Abstract intervento Rosanna LaplacaSegretaria Cisl Sicilia – Area intervento : processi di integrazione, le famiglie immigrate.Titolo:“Storie di ordinaria illegalità… 17/09/15 23:06
STATIGENERALI
DELLE DONNE
SICILIA18 SETTEMBRE 2015
Aci Castello - Catania, Hotel Sheraton
DONNE E POLITICA
On.le Sofia Amoddio Deputata Parlamento nazionale- Una politica improntata al servizio
CAMBIAMENTO
Prof.ssa Maria Pia Giuffrida Dirigente generale amministrazione penitenziaria- Dalla vittima alla riparazione
STILI DI VITA
Dott.ssa Nietta Bruno Imprenditrice - Turismo relazionale integrato
VIOLENZA DI GENERE
Dott.ssa Mariasilvia Monterosso Soroptimist International Club di Catania- L’APP del Soroptimist contro la violenza sulle donne
SPORT
Dott.ssa Silvia Bosurgi Pallanuotista- Lo sport al femminile
DEMOCRAZIA PARITARIA
Prof.ssa Antonella Cocchiara Docente di Storia delle Istituzioni politiche presso il Dipartimento di
Scienze Giuridiche e Storia delle Istituzioni dell’Università degli
Sudi di Messina
Presidente del CUG dell’Università degli Studi di Messina- Il CUG, questo sconosciuto…
LAVORO
Dott.ssa Ornella Laneri President & CEO presso Hotel Management S.p.A.- Non è un Paese per donne
Dott.ssa Mariella Crisafulli Consigliera di parità Provincia Messina- Normativa siciliana in materia di pari opportunità e di rappresentanza di genere
Dott.ssa Antonella Marsala Italia Lavoro- EQulPE2020
FRAGILITA’ ECONOMICA E SOCIALE
Dott.ssa M. Serena Maiorana Giornalista e scrittrice- Lavoro, welfare e maternità: gli aspetti critici per le nuove generazioni femminili
IMPRESE/START UP
Ing. M. Elisa Fazio CEO/CFO Flazio srl- Start Up Flazio
COMUNICAZIONE
Dott.ssa Angela Caponnetto Giornalista presso Rai – Radiotelevione Italiana S.p.A.- Media e immigrazione
IMPRESE/START UP
Dott.ssa Carmen Russo CEO & Founder Alfab Srl- Fablab Catania
FORMAZIONE/EDUCAZIONE
Dott.ssa Graziella Priulla Sociologa della comunicazione e della cultura- La parità comincia a scuola
INNOVAZIONE, NUOVE TECNOLOGIE
Dott.ssa Daniela Finocchiaro Sviluppo e Trader per Bexb Spa- Barter, compensazione multilaterale
DONNE & TERRITORIO
Rita Palidda Docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università degli Studi di Catania
- Donne e mercato del lavoro in Sicilia tra emarginazione e tenacia
LAVORO
Dott.ssa Rosanna Laplaca Segreteria regionale CISL- Lavoro e migrazione: storie di ordinaria illegalità
GIOVANI DONNE, CONFRONTI TRA GENERAZIONI
Dott.ssa Gaia Blandina Musicista
LEADERSHIP E POTERE
Dott.ssa Gaetana Gagliano Consulenza di direzione e formazione- Leadership, potere, creatività: un modello formativo per l’apprendimento
Avv. Paola Catania Consigliera Nazionale A.N.D.E., Presidente Ande Palermo- Donne e professioni
FRAGILITA’ ECONOMICA E SOCIALE
Dott.ssa Concetta Restuccia Assistente sociale- Rete a sostegno delle donne in difficoltà
Ultime ma non ultime
STATI REGIONALI DELLE DONNE SICILIADopo la presentazione tenutasi a Roma il 5 dicembre 2014 e in vista della Conferenza Pechino vent'anni dopo, che si terrà il 26/27/28 settembre all'Expo, è stato esportato il format degli incontri su tutto il territorio regione per regione focalizzando l'attenzione sulle esperienze locali inerenti i temi trattati dagli Stati generali nazionali.
democrazia paritaria – lavori – imprese start up – donne e politica – stili di vita – giovani donne e confronti fra generazioni – donne e territorio – comunicazione – innovazione nuove tecnologie – processi di integrazione, le famiglie migranti – leadership – politiche ed azioni intorno al Mediterraneo – cambiamenti – potere – creatività – fragilità economica e sociale – sport – educazione/formazione – sostenibilità.
A tali temi in Sicilia, in un primo incontro pilota, ha deciso di aggiungere, in accordo con Isa Maggi che ringrazio: Donne, “obiettivi sensibili” e guerre
E così a Catania il 18 settembre si è svolto"Ultime ma non ultime"Si chiudono gli in Sicilia gli stati generali delle donne, che è un inizio non una fine.Con due facce della stessa medaglia.Il format finora adottato in tutte le regioni, con le esperienze di donne di successo, realizzate, appagate ed esempio per tutti che si confronterà con una insopportabile realtà.La Sicilia è purtroppo anche un incrocio potente di violenza sulle donne.Sulle donne che arrivano da sud, dal mare, che scappano dalla fame e dalle guerre.Che arrivano dopo viaggi estenuanti dai loro paesi e traversate con scafisti e maschi privi di qualsiasi umanità e che lungo il viaggio le abusano per dar sfogo ai loro bassi istinti. Molte arrivano incinte...Sulle donne che arrivano dal nord, dai paesi dell'est che scappano dalla fame e arrivano nelle case e nei campi per manodopera a basso costo e sottoposte ad abusi dai "padroni". Padroni che agiscono spesso nel silenzio complice.Quelle donne spesso ingravidate costrette poi ad abortire violenza su violenza.
Gli stati regionali delle donne in Sicilia avranno protagoniste le donne.Tutte.Quelle capaci e tenaci che sanno e hanno le loro carriere, le loro aziende e le soddisfazioni conquistate fra mille difficoltà ma col sorriso della consapevolezza di aver conquistato traguardi ed averne altri.Che vorranno contagiare perché insieme si può.Quelle fragili, povere e senza gli strumenti per potersi difendere dalla violenza psicologica oltre che quella più evidente fisica.Quelle terrorizzate dalla guerra e dell'orrore disposte a morire per non morire.Quelle complici, forse inconsapevoli, poiché nella migliore delle ipotesi culturalmente inadeguate al rispetto in primis di se stesse e poi delle altre e degli altri.Perché insieme si deve.Ce lo chiede il Futuro.
A causa della estensione territoriale e le carenze delle infrastrutture e quindi la logistica complicata, si svolgerà presto nella zona occidentale un incontro chiesto da più parti.
Una politica improntata al servizio Non è il definitivo l’on. Amoddio rimasta bloccata alla Camera in commissione giustizia Manderà testo da diffondereMa questo avrebbe dettoMolti di voi mi conoscono e quindi forse già conoscono le cose che racconterò. Cercherò di intrecciare l’esperienza personale ante politica, ciò che io sono, ciò che io penso debbano essere le caratteristiche del politico e come io vivo l'esperienza politica. Dalla teoria alla pratica e dalla pratica alla teoria. La mia storia politica è anomala.
Perché solitamente si arriva in parlamento dopo un lungo iter di attività politica. Perché si sogna quasi tutta la vita di fare politica.La maggior parte – tutti direi- quelli che sono in parlamento, hanno svolto attività di partito: chi è stato consigliere, assessore, deputato regionale- (a parte alcuni nominati, cioè scelti direttamente dal partito, tra nomi in vista a livello italiano, che non hanno fatto le primarie)Io sono arrivata così con un vento che mi ha spinto, come in tante altre cose.
Questo è un elemento importante da tenere presente: un vento che mi ha spinto e che si è servito non solo di me ma di alcune persone. Nella mia vita ho sempre fatto la mia parte, prima da studente, poi da avvocato, non ho mai bruciato, né accelerato le tappe, da una parte ho sempre dato la prevalenza a ciò che di volta in volta era il mio compito, se ero studente tutte le mie energie principali erano li, la stessa cosa nel lavoro, ma coltivavo anche la mia vita spirituale e amicale;
Sicuramente nella mia esistenza c'è sempre stata la spinta del vento dello spirito, svolgendo il nastro vedo veramente una spinta, perchè spesso mi chiedo “ma come ho fatto a fare così tante cose...”
Vi assicuro che l'ho sempre sentita, perché nonostante abbia avuto anche eventi negativi, mi sento di essere fortunata ed amata. Sono consapevole che fuori c'è tanta gente che fatica, per conquistare cose semplici. Posso dirvi però che non ho mai elemosinato nulla a nessuno, non ho mai fatto richieste personali tranne che a DIO, e spesso dicevo tu sai di cosa ho bisogno...ma ho la consapevolezza e la certezza che a certe cose non ci sarei mai arrivata con le mie sole forze: da questo punto di vista la fede non è qualcosa che possiedo, l'ho sentita spontaneamente, l'ho sperimentata.
E partendo da questa consapevolezza di essere fortunata e di avere molto ricevuto spontaneamente ho cercato di dare.
Sono spesso gli amici che mi ricordano le esperienze vissute.
Non ve le racconto per ripetermi ma perché è importante per le modalità con cui io affronto la vita e vedo la politica.
ci sono tante azioni che ho fatto per servizio e quindi per amore e non per ottenere ricompense, nè materiali, nè per ottenere notorietà, attenzione questo nel volontariato come nel lavoro di avvocato e non mi sento di avere separato la mia vita spirituale dalla vita materiale -se a volte è accaduto l'ho fatto inconsapevolmente.
Diciamo che per me l'amore è stata una molla con la quale sfidare la vita..
per amore della bellezza e per amore di conoscere altri popoli viaggiavo...per amore dell'umanità andavo in missione e per un arco della mia vita ho lavorato per i malati di lebbra e con i malati di lebbra
...mi piaceva misurarmi, non era una competizione con gli altri-era una sfida solo con me stessa - vedere fino a che punto potessi arrivare.Io capisco i reporter di guerra, i giornalisti di frontiera è una sete che li spinge a conoscere ed a fare conoscere....
Sono andata in posti prima inaccessibili nel sud del mondo un mese intero senza nessun sostegno, senza telefonino, senza amici, senza confort e cercavo di scoprire una bellezza nella spartanità, nella semplicità, nel vedere come altre popolazioni vivono la complessità della vita con semplicità, nel capire come si può vivere senza sostegni.
Perche vi dico questo che c’entra la politica? Questa è la base di vita. Non ho mai avuto paura per certe cose, non ho mai temuto di avventurarmi, non era incoscienza, mi sono sempre affidata al Divino certa che nulla potesse accadermi.
Quando però mi hanno prospettato di candidarmi alle primarie mi sono venute tutte le paure del mondo.Non era una cosa che desideravo fareNon mi sentivo pronta
Era una esperienza troppo vasta, troppo grandeSentito troppo il peso della responsabilitàNon sarei stata all’altezzaIn un momento vidi tanti contenuti, tante barriere interiori. Muri altissimi . Che fare?Io non avevo mai sognato di fare politica non l’avevo cercata, ma la vita mi presentava questa occasione. Era l’occasione di superare gli schemi, di superare il conosciuto, una vita che mi piaceva, un lavoro che mi soddisfava abbastanza da non cercare altro.
Mi si offriva un’altra opportunità che non era prevista dai miei schemi mentali, dai miei sogni.Credetemi raccontarlo è un'altra cosa ma viverlo non è stato facile. Che si fa?Si osservano gli eventi, si osservano le resistenze e si vede se tutto porta verso quella direzione .Si parla con gli amici più cari, se si ha la possibilità si parla con amico illuminato, perché troppe volte possiamo essere bloccati dai ns limiti ed invece occorre sperimentare che oltre la barriera c’è un mondo sconfinato dove rimane ancora l’amore…perché l’amore non ha una sola veste, non ha solo la veste del sentimento…può celarsi sotto forme che non abbiamo scelto..io a distanza di oltre due anni sto intravedendo anche una bellezza in questa esperienza ma per miei limiti non l’ho vista prima…Ed allora ho deciso di lanciarmi nel vuoto, anche contro amici molto cari che mi scoraggiavanoPerché ho capito che non si può scegliere sempre ciò che piace, ma spesso occorre fare ciò che è utile. Mi sovviene un motto di Platone il bene non coincide con il piacere***
Ed allora tutto il mio bagaglio mi è servito: a non perdere di essere sempre me stessa, nei momenti di sconforto e nei momenti in cui ci si poteva gasare per gli applausi, le esperienze passate mi sono servite a non montarmi la testa..
Penso che il nostro impegno all'esterno è la conseguenza di come siamo all'interno, è la conseguenza del modo come intendiamo l'esistenza. Il lavoro per me -oltre che un mezzo per vivere - è stato anche un mezzo di aiuto, stare vicino all'uomo che ha bisogno di risolvere una controversia e la politica oggi, la mia concezione della politica non può essere diversa.
Rimane ancora oggi per me uno dei compiti più ardui che mi sono capitati. Perchè? Perchè come in una cella non sei tu a scegliere i compagni ma te li ritrovi. Non sei tu a scegliere chi sono le altre persone con cui fai politica ma ti stanno accanto e accanto a te ci
sono tutti. Sei costretta a lavorare con chi non è come te, con chi ha in testa altro, con chi è mosso dal l'istinto di AUTOAFFERMAZIONE etc...
Perchè i meccanismi per attuare la politica non sempre lasciano esprimere l'amore.
Spesso si passano giornate intere a votare lunghissimi provvedimenti; ad ascoltare l'ostruzionismo a volte lecita opposizione //altre volte semplicemente bieco ostruzionismo...
Fare politica è qualcosa di molto complesso non è soltanto occuparsi di cose tecniche non è solo la gestione tecnica della spesa pubblica ma anche avere idee come gestire la spesa pubblica. Soprattutto in periodi di crisi e scarsita' di risorse, un ente, un comune occorre che dia priorita' ai servizi di assistenza o alla istruzione?Occorre pensare ad un fondo che risarcisca le vittime di reati o un fondo che dia credito e contributi liberi per la creazione delle nuove imprese? Spesso entrambi le soluzioni sono scelte inconciliabili da un punto di vista economico, data la carenza di fondiEs. QUOTA 96 INSEGNATI CHE DOVEVANO ANDARE IN PENSIONE PRIMA DELLA L. FORNERO AVEVANO FATTO DOMANDA E POI LA FORNERO LI HA BLOCCATI POI QUESTO GOVERNO PROMISE LA PENSIONE E POI SI ACCORGE CHE MANCAVANO I FONDI- MA SI PARLA DI GENTE CHE LAVORA- NON SI PARLA CERTAMENTE DI ESODATI…
La politica è necessaria a trovare buone soluzioni ai problemi, la capacità di sapersi relazionare con gli altri e di saper comunicare con tutti, di sapere gestire il conflitto e la mediazione sia all'interno del parlamento, sia in un circolo di provincia.La politica spesso divide- mentre in realtà l'altissimo scopo per cui nasce è quello di unire e di governare per l'interesse generale.Ho vissuto le fasi difficili di questo avvio di legislatura con lo spirito di chi aveva molto da imparare, ma anche con la volontà di mantenere ferme le mie convinzioni ed il mio punto di vista sulle cose. Ripeto il punto fermo per me è quello che si può chiamare la ricerca del bene comune o dell'interesse generale. Così mi sono orientata nelle scelte più difficili.
La politica deve incarnare l'idea che è lo stato e chi lo rappresenta che deve stare a servizio del cittadino. È questa l'idea centrale da cui cerco di farmi guidare.
IO SONO IN COMMISSIONE GIUSTIZIA ED IN GIUNTA AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE OCCORRE MOLTA ATTENZIONE E C’E’ UN LAVORO CHE NON SI VEDEEsempio omicidio stradale....desiderio di vendetta...
Si può fare una politica per amore? Si, tutte le volte che non si fa per se stessi ma per servire una collettività, con i mezzi a disposizione..e con tutti gli errori possibili ed anche con le mediazioni possibili, perchè come dicevo all'inizio non siamo soli a decidere e quando si dice che la politica è mediazione non è una brutta parola, non vuol dire inciucio, vuol dire trovare un punto di accordo tra idee o interessi diversi.****E’ POSSIBILE FARE LA POLITICA PER AMORE E PER SERVIZIO. SIE VORREI CONCLUDERE CON ALCUNE RIFLESSIONI FINALI SEMPRE FRUTTO DI QUESTA ESPERIENZA DI DUE ANNI
il politico che serve l'amore non bada alla quantità ma alla qualitàSONO I POCHI CHE DETERMINANO, NON SONO LE GRANDI MASSE AI POLITICI PIACE PARLARE, TRACCIARE IL TERRITORIO CON LA PAROLA, SAPETE QUANTI INTERVENTI SI FANNO PER LASCIARE TRACCIA, MA CI SONO TANTI CHE LAVORANO IN SILENZIO ED IL LORO LAVORO DIVENTA SOSTANZA, MA NON SI VEDE (ESEMPIO GIUNTA.)si parla per fare piacere al popolo – OMICIDIO STRADALE- Il politico calcola se una certa scelta può procurargli o vantaggi economici o vantaggi n termini di notorietà e quindi di ritorno di voto.
Mi è capitato che si sono rivolti a me persone che domani mai potrebbero darmi il loro voto perchè sarebbero in un collegio diverso dal mio.. Io in teoria per una mera divisione del territorio dovrei dire loro di fare riferimento al parlamentare del loro territorio ed invece non ci penso nemmeno mi scatta in automatico l'istinto di aiuto del problema, se posso AIUTARE A risolvere un problema non personale di capriccio oppure di categoria. Perchè penso che ognuno di noi può dare il proprio contributo libero al mondo senza ricompense .
Vi racconto l’esperienza dei malati di linfedema – contatti con la regione lazio (non conosco nessuno- conosciuto per caso un ex vice sindaco di roma un giorno chiedo a lui e mi dice che conosce tutti- gli scrive mi fa vedere email- gli telefona- niente da fare—siccome la tradizione sapienziale insegna che ognuno di noi è un suono particolare, ognuno ha una vibrazione diversa rispetto ad un altro (le formiche emettono gli ultrasuoni che noi non sentiamo) e noi vibriamo ma non sentiamo la vibrazione dell’altro ho provato io direttamente a scrivere ed ho scritto alla mia maniera, anche dura…una lettera in cui minacciavo una class action, perché i malati non sono inseriti nel sistema sanitario che prevede il ricovero – nei LEA – livelli essenziali di assistenza- ETC…..
COSA HO CAPITO?
CHE NON DOBBIAMO ESIMERCI DALL’ESSERE DISPONIBILI- QUANDO INTUIAMO CHE QUELLA AZIONE E’ GIUSTA…PERCHE’ E’ GIUSTA…
Se abbiamo una visione etica della vita la esprimiamo in qualunque azione in qualunque professione, in qualunque momento della nostra vita. Non c'è per me ' distinzione tra vita politica e vita privata, tra vita materiale e vita etica.Ho sempre creduto che ognuno deve svolgere il proprio compito la dove si trova con intelligenza, onestà e grande volontà. Però attenzione - credo anche non ci possiamo occupare bene di tutto: altrimenti diventiamo faccendieri. Le mie competenze sono nel campo della giustizia e non a caso sono componente della commissione giustizia e della giunta autorizzazioni a procedere.Ci sono certe leggi che non portano la mia firma o perchè per me sono uno spreco, altre volte non le firmo perché ci sono altre priorità.
Noto che c'è una certa schizzofrenia anche nell'immaginario collettivo.
Da una parte vogliamo il politico giusto,che stia in mezzo alla gente, che si mescoli tra la gente, vogliamo il politico uomo comune e poi.. io assisto ad espressioni che fanno parte di un bagaglio che dobbiamo necessariamente abbandonare.È interessante vedere le reazioni negli altri.Come gli altri vedono il politico.Andando in giro per la provincia mi è capitato di avere ascoltato i commenti della gente, parlando tra loro di me dicevano ": ma è arrivata con la macchina blu"?"Ma è arrivata da sola"? Io osservo con molto stupore come mi guardano gli altri.Posso dire con certezza che non mi lascio cambiare dalla funzione che svolgo.L'orgoglio dell'importanza personale non mi ha mai attanagliato quando ho raggiunto traguardi professionali e tanto meno potrebbe accadere oggi, per l'attuale funzione che ricopro, anzi sento il peso della responsabilità.L'importanza personale, cioè essere fieri di ricoprire un ruolo pubblico ed utilizzarlo come ruolo di potere è un tarlo. Mi disturbano i luoghi comuni mi disturba che la gente pensi di me
ENTRI A FARE PARTE DELLA CASTAENTRI NELLA TANA DEI LUPILA POLITICA CORROMPE TUTTI- E’ UNA COSA SPORCASONO TUTTI UGUALI E COSI VIA
Lo sapete che moltissimi deputati , mi ci metto anche io, evitano nella vita ordinaria di dirlo per non essere visti come gli approfittatori di turno?. Ma a cosa abbiamo ridotto una delle attività più nobili del mondo, come dice Platone?
posso dirvi che a me come ad altri deputati pesano i luoghi comuni
Molti pensano a) che per il solo fatto che fai politica sei parte della casta: io non mI sento parte di nessuna casta come vi dicevo prima sono abituata a stra-lavorare e non sono in parlamento per fare passerella;b) molti un po scherzando un po sul serio mi dicevano vai nella gabbia dei leoni.la politica cambia tutti.è quindi un dogma che chi fa politica è destinato a cambiare; lo sapete mi dicevano cosi anche quando ho cominciato a fare l'avvocato penalista in un momento in cui c'erano solo due donne a sr che esercitavano con il penale e mi dicevano cosi quando mi sono sposata. Queste esperienze hanno mi hanno arricchita. Certo si cambia ma non si perde nulla se si ha una solida base da cui partire. c) SE UNO SCEGLIE DI FARE POLITICA deve avere necessariamente UN TORNACONTO PERSONALE D) noto una schizzofrenia nella gente da una parte tutti desiderano che i politici siano onesti ma molti si rivolgono ai politici per avere un posto di lavoro, un favore, un potere...
La gente vuole che il deputato sia presente sul territorio, che appaia sui giornali che intervenga su tutto. Spesso sono solo passerelle, parole.E diventa una sorta di prigione del consenso.Se non intervieni (io dovrei coprire 21 comuni) vuol dire che non fai niente per il tuo territorio, ma ovviamente ognuno vede solo ciò che gli interessa. Un deputato dovrebbe intervenire in agricoltura, per l'ambiente, nel campo delle carceri e nelle carceri non ci sono solo i detenuti ma gli agenti, le assistenti sociali etc...
ogni tanto mi sento porre la domanda da qualcuno come mai non è intervenuta sul parco, su un luogo che deve diventare riserva? E sono intervenuta molte volte sul polo industriale e non sul parco...
c) altro luogo comune:si pensa che l'ingiusto vive meglio del giusto...
Mi sento dire ah lei è troppo per bene per fare politica...vedete che schizzofrenia!!!
guardate che questo si riscontra anche nel lavoro "mi occorre un avvocato che non tema nulla " sottointeso anche scorrettezze...
questo per dirvi che non si puó spostare la attenzione sui politici scorretti .
Questo l'ho scoperto nella professione e lo scopro ora in politica, ci vuole tempo ma prima o poi si paga tutto. E dove sono capitata io senza chiedere nulla? In giunta dove per la prima volta nella storia della repubblica si è provveduto già a due arresti nell'arco di un anno di deputati corrotti Genovese, Galan, intercettazioni
chi commette ingiustizia prima o poi la paga... Mi si risponde ma prima si è arricchito... È voi veramente pensate che la ricchezza frutto di corruzione renda la vita semplice? Arriva un sequestro della magistratura e cancella via tutto, oppure molto spesso ci si ammala perchè il troppo storpia....La .. Corruzione avidità potere creano un benessere immediato e poi malessere..basta vedere la fine di tutti i dittatori
Allora la sfida è un gruppo di persone oneste che si interrogano ed interrogando si si rendono responsivi nel mettersi al servizioEd io ho visto che un gruppo si lasciava condurre da tre... O i dirigenti mi fermavano per CHIEDERMI cosa ne pensassi...io che sono l'ultima arrivata. Io propongo la soluzione e mi ritiro dicendo a me stessa puoi anche non essere ascoltata, ma tu dici quello che ti appare la soluzione migliore in questo momento..
Allora penso nella mia poca fede che il divino ci mette al posto giusto nel momento giusto, se noi siamo aperti e disponibiliEsperienza in giunta: io devo fare una opera di moralizzazione della politica.? Io che nella mia vita sono un difensore...perchè proprio a me ?? Perchè questa è la vera sfida. sono chiamata ad essere equilibrata, proprio io che conosco l'errore degli uomini ma non lo giustifico, ma che conosco anche gli errori giudiziari , come conosco cosa sia la avidità che porta a commettere reatiComprendo che ad un reato deve seguire una pena se la persona ha alterato un equilibrio nella sua vita e nella vita degli altri.
Ma le domande sono tante sono libera dal condizionamento??
Per essere un vero politico occorrono troppe condizioni
Una coscienza stabile, sordi ai richiami dell'io che vuole afferrare anche soltanto notorietà, essere in mostra sempre e comunque ( se la vita intende utilizzarmi, sono qui) altrimenti
sono chiamata ad altro..in questa fluidità si scopre una bellezza indicibile una libertà che non ha eguali. Mai come in questa esperienza mi risuona ...se hai costruito la tua casa sulla roccia nulla potrà vacillare
Una onestà di fondoIntegrare il caos che c'è attorno e portarsi all'essenziale. Sapere vivere la complessità alla quale nessuno ci educa.Soprattutto nelle famiglie borghesi veniamo educati a realizzare la "famiglia del mulino bianco" e non appena sorgono difficoltà siamo impreparati..Questa è La società dell'accesso e come scrive Scroccaro "la società dell'accesso è una società malata che ha bisogno di essere risanata secondo criteri di sobrietà e moderazione" per Platone la città sobria è rispettosa del senso del limite e la città insana è gonfia di eccessi e capricci e come il corpo che si alimenta senza misura non può che stare male.
Sofia Amoddio
Dalla vittima alla riparazione
Manca allegato Ha raccontato della sua esperienza nelle carceri e della opportunità necessità di guardare alla vittima e non solo alla penaDella sua attività con l’associazione SPONDE’ attiva in tutta Italia
Il termine greco Spondé significa libagione: sacrificio offerto per sancire l’esito positivo di una trattativa di pace. I convenuti si porgevano l’un l’altro la coppa colma della libagione, impegnandosi reciprocamente al rispetto del regole condivise ed all’effettivo superamento del conflitto e delle ostilità. L’Associazione ha come scopo la realizzazione di azioni di promozione sociale e culturale, di prevenzione primaria e secondaria, di formazione e orientamento, d’integrazione sociale, economica, lavorativa, culturale e interculturale, di soluzione pacifica dei conflitti, conciliazione, mediazione sociale, familiare e penale, nonché di cooperazione nell’ambito della solidarietà nei confronti dei paesi in via di sviluppo.
Maria Pia Giuffrida
Turismo relazionale integrato
Pensavo alla mia terra. Ne sentivo un debole richiamo, mentre percorrevo le strade di
un'esperienza burocratica e, in seguito, di un'attività di consulenza per enti pubblici e imprese.
In realtà, inconsapevolmente, costruivo le basi esperienziali del mio futuro di agricoltore.
Infatti, a quella terra martoriata da incendi e crolli sarei tornata dopo alcuni anni con passione,
ma con il necessario bagaglio di esperienza amministrativa e di formazione giuridica.
Dei ricordi infantili ben poco si era salvato: il grande noccioleto ridotto in cenere per mano di
ottusi cacciatori di conigli, il fragoleto perduto per incuria, i pioppeti tagliati da mano sconosciuta,
restavano soltanto le palme del giardino, i noci secolari e le mura della masseria settecentesca
costruita in pietra e con cocci di terracotta.
Da lì ho ricominciato, riponendo l'orologio nel cassetto e riempiendomi di interminabili mutui
per la ricostruzione.
La resurrezione della terra sabbiosa e della struttura è stata lenta, complessa e, ai miei occhi,
non ancora completata. Ed è proprio questo virus del non -finito che spinge gli imprenditori agricoli a
fare, fare ancora.
Ho vissuto il tempo del consolidamento in Sicilia della multifunzionalità rurale che ha
trasformato i contadini in albergatori, in ristoratori, in interpreti, forse a loro insaputa, del turismo
relazionale integrato, il turismo che fonda le sue radici nei rapporti umani.
Ma "da soli" non si può, non si deve, da questa consapevolezza sono stata mossa alla
costituzione di un Consorzio di Agriturismi nella mia provincia e, in seguito, all'adesione
all'associazione "Gusto di campagna" e al Distretto Turistico Dea di Morgantina.
L'avvento della crisi ha rallentato e spesso mortificato il processo di trasformazione culturale
degli imprenditori agricoli del mio territorio, da sempre legati al concetto del "nì mia" e resistenti a
qualunque formula associativa.
Ma l'obbligo di rendere onorevole testimonianza della nostra sicilianità permane e si rafforza
sempre più, lo percepisco soprattutto quando mi confronto con le donne che fanno il mio mestiere o
attività a esso collegate, lo sento quando ospito donne di altri paesi affascinate dalla nostra offerta
sensoriale.
E così, da sicula irriducibile, continuerò, finché avrò energie, a lavorare per la mia e,
perdonatemi la ripetizione cacofonica, le altre terre della nostra amata terra.
Nietta Bruno
L’APP del Soroptimist contro la violenza sulle donne.
Il Soroptimist, organizzazione internazionale che opera a favore dei diritti delle donne, da
sempre e con varie modalità, affronta il problema della violenza di genere,della sicurezza e della
prevenzione.
In quest'ottica ha recentemente ideato "S.H.A.W." (acronimo di Soroptimist Help Application
Women) una APP,creata dalle Donne per le Donne, completamente gratuita e tradotta in 12 lingue,
facilmente scaricabile sugli smartphone, ideata come strumento di prevenzione e contrasto alla
violenza.
Oggi l’innovazione tecnologica può essere di grande aiuto per affrontare e combattere queste
problematiche, la cui priorità è, per fortuna, anche nell’azione delle Istituzioni pubbliche, di Enti e
Onlus e tanto più nell’etica e nelle finalità della nostra Associazione
La APP ha una home semplice ed immediata con una serie di tasti a ciascuno dei quali
corrisponde una precisa funzionalità :
Il tasto 112 : l’utente, in caso di immediato pericolo, può chiamare il numero di emergenza
112, attivo in tutti gli stati dell’Unione europea, e parlare con un operatore.
Il tasto 1522 : numero gratuito attivo 24 ore su 24, in varie lingue, che rappresenta lo snodo
operativo delle attività di contrasto alla violenza di genere e allo stalking.
I CENTRI : questa sezione consente agli utenti di identificare i centri antiviolenza più vicini alla
propria posizione sul territorio, attraverso una lista divisa per regioni, una mappa o mediante la
geolocalizzazione.
LA LEGGE : in questa sezione sono sintetizzati i principali aspetti legislativi relativi ai reati di
violenza sessuale e stalking e i percorsi di Codice Rosa già presenti in alcune Aziende ospedaliere.
IL SITO WEB : per favorire la diffusione e la fruibilità del progetto è stato creato un minisito
web ad hoc (www.appshaw.it) che contribuisce a facilitarne la conoscenza e l’utilizzo.
Una sezione, infine, presenta l’Associazione Soroptimist che ha ideato e sviluppato la APP,
illustrandone finalità, mission e valori etici (www.soroptimist.it)
Al di là dei casi di emergenza o pericolo con questo semplice strumento si cerca di offrire alle
donne una corretta e proficua informazione e una possibilità discreta per scalfire quel muro di
silenzio dietro cui la stragrande maggioranza delle donne in difficoltà tende a nascondersi,
aiutandole a superare quel primo, difficilissimo gradino verso un percorso di responsabilizzazione e
denuncia.
Data la sua importanza e con la consapevolezza che solo facendo RETE si possono arginare
fenomeni tremendi come la violenza di genere, l’iniziativa ha ricevuto il patrocinio del Comune,
dell’Università di Catania e della Federfarma che saranno al fianco del Soroptimist, insieme ad altre
Istituzioni, per divulgare il progetto fra le Associazioni, le Scuole, le Aziende ospedaliere, i media e i
club service cittadini.
Mariasilvia Monterosso
Lo sport al femminile
Desidero ringraziare 'Gli Stati Generali delle Donne' perché oggi mi hanno dato la possibilità di
affrontare un tema così delicato come quello dello sport non professionistico al femminile. Io mi
chiamo Silvia Bosurgi e con la Nazionale femminile di pallanuoto ho vinto tutto quello che si può
vincere a livello internazionale: 2 ori Europei, 1 oro ai Campionati del Mondo ed una Olimpiade che é
stata l'unica vinta da una squadra femminile nella storia italiana. Mentre con il club siciliano
dell'Orizzonte Ct ho conquistato 14 scudetti e 7 coppe dei campioni. Mi scuso per essermi permessa
di elencare il mio palmares, ma solo per evidenziare il fatto che se fossi stata un uomo avrei
sicuramente avuto ben altri riconoscimenti. In questi 20 anni di sport, insieme alle mie compagne di
squadra e di vita ho condiviso gioie e dolori perché lo sport è anche questo ed abbiamo combattuto
non poco per avere la parità dei diritti. Una discriminazione che si aggiunge alla questione
economica: la maggior parte degli sport femminili, in Italia, hanno meno pubblico e quindi meno "
mercato" di quelli maschili. Le sportive in media guadagnano il 30-50% in meno dei loro equivalenti
maschi, ma spesso le differenze sono molto più alte; in altre parole in Italia le donne che fanno sport
vengono considerate dilettanti. Purtroppo non importa se ti chiami Valentina Vezzali ed hai
conquistato 6 ori olimpici o essere una campionessa affermata e riconosciuta come la Pellegrini, a
causa della mancanza di direttive del CONI, tutte le federazioni sportive del nostro paese escludono
le donne dal professionismo e quindi non hanno un trattamento pensionistico, mutua, trattamento
di fine rapporto, maternità, cioè il NULLA! Io penso che tutto questo debba far riflettere su come
tante donne in Italia abbiano dedicato la propria vita allo sport e per lo sport, di come questa
disuguaglianza sociale possa cessare di esistere. La passione che ancora adesso mi permette di
essere fiera di quello che ho fatto fino ad ora mi porta a cercare di insegnare quei valori che solo lo
sport sa dare ai bambini che oggi si avvicinano alla pallanuoto.
Silvia Bosurgi
Il CUG, questo sconosciuto…
Cosa sia il CUG e quali siano i suoi compiti sono in pochi a saperlo. A quasi 5 anni dalla sua
istituzione, questo organismo – la cui denominazione, per esteso, è Comitato Unico di Garanzia per
le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni – è per lo
più uno sconosciuto. Non ne conosce del tutto i compiti persino chi ne fa parte e, cosa molto più
grave, non li conoscono i vertici delle PA e le OO.SS. da cui sono stati nominati.
La legge istitutiva (art. 21, legge 4 novembre 2010, n. 183) ha assegnato invece al CUG ruolo e
compiti molto più impegnativi e incisivi di quelli posseduti dai Comitati per le Pari Opportunità e dai
Comitati anti-mobbing, che esso è chiamato a sostituire, configurandolo come organismo di parità
incaricato di «contribuire a fornire elementi utili per la corretta gestione del personale in un'ottica di
parità e contrasto alle discriminazioni». I dirigenti al personale, responsabili della sua costituzione,
pena la riduzione della loro produttività, si sono affrettati a nominarli, salvo poi disinteressarsi
completamente dei necessari collegamenti tra l’Amministrazione e il CUG.
Tratterò in breve dei compiti del CUG e, in base all’esperienza personale, quale presidente del
CUG dell’Università di Messina, avanzerò le seguenti proposte:
1. aggiornare la Direttiva “Nicolais-Pollastrini” del 23 maggio 2007 adattandola alle nuove funzioni
del CUG;
2. prevedere in essa: a) che un rappresentante del CUG sia convocato nelle sedi in cui si decidono
le condizioni di lavoro del personale (contrattazione integrativa, orari di lavoro etc.) e in vista
della “Relazione annuale sulla performance” da inviare alla CiVIT; b) l’obbligo dei dirigenti di
seguire corsi di formazione sui CUG e le pari opportunità; c) che la responsabilità dei dirigenti
sia monitorata anno per anno e sanzionata in caso di mancata applicazione degli obblighi da
assolvere con il CUG;
3. prevedere, per legge, una premialità per quelle amministrazioni che assolvono a tutti i loro
compiti in materia di parità e pari opportunità di genere (e non solo), a cominciare dal
monitoraggio previsto dalla Direttiva del 23 maggio 2007;
4. chiedere al Presidente del Consiglio la nomina, come in passato, di una/un Ministra/o per le Pari
Opportunità per restituire slancio e visibilità a questo settore.
Antonella Cocchiara
Non è un Paese per donneHa raccontato la difficoltà di fare impresa al sudDa donna, figlia.
Ornella Laneri
Normativa siciliana in materia di pari opportunità e di rappresentanza di genere Un ringraziamento a Maria Andaloro, organizzatrice di questo evento ed instancabile nel suo ruolo di
promozione dei diritti e delle pari opportunità, che non si ferma alle enunciazioni o alle denunce,
visto il suo costante impegno nella lotta contro la violenza sulle donne quale ideatrice di Posto
Occupato, Campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne che ormai non conosce
confini. L’iniziativa di oggi così come nelle altre città e regioni dove si sono tenuti gli Stati Generali
possono contribuire a dare il giusto riconoscimento e visibilità al lavoro spesso silenzioso e alle
competenze delle donne nonché a mettere al centro della riflessione comune i temi del lavoro,
dell’impegno istituzionale ed anche i gravissimi dati del femminicidio con un traguardo quello di
realizzare un documento comune in vista della Conferenza mondiale delle donne che si svolgerà tra
pochi giorni a Milano, a vent’anni dalla Conferenza di Pechino Quella Conferenza, nella quale fu
varata una piattaforma così importante, da diffondere ed affermare in tutto il mondo il principio
delle pari opportunità tra i genere e della non discriminazione delle donne nella vita pubblica e
privati, principi per i quali ci sono ancora tante ombre per la piena partecipazione delle donne in ogni
ambito della Società Necessario comprendere quanta strada si è percorsa nel nostro paese e quanto
ancora ne dobbiamo fare, rispetto a quegli obiettivi, certamente vi è una parità formale o meglio una
parità apparente, sulla carta, che non corrisponde alla parità sostanziale e ciò nonostante il corpus
normativo di cui l’Italia può andare fiera anche per effetto delle tante direttive europee. Questo
significa che non bastano le leggi, e non possiamo dare per scontato che fatta la legge, questa
produrrà automaticamente e in totale autonomia il risultato per cui è stata attuata, perché così non
è. La mia esperienza sia nel sindacato, prima come responsabile del coordinamento donne poi
componente della segreteria provinciale della Cisl di Messina e dal 2010 come Consigliera di Parità
della provincia di Messina, mi fa spesso riflettere su come la parità sia spesso solo enunciata e
utilizzata mediaticamente, ma poco praticata soprattutto dove si decide. Ancora oggi le donne sono
vittime di tante discriminazioni ed questo uno degli aspetti di cui ci occupiamo come Consigliere di
Parità, perché la Legge attribuisce alla Consigliere di Parità tra i compiti quello di prevenire e
contrastare ogni forma di discriminazione diretta o indiretta, di promuovere le pari opportunità, di
vigilare per la corretta applicazione della normativa sulla parità, di promuovere politiche a favore
dell’occupazione femminili. Ed ecco che la prima discriminazione proprio nei confronti delle
Consigliere di Parità perché con le varie modifiche intervenute negli ultimi anni e da ultimo – sempre
in linea con il passato - il recentissimo schema di decreto semplificazioni in tema di pari opportunità,
approvato dal Consiglio dei Ministri. Il decreto, infatti, interviene modificando alcune disposizione
del Codice delle pari opportunità e ridefinisce, a nostro avviso in senso peggiorativo il ruolo delle
Consigliere di Parità, impedendo di fatto lo svolgimento delle attività previste dalla legge e sulle quali
le Consigliere sono chiamate ad intervenire - le discriminazioni di genere - ma di fatto impossibilitate
a farlo! Tutto ciò significa che, da una parte, le Consigliere di parità continueranno ad avere l’obbligo
istituzionale di intervenire in giudizio (ricordo che siamo pubblici ufficiali) e contrastare
comportamenti discriminatori, dall’altra non avranno nessun compenso per l’attività svolta ma
nemmeno, e questo è di una gravità eccezionale, risorse necessarie per adempiere ai loro obblighi;
significa che saranno costrette ad omettere atti di ufficio per mancanza di fondi! 2 Ancora oggi le
lavoratrici denunciano di essere vittime della odiosa discriminazione per eventi legati alla maternità,
come ad esempio il demansionamento al rientro, cambio di sede, mancato riconoscimento di tutele
a volte fatte apposta per scoraggiare la lavoratrice ed indurla alla risoluzione del rapporto di lavoro,
oppure diniego da parte del lavoro a richieste di part-time a lavoratrici con difficoltà a conciliare
lavoro e famiglia. Ma anche discriminazioni nel colloquio di lavoro, quando alle giovani donne viene
chiesto da un possibile datore di lavoro, se ha intenzione di avere figli o semplicemente di sposarsi.
In alcuni paesi fare queste domande discriminanti, in sede di colloquio di lavoro, è reato. Da noi è
prassi comune. Ma le discriminazioni persistono anche in materia di rappresentanza di genere. Se
alle siciliane venisse in mente, un bel giorno, di reclamare il rispetto della legge nella composizione
delle giunte locali, anche per il mancato recepimento della normativa nazionale, essendo a Statuto
speciale. Da una notizia del mese di gennaio scorso di un quotidiano online, si legge che su 37
comuni siciliani che hanno rinnovato le amministrazioni in maggio 2014, tre non annoverano alcuna
donna in giunta e diciassette sono “irregolari”, cioè il numero delle donne non raggiunge la soglia del
quaranta per cento. Le donne-sindaco nell’isola sono 17 (su 390 comuni), una percentuale molto
bassa dunque. Altrettanto bassa la presenza femminile nelle società partecipate della Regione (63, il
10 %). Come Consigliera di Parità della provincia di Messina, sono intervenuta anche in tema di
rappresentanza di genere nella composizione degli organi istituzionali di governo, nella fattispecie
della Giunta del Comune di Messina, considerandola squilibrata nella sua composizione 8 uomini e
una sola donna e sono intervenuta nel mese di febbraio u.s. nel momento in cui il Sindaco doveva
sostituire un assessore dimissionario, invitandolo a nominare una donna, non solo per un riequilibrio
di presenze necessario ma anche perché sarebbe stato un opportuno riconoscimento delle
competenze e dei talenti femminili presenti nella nostra città che così facendo continuano ad essere
oscurati. Naturalmente il mio appello è rimasto inascoltato e addirittura in conferenza stampa il
Sindaco disse di non aver trovato una donna con le competenze dell’assessore uomo da lui
nominato! Ovviamente questo non è veritiero, in quanto avrebbe dovuto dimostrarlo svolgendo una
adeguata attività istruttoria. Inoltre, a mio avviso, l’incarico di assessore non è quello di esperto delle
materie oggetto della delega ma ha una funzione politica e di indirizzo dell’azione amministrativa. Su
una questione analoga nel dicembre scorso c’è stata una sentenza del Tar Calabria, su ricorso
presentato dalla Consigliera Regionale di Parità, nella quale il giudice ha ribadito la raccomandazione
al riguardo, “il Sindaco ha l’obbligo di svolgere indagini conoscitive nella società civile o nel proprio
bacino territoriale”, naturalmente tenendo conto degli orientamenti etico-politici di chi interpella.
Soltanto dopo una ricerca così dettagliata avrebbe potuto fare tale affermazione. Inoltre che la legge
215 del 2012 ribadisce di inserire negli Statuti comunali norme per “assicurare condizioni di pari
opportunità tra uomo e donna” e di “garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte”.
Adempimento che il Comune di Messina non ha recepito, ma che comunque non lo sottrae da tale
obbligo a garanzia delle condizioni di pari opportunità. Solo di recente, nel mese di agosto appena
trascorso, il Sindaco di Messina ha sostituito l’ennesimo assessore dimissionario con una donna, così
finalmente le donne sono due in Giunta! 3 In Sicilia, nella legge regionale sulla doppio voto di genere
non è stata inserita la parte che riguarda la composizione delle Giunte per cui vige quanto stabilito
dalla legge elettorale n. 6 del 2011 che stabilisce che la Giunta deve essere composta in moda da
garantire la rappresentanza di entrambi i generi. Su questa norma interviene una circolare
esplicativa, la n. 6 del 12 marzo 2012 che dice “la norma non stabilisce un minimo od un massimo di
rappresentanza: dal tenore letterale emerge che la giunta non debba essere composta
esclusivamente da soggetti dello stesso genere, ai fini di un corretto adempimento della
disposizione, pertanto, è sufficiente la presenza di almeno un componente di genere diverso”. Non
c’è traccia normativa delle dichiarazioni rese dal Presidente Crocetta in una nota del 19 dicembre
2012 il quale annunciava “stasera la giunta siciliana approverà il disegno di legge che prevede il
doppio voto di genere e l’obbligo di una quota minima del 30% di donne nelle giunte di Regione,
province e Comuni” Né della successiva dichiarazione dell’Assessora pro-tempore datata 5 gennaio
2013 che annunciava un provvedimento di legge sul vincolo obbligatorio fissato al 30% della
presenza femminile nelle Giunte ad ogni livello amministrativo e, cosa ancora più importante,
abbiamo previsto una sanzione. Sindaci e presidenti decadranno dalla carica se non rispetteranno la
norma, adeguandosi entro 6 mesi. Risultato è che le donne in Sicilia, in mancanza di norme, sono
ulteriormente discriminate dalla politica non perché vogliono essere una “categoria protetta”, ma
perché non sono messe in condizione con pari dignità e competenza di poter concorrere alla pari ad
operare un cambiamento profondo nella nostra società. Niente impedisce ad un Sindaco di
nominare una donna in Giunta, indipendentemente dalle “riserve”, ma questo dimostra che se non
ci sono le norme che servono da grimaldello (usando una espressione della Prof.ssa Antonella
Cocchiara) per scardinare una mentalità maschilista, con questo modus agendi si continuano ad
oscurare competenze e talenti femminili. Risultato: siamo veramente tanto lontani dall’arrivare ad
una piena partecipazione che sia frutto non di mere imposizioni di norme ma che diventi
l’espressione di una società veramente civile. Ci vuole un cambio di passo, affinché la risorsa donna
non venga solo considerata soprattutto in politica come quota, ma un valore – il valore della
differenza - che può contribuire a costruire impegno, passione e determinazione un futuro migliore
e, far si, che l’altra metà del cielo non trovi posto soltanto in un angolo del cielo. A dimostrazione
che vi è una parità formale o meglio una parità apparente, sulla carta,che non corrisponde alla parità
sostanziale e nonostante il corpus normativo ancora oggi ci sono tante ombre sulla strada della
parità e per la piena partecipazione delle donne in ogni ambito della Società. Un appello quindi
affinché la normativa siciliana in materia di pari opportunità e di rappresentanza di genere sia
allineata con quella nazionale, affinché le donne siciliane già penalizzate anche dal mercato del
mercato, non siano ulteriormente discriminate rispetto alle donne che stanno al di là dello Stretto
Mariella Crisafulli
EQulPE202
Manca allegato non ha potuto partecipare
Antonella Marsala Italia Lavoro
Lavoro, welfare e maternità: gli aspetti critici per le nuove generazioni femminili
Che ci faccio io qui? Me lo domando ogni volta, quando davanti ad una platea mi ritrovo a
parlare di donne e violenza, donne e lavoro, donne e futuro.
Tutte le volte che mi ritrovo a parlare di noi, insomma.
Me lo sono domandata anche questa volta, forse più delle altre, a dire il vero.
Cosa ci faccio io qui, al fianco di tante professioniste, tutte giustamente più che accreditate
nel loro ambito di competenza?
Donne, ci tengo a sottolinearlo, che stimo e che oggi mi onorano del loro invito a prendere
la parola.
E adesso tocca a me ricambiare il favore, onorando l'invito con un intervento che sia
all'altezza.
Dunque ci provo, eppure quella domanda mi rimbomba ancora nella testa: cosa ci faccio
qui?
Provo a darmi una risposta partendo da ciò che ci accomuna: siamo tutte donne. Anzi,
ancora di più, siamo tutte donne che si occupano di donne, in qualche modo.
Ecco dunque una prima risposta: la mia presenza è un riconoscimento del lavoro che ho
svolto.
Ma cosa intendiamo esattamente per lavoro?
In epoca contemporanea è detto lavoro “l'attività umana rivolta alla produzione di un bene,
di una ricchezza, o comunque a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale”. Ma,
soprattutto, definiamo comunemente lavoro ciò che produce reddito per il lavoratore o,
come in questo caso, la lavoratrice.
Negli ultimi due anni (come probabilmente già sapete) ho scritto e presentato in giro un
libro sulla violenza di genere.
Le mie aspettative non erano altissime eppure mi sono impegnata con tutte le mie forze e
“Quello che resta”, il libro che ho scritto per ricordare Stefania Noce e le altre vittime di
femminicidio, è andato molto bene. È stata un'avventura faticosa me bellissima che mi ha
portata a presentare ciò che ho scritto in oltre sessanta sedi e a viaggiare moltissimo.
Intanto ho anche ideato e messo a punto progetti per lavorare all'integrazione di migranti e
donne detenute in carcere.
Ho lavorato con gli studenti e le studentesse e con loro ho scritto favole e storie senza
stereotipi.
Prima di tutto questo avevo collaborato con molte testate giornalistiche e, anche dopo,
alcuni importanti quotidiani mi hanno offerto l'opportunità di collaborare con loro, magari
come blogger. In qualche modo, dall'età di 14 anni, ho scelto di scrivere e ho sempre
continuato a farlo.
Sono passati 18 anni e, oggi più di allora, lo faccio con tutto l'impegno e la professionalità di
cui sono capace, e mi ritengo fortunata dato che l'attenzione che riscuoto continua a
sorprendermi ed entusiasmarmi.
Eppure ciò di cui vi ho parlato non mi ha mai permesso né di pagarmi l'affitto, né le bollette,
né le vacanze.
Né le spese fisse né quelle futili, per intenderci.
In pochissimi casi sono stata pagata per questo tipo di lavoro, nella stragrande maggioranza
dei casi solo cifre irrisorie.
Molto spesso anche chiedere un minimo rimborso spese è parso quasi un gesto di
ingratitudine.
Parlare di soldi, quando si lavora con il sociale o con la cultura, oggi in Italia pare quasi
un'eresia, ancor di più se hai più o meno trent'anni e sei una donna.
Così, negli stessi due anni di cui vi parlavo prima, per potermi mantenere in una città che
non è la mia e in una casa che non è quella dei miei genitori ho fatto un po' di tutto:
moltissimi lavoretti, per lo più in nero, soprattutto la babysitter.
Pensavo di non amare i bambini, invece ho scoperto che mi piace, che è addirittura
gratificante.
Così ho trascorso molti pomeriggi ad accudire i figli e le figlie di amiche lavoratrici, o di
amiche di amiche, senza avere nessun titolo per farlo, inizialmente nemmeno la voglia.
Eppure in questo caso ricevere dei soldi in cambio a nessuno è parsa un'eresia.
È vero, ho una famiglia alle spalle e un compagno che lavora e con il quale convivo.
Ma che credibilità avrei nel parlare di emancipazione e indipendenza femminile se potessi
permettermi di farlo solo grazie ai soldi di mio padre e del mio compagno?
Me lo sono domandata così tante volte che alla fine ho preferito vivere in un appartamento
piccolo e sforzarmi di dividere a metà tutte le spese. So di esagerare, ma l'ho fatto per
sentirmi pari e indipendente, anche se è chiaro che non lo sono.
In pratica sono scrittrice, giornalista, esperta di comunicazione e di questione di genere,
lavoratrice precaria.
Per lo stato italiano in questo momento sono a tutti gli effetti disoccupata, pur avendo una
miriade di lavori e lavoretti per le mani.
Com'è possibile essere tutte queste cose insieme?
Forse è questo che si intende per precariato?
Forse è questo ciò che si intende per crisi e scontro generazionale?
Forse è questo il nodo che dobbiamo sciogliere affinché sia davvero possibile puntare alla
parità dei diritti e delle opportunità?
Ho scelto, non senza vergogna e timidezza, di parlarvi di me perché purtroppo non sono
l'unica.
Anzi, i dati dimostrano che è vero il contrario: siamo una moltitudine:
Il rapporto Svimez nell'ultimo anno ha messo in luce come, mentre in Europa la media
dell’occupazione femminile è al 64%, nel meridione italiano siamo fermi al 35 %.
Sempre nel Mezzoggiorno, solo il 20% delle donne under 34 ha un posto di lavoro, contro
una media nelle regioni centro-settentrionali del 43%.
Numeri confermati dal World Economic Forum, che registra dati all'armanti rispetto al gender gap, ovvero al divario di genere: l'indicatore sulla partecipazione economica e sulle opportunità vede l'Italia scivolare al 114esimo posto (ultimo in Europa), mentre il nostro paese è addirittura al 129esimo posto per quanto riguarda l'uguaglianza salariale.Poi ci sono i dati sull'emigrazione: 744 mila persone, di cui 526 mila under 34 e 205 mila laureati, sono emigrate dal sud al nord Italia negli ultimi 10 anni e non sono più tornate.Negli ultimi 5 anni la disoccupazione è aumentata nelle regioni meridionali di ben il 9 %, contro una media del centro-nord dell’1.4 %.Ancora di più i giovani qualificati che decidono di emigrare all'estero.Così, mentre io presentavo il mio libro in giro per l'Italia, moltissimi miei amici sono volati via: Inghilterra, Spagna, Germania, Canada, Stati Uniti, persino Australia. Più donne che uomini, decisamente.Per molte di loro non è stata una scelta facile, bensì molto sofferta. E così continua ad essere ogni giorno. Come sofferta, per me, continua ad essere è la scelta di restare. E mentre io ho deciso di vivere al sud, a loro paradossalmente ho consigliato di andare via e continuo a consigliare di tenere duro, ogni volta che hanno nostalgia.
Adesso molte di loro pensano ad un figlio, una partorirà a giorni e un'altra sta organizzandosi per emigrare proprio perché è incinta. Chi sceglie di partire quindi non lo fa solo per il lavoro, bensì perché sa che al lavoro si innesta tutto il resto. Sempre il rapporto Svimez evidenzia come sempre meno donne meridionali decidano di procreare. Il rapporto annuncia che nei prossimi 50 anni il Sud Italia perderà 4,2 milioni di abitanti, a causa di un tasso di fecondità fermo al 1,3 – contro il minimo del 2,1 necessario per mantenere la stabilità demografica.È paradossale come proprio una cultura che celebra la maternità e la famiglia tradizionale come perno della società finisca, forse proprio per questo, per limitare le possibilità di chi vorrebbe fare questa scelta. Forse è anche su questo paradosso che dovremmo interrogarci.Oggi ho 32 anni, e negli ultimi tre anni della mia vita ho sentito tante volte il desiderio di fare un figlio. Eppure mai, nemmeno per un secondo, ho pensato di provarci davvero. Sarebbe stato diverso se abitassi in un paese che si colloca meglio nelle statistiche?Impossibile dirlo con certezza, perché è qui che sono rimasta e che voglio restare, per il momento.Ma so anche che nella città in cui vivo il prezzo degli asili nido comunali, ad esempio, non si basa più sul reddito ma è fisso e salato per tutti e tutte. E so anche che la mia scelta di
una maternità voluta e consapevole non può essere in nessun modo incoraggiata dallo stanziamento di 30 euro circa al mese su una busta paga che non ho. So che qui non esistono nidi aziendali, né leggi serie sulla paternità obbligatoria.E per quanto sia concesso sia agli uomini che alle donne di arrabbiarsi in egual misura per una politica del welfare che è decisamente deficitaria è anche evidente che sono le chance lavorative femminili ad essere seriamente compromesse da questa situazione, mentre quelle maschili non vengono intaccate.Allora forse sono questi i nodi che è urgente sciogliere.
Avviandomi alla conclusione voglio scusarmi se ho rischiato di annoiarvi con un'impostazione discorsiva basata sul personale, a tratti addirittura diaristica. E poi voglio tranquillizzarvi: si può vivere una situazione come la mia ed essere comunque felici, soddisfatte e appassionate, spero di averlo dimostrato.Nonostante tutto amo la mia vita così com'è, dico davvero. Anzi, mi sento fortunata.Innanzitutto perché, amo e il luogo in cui vivo, nonostante tutto. Altrimenti sarei già andata via.E poi perché quando ero una bambina sognavo, da grande, di fare la giornalista e la scrittrice: mi immaginavo impegnata in molte battaglie sociali, a parlare in pubblico e a viaggiare tanto per lavoro. Pensavo che avrei avuto dei figli, ma che per lavoro sarei stata costretta a lasciarli spesso in custodia ad una babysitter premurosa. Oggi ho “solo” 32 anni e posso dire a gran voce di aver interpretato con successo quasi tutti i ruoli dei miei sogni da bambina, babysitter compresa.A conti fatti mi pare una fortuna immensa.
M. Serena Maiorana
Start Up Flazio Integrare testo
M. Elisa Fazio
-Media e immigrazione
"Angela, vattene, vattinni... ti 'nna gghiri! Cu nesci arrinesci" Me lo ripeteva sempre la
signora Marchese del quarto piano quando mi incontrava con i libri sotto il braccio mentre correvo -
come sempre in ritardo - alla facoltà di Lingue e Letterature straniere Moderne. Non si dava pace la
signora Marchese nel vedermi ancora a Palermo perché per lei ero diversa. Non so se ero, se sono
diversa, so che la signora Marchese aveva capito che dentro di me c'era un fuoco che ancora oggi
dopo più di vent'anni non riesco a spegnere anzi arde sempre di più. Così mi sono laureata ad alta
velocità, seguendo quella fiamma e lasciandomi alle spalle un fidanzato pronto a metter su casa e
una nidiata di figli a Palermo. Ho lasciato gli amici ma soprattutto ho lasciato la mia famiglia e i miei
genitori che più della signora Marchese avevano capito che non mi sarei fermata mai. E loro del
resto, non solo non hanno mai provato a farlo, anzi mi hanno sempre sostenuta anche quando le
mie scelte andavano controcorrente rispetto alle convenzioni della nostra terra. Insomma, me ne
sono andata piangendo come mai più mi è capitato, per ore senza mai fermarmi. Sola ho affrontato
l'ingresso nel mondo del giornalismo: un mondo in cui si subisce purtroppo ancora il fardello del
maschio dominante. Ma se dovevo essere diversa lo dovevo essere fino in fondo. E a fatica,
lentamente ho posato mattoni senza mai cedere a compromessi ma con la sola forza delle mie
braccia e il supporto di mio padre, finché è stato in vita, della mia piccola - di statura - ma grande
mamma e dell'uomo che ha avuto il coraggio di sposarmi. Il dolore lancinante del distacco non si
supera mai e ora che da qualche anno mi occupo di migranti che da ogni parte del mondo bussano
alle nostre porte, ora che guardo i loro occhi quel mio dolore è niente in confronto. Soprattutto per
le migliaia di donne che penano nei loro paesi, che affrontano torture inenarrabili: basti pensare
all'infibulazione. Donne che non hanno la possibilità di crearsi un futuro diverso come è stato
regalato a me. Come Mariam che ho incontrato tempo fa nel centro di primo soccorso e accoglienza
di contrada Imbriacola a Lampedusa. Mariam, 19 anni e una bimba di tre, è scappata dal Gambia
perché lì - dice - non c'è futuro: solo guerra e povertà. Ha attraversato il deserto, c'è l'ha fatta. È
arrivata in Libia dove gli africani di pelle nera sono considerati peggio che bestie. È finita nelle carceri
libiche dove le donne le violentano e le picchiano. Ma lei ha resistito anche quando la massacravano
di botte gridandole "sporca negra bastarda!" . E quando le ho chiesto come ha fatto a sopravvivere a
tutto questo, lei mi ha risposto che pensava solo alla figlia e al futuro che le avrebbe potuto dare una
volta approdata in Europa. Mariam lo sa che forse quella possibilità nel Vecchio Continente non le
verrà concessa perché è una migrante economica e la sua richiesta d'asilo potrebbe essere rifiutata.
Ma nei suoi occhi ho letto la determinazione di una giovane donna pronta a tutto e so che ce la farà.
Questo il mio saluto per voi con l'augurio che sempre più donne possano avere una famiglia come la
mia e una signora Marchese che le spinga ad "uscire per riuscire".
Angela Caponnetto
Fablab Catania
INNOVAZIONE
il FABLAB CATANIA è orientato al futuro, al cambiamento e alla ricerca di
soluzioni innovative che possano costruire le best practices dei prossimi
tempi. Come ad esempio favorire l’autoimpiego, fornire competenze digitali,
fornire servizi utili ad aziende e privati. Per questo bisogna essere orientati al
cambiamento, avere un pensiero creativo.
RESPONS ABILIT A’
FABLAB CATANIA desidera improntare la propria azione ispirandosi a valori
etici, promuovendo comportamenti in linea con i principi di trasparenza,
concorrenza e lealtà. Ciascuno è responsabile dei propri comportamenti e del
proprio lavoro che svolgerà al FABLAB CATANIA non limitandosi all’esecuzione
dei compiti ma con spirito di iniziativa prendendo in carico le situazioni e
cercando il più possibile di prevenire e di anticipare i problemi. Essere
responsabili vuol dire anche saper riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto
quando serve.
SICUREZZA
I fruitori del FABLAB CATANIA devono poter lavorare in sicurezza. Per questo
motivo viene richiesto di vestire in maniera adeguata ad un laboratorio
digitale: scarpe basse, vestiti poco ampi, niente collane o bracciali. Seguire le
norme di sicurezza di ogni singola macchina, le specifiche indicate durante i
workshop, smettere o non cominciare il lavoro quando si è stanchi sono
fondamentali per la sicurezza di tutti. Sistemare gli attrezzi dopo il loro utilizzo
e segnalare se qualcosa vi sembra non conforme è richiesto a tutti.
RISPETTO e FIDUCIA
Rispetto delle persone, del lavoro e delle degli altri. Non è il posto della
politica o della religione non siamo interessati a portare avanti nessun
principio etico o morale o politico in particolare, se non i valori scritti nella
presente CARTA DEI VALORI
Crediamo che la base da cui partire sia la fiducia negli altri. Questo
contribuisce a creare un ambiente di lavoro condiviso sereno sapendo che chi
è vicino a me condivide lo stesso valore. Essere fiduciosi non è sinonimo di
essere schiocchi. Siamo convinti che ğ nell’equilibrio della natura trovare le
giuste forme di compensazione.
COLLABORAZIONE
fra tutte le parti. Collaborare vuol dire rendersi disponibili all’aiuto, al
consiglio. Collaborare non vuol dire smettere il proprio lavoro per fare quello
di un altro.
VALORIZZAZIONE
Non siamo tutti uguali ma ognuno di noi ha competenze o esperienze uniche
che lo caratterizzano. Vogliamo dare risalto e merito al valore di ogni
partecipante al FABLAB CATANIA. Per questo incoraggiamo le
manifestazioni di stima e chiediamo ad ognuno di trovare qualcosa di buono
nel suo vicino. Vogliamo creare un ambiente in cui si acquisisca sicurezza di sé
e della propria bravura e ciò è possibile grazie anche alla stima delle persone
che si hanno accanto. Il lavoro di squadra, i team creativi su progetti esterni o
interni, saranno portati avanti nel rispetto delle professionalità dei singoli
ma anche come lavoro di gruppo. Valorizzare il team vuol dire partecipare
non solo alle sessioni di lavoro ma anche a “fare squadra” aiutandosi a
vicenda, partecipando alle uscite di gruppo, condividendo stati d’animo. Con
questo valore intendiamo creare team di persone e non solo squadre
operative. A tutti può capitare il momento “no” e farlo sapere al gruppo di
lavoro puž essere solo un fatto positivo per essere accettati e compresi
durante un momento di scarsa resa. Se impariamo a conoscerci a vicenda a
condividere qualcosa di noi il gruppo saprà sostenerci e aiutarci nel momento
del bisogno. Valorizzare il F BL B C T NI e portare avanti l’immagine
positiva della nostra struttura facendo condivisione sui social, parlandone
con gli amici e trovando nuove espressioni con cui definire il lavoro e i valori
che vogliamo perseguire insieme, vuol dire portare a valore a tutti i singoli
partecipanti che godranno dei benefici di far parte di una comunità
innovativa, che vuole fare la differenza.
DIVERTIMENTO E PASSIONE
Perseguendo questi due valori vogliamo che i nostri partecipanti siano felici e
sereni. Lavorare a qualcosa che ti appassiona è fonte di divertimento e di
soddisfazione. Avere un momento di pausa per prendere un caffè col tuo
“compagno di banco” o condividere una birra a fine giornata di lavoro ğ una
valore che forse non troverete presente in molte altre carte dei valori ma che
siamo convinti sia fondamentale per ottenere la felicità attraverso piccoli
cose.
FAI DEL BENE (anche fuori di qui)
Nel dubbio fra agire e non agire fra fare una cortesia e non farla noi vogliamo
fare la differenza ed agire. Dare un’indicazione stradale, aiutare il vecchio ad
attraversare, fermare un bambino che corre pericolosamente dietro un
pallone sul marciapiede sono azioni che pochi fanno ancora. Per mancanza di
tempo, di voglia, per malumori personali. Ma ricevere un grazie da queste
piccole azioni vi farà stare bene per diverse ore se non per tutto il giorno e
quando arriverete al FABLAB vedremo una persona sorridente e disponibile!
Carmen Russo
La parità comincia a scuola
Come si definiscono i confini tra maschile e femminile? Quali differenze sono culturali e quali sono
biologiche? Esistono ruoli sessualmente connotati e definiti? Potrebbero non esistere? In una società
dove non c’è netta distinzione tra lavori di forza fisica e lavori leggeri ma tutto si svolge su capacità
intellettive, ha senso la distinzione tra lavori appropriati al sesso?
I nostri ragazzi sono liberi di esprimersi secondo le loro inclinazioni o sono ancora soggetti a una
“prova di virilità” che ne condiziona comportamenti e modi di fare? Quali sono le reazioni alla
libertà femminile, alla crescente presenza delle donne nel mondo del lavoro, della cultura, della
politica, con la corrispondente crisi della centralità dei ruoli maschili?
Le nostre ragazze hanno acquisito autostima e libertà emotiva?
Pregiudizi, stereotipi, linguaggio sessista resistono nella cultura generale, troppo poco scalfita da
quanto finora si è fatto e si fa per raggiungere equità e rispetto tra i generi. Forse perché si pensa sia
una 'questione di donne', che ci siano problemi più importanti da affrontare, o che non serva
contrastare ruoli che sono ‘naturalmente’ diversi.
Siamo di fronte a molti segnali di un preoccupante backlash: un’onda di riflusso.
Per quanto possa sembrare anacronistico oggi è in corso in alcuni Paesi europei, e in particolare in
Italia, una rumorosa crociata che scatena una vera e propria fobia collettiva: ha l’obiettivo di
segnalare una presunta pericolosità dell’educazione “al gender”. La scuola è diventata il bersaglio
preferito della propaganda di movimenti cattolici fondamentalisti collegati con gruppi dell’estrema
destra.
La maggior parte dei Paesi tiene conto del genere nel curriculum scolastico. Il modo e il grado in cui
viene inclusa tale prospettiva variano però da un Paese all’altro e dipendono anche dalle decisioni
prese dalle singole scuole e dagli insegnanti stessi.
In Italia la scolarizzazione di massa é stata il fenomeno che con più forza ha segnato il mutamento
femminile della percezione del sé, investendo le forme della socializzazione, introducendo percorsi
condivisi, ponendo ragazzi e ragazze di fronte alle stesse esperienze, agli stessi obiettivi. Tuttavia la
scuola non ha accompagnato questa sua straordinaria funzione con una riflessione adeguata, ma si é
troppo spesso limitata a far convivere la pratica del nuovo con gli stereotipi tradizionali.
Il lavoro che stiamo facendo intende di contro fornire alle studentesse e agli studenti categorie
concettuali, metodologie e strumenti che consentano loro di
-aumentare la consapevolezza circa l’esigenza di riflettere sulla comunicazione e sulla
metacomunicazione;
-decodificare e decostruire gli stereotipi di genere nelle immagini e nel linguaggio;
-elaborare modelli plurali e flessibili per uno sviluppo delle loro attitudini e inclinazioni;
-emanciparsi, innanzitutto decifrandoli, dai pregiudizi legati al sesso, che ancora determinano
emarginazione ed esclusione;
-difendersi da proposte di modelli di femminilità e mascolinità che limitino la libertà di
espressione del sé di ciascuno e di ciascuna.
La speranza è che l’identità di genere entri a pieno titolo nelle istituzioni formative.
Perché queste non restino proclamazione senza esito sono necessari strumenti di lavoro che aiutino
a non perpetuare acriticamente una cultura sessista e conservatrice.
In questi anni oltre a condurre innumerevoli corsi di formazione per docenti ho utilizzato le mie
esperienze dirette per costruire un testo che ha l’ambizione di porsi come manuale (C’è differenza,
ed. Franco Angeli) per scuole che vogliano tener conto della dimensione di genere nella loro
programmazione.
Il libro ha raccolto molti consensi nelle aule e lusinghiere recensioni sui media ed è già alla seconda
ristampa. Ho trovato in tutto il Paese platee interessate e coinvolte, ma le tante insegnanti che ho
incontrato lamentano di esser lasciate sole, di dover seguire un percorso fai-da-te rispetto alla
necessità di essere formate a una pedagogia delle differenze. Deplorano la carenza di supporti:
normativi, sì, per rileggere i curricula; ma anche e soprattutto culturali, didattici, informativi.
Vorrei raccontare questi miei due anni.
Graziella Priulla
- Barter, compensazione multilaterale
Ha parlato della sua esperienza professionale come architetta e come consulente sviluppo e trader con BEXB, azienda leader in Italia in Barter
Allegato da integrare Daniela Finocchiaro
Donne e mercato del lavoro in Sicilia tra emarginazione e tenacia
Il mercato del lavoro regionale presenta in misura particolarmente enfatizzata le disuguaglianze che
caratterizzano il mercato del lavoro italiano: tra Centro Nord e Mezzogiorno, tra giovani e adulti, tra
donne e uomini. Possiamo dire che nella gerarchia del disagio occupazionale l’apice spetta alle
donne, giovani, meridionale e, in particolare, siciliane che contendono alle calabresi il primato della
quasi esclusione nel mercato del lavoro. Ciò, nonostante anche le donne del Sud siano mediamente
più istruite dei loro coetanei maschi, abbiano percorsi formativi qualitativamente superiori. Non
solo, l’idea che le ragazze siano svantaggiate poiché scelgono percorsi scolastici e universitari al
femminile e per questo sarebbero penalizzate è in larga parte smentita dal fatto che le ragazze si
spalmano sempre più in un ventaglio ampio di percorsi formativi anche tradizionalmente maschili e,
semmai, sono i ragazzi che restano aggrappati a percorsi più tipicamente maschili. Non bisogna
dimenticare, comunque, che tra Sud e Nord ci sono ancora significativi divari nei livelli di istruzione
poiché la crescita della scolarizzazione è stata più imponente nelle aree più sviluppate del paese.
L’istruzione è stata ed è per le donne, in generale, ma per quelle del Sud in particolare, la principale
chiave di trasformazione del mercato del lavoro: avere un livello di istruzione elevato favorisce la
partecipazione, vale a dire la propensione delle donne a offrirsi sul mercato del lavoro, permette una
maggiore possibilità di accedere all’occupazione, garantisce condizioni di lavoro migliori o, meno
svantaggiate. Nonostante gli elevatissimi livelli di disoccupazione all’ingresso, con gli anni le
possibilità di trovare un’occupazione con un profilo normativo più tutelato diventano nettamente
maggiori per le laureate rispetto alle donne con livelli di istruzione più bassi (avviene lo stesso, ma in
minor misura per gli uomini). Ciò implica che nel complesso le disuguaglianze tra le laureate delle
varie regioni del Paese siano molto più modeste di quelle che caratterizzano le donne con titoli di
studio inferiori e che i divari di genere siano meno imponenti nei segmenti più istruiti della forza
lavoro.
Altrettanto rilevante è il fatto che il lavoro femminile, a parità di titolo di studio, è più insicuro e
meno remunerato e il tasso di sovraistruzione (vale a dire lo svolgere un lavoro meno qualificato del
titolo di studio posseduto) è più elevato per le donne che per gli uomini. Va, tuttavia, considerato
che proprio perché le donne meno istruite sono pressoché escluse dal mercato del lavoro e le
occupate hanno un livello di istruzione nettamente più alto degli occupati di sesso maschile,
l’occupazione femminile nel Sud è nel complesso più qualificata e garantita di quella maschile. La
tenacia femminile sui banchi di scuola prima e nella ricerca del lavoro poi, la loro capacità di imporsi
nei lavori a cui si accede tramite procedure formalizzate (concorsi, selezioni) le ha relativamente
premiate, nonostante il persistente svantaggio che caratterizza la loro presenza nel mercato del
lavoro. Va a tal proposito sottolineato come le donne meridionali e siciliane nel periodo di crisi
hanno aumentato la loro partecipazione al lavoro e sono state meno penalizzate dei maschi sul
piano occupazionale. In ciò favorite dal fatto che i settori che hanno risentito meno della crisi sono
stati quelli a maggiore occupazione femminile (servizi pubblici e privati).
Non esistono oggi ricette univoche per superare le disuguaglianze di genere, sia perché le cause sono
complesse e hanno radici storiche lontane, sia perché le misure possibili vanno calibrate rispetto alle
dimensioni e alle caratteristiche della struttura economica, ai modelli di welfare e di famiglia, alle
culture sociali e organizzative di ciascun paese. I rischi in un tale processo sono molteplici e alcuni di
essi si sono largamente evidenziati nei paesi avanzati. Il più comune è l’assunzione da parte delle
donne di orientamenti e comportamenti “maschili” che svalorizzano e disperdono il patrimonio di
competenze e di valori che ha storicamente caratterizzato le attività svolte dalle donne. Il problema
non è relativo solo alle identità individuali, ma anche a quelle collettive e, in particolare, ai valori di
reciprocità e responsabilità di cui le donne sono state storicamente portatrici. Occorre evitare che la
società nel suo complesso si privi del patrimonio culturale di cui si è alimentata l’esperienza bio-
storica delle donne: l’orientamento al valore d’uso, all’utilità sociale, all’economia del dono che la
società di mercato ha confinato nell’area invisibile e svalorizzata del privato per attribuire il ruolo di
regolatore supremo delle relazioni economiche e sociali al principio della massimizzazione dell’utile
individuale, dell’accumulazione come fine ultimo dell’agire degli individui. In un momento storico
come l’attuale in cui l’economia di mercato manifesta in modo drammatico la sua incapacità di
soddisfare le sue promesse di benessere e coesione sociale, il riferimento all’utilità sociale e alla
reciprocità come valori fondanti dell’agire economico possono rappresentare uno strumento
culturale di enorme rilevanza per un ripensamento del modello di sviluppo delle società occidentali.
Un ulteriore rischio degli attuali processi di empowerment delle donne è che il superamento delle
disuguaglianze di genere si accompagni a un approfondirsi delle disuguaglianze sociali e delle
discriminazioni razziali, che scarichi sui più deboli i costi dell’emancipazione. Occorre, dunque, che il
superamento delle discriminazioni di genere si inserisca in un progetto di riforma sociale
complessiva che preveda un nesso più cogente tra etica ed economia, tra ricerca del benessere e
libertà di scelta e un confronto tra interessi, valori e obiettivi anche contrapposti che parta dalle
soggettività individuali, sia attento alla valorizzazione delle differenze e rifiuti modelli proposti come
universali e indiscutibili. Una sfida difficile che può tuttavia trovare alimento in combinazioni non
scontate e univoche tra la cultura dei padri di cui ormai le donne si sono impadronite e l’esperienza
biologica e storica del materno; nella complicata pratica quotidiana con cui tante donne tengono
insieme razionalità, emotività e corporeità; nel pragmatismo e nel rifiuto di modelli astratti e
dogmatici che le donne più facilmente degli uomini percepiscono come fonti di iniquità e di
ricorrenti disastri. La speranza è che donne e uomini possano cooperare alla costruzione di una
società riflessiva pronta a ridiscutere fini e strumenti dell’agire individuale e collettivo e ad esplorare
modalità plurali di benessere e di relazioni.
Tab. 2 Popolazione 25-34 anni per condizione
2004 2008 2013
occupati disocc. inattivi occupati disocc. inattivi occupati disocc. inattivi
Italia
maschi 80,
9 7,4 11,7
80,
4 6,4 13,2
68,
3 13,4 18,3
femmine 58,
6 8,9 32,5
59,
6 7,2 33,2
51,
9 12,4 35,6
totale 69,
8 8,1 22,1
70,
1 6,8 23,1
60,
2 12,9 26,9
Nord
maschi 90,
2 3,2 6,6
90,
3 3,3 6,4
81,
3 8,7 10,1
femmine 74,
3 5,4 20,2
74,
8 4,6 20,6
65,
6 9,7 24,7
totale 82,
4 4,3 13,3
82,
6 4,0 13,4
73,
5 9,2 17,3
Centro
maschi 83,
7 5,7 10,5
83,
3 4,9 11,9
72,
3 11,5 16,2
femmine 64,
6 7,8 27,6
66,
2 7,7 26,2
58,
4 11,5 30,1
totale 74,
1 6,8 19,1
74,
7 6,3 19,0
65,
4 11,5 23,1
Mezzogiorn
o
maschi 67,
7 13,5 18,8
66,
8 10,8 22,3
51,
2 19,9 28,9
femmine 36,
5 13,6 49,9
38,
3 10,1 51,6
32,
8 16,0 51,2
totale 52,
0 13,6 34,4
52,
5 10,5 37,0
42,
1 18,0 40,0
Rita Palidda
Lavoro e migrazione: storie di ordinaria illegalità
Aderisco a questo appuntamento con la ferma convinzione che parlare di processi di integrazione in
Sicilia, delle famiglie immigrate e delle donne, significa affrontare con serietà e fermezza fenomeni
sociali che si fondano sulla legalità innanzitutto, su una legalità praticata e non solo proclamata, a
partire da chi occupa ruoli istituzionali e sociali.
L’impegno profuso negli anni dalla Cisl siciliana, rivolto alle donne immigrate e alle loro famiglie che
vivono in Italia, anche attraverso una rete di sportelli dedicati dell’associazione ANOLF, vuole
costituire un riferimento costante per tutti, ma innanzitutto un presidio per coloro che soffrono e
non hanno voce per essere ascoltati e difesi.
La metodologia che seguiamo è quella del confronto, delle alleanze sociali con le istituzioni e le
associazioni, ma credo sia ineludibile la costituzione di una convinta rete di soggetti, alla luce delle
tristi ed inumane condizioni di violenza e illegalità diffusa che si consumano sotto gli occhi di tutti, in
grado non solo di affrontare ma di dare risposte alle troppe vite umane oggetto di violenze e non
soggetti cui garantire i diritti umani.
È necessario aprire una fase di confronto con le istituzioni e con tutti i soggetti quindi che, a vario
titolo, intervengono a favore della tutela delle donne sfruttate, costrette a prostituirsi o a fornire
prestazioni sotto minaccia di violenza, ritorsioni e segregazione. Occorre creare sinergie, mettendo il
lavoro regolare al centro di politiche coordinate e facendo di esso il primo e fondamentale
strumento di emancipazione dallo sfruttamento e dalla schiavitù.
Storie di ordinaria illegalità, infatti, sono le storie di Fathia, di Ionica, di Mariana e di tante altre
donne dei Paesi dell’Europa dell’est o dell’Africa del Nord che con convinzione seguono i corsi di
lingua italiana, frequentano i corsi di formazione professionale realizzati in rete con le istituzioni con
la speranza di stipulare contratti di lavoro regolari, sistematicamente mortificata dai datori di lavoro
italiani, non di rado rappresentanti e funzionari dello Stato che vestono i panni di singoli cittadini.
La Piattaforma sulla prevenzione della violenza sulle donne e i minori, elaborata dalla Cisl nel 2009,
mantiene purtroppo intatta la sua valenza e nel trattare questo tema elabora proposte operative,
molte delle quali sperimentate, per contribuire a creare una società libera dalla violenza e priva di
vittime; una società democratica, solidale, centrata sul rispetto e sulla dignità della persona.
Ne abbiamo fatto uno strumento, certo non esaustivo, per informare le donne sulla tutela della
maternità, sul diritto all’unità familiare e alla tutela dei minori, sul diritto al soggiorno in Italia,
all’assistenza sanitaria, alla protezione sociale, all’accesso al mercato del lavoro, alla previdenza e
all’assistenza sociale. Dalle esperienze maturate negli anni è stata una guida utile a fornire un
contributo informativo nell’avvicendarsi delle questioni concrete e quotidiane, offrendo un corredo
di nozioni pratiche, per favorire nelle donne e nelle loro famiglie la conoscenza dei propri diritti, dei
propri doveri e delle responsabilità che le immigrate, mogli, madri, sorelle, figlie, amiche, hanno
verso la società.
Purtroppo ancora la violenza quotidiana, che si alimenta nei posti di lavoro con il sottosalario, la
minaccia occupazionale in caso di gravidanza, l’incubo del rinnovo del soggiorno, il mobbing, lo
stress che è diventato causa endemica di malattie professionali , rende necessario contrastare le
cause profonde delle molteplici forme di violenza e, allo stesso tempo, cercare di far evolvere la
mentalità e i comportamenti anche attraverso provvedimenti giuridici, politici e pratici.
Su questi temi come sindacato operiamo per affermare la vocazione originaria di artefice della
dignità del lavoro, garantendo per tutti l’applicazione integrale dei trattamenti retributivi e normativi
contro ogni divario di genere, di razza, di cittadinanza. Il lavoro deve costituire il perno delle
politiche di sviluppo, lo strumento principale di emancipa- zione dallo sfruttamento, il fondamento
del diritto di ciascuno a un’esistenza autonoma e piena, non soggetta al bisogno e alla dipendenza da
altri. Quali strumenti da proporre o rafforzare? Tavoli istituzionali, osservatori contrattuali,
campagna di informazione e di denuncia, coordinamenti nazionali e internazionali, interventi di
tutela e di controllo:
“prevenire, proteggere, sanzionare per una battaglia di civiltà che si gioca sui vari fronti dell’iniziativa
sindacale, nessuno escluso.”
È fondamentale un’azione di coordinamento delle diverse componenti che agiscono nelle attività di
contrasto del fenomeno, quali i sindacati, le forze dell’ordine, i centri antiviolenza e le componenti
dell’associazionismo laico e religioso. Occorre rafforzare la rete dell’agire comune e la capacità degli
stakeholder di adottare pratiche condivise che siano propedeutiche le une alle altre, al fine di creare
sinergie adeguate a garantire l’applicazione corretta delle disposizioni di legge per il contrasto della
tratta, dello sfruttamento lavorativo e delle norme contrattuali relative al lavoro e alla protezione
delle lavoratrici sul posto di lavoro (orario, paga, salute, sicurezza) nell’ottica di favorire la legalità.
Nel caso delle donne immigrate è inoltre necessario attivare dei sistemi di comunicazione e
informazione/sensibilizzazione tra i Paesi di provenienza delle vittime e quello di accoglienza,
affinché siano rese palesi le modalità di adesca- mento delle vittime e le reali condizioni di lavoro che
si riservano poi all’arrivo.
La contrattazione decentrata, nei luoghi di lavoro, è lo strumento privilegiato per garantire livelli di
sicurezza e protezione sociale che deriva dalla legalità praticata. Occorre promuovere azioni tese a
favorire la predisposizione di percorsi formativi sulla salute e sicurezza in ottica di genere, con
particolare riguardo allo stress lavoro-correlato, destinati alle forze dell’ordine, nonché in ambito
lavorativo alle Rsu, Rsa e Rls.
Implementare misure, codici di condotta, buone prassi di prevenzione di tutte le forme di
discriminazione sessuale, delle molestie sui luoghi di lavoro a tutela delle condizioni di lavoro, della
formazione e della crescita professionale, oltre che di favorire la realizzazione dei piani di
conciliazione aziendale e territoriale tesi a valorizzare il benessere organizzativo e l’armonizzazione
dei tempi di vita e di lavoro.
La presenza sul luogo di lavoro di Rls donne, tendenzialmente più attente alle peculiarità di genere,
può rappresentare un’occasione per dare concretezza alle suddette azioni.
Dagli Stati generali delle Donne in Sicilia, dunque, lanciamo un appello per consolidare la rete tra le
diverse componenti istituzionali, sindacali, datoriali, delle forze dell’ordine e degli ispettorati del
lavoro, al fine di creare un sistema integrato e comunicante di interventi in grado di incidere
positivamente sul fenomeno dello sfruttamento e della violenza che faciliti l’identificazione, il
trattamento e la presa in carico delle vittime mediante un approccio multidisciplinare e congiunto, in
grado di garantire il successo degli interventi di protezione e di integrazione e riabilitazione nei
luoghi di lavoro.
Ambito privilegiato fondamentale nella lotta alla violenza di genere è quello culturale, a partire dalle
scuole di ogni ordine e grado, al fine di promuovere la cultura di genere e il rispetto uomo-donna,
con l’intento di condizionare positivamente i modelli culturali ed educativi.
Si rafforza, dunque, la ferma volontà di dare concretezza all’impegno del passato e del presente,
dando voce a quell’universo di donne e di uomini che, condividendo i valori della nostra
Organizzazione, cercano risposte concrete alla piaga, purtroppo ancora irrisolta, della violenza di
genere. L’orrore e lo sdegno sono moti dell’anima di cui siamo i primi a riconoscere la valenza etica;
da soli, però, non sono sufficienti a ga- rantire il superamento di quelle strutture mentali e culturali
che spesso fanno da sfondo all’insorgere della violenza.
La Cisl, da sempre attenta alla persona e alla sua dignità e convinta de la necessità di andare oltre la
condanna, dopo una profonda riflessione, ha elaborato, in questi anni, azioni, misure e proposte
capaci di incidere sulla prevenzione, sulla norma e sul suo retroterra culturale, per favorire
un’organizzazione del Welfare in grado di assistere, proteggere e tutelare le donne e i minori vittime
di violenze, dentro e fuori le mura domestiche ma anche di recuperare lo stesso violento al fine di
prevenire una reiterazione del fenomeno.
La Piattaforma sindacale di prevenzione della violenza sulle donne e i minori è nata proprio con
l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli – soprattut- to di natura culturale – che impediscono
l’affermazione del principio del rispetto uomo-donna nonché il diritto delle donne ad una vita senza
violenza che spesso ne ostacola il successo sociale, la libertà individuale e la costruzione di un
progetto di vita.
In questo ambizioso impegno sono oggetto di attenzione anche le donne immigrate, elemento di
congiunzione tra le culture, portatrici di una integrazione possibile se coscienti delle opportunità e
libere da riti violenti e arcaici come l’infibulazione o il fenomeno delle spose bambine.
Offriamo alla società tutta il nostro modesto contributo per creare una società libera dalla violenza e
priva di vittime, una società democratica, solidale, centrata sul rispetto e sulla dignità della persona.
Rosanna Laplaca
GIOVANI DONNE, CONFRONTI TRA GENERAZIONI
Ha raccontato la sua esperienza, di giovane studentessa del sud, fra mancanza di opportunità, scelta di andare a studiare fuori, mancanza di sostegno dal professore di musica e tenacia e forza che l’hanno portata, nonostante le difficoltà emotive a raggiungere il suo scopo
In Inghilterra
A tornare a Messina a portare la sua musica e organizzare concerti e attività culturali “europee”
Manca allegato
Gaia Blandina Musicista
Leadership, potere, creatività: un modello formativo per l’apprendimento
L’intervento inizia con una esplosione di parole (es. empatia, potere, creatività, leadership, narcisismo, seduzione/corruzione, successo personale/obiettivi comuni, coraggio, relazioni, ecc…) dalle quali, partendo dal significato diffuso cerco di ri-dare senso e significato (ovviamente secondo il mio punto di vista) per arrivare a legare, in particolare, le tre parole chiave dell’intervento “leadership-potere-creatività”.Sono parole che abbiamo spesso nella bocca ma sono soprattutto “competenze” (e in quanto tali si possono “apprendere”) e questo aspetto è l’aspetto che voglio trattare.
Le declinerò partendo dall’elenco di alcuni comportamenti che le rappresentano e racconterò il modo in cui lavoro con queste competenze attraverso l’outdoor training, dispositivo formativo che ci consente di “APPRENDERE AD APPRENDERE” vera necessaria competenza del millennio appena iniziato.
Dopo una sintetica descrizione di cosa non è l’outdoor training, e di cosa invece è, e dei dispositivi formativi che normalmente si utilizzano, centrerò il focus del mio intervento sul “mio originale” modello di outdoor training con la subacquea.
L’outdoor training elimina la dimensione simulativa della formazione; i partecipanti vivono una situazione in cui affrontano “concreti compiti”, gestiscono “concrete relazioni” in uno “scenario concreto” che conferisce, alla rielaborazione dell’esperienza vissuta, un fondamento reale e non immaginato.
Nell’esperienza di outdoor training, il partecipante è quindi totalmente coinvolto nella situazione reale che il formatore ha progettato e deve confrontarsi con situazioni per “lui nuove” che richiedono di affrontare, insieme al gruppo, problemi complessi e rispetto ai quali ha pochissime, quasi nulle, competenze tecnico-specialistiche.
L’immersione subacquea con autorespiratore si presenta per i partecipanti come una situazione particolarmente sfidante perché profondamente diversa dai suoi abituali contesti organizzativi. La subacquea si caratterizza per il suo realizzarsi in un contesto così diverso dalle condizioni basiche della abituale dimensione corporea da non permettere la sopravvivenza senza l’uso di adeguata attrezzatura.
Questa dimensione permette di intuire la potenza metaforica dell’esperienza: il nuovo, il cambiamento radicale, il profondamente diverso dal consueto. Si pone come sfondo straordinario per il lavoro formativo su temi come la leadership e dunque anche il potere e la creatività, la comunicazione, il lavoro di gruppo, ecc. Proprio perché consente di entrare in un mondo altro, l’immersione subacquea è un’esperienza a fortissima valenza emozionale che, quasi di per sé, determina un enorme ampliamento del proprio spettro esperienziale e della propria flessibilità mentale, creatività, pensiero divergente, perché obbliga a interagire con l’ambiente secondo regole diverse da quelle ordinarie e perché permette di vivere una dimensione ambientale e corporea nuova ed extra-ordinaria che facilita, inoltre, l’apprendimento perché realizzato in una situazione di forte coinvolgimento e totale implicazione corporea, cognitiva, sociale, emozionale, affettiva.
Se resta tempo, la seconda parte dell’intervento sarà invece centrata sul racconto della mia attività di “PERFORMANCE MANAGEMENT OUTSOURCING”, erogazione di un servizio di pianificazione e controllo della performance aziendale centrato sulle strategie e dunque sulla mia esperienza (ancora all’inizio) di imprenditrice.
Gaetana Gagliano
LEADERSHIP
DONNE E PROFESSIONI
Allo stato attuale il famoso tetto di cristallo appare in più punti frantumato. Resiste ancora, tuttavia, nell'ambito delle libere professioni una generale mancanza di protagonismo femminile ai vertici degli Ordini. Ciò, nonostante il numero delle professioniste sia sensibilmente aumentato negli ultimi anni (già nel 2009 il 44,27% dei professionisti era donna), con picchi nel notariato e nell'avvocatura, oltre che tra i farmacisti e i consulenti del lavoro.
Eppure la rappresentanza femminile sembra non sfondare, non farsi sentire.
La recente legge professionale degli avvocati, la L.247/2012, che ha introdotto le quote di genere, ad esempio, ha prodotto senza'altro Consigli degli Ordini più rosa ma rari vertici al femminile. Anche con riguardo agli Ordini dei medici si è riconfermato il gender gap: solo 6 donne su 105 presidenti in tutta Italia (fonte Osservatorio Sanitario di Napoli da www.ingenere.it del 22.01.2015).
Non si vedono, in generale, politiche della conciliazione lavoro/famiglia significative, nè l'emergere dei valori forti delle donne, quali la condivisione e l'ascolto, nel governo delle professioni e nelle dinamiche generazionali che si svolgono al loro interno e/o verso i cittadini.
Si assiste ad oggi ad una quasi inesistente tutela della professionista madre fatta eccezione per la corresponsione una tantum di un assegno di maternità, mentre nessun aiuto è previsto per gli anni della prima infanzia del figlio (es. voucher per baby-sitter, convenzioni con asili, prolungamento del periodo di esonero dal requisito della continuità professionale in corrispondenza con i primi anni di vita del bambino, incentivi al coworking, ecc.).
Questa situazione comporta soluzioni affidate allo spirito ed alle capacità organizzative anche economiche di ciascuna, senza che un segnale forte venga dalle istituzioni di categoria nella difesa del lavoro delle donne professioniste e nonostante il dettato dell'art. 37 della Costituzione.
Di converso si organizzano corsi di leadership femminile che dovrebbero incentivare l'"empowerment" delle donne. In questi corsi le donne professioniste apprendono l'assertività. Ma tutto ciò serve a poco se non si fa strada nelle donne la convinzione dell'utilità di impegnarsi in prima persona nei luoghi delle decisioni e dell'azione. Anche fosse solo per "incoraggiare gli uomini a partecipare pienamente alle iniziative per la parità" come chiede il documento finale della Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino del 1995, di cui oggi celebriamo il ventennale.
Il mondo dell'associazionismo è in questo senso un'ottima palestra per mettersi alla prova.
Partecipare attivamente alla vita delle associazioni, assumere cariche, programmarne i campi d'azione, uscire dal proprio quotidiano per aprirsi alla dialettica e al confronto sono occasioni da cogliere ogni giorno per non chiamarsi fuori dall'agone delle relazioni sociali aperte al bene comune.
Il ruolo delle associazioni femminili è tanto più meritorio quanto più orientino le donne ad andare oltre il proprio specifico per affrontare problematiche diverse e nei più svariati campi.
La storia dell'A.N.D.E. (Associazione Nazionale Donne Elettrici) testimonia di questo impegno.
Dal 1946 lavora in Italia per accrescere la consapevolezza delle donne dell'importanza del loro agire nel tessuto sociale e politico per costruire tutti insieme una società più giusta.
Avv. Paola Catania (Consigliera Nazionale A.N.D.E., Presidente Ande Palermo).
Palermo
Paola Catania
- Rete a sostegno delle donne in difficoltàSono Cettina Restuccia, ho 40 anni, sono donna, moglie, madre e assistente sociale impegnata quotidianamente nell’ aiutare le donne vittime di violenza e stalking e le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo. Dal tirocinio sono giunta alla laurea con la consapevolezza che lavorando con dedizione e serietà si sarebbe potuto fare tanto per le donne della Sicilia attuando nuove strategie di intervento e attivando servizi flessibili ad esse dedicati ma la volontà non basta e da sola non sarei mai stata in grado di poter attuare tali propositi. E nuovamente qui il caso mi è venuto in aiuto con una inaspettata proposta di lavoro che mi ha portata a lavorare presso l’Associazione Penelope dove con l’incoraggiamento e l’insegnamento del suo presidente è stato possibile progettare e costruire reali opportunità per le donne in difficoltà.
L’associazione è diventata una fucina di idee ed una reale rete di emergenza sociale in cui le donne entrate come utenti sono spesso diventate operatrici dei centri e volontarie tanto che nel 2003 le stesse operatrici hanno fondato l’Associazione Evaluna che ha quale mission la promozione dei diritti, la garanzia alla difesa legale per tutte le vittime di violenza e la promozione del diritto al lavoro quale fondamentale modalità di emancipazione da ogni forma di sottomissione e assoggettamento. L’approccio laico al problema della violenza intrafamiliare tocca nei nostri territori aspetti socio culturali ancora strettamente radicati all’indissolubilità del matrimonio, all’obbligo morale della donna a “sopportare” per il bene dei figli e della famiglia che si traduce nell’omertà giustificata dal fatto che queste situazioni vanno mantenute all’interno delle mura domestiche perché “i panni sporchi si lavano in famiglia”.
Il venir meno della donna al muro di omertà e alla rottura del così detto vincolo matrimoniale spesso innesca nelle famiglie di origine non un circuito virtuoso di aiuto e supporto bensì una stigmatizzazione e un allontanamento che priva la vittima di ogni riferimento affettivo e del supporto necessario ad affrontare una ricostruzione della propria autostima e del proprio futuro. Solo nell’ultimo anno sono state accolte 54 richieste di aiuto pervenute telefonicamente ai nostri servizi di cui 24 hanno richiesto ed ottenuto assistenza legale gratuita e ammissione al gratuito patrocinio; inoltre sono state accolte in casa di pronta accoglienza 11 donne segnalate dai servizi sociali comunali e dalle Forze dell’ordine.
Quello che accomuna queste donne è la mancanza di una rete familiare di supporto
Cettina Restuccia