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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI
BOLOGNA
SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA
DIPARTIMENTO
Dipartimento di Ingegneria Industriale - DIN
CORSO DI LAUREA
Ingegneria Meccanica L codice corso 0927
TESI DI LAUREA
in
Metallurgia
Caratterizzazione microstrutturale e frattografica di componenti in acciaio
316L prodotti tramite Selective Laser Melting
CANDIDATO RELATORE:
Veronica Ripamonti Chiar.mo Prof.
Lorella Ceschini
CORRELATORE
Stefania Toschi
Anno Accademico 2015/2016
Sessione II
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Indice
Introduzione.........................................................................................................4
1. Processi di Additive manufacturing .............................................................6
1.1. Proprietà microstrutturali ......................................................................9
1.1.1. Morfologia superficiale e rugosità ...............................................9
1.1.2. Struttura e dimensione dei grani ................................................11
1.1.3. Densità .......................................................................................16
1.1.4. Tensioni residue .........................................................................18
1.2. Fisica del processo ..............................................................................20
2. Analisi bibliografica: AISI-316L e SLM: casi di studio ............................24
2.1. Introduzione ........................................................................................24
2.2. Caratteristiche microstrutturali in relazione al processo di selective
laser melting (SLM).......................................................................................26
2.2.1. Livelli .........................................................................................26
2.2.2. Fasi presenti ...............................................................................32
2.2.3. Classificazione dei difetti...........................................................34
2.2.4. Effetti dei parametri di processo ................................................38
2.3. Proprietà meccaniche in relazione al processo SLM ..........................43
2.3.1. Durezza ......................................................................................43
2.3.2. Resistenza a trazione e resilienza...............................................46
2.3.3. Resistenza a corrosione..............................................................52
2.3.4. Resistenza a fatica e tensioni residue.........................................53
3. Attività sperimentale ..................................................................................54
3.1. Introduzione ........................................................................................54
3.2. Materiali e metodi ...............................................................................54
3.2.1. Analisi delle polveri di partenza ................................................54
3.2.2. Campioni SLM sottoposti ad analisi – parametri di processo ...54
3.2.3. Analisi compositiva e delle fasi .................................................57
3.2.4. Analisi microstrutturale .............................................................57
3.2.5. Analisi frattografiche .................................................................58
3.3. Risultati e discussione.........................................................................59
3.3.1. Analisi delle polveri di partenza ................................................59
3
3.3.2. Campioni SLM – sottoposti ad analisi.......................................61
Conclusioni........................................................................................................84
Bibliografia........................................................................................................85
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Introduzione
A differenza dei tradizionali metodi per asportazione di materiale, l’additive
manufacturing è basato sull’idea di apportare materiale, come definito
dall’ASTM (American Society for Testing and Materials International). È una
tecnica produttiva che viene utilizzata da più di 20 anni ma solo ora sta
assumendo un ruolo rilevante nell’industria. Il processo consiste nel costruire il
componente tridimensionale sovrapponendo strati di polvere metallica, che
viene via via fusa mediante una sorgente controllata di energia. Partendo da un
modello CAD è possibile realizzare oggetti caratterizzati dalla forma complessa,
per soddisfare le esigenze delle industrie automotive, biomedica ed aerospaziale.
Il processo di additive manufacturing viene indicato anche come additive layer
manufacturing, layer manufacturing e freeform fabrication. Tra le potenzialità
del processo, oltre alla complessità delle geometrie ottenibili, vengono indicate
la riduzione dei costi, il minor consumo di energia e basse emissioni di CO2
rispetto ai processi convenzionali. Le potenzialità di questo processo risiedono
soprattutto nella realizzazione di forme complesse con densità variabile lungo la
struttura. Ad esempio, in campo ortopedico si possono progettare e realizzare
protesi con geometria personalizzata e struttura che riproduca quella dell’osso,
ossia a densità variabile: di tipo corticale all’esterno, più compatta e resistente,
mentre di tipo trabecolare all’interno, a densità minore. In questo modo viene
implementata la biocompatibilità delle protesi, permettendo una migliore
integrazione con l’osso nuovo. Il processo sta assumendo un importante rilievo
per realizzare inoltre impianti dentali, in quanto è possibile ridurre i tempi di
produzione e il numero di sedute necessarie alla realizzazione degli stampi. In
campo industriale, invece, è possibile riparare componenti usurati, come le pale
delle turbine, o comunque aree critiche soggette a danneggiamento e usura ,
nonché ottenere materiali più resistenti rispetto ai corrispettivi di tipo
commerciale o derivanti dai tradizionali processi fusori, incontrando esigenze
specifiche come nel campo aerospaziale.
Le leghe processate e studiate in letteratura tramite additive manufacturing sono
ancora un numero limitato, essendo tale processo relativamente recente. La
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complessità dei fenomeni coinvolti nel processo rendono il suo studio
particolarmente difficile; le elevate velocità di raffreddamento rendono ad
esempio difficile il monitoraggio del materiale durante la solidificazione.
L’elevato numero di parametri di processo rende poi complesso ottenere una
correlazione tra processo, microstruttura e proprietà meccaniche del componente
finale.
Il presente lavoro di tesi riguarda in particolare lo studio, dal punto di vista
microstrutturale, dell’acciaio inossidabile austenitico 316L processato mediante
powder bed laser melting, una particolare tipologia di additive manufacturing.
Viene riportato quanto presente in letteratura circa il processo e la lega in
questione, la microstruttura , i difetti, le proprietà meccaniche e l’effetto dei
parametri di processo sul componente. Segue l’analisi dei risultati sperimentali
condotti su una serie di campioni in 316L prodotti tramite Selective Laser
Melting presso il laboratorio del Gruppo Laser del DIN (coordinato dal Prof.
Fortunato); le attività sperimentali hanno previsto una prima fase di
caratterizzazione delle polveri di 316L, successivamente la caratterizzazione dei
campioni metallografici, in termini di microstruttura e difetti correlati al
processo, infine è stata eseguita la caratterizzazione frattografica dei campioni
sottoposti a prove di trazione e di fatica a flessione rotante (attività condotte dal
gruppo Laser).
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1. Processi di Additive manufacturing
Sono numerosi i termini utilizzati per indicare i processi di additive
manufacturing, tra cui additive layer manufacturing, layer manufacturing e
freeform fabrication, proprio come sono numerose le tipologie di questo
processo.
Le tre tecniche principali di additive manufacturing utilizzate sia per la fusione
che per la sinterizzazione delle polveri sono (Figura 1 [1]):
1. Powder bed system
2. Powder feed system
3. Wire feed system
Il Powder bed system [1] è una tecnica generalmente utilizzata per la produzione
di componenti con volume inferiore a 0.03 m³. L’ambiente di lavoro comprende
tre pistoni: il primo contiene la polvere e viene sollevato ad ogni ciclo a seconda
dello spessore del singolo strato; il secondo contiene il pezzo in costruzione (e
la polvere che via via viene processata), mentre il terzo contiene l’eventuale
polvere in eccesso. Uno strato di polvere viene steso nell’area di lavoro; la
sorgente di energia (laser, fascio elettronico...) colpisce le zone d’interesse
secondo il modello realizzato al CAD, fondendo o sinterizzando la polvere. Un
successivo strato di polvere viene poi steso sopra quello processato e si ripetono
le medesime operazioni. In questo modo viene realizzato un oggetto
tridimensionale mediante la sovrapposizione di strati.
Con il powder feed system [1] si producono componenti con volumi maggiori,
anche superiori a ~1m³. Le polveri vengono distribuite nell’area di lavoro tramite
un ugello; esse vengono poi fuse tramite il laser, generando così uno strato. Il
componente finale sarà costituito da diversi strati. Per realizzare un movimento
relativo tra la testa che depone le polveri e il piano su cui esse vengono depositate
esistono due metodi: il primo, in cui il componente in costruzione rimane fermo
e la testa si muove, e il secondo in cui la testa è stazionaria mentre la tavola porta
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pezzo viene movimentata. Con questa tecnologia è anche possibile riparare pezzi
danneggiati o usurati.
Il Wire feed system [1] consiste invece in una fonte di energia (laser, fascio
elettronico, arco al plasma...) che riscalda e fonde un filo di materiale,
opportunamente posizionato nell’area di lavoro.
Figura 1 - tipologie di additive manufacturing a confronto [1].
Per quanto riguarda la fonte di energia utilizzata per la fusione o la
sinterizzazione della polvere, essa può essere un laser, un fascio di elettroni
oppure un arco al plasma. Tra i vari tipi di processi che utilizzano il laser si
distinguono: laser sintering, laser melting e laser metal deposition.
Nel laser sintering [2] ogni strato di polvere, talvolta preriscaldato, viene
sinterizzato tramite laser in un ambiente con gas inerte. Il risultato del processo
dipende dalla capacità della polvere di assorbire energia e in particolare dalla
lunghezza d’onda utilizzata e dalla densità di energia che caratterizza il fascio
laser. Un supporto costituisce la base di deposizione del materiale e il gas inerte
viene inserito nella camera di lavoro per ridurre il contenuto di ossigeno.
Ciascuno strato di polvere, che presenta spessore generalmente inferiore ai 100
µm, viene fuso dal fascio laser, che scansiona la superficie di polvere secondo la
geometria impostata a software. Il tempo di permanenza del laser su ogni singola
particella metallica dipende dalla dimensione e dalla velocità del fascio laser ed
è un intervallo generalmente compreso tra 0.5 e 25 ms, al di sotto del quale non
si completa il processo di sinterizzazione [3]. Il laser sintering induce la fusione
parziale della polvere e pertanto è possibile processare polveri multicomponenti
e prealligate [4] [5]. Le caratteristiche della polvere e le condizioni di processo
8
devono essere scelte opportunamente per ottenere un consolidamento ottimale
delle polveri. Le polveri impiegate in questa tecnologia sono solitamente miscele
di elementi alto-fondenti e basso-fondenti: i primi aventi funzione strutturale, gli
altri aventi ruolo di legante. La temperatura raggiunta dalla polvere è compresa
tra le temperature di fusione dei materiali affinché gli elementi basso-fondenti
fondano completamente e leghino le polveri alto-fondenti, non fuse. La densità
ottenuta dipende dalla disposizione delle polveri alto-fondenti e quindi dalle
forze di capillarità esercitate dalla fase liquida. Il risultato del processo dipende
quindi dal fenomeno di capillarità e dalle caratteristiche di bagnabilità
liquido/solido. I difetti si riscontrano soprattutto nel laser sintering di polveri
prealligate, quali l’incompleta solidificazione o l’ottenimento di microstruttura
e proprietà eterogenee. Al fine di ottenere le proprietà meccaniche desiderate, è
possibile poi sottoporre i manufatti così prodotti a trattamento termico [6], hot
isostatic pressing (HIP, pressatura isostatica a caldo) [7] ed infiltrazioni
secondarie con metalli a bassa temperatura di fusione [8].
Con il laser melting [2] la fusione della polvere è completa e si ottengono
componenti caratterizzati da massima densità e buone proprietà meccaniche. Si
processano soprattutto leghe non ferrose di titanio, alluminio e rame.
Contrariamente al laser melting, ove è possibile controllare la densità, nel laser
sintering, a causa di una fusione solo parziale della polvere, molte leghe (Ti, Al,
Cu...) raggiungono elevata viscosità causando l’insorgere del balling effect, che
consiste nella sferoidizzazione della fase liquida. Per evitare questo problema, è
necessario fornire al materiale una maggiore energia specifica, pertanto si
utilizza un’elevata potenza su strati molto sottili di polvere. Durante la
trasformazione liquido-solido, tende a verificarsi un considerevole fenomeno di
ritiro, da cui segue un accumulo di tensioni [9] [10]. Queste causano distorsioni
e hot tearing. Per evitare la formazione di tali difetti microstrutturali, nonché la
formazione di porosità, è necessario scegliere con cura sia il tipo di processo
laser che i parametri di deposizione della polvere, per determinare un finestra di
processo adatta a produrre un campo di temperatura moderato, scongiurando
surriscaldamenti. Altri difetti sono zone di decoesione tra gli strati adiacenti e
porosità da gas conseguenti al balling effect. La strumentazione utilizzata nel
9
laser melting è analoga a quella utilizzata nel laser sintering e corrisponde a
quella schematizzata per il powder bed system in Figura 1.
Nel laser metal deposition [2] viene proiettato un fascio laser lungo l’asse Z
perpendicolare al piano di deposizione, il quale viene fatto convergere da una
lente per fondere la polvere dispensata da un ugello; contemporaneamente il
componente viene movimentato nel piano XY. Questo processo permette anche
di riparare componenti danneggiati o rotti, quali palette di turbine e pompe, e di
realizzare rivestimenti e strati rinforzanti [11]. Il sistema composto dai sensori e
dal controllo dei parametri permette un’elevata precisione e rende possibile
l’utilizzo di più materiali nella stessa deposizione. Da questa possibilità segue la
realizzazione di materiali progettati appositamente per uno specifico utilizzo e
quindi di nuovi componenti in cui le proprietà variano lungo la geometria. Direct
Metal Deposition, Laser Engineered Net Shaping (LENS) e Direct light
fabrication sono tre tipologie di processo rappresentative del laser metal
deposition .
1.1. Proprietà microstrutturali
1.1.1. Morfologia superficiale e rugosità
La microstruttura di un componente realizzato mediante additive manufacturing,
si distingue in microstruttura propriamente detta e morfologia superficiale, ad
esempio i fenomeni del balling effect vengono considerati come la microstruttura
tipica delle superfici ottenute con laser sintering/laser melting. La definizione di
balling effect utilizzata di solito deriva dalla combinazione di studi precedenti di
Niu et al. [12], Tolochko et al. [13], Das [14] and Simchi et al. [4]. Durante il
laser sintering/melting, il percorso del laser consiste in una successione di tracce
rettilinee. Il balling effect è un fenomeno che si verifica a seguito della
diminuzione dell’energia superficiale della traccia fusa, quando la fase liquida si
suddivide in gocce sferiche. Durante il processo, il balling effect impedisce la
deposizione uniforme della polvere sullo strato successivo e tende a causare
porosità e delaminazione causata dal debole legame interstrato e dagli stress
termici [14]. Questo fenomeno è un processo metallurgico complesso che
dipende sia dalle proprietà della polvere che dalle condizioni del processo laser.
10
Gu et al. [15] presentano studi approfonditi in merito al balling effect durante
laser sintering/ melting di polveri a base rame e polvere di acciaio inossidabile
316L, includendo la natura fisica e i metodi per controllare il fenomeno. Nel caso
del 316L processato con Direct Metal Laser Sintering (DMLS) [16], si
verificano difetti come porosità, distorsioni, delaminazione e in particolare il
balling effect. Vengono distinte due tipologie di balling effect: la prima in cui i
difetti sferici interrompono la struttura dendritica, infragilendo il componente, la
seconda in cui le sfere sono di dimensioni micrometriche compromettendo la
superficie della traccia laser. A causare tali difetti sono, nel primo caso, la bassa
potenza del laser, mentre nel secondo, un’elevata velocità del laser. I metodi per
controllare il balling effect, che contribuiscono alla diminuzione di tale
fenomeno nel laser sintering/melting di polvere di 316L, sono i seguenti [16]:
(i) Incremento della densità di energia, per unità di volume;
(ii) Aggiunta di 𝐻3𝐵𝑂3 e 𝐾𝐵𝐹4, molecole disossidanti.
In merito alla lega Cu–30CuSn–10CuP processata mediante laser sintering,
vengono descritti tre meccanismi riguardanti il balling effect:
1. first line scan balling, un principio di balling effect, dovuto agli elevati
gradienti termici imposti al melt pool. Si verifica sulla prima traccia del
laser su polvere fredda.
2. Utilizzando un’elevata velocità del laser (scan speed) si verifica balling
effect causato da ritiro, per fenomeni di instabilità capillare della fase
liquida.
3. Splash induced balling, fenomeno che si manifesta per elevate potenze
del laser e basse velocità di scansione, mediante la formazione di
numerose sfere micrometriche, dovute alla bassa viscosità e alla lunga
permanenza del materiale allo stato liquido.
Mumtaz e Hopkinson [17] [18] hanno condotto uno studio sulla lega Inconel 625,
processata mediante laser melting. Gli autori hanno evidenziato come:
Grandi picchi di potenza tendono a ridurre la rugosità superficiale
superiore del componente, nonché la rugosità delle superfici laterali, in
quanto elevate potenze incrementano la bagnabilità e quindi riducono la
formazione di difetti sferici.
11
Mediante il preriscaldamento localizzato delle polveri, è possibile ridurre
gli schizzi di metallo liquido.
1.1.2. Struttura e dimensione dei grani
La microstruttura di solidificazione è la chiave per analizzare le proprietà
meccaniche di un componente realizzato mediante additive manufacturing. Il
laser fornisce elevata energia e dunque induce un riscaldamento molto rapido, la
fusione delle poveri ed inevitabilmente anche una rapida solidificazione, dovuta
ad un rapido raffreddamento. Le velocità di raffreddamento sono dell’ordine di
103 − 108 𝐾/𝑠 [19]. La microstruttura è solitamente caratterizzata dalla
presenza dei, melt pool, strutture ad arco di piccole dimensioni (≤1 mm) [20].
Al posto delle convenzionali strutture dendritiche di solidificazione tipiche delle
leghe ferrose, si sviluppa una microstruttura cellulare e direzionale, priva di
dendriti secondarie, come mostrato in Figura 2a e Figura 2b [16] [21] per la
polvere di 316L trattata rispettivamente con laser sintering (LS) e laser metal
deposition (LMD) ed in Figura 2c per la lega Fe-Ni-Cu-Fe₃P processata con laser
melting (LM) [22].
Figura 2 - microstruttura di (a) 316L processato con LS [16], (b) 316L processato con LMD [21] e (c) Fe-Ni-Cu-Fe₃P processato con LM [22]
I gradienti della concentrazione chimica e della temperatura del melt pool
causano un gradiente di tensione superficiale e il fenomeno di convezione di
Marangoni [23] [4], da cui segue un processo di solidificazione di non-equilibrio.
I processi con rapida solidificazione vengono limitati cineticamente dai cristalli
che si accrescono secondo la direzione di massimo flusso termico. L’azione
simultanea ma antagonista dei due precedenti meccanismi, ossia la
solidificazione di non-equilibrio contro la tendenza ad una crescita direzionale
localizzata, può causare diverse direzioni cristallografiche, localmente regolari
12
[24]. Pertanto i materiali metallici processati con additive manufacturing
possono presentare caratteristiche anisotrope intrinseche.
Recenti ricerche hanno dimostrato che il laser additive manufacturing può
consolidare polveri non convenzionali con nuove microstrutture (ad esempio
polveri amorfe e nanostrutturate). Ad esempio, in un lavoro di Singh et al. [25]
è stata applicata la tecnica di laser sintering su di una lega 𝐴𝑙50𝑇𝑖40 𝑆𝑖10,
contenente polveri amorfe e con strutture nanocristalline. Come mostrato in
Figura 3a, dopo irraggiamento laser, si ottiene la coesistenza delle due nuove
microstrutture.
Figura 3 - (a) Al50Ti40Si10 processato con laser sintering con microstruttura
parzialmente amorfa e nanocristallina [25]; (b)nanocomposti TiCx/Ti processato con laser melting.
In un altro studio [26] è stato utilizzato il laser melting su polveri macinate e
nanostrutturate di titanio e carburo di titanio per la produzione di nanocompositi ,
dove il composto TiC substechiometrico ha struttura cristallina esagonale e
nanostruttura lamellare, agendo così da rinforzo (
13
Figura 4 - meccanismo di formazione dei nanocomposti TiCx/Ti [26]
Un’altra importante caratteristica, intrinseca ai componenti processati con
additive manufacturing, è il variare della microstruttura lungo la direzione di
deposizione. In uno studio condotto da Hofmeister et al. [20] è stata analizzata
la variazione delle dimensioni delle celle delle leghe 316L e H13 trattate con
laser metal deposition. Nella lega 316L, l’ordine di grandezza della
microstruttura nella parte inferiore del campione, dove prevale la conduzione di
calore è di 4.2-4.8 µm. Ad una distanza dalla base di almeno 4 mm, la
dimensione media arriva a 5.4 µm. Nei componenti in acciaio H13, nella parte
inferiore del componente le dimensioni delle celle sono di ca. 4.8-6.4 µm mentre
nella parte superiore, a distanza di 20 mm dalla superficie inferiore, si ha una
media di 7.4 µm.
In uno studio di Wu et al. [27], una lega di β-Ti processata con laser metal
deposition mostra la tendenza all’ingrossamento dei grani della fase β nella zona
riscaldata periodicamente situata al confine con gli strati adiacenti. Nella zona
superiore del componente i grani si accrescono a causa della permanenza a
temperature elevate. Pertanto l’accrescimento dei grani è dovuto a:
1. Rifusione della parte superiore degli strati;
2. Prolungato accumulo termico.
I diversi cicli termici subiti dai vari strati sono il motivo della variazione della
microstruttura lungo l’altezza del componente, dipendendo dal cambiamento
delle condizioni di conduzione, convezione e irraggiamento.
Un esempio di cicli termici subiti dal materiale è riportato in Figura 5. Il grafico
riporta l’anadamento della temperatura in funzione del tempo, di un singolo
strato di Ti-6Al-4V [28] [29] processato con additive manufacturing. Dalla scala
14
delle temperature si osserva che lo strato subisce due trasformazioni liquido-
solido e due trasformazioni alfa-beta. Il profilo di temperatura dipende da una
serie di variabili tra cui il tempo intercorso tra le passate e le dimensioni del
componente finale. Tra gli effetti dei ripetuti cicli termici vi è il bandeggio ossia
la variazione della microstruttura lungo gli strati [30] [31] [32] [33].
Figura 5 - profilo termico di uno strato di Ti-6Al-4V durante additive manufacturing [1].
Le caratteristiche microstrutturali di un pezzo realizzato mediante additive
manufacturing vengono fortemente condizionate dai parametri di processo.
L’effetto dei parametri di processo (direct metal deposition) sulla microstruttura
dell’acciaio da utensili H13 è stato valutato da Mazumder et al. [34]. Con
un’elevata energia specifica, combinata ad un’elevata velocità di deposizione del
materiale (deposition rate/material addition rate), vengono mantenute elevate
temperature per un lungo intervallo di tempo; pertanto i gradienti locali di
temperatura sono limitati. In questo caso i grani sono grossolani e di forma
equiassica, di dimensioni 10-16 µm (Figura 6a). Al contrario, con energie
specifiche minori e velocità di deposizione più bassa, si forma una microstruttura
fine (Figura 6b).
15
Figura 6 - microstruttura di acciaio da utensili H13 processato con DMD a differenti parametri di processo [34]:
(a)
potenza 1200 W
velocità 8.5 mm/s
polvere 8.0 g/min
spessore strato 1.37 mm
pass overlap 27%
(b)
potenza 1200 W
velocità 50.8 mm/s
polvere 4.8 g/min
spessore strato 0.254 mm
pass overlap 66%
Una bassa energia specifica la si ottiene con un’elevata velocità di avanzamento
del laser. In questo caso il profilo dei melt pool si restringe, i gradienti di
temperatura locali aumentano lungo tutto lo strato e nella maggior parte del
componente si ha la formazione di grani colonnari. Nel processo direct metal
deposition la microstruttura dipende dallo spessore dello strato, dalla potenza,
dalla velocità, dall’energia e dalla portata di polvere (powder mass flow rate).
Qualora diminuisca l’energia specifica è sufficiente uno strato di polvere più
sottile in quanto la densità di energia, fornita per fondere il materiale, è minore.
La microstruttura diventa grossolana quando aumenta lo spessore dello strato,
per un decremento della velocità di raffreddamento [34]. Hofmeister et al. [20]
hanno confermato che, con il laser metal deposition, la variazione delle
dimensioni microstrutturali è più sensibile alle variazioni dello spessore dello
strato, piuttosto che alla variazione della potenza e della velocità del laser (scan
speed). Questo è dovuto all’importanza della conduzione del calore nel
substrato.
16
1.1.3. Densità
La densità è una proprietà fondamentale che determina il comportamento
meccanico dei componenti processati con additive manufacturing. Con laser
melting e laser metal deposition si possono trattare metalli, leghe, polveri di
materiali compositi, con parametri ottimali per una densità prossima al 100%.
Un appropriato aumento di densità di energia permette di ottenere elevate
densità, come confermato nello studio di Kruth et al. [35] sulla lega Ti-6Al-4V
processata con laser melting (Figura 7).
Figura 7 - studio parametrico per la densità e la microstruttura di Ti-6Al-4V con laser melting [35].
A causa della complessità dei fenomeni coinvolti nel processo le combinazioni
ottimali di materiale e parametri sono limitate.
L’additive manufacturing è un processo che segue una gerarchia: linea, strato e
componente a cui sono associati i relativi parametri. I parametri necessari per
17
tracciare una linea sono la potenza (P) e la velocità del laser (v); la distanza tra
due passate contigue di laser viene definito “hatch spacing” (h).
Da considerare sono anche il point distance che indica la distanza tra due punti
adiacenti, e il tempo di esposizione che si riferisce all’intervallo di tempo in cui
il laser colpisce un punto (Figura 8a) [36].
Figura 8 - a) rappresentazione dell’hatch spacing; in b) e c) sono raffigurati due diversi percorsi del laser [37].
I valori impostati per i parametri P, v, d e h influiscono sulla densità finale. Per
valutare l’effetto combinato di tali parametri, quindi implementare il controllo
del processo, viene definita la densità volumetrica di energia (volumetric energy
density, VED):
𝑉𝐸𝐷 = 𝑃
𝑣ℎ𝑑 (
𝑘𝐽
𝑚𝑚3) [2] oppure 𝑉𝐸𝐷 =
𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑙𝑎𝑠𝑒𝑟 (𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
ℎ𝑎𝑡𝑐ℎ 𝑠𝑝𝑎𝑐𝑒 ×𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑐𝑒)
𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑜 [36].
Dal grafico di Figura 7 si osserva che al diminuire di scan spacing e velocità,
quindi all’aumentare della densità di energia, la porosità diminuisce.
Di fatto i parametri coinvolti sono molto più numerosi rispetto a quelli appena
elencati. Un elenco più dettagliato delle variabili del processo è il seguente:
tipologia del laser, potenza, distribuzione della potenza, dimensione e forma del
fascio, velocità, hatch spacing, spessore dello strato, strategia o trama del laser,
dimensione e forma delle polveri, portata di alimentazione delle polveri,
temperatura del substrato, finitura superficiale del substrato, spessore del
substrato, microstruttura del substrato, dimensione e forma del materiale
depositato [38].
Gu et al. hanno condotto uno studio sul laser sintering nelle leghe W-Cu [39] e
Cu-CuSn-CuP [40], e riportano che con VED di 0.6-0.8 kJ/mm³ e 0.16-0.23
kJ/mm³ rispettivamente, si realizzano componenti con elevata densità. L’effetto
della VED sulla microstruttura, in particolare sulla densità, di leghe ferrose
processate tramite laser sintering/laser melting è stato valutato da Sinchi [41] e
18
Hao et al. [42], i quali hanno riportato che la densità è proporzionale alla densità
di energia che a sua volta dipende dai parametri di processo.
1.1.4. Tensioni residue
Generalmente, nei pezzi realizzati strato dopo strato con additive manufacturing,
sono presenti tensioni residue ingenti. Studi teorici e sperimentali di Kruth et al.
[43] riportano che i profili delle tensioni residue si suddividono in due parti: una
con tensioni di trazione molto elevate, nelle parti inferiore e superiore del
componente, una con tensioni di compressione nella parte centrale. L’intensità e
la forma del profilo delle tensioni residue dipende da:
- altezza del componente;
- proprietà del materiale;
- percorso del laser e condizioni di processo.
Le due proprietà più importanti per determinare l’entità delle tensioni residue
sono il modulo elastico e il coefficiente di dilatazione termica (CTE, coefficient
of thermal expansion): le tensioni rimangono generalmente limitate nei materiali
con basso CTE [44].
Le trasformazioni di fase che alle volte avvengono, possono risultare a beneficio
oppure a danno delle tensioni residue. Di solito la formazione di fase fragile
induce la formazione di cricche; tuttavia è possibile, mediante il controllo di tali
trasformazioni di fase, ridurre o eliminare tensioni e dunque deformazioni. Per
esempio, negli acciai, la trasformazione martensitica comporta un aumento di
volume fino al 4% [4], pertanto il ritiro che avviene durante la fase di
solidificazione viene compensata dall’aumento di volume per trasformazione di
fase. Sono comunque necessari ulteriori studi per capire e quantificare il ruolo
delle trasformazioni di fase nel controllo delle tensioni residue.
Anche la scelta del percorso del laser (laser scanning strategy) influisce sulle
tensioni residue [43]. Tali tensioni sono perpendicolari alla direzione del laser
pertanto è possibile ridurne la formazione mediante la suddivisione della
superficie in settori costituiti da tracce brevi. Altra soluzione per diminuire
l’intensità delle tensioni residue è il preriscaldamento del substrato, utile a
ridurre il gradiente di temperatura [45].
19
In Figura 9 vengono riportate tre tipologie di strategia laser: unidirezionale,
bidirezionale o zig-zag e bidirezionale alternata. Quest’ultima consiste di strati
con configurazione a zig-gag, dove ad ogni strato corrisponde una rotazione
della trama di 90°. Si afferma che questa strategia sia associata a un minor rischio
di tralasciare zone non fuse e quindi che permetta di ottenere densità maggiori
[46].
Figura 9 - strategie laser [46].
Tra i difetti presenti nei componenti prodotti con additive manufacturing, le
cricche possono venir suddivise in microscopiche e macroscopiche. Le prime
sono cricche a caldo che si formano durante la solidificazione rapida; la loro
formazione è dovuta alle tensioni superficiali che fanno separare la fase liquida
[47] [48]. Quelle macroscopiche vengono invece considerate come cricche a
freddo [49].
La propagazione delle cricche dipende dalla combinazione della duttilità del
materiale e degli stati di tensione indotti dal processo.
La formazione di cricche microscopiche e macroscopiche riduce
significativamente l’accuratezza dimensionale, la duttilità e la resistenza del
componente.
A questo riguardo, esistono leghe come quelle di Ti dove i componenti realizzati
con laser melting/laser metal deposition presentano proprietà meccaniche
equivalenti o superiori a quelle dei componenti da deformazione plastica. Per
leghe di Ni o Fe è invece necessario un trattamento ulteriore con HIP (hot
isostatic pressing) o ricottura in forno per diminuire le tensioni e/o ridurre le
20
microcricche ed incrementare le proprietà meccaniche. In uno studio condotto
da Zhao et al. [50], si sostiene che le macrocricche non possono venir ridotte o
eliminate mediante trattamento termico.
Alla presenza di difetti è associata una forte anisotropia nel comportamento a
frattura.
1.2. Fisica del processo
S. A. Khairallah et al. [51] hanno condotto uno studio che riguarda gli effetti dei
vari processi fisici che vengono coinvolti nel processo di laser powder bed fusion
(L-PBF) sull’acciaio inossidabile 316L.
La traccia di metallo liquido generata dal laser può venir suddivisa in tre regioni:
la “depression region” in corrispondenza del fascio laser, la regione finale e
quella intermedia detta di transizione.
Queste tre regioni si differenziano per campo di velocità e tipologia di forze
agenti sulla fase liquida.
21
La Figura 10 riporta una scansione temporale della formazione della traccia
liquida. Nel terzo fotogramma (240-270 µs) le tre regioni si distinguono
chiaramente e la scala cromatica indica la velocità locale della fase liquida.
Quest’ultima si dispone per minimizzare l’energia superficiale, causando il
distacco di agglomerati di materiale fuso di forma cilindrica e sferica nelle zone
di transizione e finale [52] [53]. Il distacco avviene nella zona indicata con il
termine necking.
Figura 10 - sviluppo temporale di una traccia liquida con L-PBF; le aree colorate si riferiscono alla velocità della fase liquida come indicato in legenda. [51]
22
La depression region, ossia l’area sottostante il raggio laser, è caratterizzata da
una depressione del profilo della superficie della traccia liquida, come si osserva
dal fotogramma a 76 µs della Figura 11. In questa regione a prevalere è la
pressione esercitata dal vapore, che incrementa la forza normale alla superficie
e fa spostare la fase liquida dal centro verso le zone limitrofe, generando un
menisco con concavità rivolta verso l’alto. Dopo il passaggio del laser le
temperature iniziano a calare e le tensioni superficiali prevalgono facendo
convergere in fluido verso il centro della traccia. Questo meccanismo avviene in
un intervallo di 5 µs e favorisce la formazione di pori per intrappolamento di gas
sulla superficie della traccia.
Figura 11 - rappresentazione 2D della sezione trasversale alla traccia, realizzata con
L-PBF. I fotogrammi riportano gli eventi relativi al passaggio del laser in un punto
fisso. Fino a 76 µs si ha la formazione della depression region, negli istanti successivi
si verifica collasso, formazione dei pori e solidificazione asimmetrica della traccia. Le
frecce indicano il campo delle velocità e i colori il campo delle temperature (vista trasversale alla traccia). [51]
23
Altro meccanismo di formazione dei pori è rappresentato in Figura 12. Un
vortice sposta il materiale dalla zona di transizione alla depression region,
intrappolando talvolta dei gas nel materiale. La velocità di raffreddamento
aumenta perchè materiale già parzialmente raffreddato viene trasportato nella
zona a temperatura più elevata. Nella Figura 12 il vortice viene rappresentato
dall’area di colore rosso.
Figura 12 - rappresentazione 2D delle velocità e delle temperature. I fotogrammi
descrivono la formazione di pori mediante un vortice di materiale –area rossa- che si
sposta da zone a minor temperatura alla depression region (vista longitudinale alla traccia) [51].
La “denudation zone”, indicata in Figura 10 nel quarto fotogramma, è una
regione priva di polveri che si verifica a seguito dello spostamento laterale della
fase liquida rispetto al melt pool, che attira le polveri limitrofe, conducendole
nella zona di transizione. Questo fenomeno è collegato al meccanismo di
formazione dei pori e intrappolamento di polveri non fuse. Pertanto se l’hatch
space corrisponde alla larghezza del bagno fuso, si ha la formazione di pori
paralleli ed equidistanziati, di forma allungata in direzione della traccia laser,
eliminabili impostando una sovrapposizione delle tracce del 25% [54].
Altro fenomeno localizzato nell’area prossima al fascio laser è la formazione di
gocce che si separano dalla fase liquida a causa delle forze agenti sulla superficie
della depression region. In Figura 10 viene indicato con “spatter”.
24
2. Analisi bibliografica: AISI-316L e SLM: casi di studio
2.1. Introduzione
Gli acciai inossidabili austenitici sono costituiti da fase austenitica stabile, sono
noti per elevata resistenza a corrosione e buone proprietà meccaniche. In Tabella
1 sono riportati gli intervalli compositivi degli elementi presenti nell’acciaio
inossidabile austenitico low carbon AISI 316L.
Della serie 300 sono elementi alliganti tipici il cromo, il nichel e il molibdeno;
la lettera L indica che l’acciaio è di tipo low carbon ossia presenta un contenuto
di carbonio inferiore a 0.03% anzichè 0.08% come nella serie normale.
Il cromo è un elemento alfageno ossia ferritizzante che aumenta la temprabilità
dell’acciaio, forma carburi che ne incrementano la resistenza ad usura, migliora
la stabilità al rinvenimento, la resistenza a corrosione e all’ossidazione a caldo.
Affinchè l’accaio resista a corrosione il contenuto di cromo deve essere superiore
al 10.5%, necessario alla formazione di un film protettivo [56].
Il nichel è austenitizzante; se presente almeno al 7%, associato ad un elevato
contenuto di cromo, permette di avere austenite stabile a temperatura ambiente.
Il nichel fa aumentare tenacità, la resistenza, la temprabilità e la saldabilità
dell’acciaio [56].
Il molibdeno fa aumentare resistenza e durezza; determina la formazione di
carburi molto duri e stabili. Elimina le fragilità da rinvenimento, rende la
martensite più stabile alle elevate temperature, migliora le caratteristiche
meccaniche e la resistenza a corrosione [56].
Il manganese è un elemento disossidante, desolforante, gammageno, che
migliora la temprabilità, aumenta la resistenza a trazione, la tenacità, la
resilienza, e la deformabilità a caldo. Causa la diminuzione della conducibilità,
la capacità di deformazione a freddo ed aumenta la sensibilità al surriscaldo [56].
Grade
% Fe Cr Ni Mn Si S C P Mo N
316L Bal. 16.0–
18.0
10.0–
14.0 < 2.0 < 1.0
25
Il silicio è sempre presente in quantità comprese tra 0.2 % e 0.4%, è disossidante,
aumenta la resistenza, la durezza, il limite di elasticità ma riduce l’allungamento
a rottura e la resilienza.
Tra gli elementi indesiderati c’è l’ossigeno. Esso forma inclusioni non
metalliche che peggiorano le proprietà meccaniche dell’acciaio, aumenta la
sensibilità al surriscaldo, riduce la lavorabilità a caldo. Zolfo e fosforo invece
causano inclusioni non metalliche e segregazione degli elementi, la diminuzione
della lavorabilità a freddo, della tenacità e della resilienza mentre lo zolfo
migliora la lavorabilità alle macchine utensili. Infine, idrogeno ed azoto,
anch’essi indesiderati, causano porosità da gas, facendo diminuire la resistenza
e la duttilità dell’acciaio [56].
Esistono tre famiglie di acciai inossidabili utilizzabili nelle applicazioni della
metallurgia delle polveri [55]. Tra questi gli acciai inossidabili martensitici, che
trovano impiego soprattutto nelle applicazioni in cui è richiesta un’elevata
resistenza ad usura; tuttavia, è importante tenere conto che, se prodotti a bassa
densità, presentano ridotte duttilità e durezza, restringendo l’utilizzo al campo
strutturale. Sono gli acciai ferritici e austenitici a venire impiegati nelle restanti
applicazioni.
Gli acciai austenitici, tra cui il 316L, presentano una buona resistenza a
corrosione, rispetto agli acciai inossidabili ferritici e martensitici e vengono
preferiti per applicazioni ad elevate temperature in quanto presentano elevata
resistenza a creep e resistenza ad ossidazione fino a temperature superiori a
900°C. Tendono ad incrudire rapidamente e sono difficili da lavorare. La
versione L di questi acciai è saldabile senza l’uso di stabilizzatori. Il molibdeno
negli acciai inossidabili austenitici impedisce la corrosione mediante un film di
passivazione [57]. Si ha anche la formazione di un sottile strato intermetallico in
Mo-Ni tra il metallo e il film di passivazione che protegge dagli anioni come Cl¯
[58]. L’effetto ferritizzante del molibdeno viene contrastato dall’elevato
contenuto di nichel.
26
2.2. Caratteristiche microstrutturali in relazione al
processo di selective laser melting (SLM)
2.2.1. Livelli
Nell’attività sperimentale i campioni sono stati prodotti con tecnologia SLM di
powder bed fusion. Questo è un processo di additive manufacturing in cui
l’energia termica porta a fusione in modo selettivo delle regioni all’interno di un
letto di polveri [59]. Il laser, fornendo elevata energia, provoca un riscaldamento
molto rapido con conseguente fusione della polvere e successivo rapido
raffreddamento (103 − 108 𝐾/𝑠) [19] mediante conduzione di calore attraverso
il substrato. Processando polveri metalliche differenti, le microstrutture ottenute
sono tuttavia simili. Generalmente la microstruttura è quella tipica di una rapida
solidificazione, ossia cellulare e a grani fini.
La Figura 13 mostra la microstruttura della sezione trasversale di un provino di
acciaio inossidabile 316L processato con selective laser melting [60]. La
microstruttura può essere descritta su più livelli (viene, infatti, anche definita
“gerarchica”): macro, micro e nano.
Figura 13- microscopia ottica (a) e al SEM, (b) e (c), di una superficie di acciaio 316L
processato con selective laser melting, dopo attacco chimico (HCl:HNO3:H2O=3:1:4
per 40 s) [60].
Al macro-livello sono presenti le tracce di fusione e i melt pool dovuti al
passaggio del laser, con una morfologia simile a quella riscontrabile nelle
b
a
c
27
saldature laser, come riportato in Figura 13a. Lo spessore e la lunghezza del melt
pool dipendono dalla dimensione del fascio laser, dalla densità di energia [60] e
dalla direzione imposta dal passaggio del laser [61]. I melt pool appena formati,
essendo ancora caldi, possono rifondere parzialmente al passaggio laser
successivo, in concomitanza alla formazione di nuovi melt pool. In alcuni studi
si riporta l’osservazione di grani colonnari, caratterizzati da dimensioni variabili
tra 10 e 100 µm [62], che crescono in direzione del gradiente di temperatura e
che si estendono tra un melt pool e l’altro (Figura 14).
Figura 14-mappa EBSD dell’orientamento dei grani di un campione di 316L processato
con laser melting [63].
Al micro-livello si osserva solitamente una struttura di tipo cellulare (Figura
13b-c). All’interno di ogni grano colonnare le dimensioni delle celle variano da
~0.2 µm a ~1 µm [59]. Le singole celle non sono assimilabili a grani, in quanto
all’interno dello stesso grano, le celle presentano il medesimo orientamento
cristallografico. Per questo motivo tale sottostruttura viene interpretata come
conseguenza della variazione locale di composizione all’interno del grano, a
seguito di fenomeni di segregazione [63].
Come riportato in studi recenti [62], riguradanti la lega AISI 316L processata
con laser melting, è stato dimostrato che le dislocazioni e le relative tensioni
residue sono concentrate ai bordi delle celle a causa della segregazione di
elementi pesanti come il molibdeno. La struttura cellulare si forma a causa delle
elevate velocità di raffreddamento e delle condizioni di non-equilibrio, tipiche
del processo. La forma assunta dalle celle può risultare equiassica o allungata, a
seconda della direzione di accrescimento dei grani colonnari che le contengono,
come in Figura 13b. Le celle sono allineate all’interno del grano, generalmente
28
lungo la direzione longitudinale, con sezione trasversale a forma quadrata,
pentagonale o esagonale, come mostrato in Figura 13c. La disposizione della
struttura cellulare dipende anche dalla strategia del laser o dal gradiente di
temperatura, anche se il meccanismo di formazione della struttura cellulare
intergranulare è ancora una questione aperta.
Il processo di solidificazione inizia ai bordi del melt pool, mediante crescita
epitassiale su grani parzialmente fusi, poi il sottoraffreddamento costituzionale
induce la formazione di dendriti cellulari [64]. D.Wang et al. [61] riportano che
la formazione di dendriti secondarie non avviene a causa delle velocità di
raffreddamento molto elevate (ca. 106 K/s), osservando piuttosto una
morfologia di tipo cellulare. Nello stesso studio riportano e descrivono la
microstruttura riportata in Figura 15. Sono facilmente distinguibili le diverse
direzioni secondo cui si è sviluppata la microstruttura, ma anche zone prive di
struttura definita, conseguenti a solidificazione di tipo planare, come quella
contrassegnata con la lettera A in Figura 15a. Le celle si accrescono partendo
dalla zona A, in direzione normale alla linea di fusione (linea rossa tratteggiata).
L’area contrassegnata con B è la zona di confine tra due melt pool, in cui due
aree cellulari con direzioni differenti si interfacciano secondo un angolo ψ
rispetto al bordo del melt pool (Figura 15b). La zona C mostra la sezione
trasversale delle celle che si sono accresciute lungo una direzione diversa,
perpendicolare al piano di sezione. Le linee bianche tratteggiate indicano il
confine tra due tracce adiacenti.
Figura 15 - immagini SEM che mostrano la microstruttura tipica dei componenti SLM-
316L; in (a) si distinguono i bordi dei melt pool (linee tratteggiate bianche) tra due
strati adiacenti, in (b) il bordo del melt pool che delimita due tracce adiacenti [61].
29
Il gradiente di temperatura (𝑑𝑇
𝑑𝑥) assume un ruolo rilevante nella formazione della
microstruttura che può essere planare, cellulare, cellulare-dendritica e dendritica
[64]. K. Saeidi et al. [63] riportano infatti che l’eterogeneità e l’anisotropia
cristallografica sono dovute al rapido movimento del laser, causando elevati
gradienti di temperatura e velocità di solidificazione variabili da zona a zona
all’interno dei melt pool. Pertanto la microstruttura viene correlata alla relazione
che sussiste tra il rapporto tra il gradiente di temperatura (𝐺𝐿) e la velocità di
solidificazione (R) e il rapporto tra il sottoraffreddamento (∆𝑇) e il coefficiente
di diffusione (𝐷𝑙). Si possono verificare due situazioni:
1. Se 𝐺𝐿
𝑅>
∆𝑇
𝐷𝑙 si formano grani colonnari e cellulari;
2. Se 𝐺𝐿
𝑅<
∆𝑇
𝐷𝑙 si formano grani equiassici.
Per valori decrescenti di 𝐺𝐿
𝑅 si ottengono rispettivamente una struttura planare,
colonnare o equiassica. Analogamente Wang et al. [61] riportano che con un
elevato gradiente di temperatura è difficile che si verifichi sottoraffreddamento
costituzionale, favorendo un accrescimento di tipo planare.
Il prodotto tra gradiente di temperatura e velocità di solidificazione viene
considerato come indicatore delle dimensioni della microstruttura, infatti
maggiore è il suo valore, più fine sarà la microstruttura finale.
L’orientamento dei grani dipende dalla relazione tra conduttività, dissipazione
del calore ed equilibrio termico, come riportato anche nello studio di Yadroitsev
et al. [65]. Nella Figura 15a, la zona C contiene celle orientate trasversalmente
al piano di sezione. Questa direzione indica che in quella zona il gradiente di
temperatura lungo il percorso del laser era maggiore rispetto a quello lungo la
direzione di accrescimento del componente. In Figura 15b l’angolo ψ,
orientamento della struttura, è diverso da 90° in quanto dipende sia dalla
direzione di massima estrazione del calore che dall’orientamento preferenziale
del reticolo cristallino.
Al nano-livello, uno studio condotto [63] su AISI 316L processato tramite SLM,
ha riscontrato una distribuzione non omogenea degli elementi più pesanti, come
riscontrabile in Figura 16a e in Figura 16b. Gli elementi che segregano sono
30
ferro, molibdeno e nichel. Tale variazione nella composizione è dovuta all’
elevata velocità del processo di solidificazione che non permette una completa
diffusione degli elementi. Dall’analisi al SEM-EDS (Figura 16) si riporta che ai
bordi delle celle segregano il molibdeno e il nichel mentre al centro è elevato il
contenuto di carbonio. Questa distribuzione degli elementi influenza in
particolar modo la resistenza a corrosione del materiale e può portare alla
formazione di fasi ricche in molibdeno o carbonio [59].
Figura 16- Analisi SEM-EDS del bordo delle celle (a) e del centro delle celle (b) [59].
In Figura 17 sono distinguibili anche zone più scure di forma sferica
corrispondenti a nano-inclusioni, disperse omogeneamente nella microstruttura
dei campioni; tale osservazione viene riportata da diversi autori [60, 62]. Le
dimensioni sono solitamente variabili dai 10 ai 100 nm. All’analisi compositiva
mediante sonda EDS le nano-inclusioni risultano essere costituite da silicio,
cromo e ossigeno mentre le regioni adiacenti presentano un basso contenuto di
tali elementi, pertanto le nano-inclusioni vengono descritte come nanosilicati
legati al cromo. La forma sferica è dovuta all’elevata viscosità del silicio allo
stato fuso e alla scarsa bagnabilità all’acciaio. L’ossigeno deriva dalla piccola
quantità presente nell’ambiente di processo nonostante l’atmosfera inerte sia
costituita prevalentemente da argon.
31
Figura 17-immagine STEM di un provino LM-316L; le zone più chiare indicano zone
con segregazone di elementi pesanti come nei bordi delle celle, le sfere più scure sono
nano-inclusioni [63].
Le nano-inclusioni cromo-silicatiche sono amorfe, prive di una struttura
cristallina, simile al vetro, come mostrato nell’immagine HRTEM in Figura 18.
La velocità di raffreddamento necessaria affinché si formi questo tipo di
inclusione amorfa è 102 − 106 K/s [63]. Il basso coefficiente di espansione
termica del silicio determina l’insorgere di tensioni di trazione nella matr ice
metallica e di tensioni di compressione nelle nano-inclusioni [63].
Figura 18 - immagine HRTEM di LM-316L; area tra la matrice metallica e
un’inclusione con struttura amorfa. [63]
32
2.2.2. Fasi presenti
Nello studio di Wang et al. [61] polvere di 316L viene processata in atmosfera
inerte di argon con SLM. I parametri mantenuti costanti sono la potenza (P),
l’hatch spacing (h) e lo spessore degli strati (s), mentre varia la velocità (v) e
quindi la densità di energia, definita come 𝜔 = 𝑃
𝑣𝑠ℎ . Con la diffrazione ai raggi
X (XRD) si rileva la sola presenza di austenite, tuttavia rispetto ai picchi tipici
dell’austenite quelli dei componenti SLM sono traslati leggermente in
corrispondenza di angoli maggiori, probabilmente a causa della distorsione dei
reticoli cristallini indotta dagli stress termici (Figura 19). Passando da 178.57
J/mm³ a 104.17 J/mm³ di energia i picchi dello spettro decrementano in intensità
e si ampliano in termini angolari. Questi risultati sono correlati alla dimensione
dei grani secondo l’espressione [66]:
𝐷𝑐 =0.9𝜆
𝐵 cos 𝜃 ;
B è la larghezza a metà altezza del picco, 𝐷𝑐 è la dimensione media dei grani, θ
l’angolo di diffrazione e λ la lunghezza d’onda dei raggi X. Pertanto al calare
della densità di energia si ha un affinamento della struttura.
Figura 19 - spettro XRD di SLM-316L processato con diversi valori di densità di
energia [61].
33
J. R. Trelewicz et al. [59] mettono a confronto gli spettri XRD della polvere e
del materiale processato con L-PBF (Figura 20). In entrambi i casi si rileva
un’unica fase ossia l’austenite; nello spettro del componente laserato i picchi
sono nella stessa posizione angolare della polvere ma con intensità inferiore e
corrispondenti ad un range angolare maggiore. La differenza tra i due spettri è
dovuta all’affinamento della struttura durante la fase di solidificazione [67, 68].
Altri autori asseriscono che la variazione in intensità dei picchi sia dovuto alla
formazione di dislocazioni e tensioni residue durante il processo [60].
Figura 20 - spettro XRD di polvere e L-PBF-316L dopo lappatura e attacco chimico
[59].
34
K. Saeidi et al. [63] riportano risultati differenti rispetto ai precedenti. In questo
studio i componenti sono stati realizzati con laser melting in atmosfera inerte,
con potenza di 195 W, velocità di 800 mm/s, scan spacing di 0.1 mm e pattern
bidirezionale con rotazione degli strati di 60°, parametri scelti per ottenere
massima densità e il minimo numero di difetti. Il componenti hanno dimensioni
di 5x5x2 mm³. Con XRD sono stati analizzati la polvere, la faccia laterale e
quella superiore del componente (Figura 21). La fase prevalente è l’austenite,
con qualche traccia di ferrite; i picchi dei tre spettri sono presenti negli stessi
range angolari e differiscono per le intensità in quanto dovute all’orientamento
cristallografico della struttura dopo SLM.
Figura 21 - (a) spettro XRD, a salire, della polvere, della faccia laterale e della faccia
superiore del L-PBF-316L; (b) analisi EBSD della distribuzione delle fasi: le regioni
blu indicano austenite e quelle rosse la ferrite, le linee bianche e nere indicano i bordi
dei grani. [63]
2.2.3. Classificazione dei difetti
I componenti di acciaio inossidabile 316L processato con selective laser melting
presentano alcune tipologie di difetti che influiscono poi sulle proprietà
meccaniche finali. Le principali tipologie di difetti sono elencate e descritte nei
paragrafi successivi.
Vuoti e porosità
Le porosità sono cavità che nel caso di SLM-316L possono raggiungere
dimensioni di 220 µm, contenenti talvolta particelle di dimensioni 25 µm [69].
Qualora venga utilizzata una bassa densità di energia (Figura 22a) i pori sono
35
numerosi, distribuiti in modo uniforme e hanno forme irregolari [69]. All’interno
sono presenti sfere di materiale con dimensioni compatibili a quelle delle polveri
pertanto si ipotizza siano polveri non fuse, in accordo con la teoria che le basse
energie e la scarsa penetrazione del laser generino un melt pool di dimensioni
ridotte con energia insufficiente a fondere completamente tutte le polveri e
assicurare un buon legame tra gli strati. Aumentando la densità di energia a
104.52 J/mm³ [69] la porosità è minima (Figura 22b) perché la viscosità della
fase liquida, dipendente dal livello di temperatura, è sufficientemente bassa
affinché i vuoti vengano riempiti dal materiale. Incrementando ulteriormente il
livello di energia specifica introdotta si ha nuovamente la formazione di pori
anche se di forma sferica (Figura 22c). In questo caso la densità di energia è
sufficientemente elevata da poter causare la vaporizzazione degli elementi
basso-fondenti, causando la formazione di pori. Kruth et al. [46] riportano che
minore è la velocità del laser, maggiore è la dimensione dei pori e più irregolare
è forma del melt pool. Altri gas, implicati nel meccanismo di formazione dei
pori, derivano dalla reazione tra carbonio e ossigeno [70], che seppur presente
in minime quantità causa anche ossidazione e quindi delaminazione e scarsa
coesione degli strati [71].
Figura 22 - immagine SEM di SLM-316L: porosità per tre diverse densità di energia;
quella intermedia è quella con cui si ottiene massima densità [69].
Tra le cause dei pori da gas vi è anche la rugosità: i picchi e le valli dovute alla
rugosità di uno strato impediscono la deposizione di uno strato successivo
omogeneo pertanto la densità di energia può essere insufficiente a fondere
completamente la polvere in alcune regioni in cui lo spessore può essere
maggiore. Inoltre il sistema di picchi e valli può intrappolare dei gas sotto lo
strato di polvere, che durante il riscaldamento operato dal laser, si espandono
36
facendo spostare la fase liquida. Utile alla soluzione di questo problema è il
laser re-melting che consiste nel rifondere con il laser lo strato appena
depositato [46].
Esiste un altro meccanismo di formazione dei pori, strettamente collegato alla
geometria del processo, descritto da R.Li et al. [72]. In questo caso viene fatta
variare la velocità del laser durante il processo, con conseguente variazione della
forma e delle dimensioni dei melt pool. In Figura 23 è schematizzata la geometria
delle tracce in funzione della velocità del laser: a basse velocità il melt pool è
abbastanza grande da aderire a quelli adiacenti, scongiurando la presenza di
vuoti, aumentando le velocità i melt pool non sono sufficientemente estesi da
aderire e riempire le cavità. L’incremento della viscosità a seguito dell’aumento
della velocità contribuisce al meccanismo di formazione dei pori, causando
scarse proprietà reologiche della fase liquida e quindi impedendo il riempimento
delle zone di confine tra tracce adiacenti.
Figura 23 - schematizzazione della realizzazione di più strati con SLM a diverse
velocità del laser; da (a) a (d) velocità laser crescente [72].
Delaminazione/decoesione
Per delaminzione si intende la scarsa adesione tra gli strati. Questo difetto si
ricollega al meccanismo di formazione dei pori e alla presenza di ossigeno nella
camera di lavorazione.
37
Balling effect
Consiste nella sferoidizzazione della fase liquida per determinate condizioni di
temperatura, bagnabilità e tensione superficiale. A seguito di balling, durante il
processo, viene impedita la deposizione uniforme della polvere; inoltre, per il
debole legame interstrato e gli stress termici, tendono ad insorgere porosità e
delaminazione [14].
Elevati punti di fusione comportano consistenti forze di coesione ed elevate
tensioni superficiali che portano la fase liquida a disporsi secondo forme a minor
stato di energia ovvero la tendenza a interrompere il melt pool in gocce sferiche.
L’elevata viscosità dovuta alla forte energia di coesione intrinseca al materiale,
riduce la fluidità della fase liquida e l’elevata conduttività termica favorisce una
rapida solidificazione. La presenza di ossigeno può determinare la formazione
di un film di ossidi sulla superficie dei melt pool, compromettendo la bagnabilità
tra strati successivi e generando microstrutture sferiche e con pori [73]. Altro
fattore importante è la presenza di solfuri, che influiscono sulla tensione
superficiale e quindi sulla presenza di difetti [74]. L’acciaio inossidabile 316L
presenta contenuto di zolfo molto limitato, tuttavia non è possibile monitorare la
percentuale di zolfo localmente e scongiurarlo quindi dalle cause di balling effect
[69].
Polveri non fuse
È un difetto associato alla formazione di vuoti infatti, come descritto sopra, per
basse densità di energia il laser non riesce a fondere completamente le polveri
che rimangono intrappolate nella traccia liquida.
Segregazione
Come riportato nella descrizione della microstruttura, i grani sono composti da
una sub-struttura cellulare con medesimo orientamento cristallografico. Pertanto
la suddivisione in celle viene interpretata come conseguenza al processo di
rapida solidificazione che interrompe i processi diffusivi, facendo segregare gli
elementi più pesanti come molibdeno, nichel e ferro a bordo delle celle. In
38
particolare la segregazione del molibdeno a bordo delle celle può causare un
decremento della resistenza a corrosione [59].
2.2.4. Effetti dei parametri di processo
L’additive manufacturing è un processo flessibile e complesso anche a seguito
dell’elevato numero di parametri coinvolti. Negli studi riguardanti il selective
laser meltig o powder bed fusion vengono di solito fissati alcuni parametri e poi
analizzate la proprietà meccaniche e microstrutturali in funzione dei parametri
variabili o di indici come la densità di energia, definita come:
𝑉𝐸𝐷 = 𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑙𝑎𝑠𝑒𝑟 (
𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
ℎ𝑎𝑡𝑐ℎ 𝑠𝑝𝑎𝑐𝑒 ×𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑐𝑒)
𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑜 [69] .
I parametri sono la potenza del laser, la velocità, lo spessore dello strato, l’hatch
space, il point distance (Figura 24), il tempo di esposizione e la strategia laser.
Figura 24 - schematizzazione del percorso del laser con definizione di hatch space e
point distance [69].
Nello studio di J. A. Cherry et al. [69] sono stati prodotti diversi campioni in
SLM-316L, di volume 10x10x10 mm³, che differiscono per tempo di
esposizione e point distance. Rimangono costanti la potenza del laser, l’hatch
space e il percorso del laser. Mediante questi parametri è stata calcolata la
densità volumetrica di energia (VED) per ogni provino. Il processo è avvenuto
in ambiente inerte, mediante l’introduzione di argon nella camera di processo.
Per diversi valori della densità di energia, sia elevati che bassi, si verifica il
balling effect.
39
Dall’analisi delle superfici superiori di tre provini prodotti con valori energia di
41.8, 104.52 e 209.3 J/mm³ viene riportato che solo il provino prodotto con
valore di energia intermedio (104.52 J/mm³) presenta il minor numero di difetti
e porosità (0.38%).
Per valori di densità di energia inferiori a 104.52 J/mm³ le tracce del laser sono
discontinue, sono presenti dei vuoti, i difetti sferici hanno dimensioni inferiori a
50 µm e i componenti presentano scarsa finitura superficiale. Il melt pool è
caratterizzato da basse temperature e dimensioni ridotte, limitando il contatto tra
polvere, fase liquida e il substrato. Il balling effect viene favorito da scarsa
bagnabilità e fusione incompleta delle polveri [75].
Per densità di energia superiori al valore ottimale, il melt pool presenta elevate
temperature, le tracce sono continue ma il numero di difetti aumenta nuovamente
a causa del balling effect; i difetti hanno dimensioni di ca. 100 µm. La causa
potrebbe essere la variazione locale della composizione, in particolare la
riduzione del contenuto dei solfuri e l’incremento della temperatura, con
conseguente aumento della tensione superficiale [74]. Gu e Shen [16]
descrivono che l’elevata densità di energia associata a basse velocità del laser
causano il surriscaldamento dei melt pool, in cui lo stato liquido permane per un
intervallo di tempo sufficiente a far suddividere la fase liquida in gocce sferiche
[76]. Teoria analoga viene esposta nello studio di Li et al. [75].
Gli effetti della densità di energia sulla porosità vengono studiati mediante
l’analisi della faccia superiore e di una laterale dei provini. A basse energie la
densità è minima, i pori sono distribuiti in maniera uniforme, hanno forme
irregolari di dimensioni ca.220 µm, contenenti talvolta sfere metalliche di
dimensioni 25 µm (Figura 22), compatibili con l’ipotesi che la scarsa
penetrazione del laser impedisca la completa fusione delle polveri. Con un valore
della densità di energia intermedio si raggiunge massima densità. I risultati
ottenuti confermano l’esistenza di una relazione lineare tra densità e il rapporto
tra potenza e velocità del laser come descritto da Simchi [77].
Per densità di energia elevate i pori sono sferici, localizzati in alcune zone e sono
dovuti all’intrappolamento di gas. L’energia introdotta è tale da causare la
40
vaporizzazione degli elementi basso-fondenti, i cui gas rimangono intrappolati
nei pori, tra due strati o all’interno dello stesso strato. Kruth et al. [46] riportano
che minore è la velocità del laser, maggiore è la dimensione dei pori e più
irregolare è il bagno fuso. Altri gas, derivano dalla reazione tra carbonio e
ossigeno [70], causando anche ossidazione, delaminazione e scarsa adesione tra
gli strati [71].
Densità e porosità sono strettamente correlate da una relazione inversamente
proporzionale. Pertanto è possibile rappresentare la densità in funzione della
velocità del processo, proprio come il grado di porosità. In Figura 25 [46]
vengono riportate tre curve rappresentanti l’andamento della densità relativa in
funzione della velocità del laser. Ogni curva si riferisce ad uno specifico spessore
dello strato. Si osserva che alle basse velocità la densità non dipende dallo
spessore dello strato ed è possibile raggiungere densità relative del 99%. Ad
elevate velocità invece la densità dipende anche dallo spessore dello strato, in
particolare grandi spessori di polvere comportano minore densità.
Figura 25 - confronto degli andamenti della densità relativa in funzione della velocità
del laser, per diversi spessori dello strato - AISI 316L processato con SLM [46].
Nonostante con SLM sia possibile raggiungere densità fino a 97-99.5% rispetto
a quella nominale del materiale, le piccole porosità residue risultano comunque
problematiche quando il materiale viene posto in esercizio. Con il laser re-
melting è possibile eliminare questi difetti, incrementando tuttavia i tempi di
41
produzione. Questa tecnica consiste nel ripassare con il laser su tutti gli strati già
depositati oppure solo su quello superficiale (Laser surface re-melting). Di
conseguenza si ha un incremento di densità e un miglioramento nella qualità
delle superfici.
D. Wang et al. [61] correlano la densità di energia con la microstruttura. In
questo studio polvere di 316L viene processata in atmosfera inerte di argon con
SLM, mantenendo costanti la potenza (P), l’hatch spacing (h) e lo spessore degli
strati (s) e variando la velocità del laser (v). In questo caso la densità di energia
viene definita come 𝑉𝐸𝐷 = 𝑃
𝑣𝑠ℎ .
Per elevate velocità del laser la densità di energia è limitata per cui il processo
di solidificazione è molto rapido e si ottiene una microstruttura con celle sub-
micrometriche e dendriti primarie mentre non sono presenti dendriti secondarie.
I risultati vengono confermati dallo studio di Yadroitsev et al. [78]. In questo
caso i picchi dello spettro XRD risultano più ampi e di minor intensità.
La velocità di solidificazione e quindi la microstruttura risultante sono collegati
al grado di sottoraffreddamento cinetico: ∆𝑇𝑘 =𝑣𝑠
𝜆 , dove λ è il coefficiente
cinetico all’intefaccia solido-liquido, che dipende a sua volta dalla costante di
Boltzmann, dalla temperatura della fase liquida e dalla velocità del suono.
Secondo Fisher et al. [79], per elevate velocità si ha un elevato grado di
sottoraffreddamento cinetico che favorisce la nucleazione da cui segue
l’affinamento della microstruttura e la diminuzione della distanza
interdendritica. Al contrario le basse velocità comportano un’elevata densità di
energia e quindi l’aumento delle temperature. Il calore tende ad accumularsi
intorno alle dendriti favorendone l’accrescimento [80]. Per energie ancora più
elevate si verifica la ricristallizzazione degli strati adiacenti [81].
Alla luce della reazione tra velocità del laser e la microstruttura, R. Li et al. [72]
conducono uno studio su componenti SLM-316L con struttura a gradiente di
densità in cui i campioni vengono prodotti facendo variare la velocità del laser.
La potenzialità di questo processo risiede nel riuscire a produrre componenti a
densità variabile ossia con elevata porosità e allo stesso tempo elevate proprietà
meccaniche.
42
La velocità del laser viene fatta variare da 90 a 180 mm/s con incrementi di 30
mm/s; potenza, hatch spacing e spessore dello strato rimangono costanti mentre
l’ambiente di processo viene protetto con argon. Incrementando la velocità del
laser diminuiscono le dimensioni del melt pool, lo spessore delle tracce e il grado
di penetrazione del laser.
Nelle sezioni parallele alla direzione del laser di Figura 26, all’aumentare della
velocità si osservano melt pool sempre più piccoli e pori di dimensioni crescenti
e forma irregolare.
Figura 26 - metallografia delle quattro zone processate a differenti velocità, come
schematizzato in alto. [72]
Tra il centro e i bordi del melt pool sussiste un elevato gradiente di temperatura
da cui dipendono le tensioni superficiali, la convezione Marangoni e le forze
capillari che regolano il flusso della fase liquida [39, 82].
Incrementando la velocità del laser il materiale raggiunge una temperatura
inferiore, portando a fusione una minor quantità di polvere. Pertanto i melt pool
avranno dimensioni più ridotte e maggiore concavità. Questo cambiamento della
43
morfologia è collegato all’aumento dell’angolo di contatto e quindi ad una
minore bagnabilità tra strato solido e fase liquida, ascritto ad un aumento di
viscosità. Il processo di formazione dei pori è quindi collegato alla geometria dei
melt pool. A basse velocità il melt pool è abbastanza grande da permettere la
perfetta adesione della traccia a quelle adiacenti, scongiurando la presenza di
pori; ad elevate velocità non si verifica più sovrapposizione e tra le tracce si
formano delle cavità (si rimanda allo schema di Figura 23). L’incremento di
viscosità associato ad un aumento della velocità comporta scarse proprietà
reologiche della fase liquida, impedendo il riempimento dei pori.
Scarsa adesione tra gli strati e le tracce si verifica anche per elevati valori di scan
spacing, insufficienti a garantire un grado di sovrapposizione ottimale [83].
2.3. Proprietà meccaniche in relazione al processo SLM
2.3.1. Durezza
Eseguendo un confronto tra i valori di durezza misurati nei componenti di 316L
prodotti con laser melting e quelli della medesima lega ottenuta con i metodi
tradizionali, i primi sono superiori ai secondi del 50% [84]. Il decremento della
durezza in seguito a trattamento termico induce a pensare che a migliorare le
proprietà siano le numerose dislocazioni presenti a bordo cella e intorno alle
nano-inclusioni. La rete di dislocazioni agisce da rinforzo, bloccando la
formazione e lo spostamento di nuove dislocazioni durante l’indentazione.
Questo, oltre alla microstruttura fine, rappresenta l’unico meccanismo di
rinforzo, non essendo possibile rinforzare l’acciaio mediante trattamento termico
[63] .
Numerosi studi in letteratura concordano circa la teoria che la densità di energia
sia correlata alle proprietà meccaniche, in particolare per valori intermedi di
energia è possibile ottenere il massimo picco di durezza. Nello studio di J. A.
Cherry et al. [69] i campioni SLM-316L processati per valori differenti di
densità di energia presentano massima durezza, 225 HV, in corrispondenza di
44
125 J/mm³ di energia; incrementando ulteriormente il livello di energia si ha un
decadimento generale delle proprietà. Un risultato analogo viene riportato nello
studio D. Wang et al. [61] che riportano l’andamento della durezza in funzione
della densità di energia (Figura 27a). Il valore massimo si ottiene, anche in
questo caso, per 125 J/mm³ con un valore di 286.1 𝐻𝑉0.1 .
Figura 27 - (a) confronto tra le microdurezze ottenute per diverse densità di energia;
(b) andamento della resistenza a trazione e dell'allungamento in funzione della densità
di energia [61].
Questi risultati sono correlati alla presenza di difetti: per basse densità di energia
si formano vuoti di grandi dimensioni tra gli strati, dovuti alla mancanza di
coesione tra i melt pool, che causano la diminuzione della densità (Figura 28). Il
valore minimo di durezza si registra in corrispondenza del valore di densità di
energia minimo in quanto i numerosi pori collassano sotto carico. Anche
l’ingrossamento dei grani contribuisce a ridurre la durezza del materiale.
Figura 28 - andamento della densità relativa in funzione della densità di energia di
acciaio SLM-316L [61].
45
Di fatti la densità di energia è inversamente proporzionale alla velocità del laser.
Pertanto è possibile controllare la densità, e quindi la durezza, regolando la
velocità del laser: con una velocità inferiore a 90 mm/s si ottiene una densità pari
al 96% di quella teorica, raddoppiando la velocità si ottiene una densità relativa
del 65% [72]. Un effetto analogo si ottiene se aumenta lo scan spacing [83].
Aumentando invece la potenza, la densità aumenta e si ottengono resistenza a
taglio, durezza e densità maggiori.
Se si considera l’effetto dell’orientamento del provino combinato a quello dei
parametri di processo si ottiene che nei provini prodotti orizzontalmente,
l’effetto combinato di potenza e scan spacing non influisce significativamente
sul valore della durezza (Figura 29). Nei provini costruiti verticalmente (Figura
30) se si aumenta la potenza si ottengono valori elevati di durezza, sia che la
velocità del laser sia alta o bassa. L’effetto della variazione di potenza è più
significativo sulla durezza alle basse velocità. Analoghe considerazioni vengono
riportate per i valori di durezza in funzione di potenza e scan spacing.
Figura 29 - grafico 3D per i provini prodotti orizzontalmente; durezza in funzione di
potenza e scan spacing [83].
Figura 30 - grafici 3D dei provini prodotti verticalmente; (a) durezza in funzione di
potenza e velocità; (b) durezza in funzione di potenza e scan spacing [83].
a b
46
In entrambi i casi, ossia direzione di costruzione verticale e orizzontale, le
proprietà dei componenti finali presentano anisotropia. I due modelli
differiscono soprattutto per un diverso numero di strati necessari a completare il
componente, direzione di solidificazione e numero di supporti necessari alla
deposizione degli strati. Cambia anche l’orientamento della struttura interna a
livello dei melt pool e l’orientamento dei difetti.
Nello studio di Y. Zhong [60] i valori di microdurezza dei provini realizzati con
SLM sono compatibili a quelli dei provini di riferimento, realizzati con processi
tradizionali e trattati con HIP. Lungo la superficie laterale si nota un gradiente
di durezza tra la parte superiore e quella inferiore. La causa sono le nano-
inclusioni (silicati) descritte anche in altri studi [85]. Si osserva che nella parte
superiore è presente un minor numero di nano-inclusioni rispetto alla parte
inferiore perchè durante il processo la percentuale di ossigeno che residua nella
camera cala a causa delle reazioni di ossidazione (Figura 31). Tali nano-
inclusioni di ossidi di silicio agiscono da rinforzo nel materiale, aumentandone
la durezza.
Figura 31 - immagini SEM di acciaio SLM-316L: (a) parte superiore del componente;
(b) parte inferiore del componente [60].
2.3.2. Resistenza a trazione e resilienza
In letteratura molti autori riportano che il selective laser melting permette di
ottenere migliori proprietà resistenziali rispetto a quelle dei getti tradizionali o
dei componenti forgiati, per la microstruttura fine [86] e l’elevata densità di
dislocazioni [87]; i pori di grandi dimensioni sono la causa della ridotta duttilità
47
dei componenti [88]. Tuttavia, è bene anche tenere conto delle elevate tensioni
residue che spesso caratterizzano i pezzi processati tramite SLM. Le frequenti
espansioni e contrazioni termiche inducono tensioni anche superiori alle
proprietà resistenziali del materiale, causando distorsioni, innesco di cricche
oppure decremento della resistenza meccanica del componente [46].
Altro fattore che influenza il comportamento meccanico è la direzionalità dei
grani, che causa anisotropia delle proprietà [89]. La variazione della resistenza
meccanica a seconda della direzione di carico è dovuta ai difetti localizzati tra
gli strati pertanto nei provini prodotti verticalmente la resistenza meccanica è
minore rispetto a quelli costruiti in orizzontale [90]. Questi ultimi hanno
resistenza a trazione superiore a quella indicata dall’ASTM per l’acciaio 316L
da deformazione plastica (515 MPa) e allungamento analogo. A 125 J/mm³ la
tensione ultima e l’allungamento sono massimi e pari a 590 MPa e 21.1% (Figura
27b) [61]. La frattura è principalmente di tipo duttile e la dimensione dei dimples
è compatibile a quella delle celle.
I valori di tensione ultima minori sono stati ottenuti per densità di energia di
104.17 J/mm³. Sulla superficie di frattura le zone di innesco e rapida
propagazione della frattura sono cavità di 3-5 µm. I dimples di dimensioni minori
si osservano sulla superficie di frattura del provino prodotto a 125 J/mm³ mentre
quelli di dimensioni maggiori si osservano sui provini prodotti con 178.57
J/mm³. Le dislocazioni vengono arrestate dai numerosi bordi di grano,
migliorando le proprietà resistenziali. A differenza dei componenti rinforzati
mediante lavorazione a freddo, in cui incrementa la resistenza a trazione e si
riduce la duttilità, con SLM si ha un affinamento del grano e quindi un
incremento delle proprietà resistenziali senza perdita di duttilità [61].
Risultati diversi vengono riportati nello studio di Y. Zhong et al. [60] in cui la
lega 316L viene processata con SLM per ottenere barre cilindriche di dimensioni
Φ 17 x 150 mm e barre rettangolari di dimensioni 70 x 11 x 11 mm per la prova
di trazione e quella Charpy- V.
48
I parametri utilizzati sono: velocità di 1000 mm/s, scan spacing di 0.1 mm e una
potenza massima di 200 W, con strategia laser di tipo Stripe rappresentata in
Figura 32b.
Figura 32 - (a) immagine che riassume le direzioni di riferimento del processo e i
provini; (b) schema della strategia laser utilizzata, Stripe [60].
Tra i risultati vi sono la tensione di snervamento (487±3 MPa), la tensione
ultima (594±4 MPa) e l’allungamento (49±4%), misurati lungo la direzione di
costruzione ovvero quella meno resistente [91], superiori ai valori di confronto
ottenuti con provini di riferimento di massima densità e trattati con HIP (220
MPa, 525 MPa, 45%). I test sono stati condotti anche a temperature elevate
(250°C) in cui si verifica una diminuzione sia della resistenza a trazione che della
duttilità. Al contrario aumenta l’energia assorbita durante la prova Charpy-V.
I valori elevati della tensione di snervamento possono essere attribuiti alle
dimensioni sub-micrometriche delle celle contenute nei grani colonnari di
dimensioni 50-100 µm, i cui bordi bloccano il movimento delle dislocazioni
[92].
A differenza di altri studi, si afferma che con selective laser melting è possibile
rinforzare il materiale senza perdere duttilità, teoria confermata anche da A.
Riemer et al. [93]. Viene messo in evidenza che la strategia utilizzata nello studio
(Stripe) non è quella che minimizza le tensioni e che lo spessore dello strato può
essere ottimizzato per ridurre la quantità di difetti e implementare il
comportamento del materiale. Come strategia ottimale viene indicata la tipologia
island (Figura 32b).
49
Le superfici di frattura dei test a trazione presentano sia dimples sub-
micrometrici sia caratteristiche delle fratture fragili. I campioni sottoposti a
carico durante la prova di trazione a temperatura elevata (250 °C) risultano più
fragili rispetto a quelli posti in trazione a temperatura ambiente, pertanto con
l’aumentare delle temperature la duttilità diminuisce, in accordo con i risultati
delle prove di trazione riportati in Tabella 2 [60]. Sulle superfici di frattura sono
visibili molte cavità di dimensioni variabili tra 10 µm e 150 µm, che aumentano
con la temperatura (Figura 33a e Figura 33b). Si ipotizza che questi vuoti
possano essere siti critici di innesco della frattura. Sono visibili anche polveri
sferiche non fuse all’interno delle cavità di grandi dimensioni, indicate dalla
freccia bianca in Figura 33c. Durante i test di trazione, nelle aree fragili e a bassa
densità, i melt pool si separano lasciando delle cavità sulla superficie di frattura
[60].
Tabella 2- proprietà meccaniche dei campioni SLM SS316L [60] , HIP SS316L [94] e
design criteria [95].
50
Figura 33 - frattografie SEM dei test a trazione: (a)