più importanti per poi passare ai dettagli;
- le illustrazione vanno bilanciate nel numero e nelle forme con i testi.
Il secondo aspetto da non sottovalutare, come detto, è l'usabilità del sito, cioè tutto ciò che rende il sito facile da leggere, ri-scrivendo
appunto i testi cartacei e intensificando la sua velocità di risposta.
Un sito ben strutturato infatti non si limita ad un design accattivante, ma deve unire estetica e facilità d'uso. A tal fine occorre creare
barre di navigazioni funzionali e chiare, che indirizzino correttamente il navigatore da una pagina all'altra, per farlo giungere in modo
rapido alle informazioni ricercate. La velocità è infatti un elemento importante, basti pensare che il tempo medio passato su una
pagina dal navigatore è di circa un minuto. Numerose sono le ricerche nel campo (Miller R. B.,1968) che mostrano l'esistenza di
tempi ben precisi che regolano le reazioni agli stimoli esterni e che fissano a 10 secondi il tempo limite di attesa per mantenere
l'attenzione dell'utente sul sito. Spesso poi per facilitare la fruizione del sito si può strutturare lo stesso in base a delle convenzioni
grafiche:
al marchio, posto in alto a sinistra, si associa spesso la possibilità di tornare in homepage
la parte destra dello schermo è dedicata a contenuti in evidenza o offerte particolari
la barra di navigazione è situata in alto in orizzontale
sulla sinistra in verticale sono posizionati i link che rimandano ad aree di contenuto
occorre ridurre al minimo lo scrolling per la lettura dei contenuti
quando il sito viene creato, devono essere sviluppati adeguati piani di promozione pensati per il target di riferimento, al fine
di attirare il maggior numero di potenziali consumatori "qualificati" (adatti a quei prodotti) per poterli convertire facilmente
da lookers in bookers
fare un uso sapiente del sito web per ridurre i costi (es. stampe, call centre)
per far funzionare il tutto, oltre ad un budget dedicato, occorre un expertise appropriato all'area web (Wang Y., 2008)
BOX n. 10
Un'ipotesi per misurare la qualità di un sito (Mongiello F. 2010; Faggiani G., 2011, AA.VV.g, 2010)
Lo studio di MTM IULM in collaborazione con Confturismo si pone come obiettivo quello di analizzare diversi portali turistici di
alcune destinazioni al fine di evidenziare delle linee guida in grado di valutare la qualità di un sito web. Si è identificato un campione
composto da 162 portali di grandi destinazioni internazionali. Il campione include portali di tre diversi tipi di destinazioni: gli stati, le
regioni e le città. In tutti e tre i casi si tratta delle principali destinazioni per arrivi internazionali riportate da fonti istituzionali,
opportunamente integrate con le regioni e le principali città italiane non incluse nelle “top destination” internazionali, al fine di avere
un quadro il più possibile completo del panorama italiano.
Lo studio si fonda sull'analisi di quattro prospettive: la prima valuta la website popularity dei portali, adottando i criteri di
posizionamento dei grandi motori di ricerca; e la seconda, la customer perspective, valuta l’accessibilità del sito, la facilità di
navigazione, l’attrattività del design e l’aggiornamento dei contenuti. La prospettiva di marketing effectiveness, fa riferimento al brand
della destinazione e alla presentazione del prodotto in rapporto alla segmentazione del mercato e ai diversi “turismi”, alle partnership
attivate e a tutto ciò che attiene alla comunicazione di marketing. La quarta prospettiva, la destination information, infine, valuta la
qualità dei contenuti veicolati in rapporto alle risorse del territorio, ai servizi e alle infrastrutture, ai trasporti e agli eventi, e tiene conto
non solo dell’utente finale, ma anche delle informazioni utili per gli operatori e per i media, comprese le gallerie di immagini (WTM 20
p 16).
I risultati della ricerca evidenziano che:
le destinazioni italiane, pur avendo avviato importanti politiche per lo sviluppo e il posizionamento delle destinazioni su Internet,
faticano ancora a concepire il web aldilà di una funzione basilare di informazione e vetrina;
nei portali di destinazione, in particolare in quelli italiani, l’utente ha ancora un ruolo passivo. In particolare, con riferimento al
web 2.0, si nota che l’Italia sfrutta meno dei concorrenti questa potenzialità, che invece si conferma come premiante: l’analisi
dimostra infatti che i portali turistici che hanno implementato strumenti di web 2.0 hanno anche una migliore performance
complessiva
i portali di destinazione, in particolare italiani, hanno un’identità ancora poco commerciale: il booking online è poco frequente,
così come la proposta di pacchetti;
per quanto riguarda il rapporto tra domanda e offerta, si rilevano strategie basate sul tradizionale prodotto arte e cultura rivolto al
segmento leisure individuale. La promozione si concentra sugli attrattori più tradizionali: le icone e il prodotto “arte e cultura”
sono gli elementi dell’offerta più frequentemente comunicati
il prodotto “eventi” è promosso molto frequentemente ma spesso manca un calendario strutturato a dimostrazione del fatto che
spesso, sia in Italia che all’estero, manca una gestione complessiva del prodotto eventi come leva di destination management e
di gestione dei flussi turistici.
Questa limitata identità promozionale e commerciale dei portali italiani, viene spiegata dagli autori con la debole azione di
coordinamento dei diversi DMO, che sono raramente strutturati secondo logiche di coordinamento del sistema di offerta e spesso
limitati alla funzione di promozione.
Se l'analisi condotta da MTM IULM in collaborazione con Confturismo ci fornisce un'ottima fotografia della situazione italiana,
soprattutto in riferimento all'adozione di strategie di web marketing, verso un'ottica web 2.0, poco ci dice sull'effettiva qualità dei siti
analizzati. L'analisi dei fattori interni al sito web include infatti la presenza di informazioni, immagini, virtual tour, caratteristiche di
usabilità e appeal del sito, ma come affermato da Mongiello (2010) manca un'analisi dei contenuti, sia testuali che visuali, in ottica
esperienziale.
Si tratta di fattori esperienziali a cui è difficile attribuire un valore oggettivo, in quanto sottoposti a valutazione altamente soggettiva,
ma è proprio la qualità emozionale di un sito a sedurre e quindi di accrescere il desiderio e la curiosità del potenziale viaggiatore
verso la destinazione. Solo una reale immedesimazione nel turista e un ascolto partecipato e attivo alle sue esigenze,
permetteranno di creare siti web realmente in linea con le emozioni ed esperienze ricercate dagli utenti attraverso un sito web. E
solo la propensione ad un continuo monitoraggio e miglioramento, oltre alla sperimentazione di azioni di marketing esperienziale
opportunamente mixate ad altri strumenti di web marketing (su tutti il video web marketing), potranno portare a creare un clima
maggiormente esperienziale, anche attraverso strumenti virtuali, quali i siti web.
8.2.4. Vincoli e opportunità: verso un sito di promo-commercializzazione della destinazione
Si sono evidenziate le caratteristiche essenziali che un sito deve avere. Adesso, si evidenziano alcuni vincoli e alcune opportunità
specifiche nella creazione di siti web per i DMO.
Il web può portare maggiori vantaggi diretti ai singoli partecipanti al DMO, e non solo all'utente finale. Se in passato gli sforzi
collaborativi tra stakeholders locali erano volti a realizzare brochure, azioni pubblicitarie o eventi, oggi, grazie ad internet, si può
andare oltre la promozione, arrivando a commercializzare i prodotti degli operatori locali attraverso un'unica piattaforma online.
Un’accelerazione non da poco. Si pensi che nel 2004 Janoschka (Janoschka A., 2004, pp. 132-157) definiva come web marketing il
web advertising, avvertendo che i tempi sarebbero stati lunghi prima di vendere on line non solo ticket aerei ma interi servizi
esperienziali che l’utente stesso avrebbe raccolto, comparato, selezionato e comprato: sottolineava soltanto il coinvolgimento
dell’utente nell’evento comunicativo, per cui l’azienda turistica si sarebbe rivolta al singolo turista in quanto individuo, sollecitandone
le emozioni e le conoscenze per offrire pacchetti personalizzati. Invece, in pochi anni siamo alla presenza di un’economia
esperienziale che consente la transazione completa, in cui si vendono relazioni e merci culturali nella stessa piattaforma, che sono
interrogabili e gestibili da chiunque, oltre il web advertising.
Dunque, il potenziale di tali sistemi risiede nel commercializzare i singoli servizi di cui il cliente ha bisogno, insieme alla possibilità di
fornire informazioni e una visione d'insieme della destinazioni.
L'opportunità di promo-commercializzare la destinazione attraverso partnership collaborative tra operatori locali favorisce la
creazione di forti brand a livello di destinazione (Williams A.P., Palmer A.J., 1999)ma offre anche la possibilità di condividere più
facilmente il know-how indispensabile per operare sul web.
Lo studio di Buhalis (Wang Y. 2008) evidenzia le competenze indispensabili per il team di un DMO, grazie ad un'analisi di diversi siti
di destinazioni turistiche. L'organizzazione interna e il contesto tecnologico sono i due fattori chiave per il successo del sito, tanto
che le conclusioni dello studio affermano che risultano essere indispensabili una struttura e cultura flessibili, creatività, abilità e
velocità di adattamento ai cambiamenti, un approccio organizzativo collaborativo, innovativo e favorevole alle tecnologie e
management aperto alle novità. Il successo di un sito di un DMO, oltre che da elementi tecnici già analizzati, quali l'usabilità e i
contenuti, è anche una questione di management e di organizzazione, proprio perché frutto della partecipazione e collaborazione di
operatori turistici molto diversi tra loro, con know how e competenze tecnologiche di differente livello.
I problemi legati alla creazione di partnership per la co-produzione creativa di un portale di destinazione sono socio-organizzativi.
Altre questioni si sommano in caso di creazione di siti e-commerce. Alcuni problemi legali si possono porre in caso di un DMO
costituito in parte da enti pubblici ed in parte da enti privati, che voglia commercializzare servizi, prodotti o pacchetti turistici.
Sviluppare una catena di valore che incorpora gli sforzi di marketing territoriale con il business dei privati è molto complesso,
soprattutto dal punto di vista legislativo nel caso in cui siano coinvolti enti pubblici (BOX 11).
Per rispondere a tali problemi, il libro edito dal World of Tourism Organization e dalla European Travel Commission (AA.VVi. 2008)
propone una raccolta di soluzioni adottate a livello internazionale da diversi DMO:
a) Il sistema di click trough.
La prima soluzione sviluppata da alcuni siti di destinazioni turistiche, è quella di ricevere solamente una commissione per ogni "click
trough" verso i siti degli operatori, una sorta di vetrina pubblica imparziale dell'offerta locale. Soluzione che certamente non implica
alcun coinvolgimento o sponsorizzazione pubblica di società ed enti privati, ma che spesso non riesce a fornire pacchetti completi e
innovativi. La semplice possibilità di cliccare sulla miriade di operatori locali, per essere re-indirizzati sul sito dei singoli fornitori per
l'acquisto, è una soluzione che dà visibilità nel mare magnum del web, e sicuramente si pone come incentivo alla collaborazione nel
caso in cui le commissioni per ogni click siano inferiori rispetto ai prezzi di mercato. Certo si rischia di frazionare la percezione della
destinazione, di non fornire informazioni integrate per fruire una vacanza e di incentivare i singoli marchi degli operatori e non un
unico brand.
b) scegliere o creare un partner commerciale unico, al quale delegare il ruolo di commercializzazione
E' un approccio che richiede una visione a lungo termine e un'attenta selezione del partner, che può, ad esempio, identificarsi in
un'agenzia di viaggi o tour operator locali, anche creati ex-novo. In questo caso il partner si occupa della commercializzazione,
mentre il DMO si occupa del marketing e promozione.
c) creare una piattaforma, interrogabile da chiunque tramite il sito internet del DMO, che rappresenti attraverso un database gli
operatori locali
Il DMO non agisce come un sito di e-commerce in senso stretto, ma mette gli operatori locali a sistema attraverso la creazione di
una piattaforma online. Ogni qual volta venga richiesta la disponibilità di un servizio, la piattaforma si connette ad un database
esterno, appartenente ad ogni singolo operatore, per effettuare la prenotazione. L'acquisto, pertanto, avviene tecnicamente
all'esterno della piattaforma del DMO, che si collega ai database dei singoli fornitori connessi al sistema. E' un sistema efficiente,
che non coinvolge il DMO direttamente nell'e-commerce, ma permette agli utenti di confrontare prezzi, disponibilità e fornitori, oltre a
richiedere un know-how decisamente inferiore rispetto alla creazione di un sito di e-commerce direttamente gestito dal DMO. Si
tratta però di una soluzione che richiede un'attenta verifica dell'operato dei diversi stakeholders, sia a livello qualitativo, sia a livello di
strategie di prezzi da essi operate.
BOX n. 11
Una piattaforma aperta a fornitori e distributori nel Queensland (AA.VVi.,2008, pp. 137-138)
Il problema
I centri di informazione turistica australiani (VICs) sono spesso costretti a confrontarsi con budget limitati e uno staff composto da
volontari spesso anziani, con realtà composta da piccole e medie imprese. L'efficienza sembra essere l'unica via d'uscita per offrire
un servizio di assistenza al turista, aiutando nel contempo il business locale e abbassando i costi.
Uno dei problemi sembra essere il booking: per effettuare una prenotazione i VICs devono chiamare telefonicamente le piccole e
medie imprese del territorio, per verificarne la disponibilità secondo quanto richiesto dai turisti. Se il fornitore non è immediatamente
reperibile, può significare fare ben 3 o 4 chiamate ad altri fornitori. In caso di pagamento dei servizi si utilizza, generalmente un
sistema manuale o, se esiste un sistema computerizzato sono richieste specifiche competenze del personale, spesso non
possedute. Spesso il cliente paga un deposito ai VICs e il rimanente al fornitore, ma ci sono anche casi in cui l'intero ammontare
viene liquidato presso i VICs, richiedendo un processo di pagamento al fornitore, commissione esclusa, che richiede tempo e
risorse.
La soluzione
David Phillips, presidente dell'Organizzazione Regionale del Turismo in Queensland, notò che, vista la situazione, alla Regione
occorreva una piattaforma aperta. Si creò pertanto il progetto "Queensland Online", ovvero una piattaforma aperta alla quale fornitori
e distributori potevano accedere liberamente in un ambiente commerciale neutrale, in modo efficiente.
Il piccolo centro di informazione turistica del Mackay è un buon esempio per capire come funziona la piattaforma. Mackay è un
piccolo paese della Regione, dove la disponibilità di strutture ricettive e di fondi sono molto limitate. Solo con una piccola manciata di
fornitori, il sistema è stato in grado di processare prenotazioni giornaliere, con un pagamento diretto ai fornitori. Si sono così
eliminate le centinaia di telefonate o i processi di pagamento manuali. La piattaforma ha permesso di risparmiare tempo, soldi e
migliorare il processo di prenotazione, dando grande visibilità a tutti i fornitori che vogliano inserirsi nella piattaforma.
Target
Hannah Kochevatkin del Mackay Tourism ha dichiarato che la loro scelta si è basata su due alternative: spendere una considerevole
somma di denaro per creare un proprio management system, che sarebbe sicuramente stato sottoutilizzato o, in alternativa,
utilizzare la piattaforma regionale del Queensland Online, senza dover effettuare investimenti. Scegliendo la seconda soluzione, il
centro di informazioni turistiche del Mackay può ora cercare disponibilità ed effettuare delle prenotazioni in pochi minuti, certi che il
fornitore riceverà una conferma di prenotazione tramite mail e il pagamento diretto.
Risultati
I risultati per il Mackay sono stati ottimi, considerando i limitati budget a disposizione e una realtà locale formata da piccole e medie
imprese. Inoltre, i volontari che lavorano presso il centro di informazione turistica, risparmiando più tempo nel processo di
prenotazione, possono dedicarsi a soddisfare un numero maggiore di richieste dei clienti.
In termini di benchmarking, si può sostenere che, a livello regionale, il web marketing della destinazione turistica può puntare su un
asset: l’ente regionale sa che molte piccole comunità sono interessate ad entrare in rete e a far parte della destinazione-regione,
per cui il compito del destination manager è garantire il loro accesso e accompagnarli concretamente nel verificare che la rete
territoriale può far crescere le prenotazioni e valorizzare anche un luogo che si vive come periferico.
8.3 Fase 2: promuovere il brand di una destinazione attraverso il web marketing
8 3 1. Comunicare il brand on lineLa fase 2, denominata ‘comunicare il brand on line’ è il terzo stadio del processo complessivo di programmazione del web
marketing ma la seconda nel modello di comunicazione online circolare, interattiva e discontinua Si focalizza sulla promozione di
una meta turistica attraverso il web ed è strettamente collegata alla fase precedente, ovvero alla creazione di un sito di destinazione.
Fare un sito, infatti, non è condizione sufficiente per riscuotere successo online perché la diffusione di siti web su Internet impone
ormai di effettuare una promozione mirata delle pagine che vengono messe in rete (Baggio R., 2001).
Alla luce di ciò, risulta evidente che un compito primario dell’organo di metamanagement del DMO è proprio quello di riuscire a
capire se la scarsa o ridotta capacità competitiva dipenda da problemi legati alla notorietà o all’immagine, al fine di riorganizzare il
media mix, utilizzando correttamente nuovi strumenti promozionali e comunicativi (Del Chiappa G. 2007). La promozione online,
come il mix promozionale tradizionale, serve a far conoscere la destinazione attraverso la comunicazione del brand agli intermediari
commerciali (canale lungo) e ai clienti finali (canale breve).
Obiettivo del paragrafo è delineare una panoramica introduttiva sul brand di una destinazione turistica, accompagnata da una
esposizione dello stato attuale della ricerca internazionale sulla comunicazione del brand online e dell'uso degli strumenti di web 2.0
nella promozione di una destinazione,. A tal fine verrà proposta l'analisi dei fattori che influenzano la comunicazione online della
destinazione turistica, sia a livello di utilizzo e adozione dei nuovi strumenti di web marketing 2.0, sia a livello di reticenze (?) che di
benefici innescata dalla promozione innovativa via web. .
8.3.2 Destination brand: definizioni
Per comprendere il ruolo del DMO nelle azioni promozionali, occorre innanzitutto definire il concetto di destinazione turistica e di
brand.
Secondo Buhalis una destinazione turistica è definita come una specifica area geografica in grado di attrarre turisti, grazie a una
vasta gamma di prodotti turistici forniti da imprese private, organizzazioni ed enti pubblici La destinazione può essere vista come un
brand costituito dall'immagine delle esperienze turistiche tra loro combinate, servizi e beni disponibili per il turista. (Buhalis D., 2000).
A fronte dei nuovi contesti sempre più competitivi, la vera fonte di differenziazione di una meta turistica non risiede solo nell'offerta
tradizionale di beni e servizi, ma piuttosto nell'offerta immateriale di esperienze ed emozioni coinvolgenti, che si concretizzano nella
marca o brand, che diviene, come affermato da Giacomo del Chiappa, "un asset immateriale che sintetizza l’intera storia evolutiva della destinazione e,non meno importante, l’insieme delle esperienze immateriali e emotive che i turisti hanno maturato nel tempo nei confronti dell’offerta sottostante" (Del Chiappa G., 2007).
Se ne deduce che il brand di una destinazione turistica può essere definito a sua volta come "l'insieme delle credenze e impressioni che le persone hanno di un luogo. L'immagine rappresenta la semplificazione di un insieme di associazioni e informazioni connesse ad un determinato luogo. E' sostanzialmente il prodotto della mente, un estratto delle informazioni essenziali provenienti da un grande numero di informazioni e dati di un luogo" (Morgan N., Pritchard A., Pride R., 2004, p.42)
Perché la destinazione sia ricondotta, in termini di presenza reale nel mercato turistico, ad un brand implica che i diversi attori, i
molteplici componenti dell'offerta turistica, agiscano in modo interdipendente per la promozione turistica della meta (Elbe J., Hallen
L., Axelsson B. 2009), tanto da far presupporre due funzioni chiave al brand: organizzativa e di marketing (Del Chiappa G., 2007)
Il brand è quindi la conseguenza di un’attività di organizzazione e di coordinamento dei diversi attori, al fine di condividere
un'identità e un obiettivo comune, che si concretizzano nelle azioni promozionali e di marketing. Comunicare un'identità distintiva e
univoca della destinazione, grazie al coordinamento e legittimazione del DMO con gli stakeholders locali, risulta essere un passo
indispensabile per assumere un collocamento nel mercato e nella mente dei turisti, senza creare immagini conflittuali
controproducenti (C. Gunn, 1972; M. Selby, N. J. Morgan, 1996) e cercando di minimizzare i "rumori" esterni provenienti dai media e
dal mercato che possono distorcere l'immagine comunicata.
Come dimostra il grafico sottostante, la collaborazione interna per creare un brand condiviso è solo il primo passo. Il brand va poi
comunicato correttamente e, ristringendo il nostro campo di analisi alla promozione online, occorre strutturare un'azione di marketing
coordinata, che non si limiti a proporre il brand sul sito web ufficiale, ma che sia in grado di sviluppare un piano promozionale online
e offline coerente, che attraversi tutte le fasi del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, al fine di creare
un'immagine e un'identità distintiva e nota. Un’immagine a cui si associano valori speciali che sono stati realizzati a seguito del
lavoro specialistico e amichevole svolto dal DMO dal basso, per cui l’immagine non è forte ma speciale, costruita attraverso la forza
creativa dei legami laschi sviluppati dal basso per premiare le prestazioni dei talenti locali nella ristorazione o nell’alberghiero o nelle
varie interdipendenze settoriali che danno sostanza, credibilità e familiarità (Costa, 2008).
Figura n. 35 La comunicazione del brand nel web
Sicuramente cimentarsi nella promozione online della destinazione significa confrontarsi con il continuo progresso tecnologico, i
media "globali" e "sociali" e l'aumento della competizione internazionale, che influiscono sempre di più sulla percezione di una
destinazione, sulla sua immagine e sui flussi turistici che vi si dirigono. La formazione del brand e la comunicazione turistica online in
senso lato, non è più un processo "push", di massa e a senso unico, ma un processo dinamico fatto di condivisione, riflessioni,
esperienze (Govers R., Go F. M., Kumar K. 2007). Dalla comunicazione a senso unico, si passa alla comunicazione bidirezionale e
interattiva, la sua caratteristica è la fluidità conversazionale, amichevole e specialistica. E' una comunicazione innovativa che si
alimenta di ascolto e conversazioni con e tra le persone, grazie all'utilizzo di media vecchi e nuovi che richiedono nuove competenze
e know how, per comunicare l'immagine di una meta ma soprattutto la sua reputazione (Iabichino P., 2009).
8.4 . Dal broadcasting al narrowcasting: le competenze per promuovere il brand di una destinazione online
8.4.1 Un cambiamento profondo ma non ancora compreso dal DMO
Internet è una tecnologia veloce a cui seguono dei cambiamenti sociali con importanti risvolti nel settore del turismo, sia nelle
modalità di promozione di una destinazione che nelle modalità d'uso dei nuovi strumenti promozionali online. "La Grande Rete è un ambiente in cui "pubblicare" è facile come leggere, marcando in maniera definitiva il passaggio dall'era dei media di massa all'era del medium per le masse"" (Granieri G., 2006 p 21), dove turisti, operatori turistici locali e DMO sono sempre più strettamente connessi
e dove la possibilità di dialogo e di ascolto da vita ad iniziative bottom up e a un nuovo modo di comunicarsi, meno autoritario e
autocentrato, più aperto alla conversazione paritaria. Possibilità queste, sconosciute nei media classici, dove domina la logica del
broadcasting, fondata su un palinsesto comunicativo rigidamente predeterminato a priori, senza possibilità di scelta o di intervento
da parte dell'utente, considerato passivamente ricettivo e massificato.
Le opportunità che Internet offre, invece, vanno nella direzione opposta, dove domina la logica del narrowcasting, fondata sulla
possibilità di ogni singolo di scegliere cosa leggere e ascoltare in base alle proprie esigenze, secondo una logica di "long tail", in cui
ognuno può potenzialmente costruire il proprio palinsesto informativo ma può, nel contempo, partecipare anche attivamente alla
creazione di contenuti, secondo un modello già definito prosumeristico.
Sicuramente i mass media attraverso cui fare pubblicità monodirezionale e generalista hanno il vantaggio di avere un vasto pubblico
e di permettere di raggiungere un numero altissimo di utenti, ma ciò non garantisce che la comunicazione porti concreti risultati. La
promozione online porta sicuramente numeri minori, ma si rivolge ad un pubblico certamente interessato, perché ha ricercato
determinate informazioni e non gli sono state imposte a priori. Su Internet si passa da una logica di quantità ad una di qualità del
pubblico, il che implica anche nuove capacità comunicative e molto impegno, proprio perché ci si rivolge spesso a piccoli gruppi di
persone altamente interessate e spesso altamente qualificate. La credibilità e la reputazione su tutti i canali online in cui si è
presenti, diventano così i cardini fondamentali per creare un brand di destinazione forte, in linea con il target di riferimento e con le
esperienze da loro ricercate (Booking Blog7 2010)
La situazione attuale di uso degli strumenti promozionali online, dalle tecniche pubblicitarie a pagamento (PPC, banner ecc.) agli
strumenti sociali (social network, forum, newsgroup, blog ecc.), non è però delle migliori. Studi internazionali (Wang Y., 2008)
dimostrano che la maggior parte dei DMO negli USA si limita a creare un mix promozionale poco innovativo.
L'immagine sottostante ben illustra come la maggior parte delle destinazioni utilizzi solamente rimandi al sito web sulle pubblicazioni
cartacee, pubblicità PPC sui motori di ricerca e ottimizzazione del sito attraverso meta-tags, mentre meno della metà del campione
utilizzi newsletter rivolti ad un database di indirizzi e-mail, banner e partecipazione attiva in newsgroup. Se ne deduce che le
potenzialità del mezzo Internet non vengono sfruttate o comprese appieno, limitandosi nella maggior parte dei casi a proporre azioni
pubblicitarie poco interattive, tanto che l'unico strumento promozionale "sociale" menzionato solamente dal 6.2% dei DMO sono i
newsgroup. Sono totalmente assenti strumenti come social network, blog o forum, mentre permangono numerosi strumenti
tradizionali come pubblicità su giornali, radio e TV.
Figura n. 36 Tipologie di tecniche promozionali adottate dai DMO (Buhalis 2003)
La situazione anche in Europa e in Italia, sembra ripercorrere i passi degli Stati Uniti d'America (BOX n. 12).
Per avere un quadro generale sull'uso e la propensione all'uso dei nuovi strumenti promozionali online, con particolare attenzione a
quei canali interattivi e sociali, cosiddetti web 2.0, si può guardare alle ricerche dell'Osservatorio Enterprise 2.0 della School of
Management del Politecnico di Milano. Le ricerche evidenziano che le principali barriere all'introduzione degli strumenti web 2.0 nelle
aziende italiane, "sembrano ricondursi non a barriere tecnologiche, che non vengono mai citate, quanto ad un gap di informazione e conoscenza (54%) e soprattutto, ad una scarsa conoscenza delle potenzialità (56%). Coerentemente a questa visione sono molte le organizzazioni che lamentano importanti barriere culturali (42%) all’introduzione di questi strumenti che scontano probabilmente paure e pregiudizi da parte di chi non ha compreso e fatto propri i principi di fondo dell’Enterprise 2.0." (Epifani F., 2009)
Figura n. 37 barriere all'adozione del web marketing
Le difficoltà vanno riscontrate soprattutto nel know how necessario all'utilizzo corretto dei nuovi strumenti di web marketing. Una
scarsa conoscenza dei meccanismi e degli strumenti online, infatti, unite alla paura di non poter gestire la comunicazione in modo
autoritario e controllato, genera in molti manager la perplessità nell'adozione e utilità di un piano promozionale online. Un
approfondimento viene da Arturo Salerno, esperto di web marketing, in un post pubblicato sul suo sito (Salerno A., 2010), facente
parte di un più ampio progetto che ha come obiettivo la realizzazione di un compendio che si basa sul concetto chiave: "il piano di
web marketing diventa piano di identità". Le perplessità riscontrate sono raggruppabili in tre macro gruppi: la difficoltà di coniugare
azioni online ed offline; la difficoltà di interagire e dialogare con il cliente; la difficoltà di strutturare un piano di comunicazione online
per mancanza di competenze e risorse umane a disposizione, confermando come le barriere principali all'adozione di nuovi mix
promozionali e comunicativi vengano da uno scarso know how e conoscenze delle logiche di Internet. Ritrosie sicuramente
comprensibili ma non giustificabili di fronte agli importanti vantaggi che una corretta presenza online può apportare. Come si vede
dall'immagine sottostante essere online permette di creare una community di clienti, attraverso la quale accrescere la reputazione,
fidelizzare i clienti, gestire i feed back negativi e creare fiducia. Creare una community attiva consente inoltre, grazie alla viralità di
alcuni messaggi e alla possibilità di condividerli con la rete di amici, di ottenere vantaggi a livello promozionale come, ad esempio,
incrementare la riconoscibilità del brand, aumentare il numero di clienti e di fatturato, rafforzare le relazioni, il coinvolgimento e la
fidelizzazione del cliente e, infine, conoscere in modo approfondito le esigenze del proprio target e i nuovi trend.
Figura n. 38 Quali vantaggi trarre dal web marketing (Salerno A., 2010)
BOX n. 12
Ricerca sul rapporto tra DMO ed uso dei social media (Marocchini A., 2010)
Da qualche anno le destination marketing organization (DMO) nazionali hanno sposato i social media, chi per convinzione chi per
cavalcare l’onda del web 2.0. Ma a distanza di qualche anno come va questo “matrimonio”? Quali strumenti usano i DMO e in che
modo? Come interagiscono con i propri fan/followers? E con quali risultati?
Una ricerca svolta dall’autore (tra Gennaio e Giugno 2010) sulle 5 principali destinazioni mondiali (Francia, USA, Spagna, Italia,
Cina) e su due destinazioni turistiche minori ma molto dinamiche online (Irlanda e Svizzera), cerca di comprendere meglio il
fenomeno per rispondere ai quesiti posti.
Gli esiti a volte sono sorprendenti.
LA RICERCA
I DMO usano tutti gli strumenti di base del webmarketing: banner, SEM (search engine marketing), SEA (search engine advertising),
SEO (search engine optimization), newsletter, email, co-marketing, affiliation, video. La maggior parte di esse usa anche i social
media per il proprio marketing online e sfrutta google maps per indicare e condividere luoghi e alberghi (tranne la Francia e l’Italia).
Poco sfruttato il blog come canale di comunicazione (lo usano 3 DMO su 7), viene usato principalmente dai DMO più piccoli (Irlanda,
Svizzera). L’advergame viene usato solo da un DMO (Francia) per promuovere particolari destinazioni legate al turismo famiglia o
giovane (es. Corsica). Sorprendentemente molti DMO non usano feed rss per condividere le proprie pagine e i propri articoli: solo 2
su 7 usano questo strumento (Spagna e Svizzera). Incredibilmente solo 3 su 7 DMO usano il pulsante send-to-friend per inviare ad
un amico o un conoscente il link alla pagina che si sta visitando.
Dall’analisi effettuata si può comprendere come i DMO abbiano da poco iniziato ad investire nella comunicazione online e finora
sono state capaci di sfruttare tutti gli strumenti base offerti dal web: quello che manca però è un vero approccio al web 2.0 e al
mobile, per ora riscontrato in modo insufficiente specie tra i DMO dei maggiori paesi turistici, mentre i più piccoli sembrano più
sensibili a questo tema e stanno iniziando a sperimentare social media e nuovi strumenti di advertising e branding online. Ad
esempio solo 1 DMO su 7 usa foursquare per il turismo mobile, mentre altri social media mobile non vengono presi nemmeno in
considerazione, un vero peccato dato che il turista usufruirà proprio dei servizi mobile nel momento in cui si svolgerà la sua vacanza
e si troverà in viaggio: proporre luoghi, negozi, attrazioni culturali, eventi, concerti e offerte promozionali attraverso questi social
mobile supporterebbe maggiormente la proposta turistica di una destinazione e catturerebbe l’attenzione del turista. Chicago, ad
esempio sta sfruttando questa possibilità attraverso foursquare (Explore Chicago) per proporre al turista in loco itinerari e attrazioni
turistiche che possono incuriosirlo e lo aiutano a scoprire lati “nascosti” della città attraverso la possibilità di ottenere badge se si
visitano luoghi specifici; in questo modo si incrementa il turismo “periferico” e si offre al turista un offerta estesa e originale, sempre
più personalizzata e georeferenziata.
L’analisi sui social media usati dai DMO conferma che la dimensione turistica delle destinazioni è inversamente proporzionale all’uso
dei social media: grandi destinazioni come Francia e Spagna usano solo le piattaforme più conosciute e mainstream, come
Facebook e Twitter. Altri (4 su 7) sfruttano anche social media come Youtube per condividere i video della destinazione. Solo le più
piccole tra quelle analizzate (Svizzera e Irlanda) hanno scelto di sfruttare altri social media come Flickr, Foursquare (Svizzera) e
Second Life (Irlanda). L’Italia addirittura non ha sfruttato nessun social network tra quelli analizzati preferendo sviluppare in casa una
piattaforma community (Join Italy) sicuramente poco visibile e non in grado di garantire lo stesso pubblico dei grandi social network:
gli iscritti sono molto pochi e sinceramente sembrano anche abbastanza inattivi e poco interessati.
ANALISI SPECIFICA DEI SOCIAL MEDIA:
I DMO usano facebook principalmente per postare notizie su luoghi, eventi e consigli di viaggio. Alcune di esse praticano molto
l’interazione con i propri iscritti (es. Irlanda e NY) mentre altre sono meno propense a interagire con i propri fan (Svizzera e Spagna).
Alcuni DMO utilizzano delle applicazioni virali per poter fidelizzare i propri fan: sfruttando la viralità di FB cercano di intrattenerli e nel
frattempo spingono a comunicare il loro gradimento per la destinazione attraverso l’applicazione (invita un amico etc…).
Alcuni DMO gestiscono in modo superficiale la fan page di Facebook. Ad esempio la Spagna non controlla pienamente i post
pubblicati dai propri fan: alcuni di essi addirittura propongono offerte turistiche di altre destinazioni, mentre altri DMO (come la
Svizzera) sono troppo formali e non interagiscono, pubblicando contenuti poco emozionali dal punto di vista del copy. Si è
riscontrato come alcuni DMO che usano un linguaggio informale e interagiscono fortemente con i clienti, abbiano poi anche risultati
migliori nel numero dei fan e nel loro grado di fidelizzazione verso la fan page.L’Italia non ha un account facebook ed è un peccato
dato che è una delle nazioni con il maggior numero utenti, potrebbe sfruttare questa caratteristica per il turismo interno e gli short
break.
Twitter viene utilizzato dai DMO principalmente per postare brevi notizie e link al portale per approfondimenti. Spesso vengono
retwittate notizie e curiosità da altre fonti e in alcuni casi si cerca anche l’interazione con i followers (NY e Irlanda). Si è riscontrato
come i followers e l’interazione con essi non siano legati tanto alle dimensioni turistiche della destinazione quanto al suo grado di
eterogeneità d’attrazione : più la destinazione è legata a vari asset (enogastronomia, moda, lingua, cultura, etc…) più ha followers. Il
dialogo su twitter infatti non è incentrato completamente sul turismo ma spesso copre anche altri aspetti della destinazione. Ad
esempio uno dei DMO con più followers è la Spagna, che pur interagendo poco riesce ad attrarre molti followers legati alla lingua e
alla cultura Spagnola. Nei suoi post non si parla solo di viaggi e turismo ma di musica, calcio, cucina, feste, eventi, etc… Le liste che
retwettano i tweet dei DMO trattano principalmente di viaggi e turismo, fanno eccezioni destinazione come la Spagna, NYC, Irlanda
che vengono usate anche da liste riguardanti moda, star system (NYC), cucina e lingua (Spagna) o musica e cultura (Irlanda).
Insomma su twitter un DMO deve farsi portatrice di tutti gli assets culturali e attrattivi di una destinazione, e non solo di turismo e
viaggi in senso stretto, se vuole avere successo ed essere seguita. L’Italia incredibilmente non ha un account twitter.
YOUTUBE
La maggior parte dei DMO usa youtube per proporre i video delle proprie campagne promozionali. I video sono realizzati in modo
professionale e hanno una risoluzione massima di 480p, non sfruttando cosi la possibilità dell’HD (720p o 1080p). Solitamente i
DMO postano 1 video al mese e sono seguite in media da 352 iscritti. Vengono visualizzati in media 10 video per visita. Solo 2 DMO
su 7 propongono nel canale video documentari di città, territori, feste ed eventi della destinazione (Spagna e Irlanda), ed infatti sono
i DMO più seguiti su youtube. I video sono molto evocativi ed emozionali, sono brevi e illustrano efficacemente in poco tempo tutti gli
aspetti legati al turismo, accompagnati spesso da sottofondi musicali attinenti alle immagini e alla destinazione. Resta però da
sottolineare come siano ancora pochi i DMO che stanno sfruttando a dovere questo strumento.
8.4. 2 Implicazioni manageriali per il DMO
La mancanza di conoscenza dei processi promozionali e delle "regole" del web non è una sorpresa: è un risultato atteso, perché è il
gap che la ‘società della conoscenza’ vuol riparare. La conseguenza è l’immersione nell'uso degli strumenti di web marketing e di
comunicazione online senza un preciso schema di azione.
Implementare la comunicazione strategica del brand richiede tre passaggi fondamentali (Del Chiappa G., 2007):
1. verificare l’esistenza di eventuali gap e discrasie tra l’immagine del prodotto/servizio del singolo operatore e quella della
destinazione nel suo complesso;
2. implementare un’efficace strategia di comunicazione integrata, ossia una strategia che abbia lo specifico obiettivo di
integrare e rendere reciprocamente coerenti i diversi contenuti, messaggi e strumenti di comunicazioni utilizzati dalle
diverse fonti;
3. misurazione della notorietà e dell’immagine della destinazione e nel loro sistematico confronto con quelli delle destinazioni
concorrenti.
Al fine di comprendere quali sono le azioni pratiche da attuare per pianificare un'attività in rete seguendo i tre punti sopra delineati da
ricerche scientifiche, si è preso come case study di riferimento quanto suggerito da Madri Internet Marketing, azienda che fornisce
formazione nel campo del web marketing. Mettere le basi per un piano di web marketing richiede di rispondere a degli interrogativi
basilari:
Analisi - Come agisce la concorrenza? Quali sono le caratteristiche e la vocazione distintive della destinazione?
Obiettivi - Cosa si vuole fare e comunicare, e perché?
Target - A chi ci si rivolge e perché?
Strategie - in quale modo raggiungere gli obiettivi? Quali strumenti utilizzare, e come? (SEO, PPC, Social media ecc.)
Tempi - in quali tempi raggiungere gli obiettivi?
Risultati - cosa si è ottenuto e perché? Come effettuare il monitoraggio?
Rispondere a queste domande permette di capire quali obiettivi realistici porsi in base ai bisogni e desideri del target e alle azioni
poste in essere dalla concorrenza; permette inoltre di comprendere quali messaggi e strumenti sono più utili per indirizzare le azioni
promozionali al target di riferimento, quali sono i tempi per ottenere risultati e verificare se gli obiettivi posti sono stati raggiunti
(Belemmi M., 2007)
8.5 Fase 3: l'accoglienza del turista in loco: internet mobile e marketing esperienziale
8.5.1. La ricerca di informazioni una volta giunti a destinazione
Le due precedenti fasi del piano di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo sono dedicate alla comunicazione e
promozione di una destinazione nella fase pre-viaggio, con lo scopo di fornire informazioni finalizzate a coinvolgere il turista e
invogliarlo ad acquistare e intraprendere un viaggio nella destinazione. Tutto sommato, ciò rientra nel mix promozionale ben
conosciuto dal DMO.
Il DMO online controlla, nel nostro modello, la comunicazione in tutte le fasi del viaggio perché Il turista è considerato un ricercatone
continuo di informazioni da quando parte a quando torna a casa. Valutare questa attitudine esplorativa vuol dire approntare servizi
per soddisfare il turista ricercatore di informazioni.
Il DMO cerca di delineare un filo conduttore in grado di attraversare la relazione tra turista e destinazione nella fase pre-viaggio,
durante il viaggio, nell’area di destinazione, nel post-viaggio e quando torna a casa, grazie all'uso del web. Il Web è sempre più
una piattaforma trasversale, che integra diversi mezzi di comunicazione, aprendo la strada, tra gli altri, all’Internet Mobile, ovvero
l'acceso al Web tramite dispositivi mobili, come il cellulare.
Uno degli elementi in assoluto più dinamici e a più veloce cambiamento che coinvolgono il settore del turismo è sicuramente
l’insieme degli strumenti di promozione e comunicazione a disposizione dell’offerta per intercettare e georeferenziare la domanda.
Questa evoluzione dipende da diversi fattori; in primo luogo dal velocissimo sviluppo di strumenti informatici che ha portato a una
pervasiva diffusione della rete Internet e alla sua accessibilità attraverso diversi canali di comunicazione, in particolare attraverso i
telefoni cellulari, che in pochi anni si sono trasformati in veri e propri smartphone, in grado di gestire contenuti multimediali sempre
più complessi, rendendo possibile l’accesso all’informazione in ogni luogo e in qualsiasi momento. Dall’altro lato si assiste a un
nuovo approccio culturale da parte della domanda turistica in tema di maggiore sofisticazione nella ricerca, fruizione e condivisione
delle informazioni circa la possibilità di soddisfare le proprie specifiche motivazioni di vacanza, non solo prima della partenza, ma
anche durante e dopo (Belloni F., 2010). Se, come visto, numerosi sono gli studi internazionali sulla ricerca di informazioni tramite
Internet nella fase pre-viaggio, grazie ai quali si possono delineare corrette strategie di web design e web marketing, pochi sono gli
autori che hanno studiato la ricerca di informazioni da parte del turista una volta giunto a destinazione.
A colmare questo gap, tra gli altri, lo studio "At-destination Visitor Information Search and Venue Decision Strategies" (Di Pietro R.,
Wang Y., Rompf P., Severt D. 2007) che delinea i modelli comportamentali di ricerca delle informazioni da parte del turista sia
quando è in transito verso la destinazione, sia nel momento in cui giunge nel luogo di vacanza. Infatti la possibilità di accedere al
web e cercare informazioni sulla meta e i suoi servizi anche una volta giunti a destinazione, tramite dispositivi mobili come i cellulari,
ha importanti ripercussioni nei modelli decisionali.
Se le passate teorie e modelli decisionali prevedevano un modello lineare di scelta finalizzato all'acquisto, oggi Internet sta
velocemente rivoluzionando tali modelli (Hwang; Fesenmaier, 2004). Come si è già appurato all'inizio di questo capitolo, se le
decisioni primarie (come il mezzo di trasporto, l'alloggio, il budget e il tempo disponibili, la scelta della destinazione) vengono prese
prima della partenza e a volte possono non seguire un criterio di scelta lineare nel tempo; le decisioni secondarie (come esperienze
di intrattenimento, escursioni, attività, ristoranti ecc.) vengono oggi prese sempre più spesso sul luogo, sia grazie all'aiuto di nuove
tecnologie e internet mobile sia grazie all'aiuto più classico degli infopoint e centri visitatori. (Fodness; Murray,1997)
Mettendo a confronto le decisioni primarie e secondarie con le diverse fasi decisionali dal pre-viaggio, al transito fino all'arrivo a
destinazione, si evidenziano i seguenti risultati:
le decisioni che vengono prese quasi in egual numero prima della partenza e a destinazione riguardano le attività ricreative
e di intrattenimento;
le decisioni che vengono prese in maggior numero a destinazione riguardano i ristoranti;
le decisioni che vengono prese in maggior numero prima della partenza riguardano l'alloggio e il trasporto;
le donne tendono a prendere le decisioni di acquisto prima della partenza, mentre gli uomini tendono a prendere la
decisione una volta giunti in loco;
i viaggiatori leisure tendono a prendere le loro decisioni sulle attività di intrattenimento nella fase pre-viaggio, seppure
notevoli differenze sono state riscontrate per i viaggiatori domestici e quelli internazionali. I viaggiatori domestici, infatti,
tendono a prendere tali decisioni prima del viaggio, mentre i turisti internazionali sono più propensi a scegliere le attività
ricreative in loco. Tali differenze comportamentali possono far facilmente intuire un gap comunicativo delle attrazioni e
servizi locali che, se non noti prima della partenza, vengono usufruiti e acquistati durante il viaggio. Sia le nuove tecnologie
mobile che il ripensamento in ottica di accoglienza dei centri di informazione turistica, possono sicuramente colmare tale
gap, fornendo le informazioni e i servizi realmente ricercati dai turisti nel momento in cui giungono a destinazione.
8.5.2. Internet mobile: un nuovo strumento per vivere la destinazione ed implementare il marketing esperienziale.
Vista la crescente popolarità delle tecnologie mobile nel campo turistico, ci si propone di fornire un framework concettuale che
spieghi i fattori che maggiormente influenzano l'accettazione dei devices mobile da parte dei turisti, grazie all'aiuto della ricerca
internazionale: A Model of Traveller Acceptance of Mobile Technology (Kim D., Park J., Morrison A. M. 2008).
I risultati della ricerca mettono in luce la presenza di due variabili esterne (l'esperienza nell'uso della tecnologia e l'esperienza di
viaggio) e due determinanti influenti (percezione dell'utilità e percezione della facilità d'uso). I quattro fattori insieme, infatti,
determinano l'attitudine degli utenti all'uso delle tecnologie internet mobile, seppur è dimostrato che sono soprattutto l'esperienza
con la tecnologia e l'esperienza di viaggio ad incidere maggiormente nell'uso di tali dispositivi all'interno di un contesto di viaggio, sia
per l'acquisto di servizi (m-commerce) sia per la fruizione della meta. I risultati mostrano inoltre che sono proprio i frequent travellers
ad utilizzare maggiormente i dispositivi mobile e fornire connessioni wireless in hotel o luoghi pubblici possono portare ad un
incremento della fidelizzazione e degli acquisti tramite m-commerce, soprattutto se i servizi di connessione al web vengono resi
gratuiti o a costi bassissimi.
La consultazione di Internet da mobile, a differenza della consultazione tramite PC, permette di reperire delle informazioni in
relazione alla posizione fisica dell’utente, grazie all’uso della nuova generazione di cellulari e al sistema GPS. I servizi al turista
tramite questa nuova tecnologia potrebbero così spaziare dalle informazioni per la visita di un museo o di una città, alla disponibilità
di informazioni su un evento che si svolge a poca distanza dal turista o le informazioni sui servizi basilari, come gli orari dei treni,
delle banche e dei servizi pubblici in genere, con la possibilità, inoltre, di localizzare e georeferenziare le informazioni che vengono
fornite, oltre che di acquistare e prenotare biglietti per concerti, mostre, treni ecc. E proprio sulla possibilità di effettuare delle
prenotazioni, si presentano interessanti sviluppi per hotel, voli aerei e mezzi di trasporto in genere, pacchetti turistici, gite ed eventi. Il
cosiddetto m-commerce, ovvero il commercio elettronico tramite dispositivi mobili, è solo all'inizio, ma già interessanti ricerche
emergono sull'uso del cellulare e degli smartphone per l'acquisto di beni e servizi, come dimostra la recente ricerca di eMarketer.
Figura 38. Mobile Commerce, confronto tra possessori di cellulari e di smartphone
Figura n. 39 uso dei cellulari per lo shopping
Come si può notare dal grafico, la maggior parte di chi utilizza un cellulare di ultima generazione, come gli smartphone, è
maggiormente propenso all'uso delle nuove tecnologie e all'acquisto online, al contrario di chi possiede dei normali cellulari, dalla
tecnologia meno sviluppata. La maggior parte degli utenti, infatti, si limita anche da cellulare, a ricercare informazioni, disponibilità o
sconti last minute. Importanti barriere, quindi, si pongono per l'adozione delle ultime tecnologie. Seppur le tecnologie mobili di ultima
generazione e il wireless sono ormai sufficientemente sofisticate da permettere la creazione di applicazioni veramente utili in campo
turistico e m-commerce, rimane certo ancora molto da fare per arrivare a creare dispositivi accettabili e usabili dalla maggior parte
degli utenti, che siano molto intuitivi ed economicamente alla portata di tutti (Bisiani B., 2006, pagg. 1-4).
Una ricerca di Baggio e Corigliano (Baggio R., Corigliano M. A., 2004), condotta su un campione di studenti universitari italiani,
dimostra infatti che, per rendere la tecnologia accessibile, anche economicamente, ad una vasta popolazione, occorre raggiungere
una massa critica di utilizzatori di internet mobile e le tecnologie 3G. I risultati della ricerca affermano che la questione chiave per il
successo di questi servizi di tecnologia mobile è la capacità di fornire contenuti attraenti e a prezzi ragionevoli. Un aumento del
numero dei clienti è fortemente collegato a questi elementi e può portare a sua volta ad un ulteriore incremento della clientela,
generando un circolo virtuoso di valore aggiunto (Valente T. W.,1995) notando che la massa critica è raggiunta quando circa il 10% -
20% del mercato potenziale hanno adottato l'innovazione. Lo studio dimostra che il tempo necessario per raggiungere una massa
critica di utenti di tecnologie 3G Mobile, dipende soprattutto dalle dinamiche del mercato. Molte sono le condizioni che devono
essere presenti per raggiungere una massa critica di utilizzatori, con riguardo soprattutto al prezzo e alla disponibilità dei servizi,
oltre che alla presenza di infrastrutture tecnologiche adeguate. Il questionario realizzato e a cui si sono sottoposti un campione di
studenti italiani dimostra un'attitudine in gran parte positiva verso l'utilizzo delle tecnologie mobili (71.1%) e la maggior parte ha
dichiarato di essere propenso a pagare per ottenere servizi mobile proprio perché si riconosce un potenziale di valore aggiunto di tali
servizi pari a un incremento di utilità del 20% - 25%.
La preferenza degli intervistati va a servizi collegati al turismo, il ché dimostra che le implicazioni della tecnologia mobile di nuova
generazione e delle tecnologie wireless nel settore viaggi e turismo sono molto importanti. Si fa sempre più sentire la necessità per i
viaggiatori di ricevere informazioni in tempo reale per avere un'assistenza nella pianificazione delle attività turistiche mentre
viaggiano. I viaggiatori, sia leisure che business, vogliono servizi informativi veloci, flessibili e convenienti sulle attrazioni che una
destinazione offre (BOX n. 13). Siau (Kim D., Park J., Morrison A. M. 2008) identifica le quattro caratteristiche chiave della
comunicazione mobile, che rendono l'uso di tale tecnologie utile ai fini della fruizione ed esperienza turistica:
ubiquità: si possono raggiungere le informazioni ricercate in qualsiasi luogo e momento;
personalizzazione: le informazioni possono essere personalizzate in quanto sono per loro natura on demand e
georeferenziate, quindi i dispositivi mobile forniscono solamente i contenuti utili in base alla collocazione geografica;
flessibilità: i dispositivi mobile permettono di ricevere informazioni nel momento in cui necessitano, essendo portatili;
disseminazione e viralità: internet mobile permette di diffondere messaggi a più utenti.
La ricerca di maggiori informazioni, dettagliate e personalizzate, nel momento dell’arrivo sul luogo di vacanza è testimoniato anche
dai modelli di navigazione, nettamente diversi tra pc fisso e internet mobile (Okazaki S., Hirose M., 2009). Nel primo caso infatti,
come dimostra il grafico 21, l’utente non è ancora giunto a destinazione, e si fa un grande uso dei motori di ricerca, al fine di trovare
il maggior numero di informazioni per la visita del luogo di vacanza.
Figura n. 40 Utilizzo di internet da pc fisso (ShinyStat 2008)
I modelli di navigazione cambiano nettamente da dispositivo mobile, come dimostra la figura n. 41 in quanto, giunti sul luogo di
vacanza, gli utenti tendono a ricercare le informazioni necessarie tramite richieste dirette ai fornitori locali di servizi turistici.
Figura n. 41 Utizzo di internet da dispositivo mobile (ShinyStat 2008)
Si crea così l’opportunità per fornire servizi non solo personalizzati e in qualunque momento della giornata, ma anche
contestualizzati all’ambiente che circonda il turista. Grazie a i dispositivi di ultima generazione è infatti possibile localizzare le
persone, gli oggetti e i luoghi, facendo interagire il turista con l’ambiente circostante, e ricercando i servizi di cui necessita che si
trovano nelle vicinanze, come hotel, negozi o attrattive, fornendo anche informazioni complete e pertinenti (Buhalis D., Lawb R.,
2008). La conoscenza di dove si trova l’utente ha molti vantaggi, sia per l’utente che per la destinazione turistica: semplifica la
fruizione di una località, permette di avere solo le informazioni rilevanti in una data posizione, aiutando l’utente alla localizzazione di
aree e eventi di interesse non noti, oltre che a facilitare l’orientamento in un luogo sconosciuto.
BOX n. 13
Internet Mobile nel turismo: esempi (Morresi A.,2008; Geoblog; Giscover)
Di seguito verranno presentati degli esempi di servizi internet mobile applicati al settore turistico, al fine di fornire una panoramica di
servizi possibili che utilizzano tecnologie mobile, dalle più semplici a quelle più sofisticate.
Ad esempio, il progetto “A spasso per la Valle d’Aosta” è un servizio realizzato da Vodafone, in collaborazione con alcuni assessorati
della Regione Valle d’Aosta. I turisti dopo aver mandato un SMS contenente il nome di un comune valdostano seguito dalla parola
“Sentieri”, “Ristoranti” o “Eventi”, restituisce via MMS rispettivamente l’elenco delle escursioni da fare in giornata nell’area scelta con
i relativi codici dei sentieri, una lista dei ristoranti presenti nel luogo o eventuali eventi in programma nell’area di interesse, tutti
corredati da una breve descrizione. Inviando poi un secondo SMS con il codice del sentiero che si vuole percorrere, oppure con il
nome di uno dei ristoranti proposti, si riceverà un ulteriore MMS con informazioni approfondite su quanto richiesto. Un’iniziativa come
questa mostra quanto sia facile offrire un supporto “geolocalizzato”, economico e senza grosse barriere per la fruizione, dato che la
quasi totalità dei device in giro è in grado di ricevere MMS, senza la necessità di possedere l’ultima generazione di telefonini.
(Morresi A., 2008).
Soluzioni più evolute, che usufruiscono dell’internet mobile propriamente detto, sono presentate da un altro progetto, il geoblog della
Via Francigena del Lazio. Lungo le tappe della Via Francigena, che dall’alto Lazio vanno verso Roma, è possibile, attraverso i
commenti propri della pratica blog, in linea con i dettami Web 2.0, rilasciare le proprie esperienze sia culturali sia turistiche del
viaggio intrapreso, creando un percorso georeferenziato che possiede il valore aggiunto rilasciato dalle recensioni di altri utenti
(http://geoblog.it/francigena/).
Sulla stessa linea ma sicuramente di maggior interesse e completezza, è il programma creato da Giscover web 2.0, che aiuta il
turista a pianificare in modo personalizzato la propria esperienza turistica, oltre a fornire aggiornamenti in tempo reale per
partecipare ad eventi o essere informati sui ritardi dei mezzi, sul meteo, ecc. All’efficienza dell’infomobility si aggiunge la presenza di
una community, che suggerisce itinerari percorsi da altri utenti, fornendo inoltre foto, video e musiche. Ovviamente ogni itinerario è
georeferenziato, con la presenza di strutture ricettive, ristoranti, luoghi di interesse, visibili anche grazie a ricostruzioni 3D. Infine il
progetto si completa con la possibilità di prenotare hotel, auto e quant’altro e di ricevere informazioni complete in base alla
collocazione geografica dell’utente (http://www.giscover.com).
I contenuti e i servizi particolarmente adatti alla tecnologia 3G mobile sono da sempre stati identificati con servizi geolocalizzati, che
aiutano concretamente il turista a fruire della destinazione turistica in modo interattivo. Non si tratta dunque più di limitarsi a fornire al
turista foto, video e informazioni; si tratta, invece, di fare un qualcosa in più, che aiuti il turista a fruire del luogo, delle sue tipicità,
degli eventi, creando un’immersione totale, coinvolgente, interattiva ed esperienziale con la destinazione turistica. La sfida, al giorno
d’oggi in un comparto turistico caratterizzato da un’esasperata concorrenzialità, non è più quella tra prodotti, ma quella tra percezioni
attorno ai prodotti; e sono allora la comunicazione e l'esperienza in loco a fare la differenza. Proprio per questo da diversi anni si
parla di marketing emozionale o dell’esperienza.
Teorizzato da Bernd Schmitt (Schmitt B., 1999), professore alla Columbia University, il marketing esperienziale è così definito in
quanto si basa più sull’esperienza del consumo che sul prodotto in sé, come brevemente illustrato nel grafico sottostante. Obiettivo
primario della strategia di marketing è individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio il turista o ,meglio, il post-turista di
massa, i cui stili di vita si sono formati nel periodo della società post-industriale (dalla metà degli anni Settanta ad oggi)
MARKETING TRADIZIONALE MARKETING ESPERIENZIALE
Qualità del prodotto e servizio Qualità dell'esperienza
Homo oeconomicus Home ludens
Bisogno Desiderio e piacere
Agire di consumo razionale Agire emozionale
Benefici e attirbuti Stili di vita ed esperienza olistica di consumo
Scopi Processi e relazioni
Figura n. 42 Confronto tra Marketing Tradizionale ed Esperienziale
A differenza del marketing tradizionale, che attribuisce importanza soprattutto alle caratteristiche di un prodotto o di un servizio, il
marketing esperienziale rivolge la sua attenzione al cliente e a migliorare, se non a rendere unica, quella che è la sua esperienza di
fruizione della destinazione turistica. (Baglini L., 2006).
Tuttavia, non è opportuno enfatizzare troppo l’idea che sia l’I&C technologies ad aver determinato l’avvento del marketing
esperienziale. La concezione del turista come un soggetto non totalmente razionale perché molte scelte d’acquisto sono dettate
dalle emozioni o dall’istinto sono presenti negli studi pioneristici di psicologia sociale del turismo sin dai primi anni ottanta (Pearce,
2002). La classica logica “bisogno-acquisto-beneficio” si mostra fragile, presuppone un turista perfettamente informato e
perfettamente consapevole di quale sia l’utilità massima procedendo all’acquisto. Così non è, visto che non sempre gli acquisti
vengono effettuati con razionalità limitata (asimmetrie informative) più spesso alla razionalità si accompagna un’alta percentuale di
emozionalità indotte, ad esempio, dal valore sociale del ‘prestigio’, non riconducibile ad un calcolo utilitaristico ma al mondo
simbolico per marcare differenze sociali.
Ciò è tanto più vero in quei settori, come il turismo, in cui il servizio offerto ha valenze e connotazioni intangibili e permeate di
emozionalità, mentre le attività veicolano simboli di appartenenza a gruppi sociali che amano distinguersi anche scegliendo vacanze
speciali per connotare un’esperienza per ‘pochi’ oppure per gruppi che praticano attività ricreative ( culturali o sportive) che
richiedono competenze specialistiche.
Le ricerche, che analizzano congiuntamente le esperienze e l’ICT , hanno ripreso principi teorici già presenti nel dibattito scientifico
di fine Novecento, rendendole più complete e applicative.
Secondo Bernd Schmitt (Schmitt B. 1999) esistono cinque diversi tipi di esperienza, seguendo i quali si possono pianificare diverse
strategie di marketing mix:
• Sense experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale;
• Feel experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni;
• Think experiences, ovvero le esperienze creative e cognitive;
• Act experiences, ovvero le esperienze che coinvolgono la fisicità;
• Relate experiences, ovvero le esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo.
Il Sense è il primo e più basso livello di esperienza, in quanto si tratta di un modulo che costruisce esperienze sensoriali utilizzando il
gusto, l’olfatto, il tatto, l’udito e la vista. L’attivazione dei sensi è presente già in Urry (1990) che evidenziò lo ‘sguardo’, ma è stato
Wang (2000) ad evidenziare la tendenza dall’oculocentrismo alla polisensorialità, testimoniata, ad esempio, dalla realizzazione dei
musei scientifici con finalità didattica che, da Barcellona a Glasgow, vengono definiti dei ‘cinque sensi’perché i progettisti vogliono
soddisfare la polisensorialità dei post-turisti di massa.
Il secondo stadio di marketing esperienziale è il Feel, al quale afferiscono le esperienze affettive e interiori del cliente. L’obiettivo è
di suscitare emozioni, sentimenti, stati d’animo. Il prodotto deve essere in grado di giocare con il mondo delle emozioni del
consumatore postmoderno. Già Cohen (1985) aveva teorizzato che i games dei turisti sono radicati nel bisogno antropologico del
play. In questa prospettiva rientrano immagini, video e suoni che sono da sempre il veicolo d’eccellenza per le emozioni a cui
spesso vengono associati prodotti e destinazioni, che diventano ‘places to play and places in play’ (Sheller e Urry, 2004)
Il modulo del Think ha l’obiettivo di creare stimoli ed esperienze per la mente. Esso fa appello alle capacità intellettive e creative
dell’uomo, alle sue abilità di problem solving, alla sua voglia di scoprire, capire e apprendere cose sempre nuove, al suo desiderio di
essere sorpreso e provocato, alla sua propensione a riflettere, risolvere, scovare ed escogitare, in modo giocoso e divertente. Il
riferimento è al turista logocentrico , che rinvia al Grand Tourist, perché l’esperienza è soprattutto narrazione basata sulla riflessione
intellettuale (Wang, 2000).
La categoria dell’Act consiste nel proporre azioni fisiche e corporee ai clienti, che vengono coinvolti mostrando loro nuovi stili di vita,
in grado di arricchire la loro esistenza e suggerire prospettive alternative. In tal senso si orientano tutti quei prodotti turistici, rivolti a
turisti multimotivati e attivi, che prevedono la scoperta della destinazione turistica apprendendo e giocando nel contempo. E’ l’attività
che già nel 1979 Cohen definiva ‘tipicamente esperienziale’.
Il modulo del Relate, infine, ingloba al suo interno tutte le tipologie di marketing esperienziale precedenti, ma va oltre l’esperienza
personale dell’individuo, perché lo inserisce in un contesto sociale più ampio. In questa fase, l’esperienza è in grado di mettere
l’individuo in relazione con il sé ideale, con gli altri individui e con le altre culture. (Schmitt B. H, 1999).
In fondo, il modello di Schmitt non è così innovativo, come apparve quando il suo contributo fu pubblicato. Si tratta di una
revisione/aggiornamento della piramide dei bisogni di Maslow, che era funzionale soprattutto a spiegare/giustificare i piaceri
‘superiori’ del tempo libero e del turismo di massa nella società industriale come obiettivo legittimo di auto-realizzazione nella vita
privata degli individui. La differenza sostanziale è che il turista pienamente soddisfatto non esce dal mercato (si pensi al sogno
consumistico di stare senza far niente in un atollo circondato da servitori) e entra nella ‘bella vita’ ma, in sintonia con le aspettative e
le norme del turismo ‘sostenibile’ e della ‘globalizzazione riflessiva’, il t’sé ideale’ del turista esperienziale va soddisfatto con
proposte inter-culturali che premiano le differenze tra gli individui e attraverso le culture
Altri contributi nel campo del marketing esperienziale, più vicini al tema dell'internet mobile, sono stati proposti dalla Ceriani, nel suo
saggio intitolato “Dal sincretico al sinestetico”, che evidenzia come si andranno sempre più mescolando e contaminando i cinque
sensi nella percezione del prodotto turistico, attraverso un numero sempre maggiore di mezzi di comunicazione e di codici
espressivi. L’autrice evidenzia i vantaggi dell’applicazione di tali tecniche nella comunicazione: le contaminazioni e le
corrispondenze sul piano emozionale, che molte delle moderne tecniche di comunicazione e di marketing sanno attivare, riescono a
creare una relazione con il potenziale cliente favorendo il suo consenso e abbassando la soglia cognitiva e razionale, a favore di
quella affettiva e sensoriale (Ceriani G., 1994).
Basti citare l’esempio della Strada del Vino in Franciacorta che, attraverso un sito web ben strutturato, un palmare e un sistema di
navigazione satellitare, ha saputo offrire un’esperienza di visita globale e coinvolgente. In pratica si tratta di una guida virtuale,
installata sul palmare, che contiene tutti i dati di aziende vitivinicole e ristoranti associati, ma anche di punti panoramici e di interesse
storico-culturale. Attualmente il palmare è disponibile su noleggio, depositando una cauzione presso alcuni punti che fanno parte
della stessa Strada. In alternativa si può scaricare l’itinerario dal sito della Strada, e caricarlo sul proprio palmare. (Salatino M.,
2008). L’offerta turistica si configura quindi, non solo come singolo prodotto ma come l’insieme delle attività ed emozioni legate al
viaggio, inteso nella sua globalità. La strada che si prospetta si dirige verso un marketing che propone tecniche di vendita e di
comunicazione polisensoriali, basate sulla sollecitazione strategica di tutti e cinque i sensi del consumatore. Implementare tecniche
di marketing esperienziale è indispensabile per ottenere due importanti vantaggi: dotare il servizio di un’identità forte e coinvolgere
maggiormente il consumatore sia sul piano cognitivo che su quello passionale, aumentando la sua fidelizzazione alla destinazione
turistica.
8.5.3 Alcune applicazioni di Internet mobile per migliorare l'accoglienza: esempi di integrazione tra online e offline - infopoint e qr code -
Se fino ad oggi, anche se complementari, il mondo della promozione on-line e off-line non si potevano considerare perfettamente
integrati, grazie alla tecnologia mobile la fruizione reale e virtuale di una destinazione turistica possono potenzialmente fondersi e
reciprocamente integrarsi. Se in passato, infatti, l'accoglienza di un turista in una destinazione era riservata in gran parte agli
infopoint, oggi l'accoglienza e la fruizione di una località si arricchiscono di nuovi strumenti informativi e multimediali, disponibili
grazie a diverse tecnologie, tutte strettamente legate alla possibilità di accedere al web da dispositivi mobile. Si tratta di strumenti
che non solo facilitano la visita di una destinazione turistica, grazie alla possibilità di avere in tempo reale informazioni
georeferenziate e, quindi, di interesse pertinente; ma permettono inoltre di migliorare l'esperienza di fruizione, secondo i dettami del
marketing esperienziale, grazie alla possibilità di usufruire di contenuti multimediali e interattivi. Di seguito si andranno ad illustrare
due modalità di accoglienza turistica che utilizzano la rete Internet: il primo è sostanzialmente il riadattamento tecnologico dei
classici infopoint; la seconda modalità affronta invece una nuova tecnologia, i QR Code, che permettono di accedere al web verso
contenuti specifici.
Partendo da uno studio di Rino Vitelli sugli infopoint di Napoli (Vitelli R., 2007) si possono delineare le caratteristiche di un infopoint
moderno. La riorganizzazione degli uffici di informazione turistica rappresenta un tassello essenziale nell’impostazione delle politiche
di destination management. Tralasciando elementi che dovrebbero essere parte basilare di ogni ufficio turistico, come orari
d'apertura prolungati e la formazione del personale di alto livello, sia linguistica sia nella gestione dei rapporti interpersonali, si vuole
di seguito dare degli spunti e delle linee guida per adeguare gli infopoint alle nuove esigenze del turista. Il ruolo dell'infopoint infatti
non solo informare, bensì saper ascoltare e rispondere ai bisogni anche impliciti dei turisti è il concetto fondamentale di accoglienza
ed esperienza della destinazione. Alla pura e semplice erogazione di informazioni sulla destinazione andrebbero quindi affiancati dei
servizi aggiuntivi al turista, come ad esempio corner per il noleggio di biciclette, bacheche e chioschi informatici, disability service e
box per la prenotazione di alberghi, ristoranti, escursioni, visite guidate a musei e monumenti, e l’acquisto di biglietti per concerti,
manifestazioni artistiche ed eventi sportivi. Tutti servizi, quelli appena elencati, che non è affatto raro, ormai, trovare in molti uffici
turistici operanti all’estero, che sono diventati dei veri e propri point of purchase, ovvero degli spazi di acquisto di prodotti e servizi
(Vitelli R., 2007)
Ma la vera differenza tra un punto informativo "classico" e un punto di accoglienza centrale nella destinazione è la modalità di
comunicazione tra operatore e turista. Come delineato dallo studio di Vitelli l’erogazione delle informazioni risulta tuttora imperniata
sulla figura dell’operatore che governa le informazioni, senza la possibilità da parte del turista di interagire o di richiedere servizi e
informazioni personalizzate. Non vi è quindi una comunicazione paritaria e interattiva, tipica del web 2.0, né tantomeno la possibilità
di utilizzare strumenti informativi altamente tecnologici ed esperienziali. Ovviamente gestire una comunicazione one to one,
soprattutto in periodi di alta stagione e sovraffollamento, sarebbe oggettivamente più difficile. A tal fine da diversi esperti del settore,
viene suggerita la possibilità di integrare le nuove tecnologie negli infopoint, per permettere ai turisti di ottenere certe informazioni
consultando autonomamente il materiale multimediale, appositamente organizzato e trattato per l’autoconsultazione, e magari
arricchito da video sulla destinazioni pensati in ottica esperienziale. Ma ancora, come suggerito da Roberta Milano, perché non
pensare di integrare i QR Code7 nelle vetrine degli infopoint o nel loro materiale cartaceo, con un rimando diretto al sito ufficiale o
alle pagine dei social network, attraverso cui esprimere giudizi e opinioni sulla destinazione ma anche sulla qualità del servizio
ricevuto presso gli infopoint. (Carciofi A.e, 2010)
I QR Code nascono nel 1994 da un'innovativa corporation giapponese, la Denso-Wave, che ha creato un codice bidimensionale
dalla forma quadrata con all'interno una matrice di puntini. L'innovazione dei QR Code (Quickly Response) è nella rapida risposta
7 Si tratta di un codice bidimensionale (detto anche SmartCode) capace di memorizzare delle informazioni, inclusi gli indirizzi URL. Orientando sul codice la fotocamera del dispositivo mobile, all’interno del quale è stato installato un 2D code reader, si viene indirizzati sul uno specifico sito
della decodifica del contenuto e nella capacità di memorizzare un gran numero di informazioni, accessibili direttamente da cellulari e
smartphone dotati di fotocamera e di un software liberamente scaricabile in grado di decodificare il contenuto del QR Code e di
rimandare ad una pagina web specifica (Belloni F. 2010). L’evoluzione dei telefoni cellulari ha reso possibile l’accesso
all’informazione in ogni luogo e in qualsiasi momento permettendo alla tecnologia QR Code di esprimere tutte le sue potenzialità. E
in particolare, grazie alla possibilità di rimandare a un indirizzo internet, di visualizzare un testo, oppure di riprodurre direttamente un
file audio o video, la loro efficacia si sta manifestando soprattutto nel campo della comunicazione e della promozione turistica. Non è
difficile quindi immaginare le implicazioni che questa tecnologia mobile può avere in ambito turistico: un DMO o ente di promozione
turistica potrebbe fornire tramite QR Code dei coupon elettronici che una volta fotografati e stampati possono dar diritto a regali,
sconti o accessi privilegiati durante eventi o manifestazioni. Tramite i QR Code è inoltre possibile fornire contenuti supplementari ad
alto valore aggiunto, magari arricchite con file multimediali che siano in grado di arricchire l'esperienzialità della fruizione della
destinazione. Allo stesso modo l’utilizzo dei QR Code è utile anche per migliorare il contenuto dei pacchetti tematici offerti ai turisti,
così da trasformare anche una semplice escursione in un’esperienza multisensoriale, come dimostra numerosi case study di
destinazioni turistiche italiane che hanno già deciso di utilizzare gli strumenti che internet mobile mette a disposizione per arricchire
l'esperienza e la visita delle località turistiche (BOX n. 14).
BOX. n. 14
QR Code nel turismo: scopri quali sono i maggiori case history in Italia (Belloni F., 2010)
Di seguito verrà illustrata una rassegna di alcune case histories che enfatizzano il connubio tra turismo e Qr code, tratte dalla rivisita
di settore Hotel Domani.
TagMyLagoon, è un progetto che ha come claim " Dopo Venezia il nostro viaggio continua alla scoperta dell'Internet delle cose": un
modo innovativo per ri-scoprire la città.
In pratica si tratta di un progetto pilota (in inglese e italiano) che ti permette di scoprire una parte di Venezia attraverso una guida
passo-passo per la città lagunare attraverso il tuo cellulare, la rete wifi e i il Qr code, una sorta di sentiero digitale dove sono stati
posizionati Qr code in ambienti quali lampioni, cestini ed insegne, in modo che il turista può accedere alle informazioni più disparate
del territorio in maniera del tutto "fruibile" e "mobile".
Alle città che hanno "implementato" Qr Code nella segnaletica ed informazione turistica c'è da annoverare anche il progetto di
Benevento che proprio in questi giorni sta ultimando la fase di "implementazione". Il sindaco spiega così le motivazioni: il turista deve
essere accolto sia da una politica del welcome, che da strumenti di conoscenza. E’ questo il valore dell’iniziativa presentata oggi. I
Tag saranno posizionati sui cartelli informativi dei monumenti cittadini e i visitatori scattando una foto, saranno indirizzati al sito web
specifico dove poter acquisire tutte le informazioni”. Ne è un esempio un altro progetto sperimentale realizzato dalla città di Pontinia,
in Provincia di Latina, per la celebrazione del suo 75º anno di fondazione, “con lo scopo di promuovere conoscenza, valore, cultura,
e consolidare quella consapevolezza per rispettare e apprezzare il suo territorio attraverso la sua storia e le curiosità che lo
caratterizzano, avvantaggiandosi dell’interazione tra telefono cellulare e Internet in un’esperienza d’uso interattiva e contestuale al
territorio”, come si legge nella pagina web dedicata al progetto. L’idea è appunto quella di informare e incuriosire l’utente,
direttamente presente sul territorio, con delle informazioni a valore aggiunto relative al contesto geografi con il quale si trova a
interagire. Il progetto si sintetizza nel posizionamento di 9 punti, corrispondenti ai luoghi più importanti dal punto di vista storico-
artistico, vicino a ognuno dei quali è posto un moderno ed elegante panello informativo dove, oltre alle informazioni di interesse
turistico, sono presenti due QR Code che rimandano rispettivamente al sito internet del concorso, dove il visitatore può scaricare
video e informazioni audio sul monumento che si sta osservando, oppure accedere alla visualizzazione immediata di informazioni
testuali, che completano la descrizione presente.
8.5.4 Implicazioni manageriali
Le implicazioni pratiche dell'adozione di tecnologie mobile per la fruizione di una destinazione turistica convertono soprattutto nella
possibilità di aumentare l'esperienzialità e le emozioni legate alla visita di una destinazione, aiutando nel contempo il visitatore a
conoscere la località grazie a contenuti, foto e testi georeferenziati e disponibili in ogni momento, in grado di identificare le attrazioni
turistiche più prossime e di maggiore interesse. L'utilizzo delle tecnologie internet mobile permettono quindi al turista di migliorare la
fruizione di una località, ma numerosi vantaggi si prospettano anche dal punto di vista del DMO, sia nell'implementazione delle
strategie promozionali e comunicative, sia nel monitoraggio dei flussi. Alcuni esperti e pubblicazioni del settore evidenziano infatti i
seguenti vantaggi (Carciofi A.e., 2010; Belloni F. 2010)
Miglioramento della qualità della comunicazione turistica e dei suoi contenuti informativi
Facilità nel tracciare le campagne di promozione e di comunicazione e di monitorare lo spostamento dei flussi turistici,
evidenziando i luoghi più e meno frequentati e i cambiamenti di fruizione che contenuti e video disponibili tramite internet
mobile inducono
Facilità nella condivisione e la diffusione delle informazioni, grazie anche alle applicazioni mobili dei social network
Possibilità di creare prodotti turistici "contestualizzandoli" con il territorio, grazie all'uso di specifici QR Code o di particolari
percorsi e itinerari georeferenziati
Possibilità di "creare" una segnaletica turistica del tutto "emozionale", attraverso video, immagine e testi
Possibilità di creare totem informativi e snack info all'interno di città
Possibilità di integrare la comunicazione attraverso internet mobile e QR Code con i social media, facilitando l'uso di altri
strumenti promozionali, e in particolar modo il video marketing, il viral marketing
Possibilità di convertire il cellulare verso uno strumento di m-commerce maggiormente utilizzato, grazie alla connessione
di contenuti informativi e multimediali a proposte commerciali, come visite guidate e pacchetti turistici, acquistabili
direttamente in loco e in tempo reale, ovvero quando nasce l'esigenza per il turista.
Ulteriori vantaggi possono essere raggiunti se il DMO converte in logica internet mobile tutto il materiale promozionale cartaceo,
inserendo dei QR Code in depliant e materiale informativo in grado di rimandare a video, podcast, itinerari e contenuti multimediali
aggiuntivi, che possono aumentare l'appetibilità e la valenza informativa delle proposte turistiche presenti sul territorio. Se tale logica
di integrazione tra offline e online viene poi perseguita anche una volta che il turista è arrivato a destinazione, si potrebbe ipotizzare
di utilizzare i QR Code o altre tecnologie Internet Mobile collegate a rilevatori GPS, per proporre itinerari innovativi. Per esempio è
possibile associare la Movie Map di un film girato in una città a un QR Code o ad un contenuto multimediale disponibile su cellulare
per ogni location presente, in modo tale che, una volta giunto, il cliente possa rivedere la scena del film vivendola quasi da
protagonista, così come avere informazioni complementari sulle riprese, oppure vedere l’intervista del regista o dei protagonisti.
In conclusione Internet mobile risulta essere un valido strumento di fruizione del territorio, soprattutto perché i contenuti multimediali
fruibili attraverso cellulari e smartphone permettono di sviluppare strategie di marketing esperienziale che, come visto dagli studi
precedentemente esposti, sono in grado di creare un approccio emozionale ed un attaccamento maggiore alla destinazione.
E' pur vero però che, se cellulari e smartphone sono ampiamente diffusi, per poter sviluppare e consolidare strategie di Internet
mobile occorrerà rendere più accessibile la connessione a Internet tramite dispositivi mobili. Se quindi ad oggi non è ancora stata
raggiunta quella massa critica di utilizzatori prospettata da Baggio, al fine di abbassare i costi di connessione, si potrebbe suggerire
un partenariato o collaborazione tra DMO e gli operatori di telefonia mobile, al fine di implementare strategie promozionali e di
fruizione del territorio che si allineino perfettamente al modello di comunicazione online circolare e discontinua che prevede l'utilizzo
del web anche una volta giunti a destinazione, al fine di implementare la fruizione emozionale ed esperienziale della località turistica.
8.6 Fase 4: il post-viaggio. Monitorare il raggiungimento degli obiettivi: la soddisfazione del cliente e la brand reputation
8.6.1. Valutare il successo di un DMO
La fase 4 del modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, è la fase conclusiva, che si pone come obiettivo
quello di valutare i risultati ottenuti dal DMO attraverso il piano di web marketing adottato. Nello specifico, si andranno di seguito ad
approfondire quali sono gli indicatori di successo delle azioni intraprese da un DMO, con particolare attenzione alla valutazione della
soddisfazione olistica del cliente, definita anche experience satisfaction, e alla brand reputation della meta che si diffonde online, al
fine di elaborare strategie correttive dell'offerta turistica o della promozione.
Cos'è dunque il successo nel settore turistico? In particolar modo, cosa significa il successo per una destinazione turistica e per un
DMO? Il successo di un DMO automaticamente determina il successo di una destinazione? E allo stesso tempo, il successo di una
destinazione implica necessariamente la presenza di un DMO? L'obiettivo principale della fase 4 del modello di comunicazione
online circolare, interattivo e discontinuo è quello di esaminare il concetto di successo turistico relativo sia alle destinazioni che ai
DMO, e determinare se esiste una relazione tra i due.
Molti studi condotti da una prospettiva interna ai DMO si sono focalizzati su singoli aspetti delle performance e successo di una
destinazione, come il marketing (Buhalis, 2000), il prezzo (Dwyer, Forsyth, & Prasada, 2000; Keane,1997; Mangion, Durbarry,
Sinclair, 2005), l'offerta turistica (Faulkner, Oppermann, Fredline, 1999; Judd, 1995; Murphy, Pritchard, & Smith, 2000), le
partnership collaborative (Donnelly, Vaske,1997), o la qualità (Go & Govers, 2000). Uno dei primi modelli teoretici che ha utilizzato
un approccio con variabili multiple per determinare il successo, in senso olistico, di una destinazione, è stato proposto da Ritchie e
Crounch (2000). I principali indicatori e variabili sono state identificate dai due studiosi in:
indicatori economici: indica le performance economiche come gli arrivi, le presenze, la spesa giornaliera media dei turisti
efficacia delle iniziative di marketing: indica l'incremento o il decremento di alcune variabili a seguito delle azioni di
marketing, come il miglioramento dell'immagine e l'aumento della consapevolezza di una destinazione presso il target
offerte di prodotti e servizi: indicano la presenza di prodotti e servizi turistici come eventi, infrastrutture, iniziative culturali,
sviluppo delle attrazioni turistiche ecc., in grado di attrarre nuovi flussi turistici
qualità dell'esperienza dei visitatori: indica la qualità dell'esperienza di viaggio che porta alla soddisfazione del
consumatore (costumer satisfaction ed experience satisfaction) e la volontà di ripetere o meno il viaggio
relazioni interne da stakeholders: indica la presenza o meno di partnership collaborative e la qualità di tali rapporti,
escludendo quindi tutte quelle partnership con soli fini promozionali che rientrano nelle variabili di efficacia delle iniziative
di marketing, e tenendo in considerazione solo partnership più consolidate e sviluppate.
Al fine di rispondere alle domande che ci si è posti ad inizio del paragrafo è utile far riferimento alla ricerca internazionale
Determinants of tourism success for DMOs & destinations: An empirical examination of stakeholders’ perspectives (Bornhorst T.,
Brent Ritchie J. R., Sheehan L., 2010). Nello studio sono stati coinvolti 84 manager turistici e stakeholders provenienti da 25
destinazioni Canadesi. Le risposte fornite durante le interviste sono state utilizzate per identificare le variabili e costruire un modello
che supporti l'esistenza di una relazione tra il successo di una destinazione e quello di un DMO, focalizzando l'attenzione sugli
indicatori economici, di marketing e le relazioni interne alla comunità.
Partendo da tale modello teorico, lo studio ha analizzato i fattori ritenuti maggiormente importanti dagli operatori turistici locali per
misurare il successo di una destinazione in rapporto all'operato del DMO. La ricerca ha evidenziato che il DMO viene visto come una
figura di centrale importanza dalla maggior parte degli stakeholders perché, se realmente funzionante, ha l'abilità di gestire
efficacemente tutte le variabili indicate nel modello teorico di Ritchie e Crounch (2000), sopra esposto, in grado di delineare il
successo o meno di una destinazione. Nessun'altra tipologia di organizzazione è in grado di sviluppare strategie olistiche in grado,
da un lato di incontrare il favore di tutti i diversi stakeholders coinvolti nel settore turistico, e dall'altro lato di sviluppare programmi
promozionali diretti ai turisti al fine di aumentarne i flussi verso la destinazione.
Nello specifico i risultati della ricerca e delle interviste agli stakeholders locali dimostrano che i fattori cruciali per valutare il successo
di una destinazione e, di conseguenza, dell'operato di un DMO, possono identificarsi in:
qualità e tipologia delle relazioni interne tra gli stakeholders
attività operative, di marketing e promozionali intraprese
risorse finanziarie e di know how messe a disposizione dal network di partnership e dal DMO stesso
misurazione delle performance del DMO, tramite modelli statistici e rilevamento di feedback
Tra questi fattori, quello ritenuto più importante sono le attività operative (86%) che effettivamente realizza il DMO per promuovere la
destinazione, a cui segue la qualità e tipologia di relazioni e rapporti interni tra stakeholders (60%), mettendo in luce come le azioni
concretamente volte allo sviluppo della destinazione turistica in modo olistico, sono considerate di grande importanza dai diversi
partner locali. A questo seguono, in percentuale nettamente inferiore, le risorse finanziare e umane (32%) e la misurazione delle
performance (35%), come dimostra il grafico sottostante.
Figura n. 43 Temi chiave che definiscono il successo di un DMO (Ritchie e Crounch, 2000)
Compresa la relazione intrinseca e strettamente interdipendente che esiste tra l'operatività di un DMO e il successo di una
destinazione, di seguito verranno proposti alcuni strumenti di analisi e monitoraggio, in grado di valutare, anche statisticamente, gli
esiti delle azioni intraprese da una destinazione turistica per migliorarne l'appeal e i flussi turistici.
Nello specifico si andranno ad analizzare tre fattori chiave da monitorare:
la soddisfazione del turista,
la brand reputation
le performance e i ritorni delle azioni promozionali online.
8.6.2. Misurare il successo di un DMO attraverso la soddisfazione del cliente
Un numero considerevole di studi e ricerche si sono focalizzati sulla soddisfazione, proprio perché considerata un fattore chiave di
successo in un panorama altamente competitivo (Morgan, Attaway, Griffin 1996). Numerosi sono i modelli che tendono a spiegare le
interrelazioni tra attitudini, convinzioni precedenti al viaggio, la valutazione del rischio connesso al viaggio (Asli D. A. Tasci, Yasin
Boylu, 2010), le valutazioni post-viaggio e le inclinazioni comportamentali del turista, che possono condurre alla soddisfazione del
turista. Il monitoraggio della soddisfazione del turista da parte della destinazione, attraverso questionari, feedback e raccolta di
informazioni o suggerimenti, è uno strumento in più per poter migliorare gli standard dei propri servizi, ristabilendo la centralità del
cliente e orientando il proprio business alla customer satisfaction, o meglio alla experience satisfaction.
Come ha dichiarato Daniel Kahneman (Rossi A. 2010), premio Nobel per l’economia, il marketing esperienziale è sempre più legato
alla soddisfazione delle attività del tempo libero, tra cui quelle turistiche, che hanno costituito utili laboratori per la sua teoria, in
quanto le emozioni giocano un ruolo fondamentale nello strutturare i ricordi di viaggio e nell’attivare il passaparola e la fidelizzazione
del cliente. L’experience satisfaction è un perfezionamento della customer satisfaction, e si definisce come un insieme di attività
sociali ed economiche attivate dai ricordi di viaggio. Ma come si misura l’experience satisfaction? Innanzitutto occorre distinguere tra
experencing self e il remembering self. Kanheman ha infatti rilevato delle discrepanze sostanziali tra il ricordo delle emozioni provate
durante le vacanze e la reale esperienza di gioia vissuta dai turisti: sono le emozioni ricordate, e non quelle sperimentate, che
inducono o meno il turista a ripetere l’esperienza di viaggio in quel luogo e non in un altro, portando dunque alla fidelizzazione del
cliente.
E’ dunque evidente il legame tra esperienza, soddisfazione e fidelizzazione. Conoscere l’esperienza fatta dai turisti attuali, infatti,
aiuta a raccogliere informazioni sulla loro eventuale insoddisfazione e a modificare i comportamenti di chi offre i servizi e migliorare
la gestione dei reclami. Soprattutto, è un valido supporto per la strategia del marketing passaparola, che consente di abbattere molti
costi di comunicazione: la soddisfazione esperienziale, abbinata all’analisi dei blog e delle community online, consente di capire che
cosa pensano i clienti e può sviluppare nuove idee promozionali o nuovi prodotti.
Al fine di fornire strumenti operativi e linee guida per analizzare e misurare l'experience satisfaction, si sono scelti due modelli di
analisi della soddisfazione, tratti dalla bibliografia internazionale: il modello duale e il modello cognitivo-affettivo, che verranno di
seguito analizzati.
8.6.3 La customer experience: definizione
Il turismo è un’esperienza, di cui i beni e i servizi sono la materializzazione perché:
- il turista attivo del ceto medio internazionale non ricerca principalmente la conferma del proprio status sociale. Non va in albergo
per mostrare di poterselo permettere e in luoghi ‘famosi’ in cui la popolazione locale è un semplice contenitore in cui mostrare la
capacità di spendere e comprare. Non è il turista passivo o vacationer. No, il turista è multi-motivato, anche quando le sue decisioni
di viaggio sono basate su una motivazione principale o prevalente. E’ una persona con molti hobby, ceca relazioni più sincere con le
popolazioni locali, esplora i luoghi con multi-trip perché è sempre meno sedentario e vuole fare ‘esperimenti’ polisensoriali con il cibo
locale. Il successo dell’agriturismo, dei prodotti gastronomici e artigianali tipici, del B & B, del turismo sportivo e dei centri di
benessere ma anche di formule come gli short break o del fly & drive dimostra che non siamo alla presenza di una moda ma di una
tendenza e di un ‘nuovo’ turista. La figura di riferimento è il professional cosmopolita, in cui confluiscono ingegneri e avvocati,
informatici e pubblicitari, gente dello spettacolo e biotecnologi, insomma sono le persone che tutti vorrebbero ospitare perché hanno
tanti soldi da spendere e rendono ‘prestigiosa’ la località. Dove vivono, che fanno e, soprattutto, perché scelgono così poco l’Italia
pur amandola?
- l’incontro tra locali e visitors è co-prodotto da chi eroga il servizio e da chi lo utilizza, è quindi il focus dell’esperienza turistica.
L’economia esperienziale del turismo è basata sulla figura del prosumer, di un cliente che è messo a lavorare (fornisce informazioni
su di sé) interagendo con chi eroga il servizio. Il successo delle web agency e dei dynamic package tour, flessibili e polivalenti, è la
conferma della centralità dell’incontro one-to-one come focus esperienziale intorno alla quale sono progettati servizi personalizzati,
su misura. Non è il turista che si deve adattare all’operatore e alla destinazione ma queste al turista. La comunità locale è sempre
meno passiva e il turista sempre più consapevole dei suoi ‘limiti’ e rispettoso delle diversità come valore in sé. La qualità dei servizi
della customer satisfaction è un presupposto di base, adesso cresce la qualità relazionale, sociale, ambientale, estetica, che genera
il value for time: spendere per riempire il tempo di contenuti.
L’experience satisfaction o soddisfazione esperienziale non è uno stato di benessere generale o un equilibrio olistico ‘interno’ alla
persona e quindi difficile da misurare.
E’ un insieme di attività sociali ed economiche attivate dai ricordi di viaggio, che si trasformano in preziose informazioni per gli
operatori che vogliono personalizzare l’offerta o pianificare la comunicazione tramite nuove tecniche. E’ un insieme di ‘pezzi di vita’
che, analizzati uno per uno, danno preziosi suggerimenti sui servizi alla persona e sulle innovazioni da apportare all’offerta e al mix
promozionale.
Il riferimento scientifico è a Daniel Kanheman, premio Nobel per l’economia, studioso dell’economia della felicità, che distingue tra
experencing self e il remembering self.
Il ricercatore ha trovato discrepanze sostanziali tra il ricordo della gioia provata nelle vacanze al mare o in montagne o alle terme e la
loro reale esperienza di gioia: era la gioia ricordata, e non quella sperimentata, che prediceva il desiderio di ripetere l’esperienza
della vacanza in quel luogo e non in un altro (fidelizzazione). Il well-being non è unitario ma va coniugato al plurale. Il ‘sé che fa
esperienze’ dei momenti felici, raramente sopravvive ai momenti che ha vissuto. Così, quando chiediamo a qualcuno “quanto ti sono
piaciute le vacanze quest’anno?” , chi risponde all’intervistatore non è l’experencing self, il sé che registra e archivia i momenti, i
momenti del presente psicologico distribuiti nel flusso del passato prossimo. Risponde il ‘sé che ricorda e valuta’ (il remembering
self). Contrariamente all’experiencing self, il remembering self è abbastanza stabile e permanente e costituisce la sola prospettiva
che i turisti possono adottare appena sono sollecitati a valutare le fresche memorie o cool memories dei pezzi di vita del passato,
l’insieme di incontri di servizio esperiti durante le vacanze appena concluse.
Pertanto, l’esito dell’incontro tra erogatori di servizi turistici e nuovi turisti esperienziali/attivi non è racchiuso nell’esperienza fatta
immediatamente ma in ciò che resta nella memoria. Sono i ricordi che determinano le attribuzioni di equità sul rapporto qualità-
prezzo, sia in termini da value for money che di value for time. Perciò, non occorre analizzare soltanto gli ‘incontri di servizio’ tra i
turisti e gli erogatori pubblici e privati, ma soprattutto i ricordi, se vogliamo misurare la soddisfazione esperienziale.
L’experience satisfaction è un perfezionamento della customer satisfaction e promette, una volta applicata, di dare risultati
originali, fertilizzando le menti dei talenti più proattivi dell’incoming made in Italy. Infatti, non si limita ad evidenziare gli scostamenti
tra immagine proiettata dal territorio o dall’azienda e immagine percepita dal turista. Fa molto di più: aiuta a mettere a lavorare i
turisti e gli erogatori di servizi perché insieme co-producano l’esperienza., ingegnerizzando nuovi prodotti o re-ingegnerizzando quelli
invecchiati a partire dei ricordi del remembering self.
La soddisfazione esperienziale è formata da due componenti:
- la soddisfazione esperienziale espressiva, collegata agli scambi e agli incontri con le culture e le tradizioni locali tramite i servizi
della città ospitale. Definisce i piaceri del gioco e della ‘bella vita’ a contatto con ambienti e persone diverse dal solito, con cui il
turista è entrato in contatto, oltre i servizi commercializzati ‘per’ i turisti. Racchiude l’unicità locale, che costituisce la motivazione
principale del viaggio. Misura il core business dell’autenticità, dell’amicizia, dell’accoglienza voluta consapevolmente dai locali. Essa
è sempre immateriale. La ricerca Ispo sull’atteggiamento degli Italiani nei confronti dei turisti è l’inizio di un percorso di ricerca
finalizzato alla vendita di prodotti turistici urbani, che ho descritto nel mio libro ‘La città ospitale’, Mondadori, 2008: le popolazioni
locali, con le loro culture e i loro stili di vita, fanno sempre più parte integrante del prodotto turistico. Capire che cosa pensano i
cittadini sui servizi turistici e sull’indotto del turismo è soltanto il primo passo per definire il capitale sociale pro-turistico di una
comunità locale. E lo sanno bene gli assessori al turismo, che tanto faticano ad attribuire un ruolo strategico al comporto, inteso
come trainante di tutte le interdipendenze settoriali (beni culturali, trasporti, agricoltura, ristorazione ecc.). Questo tipo di
soddisfazione si raccomanda sempre quando si vuol testare un nuovo prodotto a rete – ad esempio una shopping card o una arte
card – perché i beneficiari siano sia i residenti che i visitors, creando così un clima urbano favorevole alla città ospitale e al fatto che
il turismo è utile. Questa componente misura come ridurre i conflitti tra locali e turisti creando spazio di gioco per entrambi;
- la soddisfazione esperienziale strumentale, collegata ai servizi pubblici e privati utilizzati dai turisti attivi, soprattutto dal nuovo ceto
medio internazionale, per cercare di essere felici. Definisce le valutazioni del turista, in quanto viaggiatore sempre più competente
per la numerosità dei viaggi fatti nel corso della vita. Racchiude i temi usuali della qualità dei servizi più i temi della ‘buona società’
(ambiente pulito, sicurezza personale, mantenimento ecc.). La ricerca sonda le valutazioni sui servizi del turismo ristretto (alberghi,
ristoranti, negozi ecc.) e di quello allargato (trasporti locali, ospedali, lavanderie ecc.).
La valutazione tramite sondaggio dei due livelli fa emergere i variabili standard che spingono il turista a definirsi più o meno
soddisfatto e quindi è pronto al passaparola positivo, a spendere di più per tutti i servizi dell’area, ad accettare tranquillamente piccoli
aumenti di prezzo anno dopo anno.
8.6.4 Alcuni modelli di misurazione dell'esperienza turistica
Il modello duale di Joaquın Alegre e Jaume Garau
Il modello duale di misurazione della soddisfazione di Alegre e Garau (2010) si limita a rilevare la soddisfazione del cliente in modo
statistico, senza inserire le rilevazioni in un contesto comunicativo più ampio che attraversa le diverse fasi del viaggio, dal sogno alla
pianificazione alla prenotazione, al viaggio e alla visita della destinazione, fino al rientro a casa. L'innovazione di tale modello sta nel
non adottare un questionario valutativo della soddisfazione in base al punteggio indicato ad ogni singolo attributo su una scala likert,
bensì considera la soddisfazione o insoddisfazione come un aspetto olistico, che non valuta i singoli attribuiti di una località ma la
destinazione nel suo complesso, dando così pesi diversi ad attributi diversi che possono avere un'importanza maggiore o minore per
ogni singolo turista e quindi essere più o meno influenti nella sua soddisfazione generale. Come affermato anche da Cadotte e
Turgeon (1988) esistono infatti diversi attributi che influenzano la soddisfazione generale in modo diverso. A tal fine tali attributi sono
stati divisi in 4 categorie:
attributi che creano soddisfazione se presenti, ma non creano insoddisfazione quando non presenti;
attributi che generano insoddisfazione se assenti o al di sotto di certi standard;
attributi critici che possono generare sia soddisfazione che insoddisfazione e la cui valutazione è altamente soggettiva;
attributi neutrali che non generano né soddisfazione né insoddisfazione.
Se a questo si aggiunge lo studio di Chan e Baum (2007) che afferma che usufruire di un determinato servizio può portare allo
stesso tempo soddisfazione e insoddisfazione se collegato a differenti dimensioni tra loro non connesse, è possibile delineare un
nuovo modello di rilevamento della soddisfazione, legata all'esperienza olistica vissuta dal turista a destinazione.
Partendo da questa letteratura internazionale, Alegre e Garau (2010) hanno concretizzato tale approccio innovativo, grazie all'analisi
della soddisfazione dei turisti attraverso diverse tipologie di attributi di una destinazione turistica, includendo sia attributi positivi che
negativi sui quali i turisti esprimono il loro giudizio. I risultati dell'analisi dimostrano l'esistenza di una dimensione duale della
soddisfazione, confermando l'ipotesi che diversi fattori, non collegati tra loro, possono generare soddisfazione ed altri, in
contemporanea, generare insoddisfazione. Il vantaggio di un approccio duale di questo tipo permette di mettere in evidenza anche
gli aspetti negativi che influenzano la soddisfazione e l'intenzione di ritornare nella destinazione, al fine di poter sia correggere tali
attributi negativi, sia di poter comprendere meglio quali sono effettivamente gli attribuiti ritenuti importanti al fine della creazione di
una percepita soddisfazione olistica. Un approccio di questo tipo permette di valutare l'esperienza complessiva del turista in loco,
non fermandosi solamente ad analizzare la soddisfazione del consumatore rispetto ad alcune variabili, ma spingendosi a valutare la
"experience satisfaction", ovvero la soddisfazione generale del turista circa la sua esperienza di viaggio. Al fine di intraprendere le
giuste strategie e di migliorare l'offerta turistica, lo studio evidenzia la necessità di non limitarsi alla rilevazione della soddisfazione
del turista, ma di spingersi esplicitamente a chiedere una valutazione di tutti gli attributi di una destinazione, da quelli potenzialmente
positivi (es. beni culturali e naturali, eventi, attrattive storiche ecc.) a quelli potenzialmente negativi (es. traffico, congestione, pulizia
ecc.), in modo da poter correggere quegli attributi che generano insoddisfazione ed incrementare quelli che generano soddisfazione
e migliorano l'esperienza del turista, rendendo il viaggio memorabile.
Il modello cognitivo affettivo di Ignacio Rodrıguez del Bosque e Hector San Martın
Il modello cognitivo - affettivo di Rodriguez del Bosque e San Martin (2008), rispetto al modello precedente, si integra nel ciclo
spazio-temporale del viaggio evidenziando l'importanza degli aspetti comunicativi e relazionali tra destinazione e turista, ipotizzando
un modello di comunicazione circolare in grado di influenzare la soddisfazione del visitatore.
Inserendosi in tale contesto, lo studio analizza la psicologia del consumatore sia nei processi affettivi che psicologici che
attraversano i diversi stadi di una vacanza, dal pre al post viaggio e che possono influenzare la soddisfazione del turista. L'approccio
cognitivo riesce infatti a spiegare in modo razionale le azioni dell'uomo e quindi a far derivare la soddisfazione da una risposta
congruente alle performance e gli standard dei servizi ricevuti; mentre l'approccio affettivo riesce a dare importanza anche a tutti
quegli aspetti ed azioni non razionali, dettati da sensazioni, esperienze ed emozioni, e quindi fa derivare la soddisfazione da
esperienze soggettive di consumo e da giudizi personali influenzati da elementi irrazionali. Partendo da tale approccio dualistico e
dal modello sviluppato da Oliver (Oliver, R., R. Westbrook 1993), gli studiosi hanno delineato un modello di analisi della
soddisfazione turistica definito congitivo-affettivo, per analizzare come le due variabili, una razionale, l'altra emotiva, si influenzano a
vicenda, al fine di delineare un approccio olistico alla valutazione della soddisfazione.
I risultati dimostrano che l'immagine della destinazione percepita prima della partenza (e comunicata dalla destinazione durante la
fase 2 del nostro modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo) influenza sia le aspettative che la
fidelizzazione del cliente. A questo si vanno aggiungendo le emozioni derivanti dall'esperienza turistica (sviluppate durante il
soggiorno nella meta turistica e incrementate dalle diverse azioni di accoglienza e marketing esperienziale sviluppate nella fase 3)
che hanno un impatto importante nelle intenzioni di acquisto e riacquisto. (Crouch, Perdue, Timmermans and Uysal 2004), come
dimostra il grafico sottostante.
Figura n. 44 Fattori che influenzano la soddisfazione e la fedeltà ad una destinazione turistica
I risultati dimostrano l'importanza di due fasi del nostro modello di comunicazione online circolare, interattivo e discontinuo, al fine di
creare soddisfazione:
la fase pre-viaggio è importante per la creazione di aspettative, direttamente dettate dall'immagine della destinazione.
Un'immagine percepita favorevole può avere effetti positivi sia sulle aspettative che sulla fidelizzazione. Se la
soddisfazione non ha un collegamento diretto con l'immagine di una destinazione, se ne può individuare un collegamento
indiretto, che passa attraverso le aspettative, come mostra il grafico soprastante.
la fase di visita della destinazione, in cui le emozioni, positive e negative, hanno un'importante impatto nella soddisfazione,
proprio perché in loco vengono confermate o disconfermate quelle aspettative ed emozioni che si erano andate
strutturando nella fase pre-viaggio, come diretta conseguenza dell'immagine della destinazione comunicata.
Concludendo si può quindi affermare che due sono le variabili importanti che determinano la soddisfazione olistica di un turista,
ovvero le aspettative, derivanti da un processo cognitivo, e le emozioni, derivanti da un processo affettivo:
1. Processo cognitivo: se l'immagine di una destinazione influenza la creazione di aspettative, sono proprio queste ultime a
giocare un ruolo fondamentale nella soddisfazione del turista, evidenziando come l'ultima fase del nostro modello di
comunicazione circolare, interattiva e discontinua, è fortemente legata alle prime tre fasi del modello (Fase 0; 1; 2), dove si
va strutturando il brand, i suoi valori e le modalità di promozione dell'immagine. Se ne deduce che un DMO che sappia
sapientemente comunicare la propria immagine, in modo etico ed attraente, potrà ottenere dei risvolti positivi dalle azioni
di promozione, creando aspettative coerenti con i servizi e prodotti turistici offerti.
2. Processo affettivo: le emozioni derivano sia dalle aspettative che si hanno circa un viaggio, sia dalla fruizione reale del
territorio, che può confermare o disconfermare quanto ci si attendeva e influenzare così direttamente la soddisfazione del
consumatore. In questa fase gioca un ruolo fondamentale l'esperienza del territorio e le emozioni ad essa collegate. Per
un DMO gestire l'accoglienza risulta quindi importante, sia grazie all'utilizzo di nuove tecnologie per fruire il territorio, sia
grazie a strategie di marketing esperienziale in grado di suscitare ed incrementare le emozioni derivanti dalla visita di
monumenti ed attrattive, e di incrementare l'experience satisfaction del turista. Si evidenzia quindi, ancora una volta, che
l'ultima fase del nostro modello di comunicazione circolare, interattiva e discontinua è strettamente collegata alla fase
precedente, ovvero la fase 3.
8.6.5. Implicazioni manageriali: il monitoraggio della brand reputation e delle performance delle azioni di web marketing
In conclusione, dopo aver analizzato i due diversi modelli di rilevazione della soddisfazione olistica del turista e aver definito
l'experience satisfaction, si possono trarre i giusti spunti operativi per i DMO, così sintetizzabili:
- strutturare una comunicazione etica e coinvolgente, che non crei false aspettative, ma confermi quanto promosso con prestazioni
adeguate. Va ricordato infatti che foto accattivanti e attività di video web marketing coinvolgenti ma false, vengono spesso e
velocemente smascherate online, grazie al potere del passaparola e di siti di recensioni o di foto e video sharing. Va infine
sottolineato che la creazione di false aspettative conduce solamente alla delusione e all'insoddisfazione del turista.
- strutturare delle attività marketing esperienziale in loco, anche avvalendosi di nuove tecnologie come l'internet mobile, al fine di
sviluppare emozioni ed esperienze indimenticabili, in grado di generare soddisfazione e passaparola positivo.
- rilevare l'experience satisfaction attraverso questionari, anche da inviare online, al fine di rilevare la soddisfazione generale del
turista, i punti forti e deboli della destinazione.
- attuare le opportune correzioni nell'offerta e nella comunicazione, in base ai dati raccolti dai questionari di experience satisfaction.
TripAdvisor e siti simili di recensioni online, si propongono ai DMO come strumenti di successo da sfruttare sapientemente.
Analizzare i contenuti generati dagli utenti, non solo nelle recensioni, ma anche nei forum e blog, può portare a comprendere i punti
forti e deboli dei servizi turistici offerti, portando all’attuazione di misure correttive per migliorare l’offerta e l’immagine della località
turistica, al fine di aumentare la soddisfazione dei clienti e di conseguenza migliorare il passaparola positivo online (Buhalis D.,
Lawb R., 2008).
Data l'influenza della fase di ricerca di informazioni e dei relativi luoghi sociali e virtuali in cui tale ricerca spesso avviene, risulta
indispensabile effettuare un monitoraggio di commenti e recensioni che circolano online su una determinata meta turistica o
operatore del settore, gestendo sapientemente sia i feedback positivi che negativi dei viaggiatori. Si possono così scoprire punti
deboli da risolvere attraverso azioni mirate, magari suggerite dalla stessa community di turisti attivi, si possono scoprire punti forti
della destinazione da valorizzare, attrattive e caratteristiche di un luogo importanti per il turista, ma magari sottovalutate nelle
campagne promozionali avviate.
Ogni destinazione dovrebbe dunque dotarsi di specialisti che sappiano raccogliere le informazioni su una meta o servizio,
analizzando i siti online maggiormente utilizzati dal target di riferimento nel ricercare informazioni, coordinando ciò che l'utente dice
nei blog e social network all'immagine che si crea attraverso il proprio sito internet o la stampa e altri media. Occorre evitare di
creare una brand reputation online creata dai viaggiatori parallela a quella diffusa ufficialmente dal DMO, in quanto potrebbero
crearsi facilmente immagini conflittuali. Risulta pertanto indispensabile monitorare la brand reputation, ovvero capire cosa si dice in
rete della meta turistica o dei servizi dell’azienda. Questo perché un turista soddisfatto parlerà della sua esperienza nei social
network e siti internet sociali e interattivi, incrementando il passaparola e una brand reputation positiva della destinazione; viceversa
un utente insoddisfatto può diventare un veicolo di cattiva pubblicità, da gestire il più rapidamente possibile (Meotto M. e Fagotto F,
2008).
Ben il 40% degli europei che fanno shopping online tendono a cambiare idea sul marchio del prodotto da acquistare dopo aver
effettuato ricerche sul web. A rivelarlo il report del 2008 redatto dall’EIAA, che sottolinea come la tendenza alla volatilità delle scelte
degli internet shoppers sia soprattutto una caratteristica dei mercati web più maturi, come, per esempio, il Regno Unito (AA.VV.b,
2008). Proprio per le caratteristiche del nuovo turista 2.0, sempre più infedele e sempre più volto alla ricerca di informazioni tra i suoi
pari, risulta fondamentale saper gestire i feed back dei propri clienti e le tecniche maggiormente diffuse per gestire i rapporti con i
clienti.
Figura n. 45 Gli effetti di una ricerca online sulla scelta di un brand
Accanto al monitoraggio della brand reputation, altra azione fondamentale per valutare le performance di un DMO è quella di
valutare i ritorni delle azioni di web marketing, dalle attività promozionali al sito internet. Secondo uno studio di Buhalis (Buhalis
2003) Internet rende facile misurare gli effetti della pubblicità ma non rende facile misurare il suo successo. Numerosi sono i dati che
strumenti di monitoraggio, come Google Analytics, permettono di ottenere; ma si tratta di dati poco significati se presi se stanti e non
analizzati e collegati al contesto delle diverse azioni di web marketing intraprese. Oltre a prendere in considerazione i dati di accesso
al sito, occorre analizzare il rapporto lookers/bookers detto anche tasso di conversione (rapporto tra utenti che navigano nel sito e
quelli che acquistano online), le pagine del sito più e meno visitate, da quali siti o motori di ricerca proviene il maggior numero di
utenti, qual è il sito o motore di ricerca che porta più traffico, quali banner portano più traffico e dove sono posizionati, quali pagine
riportano errori, secondo un modello di monitoraggio già ampliamente adottato negli USA, come si può notare dal grafico
sottostante.
Figura n. 46 Popolarità e utilità delle tecniche di misurazione e monitoraggio usate dai DMO (Buhalis 2003)
Oltre agli elementi on-site, sopra descritti, va accompagnata l'analisi degli elementi off-site, ovvero i ritorni e le performance delle
azioni promozionali online, indirettamente collegate al sito web. Il lancio della campagna online, infatti, richiede di essere analizzata
e ottimizzata in base ai risultati ottenuti e in base ai KPI (Key Performance Indicator) 8 realizzati: a tal fine si deve analizzare la link
popularity del sito, il posizionamento nei motori di ricerca, il ROI (Retourn on Investment) delle pubblicità online, siano esse PPC
(Pay Per Click) che banner, la popolarità e il grado di interazione sociale all'interno dei social media (es. twitter, facebook ecc.).
Tutto questo al fine di poter evitare la pubblicità e le azioni di web marketing che non hanno portato risultati concreti di visibilità o
reputazione della destinazione, presso il target di riferimento, adattando di conseguenza le spese di web marketing e il budget da
destinare alle diverse azioni promozionali online (Booking Blog8 2010).
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