MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
Amazon Prime Video Ecco cosa vedremo nei prossimi mesi 09
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Galaxy Note 9, sia lodata la S-Pen
49
Soundbox, audio top per il decoder Sky
39
Pocophone F1 top a basso prezzo
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
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Panasonic annuncia la sua prima fotocamera Full-Frame La serie Lumix S sarà composta da due modelli. Grande scelta per gli obiettivi: oltre alle ottiche Panasonic, funzioneranno anche le lenti Leica
06
Calcio pirata: eBay guadagna con gli abbonamenti IPTVPochi euro al mese per comprare su eBay l’accesso allo streaming illegale dei canali delle pay TV. E la piattaforma ci lucra
Google porta a Milano Art & Culture Ecco i musei tech 23
6,6 miliardi per l’asta 5G. A chi le frequenze migliori? 03
Modem libero, rinvio al 2019 Gli operatori chiedono tempoAGCom concede agli operatori una proroga per adeguarsi alla normativa sulla libertà di modem. Nuova scadenza fissata per il 31 dicembre
02
42
Oppo Find X, gioiello da 1700 euro
19
Ritratto perfetto, tre smartphone in prova
TV Samsung 8K tra poche settimane in vendita. I prezzi 30
Al volante della Ford Focus, guida (quasi) da sola
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Tutto rimandato di un mese. È stato
allungato di trenta giorni il periodo
di tempo concesso agli operatori
di rete fissa per aderire alla delibera
del modem libero che l’Autorità garante
delle comunicazioni (Agcom) ha appro-
vato il 18 luglio. Gli operatori avranno ora
tempo fino al 31 dicembre. Hanno vinto
le istanze presentate dagli operatori di
rete fissa all'Agcom; gli operatori hanno
chiesto più tempo per poter tecnicamen-
te adeguarsi alla normativa, che a livello
europeo esiste dal 2016. Il documento
con cui viene concesso più tempo agli
operatori di rete fissa può essere impu-
gnato entro 60 giorni al Tribunale am-
ministrativo regionale (Tar) del Lazio. La
delibera per il modem libero permette
agli utenti, in poche parole, di scegliere liberamente l'apparecchio da affianca-
re alla propria linea di rete fissa. Ci sono
poi altri vantaggi: nel caso in cui l’utente
scelga di avere ugualmente quello forni-
to dall’operatore, tale apparecchio deve
essere totalmente gratuito, per esempio.
“Era facilmente intuibile che non tutto
sarebbe andato subito per il verso giu-
sto - ha commentato l'associazione Modem Libero - ed è infatti notizia degli
ultimi giorni la proroga dei termini per
l’attuazione della delibera Agcom sulla
MERCATO Gli operatori avranno tempo fino al 31 dicembre per aderire alla delibera
Modem libero, tutto rinviato di un mese Catalano: “È un segnale di allarme”Agcom accetta di dare più tempo agli operatori di rete fissa per adeguarsi alla normativa Il rischio è però che questo possa essere il primo passo verso ulteriori concessioni
libertà di scelta
delle apparecchia-
ture terminali, su
richiesta degli ope-
ratori coinvolti”. “A
rimetterci saranno,
come sempre, gli
utenti finali, che
vedono ancora
una volta ‘postici-
pati’ i loro diritti a causa delle ‘difficoltà
manifestate dagli istanti a rispettare le
scadenze indicate nella delibera’”.
“Con questo rinvio Agcom si dimostra
eccessivamente comprensiva verso i
grandi operatori, a mio avviso” commen-
ta Ivan Catalano, deputato alla Camera
per la lista Civici e Innovatori, forte so-
stenitore dei diritti dei consumatori rela-
tivamente alla scelta del modem. “Non è
necessariamente un segnale negativo,
ma di allarme certamente lo è perché
potrebbe essere il preludio a una più
ampia apertura, che se si protrarrà in
ulteriori deroghe, potrà far venire meno
l'autorevolezza dell'autorità in materia di
libertà degli utenti. Nella delibera infatti
Agcom si è riservata il diritto di concor-
dare deroghe che consentano agli ope-
ratori di continuare a imporre il modem
ma è chiaro che oggi non esistano mo-
tivi per farlo”. “Agcom superficiale? Non
so - prosegue Catalano - cosa ci fosse
stato in quelle istanze. Sarebbe anzi
molto utile capire e pubblicarne il con-
tenuto così da non creare inutili dietro-
logie, ma non direi che Agcom sia stata
superficiale. L’autorità avrà avuto le sue
ragioni, sarebbe stato opportuno che
tali richieste fossero state segnalate a
tutti i soggetti che avevano partecipato
alla consultazione pre-delibera, anche
per magari presentare delle contro
istanze. Sarebbe stato un bell'esempio
di trasparenza. Agcom però deve ave-
re come missione principale garantire
la libertà degli utenti come sancito dal
regolamento europeo”. Secondo Catala-
no, in ogni caso, i consumatori possono
stare sereni rispetto al futuro: “L’autorità
si è dimostrata lenta, ma nei contenuti
è stata decisamente dalla parte degli
utenti e dei loro diritti. Adesso basta farli
rispettare, è la parte più facile”.
Easyjet fa causa a Netflix: logo troppo simile a quello degli aereiSecondo Easyjet ci sarebbero troppe analogie tra il font usato dal serial Easy di Netflix e il logo della compagnia aerea. Una somiglianza che porterà le due aziende in tribunale di Franco AQUINI
Easyjet sarebbe pronta a fare cau-sa a Netflix per via del nome di un serial tv. Lo show in questione è Easy, la commedia che riprende non solo parte del nome della com-pagnia aerea inglese ma, secondo alcuni, anche il font. Quanto potrà esserci in comune tra un serial e il logo di una compagnia aerea? Mol-to secondo Stelios Haji-Ioannou, fondatore della compagnia, tanto che, stando a quanto riporta The Sunday Times, il procedimento le-gale avrà inizio questi giorni. Easy, lo ricordiamo, è un serial prodotto da Netflix giunto alla terza stagio-ne. Al centro della disputa ci sareb-be il font utilizzato per il logo della serie. Simile, ma nemmeno troppo, a quello di Easyjet. Se il tutto può suonare strano alle orecchie dei più, ancora più stupefacente è la pagina web che Easyjet ha co-struito per questo tipo di eventi. Si chiama “Brand Thieves” e, ol-tre a elencare i brand del gruppo EasyGroup, ammonisce chiunque intenda sfruttare il marchio o lo stile del marchio Easy per trarne vantaggio.La riposta di Netflix? “Gli utenti pos-sono dire la loro sulla differenza tra uno show che possono guardare e un aereo con cui possono volare”.
di M. D. M
I l gruppo italiano Candy è stato ven-
duto all’azienda cinese Qingdao
Haier - da anni numero uno al mondo
per volume di elettrodomestici venduti
- per 475 milioni di euro. La società asi-
atica ha acquisto il 100% dell’azienda dei
soci Beppe e Aldo Fumagalli; il quartier
generale resterà a Brugherio, ha assicu-
rato Haier. Di fatto la cessione totale di
Candy, che include sotto il suo ombrello
anche i marchi Hoover e Rosières, rap-
presenta l’ennesima cessione all’estero
MERCATO Candy Group gestisce non solo il marchio Candy ma anche Hoover e Rosières
Gruppo Candy venduto per 475 mln a Haier Candy acquisito da Haier: l’operazione sarà finalizzata nel 2019. La sede resta a Brugherio
di una società italianissima. La vendita
sarà completata entro l’inizio del 2019,
a seguito delle verifiche delle autorità
competenti nazionali e internazionali.
L’annuncio dell’acquisizione del Gruppo
Candy da parte di Qingdao Haier arriva
all’indomani del “no” dei sindacati a un
accordo che prevedeva il taglio dei salari
di un terzo, proposto da Candy, per evi-
tare 200 licenziamenti, pur aumentando
il volume di produzione di lavatrici a
Brugherio.
A maggio il Gruppo Candy, che dà lavoro
a 4100 dipendenti, aveva annunciato che
il proprio fatturato, cresciuto nel 2017 del
10% su base annua, viene conseguito
per gran parte all’interno dei confini eu-
ropei, con l’Italia dietro a Regno Unito e
Francia. Il profitto netto, però, era calato
da 12 a 2,2 milioni di euro.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
C onclusa la gara di assegnazione
delle frequenze per il 5G. Il 2
ottobre è stata l’ultima giornata
della la fase di rilanci (definiti miglio-
ramenti competitivi), che ha coinvolto
tutti gli operatori ammessi alla gara. La
fase più vivace è stata l’aggiudicazione
dei cinque lotti a 3.700 MHz: TIM e Vo-
dafone hanno vinto i due lotti, uno cias-
cuno, da 80 MHz, mentre Wind Tre e
Iliad hanno ottenuto ciascuna un lotto
da 20 MHz.
Meno intensa, invece, la fase di rilanci
per i blocchi generici da 26 GHz, blocco
assegnato a TIM, Iliad, Fastweb, Wind
Tre e Vodafone. Ampiamente superato
l’obiettivo minimo del governo: in totale
l’asta per il 5G porterà 6,55 miliardi di
euro, oltre 4 miliardi in più dei 2,5 mi-
liardi preventivati come soglia minima.
La spesa maggiore è arrivata per le fre-
quenze da 3.700 Mhz: oltre 4,34 miliar-
di di euro. Solo 163 milioni di euro per
le frequenze a 26 GHz, utili nelle aree
densamente popolate; per le frequenze
a 700 MHz erano già stati promessi in-vestimenti per più di 2 miliardi di euro.
Restano a mani vuote Open Fiber e
Linkem che, pur essendo state ammes-
se alla gara, non hanno fatto alcuna
offerta. Le frequenze a 700 MHz SDL,
infine, sono sguarnite: nessun operato-
re ha fatto offerte.
Gli operatori dovranno pagare unica-
mente al momento della consegna ef-
fettiva delle frequenze. Le frequenze
da 700 MHz, le più pregiate perché
penetrano più facilmente nell’interno
degli edifici, saranno le ultime a esse-
re disponibili (solo nel 2022, quando
saranno liberate dalle emittenti tele-
visive); entro la fine di quest’anno gli
operatori avranno a disposizione, però,
MERCATO Gli equilibri non sembrano cambiare con il 5G: Tim e Vodafone i principali operatori
Rete 5G, al Governo 6,55 miliardi di euro TIM e Vodafone hanno superato tuttiDopo 14 giorni di rilanci è stata conclusa l’assegnazione delle frequenze per la rete 5G Gli operatori Iliad, TIM, Vodafone, Fastweb e Wind Tre ora hanno in mano i blocchi
le frequenze a 26 GHz e 3.700 MHz.
“Le procedure di gara - ha fatto sapere
in una note il Ministero dello Sviluppo
Economico - hanno portato ad una
competizione vivace, conclusasi in 14
giornate di miglioramenti competitivi e
con 171 tornate. L’introito raggiunto ha
superato del 164% il valore delle offerte
iniziali e del 130,5% la base d’asta.”
TIM e Vodafone i principali operatori 5GConti alla mano appare subito eviden-
temente che l’avvento della rete 5G
non altererà gli equilibri attuali. Insieme
TIM e Vodafone hanno investito oltre
4,8 miliardi di euro, molto più di quan-
to fatto dagli altri operatori. Il che pone
TIM e Vodafone in una posizione di net-
to vantaggio rispetto a Iliad, Fastweb e
Wind Tre.
Non sono mancate le note stampa di
rito dei vari operatori. “Saremo in gra-
do - ha commentato Jeffrey Hedberg,
amministratore delegato di Wind Tre,
che ha investito in tutto 515 milioni di
euro - di lanciare i nuovi servizi 5G su
50 MHz, attraverso l’integrazione dei
nostri attuali, e non ancora utilizzati, 30
MHz nello spettro di frequenze ‘5G rea-
dy’ a 2,6 GHz con le nuove risorse che
ci siamo aggiudicati nell’asta odierna”.
“Siamo fortemente impegnati - ha ag-
giunto - sul futuro del 5G e abbiamo
le risorse finanziarie e una struttura di
costi snella, per continuare a innovare
e a fornire ai nostri clienti in tutto il Pae-
se servizi broadband di alta qualità e a
prezzi vantaggiosi”.
“Proseguiremo nel nostro impegno per
l’innovazione - ha spiegato Amos Ge-
nish, amministratore delegato di TIM,
che per le frequenze 5G ha speso oltre
2,4 miliardi di euro - e siamo convinti
di poter continuare ad offrire ai nostri
clienti servizi sempre all’avanguardia e
la migliore esperienza digitale disponi-
bile sul mercato. Intelligenza artificiale,
realtà virtuale e aumentata, robotica
sono i driver dell’innovazione del pros-
simo decennio, cui va aggiunta una
rete di sensori, che saranno un trilione
entro il 2025”.
Vodafone ha investito in tutto 2,4 mi-
liardi di euro. “Ci siamo aggiudicati
frequenze in tutte le bande offerte” ha
evidenziato Aldo Bisio, amministratore
delegato di Vodafone Italia. “Ritenia-
mo, comunque, che sia sempre neces-
sario trovare un punto di equilibrio tra il
costo delle licenze derivante dall’asta
competitiva, il capitale che dovrà esse-
re investito per la realizzazione della
nuova infrastruttura, e i più ampi be-
nefici che il 5G porterà ai consumatori,
all’industria e alla società. Sarà essen-
ziale - ha concluso Bisio - l’adozione di
tutte le misure, a partire dalla semplifi-
cazione delle procedure autorizzative,
volte a garantire la sostenibilità di tali
investimenti”.
Infine Iliad, che per acquistare le fre-
quenze 5G ha investito 1,2 miliardi di
euro: “Iliad Italia sta ampliando il pro-
prio portafoglio di frequenze per con-
tinuare la sua spinta all’innovazione
sviluppare rapidamente un’offerta 5G
e soddisfare la crescente domanda di
maggiori velocità di download in Ita-
lia”.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingSimona Zucca
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Rai 4K si riaccende su Tivùsat per Ulisse e Alberto AngelaSi è riattivato il canale 4K della Rai su Tivùsat e sarà sempre Alberto An-gela il protagonista della serata, con la nuova serie di Ulisse, il piacere della scoperta. Questa volta Angela ci porterà in diversi importanti luoghi della storia e della cultura e ci farà conoscere meglio grandi personaggi del passato. La trasmissione sarà visibile su Rai 4K solo utilizzando la cam di Tivùsat con relativa tessera gold attiva; il canale è già attivo ma la frequenza di trasmissione è stata nuovamente modificata: ora il canale è sugli 11.258 orizzontale. Se il TV o il decoder non lo visualizzassero, sarà necessario rifare la sintonia.
La nuova serie di Ulisse è composta di quattro puntate (la prima in onda il 29 settembre) che saranno visibili il sabato anche sul canale 501 di Rai 1 HD del digitale terrestre (non più su Rai 3 come gli anni scorsi) oppure quando si desidera su RaiPlay.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA
L a storia dell’acquisizione di Shazam
da parte di Apple si trascina da di-
verso tempo: utile per integrare i
servizi musicali della Mela, si pensava
che Shazam diventasse parte dell’eco-
sistema Apple in poco tempo, ma è poi
intervenuta l’Antitrust europea che ha un
po’ rallentato il tutto. Il rischio in realtà era
fondato: visto che Shazam è una nota
fonte di traffico per diverse piattaforme di
streaming musicale (Apple Music e Spo-
tify in primis), permetterne l’acquisizione
da parte di un player così importante
avrebbe potuto rendere impari la con-
correnza, oltre a semplificare per Apple
l’acquisizione di dati importanti sulle abi-
tudini musicali degli utenti, magari anche
quelli di altre piattaforme. L’Antitrust non
ha ravvisato alcun elemento lesivo della
concorrenza e ha dato il via libera: Sha-
zam, una delle primissime applicazioni a
MERCATO L’intervento dell’Antitrust europea ha un po’ rallentato i tempi dell’acquisizione
Apple compra Shazam: oramai è ufficiale Al termine di un cammino lungo e tortuoso, Apple annuncia l’acquisizione di Shazam Il primo intervento di Apple è eliminare la pubblicità per un’esperienza d’uso migliore
sbarcare sull’App Store di Apple, diven-
ta ufficialmente parte integrante della
galassia di Cupertino. L’app, nota per la
capacità di identificare i brani tramite il
microfono dello smartphone, è anche un
importante hub per la scoperta musica-
le e permette - tra l’altro - agli utenti di
seguire i propri artisti preferiti e scoprire
quali brani sono i più “shazammati” del
momento, da ascoltare poi su una piatta-
forma esterna. Apple non ha fornito i det-
tagli dell’operazione finanziaria, valutata
intorno ai 400 milioni di dollari, mentre
è certa la sua prima mossa: eliminare da
Shazam le pubblicità per offrire un’espe-
rienza migliore agli ascoltatori.
di E. V.
Quando vuoi comprare un biglietto
per un concerto, pensi subito a
TicketOne. Non che manchi del
tutto la concorrenza, ma è palese che
il nome di riferimento sia quello. Fin qui
nulla di cui stupirsi, ma l’Antitrust ha de-
ciso di andare a fondo: il Garante vuole
vederci meglio, e in particolare verificare
se la posizione di TicketOne, evidente-
mente leader di mercato, non vada in
contrasto con le regole della concor-
renza. Per questo motivo è stata aperta
un'istruttoria volta ad accertare un pos-
sibile abuso di posizione dominante.
Come avrebbe fatto TicketOne a porre
in essere la condotta illecita? Il comuni-
cato ufficiale di AGCM è molto chiaro in
merito: “(TicketOne, ndr) avrebbe attua-
to una strategia escludente per vincola-
re alla sua piattaforma di ticketing i più
importanti organizzatori (promoter) di
MERCATO Prevendita, si stima che TicketOne abbia una quota di mercato di circa il 70%
Antitrust, avviata istruttoria contro TicketOne Verifiche per una possibile posizione dominanteTicketoOne avrebbe posto in essere attività tali da escludere piattaforme di ticketing concorrenti
eventi di musica live attivi
in Italia, precludendo così
alle piattaforme di ticke-
ting concorrenti l’accesso
a un input necessario per
competere sul mercato,
ossia i biglietti per i con-
certi. Il vincolo di esclusiva,
contenuto nei contratti tra
i promoter e TicketOne,
risulta particolarmente stringente sul
canale online, che costituisce oggi il
principale mezzo di distribuzione dei
biglietti per questa tipologia di eventi”.
Quest’ultimo è il motivo del contendere:
gli accordi posti in essere con i principali
promoter permettevano (e permettono)
a TicketOne di disporre di una fetta con-
sistente dei biglietti di molti eventi, oltre
a possibili accordi di esclusiva limitati nel
tempo (per esempio, un’esclusiva sulla
vendita nella prima settimana). Parlando
di mercato della prevendita, si stima che
TicketOne abbia una quota di mercato di
circa il 70%, seguito a enorme distanza
dai (pochi) competitor diretti. Antitrust
vuole proprio verificare se questo enor-
me successo non sia il risultato di accor-
di limitanti la libera concorrenza che po-
trebbero avere ripercussioni non solo sui
concorrenti, che verrebbero “tagliati fuo-
ri” dal gioco delle prevendite, ma anche
dei consumatori, che potrebbero venire
danneggiati da oscillazioni di prezzo non
determinate dal principio della domanda
e dall’offerta.
Apple ha rubato segreti industriali e li ha dati a Intel? Qualcomm: “Ci sono le prove”Secondo Qualcomm ci sarebbero le prove di un furto di informazioni da parte di Apple e di averle passate a Intel di Franco AQUINI
La lunga disputa tra Qualcomm e Apple si arricchisce di un nuovo capitolo. Secondo Qualcomm ci sarebbero le prove per dimostrare che Apple avrebbe rubato alcuni segreti industriali per poi passarli a Intel con l’intento di aiutarla a produrre chip, modem in questo caso, con le tecnologie proprieta-rie di Qualcomm. Accuse gravi che riaccendono una disputa in alcun modo sopita. Secondo quanto rife-rito da Donald Rosenberg, legale di Qualcomm, alla CNBC, “l’uso illegale dei segreti commerciali di Qualcomm per cercare di aiutare un concorrente a raggiungerci ci danneggia irreparabilmente e deve essere fermato”. Le pro-ve sarebbero da cercarsi in uno scambio di email e nel fatto che Apple non ha mai permesso a Qualcomm di analizzare il codice sorgente dei propri prodotti come previsto dall’accordo tra le due aziende. Questo episodio è l’ulti-mo capitolo di una guerra iniziata più di un anno fa, cominciata con la denuncia da parte di Apple, che lamentava l’addebito di royalty non dovute. Qualcomm aveva risposto con un tentativo di blocco delle vendite di iPhone negli USA per la violazione di brevetti di Qualcomm stessa. Ora quest’ultimo episodio, se vogliamo il più grave, dove si parla di furto di un segreto indu-striale, passato poi a una concor-rente. O almeno questa è l’accusa di Qualcomm ad Apple.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
La domanda di iPhone Xs Max è tre volte quella di iPhone XsL’iPhone più caro è sempre quello che vende di più, e anche la stagione 2018/19 lo dimostra: secondo le prime stime, iPhone Xs Max vende il triplo di Xs
di E. V.
I dati non provengono da Apple, ma qualche analista (tra cui Ming-Chi Kuo di TF International Secu-rities) è certo che la domanda di iPhone Xs Max sia nettamente più forte rispetto a quella del modello base, l’iPhone Xs. Il fatto che il pro-dotto più costoso venda di più non è una sorpresa nella fascia alta del mercato, magari colpisce un po’ il fatto che un telefono da più di 6’’ incontri una domanda che - a detta dell’analista - è dalle tre alle quattro volte più alta di quella di iPhone Xs. Il modello più gettonato è quello da 256 GB, che da noi costa 1.459 euro. È ancora presto per una sti-ma sul modello da 512 GB, che però pare difficile da trovare: pare che Samsung sia un po’ in difficoltà nella fornitura di moduli di memoria e almeno per il primo periodo po-trebbe non essere semplice por-tarsene uno a casa. Il modello che piace di meno è il silver, gli altri due hanno una domanda sostanzial-mente identica. L’analista è certo che la domanda di iPhone Xs Max crescerà fino a Natale, un po’ per le festività, un po’ per l’ingresso sui mercati asiatici, interessati ai mo-delli con schermo ampio. Positive anche le stime di Watch 4: il forni-tore Quanta non può aumentare la produzione, che è già ai massimi livelli e si aspetta l’ingresso di un secondo assemblatore, Compal. Le stime sono comunque più ot-timistiche del previsto: si pensava di chiudere il 2018 con 18 milioni di pezzi venduti, ora si ritiene verosi-mile arrivare a 19.5 milioni.
di Emanuele VILLA
Aperto nel 2015 negli USA e già di-
sponibile in diversi Paesi, arriva in
Italia Amazon Launchpad, lo store
online dedicato alle startup italiane. In
Launchpad, le aziende che decide-
ranno di aderire potranno mostrare il
proprio prodotto all’immensa platea di
clienti Amazon, usufruire del servizio
di vendita del colosso dell’ecommerce
e, in alcuni casi, rientrare nella selezio-
ne di Amazon Prime. L’idea è vincente:
Amazon mette a disposizione tutta la
sua potenza nel mondo della distribu-
zione e dell’e-commerce semplificando
le attività delle startup, che così si pos-
sono concentrare su altri aspetti della
neonata attività. A proposito delle attivi-
tà di Amazon relative al Launchpad, Luca
Cassina, EU Director Seller Services, ha
dichiarato: “Offriamo supporto nella
gestione dell'inventario, ci occupiamo
dell’evasione degli ordini, del servizio
MERCATO Amazon Launchpad aiuta le startup a far conoscere al mondo i loro prodotti
Su Amazon Launchpad le startup italianeTra le varie questioni che ogni startup deve affrontare c’è quella della distribuzione Le startup oggi si possono affidare ad Amazon per raggiungere milioni di consumatori
clienti e altro ancora, consentendo loro
(le startup, ndr) di concentrare gli sforzi
sull’innovazione e realizzare prodotti
sempre più originali”. In Italia, Amazon
collabora con più di 10 piattaforme di
crowdfunding, incubatori e accelera-
tori: tra questi Associazione Progetto
Marzotto, Digital Magics, Italia Startup,
Lventure Group e Talent Garden per
l’Italia. Launchpad è dunque pensato
per arricchirsi di nuovi prodotti giorno
dopo giorno: alcune startup italiane
che hanno aderito a Launchpad sono
Powerme, il cui caricabatterie permette
di ricevere carica da un altro smartpho-
ne, Linfa (un giardino intelligente), Kami-
ra, cioè la moka professionale, 1Control
per l’apertura dei cancelli e molto altro
ancora. L’indirizzo da cui partire è que-
sto: buono shopping.
MERCATO Le parole di Acton suonano come un pentimento
Il co-fondatore di WhatsApp “Venduto la privacy degli utenti”
di Franco AQUINI
N on sembra darsi pace Brian Acton, co-fondatore di WhatsApp. “Ho venduto la
privacy dei miei utenti” ha dichiarato alla testata giornalistica Forbes, riferen-
dosi alla vendita di WhatsApp a Facebook del 2014. “Ho fatto una scelta e
un compromesso. E ci convivo ogni giorno”. Parole pesanti, che lasciano intuire come
la cessione di WhatsApp a Facebook, pur fruttando l’astronomica cifra di 19 miliardi di
dollari, non sia andata completamente giù a uno dei suoi fondatori. Non è la prima vol-
ta che Acton si esprime in questo modo. All’indomani dei fatti di Cambridge Analytica,
lo stesso Acton twittò utilizzando l’hashtag #deleteFacebook, inviando gli utenti ad
andarsene da Facebook. “Facile criticare con le tasche piene”, potrebbe pensare
qualcuno. Tasche piene sì, ma solo a metà. Acton, infatti, nell’uscire da Facebook sen-
za aver completamente venduto tutto il suo patrimonio azionario, pare abbia perso
qualcosa come 850 milioni di dollari. Il che lascerebbe pensare che le sue esternazio-
ni non siano solo demagogiche (almeno non del tutto). Il caso non è isolato, visto che
recentemente anche i fondatori di Instagram, Kevin Systrom e Mike Krieger, hanno
annunciato la loro dipartita da Facebook. Non è nota
la causa ufficiale, ma secondo il The Wall Street Jour-
nal il motivo è da ricercarsi nel rapporto conflittuale
con Mark Zuckerberg. Evidentemente, nonostante lo
scandalo che ha coinvolto Cambridge Analytica, le
cose non devono essere cambiate molto dalle parti
di Menlo Park. Almeno per quanto riguarda il tratta-
mento dei dati e della privacy dei propri utenti.
MERCATO
Chattare con un’azienda su iPhone anche con MessaggiDopo un periodo in cui è stato disponibile solo negli Stati Uniti e in Canada come beta, Apple Business Chat è sbarcato in Italia. Il servizio permette agli utenti di contattare le aziende usando Messaggi su iPhone e iPad. L’opzione sarà anche disponibile quando si cerca un’attività commerciale su Mappe o Safari. Al momento la disponibilità di attività commerciali e istituti bancari che supportano Apple Business Chat in Italia è limitata. Tra le prime a supportare il servizio, Buddybank, la “banca conversazionale” di Unicredit pensata per utenti Apple. I clienti di Buddybank, per esempio, possono utilizzare Apple Business Chat per contattare la concierge per chiedere supporto, fissare un appuntamento o prenotare servizi di lifestyle Necessario un dispositivo iOS con almeno la versione 11.3 installata.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
P roteggere la propria piattaforma dalle frodi nelle
vendite di servizi digitali non è mai facile; spesso,
infatti, i servizi digitali viaggiano su un sottile filo a
cavallo tra l’illegalità e la legalità. I servizi illegali di IPTV
(che sta per Internet Protocol Television) permettono,
essenzialmente, di accedere ai contenuti di Sky, Me-
diaset Premium o DAZN, per esempio, senza pagare un
abbonamento legittimo. Incomprensibilmente (almeno
per noi), malgrado la vendita di questi “pacchetti" sia
del tutto illegale, il fenomeno sta spopolando su eBay,
in bella vista e con buona pace di autorità ed emittenti.
Chiunque abbia mai venduto un oggetto su eBay sa
bene che la piattaforma trattiene il 10% sul prezzo fina-
le; ciò significa che ogni volta che un utente acquista
un pacchetto di servizi di IPTV illegali, eBay si mette in
tasca una fetta di quel profitto. E se può essere difficile
identificare e bloccare i singoli utenti, che spariscono
e rinascono con nuove identità e nuovi nickname, non
dovrebbe essere difficile intimare a eBay di operare
con diligenza nell'arginare il proliferare di offerte evi-
dentemente illegali, a partire dall’utilizzo certamente
non autorizzato dei loghi delle emittenti.
Anche chi compra può finire nei guai Il primo utente a essere coinvolto da un’eventuale
indagine è senz’altro colui che sta trasmettendo ille-
galmente i contenuti protetti da diritto d’autore, ma
anche per gli utenti che usano il servizio di IPTV sono
previste sanzioni. Per essere chiari: chi guarda Sky o
Mediaset Premium, per esempio, attraverso sistemi il-
leciti è punibile dalla legge secondo la legge 633 del
1941. Nel dettaglio l’articolo 171-octies stabilisce che
“chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita,
importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso
ENTERTAINMENT Per chi trasmette illegalmente ma anche per chi usa il servizio sono previste sanzioni in caso di indagine
Vedere le partite di Calcio in streaming illegale eBay vende abbonamenti pirata. E ci guadagnaSu eBay inserzioni di servizi di IPTV illegali per guardare Sky, DAZN o Mediaset Premium senza pagare l’abbonamento eBay contrasta il fenomeno solo su segnalazione ma intanto intasca il 10% sui guadagni provenienti dalle vendite illegali
pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla
decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso
condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo,
in forma sia analogica sia digitale” sia punibile con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa da
2.582 a 25.822 euro.
L’illegalità in vetrina Per acquistare simili servizi IPTV su eBay non serve
scavare molto: digitando “IPTV” nella ricerca, infatti, ap-
paiono subito dozzine di inserzioni, che promettono di
dare accesso ai canali a pagamento di Sky e Mediaset
Premium, per esempio, che trasmettono calcio, cinema
e serie TV proponendo anche pacchetti mensili, trime-
strali o per 9 mesi a un prezzo stracciato. I prezzi me-
diamente vanno dai 9 euro per un mese fino a 76 euro
per un anno intero. Le inserzioni più evidenti mettono
ben in mostra i loghi di servizi
come Mediaset Premium, Sky
e DAZN; nel testo dell'inser-
zione, invece, tendenzialmente
non vengono fatti riferimenti
espliciti alle piattaforme origi-
nali. Spesso, anzi, il venditore
si rassicura di specificare (ma-
gari riferendosi direttamente a
eBay per evitare che la sua in-
serzione venga immediatamen-
te "marchiata") che è illegale
sfruttare le IPTV per godere dei
contenuti delle piattaforme a
pagamento, come Sky e DAZN.
Questo il criptico messaggio
con il quale il venditore cerca
di giustificare la vendita di un
prodotto che è palesemente illegale.
“* X EBAY, SI PREGA DI NON RIMUOVERE QUESTO
PROFILO PERCHE CONFORME ALLE REGOLE DI EBAY
* NON SI TRATTA DI UN SERVIZIO DI DECODIFICA-
ZIONE, QUESTA È SOLO LA COPERTURA DI UN SER-
VIZIO DI GARANZIA, NON STO VENDENDO CANALI
ILLEGALI O LISTE CANALI. IO NON RAPPRESENTO
QUALSIASI MEDIA COMPANY NE AVREMO ACCESSO
AI LORO CONTENUTI. LA GARANZIA È DI ORIENTA-
MENTO GRATUITAMENTE PER AIR BOX SATELLITARE
L’utilizzo è esclusivamente a fini sperimentali. Non ci
assumiamo responsabilità . È contro la legge guardare
la TV a pagamento senza pagare il fornitore del servi-
zio. Note Legali Iptv Il servizio offerto da questo por-
tale non è in alcun modo messo in discussione sulla
legalità dello stesso. Ci riserviamo il diritto di dire che
operiamo in piena legalità in quanto non siamo colle-
gati alla ritrasmissione on-line di programmi televisivi
e radiofonici protetti da diritti d’autore. E ci avvaliamo
sulle garanzie date dal provider erogatore del servizio
in quanto abbia accordi particolari per diritti d’autore
dei canali trasmessi.”
Sky, Dazn, Mediaset: tutti i canali sono coinvolti Basta una semplice e-mail o un messaggio su Wha-
tsApp al venditore, in ogni caso, per avere tutte le
informazioni del caso. Ne abbiamo contattati alcuni
fingendoci interessati al servizio IPTV e chiedendo
come funzionasse il servizio e quali dispositivi fossero
supportati. La promessa è sempre la stessa: film e serie
TV su Sky in diretta e on demand, le partite di Serie A
di DAZN; oltre 15.000 canali, ci è stato detto, a dispo-
segue a pagina 07
torna al sommario 7
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
sizione. Basta installare un’applicazione sul dispositivo
mobile o sulla smart TV oppure usare un riproduttore
multimediale per PC come VLC. Ovviamente VLC è un
software assolutamente legale; è nel momento in cui
si accede a contenuti che dovrebbero essere a paga-
mento - come quelli di Sky e Mediaset Premium - che
si sfonda la barriera e si entra nel regime dell'illegalità.
Nel “pacchetto”, spesso, c’è anche un'assistenza a di-
sposizione 24 ore. L’intero servizio di IPTV, insomma,
viene configurato con la stessa struttura di un abbona-
mento classico di Sky o Mediaset Premium; nella mag-
gior parte dei casi c’è persino la possibilità di testare il
servizio per qualche ora prima di decidersi a pagarlo.
Una prova gratuita, insomma, per valutare che tutti fun-
zioni a dovere. Nel momento in cui acquistare un ser-
vizio illegale è tanto semplice e soprattutto tanto evi-
dente, viene da chiedersi come sia possibile che eBay
non solo non faccia niente per arginare il fenomeno,
ma - peggio ancora - ne tragga profitto, esattamente
come succede per la vendita di qualsiasi altro prodotto
venduto da terzi. Oltre al fatto che eBay ha pure i dati
sia di clienti sia di acquirenti, e nella intera faccenda più
che vittima sembra complice.
La risposta di eBay: “Aspettiamo le segnalazioni degli utenti” Interrogata sull’argomento, eBay non si è esplicitamen-
te esposta rispetto all'argomento IPTV e ha rilasciato la
seguente dichiarazione: “La vendita di oggetti conse-
gnati in formato digitale - cioè prodotti o contenuti che
possono essere scaricati da un sito web o inviati via
email - potrebbe infrangere i diritti legali dei proprietari
dei contenuti originali. Per questo, in alcuni casi non
consentiamo la vendita di oggetti consegnati in forma-
to digitale e in altri casi la loro vendita è soggetta a
restrizioni, stabilite in specifiche linee guida. Tali linee
guida aiutano a creare una piattaforma più sicura,
proibendo ai venditori di utilizzare eBay in un modo
che possa infrangere i diritti di proprietà intellettuale
o violare la legge. Inoltre, le linee guida aiutano a pro-
teggere gli acquirenti dall’acquisto di oggetti non auto-
rizzati o pirata. Le linee guida sono consultabili online
a questa pagina. eBay, inoltre, collabora attivamente
con le forze dell’ordine e con i proprietari dei diritti
d’autore per consentire l'individuazione di eventuali
oggetti messi in vendita illegalmente sulla piattaforma
e per rimuoverli. eBay invita gli utenti a segnalare i pro-
dotti illegali cliccando sul link ‘Segnala articolo’ che si
trova all'interno di ciascun annuncio.”
eBay guadagna due volte: con gli annunci e con i link sponsorizzati Con gli abbonamenti illegali eBay guadagna due volte:
la prima con i prodotti messi in vendita, e ogni tran-
sazione fa entrare nelle casse del sito il 10% circa, la
seconda con gli annunci sponsorizzati. Non solo infatti
la piattaforma è vetrina e cassa per materiale illegale,
ma sotto ogni singolo annuncio compaiono anche link
sponsorizzati, quindi a pagamento, di siti che promuo-
vono pratiche illegali. Difficile quantificare quando
eBay possa guadagnare dal giro delle IPTV: quello che
è certo è che eBay vende, e c’è gente che compra,
come dimostra la stessa nota di fianco ad ogni singolo
prodotto. eBay, inoltre, custodisce anche un database
di clienti e venditori di questi servizi illegali, una risorsa
di inestimabile valore per chi vuole combattere sul se-
rio e non solo con i proclami la pirateria televisiva.
È ora di smettere di mettere la testa sotto la sabbiaQuesto tipo di pirateria non solo è illegale, ma anche
profondamente odioso. Mettendo a disposizione a
prezzo ridotto l’accesso ai canali a pagamento, sep-
pur con una qualità molto più bassa, di fatto non solo
vengono danneggiate le emittenti ma indirettamente
anche i consumatori onesti, che pagano il canone di
abbonamento regolare. Il danno non banale compor-
tato da questa pirateria alla luce del sole contribuisce
infatti a mantenere alti i prezzi delle pay TV. eBay, a
nostro avviso compromettendo parte della propria
reputazione, non si fa certo parte attiva nell’arginare
il fenomeno; neppure le emittenti, comunque, ci paio-
no molto attive, visto che non stiamo parlando di “dark
web” o reti nascoste, ma di pagine accessibili a tutti.
Dov’è la Polizia Postale? Dov’è la Guardia di Finanza?
Non è che sia più facile inseguire i "pesci grossi", la-
sciando via libera ai piccoli su Internet? Quesiti sui quali
non avremo risposte. Ma Internet ha cambiato anche il
paradigma della pirateria: se non si impara a catturare
i pesci piccoli, nella rete non resta nulla. E noi siamo
stufi di pagare di più per la miopia di chi non vede oltre
il proprio naso e non si accorge (o non vuole farlo) di
quello che accade su eBay, alla luce del sole.
ENTERTAINMENT
eBay e il calcio in streaming illegalesegue Da pagina 06
National Geographic+ on demand su SkySky on demand includerà anche National Geographic+, che propone i “migliori programmi firmati National Geographic” on demand. Il servizio è attivo dal 1° ottobre e includerà anche contenuti a risoluzione 4K. I vari episodi di National Geographic saranno suddivisi per tematiche: spazio, Marte, ingegneria, motori, dinosauri, per esempio. “[...] National Geographic+ raccoglie oltre 500 episodi, che diventeranno 800 nel corso dell’anno, arricchendosi via via anche di titoli in 4K” riferisce National Geographic.
di Gaetano MERO
O culus continua la propria rivoluzi-
one nel settore della realtà vir-
tuale. Dopo aver annunciato
l’arrivo di un nuovo headset durante
il keynote OC5, la società si è soffer-
mata sulle novità che interesseranno
Oculus Go nei prossimi mesi. Il visore,
presentato lo scorso maggio, può già
contare su oltre un migliaio di app e
giochi immersivi, compresi i contenuti
di Oculus TV, Netflix e Hulu. Basandosi
sulle preferenze degli utenti, Oculus ha
scelto di proseguire la strada dei con-
tenuti realizzati a 360° comunicando il
ENTERTAINMENT Oculus ha annunciato l’arrivo di YouTube VR sulla piattaforma Oculus Go
YouTube VR (e tanti contenuti) su Oculus GoPronti migliaia di contenuti che spazieranno tra musica, documentari ed eventi sportivi
lancio imminente di YouTube VR sulla
piattaforma (clicca qui per il video). Si
tratta di una vera e propria invasione
di filmati e trasmissioni di ogni ge-
nere, circa 800.000, che spazieranno
tra documentari, sport e musica com-
prendendo anche concerti live. Cresce
anche la piattaforma Oculus Venues,
inaugurata in concomitanza con Ocu-
lus Go, che ad oggi ha già ospitato
80 eventi in live streaming. All’interno
dell’enorme stadio virtuale in autunno
sarà possibile guardare alcuni match
del campionato NBA; inoltre chi com-
prerà i biglietti per seguire dal vivo la
squadra del cuore potrà sbloccare la
maglia corrispondente per il proprio
avatar Oculus e mostrarla durante tutta
la stagione sportiva. Il calendario è in
continuo aggiornamento e comprende
film e show televisivi trasmessi in col-
laborazione con Lionsgate e Showtime,
purtroppo ancora assenti contenuti in
lingua italiana.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
H uawei lancia Video, la nuova piatta-
forma di streaming video dedicata
ai possessori di dispositivi Huawei.
Huawei non vuole fare concorrenza a
Netflix o ad Amazon Prime Video e non
ha alcuna intenzione di produrre conte-
nuti originali, ma vuole rafforzare l’ecosi-
stema di servizi messi a disposizione dei
suoi utenti aggiungendo un tassello im-
portante, film e serie TV da fruire in mo-
bilità. Mobilità è la parola chiave, perché
Huawei Video è stato pensato proprio
alla fruizione dei contenuti sul piccolo
schermo: “Molti dei contenuti che arrive-
ranno saranno sviluppati anche in verti-
cale” – ci dice Alessandro Schintu, Head
of Huawei Video Europe, - “Sono un tipo
di contenuto che funziona molto tra i gio-
vani.” Video non sarà però solo questo:
la piattaforma aggregherà anche film e
serie TV prodotti dalle major: a bordo ci
sono già Sony Pictures Home Entertain-
ment, Rai Com e Fox Networks Group,
ma l’ecosistema di partner è destinato
ad ampliarsi. La presenza dei video in
verticale, insieme a contenuti di nicchia
miscelati da un team editoriale con con-
tenuti prodotti dalle major ricorda un po’
il modello di business di TIM Vision, e an-
che la politica di prezzo è simile. Huawei
Video ha infatti tre modalità di fruizione, il
noleggio classico, l’abbonamento mensi-
le e un piano gratuito. Il noleggio classico
attinge al catalogo TVOD, il classico ca-
talogo video on demand da quale attin-
gono anche iTunes, Google Play Movie,
Chili, Rakuten e gli altri servizi che noleg-
giano film per 48 ore. Su Huawei Video
saranno disponibili i film al termine della
finestra cinematografica e si potranno af-
fittare ad una cifra analoga a quella degli
altri servizi, 2.99 euro. Al momento i film
sono disponibili in versione HD 1080p,
quindi qualità maggiore ma anche costo
più elevato, a breve verrà caricata anche
la versione a definizione standard che
avrà un prezzo di ingresso più basso.
Oltre al noleggio ci si potrà abbonare
“alla Netflix”: nessun vincolo, 4.99 euro
al mese per fruire di contenuti quando
si vuole e come si vuole. L’unico limite
è la visione contemporanea su due di-
ENTERTAINMENT La piattaforma è dedicata a tutti coloro che possiedono un dispositivo Huawei
Huawei Video, streaming e noleggio video Promossa l’app, ma il catalogo è scarnoHuawei ha lanciato la sua nuova piattaforma di streaming video, film e serie TV Oltre al noleggio, c’è anche un abbonamento senza vincoli e con canone mensile
spositivi, ma trattandosi di un
servizio nato per la mobilità
non è un grosso problema.
Per l’offerta in abbonamento
i partner sono Entertainment
One (eOne), Zoomin, Vice,
Thema (parte del gruppo
francese Canal +), Discovery
e Fox Networks Group con
qualche serie TV, ma al mo-
mento ci sembra che questa
offerta sia un po’ un “work in
progress”. Difficile infatti dire
quale possa essere il titolo
di punta, i contenuti presenti
non sembrano troppo accat-
tivanti e inoltre mancano del
tutto i film. “Arriveranno pre-
sto” conferma Schintu, ma al momento ci
si deve accontentare di quello che c’è. E
non è molto. Huawei ne è consapevole,
e tutti coloro che dal 3 ottobre al 3 no-
vembre si iscriveranno a Huawei Video
avranno 3 mesi gratuiti per provare il ser-
vizio e vedere se vale la pena continuare
a pagarlo nel 2019. L’applicazione è ben
fatta, rapida e veloce, si può scaricare
dal Play Store di Google ma funziona
solo su dispositivi Huawei con EMUI 8.1
e non c’è alcuna intenzione di metterla
a disposizione anche degli altri utenti
Android. Mancano ad oggi funzioni che
riteniamo essenziali per un vero servizio
di streaming, ma anche loro sono in ar-
rivo: “Ci saranno sia Chromecast che il
download dei contenuti, l’interfaccia per
il download è già pronta e stiamo solo
finendo i test” conferma Huawei. Ci sarà
anche una offerta gratuita con alcuni epi-
sodi delle serie e alcune clip, una sorta di
assaggio. Interessante invece la scelta di
ampliare il video con contenuti aggiunti-
vi: Huawei realizzerà sfondi e temi per i
suoi smartphone ispirati ai divi del cine-
ma e alle diverse serie. Quella del video
è una sfida importante, ma al momento
il catalogo di Huawei Video è tutt’altro
che interessante: in modalità “noleggio”
il prezzo non è alto, 2.99 euro, ma il ca-
talogo è ridottissimo. Gli altri servizi che
offrono film a noleggio hanno una library
molto più ampia. La modalità “abbona-
mento” è in rodaggio e fortunatamente
non si paga per tre mesi, e speriamo che
in questi tre mesi Huawei possa trovare
un accordo con qualcuno per ampliare
un catalogo che al momento non solo
manca di quantità, i contenuti sono ef-
fettivamente pochi, ma è pure privo di
contenuti di spessore.
Mediaset estende l’accordo: la Formula E in esclusiva fino al 2023Mediaset ha deciso di prorogare l’accordo di esclusività delle gare di Formula E, la competizione delle monoposto elettriche: “Prima stagione un successo, E-Prix di Roma visto da 1,2 milioni di spettatori” di Massimiliano DI MARCO
I risultati positivi hanno convinto Mediaset, che ha annunciato di aver acquisito i diritti di trasmis-sione esclusiva della Formula E - la competizione dove gareg-giano soltanto vetture elettriche - per altri cinque anni, cioè fino al 2023. “Grazie a un accordo quin-quennale siglato con la Formula E Holdings, il Campionato ABB FIA Formula E delle velocissime monoposto elettriche a emissio-ni zero potrà essere visto in di-retta in chiaro e in HD solo sulle reti Mediaset” fa sapere l’azien-da attraverso un comunicato. La Formula E, insomma, continuerà a essere proposta al di fuori del-l’offerta a pagamento Mediaset Premium, come parte del pac-chetto in chiaro. “Sulla scia del successo della stagione appena conclusa - l’E-Prix di Roma del 14 aprile scorso ha registrato su Italia1 il 9,6 % di share con 1,2 mi-lioni di telespettatori - Mediaset ha deciso - prosegue la nota - di confermare la competizione nel-la propria ricca offerta sportiva in chiaro e senza abbonamento, estendendola fino al 2023”.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Amazon Prime Video va a gonfie vele: tra i vari
“benefit” di Amazon Prime il servizio di streaming
video è sicuramente uno dei prodotti più apprez-
zati. “La maggior parte delle persone che provano
Amazon Prime sfruttando il mese gratuito si convin-
cono che conviene restare Prime dopo aver provato
il servizio di streaming”. Parola di Jay Marine, l’uomo
alla guida di Amazon Prime Video in Europa, che alcu-
ni giorni fa davanti allo schermo del Curzon Cinema di
Londra ha voluto mostrare cosa dobbiamo aspettarci
da Amazon Prime Video nei prossimi mesi e nel 2019.
Amazon sta investendo miliardi di dollari in contenuti,
spaziando dal cinema allo sport per finire alla sempre
verde serie TV. “Nello sport stiamo sperimentando
ancora - spiega Marine - è la seconda stagione che
proviamo a trasmettere contenuti sportivi. In Inghil-
terra abbiamo fatto grandi investimenti per portare il
tennis, abbiamo trasmesso gli US Open e dal prossi-
mo anno avremo anche la Premier League. Sono un
grande appassionato di sport, e sicuramente nel fu-
turo di Amazon Prime Video lo sport sarà importante”
conclude il manager. Aggiungendo che ogni contenuto
aggiunto rientra in Prime, senza alcun costo aggiuntivo
nonostante gli investimenti massicci che Amazon sta
facendo sia per i contenuti che per la tecnologia, con
il Tech Hub di Londra che rappresenta un polo fonda-
mentale per portare sul Prime Video il meglio che c’è
in circolazione, come dimostrano Dolby Atmos e Dolby
Vision arrivate su Jack Ryan oltre all’HDR10+ che ormai
viene usato su tutti i contenuti più recenti.
Amazon Video sarà una casa per tutti i talenti che vogliono realizzare contenuti di qualità Amazon è stata però molto chiara su cosa Prime Vi-
deo deve essere “da grande”: una casa per talenti
che possano esprimere la loro creatività. Effettiva-
mente, guardando a Amazon Video in questi anni, ci
si rende conto che spesso si è privilegiato la qualità
rispetto alla quantità, con serie TV di ottimo livello
qualitativo e artistico che, proprio per i loro tratti, non
sempre vengono apprezzate da un pubblico di massa
più incline alle serie leggere di Netflix. Amazon non
cambierà, e sta facendo incetta di talent dal mondo
ENTERTAINMENT Amazon sta investendo miliardi di dollari in contenuti, dal cinema allo sport fino alle serie televisive
Amazon svela la nuova stagione di Prime VideoThe Romanoffs, Good Omens, Homecoming con Julia Roberts e le nuove stagioni di The Grand Tour e American Gods Durante un evento a Londra, Amazon ha alzato i veli su quello che vedremo su Prime Video nei prossimi mesi
del cinema per alzare ancora quell’asticella abbatten-
do la barriera tra prodotto cinematografico e prodotto
televisivo. Nicole Kidman ha firmato un accordo con
gli Amazon Studios, Julia Robert a breve arriverà sulle
TV di casa con Homecoming ed è notizia di ieri che
Neil Gaiman, il visionario scrittore già vincitore per
premio Hugo per American Gods, lavorerà in esclu-
siva per Amazon nei prossimi anni per creare serie
televisive uniche. E mentre si lavora per ultimare la
stagione 2 di American Gods, che arriverà su Ama-
zon Prime Video nel 2019, cresce l’attesa per Good
Omens (clicca qui per il video), anche lei prevista per il
prossimo anno. Trasposizione TV del romanzo scritto
a quattro mani da Terry Pratchett e Neil Gaiman nel
1990, la serie racconterà la storia di un angelo e un
demone che, abituatisi ai fasti della terra di oggi, non
sono troppo d’accordo con il piano Divino dell’Apo-
calisse, ormai prossima. Ed è stato proprio il feeling
tra Gaiman e Amazon durante la produzione di Good
Omens a spingere Gaiman a firmare un accordo
esclusivo. “Mi sono deciso ad accettare questo inca-
rico dopo aver lavorato splendidamente con il team
di Amazon per la realizzazione di Good Omens” ha
raccontato Gaiman ieri nel corso della presentazio-
ne della serie “sono persone entusiaste, intelligenti
e non erano intimoriti da Good Omens, un prodotto
così diverso dagli altri. Volevano creare qualcosa di
unico ed eccitante. Sono emozionato all’idea di ave-
re una casa in Amazon dove potrò fare televisione
come nessuno l’ha mai vista prima, non come Good
Omens ma sicuramente inusuale e divertente”.
Tra alcuni giorni arriva The RomanoffsLa stagione televisiva di Amazon Video debutterà
però nei prossimi giorni con The Romanoffs (clicca
qui per il video): sarà disponibile in versione originale
a partire dal 16 ottobre, ma per la versione doppiata in
Italiano dovremo aspettare il prossimo anno. The Ro-
manoffs distribuisce su 8 episodi, rilasciati a cadenza
settimanale, le storie di coloro che sono o affermano
di essere i discendenti dell’antica famiglia reale russa
di inizio novecento. Il creatore è Matthew Weiner, l’uo-
mo che ha dato vita ad una delle serie di maggior suc-
cesso degli ultimi anni. Soddisferà le enormi aspetta-
tive del pubblico? Gli episodi non seguono una linea
narrativa precisa ma sono legati da un unico sottile
filo, la discendenza o presunta discendenza della fa-
miglia degli zar: personaggi, lingue e ambientazioni
cambiano da puntata a puntata. Al centro del primo
episodio di The Romanoffs, quasi 90 minuti di dura-
ta, praticamente un film, c’è la storia di una anziana
aristocratica, interpretata magistralmente da Marthe
Keller, che si trova a dover dividere la sua vita con una
giovane badante musulmana imposta lei dal nipote,
un albergatore squattrinato che mira esclusivamente
ad ereditare il suo appartamento. La qualità tecnica è
di altissimo livello, dalla regia alla sceneggiatura.
Homecoming, il debutto di Julia Roberts in TV Il 2 novembre arriverà invece Homecoming, (clicca
qui per il video) la serie di Sam Esmail (Mr. Robot): è
l’adattamento di un podcast e ruota attorno a Heidi
Bergman (Julia Roberts), assistente sociale in una
struttura del gruppo Geist che aiuta i reduci di guer-
ra a tornare alla vita di tutti i giorni. Come per Good
Omens anche per Homecoming l’arrivo su Amazon
Prime Video è previsto solo il lingua originale in con-
temporanea mondiale, l’adattamento con doppiaggio
italiano arriverà solo nel 2019.
segue a pagina 10
torna al sommario 10
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
La serie tedesca Beat è una spy story che promette beneTra i titoli in arrivo che più ci ha intrigato c’è Beat, se-
rie europea prodotta in Germania. Beat è il promo-
ter di una delle più famose discoteche di Berlino, e
viene assoldato dai servizi segreti come agente sotto
copertura per indagare sul traffico di organi e sull’in-
treccio tra mondo dei club e malavita. Uscirà il 9 di
novembre.
The Grand Tour Stagione 3 sarà ancora più esagerato Jeremy Clarkson, Richard Hammond e James May
torneranno invece su Prime Video nel 2019 con la ter-
za stagione di The Grand Tour (clicca qui per il video).
Dieci episodi, con il “tour” che quest’anno passerà
da Azerbaigian, dalla Georgia per arrivare a Baku.
Il produttore racconta che quest’anno hanno voluto
esagerare: dalla Colombia alla Cina, passando per la
Mongolia, lo show di auto più famoso al mondo riu-
scirà a stupire per l’ennesima volta. Abbiamo visto
una breve clip e siamo totalmente d’accordo con lui:
la terza stagione di The Grand Tour miscela in modo
magistrale automobili, spettacolo e esagerazione allo
stato puro.
Carnival Raw, Eco Challenge e Deutsche Les Landes arrivano nel 2019 Amazon sta investendo tantissimo sui prodotti loca-
li europei, anche per venire incontro alle richieste
dell’Unione che vuole il 30% di produzioni locali nel
catalogo. The Grand Tour è una produzione inglese,
Beat tedesca, Deutsche Les Landes è il contributo
francese. Racconta la storia di un piccolo villaggio del
sud-est della Francia a rischio bancarotta, una diver-
tente commedia sulle divergenze linguistiche e cultu-
rali che si creano nel piccolo paese dopo l’arrivo di un
gruppo di tedeschi “colonizzatori”.
Il prossimo anno ci sarà spazio anche per il fantasy
noir Carnival Row, dove un detective interpretato da
Orlando Bloom investigherà su una serie di delitti
compiuti nell’omonima via. Ambientazione vittoriana
in salsa steampunk, creature mitologiche e un cast di
primo livello, con Bloom accompagnato dalla splendi-
da Cara Delevingne, sono gli ingredienti giusti per una
visione di assoluto livello. Come Julia Roberts, anche
per Orlando Bloom e Cara Delevingne sarà il primo
passaggio in TV dopo la carriera cinematografica.
Nel palinsesto Amazon della prossima stagione non
ENTERTAINMENT
La nuova stagione di Amazon Prime Videosegue Da pagina 09 mancheranno anche sorprese: gli Amazon Studios
hanno infatti acquisito i diritti della Eco-Challenge
2019, la gara multi-sport in esterni più dura al mondo.
Team di quattro persone provenienti da tutto il mon-
do si fronteggeranno in una gara no stop, 24 ore su
24, per giorni interi immersi nella natura più selvag-
gia: prodotta da MGM e da Mark Burnett la gara sarà
presentata dal survivor man americano Bear Grylls.
Saranno dieci episodi in tutto, e saranno ambitati in
un luogo ancora da annunciare: la location per l’edi-
zione 2019 della gara verrà svelata nei prossimi mesi.
Secondo Burnett la Eco Challenge non solo è una
avvincente gara estrema, ma è anche un incredibile
pubblicità per le bellezze del nostro pianeta. Le olim-
piadi della natura.
Che fine ha fatto il Signore degli Anelli?Che fine ha fatto il Signore degli Anelli? Le riprese e
la produzione della serie sta procedendo secondo i
piani previsti, ma ancora Amazon non ha rilasciato
né una data di uscita e neppure una indicazione di
quando potremmo avere maggior notizie. L’anello
comparso nel trailer di presentazione dei prodotti in
arrivo, mostrato ieri mattina al Curzon Cinema, lascia
però pensare che il 2019 possa essere l’anno buono
per la presentazione della serie fantasy basata sui
racconti di Tolkien. Sicuramente nella seconda metà
del prossimo anno ne sapremo molto di più. Nel frat-
tempo Amazon ha annunciato la co-produzione di
The Wheel of Time: insieme a Sony Pictures porte-
rà sullo schermo le storie narrate nell’omonimo libro
fantasy di Robert Jordan
di Massimiliano DI MARCO
U n tavolo condiviso per agevola-
re il passaggio delle frequenze a
700 MHz dalle emittenti televisive
al 5G. Il tavolo “TV 4.0” si è insediato
lo scorso 25 settembre, presieduto dal
ministro dello Sviluppo Economico Luigi
Di Maio alla presenza di rappresentanti
delle istituzioni competenti in materia,
operatori televisivi e associazioni di ca-
tegoria. Con un obiettivo forse troppo
ambizioso: sviluppare piattaforme digitali
in Italia così che “la prossima Netflix” pos-
sa essere italiana. “È tempo che in Italia
si inizi ad anticipare il futuro - ha detto
il ministro allo Sviluppo economico Luigi
Di Maio - e a fare investimenti che van-
no nell’ottica delle nuove tecnologie: la
prossima Netflix può essere italiana se
sviluppiamo a casa nostra le piattaforme
del futuro”. “Siamo pronti - ha sottolinea-
ENTERTAINMENT Il tavolo “TV 4.0” si è insediato il 25 settembre presieduto dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio
Di Maio: “La prossima Netflix può essere italiana”Il ministro Di Maio torna sul tema della “Netflix italiana” insediando il tavolo “TV 4.0”, ideato per programmare il passaggio delle frequenze a 700 MHz dalle TV al 5G: “È tempo che in Italia si inizi ad anticipare il futuro”
to il ministro Di Maio - a valutare interven-
ti correttivi e/o integrativi della normativa
di settore anche al fine di garantire la
riorganizzazione e la competitività del si-
stema radiotelevisivo digitale terrestre”.
Entro il 2022, infatti, le frequenze a 700
MHz dovrannno essere liberate dalle
emittenti televisive (che contestualmen-
te passeranno allo standard DVB-T con MPEG4) per permettere agli operatori di
poter sviluppare i propri servizi.
La nota del ministero dello Sviluppo Economico è avara di dettagli; difficile
valutare quali siano effettivamente gli
interventi in programma pensati da que-
sto tavolo “TV 4.0” o quali siano i futuri
investimenti che dovranno agevolare
l’effettiva nascita di piattaforme simil-Net-
flix completamente italiane e, più in ge-
nerale, l’evoluzione del digitale terrestre.
Parlare, poi, di una sorta di TV nazionale
2.0 in streaming significa, a
oggi, toccare un tasto molto dolente, alla luce dei tanti
disservizi che piattaforme
come Sky Go e DAZN han-
no offerto recentemente ai
propri utenti. L’idea di un’in-
tera piattaforma nazionale in
streaming pare più vicina a
essere un’utopia che qualco-
sa di funzionale nel medio o lungo termi-
ne. Per quanto la “Netflix italiana” possa
essere stata usata da Di Maio unicamen-
te come un esempio delle possibili realtà
la cui nascita, attraverso future agevola-
zioni e interventi, il ministero dello Svilup-
po Economico vuole agevolare, non è la
prima volta che Di Maio usa chiaramente
questa espressione - anzi, tempo addie-
tro ha persino pronosticato la “morte” della TV tradizionale - il che lascia in-
tendere, insomma, che dietro all'idea di
una “Netflix italiana” vi sia un obiettivo
politico e personale. Il tavolo “TV 4.0”
rappresenta, in ogni caso, un punto di
incontro necessario e senz’altro utile per
rinnovare il digitale terrestre, in una fase
di transizione molto delicata. Aggiornata
alle 15.01 per evidenziare che la liberazio-
ne delle frequenze avverrà con passag-
gio a DVB-T con codifica MPEG4 e non
allo standard DVB-T2.
torna al sommario 11
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Gaetano MERO
I mmancabile appuntamento con le novità del mese
in onda su Netflix. A ottobre arrivano tre serie TV
originali in esclusiva, le nuove stagioni di Daredevil
e Black Lightning e il toccante lungometraggio sulla
strage di Oslo diretto da Paul Greengrass.
Serie TV: Daredevil, Hill House e Black Lightning le più attese Il mese di ottobre si apre con la serie originale Élite
(clicca qui per il trailer), un teen drama in 8 puntate che
si svolge tra le mura del collegio Las Encinas. In questa
scuola, riservata ai membri di famiglie facoltose, fanno
il loro ingresso tre adolescenti che appartengono alla
classe operaia, sconvolgendo i già precari equilibri. I
dissapori tra gli allievi dell’istituto sfoceranno in un omi-
cidio per il quale tutti saranno considerati colpevoli. La
serie, prodotta interamente in Spagna, vede nel cast la
partecipazione di tre volti già noti al pubblico: Miguel
Herrán, Jaime Lorente e María Pedraza, rispettivamen-
te Rio, Denver ed Alison Parker de La Casa di Carta.
Ideata da Carlos Montero e Darío Madrona, e prodotta
in collaborazione con Zeta Ficción, Élite sarà disponibi-
le su Netflix a partire dal 5 ottobre.
Riparte con una scoppiettante seconda stagione an-
che Big Mouth (clicca qui per il trailer), serie animata
originale Netflix in cui le insidie della pubertà costitui-
scono il tema centrale. I “mostri” immaginari Maurice e
Connie torneranno a tormentare Nick e Andrew, con
un linguaggio a dir poco esplicito. Disponibile dal 5
ottobre.
Grandi aspettative per Hill House (clicca qui per il trai-
ler), un serial horror tratto dall’omonimo romanzo di
Shirley Jackson. Un’antica casa stregata è lo scenario
in cui episodi paranormali ed incontri demoniaci scon-
volgono le vite di cinque fratelli. La serie è stata adat-
tata e diretta da Mike Flanagan, fanno parte del cast
Michiel Huisman, Carla Gugino, Timothy Hutton. 10 le
puntate di questa prima stagione, in onda su Netflix a
partire dal 12 ottobre.
Sarà trasmessa a partire da martedì 16 ottobre, con
un episodio a settimana, la seconda stagione di Black
Lightning. Cress Williams tornerà a vestire i panni del
supereroe mascherato, parte della squadra DC Comi-
cs, e ad affrontare i criminali che minacciano la tranquil-
ENTERTAINMENT Serie TV, film, show, documentari e programmi per i bambini: ecco quello che vedremo a ottobre su Netflix
Le novità Netflix di ottobre tra horror e supereroiA ottobre su Netflix Hill House, Le terrificanti avventure di Sabrina e il film Apostolo per tutti gli amanti dell’horror Atteso anche il ritorno dei due supereroi Black Lightning e Daredevil. Poche le novità nella sezione show e documentari
lità di Freeland. I 15 episodi che compongono questo
secondo capitolo sono stati diretti da Salim Akil. Nel
cast rivedremo Nafessa Williams (Anissa Pierce), China
Anne McClain (Jennifer Pierce), Christine Adams (Lynn
Stewart).
Venerdì 19 ottobre approda su Netflix la terza stagione
di Daredevil (clicca qui per il video), tra i più noti su-
pereroi dell'universo Marvel. La serie torna a distanza
di circa due anni e mezzo dall’ultima stagione, cosa
che aveva fatto quasi perdere le speranze ai fan dello
show. Tredici episodi compongono questo nuovo capi-
tolo diretto, ancora una volta, da Drew Goddard.
Sabrina Spellman approda ancora una volta in TV, gra-
zie alla serie Le terrificanti avventure di Sabrina in onda
dal 26 ottobre (clicca qui per il teaser). L’adolescente
per metà umana e metà strega, già protagonista di
una fortunatissima serie TV negli anni ’90, tornerà tra i
banchi di scuola della Baxter High con un aspetto de-
cisamente più dark e misterioso. Considerato a tutti gli
effetti uno spin-off della saga Riverdale (trasmessa in
Italia su Premium), la serie è stata creata per Netflix da
Roberto Aguirre-Sacasa. Protagonista assoluta l’attrice
americana Kiernan Shipka (Sabrina), nel cast anche
Miranda Otto (Zelda), Lucy Davis (Hilda) e Michelle Go-
mez (Mary).
Film originali Debutta il 5 ottobre Private Life (clicca qui per il trailer),
brillante commedia scritta e diretta da Tamara Jenkins
per Netflix. Kathryn Hahn (Rachel) e Paul Giamatti (Ri-
chard) interpretano una coppia rassegnata all’idea di
non avere più figli, superata ormai la soglia dei 40. Una
piccola speranza si riaccende quando Kayli, nipote dei
due, decide di trascorrere alcuni giorni con loro.
Sarà disponibile dal 10 ottobre il lungometraggio 22
Luglio (clicca qui per il trailer), incentrato sull’attacco
terroristico che colpì Oslo nel 2011 e in cui persero la
vita 77 persone. La pellicola, diretta da Paul Green-
grass, mostra allo spettatore la storia con gli occhi di
uno dei sopravvissuti, affrontando il lento processo di
riadattamento alla normalità.
Arriva venerdì 12 ottobre Apostolo (clicca qui per il trai-
ler), thriller con sfumature horror, per la regia di Gareth
Evans. Ambientata agli inizi del Novecento in un’isola
sperduta del Regno Unito, in cui viene praticato uno
strano e macabro culto, la storia segue le vicende di
Thomas Richardson (Dan Stevens) che proverà a salva-
re sua sorella Jennifer (Elen Rhys) da un triste destino.
Show, documentari e programmi per i più piccoli Poche le novità proposte a ottobre nella sezione show
e documentari. Sale, Grassi, Acidi e Calorie è una del-
le serie inedite del palinsesto in arrivo l’11 ottobre che
svelerà i segreti per un’alimentazione sana ma, con un
pizzico di allegria. Il 12 ottobre è la volta del documen-
tario Femministe: ritratti di un’epoca. Diretto da Johan-
na Demetrakas, questo lungometraggio esplora le vite
delle protagoniste e la continua necessità di cambia-
mento, tramite scatti degli anni ’70 che descrivono l’es-
senza del movimento femminista.
Arriva il 19 ottobre la seconda parte di Making a mur-
derer, documentario a puntate che ha ricostruito nel
dettaglio la controversa storia di Steven Avery accusa-
to di omicidio nell’85, poi scagionato dopo 18 anni di
carcere e infine nuovamente arrestato per un secondo
omicidio. Dal 23 ottobre sarà in onda il one man show
dedicato all'attore comico Adam Sandler dal titolo
Adam Sandler 100% Fresh.
Per i più piccoli rinnovate le stagioni di Super Monsters
e Baby Boss: di nuovo in affari in arrivo rispettivamente
il 5 e il 12 ottobre. Pronta anche la seconda stagione di
Castelvania la serie anime ideata da Warren Ellis e ispi-
rata dall’omonimo videogame, in onda dal 26 ottobre.
Tra le novità di ottobre anche il nuovo capitolo della
saga The Seven Deadly Sins, tratta dal manga di Naka-
ba Suzuki, disponibile a partire dal 15 ottobre sulla piat-
taforma. In programmazione infine il lungometraggio in
esclusiva Mamma, ho scoperto gli gnomi! che arriverà
il 19 ottobre.
torna al sommario 12
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
L o avevamo visto all’IFA; Sony
Xperia XZ3 debutta adesso in Ita-
lia. Per ora solamente sul negozio
ufficiale online di Sony e su Amazon;
per i punti vendita e per gli operatori
(in Italia si fa riferimento a TIM) biso-
gnerà, invece, aspettare ancora un po’
di tempo. Prezzo di lancio? 799 euro.
Nessuna differenza, quindi, rispetto
all’Xperia XZ2 in questo senso. Le prin-
cipali novità di Xperia XZ3 riguardano
innanzitutto lo schemo da 6 pollici che,
per la prima volta nella storia di Sony
Mobile, adotta un pannello OLED, con
rapporto d’aspetto di 18:9 e risoluzione
Quad HD+. La configurazione hardware
è la stessa di Xperia XZ2: lo Snapdra-
gon 845 è il “cervello”, affiancato da
4 GB di RAM e da 64 GB di memoria
integrata espandibile; lo stesso vale
per la certificazione IP65/IP68 contro
MOBILE Lo smartphone Sony arriva sul mercato italiano, ma per ora si acquista solo online
Xperia XZ3 arriva in Italia a 799 euro Primo smartphone Sony con schermo OLEDPer Xperia XZ3, schermo OLED ma niente doppio sensore per la fotocamera né tacca
acqua e polvere. Sony ha scelto di
seguire un percorso proprio e Xperia
XZ3 non segue alcune delle principali
tendenze in ambito smartphone dell’ul-
timo anno: niente doppio sensore per
la fotocamera posteriore, che però si
affida all'intelligenza artificiale per fun-
zioni aggiuntive, e niente “tacca” sullo
schermo. La fotocamera posteriore in-
tegra un sensore da 19 MP, che permet-
te di registrare video a risoluzione 4K e
in super slow motion (in Full HD) a 960
fps. Xperia XZ3 spinge sull’audio, con
altoparlanto S-Force Front Surround
Sound del 20% più potenti rispetto alla
generazione precedente.
di Roberto PEZZALI
C’è un nuovo Nokia 7: la versione
7.1, presentata qualche giorno
fa, rivisita uno dei modelli di
maggior successo di Nokia facendo leva
su una nuova tecnologia di schermo. No-
kia l’ha chiamata PureDisplay, e secondo
chi lo ha progettato “offre a tutti un’espe-
rienza visiva unica su uno smartphone”.
Lo schermo del Nokia 7.1 sembra a tutti
gli effetti un normale LCD: la risoluzione
di 1.080x2.244 pixel spalmata su una
diagonale di 5.84” in formato 19:9. A
rendere unico lo schermo secondo No-
kia ci sono una particolare pellicola che
migliora la visibilità sotto la luce diretta
del sole e un sistema di processamento
dell’immagine che, oltre a gestire conte-
MOBILE Nokia porta in Italia la versione rinnovata di uno dei suoi smartphone bestseller
Nokia 7.1, schermo HDR e Android One a 359 euroNuovo design e uno schermo PureDisplay capace di riprodurre video HDR. Arriva il 15 ottobre
nuti HDR, è anche in grado di convertire
in tempo reale ogni contenuto da SDR a
HDR. Nokia parla di processore dedicato
a 16 bit capace di “elaborare milioni di
pixel al secondo per fornire la migliore
qualità di visualizzazione possibile in tut-
te le condizioni”, ma l’efficacia è tutta da
dimostrare. Più che altro siamo convinti
che molti avrebbero rinunciato volen-
tieri all’HDR, che pochi apprezzano, per
avere un prezzo un po’ più basso. Anche
perché oggi, dopo aver visto decine di
smartphone, possiamo dire alla Fantozzi
che l’HDR su smartphone “è una c****a
pazzesca”. Con un corpo in vetro e allu-
minio, il notch che saluta nella parte alta
e una doppia fotocamera firmata Zeiss,
da 12 e 5 MP i due sensori, il Nokia 7.1
sembra comunque un ottimo prodotto
di fascia media, che bilancia prestazioni,
costruzione e prezzo. Il processore è il
Qualcomm Snapdragon 636 con 3 GB di
RAM e 32 GB di storage, c’è la porta USB
type-C con ricarica rapida, il Bluetooth
5 e c’è anche una batteria capiente da
3060 mAh. Il vero punto dei forza sembra
tuttavia essere Android One: a bordo c’è
Oreo 8.1, ma Android Pie arriverà presto
su Nokia 7.1 come sugli altri smartphone
Nokia con processore Snapdragon 6xx.
Android One garantisce una esperienza
Android liscia, sicura e promette anche
aggiornamenti che spesso su altri mo-
delli tardano ad arrivare. Nokia 7.1 sarà
disponibile nel colore Gloss Midnight
Blue al prezzo di €359 nei migliori nego-
zi di elettronica di consumo a partire dal
15 ottobre, e dal 5 ottobre in pre-ordine
presso il Nokia Temporary Store di Scalo
Milano, Amazon, MediaWorld online e i
punti vendita Expert.
30GB e 50GB per Tiscali Mobile: Ho e Iliad offrono di piùTiscali Mobile lancia le nuove offerte Mobile 30GB e 50GB. Ho e Iliad però offrono di più
di M . D. M
Tiscali lancia nuove offerte mo-bile, come al solito basate su un ampio pacchetto dati: 30GB e 50GB sono più che sufficienti per tutti ma confrontando il rapporto quantità/prezzo, ormai tarato al ri-basso dopo l’avvento di Iliad e Ho, appare chiaro quanto le offerte di Tiscali siano un po’ meno capienti. Le offerte sono buone e hanno il vantaggio della copertura di rete TIM, ma allo stesso prezzo, pres-so altri operatori, si ottiene di più. Tiscali Mobile ha lanciato Mobile Smart, pensata come pacchetto per le telefonate, Mobile 30GB e Mobile 50GB, queste due, invece, più vicine alle esigenze etero-genee di un utente smartphone. Prendiamo in esame quest’ultima: a 9,99 euro al mese include 50 GB di traffico dati e 2000 minuti di te-lefonate nazionali e in Unione Eu-ropea. Dato il limite sulle telefona-te e l’assenza di SMS, la proposta di Ho, pur con il limite del 4G Ba-sic, allo stesso prezzo e con il plus di minuti e SMS illimitati sarà per molti più accattivante. A meno che ovviamente la limitazione di banda del 4G Basic non sia determinante per il cliente: in tal caso, l’offerta di Tiscali viene immediatamente riabilitata. Il confronto, dal punto di vista del prezzo e dei contenu-ti, appare più cattivo nei confronti di Tiscali Mobile se andiamo nel giardino di Iliad: a 7,99 euro offre 50GB, minuti e SMS illimitati. Sen-za dimenticare che è ancora attiva la proposta Iliad a 6,99 euro con 40GB di Internet. Mobile 30GB di Tiscali Mobile abbassa il prezzo mensile a 6,99 euro al mese, ma con 30GB e 2000 minuti è chiaro che si tratti di un’offerta quantita-tivamente inferiore, per chi vuole navigare e comunicare in serenità ma non ha bisogno di quantità di dati “esagerate”.
torna al sommario 13
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA
L a gamma media degli smartpho-
ne potrebbe incontrare un nuovo
dominatore: è stato presentato in
Italia Honor View 10 Lite, un modello
già noto in Cina come 8X e pensato
appositamente per massimizzare il
rapporto qualità/prezzo. Disponibile da
qualche giorno, View 10 Lite è propo-
sto a 299 euro di listino con ben 128
GB di storage, ma è possibile acqui-
stare il modello base da 64GB a 269
euro. Pur mantenendo chiari i tratti
distintivi del marchio, che si rivolge a
un target giovane/millennial, le speci-
fiche tecniche sono ben carrozzate: il
display è un 19,5:9 da 6,5’’, dimensioni
importanti che però ben si coniugano
con un rapporto screen/body superio-
re al 90%. In pratica, il display è grande
ma le dimensioni dello smartphone lo
sono poco di più, rendendolo comun-
que bello e maneggevole. Il processo-
re è il Kirin 710 octa core con GPU Mali
G51 e la dotazione di memoria interna
MOBILE Due i modelli, quello a 299 euro con 128 GB di storage e quello da 64GB a 269 euro
Honor View 10 Lite in Italia a 269 euro Sarà il dominatore della fascia media?Honor View 10 Lite arriva in Italia: per 269 euro di prezzo di listino è un bel telefono grintoso
è di 4 GB in entrambe le varianti. Si-
stema operativo Android Oreo 8.1 con
interfaccia EMUI e batteria da 3750
mAh per una durata media superiore al
giorno di utilizzo. Per quanto concerne
le fotocamere, Honor View 10 Lite usa
una configurazione dual camera con un
modulo principale da 20 mpixel e aper-
tura f/1.8 e un secondario da 2 mpixel
per i dettagli di profondità, il tutto da
integrare con il sistema di AI capace
di riconoscere fino a 20 scene e appli-
care correzioni automatiche. Essendo
un telefono dedicato a target giovane,
molta attenzione è stata dedicata alla
fotocamera frontale, da 16 mpixel con
apertura f/2.
Kena, 6,90 euro per 50 GBKena Mobile raggiunge la soglia dei 50 GB a basso costo. L’offerta si chiama ‘6,90’ e sottolinea il prezzo del pacchetto mensile: per 6,90 euro, i clienti ottengono 50 GB da dati, aggiungono 1.500 minuti di telefo-nate e 30 sms. È proprio il traffico voce e quello testuale che differenzia questa offerta dalla media delle altre low cost: considerando che l’uso degli sms decresce continuamente, l’offerta resta molto interessante ai più, nonostante non sia semplice interpretare l’oscura mossa di marke-ting che ha deciso di ridurli all’osso e porre un freno al traffico voce. Anche se 1.500 minuti sono tutt’altro che pochi da consumare in un mese. L’offerta è ricaricabile e prevede un pacchetto dati di 3GB da consumare all’estero (UE), per la navigazione in Italia resta il solito vincolo della rete 3G. Va detto, però, che è in corso l’aggiornamento delle offerte al 4G.
MOBILE
Iliad, 4,99 euro al mese ma solo voceIliad propone una offerta low cost solo voce: minuti e SMS illimitati in Italia e in Europa, verso fissi e mobili, a 4,99 euro al mese per sempre. Nessun vincolo contrattuale, trattandosi di una semplice ricaricabile con addebito su credito residuo. Inclusi nel piano anche servizi come segreteria telefonica, avviso di chiamata e recall se il telefono è spento o non raggiungibile. L’offerta attualmente sembra essere la più conveniente in circolazione se paragonata ai piani proposti dai principali operatori italiani. Con Iliad Voce sono inclusi inoltre 40 MB di traffico dati in 4G in Italia e in Europa. Se si superano i 40 MB si navigherà a 0,90€ ogni 100 MB. Ovviamente è un’offerta che ha senso per chi non ha intenzione di navigare: in caso contrario il piano classico ha più senso. La SIM avrà un costo di 9,99€ e potrà essere acquistata sul sito www.iliad.it e tramite le Simbox presenti presso gli oltre 140 Iliad Store e Corner in tutta Italia. L’offerta è limitata e disponibile per i primi 200.000 clienti.
di Gaetano MERO
L G ha alzato il sipario sul nuovo LG
Watch 7, il primo smartwatch ibri-
do del produttore sudcoreano che
combina movimento meccanico e fun-
zionalità digitali. LG prova ad unire al
sistema operativo Wear OS di Google la
praticità di due lancette analogiche, che
si muovono sul display LCD da 1.2 pol-
lici, preservando l’autonomia. Il dispo-
sitivo ha a bordo il chipset Qualcomm
Snapdragon Wear 2100, 768 MB di
RAM e 4GB per l’archiviazione interna,
moduli Wi-Fi 802.11 b, g, n e Bluetooth
4.2 BLE, altimetro, barometro e bussola,
manca invece il cardiofrequenzimen-
tro. La cassa è in acciaio e possiede la
certificazione di impermeabilità IP68, il
peso è di 79 grammi, è compatibile con
cinturini standard da 22 mm ed arrive-
GADGET Sarà disponibile negli Sati Uniti dal 14 ottobre a un prezzo di 449 dollari
LG Watch 7, il primo smartwatch “ibrido” di LGIl nuovo Watch 7 combina le funzionalità di Wear OS con movimento analogico al quarzo
rà in un’unica colorazione silver. Tra i
maggiori vantaggi del doppio sistema
analogico/digitale vi è indubbiamente
l’autonomia: la batteria da 240 mAh
riesce a garantire 48 ore con una sola
ricarica in modalità smartwatch, mentre
arriva a 100 giorni con le funzioni intel-
ligenti disabilitate, utilizzando dunque
l’LG Watch 7 come un orologio classico.
Le lancette possono inoltre essere uti-
lizzate per le funzioni di cronometro e
timer. Com’è facile immaginare, il movi-
mento al quarzo copre parte del display
e ciò potrebbe costituire un “problema”
durante la ricezione delle notifiche. LG
ha cercato di ovviare a questo piccolo
inconveniente con un tasto fisico che
permette di posizionare entrambe le
lancette in orizzontale e alle notifiche di
scorrere per facilitarne la lettura. È ne-
cessario indubbiamente qualche giorno
di utilizzo per familiarizzare con questo
sistema che potrebbe essere replicato
anche da altri produttori, LG metterà a
disposizione numerosi quadranti studia-
ti per adattarsi in modo naturale al mo-
vimento delle due lancette. LG Watch 7
sarà dispo-
nibile per il
mercato sta-
tunitense a
partire dal 14
ottobre ad
un prezzo di
449 dollari,
nessuna in-
formazione
al momento
sulla com-
m e r c i a l i z -
zazione in
Europa.
torna al sommario 14
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA
Asus ha lanciato uno smartphone
che - oltre alle consuete funziona-
lità di comunicazione e navigazio-
ne - offre un comparto hardware e sof-
tware ottimizzato per le esigenze di chi
ha una vera e propria passione per i vi-
deogame. ROG Phone è uno smartpho-
ne Android che Asus ha presentato allo
scorso Computex, poi a GamesCon, IFA
e ora ha deciso di portare in Italia, per
la felicità di chi non scende a patti con
le prestazioni videoludiche. Durante la
presentazione milanese, primo contat-
to di Rog Phone con gli appassionati
italiani, Asus ha sottolineato più volte
come uno smartphone da gaming non
sia semplicemente uno smartphone
“potente”: è necessario che disponga
di funzionalità ad hoc, che non surri-
scaldi troppo nonostante l’erogazione
di potenza, che garantisca grande au-
tonomia e ovviamente un livello di “fps”
più che adeguato nonostante l’elevata
risoluzione dello schermo.
Abbiamo avuto modo di toccare con
mano uno dei primi esemplari disponi-
bili sul nostro mercato e possiamo testi-
moniare come la ricerca della potenza
“bruta” non abbia intaccato più di tanto
il fattore estetico: non è un campione
di sottigliezza né di eleganza (d’altron-
de riprende le linee della gamma), ma
è uno smartphone Android come tutti
gli altri, certamente particolare ma pur
sempre piacevole alla vista. Al suo inter-
no, la piattaforma Qualcomm Snapdra-
gon 845 con unità ‘speed-binned’, cioè
selezionate una ad una per raggiunge-
re una velocità di clock da 2,96 GHz, il
tutto supportato dalla GPU Adreno 630,
8 GB di RAM LPDDR4 e 128 GB di me-
moria di storage. Tutto ciò unito a un di-
splay OLED da 6’’ con 1 ms di latenza e
frequenza di refresh di 90Hz, è capace
MOBILE Su una base “classica” realizzate diverse ottimizzazioni capaci di fare la differenza
Rog Phone, lo smartphone per veri gamer Arriva in Italia dal 25 ottobre a 899 euroAsus ha presentato Rog Phone, lo smartphone Android pensato per gli hardcore gamer
di offrire le prestazioni richieste dai ga-
mer più esigenti. In tutto questo si pone,
ovviamente, un problema di raffredda-
mento: il telefono integra la tecnologia
GameCool, ovvero un sistema interno
di raffreddamento a camera di vapore
3D ad alta efficienza che offre un’area
per la dissipazione del calore 16 volte
più ampia rispetto a un sistema tradi-
zionale. A questo si aggiunge, in caso
di necessità, un dispositivo AeroActive
compreso nella dotazione: una ventola
da collegare a presa proprietaria latera-
le per un’extra dose di aria nei momenti
più concitati.
Le caratteristiche dello smartphone si
completano con la fotocamera frontale
da 8 mpixel e il modulo dual-cam poste-
riore da 12 e 8 mpixel, la seconda delle
quali con ottica grandangolare da 120°.
Ma meritano senza dubbio una citazio-
ne gli AirTrigger, cioè i 3 sensori tattili
(due sul bordo laterale, uno su quello
superiore) che, previa configurazione,
fungono da trigger sinistro/destro del
classico controller da gioco. In que-
sto modo il gamer può giocare con
due dita sullo schermo e due sul bor-
do dello smartphone: la pressione dei
sensori comporta inoltre un feedback
per rendere tutto più realistico. ROG
Phone supporta la ricarica rapida e ha
una batteria da 4.000 mAh, mentre per
quanto concerne il sonoro troviamo il
supporto per DTS Headphone:X e per
l’audio 24bit/192kHz: c’è il jack per le
cuffie, cosa che ormai va sottolineata
ogni volta che capita. Il sistema opera-
tivo è Android Oreo 4.1 sul quale sono
state operate diverse ottimizzazioni: la
più evidente è la modalità X Mode che
scarica la RAM per dedicarla unicamen-
te ai giochi, blocca le notifiche, accelera
al massimo l’hardware e limita tutte le
app che consumano memoria e risorse
in background. Tutto deve essere con-
centrato sui giochi per offrire le massi-
me prestazioni in-game.
Notevole anche il catalogo di accessori:
tra le novità pensate per Rog Phone tro-
viamo TwinView Dock, che trasforma lo
smartphone in una console dual-screen
aggiungendovi uno schermo ausiliario
AMOLED da 6 pollici (2160x1080), idea-
le per il live-streaming e le chat di grup-
po con schermo diviso in due, quattro
altoparlanti frontali, due ulteriori pulsan-
ti fisici di attivazione, un sistema di force
feedback con doppio feedback aptico,
sistema di raffreddamento potenziato
e una batteria aggiuntiva da 6000mAh.
Dal canto suo, il Mobile Desktop Dock
è invece pensato per permettere ai ga-
mer di collegare ROG Phone a un moni-
tor 4K esterno, mentre WiGig Dock per-
mette di giocare su grande schermo in
modalità totalmente wireless grazie alla
tecnologia Wi-Fi 802.11ad a 60 GHz.
Parliamo infine di disponibilità e prezzo.
Rog Phone arriverà in Italia il 25 ottobre
prrossimo e sarà disponibile in esclusi-
va sull’eShop di Asus, Asus Gold Store
e con Vodafone (sia store che e-shop):
il prezzo di listino è di 899 euro, ma con
Vodafone sarà possibile usufruire di ta-
riffe mobili ad hoc come Shake Remix
Unlimited per gli Under 30. Questa ta-
riffa offre 20 Giga, 300 minuti e 50 SMS
(più Giga illimitati su contenuti specifici
quali mappe e musica) a 29,99 euro al
mese più il contributo iniziale di 49,99
euro per il device.
In arrivo la pubblicità su WhatsApp. Per ora nelle storieLe pubblicità su WhatsApp arriveranno nel primo trimestre del 2019. Inizialmente saranno integrate nelle storie (o stati) e si esclude che diventino parte integrante della chat o dei gruppi
di E. V
La pubblicità sta per fare il suo debutto nel sistema di messag-gistica n. 1 al mondo: WhatsApp. Gli spot arriveranno nel primo tri-mestre 2019 ma non andranno a riempire le chat che usiamo tutti i giorni per i nostri contatti e gruppi personali. La loro presenza sarà - almeno inizialmente - legata alle “storie”. Tutto farebbe pensare a una partenza lenta e graduale: le storie permettono l’inserimento - tutto sommato poco fastidioso - di formati pubblicitari a tutto scher-mo, cosa che non si potrebbe dire di una chat, dove un banner pulsante, un video popup o a tut-to schermo potrebbero generare un clamoroso effetto boomerang nei confronti della piattaforma. Ma questo Facebook lo sa bene se ha deciso di partire gradualmente. La notizia proviene dal country di-rector di Facebook Italia Luca Co-lombo, che in un intervento all’Ey Digital Summit di Capri ha escluso intrusioni dell’advertising tradi-zionale all’interno delle chat con-venzionali: Facebook è già attiva per rendere la piattaforma di mes-saging attraente alle aziende e a fini pubblicitari ma - almeno in una prima fase - punterà su tecnologie alternative e automatizzate per costruire un dialogo tra le azien-de e gli utenti della piattaforme. Come dire: nessuna invasione di banner, almeno per ora.
torna al sommario 15
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA
D opo la presentazione della ver-
sione Lite allo scorso IFA di Ber-
lino, Huawei sta finalizzando il
lavoro sulle due versioni “top” della
gamma: Mate 20 e Mate 20 Pro. En-
trambi verranno presentati nel corso di
un evento stampa che l’azienda ha già
ufficializzato per il 20 ottobre a Londra
e andranno a completare la gamma alta
del produttore di Shenzhen. Assoluta-
mente normale che, con l’avvicinarsi
della data tanto attesa, la girandola di
rumor e indiscrezioni si stia intensifican-
do non poco. Sono comparse sui social
cinesi le prime immagini dei render di
Mate 20 Pro che - con buona probabi-
lità - Huawei userà come materiale per
la presentazione del 16 ottobre. La ca-
ratteristica di punta, peraltro già nota,
è l’impiego di tre fotocamere posteriori
posizionate in modo diverso rispetto al
P20 Pro della medesima azienda: in un
quadrato che contiene, oltre ai tre mo-
duli di cui sopra, anche il classico flash
MOBILE Con l’avvicinarsi della presentazione alla stampa, i rumor aumentano a dismisura
Huawei Mate 20 Pro, il 16 ottobre si sta avvicinando. Tutto quello che sappiamoC’è molta attesa per il nuovo Huawei, sono anche comparse le prime immagini del press kit
LED. Al momento, però,
non sono note le carat-
teristiche tecniche, al di
là del marchio Leica che
garantisce un certo livel-
lo di qualità: avvicinan-
doci al 16 ottobre, anche
queste verranno rivelate.
Maggiori informazioni
sulle altre specifiche, che
come detto identificano
un prodotto di fascia alta:
Mate 20 Pro avrà uno
schermo OLED da 6,3’’
con la ormai consolidata
eliminazione delle cornici
che fa risparmiare spazio
allo chassis. A differenza
della soluzione completamente border-
less, come quella adottata da Oppo e
prossimamente da Xiaomi, qui è ben vi-
sibile la classica “tacca” resa celebre di
iPhone X. Per quanto riguarda il resto,
si parla di 6GB di RAM, del processore
Kirin 980 a 7 nanometri, e del sensore
biometrico integrato nel display che
rende Mate 20 Pro una vera chicca
tech. Infine, parliamo di una batteria da
4.200 mAh e 128 GB di Storage, il tutto
su Android 9 e interfaccia EMUI. Una
ventina di giorni e scopriremo anche il
prezzo…
Più giga allo stesso prezzo Wind migliora le offerte All InclusivePiù giga nell’offerta ma senza aumenti: Wind alza il tiro sul traffico dati incluso nelle offerte All Inclusive di Massimiliano DI MARCO
Cambiano alcune offerte Wind a favore dei clienti: allo stesso prezzo mensile gli utenti avranno più traffico dati incluso. Le offerte coinvolte sono All Inclusive, All In-clusive Young e Wind Smart Pack. Con qualche condizione. Salgono a 20 i GB di traffico inclusi in All In-clusive; il costo di 12 euro non vie-ne toccato. L’offerta include anche 100 SMS e minuti illimitati e il prez-zo scende a 10 euro per gli utenti che pagano con carta di credito o addebito su conto corrente. Anche i già clienti All Inclusive a partire dal 18 luglio 2018 potranno godere dei 10 GB in più. I giga a disposizione crescono anche con All Inclusive Young, soluzione dedicata agli Under 30. L’offerta include, a 9 euro al mese, minuti illimitati, 100 SMS e 20 GB, che diventano 30 con il pagamento con carta di credito o addebito su conto corrente. L’aumento fino a 30 GB vale anche per i clienti che hanno già attivato All Inclusive Young a partire dal 18 luglio 2018. Pù GB anche per chi decide di af-fiancare a Wind Smart Pack alcuni smartphone. I clienti che passano a Wind e desiderano acquistare uno smartphone possono attivare Wind Smart Pack che prevede, a 9 euro al mese, un telefono incluso, 30 GB e 1000 minuti. Abbinando all’offerta un modello a scelta tra Samsung Galaxy J3, Samsung Galaxy J5 e Xiaomi Redmi 5 Plus, i giga disponibili diventano 40. I clienti che hanno già attivato Wind Smart Pack a partire dallo scorso 23 luglio possono beneficiare di
15 GB ag-giuntivi per la propria offerta.
di Roberto PEZZALI
L’iPhone litiga con i caricabatterie a
filo. Non solo il nuovo iPhone Xs,
anche i vecchi modelli. Negli scor-
si giorni è scoppiato quello che molti
stanno già battezzando “charge-gate”:
se si inserisce il connettore a schermo
spento lo smartphone potrebbe non
ricaricarsi. Un problema sicuramente
software, che non riguarda affatto la ri-
carica wireless ma solo quella a filo. Per
evitare spiacevoli sorprese basta solo
stare un po’ attenti: l’iPhone quando
entra in carica emette un suono e una
leggera vibrazione, se non succede nul-
la non si è attivata la ricarica. E a questo
punto basta toccare lo schermo e re-in-
serire il cavo per vedere l’icona di carica
apparire. Apple sta indagando, ma dalle
prove che abbiamo fatto il bug si verifi-
ca quasi sempre se non si sta usando
MOBILE La causa sembra essere un problema software sul quale Apple sta indagando
iPhone non si carica per un bug di iOS. Apple indagaiPhone Xs non si ricaricherebbero se si inserisce il connettore lightning a schermo spento
l’iPhone da un po’ di tempo, quindi con il
sistema in uno stato di “deep stand-by”,
ed è probabile che Apple abbia inserito
per sbaglio qualche processo di gestio-
ne della carica nel gruppo di quelli che
vengono spenti per non impattare sui
consumi. Più che il bug, che non è gra-
ve come lo si dipinge, a far notizia è la
presenza di un bug così appariscente in
un sistema operativo, iOS 12, che è sta-
to provato e testato a fondo per evitare
i bug che hanno colpito la versione pre-
cedente. Questo della carica potrebbe
però non essere l’unico problema di iOS
12 in questo ambito: Apple ha deciso
infatti di aumentare il livello di sicurez-
za sia con connettori USB standard sia
con connettori USB Type C. Nel caso di
questi ultimi abbiamo notato che molti
caricatori USB Type C per smartpho-
ne Android non vengono riconosciuti:
Apple avrebbe infatti attivato la USB-C
Authentication, o C-AUTH, una codifica
che verifica l’autenticità del caricatore e
la perfetta aderenza agli standard. Se
non passa il controllo lo smartphone
richiede all’alimentatore solo 2.5 watt,
con l’iPhone che si ricarica lentissimo.
Una cosa simile accade con il caricatore
degli smartphone OnePlus: alcuni mo-
delli non ricaricano l’iPhone. L’Unione
Europea chiede alimentatori standard
ad alta compatibilità, ma i produttori
stanno facendo di tutto per andare nella
direzione opposta.
www.lg.com/it
Ci sono capacità evolute, come l'intelligenza artificiale, che possono rendere uno smartphone straordinario nei gesti di tutti i giorni:per esempio capire la luce, riconoscere una voce a distanza, distinguere i soggetti ad ogni inquadratura per regalarti la foto perfetta. Tutto questo è LG G7 il nuovo smartphone di LG che offre un’esperienza unica in un corpo dal design speciale, maneggevolee leggero. LG G7, Mente Smart in Corpo Speciale.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA
N egli ultimi anni, tutte le volte che viene pre-
sentato uno smartphone di alta gamma dai
soliti noti Apple, Samsung, Huawei ecc, la
reazione è sempre la stessa: “bellissimo, ma prez-
zo esagerato”. Espressioni colorite tipo “ma questi
sono pazzi”, o “non spenderò mai più di mille euro
per un telefono” sono diventate una costante, quasi
a voler sottolineare l’esponenziale crescita di prezzo
degli smartphone negli anni. Ed è curioso pensare
come altre categorie tecnologiche, di consumo an-
che meno ampio, abbiano subito un processo dia-
metralmente opposto: ricordate quando costava un
TV 16:9 da 32’’ all’inizio degli anni ’90, uno dei pochi
presenti sul mercato? Superavamo i 3 milioni di lire,
poi la tecnologia ha fatto il suo corso e oggi un 55’’
di buona qualità costa meno di mille euro. Nella te-
lefonia cellulare sembrerebbe che, dopo l’inevitabile
calo di prezzo successivo alla ‘massificazione’ del fe-
nomeno, si stia tornado a quel periodo pionieristico
dove il Motorola MicroTAC costava 1 milione di lire.
Tutto considerato, un top di gamma di oggi può co-
stare anche molto di più.
Tornando a oggi, ci siamo domandati se alla perce-
zione dell’aumento di costo degli smartphone corri-
spondano dati oggettivi: non c’è dubbio che 10 anni fa
un iPhone top di gamma col massimo della memoria
non costasse i 1.689 euro, ma c’è stata davvero una
crescita avvertibile nei listini degli smartphone? Al
momento ci siamo limitati ai prodotti di alta gamma
di quattro “big player” del mercato, ma nulla vieta di
estendere in futuro la cosa anche ad altri produttori e
categorie diverse per avere un quadro più completo.
Come dicevamo non c’è pretesa di scientificità, vo-
gliamo solo verificare se il sentimento diffuso dell’au-
mento di prezzo sia in qualche modo sostenuto da
fatti o resti, appunto, un puro e semplice ‘sentiment’
di mercato.
MOBILE Abbiamo confrontato i prezzi di listino degli ultimi 5 anni relativi agli smartphone più “gettonati” del momento
Smartphone, prezzi quasi raddoppiati in 5 anniVogliamo comprendere meglio se veramente il prezzo medio degli smartphone è cresciuto esponenzialmente
Come abbiamo comparato i dati È difficile comparare smartphone diversi e annate di-
verse. Le questioni da affrontare non sono poche, ma
riguardano i modelli da prendere in considerazione:
per esempio, volendo valutare Apple possiamo con-
siderare il prezzo di listino dell’iPhone 5 quando uscì,
ma lo dovremmo comparare a quello attuale di iPho-
ne Xs, Xs Max o Xr? E con quale taglio di memoria,
posto che qui la crescita è stata costante?
Abbiamo quindi deciso di fare due comparazioni:
nella prima abbiamo considerato quattro marchi im-
portanti (Apple, Samsung, LG e Huawei) mettendo a
confronto i modelli “top” delle varie annate prese in
considerazione. La ratio è semplice: se nel 2012 aves-
si voluto acquistare l’iPhone migliore mi sarei rivolto
ad iPhone 5, ma se faccio lo stesso ragionamento nel
2018 probabilmente mi dovrei rivolgere ad iPhone Xs
Max. Ecco perché nel primo grafico vedete sulla stes-
sa linea modelli che apparentemente sembrerebbero
poco omogenei: in realtà si tratta, all’interno dell’of-
ferta dello stesso produttore, delle varianti “top” usci-
te nell’anno in questione. Per quanto riguarda i tagli
di memoria, abbiamo considerato il modello base in
tutti i casi: che siano 16GB, 32GB o 64GB, a noi questo
interessa poco.
La seconda ipotesi è diversa: nonostante si entri più
sul soggettivo, abbiamo pensato di mettere a con-
fronto modelli “simili” a livello di specifiche tecniche.
Per questo motivo nel secondo grafico iPhone 5 è
messo in comparazione con iPhone 6s, 7, 8 e Xr. Qui
c’è molto di soggettivo, ripetiamo, ma è interessante
scoprire se il prezzo medio per caso è salito anche
su modelli simili a livello di prestazioni, sia pur con gli
inevitabili scarti dovuti alla generazione.
Smartphone di alta gamma, il prezzo medio saleComparando il prezzo di listino delle varie annate, la
tendenza alla crescita è innegabile, quanto meno sui
marchi che abbiamo preso in considerazione e sui
telefoni di alta gamma, quelli che fanno maggiormen-
te parlare di sé. Questo non deve portare chi legge
ad “accusare” immediatamente il produttore di par-
Qui abbiamo messo a confronto i modelli “top” di ogni produttore negli anni considerati. I prezzi sono quelli di listino del modello base, cioè con minore memoria di storage
Comparazione analoga alla precedente ma fatta su modelli “simili” a livello di caratteristiche tecniche
segue a pagina 18
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
ticolare avidità: oltre a scelte legate alla redditività
aziendale, che restano in ogni caso fondamentali, ci
sono altri mille fattori di natura tecnica, economica e
anche politica che determinano il prezzo finale di un
prodotto, quello che poi incontra il mercato e ne su-
bisce (se così si può dire) le sue dinamiche. Resta il
fatto che per avere il meglio in casa Apple, nel 2012
bisognava spendere 729 euro per un iPhone 5, oggi
per un iPhone Xs Max con dotazione di memoria di
base tocca tirar fuori 1.289 euro, quasi il doppio. Il
paragone non regge? Bene, allora compariamo iPho-
ne 5 del 2012 ad iPhone 8 del 2017, scoprendo che
anche qui c’è una differenza del 15%. Non è di si-
curo una tendenza imputabile solo ad Apple: anche
Samsung sta crescendo negli ultimi anni nonostante
abbia mantenuto identico il prezzo del Galaxy S6
Edge+ e del Galaxy S7 Edge; poi, però, ha alzato
progressivamente i prezzi di S8+ e S9+. Idem per LG,
che però cresce in modo un po’ meno pronunciato,
e per Huawei, che parte dal basso per poi allinearsi
agli altri produttori con le ultime generazioni.
A quando il telefono da 2.000 euro? Di questo passo, tra un paio d’anni le versioni più pre-
giate dei telefoni top di gamma arriveranno alla soglia
dei 2.000 euro. E non ci sarà niente di strano: chi oggi
si può permettere uno smartphone da 1.700 euro sen-
za batter ciglio, probabilmente potrà pagarne 300 in
più senza preoccuparsi più di tanto. Cresceranno le
caratteristiche tecniche, il numero delle fotocamere,
la memoria e lo spazio di storage, di modo tale che
il confronto tecnico tra telefoni di generazioni diver-
se giustifichi la spesa agli occhi dei possibili facoltosi
acquirenti. A livello di rapporto qualità/prezzo, inve-
ce, l’ago della bilancia penderà sempre più a favore
della gamma media, il cui aumento di prezzo è infatti
molto più lento e contenuto, e di quei produttori che
nascono e prosperano
proprio sul concetto di
“prezzo equo” in funzio-
ne dell’hardware: Xiaomi,
per esempio, OnePlus op-
pure i classici smartphone
da 400/450 euro dei pro-
duttori più conosciuti. Qui
il prezzo è relativamente
stabile e le caratteristiche
migliorano di anno in anno
cercando di massimizzare
il valore dell’acquisto.
Se non si hanno o non si
vogliono spendere 1.000
o più euro per un nuovo
iPhone fiammante, la stra-
da è senz’altro questa, e
le soddisfazioni non sono
poi tanto diverse.
MOBILE
Prezzi smartphone in continua crescita segue Da pagina 17
All-In Master di Tre, minuti illimitati, 30 GB e 6 mesi di Apple Music a 6,99 euroTre ha lanciato la nuova offerta All-In Master. La promozione costa 6,99 euro al mese e prevede un pacchetto interessante: 30 GB di traffico dati e minuti illimitati per le chiamate nazionali. Inoltre ci sono 6 mesi di Apple Music, il servizio di streaming musicale per iOS e Android. All-In Master include anche “giga bank”, ossia la possibilità di mantenere i giga rimasti dal mese preceden-te. L’offerta è attivabile fino al 21 ottobre; chi la attiva online non paga il costo di attivazione, normalmente pari a 9 euro. Il costo diventa più conveniente qualora l’utente fosse abbonato a un’offerta Super Fibra/Internet200/Internet 20/Internet7 di Infostrada; in tal caso il prezzo mensile di All-In Master, come speci-ficato nelle note dell’offerta sul sito ufficiale, scende a 5 euro e i giga inclusi diventano illimitati. Ovvia-mente tale beneficio svanirà qualora l’utente dovesse disdire le offerte per la linea fissa. All-In Master è atti-vabile soltanto con carta di credito o addebito su conto corrente.
di Massimiliano DI MARCO
I volti nei selfie scattati con iPhone Xs e
Xs Max sono molto belli. Forse trop-
po, al punto che tanti utenti si sono
chiesti se Apple applicasse automati-
camente un “filtro bellezza” negli auto-
scatti, così da rendere la pelle più lucida
e far apparire le persone nello scatto
ancora meglio. Niente di tutto questo e
a spiegarlo ci ha pensato Sebastien de With, sviluppatore di Halide, applicazio-
ne fotografica per iOS. Il tutto si riduce
alla tecnica usata con i nuovi iPhone - fo-
tografia computazionale (computational
photography) - per migliorare le foto-
grafie. “Con i potenti chip dei moderni
iPhone, Apple può prendere una serie
di foto - alcune di loro anche prima dello
scatto - e unirle in un unico scatto per-
fetto” spiega de With. Ciò cosa ha a che
fare con le ipotesi che hanno circondato
i selfie scattati con iPhone Xs e Xs Max
negli ultimi giorni? Gli autoscatti non sa-
rebbero migliori a causa di un presunto
filtro applicato automaticamente, bensì
il risultato della nuova tecnica usata da
Apple. Sono due, quindi, le ragioni del
miglioramento automatico dei selfie:
una riduzione del rumore più aggressi-
va e un’esposizione più bilanciata, che
MOBILE Alcuni utenti si chiedono se iPhone Xs migliori automaticamente i selfie con un filtro
iPhone Xs, selfie con “filtro bellezza”? Non è così e un fotografo spiega perchéTutto dipende dalla tecnica di fotografia computazionale di Aplle e dalle novità software
“riduce la durezza eliminando le luci
forti e i contrasti più forti dove la luce
colpisce parte della pelle”. La fotogra-
fia computazionale, insomma, bilancia
l’autoscatto, dando l’impressione di un
filtro applicato sullo scatto; niente di tut-
to questo, invece. “iPhone Xs unisce le
esposizioni e riduce la luminosità delle
aree più chiare e riduce l’oscurità delle
ombre” aggiunge de With. “Il dettaglio
rimane, ma possiamo percepirlo come
meno nitido perché perde il contrasto
locale”. Bisogna poi considerare che i
sensori delle fotocamere frontali sono
più piccoli rispetto a quelli dedicati alle
fotocamere posteriore, il che significa
che gli autoscatti hanno una qualità
media inferiore rispetto alle foto scat-
tate con il sensore principale. Seguen-
do tale ragionamento, il software dello
smartphone avrà bisogno di correggere
di più i dettagli dei selfie e, in tal senso,
interviene la riduzione del rumore più
aggressiva di iPhone Xs; con la riduzio-
ne del rumore, inoltre, si perde un po’
di contrasto. “Il compromesso - prose-
gue de With - è che i selfie, che tradi-
zionalmente sono peggiori in condizioni
scarse o miste di luminosità (la maggior
parte delle volte!) non sono più sovrae-
sposti e in molti casi sono anzi migliori,
anche se un po’ troppo lisci”.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
R itratto che passione. L’utilizzo di sensori tele nel
caso di smartphone con doppia fotocamera e
una massiccia dose di calcolo computazionale
hanno permesso ai produttori di smartphone di rea-
lizzare ritratti con una resa simile, almeno visivamen-
te, a quelli realizzati con una macchina fotografica di
un certo livello. Abbiamo scelto tre modelli di punta
e abbiamo provato a scattare le foto usando proprio
la modalità portrait, regolando dove possibile anche
lo sfuocato. Il primo è il nuovo iPhone XS Max, con
Apple che ha rivisto la modalità ritratto aggiungendo
la possibilità di simulare il cambio di apertura e mi-
gliorando la gestione dei bordi; il secondo è il Pixel
2 XL di Google, che con una sola fotocamera ha di-
mostrato più volte di riuscire a fare miracoli, offrendo
scatti di qualità con una resa assolutamente natura-
le; il terzo è il Note 9 di Samsung, ad oggi uno dei
migliori smartphone sul mercato non solo per la par-
te fotografica, che ricordiamo è dotata di un doppio
sensore con il modulo principale a doppia apertura.
In questa prova abbiamo cercato di variare le condi-
zioni di utilizzo e di scatto: in qualche caso la distan-
za tra lo sfondo e il soggetto è ravvicinata, per vede-
re se lo smartphone capisce la condizione e limita la
sfocatura, in altri è invece molto distante, per capire
MOBILE In questa nostra particolare sfida il nuovo iPhone XS si confronta con il Samsung Note 9 e con il Pixel 2 XL
Qual è lo smartphone che fa il miglior ritratto? Si sfidano iPhone XS, Pixel 2 e Note 9Sette scatti realizzati in modalità ritratto per capire chi, tra i top di gamma, gestisce meglio la luce e lo sfuocato
se è in grado di gestire diversi piani di fuoco. Abbia-
mo inserito anche lo scatto a un set di Lego: come
funziona la modalità ritratto quando il soggetto non è
una persona ma un oggetto di altro tipo?
In questa prova la cose da valutare sono molte, non
solo la qualità e la pulizia della foto: nessuno degli
scatti è il risultato di un puro effetto ottico, in tutti i
casi interviene anche il calcolo computazionale: l’al-
goritmo deve essere in grado di capire che elementi
appartengono al primo piano e quali allo sfondo. Ca-
pelli ricci, elementi sottili e zone prive di contrasto
Apple iPhone XS Samsung Galaxy Note 9Google Pixel 2 XL
Distanza ravvicinata: nello scatto sopra si può apprezzare come Apple riesca a dare maggior profondità alla scena. Solo il viso della ragazza è a fuoco, la camicia e anche i capelli sono gius-tamente su un altro piano leggermente sfuocati. Samsung sbaglia la luce, Pixel più equilibrato.
La ragazza con la camicia bianca
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mettono a dura prova gli algoritmi degli smartphone,
e la stessa cosa si può dire di quegli elementi “buca-
ti” che lasciano intravedere lo sfondo.
Chi vincerà? In queste pagine trovate i sette scat-
ti, per alcuni dei quali abbiamo proposto anche un
piccolo crop (vedi qui) per mostrare come il sistema
di scontorno possa essere più o meno preciso a se-
conda delle situazioni. Selezionando ogni foto sarà
possibile aprire la versione intera.
Samsung scontorna meglio, iPhone dona più profondità. Il Pixel è più equilibratoOgnuno dalle foto può trarre le sue conclusioni:
sebbene tutti e tre gli smartphone siano in grado di
realizzare ottimi ritratti crediamo che ognuno abbia i
suoi pro e i suoi contro. Dell’iPhone Xs apprezziamo
moltissimo la profondità che riesce a dare alle foto:
utilizzando il machine learning e il calcolo computa-
zionale Apple riesce a creare una sfocatura progres-
siva su più piani, con un effetto molto vicino a quello
di un vero obiettivo da ritratto. Tuttavia non è sem-
pre preciso nella separazione dei piani, anzi, in mol-
te situazioni sbaglia e non di poco se si sceglie una
apertura generosa (da f/2 in giù). Il Note 9 è quello
in assoluto più preciso nello scontorno, difficilmente
“mangia” pezzi di foto. Il rovescio della medaglia è
una qualità dello scatto che non sempre si mantiene
ai massimi livelli: la camera secondaria non rende
quanto l’eccellente camera principale e spesso le
luci non ricalcano quelle della scena. A metà tra le
due situazioni opposte si pone il Pixel 2 XL: l’immagi-
ne ha qualità, è naturale ma in qualche caso è troppo
piatta e in altri non è precisissima nell’isolare il primo
piano dallo sfondo.
lab
video
torna al sommario 20
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
La bottega del barbiere
Apple iPhone XS Google Pixel 2 XL Samsung Galaxy Note 9
I Lego non sono affatto facili: Note 9 e iPhone, con due ottiche, riescono a gestire bene i diversi piani di fuoco mentre il Pixel cerca di sfuocare anche la parte bassa. Inoltre lo smart-phone Google litiga un po’ con gli scontorni e i passaggi di piano. Se poi si guarda il dettaglio di come viene gestita la palma, Pixel sbaglia tutto, senza la doppia lente non riesce a fare il miracolo; iPhone più preciso e anche più mor-bido mentre il Note 9 gestisce egregiamente la sfocatura senza esagerare nel bokeh e senza rischiare di sbagliare lo scontorno.
Apple iPhone XS
Samsung Galaxy Note 9
Google Pixel 2 XL
I Lego
Qui sopra un’altra scena dove si apprezza l’enorme lavoro fatto da Apple per non appiattire la foto: vestito e bouquet vengono ammorbiditi per far risaltare il viso della sposa. Negli altri due scatti solo lo sfondo leggermente fuori fuoco aumenta la profondità percepita, ma il primo piano è piatto.
MOBILE
Miglior smartphone per ritrattisegue Da pagina 19
La sposa
Apple iPhone XS Google Pixel 2 XL Samsung Galaxy Note 9
Sopra la bottega del barbiere: qui lo smartphone Google fatica parecchio, anche se è quello che meglio riesce a restituire le giuste luci e i giusti toni del set. Samsung fatica a dare profondità, Apple con l’iPhone XS riesce a fare molto bene anche se forse il bilanciamento del bianco è un po’ troppo caldo.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
Il guerriero
Apple iPhone XS
MOBILE
Miglior smartphone per ritrattisegue Da pagina 20
Forse il taglio sui capelli e sul cappello dell’iPhone XS è troppo netto e artificiale, ma la foto non è affatto facile e Apple la gestisce meglio degli altri. Il Pixel 2 XS si mangia il naso, il Note 9 pur essendo quello che stacca meglio la scena sbaglia ancora le luci e va in crisi sulla trama del cappello.
Qui sopra una scena piuttosto facile, in esterno, dove non si avvertono grosse criticità. La gestione delle luci è pari per i tre modelli, e per una volta l’iPhone non spicca con la sua tonalità più calda. Lo smartphone Apple tuttavia a f/1.8 mangia un pezzo di corno, solo aumentando la profondità di campo e passando a f/5.6 lo recuperiamo, ma lo sfocato con il diaframma simulato così chiuso è molto meno netto. Un dettaglio del corn, il punto più critico: curva all’indietro e non appartiene al piano di fuoco. L’iPhone sbaglia e lo taglia di netto pensando che faccia parte dello sfondo, il Pixel lo mangia leggermente ai bordi e solo Samsung fa davvero bene.
L’iPhone riesce a gestire bene luci, profondità e dettaglio ma taglia totalmente le punte della corona, e anche aumentando la profondità di campo le punte non emergono. Il Pixel perde una sola punta, la sinistra, ma mantiene un notevole dettaglio. Samsung traccia alla perfe-zione la corona, ma i capelli sono bruciati nelle luci e totalmente privi di dettaglio.
Appl
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LSa
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Il ragazzo con il cappello
Apple iPhone XS Google Pixel 2 XL Samsung Galaxy Note 9
La principessa
Google Pixel 2 XL Samsung Galaxy Note 9
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
U na nuova teoria complottistica sta colpendo gli
iPhone: diversi utenti stanno segnalando, su
Reddit e su altri siti, una perdita di saturazione
e di contrasto sugli iPhone, soprattutto su iPhone X,
dopo l’aggiornamento da iOS 11 a iOS 12. Secondo
qualcuno sarebbe una mossa studiata da Apple per
far risaltare gli schermi dei nuovi iPhone Xs e Xs Max,
ma solo pensare una cosa simile è folle. Avendo tra le
mani un iPhone X con iOS 11.4.1, un iPhone X con iOS
12 e un iPhone Xs Max con iOS 12, abbiamo voluto
vedere se effettivamente è cambiato qualcosa nel-
l’aggiornamento da iOS 11 a iOS 12. E qualcosa è cam-
biato effettivamente, ma è cambiato in meglio: Apple
sembra aver migliorato infatti la calibrazione dello
schermo con l’aggiornamento del sistema operativo.
Qui sotto i grafici di linearità e la precisione cromatica
per iPhone X con iOS 11, iPhone X con iOS 12 e iPhone
Xs Max. Si può vedere come sia sulla scala di grigi sia
sugli sweep colore l’errore dopo l’aggiornamento a
iOS 12 si sia ridotto sensibilmente, con uno schermo
che si avvicina come resa, almeno sulla carta, a quello
dei nuovi modelli. Le differenze sono minime, molto
difficili da vedere a occhio nudo, eppure i grafici par-
lano chiaro: anche se l’immagine appare meno satura
e contrastata, con iOS 12 la resa è più vicino al riferi-
mento. Qualcuno potrebbe anche pensare che la resa
differente possa essere legata alla differente gestione
del contrasto dello schermo: iOS 11, nel menu dedica-
to all’accessibilità, aveva un sottomenù che permette-
MOBILE Secondo alcuni Apple avrebbe pensato a questa mossa per far risaltare gli schermi dei nuovi iPhone Xs e Xs Max
iPhone X, per gli utenti colori più spenti su iOS 12 Ma secondo le misure lo schermo è miglioratoMolti utenti segnalano una perdita di saturazione e di contrasto dopo l’aggiornamento degli iPhone da iOS 11 a iOS 12 C’è chi grida al complotto per favorire i nuovi iPhone, ma secondo i nostri test iOS 12 ha addirittura migliorato lo schermo
va di attivare due
differenti opzioni,
una per ridurre la
trasparenza e una
opzione per scuri-
re i colori. iOS 12
non ha più questo
menù dedicato, ma
ci sono le stesse
identiche opzioni
anche se con nomi
diversi: “Aumenta
contrasto” su iOS
12 equivale a “Scu-
risci i colori” su iOS
11. Apple ha infine
modificato il rendering della schermata di sfon-
do della dashboard, aggiungendo un filtro che fa
risaltare meglio le icone delle app e le scritte. Ba-
sta una cattura dello schermo per vedere quanto
sia differente lo sfondo di sistema nella finestra
anteprima e in condizioni reali: quando l’utente
sceglie lo sfondo questo appare cromaticamente
carico e contrastato, quando lo applica lo stesso
sfondo perde smalto. Nell’immagine qui a fianco
si può vedere a sinistra la finestra di preview, a
destra lo sfondo reale: il filtro toglie brillantezza
Un comportamento voluto, ma forse sarebbe
meglio mostrare l’anteprima già filtrata per dare
un'idea precisa di come verrà visualizzato poi lo
sfondo.
iPhone Xs Max con iOS 12 - Chroma Sweep
iPhone X con iOS 11.4.1 - Linearità iPhone X con iOS 12 - Linearità iPhone Xs Max con iOS 12 - Linearità
iPhone X con iOS 11.4.1 - Chroma Sweep iPhone X con iOS 12 - Chroma Sweep
lab
video
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Q uindici musei milanesi sbarcano su Google Arts & Culture con le loro collezioni: dal Cas-
tello Sforzesco alla Biblioteca Ambrosiana, 80
mostre digitali sono state digitalizzate da Google e
rese disponibili sul sito g.co/milanoartlover in modo
totalmente gratuito. Un patrimonio culturale immen-
so, oltre 320 opere digitalizzate ad altissima risoluzi-
one utilizzando Google Art Camera che vanno a
comporre una serie di tour virtuali, fruibili da PC, da
smartphone oppure con un visore VR per godere di
ogni più piccolo dettaglio a 360°.
Luisella Mazza, Responsabile Operations di Google
Arts & Culture, è visibilmente emozionata: da italia-
na guida il team di Google che da qualche anno sta
seguendo e facendo crescere questo particolare
progetto e ora, grazie ai 15 nuovi partner, l’Italia è il
primo Paese in Europa per presenze.
Per capire l’enorme sforzo di Google in quest’ambito
è necessario comprendere cos’è Google Art & Cul-
ture: nata nel 2011 come Google Art Project, questa
divisione di Google si propone come partner tecno-
logico e gratuito a musei e associazioni no profit le-
gate all’arte per offrire loro una serie di prodotti che
possono portare il museo e le sue collezioni online.
Scansioni dei dipinti ad altissima risoluzione, mostre
virtuali guidate, visite VR, ricostruzioni in 3D e in real-
tà aumentata sono solo alcune delle possibilità che
Google offre.
Senza chiedere nulla in cambio ai musei, neppure
i diritti: tutto il materiale creato, anche le scansioni
ad alta risoluzione, restano di proprietà dei singoli
musei. Google offre solo visibilità sulla piattaforma
online e il supporto tecnologico. Una anomalia per
un’azienda come Google, dove i prodotti a prima
vista gratuiti hanno sempre avuto un prezzo da pa-
gare, non necessariamente in denaro ma spesso in
dati e informazioni.
Google Arts & Culture non è così: è partito come pro-
getto “20%” in Google nel 2010, ovvero come uno di
quei progetti ai quali alcuni membri di Google dove-
vano dedicare del tempo settimanale. Un progetto
collaterale, voluto e seguito da Amit Sood, direttore
del Google Cultural Institute: erano solo 17 i musei
con alcune foto ad alta risoluzione, ma era anche la
prima volta in cui all’arte veniva riconosciuta tanta
importanza e visibilità su internet.
Quei 17 musei ora sono oltre 1500 e le opere d’arte
quasi 6 milioni, 5000 delle quali fotografate con le
camere ad alta risoluzione di Google.
Un numero che cresce velocemente con un numero
sempre maggiore di partner che vuole salire a bor-
do.
Come i musei di Milano.
SOCIAL MEDIA E WEB Google Art & Culture è un sito gratuito che usa la tecnologia per raccontare e far amare l’arte
Le meraviglie tecnologiche di Google Art & Culture L’arte di Milano tra foto gigapixel e realtà virtuale15 musei di Milano sbarcano sulla piattaforma di Google dedicata all’arte e alla cultura. Siamo andati a conoscerla
L’arte di Milano in 3000 immagini e con 80 mostre digitaliSono 15 i musei milanesi che portano le loro collezioni
online su Google Arts & Culture. Tra questi ci sono
la Galleria Civica d’Arte Moderna, il Castello Sforze-
sco, la Casa Museo Boschi Di Stefano, la Biblioteca
Sormani, il MUDEC - Museo delle Culture, il Museo
di Storia Naturale, il Museo del Novecento, l’Hangar
Bicocca, la Biblioteca Ambrosiana, l’Associazione
Viafarini - Fabbrica del Vapore, il Quadrilatero della
Bellezza - Gruppo MilanoCard, That’s Contemporary,
Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico, la Casa
Museo Poldi Pezzoli e Rainlab. Diventano così pubbli-
che e fruibili dagli utenti di tutto il mondo 80 mostre
digitali, più di 3000 immagini molte delle quali, 320,
La visita VR al castello Sforzesco è finalmente possibile. Si può ovviamente usare un visore CardBoard
segue a pagina 24
torna al sommario 24
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
sono state digitalizzate in altissima risoluzione usan-
do Art Camera.
Alle mostre si aggiungono anche 13 nuovi Street View
tour, tra i quale si può apprezzare anche una indimen-
ticabile passeggiata virtuale tra le mura merlate del
Castello Sforzesco.
“I nostri partner hanno accolto con entusiasmo que-
sta possibilità”, ci spiega Luisella Mazza, “e siamo
aperti ovviamente ad ampliare il numero di collezio-
ni presenti”. Google Arts & Culture è infatti aperta a
tutti: basta inviare una richiesta tramite una pagina
dedicata e anche il piccolo museo di provincia può
sbarcare sulla piattaforma. Google, è bene ripeterlo,
non chiede nulla: è un partner tecnologico che for-
nisce supporto, spazio e tecnologia senza scopo di
lucro. E questo, ci spiegano i responsabili di Google, è
forse lo scoglio più difficile da superare: dimostrare a
tutti, e anche ai partner, che Art è qualcosa di gratuito
per tutti che non porta valore economico, ma solo un
enorme valore culturale al mondo.
La dimostrazione di questo è proprio l’attenta analisi
di chi chiede di entrare nel progetto da parte di Goo-
gle: per non alterare un delicato equilibrio, Google
controlla che tutti coloro che fanno le richieste non
vogliano a loro volta sfruttare la piattaforma a fini
commerciali. E la stessa applicazione Art & Culture,
disponibile per smartphone, non è una delle applica-
zioni pre-installate da Google sugli smartphone An-
droid. Quando facciamo notare che forse, tra tutte, è
una delle poche che meriterebbe davvero di finire su
uno smartphone per il valore che questa applicazione
porta, Google stessa ci dice che è una scelta precisa.
Google non vuole metterla sullo stesso piano delle
applicazioni per l’accesso ai servizi web per dimostra-
re a tutti, soprattutto ai partner presenti, che Art non
è Gmail e neppure YouTube, è un prodotto unico e
libero.
Google Art Camera: 12 miliardi di pixel per foto uniche alle opere d’arteGoogle Arts & Culture non è solo una piattaforma che
permette la visita virtuale di musei tramite smartphone
Android o iOS e tramite computer, ma è anche un in-
cubatore di nuove tecnologie. Google Cardboard, ad
esempio, è noto per essere il primo visore per la real-
tà virtuale low cost. Un visore in cartone, opensource,
facile da montare e senza troppe pretese ma efficace
nel dimostrare a tutti le potenzialità del VR: Cardboard
è stato pensato e creato nel Google Cultural Institute
Lab di Parigi per permettere la fruizione dei video a
360° ripresi all’interno dei musei. Google ha creato
anche i “trolley”, carrelli da trascinare all’interno del-
le sale dei musei per creare visite virtuali e mappare
tutti gli interni a 360°. La tecnologia è quella di Street
View, la risoluzione però è molto più alta e il carrello
stesso è diverso, deve poter camminare su pavimenti
in legno delicati, dev’essere facile da muovere e da
trasportare e soprattutto dev’essere stabile.
Ma il vero pezzo forte dei laboratori di Google Art
è la camera gigapixel. “Ne abbiamo un paio di doz-
zine in tutto il mondo”, ci spiega Luisella Mazza, “e
probabilmente ne servirebbero ancora di più, sono
sempre utilizzate in qualche angolo del mondo a
scattare foto di dipinti ad altissima risoluzione”. Le Art
Camera sono fotocamere a testa mobile che, usan-
do un raggio laser e un software particolare, sono in
grado di scattare centinaia di foto ad un dipinto unen-
dole poi in un unico scatto. “Può apparire facile ma
vi assicuriamo che non lo è - spiega la responsabile
Operations di Google Arts & Culture - ogni dipinto da
fotografare ha una storia tutta sue e non sempre ci
sono le condizioni adatte.” Google cui spiega che per
fare una foto all’inizio servivano anche 2 o 3 giorni e
che solo oggi i tempi si sono ridotti fino a 30 minuti ma
ancora sono alti. “Per fare le foto dobbiamo sfruttare
orari di chiusura, spesso le facciamo di notte per non
ostacolare le visite diurne ai musei, è un lavoro lungo
e dev’essere fatto anche con attenzione perché ogni
dettaglio è fondamentale”. Una vibrazione ad esem-
pio, o un cambio di luci, possono rendere inutilizzabile
una scansione: il software allinea le luci e gli scatti, ma
parte del lavoro è ancora manuale. Se per un dipinto
di un metro per un metro la camera può infatti stare
ferma nella stessa posizione, per dipinti di diversi me-
tri di lunghezza dev’essere spostata e alzata ogni tot
scatti, e il processo può richiedere diversi tentativi.
Oggi su Google Art Project ci sono foto da oltre 10
miliardi di pixel, anche se la maggior parte degli scat-
ti hanno una risoluzione variabile dai 6 ai 10 miliardi
di pixel. Ogni fotografia “pesa” svariati gigabyte, una
quantità che varia ovviamente a seconda dell’opera,
delle luci usate, dei colori.
Le fotografie, come abbiamo detto, sono di proprietà
Il carrello di Google per la scansione a 360° dei musei
Un dettaglio fotografato dalla Art Camera: le foto più grandi hanno 12 miliardi di pixel segue a pagina 25
SOCIAL MEDIA E WEB
Google Art & Culturesegue Da pagina 23
L’ultima versione di Google Art Camera
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
dei musei e Google fornisce la foto originale ad alta
risoluzione: un museo può decidere di togliere intere
collezioni da Google Art. Le foto rappresentano tut-
tavia un patrimonio di inestimabile valore, non solo
perché permettono di osservare dettagli di un dipinto
invisibili ad occhio nudo, ma anche perché, tra svariati
anni, diventeranno un riferimento per il restauro delle
opere, o possono rivelarsi utili nel caso si debbano
ricostruire. Google Art Camera, nata inizialmente per
fotografare dipinti, oggi si è evoluta e riesce anche a
fotografare oggetti non necessariamente piatti: tessuti
e arazzi, ad esempio, vengono fotografati in un modo
particolare che riesce a dare quel senso di profondità
che con una foto normale non sempre si percepisce.
“Non possiamo ancora usarla per le statue” - ci dice
Luisella Mazza - “ma ci arriveremo presto”.
Non potevamo non chiedere quali sono state le sfide
maggiori con Art Camera, e Google ci spiega che ogni
foto è una sfida, ma che un paio di situazioni sono sta-
te davvero difficili. In Corea e in Brasile infatti il team
di “fotografi” si è trovato a fotografare strisce strette
e lunghe, pareti di svariati metri che hanno messo a
dura prova le capacità tecniche e la Art Camera. “Do-
vevamo non solo fotografare queste strisce lunghissi-
me”, ci spiega Luisella Mazza, “ma dovevamo anche
preservare l’idea originale delle opere. Rappresenta-
vano storie, battaglie, e per capire davvero l’opera
dovevano essere viste in un certo modo: dovevamo
digitalizzare non solo l’opera ma anche questo per-
corso di lettura, che doveva essere trasmesso a chi
guardava poi le opere su uno smartphone o su un
computer”
Dalle ricostruzioni 3D agli esperimenti per giocoGoogle Art & Culture non è solo il più grande museo
virtuale del mondo, ma è anche un luogo dove spe-
rimentare e osare. Applicando il machine learning
alle opere d’arte, in Google hanno realizzato decine
di esperimenti, l’ultimo dei quali, Art Selfie, ha riscos-
so grande successo. Con Art Selfie è possibile infatti
scattare una foto e vedere quale ritratto, tra quelli cu-
stoditi nei musei, ci assomiglia. Milioni di persone ci
hanno provato, e partendo da una sola foto per molte
persone si è aperto un mondo. “Pensate, c’è anche
chi ha comprato un volo per andare a vedere l’opera
che gli assomigliava da vivo” ci dicono. Perché reale
e virtuale in Google Art riescono a coesistere. “C’è chi
lo usa per pianificare una visita molto dettagliata, e
chi invece torna per vedere o approfondire le ope-
re dopo averle viste dal vivo” spiega Luisella Mazza,
che conclude spiegando che c’è anche chi grazie al
supporto audio utilizza l’applicazione anche durante
la visita al museo stesso. E in questo ambito si stanno
facendo altri esperimenti, che abbracciano ad esem-
pio tecnologie come la realtà aumentata: “Stiamo pro-
vando ad aggiungere informazioni contestuali che si
fondono con la visione reale. Davanti ad un’opera si
possono trovare diverse chiavi di lettura, e ci sono
dettagli che ad occhio nudo sfuggono. Con la realtà
aumentata possiamo rendere una visita decisamente
più emozionante e completa”.
Tra gli altri esperimenti basati sul machine learning c’è
anche Art Palette, che filtra le opere in base a una
palette di colori precise, o l’incredibile esperienza
di Bagan, un complesso di templi nel Myanmar che
nel corso degli anni è stato danneggiato da continui
terremoti. Dei 10.000 templi e pagode buddiste ora
ne sono rimaste solo 2.000, ma Google è riuscito a
ricostruire parte del complesso, inclusi molti templi
andati distrutti, utilizzando tecnologie 3D. Oggi Ba-gan si può visitare in VR con audio immersivo e un
livello di dettaglio incredibile. Usando la stessa tec-
nologia si possono ricostruire opere del passato, si
potrà rivivere ad esempio Pompei o l’antico Egitto, o
addirittura Machu Picchu. Visite che avranno valore
anche a livello didattico: Google Art & Culture è un
prodotto perfetto per creare visite virtuali a musei e
per portare l’arte in classe aumentando il livello di
coinvolgimento degli studenti. Già oggi i professori
posso o utilizzare strumenti gratuiti per creare visite
virtuali come un percorso preciso all’interno delle
opere di Google Art, aggiungendo audio, informazioni
collaterali e schede.
Uno dei prodotti più belli di Google è probabilmente il meno conosciutoGoogle Art & Culture va scaricato dagli app store per
iOS e Android, oppure può essere fruito passando dal
sito internet dedicato. Per la visita alle mostre di Mila-
no Google ha predisposto un link particolare, ma Mila-
no può essere un punto di partenza per una visita ben
più ampia, che mese dopo mese si arricchisce di nuo-
ve opere. Il museo virtuale di Google diventa prezioso
quando si tratta di conservare la memoria di eventi
irripetibili: chi non ha potuto visitare le passate edizio-
ni della Biennale di Venezia potrà farlo ormai solo in
digitale. Non è la stessa cosa, ma è l’unico modo pos-
sibile. L’arte apre a Google confini che spesso agli altri
servizi restano chiusi: la Cina, che da sempre ha un
rapporto conflittuale con big G, ha permesso di porta-
re dentro Art & Culture i tesori del museo del Palazzo
e parte delle opere della Città Proibita, una collezione
di enorme valore con alcuni pezzi che non sono nep-
pure visibili al pubblico. Google Art & Culture merita
una visita, forse più di una. Uno dei prodotti più belli
di Google è probabilmente il meno conosciuto: farlo
conoscere spetta un po’ a tutti noi.
SOCIAL MEDIA E WEB
Google Art & Culturesegue Da pagina 24
Art Palette: tu scegli i colori e il sistema trova le opere che rispecchiano una determinata palette cromatica
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Candido ROMANO
C on Chrome 69 non è arrivata solo
una nuova interfaccia, migliorie al password manager e mag-
giore personalizzazione: Google ha
effettuato un importante cambiamento
sul funzionamento del browser, novità
che, però, potrebbe aprire serie riper-
cussioni sulla questione della privacy.
Tutto senza comunicarlo agli utenti.
Dopo qualche settimana di utilizzo
(Chrome 69 è infatti disponibile dal 5
settembre) in molti hanno notato un
cambiamento: ogni volta che si acce-
de a un servizio di proprietà di Google,
per esempio Gmail, Chrome effettuerà
automaticamente l’accesso del brow-
ser al proprio account. Il che ha portato
molti utenti a domandarsi: ma questo
accesso automatico attiva anche Sync?
La paura, principalmente, è che questo
accesso automatico possa significare
che i dati del browser come cronolo-
gia, le password, i preferiti e molto al-
tro si sincronizzino e vengano inviati ai
server di Google, proprio in funzione
dell’attivazione di Sync non appena
l’utente effettua l’accesso a qualsiasi
servizi di Google, che esso sia Gmail o
Google Drive.
Un browser per sincronizzarli tutti Le critiche sembrano però prive di fon-
damento, come ha dichiarato Adrien-
ne Porter Felt su Twitter, ingegnere e
SOCIAL MEDIA E WB Una novità semi-nascosta di Chrome 69 ha intimorito gli utenti
Invio automatico dei dati a Google con Chrome 69: ma la paura è infondataAccedere a qualunque servizio Google fa accedere automaticamente anche a Chrome Il timore è: la sincronizzazione di cronologia e password diventa, quindi, “forzata”?
manager proprio per Google Chrome:
questa sincronizzazione automatica
non invia dati locali ai server di Goo-
gle. “La nuova UI ti dice chiaramente
se sei loggato con un account Google.
Inoltre puoi uscire in un unico posto
prima di condividere il computer con
qualcun altro”, ha detto su Twitter. O
meglio: il login automatico non attiva
Chrome Sync. Se l’utente vuole atti-
vare la sincronizzazione, deve, infatti,
compiere un passo ulteriore dopo il lo-
gin. A questo punto la sincronizzazione
attraverso Sync diventa volontaria. Gli
ingegneri di Big G hanno detto che il
meccanismo di auto-login è stato ag-
giunto al browser proprio per motivi di
privacy: quando più di un utente utiliz-
za lo stesso computer e browser Chro-
me, i rispettivi dati potevano essere
accidentalmente scambiati tra questi
stessi utenti.
Perché non comunicarlo? Una decisione probabilmente logica, ma
c'è stata poca trasparenza nel comuni-
care il cambiamento. Un secondo e im-
portante motivo è la mancata possibilità
di decidere quando (e se) loggarsi nel
browser. Chrome 69 è stato distribuito
il 5 settembre e se non fosse stato per
le varie segnalazioni questa funzionali-
tà, molto nascosta, difficilmente sarebbe
venuta a galla. Tra chi rimane dell’idea
che non sia stata una scelta intenzio-
nale di Google e chi pensa che questa
funzione sia stata ben nascosta - con-
siderato che sono servite più di due
settimane per scoprirla - rimane aperta
l’annosa questione privacy e se Chrome
sia davvero diventato un servizio anche
con un browser. Nel suo lungo post inti-
tolato “Perché ho chiuso con Chrome”
l’esperto di crittografia e professore
alla Johns Hopkins University Matthew
Green, ha segnalato che Google ha ri-
disegnato l’interfaccia di Sync in modo
da essere poco chiara: è difficile capire
dove cliccare per iniziare la sincronizza-
zione, avere un’indicazione dello stato
e di quali dati vengono inviati a Google.
Un “dark pattern” come viene chiamato,
cioè un sistema disegnato apposta per
confondere: all’utente basterebbe un
click, magari senza accorgersene, per
fornire i dati storici della propria navi-
gazione a Google. Proprio quel passo
in più di cui ha parlato Porter Felt, che
secondo gli esperti è proposto all’uten-
te in maniera troppo ermetica quando,
vista l’importanza dei dati che si inviano,
dovrebbe essere proposte in maniera
decisamente più chiara.
Abbonamento Spotify vuole bloccarne la condivisioneSpotify sta inviando ad alcuni utenti una mail dove chiede indirizzo e localizzazione GPS per continuare a utilizzare il piano famiglia. Troppa gente lo usa abusivamente per distribuire il costo su più persone di Roberto PEZZALI
La pratica della condivisione del-l’abbonamento sta diventando un problema per Spotify. Si stima che circa il 50% degli abbonati fac-ciano uso del piano Family, che a 14.99$ permette di distribuire l’ab-bonamento su sei persone con un risparmio individuale del 75% cir-ca. Tuttavia il piano Family richiede che gli abbonati risiedano sotto lo stesso tetto, e non sempre questo accade: secondo i calcoli e i dati raccolti il guadagno medio per abbonato di Spotify sarebbe ca-lato del 12% proprio a causa dello sfruttamento del piano Family tra amici e conoscenti, e non neces-sariamente all’interno dello stes-so nucleo famigliare. Il servizio di musica ha pertanto inviato, per ora solo in alcuni Paesi e a un numero limitato di persone, una mail chie-dendo di confermare l’indirizzo di residenza con tanto di accesso ai dati GPS per la localizzazione. Sen-za la conferma Spotify si riserva di sospendere l’abbonamento Fami-ly. Secondo Spotify si tratterebbe solo di un test per migliorare la user experince dell’abbonamento famiglia, ma è evidente che il pro-blema sia la condivisione dell’ab-bonamento. Che ricordiamo viola i termini di servizio, sempre che non si tratti davvero di persone che vivono sotto lo stesso tetto.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
F acebook è disposta a tutto pur di
offrire ai suoi inserzionisti i dati di
cui hanno bisogno. Anche a usare
il numero di cellulare che l’utente inseri-
sce nell’account per configurare l’auten-
ticazione a due fattori; il numero, infatti,
viene successivamente usato come
ulteriore dato da dare in pasto ai pubbli-
citari per le loro inserzioni. A confermare
questo atteggiamento è stata la stessa
Facebook che, in poche parole, ha sot-
tolineato che qualsiasi dato l’utente inse-
risca sulla piattaforma è a disposizione
dell’azienda, a prescindere che tale dato
sia stato inserito per ragioni di sicurezza
o per completezza del profilo. “Usiamo le
informazioni che le persone forniscono
per offrire un’esperienza migliore e più
personalizzata su Facebook, pubblicità
incluse. Siamo chiari in merito a come
usiamo le informazioni che raccogliamo,
incluse le informazioni di contatto che gli
utenti caricano o aggiungono ai loro ac-
count. Potete gestire e cancellare le in-
formazioni che avete caricato in qualsia-
si momento” ha dichiarato a TechCrunch
SOCIAL MEDIA E WEB Nessun dato sembra sfuggire al “buco nero” di Facebook
Autenticazione a due fattori di Facebook Numero di cellulare in pasto ai pubblicitariIl cellulare inserito per proteggere il proprio account con l’autenticazione a due fattori diventa un’informazione utile in più da fornire ai pubblicitari per le loro inserzioni
un portavoce di Facebook, interrogata
sull’uso del numero di cellulare inserito
per l’autenticazione a due fattori. Un gi-
rotondo verbale che lascia poco spazio
all’immaginazione e che rappresenta una
mezza ammissione da parte dell’azienda
sulle sue pratiche, spesso nell’occhio del
ciclone. L’unico modo per evitare questa
pratica sembra essere quella di togliere
l’autenticazione a due fattori tramite il cel-
lulare; l’unica via per “scappare” a questo
buco nero di informazioni concesse a Fa-
cebook, quindi, è quello di non dargli le
informazioni, anche se ciò significa pro-
teggere meno il proprio account. Non c’è
da stupirsi. Quando si parla di Facebook
bisogna considerare che qualsiasi cosa
- da una foto caricata a un’interazione
- è utilizzabile e condivisibile dall’azien-
da con i pubblicitari che si affidano alla
sua piattaforma per le proprie inserzioni.
È il suo modello di business, accentrato
sulla pubblicità, che nel secondo trime-
stre ha significato introiti per 13 miliardi
di dollari. Senz’altro l’azienda avrebbe
dovuto essere più trasparente. L’utente,
infatti, si aspetta (o dovrebbe aspettarsi)
che il proprio numero di cellulare possa
essere usato a fini pubblicitari quando lo
inserisce tra le sue informazioni di contat-
to; meno prevedibile è che il numero di
cellulare usato per proteggere il proprio
account possa essere coinvolto nella
macchina da soldi di Facebook.
di Gaetano MERO
I l 29 settembre è entrato definitiva-
mente in vigore nei Paesi dell’UE il
regolamento sull’identificazione elet-
tronica (eIDAS), che consente ai cittadini
con un ID elettronico (eID) di accedere
a servizi pubblici online in territorio eu-
ropeo godendo del pieno riconoscimen-
to giuridico. La legislazione offre nuove
opportunità agli utenti come: iscriversi a
una università straniera, gestire cartel-
le cliniche e pratiche fiscali, effettuare
transazioni elettroniche transfrontaliere,
aprire un conto bancario nell’UE, como-
damente online e senza l’utilizzo di docu-
menti cartacei anche quando il soggetto
non si trova fisicamente nel Paese di ri-
ferimento. Gli eID costituiscono un passo
SOCIAL MEDIA E WEB L’Italia è tra i primi Paesi ad essersi attivato per aderire a eIDAS
L’identità digitale ora è attiva in tutta EuropaÈ entrato in vigore il nuovo sistema legislativo di identificazione elettronica europeo (eIDAS)
fondamentale per un mercato unico digi-
tale affidabile, afferma la Commissione
Europea, con maggiori possibilità per le
aziende. L’identità digitale potrà ad esem-
pio essere usata per consentire o meno
l’accesso ai minori sui social network,
condividere online informazioni in modo
sicuro e favorire lo sviluppo di sistemi
blockchain e timestamp. Le imprese che
adotteranno tale sistema potranno ridur-
re oneri amministrativi e costi di gestione
degli utenti: si stima un risparmio totale
pari a 11 miliardi all’anno. In base ai dati
UE, l’82% delle imprese pubbliche offre
già online i propri servizi e circa il 58%
dei cittadini ne usufruisce abitualmen-
te. Affinché ognuno degli Stati membri
possa aderire agli standard eIDAS è ne-
cessario avviare un iter procedurale che
dovrà essere riconosciuto e approvato
dalla Commissione Europea. L’Italia è
tra i primi Paesi ad aver completato tale
processo (attivando il sistema SPID) as-
sieme alla Germania. Croazia, Estonia,
Lussemburgo e Spagna si uniranno nelle
prossime settimane, Belgio Portogallo e
Regno Unito hanno appena avviato un
programma per l’attivazione eIDAS.
Con Lego Forma costruisci uno squalo che si muove davveroLego Forma è l’innovativo progetto che consente di costruire il proprio esemplare “in movimento” di carpa koi o squalo bianco. L’iniziativa ha riscosso in meno di 24 ore un enorme successo
di G. M.
Lego Forma è il nuovo progetto creativo legato ai famosi matton-cini colorati. Ciò che i clienti si troveranno tra le mani sarà un kit composto da 294 elementi per la costruzione di un esemplare di squalo bianco o di carpa koi. La struttura, dalle dimensioni di 28x25x13 cm, simulerà il movi-mento sinuoso e ipnotico dei pe-sci in acqua grazie a una serie di ingranaggi che potranno essere azionati a mano, attraverso una manovella. La particolarità del progetto risiede nella possibilità per l’utente di personalizzare la propria scultura decorando le quattro “skin” intercambiabili di-sponibili. Il kit è disponibile, al momento, solo attraverso la piattaforma di crowdfunding Indiegogo. Il mo-dello base, con un solo esempla-re da costruire, parte da 45 dol-lari, a cui si possono aggiungere le altre skin a 16 dollari ciascuna. È possibile acquistare anche il box completo, con tutti e quattro gli animali, a 85 dollari. L’obietti-vo di 500 ordini è già stato am-piamente raggiunto e superato in meno di 24 ore. Le spedizioni saranno effettuate da gennaio 2019. Purtroppo Lego Forma è attualmente disponibile solo per gli utenti che effettuano l’ordine da Regno Unito e USA.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Gaetano MERO
M icrosoft ha annunciato la dispo-
nibilità di Office 2019 per utenti
Windows e Mac. La nuova relea-
se della famosa suite di applicazioni de-
dicate alla produttività comprende Word,
Excel, PowerPoint, Outlook, Project,
Visio, Access e Publisher. Si tratta di un
prodotto dedicato agli utenti “non anco-
ra pronti per il Cloud”, ha specificato la
società, che non hanno al momento ade-
rito a Office 365. I miglioramenti proposti
da Office 2019 sono il frutto del lavoro
degli ultimi tre anni effettuato sulla piat-
taforma Office 365 ProPlus. Gli applica-
tivi offrono ora una maggiore sensibilità
alla pressione e agli effetti di inclinazione
utilizzando pennino capacitivo e touch-
screen. In particolare PowerPoint integra
funzionalità quali Morph e Zoom per pre-
sentazioni più d’effetto. Word e Outlook
PC Microsoft ha annunciato la disponibilità di una nuova versione della sua suite per l’ufficio
È disponibile Office 2019, il pacchetto “classico” Dedicato a chi ancora non è pronto per il cloudLa famosa suite di Microsoft porta con sé le ottimizzazioni viste finora con Office 365
mettono a disposizio-
ne nuovi strumenti per
l’apprendimento con
una modalità inedita di
messa a fuoco, lettura
automatica dei testi e
selezione delle e-mail
più importanti. Excel nel-
l’edizione 2019 permette
analisi avanzate dei dati,
comprendendo nuove
formule e grafici, oltre all’ottimizzazione
di PowerPivot. Il pacchetto Office 2019 è
in ogni caso rilasciato in versione “com-
pleta”, non saranno previsti aggiorna-
menti futuri delle funzionalità trattando-
si appunto di una release offline. Nelle
prossime settimane arriveranno anche le
versioni aggiornate di Exchange Server
2019, Skype for Business Server 2019,
SharePoint Server 2019 e Project Server
2019. Microsoft ha chiarito che questa
non sarà l’ultima edizione di Office in
modalità classica, garantendo quindi ai
clienti anche in futuro la stessa flessibi-
lità nella scelta degli applicativi preferiti.
I clienti business potranno accedere al
nuovo Office 2019 con contratto multili-
cenza già da oggi, per tutti gli altri utenti
la suite Microsoft sarà disponibile a bre-
ve, presumibilmente entro ottobre.
di Emanuele VILLA
I n un evento a New York Microsoft
ha annunciato l’aggiornamento della
sua line-up di laptop e dispositivi ibri-
di/2-in-1. Protagonista della serata sono
stati Surface Pro 6 e Laptop 2: il primo,
icona dei dispositivi Windows multifun-
zione, viene ora proposto con CPU In-
tel di ultima generazione (ottava) e un
deciso incremento prestazionale: per
quanto possa valere una percentuale
generica, Microsoft dice che i nuovi Sur-
face Pro 6 sono “il 67% più veloci”. Pre-
sentata la finitura nera, un nuovo design
interno finalizzato a una più efficiente
gestione termica e una batteria capace
di 13,5 ore di autonomia complessiva.
Inalterato il display da 12,3 pollici, la fo-
tocamera da 8 mpixel, i 16 GB di RAM
e le opzioni di storage, oltre all’assenza
di USB-C che invece accomuna model-
li della stessa gamma come il Surface
PC I prezzi (americani) dei due Surface saranno da 899 dollari per il Pro e da 999 per il Laptop
Microsoft rinnova Surface Pro e Laptop Più potenza e un’elegante finitura neraQualche aggiornamento significativo, tra cui i nuovi processori Intel e la finitura nera
Go e il Surface Book
2. Per quanto concer-
ne i prezzi americani,
Surface Pro 6 parte da
899 euro. Clicca qui per il video.
Discorso sostanzial-
mente analogo per
Surface Laptop 2, il
notebook di riferimen-
to in casa Microsoft. Anche qui parliamo
di una struttura rimasta sostanzialmente
inalterata rispetto al modello dello scor-
so anno, con la finitura in alcantara che
lo differenzia dal resto dell’offerta. La
novità più significativa dal punto di vista
hardware è l’introduzione dei proces-
sori Intel di ottava generazione: anche
qui, come nel Surface Pro, Microsoft
esprime un miglioramento generico di
prestazioni con una percentuale, l’85%.
Raddoppiata la dotazione di RAM del
modello base, che passa da 4GB a 8GB,
ma la novità più significativa pare esse-
re estetica: oltre le finiture dei modelli
del 2017 arriva un modello Black che fa
dell’eleganza il suo punto di forza. Per
il resto, niente da segnalare: autonomia
massima a 14.5 ore, display da 13.5’’ con
2.256x1.504 pixel di risoluzione, 128GB
fino a 1TB di storage e porte USB 3 e
MiniDisplayPort. Il costo di base di Lap-
top 2 è di 100 dollari superiore al Pro: si
parte da 999$. Clicca qui per il video.
Addio sigle Arriva Wi-Fi 6 Più potente ed efficienteNon chiamatelo Wi-Fi 802.11ax: è Wi-Fi 6. La nuova terminologia usata d’ora in poi per semplificare l’identificazione della rete Wi-Fi di Massimiliano DI MARCO
La Wi-Fi Alliance ha annunciato Wi-Fi 6, la sesta generazione di connettività Wi-Fi. La numerazio-ne sarà d’ora in poi graduale. Con Wi-Fi 6 si intende il Wi-Fi 802.11ax, ma tale novità nella nomenclatura è retroattiva: il Wi-Fi 802.11ac è ora Wi-Fi 5, con Wi-Fi 4 si identifica il Wi-Fi 802.11n, il Wi-Fi 802.11b di-venta Wi-Fi 1, 802.11a diventa Wi-Fi 2 e 802.11g diventa Wi-Fi 3. “L’ado-zione nell’industria di questa nuo-va terminologia - ha fatto sapere Wi-Fi Alliance - aiuterà gli utenti a comprendere meglio l’esperienza che possono aspettarsi. Wi-Fi 6 offrirà un’esperienza migliorata per esaudire le esigenze dei di-spositivi e delle applicazioni in una gamma di ambienti per con-sumatori e aziende. Ci aspettiamo che la terminologia generazio-nale sarà adottata ampiamente dall’ecosistema Wi-Fi”. La sesta generazione di Wi-Fi includerà un minore consumo della batteria e prestazioni ottimali anche in am-bienti ad alta densità di dispositi-vi, come i centri commerciali o le piazze urbane. “Wi-Fi 6 offre - si legge in una nota - le fondamenta per una gamma di utilizzi esistenti ed emergenti dallo streaming di film in ultra alta definizione a casa e in mobilità fino alle applicazioni aziendali critiche che richiedono un’elevata ampiezza di banda e bassa latenza e restare connessi e produttivi mentre si attraversano reti grandi e congestionate come negli aeroporti o nelle stazioni fer-roviarie”.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Matteo SERVADIO, Candido ROMANO
L’evento Microsoft del 2 ottobre
era atteso soprattutto per le no-
vità hardware legate al marchio
Surface (come da previsioni delle set-
timane precedenti). Ma l’azienda ha
anche annunciato il rilascio ufficiale
della nuova versione di Windows 10,
e più nello specifico l’aggiornamen-
to di ottobre 2018, la versione 1809. Il
rollout automatico a tutte le macchine
compatibili inizierà il 9 ottobre. Ma per
chi volesse già sperimentarne le novità,
può scaricare subito la nuova versione
forzando la ricerca di aggiornamenti su
Windows Update. L’aggiornamento do-
vrebbe essere disponibile anche trami-
te Assistente Aggiornamento e il Media
Creation Tool.
Le principali novità Una delle novità più interessanti di Win-
dows 10 October 2018 è la nuova Cli-
pboard sincronizzata con il cloud, che
permetterà agli utenti Windows 10 di co-
piare e incollare contenuti fra vari dispo-
sitivi. Da citare poi il supporto al tema
scuro per il File Explorer e il rilascio del-
l’applicazione Your Phone, companion
app che testimonia la nuova strategia di
Microsoft nel settore mobile e permette
di rendere l’esperienza di Windows più
coesa anche con smartphone Android
e iOS. Si possono ad esempio sincro-
nizzare rapidamente foto scattate con
lo smartphone e inviare e ricevere mes-
PC La nuova versione di Windows 10, quella di ottobre 2018, è stata annunciata ufficialmente
Windows, l’aggiornamento di ottobre Le principali novità e come ottenerlo oraIl 9 ottobre inizierà il rilascio pubblico, ma si può già forzare l’aggiornamento Segnalato un problema da alcuni utenti: l’aggiornamento di ottobre cancella i file
saggi attraverso il PC - in entrambi i casi
funzionalità limitate tuttavia ad Android.
E sempre in tema di mondo Microsoft su
Android, il Microsoft Launcher riceverà
l’accesso alla Timeline di Windows 10.
Tra le altre novità, alcuni aggiornamen-
ti cosmetici, come il Fluent Design che
si espande ancor di più nel sistema, il
già citato tema scuro per File Explorer
e nuove animazioni per il centro notifi-
che. Miglioramenti infine a Blocco Note
e Screen Sketch che diventa una vera
app (Snip & Sketch) aggiornabile dal Mi-
crosoft Store.
L’aggiornamento cancella i file: segnalati diversi casiMa poco dopo la notizia dell’arrivo del-
l’aggiornamento di ottobre di Windows
10 e delle sue novità, a quanto pare
subito sono arrivati i primi problemi per
gli utenti. Sia su Twitter sia su Reddit si
leggono diverse lamentele riguardo un
grave errore che avrebbe cancellato in
alcuni casi tutti i contenuti della cartella
Documenti, oltre a foto, musica e video.
Ci sono diverse testimonianze. “È ap-
pena accaduto a uno dei miei clienti,
un laptop con Windows 10 Home” ha
segnalato un amministratore di siste-
ma. “Ieri abbiamo aggiornato all’1809.
Una volta finito ho notato che tutti i suoi
documenti e immagini erano spariti. La
sua immagine di background era pre-
sente, come anche il desktop e la sua
musica su iTunes. Ma tutti i documenti
e immagini sono spariti e non spostati
da qualche altra parte. Andati”. Un altro
utente su Reddit ha riportato che dopo
l’aggiornamento ha visto la rimozione
di 60 GB di file WAV dal sistema. Il pro-
blema sarebbe collegato all’interazione
con OneDrive, probabilmente anche in
base alle impostazioni personalizzate
degli utenti: durante l’aggiornamento i
file non sarebbero stati copiati su One-
Drive e, a quel punto, sarebbero poi sta-
ti definitivamente cancellati dai disposi-
tivi degli utenti. A quanto pare tornare
alla versione precedente di Windows 10
non permetterà di riavere indietro i file.
Per ora ci sono solo ipotesi sulle cau-
se di questo errore, come l’attivazione
della funzione che cancella il profilo
dell’utente dopo un numero specificato
di giorni, ma si attendono risposte con-
crete da Microsoft per avere conferme
sulle reali cause. Restano diversi utenti
disperati alla ricerca di una soluzione
per recuperare foto, musica, documenti
e video perduti. L’ideale, come sempre,
sarebbe avere un backup di tutti i propri
file prima di installare qualsiasi aggior-
namento.
Fritz!Box 7530 debutta in Italia 149 euro per l’entry-level di AVM per le DSL velociVelocità di scaricamento fino a 300 Mbit/s per l’entry level di AVM per le DSL veloci: Fritz!Box 7530 debutta in Italia a un prezzo più basso del previsto di Massimiliano DI MARCO
Debutta in Italia Fritz!Box 7530, il modem che nel catalogo di AVM rappresenta la scelta più eco-nomica per le connessioni DSL veloci. Confermate, anzi ancora più positive del previsto, le pre-visioni sul prezzo che l’azienda aveva fornito all’IFA 2018: 149 euro, ossia circa la metà rispetto al top di gamma 7590. Fritz!Box 7530 eredita le linee estetiche e il supervectoring 35b del 7590. Include quattro porte LAN Gi-gabit e una porta USB per i dis-positivi di archiviazione esterna. Il 7530 permette una velocità di scaricamento di 200Mbit/s e di caricamento di 50 Mbit/s. È pre-sente una stazione base Dect per le funzioni di telefonia e Smart Home, una porta per i telefoni analogici e supporta reti wireless ac (che d’ora in poi saranno cata-logate come Wi-Fi 5) e n (o Wi-Fi 4 secondo la nuova numerazione). Sarà preinstallato Fritz!OS 7, ver-sione che sistema operativo che permette al Fritz!Box 7530 di inte-grarsi perfettamente con le soluz-ioni di smart home, basate sullo standard ULE, di altri produttori. L’ultima versione, infine, promette maggiore sicurezza e introduce la possibilità di aggiungere altri Fritz!Box nella rete da usare come ripetitori mesh.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
S i parte da 4.999 euro. Sono trape-
lati i prezzi europei dei TV QLED
della serie Q900R di Samsung,
cioè i suoi primi modelli con schermo a
risoluzione 8K, ufficialmente presentati
durante l’IFA 2018 di Berlino. Prevedi-
bilmente non saranno economici. Tre
i tagli che saranno commercializzati
in Italia: 65, 75 e 85 pollici. Secondo
quanto riportato da 4KFilme.de, il ta-
glio più economico, ossia il TV da 65’’,
in Europa costerà 4.999 euro. Si pas-
serà poi a 6.999 euro per il modello da
75”, chiudendo il giro con i 14.999 euro
dell’85”. Prezzi in linea con quanto
avevamo pronosticato dopo la con-ferenza Samsung dell'IFA e coerenti
con la fascia altissima in cui verrà posi-
zionata la serie Q900R. I prezzi ufficiali
TV E VIDEO I tagli dei TV che saranno commercializzati in Italia sono 65, 75 e 85 pollici
Samsung QLED 8K, si parte da 4.999 euroSono state confermate le previsioni dei prezzi dei primi televisori 8K QLED di Samsung
per l’Italia, in ogni caso, saranno con-
fermati il 16 ottobre. La serie Q900R di
Samsung segna il debutto del marchio
nel segmento dell’8K, una risoluzione
che significa quattro volte i pixel di uno
schermo 4K. I contenuti per ora sono
un miraggio - salvo eccezioni come il
caso del Giappone -, salvo per i foto-
grafi, che con 33 Megapixel su scher-
mo potranno godere delle fotografie
in altissima risoluzione senza compro-
messi.
TV E VIDEO
NHK e 8K A Milano per riprendere l’opera alla ScalaAi più attenti a spasso nel centro di Milano qualche giorno fa non saranno sfuggiti gli OB Van (le regie mobili su camion) di NHK, l’emittente giapponese, parcheggiati a fianco del Teatro alla Scala, Van che riportano la serigrafia “8K”. Si tratta delle regie 8K spostate a Milano forse in occasione della prima di Ernani, l’opera giovanile di Verdi che andata in scena il 29 settembre scorso. L’iniziativa va inscritta nel prossimo debutto, previsto per il 1 dicembre, del primo canale regolare di NHK in risoluzione 8K. Dopo aver ripreso contenuti teatrali in altri teatri del mondo, NHK ha deciso di venirlo a fare nel tempio della lirica. NHK ci crede davvero visto lo sforzo produttivo: gli OB Van parcheggiati fuori dalla Scala hanno la targa giapponese e vengono evidentemente da Tokyo. Insomma, le produzioni europee in 8K di NHK continuano a crescere e toccano anche il nostro Paese.
TV & VIDEO Un utente ha postato le foto del suo acquisto
Nuovo Chromecast il 9 ottobre Ma qualcuno l’ha già comprato
di Candido ROMANO
P robabilmente all’evento Google fissato per il prossimo 9 ottobre non ci sarà
nemmeno una sorpresa. Su Reddit infatti l’utente GroveStreetHomie ha po-
stato l’immagine del suo nuovo acquisto da Best Buy: la terza generazione di
Chromecast, prodotto non ancora ufficialmente annunciato. Con tutta probabilità
farà la sua comparsa proprio il 9 ottobre insieme agli smartphone Pixel 3 e Pixel 3 XL, anch’essi trapelati nel design e non solo. Una pratica, quella di mettere sugli
scaffali prodotti prima del loro annuncio, non nuova da Best Buy a quanto pare:
questa volta è toccato al nuovo Chromecast con Bluetooth e possibilmente un Wi-Fi
migliorato: “Sono andato da Best Buy per comprare un Chromecast per la mia TV
ed ho notato che sia il design che il packaging erano diversi dal primo che comprai.
Ho pensato fosse un nuovo design di Chromecast Ultra. Il cassiere non è riuscito a
passarlo dato che la data di rilascio recitava 9 ottobre, ma penso l’abbiano messo
in vendita prima. Dato che l’avevo tra le mani e il
prezzo era lo stesso del Chromecast di seconda
generazione, mi hanno permesso di comprarlo,
ma applicando il vecchio SKU”, ha scritto l’uten-
te, che ha postato anche diverse foto. No, non
era il Chromcast Ultra, insomma quello capace
di riprodurre contenuti 4K. Come si vede dalle
foto il nuovo modello ha una finitura opaca e
non lucida come la seconda generazione. Il logo
di Chrome è stato sostituito con l’icona della G,
proprio come i Pixel e sembra meno spesso. Non
è ancora chiaro però se si tratti del modello più
performante o semplicemente di un nuovo desi-
gn di Chromecast: meglio così, almeno avremo
qualche sorpresa all’evento.
Tidal arriva su TV Samsung Tizen, modelli dal 2017 in poiTidal annuncia il lancio della propria applicazione sui TV Samsung con Tizen 3.0. Gli utenti avranno a disposizione un’interfaccia dedicata, ottimizzata per schermi di grandi dimensioni, che dà priorità ai contenuti visivi di Gaetano MERO
Tidal, piattaforma di musica e in-trattenimento in streaming, ha an-nunciato l’integrazione della pro-pria applicazione con le Smart TV Samsung con sistema operativo Tizen 3.0 o versioni successive. Gli utenti avranno a disposizione un’interfaccia dedicata che dà priorità ai contenuti visivi, pro-gettata per fornire una migliore esperienza anche sugli schermi di grandi dimensioni. Attraverso la schermata “Home”, gli abbona-ti potranno accedere alle ultime uscite musicali, alle playlist video curate da esperti e a contenuti come concerti, livestream, video-clip, album, e podcast. Non manca la sezione “My Collection”, perso-nalizzabile con i propri contenuti preferiti. La funzione di ricerca ottimizzata consente di spaziare tra i 58 milioni di brani e gli oltre 240.000 video musicali disponibi-li, col telecomando si potrà saltare a piacimento ogni brano o video in arrivo. Gli utenti che utilizzano Ti-zen 3.0 o versioni successive (TV acquistati dopo il 2017) potranno scaricare l’applicazione Tidal tra-mite il menu “App” sulla barra di avvio. L’app per i TV Samsung è solo l’inizio della partnership: Tidal ha affermato che continuerà l’in-tegrazione all’interno di prodotti Samsung nei prossimi mesi.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
I l futuro di Panasonic è Full-Frame:
al Photokina l’azienda di Osaka ha
annunciato lo sviluppo della nuova
serie Lumix S composta da S1 e S1R, le
prime fotocamere mirrorless con sen-
sore 35mm Panasonic. Le indiscrezioni
delle ultime settimane sono confermate:
dopo anni di micro 4:3, che continuerà a
essere sviluppato, Panasonic trova nel
Full-Frame la soluzione perfetta per alza-
re il livello in ambito fotografico e iniziare
a pensare a quell’8K che in Giappone
sembra ormai prossimo. Non si partirà
però da zero: Panasonic ha trovato nel-
lo storico partner Leica e in Sigma due
compagni per questo viaggio: grazie alla
neonata L-Mount Alliance le tre aziende
utilizzeranno lo stesso innesto L, creato
nel 2014 da Leica, facilitando l’interscam-
bio di corpi macchina e obiettivi. La serie
Lumix S oltre a una gamma di obiettivi
prodotti da Panasonic e previsti in uscita
nel 2019 potrà così contare sugli obiet-
tivi Summicron, Elmarit e Summilux che
Leica ha lanciato negli ultimi anni. Stiamo
parlando di cinque obiettivi prime a foca-
le fissa e di tre obiettivi zoom. La neonata
serie Lumix S debutterà con due foto-
camere, una indirizzata al fotografo che
cerca risoluzione e una per un uso poli-
FOTOGRAFIA L’innesto L di Leica è l’elemento centrale di una alleanza tra Panasonic, Leica e Sigma
Panasonic, e il Full-Frame è servito Annunciate le Lumix S1 e S1R con innesto LNuova Lumix S Series di Panasonic con le prime due fotocamere Full-Frame dell’azienda
valente, foto e video. La S1R avrà un sen-
sore Full-Frame da 47 MP mentre la S1
sarà equipaggiata con un sensore da 24
MP ovviamente full frame. La nuova mir-
rorless sarà costruita attorno a un nuovo
processore Venus Engine e, nonostante
la dimensione del sensore, Panasonic
garantirà la registrazione video 4K a 60p
con le stesse funzioni della evoluta GH5.
Tra le altre caratteristiche un corpo came-
ra ergonomico sigillato contro le intem-
perie e protetto alle basse temperature,
un layout dei tasti completamente rivisto,
il mirino elettronico con la più alta risolu-
zione mai utilizzata su una mirrorless (ma
mancano dettagli) e il doppio slot di card
XQD e SD. Panasonic parla anche di au-
tofocus rivoluzionato con il sistema DFD
a ricerca di contrasto migliorato grazie al
deep learning, e non rinuncia al Dual IS
con il sensore stabilizzato in camera che
può lavorare insieme allo stabilizzatore
inserito negli obiettivi. Nessuna informa-
zione sul prezzo e sulla disponibilità, S1
e S1R saranno presentate nei prossimi
mesi. Sono previste nel 2019 tre lenti
dedicate, un 50 mm f/1.4, uno zoom stan-
dard 24-105 e un tele 70-200.
di Emanuele VILLA
Zeiss è un nome di spicco nel pano-
rama delle ottiche fotografiche,
decisamente meno in quello delle
fotocamere. Ma la soluzione presentata
dall’azienda a Photokina è destinata a far
parlare di sé: ZX1 fa suoi tutti i concetti
fondamentali del mondo “punta e scatta”
ma vi aggiunge un sensore Full-Frame,
un’ottica fissa e una specie di tablet An-
droid integrato con tanto di Lightroom CC
precaricato per sviluppare e modificare i
propri scatti al volo. La macchina rientra
di diritto nel segmento delle compatte,
ha giusto i controlli manuali essenziali (il
FOTOGRAFIA Al Photokina non è passata inosservata un’interessante soluzione targata Zeiss
La Full-Frame di Zeiss ha Lightroom CC integratoUna fotocamera compatta con sensore Full-Frame e ottica fissa, con Lightroom CC integrato
resto si controlla via display touch pos-
teriore) e come ottica usa una lente Dis-
tagon 35mm f/2.0 su un corpo piuttosto
squadrato e anonimo. Tra le caratteris-
tiche il sensore Full-Frame da 37mpixel,
connettività estesa (Wi-Fi, Bluetooth,
USB-C) ma manca lo slot SD. Le foto, in
Jpg o Raw, vengono infatti salvate nella
memoria interna da 512 GB, capace di
ospitare più di 6.000 Raw e 50.000 Jpg
a massima risoluzione. L’aspetto più intri-
gante di questo modello, che debutterà
sul mercato a inizio 2019, è l’integrazione
di una versione custom di Adobe Light-
room CC che permette l’editing istanta-
neo degli scatti senza necessità di tras-
ferirli verso uno smartphone, un tablet o
un PC come si fa di solito. Non ancora
annunciato il prezzo di listino, ma non
sarà una macchina economica.
Scoperto un nuovo easter egg su Google: è un gioco testualeGoogle ha nascosto un gioco testuale all’interno della barra di ricerca. L’avventura consiste nell’individuare tutte le lettere che compongono il nome della societàle di Gaetano MERO
Google da sempre si diverte a nascondere all’interno dei propri software degli easter egg in atte-sa che qualche programmatore curioso, o semplicemente malde-stro, li scopra. L’ultimo in ordine di tempo ad esser stato scovato dall’utente Reddit try_number_1 è un gioco testuale, nel quale si do-vranno trovare tutte le lettere che compongono il logo di Google.Per accedere al videogame bi-sogna accedere dal proprio browser alla pagina google.com (con le pagine locali non funziona): nella classica barra di ricerca è necessario scrivere “text adventure” o “text game”, subito dopo digitare la combina-zione di tasti Ctrl+Shift+J oppure Cmd+Option+J in base al sistema utilizzato. In questo modo si aprirà la console di sviluppo in cui verrà chiesto se si intende proseguire con il gioco, basterà quindi inseri-re “Yes” nella riga di comando per iniziare a giocare.L’avventura è, appunto, di tipo te-stuale e per interagire è necessa-rio leggere ciò che accade e digi-tare alcuni comandi come “grab”, “use”, “inventory”, spostandosi tra le varie stanze che rappresentano i luoghi del Campus del gigante di Mountain View. Per far incontrare la G con il resto delle lettere ci vorranno dai 30 ai 60 minuti.
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
“T utti stanno lanciando fotoca-
mere Full-Frame. Noi credia-
mo non sia sufficiente, c’è chi
vuole di più, ecco perché noi abbiamo
la super Full-Frame”. Fujifilm, dal palco
del Photokina, annuncia la sua nuova
GFX50R, versione rivista della fotocame-
ra mirrorless medio formato presentata
due anni fa qui a Colonia. Una macchina
che ricalca il modello precedente, stesso
sensore medio formato e stesse carat-
teristiche, Bluetooth a parte, ma che è
a suo modo rivoluzionaria. La medio for-
mato, con il corpo ingombrante e il peso
generoso, diventa nel modello GFX50R
un’alternativa alle mirrorless Full-Frame
come dimensioni e pesi. 775 grammi
di peso contro i 920 della GFX50S e
un corpo 2.5 cm più sottile rendono la
nuova fotocamera perfetta per chi vuole
una macchina versatile che non abbia
limiti in termini di utilizzo. Fujifilm ha an-
FOTOGRAFIA La serie GFX si arricchirà di un modello con sensore medio formato da 100 MP
GFX50R è la super Full-Frame di Fujifilm Arriverà a ottobre a un prezzo di 4575 euroFujifilm lancia una versione più compatta e leggera della sua fotocamera medio formato È identica alla GFX50S nelle caratteristiche, è più sottile, leggera e anche economica
che annunciato un obiettivo GF50mm
f/3.5, l’obiettivo più leggero e compatto
mai realizzato per una medio formato.
Al momento non è stato annunciato un
“kit”, ma è evidente che l’occasione di
unire camera e obiettivo in un sistema
medio formato compatto è tanta. Fuji-
film per ora ha comunicato solo il prezzo
della GFX50R: a ottobre a 4575 euro. La
serie GFX di Fujifilm si arricchirà il pros-
simo anno di un nuovo modello ad alta
risoluzione: avrà un sensore medio for-
mato da 100 MP con pixel a rilevamento
di fase e sarà la prima medio formato con
I.B.I.S, ovvero stabilizzazione sul sensore.
L’obiettivo ora è contenere il prezzo: Fuji-
film vuole portarla sul mercato a 10.000
euro. La gamma di obiettivi GF è già in
grado di risolvere 100 MP, e a breve alle
lenti già disponibili sul mercato si aggiun-
geranno anche due zoom: un 100-200
f/5.6 e un 45-100 f/4 stabilizzato.
di R. P.
U n nuovo design, una nuova mo-
dalità di installazione la stessa
promessa di sempre: un riscalda-
mento gestito in modo più efficace che
permette anche di risparmiare qual-
cosa. Thermostat E è l’ultima versione
del termostato intelligente Nest, un
prodotto profondamente rivisto che si
affianca al Nest Learning Thermostat.
Thermostat E ha due caratteristiche
fondamentali: costa solo 219 euro e
può essere installato da tutti senza
particolari accorgimenti. Il termosta-
to è composto da una unità da tavolo
per la selezione della temperatura e da
un blocco che controlla la caldaia, da
posizionare al posto del vecchio termo-
stato, Heat Link E. Nest Thermostat E è
compatibile con tutti i classici crono-ter-
mostati a pile che non fanno altro che
chiudere un contatto: basta togliere il
SMARTHOME Il costo è di 219 euro, l’arrivo è previsto per il 16 ottobre ma si può pre-ordinare
Nest Thermostat E, semplicissimo e costa menoPensato per chi vuole spendere meno e desidera un prodotto che può installare da solo
vecchio termostato, collegare gli unici
due fili presenti a Heat Link E e il siste-
ma è pronto. L’app guida passo passo
nel collegamento, ma chi non se la sen-
tisse di farlo da solo può rivolgersi agli
installatori Nest Pro. L’unità da montare
a muro integra una coppia di batterie
stilo che assicurano diversi anni di au-
tonomia. Per facilitare l’utilizzo Thermo-
stat E dispone di una programmazione
di base realizzata basandosi sui dati
raccolti dai vari termostati già installati
in Europa, ma come Learning Thermo-
stat continua a imparare e adegua la
programmazione alle abitudini di ogni
singola abitazione. L’unità base, un ele-
gante display bianco con finitura opa-
ca, dispone di sensore ambientale che
rileva se ci sono persone in casa. I dati
del sensori, uniti a quelli dell’applica-
zione che sfrutta la geolocalizzazione,
permettono di gestire in modo preciso
accensioni e spegnimenti.
Nest Thermostat E si potrà controllare
anche tramite Google Assistant.
Nest Thermostat E costa 219 euro e si
può pre-ordinare da Leroy Merlin, da
Media World e da Unieuro: la disponi-
bilità è fissata per il 16 ottobre.
Il seggiolino “salva-bebè” è obbligatorioSe il bambino ha fino a 4 anni, serve un sistema di allarme per evitare gli abbandoni. L’obbligo è ora legge. di Massimiliano DI MARCO
L’obbligo del seggiolino “salva-bebè”con sistema di allarme è di-ventato legge dopo che il Senato ha approvato il disegno di legge con 261 “sì” e un solo astenuto. L’obbligo a dotarsi dei nuovi dispo-sitivi per la sicurezza dei bambini (fino ai 4 anni) nei veicoli sarà atti-vo dal 1° luglio 2019.La nuova legge introduce l’obbli-go ad avere il sistema di allarme per i dispositivi di sicurezza per i più piccoli; quest’ultimo (come la cintura, per esempio) era infatti già previsto. Con “dispositivo di sicurezza” non s’intende sempli-cemente una cintura, ma una so-luzione a 360 gradi che includa anche un allarme nel caso in cui il bimbo sia stato dimenticato.Sarà essenziale che ogni seggio-lino in auto sia dotato di un siste-ma di allarme che avvisi il genitori della presenza del bambino nel veicolo a motore spento.La legge introduce anche sanzioni pecuniarie per i trasgressori: da 81 a 326 euro, con la sospensione da 15 giorni a 2 mesi della patente in caso di recidiva nell’arco di due anni. Il testo specifica che la san-zione è prevista nel caso di “utiliz-zo di un sistema di ritenuta privo del dispositivo di allarme sonoro”.“La disposizione così formulata punisce con la medesima sanzio-ne amministrativa coloro che non fanno uso di dispositivi di ritenuta (trasportando quindi i bambini senza ‘seggiolino’) e coloro che, pur provvisti di idonei dispositivi di ritenuta, non dispongono del prescritto sistema di allarme” pro-segue il testo.All’articolo 3 della legge, infine, si parla di “agevolazioni fiscali” per l’acquisto dei nuovi seggiolini; a tal proposito, comunque, dovrà esprimersi la Commissione affari costituzionali della Camera.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
I l compromesso ideale tra la portabili-
tà di Oculus Go e la potenza di Rift, il
modello di fascia alta. Oculus Quest è,
almeno sulla carta, ciò che i visori di real-
tà virtuale avevano promesso di essere
fin dall'inizio: un dispositivo versatile, co-
modo e immersivo, senza la costrizione
dei collegamenti cablati. Il tutto senza
nessun cavo e soprattutto - ed è que-
sta l’aggiunta più importante rispetto a
Go - con il tracciamento della posizione
dell’utente all'interno dello spazio, grazie
a un sistema di quattro sensori grandan-
golari, tecnologia che Facebook ha chia-
mato Oculus Insights. Annunciato nel
corso dell'Oculus Connect, Quest sarà
disponibile dalla prossima primavera a
399 dollari. Ancora non confermato, in-
vece, il prezzo italiano. A questo prezzo
Quest si posiziona in una fascia di mer-
cato incredibilmente vicina a Rift, che in
Italia costa 449 euro insieme ai controller
Oculus Touch. Vederli così fianco a fianco
nel catalogo di Oculus, viene da pensare
che siano due espressioni della stessa
tecnologia, quasi paritetiche: Quest è
senza cavi, anche se ciò significa avere
qualche compromesso (in primis il chip
Snapdragon 835, il “cuore” di Quest); Rift
richiede, invece, un PC costantemente
collegato e un sensore esterno per il rile-
vamento della posizione, ma garantisce
le esperienze più profonde e immersive.
Gli stessi giochi di Rift? Dipende dallo sviluppatore Facebook ha già promesso che gli svi-
luppatori potranno trasporre gli stessi
GAMING Un visore che potrebbe rappresentare il vero spartiacque per gli scettici della VR
Oculus Quest è il visore VR che mancava Rileva la posizione anche senza caviOculus Quest promette la portatilità di Go con prestazioni superiori (grazie a Snapdragon 835)
contenuti pensati per Rift su Quest, ma
chiaramente ci sarà da svolgere del lavo-
ro di taglia e cuci per far sì che i video-
giochi più pesanti girino adeguatamente
anche sullo Snapdragon 835 di Quest.
“Abbiamo oltre 50 titoli pronti per il lan-
cio - specifica Oculus - e altrettanti sono
in cantiere, tra cui alcuni dei vostri giochi
preferiti per Rift come Robo Recall, The
Climb e Moss”. Tra i nuovi giochi è stato
presentato Vader Immortal: A Star Wars
VR Series (clicca qui per il video), che
sarà composta da tre episodi (il primo è
previsto il prossimo anno) che narreran-
no “una storia inedita” nell'universo di
Star Wars. Oculus fa specificamente rife-
rimento a Quest quando parla dei dispo-
sitivi su cui sarà possibile giocare a Vader
Immortal, ma è difficile pensare che non
sarà disponibile su Rift.
Il prodotto bilanciato che mancavaQuest usa le stesse ottiche di Oculus Go
e ofre una risoluzione di 1600x1440 per
occhio. In tal senso, Quest può essere
visto come un “Go+”: eredita, infatti, il
design e l’esperienza del “fratello mino-
re” - che in Italia parte da 219 euro ed
è dotato di Snapdragon 821 - garanten-
do però esperienze più approfondite e,
come abbiamo anticipato, il rilevamento
della posizione dell'utente in un spazio,
caratteristica essenziale per una vera
immersività nella realtà virtuale. Oculus
Quest, insomma, va a posizionarsi in
un vuoto commerciale che si faceva
sentire: un visore di realtà virtuale inter-
medio, che non costi troppo e che offra
un’esperienza soddisfacente. Oculus Go
garantisce già un’eccellente portatilità,
ma il compromesso di giochi molto basi-
lari ne limita le potenzialità. I più esigenti
saranno sempre indirizzati verso Rift, che
resterà il visore top di gamma, ma il siste-
ma cablato obbligatorio è sempre stato
visto come una “costrizione” fastidiosa
per i più. Quest potrebbe essere il viso-
re ideale per chi vuole vivere la realtà
virtuale senza fili, ma anche con pochi
compromessi.
Xbox One sempre più un PC: arriva il supporto a mouse e tastieraGli utenti potranno giocare su Xbox One anche con mouse e tastiera. Microsoft ha annunciato la nuova funzione, ma saranno i singoli sviluppatori a decidere se implementarla oppure no nei propri giochi di M. D. M.
Presto anche gli utenti Xbox One potranno giocare con mouse e tastiera. Microsoft ha ufficialmen-te confermato la novità, attesa da tempo, specificando però una condizione importante: saranno i singoli sviluppatori a decidere se inserire il supporto a mouse e ta-stiera nei propri giochi oppure no. Tale caratteristica potrà essere implementata, inoltre, anche nei giochi già in commercio attraver-so un aggiornamento software. Per ora il supporto verrà introdot-to per gli utenti Xbox Insider “nelle prossime settimane”, ha spiegato Microsoft, e tra i primi giochi che supporteranno mouse e tastiera ci sarà Warframe, che riceverà presto un aggiornamento per supportare le nuove periferiche. L’azienda sottolinea, inoltre, che “la maggior parte delle tastiere e dei mouse cablati e wireless fun-zioneranno con Xbox One”, ma anche che sta lavorando a stretto contatto con Razer per proporre “la migliore esperienza possibile con mouse e tastiera”. Maggiori dettagli in merito alla collabora-zione tra Microsoft e Razer, così come gli altri giochi che saranno compatibili con mouse e tastiera, saranno comunicati a novembre.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Serviva Fortnite per scardinare la
posizione di Sony sul cross-play.
L’azienda ha annunciato infatti che,
proprio a cominciare dallo sparatutto
online di Epic Games, i giocatori PS4 po-
tranno giocare anche con gli utenti PC,
smartphone Android e iOS, Xbox One e
Nintendo Switch. Dopo mesi di polemi-
che da parte degli utenti, Sony, insomma,
ha ceduto. “In seguito a un’accurata va-
lutazione, SIE ha individuato un percorso
per il supporto delle funzioni multipiatta-
forma per contenuti selezionati di terze
parti” ha scritto l'azienda sul blog ufficia-le. “Ci rendiamo conto che i giocatori su
sistema PS4 attendono con ansia un ag-
giornamento, e apprezziamo la pazien-
za della community durante i nostri sforzi
per trovare una soluzione”. Si comincerà
quindi con una beta aperta per Fornite,
già disponibile, ma è probabile che altri
giochi di terze parti integreranno il gio-
co cross-play online in futuro. Secondo
Sony la beta aperta è “un’occasione per
condurre test accurati e assicurarci che
il gioco multipiattaforma sia al suo me-
glio su sistema PlayStation”. Il cross-play
non significa soltanto che gli utenti PS4
potranno giocare online insieme con
quelli Xbox One e Nintendo Switch, per
GAMING Sony si arrende: il “peso” di Fornite ha vinto sulla posizione dell’azienda sul cross-play
Il cross-play di Fornite arriva anche su PS4Anche su PS4 sarà presto disponibile il cross-play, per giocare online con gli utenti smartphone, PC, Mac, Xbox One e Nintendo Switch. Si parte con una beta aperta
esempio, ma anche che i progressi e il
commercio (skin e altri oggetti acquistati
in gioco, insomma) saranno “trasportati”
insieme all'account.
Sony è l’ultima azienda a “cadere” sot-
to i colpi del cross-play, ma soprattutto
delle richieste degli utenti. Quanto ciò
significhi - vista la resistenza che, in que-
sti mesi, Sony ha tenuto - lo ammette
l’azienda giapponese stessa: “Questo
rappresenta un cambiamento notevole
per SIE a livello di politiche aziendali,
e siamo ora in fase di pianificazione in
tutta l’organizzazione per supportare
questo cambiamento. Daremo notizie
alla community una volta che avremo
più dettagli da condividere, compresi
dati più specifici sulle tempistiche della
beta e sulle prospettive future”. Forse il
“peso” di Fornite, che ad agosto ha su-
perato i 78 milioni di utenti mensili, era
troppo così come la richiesta da parte
degli utenti stessi. PlayStation 4, d’altron-
de, era rimasta l’unica piattaforma a non
proporre il cross-play; altri limiti di questa
posizione di Sony erano legati all’uti-
lizzo dell’account: se l’utente usava su
PS4 l’account con cui precedentemente
aveva giocato a Fortnite su Xbox One o
PC, per esempio, quell’account veniva “bloccato” sulla console Sony impe-
dendo, insomma, di usarlo poi su un’al-
tra piattaforma. Tale situazione sembra,
però, essere giunta verso la fine.
Honor of Kings La fotocamera riconosce i minorenni e blocca i “drogati” del giocoLa cinese Tencent testa l’uso della fotocamera frontale in Honor of Kings per riconoscere i minorenni ed evitare che oltrepassino i limiti d’uso giornalieri imposti
di M. D. M.
Le fotocamere degli smarphone usate per riconoscere l’età dei giocatori e, nel caso, limitare l’uso dei videogiochi. È l’ultima mossa di Tencent, uno dei maggiori pro-duttori di videogiochi cinesi, per arginare l’eccessivo uso di Honor of Kings da parte degli utenti più giovani. Dopo pressioni da parte della stampa locale, Tencent ha introdotto lo scorso anno alcuni limiti sull’uso del gioco: un’ora al giorno per gli utenti che hanno al massimo 12 anni e due ore per gli utenti dai 13 ai 18 anni. Per fare in modo che tale limite venga ri-spettato e che gli utenti non men-tano sulla propria età, Tencent ha introdotto la necessità di usare il proprio nome vero in fase di regi-strazione. E la società cinese ha pensato anche di approfondire le verifiche sull’età dei giocatori. Su un limitato numero di utenti, sta testando l’uso del riconoscimento facciale: riconoscendo l’età del-l’utente attraverso la fotocamera integrata, Tencent può impedire che gli utenti riescano a circum-navigare i limiti imposti. Per ora, ha spiegato Tencent, si tratta di una funzionalità in fase di prova. Tale periodo di anteprima servirà a Tencent non solo per tarare la funzionalità e migliorare il ricono-scimento, ma anche per valutare la reazione del pubblico.
di Francesco FIORILLO
N egli anni Nintendo ha abituato a
più versioni delle console porta-
tili. Lo stesso approccio potrebbe
essere usato per Switch, l’ibrida che
ha venduto 20 milioni di unità in tutto il
mondo dal lancio. Secondo le indiscre-
zioni del The Wall Street Journal, infatti,
l'azienda starebbe lavorando a una ver-
sione migliorata di Switch da commer-
cializzare nel 2019. L’idea dell'azienda è
di mantenere alta la competitività della
sua macchina da gioco e, di conseguen-
za, continuare a innalzarne la richiesta.
Mantenendo comunque al centro del
progetto i costi di produzione, Ninten-
GAMING Secondo indiscrezioni, l’azienda starebbe lavorando a una versione 2.0 di Switch
Una nuova Nintendo Switch in arrivo nel 2019?Schermo migliorato e dimensioni di poco inferiori, così dovrebbe essere la nuova Switch
do avrebbe l’intenzione di migliorare
sensibilmente la qualità dello schermo,
in modo da renderlo più efficiente in ter-
mini di chiarezza dell’immagine, lumino-
sità e consumo. Difficilmente la tecno-
logia LCD verrà abbandonata in favore
di quella OLED mentre, siamo pronti a
scommetterci, le nuove dimensioni ge-
nerali risulteranno minori. Guardando
all’evoluzione del 3DS, l’attuale console
portatile di Nintendo, l’idea di una “new
Nintendo Switch” appare tutt’altro che
sorprendente. Negli anni l’azienda giap-
ponese ha immesso sul mercato diverse
varianti, tra cui Nintendo 2DS e 3DS XL.
Resta difficile, invece, pensare che la
potenza di questa nuova versione pos-
sa essere distante dall’attuale modello.
Non sono da escludere miglioramenti
minimi - sulla falsa riga della manciata
di MHz in più nella frequenza di calcolo
del processore di New Nintendo 3DS ri-
spetto al modello originali - ma niente, in
ogni caso, che possa alterare significati-
vamente i risultati grafici dei giochi.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto PEZZALI
D a più di un mese il nuovo Galaxy Note 9 è nei
negozi. Chi ha seguito la presentazione, caduta
nel mezzo di un caldissimo agosto, si sarà già
fatto un’idea di cosa aspettarsi da questo nuovo mo-
dello e quali sono i punti che un test su strada deve
andare a toccare. Il primo è senza dubbio la batteria:
Samsung, dopo i problemi avuti con il Galaxy Note 7,
torna a proporre all’interno di un Note una batteria di
grandissime dimensioni, un 4000 mAh che dovrebbe-
ro togliere ogni possibile ansia da autonomia. In realtà
il numero da solo dice poco: Galaxy S9, che monta un
processore identico e lo stesso sistema operativo, ha
fatto un leggero passo indietro proprio su questo pun-
to, e lo stesso Note 8, dopo l’aggiornamento ad Oreo,
è diventato un po’ energivoro. Il Note 9 deve supera-
re due scogli: quello di un processore fatto in casa da
Samsung che non sembra efficiente dal punto di vista
energetico come la controparte Snapdragon, disponi-
bile però solo per il mercato americano, e un sistema
operativo profondamente modificato che sembra ave-
re sui modelli attuali un impatto importante sull’autono-
mia. Basteranno 4000 mAh? Questo è la prima doman-
da. La seconda domanda da farsi è se le altre novità
aggiunte da Samsung valgono l’upgrade al nuovo mo-
dello, soprattutto se una persona non vuole spendere
i 1.279 euro chiesti per la versione con 8 GB di RAM e
512 GB di storage e punta il modello base. Oggi il Note
8 sul mercato si trova a circa 600 euro su Amazon e re-
sta un prodotto eccellente: valgono davvero 400 euro
in più la fotocamera con doppio diaframma e le funzio-
ni AI, la possibilità di utilizzare DeX senza docking e la
penna attiva? Il Note è un prodotto unico che non può
essere confrontato con altri smartphone: ecco perché il
vero competitor del Note 9 in questa prova sarà il Note
8, e con il Note 8 confronteremo il nuovo smartphone
nei singoli aspetti.
Design e ergonomia: vince Note 9 per il sensore fingerprintEsteticamente il Note 9 è identico al Note 8. Ci sono
differenze, ma sono davvero minime: lo spessore
maggiore della nuova versione si percepisce solo
se mettiamo i due smartphone uno di fianco all’altro
e la stessa cosa vale per il peso, più elevato ma la
cosa all’atto pratico non ci ha dato troppo fastidio
come non ci hanno dai fastidio i due millimetri in più
di larghezza. L’Xperia XZ2 Premium, giusto per fare
un confronto, è sicuramente più pesante e i grammi in
più si percepiscono tutti, sia in tasca che in mano. La
forma squadrata del Note è praticamente obbligata:
Samsung deve poter nascondere il pennino nel corpo
e deve farlo in un punto dove il pennino si affianca alla
MOBILE Abbiamo messo alla prova per circa un mese il nuovo Galaxy Note 9, confrontandolo nei vari aspetti con il Note 8
Galaxy Note 9, un mese di lavoro con in tasca il nuovo super smartphone di Samsungll nuovo Galaxy Note 9 è la massima espressione della tecnologia Samsung nel mondo dei dispositivi portatili Dedicato a chi lavora e a un pubblico esigente, è un prodotto che fa della concretezza e dell’unicità i suoi punti di forza
batteria, quindi all’estremità: più di così non era possi-
bile arrotondare gli spigoli. Il display è da 6.4”, ma se
si calcolano i bordi arrotondati diventano 6.3”: anche
qui la differenza tra i due modelli è quasi impercetti-
bile, cornice leggermente più sottile nella parte bassa
ma nulla di più. Se avessero scritto 6.3” nessuno si
sarebbe mai accorto della differenza. Lo schermo è
simile a quello usato sull’S9 e sul vecchio modello:
uno schermo HDR, con una ottima luminosità di pic-
co e un filtro antiriflesso che garantisce un’eccellente
leggibilità anche con forte luce incidente. Samsung
è ad oggi il miglior produttore al mondo di schermi
OLED per smartphone e quello del Note 9 per resa
sulle basse luci, sfumature e angolo di visione è tra i
migliori che ci sia mai capitata di vedere. La luminosità
di picco in modalità HDR raggiunge gli 863 nits (non
sappiamo dove siano usciti i 1000 nits dichiarati da
altri) mentre in modalità standard è decisamente più
bassa. A impressionare tuttavia è l’eccelsa calibra-
zione dello schermo in modalità P3: siamo di fronte
ad uno schermo praticamente perfetto con copertu-
ra totale, nemmeno l’iPhone che da sempre ha una
tradizione in fatto di calibrazione ha una precisione
cromatica così elevata. Lo schermo del Note 9 è de-
cisamente migliore di quello del Note 8 e di quello
di S9. La vera differenza è sul retro: il blocco fotoca-
mera, sempre orizzontale, è stato rivisto sia nel vetro
protettivo, questa volta cromaticamente abbinato alla
scocca, sia negli elementi che lo compongono. Il sen-
sore fingerprint è stato spostato verso il basso in una
Galaxy Note 9PASSO OBBLIGATO PER CHI NON HA IL NOTE 8. E PER CHI VUOLE PROVARE UN NOTE
1029 euro €
Passare dal Note 8 al Note 9 conviene solo per due motivi: la batteria e la possibilità di utilizzare DeX senza portarsi appresso una docking. La batteria dura di più, merito anche della capienza maggiorata, ma non è quel salto che ti fa svoltare: Samsung fa leva sulla combinazione carica veloce / carica wireless per offrire al lavoratore uno smartphone sempre carico. Il target del Note 8, vuoi in ufficio vuoi in auto, sicu-ramente ha modo di dare un colpo di carica durante la giornata e arrivare a sera con il 30% residuo non è certo un problema. Le prestazioni ci sono, la ricezione anche, le rete è veloce e non si può dire che Samsung non abbia guardato a quello che un utente Note chiede, primo tra tutti una memoria super. La versione da 512 GB, se proprio si deve fare il grande salto, è sicuramente suggerita. L’espansione di memoria, che lo porta a 1 TB, un di più che potrebbe far piacere a chi vuole usare il Note come ufficio portatile. Qualche punto debole resta, il sistema di riconoscimento dell’iride non è ancora perfetto e a tratti lo smartphone sembra scaldare troppo, ma ci troviamo davanti ad un solido upgrade di un Note 8 che già tutti apprezzano. Concorrenti non ne ha, lo abbiamo già detto, è unico: chi ha sempre usato Note e ha saltato Note 8 deve sicuramente prenderlo in considerazione, chi non ha mai provato il Note dovrebbe farlo. Anche senza usare la penna resta un eccellente smartphone.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 8 8 8 88.5COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità dello schermo eccezionalePrestazioni da vero top di gammaPenna e DeX senza cavo lo rendono un prodotto unico
Batteria da 4000 mAh, ci si poteva aspettare qualcosa in piùL’autenticazione con iride ibrida è meno efficace di TouchIDCon un uso intensivo scalda un po’
segue a pagina 37
lab
video
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
zona sicuramente più accessibile e pratica, e questo
dal punto di vista dell’ergonomia è forse l’elemento
che lascia preferire il nuovo modello al vecchio. Se si
considera che lo sblocco combinato del viso e dell’iri-
de presente sul Note 9 è abbastanza efficace anche
quando c’è poca luce, ma non infallibile, il reparto di
autenticazione sicura del nuovo modello surclassa in
modo netto quello del modello precedente. L’autenti-
cazione combinata retina viso non è al livello del Fa-
ceID di Apple: se con l’iPhone X si poteva azzardare
un confronto, la velocità e l’immediatezza di FaceID
sui nuovi iPhone Xs lascia preferire quest’ultimo.
Fotocamera: un sostanziale pareggio Note 9 ricopia la configurazione di fotocamere di
Galaxy S9 Plus: un sensore principale da 12 mega-
pixel dotato di una doppia apertura, f/1.5 e f/2.4, e
un sensore secondario per lo zoom e l’effetto ritrat-
to. Le prestazioni sono paragonabili a quelle di S9:
siamo davanti ad una fotocamera principale di altis-
simo livello che, in determinate condizioni, riesce a
restituire fotografie davvero godibili per definizione e
pulizia del quadro. Samsung non cambia tuttavia la
sua classica impostazione: le foto sono leggermente
più sature per apparire più piacevoli, e a tratti si nota
anche una maschera di contrasto un po’ troppo spinta
usata per far emergere qualche dettaglio. Se la foto
a monitor può apparire molto contrastata e nitida, se
si ingrandisce si nota come questa maschera abbia
portato anche ad un appiattimento di molte sfumature
e abbia tolto un po’ di naturalezza al quadro. Il Note 9,
come quasi tutti gli smartphone dell’ultimo anno, uti-
lizza il machine learning per riconoscere alcune sce-
ne ottimizzando contrasto, colore e luminosità. Anche
per questa modalità automatica Samsung ha mante-
nuto un atteggiamento un po’ aggressivo, e solo con
l’ultimo aggiornamento software è tornata sui suoi
passi rivendendo il flusso di lavoro e migliorando la
resa della fotocamera in alcune situazioni, soprattutto
sui ritratti. Il doppio diaframma, che si regola automa-
ticamente a seconda delle condizioni di luce, non è a
nostro avviso un “game changer”: se le differenze ci
sono non sono apprezzabili nella maggior parte delle
foto. Sicuramente, più che la doppia apertura, aiuta
l’apertura massima di f/1.5 che fa del Note uno degli
smartphone con l’obiettivo più luminoso della sua ca-
tegoria. Se dobbiamo però trovare una risposta alla
domanda “Ma fotografa meglio del Note 8” crediamo
che la risposta in tutta onestà sia no: l’applicazione ha
più funzioni, ma se si guarda al risultato siamo certi
che pochi sarebbero in grado di cogliere differenze
apprezzabili tra uno scatto fatto con il Note 8 e uno
fatto con il Note 9. Anzi, scattando con il Note 8 usan-
do l’ottimo Lightroom Mobile e passando dal RAW
siamo convinti che si possa ottenere uno scatto più
equilibrato e decisamente più fedele di quello che si
ottiene con il software camera di Samsung.
Ottimo anche il comparto video, che arriva a 4K 60p:
l’unico limite sono i 5 minuti di registrazione massima,
non sappiamo se dovuto ad una questione di licenze
o se è stato messo per evitare il surriscaldamento del
sensore. Ricordiamo che, anche sulle reflex e sulle vi-
deocamere professionali, spesso la registrazione 4K
è limitata per questioni calore.
Il bluetooth è la ciliegina, ma la penna era già eccellente La penna è l’elemento che rende il Note quello che è,
un prodotto unico nel suo genere e destinato ad una
nicchia di persone che lo scelgono proprio per quella
penna. E la penna è cambiata, anche se non troppo.
Stesso livello di pressione, stesso digitalizzatore, stes-
se sensazioni d’uso: chi ha usato la penna del Note 8
continuerà a farlo con lo stesso feeling sul Note 9. La
differenza, colore giallo a parte, molto azzeccato a no-
stro avviso, è la presenza all’interno della penna del
Note 9 di un piccolo condensatore che alimenta un
modulo wireless. La penna del Note funziona con un
campo magnetico generato della schermo, ma grazie
al modulo wireless bluetooth e al condensatore ora
può inviare un comando anche ad una distanza di più
di 5 metri. Con il tasto si può quindi scattare un selfie,
avanzare in una presentazione o fermare la visione
di un video. Serve? Nel 95% dei casi crediamo che la
penna del Note 8 sia più che sufficiente, ma talvolta
può rivelarsi utile gestire una presentazione usando
lo smartphone collegato in modalità Dei e il teleco-
mando può fare comodo. E’ un qualcosa in più, che
non riteniamo fondamentale ma che può aiutare. In
ogni caso qui diamo un pareggio: l’aggiunta del blue-
tooth è la ciliegina su un oggetto, S-Pen, che era già
eccellente.
DeX senza docking trasforma il Note in un piccolo computer Samsung ha rivisto parzialmente la struttura interna
del Note aggiungendo un elemento di dissipazione
aggiuntiva al processore. Questo ha permesso di
poter attivare la modalità DeX collegando solo un
cavo alla porta USB Type C 3.1: la docking station non
serve più, basta quindi un banale cavo o un adatta-
tore di quelli che si possono acquistare su Amazon a
pochi euro. Vanno benissimo anche gli adattatori dei
MacBook, basta che ci sia la compatibilità DisplayPort.
In modalità DeX ovviamente lo smartphone scalda un
po’ di più, ma è un livello di temperatura che può tran-
quillamente sopportare senza ridurre le prestazioni
per l’eccessivo calore da smaltire. All’adattatore si
TEST
Samsung Galaxy Note 9segue Da pagina 36
segue a pagina 38
Ecco alcune fotografie realizzate con il Note 9. Clicca sulla foto per vedere l’ingrandimento.
torna al sommario 38
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
possono ovviamente collegare tastiere e mouse tra-
mite USB, ma volendo è possibile usare anche il blue-
tooth per ridurre i fili.
L’autonomia non è da record, ma ci porta a sera Con una batteria da 4000 mAh Samsung inserisce su
uno smartphone una delle batterie più capienti mai
usate, e i risultati si vedono. Il Note 9 ha un’autonomia
superiore alla media, sicuramente superiore a quella
del Galaxy S9 Plus. Non fa registrare però numeri da
record, e i motivi a nostro avviso sono tre: il primo è il
target, un’utenza business che sicuramente nel corso
della giornata ha il tempo e l’occasione per fare un
colpo di ricarica. Con la ricarica rapida il Note 9 recu-
pera velocemente parte della sua carica, e tra ufficio,
macchina o volendo anche con un powerbank il tem-
po per rifare il “pieno” c’è. Il secondo è la volontà di
tenere un sistema operativo flessibile e senza troppe
costrizioni: ci sono aziende come Huawei che per arri-
vare a registrare autonomie super hanno utilizzato si-
stemi di gestione molto aggressive dei processi, chiu-
dendo di forza app in background e creando anche
cuffie di qualità la resa è più che buona. Migliorabile
invece la connessione wireless: l’assenza del proces-
sore Qualcomm non ha permesso a Samsung di usa-
re l’AptX HD, c’è solo la versione standard che come
sappiamo non eccelle per qualità. Volendo si può usa-
re LDAC di Sony oppure un codec HD di Samsung, ma
come sempre servono dispositivi wireless compatibili
per poter sfruttare codec particolari. L’unico appun-
to che possiamo fare è un riscaldamento della zona
posteriore a tratti eccessivo, non accade sempre ma
si percepisce in qualche situazione particolare, o un
gioco impegnativo o una sessione con il cavo DeX in-
collato. Riscalda anche abbastanza quando si ricarica,
è una condizione abbastanza standard.
di Franco AQUINI
I l nuovo top di gamma della serie
V di LG è stato annunciato ufficial-
mente. Nessun dettaglio sull’uscita,
ma quello che il produttore svela è
molto interessante. Due i punti sui
quali questo nuovo V40 si concentra:
ThinQ, l’intelligenza artificiale di LG, e
fotocamera, che può contare su ben
cinque obiettivi ripartiti, tre sul retro e
due davanti.
Cinque fotocamere per non sbagliare più scatto A cosa servono cinque fotocamere?
Semplice, a fare più scatti. Le tre pos-
teriori faranno tre scatti contempora-
neamente e lasceranno all’utente la
scelta di quello migliore. Uno scatto
standard, uno grandangolo e uno con
teleobiettivo. Così, con un solo scatto,
si avranno a disposizione tutte le al-
ternative possibili. Stiamo parlando
tecnicamente di un sensore da 16MP
grandangolo (a 107 gradi, dichiara LG),
MOBILE La fotocamera e ThinQ, l’intelligenza artificiale di LG, sono i due punti di forza del nuovo smartphone V40
LG V40 promette una fotocamera super con 5 sensori Il nuovo LG V40 monterà 5 fotocamere e scatterà contemporaneamente con impostazioni diverse per scatti sempre perfetti
uno da 12MP “standard” e un altro da
12MP tele con zoom ottico 2x. La di-
mensione dei pixel è stata aumentata
da 1μm a 1,4μm, con un incremento del
40% rispetto al V30, mentre l’apertura
è f/1.5. Il tutto si traduce in immagini più
luminose e dettagliate. La sezione fo-
tografica frontale farà un po’ lo stesso:
con due fotocamere a disposizione
potrà fare contemporaneamente uno
scatto standard e uno grandangolo, in
modo da realizzare con un solo scatto
il selfie perfetto. In questo caso si parla
di un sensore da 5MP grandangolo e
uno da 8MP standard. In più ci sarà il
Cine Shot, modalità con cui sarà pos-
sibile realizzare uno scatto con un det-
taglio in movimento, e altre modalità
divertenti. A questo si aggiunge ov-
viamente l’intelligenza artificiale ThinQ
che permetterà di identificare scenari o
soggetti e applicare impostazioni e filtri
di conseguenza. Niente che non si sia
già visto, quindi.
Hardware al top, lo schermo anche di piùSotto il cofano batte il meglio
dell'hardware in circolazione. Innanzi-
tutto uno schermo da 6,4’’ FullVision
OLED (ovviamente) con risoluzione
3120x1440 (538 ppi). Il cuore del V40
sarà uno Snapdragon 845 accoppiato
a 6GB di RAM LPDDR4+ e una me-
moria da 64GB o 128GB di tipo UFS
2.1 ROM. Sistema operativo Android
Oreo 8.1 e batteria da 3.300 mAh. Uno
smartphone classico insomma, ma con
un particolare che potrebbe fare la dif-
ferenza. In questo caso basta premere
il tasto per fare una foto per ottenerne
3 varianti completamente differenti e
non dover essere costretti a fare diver-
si scatti cambiando impostazioni. Una
soluzione perfetta per le fotografie da
cogliere al volo. Per il momento LG
V40 non è previsto per l'Italia.
qualche problema con le notifiche o con piattaforme
come Android Auto. Il terzo è il processore Exynos:
come già visto sul Galaxy S9 rispetto allo Snapdragon
il SoC prodotto da Samsung è leggermente meno ef-
ficiente dal punto di vista energetico. La batteria del
Note 9 arriva fino a sera con un uso medio intenso,
all’orario aperitivo con un uso intenso e riesce a fare
le 24 ore con un utilizzo leggero. A nostro avviso è un
risultato ottimo se si pensa a prestazioni e dimensioni
dello schermo, e come abbiamo detto più volte le bat-
terie degli smartphone funzionano meglio se cariche.
Oggi tutti hanno l’opportunità di dare un colpo di cari-
ca quasi tutti i giorni, e la giornata senza possibilità di
ricaricare lo smartphone dev’essere l’anomalia e non
la normalità.
Scattante e completo, a tratti scalda un po’ Il Note 9 non delude: abbiamo la versione da 6 GB di
RAM, e in questo mese di lavoro tra foto, multtasking,
più app aperte anche in doppia finestra e utilizzo con
DeX non ci siamo mai trovati nella situazione di do-
ver volere dal Note 9 maggiore potenza. Eccellente il
comparto radio: la ricezione telefonica è ottima, così
come la qualità dell’audio durante le chiamate. Rapi-
dissimo anche l’aggancio del bluetooth con eventuali
accessori, come gli auricolari. Il Note 9 dispone di jack
audio, e sia con le discrete cuffie in dotazione sia con
TEST
Samsung Galaxy Note 9segue Da pagina 37
torna al sommario 39
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Vittorio ROMANO BARASSI
L’offensiva europea di Xiaomi passa anche dal
nuovo Pocophone F1, primo smartphone della
nuova costola del colosso cinese, il quale è stato
recentemente lanciato sul mercato per interpretare il
ruolo del top di gamma a un prezzo che gran parte dei
concorrenti possono solo immaginare: 329 euro nella
versione base da 6 GB di RAM e 64 GB di memoria
integrata, il tutto in barba alle reali difficoltà che i vari store avranno a ricavare profitti da tale cifra. Po-
cophone F1 si presenta all’utente finale con una sem-
plice confezione di vendita, composta da smartphone,
caricatore rapido QuickCharge 3.0, cavo USB e una
tutt’altro che perfetta cover trasparente in silicone,
che nel nostro caso si è dimostrata troppo lassa per
contenere il dispositivo in ogni occasione. Chiudono
la dotazione qualche manuale rapido e la graffetta per
l’apertura dello slot dedicato alle nanoSIM (è dual SIM)
e alla microSD (se si inserisce la memoria si potrà sfrut-
tare solo una SIM).
Tutta plastica. Importa davvero a qualcuno? Gli smartphone del 2018 sono praticamente tutti uguali
e il design di Pocophone F1 non si discosta dagli stan-
dard dei giorni nostri. Presenta un design in cui il di-
splay domina la porzione anteriore, lasciando spazio a
una corposa “tacca” superiore e una non proprio snella
banda nera inferiore, la quale cela il led RGB di notifica,
posizionato in maniera originale (o anomala?) rispetto
alla stragrande maggioranza della concorrenza. Il cor-
po del dispositivo - il modello in prova era in colorazio-
ne Blu acciaio - è interamente realizzato in plastiche
di buona fattura, materiali che da qualche anno sono
ormai solo un ricordo se si pensa ai dispositivi top di
gamma dei principali produttori mondiali. Pocophone
F1 è suddiviso in tre blocchi: uno anteriore contenente
il display e la sua impalcatura (tra i quali dopo qualche
giorno di utilizzo abbiamo già notato l’accumulo di
sporco), uno medio che rispecchia i bordi del dispo-
TEST Il primo dispositivo della neonata divisione Poco di Xiaomi è lo smartphone da comprare sotto i 400 euro
Pocophone F1 è lo smartphone che mancavaSembra di essere tornati a qualche anno fa: dietro tanta plastica c’è moltissima sostanza. Ma non è per tutti
sitivo e su cui è ancorata la componentistica, e uno
posteriore fatto di una copertura anti-scivolo dal quale
emergono le due fotocamere leggermente in rilievo, il
sensore per il riconoscimento delle impronte digitali e
il flash dual LED. Lo spessore del dispositivo è impor-
tante - 8,8 millimetri - così come è sostanzioso il peso,
che fa fermare la lancetta della bilancia a 182 grammi,
segno evidente che il massiccio utilizzo della plasti-
ca non è poi così utile al contenimento
delle masse e che l’attuale tendenza dei
produttori a utilizzare materiali metallici
- sempre più leggeri - non è solo una
questione di stile. Detto questo, ci tenia-
mo a sottolineare come gli assemblaggi
risultino di buonissima qualità; lo smar-
tphone non scricchiola e spesso viene
da domandarsi se Pocophone F1 sia
davvero realizzato in plastica. I pulsanti
per regolare il volume e quello di blocco/
sblocco/accensione sono sul lato destro
mentre sul lato opposto vi è il carrellino
SIM/microSD; il lato superiore è piace-
volmente contraddistinto dall’uscita jack
3.5mm e da un microfono secondario
mentre quello inferiore consta di porta
USB Type-C e di due griglie, cui solo la
destra è quella che nasconde l’altoparlante di sistema.
Il dispositivo non dispone di alcuna certificazione per la
resistenza all’acqua. Come già anticipato, sul retro del-
lo smartphone è presente il sensore di riconoscimento
biometrico per le impronte digitali; funziona abbastan-
za bene ma non arriva ai livelli di precisione di quelli
della concorrenza. Con le dita umide fa tantissima fa-
tica e ogni tanto va “in bambola” anche in condizioni
ideali; insomma, bene ma non benissimo.
Manca l’OLED di Mi 8, ma il display IPS LCD fa la sua degna figura Equipaggiare con un pannello OLED un dispositivo che
fa dell’economia uno dei suoi cavalli di battaglia sareb-
be stato un po’ azzardato e per certi versi quasi un con-
trosenso. La scelta di Xiaomi è dunque ricaduta su un
buonissimo display LCD IPS, tecnologia sicuramente
meno costosa ma ancora in grado di offrire ottimi ri-
sultati, sia sui piccoli che sui grandi formati. Il display di
Pocophone F1, protetto da Gorilla Glass di Corning, ha
una dimensione di 6,18 pollici e - considerando anche
lo spazio destinato al “notch”, “escludibile” via imposta-
zioni - la risoluzione è pari a 2246x1080 pixel, risultan-
Pocophone F1RACCOGLIE L’EREDITÀ DI NEXUS E ONEPLUS: È LO SMARTPHONE PER CHI GUARDA ALLA SOSTANZA
329,00 €
Potente, economico e con una grande community alla spalle. Pocophone F1 è il tassello mancante di un mercato ogni giorno più difficile, che forse aveva proprio bisogno di un dispositivo con queste caratteristiche. Snapdragon 845, tanta RAM, un display più che dignitoso, ottima autonomia e il prezzo fissato a 329 euro sono gli ingredienti principali del menù; con queste carte da giocare è davvero difficile criticare la costruzione interamente in plastica, la mancanza dell’NFC così come l’assenza di una fotocamera con stabilizzatore ottico. Pocophone F1 è lo smartphone pensato per chi guarda alla sostanza e riesce a chiudere un occhio su qualche “buco” tra le righe della scheda tecnica e a qualche mancanza software (il sistema di notifiche verrà migliorato), ma anche per l’utente esperto che impazzirà una volta capito quanto seguito sta riscuotendo - e probabilmente continuerà a riscuotere - il prodotto in questione. Consigliato. Eccome.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
7 9 7 8 7 108.0COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni da vero top di gammaRapporto qualità (prestazioni)/prezzo insuperabileOttima autonomia
Porzione telefonica non all’altezza delle aspettativeMIUI a volte un po’ confusionariaSensore di impronte non sempre preciso (ma lo sblocco con il viso è velocissimo)
lab
video
segue a pagina 40
torna al sommario 40
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
do in un fattore di forma pari a 18,7:9 e in una densità di
pixel di circa 403 pixel per pollice. La luminosità mas-
sima di 500 nits e il rapporto di contrasto dichiarato di
1500:1 fanno sì che il display sia sempre ben visibile,
anche nelle giornate fortemente soleggiate; impostan-
do il contrasto in modalità “normale” il bianco è di buon
livello così come il nero, sorprendentemente profondo
se si pensa al tipo di tecnologia utilizzata. L’accoppiata
“colori predefiniti” e contrasto “normale” è certamente
la migliore poiché offre colori davvero fedeli alla real-
tà, senza cadere nell’eccessivo “freddo” offerto dalla
modalità a “contrasto automatico” oppure all’eccessiva
saturazione di quella a “contrasto elevato”. Dalle impo-
stazioni è comunque possibile trovare il compromesso
più giusto in base ai propri gusti.
Buoni gli angoli di visione: lo schermo IPS si vede ab-
bastanza bene da ogni prospettiva e arrivando a de-
terminate angolazioni estreme si nota esclusivamente
una leggera tendenza al cambio di luminosità. Nulla
di preoccupante né di fastidioso. La polarizzazione
del pannello è verticale, dunque bisogna tenere ben
a mente che con occhiali provvisti di lenti polarizzate
non si riuscirà a vedere nulla. Con un prezzo finale tar-
get da 329 euro probabilmente era impossibile fare di
meglio; è chiaro che non stiamo parlando di uno scher-
mo al pari di quello di Samsung Galaxy S9, OnePlus 6
o iPhone X, ma quello di Pocophone F1 non è affatto un
pannello da buttare. Anzi, è molto meglio di quello che
inizialmente immaginavamo.
Solide le prestazioni, MIUI completa ma forse troppo confusionariaÈ lo Snapdragon 845 di Qualcomm il SoC scelto da
Poco per recitare la parte da protagonista sullo smar-
tphone in oggetto e, come è facile immaginare, la
decisione di optare per quello che probabilmente è
il miglior chip del momento non può che essere vin-
cente. Lo smartphone si muove con rapidità e senza
incertezze in tutti i contesti, dimostrando una solidità
che qualche dispositivo che costa quasi tre volte di più
fa molta fatica a raggiungere. Il merito è anche dei 6
GB di memoria RAM LPDDR4X dual-channel installati
a bordo e della memoria fisica UFS 2.1 (nel nostro caso
da 128 GB, ma il modello base è nel taglio 6/64 GB)
capace di quasi 730 MB/s in lettura e oltre 215 MB/s
in scrittura. La MIUI 9.6 - MIUI For POCO 9.6.14.0 per la
precisione - poi ci mette del suo, dimostrando abbon-
dantemente la bontà dei moltissimi anni di sviluppo (su
centinaia di dispositivi diversi) sulle spalle.
L’interfaccia utente, poco conosciuta dagli utenti euro-
pei, enfatizza le già importanti caratteristiche del siste-
ma operativo Android 8.1 Oreo (patch di sicurezza di
luglio) su cui è plasmata, andando a colmare anche le
più piccole mancanze con impostazioni e/o strumenti
appositamente realizzati. Al pari di EMUI di Huawei, ci
verrebbe quasi da affermare che “c’è anche troppo” e
che molti utenti potrebbero spaventarsi dinanzi a tanto,
ma quel che è certo è che scegliendo un dispositivo
con MIUI a bordo difficilmente si resterà delusi. La gra-
fica è sempre ben curata e al passo coi tempi, ma man-
ca l’ottimizzazione software dei “bordi”, i quali risultano
“tagliati” a causa dell’arrotondamento presente agli
angoli del display. Discutibile è poi la scelta di lascia-
re sguarnita da notifiche l’area a sinistra della “tacca”;
questa resta vuota se si è sulla schermata principale
mentre si arricchisce dell’orologio quando si è all’inter-
no di un’applicazione. Bello l’app drawer personalizza-
bile, anche nel tema, e che permette di categorizzare
le diverse applicazioni; interessante la possibilità di
“nascondere” applicazioni per poi accedervi solo dopo
autenticazione tramite impronte digitali, così come non
manca l’ormai sempre più affermata opzione per du-
plicare le applicazioni più popolari. Molto interessante
la funzionalità “secondo spazio” la quale permette di
avere praticamente sempre a disposizione due sistemi
paralleli nello stesso istante, ognuno dei quali è acces-
sibile tramite password/pin o impronta digitale, ovvia-
mente diverse dal primo spazio.
Molto ben congegnato è il sistema di gesti pensato per
comandare l’interfaccia utente qualora non si volesse
il più standard - e predefinito - modello a pulsanti sullo
schermo. C’è la gesture in stile iPhone X - ma anche
OnePlus 6 - che riporta alla home facendo uno swipe
dal basso verso l’alto, così come è analoga al prodot-
to Apple anche quella che fa accedere alla schermata
delle app recenti prolungando l’operazione; per torna-
re “indietro” basta effettuare uno swipe da uno dei lati
- in basso - del dispositivo mentre per attivare l’azione
all’interno di una app si può fare la stessa cosa nella
parte alta del display. In cinque minuti si avrà il pieno
controllo di tutto il sistema e, ve lo assicuriamo, sarà
davvero difficile tornare indietro. Anche per quanto
concerne lo sblocco del dispositivo gli ingegneri Xiao-
mi hanno deciso di guardare ad Apple, proponendo un
sistema di riconoscimento facciale ad infrarossi; l’op-
zione funziona benissimo - anche al buio totale - e lo
sblocco è davvero velocissimo. La sua impostazione è
semplice e rapida, ma per poter sfruttare il tutto biso-
gna - per motivi a noi ancora poco chiari - seleziona-
re come regione “Hong Kong” o “India”. Mantenendo
impostato il telefono sulla regione italiana lo sblocco
con il viso non apparirà proprio tra le opzioni; si tratta
sicuramente di un qualcosa che verrà sistemato con i
prossimi aggiornamenti software. Pocophone F1, gra-
zie anche alla GPU Adreno 630, non fa alcuna fatica a
destreggiarsi con i videogiochi di ultima generazione
né nel riprodurre filmati 4K e in H.265; nei momenti di
maggiore stress è percepibile il surriscaldamento della
porzione posteriore della scocca - nulla di preoccupan-
te - ben distribuito su tutta la metà inferiore del dispo-
sitivo. Per gestire il calore gli ingegneri hanno utilizzato
la tecnologia LiquidCool che, grazie a un’intelligente
sistema a liquido, permette di tenere sempre sotto con-
trollo le temperature dei componenti principali al fine
di assicurarne sempre la massima efficienza. Il sistema
TEST
Pocophone F1segue Da pagina 39
segue a pagina 41
torna al sommario 41
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
che gestisce le applicazioni in background a volte e
“troppo aggressivo” e capita di ricevere qualche noti-
fica in ritardo; dalle impostazioni si può comunque de-
cidere di svincolare le app dalle briglie di tale sistema.
Chiudiamo il capitolo dedicato al software di sistema ri-
badendo che Xiaomi ha promesso un grande supporto
per il dispositivo in questione e già nelle prossime setti-
mane dovrebbe esserci il rilascio della MIUI 10; entro la
fine dell’anno, poi, sarà il turno di Android P. Alle spalle
di Pocophone F1 c’è già un’immensa community già al
lavoro su ROM personalizzate e ottimizzazioni varie; gli
utenti un po’ più “esperti” potranno solo gioire.
Doppia fotocamera con IA: promossa, ma non a pieni voti In un momento in cui alcuni produttori stanno addirittu-
ra pensando a smartphone con 6 fotocamere, Poco ha
equipaggiato Pocophone F1 con l’ormai classico modu-
lo principale composto da “soli” due sensori. Lo smar-
tphone è provvisto di un sensore primario da 12 MP - lo
stesso Sony IMX363 con pixel da 1.4μm dello Xiaomi
Mi 8, ma con obiettivo f/1.9 e senza stabilizzatore ottico
- affiancato da uno secondario con risoluzione pari a 5
MP (con obiettivo f/2.0), pensato esclusivamente per
raccogliere informazioni sulla profondità di campo. Si
tratta di un modulo adeguato al target di prezzo, che si
comporta in maniera eccellente in condizioni di illumi-
nazione ottimali e che fa un po’ più di fatica quando la
luce inizia a calare. Di giorno le fotografie sono ben det-
tagliate, i colori realistici e il bilanciamento del bianco
è pressoché sempre perfetto; di sera il dettaglio cala,
emerge il lavoro del sistema di ottimizzazione post-
scatto e, quando attiva, risalta la mano dell’intelligenza
artificiale la quale, cercando di identificare le scene (e
ci riesce abbastanza bene), spesso agisce male sul bi-
lanciamento delle luci restituendo all’utente immagini
con colori abbastanza innaturali. Nelle nostre prove ab-
biamo chiaramente notato la tendenza - solo notturna
- a sfornare scatti con una dominanza verde, mentre di
giorno è difficile distinguere le fotografie scattate con
IA attiva rispetto a quelle con IA spenta. Buono il lavo-
ro del sistema HDR: l’impostazione automatica non è
mai invasiva e si accende quando serve. Superiore alla
media la distorsione degli scatti, mai eccessivamente
fastidiosa ma chiaramente evidenziabile andando ad
analizzare nel dettaglio le fotografie.
L’assenza dello stabilizzatore ottico negli scatti diurni
non è un problema, mentre di sera la sua presenza
avrebbe aiutato quel tanto da riuscire ad evitare i piut-
tosto frequenti “micro-mossi” degli scatti. La colpa però
non è solo imputabile alla mancanza del sistema OIS:
probabilmente a dare più fastidio è la relativa lentezza
che, sempre di sera, affligge il sistema di scatto. Tra
l’effettivo “click” - o tap - e il reale salvataggio della foto
sembra esserci sempre quella frazione di secondo di
troppo, fattore questo che porta a muovere il dispositi-
vo precocemente con il risultato di uno scatto non per-
fettamente “statico”. Il tutto pare dovuto alla lentezza
con cui il sensore secondario raccoglie le informazioni
sulla scena, cosa che si verifica davvero di rado durante
il giorno, quando le condizioni sono naturalmente più
“facili” anche per i sistemi elettronici che gestiscono il
comporta foto/video di Pocophone F1. Stesso discorso
vale per il punta e scatta: di giorno è possibile, di sera
non è così affidabile. Se cercate uno smartphone per
fare foto al volo vi conviene cercare altro o, magari, at-
tendere qualche aggiornamento software.
Anche per la porzione video non ci si può lamentare:
Pocophone F1 può registrare filmati fino a 2160/30p
di buonissima qualità così come slow-motion fino a
1080/240p; curiosa l’assenza della modalità di regi-
strazione a 1080p e 60 frame per secondo (bisogna
accontentarsi di 30 fotogrammi), chiesta a gran voce
dalla community anche più di quella a 2160/60p. I fil-
mati sono di buona fattura (si può decidere se codifica-
re in H.264 o H.265) e c’è uno stabilizzatore elettroni-
co d’immagine, attivo anche in 4K, che dà una grossa
mano nelle situazioni più complicate; la messa a fuoco
a volte si dimostra ballerina, ma non più di quella del-
la stragrande maggioranza dei dispositivi concorrenti.
Buona e completa l’applicazione fotocamera messa a
disposizione da Xiaomi per questo Pocophone F1; le
opzioni sono tante e non si sente la mancanza di nes-
suna modalità, essendo presente anche quella “pro-
fessionale” attraverso la quale l’utente può selezionare
a suo piacimento i parametri di scatto. Poco da dire
sull’Intelligenza Artificiale al servizio della fotocamera:
secondo Poco - o Xiaomi - il processore è in grado di
riconoscere fino a 25 tipologie di oggetti e 206 diverse
scene. Nell’utilizzo di tutti i giorni l’IA viene in soccorso
soprattutto quando la luce inizia a calare e non sempre
riesce a individuare correttamente le situazioni. Il risul-
tato finale, comunque, è sempre più che accettabile
e raramente troppo artificioso. Senza infamia e senza
lode la fotocamera frontale da 20 MP e obiettivo f/2.0;
va benissimo per i selfie ed è in grado di dare qualche
soddisfazione, ma meglio non aspettarsi miracoli.
Ottima l’autonomia, così così la parte telefonica, assente l’NFC La batteria da 4000mAh, unita all’eccellente comparto
hardware e alla più che buona ottimizzazione softwa-
re assicurano al Pocophone F1 un’autonomia di tutto
rispetto; con un utilizzo “normale” si può arrivare a
sera con oltre il 50% di batteria ancora a disposizio-
ne, valore che permetterebbe a molti utenti di sfiorare
anche le due giornate di utilizzo. Andando a sfruttare
più a fondo le potenzialità di Pocophone F1 e allonta-
nandoci da una stabile copertura Wi-Fi non siamo mai
riusciti ad arrivare a sera con un livello di carica resi-
dua inferiore al 30%, risultato invidiabile, seppur non
superiore agli smartphone provvisti della medesima ar-
chitettura hardware. Il caricatore rapido QuickCharge
da 18W è in grado di assicurare circa il 35% di carica
con solo mezz’ora di collegamento alla rete elettrica.
Il comparto telefonico è probabilmente quello su cui
Poco ha risparmiato di più; la qualità delle chiamate è
inferiore pressoché alla maggior parte dei dispositivi
top di gamma presenti sul mercato e il livello spesso
fa fatica a eguagliare quello dei migliori prodotti della
gamma media. Buona ma non eccezionale la ricezione;
Pocophone F1, nelle nostre mani, non ha praticamente
mai agganciato il segnale 4G+, ma a quanto pare non
siamo i soli ad aver riscontrato questo problema e il
tutto - apparentemente - sarà risolto nei prossimi ag-
giornamenti software. Va bene il Wi-Fi “ac” dual-band,
c’è un modulo Bluetooth 5.0 ma manca il chip NFC, as-
senza da segnalare poiché, seppur lentamente, la tec-
nologia sta iniziando a prendere piede anche in Italia e
la cui mancanza - su un dispositivo che si spaccia per
un top di gamma - non può passare inosservata. Poco
più che sufficiente l’audio uscente dal jack da 3,5mm
(c’è il supporto completo a AAC/aptX/aptX-HD/LDAC)
mentre non è affatto male, sempre relativamente all’uti-
lizzo per il quale è preposto, quello offerto dall’altopar-
lante di sistema.
TEST
Pocophone F1segue Da pagina 40
Alcune foto realizzate con Pocophone F1 Clicca su ciascuna immagine per vedere l’ingrandimento
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Emanuele VILLA, Roberto FAGGIANO
I l mercato del lusso ha dei meccanismi tutti suoi: il
concetto stesso di rapporto qualità/prezzo diventa
totalmente relativo e al suo posto trovano spazio ar-
gomenti di stile, status e esclusività. Quindi partiamo
dal fondo: alla classica domanda se Oppo Find X Lam-
borghini valga 1699 euro, la risposta non potrebbe che
essere negativa se data con i canoni tecnici tradiziona-
li, ma potrebbe valerne la pena per chi lo considera un
oggetto esclusivo capace di fare la differenza (per chi lo
porta con sè). Non è di sicuro un prodotto su cui Oppo
pensi di fare grandi volumi, ma piuttosto un “di più” per
appassionati facoltosi. Al grande pubblico (grande fino
a un certo punto, diciamo "agli altri") l’azienda cinese
propone la versione regolare di Find X, che costa 999
euro e ha ben poche differenze con quella griffata
Lamborghini: sono tanti soldi in ogni caso, ma quasi la
metà per un prodotto che in sostanza è lo stesso. Find
X Lamborghini viene venduto in una confezione cura-
tissima: arancione e blu scuro, con cavetto di ricarica
in tinta, alimentatore capace di ricaricare il telefono da
zero in poco più di mezzora e auricolari wireless blue-
tooth sono il corredo di uno dei telefoni più particolari
del mercato. Sul costo si è già detto, sul “particolare”
ci si può tranquillamente rivolgere alla versione stan-
dard di Find X, che è il primo telefono con sistema
motorizzato di apertura della fotocamera: per chi non
lo conoscesse, la particolarità di Find X è appunto un
piccolo cassetto motorizzato che fuoriesce dalla par-
te superiore del telefono e integra le fotocamere, sia
quella anteriore per i selfie e il riconoscimento del vol-
to in stile “Face ID”, sia quelle posteriori per gli scatti
tradizionali, con in mezzo il flash LED. Il vantaggio di
questa soluzione è ovvio: inserire le fotocamere in una
tasca motorizzata che si apre quando l’utente attiva le
funzioni fotografiche ha permesso a Oppo di realizzare
un telefono realmente borderless (o bezel-less che dir
si voglia), in cui il pannello anteriore è occupato per
circa il 94% da un display che curva dolcemente ai lati
ricordando i Galaxy di Samsung dall’S7 Edge in poi.
Design e display, due punti di forza Chi proviene da una generazione passata di smar-
tphone e quindi ha ancora in tasca un dispositivo con i
bordi pronunciati, resta letteralmente a bocca aperta.
Chi invece possiede già un dispositivo di ultima ge-
nerazione è più abituato al concetto di borderless ma
non può che apprezzare come Oppo l’ha implemen-
tato in un prodotto commerciale. Il telefono è esteti-
camente molto curato, con una piacevole sensazione
di solidità che proviene dall’accostamento del metallo
(bordi) e il vetro, presente in quantità. La curvatura
laterale del display si associa a quella del pannello
posteriore rendendo il prodotto molto raffinato (spe-
TEST Oppo Find X è uno smartphone che ambisce al ruolo di status symbol e che offre caratteristiche tecniche di alto profilo
A tu per tu con Oppo Find X Lamborghini Lo smartphone di lusso che costa 1700 euroAbbiamo trascorso un paio di settimane con Oppo Find X in versione Lamborghini. Varrà i 1699 euro di listino?
cie in versione Lamborghini, con il logo dell’azienda
italiana ben visibile sul retro) ma anche un po’ sci-
voloso. Considerando il prezzo altissimo, abbiamo
immediatamente inserito il telefono nella sua cover
rigida protettiva , anch’essa griffata Lamborghini: qua-
si superfluo dire che in questo modo si guadagna in
sicurezza ma si perde parte buna del fascino di un
dispositivo del genere. Chi si può permettere un te-
lefono da 1.700 euro senza batter ciglio, difficilmente
pensa a proteggerlo. Punto di forza è sicuramente il
display, un OLED da 6,4’’ con risoluzione di 1080 x
2340 pixel e aspect ratio che più strano non si può:
19,5:9. Non sarà il più definito del pianeta (se contia-
mo i pixel, c’è chi ne ha di più) ma fa la sua figura: da
un lato non avere cornici permette al display di essere
molto ampio ma in uno chassis più che gestibile, dal-
l’altro il display - come buona parte degli OLED degli
smartphone - può mostrare una resa cromatica molto
vivida e brillante. Non sarà di certo il massimo a livello
di fedeltà al reale, ma è di certo una buona soluzione
per guardarsi una serie TV o un film in viaggio: l’am-
piezza lo rende una specie di tablet delle passate
generazioni e la luminosità, dichiarata di 430 cd/m2,
permette la visione anche in condizioni di forte luce
ambientale, pur senza sacrificare il punto di forza gli
lab
video
UN NUOVO CARISSIMO STATUS SYMBOL TECNOLOGICO 1.699,00 €Difficile giungere a delle conclusioni e soprattutto a dei voti perché uno smartphone da 1700 euro appartenente al segmento del lusso non può essere giudicato con gli stessi parametri di sempre, parametri che dovremmo invece applicare alla versione “standard” di Find X, da 999 euro. Lamborghini o non, Find X è uno smartphone innovativo e con tutte le carte in regola per non sfigurare in un mercato il cui prezzo medio è salito molto negli ultimi anni: ha un display ottimo, un sistema di “Face ID” molto preciso e affidabile, autonomia apprezzabile e prestazioni di primissimo piano. Il comparto fotocamere è nella norma: non è male ma forse si sarebbe potuto ambire a qualcosa di eccellente visto il costo del prodotto. Probabilmente il meccanismo motorizzato ha imposto delle limitazioni. Poi c’è il discorso del prezzo, che crea non pochi imbarazzi: posto che un “senza voto” sarebbe stata la scelta migliore per un prodotto che non si può giudicare coi soliti canoni, resta il fatto che uno scarto di 700 euro rispetto alla versione regolare è eccessivo per 256 GB di storage in più, un tema curato, auricolari wireless in tinta, cover Lamborghini, una bella confezione e poco altro. Ma qui intervengono considerazioni di status e di esclusività che escono completa-mente dai canoni tradizionali e potrebbero giustificare - per pochi - la spesa da fare. Diversa sarebbe la valutazione del prezzo della versione normale: 999 euro non sono comunque pochi e il rapporto qualità/prezzo non sarebbe di certo ottimale, ma la forte carica innovativa del prodotto renderebbe il tutto senz’altro più digeribile per chi vuole possedere una vera primizia tecnologica.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 9 8 9 4
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEDesign innovativoPrestazioni generaliDisplay eccellente
Assenza di sensore impronte e jack cuffieManca slot SDQualità musicale auricolari
7.8
segue a pagina 43
Oppo Find X Lamborghini
torna al sommario 43
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
OLED, cioè i contrasti. Tra l’altro la versione Lambor-
ghini che abbiamo provato ha un tema completamen-
te nero sul qualche sono sistemate le icone in linea
con il design del marchio: onestamente questa inter-
faccia, così squadrata e lontana dai canoni di design
attuali, c’è piaciuta molto poco, ma dovendo provare il
telefono ci ha permesso di apprezzare la resa dei neri
e gli ottimi contrasti. Passare al tema standard di Find
X, molto “fumettoso” e più soft, è davvero un attimo:
non che questo faccia gridare al miracolo dal punto di
vista della sobrietà, ma con l’altro non c’è paragone.
Poi de gustibus…
Potenza senza confini, ma manca qualcosa Quasi superfluo dire che lo smartphone si compor-
ta bene sia in una comune routine quotidiana, sia in
condizioni di stress: stiamo parlando di un terminale da
1.700 euro con snapdragon 845, ben 8 GB di RAM e
512 GB di storage. La versione normale ha le stesse ca-
ratteristiche ma 256 GB di RAM. Meglio di così, oggi è
ben difficile fare: la fluidità non si mette in discussione,
la rapidità nel multitasking è evidente e tutto rispon-
de senza alcuna difficoltà, giochi di ultima generazio-
ne inclusi. Ci mancherebbe altro, aggiungiamo noi. Il
sistema operativo è Android Oreo 8.1 sul quale Oppo
ha caricato il suo tema ColorOS 5.1 (supponiamo sia in
arrivo il 5.2 a breve): a differenza di altri produttori, le
personalizzazioni di Oppo non sono particolarmente
invasive, anche se l’avvicinamento ad iOS è piuttosto
evidente. Tutto sommato Color OS è un’interfaccia mol-
to giovane e abbastanza leggera: c’è una componente
AI che si manifesta soprattutto nelle funzionalità foto-
grafiche (e di archivio immagini), la piena integrazione
coi servizi Google come Assistant e Lens, delle interes-
santi scorciatoie per le app, una modalità multitasking
a schermo intero, gesture particolari per lo split screen
e molto altro, ma nulla che imponga all’utente di modi-
ficare il modo in cui usa lo smartphone ogni giorno. Pia-
cevole la rapidità di accesso alle funzioni, un po’ meno
(tornando “a bomba” sull’hardware) il fatto che non sia
disponibile uno slot per l’espansione della memoria di
storage: vero che 256 e 512 GB sono un’enormità, ma
tutto sommato si tratta pur sempre di un’assenza che
qualcuno potrebbe considerare importante. A propo-
sito di assenze, manca il jack per le cuffie: Oppo ha
deciso di seguire la moda inaugurata da Apple qual-
che stagione fa, moda ormai ampiamente condivisa
dal mercato. L’edizione Lamborghini ha comunque gli
auricolari wireless griffati compresi nel prezzo. Assen-
te anche il sensore di riconoscimento delle impronte:
Oppo l’avrebbe potuto posizionare sulla scocca po-
steriore o addirittura al di sotto del display, realizzando
una chicca tecnologica assoluta. Purtroppo non c’è: le
due opzioni possibili per lo sblocco del telefono sono
il classico vetusto codice o il riconoscimento del volto,
per il quale Find X utilizza un sistema a infrarossi molto
simile a quanto fece Apple con iPhone X. Il vantaggio è
quello di permettere lo sblocco anche in condizioni di
scarsa o assente luminosità ambientale, cosa classica
quando si usa lo smartphone all’aperto dopo una certa
ora o di notte. La registrazione del volto è immediata:
2 secondi e il sistema è pronto per usare i dati raccolti
per lo sblocco del telefono, cui aggiunge un passcode
nel caso in cui il primo sistema non dovesse andare a
buon fine. L’abbiamo provato e riprovato, giocandoci
un po’ in tutti i modi. Il meccanismo che solleva il blocco
delle fotocamere è abbastanza rapido (diciamo 1/2 se-
condo) e il riconoscimento istantaneo: durante il giorno
il sistema funziona benissimo a patto che ci si ponga
frontalmente e si guardi la fotocamera. Allineamento
del viso e posizione degli occhi sono gli elementi de-
terminanti: se si ruota la testa ma si continua a guarda-
re la fotocamera lo sblocco avviene regolarmente, ma
se ci si gira per rivolgere lo sguardo altrove, il sistema
chiede conferma con il passcode. Intendiamoci, non è
di sicuro un difetto ma una curiosità: il sistema funziona
benissimo, piuttosto nelle prossime generazioni si po-
trebbe pensare di fondere più immagini in un model-
lo 3D del volto che permetta lo sblocco anche a viso
girato su un lato. Promosso anche di sera, di notte e
dentro una cantina completamente buia: nessun pro-
blema in casa con una fioca luce soffusa, zero difficoltà
se usciamo di casa di notte, idem se la luce proprio non
c’è. Al massimo qui c’è un po’ meno tolleranza alla ro-
tazione del viso, ma potrebbe tranquillamente essere
un’impressione. In poche parole, a patto che il sistema
non si inceppi dopo migliaia di movimenti del modulo
fotocamera, il Face ID di Oppo è promosso.
Auricolari: ok per le telefonate, meno per la musica La dotazione di auricolari dedicati a questo modello
e soprattutto la firma Oppo, ben nota per la qualità
audio dei suoi lettori blu-ray, faceva sperare in presta-
zioni sopra alla media nella riproduzione sonora, ma
l'esito del nostro test purtroppo ci ha deluso. L’aspetto
degli auricolari completamente wireless è molto cura-
to, con la loro custodia che funge anche da caricatore
e batteria di riserva e con tanto di logo Lamborghini.
La procedura di abbinamento è molto rapida e avvie-
ne in modalità aptX HD, però non troviamo sofisticate
curve di equalizzazione ma bisogna prendere la resa
sonora così come viene. Prima bisogna pure cercare
di farli stare al loro posto, perché non ci sono adat-
TEST
Oppo Find X Lamborghinisegue Da pagina 42
Ecco come si presenta il tema Custom Lamborghi-ni sull’Oppo Find X
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
tatori per l’orecchio e non a tutti potrebbero calzare
perfettamente. Ma questa è una valutazione del tutto
soggettiva. Meno piacevole la qualità sonora che gli
auricolari sono in grado di esprimere: l’ascolto non ci
è parso all’altezza della situazione, poiché ne escono
bene solo le voci e i medio alti, più sotto la musica ten-
de ad andare troppo in secondo piano ed e è difficile
ottenere un buon volume. Insomma un buon aurico-
lare per le conversazioni telefoniche, ma per un serio
ascolto musicale di alta qualità bisognerà provvedere
a parte.
Fotocamera innovativa, qualità nella norma Magari non sarà il migliore del lotto, ma di sicuro FInd
X (Lamborghini o non) è un telefono innovativo. Sotto
questo profilo, il grosso è fatto dal modulo fotocame-
ra “incassato” nello chassis che fuoriesce automati-
camente tutte le volte che si accende il telefono (per
lo sblocco col viso) e che si richiama una funzionalità
fotografica. In questo modo, Oppo ottiene un display
frontale che occupa praticamente tutto lo chassis,
con uno screen-to-body ratio da record (94% circa).
La prima cosa che gli appassionati si sono domandati
è relativa alla durata del meccanismo: un power-user
accende e spegne il telefono centinaia di volte al gior-
no, siamo sicuri che dopo 6 mesi il motorino (che non
è totalmente silenzioso) non smetta di funzionare?
A questa domanda non possiamo dare una risposta
certa: dovremmo rivedere la prova tra un annetto per
giudicare, al momento nessuno ha l’esperienza suffi-
ciente per rispondere. Però una cosa va detta: Oppo
è al corrente della questione e per questo motivo as-
sicura un ciclo di vita di almeno 300.000 movimenti.
Supponendo di farne un centinaio al giorno (stima
molto abbondante) superiamo gli 8 anni. In pratica,
secondo Oppo sostituirete il telefono con uno più re-
cente ben prima che il motorino vada ufficialmente in
pensione. Nessun problema per quanto riguarda la
rapidità di uscita del modulo: siamo intorno al mezzo
secondo ed è difficile che il classico fotografo “ca-
sual” da smartphone lo consideri un problema. Ol-
tretutto il software è velocissimo e questo compensa
quell’attimo di attesa per il movimento del modulo.
Piuttosto riflettiamo un attimo sulle possibili conse-
guenze che qualche accumulo di polvere nel sistema
possa avere nel medio e lungo periodo: anche qui
non siamo in grado di dare una risposta definitiva, ma
occorre comunque tenerne conto perchè la polvere
si deposita sugli spigoli e non è semplice da rimuo-
vere. Il software della fotocamera non è male: ha la
classica modalità totalmente automatica con HDR
auto che verrà usata dalla stragrande maggioranza
delle persone ma permette anche di agire manual-
mente sui principali parametri di scatto con una mo-
dalità “Pro” dedicata. Shutter lag nella norma, trascu-
rabile in condizioni di buona luminosità ambientale.
A livello hardware, Oppo ha dotato il proprio Find X
di un setup a doppio modulo: troviamo un sensore
principale da 16mpixel f/2.0 con stabilizzazione ottica
molto efficace e autofocus a rilevamento di fase, e un
modulo ulteriore da 20mpixel sempre f/2.0. Niente di
innovativo sotto questo profilo, ma mettiamolo alla
prova con alcuni scatti a 1x e 2x (vedi foto in alto). Il ri-
conoscimento automatico delle scene, che tanto per
cambiare coinvolge l’AI, è una caratteristica extra che
farà piacere l’utente più casual, ma certamente non
è fondamentale per realizzare buoni scatti: piuttosto,
notiamo con piacere che il livello di trattamento d’im-
magine è abbastanza soft e sacrifica un po’ di impat-
to a favore di una maggiore naturalezza. Per la prova
abbiamo usato il setup automatico, supponendo che
sarà quello più usato in assoluto: HDR auto in giro per
la città con sole e cielo limpido, stesse condizioni ma
dopo le 21 in uno dei primi giorni d’autunno. In condi-
zioni di scatto notturno la qualità si riduce non poco:
il quadro rimane intelligibile anche quando ad illumi-
nare un paesaggio c’è unicamente un lampione, ma
il trattamento d’immagine per la riduzione del rumore
diviene molto più invasivo, a discapito del dettaglio
fine. Qui probabilmente l’uso delle impostazioni ma-
nuali potrebbe migliorare l'impatto complessivo.
Autonomia apprezzabile e ricarica velocissima Concludiamo questa panoramica di Find X con del-
le considerazioni sull'autonomia e la ricarica. Find X
comprende un modulo batteria da 3.400 mAh, più
che sufficiente per le attività quotidiane, anche in
caso di uso intenso: non è un prodotto pensato per
durare giorni e giorni ma - considerando i ritmi frene-
tici cui l'abbiamo sottoposto - l’autonomia non sarà di
sicuro un problema per chi deciderà di portarlo con
sè. Applauso invece per quanto concerne la ricarica:
il sistema Super Vooc di serie promette di ricaricare
completamente il dispositivo in circa mezzora, e ciò
corrisponde al vero, minuto più o minuto meno. Il fat-
to che in 30 minuti il telefono sia “full” in realtà non
è così fondamentale (chi ha 30 minuti per ricaricare
il telefono ha probabilmente anche un'ora), ma lo è il
fatto che nei 10 minuti in cui l’abbiamo collegato poco
prima di scrivere questa prova sia passato dal 56% al
91%: la ricarica rapidissima è quindi fondamentale per
tutti quei momenti in cui si ha una manciata di minuti
e si vuole massimizzare la carica. Ottimo.
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Oppo Find X Lamborghinisegue Da pagina 43
Design molto curato, ma l'area della fotocamera va pulita con cura e costanza onde evitare accumuli di polvere che potrebbero nuocere al meccanismo
Alcune foto realizzate con Oppo Find X: le prime sei immagini in alto sono scatti 1x e 2x, le ultime tre foto sono scatti in notturna. Clicca su ciascuna immagine per vedere l’ingrandimento.
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Mirko SPASIANO
L o avevamo provato in anteprima a febbraio al
Mobile World Congress di Barcellona, ma final-
mente abbiamo avuto la possibilità di metterlo
sotto torchio, per scoprirne pregi e difetti. Dopo tanta
attesa, però, la curiosità di metterlo alla frusta non era
diminuita affatto, anche perché dal debutto nel seg-
mento PC nel 2016, Huawei ha fatto tanta strada. Non
solo si è consolidata in questo settore, ma ha sfornato
uno degli ultrabook migliori sul mercato. Dalle cornici
sottilissime attorno al display, alle linee eleganti, pas-
sando per soluzioni innovative – come la fotocamera
a scomparsa nella tastiera –: in questo MateBook X
Pro c’è davvero tanto di buono. Questo portatile certi-
fica la piena maturità dell’azienda cinese in un campo
che soli due anni fa le era estraneo.
Design FullView, con fotocamera… “a sorpresa”Huawei ha combinato l’esperienza maturata sul campo
con una più che velata ispirazione alla concorrenza per
forgiare un piccolo gioiello, che presta il fianco a po-
chissime critiche. È un ultrabook classico, senza trop-
pi fronzoli nel form factor, ma non per questo meno…
sexy. L’azienda cinese, di fatto, ha anticipato di qualche
mese il leitmotiv di IFA 2018 nel segmento PC: la guer-
ra alle cornici. Il frutto del lavoro di Huawei è qualcosa
chiamato design FullView: un display incastonato in
cornici sottilissime. Il rapporto schermo/superficie del
coperchio è pari al 91%. Numero a parte, la sensazione
è quella di uno schermo senza cornici – ma allo scher-
mo in sé ci si dedicherà tra breve. Quel che accade,
quando si riduce così tanto lo spessore delle cornici,
è che c’è pochissimo spazio per la fotocamera. Qui,
Huawei ha tirato fuori il coniglio dal cilindro, inseren-
do tra i tasti funzione F6 ed F7 una webcam a scom-
parsa. Esercitando una pressione adeguata, si aziona
una molla che rivela la fotocamera – corredata anche
di un piccolo LED che ne notifica l’attivazione – che
fa della discrezione il suo cavallo di battaglia: saranno
contenti gli amanti della privacy. Certo, la risoluzione è
bassissima – solo 1 MP – e l’angolo di visuale non è il
TEST Design elegante, soluzioni innovative e prezzo molto interessante per questo nuovo piccolo gioiello dell’azienda cinese
Con MateBook X Pro Huawei ha fatto bingo È lui il nuovo riferimento per gli UltrabookHuawei propone uno dei migliori Ultrabook al momento sul mercato, che si candida al titolo di best buy nella fascia premium
massimo, ma se la si usa poco e non si digita durante
la videochiamata ci si può convivere; in caso contrario,
è un mezzo dramma, perché si copre buona parte del
campo visivo con le dita.
Aspetto da reginetta del ballo, ma tutt’altro che appariscente Facendo un passo indietro, però, è doveroso fornire
una visione d’insieme. Non è affatto tra i più leggeri del-
la categoria, con i suoi 1,33 chilogrammi, né tantomeno
tra i più sottili, con i suoi 14,6 millimetri, ma per quelle
che sono le sue specifiche tecniche non c’è da stupir-
si. Anzi, c’è anche un’altra attenuante. Lo schermo è di
un taglio insolito: 13,9 pollici, contro i consueti 13,3. La
scocca è in alluminio, con finitura opaca, praticamente
allergica alle impronte. Apprezzabile che non sia uni-
body nel vero senso del termine: il pannello posteriore
- quello che poggia sul tavolo, per intenderci - è rimo-
vibile. Forse si sarebbe potuto fare un filo di più sulla
solidità: sotto forte pressione - ma deve essere proprio
intenzionale -, la zona poggiapolsi cede leggermente,
accompagnata da uno scricchiolio appena accennato
dal lato destro. La colorazione space gray è molto ele-
gante e fa un bel contrasto con gli intagli al laser che
impreziosiscono il tasto di accensione e il touchpad.
Il colore è più scuro dell’omonimo di Apple ed anche
lievemente cangiante. Il tasto di accensione, tra l’altro,
si sdoppia in sensore di riconoscimento delle impronte
digitali: bello lo stile uber-minimal e poi il sensore è pra-
ticamente infallibile. Alcune somiglianze con i MacBook
però non passano inosservate. La rientranza al di sotto
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Huawei MateBook X ProDIFFICILE FARE DI MEGLIO PER CHI FA PC DA SOLI DUE ANNI 1.699,00 €Non c’è che dire: Huawei è diventata una contendente molto più che credibile anche nel segmento PC – peraltro in pochissimo tempo. Questo MateBook X Pro ne è la prova. È una macchina ben bilanciata in ogni suo componente: si vede e si sente che si tratta di un prodotto premium. Il prezzo – che, per i motivi accennati in precedenza, è relativo alla versione con 8 GB di RAM – se confrontato a quelli della concorrenza fa sorridere e assolutamente in senso positivo: a parità di configurazione hardware, confrontando i prezzi di listino qui in Italia, la spunta quasi sempre Huawei. A parte il partizionamento dell’SSD anacronistico e non proprio user-friendly – si fa per dire –, non ha grossi difetti. Anzi, in realtà, se l’utente è in grado di modificare giusto un paio di settaggi nelle impostazioni (come descritto in dettaglio in precedenza), è un ostacolo che si supera agevolmente. Forse l’unico contesto in cui questo MateBook X Pro non dà il meglio di sé è quello delle videoconferenze: chi ne fa molte farebbe meglio a dirottare altrove le proprie scelte. Per tutti gli altri, in questa fascia di prezzo è un best buy.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 9 9 9 8COSA NON CI PIACE
Design elegante e minimalePrestazioni e autonomia di livelloPrezzo inferiore rispetto alla concorrenza
Partizionamento scriteriato dell’SSDTastiera piatta e retroilluminazione non uniformeScalda un po’ troppo quando il gioco si fa duro
lab
video
8.8COSA CI PIACE
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
del touchpad, che agevola l’apertura del display, è di
cupertiniana memoria, così come il touchpad full-size.
A proposito, il bilanciamento del peso è perfetto: si
apre con un dito e senza incertezze. L’altro elemento
che rammenta i MacBook Pro di nuova generazione è
la disposizione della griglia degli altoparlanti ai lati del-
la tastiera, accompagnati da un altro paio di altoparlanti
sul retro, che fanno tutta la differenza di questo mondo.
La pressione sonora sprigionata dal MateBook X Pro è
impressionante e da primato per la categoria e proba-
bilmente non solo. Certo, si sta parlando sempre di un
ultrabook, ma il suono è sorprendentemente corposo
e pulito, sebbene quasi del tutto scevro di bassi. Per-
de appena un po’ di nitidezza con il volume impostato
ai massimi livelli, ma complessivamente Huawei ha
fatto un lavoro notevole. Per non farsi mancare nulla,
completano il comparto audio la certificazione Dolby
Atmos e quattro microfoni digitali. Ottima la dotazione
di porte: oltre al classico mini-jack da 3,5 pollici per gli
auricolari, ci sono due porte USB Type-C ed una Type-
A 3.0 per la retrocompatibilità. Solo una delle due USB
di tipo C è Thunderbolt 3, mentre l’altra è adibita alla
ricarica: lodevole la scelta di non utilizzare connettori
proprietari.
Display da poche ombre e tanta luce Huawei ha equipaggiato questo MateBook X Pro con
un pannello LTPS da 13,9 pollici di diagonale, con rap-
porto di forma 3:2. La risoluzione è di 3.000 x 2.000
pixel, che su uno schermo di queste dimensioni si tra-
duce in una densità di 260 ppi. Risultato? I pixel sono
invisibili fino a poco meno di 15 centimetri dal display
e le immagini sono sempre cristalline. Se poi è anche
più luminoso di quanto Huawei lasci intendere dalle
specifiche tecniche, non si può che essere soddisfat-
ti. L’azienda cinese cita, infatti, 450 nits di luminosità
massima, ma si avvicina più ai 500. A questo fa da
contraltare un sensore di luminosità ambientale che
funziona davvero bene, ma che forse è un po’ troppo
conservativo, soprattutto in presenza di luce artificiale.
Di fatto, quei picchi non si raggiungono praticamente
mai, ma lo schermo risulta quasi sempre ben leggibile,
nonostante la finitura lucida. Per la cronaca, il display
è anche touch, ma ha un discreto trattamento oleofo-
bico. Buono il livello di contrasto (1.500:1 da specifiche
tecniche) e la fedeltà cromatica, con colori e grigi sem-
pre ben riprodotti. Lascia invece un po’ a desiderare
la profondità dei neri: scene molto scure finiscono per
impastarsi un pochino.
Tastiera un po’ piatta, ma il touchpad è perfetto Così come per il display, anche per la tastiera le cornici
sono ridotte all’osso: trattasi, infatti, di una tastiera full-
size, con tasti a isola ben distanziati. L’interspazio è di
poco oltre i 2,5 millimetri, il che aiuta a non commettere
errori in fase di digitazione. L’escursione dei tasti non
è esaltante – probabilmente di poco superiore al mil-
limetro – e, in barba ad una discreta ammortizzazione,
l’esperienza di scrittura risulta abbastanza piatta. La re-
troilluminazione bianca, regolabile su tre livelli – inclu-
so lo stato di off –, fa chiaramente un ottimo contrasto
con i tasti neri. Dunque è perfetta la leggibilità in tutte
le condizioni di luce. Peccato davvero per un’uniformità
non eccellente. Quantomeno sul modello inviatoci in
redazione, c’è del light bleed disomogeneo dal di sotto
di alcuni tasti; problematica che invece non avevamo
ravvisato nel nostro hands-on in fiera lo scorso feb-
braio. In compenso, c’è la protezione contro gli schizzi.
Come sulle tastiere dei Surface più recenti, poi, molto
apprezzata è la possibilità di scegliere lo scopo dei ta-
sti funzione semplicemente alla pressione del tasto Fn.
Quivi campeggia, infatti, un piccolo LED: di default (luce
spenta) sono attivi i controlli “multimediali”, mentre alla
pressione del tasto Fn (luce accesa) si attivano i tasti
funzione. Quelle virgolette non sono casuali, perché
mancano del tutto i comandi per la regolazione della
riproduzione musicale. Piuttosto che un tasto dedica-
to al lancio di PC Manager – il software proprietario di
Huawei, su cui ci si soffermerà in seguito – sarebbe sta-
to preferibile avere almeno il tasto per la combo Play/
Pause. Il touchpad, invece, è ineccepibile: per Huawei
inserirne uno più grande in questo MateBook X Pro sa-
rebbe stato impossibile. È spazioso, l’intera superficie
in vetro è scorrevole e cliccabile – in maniera molto
uniforme, tra l’altro – e c’è la certificazione Precision:
insomma, non manca niente per avere un’esperienza
in linea col prodotto.
Prestazioni di livello. Peccato per il partizionamento “anacronistico” dell’SSD Se Huawei ha rivisto il MateBook X, aggiungendo la
dicitura Pro come “suffisso” finale ci sarà un motivo.
In effetti, per la tipologia di prodotto, ci sono specifi-
che tecniche di grido. Il modello che abbiamo avuto
in prova è quello con configurazione top: processore
Intel Core i7-8550U, 16 GB di RAM, 512 GB di spazio
di archiviazione e una scheda video discreta NVIDIA
GeForce MX150, con 2 GB di RAM GDDR5 dedicata.
C'è, però, da fare un appunto: la versione da 16 GB di
RAM non è commercializzata qui in Italia. Qui i GB di
RAM sono al massimo 8. L’unità di archiviazione è un
SSD NVMe con interfaccia PCIe di Liteon. Il consue-
to test con CrystalDiskMark rivela velocità di lettura
e scrittura ottime: è tra le più veloci che ci è capitata
sotto mano. Il confronto dei risultati in lettura e scrit-
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Huawei MateBook X Prosegue Da pagina 45
segue a pagina 47
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
tware per la gestione dei driver e del PC in generale.
PC Manager è di tutt’altro livello rispetto al vecchio
MateBook Assistant che Huawei preinstallava sui
suoi primi PC. Per cominciare, è interamente tradotto
in italiano, ma, soprattutto, è una suite completa che
si occupa egregiamente della gestione dei driver e
anche nella segnalazione di errori hardware rilevati.
All’inizio della prova, infatti, ha segnalato un errore re-
lativo alla tastiera, avendo rilevato che la lingua della
tastiera impostata in Windows non coincideva con il
layout hardware. Utile anche la possibilità di collega-
re il proprio smartphone a PC Manager, in modo da
recuperare rapidamente – e soprattutto senza cavi – i
contenuti archiviati sul telefono. Molto comoda anche
la scorciatoia per attivare con un click l'hotspot dal
telefono, in caso di necessità. L’abbinamento si attiva
tramite scansione di un codice QR, ma purtroppo è
limitato a soli telefoni Huawei.
tura sequenziale con il Surface Book 2 è impietoso: il
MateBook Pro X fa registrare risultati rispettivamente
di circa due e tre volte superiori. Abbastanza buone
sono anche le prestazioni con la manipolazione di vi-
deo in 4K. La velocità del supporto di archiviazione si
manifesta anche nei tempi di avvio del MateBook: 9
secondi da spento. Tuttavia, c’è da fare una bella tirata
d’orecchi a Huawei. Perché partizionare l’SSD in que-
sto modo? In sostanza, il sistema operativo è installato
sulla classica partizione C, che però è di soli 80 GB,
delegando il resto – in teoria, e solo in teoria – ai dati
personali ed al ripristino. Infatti, tutto – dalle app, ai file
scaricati, passando per quelli personali – viene archi-
viato in C. Basta installare qualche programma “serio”
e gli aggiornamenti di sistema e il tutto si satura in poco
tempo. Di fatto, l’utente meno smaliziato, ignaro della
possibilità di modificare rapidamente questo settaggio
(Impostazioni > Sistema > Archiviazione > Modifica il
percorso di salvataggio dei nuovi contenuti), si trove-
rà subito in difficoltà. Per non parlare, poi, di quando
verranno rilasciate le nuove release di Windows 10. Nel
corso della prova è successo perfino a chi scrive che
Windows abbia scaricato l’ultima versione, che prende
il nome di April Update, per poi fallire l’installazione in
una prima istanza per lo spazio insufficiente. Quanto al
processore, il MateBook X Pro è un’ulteriore conferma,
se ancora ce ne fosse bisogno, che la nuova architettu-
ra quad core dei processori Intel di ultima generazione
è stata un bel passo in avanti. I benchmark sintetici evi-
denziano che l’ultrabook di Huawei non arriva ai livelli
di Surface Book 2 da 13’’, ma ci va molto vicino: 4.739
e 14.051 rispettivamente nei test single e multi-core di
GeekBench 4. L’impressione è che Huawei sia stata
abbastanza conservativa per gestire meglio le tempe-
rature. Sotto stress prolungato, infatti, si registra un leg-
gero throttling, che comunque non pregiudica affatto
le prestazioni del dispositivo. Quanto alle prestazioni
grafiche, chiaramente non è una macchina da gaming,
ma la GeForce MX150 torna molto utile per il CAD 3D
e operazioni di rendering non troppo impegnative. Se
proprio si vuole giocare, si deve necessariamente ab-
bassare la risoluzione al di sotto del Full HD ed il livello
di dettaglio.
Ottima autonomia, nonostante i “bollenti spiriti” La batteria del MateBook X Pro è un da 57,4 Wh e ga-
rantisce un’autonomia che copre abbondantemente
l’intera giornata lavorativa. Con Wi-Fi sempre attivo,
mouse perennemente collegato in Bluetooth – solo
4.1 – e retroilluminazione dei tasti attiva e quella del
display regolata automaticamente supera le 9 ore
di utilizzo “misto” (tanto lavoro in office, navigazione
web, gestione della posta, interazione sui social e
musica in streaming). Con un uso più parsimonioso, si
superano tranquillamente le 10 ore. Molto buona an-
che l’efficienza energetica in stanby: consuma circa
l’1% ogni 8 ore. Il caricatore del MateBook X Pro è da
65 watt ed è poco più grande di quello di uno smar-
tphone. Impiega più o meno due ore a ricaricare com-
pletamente l’ultrabook e tiene botta anche quando
questo sia messo pesantemente sotto stress. Forse
lascia un po’ a desiderare nella gestione delle tem-
perature. Sebbene non vi sia un eccessivo degrado
delle prestazioni durante le operazioni più gravose,
la temperatura della scocca non è esattamente piace-
vole al tocco. Sotto stress e durante la fase di ricarica,
la porzione della base prossima al display – sia sul
retro, sia lato tastiera – diventa molto calda. Del re-
sto, la griglia per la dissipazione del calore è occultata
proprio in zona cerniera e, a meno che non lo si tenga
sottosopra, non la si scorge affatto. In compenso, la
piccola ventola è silenziosissima durante le comuni
operazioni da ufficio e non troppo fastidiosa quando
la macchina è sotto stress.
Windows 10 liscio e software proprietario all’altezzaCome di consueto, si chiude con qualche conside-
razione sul software. Qui bene, molto bene, Huawei,
che azzera del tutto il bloatware (software preinstal-
lato non richiesto), lasciando Windows 10 lindo e
pinto, in versione Fall Creators Update. Oltre al PC
Manager, cui si è accennato pocanzi, sul MateBook
X Pro fanno capolino solo le app dello Store Dolby
Access e Dolby Atmos Sound System. A differenza
di tanti altri dispositivi che abbiamo avuto in prova,
però, qui non si tratta solo di una prova a tempo di 30
giorni: si può effettivamente usufruire del Dolby At-
mos su cuffie e home theater. Infine, a Huawei vanno
riconosciuti anche gli enormi progressi fatti nel sof-
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Huawei MateBook X Prosegue Da pagina 46
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto FAGGIANO
Arriva anche sul mercato italiano la soundbar fir-
mata Sky e dedicata ai propri abbonati per ascol-
tate al meglio i contenuti esclusivi della pay tv.
Si tratta di una iniziativa inusuale per una pay tv che
finora si era limitata a fornire i decoder: la proposta di
una soundbar si inserisce in un mercato già saturo di
proposte e non molto attrattivo per i consumatori. Per
la progettazione della Soundbox, Sky si è affidata a De-
vialet, marchio francese noto per la originalità e qualità
dei propri prodotto audio, il più famoso dei quali è il dif-
fusore wireless Phantom, modestamente definito “The
best sound in the world”. Molto originale la formula di
acquisto che non è riservata agli abbonati ma aperta a
tutti ma prevede tre prezzi diversi: per gli abbonati Sky
con più di sei anni di anzianità il prezzo è di 349 euro,
per gli abbonati Sky più recenti il prezzo è di 399 euro,
mentre i non abbonati possono acquistare il diffusore
solo spendendo ben 599 euro. Un modo come un al-
tro per riservare la soundbar agli abbonati, dato che la
quotazione massima per tutti gli altri è in pratica fuori
mercato. Va anche precisato che la cifra non è rateizza-
bile con l’abbonamento ma va versata a parte. Curioso
però che non si favoriscano gli abbonati con decoder
SKY Q, come avviene negli altri Paesi europei, dato che
è solo con quel decoder che si possono apprezzare
al massimo i vantaggi della Soundbox. La forma del
diffusore non è ideale per il posizionamento al livello
del TV, che rischia di essere coperto in parte: compatto
in larghezza (circa 35 cm) ma piuttosto alto (10 cm) e
profondo rispetto alle comuni soundbar. Con queste
dimensioni e tenendo conto della diffusione sonora su
tutti i lati, la posizione consigliabile è quella su un ripia-
no dedicato, al di sotto di un televisore. Viene anche
consigliato di lasciare almeno 15 cm liberi su ogni lato.
In genere non sarà possibile piazzarla davanti a un te-
levisore, almeno di ultima generazione, perché la soun-
dbar è troppo alta e in molti casi coprirebbe lo schermo
o per lo meno il ricevitore del telecomando. Non si può
inserire in mobili chiusi sui lati perché l’emissione sono-
TEST La formula di acquisto della Soundbox non è riservata ai soli abbonati ma è aperta a tutti e prevede tre prezzi diversi
Sky Soundbox, come suona la soundbar Sky?Sky lancia il diffusore dedicato ai suoi abbonati, una soundbar insolita per dimensioni e formula di acquisto La forma è insolita e la collocazione in ambiente obbligata, ma la tecnologia è firmata Devialet e si sente davvero bene
ra ne soffrirebbe e non si può fissare a parete sempre
per via dell'emissione posteriore. Fortemente sconsi-
gliata anche la versione soundbase perché il diffusore
non supporta il peso di un tv, anzi si sconsiglia anche
di posizionarci sopra il decoder. Le connessioni sono
complete perché troviamo l'ingresso HDMI e la relativa
uscita verso un decoder Sky, l'ingresso digitale ottico
e anche il Bluetooth. Sul diffusore ci sono dei pulsanti
per la selezione diretta dell’ingresso e del volume, ma
è molto più comodo usare il piccolo telecomando in
dotazione oppure quello del decoder Sky. Sul diffusore
c’è una sola spia luminosa che segnala l'accensione o
lo stand-by, ma la Soundbox è anche dotato di sintesi
vocale per segnalare la sorgente prescelta e l’avve-
nuta connessione bluetooth. L’interazione con lo Sky
Q è in effetti piuttosto limitata, si può solo accedere
Sky SoundboxRISERVATA AGLI ABBONATI SKY E NON A TUTTI 599,00 €La formula di acquisto della Soundbox riserva in pratica questo diffusore ai soli abbonati Sky (349 per i clienti 6+, 399 per gli altri clienti e ben 599 euro per tutti gli altri), ma anche per loro bisogna ben considerare se si può usare il posizionamento consigliato. Fatta questa premessa bisogna dire che il diffusore va molto bene e vale il prezzo di listino più basso, anzi diventa quasi conveniente rispetto a diffusori anche di gran nome. La mancanza di un subwoofer tende spesso a esagerare la gamma bassa, ma in linea generale si apprezza una resa molto buona con i dialoghi e con gli avvenimenti sportivi. Una maggiore flessibilità nei controlli avrebbe giocato a favore di un allargamento dei potenziali interessati.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 8 7 8 8 7
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni sonore se collocato correttamenteSemplicità d’uso con decoder SkyDimensioni compatte
Va collocata con molta cura in ambientePrezzo elevato per i non abbonatiImpostazioni DSPlimitate
lab
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segue a pagina 50
7.7
torna al sommario 50
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
a un menù dedicato per impostare pochissime funzio-
ni: il circuito Dialoghi per esaltare il parlato, Notte per
comprimere la dinamica e Bambini per fissare un livello
massimo del volume; inoltre il decoder Sky Q invia un
segnale al diffusore per attivare il DSP più adatto a ogni
programma: sport, musica o film. Sempre attivo anche
il volume dinamico per evitare sbalzi di livello tra un
canale e l'altro.
Tecnologia Devialet per una soundbar molto originaleIl marchio francese Devialet non è noto al grande
pubblico, ma si è fatto molto sentire ed ammirare
per una serie di prodotti hi-fi molto originali, ben suo-
nanti e molto costosi, tra i quali l’originale diffusore
Phantom. Risulta quindi molto curioso che un gruppo
come Sky sia andato a scegliere un partner di que-
sto tipo per il suo diffusore. Dopo questa premessa
andiamo a descrivere il “dietro le quinte” della Soun-
dbox, quello che non si vede ma si sente molto bene.
La prima scelta originale è nelle dimensioni, del tutto
inedite per una soundbar in termini di altezza, ma giu-
stificata dal fatto di utilizzare 6 altoparlanti midwoofer
posti lungo tutti i lati del diffusore - due frontali, due
posteriori uno a sinistra e uno a destra -, oltre a un lar-
ga banda frontale e due larga banda posti agli angoli
posteriori. Questa disposizione implica una colloca-
zione in ambiente molto precisa per poter ottenere i
migliori risultati, anche considerato che non c’è modo
di correggere l’emissione dei singoli altoparlanti o
scegliere un posizionamento diverso da quello con-
sigliato. In tema di compatibilità con i segnali audio
la Soundbox si ferma al Dolby Digital e nulla di più.
L’interno è realizzato alla perfezione: alcuni diffuso-
ri sono dotati di una piccola cassa di risonanza, al-
tri sono liberi di agire nel volume della cassa che è
chiusa ermeticamente. Il livello costruttivo è eccelso,
così come la scelta dei materiali. La presenza di un
numero enorme di DSP lascia pensare che Devialet
non si sia limitata al “compitino”: sicuramente questa
Soundbar vale quello che costa.
Prestazioni molto buone ma va piazzata con cura Per il nostro test abbiamo usato un decoder Sky Q e
simulato diversi posizionamenti, come prova ulteriore
abbiamo ascoltato la Soundbox anche in modo indi-
pendente, collegata direttamente a un tv Samsung.
La procedura di collegamento per gli abbonati Sky
prevede di scollegare il cavo HDMI che va dal deco-
der al tv e di collegarlo al diffusore alla presa HDMI
In, da qui bisognerà usare il cavo HDMI in dotazione
per collegare il diffusore al tv. Il nuovo collegamento
non influisce in alcun modo sulle prestazioni video del
decoder. Poi bisognerà impostare l’apposito menù Q
Sound per stabilire alcune funzioni e la sincronizza-
zione automatica sul tipo di contenuti trasmessi. A
questo punto si potrà usare il telecomando dello Sky
Q oppure quello del diffusore. Per la prova senza de-
coder Sky è necessario usare per il segnale il cavo di-
gitale ottico oppure il bluetooth, il collegamento HDMI
ARC non funziona in questo caso. Giusto per essere
chiari la Soundbox nasce per essere collegata ad un
decoder Sky e quindi amplifica tutto quello che arriva
dal decoder. Volendo si può anche ascoltare l’audio
in arrivo dal TV o da un altra sorgente, ma si deve
usare il collegamento ottico. Crediamo che questa
sia una scelta voluta, ma l'assenza dell’ARC non è un
boccone facile da digerire. Come non è facile digerire
neppure l’assenza dell'HDMI CEC, ovvero il quel si-
stema che permette di inviare comandi tramite HDMI
ai dispositivi connessi: per poter usare il telecomando
dello Sky Q con la Soundbox si deve aggiungere la
Soundbox come periferica controllabile dal teleco-
mando tramite l’apposito menu, e a questo punto
sarà possibile controllare il volume ma solo tramite
IR. Il telecomando dello Sky Q è bluetooth, e sarebbe
bastato avere l’HDMI CEC per evitare una complessa
e poco intuitiva configurazione. Passando alla valu-
tazione vera e propria delle prestazioni il giudizio è
complessivamente positivo, specie riguardo la resa
dei dialoghi con i film meno impegnativi. Spesso si
crea una bella scena ampia davanti agli ascoltatori, a
patto di posizionare il diffusore in modo corretto. Con
gli effetti speciali la resa è meno spettacolare perché
la gamma bassa tende a prendere il sopravvento,
seppure non in modo fastidioso. Ottima la resa con gli
eventi sportivi, dove si viene spesso portati nel cuo-
re dello stadio o del palazzetto, qui il coinvolgimento
è molto gradevole. Con la musica ritorna il problema
della gamma bassa sin troppo presente, spesso a
scapito dei dettagli e delle voci. Comunque bisogna
riconoscere una gamma bassa che scende ben oltre
il prevedibile per un diffusore di dimensioni così con-
tenute.
TEST
Sky Soundboxsegue Da pagina 49
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MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
di Roberto FAGGIANO
All’inizio di questo secolo il progettista audio Tom
De Vesto ha il suo colpo di genio, inventa la radio
Tivoli e crea un vero fenomeno di mercato con un
oggetto apparentemente superato e in declino. Invece
quella sua radio vintage con tanto di manopola per la
sintonia piace a tutto il mondo: è molto bella da vedere
nel suo mobile in legno e soprattutto suona benissi-
mo. Nonostante sia piuttosto cara, la radio va a ruba
e presto nasce attorno al primo storico modello One
una intera gamma di prodotti. Ma gli anni passano, la
One è ormai un’icona di stile ma i nuovi modelli per-
dono colpi con brutti mobili in plastica e prezzi troppo
elevati. Tom De Vesto abbandona quindi Tivoli Audio
ma non gli manca certo la determinazione per ripartire
da capo. Così si affaccia umilmente su Kickstater per
proporre la sua nuova idea, ancora con un nome ita-
liano, Como Audio. Se siamo qui a parlarne vuol dire
che l’idea è piaciuta, i fondi raccolti e i prodotti nuovi
già pronti per il mercato. L’idea di Como Audio parte
sempre dalla radio ma si è opportunamente adegua-
ta ai nuovi traguardi raggiunti dalla tecnologia. Quindi
accanto alla intramontabile radio FM ma con sintonia
digitale, troviamo il DAB+, la connessione in rete per
lo streaming e le radio web, il bluetooth, il multiroom,
uno schermo di controllo, il telecomando e l’immanca-
bile applicazione. Per Como Audio si è scelto di avere
subito una gamma completa con modelli mono, stereo
con il diffusore aggiuntivo e anche il sistema completo
di lettore CD, il Musica protagonista della nostra prova.
Gli apparecchi Como Audio sono inevitabilmente ispi-
rati a quelli di Tivoli Audio, anzi riprendono praticamen-
te tutte le stesse configurazioni e i bei mobili in legno,
seppure con l’importante aggiunta della connessione
wi-fi e delle funzioni multiroom. Il modello Musica (699
euro) è l’attuale top di gamma e copre praticamente
tutte le funzioni di un sistema audio, aggiungendo fun-
zioni di rete e multiroom, il tutto gestibile via applica-
zione o con il telecomando. Infatti troviamo radio DAB+
TEST Il progettista audio Tom De Vesto è tornato in campo con un nuovo marchio dopo la felice esperienza di Tivoli
Como Audio Musica: elegante, moderno e suona bene. Il suo limite, pero, è il prezzoIl sistema Musica riunisce tutte le sorgenti audio disponibili in un elegante mobile completo di diffusori integrati
e FM, lettore CD, radio internet, bluetooth con NFC,
Chromecast, ingresso usb per chiavette di memoria
con contenuti musicali (limitati ai soli MP3), bluetooth,
ingresso digitale ottico e ausiliario, uscita cuffia e an-
che alimentazione in corrente continua con adattatore
esterno; il tutto completato da una coppia di diffusori a
due vie integrati. Il mobile è ancora compatto con i suoi
40 x 14 x 16 cm (L x A x P), la finitura è disponibile in due
tonalità di legno ( noce scuro e chiaro ) o in versione
laccata nera e laccata bianca, le ultime due con supple-
mento di 50 euro. Molto elegante l’estetica del mobile
in legno, che evidenzia gli altoparlanti e un bel display
centrale, ampio e a colori. Intuitivi anche i comandi
diretti ma è certo più comodo usare il telecomando o
l’applicazione dedicata. In tema di dettagli tecnici non
Como Audio MusicaSEMPRE MEGLIO CON LA RADIO 699,00 €Il Musica di Como Audio è un prodotto elegante e di alto livello che non delude le aspettative ma da il meglio di sé con le stazioni radio DAB oppure in rete. Anche il lettore CD non è male ma tende ad evidenziare i pochi difetti degli altoparlanti, tendenti ad allargare un pò troppo la gamma medio bassa e a indurire gli acuti. Dal punto di vista del rapporto qualità/prezzo il Musica può far sorgere qualche dubbio, seppure i veri concorrenti siano molto pochi e spesso con dimensioni più elevate. A nostro parere il modello Duetto (identico al musica ma senza lettore CD) è quello più centrato e consente di risparmiare 200 euro. Comunque un buon esordio per la nuova fatica di Tom De Vesto, oggetti ideali per i nostalgici della radio e desiderosi di mettere in salotto (anche) un bel pezzo di arredamento.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 8 9 8 8 7
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEEccellente ricezione radioFinitura accurataVersatilità e semplicità d’uso
Prezzo elevatoResa audio sensibile al posizionamentoFunzionalità telecomando migliorabile
lab
video
7.9
segue a pagina 52
torna al sommario 52
MAGAZINEn.185 / 188 OTTOBRE 2018
TEST
Como Audio Musicasegue Da pagina 51
ci sono troppi approfondimenti, si parla di amplificatore
digitale con potenza di 2 x 30 watt e diffusori con ac-
cordo reflex posteriore basati su un midwoofer da 76
mm e un tweeter da circa 19 mm per canale.
Applicazione classica ma funzionale L’applicazione Como Control è ben fatta anche se gra-
ficamente semplice, serve per controllare e impostare
ogni sorgente con molte informazioni che sono anche
replicate sull'ampio display frontale. Particolarmente
ricche le informazioni per la radio DAB+, già in grado
di mostrare le illustrazioni nei rari casi in cui sono tra-
smesse. Ottima anche la sezione radio web che con-
sente di memorizzare con un solo tocco le stazioni pre-
ferite. Non abbiamo potuto sperimentare il multiroom,
ma l’app è già pronta per chi vorrà sonorizzare tutta la
casa con diffusori Como Audio. Comunque anche tra-
mite il telecomando si può gestire l'apparecchio, solo
con un modo più macchinoso per richiamare i menù.
Bella da vedere, per l'ascolto meglio la radio Per la prova di utilizzo bisogna prima di tutto collegarsi
in rete, via cavo o tramite wi-fi, per quest’ultima solu-
zione è disponibile anche il comodo WPS. Dalla rete si
può prelevare anche l’ora esatta per la funzione sve-
glia. Il display frontale è molto chiaro e aiuta nelle im-
postazioni mentre il telecomando non segue sempre
la logica e impone percorsi tortuosi. Le stazioni DAB
vengono memorizzate automaticamente con buona
sensibilità, meglio se potendo estendere al massimo
l'antenna. Rapido il riconoscimento di eventuali server
musicali e dei contenuti di chiavette usb, con completa
visualizzazione sul display. Efficiente il bluetooth, sem-
pre con la utile visualizzazione di sorgente e contenuti
sul display. Molto buona la radio FM, solo con un poco
di fruscio in più. Riguardo la collocazione dell’apparec-
chio non vengono date indicazioni, ma sappiamo che
il reflex posteriore impone attenzione. Infatti una prima
collocazione in uno scaffale chiuso sui lati tende subito
a gonfiare oltremodo i bassi, anche agendo sull'equa-
lizzatore. Meglio la disposizione su un ripiano aperto
sui lati e con circa 20 cm liberi dalla parete di fondo,
seppure la lieve tendenza ad arrotondare il medio bas-
so rimanga. L’ascolto radiofonico via DAB o web è mol-
to gradevole, equilibrato e con buone voci, seppure fi-
sicamente limitato allo spazio del diffusore; comunque
rimane un minimo di profondità e si avverte facilmente
la qualità delle stazioni meno compresse, specie sul
web. Passando al CD la situazione purtroppo peggio-
ra: la gamma bassa si indurisce e tende a esagerare,
seppure scendendo molto in profondità, e la gamma
più acuta sale troppo e porta a volte perfino fruscio in-
desiderato. Situazione migliore con il Bluetooth mentre
gli MP3 archiviati su chiavette usb si fanno ascoltare
con piacere.
di Massimiliano DI MARCO
P er le prime cuffie a marchio Sur-
face, Microsoft non ha pensato di
emulare gli altri “figli di AirPods”,
come abbiamo definito gli auricolari totalmente wireless dopo l’IFA 2018.
La società ha invece pensato a un paio
di cuffie wireless con un avvolgente
padiglione auricolare; uno stile tradi-
zionale, ma che nasconde diverse fun-
zioni interessanti. Si chiamano Surface
Headphones e sono parte della nuova
gamma hardware presentata da Micro-
soft in concomitanza con Surface Pro 6 e Surface Laptop 2. Come tutta la
gamma Surface, però, le Headphones
promettono di avere un qualcosa in
più. Per esempio la parete esterna dei
padiglioni auricolari è ruotabile: con
quello destro viene regolato il volume,
mentre con quello sinistro l'utente può
scegliere tra i 13 livelli di riduzione del
volume, gestendo l’isolamento dal ru-
HI-FI E HOME CINEMA Al momento non è previsto l’arrivo in Italia delle cuffie di Microsoft
Ecco le cuffie wireless Surface Headphones E la riduzione del rumore è regolabileMicrosoft lancia le sue cuffie wireless: hanno 13 livelli diversi di riduzione del rumore
more esterno;
non un sem-
plice interrut-
tore “accesso-
spento”, bensì
una regolazio-
ne graduale.
Una funziona-
lità molto utile
e che permette
a Surface Hea-
dphones di es-
sere, almeno
sulla carta, particolarmente versatili.
Immancabile, poi, l’integrazione con
l'assistente virtuale Cortana, accessi-
bile con una pressione prolungata sui
padiglioni auricolari oppure con il con-
sueto comando vocale “ehi, Cortana”;
l’assistente risponderà, poi, tramite il
PC o lo smartphone collegato alle Sur-
face Headphones. I sensori integrati,
infine, fermano automaticamente la
riproduzione quando l’utente si toglie
le cuffie, mentre la riprendono non ap-
pena le Surface Headphones vengo-
no nuovamente indossate. Le Surface
Headphones costeranno 349 dollari.
Al momento non sono previste per il
mercato italiano e, in considerazione
di ciò, non è disponibile un prezzo in
euro.
Clicca qui per il video.
ENTERTAINMENT
Fire TV Stick 4K è Ultra HD e HDRAmazon annuncia Fire TV Stick 4K, la chiavetta offre lo streaming anche a risoluzione 4K, formato supportato, per esempio, da alcuni contenuti su Netflix e Amazon Prime Video. La nuova Fire TV Stick supporta anche HDR10, HDR10+ e Dolby Vision per il video e il Dolby Atmos per l’audio. Il prezzo di 49 dollari la pone come offerta più economica rispetto a Chromecast Ultra, che in Italia è proposto a 79 euro (69 dollari negli Stati Uniti). In Italia, per ora, Fire TV Stick 4K non è prevista. Sarà lanciata in Germania e in Regno Unito il 14 novembre. Non è da escludere che qualche indicazione sul lancio italiano arrivi nell’immediato futuro. Accanto a Fire TV Stick 4K Amazon ha presentato un telecomando Bluetooth , Alexa Voice Remote, per usare i comandi vocali per la gestione dei contenuti e compatibile con altri dispositivi Fire TV, come la Fire TV Stick di seconda generazione e Fire TV di terza generazione.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
N ei giorni scorsi erano circolate
delle indiscrezione, confermate
poi dai comunicati ufficiali di Te-
sla: l’azienda californiana ha chiuso il
terzo trimestre con più di 80.000 vet-
ture prodotte e 83.500 consegnate,
grazie anche alle auto in transito alla
chiusura del Q2.
Un record assoluto che corrisponde
a circa l’80% delle automobili conse-
gnate nell’intero 2017, a dimostrazio-
ne di un incremento della produzione
notevole. Ovviamente gran parte di
questo successo è dovuto alle linee
di assemblaggio di Model 3, ormai
stabilmente intorno a quota 5.000 a
settimana (5.300 nell’ultima settimana
di settembre) per un totale di 53.239
Model 3 prodotte, tutte nelle versioni
più costose.
A completare il totale ci sono 26.903
AUTO ELETTRICA La borsa ha reagito bene alle notizie sul terzo trimestre, titolo in salita
Clamoroso trimestre di Tesla, vola in borsaCon la produzione di Model 3 ai massimi livelli, oltre 80.000 vetture consegnate in 3 mesi
tra Model S e Model X, una quantità
perfettamente in linea con le 100.000
annuali preventivate. È previsto il de-
butto della Model 3 in Europa, uffi-
cialmente portata da Tesla al Salone
di Parigi, a segnare il possibile inizio
delle consegne anche nel vecchio
continente.
L’ultimo trimestre del 2018 sarà, quindi,
importantissimo per cercare di cresce-
re ulteriormente, grazie all’inizio della
produzione delle Model 3 anche in
versione più economica (la famosa da
35.000 dollari) oltre all’apertura alle
vendite anche tramite leasing. Per il
Q4 ci sono poi 8.048 Model 3 e 3.776
Model S e X già pronte alla consegna,
che verranno quindi conteggiate nel
prossimo trimestre.
I risultati finanziari verranno comunica-
ti più avanti nei prossimi giorni, ma la
borsa ha già reagito bene facendo sa-
lire il titolo, che già era aumentato pa-
recchio nei giorni scorsi dopo le false
preoccupazioni circa la posizione del
CEO Elon Musk.
di M. Z.
R ecentemente abbiamo assistito al
moltiplicarsi di progetti per portare
su strada nuovi modelli di moto e
scooter elettrici. Il trend lo avevamo già
visto alla scorsa edizione di EICMA, e
quella alle porte non sarà sicuramente
da meno. Ora facciamo la conoscenza di
un’altra azienda che ha tentato di intra-
prendere questa strada, e per una volta
non si tratta della solita start up cinese.
Viene dalla Spagna infatti NUUK, che in
collaborazione con il produttore sempre
spagnolo Reiju, ha ideato un veicolo dal
design vagamente vintage, che può es-
sere declinato sia come scooter urbano,
sia come mezzo più potente, quasi una
moto.
NUUK, per ora solo prototipo, è pensato
per avere tre versioni, Urban, Tracker e
Cargo. I tre modelli a loro volta saranno
in versione ciclomotore leggero, quindi
con velocità limitata a 45 km/h, oppu-
re fino a 105 km/h per affrontare anche
tratte fuori città. Urban è tipicamente da
città, mentre Tracker monta pneumatici
MOBILITÀ SOSTENIBILE Si chiama NUUK ed è un prototipo. Prevista in tre modelli differenti
Piaggio anni ’80? No, è una moto elettrica spagnolaNel mondo delle 2 ruote elettriche arriva una compagnia spagnola che punta al design vintage
più tassellati per
affrontare anche
strade non perfet-
te. Cargo come
suggerisce il nome
monta bauletti di
carico.
La differenza non
è solo nella velo-
cità, ma il motore
elettrico cambia. Il
fratello minore ha in
dote motore Bosch da 4 kW, mentre la
“moto” sale fino a 10.5 kW di potenza.
La batteria invece non cambia, ma può
essere modulare. Si parte con 2.4 kWh
per 75 km oppure 60 km per il mezzo
più veloce, ma entrambi possono mon-
tare fino a quattro moduli per sfiorare i
300 km totali.
La ricarica poi può essere effettuata
in due modalità, lenta in 5 ore, oppure
veloce in 1.8 ore, il tutto con caricato-
re a bordo, quindi necessitando solo si
una presa, o di una prolunga per rag-
giungere l’allaccio più vicino. Non ci
sono ancora notizie sui possibili prezzi,
in quanto NUUK si trova ancora in una
fase di realizzazione dei primi esempla-
ri pre produzione. Vi terremo aggiornati
se scopriremo qualcosa in più durante
EICMA.
Zalando testa le consegne con una bici elettrica specialeZalando ha iniziato i test per le consegne dell’ultimo miglio a emissioni zero, grazie a una eBike con grande capacità di carico di M. Z.
Zalando ha scelto la città di Berli-no per testare un nuovo metodo di consegna dei suoi prodotti. Il cosiddetto ultimo miglio sarà co-perto da ottobre con Loadster, un veicolo equiparabile alle bici a pe-dalata assistita ma con 500 litri di capacità di carico.Prodotta da Citkar, una start up che si occupa di mobilità urbana, è pensata come vera alternativa all’automobile per i centri cittadini, raggiunge i 25 km/h di velocità e può viaggiare sulle piste ciclabili come una normale bicicletta. Tutti questi fattori fanno sì che le conse-gne effettuate con Loadster siano in definitiva più rapide rispetto ai soliti furgoni, soprattutto in città ben dotate di piste ciclabili come Berlino.Zalando intende sfruttare la Loa-dster anche e soprattutto per la logistica del same day delivery, ovvero gli ordini effettuati al mat-tino e consegnati entro la stessa giornata. Jan Bartels, responsabile della lo-gidtica di Zalando, ha dichiarato: “È un ottimo partner che sviluppa veicoli tenendo a mente la logisti-ca dell’ultimo miglio e noi di Za-lando siamo sempre alla ricerca di idee innovative che possiamo testare, perché il concetto di test fa parte del DNA dell’aziendaci”.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
D urante l’evento di apertura di
eMob 2018 è intervenuto anche
l’Assessore alla Mobilità di Milano,
Marco Granelli. Da sempre il capoluo-
go lombardo è all’avanguardia nell’ab-
bracciare una nuova mobilità e oltre a
nuove infrastrutture di ricarica e nuovi
mezzi pubblici si appresta a inaugurare
il divieto ai motori diesel più vecchi nella
nascente Zona B. Granelli ha rimarcato il
successo dell’Area C e spiegato perché
una zona più ampia di divieto alle vet-
ture più inquinanti era necessaria. I dati
rilevati dalle telecamere poste ai varchi
dell’Area C (quindi dati totali e non a
campione) indicano quasi un raddoppio
delle auto elettriche circolanti in Area C
(poiché vi hanno accesso gratuitamen-
te), un incremento quantificabile in quasi
il 2% del parco circolante. Aggiungendo
anche le auto ibride di varia categoria si
arriva al 16%, un dato certamente rilevan-
te, soprattutto se unito al fatto che invece
i mezzi diesel sono dimezzati. A gennaio
2019 partirà la tanto discussa (e da alcuni
criticata) Zona B, una cerchia più ampia,
URBAN MOBILITY L’Assessore alla mobilità di Milano presente all’evento di apertura di eMob
Granelli: “Area C un successo, elettrificate al 16%, diesel dimezzato, Zona B doverosa”L’Assessore Marco Granelli ha parlato del successo dell'Area C e della nascente Zona B
sempre a varchi
controllati, per im-
pedire l’ingresso in
città dei motori più
inquinanti, partendo
dai benzina euro 0
e i diesel 0,1,2 e 3.
Secondo Granelli
era imperativo se-
guire l’esempio di
altre città nel mon-
do che stanno gra-
dualmente vietando
l’accesso ai mezzi
inquinanti. L’Asses-
sore ha anche risposto alle critiche di
chi accusa l’Amministrazione di mettere
in difficoltà chi non può cambiare auto
con una meno inquinante, possibilmente
elettrica. Nella visione di Milano il citta-
dino che con regolarità si reca in città
deve utilizzare maggiormente i mezzi
pubblici (che stanno diventando elettrici)
e per questo gli abbonamenti ATM non
subiranno aumenti, anzi per chi viene da
fuori città costeranno 60 euro in meno
nel caso di abbonamento annuale. Le
aziende saranno agevolate nel cambio
della propria flotta grazie a contributi
condivisi tra il Comune e la Regione. Per
chi proprio non può fare a meno dell’au-
to, il Comune vuole spingere sempre
più l’uso dei sistemi di sharing presenti
in città, dalle bici (in arrivo anche nuove
eBike) allo scooter fino alle auto. Per
queste ultime solo il 30% sono elettriche
ma Milano ha già chiesto ai vari opera-
tori di arrivare al 100% di auto elettriche
entro il 2025.
Bitride è il nuovo sharing di Milano con eBike che si ricaricano grazie alle pedalateA Milano parte il progetto pilota di Bitride, un bike sharing a pedalata assistita in cui la ricarica è energia umana di M. Z.
A Milano i servizi di bike sharing sono molto popolari e ora si ag-giunge un nome nuovo a quelli già presenti, Bitride. Potrebbe sem-brare come i progetti simili già atti-vi ma in realtà nasconde differen-ze rilevanti. In primo luogo il costo, che sarà gratuito a fronte di una quota di iscrizione di 2 euro. Que-sto perché si tratta di un progetto pilota che gode di finanziamenti europei e quindi in questa prima fase non avrà costi per il cittadi-no. L’altra novità è rappresentata dalle bici che, a differenza di altri bike sharing, sono a pedalata as-sistita ma non nel senso classico del termine. Difatti queste bici non hanno bisogno di essere ricarica-te, ma oltre una certa velocità è la pedalata del conducente che ri-carica la piccola batteria, oltre alla possibilità di ricaricarla col movi-mento di contropedalata. Questo sistema permette al servizio di es-sere in modalità free floating, ov-vero trovare o parcheggiare la bici ovunque senza necessità di stalli fissi. In realtà in questa prima fase l’area operativa a Milano è ristret-ta e, sebbene si possa spostarsi ovunque nel comune, è possibile chiudere le corse solo nel perime-tro consentito. L’area e il posizio-namento delle bici possono esse-re visti sulla tipica app dedicata, scaricabile per Android e iOS, che serve anche per attivare le bici.
di M. Z.
D al 27 a sabato 29 settembre è
andata in scena eMob 2018, la se-
conda conferenza nazionale della
mobilità elettrica, che vede partecipare
oltre agli operatori del settore e le Case
automobilistiche, anche le amministra-
zioni dei comuni che hanno aderito alla
Carta Metropolitana della Mobilità. Tra le
città capogruppo di questo progetto c’è
Torino, rappresentata durante l’esposi-
zione dei risultati ottenuti dall’Assessore
Maria La Pietra. L’Assessore La Pietra ha
chiarito che Torino intende proseguire
con decisione sulla strada tracciata e
la spinta a favore dell’utilizzo di mezzi
elettrici avverrà su più fronti, col mec-
canismo dell’incentivazione indiretta.
MOBILITÀ SOSTENIBILE La città di Torino sempre più a favore dell’impiego di mezzi elettrici
Torino a tutto elettrico: diverse novità per la cittàZTL gratis, parcheggio gratis e stallo dedicato alle auto elettriche: Torino esempio di virtuosità
L’area ZTL diventerà a pagamento col
metodo del “chi più inquina più paga”,
grazie al collegamento diretto col data-
base della motorizzazione che indica i
dati di emissione di ciascun modello. In
questo meccanismo le auto elettriche
quindi non pagheranno nulla e in più
troveranno parcheggio gratis. Le colon-
nine di ricarica aumenteranno di nume-
ro grazie a nuovi bandi e arriveranno i
punti di ricarica fast in corrente continua.
Queste stazioni di ricarica devono po-
ter servire il maggior numero di clienti
possibile e quindi venir occupate dalla
singola vettura per un tempo limitato, di
solito massimo 60 minuti. Ecco quindi
che il Comune di Torino, abbastanza co-
raggiosamente, sperimenterà una nuova
soluzione. Il proprietario di auto elettrica
potrà spostare l’auto a carica terminata
in stalli senza colonnina ma dedicati alla
sosta delle auto a batteria. Non è ancora
stata decisa la proporzione tra posti auto
normali e posti dedicati alle elettriche ma
in questo modo si spera di mitigare (o
possibilmente evitare) il fenomeno delle
auto ricaricabili abbandonate per ore o
per tutta la notte davanti alle colonnine,
che oltre a rischiare una sanzione pecu-
niaria, inibiscono la possibilità di ricarica-
re ad altri cittadini.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
Renault presenta Zoe Iconic, nuova serie limitata per festeggiare i traguardi raggiuntiDal Salone di Parigi arriva una nuova Zoe in serie limitata per festeggiare il dominio in Europa delle auto elettriche di M. Z.
ZalaRenault Zoe si conferma l’au-to elettrica più venduta in Europa, con oltre 110.000 unità dal 2012. In questi giorni dal Salone di Parigi la casa francese ha messo in mostra una nuova versione limitata della sua compatta elettrica, chiamata per l’occasione Zoe Iconic. Nessuna novità a livello tecnico poiché la batteria resta quella da 41 kWh capace di spingere Zoe fino a 400 km e i motori restano il nuovo R110 e il Q90.Le novità sono solo estetiche, con nuovi interni con selleria in tonalità grige, abbinata alla carroz-zeria sempre grigia, denominata Highland. Decisamente impattanti i cerchi da 17” scelti per l’occa-sione. La versione limitata sarà riconoscibile anche da un badge posteriore e da appositi battitacco alle portiere.Altra piccola novità è il bagagliaio organizzato, grazie a un prolunga-mento del battivaligia che consen-te di riporre i cavi di ricarica in un doppio fondo. Sembra che questa versione non arriverà in Italia, per cui chi fosse interessato dovrà rivolgersi al mercato di importa-zione, come per altro già avviene spesso proprio per Zoeci”.
di M. Z.
S ono diverse le case automobili-
stiche che stanno espandendo i
propri orizzonti in altre tipologie
di mobilità e tra queste c’è certamen-
te Peugeot che annovera tra le sue
fila modelli di eBike adatte a tutte le
esigenze. Dal Salone di Parigi la casa
francese ha presentato l’evoluzione di
questa gamma che ora integra le più
recenti tecnologie fornite da Bosch.
In particolare i modelli dedicati agli
appassionati di mountain bike fanno
bella mostra di sé allo stand Peugeot.
Si tratta della full suspension eM02 FS
Powertube SLX11, che come il nome
ricorda, fa uso delle nuove batterie
Bosch Powertube, ovvero integrate nel
telaio e quasi invisibili.
BICI ELETTRICA Non solo auto per Peugeot che presenta a Parigi due modelli di mountain bike
Le eBike Peugeot con batteria PowertubeAl Salone di Parigi Peugeot ha presentato l’evoluzione delle sue eBike con tecnologia Bosch
Stessa novità anche per la versione
con migliori equipaggiamento (come la
forcella RockShox al posto della Sun-
tour), la GX11.
I prezzi non sono certamente popolari
ma si tratta di bici di alta gamma de-
dicate ai veri sportivi e appassionati.
Per la SLX11 sono necessari 4.199 euro,
che salgono a 4.599 euro nel caso del-
la GX11.
Vespa elettrica Ordini dall’8 ottobreGli ordini della Vespa Elettrica verran-no aperti a ottobre, il giorno 8, come indicato da un apposito conto alla rovescia comparso su Vespa.com. Non molte altre informazioni a dire il vero ora, se non un semplice “prepa-rati ad essere tra i primi ad averla”, a indicare che si tratterà probabilmente di una sorta di pre ordine, anche se la produzione dei primi esemplari do-vrebbe essere già iniziata. Come già svelato, non sarà uno scooter elettri-co dal costo abbordabile, in quanto Piaggio intende allineare il prezzo alla gamma alta dei suoi prodotti. Per giustificare questo posizionamento sono allo studio possibili tecnologie di connettività e di intelligenza artificiale, anche se poco è stato rivelato finora. Prezzo di listino che probabilmente sarà di circa 6.000 euro. Probabile che Piaggio voglia sfruttare ancora una volta le luci della ribalta di EICMA per una presentazio-ne definitiva. Nel frattempo chi fosse interessato può tenere d’occhio la pagina dedicata ed eventualmente iscriversi alla newsletter per essere avvisati dell’apertura degli ordini, che saranno esclusivamente online.
DMOVE Al Salone di Parigi le nuove eBike di Specialized
Specialized presenta le Turbo Levo Nuovi motori e nuove batterie
di M. Z.
Al Salone di Parigi non ci sono solo auto ma anche i produttori di bici sfruttano
l’occasione per presentare le novità più importanti. Vi abbiamo mostrato i
nuovi modelli di Peugeot, ma anche un altro noto marchio ha scelto la ker-
messe parigina per il debutto delle sue nuove eBike. Parliamo di Specialized che
ha presentato la nuova gamma Turbo Levo. A prima vista sembrerebbero uguali
alle versioni precedenti ma le novità sono nascoste alla vista e sono motore e
batteria. Diversamente da altri marchi che si affidano a motori Bosch, Yamaha
o Bafang, Specialized conferma i mid-drive Brose. Le Turbo Levo di quest’anno
integrano le nuove unità con peso ridotto dell’11%, da 3.4 kg a 3 kg, ma con un
aumento della coppia massima a 90 Nm.
I motori Brose inoltre offrono il vantaggio di riduzioni con collegamento a cinghia e
non a catena, offrendo quindi un movimento sensibilmente più silenzioso. Come det-
to, l’altra novità sono le batterie. Disponibili in diverse taglie, arrivano ora a un massi-
mo di 700 Wh. Per ottenere questo risultato Specialized ha abbandonato le celle al
litio di formato 18650 passando alle 21700, come ha fatto Tesla nel mercato automo-
tive. Il resto della
componentistica
è sempre di alta
gamma con i
soliti nomi noti,
da RockShox a
SRAM, per prez-
zi che partono
da circa 5000
dollari fino al
doppio per la top
di gamma.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
D opo aver presentato e-tron Suv
ed aver annunciato il lancio di
12 veicoli elettrici dal 2025, Audi
ha svelato il sistema di ricarica ultra
fast che permetterà di caricare l’80%
del veicolo in soli 30 minuti. La casa
automobilistica tedesca, infatti, ha or-
ganizzato un vero e proprio tour di 4
giorni, a San Francisco, per mostrare
l’innovativa tecnologia che giocherà
un ruolo fondamentale per lo sviluppo
e la diffusione dei veicoli elettrici Audi.
“Queste stazioni di ricarica – spie-
ga Loren Angelo, vice presidente del
reparto Marketing di Audi America
– saranno luoghi dove gli automobilisti
potranno non solo caricare le proprie
vetture ma spendere il loro tempo in
totale relax”. Le infrastrutture di ricarica
presenti all’evento erano quelle fornite
da Electrify America, la start up nata ne-
RETE DI RICARICA Il sistema di ricarica ultra fast carica l’80% del veicolo in 30 minuti
Audi svela la stazione di servizio del futuroLa Casa automobilistica tedesca annuncia la partnership con la start up Electrify America
gli Stati Uniti dopo lo scandalo Diesel-
gate grazie all’accordo da 2 miliardi di
dollari tra Volkswagen, la California Air
Resources Board e l’Agenzia di prote-
zione ambientale statunitense (Epa). Un
progetto che sta portando, negli USA,
allo sviluppo di 2.800 stazioni di ricari-
ca ultra fast da 150 kW e 350 kW, in 17
aree metropolitane. La partnership tra
Audi e Electrify America permetterà ai
Aggiornamento per BMW i3 Batteria da quasi 400 kmArrivano per BMW i3 le celle al litio da 120 Ah, che la portano come autonomia al pari della diretta concorrenza di M. Z.
La BMW i3 riceve un altro aggior-namento che porta la sua batteria al litio al pari di altre compatte di segmento simile, a 42.2 kWh. Il salto è stato ottenuto grazie alle nuove celle che passano da 94 Ah a 120 Ah e assicureranno un’auto-nomia più elevata che può sfiorare i 400 km, più verosimilmente intor-no ai 300 con uso quotidiano non troppo attento. Il vecchio ciclo di omologazione NEDC parla di 359 km per la i3 standard e un poco meno per la sportiva i3s che si ferma a 345 km. Il nuovo e più se-vero ciclo WLTP offre invece una stima rispettivamente di massimo 310 km e 285 km. Nel mirino del-l’elettrica BMW ora ci sono Nissan Leaf, Renault Zoe e Hyundai Kona con batteria da 39 kWh, tutte con autonomie simili. Dalle prime ta-belle e dai primi comunicati diffusi sembra scomparsa la variante con Range Extender, un piccolo moto-re a benzina in grado di ricaricare le batterie in situazione di emer-genza. È plausibile pensare che BMW abbia ritenuto matura l’au-tonomia della sua vettura dicendo addio all’ausilio termico. Introdotte novità come i nuovi colori per car-rozzeria e interni o i fari LED adat-tativi. Pronto a esordire anche un pacchetto sport che porterà cerchi in lega da 20”, assetto ribassato e carreggiata allargata. Nessuna novità per la capacità di ricarica. BMW i3 e i3S si potranno sempre ricaricare in colonnine fast DC fino a 50 kW di potenza, in AC fino a 11 kW oppure con il caricatore casa-lingo da 2.4 kW.i.
possessori di e-tron di usufruire gratui-
tamente di 1.000 kWh. Oltre al Suv elet-
trico, dotato di una batteria da 95 kWh
che può supportare una potenza di ri-
carica da 150 kW, la Casa automobilisti-
ca tedesca ha esposto a San Francisco
anche la monoposto elettrica vincitrice
dell’ultima edizione della Formula E, e il
modello PB 18 da 764 cavalli che verrà
ufficialmente lanciato il prossimo anno.
di M. Z.
Ve ne avevamo parlato qualche settimana fa, dopo la presen-
tazione ufficiale. In occasione di
eMob 2018 E-Gap ha deciso di mettersi
in mostra per la prima volta, fornendo
anche qualche informazione in più
rispetto a quelle trapelate in un primo
momento.
E-Gap come già anticipato fornirà rica-
rica di emergenza per veicoli elettrici
non in grado di raggiungere una co-
lonnina, ma anche a chi si troverà per
diversi motivi in zone non coperte da
nessun network di ricarica. Per questo
le tipologie di intervento sono diver-
se a seconda dei bisogni del cliente,
e ovviamente a prezzi diversi. Ci sarà
appunto la ricarica di emergenza da
portare a termine nel più breve tem-
po possibile, ma anche la possibilità
di avere una “colonnina mobile” in un
determinato luogo e in un determinato
orario. Il costo varierà anche in base
RETE DI RICARICA Il servizio dovrebbe prendere il via entro dicembre di quest’anno
E-gap, ecco come funzionerà la ricarica on demand Ricarica un’auto, anche di notte, e la trovi lavataPresentata al pubblico la nuova realtà che promette di risolvere i problemi di ricarica in città
alla durata della
sosta del mezzo di
emergenza.
Interessante anche
la possibilità di pre-
notare la ricarica
nella fascia nottur-
na, ad esempio nel
caso in cui ci si trovi
a pernottare in una
struttura senza pun-
to di ricarica. Il servizio dovrebbe
partire entro dicembre 2018, dappri-
ma con mezzi in grado di immagaz-
zinare (e quindi erogare) 25 kWh o
50 kWh, mentre un ulteriore veicolo
con capacità di 75 kWh arriverà più
avanti.
Il furgoncino è anch’esso elettrico, con
un range di circa 200 km, più che suffi-
ciente per spostamenti urbani. L’eroga-
zione verso la vettura del cliente può
avvenire sia in AC sia in DC, con buona
velocità quindi per tutti le tipologie di
veicoli. Ancora riserbo per i prezzi. A
seconda del tipo di servizio necessario
si parla di una forbice tra 10 e 30 euro,
con la possibilità di richiedere anche
optional come il lavaggio dell’auto o il
cambio spazzole dei tergicristalli.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
P roprio all’inizio del Salone di
Parigi, Renault ha presentato un
po’ a sorpresa un nuovo veicolo
elettrico, dal nome non definitivo K-ZE.
L’aspetto è un incrocio tra una vettura
urbana e un piccolo SUV, nelle dimen-
sioni ricorda Renault Captur.
Trattandosi di un primo prototipo non
sono state rilasciate specifiche tec-
niche se non l’autonomia, 250 km in
ciclo NEDC. Trattandosi di una omolo-
gazione notoriamente generosa ci si
può aspettare un range reale sotto i
200 km, il che sembra poco per un vei-
colo destinato ad entrare in vendita nel
2019, anche se Carlos Ghosn ha dichia-
rato che il prezzo sarà “accessibile”.
Il primo mercato in cui K-ZE arriverà
sarà quello cinese, con produzione lo-
cale grazie alla partnership stretta da
Renault con il gruppo Dongfeng Mo-
tor. Un anno più tardi poi sarà il turno
AUTO IBRIDA L’azienda ha anche annunciato l’arrivo di Clio, Megane e Captur ibride plug-in
Renault ha presentato a sorpresa K-ZE In arrivo una pioggia di ibride dal 2020K-ZE sarà un veicolo ispirato ai SUV e 100% elettrico, e avrà un prezzo più accessibile
di M. Z.
L a compagnia americana Segway,
recentemente unitasi a Ninebot,
specializzata nella produzione di
veicoli a zero emissioni, ha dato vita al
go kart elettrico di ultima generazione
adatto per tutte le età. Il mezzo è una
rivisitazione dell’hoverboard elettrico
Mini Pro, dotato di due motori da 800
Watt, in grado di produrre una velocità
massima di 16 km/h e con un’autonomia
di 25 km.
A differenza della versione di serie,
la compagnia ha rimosso la barra di
metallo a protezione delle ginocchia
inserendo un telaio che diventa esso
stesso il motore, aumentando di fatto le
prestazioni del mezzo, che raggiunge la
velocità massima di 24 km/h e un’acce-
lerazione che porta il go kart da 0 a 19
km/h in due secondi. Il Ninebot kart ha
una capacità di carico di 100 kg e il te-
URBAN MOBILITY Il mezzo ha velocità massima di 16 km/h e un’autonomia di 25 km
Segway Ninebot trasforma l’hoverboard in un kartRivisitata la pedana autobilanciante Mini Pro, inserito un telaio per ospitare bambini e adulti
dell’Europa dove K-ZE potrà essere
certamente un mezzo interessante se
il prezzo non sarà sovrapposto ad altre
auto.
Renault ha inoltre colto l’oc-
casione per confermare l’ar-
rivo di motorizzazioni ibride
e anche ibride plug-in, che
interesseranno alcune delle
auto più vendute, ovvero
Clio, Megane e Captur. Con
la compatta Zoe che man-
tiene volumi di vendita più che discreti,
si prospettano due anni interessanti
per la mobilità sostenibile in cui il grup-
po francese è leader.
laio è stato realizzato in modo
tale da ospitare piloti dai 130
ai 190 cm di altezza.
Un perfetto veicolo a due ruo-
te che può essere utilizzato
dai bambini ma anche dagli
adulti. Sul lato destro il kart
monta un freno a mano, che
permette a chi guida di drifta-
re ed affrontare qualsiasi tipo
di curva. La compagnia ha
annunciato che sta lavorando a due di-
versi modelli: la versione base e quella
sportiva, in grado di raggiungere rispet-
tivamente 17.3 km/h e 24 km/h. Inoltre
è possibile installare l’applicazione su
smartphone, in modo tale da avere tut-
te le indicazioni utili del mezzo: velocità,
autonomia ed istruzioni per l’uso.
Il piantone dello sterzo è regolabile, in
questo modo il veicolo è facile da tra-
sportare senza alcun ingombro e diffi-
coltà. Se dal punto di vista estetico e
della manovrabilità Il go kart realizzato
da Segway può essere considerato un
unicum, a livello di prestazioni la ditta
canadese Dyamac ha fatto di meglio,
lanciando il C5 Blast, il modello più ve-
loce al mondo dotato di un motore elet-
trico a corrente continua da 10 kW ed
alimentato da batterie agli ioni da 2.400
Wh. Il go-kart è in grado di raggiungere
i 98 km/h in appena 1,5 secondi.
Jaguar I-Pace eTrophy, primi test e primi teamIn vista della prima stagione che accompagnerà la Formula E nel 2018-2019, Jaguar eTrophy ha realizzato i primi test con le squadre già confermate di M. Z.La nuova monoposto non sarà l’unica novità della quinta sta-gione di Formula E, che vedrà l’esordio anche del campionato “collaterale” Jaguar eTrophy, in pratica un monomarca dedica-to alla elettrica Jaguar I-Pace. In virtù dell’avvicinarsi delle prime gare si sono tenuti dei test uffi-ciali sul tracciato di Silverstone, anche per consentire alle prime squadre iscritte di prendere con-fidenza con le vetture. Si è trattato di un “acclimatisation test”, il primo davvero ufficiale, in cui si è realizzata una simula-zione di gara da 25 minuti più un giro. Fino a pochi giorni fa solo RLLR aveva confermato la sua partecipazione, ma le richieste di partecipazione stanno arrivando velocemente. Pare siano in corso trattative con squadre dalla Cina, Europa e anche Asia, tra cui una direttamente legata agli organiz-zatori dell’ePrix di Ad Diriyah.Per quanto si possano considera-re questi test come assolutamen-te provvisori, pare che le gomme fornite da Michelin non subiscano un grosso degrado nelle simula-zioni di gara, garantendo ai piloti di poter spingere al massimo fino agli ultimi giri. Questa possibilità, unita al fatto di trovarsi in circui-ti cittadini, contribuirà ad avere gare combattute.
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
Al termine di eMob 2018, la seconda Conferen-
za Nazionale della Mobilità Elettrica, si tirano le
somme, dopo gli interventi di Assessori comunali,
tecnici e scienziati, ma soprattutto dopo l’evento in cui
ha parlato Davide Crippa, Sottosegretario di Stato per
il Ministero dello Sviluppo Economico. L’Onorevole,
dopo aver ripreso tutte le tappe attraverso le quali il
Governo intende favorire una mobilità più sostenibile,
ha posto un paletto deciso che ha stroncato le speran-
ze di molti: non ci saranno fondi per eventuali incentivi
all’acquisto di auto elettriche come accade in Francia,
Germania e altri Paesi. Una doccia fredda per tanti
potenziali clienti desiderosi di ammodernare il proprio
parco auto con una elettrica o anche con una ibrida
plug-in. Tuttavia l’esecutivo procederà comunque con
politiche di incentivazione per le realtà che muovono
flotte considerevoli, come le aziende, le amministra-
zioni locali, gli enti pubblici e i trasporti sia pubblici sia
privati come i taxi. Oltre a questo, in concerto con le
regioni e i comuni, si spingerà sempre più per una in-
centivazione indiretta, come parcheggi gratuiti per le
auto elettriche, accesso alle ZTL ed esenzioni del bollo.
Alla luce di queste scelte, come fare dunque nel breve
termine a passare all'elettrico risparmiando sul prezzo
spesso ancora alto di queste vetture. Proponiamo qui
alcuni suggerimenti e soluzioni da subito attuabili.
Il mercato dell’usato è maturo La prima ed inesauribile fonte a cui si rivolgono gli au-
tomobilisti in cerca di occasioni resta sempre il merca-
to dell’usato. Inizialmente questo settore per le auto
elettrificate era ristagnante, a causa del basso nume-
ro di immatricolazioni e alla tendenza dei proprietari a
mantenere un veicolo più a lungo per ammortizzarne
i costi grazie all’economicità di gestione. Ora dopo
qualche anno e il naturale turn over di modelli e ver-
sioni anche le auto a batteria possono contare su un
bacino di usato considerevole. Un esempio di Renault
Zoe prima serie Ecco quindi che spulciando i siti dei
soliti noti, come Autoscout24, si possono trovare auto
da città praticamente semi nuove come la Renault
Zoe, che nella prima versione si può ormai portare a
AUTO ELETTRICA Usato e gruppi di acquisto possono essere soluzioni valide per diventare proprietari di un’elettrica risparmiando
Il Governo dice no agli incentivi all’acquisto Come comprare un’auto elettrica risparmiandoDurante eMob 2018 il Sottosegretario Crippa ha chiarito che non ci saranno incentivi all’acquisto di auto elettriche Proponiamo quindi alcuni suggerimenti per risparmiare dedicati a tutti coloro che vogliono passare all’elettrico
casa per poco più di 10.000 euro, fermo restando il
noleggio mensile delle batterie. In realtà in rete inizia-
no a spuntare anche annunci con batterie di proprie-
tà per qualche migliaio di euro in più, senza quindi
il fastidioso canone mensile. La stessa auto, arrivata
praticamente alla terza generazione, si trova già an-
che nelle nuove versioni Q90 o R90, ovvero quelle
con batteria da 400 km, e con basso chilometraggio,
poiché forse vetture ex demo o aziendali. Per circa
19.000 euro si può avere quindi l’equivalente di una
Clio benzina full optional, con la differenza del bollo
gratis, tagliandi quasi ridotti a zero e costo sul carbu-
rante più che dimezzato. Senza considerare vantag-
gi enormi come accesso gratuito a zone interdette,
come l'Area C di Milano o la nascente Zona B. Citroen
C-Zero, comoda utilitaria dal costo di mantenimento
quasi nullo Per chi cerca invece una utilitaria e vuo-
le spendere ancora meno, la regina indiscussa resta
la Citroen C-Zero (e in alcuni casi anche le gemelle
Peugeot iON e Mitsubishi iMiev). Un’auto compatta,
spesso con pochi km sulle spalle e che ha ormai
abbattuto la soglia psicologica dei 10.000 euro. Un
particolare degno di nota di questa vettura è che la
particolare chimica delle batterie, anche dopo anni
assicura buone prestazioni senza degrado, e gode
anche della ricarica fast Chademo.
Per chi cerca il nuovo ci sono i gruppi d’acquisto Non tutti però sono disposti a rivolgersi al mercato
dell’usato per cambiare vettura. Per chi vuole un’auto
nuova ma cerca comunque un modo per risparmia-
re ci sono comunque delle possibilità a volte poco
conosciute. È questo il caso dei gruppi d’acquisto,
decisamente più popolari nell’ambito alimentare, ma
che hanno trovato applicazione anche nel mercato
dell'automobile. Nel panorama italiano il più noto è
gruppoacquistoibrido.it. Il gruppo era nato in origine
per le vetture ibride, ma col passare del tempo si è
specializzato in auto ecologiche in genere, elettriche
comprese. Come evidenziato sulla homepage, sono
1.322 le auto ad oggi consegnate ai proprietari con
buono sconto grazie al lavoro del gruppo. Il mecca-
nismo è quello già perfettamente collaudato: il poten-
ziale cliente esprime la volontà di acquisto e una volta
raggiunto un numero critico si contratta con il singolo
concessionario o anche con la casa madre un cospi-
cuo sconto di gruppo. Con questo metodo si possono
spuntare sconti fino al 30% sul prezzo di listino. Tra le auto elettriche ci sono sempre quelle del gruppo
Renault, ma anche Hyundai IONIQ e Kona Electric, o
anche la Nissan Leaf. Tra le ibride grande presenza di Toyota, anche con Prius in versione plug-in, stessa
possibilità offerta anche da Kia Niro Phev.
Dal 2019 i prezzi dovrebbero scendere Mentre il volano di questo mercato accelera, hanno
accelerato anche le case costruttrici, quasi tutti con
programmi per nuove vetture che dovrebbero con-
cretizzarsi a partire dal 2019. Per il prossimo anno
sono attese le consegne in massa di Hyundai Kona
(per ora relegata a poche unità nel nostro Paese), ar-
riverà la Nissan Leaf in versione con batteria da 60
kWh, ma soprattutto dovrebbe finalmente partire la
produzione delle Volkswagen I.D., per le quali la casa
tedesca ha promesso prezzi sotto i 30.000 euro. Che
sia finalmente arrivato il tempo di una diffusione di
massa, anche senza l’aiuto politico?
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
L e auto elettriche non sono ancora diffuse oltre un
certo mercato di nicchia, ad eccezione di alcune
nazione. Per questo motivo tutto quello che ruota
attorno a questo mondo non è stato ancora metaboliz-
zato dal comune cittadino che non ne possiede una o
magari non l’ha mai nemmeno vista circolare. Tra i dub-
bi più comuni ci sono quelli che riguardano i sistemi di
ricarica, tanto che anche alcuni neo proprietari hanno
spesso le idee confuse. Con questa guida vorremmo
affrontare un tema che periodicamente si ripresenta e
sul quale riceviamo spesso richieste di chiarimento: la
potenza di ricarica presso le colonnine e di conseguen-
za il tempo di sosta necessario.
Le colonnine in corrente alternata sono più economiche Per affrontare l’argomento è necessaria una premes-
sa. Nel nostro Paese (ma anche altrove) hanno trovato
terreno fertile le colonnine di ricarica funzionanti con
corrente alternata. Il successo è dovuto alla compo-
nentistica più semplice - da qui anche il costo più basso
- e dalla facilità di collegamento essendo la corrente al-
ternata (AC) quella comunemente distribuita ovunque
nelle abitazioni e negli edifici commerciali e industriali.
Le colonnine più diffuse sono quelle con potenza da
22 kW, grazie soprattutto alle popolari Enel Polestation.
Si tratta di una scelta presa in considerazione da molti
altri operatori, come anche la rete Duferco della Valle
d’Aosta o la popolare EvWay. Quello che però molti
ignorano, e come in parte già chiarito dalla nostra Gui-da alla Ricarica, è che molte auto elettriche non posso-
no sfruttare appieno questa potenza a causa di scelte
tecniche dei costruttori. L’industria delle auto elettriche
ha scelto come standard per la ricarica veloce e super
veloce la corrente continua (abbreviato in DC) poiché
consente di utilizzare un convertitore esterno (che ri-
siede appunto nella colonnina) evitando il costo e il
peso del componente nella vettura. La ricarica in AC è
invece ormai relegata a ricarica casalinga o comunque
notturna, o sul posto di lavoro o in generale in tutte le
occasioni in cui ci sono molte ore a disposizione. Per
RICARICA I punti di ricarica in corrente alternata da 22 kW sono tra i più diffusi, ma poche vetture sfruttano tutta la potenza
Le colonnine da 22 kW abbondano, ma molte auto non sfruttano tutta la potenza. Ecco perchéIn questa guida cerchiamo di chiarire uno dei temi più di interesse nel mondo delle auto elettriche, potenza e tempi di ricarica
questo motivo i costruttori hanno scelto che per la ri-
carica in corrente alternata è sufficiente un piccolo ed
economico caricatore che supporta solo basse poten-
ze. Ma nel dettaglio perché sfrutta la potenza delle co-
lonnine spesso solo per un terzo di quanto potrebbero
erogare? La AC a 22 kW di potenza è una distribuzione
trifase, in cui ci sono appunti tre fasi a 32 Ampere e 230
Volt, portanti quindi ciascuna circa 7 kW. I piccoli carica-
tori scelti dalla case costruttrici (esempi molto noti sono
la Nissan Leaf o anche la recente Jaguar I-Pace) sono
caricatori che lavorano in monofase. Si potranno quindi
collegare solo a una della tre fasi presenti nella colon-
nina, e ricavarne quindi solo i 7 kW portati da quella
fase. È ininfluente che la colonnina possa erogare più
potenza, poiché le altre due fasi sono fisicamente scol-
legate dalla vettura. Va addirittura peggio quando la
colonnina (caso più raro ma possibile) è trifase 11 kW.
In questi casi il funzionamento è a 16 Ampere, cioè cir-
ca 3.6 kW per ogni fase. Come nel caso precedente la
vettura con caricatore AC monofase trae energia solo
da una fase e nonostante possa arrivare a 7 kW cari-
cherà solo a 3.6 kW massimo. Gran parte della potenza
disponibile resta inutilizzata.
Perché alcune auto riescono a trarre il meglio dalle colonnine 22 kW AC? Per merito delle scelte alternative del costruttore, che
ha deciso di equipaggiare il veicolo con un caricatore
AC con caratteristiche diverse. Il caso più noto è quello
della Renault Zoe, unica auto elettrica a poter ricaricare
solo ed esclusivamente in AC: il suo caricatore è detto
“Camaleonte” proprio per questo motivo, in grado di
accettare qualsiasi corrente AC, monofase o trifase, da
un minimo di 1.8 kW a un massimo di 43 kW, passando
per tutti i valori intermedi. Altro caso conosciuto è la
BMW i3, con un caricatore in grado di accettare la cor-
rente monofase ma anche quella trifase fino a 11 kW,
non il massimo ma una buona spinta in più. Caso parti-
colare è invece la Volkswagen eGolf: il suo caricatore è
solo fino a 16 Ampere, ma in grado di agganciare due
fasi su tre. Per questo motivo può arrivare a 7 kW di
potenza anche se la colonnina non è da 32 Ampere.
I costruttori potrebbero fare di meglio? Questa è la domanda che spesso ci si pone e la rispo-
sta andrebbe a tutto vantaggio delle vendite. Avere
un’auto che può caricarsi più velocemente in una rete
piuttosto diffusa contribuirebbe a mitigare le paure dei
potenziali clienti. Sembra che qualche nome importan-
te si sia accorto di questo e la prova ne è ad esempio
la recentissima Audi e-tron, in grado di sfruttare fino a
11 kW in AC e dal prossimo anno anche fino a 22 kW
con il caricatore optional. Anche la Nissan Leaf, che fin
dal primo modello ha risentito di questa limitazione, il
prossimo anno dovrebbe avere la possibilità di essere
configurata con un caricatore AC da 22 kW, sempre
affiancato alla possibilità della ricarica fast in DC. In un
ipotetico futuro perfetto tutte le Case dovrebbero pro-
porre al cliente la scelta di quale caricatore montare:
ogni zona ha le sue peculiarità e questa o quella colon-
nina più diffusa e ognuno potrebbe trarne il meglio.
Schema dei PIN della Tipo 2, la spina per la ricarica AC: oltre ai collegamenti pilota (CP e PP) ci sono la messa a terra, il neutro e le tre fasi (L1, L2 e L3)
La presa della Renault Zoe, solo ed esclusivamente in ricarica AC ma a qualsiasi potenza
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Franco AQUINI
Salire in macchina, metterla in moto e lanciarsi con-
tro un ostacolo dalle sembianze umane. Non è un
momento di follia ma il test con cui Ford vuole di-
mostrare le tecnologie di sicurezza e di assistenza alla
guida della nuova Focus. La stessa Focus che aveva-
mo già “assaggiato” sulle strade di Nizza qualche mese
fa e che sulla carta prometteva davvero tanto in termini
di sicurezza. Questa volta Ford ha deciso di fare un
passo in più e di farci toccare con mano tutto ciò che è
stato promesso, ovvero frenata assistita, mantenimen-
to della carreggiata, parcheggio automatico e lettura
dei segnali stradali. In due parole: guida autonoma di
livello 2.
Il lettore si domanderà: “cosa c’è di nuovo nel livello
2? L’abbiamo già visto”. Questo è vero, ma quello di
Ford è un concetto leggermente differente: l’azienda
vuole portare una serie di tecnologie di sicurezza e un
primo assaggio di guida autonoma in una macchina
tutto sommato popolare. Pur sempre una segmento C,
d’accordo, ma non delle più costose e di certo senza
la necessità di dover aggiungere accessori dal costo
proibitivo. Grazie a questo test possiamo fare chiarez-
za anche su alcune leggende legate a questi sistemi di
sicurezza. “Funzioneranno?”, “Ma poi alla fine frenano
davvero?”. È arrivato il momento di salire in auto e te-
starle sul serio: chiaramente in pista, in un bellissimo
autodromo dalle parti di Modena.
A tutta velocità contro il manichinoNon è facile spiegare quanto sia inquietante la sensa-
zione di lanciarsi a tutta velocità contro qualcosa dalle
sembianze umane senza frenare. L’istinto di allungare
la gamba verso il freno è quasi incontrollabile, ma mai
errore potrebbe essere più grave, visto che il tocco
del pedale annullerebbe qualsiasi intervento da parte
REPORTAGE DMove.it ha testato i sistemi di assistenza alla guida della nuova Ford Focus sulla pista di Modena
Ci siamo messi alla guida della Ford Focus Frena, parcheggia e guida praticamente da solaAbbiamo testato frenata assistita, mantenimento di carreggiata e parcheggio automatico. Il risultato non è stato scontato
dell’auto. È bene ricordare infatti che si tratta di tec-
nologie per l’assistenza alla guida, non di sostituzione
alla guida (o di pilota automatico). La frenata assistita
serve dunque a intervenire quando il conducente, per
distrazione o stanchezza, non frena per tempo o non si
accorge dell’ostacolo.
Se, al contrario, il conducente tocca un pedale, l’au-
to dedurrà che questo è vigile e lo lascerà fare. Ecco
dunque la prima cosa importante da capire: la frena-
ta assistita interviene solo quando il conducente non
reagisce e questa probabilmente è la vera ragione per
cui in rete si raccontano episodi in cui l’auto (di ogni
produttore, evidentemente) non è intervenuta.
La prova è stata fatta lanciando l’auto prima a 25 km/h,
poi a 30, 35 e infine a 40 km/h contro l’ostacolo. Una
velocità decisamente elevata per qualsiasi impatto, a
maggior ragione se contro un pedone o un ciclista.
L’auto interviene prima di tutto avvisando il conducen-
te sia sul display che con allarmi acustici. Infine frena
con decisione. Ovviamente più è alta la velocità, più
gli avvisi arriveranno prima e a una distanza maggiore
dall’ostacolo. Il risultato è sempre lo stesso, pur lascian-
do completamente i comandi, l’auto si ferma a pochi
centimetri dall’ostacolo.Focus, per la frenata assistita,
impiega sia le telecamere che i radar frontali ed è in
grado di rilevare sia pedoni che ciclisti.
Se ti distrai in curva, ci pensa leiSi chiama Lane Assist ed è una tecnologia che in pas-
sato non ci era stato possibile testare su strada. Trop-
po pericoloso per verificare se l’auto si comportasse
realmente come prometteva. In pista ovviamente cam-
bia tutto. Quello che abbiamo fatto è stato di nuovo
metterci in macchina, procedere ancora più spediti con
tanto di velocità bloccata tramite Cruise Control e poi,
in occasione della prima curva, semplicemente mollare
il volante. Altro test estremo, altra sensazione sgrade-
volissima. L’auto però non ha fatto una piega. Anzi, l’ha
fatta e decisamente bene. Non solo l’auto ha sterza-
to dolcemente e avvisato il conducente, ma visto che
quest’ultimo non ha rimesso le mani sul volante, ha ini-
ziato una manovra di arresto dell’auto fermandosi dol-
Sul display di servizio è possibile notare come l’auto stesse avvisando il condu-cente già prima di frenare
segue a pagina 61
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
cemente e azionando le quattro frecce. Insomma, sia
che ci si distragga, sia che malauguratamente si venga
sorpresi da un malore, un meccanismo del genere può
salvare la vita sia agli occupanti dell’auto che a chi è
intorno. Un vantaggio non da poco.
Sterza da sola, frena e riparte. Si può chiamare ancora guida manuale?Molte auto montano il cruise control adattativo. Si im-
posta la velocità di crociera e se l’auto davanti rallenta,
la propria rallenta di conseguenza. La nuova Focus non
si limita a rallentare, ma frena anche fino a fermarsi. E
allora, avranno pensato gli ingegneri Ford, perché non
farla ripartire?
Ricapitolando: l’auto procede a velocità costante senza
piede sull’acceleratore. L’auto davanti frena, dolcemen-
te o bruscamente non ha importanza, e la Focus rallen-
ta fino a fermarsi. A questo punto possono succedere
due cose: se la sosta dura più di tre secondi, bisognerà
intervenire sull’acceleratore per ripartire. Se invece
la fermata dura meno di 3 secondi, l’auto ripartirà da
sola impostando di nuovo la velocità di crociera non
appena le sarà possibile. Sarà venuto in mente a tutti
il traffico cittadino, situazione tipica dove si procede a
singhiozzo e dove l’uso dei pedali, seppure con l’au-
silio del cambio automatico, può affaticare. In questo
contesto Focus fa praticamente tutto da sola: accele-
ra, rallenta, frena, si ferma, spegne anche la macchina
(con lo Start & Stop) e poi riparte e ripristina la velocità
desiderata.
Poi, all’occasione, curva da sola e se incontra un osta-
colo si ferma. Non sarà guida autonoma, ma siamo si-
curi si possa ancora definire guida manuale?
Ciliegina sulla torta? Il parcheggio totalmente automaticoIl parcheggio automatico della nuova Focus, a dire il
vero, l’avevamo già testato. Quel test però era servito
a non farci dubitare dell’effettiva validità di questa fun-
zionalità anche al di fuori della pista. A Modena siamo
tornati sulla prova con la possibilità di testare i due tipi
di parcheggio previsti, ovvero quello parallelo e quello
perpendicolare. Anche in questo caso ci troviamo da-
vanti a tecnologie già presenti in altri modelli di auto,
ma qui l’ automatismo è totale (anche della pedaliera)
e la velocità di parcheggio notevole. Basta segnalare
all’auto la funzione di parcheggio e attendere che trovi
lo spazio adatto. Una volta segnalato a schermo il par-
cheggio, si mette in folle, si lasciano pedali e sterzo e si
tiene premuto un pulsante fino alla fine della manovra.
Il pulsante è chiaramente un espediente psicologico
per dare al conducente la sensazione che abbia an-
cora un minimo controllo del mezzo e che non sia tutto
affidato completamente all’auto. Affidarsi totalmente a
una macchina forse è ancora prematuro e la sensazio-
ne di disagio riaffiora puntuale quando la Focus, nella
manovra di parcheggio, si ferma nella zona rossa del
sensore di parcheggio, a poco più di un centimetro
dall’ostacolo o da un altro veicolo. Fidarsi totalmente
delle macchine, probabilmente, richiede ancora un po’
di tempo. Una volta finito il parcheggio, se questo era
di tipo parallelo, l’auto ci aiuta anche ad uscire. Chiun-
que avrà presente quei parcheggi con pochi centimetri
di spazio davanti e dietro e che richiedono moltissime
manovre faticose. Ecco, con questa vettura si mette la
freccia per far capire all’auto in quale direzione usci-
re e di nuovo si tiene premuto il tasto per la manovra
automatica. L’auto si metterà in posizione per uscire e
una volta completata l’operazione lascerà di nuovo i
comandi al conducente.
Assistenza alla guida: vezzo o salvavita?Terminata la lunga sessione di test è fisiologico tirare
le somme. Focus fa davvero tante cose da sola. Frena,
rallenta, riparte, mantiene la velocità, la carreggiata,
legge i segnali stradali, si ferma in caso di collisione
o se si accorge che abbiamo avuto un malore e infine
parcheggia ed esce dal parcheggio. A cosa serve tutta
questa tecnologia? È semplicemente un vezzo o è in
grado di salvare davvero le vite?
Non ci sono dubbi che la risposta sia la seconda, anzi,
viene sempre di più da chiedersi perché queste tecno-
logie non siano obbligatorie su tutte le nuove vetture.
Focus, con il sistema Copilot 360 (che integra tutte le
tecnologie di cui abbiamo parlato) comprende 2 tele-
camere, 3 radar e 12 sensori. Una montagna di dati che
va poi trasportata alla velocità della luce all’unità cen-
trale e di conseguenza elaborata, sempre con la massi-
ma velocità possibile. E non è certo una tecnologia che
può lasciar spazio a tentennamenti o malfunzionamen-
ti. Tutto deve funzionare con la massima affidabilità in
ogni situazione.
Tuttavia il ragionamento vero da fare è un altro. Sono
diverse le auto che offrono (quasi) tutti questi sistemi di
sicurezza. Focus però ci ha attirati perché è una delle
prime auto capaci di offrirli a tutti, anche a chi non le ha
richieste o che semplicemente non sarebbe disposto
a investire per averli. Listino alla mano, la nuova Focus
con allestimento Titanium, cambio automatico e siste-
ma Copilot 360 costa poco più di 29.000€, ma è molto
frequente trovare il prezzo di listino fortemente scon-
tato grazie alle promozioni ufficiali. Andando oggi sul
sito di Ford, ad esempio, la stessa configurazione costa
poco più di 24.000 €. Un prezzo, per una segmento C,
più basso persino di una configurazione base di una
concorrente tedesca, ma concorrenziale anche rispet-
to alla nuova 500 X, il cui recente spot pubblicizzava
proprio questo genere di tecnologie.
Focus potrebbe spingere l’intero mercato ad adottare
tecnologie che possono salvare delle vite. E oltretut-
to molti acquirenti accederanno a queste tecnologie
quasi inconsapevolmente, perché Ford le ha inserite
di serie in molti allestimenti. In realtà c’è da aggiungere
500€, ma è un costo irrisorio se si considera che sono
compresi sensori di parcheggio, telecamere e tutti i si-
stemi di sicurezza sopra elencati.
Focus ci ha convinti e le tecnologie testate si compor-
tano molto bene. Probabilmente non meglio di quanto
fanno altre auto, ma la vera sicurezza in strada si avrà
solo quando la maggior parte delle auto disporrà di un
arsenale tecnologico a bordo. Questo è sicuramente
un primo passo importante verso la diffusione della si-
curezza automatica.
Di sicurezza, con questa nuova Focus, ce n’è davvero
tanta e i limiti all’interno dei quali l’auto non può inter-
venire si stringono sempre di più. È evidente che, se
l’auto che abbiamo davanti frena ma è per metà fuo-
ri dalla carreggiata, la frenata assistita potrebbe non
intervenire. Come è evidente che se le strisce a ter-
ra sono poco visibili o quasi del tutto cancellate, per
l’auto diventa complicato mantenere la carreggiata.
Chi s’aspetta che l’auto si sostituisca completamente
all’uomo è fuori strada: oggi l’auto non ha nessuna pos-
sibilità e velleità di sostituirsi al conducente, che resta
fondamentale. Sempre e comunque.
REPORTAGE
Alla guida della Ford Focussegue Da pagina 60
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MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
Chiunque pensando alla tipica muscle car ameri-
cana ha subito un nome che gli salta in mente:
Ford Mustang. L’iconica hero car è da sempre
sinonimo di sportività nel mondo tanto che sono ormai
10 milioni gli esemplari prodotti, dal 2015 anche in Eu-
ropa dove ne circolano circa 38.000, Italia compresa.
Ma anche un’auto classica come questa ha bisogno di
restare al passo con i tempi, così Ford ora presenta la
nuova versione, che mantiene tutto ciò che gli appas-
sionati hanno sempre amato, ma offre anche diverse
novità, sul piano della guida e soprattutto su quello
delle tecnologie integrate. Abbiamo guidato la nuova
Mustang dall’autostrada fino ai Colli Euganei, così da
provare in prima persona tutto ciò che c’è di nuovo.
L’abito è nuovo, ma anche l’animaLe novità lanciate da Ford per la nuova Mustang sono
subito visibili a un primo sguardo. La linea è quella a
cui siamo abituati ma diventa più sportiva, più slancia-
ta, grazie al cofano ribassato e alle prese d’aria, oltre
che grazie ai fari LED e ai fendinebbia, che gli con-
feriscono un aspetto ancora più aggressivo. Queste
novità sono accompagnate da tanti colori vistosi, dal
classico blu arrivando fino al nuovo Dallas Orange.
Tutte le versioni sono poi disponibili con carrozzeria
fastback o convertibile, con tettuccio a movimento
elettrico. Ford sta già lavorando a una elettrificazio-
ne della gamma, ma i motori della Mustang non sono
per ora particolarmente ecologici. Troviamo infatti il
5 litri V8 da 450 cv e il 2.3 litri Ecoboost da 290 cv.
Entrambe queste motorizzazioni possono essere ac-
compagnate da cambio manuale a 6 rapporti oppure
automatico a 10 rapporti. Parlando di motori in senso
stretto abbiamo la prima (strana) novità, Active Valve
Performance Exhaust.
Con questo sistema si può enfatizzare il suono del-
lo scarico oppure mettere una sorta di “silenziatore”.
Emblematica è la modalità Good Neighbour, per non
disturbare i vicini avviando l’auto all’alba. Ci sono poi
altri due sistemi che hanno quasi uno spirito da com-
petizione in pista. Il primo è il Launch Control, che non
ha certo bisogno di spiegazioni: partenze più brucian-
ti senza rischiare derapate indesiderate. Il secondo
REPORTAGE Una nuova versione della Mustang che piacerà anche a coloro che a un’auto chiedono tanta tecnologia
Abbiamo guidato la nuova Ford Mustang Ecco come una muscle car può essere tecnologicaAbbiamo guidato la Mustang su e giù per le colline. Sempre un’icona di sportività ma con tanta tecnologia a bordo
invece è il Line Lock, che fa l’esatto contrario: i freni
anteriori si bloccano consentendo alle ruote posterio-
ri di scaricare la potenza a terra slittando liberamente,
per la felicità del proprio gommista.
Le novità più grosse vengono però dai sistemi di as-
sistenza alla guida, per la prima volta presenti su Mu-
stang. Il sistema di frenata automatica include sia il
Pre-Collision Assist, sia il riconoscimento pedoni. Nel
caso di distrazione su strade con corsie ben evidenti,
il guidatore viene avvisato nel caso attraversi la linea
di demarcazione ed eventualmente il sistema inter-
viene anche sullo sterzo riportando la vettura al cen-
tro della carreggiata (Lane Keeping Aid). Ovviamente
con sistemi di questo tipo non può mancare l’Adaptive
Cruise Control con monitoraggio della distanza di si-
curezza. L’insieme di tutti questi dispositivi contribui-
sce a migliorare la valutazione di Ford Mustang nei
test Euro NCAP.
Anche gli interni diventano più moderniDurante il nostro giro per i tornanti veneti lo abbiamo
sentito anche noi, la Mustang è un’auto emozionale,
quindi l’attenzione del vero appassionato del marchio
è sulla parte relativa alla guida e alle sensazioni che ti
può dare. È vero però che c’è anche una parte consi-
derevole di clientela attenta alle nuove tecnologie e
che cerca anche il confort dentro l’abitacolo. Il sistema
di infotainment quindi abbraccia il recente Ford SYNC
3, il sistema di comandi vocali e connettività dell’Ova-
le Blu, grazie al quale è possibile gestire il navigato-
re, la musica e il climatizzatore, tutto su display touch
screen da 8”. In dote arrivano anche Android Auto e
Apple CarPlay, rigorosamente via cavo, sia utilizzan-
do la porta USB sul cruscotto sia quella nascosta nel
vano portaoggetti del bracciolo centrale.
Anche la strumentazione passa al digitale. Niente più
tachimetro classico ma un display LCD da 12”, in gra-
do di cambiare aspetto in base alla modalità di guida
scelta. Gli indicatori così assumono l’aspetto e la colo-
razione più indicata per tenere sott’occhio le informa-
zioni più importanti.
Inoltre nel caso del motore turbo compaiono anche
altri misuratori supplementari con tutte i dati del
powertrain sovralimentato come temperatura e pres-
sione della turbina. Esiste poi la modalità My Mode
che consente una più ampia personalizzazione del
quadro strumenti. Ultimo, ma non per ordine di impor-
tanza, anche l’impianto audio riceve una spinta in più,
con sistemi a cura di Shaker, o in optional B&O. I 12
Da sinistra, le modalità normal, sport e track
segue a pagina 64
torna al sommario 64
MAGAZINEn.18 / 188 OTTOBRE 2018
diffusori fanno egregiamente il loro lavoro, coadiuva-
ti anche dal subwoofer integrato nel bagagliaio, che
comunque resta spazioso, ovviamente proporzionato
alla categoria della vettura.
Incollata alla strada: il segreto sono le sospensioniAnche volendo analizzare tutte le novità solo con
l’occhio dell’appassionato di tecnologia, una vettura
come questa non può prescindere dal feeling che
è in grado di restituire alla guida. Nelle strade che
abbiamo percorso ci siamo trovati in situazioni estre-
mamente diverse, dalla strada scorrevole e perfetta-
mente asfaltata, fino a strette vie di collina, quasi dei
sentieri, ma l’unico comune denominatore è stata
un’auto scorrevole, sempre stabile, all’apparenza leg-
gera nonostante il peso invece considerevole.
Buona parte del merito è da attribuire alle sospensioni
MagneRide. Si tratta di sospensioni adattive in grado
di gestire in tempo reale i cambiamenti del manto stra-
dale. Questo risultato è ottenuto con un fluido all’in-
terno dell’ammortizzatore, che può essere controllato
elettro-magneticamente per fornire rapidamente più
o meno resistenza alla compressione. L’assetto quindi
cambia istantaneamente poiché i sensori analizzano le
condizioni mille volte al secondo.
Accontenta il purista e il neofitaFord sembra quindi aver centrato l’obiettivo con la nuo-
va Mustang, ovvero non tradire la fiducia degli amanti
REPORTAGE
Ford Mustang segue Da pagina 63 della sportività americana, ma anche cercare di attirare
nuovi clienti che cercano anche le novità più moder-
ne, soprattutto se abbinate a una sport car. E in questo
contesto anche i prezzi di listino aiutano. Consideran-
do l’unicità dell’auto, non sembrano elevati i 41.000
euro con i quali si può portare a casa la versione 2.3
Ecoboost con cambio manuale. Per chi invece voles-
se il vero motore americano 5.0 L bisogna aggiungere
altri 6.000 euro, mentre il cambio automatico ne costa
altri 2.000. Il tocco di eleganza in più dato dal tettuccio
apribile incide invece 4.500 euro. Tutto sommato non
male per un’auto che non passa certo inosservata, sia
per chi è alla guida, sia per chi la intravede sfrecciare.
Nuovi fari LED
di Massimiliano ZOCCHI
Volkswagen e Microsoft sviluppe-
ranno una tecnologia in grado di
trasformare il concetto stesso di
mobilità, daranno vita al Volkswagen Au-
tomative Cloud, il sistema cloud in gra-
do di connettere l’intera flotta del brand
Volkswagen. Dal 2020 oltre 5 milioni di
vetture Volkswagen saranno totalmente
connesse grazie alla piattaforma Azu-
re di Microsoft. Alla base dell’accordo
c’è l’idea di rivoluzionare l’esperienza
di guida grazie alla tecnologia cloud,
che connetterà tutti i veicoli della Casa
automobilistica tedesca e che si baserà
sulla piattaforma Azure. I veicoli saranno
dotati di servizi telematici di ultima ge-
SMART CITY Automative Cloud sarà un sistema cloud in grado di connettere l’intera flotta di auto del brand Volkswagen
Volkswagen-Microsoft, l’auto del futuro si baserà sul cloudDal 2020 oltre 5 milioni di vetture del Gruppo Volkswagen saranno dotate della piattaforma Azure di Microsoft
nerazione e di un servizio clienti globale
per tutti i brand Volkswagen, in modo da
avere una connessione dati sicura tra le
vetture e il cloud. Così si è espresso il
CEO Herbert Diess: “La partnership con
Microsoft permetterà di accelerare la
nostra trasformazione digitale. Volkswa-
gen, come una delle più importanti case
automobilistiche del mondo, e Micro-
soft, con la sua unica esperienza tec-
nologica, giocheranno un ruolo chiave
nel dare forma al futuro della mobilità”.
Inoltre, Volkswagen darà vita a un’area
di lavoro, a Richmond (Washington), non
distante dal quartier generale di Micro-
soft, dove 300 ingegneri avranno il com-
pito di sviluppare la tecnologia. Il luogo
scelto da Volkswagen non è casuale, in
questo modo potrà ricevere tutta l’assi-
stenza necessaria per i servizi cloud da
parte della multinazionale statunitense.
Prima di Volkswagen era stata BMW a
stipulare un accordo con Microsoft per
l’app di connessione BMW, che montava
proprio la piattaforma Azure, e permette-
va di monitorare le condizioni di guida,
dal traffico al tempo. Anche Renault,
poco tempo fa, aveva annunciato un ac-
cordo con la multinazionale statunitense
per i servizi legati alla guida autonoma
e per creare un sistema di connessione
delle vetture.