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NUMERO 25|LUGLIO-AGOSTO 2015 NUMBER 25| JULY-AUGUST 2015 ww “La medicina non può essere atea. L’accettare o negare l’esistenza dell’anima, l’esistenza di esseri soprannaturali che possono agire spiritualmente o materialmente su di noi, muta la morfologia, la fisiologia, la patologia, la terapeutica, la deontologia” Bon H. , Medicina e Religione

Zona SISMica - Luglio-Agosto / July-August 2015

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Numero 25 | Luglio - Agosto 2015 Number 25 | July - August 2015

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NUMERO 25|LUGLIO-AGOSTO 2015NUMBER 25| JULY-AUGUST 2015

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“La medicina non può essere atea. L’accettare o negare l’esistenza dell’anima, l’esistenza di esseri soprannaturali che possono agire spiritualmente o materialmente su di noi, muta la morfologia, la

fisiologia, la patologia, la terapeutica, la deontologia”Bon H. , Medicina e Religione

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LA REDAZIONECoordinatore di ProgettoMaria Luisa Ralli - Sede Locale di Siena

RedazioneIlaria Rossiello - Sede Locale di AnconaCarlo Chessari - Sede Locale di CataniaCaterina Pelligra- Sede Locale di ParmaNoemi Streva - Sede Locale di SienaStefania Panebianco - Sede Locale di Messina Lucia Panzeri - Sede Locale di Monza

Publications Group CoordinatorPaolo Miccichè - Sede Locale di Palermo

info: [email protected]

SISMIl SISM - Segretariato Italiano Studenti in Medicina è un’associazione no-profit creata da e per gli studenti di medicina.

Si occupa di tutte le grosse tematiche sociali di interesse medico, dei pro-cessi di formazione di base dello studente in medicina, degli ordinamenti che regolano questi processi, dell’aggiornamento continuo dello studen-te e riesce a realizzare tutto ciò attraverso il lavoro di figure preposte a coordinare i diversi settori sopraddetti sia a livello locale che nazionale.

Il SISM è presente in 37 Facoltà di Medicina e Chirurgia sparse su tutto il territorio.

Aderisce come membro effettivo all’IFMSA (International Federation of Medical Students’ Associations), forum di studenti di medicina provenienti da tutto il mondo riconosciuto come Associazione Non Governativa presso le Nazioni Unite.

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EDITORIALE di Maria Luisa RalliIL SALUTO DEL PGC di Paolo Miccichè 4QUEI RUGGENTI ANNI ‘90 - PARTE 2

di Francesco Talarico 5LA PROVA COSTUME SI AVVICINA??? PREPARATEVI CON LA PALESTRA DI MEDICINA!

di Elena Marcandella, Teresa Da Molin, Christian Nasti 9IL CLASSICO SABATO POMERIGGIO : UN ESPERIMENTO DI RIEDUCAZIONE SOCIALE IN UN QUARTIERE ANCONETANO di Federico Biondini 11“DA CRISALIDE A FARFALLA”- LA TRANSIZIONE DI LUCAdello SWG “Transessualità” 13GLI ALBORI DELLA SALUTE GLOBALEdi Alice Perfetti 18UNA LORMA PER AMICA / THE PERKS OF BEING A LORMA

di/by Caterina Pelligra e/and Ivana di Salvo 21

INDICE

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Ben ritrovati SISMici! Pronti per questa SOGNATA ,tanto DESIDERATA e final-mente arrivata ESTATE 2015? Non di-menticate di mettere in valigia il nuovo numero di ZS, molto meglio della setti-mana enigmistica!!

Continua il viaggio nei 45 anni di storia del SISM con la seconda parte di “quei ruggenti anni 90” di Francesco Talarico, fondatore della sede locale di Catanzaro e presidente per ben due anni del SISM;

con Alice Perfetti, NORP per bene due anni, ne “Gli albori della Salute Globale” e con Ivana di Salvo in “Una LORMA per Amica” .

ZS vi prepara alla prova costume sem-pre mantenendo i capi saldi della nos-tra formazione SAPERE, SAPER ESSERE, SAPER FARE nel “Pronti per la prova costume? Preparatevi con la Palestra di Medicina”.

In “Da crisalide a farfalla”, lo SWG sulla

Transessualità, con parole delicate e incisive, vi racconta il percorso di tran-sizione da donna a uomo di Luca.

“Il classico sabato pomeriggio : un es-perimento di rieducazione sociale in un quartiere anconetano” Federico Bion-dini, ci cala all’interno nell’atmosfera di un “normale” sabato pomeriggio anconetano, in cui attori del Teatro dell’Oppresso, inscenano, sotto gli occhi degli ignari passanti, esempi realistici di tossicodipendenti, mettendo in luce l’indifferenza e la paura della popolazi-one nei confronti di questa tematica.

La redazione di ZS vi augura delle buone rigeneranti vacanze!! Ci vediamo a Settembre!!

EDITORIALE

Maria Luisa Ralli

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PGC’S WELCOMEPaolo Miccichè

Hello to everybody!In a very hot summer Zona SISMica it’s back all new articles!

So put your sunglasses at the beach and bring your personal virtual copy of our awsome magazine!

As you can see from this issue Zona SISMica will have one or more piece double language: Italian and English! This time it’s the turn of the interview to our IFMSA LORMA Ivana Di Salvo! You can identify the double-language ar-ticle looking for “Ita-english Flag” in the index (next page) or in the pages of the

magazine! It’s a great honor for me introduce this radical innovation, hoping Zona SISMica will be spread in the world! Don’t forget, you can find on ISSUU plat-form or at www.zonasismica.sism.org

Have a nice summer,Have fun and don’t forget how important is reading... Zona SISMica, of course!

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QUEI RUGGENTI ANNI ‘90 - PARTE 2

Francesco Talarico è stato fonda-tore della Sede Locale di Catanzaro nel 1988 e Local Exchange Officer per qualche anno. È stato membro del Consiglio Nazionale dal 1990 e per due anni (1991-92) ha rivestito la carica di Presidente Nazionale.Ha raccolto il nostro invito “per-ché ci sarebbero tante cose da rac-contare e questo mi permette di tornare indietro in quegli anni così carichi di aspettative di entusiasmi”.Nello scorso numero, ci ha parlato della storia del percorso formativo in Medicina e dell’evoluzione de-gli scambi culturali. Ripartendo da questo punto, in questo numero par-lerà dei cambiamenti socio-politici dell’epoca con la cronaca di una Gen-eral Assembly ricca di spunti ed eventi.ario, fino a determinare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”.

Quel lasso di tempo, ovvero la fine de-gli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90, è stato un tempo di svolta: ricordiamo, tra tutte, la data fatidica del 16 novem-bre 1989, ovvero la caduta del muro di Berlino. Inizia, dopo quella data, la dissoluzione dello scenario politico che aveva visto il Pianeta convenzi-onalmente diviso in tre Mondi: il Primo Mondo, ovvero i Paesi sviluppati, con economia capitalista; il Secondo Mon-do, ossia i Paesi sviluppati con econo-mia comunista; il Terzo Mondo, vale a dire i Paesi in via di sviluppo. La dial-ettica politica dell’epoca era pertanto imperniata su queste divisioni, natu-ralmente queste dinamiche si riflette-vano sulla gestione dell’IFMSA e sulla conduzione dei Congressi Internazionali.Ad esempio, forte elemento di destabiliz-zazione all’interno dell’IFMSA era la con-trapposizione tra Israele e la Palestina.I Congressi Internazionali del tempo erano pertanto divisi in tre blocchi, anche se di natura diversa rispetto ai “tre mondi” che caratterizzavano gli equilibri del Pianeta: i Paesi Europei del Nord (Paesi Scandinavi, Germania, Svizzera, etc.); i Paesi Mediterranei

(Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, etc., a cui in genere si aggregava Israele); il gruppo dei Paesi Arabi e Africani.L’Italia, a livello della Federazione In-ternazionale, aveva uno status politico-diplomatico ben riconosciuto, soprattut-to per la nostra capacità di mediazione.Alla General Assembly di Hradec Kralové (Repubblica Ceca) del 1990 andai come delegato del SISM e in quell’occasione ri-uscimmo a far eleggere Stefano Berloffa, all’epoca Amministratore Nazionale del SISM, Presidente dell’IFMSA. Lo scacch-iere politico era il seguente: potevamo contare sui voti del blocco dei Paesi Med-iterranei, di cui eravamo i leader, ma a noi si contrapponeva il blocco dei Paesi Nordeuropei, che puntava, per la Pres-idenza IFMSA, sulla delegata svizzera.A fare la differenza c’erano i voti del blocco dei Paesi Arabi ed Africani, con in testa la delegazione del Kuwait, blocco che si distingueva per intransi-genza religiosa. Si pensi che, nella casa dello studente dove eravamo alloggiati, i bagni e le docce erano comuni per uomini e donne, per ciò la delegazi-one del Kuwait protestò vibratamente poiché la loro religione impediva agli uomini di vedere donne nude in pub-blico, e alla fine ottennero di differen-ziare le docce per uomini e donne (con grande disappunto delle altre delegazi-oni che vedevano di buon occhio questa possibilità di “scambio culturale”!).All’inizio noi Italiani partivamo svan-taggiati, poiché gli Arabi sapevano che Israele era nostro alleato e non ci guardavano di buon occhio (anzi non ci guardavano affatto). Peraltro, gli stu-denti del Kuwait proprio in quei giorni ebbero una brutta sorpresa: il proprio Paese venne invaso da Saddam Hussein. Era l’inizio della Guerra del Golfo. Ven-nero in Repubblica Ceca da un Paese libero e, a causa della guerra, correva-no il rischio di non poter più rientrare.Io ero addetto alla “mission impossi-ble”: convincere il Kuwait ed i loro al-leati a sostenere il nostro candidato.Durante la General Assembly era stato organizzato a Praga un pomeriggio di

Francesco Talarico

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svago a bordo di un battello che navi-gava sulla Moldava. Mentre gli altri stu-denti facevano baldoria sul ponte sco-perto della nave, io ero impegnato sotto coperta in una estenuante trattativa, durata circa 5 ore, con la delegazione del Kuwait per cercare di portarli dalla nostra parte. Alla fine, raggiungemmo un accordo su una modifica statutaria che era di loro interesse e accettarono di appoggiare la candidatura italiana. Riuscimmo così a eleggere un italiano alla Presidenza dell’IFMSA. Fu questa l’unica occasione in cui, nell’ambito della General Assembly, arabi ed israe-liani votarono per lo stesso candidato.L’anno successivo, alla General Assem-bly tenutasi ad Aland, un’isoletta tra Svezia e Finlandia, abbiamo fatto il bis riuscendo a far eleggere Claudio Pagano come Tesoriere della Federazione Inter-nazionale.Subito dopo questa General Assembly, come delegazione italiana, partimmo per visitare Leningrado. Fu l’occasione di vivere un altro evento storico: il col-po di Stato di Eltisn che depose l’allora presidente dell’URSS Gorbaciov. Io ero partito con qualche giorno anticipo ris-petto ai colleghi e, arrivato all’aeroporto di Milano appresi di questo colpo di sta-to dalla TV: il pensiero corse subito a coloro che erano ancora sul posto. Tut-tavia il colpo di stato fu piuttosto “soft” ed i colleghi non furono in alcun modo coinvolti, anche se in ogni caso questo evento rappresentò l’inizio del disfaci-mento dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Infatti, un altro elemento che ha dominato i successivi

Meeting Internazionali fu l’emergere delle Nazioni nate dal disgelo post-co-munista: Serbia, Croazia, Lituania, Let-tonia, new entries che arricchirono il variegato panorama dell’IFMSA.A tal proposito, vorrei fare un breve passaggio su una delle mie esperienze di scambio culturale.Nel luglio 1989 sono stato in Polonia, prima delle caduta del Muro di Berlino, quando il Paese, governato dal gener-ale Jaruzelski, era ancora comunista e “Solidarnosc”, il sindacato di Lech Walesa, era messo al bando. Ho fre-quentato l’ospedale della città di Lu-blin e tale esperienza mi ha permesso di conoscere questo scorcio di società comunista appartenente ad un mondo ormai scomparso: la fila per strada per comprare le arance, la bicicletta o le gambe quali principali mezzi di tras-porto, le vetrine dei negozi del centro squallide e disadorne, i supermercati con gli scaffali quasi sempre vuoti e la merce cosiddetta pregiata, come il pro-sciutto, che spariva nel giro di pochi minuti, le scarpe e la carne razionate per mezzo delle tessere. Questa espe-rienza ha inciso profondamente sul mio modo di veder le cose: mi ha permesso di capire, da un lato, come non siamo in grado di apprezzare la libertà che abbi-amo e dall’altro che le cose veramente essenziali nella vita sono tutto sommato poche. L’ospedale, nonostante la scar-sità di mezzi, assolveva i suoi compiti: aveva all’interno un piscina pensile per le attività riabilitative ed era collegato con una struttura residenziale, localiz-zata nella quiete della campagna, in cui

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venivano inviati i pazienti post-infartuati.

Ritornando agli eventi interni all’Associazione, in quegli anni ho fon-dato il primo giornalino del SISM “Stu-diare Medicina” –le cui copie sono state esposte durante il XLVI Congresso Nazion-ale tenutosi questo maggio a Chianciano Terme, ndr-. È stato un esperimento di divulgazione e di informazione in un periodo in cui non esisteva ancora Inter-net e la trasmissione dell’informazione avveniva solo per via cartacea (con profusione di fax e francobolli).Ho anche organizzato un Congresso Na-zionale del SISM a Catanzaro nel 1991.

A distanza di 25 anni ritrovo con pi-acere un’associazione sempre più vi-tale, e devo dire più diversificata rispetto agli anni che ho descritto. Merito delle nuove tecnologie che fa-cilitano i contatti, ma merito sopra-tutto di tutti voi che con dedizione continuate a promuoverne le attività.Quali messaggi lanciare per il futuro?Non sono più molto aggiornato ris-petto all’evoluzione della formazi-one medica ma ritengo che si debba continuare ad incidere su alcuni as-petti che risultano ancora carenti.La comunicazione medico-paziente, messa in crisi dalla medicina tecnolog-ica, deve essere promossa e sostenuta. Per essere un buon terapeuta non basta solo avere buone conoscenze tecniche se poi non si hanno doti di empatia, comu-nicazione, intelligenza emotiva, aspetti questi che dovrebbero essere valoriz-zati all’interno del curriculum forma-tivo medico. Altro punto fondamentale: un ritorno all’ integrazione ed alle con-oscenze di base a fronte della parcelliz-zazione determinata dal sapere special-istico. Sono un componente del Collegio Nazionale della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) e opero all’interno di un gruppo di studio che si occupa di Assistenza Primaria. Questo gruppo ha proposto di inserire l’assistenza primaria all’interno del curriculum formativo medico. An-cora oggi abbiamo un’assistenza ed anche una formazione troppo concen-trata sull’ ospedale, mentre l’OMS ha dimostrato che i servizi sanitari nazi-onali che hanno valorizzato l’assistenza primaria sono quelli che ottengono le migliori performances a parità di costi. Il SISM ,a mio avviso, deve recuperare

lo spirito degli anni che ho descritto, in cui partecipare agli scambi culturali era non solo un’occasione di approfondi-mento linguistico o tecnico-profession-ale ma anche un’opportunità per con-solidare lo spirito comunitario europeo superando i confini nazionali. Un primo risultato è stato raggiunto: le frontiere fisiche in Europa non esistono più ma rimangono ancora dei confini culturali che dobbiamo contribuire ad abbat-tere se vogliamo che l’Unione Europea sia davvero la casa di tutti gli europei.In quegli anni si diceva che “Men-tre ci chiediamo se l’Europa con-viene essa, intanto, avviene”.TTIP e CETA?Forse in pochi sanno di che cosa si tratta…CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è l’accordo econom-ico e commerciale globale tra il Cana-da e l’Unione Europea, che promuove ad esempio il libero scambio di beni e servizi senza più frontiere e dazi doga-nali. Ebbene tale accordo ha gettato le basi anche per il libero scambio dei professionisti, che un giorno (non lon-tano) potranno andare a lavorare in Canada con il principio del mutuo ri-conoscimento dei titoli come già av-viene nel’ambito dell’Unione Europea.TTIP (Translatlantic Trade and In-vestiment Partenership) risponde agli stessi principi e in tal caso il ne-goziato, tuttora in corso, riguarda l’Unione Europea e gli Stati Uniti.Si è già scatenato un fuoco di sbarramen-to da parte di quelle associazioni ambi-entaliste che non vogliono far arrivare da noi gli hamburgers americani, sostenen-do che negli Stati Uniti non c’è adegua-to controllo sulla produzione di carne. Non voglio entrare nel merito di questa polemica: spero solo che il pubblico di-battito su un accordo di tale portata non si fermi soltanto alla carne macinata.Possiamo, a mio avviso, soltanto conclu-dere parafrasando quanto detto sopra che “Mentre ci chiediamo se la globaliz-zazione conviene essa, intanto, avviene”.La medicina è, forse, una delle professio-ni più “globalizzabili”, in quanto le com-petenze mediche sono, per la gran parte, indipendenti dal contesto in cui si opera.Io credo in un futuro in cui il medi-co sarà sempre più un professionista globale. Assistiamo in questi anni ad una fuga di medici, giovani e non solo, da un Paese in crisi come l’Italia. Tut-tavia ritengo che, al di là di questo fenomeno specifico, il medico tenderà

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sempre più a diventare un globetrot-ter. Un professionista potrà decidere di svolgere una parte del proprio percorso formativo, sia di base che specialistico all’estero; nell’arco della vita lavora-tiva potrà trascorrere periodi più meno lunghi in un altro Paese dove vengono offerte migliori opportunità di carriera e decidere, poi, di rimanerci oppure far ritorno al proprio paese; potrà parte-cipare a progetti di cooperazione con i paesi in via di sviluppo; nel quotidiano potrà (e dovrà) leggere riviste scienti-fiche in lingua inglese o potrà (e dovrà) partecipare a Congressi, anche in Ita

lia, in cui la lingua ufficiale è l’inglese.In questo scenario che si sta delineando credo che la missione del SISM si sintetiz-zi in questo: contribuire a far sviluppare il professionista del futuro che sappia af-frontare le sfide della sanità globalizzata.Il SISM mi ha dato molto (persino una moglie, Anna Rotundo, che faceva parte della sede locale di Catanzaro) e con ques-to documento spero di poter ricambiare al SISM una parte di ciò che ho ricevuto. Cari saluti ed auguri per la vostra formazione e per la vostra professione.

Si ringrazia Andrea Costumati per il prezioso lavoro svolto

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LA PROVA COSTUME SI AVVICINA??? PREPARATEVI CON LA PALESTRA DI MEDICINA!

Elena Sofia Marcandella, Teresa Da Molin, Christian Nasti

Parliamo del proget-to “Palestra di medicina”?Certo! La palestra di medicina è un pro-getto della SL (Sede Locale) di Siena che si occupa di migliorare la formazi-one dello studente di medicina basan-dosi sulla ricerca non solo del Sapere, ma anche del Saper Fare e del Saper Essere. In particolare con l’obiettivo ‘Saper Essere’, si intende creare nello studente una coscienza critica riguardo a vari argomenti che pos-sono essere inerenti al corso di laurea oppure di argomento etico, sociale, sul rapporto medico-paziente ecc….attraverso cicli di incontri specifici.Gli argomenti vengono scelti all’inizio di ogni anno associativo ed il tempo dedica-to ad ogni argomento dipende dalla sua complessità. Se necessario, all’incontro possono essere invitati professori, med-ici o altri specialisti. Anche quest’anno abbiamo lasciato ai ragazzi la possibil-ità di scegliere l’argomento che è ri-caduta con entusiasmo ed interesse sul tema della ‘Medicina delle Religioni’.

Cosa si intende con “Me-dicina delle Religioni”?Abbiamo pensato che un futuro medi-co potrebbe trovarsi in situazioni che esulano dalla sua quotidianità, par-ticolarmente al giorno d’oggi dove l’eterogeneità della popolazione è sempre più intensa e visibile. L’avere di fronte persone con culture diverse dalla nostra potrebbe essere occasione di imbarazzo o di incomprensione.Con questa misteriosa espressione ‘Me-dicina delle Religioni’ abbiamo inteso la modalità con cui il medico si relaziona con determinati gruppi, quali testimoni di Geova, musulmani, ebrei e, in gener-ale, persone che non accettano, seppur in modi differenti a seconda del credo, di essere curate (in parte o totalmente).

Avete richiesto il supporto di un docente o di un esperto?Ehm...si certo...ma...diciamo che...passiamo alla prossima domanda?

Come è stato affron-tato questo argomento?La scelta su come mettere gli studenti di fronte alle varie culture e alle pos-sibili situazioni che si vengono a creare, è presto ricaduta su attività di Peer Edu-cation, una metodica di educazione non formale che si basa su attività theatre-based, brainstorming e momenti di rifles-sione invece che con lezioni tradizionali.Prima dell’incontro abbiamo fatto un grosso lavoro di documentazione; ci siamo informati su moltissimi casi clinici reali e in generale sulle dot-trine che spingono determinate cul-ture a rifiutare alcuni tipi di cure. Abbiamo raccolto quindi diverso ma-teriale su cui abbiamo costruito il nostro incontro e che abbiamo condi-viso con tutti i ragazzi della Palestra.In apertura abbiamo fatto un brain-storming sulle caratteristiche di un ipotetico paziente “perfetto” , ossia il paziente con cui si può avere la miglio-re relazione. La prima attività è stata theatre-based: abbiamo cioè messo in scena un piccolo ambulatorio medico. Il medico in questione era di cultura is-lamica, assisitito da una dottoressa di cultura occidentale, mentre i pazienti che si sono susseguiti erano: un pa-ziente islamico, una paziente occiden-tale e due donne testimoni di Geova.Per tutti e 4, si è creata una situ-azione in cui non era possibile ve-nire incontro alle loro richieste:un paziente musulmano arriva in os-pedale chiedendo soccorso per la moglie non presente poichè nella sua cultura il contatto con altre persone nei giorni “im-puri” (ciclo mestruale) non è permesso.una giovane ragazza si presenta in ambulatorio per una visita ginecolog-ica. Il medico si trova in difficoltà, in quanto la sua religione non permette il contatto con persone di sesso op-posto in assenza di un parente maschio.una donna, testimone di Geova, malata di cancro al polmone si presenta per es-sere curata. Di fronte alla difficoltà del medico nel proporle cure che non im-plichino una trasfusione di sangue o liq-

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uidi corporei, chiede insistentemente di trovare metodi alternativi per salva-rla.una donna, testimone di Geova, con una figlia a cui diagnosticano la leuce-mia, che si rifiuta in modo assoluto di farla curare.In ogni momento gli studenti che as-sistevano alla scena potevano inter-romperci per domandare quali erano i motivi che spingevano i vari personaggi ad agire in un certo modo o per sug-gerire modi alternativi di affrontare la questione.La seconda attività invece ha visto gli studenti partecipare in prima persona allo “scontro tra culture” che può verificarsi laddove il medico non sia comprensivo e aperto ad accogliere le richieste del paziente e ad ingegnarsi per trovare soluzioni alternative:Gli studenti sono stati divisi in coppie; ad una delle due persone è stato dato un bigliettino contenente una richi-esta da fare all’altra persona la quale doveva assolutamente negare la richi-esta in qualunque modo senza cedere a qualunque opera di convincimento.Alla fine dell’attività si è aperta una discussione riguardo alle possibilità che un medico ha, in talune circostanze, di venire incontro al paziente o meno; si è discusso dei modi possibili con cui si possono gentilmente negare le richieste e dei modi alternativi di affrontare talune questioni in modo da riuscire ad ogni modo a salvaguardare la salute del paziente.

L’obiettivo qual era? Quali sono state le reazioni dei partecipanti?

Il fine ultimo non era trasmettere grandi nozioni sulle culture o sulle re-ligioni che potremmo incontrare, ma fornire uno spunto, favorire un con-fronto, permettere ai ragazzi di for-mare una propria coscienza critica sull’argomento. L’importante è che lo studente abbia iniziato a porre il “prob-lema” del confronto con il paziente con diverso background culturale, rimanen-do dinamico e aperto al confronto.Abbiamo trovato però anche alcune difficoltà nel prepararci e trovare materiali di fronte ad un argomento tanto vasto e complicato. Difatti ci sarebbe piaciuto avere un supporto da parte di professori o specializzandi con più esperienza, poichè uno deg-li ostacoli più grandi è stato quello dicapire come affrontare il problema senza esprimere giudizi sulle scelte operate da questi potenziali pazienti.

Altre considerazioni?Per non sbagliare: osteria numero 9!La migliore è la SCOME!Dalle sessioni alle plenarieè la regina delle aree!

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Federico Biondini

IL CLASSICO SABATO POMERIGGIO : UN ESPERIMENTO DI RIEDUCAZIONE SOCIALE IN UN QUARTIERE ANCONETANO

Classico sabato pomeriggio, la coda davanti alle casse del supermercato di Vallemiano è alienante. Gente che si ag-gira frenetica tra gli scaffali alla ricerca dell’offerta più vantaggiosa o che cerca semplicemente un modo per andarsene via il più presto possibile, presa dai mille impegni per il brevissimo week-end.Mentre sei allo scaffale bibite, per trovare qualcosa che rinfreschi l’afoso pomeriggio, al di fuori dello stanzone climatizzato della coop accade una cosa inaspettata: dal reparto macel-leria si sente provenire il suono di un organetto, inconfondibile, e spuntano quattro ballerine che danzano (davan-ti agli occhi un tantino perplessi della gente). La scena si ripete più volte con la stessa coreografia; la gente dappri-ma incredula comincia a partecipare e, trasportata dal carico emotivo della rappresentazione, si lascia coinvolgere.È solo l’incipit di un pomeriggio che è tutto fuorché un classico sabato pomer-iggio. Appena al di fuori del supermer-cato una mendicante sfoggia un cartello “aiutatemi, sto facendo teatro”, i pas-santi incuriositi reagiscono a questa scena: chi con indifferenza, chi lascia un contributo, chi addirittura le lascia in custodia la propria bambina mentre fa la spesa. Verrebbe da chiedersi per-ché a questo punto la vera mendicante, che si trova solamente cento metri più giù, venga invece ampiamente ignorata.Il quartiere è nel bel mezzo di un pro-getto di rieducazione della popolazi-one e di esibizioni di vario genere; la giornata è stata organizzata da un in-sieme di associazioni che hanno come centro nodale “la Casa delle Cul-ture”: un centro sociale che dà spazio a gruppi di ballo folkloristico, danza, educatori professionali, gruppi di cin-ematografia, centri estivi e quant’altro.Sono previste per questa giornata anche delle scenette di Teatro dell’Oppresso, alcune dichiarate ed altre no: un rag-azzo con un cappello in testa, con at-teggiamento degno di un mattatore cir-cense, annuncia una rappresentazione della “gioventù anconetana” vista dagli

dagli occhi di un gruppo di ragazze delle superiori. Parte la scena: quattro raga-zze, attaccate ai cellulari, e un paio di altre ragazze che cercano di spostare la loro attenzione sul “sociale” , vorreb-bero coinvolgere le quattro “zombie da smartphone” nell’organizzazione di eventi per i loro coetanei; la scena termina come la peggiore tragicomme-dia moderna, dove il social network, che nasce per favorire l’aggregazione, diventa veicolo di soli contenuti futili, e fonte di discriminazione ed isolamen-to. La gente che si era fermata ad os-servare la scena, si trova divisa in due, tra chi passa e si volta dall’altra parte a chi vorrebbe altre “manifestazioni culturali” come quella appena vista.Alla fine dell’ultima rappresentazione teatrale accade il dramma: si sente gridare aiuto da dietro un porticato, lì giace incosciente una ragazza, ha una siringa conficcata in un braccio; un pas-sante si ferma nel tentativo di soccor-rerla e cerca di chiamare aiuto: “qual-cuno chiami il 118!” Passa una ragazza con il cellulare in mano facendo finta di niente e il ragazzo prontamente le chiede di prestarglielo ma i due com-inciano a litigare, volano gli insulti e vengono alle mani, quando ad un tratto si alza la “vittima”, si toglie la siringa, prende il suo cellulare e grida “ho capito, lo chiamo io il 118!”. I volti della gente (almeno 100 persone) che osservavano la scena increduli si dis-tendono, la tensione sembra svanita quando una voce in tono provocatorio dalla folla fa notare a tutti, gridando, che la ragazza è da venti minuti sotto i loro occhi e nessuno ha fatto nulla per aiutarla. È il gelo; alcuni se ne vanno, altri iniziano a fare polemica, altri in-sultano gli organizzatori della “farsa” troppo verosimile e di cattivo gusto.Hanno assistito ad una scena di Tea-tro dell’Oppresso organizzata da un’associazione di educatori profes-sionali, EducareAgendo, e alcuni raga-zzi della Scoph del Sism di Ancona; è il coronamento di un percorso di auto-formazione sul tema delle dipendenze.

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Da questa giornata emerge una se-rie di considerazioni e di domande:c’è ancora la possibilità, in una piccola città di provincia come Ancona, di creare supportare iniziative che vanno al di fuori delle solite notti bianche e giornate del-lo shopping, che attualmente sembrano l’unico modo di risollevare il degrado dei centri storici? È possibile, a qual-che anno dal loro lancio, “rettificare” l’utilizzo degli smartphone, rendendoli veicoli di queste iniziative sociali, di ag-gregazione e non promotori di isolamen-to? È possibile soprattutto smuovere le persone da un immobilismo sociale e culturale bloccato e standardizzato?Dato che, poi siamo in vena di polemi-ca, è possibile che di 100 persone, solo una vecchietta che passa con il cane si accorga di una giovane ragazza in pericolo di morte per intossicazione da

sostanze? Non c’è iniziativa culturale che tenga, non c’è scuola né università che possa “costruire il buon senso” di un cittadino, anzi di un essere umano. Perché al giorno d’oggi tutti hanno un telefonino e tutti sanno che cos’è il 118, ma molti preferiscono non vedere, impauriti forse dal contatto stesso con una tossicodipendente (contatto che se si chiamassero i paramedici non sarebbe necessario), non voglio poi pensare a chi rumina tra sé e sé che la condizione in cui versa un tossicodipendente se l’è cerca-ta lui, perché se, cari Anconetani, non ci smuove neanche per una giovane ragaz-za moribonda, se preferiamo rimandare a chi la aiuterà per noi, ci meritiamo una città sterile e statica, che rispecchi fino in fondo la nostra natura di osserva-tori esterni delle nostre stesse vite.

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Lo SWG “Transessualità”

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“DA CRISALIDE A FARFALLA” LA TRANSIZIONE DI LUCA

Luca nasce in prigione. La prigione di Luca è fatta di carne e pregiudizi. Ha i capelli lunghi e la pelle delicata, è ves-tita di fiori e gonnelline svolazzanti. Non gli permette di sentirsi davvero se stes-so, né di essere riconosciuto dagli altri per quello che in realtà sente di essere. Ha una vagina e avrà le mestruazioni.

Luca è una persona transessuale in-trappolata in un corpo di donna.

Con questa intervista ci rac-conta un po’ del suo percorso.

La disforia di genere è inserita all’interno del DSM (Manuale diag-nostico e statistico dei ydisturbi mentali). Cosa pensi a riguardo?La disforia di genere rientra nel manuale diagnostico delle malattie mentali senza alcuna rilevanza scientifica comprovata.Come per l’omosessualità (elimina-ta da questo manuale nel 90’) siamo in attesa che chi di dovere provveda ad interessarsi alla questione della depatologizzazione del transessu-alismo, per poter garantire alla co-munità trans un’altra connotazione.Anche una donna incinta nel suo iter necessita delle dovute attenzioni mediche ma non per questo viene con-siderata malata; dunque chiediamo che venga riconosciuta la nostra con-dizione di transizione in maniera simile.Il problema è che ottenuta la depatolo-gizzazione verrebbero a mancare le at-tenzioni mediche e la gratuità dei servizi.

Hai trovato difficoltà ad inizi-are il percorso di transizione? Dif-ficoltà ad esempio a trovare uno psicologo/psichiatra che volesse iniziare questo percorso insieme a te, senza fare “ostruzionismo”?Ho avuto modo di incrociare sul mio percorso psicologi e psicoterapeuti che hanno dimostrato di avere gran-dissime lacune in termini di disforia di genere e del percorso di transizione.A tutte le persone che intendono intra-prendere un percorso di transizione con-

siglio vivamente di far riferimento a cen-tri davvero specializzati: un esempio è il MIT di Bologna, dove da più di 30anni una vera e propria equipe di psicologi e psic-oterapeuti ha acquisito nel tempo com-petenze e informazioni utili e precise.

A Bologna, come in quasi tutti i centri italiani, si applica il protocollo ONIG: come hai vissuto all’inizio l’obbligo della psicoterapia e la sua durata? Segui un percorso post-transizione? Vedendola dal lato dei “fruitori”, che opinione si ha del protocollo WPATH?ONIG e WPATH sono due proto-colli differenti utilizzati nella di-agnosi e trattamento del DIG.L’ONIG è il protocollo italiano utilizzato dalla quasi totalità dei centri specializzati.Questo protocollo in un certo senso ti vincola a frequentare sedute di indagine introspettiva della durata di minimo 3/6 mesi, al fine di capire se si tratti di una reale disforia di genere o meno.L’obbligo della psicoterapia è qual-cosa che a mio avviso è necessario per coloro che ancora non sono total-mente consapevoli del loro sentire. Lo ritengo invece leggermente de-bilitante per le persone già mature, che risultano costrette a dover subire sedute di colloqui psicologici per mesi.I tempi del protocollo comunque sono tollerabili, se vengono rispet-tati dai professionisti. In alcuni casi può capitare che psicologi non spe-cializzati in DIG sforino di parecchio queste tempistiche, allora in ques-to caso è una vera e propria agonia.Terminato il real-life test del primo anno di terapia, dopo le operazio-ni chirurgiche non è più obbligato-rio un supporto psicologico per cui io non ho più avuto sedute di colloquio.Anche il WPATH ti “costringe” a un paio di sedute di colloquio psicolog-ico, in realtà molto blande: ritengo sia molto utile investire sei mesi della propria vita per indagare a fondo la propria condizione ed affrontare consa-pevolmente il percorso di transizione.

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Il tuo percorso è cominciato ap-pena maggiorenne. Come hai vis-suto la tua infanzia ed adoles-cenza? Come hai manifestato il tuo disagio verso un corpo che non ti apparteneva e come sono stati i tuoi rapporti sia d’amicizia che amorosi con i coetanei?Ho vissuto la mia infanzia in modo sereno per quello che riguardava i rapporti in famiglia, non ho avuto traumi. Semplicemente all’asilo e alla scuola materna mi interessa-vo sempre ai giochi “da maschio”, mi vestivo “da maschio”, rifiuta-vo tutto ciò che era “femminile”.Verso le scuola medie ho inizia-to a chiedermi il perché di tutto questo. Dentro di me, vedendo il mio corpo cambiare con la pu-bertà, provavo una sensazione profonda di disagio e speravo in un blocco dello sviluppo. Spera-vo di assumere fattezze maschili.Ero attratto dalle ragazze, mi pre-sentavo come Luca e lo facevo in modo del tutto naturale. Alle supe-riori ero arrivato ormai a nascondere il seno con una fascia e chi non mi conosceva difficilmente poteva pen-sare fossi una ragazza. Vestivo da ragazzo, mi veniva naturale compor-tarmi da tale; mi sentivo naturale così e non lo nascondevo affatto.Fino a che ho capito che avrei davve-ro voluto essere nato fisicamente maschio, perché mi sono sempre identificato in questo modo. Cercan-do sul web ho capito che esisteva la possibilità di cambiare sesso, di avere la barba, di realizzare me stesso fino in fondo. Ed è stata la più bella sco-

erta che abbia mai fatto nella vita.Con gli amici sono sempre stato me stesso e ho sempre fatto naturalmente qualsiasi cosa, rendendomi trasparente e spiegando in modo davvero semplice il mio sentire.La stessa cosa è avvenuta con le mie ragazze, le quali mi hanno sem-pre percepito come Luca e hanno avuto l’intelligenza di non fare del-la mia diversità fisica un problema.

C’è un evento particolare che ti ha spin-to in questo percorso? E invece qual è stato l’ostacolo maggiore nella tua vita in relazione alla tua indentità sessuale?La necessità di ottenere il mio benessere mi ha sempre spin-to ad affrontare la transizione.L’ostacolo più grande che ho dovuto fronteggiare è sicuramente stato il pre-giudizio di alcune persone (dettato anche da alcune ideologie politiche e religiose), con cui comunque piano pi-ano nel tempo sono riuscito a dialogare.

A che punto sei del tuo percorso di transizione? Quali sono i passaggi che una persona deve affrontare per poter cambiare il proprio sesso?Il percorso di transizione non finisce MAI. Ora sono al punto in cui il più è stato fat-to: interventi, ormoni, documenti (sono arrivati proprio ieri finalmente!). Il per-corso comunque va avanti per tutta la vita, perché i farmaci vanno presi sempre e perché una persona trans sviluppa una sensibilità tale verso se stessi e verso gli altri che porta sempre a ricordare chi sei.I passaggi della transizione sono i seg-uenti: percorso psicologico (ottenere la perizia di DIG), percorso medico endo-crinologico (cominciare la TOS), percorso

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legale (ricorso alla 164/82 per chiedere il permesso all’operazione chirurgica demolitiva), percorso medi-co-chirurgico (operazione per demolire il seno e rimuovere utero e ovaie nel caso di un passaggio FtM), percorso le-gale (tornare in tribunale per chiedere la rettifica anagrafica dei documenti), percorso medico ricostruttivo ( per fare interventi di ricostruzione come la fal-loplastica).

Il tuo partner ha contribuito nella tua scelta? Se sì in che modo? Quali risvolti ha avuto questo cambiamen-to nel rapporto di coppia?La mia vita di coppia non ha risentito di questa mia transizione, ho sempre avuto la fortuna di incontrare persone intelligenti che hanno saputo percepire la mia “diversità” in maniera del tutto “normale”.

Hai mai avuto dei momenti di scon-forto che hanno fatto mettere in dubbio la tua decisione? Sec-ondo te sarebbe possibile “sem-plificare” l’iter di transizione?Semplificare l’iter sarebbe possibile riaggiornando l’attuale legge che rego-la il cambio di sesso, la 164 del 82’.Attualmente l’intervento chirurgico prevede una sterilizzazione forzata per ottenere il cambiamento dei dati sui documenti anagrafici. Bisogner-

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ebbe lavorare su questo problema, dando alle persone il documento che rappresenta il loro sesso di elezi-one all’inizio della terapia ormonale.Lo sconforto è stato generato dal non aver avuto l’appoggio della famiglia e il fatto di aver subito (anche se nel mio caso soltanto in maniera leggera) discrimina-zioni in diversi ambiti della mia vita.

Cosa ti sei dovuto e voluto lasci-are alle spalle nel tuo percorso di transizione? Cosa invece hai/sta trovando lungo i tuoi passi?Mia madre, le mie nonne, un po’ di mio papà, una cuginetta, due zii e una nipo-tina. Mi sono dovuto lasciare alle spalle queste persone. Ho saputo fare dei miei amici la mia famiglia e di mia sorel-la una delle mie speranze nel futuro, perché si è rivelata per me un esem-pio di amore e di coraggio incredibile.

Quali sono stati i motivi di questo al-lontanamento? Quanto è importante secondo te il sostegno della figura genitoriale nel corso di cambiamenti così radicali? Come hai affrontato tutto ciò senza questo appoggio?La società in cui viviamo è composta da una fetta di persone che per motivi cul-turali, ideologici, psicologici o affettivi, resta bloccata nella propria paura e nel ri-fiuto verso tutto ciò che è profondamente diverso. Diverso, non per forza sbagliato.

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La paura, l’omofobia, spinge spesso gen-itori e amici di persone in transizione ad allontanarsi da esse; nei casi peggiori può persino arrivare ad esplodere in veri e propri casi di violenza e discriminazi-one (come ci ricorda il Transgender Day Of Remembrance ogni 20 Novembre).Non vi è dubbio che il sostegno da parte della famiglia durante questa fase così complicata sia di una importanza im-mensa. Esiste una necessità di informazi-oni chiare e semplici riguardo a “cosa sia il percorso di transizione” e “cosa significhi essere una persona transessu-ale”. Spesso i Media danno di noi per-sone trans l’idea di essere personaggi misteriosi e perversi, appartenenti ad un mondo notturno relegato ai margini del-la società (prostituzione, droga etc). Un immaginario che non trova concretezza nella più che maggioranza delle persone transessuali FtM e MtF di oggigiorno. I transessuali sono studenti, lavoratori e contribuenti dello Stato Italiano, ancora in attesa dei propri diritti di cittadini.Nel mio caso specifico ho superato questa mancanza grazie al sosteg-no dei miei amici e di mia sorella, di cui ho saputo fare la mia Famiglia.

Parli bene di Bologna come città so-cialmente attiva. Hai mai pensato che la tua vita sarebbe stata più facile in una città o, meglio anco-ra, in uno Stato diverso dall’Italia? Qual è l’ostacolo maggiore o l’evento che ti ha fatto pensare al-meno una volta di cambiare Paese?Considero Bologna la capitale LGBT friendly d’Italia in quanto è stata ter-reno fertile negli anni 70-80 per la re-alizzazione delle prime sedi Italiane di Arcigay e MIT, attive nella difesa e tutela dei diritti delle persone LGBT.Nel mondo ci sono diverse Nazioni che garantiscono pari diritti e dignità alla nostra comunità con leggi che puniscono forme di discriminazioni sul lavoro, o impediscono qualsiasi forma di violenza verbale per legge.Non cambierò Paese e lotterò sempre con tutto me stesso perché anche in Italia vengano promosse leggi a tutela della comunità LGBT, in particolare per le persone trans. Ci adopereremo tutti inoltre per favorire la creazioni di nuovi canali volti all’inserimento delle persone trans nel mondo del lavoro e per l’abbattimento di discriminazioni basate su pregiudizi ed ignoranza.

Pensi di vedere i frutti della “lotta per i diritti” per la quale ti stai bat-tendo? Come vedi la situazione per la comunità LGBT da qui a 10 anni?Vedo i frutti nelle persone che incontro, anche in quelle che all’inizio risultano più ottuse e bigotte che mai: conoscendo la mia storia e quella di tante altre per-sone transessuali arrivano ad allargare e rivedere la loro idea delle persone Trans.Penso che da qui a 10anni la co-munità LGBT italiana avrà i di-ritti di cui gode già in altri Paesi.

Cosa pensi sia “assolutamente nec-essario” modificare dal punto di vista sociale, giuridico, lavorativo e cosa proporresti dal punto di vis-ta prettamente pratico? Qual è la più grande limitazione sociale che oggi hai nella tua vita quotidiana?Per quanto riguarda la società spero in un’ educazione alla diversità nelle scuole per promuovere una cultura delle differenze; attivare canali nel mondo dello sport per le persone trans che tuttora ne restano escluse.Dal punto di vista giuridico ribadisco l’importanza di eliminare la steriliz-zazione obbligatoria per ottenere i documenti del sesso di elezione e questo si potrebbe ottenere riscriv-endo direttamente la legge 164/82’ da capo in maniera più chiara.Nel mondo del lavoro sarebbe utile aprire dei canali di inserimento per le persone trans, fornire incentivi alle aziende in quanto la comunità trans oggi è fragile e necessita di tutela.La limitazione più grande della mia vita sociale è stata aver avuto per nove anni il documento femminile che mi ha sempre obbligato, ogni volta che era necessa-rio tirar fuori i documenti, a spiegare la

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mia condizione di persona transessuale, svelando la mia privacy e dati sensibili.

In quanto studenti in medicina ci chiedi-amo come siano stati i tuoi rapporti con i medici. Cosa consiglieresti ai profes-sionisti per migliorare il loro approccio?Ai futuri medici chiediamo di essere prima di tutto consapevoli del fatto di avere davanti a loro una PERSONA. Sec-ondariamente sono più che apprezzate le buone pratiche da utilizzare in relazione alla persona che si ha davanti, prima fra tutte la giusta declinazione al maschile o femminile (a seconda della destinazi-one del sesso di elezione della persona).Chiediamo se possibile una ricerca con-tinua circa la nostra terapia ormonale, quindi un trattamento il più possibile personalizzato sulla base delle esigenze e bisogni della persona, e dunque non standardizzato. Sarebbe inoltre auspi-cabile un aggiornamento sulle tecniche chirurgiche al fine di raggiungere anche nel nostro Paese un alto livello estetico degli interventi (oltre che logicamente la migliore tecnica di esecuzione per non avere problemi correlati alla fase post operatoria), specialmente per quello che riguarda la chirurgia di ri-at-tribuzione del sesso, ovvero l’intervento di ricostruzione dei genitali per gli FtM e di demolizione genitale per le MtF.

Legenda

Disforia di Genere o Disturbo dell’identità di genere (DIG): disturbo in cui la persona si identifica nel sesso

opposto rispetto a quello biologico. È il termine scientifico del transessualismo.

Non va confuso con l’orientamento sessuale: una persona trans può es-

sere eterosessuale o omosessuale indipendentemente dal sesso in cui si

riconosce.MtF: Male to FemaleFtM: Female to Male

MIT: Movimento Identità TransessualeONIG: Osservatorio Nazionale Identità

di GenereWPATH: World Professional Association

for Transgender Health

Le foto provengono dal progetto “A series of questions” di L.Weingarten

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GLI ALBORI DELLA SALUTE GLOBALE

Alice PerfettiQuando ti chiedono di scrivere un ar-ticolo per ripercorrere le prime volte in cui il SISM ha incontrato i temi del-la salute globale una strana sensazi-one si impossessa di te. Lo chieder-anno a noi perché forse siamo vecchi?! Guardate che non c’eravamo quando hanno fondato il SISM 45 anni fa eh!Superato comunque il trauma ini-ziale ti siedi ed inizi a ripensare a come tutto questo è iniziato…Era il 2008 ed il secondo anno di univer-sità stava volgendo al termine quando arriva una telefonata in cui vieni invi-tata a partecipare ad un laboratorio che si terrà a Brescia in cui verranno affrontati i temi della cooperazione internazionale e a cui parteciperanno studenti di medicina da tutta Italia. Tu, che sei quella che ha sempre sognato di fare ginecologia ed ostetricia per poi fare un’esperienza di volontariato in Africa, accetti senza neanche pensarci.Ma dopo quell’esperienza nulla sarà mai come prima: ma andiamo con ordine.

Nell’ultimo decennio il numero di mo-menti formativi incentrati sulla Salute Globale, in gran parte promossi da di-versi attori quali professori universitari, ONG, associazioni studentesche, grup-pi di ricercatori e professionisti della salute, è notevolmente aumentato.Proprio all’interno di questo fermento, e tra le prime esperienze a livello na-zionale, prende vita nel 2007 il Labo-ratorio di Mondialità, con l’obiettivo di creare un momento formativo extra curriculare sui temi della cooperazione internazionale e della salute globale, organizzato da studenti per studenti.La necessità di un’appropriata formazi-one in Salute Globale nasce dalla consapevolezza che per prendersi cura degli individui e delle collettività, sia a livello locale che globale, sia fonda-mentale conoscere i determinanti di salute e malattia, così come sia neces-sario analizzare e capire le relazioni tra politiche sanitarie e disuguaglianze e quali siano i ruoli dei vari attori della salute e non solo. In linea con il Rap-

porto della Commissione sui Determi-nanti Sociali di Salute dell’OMS del 2008 la formazione, insieme alla conoscenza dei fenomeni e delle relazioni circa la Salute Globale, non può prescindere dalla promozione di un dibattito sul pi-ano dell’etica: momenti di riflessione, discussione e confronto tra studenti ed esperti, inseriti all’interno del pro-cesso formativo stesso, promuovono quel riposizionamento etico necessario per poter contribuire alla lotta contro le disuguaglianze dal livello globale al livello locale. Questo sottolinea come l’educazione e la formazione non siano e non possano essere momenti neu-trali, ma debbano necessariamente essere ben orientati in favore di val-ori quali la giustizia sociale e l’equità.Il Laboratorio di Mondialità che nacque in quegli anni, andava proprio in ques-ta direzione e si poneva come obiet-tivi la promozione di una formazione medica maggiormente incentrata e consapevole sull’abbattimento delle disuguaglianze sociali e in salute.La presenza di una multidisciplina-rietà all’interno del laboratorio ha da sempre garantito una pluralità di punti di vista; in questo modo si pro-va a ribaltare il concetto di medicina intesa come disciplina bioriduzioni-sta a favore di un approccio globale alla salute di individui e popolazioni.Questo contrasta con la pratica quo-tidiana della formazione universitaria classica dove invece viene privilegiato un apprendimento individuale, sta-tico, spesso monodisciplinare e uni-direzionale (dalla cattedra all’aula).Una formazione orizzontale come quella che si è cercata di introdurre nel Laboratorio di Mondialità vu-ole quindi essere allo stesso tem-po “formante” e “trasformante”.All’obiettivo di produrre una circolazi-one di saperi (knowledge) si è asso-ciata sin da subito l’importanza della promozione dei processi del saper-fare (skill) e del saper-essere (attitude).Dal 2007 ad oggi centinaia di studenti sono stati sensibilizzati alle tematiche

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della salute globale, alcuni di essi han-no deciso di approfondire le loro con-oscenze attraverso un “secondo livello” del laboratorio e di diventare a loro volta formatori per i proprio coetanei.Le tematiche stesse si sono evolute molto dal primo laboratorio: dalle rif-lessioni incentrate sulla cooperazione internazionale e sulla nascita delle dis-uguaglianze tra nord e sud del mondo si è passati ad uno sguardo ancora più ampio, che permetta una visione criti-ca sui concetti di salute e di malattia e nella quale ricadano tutti gli altri aspetti sui quali ci si può focalizzare, la cooperazione, la salute dei migran-ti, il cambiamento climatico, ecc..Il Laboratorio si è inoltre da subito in-serito nel discorso della sostenibilità confermando come la corrispondenza tra contenuti ed organizzazione di un evento non sia solo auspicabile ma pos-sibile; è stato quindi creato un evento a basso costo, basso impatto ambien-tale, che cerca di inserirsi il più pos-sibile nella realtà del Km 0 e delle esperienze sociali e culturali locali.A questo percorso nazionale si è aggiunto il fatto che, una volta tornati a casa, gli studenti hanno deciso di sensibilizzare la propria università e realtà favorendo la nascita di laboratori locali; nel caso di Genova dopo alcuni anni il laboratorio è diventato parte integrante del curricu-lum di studi. Di pari passo sono nati grup-pi di auto formazione locali con l’intento di analizzare in modo più approfondito alcune tematiche e sperimentare di-verse metodologie didattiche in percor-si annuali maggiormente continuativi.Tutto questo, come si diceva

all’inizio, si è inserito all’interno di un panorama italiano ed internazion-ale in attivo fermento: l’esperienza del Laboratorio e del SISM si sono per-fettamente integrate con la nascita della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale, con gli ideali del People’s Health Movement; il pro-getto e l’ideale dietro di esso sono stati portati come esempio di impeg-no studentesco a livello dell’IFMSA.Nel periodo 2007-2010 il numero di corsi in salute globale è andato in cre-scendo in tutta Italia. Nell’ambito di questo triennio si è quindi assistito ad una progressiva sensibilizzazione nei confronti dell’inserimento delle tematiche di global health nell’ambito delle Facoltà di Medicina e Chirurgia.Per quanto concerne la valutazione del-la coerenza dei corsi, il dato nazionale complessivo evidenzia una crescente at-tenzione e sensibilizzazione delle facoltà di Medicina e Chirurgia nei confronti delle caratteristiche dei corsi considerate es-senziali dalla RIISG (Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale).In tutta Europa emerge quindi una di-somogeneità di contenuti, metodologie ed approcci; tuttavia il denominatore comune è il crescente interesse degli studenti nei confronti di tali tematiche.Pertanto, anche in Italia, in risposta all’aumento di interesse, è auspicabile che il mondo accademico si faccia car-ico di promuovere un percorso longitu-dinale di SG stabile nei Corsi di Laurea in Medicina, con particolare riguardo allo sviluppo di competenze e di cur-ricula, alla cooperazione fra istituzioni, agli schemi di mobilità e ai programmi

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integrati di studio, formazione e ricer-ca, come ribadito nella Dichiarazione di Bologna del 18-19 Giugno 1999 (5). Tale percorso formativo infatti, porta ad una riflessione critica dello Studente e all’adozione di un approccio sistemico e multidisciplinare alle problematiche di salute, favorendo una declinazione medica e sociale ed adempiendo il ruolo di advocacy che è irrinunciabile parte della professione sanitaria.

Concludendo quindi, in accordo con la People’s Charter for Health del People’s Health Movement, si è deciso di intra-prendere questo percorso intendendo la salute come un ambito di azione e attivismo volto ad impegnare tutti i cit-tadini, e a maggior ragione gli operatori sanitari, nell’intraprendere scelte in difesa della salute dei popoli, combat-tendo contro le diseguaglianze e per i diritti, in un’ottica globale comprensiva delle realtà socio-economiche, cultur-ali, politiche ed ambientali. Il labora-torio ed il percorso nato all’interno del SISM relativamente alla salute globale vengono portati avanti perché questa visione di lotta per l’equità e di ca-pacità di operare scelte consapevoli si ritiene debba essere supportata da una adeguata formazione.

Prendendo spunto da una delle pre-rogative della Primary Health Care, che afferma come la salute debba essere dei popoli e per i popoli, con il coinvol-gimento attivo della comunità, pos-siamo tracciare un parallelismo ideale con la formazione dei futuri operatori sanitari, ove essi devono essere attivi nelle proposte e nelle decisioni a tutti i livelli e non solo beneficiari passivi.

E indovinate un po’? Grazie a questo percorso ho capito che forse non era ginecologia il percorso più adatto a me ma quello delle cure primarie.

Guardando ormai il percorso del SISM dall’esterno si nota come l’impegno dell’associazione in questo senso sia in continuo crescendo, ma necessiti anche di un continuo confronto per far sì che questi principi siano davvero alla base di ogni nostra inform-azione come stu-denti e futuri medici. La visione ampia di salute che ho incontrato all’interno del SISM rende il percorso lavorativo più arduo ma incredibilmente più ancorato alla realtà e alla salute delle persone e dovrebbe essere bagaglio e pratica di ogni medico, indipendentemente dalla strada intrapresa una volta laureati.Vi lascio con una frase che mi sta molto a cuore e che ho utilizzato nel discorso di chiusura del Congres-so di Chianciano (e no..non è Liga-bue come qualcuno mi ha detto!).“Siate voi il cambiamento che vo-lete vedere nel mondo. Non aspet-tate però le istruzioni per l’uso.”

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UNA LORMA PER AMICAA LORMA AS FRIEND

Caterina Pelligra e Ivana Di Salvo

Quest’anno Zona Sismica, in occasione del 45esimo anniversario del SISM, ha deciso di ripercorre le tappe che hanno portato il SISM all’associazione che è diventata adesso. In particolare, l’area SCOPE-SCORE, si propone di rivivere le storie, i racconti e le testimonianze di ex-Outgoings, ex-NEO/NORE, all’interno di un filo conduttore unico, che parla di Sanità, cambiamento degli equilibri del mondo nel corso di questo 45ennio di vita che accomuna SISMici presenti e passati.

L’obiettivo finale di tutto ciò è trarre nuovi spunti per portare avanti quelle idee di un tempo e valide ancora ades-so: Si studia la storia per compren-dere il presente e affrontare il futuro!

Questo mese ho avuto il piacere di intervistare Ivana Di Salvo, iscritta al sesto anno di Medicina e Chirur-gia a Pavia, ex Leo-Lore, ex-NORE e dall’anno scorso nel Team of Officials dell’IFMSA, prima come SCORE Direc-tor, e adesso come Liason Office to Research and Medical Association.

Di ritorno dalla World Health Assem-bly a Ginevra, super indaffarata tra il suo progetto di ricerca in Svizzera e la stesura della tesi, Ivana è riuscita a concedermi una bella oretta di tem-po su Skype per parlarci della sua in-credibile scalata ai vertici dell’IFMSA e raccontarci la sua esperienza.

1. Ciao Ivana, innanzitutto devo dirti che ho letto il tuo curriculum (si, ti ho un po’ stalkerato, lo ammetto!) e la prima cosa che voglio chied-erti è: come hai fatto a far tutto?[ride] C’è da dire che non è sempre tutto impossibile come sembra. So che a livello internazionale il lavoro sem-bra triplicato, ma in realtà non è così; anche in Italia il lavoro è tantissimo. A dir la verità penso che il lavoro del NORE sia stato più pesante di quello dello SCORE DIRECTOR. Con la carica da NORE ti occupi tantissimo delle gestione quotidiana di qualunque problema possa

This year ‘Zona Sismica’ magazine, on the occasion of the 45th anniversary of SISM, decided to run through all the stages that led SISM to the association it is today .Above all the SCOPE-SCORE area intends to recollect stories, reports and opinions of ex- Outgoings, ex- NEO/NORE, by fol-lowing a gathering thread that talks about health and world’s balance changes oc-curred during these 45 years that con-nect Sismers from the past to present days.

The final purpose is to get new hints to carry out former ideas that are always cur-rent : We study history in order to under-stand the present and to face the future!

This month I had the pleasure to interview Ivana Di Salvo, attending the sixth year of Medical School in Pavia, she is an ex-Leo Lore, ex-NORE and since last year she joins the Team of Officials of IFMSA, firstly as SCORE Director and now as Liason Of-fice to Research and Medical Association.

On her way back from the World Health As-sembly in Ginevra, extremely busy between her research project in Switzerland and the drawing up of the degree thesis, Ivana man-aged to allow me a whole hour on Skype to tell us about her incredible ascent to the peak of IFMSA and reveal us her experience.

1. Hello Ivana! First of all I have to ad-mit that I read all your curriculum ( yeah I admit it, I hunted you a little bit ) and the main thing that I want to ask you is : how did you succeed in doing everything ?[laughing] I need to say that it isn’t always all impossible as it seems. I know that at an international grade work may seem trebled, but truly it’s not; in Italy the effort is huge too. To tell the truth I think the NORE job has been heavier than the SCORE Director.The NORE role is to handle a lot with the daily management of any possible problem and you help a lot others too, while when you’re in the Team of Officials of IFMSA you only look after yourself and your area. Internationally speaking everything is easier because you have more people help-ing you and once you learned how to work

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sorgere e aiuti tantissimo anche gli altri, mentre quando sei nel Team Of Officials dell’IFMSA ti occupi solo di te stessa e della tua area. A livello internazionale è più semplice perchè hai anche più per-sone che ti aiutano e una volta che hai imparato a gestire le cose a livello na-zionale è paradossalmente più semplice farlo a livello internazionale. Per quanto riguarda il ruolo di LORMA invece è un po’ più complesso, perché c’è tantis-simo lavoro da fare e spesso noioso dato che ti ritrovi a discutere con professori o con i responsabili delle società mediche.

2. Sono passati ormai diver-si anni dal tuo primo ingresso al SISM, cosa ti ha spinto ad entrare?Prima di fare Medicina, ho fatto un anno in Biotecnologia. In quest’anno ho conosciuto una ragazza inglese che stu-diava Marketing. Sua cugina, che studi-ava a Londra, aveva fatto uno scambio Professional a New York. Sono entrata a medicina due mesi dopo averla con-osciuta, quindi ero entusiasta. Ho cer-cato subito il SISM durante il Welcome Day. Ho iniziato quindi partecipando ad un servizio di volontariato per gli alluvionati di Messina, all’interno del quale c’era un Ospedale dei Pupazzi. Da lì ho partecipato al progetto SCOPH organizzato dall’Unione Europea sul Ta-bacco Control, che si chiamava HELP, e mentre aiutavo l’LPO, mi sono tro-vata ad aiutare l’allora LORE di Messina nella campagna scambi e nel concorso. Quella sera stessa mi chiese se avessi voluto occuparmi dell’area scambi. Di lì ad un mese ci sono state le elezioni ed io ero ancora al primo anno. Sono stata un po’ spiazzata, ma mi han-no votato e ho iniziato come Lore. 3.Sei mai partita in Scambio? Se si, dove e quale è la cosa più bella che ricordi?Sono stata a Barcellona nel 2012. È stato bellissimo perché è stato il mio primo e unico scambio. Ecco, questa è una pecca del lavorare a livello nazi-onale o internazionale, perché non hai mai abbastanza tempo per fare altre cose. Ho partecipato ad un progetto di Cardio-Istopatologia Sperimentale.È stato molto bello perché ho passato molto tempo in ospedale, con professori disponibili che mi hanno fatto anche un corso di chirurgia cardiaca e che sono rius-citi ad insegnarmi lo spagnolo in un mese.È stata molto importante pure la presen-za di alcune dottorande in Ingegneria,

things out at a National point doing it at the International one is unusually simpler. For what concerns the LORMA role it is a little bit more complicated because there is a lot of work to do and it is often boring since you find yourself arguing with pro-fessors and foremen of medical societies.

2.Many years have passed since your first approach to SISM, what trig-gered you to become a member?Before starting Medicine I spent a year in Biotechnology where I met an English girl who studied Marketing; her cousin who studied in London had done a Pro-fessional exchange in New York. I entered Medicine two months after having met her, so I was enthusiastic. I immediately searched for SISM during the Welcome Day.I begun participating to a voluntary service for the people damaged by the flood of Messi-na and there was a Puppets’ Clinic. Since then I participated to the SCOPH project on To-bacco Control named HELP and organized by the European Union and while I was helping the LPO I supported the LORE of Messina in the exchange campaign and in the competi-tion. Later that night he told me if I wanted to deal with the exchange area. There would have been elections a month later and I was still at my first year; I was a bit worried but they voted for me and so I started as LORE.

3. Have you ever gone on Exchange? If so, where? What is your best memory?I went on exchange to Barcelona in 2012. It was beautiful, because it was my first and only Exchange. Well: this is a flaw of being a National or International Officer, because there’s never enough time to do some-thing different. I participated in a project of Experimental Cardio-Histopathology.It was great because I spent a lot of time prac-ticing in hospital, with kindly professors that taught me some cardiac surgery and even Spanish during that month. I worked with some engineering doctoral students that were working on a cardiovascular model: they were happy to have students interested in that project. That days I was studying Physiol-ogy and practicing and working I improved my knowledge about cardiovascular system.Instead, I’ve enjoyed almost nothing of Bar-celona, because I lived in a flat with other nine guys and we always did home parties or watched movies or made tipical dishes nights. I think I went out rarely, but I’m already in touch with my flatmates and we met all in Chile.

4. From a “little SISMic” to NORE! Tell us about your experience as NORE. Was it hard

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che stavano lavorando ad un modello cardiovascolare, ed erano felicissime di avere studenti interessati al loro lavoro. Quando studi è difficile vedere il lato pratico delle cose ed è stato bello per-chè studiavo fisiologia e ho fatto benis-simo la parte di cardiovascolare. Non mi sono goduta, invece, quasi niente Barcellona perché abitavo in apparta-mento con altri 9 ragazzi e facevamo sempre feste in case, serata cinema, serata cucina. Credo di essere uscita pochissimo. La cosa bella però è che li sento ancora e li ho anche rivisti in Cile.

4. Da piccola sismica a NORE! Racco-ntaci della tua esperienza da NORE! Pesante, bella, esperien-za da non rifare più nella vita?Credo forse di averla fatta troppo presto questa esperienza. Durante il mio primo anno di Medicina, sono andata ad una GA e lì ero super motivata ed entusia-sta ed avendo partecipato a quel pro-getto sul tabacco, avevo già conosciuto la Regional Coordinator e altre NORE, tipo quella della Romania o della Gre-cia; quest’ultima mi ha spinto tantissi-mo a candidarmi come NORE. All’inizio ne avevo parlato scherzosamente con il Consiglio Nazionale in GA. Poi la cosa è diventata più seria e mi sono candidata. Molta gente non è stata d’accordo del-la mia candidatura perché ovviamente dicevano di concentrarmi più sulla sede locale piuttosto del nazionale. Con il senno di poi penso che abbiano ragione, anche se fare il LEO o il LORE prende comunque tantissimo tempo perchè ci tanti rapporti da curare all’interno dell’università e con i professori. Sono stata un po’ incosciente ed imprudente.Non è stata una brutta scelta per-chè a livello nazionale si ha la pos-sibilità di essere in contatto con più persone, di capire che i problemi di alcuni sedi locali sono diversi da al-tre ed è anche molto bello ricevere degli stimoli da persone diverse.

Credo invece che rifarlo per la secon-da volta non sia stata una buona idea. È bello avere un mandato per una sec-onda volta, ma penso sia bello anche lasciare spazio ad altra gente di fare la stessa esperienza e di seguirla e ga-rantire che possa migliorare le cose.

5.Quanto è cambiato, secondo te, il ruolo da NORE in questi anni? E che evoluzione c’è stata in termi-

or great? Would you repeat this experience?I did this experience too early, maybe. Dur-ing my first year in Medicine, I attended a GA and that gave me motivation and en-thusiasm. Participating in the project on tobacco, I had already met the Regional Coordinator and other NOREs, in particu-lar the Romanian and the Greek ones; she prompted me to run as NORE. At first, I talked about this with to SISM’s National Boarding during GA, jokingly. Then, it be-came more serious and I decided to run for NORE. Many people disagreed with my de-cision, because they sayd it could be better to focus more on my local committee instead of a National experience. With hindsight, I think they were right, even if being LEO or LORE takes many time, because there are so many business to cure with the Univer-sity and the Professors. I was a bit reckless and rash. But it was not a bad choice, be-cause working as NORE I was in touch with lots of people, I understood that any Local Committee is different to any other and has different problems and was beautiful re-ceiving incitements from different people.I think doing it again, for the second time, wasn’t a good idea. It’s nice to be a National Officer for a second time, but I think it’s better to let other people do the same experience, because this way can make things better.

5. How much has the role of NORE changed in the last few years, in your opinion? And what about the de-velopment of research projects?I think that the role of NORE has changed so much in the last few years and I sup-ported these changes because I didn’t want that the NORE dealt just with ex-changes, but also with research in general, as conflicts of interest or the Pharm-Free.On one hand, I think that it’s easier now to get more exchanges and projects as we have reached more visibility and better relation-ship with the heads of the department and professors. On the other hand I think that planning a research exchange isn’t this simple because a month isn’t a long period for a stu-dent and the professors, considering the lack of resources and patners’ availability, prefer to give the opportunity to Italian students first. In Italy research resources are poor and research groups haven’t often appropri-ate means, or they don’t use them, to search for funds or to promote their own projects.This leads to an internal organization of the groups in which the student has a second-ary role. Morever in a medical student’s curriculum it’s not provided to take lessons that could help the student to be prepared

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ni di numeri di progetti di ricerca?Credo che il ruolo del NORE sia cambiato tanto in questi anni ed è una cosa per cui ho spinto moltissimo, perché non volevo che il NORE si occupasse solo di scambi, ma anche di ricerca in generale, come i Conflitti d’Interesse o il Pharm-Free. Penso che, da una parte, sia diventato più semplice negli anni avere più scambi e più progetti perchè abbiamo raggiunto più visibilità e rapporti migliori con i presidenti dei corsi di laurea e con i pro-fessori. Dall’altra parte penso che or-ganizzare uno scambio di ricerca invece non è così semplice perchè un mese è obiettivamente poco per lo studente e i professori, dato la carenza di fondi e disponibilità di collaboratori, prefer-iscano dare spazio prima a studenti italiani.In Italia purtroppo i fondi per la ricerca sono esigui, e spesso i gruppi di ricerca non hanno gli strumenti adat-ti, o non li usano, per cercare fondi e promuovere i propri progetti. Questo porta anche ad un’organizzazione in-terna dei gruppi in cui lo studente ha un ruolo marginale. Inoltre nel curriculum dello studente in medicina, non sono previste lezioni e corsi che preparino lo studente adeguatamente a parteci-pare attivamente e concretamente ad un progetto di ricerca. La SCORE può contribuire a promuovere l’interesse per la ricerca scientifica e la parteci-pazione degli studenti, insieme anche ad un’appello verso i professori, i presi-denti dei corsi di laurea ed i Rettori. 6. Hai mai avuto problemi di etic-ità di un progetto di ricerca?In realtà no, non è mai capitato perché è purtroppo impossibile sapere da dove vengono i fondi che utilizza l’università. Il problema su cui ci siamo interrogati spesso è che è difficile sapere chi fi-nanzia i progetti. In Italia il problema non è molto grande perchè i soldi per la ricerca sono pochi e le case farma-ceutiche che lo fanno sono poche. Il problema è forte invece in altri paesi, come il Libano, o in alcune NMO che non sono Pharm-Free. Anche l’IFMSA stessa non è proprio Pharm-Free; c’è un docu-mento di finanza etica, ma non ci sono regole che dicono che non si possono prendere soldi dalle case farmaceu-tiche. È un valore a cui tutti si atten-gono, ma non c’è una regola. Un’altra riflessione è stata quella sulle FEE per gli studenti che vogliono partecipare ai congressi o conferenze scientifiche

help the student to be prepared to actively and concretely contribute to a research pro-ject. The SCORE could help to promote the interest in scientific research and students’ participation also with a call to professors, Heads of department and academic Deans.

6. Have you ever had problems about the ethical value of a research project?No I haven’t, because It’ s impossible to know where the funds are from. We won-dered about the difficulty of knowing who finances the projects. In Italy this isn’t a big deal as there aren’t many research resources or willing pharmaceutical companies. This problem is intense in other countries, such as Lebanon or in some NMO that aren’t Pharm-free. Even the IFMSA isn’t exactly Pharm-free; there is a document about ethi-cal finance but there aren’t rules that forbid to take money from pharmaceutical compa-nies. Everybody comply with this value but there isn’t a rule. Another issue was about the fees for the students that want to participate to scientific conventions or conferences that are financed by pharmaceutical companies. We haven’t found a solution yet. Unfortu-nately I think that this problem will remain forever, it’s like a chinese box, when you open one of it, there’s always another one inside.

7. You are the person in charge of rela-tionships with medical associations and research institutions. It sounds cool, but maybe we don’t actually know what you do. What are the situations that you have to face? And how much do you contribute in our local committee?My role is to keep in contact the IFMSA and the research institutes and medical associa-tions, in particular the ones with whom we have a partnership or closer relationships. Lately, we have further developed the rela-tionship with WONCA (Society of general practice), FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics), WFN (World Federation of Neurology), ICS (International College of Surgeons), WPA (World Psychi-atric Association), ISFTeH (International Society for Telemedicine and eHealth) and many others. Usually, the decision to start a new partnership is based on the necessities of students and on the activities organized; for example, we decided to start a partnership with FIGO because SCORA organises some high-impact projects and this association can help us with advocacy strategies. By engaging associations of specialists we involve doctors at a national level creating partnerships be-tween them and the students and this allows us to receive help and support for them and

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finanziate da case farmaceutiche. Non abbiamo ancora trovato soluzi-oni però. Credo purtroppo che ques-to problema resterà sempre, perchè è come una scatola cinese, dove ne apri una e ne spunta un’altra sotto.

7. Sei responsabile delle relazioni con le Medical Associations e Re-search Institutions. Sembra una cosa figa, ma magari non sappiamo realmente di cosa ti occupi. Quali sono le realtà con cui ti vai ad in-terfacciare e quanto contribuisci a livello delle nostre sedi locali?Il mio ruolo è quello di mantenere i con-tatti tra l’IFMSA e gli Istituti di Ricerca e le Associazioni Mediche, in partico-lare quelle con le quali abbiamo una Partnership o quelle con cui si è deciso di avere rapporti più stretti. Ultimam-ente abbiamo incrementato i rapporti con la WONCA (Medicina Generale), la FIGO (Ostetricia e Ginecologia), WFN (Neurologia, ICS (Chirurgia), WPA (Psi-chiatria), ISfTeH (eHealth) e molte al-tre ancora. Di solito si decide di avere una Partnership con un’associazione in base alle esigenze delle studenti e le attività organizzate; ad esempio, con la FIGO è stata necessaria farla perché la SCORA ha delle attività molto forti e la FIGO può aiutare molto nelle strat-egie di Advocacy. Quindi coinvolgendo l’associazione dei medici specialisti si va a coinvolgere in modo capillare anche i medici a livello nazionale e locale e creare delle collaborazioni con gli stu-denti e questo ci permette di ricevere aiuto e sostegno da loro e di partecipare anche ai loro congressi. È una bella oc-casione perchè possiamo presentare a livello internazionale i nostri lavori e questo da una maggiore visibilità agli studenti e anche alle Standing Com-mittee. S’innesca un effetto domino.

8. Capita spesso in facoltà di in-contrare colleghi che non si av-vinano al SISM perché non hanno tempo da perdere! Ti mai capi-tato di pensare di aver perso tempo?Secondo me, è giusto nel percorso di studio dare spazio a tutto, sia allo stu-dio, perché la teoria non la acquisisci in futuro, sia a qualsiasi tipo di attiv-ità ti possa interessare. Non ho mai pensato di aver perso tempo, piutto-sto di non averlo utilizzato bene, per-ché magari ho dato troppo importanza ad un evento o un incontro e trascu-

it also gives us the chance to participate to their congresses. It’s a great opportunity be-cause we can show our projects at an inter-national level and this gives the students and the standing committees greater visibility.

8. It often happens to meet colleagues that don’t get involved in SISM because they have no time to waste! Have you ever thought that you wasted your time?I think that during the course of one’s stud-ies it’s important to make room to anything: study is important because you won’t ac-quire it in the future but you should open up to any type of activity that interests you. I never thought that I wasted my time, may-be I didn’t use it well, because I might have given too much importance to an event or a meeting and I neglected traineeships and studying. Also, the inadequate organization of traineeships made the time spent in the ward uninteresting, compared to the IFM-SA projects, which were much more stimu-lating. Nonetheless, I made up for it with a research project in senology during the 4th year and a traineeship-full 5th year when I was on erasmus in Marseille. Those who ap-proach SISM do it because they’re looking for something that is related to medicine but, at the same time, can give you a different per-spective of medicine. I don’t have regrets, because if I’d go back I would have chosen the same path. IFMSA and SISM changed the way I engage with the world, they taught me how to manage difficult and unpleas-ant situations, to accept new challenges and always be positive. I visited about 30 coun-tries, I worked with students from all over the world and I built friendships that will last all my life. I travelled, not only moving from country to country, but also interiorly.

9. What would you say to Jole and to future NOREs? And what would you say to a medical student who has just entered the SISMic world?To Jole and the future NOREs I would say to try and promote as much as they can the research exchanges in Italy, to organize the research WORKSHOP and also the RE-SEARCH DAY [she laughs out loud while she takes this little dig. Be careful Jole!]. I would also tell them to never lose the human side of our role, which is what most unites us. To a medical student I would say that books are important, but SISM allows you to have experiences that make you grow on a personal level and this is something that your univer-sity doesn’t provide you with. Often though, a person that is very active in SISM is not able to take his/her own experiences inside

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rato un po’ dei tirocinii o lo studio. In-oltre la scarsa organizzazione dei tiro-cinii ha reso poco interessante il tempo passato in reparto, rispetto ai progetti IFMSA, molto più stimolanti. Nonostante ciò mi sono rifatta con un progetto di ricerca in Senologia durante il IV anno, un V anno intenso di tirocinii durante l’Erasmus a Marsiglia e durante il VI. Chi si avvicina al SISM lo fa perchè ricerca qualcosa che sia inerente alla medicina e che però possa farti vedere la medicina da un altro punto di vista. Non mi pento di niente, perchè se tornassi indietro avrei fatto lo stesso percorso.L’IFMSA ed il SISM hanno cambiato il mio modo di relazionarmi con il mondo, mi hanno insegnato a gestire situazioni spiace-voli e difficili, ad accettare nuove sfide ed essere positiva. Ho visitato circa 30 paesi nel mondo, ho lavorato con stu-denti provenienti da tutti i paesi del mondo, stringendo delle amicizie che coltiverò durante tutta la mia vita. Ho viaggiato, non soltanto spostando-mi, ma soprattutto interiormente.

9. Cosa diresti a Jole e ai futuri NORE? E cosa ti verrebbe da dire ad uno studente di medicina ap-pena entrato nel mondo sismico?A Jole e ai futuri NORE direi di cer-care di promuovere il più possibile gli scambi di ricerca in Italia, di organ-izzare il Research WORKSHOP in Ita-lia e anche un RESEARCH DAY [ride di gusto nel fare queste frecciatine. Occhio Jole!]. Gli direi anche di non perdere mai il lato umano del nostro ruolo, che è quello che più ci unisce.

Ad uno studente di medicina direi che i libri sono importanti, però anche il SISM permette di avere delle espe-rienze di crescita personale che non si hanno durante il corso di studi.

Spesso però succede che una persona molto attiva nel SISM non riesce a portare le proprie esperienze all’interno della propria facoltà, cosi come molto spesso gli Officers Nazionali perdono il contatto con la propria sede locale. Vi invito quin-di a non dimenticarvi di questi aspetti e di conciliare le due cose per rendere perfetto il proprio percorso di studi.

the university world and, in the same way, national officers lose contact with their local committee. For this reason I invite you to not forget these aspects and to reconcile these two things to improve the course of your studies.

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SISM - Segretariato Italiano Studenti MedicinaUfficio Nazionale: Padiglione Nuove Patologie, Policlinico Sant’Orsola,

via Massarenti 9, 40138 Bologna.tel/fax: +39 051 399507 – e-mail: [email protected]

web: www.sism.org Codice Fiscale 92009880375

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