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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano
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e-Settimanale - inviato oggi a 44398 utenti – Zurigo, 19 novembre 2015
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IPSE DIXIT
Dobbiamo aggiungere noi stessi - «Nel loro territorio i jihadisti di al-
Baghdadi si dedicano a gestire traffici d’ogni genere – dagli
idrocarburi ai reperti archeologici, dalle armi alle droghe e agli esseri
umani – i cui mercati di sbocco sono tutti in Occidente. Quando ci
interroghiamo sui loro finanziatori, alla lunga lista di entità islamiste e
petromonarchie sunnite dobbiamo aggiungere noi stessi.» – Lucio
Caracciolo
L’islamismo - «L’islamismo è un fascismo.» – Kamel Daoud
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EDITORIALE
ALLONS
ENFANTS
L'Europa può ritornare a essere grande se sceglie la grandezza
dell'altruismo, indicando al mondo una via d'uscita dall’attuale crisi
di civiltà...
di Andrea Ermano
Loro sono giovani criminali europei. Questo sono, e definirli altrimenti
non ci aiuterebbe a decifrare il venerdì nero di Parigi. Non più di
quanto quarant'anni fa poteva servire una sofisticata analisi delle teorie
rivoluzionarie dietro alle quali si nascondevano gli assassini di Aldo
Moro e della sua scorta. Vili azioni criminali da perseguire, senza
dispute dottrinarie, laicamente, senza teatralità o frasi storiche. E senza
cadere nella tentazione emergenziale.
All'epoca, contro le Brigate Rosse fu messo in campo, sul piano
culturale, il "pensiero debole", che scalzò l'egemonia marxista e
agevolò il "riflusso". Nel nostro "quotidiano" di allora ogni rigida
serietà divenne oggetto di minuziose pratiche ironizzanti.
L'allentamento delle strutture sociali "forti" subì un'ulteriore spinta. E
così, dieci anni dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, verso la
fine degli anni Ottanta, i brigatisti apparvero a tutti come residuati di
arcaiche glaciazioni novecentesche: tragici prigionieri di una fiaba
idiota, fatta di chiasso e furore che non significava più nulla.
Però, da allora il rilasciamento dei costumi e un certo edonismo
militante ci accompagnano... In origine questi fenomeni furono
attribuiti alle responsabilità del Governo Craxi e del nuovo corso
socialista... Qual enorme sopravvalutazione! La "società liquida" ha
continuato a liquefarsi anche dopo l'inabissamento del PSI e dell'intera
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Prima Repubblica. I mega-trend planetari procedono imperterriti, né si
curano dei nostri governi, partiti, correnti e sottocorrenti.
Oggi il fenomeno terroristico globale produce, al ritmo di circa due
attentati all'ora e migliaia di morti l'anno, una carneficina permanente.
Ce ne accorgiamo solo se e quando questo fenomeno percuote le nostre
città.
Nelle nostre città, secondo Rossana Rossanda, gioca un ruolo
importante il disagio sociale: integrazione è spesso sinonimo di
frustrazione. Molti giovani musulmani europei si vedono
progressivamente defraudati delle loro chances a causa delle diffuse
discriminazioni che essi subiscono e che si ricombinano con la
lunghissima crisi economica in atto, gran fomentatrice di xenofobia.
Ma c'è un "ma".
I terroristi di oggi "non sono i dannati della terra. A giudicare dai
casi passati non sono neppure i più poveri", riflette Rossanda: "Non
posso pensare che siano tutti mussulmani integralisti che si fanno
uccidere perché sarebbero accolti da bellissime vergini. È un fenomeno
che nel '900 non c'era, e c'è la necessità di capire come e perché
avviene".
Se, come suggerisce la psicoanalista Elisabeth Roudinesco,
proviamo a scindere la nozione di "disagio sociale", inteso in senso
strutturalmente economico, da una dimensione di horror vacui, ciò che
ci si configura sul monitor è un'immagine di panico terrore: "Il terrore
di perdere la famiglia, il padre, la nazione, tutto".
Ecco allora una doppia simmetria tra polarità esteriormente
contrapposte, ma intimamente alleate: la simmetria "islamismo vs.
razzismo" e la simmetria "disagio sociale vs. horror vacui".
Che islamismo e populismo siano due facce della stessa crisi
dovrebbe apparire assolutamente chiaro a chiunque. Basta rendersi
conto che il voto popolare francese (ma non solo francese) tende a
smottare tutto a destra: "Marine Le Pen ha surrogato i valori di sinistra
sostituendoli con dei falsi. È questa la nuova peste politica che non a
caso si nutre e prende forza da ogni attacco dell'islam radicale. Si
fanno forza l'un con l'altro", ragiona Roudinesco.
L'escalation delle due estreme destre opposte-e-alleate – il
fondamentalismo islamico e il populismo europeo (laddove
quest'ultimo coincide per lo più con il tradizionalismo cristiano) –
contiene un "minimo comun denominatore" che lega entrambi i
fenomeni a un totale, violento rifiuto dello Stato laico. Ché quest’è la
Francia nell'immaginario collettivo di tutti noi: lo Stato laico per
antonomasia.
Agli occhi di ogni teologia politica fascistoide, il pluralismo delle
opzioni, delle preferenze e delle inclinazioni personali –
costituzionalizzato dopo il 1945 secondo un principio fondamentale di
intangibilità della dignità umana – viene percepito come vettore di una
vera e propria dissoluzione nichilistica (beninteso, il nichilismo avanza
al galoppo nelle nostre società, ma certo non a causa dal rispetto,
lacunoso, dei diritti umani).
Insomma, non siamo davanti soltanto al problema di un'integrazione
fallita, quindi, ma anche a quello di un simmetrico rifiuto verso
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qualsiasi integrazione. Questi "sparano perché hanno paura
dell'integrazione", conclude Roudinesco: "resistono a modo loro",
reagendo in modo inaccettabile all'horror vacui di un modello sociale a
sua volta assurdo, imperniato com'è sull'individualismo più sfrenato e
insofferente di ogni remora.
Come scacciare l'immagine nietzschiana dell'Uomo folle che
irrompe sulla piazza del villaggio globale nell'era del suo sfarinamento
relativista a propulsione turbo-finanziaria per proclamare che Dio è
morto?
Consideriamo che – se Dio è morto, se tutto è permesso, se ogni
perentorietà viene edipicamente sospinta verso un "oltre" indefinito e
angosciante – allora dietro l'angolo ci aspetta una nuova
weimarizzazione delle Grandi Insicurezze europee.
Questo, e non l’Isis, pare a me il nostro problema più serio. Perché
la destra estrema – nelle due componenti predette – ha buon gioco a
rivendicare il ritorno del Padre Padrone, sia esso inteso nel senso del
tradizionalismo europeo sia in quello del fondamentalismo jihadista.
Ovviamente, non ci sarà alcuna restaurazione patriarcale, ma in
compenso l'escalation tra i rivali-alleati – populisti e islamisti – rischia
di trascinarci in una conflagrazione assolutamente psicopatica.
Molti commentatori in questi giorni inneggiano alla "guerra", non però
gli esperti di questioni strategiche e geo-politiche: «La bandiera nera
non sventolerà in Piazza San Pietro né in nessuna capitale occidentale.
Il nostro destino dipende da noi. I terroristi suicidi vogliono spingerci
al suicidio civile e politico, alla "guerra santa"». Così riassume i
termini della questione Lucio Caracciolo.
Bando, dunque, alle retoriche militariste. E bando alle doppiezze: a
quelle della "famiglia sunnita di stampo waabita" (Emma Bonino), ma
anche a quelle di molti altri Paesi che vendono armi e comprano
petrolio dall'Isis (Giovanni Salvi).
Né l'intera Europa né gli USA né la NATO possono uscire vittoriose
da un terzo conflitto mesopotamico (che per altro è esattamente ciò a
cui puntano gli strateghi islamisti). Se Obama, Putin e Hollande si
coordineranno, in tempi ragionevoli il "Califfo" sarà messo in
ginocchio (Romano Prodi). L'Occidente deve solo evitare di colpire le
popolazioni civili inermi. Una ricomposizione della guerra civile
siriana è ormai alle viste, dopo il "passo indietro" preannunciato da
Assad.
Nel nostro Continente dobbiamo del pari guardarci dalla cultura
dell'emergenza (Sergio Romano), coordinare i servizi d'intelligence
(Enrico Letta) e sconfiggere il razzismo (Bernard-Henri Lévy).
E la Francia, dove nacque l'esercito di leva della Rivoluzione, può
procedere oggi a una trasformazione di quel glorioso ideale del
patriottismo democratico: la promozione di un “esercito del lavoro”
europeo capace di prosciugare la disoccupazione fornendo a tutti i
giovani occasioni di esperienza e apprendimento finalizzate ad
aggredire in positivo le sfide globali.
Come sostiene Jacques Attali, l'Europa può ritornare grande se
sceglie la grandezza dell'altruismo, se indica al mondo una via d'uscita
dall’attuale crisi, una via diversa dal conflitto di civiltà,
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nell'accudimento dell'ambiente, nella solidarietà sociale e
nell'accoglienza dei migranti che continueranno comunque ad
approdare alle nostre frontiere.
ERRATA – L’editoriale della scorsa settimana (“Un tentativo di riflessione dedicato a Helmut Schmidt”) conteneva un’imprecisione là dove accennavo al conflitto tra profeti in rapporto al primato della ragione naturale, affermando che questo tema sarebbe stato discusso tre secoli fa da John Locke. In realtà la questione è trattata nel Leviatano di Thomas Hobbes (III, 36), dato alle stampe nel 1651.
SPIGOLATURE
Parigi, più forte dell'odio
di Renzo Balmelli
BARLUME. Nei giorni del dolore per l'orrore perpetrato
a Parigi lascia sgomenti l'età dei terroristi. Quasi tutti sono giovani
come la maggioranza delle loro vittime, coetanei della studentessa
italiana Valeria Salesin, eroina tragica di un dramma scritto nel sangue,
e di tanti come lei che fino a un minuto prima correvano liberi nella
capitale della libertà. Giovani corrieri della morte con il volto del male
– come li ha definiti Obama – che hanno divorziato dalla vita per
inseguire i cattivi profeti , coloro che per vendicare torti reali o
presunti sognano la fine di un'epoca distruggendola in modo cieco
senza un barlume di civiltà futura. In questo contesto privo di umanità
tutti noi abbiamo il dovere di unirci per rispondere alla domanda: "Che
fare?", poiché un mondo migliore non può essere immaginato e
costruito sulla strage degli innocenti di qua e di la del pantano
mediorientale.
INCENDIO. Dopo l'assalto alle Torri gemelle dell'11 settembre si
disse che nulla sarebbe mai più stato come prima. Adesso è difficile
immaginare come sarà ciò che verrà dopo il 13 novembre che ha
colpito al cuore la Francia e i valori dell'illuminismo, di cui è stata la
culla, e che ci hanno aiutato a crescere e progredire nel solco di una
società aperta e multiculturale. Nella cornice austera di Versailles,
Hollande non ha avuto dubbi. "Nous sommes en guerre", ha esclamato
il Presidente rotto dall'emozione, mostrando la determinazione di
questa grande Nazione a non cedere al ricatto e alla paura, così come
non si piegò sotto gli scarponi chiodati delle orde naziste. Al culmine
della sua follia Hitler ordinò di incendiare Parigi, ma a bruciare fu il
Terzo Reich. Parigi, seppur percossa e ferita è sempre lì, più forte
dell'odio.
GUERRA. Se mai la guerra fosse davvero dichiarata in modo
esplicito, bisognerà farsene una ragione. Ma che cosa significhi
esattamente è molto meno chiaro. Innanzitutto poiché sarà un conflitto
diverso dai precedenti, con regole d'ingaggio da inventare giorno per
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giorno su un fronte proteiforme in continuo movimento e un nemico
inafferrabile che si avvale addirittura dei videogiochi, trasformati in
strumenti di conquista non più virtuali, per trasmettere messaggi in
codice alla temibile falange delle cellule dormienti. D'altra parte
l'esperienza insegna che nessuna guerra, dall'Iraq alla Siria,
dall'Afghanistan alla Libia, è stata vinta con i bombardamenti, che non
sembrano impressionare più di tanto i combattenti del Califfato e chi li
finanzia. Si torna quindi alla domanda di prima: che fare?
CIVILTÀ. Nel mentre il Paese transalpino prova a rialzare la testa, la
comunità internazionale, come si è visto in modo netto al vertice del
G20, al di là della retorica di facciata sembra indecisa a tutto circa il
modo di venire a capo di una delle della sfide più drammatiche del
terzo millennio. Sul piano militare qualsiasi mossa potrebbe rivelarsi di
efficacia assai dubbia senza l'intervento terrestre, opzione che però
evoca i vecchi fantasmi di imprese fallite e che nessuna coalizione
sembra disposta a intraprendere. Resta l'impervia via diplomatica.
Impervia perché la remota ipotesi di trovare anche un pur minimo
spiraglio negoziale con l'Isis allo stato attuale rientra nel novero delle
missioni impossibili. Qualsiasi trattativa non può invece prescindere
dal coinvolgimento del mondo mussulmano, che dev'essere esortato a
prendere le distanze dalle frange estremiste ed a scendere in campo
affinché tutto questo non accada mai più. Occorre dialogare
per evitare ogni confusione tra Islam e terrorismo, un salto nel
buio che fatalmente finirebbe col lasciare spazio solo alla tragica
prospettiva di uno scontro di civiltà.
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LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
UNIONS, PER GIUSTE CAUSE
su www.radioarticolo1.it
Intervista con Maurizio Landini,
segretario della Fiom
su “Contratto, pace e lavoro”
Venerdì 20/11 ore 11.05 RadioArticolo 1
Poi sabato 21 dalle ore 11.00 diretta streaming
del corteo e dei comizi dal palco.
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Alla vigilia della manifestazione nazionale delle tute blu della Cgil, il
leader della Fiom Maurizio Landini spiega perché i metalmeccanici
hanno deciso di scendere in piazza.
Il giorno seguente, sabato 21 novembre, RadioArticolo1 sarà di
nuovo in diretta audiovideo a partire dalle 11: voce al corteo di Roma
con gli inviati e, poi, al palco di Piazza del Popolo con il comizio
conclusivo di "Unions, per giuste cause".
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LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Antalya, l’ennesima
occasione mancata
Il bilancio del G20 ospitato in Turchia è deludente e conferma
ancora una volta come le proposte e le richieste del mondo del lavoro
siano considerate dai leader del pianeta come un poco rilevante
corollario nell’agenda delle priorità
di Fausto Durante, coordinatore dell’area
politica europea e internazionale della Cgil
La sintesi giornalistica potrebbe essere questa: un G20 deludente e
caratterizzato dalla spinta al rinvio. Per la maggior parte, infatti, i
commenti dei principali organi di informazione e della stampa
internazionale (in Italia è stato il Sole-24 Ore a farsi interprete del
sentiment) convergono sul fatto che il G20 appena svoltosi ad Antalya
abbia sostanzialmente spostato in avanti il tempo delle decisioni sulle
principali questioni economiche e sociali nello scenario mondiale.
Un’impressione che i sindacati dei paesi del G20, riunitisi nei due
giorni precedenti il vertice, avevano cominciato a maturare nel loro
incontro, sulla base di quanto emerso sia nei contatti con gli sherpa e i
funzionari che per i singoli paesi hanno seguito il lavoro preparatorio,
sia nei colloqui svoltisi alla vigilia del summit nel corso di Labour 20.
A una lettura obiettiva, il documento conclusivo di Antalya non pare
avere il respiro e l’ambizione necessari per affrontare una situazione
generale ancora caratterizzata dalla caduta dei tassi di crescita,
dall’aumento delle disuguaglianze e delle disparità salariali, da bassi
livelli di investimenti e dal permanere dell’emergenza disoccupazione,
soprattutto giovanile e femminile. In quel documento, le richieste e le
priorità di L20, presentate ai leader riuniti in Turchia e definite sulla
base del permanere delle criticità irrisolte nello scenario globale, non
hanno trovato risposte adeguate.
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Il primo capitolo delle priorità dei sindacati ha per oggetto i temi
della crescita inclusiva con la creazione di lavoro a essa collegata, da
realizzare attraverso l’abbandono definitivo delle politiche di austerità
e delle loro conseguenze negative, politiche da sostituire con scelte in
grado di produrre un deciso impulso alla domanda aggregata, agli
investimenti, all’innovazione tecnologica, in un quadro contrassegnato
da politiche redistributive e tassazione progressiva. Di conseguenza,
ciò richiederebbe la revisione e l’aggiornamento delle strategie
nazionali in tema di crescita e di occupazione. Più in particolare,
servirebbe il rilancio del ruolo degli Stati nazionali, per definire
iniziative concrete e coordinate di valorizzazione del lavoro e delle sue
condizioni, di supporto al dialogo sociale e ai sistemi di relazioni
industriali, di politiche attive del lavoro e dei servizi per l’impiego, di
qualificazione dell’offerta relativa alla formazione e alla
riqualificazione professionale.
Il secondo capitolo delle richieste sindacali è quello che riguarda
potenzialità e ruolo della contrattazione collettiva, come motore della
lotta alle disuguaglianze e di una più equa distribuzione della ricchezza
e come fattore determinante della crescita e del benessere generale. La
nostra richiesta era e rimane quella di invertire la tendenza, invalsa da
ormai due decenni, all’indebolimento e al depotenziamento della
contrattazione collettiva. Al contrario, occorre restituire a essa la
capacità di far crescere i salari e il reddito complessivo dei lavoratori e,
in tal modo, immettere risorse nel ciclo economico attraverso
l’aumento del potere d’acquisto. Come è chiaro, ciò richiede la
promozione e il rilancio della dimensione collettiva della
contrattazione e del grado di copertura degli accordi, oltre che
l’inclusione nei contratti delle forme di lavoro precario e non standard
e il contrasto ai fenomeni di individualizzazione delle condizioni e dei
rapporti di lavoro.
Il terzo capitolo ha al centro la richiesta di politiche e di azioni
concrete per l’inclusione nel mercato del lavoro delle donne, dei
giovani e dei gruppi più vulnerabili, dai lavoratori atipici a quanti sono
occupati nel lavoro informale e in quello irregolare. Riguardo a
quest’ultimo aspetto, abbiamo reiterato le nostre storiche richieste
affinché nelle catene della subfornitura e degli appalti sia garantita
l’applicazione degli standard internazionali e i diritti umani previsti dai
principi delle Nazioni Unite, dalle convenzioni Oil e dalle linee guida
Ocse sulle multinazionali.
Allo stesso modo, abbiamo chiesto impegni tangibili per realizzare
la strategia 25 by 25 sull’occupazione femminile e i principi – ancora
lettera morta, pur essendo stati stabiliti nelle precedenti riunioni del
G20 – su Youth Employment e sul dramma dei Neet, i tanti giovani
che non lavorano, non studiano e non hanno percorsi di
professionalizzazione. Non solo. Abbiamo anche chiesto che siano
confermati gli impegni assunti nelle precedenti riunioni del G20 sulla
sicurezza nei luoghi di lavoro e che venga attivato il processo per la
creazione di un database in grado di coprire l’insieme di eventi,
incidenti e malattie di lavoro, anche come base per politiche di
prevenzione. >>>Continua la lettura sul sito rassegna.it
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Da Avanti! online www.avantionline.it/
Il tempo delle responsabilità
L’Europa non c’è. Irriconoscibile. Il Mediterraneo è in fiamme e noi
ci balocchiamo nel buonismo. Una dignitosa esecrazione e poco più.
di Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi
Eccole là le tre voragini, pozzi neri nei quali ci specchiamo con
disinvoltura e dabbenaggine. Le metto in ordine: la crisi della nostra
identità, scalpellata quotidianamente in omaggio a un
multiculturalismo peloso e irrispettoso dei valori di uguaglianza e
libertà, la perdita di ruolo delle Nazioni Unite, afone da almeno un
ventennio, e l’apatia dell’Europa, altro rispetto alla lungimiranza dei
pionieri e alla grandezza di capi di stato e di governo dell’ultimo
ventennio del secolo scorso.
Abbiamo ridotto l’identità dell’Occidente a un feticcio. E invece
dovremmo essere fieri di una storia che ha sottratto all’anonimato
masse di donne e di uomini nel nome della libertà e dell’uguaglianza.
Lo sosteniamo da tempo: nessuna tolleranza verso il fanatismo
culturale o religioso, nessuna cautela verso chi calpesta i diritti
fondamentali delle persone, nessun senso di colpa verso chi predica
valori in contrasto con i cardini della nostra società. E nessuna
comprensione verso chi nega la visita a una mostra di capolavori
artistici per timore di offendere la sensibilità di chi professa una
diversa religione. I fanatici sono pericolosi da ogni parte. Se intanto
non difendiamo la bussola della nostra identità, se non abbiamo
certezza di chi siamo non saremo in grado ne’ di confrontarci con le
diversità né sapremo reagire con convinzione al dramma di questi
giorni. So bene come la pensava Oriana Fallaci. Ne abbiamo parlato
più volte. Non ho condiviso le previsioni cupe sull’Eurabia ma su un
punto aveva ragione, e proprio su quel punto venne attaccata, vilipesa,
lapidata da professionisti del pacifismo al caviale e da intellettuali che
dovrebbero almeno chiedere scusa per averla offesa e soprattutto per
aver sbagliato ogni analisi. Il punto, allora: l’Europa sta diventando
molle, ha perso la sua spinta vitale. Già. Chi può dissentire?
La guerra ha assunto da tempo caratteristiche inimmaginabili ai
conflitti tradizionali combattuti da eserciti nazionali. L’Onu nacque per
dirimere le guerre tra Stati. E invece i focolai che insanguinano lo
scenario internazionale si sono accesi soprattutto all’interno degli stati.
Perlopiù si tratta di conflitti etnici, religiosi, moltiplicatisi nel
quinquennio in corso tra il Medio Oriente e l’Africa del nord. Non ho
notizia recente di decisioni risolute da parte dell’Onu. Un silenzio
assordante. Rivederne la fisionomia e l’organizzazione e’ una priorità.
Il mondo non si avvia verso l’età dell’oro. Chi pensa di affrontare il
problema al solo grido di je suis Paris fa la cosa giusta, ma
insufficiente.
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L’Europa non c’è. Irriconoscibile. Il Mediterraneo è in fiamme e noi
ci balocchiamo nel buonismo. Una dignitosa esecrazione e poco più.
Se, come sostiene il presidente Obama, a Parigi si è commesso un
crimine contro l’umanità; se, come affermano capi di governo, siamo
di fronte a una nuova guerra; se, come ci informano servizi e
diplomazie, l’Isis ha colpito e colpirà ancora, alla retorica vanno
sostituiti mezzi più convincenti: strutture di intelligence che si
coordinano e si scambiano informazioni, tutte le informazioni, il
coinvolgimento pieno della Russia, l’uso sinergico di strumenti
militari, la rinuncia a far prevalere su tutto l’interesse economico di
singoli stati.
Non è indispensabile appartenere agli ultimi della terra per essere
reclutati dal fondamentalismo religioso. Sono altri, e più profondi, i
sentimenti che si muovono. I sentimenti che noi abbiamo smarrito e
che non saremo in grado di afferrare se non ci diamo una nuova
Dichiarazione Universale. L’umanesimo liberale deve essere innaffiato
ogni giorno, rinnovato, cresciuto. Altrimenti si spegne.
Vai al sito dell’avantionline
Da l’Unità online http://www.unita.tv/
Abaaoud, “mente” delle stragi,
tra le vittime del blitz a Sant-Denis
La conferma è arrivata da fonti della magistratura
l jihadista belga Abdelhamid Abaaoud, presunta “mente” degli attentati
di Parigi, è stato ucciso nel raid di ieri a Saint-Denis. Lo hanno reso
noto fonti della magistratura parigina. Il procuratore Francois Molins,
che ieri sera non lo aveva escluso, aveva dichiarato di voler attendere il
risultato degli esami del Dna dei corpi ritrovati.
L’annuncio ufficiale arriva comunque dal premier francese, Manuel
Valls, davanti all’Assemblea nazionale dopo l’identificazione formale
della mente delle stragi di Parigi, il belga Abdelhamid Abaaoud, tra i
morti nel blitz a Saint-Denis.
“Il cervello, o uno dei cervelli è morto. Saluto il lavoro eccezionale
della polizia”. Valls ha reso omaggio al “lavoro eccezionale dei nostri
servizi e della polizia” per l’operazione che ha portato all’uccisione a
St. Denis del terrorista.
Vai al sito dell’Unità
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Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/
La legge che obbliga
a rispettare le leggi
di Celestino Spada
Da semplice lettore di giornali quotidiani apprendo che la Camera dei
Deputati, a ranghi ridotti (349 votanti su 650) e in prima lettura, ha
statuito che “non possono assumere l’ufficio di amministratore
giudiziario… il coniuge, i parenti fino al quarto grado, gli affini entro il
secondo grado, i conviventi o commensali abituali del magistrato che
conferisce l’incarico”. Con questa norma “si estende di un altro passo
la legislazione antimafia nel perimetro dei reati contro la pubblica
amministrazione”. A commento Luciano Violante ritiene opportuno
ricordare che “applicando questa come tutte le leggi il magistrato deve
essere competente, attento a non danneggiare nessuno, e in buona
fede”. Ma il Csm non dovrebbe garantire alla comunità nazionale il
presidio, in autonomia e responsabilità, di simili ovvietà da parte dei
magistrati italiani? E non lasciare andare le cose al punto da rendere
“necessarie norme dure” (!!?!), evidentemente adeguate a una deriva
che sembra avvicinare quello che a Giacomo Leopardi suonava ancora
come un paradosso: una legge che obblighi tutti a rispettare le leggi?
Dalla Fondazione Rosselli di Firenze http://www.rosselli.org/
Salvemini
contro i clericali
Venerdì 20 novembre 2015, ore 17.00
Sala del Gonfalone- Palazzo Panciatichi
via Cavour 4, Firenze
Presentazione del libro
LA SCUOLA LAICA - Gaetano Salvemini contro i clericali
di Gaetano Pecora, Donzelli 2015
Intervengono, con l’autore:
Eugenio Giani Presidente del Consiglio Regionale
Antonella Braga Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano
Salvemini
Sergio Casprini Gruppo di Firenze per la scuola del merito e
della responsabilità
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Sandro Rogari Università degli Studi di Firenze
Valdo Spini Presidente della Fondazione Circolo Rosselli
Organizzato da:
Regione Toscana - Consiglio Regionale
Fondazione Ernesto Rossi-Gaetano Salvemini
http://circolorosselli.it/20151120_la_scuola_laica_20_nov.pdf
Gaetano Salvemini
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Vittoria Nenni,
la biografia
27 novembre, Roma: Presentazione volume su Vittoria Nenni
Frammenti dalle foto segnaletiche di
Vittoria Nenni al suo arrivo ad Auschwitz
La Fondazione Nenni è lieta di invitarvi alla presentazione della prima
biografia su Vittoria, terzogenita di Pietro Nenni, vittima della barbarie
nazifascista, morta ad Auschwitz nel 1943.
Il saggio di 195 pagine è di Antonio Tedesco, arricchito dalla
Prefazione del Segretario della UILPA Nicola Turco. Introduzione del
Presidente della Fondazione Nenni Giorgio Benvenuto.
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Una pubblicazione della Biblioteca della Fondazione Nenni in
collaborazione con la UILPA e la Fondazione Buozzi.
Da CRITICA LIBERALE
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Dio lo vuole
di Enzo Marzo
"Utilizzare il nome di Dio per giustificare la strada della violenza e
dell'odio è una bestemmia". Così Francesco. Somma smemoratezza
della propria storia e somma ipocrisia gesuitica. Il papa si dimentica di
aggiungere che le gerarchie dei tre monoteismi (e i cattolici non sono
secondi a nessuno) sono duemila anni che fanaticamente bestemmiano
in nome del loro dio "unico".
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
LETTERA
TARANTO
Ottimo l’ADL del 12.11. Con una sensibilità, sconosciuta a Roma,
circa l'ILVA di Taranto, paradigma della transizione postindustriale
nazionale.
La città, se non vuol tornare un paesello agropastorale vocato al
turismo religioso, avrebbe proprio quella missione: concentrare e
organizzare le risorse umane, gli enti, le competenze necessarie al
delineare una transizione industriale che può fungere da modello per
l'intero Paese. Faccenda in sé è difficile ma sfidante perché a vincerla
potrebbe essere il manifesto di vera rinascita e di riscatto per il Sud e
l’Italia.
La tecnologia e il know how li abbiamo in casa. I prezzi dell'acciaio
sono in caduta complice la crisi e il rallentamento della Cina.
In una possibile scelta "make or buy" l'acciaio converrebbe
comprarlo da paesi ancora "liberi di inquinare" e non produrlo.
L'articolo che avete ospitato pone quindi un serissimo problema. Non
sarebbe il caso di far diventare il ritardo una risorsa? Ma come
riallocare quelle maestranze?
Taranto è molto inquinata dalla politica affaristica ma le maestranze
sono per motivi intrinseci al tipo di produzione molto disciplinate, non
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fosse altro che lì dentro senza ordine e disciplina si rischia la pelle.
Come poi puntualmente accade comunque causa, prevalentemente, le
esternalizzazioni.
Personalmente suggerirei questi riferimenti :
a) Il distretto della Rhur in Germania che ha trasformato i siti
dell'industria pesante in un polo di archeologia industriale e servizi
integrati noto a molti tour operator e molto pubblicizzato come uno dei
possibili viaggi a tema in Germania.
b) Copenaghen e Fiume due porti che hanno avviato una
ristrutturazione del frontend portuale rendendo le banchine di deposito
materiale ferroso ecologicamente compatibili e persino un componente
estetizzante della zona.
La via migliore secondo me è non dimenticare l'acciaio e avviare
una trasformazione che reinventi il modo di produrre in senso
ecologico – è possibile – rendendo le maestranze protagoniste di un
processo di riconversione industriale.
Per me Taranto è un progetto Paese e un’occasione per darsi una
"missione" come fece Alberto Beneduce. Purtroppo a dirigere oggi le
danze attualmente è la finanza elvetico-milanese…
Vito A. Ayroldi, Roma
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.