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Attività di alternanza scuola-lavoro. Parte seconda
Relazione
Lorenzo Dattile
2
Indice
Introduzione ………………………………………………………………………………….
3
1. Automazione ……………………………………………………………………………
3
1.1 Sistemi di controllo nell’industria cartaria ……………………………………………….
6
2. Energia, un concetto sviluppatosi anche nelle cartiere ……………………………………
8
2.1 L’energia elettrica ……………………………………………………………………….
8
2.2 L’energia termica ………………………………………………………………………..
9
2.3 La cogenerazione ………………………………………………………………………...
10
2.4 Fonti energetiche utilizzate in Sofidel …………………………………………………...
12
2.5 L’impianto fotovoltaico ...………………………………………………………………..
13
2.6 L’impianto idroelettrico ………………………………………………………………….
13
2.7 Indici di performance energetica ………………………………………………………...
14
3. Trattamento acque …………………………………………………………………………
15
4. Controllo parametri di processo …………………………………………………………...
17
5. Raffinazione ……………………………………………………………………………….
21
6. Conclusioni ………………………………………………………………………………..
22
.
3
Introduzione
Il presente elaborato ha ad oggetto il secondo periodo di alternanza scuola-lavoro che ho svolto
nella cartiera Sofidel in Porcari (LU), via Lazzereschi 23.
Mentre la precedente relazione riferita al primo periodo di alternanza scuola-lavoro era
maggiormente incentrata sul funzionamento in generale della cartiera e sui processi di produzione,
la presente relazione ruoterà in maniera prevalente attorno agli aspetti della automazione, energetici
e chimici.
1. Automazione
Il primo argomento trattato durante l’alternanza scuola-lavoro è stato quello dell’automazione. Per
automazione s’intende quella tecnologia che usa sistemi di controllo (come circuiti logici) per
gestire macchine e processi, riducendo così l’intervento dell’uomo. Questo è reso possibile grazie
all’introduzione di “automatismi” (dispositivi a variazioni di determinate grandezze) nelle
macchine, che comandano operazioni prestabilite che si compiono da sé.
L’ automazione cartaria è composta principalmente dai seguenti elementi:
1. strumentazione;
2. collegamenti in campo;
3. azionamenti;
4. PLC;
5. SCADA;
6. DCS.
7. QCS
1. Strumentazione
Fanno parte della strumentazione cartaria i trasmettitori, gli attuatori, i sensori di stato, i comandi di
stato.
I trasmettitori sono dispositivi che, posizionati sul processo, osservano continuamente una
grandezza fisica e la trasformano in un segnale elettronico o digitale standard (misuratori di
pressione, portata, temperatura, livello, consistenza, pH ecc...).
Gli attuatori sono quei dispositivi che, disposti sul processo, modificano in continuo una grandezza
fisica in base a un segnale elettronico o digitale standard (valvole,motori ecc..).
I sensori sono strumenti che, installati sul processo, inviano un segnale elettronico o digitale
standard per indicare il conseguimento di una certa condizione (pressostati,termostati, ecc …).
I comandi di stato sono apparecchiature che, sul processo, comandano una determinata operazione
attraverso un segnale elettronico o digitale (comandi on /off per accendere/spegnere motori elettrici
ecc…). Durante l’attività di alternanza ho potuto vedere tutti questi strumenti e capire le loro
metodologie d’intervento.
2. Collegamenti in campo
I calcolatori di processo sono collegati alla strumentazione in campo secondo due possibili
standard: quello elettronico e quello digitale. Nella soluzione tradizionale (Fig.1) ogni strumento è
collegato con il suo cavo elettrico ad una scheda di interfaccia di ingressi e uscite del sistema di
controllo. Con questo metodo si facilita la manutenzione elettrica. Con la soluzione digitale (Fig.2),
i calcolatori di processo e gli strumenti in campo sono collegati da un unico cavo elettrico (“bus di
campo”) su cui comunicano digitalmente e cioè attraverso successioni di stati elettrici (alti o bassi)
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secondo modalità standard. Si risparmia così sui cavi e sull’impianto. Quest’ultimo sistema presenta
però due inconvenienti fondamentali:
- la rottura del cavo produce un malfunzionamento nella comunicazione digitale tra tutti gli
strumenti collegati al calcolatore;
- l’unità di gestione dei dati e lo strumento devono parlare lo stesso linguaggio.
Fig.1 Fig.2
3. Azionamenti
Sono apparecchiature che servono a portare e a mantenere la macchina della carta a una certa
velocità di produzione. Comprendono i motori e i lori controllori. I motori sono di grande potenza,
in corrente continua o alternata. I motori sono comandati da controllori elettronici:
- inverter nel caso di motori a corrente continua;
- “a tiristori” per motori a corrente continua.
Ogni motore in macchina è comandato separatamente ed è asservito ad un controllore master che
stabilisce la velocità principale di produzione.
4. PLC
PLC (Programmable Logic Controller) è un unità
intelligente proposta al controllo dei macchinari, e
caratterizzata da velocità d’azione. Nato per i processi
industriali discontinui, il PLC (Fig.3) gestisce tipicamente
in cartiera le logiche veloci di molti macchinari (pope,
bobinatrice ecc..). Recentemente il PLC è stato usato per
il controllo di processi continui, collegando più PLC tra di
loro e con uno o più PC in supervisone (ossia lo SCADA).
Il PLC gestisce una quantità di dati in input e output in
funzione di quanto è potente la sua CPU; più questa è
potente, maggiore è il numero di entrate ed uscite
analizzata dall’unità intelligente. Fig.3
5
5. SCADA
SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition) (Fig.4) è un sistema informatico distribuito
per il monitoraggio elettronico di sistemi fisici. È composto da:
- uno o più sensori per misurazioni di grandezze fisiche;
- uno o più controllori;
- un sistema di telecomunicazione tra microcontrollori e il supervisore (la rete Enthernet);
- un computer supervisore che raccoglie periodicamente dati dai microcontrollori.
Ha diverse funzionalità (Fig.5):
- acquisizione dei dati: per regolare una variabile è necessario un sistema di lettura della
variabile in gioco;
- supervisione: controllare la veridicità del valore della misura riportato dal DCS;
- controllo: una volta “letta” la variabile si decide quali sono i valori che deve avere per fare
in modo che il processo “scorra” nel migliore dei modi.
Fig.4 Fig.5
6. DCS
DCS (Distributed Control System) (Fig.6) è un sistema di controllo distribuito costituito da una rete
digitale a cui sono collegate delle unità intelligenti (le “stazioni”). Le stazioni pongono in rete le
informazioni che esse elaborano, e ne estraggono quelle di cui hanno bisogno. Grazie al DCS le
stazioni-operatori sono quelle dedicate all’interfaccia con l’utente, caratterizzata da video o schemi
su cui l’operatore vede i parametri di processo, e con cui comanda le regolazioni necessarie per la
gestione del processo su cui l’operatore. In Sofidel le stazioni-operatori sono raccolte in una sala di
controllo (Control Room).
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Fig.6
7. QCS
QCS (Quality Control System), o sistema di controllo in linea, è un sistema che misura e regola in
continuo le caratteristiche qualitative del foglio di carta in produzione. È formato da:
- un “ponte di scansione” (struttura meccanica di supporto);
- dei sensori che scorrono continuamente nel Ponte di Scansione, rilevando e caratteristiche del
foglio;
- dei programmi di regolazione in continuo, in senso trasversale e longitudinale.
I parametri più controllati dal QCS sono la grammatura, l’umidità e lo spessore. In Sofidel è stato
introdotto nel QCS anche la misura della morbidezza, qualità della carta molto richiesta dalla
clientela oggigiorno soprattutto per quanto riguarda il settore del tissue.
1.1 Sistemi di controllo nell’industria cartaria
I sistemi di controllo nell’industria di processo (come quella delle cartiere) hanno solitamente la
struttura illustrata nella Fig.7. Al livello più basso troviamo lo strato di controllo diretto, che
controlla in genere le variabili di processo fondamentali, quali temperatura, pressione, flussi e
concentrazioni, mediante opportuni sensori (in particolare misuratori di concentrazione, di
conduttività, di pH, gascromatografi, sonde infrarosse). Lo strato di controllo supervisivo coordina
il controllo di una componente o di alcune componenti del processo strettamente connesse, nonché
l’azione di diversi anelli di controllo, cercando di mantenere le condizioni del processo vicine a
quelle ottimali, garantendo nel contempo che non vengano violati i vincoli operativi. Le variabili
controllate dai controllori di supervisione possono essere delle misure dirette sul processo, delle
variabili calcolate o stimate da tali misure, o le uscite di un controllore diretto. Le condizioni
ottimali che i controllori di supervisione cercano di mantenere possono essere determinate da uno
strato di controllo di ottimizzazione in tempo reale (RTO, Real Time Optimization). Lo strato RTO
identifica tali condizioni ottimali risolvendo un problema di ottimizzazione che coinvolge modelli
dei costi di produzione, dei valori dei prodotti (eventualmente dipendenti dalla qualità) e del
processo stesso. chimico. Lo strato di controllo di più alto livello tra quelli illustrati nella fig è lo
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strato di pianificazione e
programmazione della produzione, che
determina quali prodotti devono essere
generati e quando. Questo strato
necessita di informazioni dal
dipartimento vendite sulle quantità da
produrre per i diversi prodotti, le
scadenze per le consegne ed
eventualmente i prezzi. Il controllo
automatico è quello più diffuso (nei
processi industriali come le cartiere) e
ha rappresentato la natura
dell’evoluzione nel controllo di
processo, motivata da:
- passaggio da processi
discontinui a continui di
crescente complessità;
- esigenza di affrancare l’uomo da
operazioni ripetitive;
- necessità di mantenere le
specifiche più ristrette sui prodotti. Fig.7
Il processo è una rete di cambiamenti, attività o azioni collegate tra loro. Il processo industriale è un
procedimento attraverso il quale avviene la trasformazione del prodotto grezzo in semilavorato o
prodotto finito. Anche se il processo è stabile, il controllo si rende necessario per evitare un arresto
dovuto a condizioni operative indesiderate. Numerosi sono i motivi per cui controllano:
1) stabilizzare il processo;
2) assicurare la regolarità del processo;
3) minimizzare l’impatto ambientale;
4) ottenere la qualità desiderata del prodotto;
5) ottenere il tasso di produzione voluta;
6) ottimizzare il funzionamento del processo;
7) evitare il funzionamento manuale.
In scienza dell'automazione, il controllo automatico di un dato sistema dinamico (di un motore, di
un impianto industriale, di una funzione biologica come il battito cardiaco) si prefigge di modificare
il comportamento del sistema da controllare, ovvero delle sue uscite, attraverso la manipolazione
delle grandezze d'ingresso. Un sistema automatico di controllo può funzionare essenzialmente in
due modi: come controllo ad anello aperto o come controllo in retroazione.
In una regolazione ad anello aperto (o predittiva o feed-forwad control) vengono effettuato certe
azioni e operazioni su attuatori per ottenere un certo risultato finale. A seconda della presenza di
disturbi durante il processo il risultato della regolazione sarà più o meno conferme alle aspettative.
Il controllo ad anello chiuso (o in retroazione o all'indietro o feedback), più complesso ma molto più
flessibile del primo, può rendere stabile un sistema che di per sé non lo è affatto; viene fatta
un’azione di controllo, si verifica uno o più effetti e, in funzione del fatto che questo o questi siano
positivi o negativi, si agisce con un ulteriore controllo fino a quando l’errore generatosi dalla
differenza tra la misura della variabile controllata e il valore desiderato è pari a 0.
La presenza di retroazione fornisce ad un sistema le seguenti caratteristiche:
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- aumento di precisione;
- riduzione degli effetti delle non linearità e delle distorsioni;
- aumento della banda passante (ossia quel campo di frequenze per cui il sistema risponde in
modo soddisfacente);
- tendenze all’oscillazione o all’instabilità.
2. Energia, un concetto sviluppatosi anche nelle cartiere
Per energia si intende la grandezza che esprime la capacità di un sistema di compiere un lavoro e
che, avendo le dimensioni fisiche di quest'ultimo, viene misurata in joule. Può manifestarsi in varie
forme:
- meccanica;
- elettronica;
- termica;
- chimica;
- nucleare.
Le principali forme di energia che utilizzano le cartiere ed in particolare Sofidel sono quella
elettrica e termica.
2.1 L’energia elettrica
Per capire al meglio l’energia elettrica si devono innanzitutto fissare alcuni concetti di base: la
potenza elettrica (in watt o w) è il prodotto del potenziale elettrico (in volt) per l’intensità (in
ampere). A titolo esemplificativo, si pensi ad una cascata dove altezza e larghezza sono,
rispettivamente, il potenziale elettrico e l’intensità. Moltiplicando la potenza elettrica per il tempo
si ottiene l’energia elettrica (in wattora o wh).
Per avere una idea chiara del consumo di energia elettrica da parte della Sofidel si devono
conoscere alcune equivalenze:
- 1 MVh = 1000 kVh = 1000000 Wh;
- 1 kVh = 10 ore di funzionamento di una lampadina da 100 W.
Una famiglia italiana consuma mediamente 2700 kWh l’anno. Sofidel consuma mediamente
915941 MVH l’anno ed una quantità di energia elettrica equivalente a quella di 339000 famiglie
italiane.
L’energia elettrica si può produrre in vari modi:
- produzione termoelettrica;
- produzione idroelettrica;
- produzione eolica;
- produzione geotermica;
- produzione nucleare.
L’energia elettrica come si vede dall’ immagine … per essere trasportata dopo che è stata prodotta
dalla centrale di generazione viene convertita in alta tensione da una trasformatore in modo da poter
impiegare per il suo scorrimento cavi più fini rispetto a quelli che si dovrebbero utilizzare per bassa
tensione e anche per il fatto che ci sarebbero meno dissipazioni. Vengono impiegati i tralicci per la
trasmissione ed un trasformatore riduttore che ritrasforma la tensione della corrente da alta a bassa.
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In Sofidel l’alta tensione della corrente elettrica (circa 132 kVolt) viene convertita in media (15
kVolt) da trasformatori elettrici (Fig.8). Accanto a questi trasformatori sono presenti gli interruttori
generali, ovvero quei dispositivi elettronici in grado di interrompere un circuito elettrico. Vengono
definiti generali perché quando sono aperti non consentono il passaggio della corrente in tutti i
settori della cartiera che richiedono l’energia elettrica per poter funzionare. Dopodiché la corrente
passa in altri trasformatori che la convertono in bassa tensione (400 Volt) in modo che possa essere
distribuita in modo semplice e meno pericoloso. La corrente procede verso PCC una sorta di
interruttori che avviano o interrompono l’afflusso di corrente elettrica nelle vari fasi del processo di
produzione della carta (come la Preparazione Impasti). Poi la corrente si dirige verso gli MCC
(Motor Control Cabinet) (Fig.9) anche questi interruttori che si differenziano dai PCC perché
inviano corrente elettrica ai motori delle varie macchine delle varie sezioni di produzione (ad
esempio pulper, depastigliatore…). Ad esempio nel caso in cui dovessimo fare manutenzione al
pulper dovremmo aprire gli MCC poiché se aprissimo i PCC fermeremo anche le altre macchine
come depastigliatori, raffinatori…
Fig.8 Fig.9
2.2 L’energia termica
È la capacità di un corpo di generare calore. Ogni corpo a una temperatura superiore allo zero
assoluto (-273,15 ° C) genera calore.
In cartiera l’energia termica viene per la maggior parte prodotta attraverso reazioni chimiche di
combustione. Per avere energia termica vengono utilizzati i seguenti combustibili (sostanza chimica
che viene ossidata nel processo di combustione producendo energia):
a) gas naturale;
b) biomassa.
a) Gas naturale
È un gas prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico. Si trova comunemente
allo stato fossile, insieme al petrolio, al carbone o da solo in giacimenti di gas naturale. Il suo
principale componente è il metano (CH4), la più piccola delle molecole degli idrocarburi. Di solito
contiene anche altri idrocarburi gassosi più pesanti come etano (C2H6), butano (CH3CH2CH2CH3),
propano (CH3CH2CH) nonché pentano (C5H12). La portata di gas naturale si calcola in m3. Tale
portata per il potere calorifico (Wh/m3) fornisce il valore dell’energia prodotta. In un anno una
famiglia italiana consuma mediamente 100 m3 di gas naturale; Sofidel invece ne consuma una
quantità equivalente a quella di 223000 famiglie italiane.
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b) Biomassa
Si tratta di materiale organico prodotto per fotosintesi e utilizzato per generare energia. Sofidel
utilizza gli scarti del legno come materiale organico. Le biomasse e i combustibili da esse derivati
emettono nell'atmosfera, durante la combustione, una quantità di anidride carbonica più o meno
corrispondente a quella che viene assorbita in precedenza dai vegetali durante il processo di
crescita. L'impiego delle biomasse ai fini energetici non provoca quindi il rilascio di nuova anidride
carbonica, principale responsabile dell'effetto serra. Inoltre, data la loro natura, la biodegradabilità
costituisce un ulteriore vantaggio per l'ambiente.
2.3 La cogenerazione
Molte cartiere, tra cui Sofidel, sono provviste di impianti cogenerativi (detti cogenaratori) sia per la
produzione di energia elettrica (sotto forma di corrente alternata) che di quella termica (sotto forma
di vapore acqueo). Spesso si pensa erroneamente che questi impianti producano energia rinnovabile,
ma in realtà generano energia detta “da fonti fossili”. In una cartiera l’impianto di cogenerazione
(Fig.10) è composto generalmente da:
1) turbina a gas e generatore elettrico;
2) caldaia a recupero;
3) degasatore;
4) caldaia di riserva.
Fig.10
1) La turbina a gas e il generatore elettrico
Come si può notare nella Fig.11 l’aria è aspirata e compressa dal compressore che la immette in
camera di combustione. Qui viene miscelata al combustibile (gas naturale). Dopodiché la turbogas
trasforma l’energia termica contenuta nel gas metano in un lavoro meccanico che permette di far
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girare il generatore elettrico e generare energia elettrica. In alternativa si può avere un classico
motore a combustione interna.
Fig.11
2) Caldaia a recupero
I fumi di scarico della turbina (che sono ad una
temperatura di circa 500 °C) fluiscono nella caldaia a recupero (Fig.12) che li utilizza per
riscaldare dell’acqua e trasformarla in vapore. Il
vapore verrà poi utilizzato nel processo di
produzione della carta.
Fig.12
Fig.13
3) Degasatore
In un circuito vapore-condense si hanno inevitabili perdite che
vengono reintegrate con acqua fresca. L’acqua fresca contiene
al suo interno diversi gas disciolti (quali ossigeno e anidride
carbonica) che devono essere necessariamente eliminati prima
che l’acqua venga surriscaldata per diventare vapore).
L’ossigeno disciolto provoca gravi forme di corrosione con
produzione di depositi di ossidi. L’anidride carbonica si
combina invece con l’acqua per formane acido carbonico che
provoca ulteriore corrosione. Il degasatore (Fig.13) ha dunque la
funzione di eliminare tali gas
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4) Caldaia di riserva
È una caldaia (Fig.14), di solito a gas, che viene usata per produrre vapore quando il cogeneratore è
fermo.
Fig.14
Sofidel ha molti impianti di cogenerazione:
- due turbine in Soffass Cartiera Via Lazzareschi (la sede dove ho svolto l’attività di
alternanza);
- una turbina in Soffass Via Leccio;
- un motore in Soffass Valdottavo;
- un motore in Soffass Val Fegana;
- un motore in Soffass Monfalcone;
- due motori a Haines City (USA);
- una turbina in Sofidel Poland (PL).
2.4 Fonti energetiche utilizzate in Sofidel
Prima di procedere all’analisi delle fonti energetiche utilizzate in Sofidel, è necessario occuparci
della loro distinzione in:
- primarie, quelle che non devono essere sottoposte ad alcuna conversione o trasformazione
da parte umana (gas naturale, energia elettrica,…);
- secondarie, quelle che hanno subito un processo di conversione o trasformazione all’interno
degli impianti (vapore, aria compressa,…).
In Sofidel (e nelle cartiere in generale) l’energia elettrica viene prodotta per il funzionamento di
motori, pompe e compressori mentre il gas naturale è utilizzato nei bruciatori a gas per la
generazione di aria calde per le cappe e nelle caldaie (impianti di cogenerazione) per la produzione
di vapore in pressione per il monolucido (e energia elettrica).
Il vapore viene utilizzato per l’asciugamento della carta nello yankee, mentre l’aria compressa viene
usata per gli azionamenti pneumatici e per la pulizia.
In Sofidel il ciclo vapore è strutturato in modo semplice ed efficace: l’acqua condensata sottoforma
di vapore grazie alla caldaia a recupero fluisce verso il monolucido per riscaldare la carta ancora
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molto umida (circa 40% d’acqua contenuta al suo interno). Prima di arrivare al monolucido, il
vapore scorre attraverso l’eiettore (detto anche turbocompressore); un fluido motore in pressione (in
questo caso vapore a circa 206° C e una pressione di 18 bar) viene accelerato attraverso una
strozzatura e, per "effetto Venturi", crea una depressione tale da aspirare un secondo fluido (il
vapore contenuto nell’acqua condensata originatasi dopo che il vapore ha raggiunto lo yankee),
effettuando così la miscelazione dei due. Le molecole di vapore contenute nell’acqua condensata
vengono separate grazie al barilotto condense che funziona per gravità: il gas avendo una densità
minore dell’acqua tende ad andare verso l’alto. Le condense tornano al degasatore per eliminare i
gas disciolti al loro interno ed infine al cogenearatore.
L’aria compressa viene utilizzata invece per gli azionamenti pneumatici e per la pulizia.
In cartiera l’aria viene aspirata e compressa da un imponente compressore. Dato che l’aria terrestre
è ricca di vapore acqueo, quella prelevata passa al deumidificatore dove viene rimossa l’acqua al
suo interno (che potrebbe causare rotture di macchinari). L’aria viene convogliata in un polmone
per evitare eccessive fluttuazioni. Dopodiché viene inviata agli azionamenti.
2.5 L’impianto fotovoltaico
Questi sistemi (Fig.15) generano energia
rinnovabile. Per energie rinnovabili si
intendono quelle forme di energia che si
rigenerano in tempi brevi se confrontati con
tempi caratteristici della storia umana. Esso
sfrutta l’energia solare incidente per produrre
energia elettrica. È composto da:
- celle fotovoltaiche;
- inverter, elemento che trasforma la
corrente elettrica prodotta dalle celle da
continua ad alternata (più facile da
trasportare e unica che può essere
immessa in rete). Fig.15
Sofidel dispone di 3 impianti fotovoltaici:
- Soffass Cartiera in Via Lazzareschi;
- Soffass in Via Fossanuova;
- Soffass in Tassignano.
Nell’anno 2016 Sofidel ha prodotto 4023525 kWh di energia elettrica pari al consumo di 1490
famiglie.
2.6 L’impianto idroelettrico
Come quelli fotovoltaici anche quelli idroelettrici producono energia rinnovabile. Esistono due
tipologie di questi sistemi produttori di energia:
- a letto fluente (più utilizzati in cartiera);
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- a bacino (diga).
I principali componenti di un impianto idroelettrico a letto fluente sono:
- presa di opera;
- condotta;
- centrale.
Gli elementi di una centrale (Fig.16) sono:
- turbina, che trasforma l’energia cinetica in energia meccanica;
- generatore, che trasforma l’energia meccanica della turbina in energia elettrica a corrente
alternata;
Fig.16
Sofidel dispone di 2 impianti idroelettrici:
- Soffass Val Fegana;
- Werra (in Germania).
Sofidel ha prodotto nel 2016 con questi impianti quasi 2000000 kWh pari al consumo di circa 750
famiglie.
2.7 Indici di performance energetica
Per fornire una chiara valutazione sulle prestazioni di consumo energetico della propria azienda, gli
energy manager mettono a confronto l’energia che la cartiera consuma con la quantità di carta che
produce.
DESCRIZIONE INDICATORE UNITÀ DI MISURA
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Consumo specifico di energia
elettrica (cartiera)
Consumo di energia elettrica
Produzione cartiera
kWh/t
Consumo specifico di energia
elettrica (converting)
Consumo di energia elettrica
Produzione converting
kWh/t
Consumo specifico di gas
naturale
Consumo di gas
Produzione cartiera
m3/t
Consumo specifico di gas
naturale
Consumo di gas
Produzione cartiera
kWh/t
Raccogliendo e analizzando i dati su questi indicatori si può:
- avere a disposizione dei dati oggettivi per capire se vengono gestiti in modo adeguato i
processi della cartiera ;
- verificare l’andamento nel tempo delle proprie prestazioni;
- stabilire gli obbiettivi di consumo specifico per ogni stabilimento;
- misurare i propri miglioramenti.
Una cartiera che produce carta tissue ha mediamente un consumo di energia per il calore di
processo tra 1800 – 2100 kWh e di energia elettrica tra 900 – 1100 kWh.
3. Trattamento acque
La cartiera utilizza nel suo processo un enorme
quantitativo di acqua. Diventa, pertanto, di
fondamentale importanza affrontare il problema
del trattamento delle acque (Fig.17) di scarico
soprattutto all’interno di una cartiera, dove
l’acqua è la materia principale in tutti i processi
di lavorazione ed attraverso i quali subisce delle
continue modifiche:
- eliminazione dell’ossigeno;
- apporto di sostanze tossiche e batteri;
- variazioni continue di temperature
soprattutto nei punti ove gli scarichi
confluiscono dando
- origine così al temuto fenomeno
dell’inquinamento. Fig.17
Ogni stabilimento pertanto viene autorizzato mensilmente allo scarico di una determinata quantità
di inquinante che non deve superare i limiti prefissati in funzione di cosa e quanto produce:
Parametri Valori
pH 5,5 – 9,5
Temperatura °C (*)
Colore Non percettibile
Odore Tracce da non arrecare molestia
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Materiali Grossolani Assenti
Materiali
Sedimentabili
0,05 cm3/l
Grassi e oli
amimali/veg
20 mg/lt
Solidi sospesi 80 ml/l
Tensioattivi tot 2 ml/l
Saggio di Tossicità Non tossico al 50%
La Sofidel prende l’acqua da utilizzare nel suo processo dalla falda idrica e dal fiume Serchio.
L’acqua del fiume poiché sporca viene depurata con il filtro a sabbia. Si tratta di un grosso
contenitore ripieno per l’appunto di sabbia. L’acqua scorre attraverso il filtro e i solidi presenti
rimangono bloccati dalla sabbia. L’acqua utilizzata nel processo cartario viene distinta
generalmente in tre gruppi:
- acque prime,ricche di fibre, fini e cariche vengono utilizzate soprattutto per la diluzioni
dell’impasto nel processo di lavorazione;
- acque seconde, meno ricche di fibre, cariche e fini, sono utilizzate per i vari lavaggi degli
impianti idrici di pulizia della tela;
- acque fresche, di origine esterna a cui si ricorre per evitare un eccessivo accumulo di
sostanze inquinanti e per reintegrare le acque evaporate in corrispondenza del monolucido o
scaricate fuori dall’impianto.
L’acqua di processo della macchina continua per essere riutilizzata in cartiera deve subire alcuni
trattamenti. Il primo trattamento dell’acqua si ha al “flottatore” dove viene divisa dalla fibra.
L’acqua flottata a sua volta entra in ingresso al decantatore; qui subisce una nuova depurazione ma
stavolta per decantazione. L’acqua in uscita dal decantatore entra in ingresso al Water Reuse o
epuratore biologico. Questo enorme macchinario ha il compito di purificare l’acqua poiché una
parte di questa verrà scaricata mentre un'altra verrà impiegata nuovamente nel processo. L’acqua è
sottoposta a 3 sistemi di filtrazione:
a) mediante l’utilizzo di fanghi attivi;
b) ultrafiltrazione;
c) osmosi interna.
a) Fanghi
Per rimuovere le sostanze inquinanti disciolte nell’acqua vengono utilizzati sistemi biologici; questi
trattamenti di depurazione agiscono in ambiente molto più concentrato in modo che le reazioni
avvengano ad una velocità notevolmente maggiore. Nel trattamento biologico si utilizza una cultura
di microrganismi in prevalenza batteri di diversa specie la cui funzione è quella di decomporre le
sostanze organiche in prodotti finali non nocivi. Queste trasformazioni possono avvenire sia in
ambiente aerobico che anaerobico: i primi utilizzano l’ossigeno disciolto nell’acqua o fornito
artificialmente in modo da contenere le condizioni favorevoli a mantenere in vita i microrganismi
ed a ottenere anche la migliore attività degli stessi. I processi anaerobici invece hanno la
particolarità di avvenire in ambienti privi di ossigeno utilizzando l’energia liberata dall’ossidazione
di prodotti inorganici o direttamente da sole. Questi processi producono una quantità di materiale
biologico flocculento che rimane attaccato alla superficie di trattamento (filtri percolatori) o rimane
disperso nel liquido da trattare (fanghi attivi). Per mantenere questa massa sempre attiva ed
utilizzabile è molto importante che il livello di ossigeno non discenda mai sotto determinati
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paramenti che altrimenti comprometterebbe il corretto funzionamento del sistema di depurazione. I
fanghi sono importanti perché “digeriscono” la fibra. L’ambiente ideale per generare questi batteri è
a pH neutro. Quindi in questo trattamento l’acqua che attraversa questi “materiali biologici” perde
le fibre presenti al suo interno.
b) Ultrafiltrazione
Dopodiché l’acqua viene ultra filtrata per eliminare i corpuscoli ancora rimasti. In pratica essa
scorre tra ripetuti filtri dove i materiali fini rimangono intrappolati.
c) Osmosi
Nel processo produttivo le acque devono presentare basse conducibilità come se fossero distillate
poiché in caso contrario potrebbero portare ad incrostazioni nelle tubazioni. Nonostante questi due
sistemi di filtrazione, l’acqua presenta un elevata conducibilità a causa dell’alto contenuto di Sali.
L’osmosi inversa rappresenta la più fine tecnica di filtrazione dell'acqua, in quanto non consiste
semplicemente in un ostacolo fisico (determinato dalle dimensioni dei pori) al passaggio
delle molecole, ma sfrutta la diversa affinità chimica delle specie con la membrana, permettendo
infatti il passaggio delle molecole idrofile (o water-like), cioè chimicamente simili all'acqua (ad
esempio gli alcoli a catena corta). Pertanto affinché venga abbassata la conducibilità e quindi ridotto
il contenuto di Sali disciolti, l’acqua subisce una desalinizzazione per essere poi rimandata nel ciclo
delle acque fresche.
L'osmosi inversa , detta anche iperfiltrazione, è il processo in cui si forza il passaggio delle
molecole di solvente dalla soluzione più concentrata alla soluzione meno concentrata ottenuto
applicando alla soluzione più concentrata una pressione maggiore della pressione osmotica (cioè la
pressione che occorre applicare alla soluzione affinché il passaggio del solvente non avvenga). In
pratica, l'osmosi inversa viene realizzata con una membrana che trattiene il soluto da una parte
impedendone il passaggio e permette di ricavare il solvente puro dall'altra. Questo fenomeno non è
spontaneo e richiede il compimento di un lavoro meccanico pari a quello necessario per annullare
l'effetto della pressione osmotica. Vicino al trattamento per osmosi, installato su una tubazione, è
presente un misuratore di conducibilità (dell’acqua) per controllare che il valore di tale parametro
sia conforme al range di valori impostato con la calibrazione dello strumento di misura.
4. Controllo parametri di processo
Durante l’attività di alternanza scuola lavoro l’ingegner Liuzzo ha spiegato quali sono i controlli di
processo che generalmente vengono eseguiti per il buon funzionamento della cartiera. La prova
pratica è stata illustrata dall’operatore Luca Parri. I parametri di processo che abbiamo visto ed
effettuato sono i seguenti:
1) consistenza;
2) pH;
3) conducibilità;
4) domanda di carica;
5) potenziale z;
6) parametri analitici delle acque (durezza, cloruri, nitrati, fosfati, ATP, metalli pesanti, ecc…).
7) ritenzione
8) SST (solidi sospesi totali) nelle acque
1. Consistenza
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In ambito tecnico-cartario per consistenza si intende la percentuale, in peso, tra i materiali fibrosi
contenuti (nella sospensione) ed il peso totale dell’impasto. In pratica, con questa analisi viene
misurata la concentrazione dei solidi nelle acque di processo. Questa prova è importante perché
permette di testare il corretto funzionamento del misuratore di consistenza. Innanzitutto, si
prelevano 500 ml d’impasto (ad esempio dalla tina di scarico del pulper). La sospensione fibrosa
viene messa in un becher (almeno di 5 litri) ed aggiunta acqua per ottenere una diluizione 1 a 10.
Dopodiché si preleva un litro della nuova soluzione in modo che si abbia direttamente un valore in
grammi/litro come da protocollo. Parallelamente a tutto ciò si pesa un filtro di carta, si registra il
suo valore (in grammi) e si mette sopra un imbuto che presenta dei fori per far passare la soluzione
d’impasto diluita in un ampolla collegata, a sua volta, ad una pompa a vuoto che ne velocizza il
filtraggio. Non appena il litro di sospensione fibrosa diluita è stato filtrato si prende il filtro di carta
contenente solidi fibrosi e si mette in stufa per circa un ora. Poi si prende il filtro, si pesa sulla
bilancia e si sottrae questo valore a quello trovato prima in modo da ottenere la quantità di fibra.
2. pH
Il pH è un numero che indica la concentrazione di ioni di idrogeno [H+] presenti in soluzione. La
sua misura permette di controllare la qualità generale del processo. Può dipendere da:
- qualità/quantità di prodotti chimici addizionati;
- qualità/quantità dei fanghi nelle spappolate;
- variazioni del tipo di cellulosa.
Il pH può comportare ad :
- una riduzione dell’efficienza dei prodotti chimici nel caso di sue eccessive fluttuazioni;
- una diminuzione dell’idrofilicità (capacità di legarsi con l’acqua) e plasticità della fibra se il
pH è acido;
- una quantità di depositi nell’impianto (carbonati, solfati, fosfati, ecc …) quando il pH non è
gestito correttamente.
La prova consiste nell’immergere una sonda collegata ad un piaccametro (che è stato calibrato)
nella soluzione da analizzare (generalmente l’acqua di scarto del Water Reuse ovvero dell’epuratore
biologico) e sul display dello strumento quando è stato acceso e avviato verrà fornito il valore del
pH. La taratura del pH-metro si effettua immergendo il suo elettrodo in tre soluzioni tampone
rispettivamente a ph basico (10), neutro (7) e acido (4). La sonda si inserisce nella prima soluzione,
si accende lo strumento, si preme il tasto CAL e quando sul display del piaccametro compare il
valore del pH noto si passa alla seconda soluzione e poi alla terza ottenendo la completa
calibrazione dello strumento per tutti i valori di pH. Nel passare da una soluzione all’altra la sonda
deve essere bagnata con acqua non distillata poiché lo strumento rallenterebbe la velocità di lettura.
Queste acque per essere scartate devono avere un valore di PH compreso tra 5,5 e 9,5 ed una
temperatura non superiore ai 40 gradi.
3. Conducibilità
È la capacità di una soluzione di condurre una corrente elettrica ed è misurata in unità micro
Siemens per centimetro (µS/cm) ad una temperatura di 20°C. I sali disciolti nell’acqua consentono
il passaggio della corrente elettrica: un valore alto di conducibilità è indice di una elevata quantità di
sali minerali disciolti nell’acqua. Dipende principalmente dalla:
- qualità dell’acqua fresca;
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- apertura (chiusura) del ciclo delle acque;
La conducibilità deve essere tenuta il più basso
possibile. Una conducibilità elevata può produrre:
- corrosione impianto;
- formazione di depositi;
- riduzione della ritenzione;
- formazione di schiuma.
La prova inizia con la calibratura dello strumento noto
come conduttivi metro (Fig.18); il suo elettrodo
collegato viene immerso in una soluzione salina a
conducibilità nota (1413uS/cm come da protocollo) e
vengono premuti i tasti ON per accendere lo strumento e
CAL per avviare la taratura. Poi una volta calibrato, la
sonda viene immersa nelle differenti soluzioni (liquide)
che si vogliono analizzare (usualmente acque di scarto di
processo).
4. Domanda cationica
Il test viene condotto per
determinare la quantità di
polielettroliti sulla cellulosa. In
pratica la Domanda cationica indica
la presenza di sostanze organiche di
piccole dimensioni disciolte nel ciclo
(colloidi) chiamati generalmente
anionic trash (Fig.19). Queste
particelle hanno carica negativa e
quindi interferiscono con fibra per
l’utilizzo di specifici chimici (es.
resina umido resistente)
diminuendone l’efficienza. Fig.19
La prova si esegue ponendo 100 ml di campione filtrato mediante filtro di carta assorbente su un
imbuto sovrastante un cilindro di plastica. Si avvina la cella con campione da analizzare e si svuota.
Si titola il campione di 10 ml con soluzione Polyoladmac (cationico) goccia a goccia (contenuta in
una siringa da 1mm) fino a quando il valore indicato in mV non arrivi a 0. Si divide il volume di
titolante erogato dalla siringa per il volume iniziale del campione e dopo si moltiplica il risultato
ottenuto per 1000 ottenendo così un valore espresso in microequivalenti per litro come da standard.
5. Potenziale Z
Il potenziale Z è Il potenziale elettrico dell’impasto. Il potenziale Zeta è utilizzato per rilevare la
presenza di sostanze organiche disciolte nelle acque di processo (fibra,fibrille,fini). Il Mutek è lo
strumento di misura di questo parametro. Lo strumento misura la differenza di potenziale (mV) che
si forma tra i due elettrodi posti nella sezione a cono che viene riempita da fibra,fibrille e fini
Fig.18
Fig.18
20
durante l’aspirazione del campione e prima del filtro che lascia passare soltanto la parte liquida del
campione. In breve questo strumento analizza la fibra; un valore negativo nel nostro caso indica le
condizioni favorevoli per fissare sulla fibra i prodotti chimici cationici (la fibra è anionica, cioè con
valore di differenza di potenziale negativo).Questo test indica la ricettività (sensibilità) della fibra
rispetto a determinati additivi chimici con carica cationica (Es. resina umido resistente).
6.Durezza delle acqua
Un altro parametro analitico che ci è
stato spiegato dall’ingegner chimico
Giuseppe Liuzzo è quello della misura
della durezza sull’acqua. Per durezza
dell'acqua si intende un valore che
esprime il contenuto totale di ioni di
calcio e magnesio (provenienti dalla
presenza di sali solubili nell'acqua)
oltre che di eventuali metalli pesanti
presenti nell'acqua. La durezza si
misura in gradi francesi (1° f = 10 mg
CaCO3/L = 10 ppm). La misura della
durezza viene effettuata in modo
preciso titolando (misurando il “titolo”,
ovvero il volume) il campione di acqua
con una soluzione di acido
etilendiamminotetraacetico (EDTA)
(Fig.20) a concentrazione esattamente
nota in presenza di nero eriocromo
T (NET), un indicatore che forma un
complesso di colore rosa con gli ioni di
calcio e magnesio utile ad identificare
la fine della reazione.
Fig.20
7. Ritenzione
La ritenzione indica la quantità di materiali solidi presenti nell’impasto che restano sulla tela di
formazione e quindi nel foglio di carta, rispetto alla quantità totale distribuita dalla cassa d’afflusso.
Detta ritenzione di primo passaggio è quella che gli operatori misurano in cartiera e riassumibile
dalla seguente formula:
Quantità ritenuta sulla tela
Ritenzione di primo passaggio % = - x 100
Quantità in cassa d’afflusso
In realtà non è altro che il rapporto tra la differenza della consistenza in cassa d’afflusso e la
consistenza delle acque del sottotela e la consistenza in cassa d’afflusso. Si sente comunque parlare
anche di ritenzione totale della macchina continua che esprime il rapporto tra la quantità di fibra
secca inviata alla cassa d’afflusso e la quantità di carta che è arrotolata al pope.
L’aumento della ritenzione comporta alcuni effetti: migliore formazione della carta (la quale se
osservata in controluce non presenterà il fenomeno della flocculazione ovvero zone in cui vi è una
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distribuzione delle fibre non omogenea), maggiore resistenza (grazie al fatto che vi sono maggiori
legami ponte a idrogeno tra le fibre), migliore stampabilità, si riduce il consumo di prodotti chimici
e fini, acqua di processo più pulita e minore consumo energetico. Nel mondo cartaio è importante
distinguere due tipi di ritenzione:
a) meccanica;
b) chimica.
a) Ritenzione meccanica
Con il termine “ritenzione meccanica” si intende la corretta regolazione di tutte le variabili presenti
nel ciclo che possono modificare la capacità del sistema fibroso di fare “filtrazione meccanica”
trattenendo così le particelle solide sospese con dimensione maggiore di 1-2 micron. La tipologia
delle fibre e la raffinazione sono già la base di partenza per avere l’effetto di “filtrazione
meccanica”. La misurazione della raffinazione ci insegna infatti che un feltro fibroso “chiuso”
aumenta la capacità di fare “filtrazione meccanica” aumentando la ritenzione e diminuendo la
scolantentezza.
b ) Ritenzione chimica
Durante la formazione del foglio gli elementi fini dell’impasto, sia fibrosi che minerali, tendono a
passare attraverso l’intreccio fibroso e le maglie della tela di formazione dando origine al fenomeno
del “Doppio viso”, cioè ad una distribuzione non uniforme degli elementi fini nella direzione dello
spessore del foglio stesso. I fattori che possono influenzare la ritenzione sono molti come ad
esempio: la velocità della macchina continua, un aspirazione non omogenea nella zona di
formazione del foglio. Una bassa ritenzione causa quindi un accumulo di elementi fini nelle acque
del sottotela che va a pesare negativamente non solo sulle prestazioni della macchina, ma anche
sull’impianto di depurazione delle acque, ma soprattutto induce costi maggiori per la Cartiera
stessa. Per fare in modo di contenere questi inconvenienti, oltre che ad una corretta gestione del
drenaggio meccanico, si fa ricorso a prodotti chimici che usati come additivi all’impasto
favoriscono una buona ritenzione.
8. Solidi sospesi totali
Si tratta di una prova che viene effettuata sulle acque naturali o di scarico. Il test si basa su una
filtrazione: un filtro di carta (prima messo in stufa per un ora) viene pesato e posto sopra un imbuto
che presenta tanti piccoli fori per far passare in una beuta i 100 ml di acqua che si vogliano
analizzare. L’ampolla è a sua volta collegata ad una pompa aspirante che per mezzo del sottovuoto
accelera la prova di filtrazione. Versato il quantitativo di acqua si prende il filtro e si mette in stufa
alla temperatura di 105 °C circa per almeno un’ora. Dopo si pesa il filtro con la bilancia . Di nuovo si rimette il filtro in stufa per un’ora e lo si ripesa. Il procedimento va ripetuto tre volte o più fin
tanto che il valore delle pesate risulti stabile. Una volta che la pesata è stabile (tutta l’acqua è
evaporata) si calcola il valore dei solidi sospesi sottraendo al peso finale del filtro il suo peso
iniziale (in grammi), dividendo tale valore per il volume di acqua filtrata (in ml) e moltiplicando il
tutto per 106. In questo modo si ottiene un valore finale espresso in mg/l come da standard.
5. Raffinazione
La raffinazione è quel processo in cui si verifica uno schiacciamento della sospensione fibrosa tra
piastre metalliche (lame del rotore e dello statore del raffinatore) con lo scopo di modificare le
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caratteristiche di forma e struttura delle fibre. È un processo
che incrementa la capacità della fibre di creare legami con
altre fibre tramite due processi:
1. fibrillazione (superficiale);
2. idratazione (interna).
Grazie alla fibrillazione (Fig.21) si crea una superficie specifica maggiore nella carta e con
l’idratazione si ha una migliore elasticità della fibra che di conseguenza comporterà ad un
maggiore effetto legante con le altre fibre.
La carta dunque si crea per un’interazione chimica.
Esistono due tipi di raffinazione:
1. magra, quando si lavora a consistenze d’impasto inferiori al 3%(su 100 grammi solamente 3
grammi di fibra e 97 di acqua);
2. grassa, quando si lavora a consistenze d’impasto superiore al 3,5%
1. Raffinazione magra
Con la raffinazione magra si ha una scarsa fibrillazione, un elevato effetto di taglio della fibra che
produrrà basse resistenze meccaniche, un maggiore volume e assorbimento della carta ed un minor
consumo energetico.
2. Raffinazione grassa
La raffinazione grassa produce una buona fibrillazione, un effetto di taglio non troppo spinto
(dipende anche da quante volte l’impasto fibroso viene raffinato), maggiore grado di idratazione
della fibra, buone caratteristiche meccaniche della carta ed un maggior consumo energetico.
I fattori che influenzano la raffinazione sono:
- temperatura, che non deve essere superiore a 45 °C;
- pH tra 7-8, poiché se è inferiore di 5,5 il lume della fibra ostruisce la penetrazione
dell’acqua, scarsa fibrillazione e minori performance meccaniche mentre se è superiore a 9
la fibra è più scivolosa, maggiore effetto di fibrillazione e più resistenze meccaniche;
- tempo di raffinazione, si deve stare attenti perché raffinando per un tempo maggiore c’è più
probabilità che maggiori fibre vengano fibrillate, ma anche la possibilità che le stesse fibre
siano ulteriormente fibrillate producendo così un effetto di taglio.
Per controllare che il processo di raffinazione stia procedendo nel miglior modo possibile viene
fatto un’analisi sui gradi shopper dell’impasto dopo il raffinatore e un controllo delle performance
meccaniche della carta. Di solito l’impasto di fibra hardwood (fibra corta) deve presentare un valore
di gradi shopper compreso tra 30-32 mentre una sospensione di fibra lunga (softwood) un valore tra
22-26 gradi shopper.
6. Conclusioni
Dopo aver mostrato i complessi processi della automazione, energetici e chimici, pare opportuna
un’ultima nota conclusiva relativa alle finalità di quanto descritto. Abbiamo visto come
Fig.21
23
l’automazione serva, in primo luogo, a garantire un funzionamento auto-sufficiente del processo di
produzione (o di una sua parte) e come, in secondo luogo, abbia un importante significato dal punto
di vista strategico industriale. In effetti, se per fare “carta” servono i macchinari e gli impianti di
una cartiera, per fare un certo tipo di carta (es. tissue) bisogna conoscere i giusti parametri di
processo e produzione ed assicurarsi che tali parametri siano mantenuti nel tempo. Ma questo è
necessario solo per produrre la carta. Una volta prodotta la carta entrano in gioco tutte le strategie di
ottimizzazione della produttività, qualità, ambientali ed energetiche necessarie a rendere
competitivo il prodotto e, in definitiva, ad operare con successo nel mercato cartario.