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ANNO XVII N. 11 NOVEMBRE 2016 Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone www.diocesianagnialatri.it “R ialzarsi e ri- cominciare è possibile”. Prendiamo in prestito le parole del nostro don Domenico Pompili, ora vescovo a Rieti, per dire della speranza che non può non accompagnare questi giorni difficili per un terremoto che dav- vero sembra non finire mai. E non servono tan- te altre parole - se non quelle dettate dalla fe- de - perché c’è il rischio che suonino di circo- stanza, inutili orpelli an- che agli occhi di noi cri- stiani. E qui c’è un altro rischio, quello cioè di scambiare il ‘rialzarsi’ solo come una vicenda - pur importantissima - materiale, contingente: se il ‘ricominciare’ è quello di una bella scuo- la, di altri palazzi, di nuovi borghi, sicura- mente ne saremo tutti felici. Eppure, come fa quella canzone - ripresa da un Salmo - che qual- che coro parrocchiale ancora canta? “Se il Si- gnore non costruisce la città, invano noi mettia- mo pietra su pietra”. In questi giorni, poi, ca- pita di ascoltare altre parole assai stonate, dalle idiozie sulle Chiese distrutte ai Santi che la- scerebbero cadere terre meravigliose. Anche per questo è di conforto ag- grapparsi anche ad im- magini fortemente evo- cative. Come quella di questa suora di Amatri- ce appena scampata alla prima scossa che ripro- poniamo qui in pagina, o alle religiose che van- no via dai conventi di Norcia prese per mano come bambine dai vigili del fuoco, o ai monaci benedettini intabarrati nelle tonache che si fan- no segno e presenza sulle piazze dei paesi inondati di macerie. Il loro è un perenne ri- cominciare dalla pre- ghiera, in un’intensità di vita che si fa ancora più piena quando tutto quello che c’è attorno - e non solo per un terre- moto - sembra crollare. In questi giorni, tra le poche parole che fug- gono dal banale e sem- pre per restare in tema, ci è capitato di leggere questa riflessione di Lui- gino Bruni, un economi- sta e dunque “per me- stiere” quanto di più apparentemente lonta- no da queste vicende: In mezzo a quel ma- nipolo di persone in- ginocchiate abbiamo visto gli ‘artisti della preghiera’, chi per vocazione sa pregare: suore e frati. Hanno pregato sempre, ma questa volta, dopo i crolli, li abbiamo vi- sti, tutto il mondo li ha visti, in piazza, a dirci che pregare è una fac- cenda anche civile. E ab- biamo capito tutto, an- che se non sappiamo spiegarlo”. Igor Traboni Tutta la Diocesi a Roma per il Giubileo alle pagg. 4-5 Azione Cattolica: la gioia di una presenza a pag. 6 Pro Sanctitate: farsi santi nel quotidiano alle pagg. 8-9 Quella fede che nessun terremoto abbatte

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ANNO XVII N. 11 NOVEMBRE 2016 Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone www.diocesianagnialatri.it

“Rialzarsi e ri-cominciare èp o s s i b i l e ” .

Prendiamo in prestito leparole del nostro donDomenico Pompili, oravescovo a Rieti, per diredella speranza che nonpuò non accompagnarequesti giorni difficili perun terremoto che dav-vero sembra non finiremai. E non servono tan-te altre parole - se nonquelle dettate dalla fe-de - perché c’è il rischioche suonino di circo-stanza, inutili orpelli an-che agli occhi di noi cri-stiani. E qui c’è un altrorischio, quello cioè discambiare il ‘rialzarsi’solo come una vicenda -pur importantissima -

materiale, contingente:se il ‘ricominciare’ èquello di una bella scuo-la, di altri palazzi, dinuovi borghi, sicura-mente ne saremo tuttifelici. Eppure, come faquella canzone - ripresada un Salmo - che qual-che coro parrocchialeancora canta? “Se il Si-gnore non costruisce lacittà, invano noi mettia-mo pietra su pietra”.In questi giorni, poi, ca-pita di ascoltare altreparole assai stonate,dalle idiozie sulle Chiesedistrutte ai Santi che la-scerebbero cadere terremeravigliose. Anche perquesto è di conforto ag-grapparsi anche ad im-magini fortemente evo-

cative. Come quella diquesta suora di Amatri-ce appena scampata allaprima scossa che ripro-poniamo qui in pagina,o alle religiose che van-no via dai conventi diNorcia prese per manocome bambine dai vigilidel fuoco, o ai monacibenedettini intabarratinelle tonache che si fan-no segno e presenzasulle piazze dei paesiinondati di macerie.Il loro è un perenne ri-cominciare dalla pre-ghiera, in un’intensitàdi vita che si fa ancorapiù piena quando tuttoquello che c’è attorno -e non solo per un terre-moto - sembra crollare. In questi giorni, tra le

poche parole che fug-gono dal banale e sem-pre per restare in tema,ci è capitato di leggerequesta riflessione di Lui-gino Bruni, un economi-sta e dunque “per me-stiere” quanto di piùapparentemente lonta-no da queste vicende:“In mezzo a quel ma-nipolo di persone in-ginocchiate abbiamovisto gli ‘artisti dellapreghiera’, chi pervocazione sa pregare:suore e frati. Hannopregato sempre, maquesta volta, dopo icrolli, li abbiamo vi-sti, tutto il mondo li havisti, in piazza, a dirciche pregare è una fac-cenda anche civile. E ab-biamo capito tutto, an-che se non sappiamospiegarlo”.

Igor Traboni

Tutta la Diocesi a Romaper il Giubileo

alle pagg. 4-5

Azione Cattolica: la gioiadi una presenza

a pag. 6

Pro Sanctitate: farsi santinel quotidiano

alle pagg. 8-9

Quella fede che nessun terremoto abbatte

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LLAA CCAATTTTEEDDRRAA DDEELL VVEESSCCOOVVOO Novembre20162222

e mettendoci dentro lavoglia di amare la vita.Ogni giorno una quan-tità smisurata di miseri-cordia approda alla no-stra vita perché possia-mo farla rifluire sugli al-tri. Tante volte, a propo-sito del Giubileo straor-dinario, abbiamo avutomodo di notare che lamisericordia di Dio nonè automatica. Essa deveessere accolta; deve por-tare ad una trasforma-zione, alla conversione ealla ricerca della riconci-liazione; deve recarefrutto soprattutto nei ri-

La porta della miseri-cordia è lo sguardo.O meglio: uno

sguardo alla realtà congli occhi più vicini alcuore che alla testa; unosguardo capace di nota-re ciò che è invisibileagli occhi, che riconoscanelle persone più som-messe e comuni la pre-senza silenziosa e discre-ta di Cristo.

Il Vangelo di questamessa conclusiva dellanostra giornata giubila-re è lo stesso che PapaFrancesco ha commenta-to stamattina durantel’udienza generale aPiazza San Pietro. E’ unacoincidenza fortunata,inaspettata, provviden-ziale, perché ci offrel’occasione di entrarenel cuore e nella sostan-za del Giubileo, che sista avviando verso laconclusione dal punto divista della scadenzatemporale, ma che nonfinirà mai quanto al no-stro impegno e al nostroprogramma di vita. Lamisericordia è un fiumedi grazia che sgorga dalcuore della SS. Trinità einvade la nostra vita. Lamisericordia è l’essenzadella Rivelazione, il cuo-re pulsante del Vangelo,l’architrave della vitadella Chiesa, il cuoredell’umano, la sostanzadella nostra vita comuni-taria. La fede ci convinceche siamo nelle manibuone e forti di Dio. Sia-mo sicuri che ci vuolebene. Ogni mattina do-vremmo ringraziare il Si-gnore per il Suo amore edovremmo ringraziarLoper tutte le persone chefin da bambini hannoacceso in noi la luce del-la fede parlandoci di Lui

guardi degli altri.Il testo di Matteo che

ci è stato proposto è iltesto paradigmatico diquesto Anno giubilare,ma, prima ancora, è untesto paradigmatico esintetico di tutto l’inse-gnamento e di tutte leesigenze del Vangelo. E’il testo da cui provienel’elenco delle opere dimisericordia corporale espirituale. La prima cosache colpisce è che inquesto brano non com-paiono mai la parolaamore e il verbo amare.Si tratta semplicemente

di fare o non fare qual-cosa agli altri. PapaFrancesco stamattina ciha ricordato che unagrande rivoluzione dicultura e di civiltà si facon piccoli semplici gestidi apertura verso gli al-tri. Inoltre e ancora: sco-priamo che la presenzadi Cristo negli altri nondipende dalla nostra co-scienza. Anche se non laavvertiamo, perché sia-mo distratti, la presenzadel Signore negli altri èun fatto di inerenza og-gettiva, perché Dio, conSuo Figlio, ha sposatol’intera umanità: “Quan-do mai ti abbiamo vistoaffamato, forestiero, nu-do … sconsolato, per-plesso, afflitto … e ti ab-biamo assistito? Tutte levolte che l’avete fatto alpiù piccolo dei miei fra-telli lo avete fatto ame”.

Infine, la presenza diGesù Cristo negli altrinon dipende dalla qua-lità morale delle perso-ne che aiutiamo. Gesùnon sta solo nel poverobuono, educato, chenon impreca, che ci rin-grazia …

E’ importantissimo, al-lora, il nostro sguardo, ilnostro modo di porci da-vanti alla realtà. Il SantoPadre stamattina ci haricordato un’affermazio-ne chiarissima e vitale diS. Agostino: “Timeo Ie-sum transeuntem”(Serm. 88), “Ho paurache il Signore passi” enon lo riconosca! E’ unafrase che ci mette al ri-paro dall’indifferenza edalla distrazione. Se laricordiamo continua-mente, ci permetterà diessere vigilanti, evitandoche Cristo ci passi accan-

La porta dellamisericordia

L’omelia pronunciatanella Basilica di San Paolo fuori le Mura,

a Roma, per il Giubileo diocesano

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LLAA CCAATTTTEEDDRRAA DDEELL VVEESSCCOOVVOOAnno XVIINumero 11 3333

cimo) sia contenuta tradue episodi di guarigio-ne di ciechi: il cieco diBetsaida (8,22-26) all’ini-zio, e il cieco di Gerico(10,46-52) alla fine. Ciòsignifica che uno deiproblemi fondamentalidella sequela è costitui-to dal modo di guardarela vita. D’altronde purenella parabola deglioperai mandati nella vi-gna, rispondendo aduno che si lamentava diaver ricevuto lo stessosalario degli ultimi in-gaggiati, pur avendosopportato il peso ditutta la giornata, il pa-drone stigmatizza il suosguardo poco benevolocon queste parole: “Ol’occhio tuo è cattivoperchè io sono buono?”(Mt 20,15).

La sequela è un pro-blema di sguardo. La vi-ta di fede dipende dallosguardo. E, da questopunto di vista, non c’èdifferenza tra il discepo-lo contemporaneo diGesù e quello delle ge-nerazioni successive.Perché riconoscere il Si-gnore è sempre difficile.Gesù è vissuto a Nazaretper 30 anni e i suoi com-paesani non hanno no-tato nulla di speciale inLui. Durante la passionee nella morte non è sta-to riconosciuto comeMessia dai suoi amici.Dopo la risurrezione lecose non cambiano: il Ri-sorto viene confuso conun viandante, un giardi-niere, un pescatore. Ri-conoscere Gesù Cristo èstato un problema per isuoi contemporanei ed èun problema anche pernoi. Allora appare im-portante una parola del-l’Apocalisse. All’angelo

to senza che lo ricono-sciamo.

L’Anno giubilare ciaiuta a fissare tre tor-nanti del cammino dellamisericordia, tre realtàche permettono alla mi-sericordia di uscire danoi e rifluire sugli altri: ilcuore, le mani, gli occhi.Il cuore è il centro di tut-to, il crocevia della mise-ricordia. Al cuore arrivala misericordia e dalcuore riparte. E la parolamisericordia è significa-tiva proprio a questo ri-guardo: “avere un cuoreper i miseri” o “prende-re a cuore la miseria de-gli altri”. Dal cuore lamisericordia deve passa-re alle mani. E la para-bola del giudizio finaleimpegna la nostra re-sponsabilità a non na-scondersi, a dispiegarsicon generosità.

Tra il cuore e le mani,però, ci sono gli occhi: lefinestre che permettonoalla misericordia di tro-vare la strada del cuoree delle mani. Tutto co-mincia con la vista.

Per la Bibbia il sensopiù importante è l’udito:“Questi è il Figlio mio,l’eletto: ascoltatelo!” (Lc9,35). Dall’udito viene lapossibilità di credere. Sevogliamo aprire gli oc-chi, dobbiamo spalanca-re bene gli orecchi eascoltare attentamentela Parola. Eppure la vistaconserva una grande im-portanza per la nostravita di fede. Nello sfo-gliare i Vangeli e, in mo-do particolare, il Vange-lo di Marco, possiamorenderci conto come lalunga istruzione di Gesùsulla sequela (che siestende per quasi tre ca-pitoli, dall’ottavo al de-

(il vescovo) della chiesadi Laodicea il Signore fadire queste parole: “Ticonsiglio per comprareda me … del collirio perungerti gli occhi e recu-perare la vista. Io, tuttiquelli che amo, li rim-provero e li educo … Ec-co sto alla porta e busso.Se qualcuno ascolta lamia voce e mi apre laporta, io verrò da lui, ce-nerò con lui ed egli conme” (3, 18-20). Chiedia-mo a Gesù Cristo che ciaiuti a vedere. E’ già undono straordinario rico-noscersi ciechi e diventa-re mendicanti di luce. E’una grande cosa. Siamotutti ciechi, siamo tuttipeccatori perdonati, acominciare da me. Solocon la luce della miseri-cordia potremo evitare“le opere della carne” dicui ci ha reso coscienti laprima lettura. Potremo,cioè, evitare un’esisten-za avvitata su sé stessa,autocentrica, che tuttostrumentalizza, anche ilculto. I frutti dello Spiri-to, e della misericordiariconosciuta e restituita,sono “amore, gioia, pa-ce, magnanimità, bene-volenza, bontà, fedeltà,mitezza, dominio di sé”(Gal 5,22). Ci permette-ranno di abitare con re-sponsabilità e concretez-za le relazioni, soprat-tutto quella educativa,con cui accompagniamole donne e gli uomini didomani. Educare è un’o-pera di misericordia alta,bella, straordinaria. E’una “scommessa labo-riosa” (Papa Francesco),è il capolavoro della spe-ranza.

Dopo esserci dedicatialla famiglia, alla curadelle radici, alla pastora-

le battesimale; dopoavere cercato di rimodu-lare il rapporto della co-munità cristiana con i ra-gazzi e gli adolescentiper il completamentodella Iniziazione cristia-na, abbiamo aperto unapagina nuova nel nostrocammino diocesano. Cidobbiamo dedicare dipiù alla Scuola o, me-glio, ai cristiani che abi-tano la Scuola e la vivo-no. Dovremo riaccende-re una passione nel cuo-re di tutti e accompa-gnare meglio la testimo-nianza e la missione ditutti coloro che vivono,sotto qualunque pro-spettiva, il mondo dellaScuola. “Il tempo è su-periore allo spazio” ciha ricordato Papa Fran-cesco nella “EvangeliiGaudium” (cfr nn. 222-225). L’educazione, cheporta all’apertura degliocchi e della vita, è, inquesto momento, il piùgrande investimento peril futuro. L’educazioneallo sguardo è un passoimportantissimo verso ilsuperamento dell’indif-ferenza che umilia, del-l’abitudine che addor-menta, dal cinismo chedistrugge (cfr MV, 15).L’educazione allo sguar-do è fondamentale peruna relazione autenticacon il Signore che puòcambiare la nostra vita,soprattutto nei riguardidegli altri: “Misericor-dia: è la legge fonda-mentale che abita nelcuore di ogni personaquando guarda con oc-chi sinceri il fratello cheincontra nel camminodella vita” (MV, 2).

+ Lorenzo Loppa

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Novembre20164444

“Sono lieto diaccogliere ifedeli delle

Diocesi di Anagni-Ala-tri, Cremona, Pescia eConversano-Monopoli,accompagnati dai ri-spettivi Pastori, e l iesorto a trarre fruttodal Giubileo che stiamocelebrando, per essereannunziatori del Van-gelo con una coerentetestimonianza di vita”.Così Papa Francesco, il

12 ottobre scorso, hasalutato anche i pelle-grini arrivati dalla no-stra Diocesi per cele-brare il Giubileo a Ro-ma.In circa seicento sonopartiti praticamente unpo’ da tutte le comu-nità diocesane, accom-pagnati dal vescovoLoppa e da decine diparroci, sacerdoti, reli-giosi e religiose.Una giornata impor-

tante, caratterizzataper l’appunto dall’u-dienza in piazza SanPietro con Papa France-sco e quindi dal passag-gio della Porta Santa edal consueto ‘giro dellevisite’, compreso un

momento di preghierasulle tombe dei Ponte-fici.Festanti e colorati, ipellegrini della Diocesi(con tutte le età rap-presentate, dai più pic-coli ai…meno giovani)

Oltre seicento i fedeli che hanno partecipato al Giubileo della Misericordia

RRoommaa ““iinnvvaassaa””ddaaii ppeelllleeggrriinniiddeellllaa DDiioocceessii

Ecco alcune delle foto-ricordo di una bellissima giornata

PPRRIIMMOO PPIIAANNOO

a cura della Redazione

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Anno XVIINumero 11 5555PPRRIIMMOO PPIIAANNOO

hanno quindi simpati-camente invaso l’areadella Basil ica di SanPaolo fuori le Mura,dove il Vescovo Loren-zo Loppa ha presiedutola celebrazione eucari-stica, soffermandosi an-

cora una volta – nelcorso dell’omelia chepubblichiamo integral-mente nelle pagineprecedenti - sui temiforti del Giubileo, adiniziare da quello dellaMisericordia.

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Con la giornata unitariadi programmazione eformazione, tenutasi a

Villa Leonina di Anagni sultema “Rallegratevi ed esul-tate”, l’Azione Cattolica dio-cesana ha dato ufficialmen-te il via al nuovo anno socia-le. Per la Chiesa di Anagni-Alatri, quella dell’Ac è dadecenni una presenza im-portante, ad iniziare dai nu-meri: 850 associati tra ragaz-zi, giovani e adulti“Siamo presenti – racconta ilpresidente diocesano GinoFiorini – in gran parte delleparrocchie. In alcune di que-ste stiamo anche mettendoa frutto l’associazionismo in-terparrocchiale, come aFiuggi con Santa Teresa eSan Biagio, ad Anagni nelcentro storico o nei paesi diSgurgola e Morolo che ora

lavorano insieme. La presen-za sul nostro territorio è an-tichissima: ho incontratopersone in alcuni paesi chemi hanno fatto vedere letessere di adesione degli an-ni ’30 e ’40. Ma vorrei torna-re sul dato numerico, purimportante: le persone chepoi ruotano attorno ad Ac,e che ci danno una mano avari livelli, sono molte di piùdegli 850 iscritti. Noi nonmettiamo paletti associativie ovviamente non chiudia-mo le porte a nessuno, nonrientra nel nostro stile, an-che se l’adesione è un gestoimportante, segno anche diquell’appartenenza che ge-nera responsabilità”.A Gino Fiorini chiediamoanche di tracciare un bilan-cio di questi tre anni dellasua presidenza e, al tempo

di Igor TRABONI

Novembre20166666 AASSSSOOCCIIAAZZIIOONNII EE MMOOVVIIMMEENNTTII

Parla Gino Fiorini, presidente diocesano dell’Azione Cattolica

""RRaalllleeggrraatteevviieedd eessuullttaattee""

IInnssiieemmee aallll''AAccUna presenza antica, un impegno sempre nuovo

stesso, di scattare una foto-grafia della presenza dell’Acin Diocesi: “All’inizio di ognianno non è che ci prefiggia-mo di raggiungere questo oquell’obiettivo preciso, percui poi si può parlare diaverli raggiunti oppure no.Il centro della nostra azionequotidiana è sempre quellodi una formazione umana espirituale, al servizio dellaChiesa. Con tutte le fatichedi persone normali comesiamo noi, e quindi conmancanze, difficoltà varie.Ma al tempo stesso possia-mo ritenerci contenti diquello che facciamo e fidu-ciosi per il futuro, ancheperché non siamo noi cheoperiamo… Certo, è inutilenascondere che in questi ul-timi anni dei cambiamenti cisono stati nella società checi circonda, con immancabiliriflessi anche sulla nostra as-sociazione. Fino a qualchetempo fa, penso anche aglianni della mia maturazione,la parrocchia veniva vissutaanche come luogo fisico, co-me punto di riferimento co-stante, spesso anche l’unicodove potersi incontrare. Og-gi per forza di cose non èpiù così. Però noto che sulnostro territorio, e non solo,le parrocchie continuano adessere piene di bambini e diragazzi fino ai 17-18 anni,sia per la preparazione ai sa-cramenti che per le attivitàportate avanti. Il difficileviene magari dopo, e nonsolo per i ragazzi, e si fa fati-ca a vedere un po’ più inprospettiva. Oggi ci sonotanti altri problemi, e li co-nosciamo tutti, il contesto è

cambiato, molte situazionisono diverse mentre primac’erano più certezze a tutti ilivelli. Così si rischia di per-dere un po’ di fiducia nel fu-turo, nei rapporti con lagente. Ecco perché – ci tienea rimarcare Fiorini, recupe-rando subito grande entu-siasmo – come Azione Cat-tolica mettiamo l’anima inquello che facciamo, cercan-do di essere portatori di spe-ranza in tutti gli ambiti checome laici viviamo e attra-versiamo. Anche per questopuntiamo molto sul valoredella famiglia, più soggettaa quelle ripercussioni cui fa-cevo riferimento prima”.Nell’ambito dell’Azione Cat-tolica diocesana sono natiquindi dei gruppi di fami-glie che si incontrano perio-dicamente: “Sono esperien-za che fortificano – aggiun-ge Fiorini – e su questa lineacontinueremo ad agire, co-me pure sugli incontri per legiovani coppie e i fidanzati,trovando la modalità giustaper parlare loro. Ecco, daquesto punto di vista mi ac-corgo sempre di più che lagente ha bisogno di stareinsieme, di parlare, di capi-re”.Prima di chiudere, non pos-siamo non fare riferimentoai campi estivi dei ragazzi:“Le nostre parrocchie conti-nuano ad organizzarli allagrande, con tanti parteci-panti. E, con i nostri educa-tori, riusciamo a far sì chenon diventino solo un mo-mento di svago e ricreazio-ne”, conclude il presidentediocesano Gino Fiorini.

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Anno XVIINumero 11 7777VVOOCCAAZZIIOONNII

Il giovane è stato ordinato Diacono

a cura della Redazione

MMaattttiiaa PPiiccaa::ddaa VViiccoo vveerrssooiill ssaacceerrddoozziioo

Ora vive a Roma ma tiene salde le sue radici

Mattia Pica, giova-ne originario diVico nel Lazio, è

stato ordinato Diaconodal Cardinale AgostinoVallini, nella Basilica diSan Giovanni in Lateranoa Roma. Chiare le origini di Mat-tia: il papà Enzo è statodipendente del Comunedi Vico nel Lazio, paesedella nostra diocesi collo-cato sulle prime pendicidegli Ernici, per tanti an-ni e poi, trasferitosi a Ro-ma, è stato funzionariodel Tar del Lazio. Lamamma Giuliana è di Ro-ma, docente di scuolamedia; Mattia ha una so-rella, Eleonora. Don Mattia ha maturatola sua vocazione neglianni del liceo ed è entra-to in seminario dopoaver sperimentato un an-no di Università. Ha par-tecipato a progetti diumanità e spiritualità inAfrica, a favore del mon-do delle favelas e deiquartieri poveri in variecittà del Brasile, nonchéa Roma nei campi rom, alcarcere minorile e al Cot-tolengo. Laureato in filo-sofia e teologia, attual-

mente frequenta il Corsodi Dogmatica all’Univer-sità Gregoriana. Don Mattia ha un lega-me particolare con Vicoche gli ha dato non sol-tanto l’origine, ma moltomolto di più. Lo scrive luistesso, sul suo profilo fa-cebook, dopo l’ultimasua presenza a Vico pro-prio per partecipare allacomunità la sua ordina-zione a diacono. ”Questa volta è stataspeciale – ha detto DonMattia – ho sperimentatol’amore di un’intera ter-ra, di tantissima gente,

che mi accompagna conla sua preghiera e il suoaffetto... è in quella terrache sento le mie “radici”,è in quella terra che ioho incontrato Dio… Au-guro a tutti voi di trovareun posto così!”.E non a caso tanta gentedi Vico era a San Giovan-ni, arrivata anche con unpullman, per assistere al-l’ordinazione, mentretanta altra gente, incontemporanea con lafunzione, pregava nellaChiesa parrocchiale di Vi-co. Ora c’è l’attesa gioiosaper l’ordinazione presbi-teriale. Il 7 maggio del

prossimo anno, don Mat-tia sarà ordinato sacerdo-te a Roma, in San Pietro,per l’imposizione dellemani di Papa Francesco. Anche il sindaco di Viconel Lazio Claudio Guer-riero – che si è detto di-spiaciuto per non esserepotuto andare a Romaper motivi personali – el’intera l’amministrazio-ne comunale hanno fattopervenire i più cordialiauguri a Mattia. Un al-trio figlio di questa rigo-gliosa terra che si appre-sta dunque a servire il Si-gnoe attraverso il mini-stero sacerdotale.

Don Mattia con parenti e amici arrivati da Vico nel Lazio

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Novembre20168888

In appena cinque anni,il Movimento ProSanctitate – la realtà

ecclesiale fondata a Ro-ma nel 1947 dal Servo diDio don Guglielmo Gia-quinta - si è più che ra-dicato anche nella dio-cesi di Anagni-Alatri.Proprio cinque anni fa,infatti, arrivò a FiuggiTeresa Carboni, consa-crata laica, già alla gui-da nazionale del Movi-mento e per 18 anni re-sponsabile romana della

Pro Sanctitate: “Avevodeciso di prendermi unasorta di piccola pausa,per dedicarmi di più allapreghiera. Ma a Fiuggi,e poi in tutta la diocesi– racconta la Carboni –il seme ha attecchito su-bito, in maniera permolti versi sorprenden-te. Oggi abbiamo unapiccola comunità di con-sacrate laiche, gruppi dicoppie, tre corsi di pre-ghiera, ragazzi dellemedie e delle superiori

che fanno il percorsocon noi. Diamo una ma-no anche al Centro dio-cesano vocazioni e ani-miamo alcuni appunta-menti fissi, come la ViaCrucis o le veglie di Pa-squa e Natale. E dobbia-mo un sincero ringrazia-mento al vescovo Loren-zo Loppa che è moltocontento della nostrapresenza e ci supportain ogni maniera”.La cittadina di Fiuggi re-sta un po’ l’irradiazionedi questa presenza:“Collaboriamo moltocon le parrocchie, dall’a-nimazione liturgica allapreparazione al battesi-mo fino ai corsi per fi-danzati, in piena sinto-nia con i sacerdoti e conil consiglio interparroc-chiale. Qui poi è moltoforte la presenza di caseresidenziali per anzianie allora cerchiamo diandare anche lì, per unservizio di animazionesia umana che spiritua-le. Ci siamo accorti chec’è molto bisogno diquesto tipo di presenzee tutto sta accadendo inmaniera davvero sor-prendente: è il Signoreche ci fa aprire nuovogruppi, che ci fa portarela gioia del Vangelo che

dà vita. E’ la gente chece lo chiede e noi siamoben contenti di andaredove c’è bisogno”.Il tutto, ovviamente, inpiena sintonia con quel-la che è la ‘mission’ delMovimento: i suoi mem-bri, infatti, nelle diverseforme di appartenenza,si sforzano di vivere nel-la quotidianità della vi-ta l’invito di Gesù ad es-sere santi, perché hannocompreso che la santitànon è invito rivolto amolti ma chiamata pertutti.Da Fiuggi, come detto,Pro Sanctitate si staespandendo a macchiad’olio. Come a Vico nelLazio, ad esempio, pae-se di cui è parroco donGiggino Battisti, assi-stente spirituale del Mo-vimento: “Qui siamopresenti con l’animazio-ne liturgica e teniamo ilcorso per fidanzati”. Nelresto della Diocesi, dun-que, ma non solo, vistoche ultimamente la ProSanctitate ha organizza-to una mostra nella par-rocchia di Santa MariaGoretti a Frosinone e al-cuni incontri a Veroli eSupino, sempre nella li-mitrofa diocesi frusina-te.

Da alcuni anni Pro Sanctitate è presente anche in Diocesi

GGiiooiiaa ee ffaattiiccaaddii ffaarrssii ssaannttii

nneell qquuoottiiddiiaannoo

VVIITTAA CCOONNSSAACCRRAATTAA

di Igor TRABONI

“Qui il seme ha attecchito subito”

Il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, fondatore del Movimento

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Anno XVIINumero 11 9999VVIITTAA CCOONNSSAACCRRAATTAA

Ma questo è sicuramen-te un periodo ‘forte’ peril Movimento, visto che,alla vigilia della solen-nità di Tutti i Santi, nel-la chiesa parrocchiale diSanta Maria ai Monti aRoma, è stata celebratala sepoltura privilegiatadel Servo di Dio Gugliel-mo Giaquinta, fondato-re della Pro Sanctitate,dopo la traslazione del-la salma, evento cui par-teciperà anche una foltadelegazione provenien-te proprio da Fiuggi. Perarrivare al primo no-vembre, giornata dellasantificazione universa-le – ora nel calendarioliturgico della Chiesa -che in Diocesi viene ce-lebrata nel primo finesettimana di questo me-se di novembre. “E’ un appuntamento dipreghiera – sottolineaTeresa Carboni – ma altempo stesso anche ditestimonianza e coinvol-gimento. Ecco, que-st’anno vogliamo cerca-re di coinvolgere soprat-tutto le famiglie, attra-verso i piccoli e la ‘Cam-minata con i Santi’ delpomeriggio del 5 no-vembre a Fiuggi. Ognigruppo parrocchiale,giovanile o di classi delcatechismo, presenteràun Santo da varie ango-lazioni e, ad ogni sosta

della processione cheattraverserà il centrostorico, lo illustrerà concartelloni, drammatizza-zioni e altro. I bambinisi porteranno dietro an-che i genitori e cosìcoinvolgeremo tutta lafamiglia, prima di chiu-dere la giornata conuna grande festa nellaparrocchia di Santa Te-resa. L’anno scorso ab-biamo tenuto la prima‘Camminata’ e non sa-pevamo come sarebbeandata, ma evidente-mente è andata bene,perché i fedeli hannochiesto di ripetere que-sta esperienza, che po-trebbe così diventareuna bella tradizione, unappuntamento fisso perquesta comunità”.

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Novembre201611110000

Almeno seimilapersone han-no salutato la

Santiss ima Tr initànelle ultime due do-meniche di ottobre,dedicate alle Compa-gnie, e prima dellachiusura ufficiale delSantuario - con lagiornata dei Defunti- per la pausa inver-nale, quando saràdifficile per le avver-se condizioni meteopercorrere la stradache dal paesino diVallepietra sale fino

al luogo sacro.I membri di una ses-santina di Compa-gnie, provenienti datutto il Lazio ma an-che dall’Abruzzo, dalMolise e dalla Cam-pania, sono arrivatisul la montagna diVallepietra con unasettantina di torpe-doni, pulmini e tantimezzi pr ivat i , perrendere omaggio al-la Santissima e attra-versare la Porta San-ta, eccezionalmenteaperta anche in que-

sto Santuario perconsentire così a tan-ti altri fedeli di cele-brare il Giubileo del-la Misericordia.A salutare i pellegri-ni delle Compagniec’era anche il vesco-vo Lorenzo Loppa,che ha off ic iato lacelebrazione del 30ottobre, salutandocalorosamente i fe-deli e parlando nona caso di “un bellissi-mo spettacolo di fe-de e devozione perla Santissima Trinità

che anno dopo annocresce sempre più”.Durante la cerimo-nia religiosa, il Ve-scovo, ha più voltericordato anche ladrammaticità di que-ste settimane di ter-remoto, rivolgendoun “pensiero ai ter-remotati” e dicendoloro che “tutt i gl isiamo vicini con lapreghiera”.Il rettore del Santua-r io, mons. AlbertoPonzi, dal canto suoha tracciato un bi-

Migliaia di fedeli alla chiusura del santuarioper la pausa invernale

LLaa SSaannttiissssiimmaa ssaalluuttaattaa

ddaallllee CCoommppaaggnniiee

VVIIEE DDEELLLLAA FFEEDDEE

a cura della Redazione

Il vescovo Loppa: “Spettacolo di fede e devozione”

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Anno XVIINumero 11 11111111VVIIEE DDEELLLLAA FFEEDDEE

lancio dell ’anno diapertura appena tra-scorso: “Centinaia dimigliaia di pellegrinisono arrivati fin quie hanno attraversatola Porta Santa dellaMisericordia. La fede e la devozio-ne crescono sempredi più, coinvolgendopellegrini provenien-ti da numerose pro-vince italiane e an-che dall’estero, pervisitare l’unico san-tuario al mondo de-dicato alla Santissi-ma Trinità”.

Anno XVII, n. 11 - Novembre 2016mensile della comunità Ecclesiale

N. di registrazione 276 del 7.2.2000presso il Tribunale di Frosinone.

DIRETTORE: Igor Traboni

IN REDAZIONE: Claudia Fantini

Per inviare articoli:[email protected]

[email protected]

AMMINISTRATOREGiovanni Straccamore

HANNO COLLABORATO: don Marcello Coretti, Cristiana De Santis,

Giorgio Alessandro Pacetti, Mario Palleri, Filippo Rondinara

EDITOREDiocesi di Anagni-Alatri

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPAEditrice Frusinate srl - Frosinone

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Novembre201611112222 FFEEDDEE EE CCUULLTTUURRAA

Tra i vari Santi patro-ni san Michele rive-ste un ruolo partico-

lare in quanto non rientratra i Santi come normal-mente li intendiamo, cioèuna persona umana cheavendo esercitato in mo-do eroico le virtù diventamodello da imitare. Ep-pure sia l’attributo di san-to che quello di patronoben si addicono anche adun angelo, in quanto par-tecipe della santità di Dioe posto da Dio stesso anostra protezione sulcammino della vita, comeben attestato dalle sacreScritture. La Chiesa gli hariservato fin dai tempi an-tichi un culto particolare,considerandolo semprepresente nella lotta che sicombatte e si combatteràfino alla fine dei tempicontro le forze del male.Il suo nome, che in ebrai-co significa “chi è comeDio?”, ricorre cinque vol-te nella Sacra Scrittura.Nelle pagine dell’AnticoTestamento, l’arcangeloMichele ci si presenta co-me protettore specialedel popolo di Dio. Nell’ul-timo libro del Nuovo Te-stamento, l’Apocalisse,l’arcangelo Michele insie-me ad altri angeli com-

batte e scaccia dal cielo ildrago, chiamato diavoloe Satana, e gli altri angeliribelli. Non sorprende,perciò, il fatto di trovarlovenerato dai cristiani findai primi secoli. Ciò avvie-ne specialmente in Orien-te. In Occidente il cultodell’Arcangelo conobbeuna vera esplosione in se-guito all’apparizione sulMonte Gargano, cheun’antichissima tradizio-ne fa risalire agli anni492-494. Il Gargano face-va parte del ducato lon-gobardo di Benevento efurono precisamente iLongobardi a diffondereil culto di san Michele inOccidente. “A Morolo il culto e il pa-tronato di San MicheleArcangelo risale probabil-mente al V secolo ed èconnesso all’esistenza diuna grotta dove sgorgaun’acqua miracolosa. Nel-lo stesso periodo la tradi-zione vuole che fosse sta-ta costruita una piccolachiesa rurale dedicata alPatrono in località ‘ValleSant’Angelo’; essa erameta di pellegrinaggioper le puerpere che chie-devano abbondante lat-te”. Questo perché in det-ta grotta stilla acqua cal-

carea e di consistenza lat-tescente “considerata mi-racolosa e taumaturgicaper i lattanti e le puerpe-re. L’8 maggio, infatti, ledonne che avevano appe-na partorito la bevevanoper avere abbondanza dilatte”.“La chiesa montana diSan Michele Arcangelo si-tuata lungo uno speroneaspro dei Lepini, è men-zionata per la prima voltain un documento del1094 con il titolo di S.S.Michele e Martino”.“La scelta del luogo fudettala dal fatto che pro-prio su quella montagnafino a quel momento siadoravano idoli pagani eaddirittura il Demonio. Leapparizioni dell’Arcange-lo, dunque, avrebberoportato la luce della reli-gione liberando definiti-vamente quelle terre dal-l’idolatria. … La sopravvi-venza del culto di San Mi-chele è legato alla vita

della comunità morolanache nei tempi antichi vi-veva sulle montagne cir-costanti il centro abitatopoiché dedita alla pastori-zia e alla transumanza;addirittura alcuni nucleifamigliari erano stanziatipresso la piccola chiesadedicata all’Arcangelo”. A Torre Cajetani si ha no-tizia nel 1331 della chiesadi S. Maria unita alla chie-sa di S. Angelo, edificiosacro costruito fuori del-l’abitato e vicino al vec-chio cimitero. Nel 1328officiavano la chiesa di S.Angelo sei chierici benefi-ciati. Tra il 1331 e il 1335continuò a sussistere il ti-tolo di Arciprete di S. An-gelo. La prima festa di san Mi-chele Arcangelo a TorreCajetani ebbe luogo l’8maggio 1871, ricorrenzadell’apparizione dell’Ar-cangelo sul monte Gar-gano.

Il viaggio attraverso i patroni dei paesi delladiocesi fa tappa a Morolo e Torre Cajetani

UUnn AArrccaannggeelloo vveegglliiaa ssuu dduuee

ccoommuunniittààdi don Marcello CORETTI

Il culto a San Michele

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Anno XVIINumero 11 11113333VVIITTAA RREELLIIGGIIOOSSAA

Imonasteri a volte vengo-no considerati luoghi te-tri, dove frati o suore

pregano nel silenzio e nel-la contemplazione condu-cendo una vita che qualcu-no, tra quelli che hannopreso fin troppo a cuore lasocietà moderna, potreb-be definire “inutile”.Ma non è così, perché chiha modo di informarsi econoscere meglio la vitamonastica si rende contoche lì dentro il tempo tra-scorre in preghiera e lavo-ro, con letizia, gioiosità earmonia nel Signore. E’ ciò che ha capito SuorMaria Paola di Gesù cheesattamente 50 anni fa la-sciò le cose del mondo perabbracciare la vita mona-stica, e che nei giorni scorsi

a Carpineto, uno dei trepaesi della provincia di Ro-ma che fanno però partedella Diocesi di Anagni-Alatri, nel Monastero diSant’Anna delle MonacheCarmelitane ha festeggia-to con gioia le nozze d’orocon il Signore, riconfer-mando la sua fedeltà all’A-mato Sposo.Alla celebrazione, presie-duta dal Vescovo LorenzoLoppa, hanno partecipatotanti Padri Carmelitani: pa-dre Mario Alfarano, assi-stente generale per le Mo-nache, padre Miceal O’-Neill, priore del Centro In-ternazionale S. Alberto -Roma, Padre SebastianBenchea, responsabile del-le edizioni carmelitane, pa-dre Jakub Walczak, fra

Grande festa al Carmelo di Carpineto Romano

SSuuoorr MMaarriiaa PPaaoollaannoozzzzee dd’’oorroo

ccoonn iill SSiiggnnoorreedi Mario PALLERI

A 19 anni fece la scelta di entrare in monastero

Carlo Grosso, fra Adrian Ti-maru, fra Marius Budau,fra Alex Giovanny Arevaloe il diacono Maurizio BenIsa Ben ALi. Inoltre, eranopresenti anche alcuni pa-renti di suor Paola, arrivatida Ancona e da Torino, emolti carpinetani hannoaffollato la Chiesa per fe-steggiare questa religiosa. Nell’omelia il Vescovo Lop-pa, dopo aver commenta-to le letture del giorno, haespresso il suo grazie aSuor Paola per la testimo-nianza di amore, di fede edi servizio che ha dato inquesti anni e un ringrazia-mento alla sua comunità ealla famiglia che ha l’hasempre supportata nellasua vocazione. Subito do-po, suor Paola ha rinnova-

to le promesse dicendo: “Omio Dio, Trinità ti adoro,con il cuore pieno di grati-tudine per il dono dellavocazione religiosa rinno-vo il mio impegno a viveresenza sosta nello specchiodi Gesù Cristo guidata dal-l’esempio di Maria madree decoro del Carmelo e diElia Profeta nostro padre,oggi a 50 anni dalla miaprima professione, conti-nuo a ripetere il mio si allasua volontà. Ti ringrazioDio mio per quello che mihai dato, ti ringrazio perquello che mi hai tolto, tiringrazio per quello che mihai lasciato. A te mi affidoSignore perché continui avivere ogni giorno nellatua presenza alla scuoladel Carmelo fino al giornoin cui ti vedrò faccia a fac-cia e allora sarà gioia pie-na. Amen”.Ringraziamo Suor Paolache con il suo sì al Signore,ripetuto con fedeltà e co-stanza da mezzo secolo,porta tutti nelle sue pre-ghiere che ogni giorno ele-va a Dio insieme alle con-sorelle. E anche la comu-nità carpinetana si uniscenella preghiera, affinché ilSignore doni alla cara suorPaola ancora tanti anni divita da spendere nella pie-nezza della sua vocazione.

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Questo evento “naturale” sembra non voglia abbandonare ilcuore dell’Italia. E tutti generosamente si sono messi in aiu-

to, si sono dati da fare per i fratelli colpiti. Ma non possiamosempre vivere nell’emergenza. Occorre uno stile di vita che cipermetta di vivere in contatto con la natura e con le nostre abi-lità di uomini. È venuto il momento di prendere in mano le no-stre vite, senza minimizzare dicendo “che ci fa!, ma va bene lostesso…” o lasciando decidere ad altri. Il nostro amato vescovodi Rieti nell’omelia ad un mese dalla tragedia di Amatrice dice-va: “le nostre mani debbono ritrovare l’energia e la voglia di ri-costruire insieme. Soltanto così - diceva Mons. Domenico Pom-pili - il soffio vitale che c’è in ognuno di noi tornerà a far ri-splendere il sole su questa terra. Ne sono un presagio i nostri ra-gazzi e i nostri bambini, ancorché intontiti e paurosi. Così comeli descrive Gianni Rodari: ‘Tra le tende dopo il terremoto i bam-

bini giocano a palla avvelenata, almondo, ai quattro cantoni, aguardie e ladri, la vita rimbalzaelastica, non vuole altro che vive-re’”. E ancora: “Ho percepito ungrido che sale dalle tante, troppe,vittime di questo evento catastro-fico: non siate superficiali! Nonseparate mai la giovinezza dallavecchiaia, l’istante dall’eternità,l’energia dal senso: la vita dallamorte. … La saggezza invita acamminare rasoterra senza smet-tere di guardare in alto “. L’archi-tetto e senatore a vita Renzo Pia-

no è intervenuto a seguito della seconda scossa di ottobre sullastessa lunghezza d’onda: “Noi abbiamo una grande forza, unaforza che la stessa natura ci ha dato in dono: l’intelligenza. Par-lare di fatalità è fare un torto all’intelletto umano. Tocca a noi,al senso di responsabilità, investire la giusta energia nella messain sicurezza delle nostre case. Che poi siamo noi stessi, perché secerchi l’uomo trovi sempre una casa. La casa è il luogo della fi-ducia, il rifugio dalle paure e dalle insicurezze. Molto di più cheun semplice riparo dal freddo e dalla pioggia”. L’architetto pensa ad un progetto a lungo respiro, generaziona-le, applicando la scienza della diagnosi utilizzando apparecchia-ture sofisticatissime e strumentazioni d’avanguardia che produ-ciamo in Italia, e esportiamo negli altri continenti. “Non solo lapopolazione deve restare negli edifici ma bisogna farla parteci-pare attivamente alle operazioni. Penso alla figura dell’architet-to “condotto”, una sorta di medico che si preoccupa di curaregli edifici malandati, che ascolta e trova la soluzione. Per questooccorrono diagnostica e microchirugia e non la ruspa o il picco-ne. L’idea è quello di ricucire senza demolire, la leggerezza co-me dimensione tecnica e nel contempo umana.Il nostro è un Paese bellissimo ma fragile. Un bene comune lacui responsabilità è collettiva.”

Novembre2016

CCuullttuurraa AArrttee MMuussiiccaa LLeetttteerraattuurraa SScciieennzzaa SSppoorrtt CC iinneemmaa TTeeaattrroo

11114444

Acinque anni dalla scomparsa dimons. Luigi Belloli una messa in

suffragio è stata celebrata graziedall’Associazione che porta il suonome e che raccoglie gli ex-studentidel Liceo Leoniano sito in Anagni, eil Coordinamento delle Confraterni-te della diocesi di Anagni-Alatri, ilcui presidente risiede in Alatri. An-cora una volta il vescovo che ha do-vuto guidare l’unione delle due dio-cesi di allora, di Anagni e di Alatri,funge da collante e unisce due di-verse realtà nel suo nome. D’altraparte come ha ricordato EmanueleOnifade, presidente dell’Associazio-ne «parlare di Luigi Belloli è parlaredi un Padre e Pastore del gregge af-fidatogli, è parlare di un uomo dicultura, di un formatore di genera-zioni, di un animo nobile e genero-so, un uomo dallo sguardo lungo,che sapeva costruire ponti, valicarele valli dell’orgoglio e dell’ambizio-ne, costruttore umile, discreto e si-lenzioso, ma al tempo stesso tenacee volitivo del Regno di Dio su que-sta terra”. Mons. Belloli, che ha vo-luto essere seppellito ad Anagni, incattedrale, tra la sua gente, vollequesta scuola per favorire la cresci-ta umana, spirituale e culturale deigiovani della Diocesi e della Ciocia-ria. Gli ex alunni ricordano con rico-noscenza e affetto il suo modo di-screto e costante di seguire i loropassi nella Scuola Cattolica. Quan-do ormai vescovo emerito dellaDiocesi, Belloli era tornato a viverenella casa paterna di Inveruno, i ra-gazzi del liceo in viaggio di istruzio-ne con tappa a Milano, lo andaronoa trovare e ricevettero una acco-glienza indimenticabile.

C H I E S AMM EE MM OO RR II AA

IN RICORDODI MONS. BELOLLI.

Lo ricordano alla genteche lo amava gli studenti

e le confraterniteTTradizioniSONO MESI DI TERREMOTOQUESTI

C u l tC u l t

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Ad ottobre, nel giorno dell’annuncio del premio Nobel aBob Dylan moriva Dario Fo che aveva ricevuto lo stesso

premio nel 1997, quasi vent’anni fa. La motivazione dell’Ac-cademia di Svezia era la seguente: “Perché, seguendo la tra-dizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendola dignità agli oppressi”. Il suo commento fu: «Con me han-no voluto premiare la Gente di Teatro». Dileggia il potere…e l’Italia non fu contenta, tra tanti letterati proprio un per-sonaggio scomodo come lui, dovevano premiare, scomodoper la destra, per la sinistra, per la cultura, per i cattolici. Ep-pure i suoi testi, anche sui Vangeli, non sono mai stati irri-spettosi. Fo adottava sempre lo stesso stratagemma nel rac-contare le sue storie. Guardava gli eventi dal basso verso l’al-to, con la semplicità degli umili, dei diseredati, dei non invi-tati a partecipare, degli osservatori casuali. Un raccontoesemplare è quello delle Nozze di Cana da lui scritto in quelsuo linguaggio fatto di mescolanze di dialetti (non è un ca-so) che è il grammelot. A raccontare la parabola è un ubria-cone capitato per caso alle nozze. E racconta di questo vinofatto da Gesù con le sue mani così buono che non ha più in-tenzione di ubriacarsi per non dimenticare quell’ubriacaturacelestiale.

Fare ritratti: Mr Gwyn vuole fare ritratti, non dipingerli, vuo-le scriverli. Lavorare come lavora un pittore, con delle sedu-

te in uno studio creato ad hoc per trovare quello sguardo uni-co e quella postura che racconti un atteggiamento verso la vi-ta, ma non vuole ottenere questo con il pennello, bensì con lapenna. Scrivere ritratti, il che non equivale per lui a fare unadescrizione di quello che vede tipo “ha il naso aquilino e fos-sette sulle guance che evidenziano la sua curiosità ecc…”. No,Mr Gwyn vuole riportare l’essere profondo della persona sucarta. E pensa di riuscirci attraverso un racconto breve, unastoria. Perché, dice, ognuno di noi ha una certa immagine di sée si vede in una storia, e quella è la storia che il “copista”, co-me il protagonista si definisce, vuole scoprire, tutta la storia in-tera non una parte, perché noi non siamo solo il protagonistadella storia, dice Mr Gwyn, noi siamo “il bosco dove cammina,il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la genteche passa, il colore delle cose, i rumori”. Noi siamo tutta la sto-ria perché abbiamo una personalità complessa, non siamo solouna ma tante persone messe insieme. Per raggiunge l’obietti-vo ha bisogno di un mese di tempo con sedute giornaliere di 4ore ciascuna, senza parlare o quasi, stando nudi, aspettandoche il tempo cancelli le sovrastrutture accumulatesi e rimangasolo l’essenza… “è un po’ come riportare le persone a casa”,una sorta di terapia che aiuta la persona a liberarsi e lo scritto-re a vedere chiaramente la sua storia. Un progetto interessan-te quello di Alessandro Baricco sull’arte della scrittura. Unesempio di quanto teorizza appare nel libro successivo, Trevolte all’alba.

Anno XVIINumero 11 11115555

CCuullttuurraa AArrttee MMuussiiccaa LLeetttteerraattuurraa SScciieennzzaa SSppoorrtt CC iinneemmaa TTeeaattrroo

GIOVANIMM EE MM OO RR II AA

Afine ottobre con una semplice ce-rimonia nella biblioteca di Alatri

si è ricordato Costantino Bianchi,morto all’età di 26 anni, il 6 gennaio1986. Aveva da poco passato il capo-danno con gli amici, era il 2 gennaio,stava suonando la chitarra. Con lui ilfratello Alessandro: un colpo di tosse,un fiotto di sangue, era andato a farsila barba (“A piovere e a morire non civuole niente”, aveva detto) ed eraandato all’ospedale. La perdita avevalasciato tutti attoniti.Domenica 30, dopo trent’anni, i fra-telli hanno riunito gli amici, oggi50/60enni, e magicamente un pez-zetto di storia di Alatri è tornato a vi-vere. In molti hanno ricordato gli annidell’Azione Cattolica, gli anni della“Borsi”, la sede dei giovani cattoliciche lì si incontravano per pregare,parlare, discutere, studiare, cercare ri-sposte. Ogni giovedì pomeriggio, unappuntamento immancabile: c’era laMessa con don Cristoforo D’Amico,l’assistente giovanile. E la sala eragremita: c’era il desiderio di stare in-sieme per aiutarsi a vivere veramentele parole del Vangelo. E Costantino,con il suo arpeggio alla chitarra ac-compagnava la liturgia. Con il suosorriso accoglieva tutti. Alcuni di queigiovani hanno continuato il loro cam-mino come religiosi; don Antonio,don Walter, suor Cecilia.In biblioteca a ricordarlo c’erano an-che gli ex giovani del Girone con iquali c’era un bel rapporto dialettico.Loro non credenti o non praticanti e iragazzi della Borsi. Si discuteva, sicresceva insieme, si parlava di politi-ca e di grandi battaglie sociali. La no-stalgia ha lasciato il passo però alpiacere di rincontrarsi grazie al ricor-do di una bella persona.

IN RICORDO DICOSTANTINO BIANCHI

Cerimonia nella biblioteca di AlatriTTradizioni

E’ MORTOUN NOBEL: DARIO FO

TTradizioniMR GWYN

di ALESSANDRO BARRICO

a cura di Claudia Fantini

Costantino il primo in piedi a destra

t u ru r @@

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LLEE VVIIEE DDEELLLLAA FFEEDDEE

Alla fine di settembrela città di Alatri haaccolto le donne e

gli uomini della Polizia diStato della Provincia di Fro-sinone che, nella collegiatadi Santa Maria Maggiore,hanno rinnovato la ricor-renza del Santo Patrono. IlQuestore Santarelli ha fat-to gli onori di casa insiemea tutto lo staff dei funzio-nari ricevendo il PrefettoZarrilli, i Comandanti Pro-vinciali delle Forze dell’Or-dine, il Presidente dellaProvincia, il Sindaco di Ala-tri, il Provveditore agli Stu-di, ma anche le scolareschee tanti cittadini che hannovoluto testimoniare la lorovicinanza alla Polizia.Presenti anche i rappresen-tanti dell’Associazione Na-zionale Pensionati della Po-lizia perché il percorso trac-ciato non venga dimentica-to nel segno di una conti-nuità sempre e comunqueal passo con i tempi. Nell’o-

melia il vescovo Loppa haposto l’accento sulla figuradell’Arcangelo Micheleguardiano contro le forzedel male e difensore dellagiustizia, proclamato Patro-no della Polizia di Stato daPapa Pio XII nel 1949 .Toccante il momento dellarecita della preghiera delpoliziotto nel ricordo di co-loro che non ci sono più. Inquesto abbraccio ideale atutta la famiglia della Poli-zia, il Questore ha volutoringraziare “le donne e gliuomini della Polizia di Sta-to che operano quotidiana-mente su diversificati frontidella sicurezza”, dedicandoun pensiero a tutti i fami-liari dei poliziotti perché“supportano e sopportanoil nostro lavoro”.La celebrazione eucaristicaè stata accompagnata dallenote della Fanfara della Po-lizia che ha anche dilettatola platea con una vasta se-lezione musicale. Per i gio-

Il primo di novembre abbiamo celebrato la festa diOgnissanti, seguita il 2 dalla Commemorazione dei De-funti. Anche queste giornate nella tradizione sono stateaccompagnate da alcuni cibi, sia dolci che salati.In epoca cristiana, nelle ricorrenze dei Santi e dei Morti,le fave diventarono cibo di precetto nel 928 quando, Od-done abate di Cluny, ordinò che ogni anno il 2 novembresi commemorassero i defunti con speciali orazioni, ed af-finché i monaci riuscissero a vegliare l’intera notte in pre-ghiera, l’abate concesse una razione notturna di fave. Un’altra tradizione gastronomica del giorno dei defunti,era quella di cuocere per la prima volta il castagnaccio,che rappresentava la merenda invernale più cara ai bam-bini. Culinariamente parlando, ogni regione italiana halegato anche alla tavola queste due ricorrenze. Si trattaper la maggior parte di ricette a base di prodotti di sta-gione come la zucca, le castagne, la verza, il maiale, le-gumi - soprattutto fave e ceci- e frutta secca. In Liguria siusa mangiare carne di pollo il giorno dei Santi per tenerefede al proverbio “Santi senza becco Natale poveretto.”I dolci però sono senz’altro il cibo rituale più conosciuto:ogni area geografica infatti ha i suoi dolci tipici che ri-chiamano già dal nome queste celebrazioni, in tutte leregioni italiane, sono dolcetti dai nomi di ossa, fave, panidei morti. Impastati alla vigilia della ricorrenza rappre-sentano un simbolo di comunicazione tra il mondo deivivi e quello dell’aldilà. Ma soffermiamoci ora sulla preparazione del castagnac-cio, indicando una ricetta tradizionale:

CASTAGNACCIO Per 6 persone

• 400 g di farina di castagne• acqua q.b.• olio di oliva q.b.• 30 gr di uvetta (fatta rinvenire in acqua tiepida)• 30 g di pinoli• 3 cucchiai di zucchero• 1 pizzico di sale• 1 cucchiaio di aghi di rosmarino

PreparazionePonente in una terrina della farina di castagne, un pizzi-co di sale, olio, zucchero e della buccia d’arancia gratta-ta. Aggiungete al composto dell’acqua affinché risultipiuttosto liquido. Mettete la pastella in una teglia unta earricchitela con uvetta ammollata, pinoli, e noci spezzet-tate. Infine cospargete la superficie con foglioline di ro-smarino, irrorate d’olio d’oliva e cuocete in forno caldo.

Ecco l’inverno e il castagnaccio

La cucina dei Santi

di Cristiana DE SANTIS

Cerimonia per San Michele ad Alatri

LLaa PPoolliizziiaa hhaa ffeesstteeggggiiaattooiill ssuuoo ppaattrroonnoo

a cura della Redazione

Autorità provinciali insieme in nome della sicurezza

vani spettatori gli operatoridella Polizia Stradale, nel-l’ambito del progetto “Si-curezza alla guida”, hanno

poi illustrato i comporta-menti corretti del pedone,del conducente e del pas-seggero di veicoli.