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Disegni di legge in materia di consumo di suolo
(A.S.2383; A.S.769; A.S.991; A.S.1181; A.S.1734)
AUDIZIONE SENATO DELLA REPUBBLICA
Commissioni riunite
Agricoltura e produzione agroalimentare
e
Territorio, ambiente, beni ambientali
19 luglio 2016
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SENATO DELLA REPUBBLICA
Commissioni riunite
Agricoltura e produzione agroalimentare
e
Territorio, ambiente, beni ambientali
19 luglio 2016
AUDIZIONE COLDIRETTI
Disegni di legge in materia di consumo di suolo
(A.S.2383; A.S.769; A.S.991; A.S.1181; A.S.1734)
1. PREMESSA
Il suolo
La FAO definisce il suolo come un corpo naturale continuo.
Non si può pensare al suolo come un’entità statica: il suolo è una risorsa dinamica, che
assolve a molteplici importanti funzioni: ecologiche, biologiche, economiche e culturali.
Sotto il profilo ecologico e biologico, il suolo rappresenta una risorsa indispensabile per la
regolazione dei cicli naturali dell’acqua, dell’aria, delle sostanze minerali ed organiche e
costituisce l’ambiente di vita di molteplici ecosistemi ed esseri viventi, compreso l’uomo.
Sotto il profilo economico, il suolo è la base di diversificate attività e produzioni, tra le quali,
principalmente, quelle agricole e forestali, assolvendo anche ad una funzione culturale,
nella modellazione del paesaggio e per le potenzialità di memoria storica delle attività
umane.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che, in una visione ambientale, il suolo è una risorsa
non rinnovabile e che, come molte risorse naturali, spesso reagisce agli influssi esterni
con ritardo con la conseguente impossibilità, spesso di rimediare ai problemi causati da un
uso scorretto o indiscriminato, che in molte circostanze, vengono individuati solo a
posteriori.
Si comprende, quindi, come il suolo sia una risorsa essenziale per la vita e lo sviluppo
dell’essere umano ed degli altri esseri viventi e come sia indispensabile assicurarne la
massima tutela, prevenendo le contraddittorie dinamiche del consumo di suolo, perché, se
l’uso della terra è quasi sempre un compromesso tra varie esigenze sociali, economiche
ed ambientali, le decisioni relative alle modalità di impiego dei territori comportano
modifiche a lungo termine che è poi difficile, o molto costoso, o addirittura impossibile
invertire.
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La qualità dei suoli e la sicurezza alimentare
La completa e regolare piena funzionalità di un suolo possono essere assicurati solo a condizione di mantenerne intatta la struttura, mentre ecosistemi agricoli salubri sono alla base della sicurezza alimentare, della qualità delle produzioni e della competitività delle imprese agricole.
Come evidenziato dalla FAO, il diffuso degrado e la crescente scarsità delle terre e delle risorse idriche stanno mettendo a rischio un gran numero di sistemi di produzione alimentare in tutto il mondo, costituendo una seria minaccia per la sicurezza alimentare.
Per l’accrescimento e lo sviluppo di un prodotto agricolo salubre e di qualità sono necessari elementi nutritivi altrettanto salubri e di qualità.
Conseguentemente, le risorse impiegate, l’ambiente e, in particolare, il suolo ed il terreno, nonché le modalità di coltivazione condizionano inequivocabilmente le caratteristiche organolettiche, qualitative e quantitative del prodotto finale.
Quando si parla di suolo e, in particolare, di suolo agricolo, destinato alla produzione agroalimentare, è indispensabile rammentare che il suolo immagazzina gli inquinanti, talvolta con effetti permanenti, o, comunque, perduranti nel tempo. L'impatto complessivo delle pressioni antropiche e le conseguenti trasformazioni in campo agricolo espongono, quindi, i sistemi produttivi al rischio di compromissione della loro integrità ambientale e della capacità produttiva.
Il ruolo dell’agricoltura nella tutela del suolo
Le imprese agricole svolgono un ruolo determinante nella gestione sostenibile della terra e delle risorse naturali.
L’applicazione del principio di sostenibilità in agricoltura presuppone una particolare attenzione ad una serie di aspetti legati alla terra e al suo utilizzo - come la protezione dello spazio naturale, degli habitat e della biodiversità - ed il perseguimento di obiettivi più generali come la qualità del suolo, delle acque e dell'aria. A tali fini, la corretta gestione del territorio e dei suoli, nel rispetto dei principi fondamentali individuati a livello internazionale e nazionale, rappresenta una azione strategica.
Le politiche dell'Unione Europea e, in particolare, la politica agricola comune (PAC), hanno prestato attenzione crescente alla prevenzione dei rischi di degrado ambientale, incoraggiando, al contempo, gli agricoltori, attraverso specifiche misure di sviluppo rurale, a continuare a svolgere un ruolo positivo nella tutela dei suoli, dell’ecosistema e dei paesaggi e prevenendo l’obbligo di mantenere i terreni in buone condizioni.
Le forme di agricoltura multifunzionale e pluriattiva impegnano gli agricoltori nella
ricostituzione, mantenimento e valorizzazione dei servizi ecosistemici, nella manutenzione
del territorio e nella tutela del paesaggio. Queste attività sono essenziali per orientare le
strategie di gestione delle risorse naturali e di pianificazione territoriale volta alla
conservazione del capitale naturale e della biodiversità.
D’altra parte, nelle aree urbane e periurbane, l’agricoltura favorisce il mantenimento e la
ricostituzione di infrastrutture verdi essenziali alle funzioni di regolazione climatica e di
difesa del suolo, offrendo l’opportunità di ricostituire il legame tra città e campagna,
recuperando e valorizzando tradizioni culturali, stili di vita e abitudini alimentari più sani.
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2. LE PRINCIPALI CRITICITÀ DELLA VIGENTE NORMATIVA
La vigente normativa, comunitaria e nazionale, seppure orientata alla tutela di differenti
risorse naturali (aria, acqua, ecc) e molteplici profili ambientali (tutela del paesaggio, tutela
dall’inquinamento, dissesto, ecc) , non appare sufficiente a garantire la tutela del suolo
nell’ottica di prevenirne e limitarne drasticamente il consumo.
Si registra, infatti, la mancanza di una normativa coerente in materia di consumo e difesa
del suolo, che determina, come conseguenza, un’amministrazione ed un uso del territorio
disattenti alle caratteristiche ed agli equilibri idrogeologici dei suoli (abusivismo edilizio,
cementificazione diffusa, consumo di suolo, inadeguata pianificazione urbanistica, carenza
o errato dimensionamento di opere di ingegneria sul territorio, presenza di insediamenti in
aree di pertinenza fluviale e marina o, comunque, soggette a prevedibili inondazioni o
mareggiate, contraddittorie politiche di gestione dei corsi d’acqua, ecc.).
Ancora, mancano un’efficace politica della previsione, della prevenzione e della
manutenzione da attuare attraverso specifici strumenti di analisi ed attraverso una
pianificazione che abbia, come criterio guida, la gestione sostenibile e duratura del
territorio.
L’analisi della normativa vigente evidenzia, inoltre, una complessa articolazione del
sistema normativo ed una sovrapposizione delle disposizioni di riferimento tale da
ostacolare, di fatto, l’adozione di adeguate misure e l’attuazione dei necessari interventi di
tutela, rendendo anche di difficile individuazione i soggetti di volta in volta competenti.
L’eccessiva frammentazione delle competenze - attualmente imbrigliate in una infinità di
enti con differenti sfere di intervento ed autorità, che rischiano anche di ostacolarsi fra di
loro - è fonte di incertezze su chi debba intervenire ed in quali limiti.
Si registrano il mancato completamento del riassetto della governance ed una
frammentazione e stratificazione degli strumenti e degli enti, con l’impossibilità di
ricostruire la filiera delle responsabilità e delle competenze ed uno scollamento tra i
soggetti chiamati a programmare ed a pianificare e quelli deputati alla realizzazione,
gestione e monitoraggio degli interventi.
Il controllo pubblico del territorio è talvolta inadeguato e non riesce a fronteggiare la
speculazione, l’occupazione abusiva e la sottrazione di risorsa, operate in modo illecito,
spesso da organizzazioni criminali.
3. LE MISURE NORMATIVE AUSPICABILI
La difesa del suolo necessita di un approccio integrato, richiede strumenti efficaci e risorse
finanziarie ed umane adeguati.
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Occorre prevenire il consumo di suolo, agendo, tra l’altro, su fiscalità e modalità di impiego
degli oneri di urbanizzazione per disincentivare interventi edificatori su suolo libero,
introducendo tassazioni differenziate delle aree. E’ necessario riconoscere priorità al riuso
e alla rigenerazione urbana, partendo da una conoscenza del patrimonio dismesso e
sottoutilizzato.
Occorrono agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrative per interventi di recupero
del patrimonio edilizio dismesso o di aree contaminate.
E’ necessario potenziare gli strumenti di controllo del territorio.
Vanno definiti procedure e tempi certi per la realizzazione delle opere strategiche di
mitigazione, contingentando tempi e iter burocratici per evitare un’eccessiva esposizione
al rischio nel tempo intercorrente tra la decisione degli interventi e la realizzazione degli
stessi.
Nell’ambito della definizione di una normativa di riferimento sul consumo di suolo, si
impongono, inoltre, riordino, semplificazione e migliore coordinamento, con una
identificazione chiara delle competenze, una riorganizzazione del sistema delle
responsabilità che superi le sovrapposizioni e le incongruenze del quadro esistente ed una
semplificazione complessiva del sistema autorizzativo e dei controlli.
Sotto il profilo tecnico, sarebbe indispensabile garantire la cooperazione e la condivisione
delle informazioni disponibili tra i soggetti competenti e gli istituti tecnici di riferimento,
anche valorizzando le competenze ed il ruolo degli enti locali coinvolti in materia di
pianificazione e di programmazione, delle organizzazioni rappresentative delle imprese e
delle parti sociali.
E’ necessaria l’adozione di criteri e metodologie uniformi di analisi, programmazione e
pianificazione, il coordinamento delle strutture tecniche e di monitoraggio, dei sistemi
informativi e delle banche dati territoriali, nonché la raccolta sistematica e dinamica dei
dati territoriali ed ambientali, con procedure omogenee e standardizzate
E’, quindi, indispensabile riconoscere e valorizzare, con adeguati strumenti, il ruolo
determinante svolto dall’agricoltura per la difesa del suolo, la tutela ambientale, la
salvaguardia dei suoli e la preservazione di habitat ed ecosistemi.
E’ necessario favorire il “ritorno alla terra” sostenendo lo sviluppo delle imprese agricole
attraverso agevolazioni fiscali e creditizie, attribuzione di appezzamenti del demanio
agricolo, forme di microcredito, promozione di start up eco-innovative e imprese sociali,
incentivi all’uso efficiente delle risorse.
E’ necessario adottare un approccio di tipo territoriale nelle politiche di sviluppo rurale che
consenta di valutare anche la capacità dei territori, sviluppando strumenti di monitoraggio
che consentano di verificare le trasformazioni prodotte e le esternalità sull’equilibrio
territoriale.
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4. ANALISI DEI DISEGNI DI LEGGE IN MATERIA DI CONSUMO DI SUOLO
(A.S.2383; A.S.769; A.S.991; A.S.1181; A.S.1734)
Coldiretti condivide la necessità di intervenire nella materia della prevenzione e limitazione
del consumo di suolo con una normativa quadro di riferimento che, considerati i dati
allarmanti, risulta assolutamente urgente.
Proprio la contingenza del problema impone, preliminarmente, una riflessione sulle
tempistiche di approvazione delle norme. Infatti, a titolo di esempio, il disegno di legge
2383 attualmente in discussione è stato presentato alla Camera dei deputati nel 2014 ed
è il frutto della riunione di una serie di altre proposte di legge, la più datata delle quali
presentata nel maggio 2013, vale a dire oltre 1160 giorni fa, che, al ritmo di perdita stimata
al giorno di 90 ettari, comporta una perdita di suolo di circa 105.000 ettari.
Le difficoltà nella definizione di un testo normativo nascono, piuttosto che da una
disattenzione politica sul tema - che riteniamo debba essere esclusa - nella oggettiva
difficoltà di definire norme che regolamentino l’uso della terra, come compromesso tra
varie esigenze sociali, economiche e ambientali, garantendo il giusto equilibrio nell’assetto
territoriale.
Sebbene sia stata superata da tempo la visione urbanistica del suolo e del territorio - che
considera tali elementi sono nella loro valenza di beni al servizio delle attività antropiche -
per passare ad una visione ambientale, considerandone il valore d’uso come una risorsa
naturale, abbiamo problemi legati alle contraddittorie dinamiche dell’uso del suolo.
Rispetto a tali difficoltà, non si può perdere di vista l’obiettivo principale che è quello di
intervenire con urgenza per prevenire e limitare il consumo di suolo e, in prospettiva,
impedirlo.
In tale contesto, deve osservarsi come i disegni di legge presentati contengano una
variegata molteplicità di istituti e strumenti, la maggior parte dei quali assolutamente
condivisibili, ma orientati, però, all’assolvimento di diverse finalità (edilizia sociale,
riconversione ecologica della pianificazione, sostenibilità ambientale, urbanistica, ecc).
Si ritiene necessario tenere presente che una normativa sul consumo di suolo, sebbene
coinvolga anche altri profili di interesse, non dovrebbe diventare un contenitore per
disposizioni sul dissesto idrogeologico, l’urbanistica sostenibile, la tutela del paesaggio
che, seppure costituiscano temi connessi, rischiano di complicare l’analisi dei testi e
causare un ulteriore rallentamento nell’approvazione delle norme di urgenza.
In tale prospettiva, potrebbe essere utile stralciare tali disposizioni dai testi in discussione
e prevedere una norma di delega per la revisione della normativa urbanistica che,
risalendo agli anni ’40, presenta significativi spazi di miglioramento e di adeguamento,
soprattutto rispetto alle nuove istanze di sostenibilità.
D’altra parte, risulta necessario un coordinamento con le normative già esistenti (come, ad
esempio, le disposizioni in materia di tutela del paesaggio) che, già in modo organico,
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disciplinano la materia e che, se opportunamente integrate, potrebbero rappresentare un
utile punto di riferimento.
In secondo luogo, con riferimento all’assetto delle attribuzioni, appare utile segnalare la
necessità di considerare, sin da subito, i principi espressi nella riforma costituzionale, in
modo da garantire la corretta distribuzione delle competenze tra Stato, Regioni ed enti
locali.
Appare inoltre indispensabile evitare la creazione di nuove strutture di riferimento, nuovi
Istituti e nuovi strumenti di analisi e monitoraggio dei dati (cfr. ad esempio, disegno di
legge 1181), valutando, piuttosto, l’opportunità di valorizzare e potenziare quelli già da
tempo operativi sui temi in analisi che hanno maturato una significativa esperienza e
risultano capillarmente diffusi sul territorio.
L’introduzione di nuovi soggetti o nuove banche dati rischia di tradursi in un’operazione
inutilmente onerosa sotto il profilo organizzativo ed economico, con una ulteriore
complicazione e stratificazione di soggetti e di enti, anche sotto il profilo tecnico.
Piuttosto, appare utile adottare metodologie uniformi per il calcolo del suolo consumato,
indicando come criteri di riferimento oltre al valore agroalimentare ed alle funzioni del
suolo anche l’incidenza delle attività che vi insistono, incluse le potenzialità e la vocazione
agricola o naturale di aree non effettivamente utilizzate.
In merito alle definizioni adottate, i disegni di legge presentano significative differenze su
nozioni fondamentali, quale la nozione di consumo di suolo.
In merito, appare utile considerare la necessità di distinguere la nozione di uso del suolo
(land use), come un riflesso delle interazioni tra l’uomo e la copertura del suolo, che
rappresenta una descrizione di come il suolo venga impiegato in attività antropiche, dal
concetto di consumo del suolo che dovrebbe essere correttamente legato al pregiudizio
della valenza funzionale del suolo, considerata non solo la funzione agricola o naturalistica
del suolo, ma anche l’attitudine e la potenzialità agricola o naturalistica dello stesso.
Importante sottolineare come il consumo di suolo vada rapportato non solo al suolo
agricolo, ma anche al suolo avente funzione naturalistica.
Va valutata positivamente la sostanziale condivisione, che si registra nell’ambito dei
disegni di legge, della necessità di orientare opportunamente gli oneri di urbanizzazione
verso interventi finalizzati alla risoluzione del problema consumo e degrado del suolo,
impedendone l’uso per spese correnti o differenti.
Rispetto ai testi presentati, pare utile segnalare come sia condivisibile la lettura offerta nel
disegno di legge n.1734, nella cui relazione si sottolinea come una legge in materia di
consumo di suolo non debba essere considerata come di ostacolo per il mercato edilizio,
ma, piuttosto, come volano per l’edilizia e come strumento di orientamento verso attività
differenti, quali la riqualificazione e ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente.
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Nei disegni di legge si registra come, opportunamente, si riconosciuto valore dell’unità del
territorio, nella globalità di significati ecologici, storici, culturali e sociali, come bene
comune e risorsa finita, anche in adesione alla giurisprudenza amministrativa.
Da ultimo, merita un approfondimento il tema delle deroghe, che deve essere affrontato in
una lettura assolutamente restrittiva, al fine di evitare che lo strumento della deroga possa
consentire facili elusioni alla disciplina, vanificandone effetti e funzioni.
In tale contesto, non si condividono alcune previsioni contenute nel disegno di legge
n.2383, come ad esempio, la disposizione transitoria che riconosce effetto derogatorio alla
mera istanza di approvazione di un titolo abilitativo e la previsione contenuta nel disegno
di legge n.769 che, seppure utilmente orientato alla completa tutela del territorio agricolo,
nelle molteplici funzioni dello stesso, introduce una deroga per gli impianti, opere ed
installazioni relativi alle fonti rinnovabili di energia. Rispetto a ciò, l’esperienza, purtroppo,
ha insegnato come negli ultimi anni si siano diffusi interventi speculativi sul territorio
conseguenti all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile in area
agricola, in deroga alla destinazione urbanistica delle aree. L’attuale formulazione
dell’articolo 12, comma 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 consente
l’ubicazione anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici di impianti di
produzione di energia elettrica, alimentati a fonti rinnovabili. La mancanza di adeguati limiti
a tale possibilità è stata causa di interventi speculativi sul territorio, con la sottrazione di
ingenti aree (fino a 200 ha) all’uso agricolo. La norma è stata anche, recentemente,
oggetto di pronuncia da parte del Consiglio di Stato che, con la sentenza 26 settembre
2013, n. 4755 ha precisato che ai fini dell’installazione di tali impianti in area agricola non è
neppure necessaria la dimostrazione dello status di imprenditore agricolo. Per tali ragioni,
si ritiene indispensabile fissare dei limiti alla possibilità di installazione di impianti in area
agricola, al fine di preservare la destinazione delle aree, lo sviluppo e le comunità rurali. Si
ritiene inoltre indispensabile prevenire il fenomeno, purtroppo attualmente diffuso, legato
all’espropriazione di terreni agricoli con il pretesto della pubblica utilità per la realizzazione
di impianti energetici (es. eolico, solare, ecc) che, a tali condizioni, non possono essere
considerati sostenibili, in quanto determinano non solo la perdita di suolo agricolo, ma
anche l’abbandono delle attività da parte delle imprese agricole.
Nei disegni di legge non si coglie, invece, pienamente, l’opportunità di ricostituire il legame
tra città e campagna.
Oggi l’articolazione multifunzionale dell’agricoltura e le componenti strategiche che si
vanno affermando nella pianificazione territoriale potrebbero consentire di perseguire più
ampi e organici obiettivi di tutela del territorio e di sviluppo locale nonché nel rapporto e
nello sviluppo urbano-rurale. Il rapporto tra città e campagna dovrebbe essere l’anello di
congiunzione delle politiche territoriali. La valutazione dei servizi ambientali e sociali
prodotti dall’attività agricola e dal mantenimento dello spazio rurale, dovrebbe diventare
uno dei criteri guida delle scelte pubbliche in materia di governo del territorio e negli
schemi pianificatori il principale obbiettivo deve essere quello di mettere in rete e
preservare la funzionalità degli spazi (agricoli e naturali), dove la funzione agricola si
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connette e si integra in quella ambientale, ecologica e sociale attraverso la costruzione di
“reti”, “trame” e “sistemi”.
D’altra parte, anche al fine di prevenire il fenomeno dell’abbandono delle aree agricole,
sarebbe necessario creare le condizioni affinché la funzione ad “alta valenza pubblica e
territoriale” dell’agricoltura multifunzionale sia esercitata in modo diffuso sul territorio,
anche, come anticipato, attraverso adeguati meccanismi premiali o fiscali, favoriscano la
continuazione di attività agricole sostenibili e multifunzionali sui territori.
Da ultimo, nel sottolineare l’esigenza di evitare per quanto possibile, di rinviare a
successivi atti amministrativi e normativi di attuazione che determinano allungamenti
temporali, si rappresenta la necessità di recuperare, comunque, le disposizioni di urgenza
contenute nei disegni di legge finalizzate ad impedire nuovi interventi edificatori, nelle
more del compimento delle attività di monitoraggio, analisi e perimetrazione da parte degli
istituti o enti preposti e di vietare qualsiasi forma di incentivo a nuovi interventi di
costruzione, seppure effettuati nel rispetto dei principi della normativa.
Senato della Repubblica Uffici di Presidenza delle Commissioni 9^ e 13^
Audizione sui disegni di legge nn. 2383, 769, 991, 1734 e
1181
19 luglio 2016
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1 – Il fenomeno del consumo di suolo ed il Rapporto ISPRA 2016
E’ stato recentemente pubblicato e presentato al pubblico il Rapporto dell’ISPRA “Consumo di suolo,
dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, edizione 2016. Questo rapporto presenta per la prima
volta, in maniera esauriente e sistematica, una serie completa di dati, informazioni e valutazioni
puntuali sul fenomeno del consumo di suolo nel nostro paese, sia dal punto di vista quantitativo che
qualitativo, e fornisce una serie di informazioni sui servizi ecosistemici che il suolo offre alla
collettività, effettuando anche delle stime sul valore economico di tali servizi.
A tale proposito si sottolineano i seguenti dati:
- Dal punto di vista quantitativo, secondo i dati disponibili, il suolo già consumato, ovvero la
quota di territorio con copertura artificiale, è nel nostro paese il 7,0% del totale contro il
4,3% della media dei paesi dell’Unione Europea. Solo quattro paesi hanno, nella UE, una
quota maggiore di suolo già consumato: la Germania con il 7,2%, il Lussemburgo con il 10,1%,
il Belgio con il 12,1% e l’Olanda con il 12,3%. Se però consideriamo la diversa orografia di
questi paesi rispetto all’Italia, ed in particolare il fatto che si tratta di paesi a forte
preponderanza di pianura (la Germania) o quasi esclusivamente pianeggianti (Belgio, Olanda
e Lussemburgo), si vede come con il 7,0%, quasi tutto concentrato nelle aree di pianura e
bassa collina, il nostro paese presenti di gran lunga la situazione di maggiore gravità
nell’ambito della UE;
- Dal punto di vista qualitativo si conferma come la perdita di suolo in Italia sia dovuta ad una
forte prevalenza di tessuti urbani a bassa densità, quindi con un elevato indice di dispersione
delle trasformazioni urbanistiche sul territorio. Questa tipologia è la peggiore, ai fini della
perdita dei servizi ecosistemici del suolo, che non solo vengono azzerati nelle aree con
copertura artificiale, ma diminuiscono sensibilmente anche nelle aree circostanti.
- Per quanto riguarda infine la perdita di servizi ecosistemici che il consumo di suolo comporta,
il rapporto effettua delle elaborazioni sui costi a carico della collettività che portano ad una
stima di 36.000 – 55.000 € all’anno per ogni ettaro di suolo consumato, pari ad un valore
compreso tra i 538 e gli 824 milioni di € annui.
2 – La normativa sul contrasto al consumo di suolo in esame (DDL nn. 2383, 769, 991, 1734)
I dati, le informazioni e le valutazioni puntuali che il rapporto dell’ISPRA ci fornisce, confermano e
sostanziano un quadro di notevole gravità sul fenomeno del consumo di suolo nel nostro paese;
questa considerazione è aggravata dal fatto che gli effetti negativi di questo fenomeno sono,
perlopiù, irreversibili.
Di fronte a tale situazione quindi, una normativa che si prefigga di contrastare il consumo di suolo
dovrebbe avere due caratteristiche essenziali: basarsi su strumenti realmente efficaci ai fini di tale
contrasto, ed essere approvata ed entrare in vigore in tempi rapidi.
In merito ai tempi di esame ed approvazione di una normativa nazionale di contrasto al consumo di
suolo si ritiene pertanto opportuno concentrare l’attenzione sulle disposizioni più direttamente
connesse al fenomeno del consumo di suolo, lasciando da parte, per un auspicabile esame in
separata sede, le disposizioni, peraltro di grande interesse, presenti nei disegni di legge nn. 769, 991
e 1734, inerenti in maniera più specifica misure e strumenti urbanistici e di gestione del territorio.
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Nel merito quindi si ritiene utile concentrare l’attenzione, in prima battuta, sull’articolato del ddl n.
2383, già approvato alla Camera dei Deputati, da considerare come testo base, ed alle norme dei ddl
nn. 769, 991 e 1734, di analogo oggetto.
Il disegno di legge n. 2383 possiede - dal punto di vista della messa a disposizione di strumenti
efficaci per contrastare ed arrestare in tempi ragionevoli il consumo di suolo - dei punti positivi e dei
punti che invece possono, a giudizio della Cia, rappresentare delle serie criticità a tale scopo.
3 – Il DDL n. 2383: aspetti positivi
I punti positivi nell’articolato del disegno di legge consistono principalmente:
- nella definizione del principio (art. 1 comma 2) che “il consumo di suolo è consentito
esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già
urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.”
- In alcuni strumenti messi in campo per sostanziare la priorità del riuso e rigenerazione delle
aree già urbanizzate, ed in particolare (art. 4 comma 3) il censimento degli edifici e delle aree
dismesse, non utilizzate o abbandonate esistenti, che i Comuni debbono eseguire al fine di
verificare se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possano essere
soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione.
- Ma soprattutto nella disposizione che i proventi dei titoli abitativi edilizi (art. 10) non
possano essere utilizzati per la copertura di spese correnti, ma siano destinati
esclusivamente alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione ed
ad una serie di interventi funzionali alla rigenerazione del tessuto urbanistico ed alla gestione
del territorio, compresi interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura in
ambito urbano.
4 – Il DDL n. 2383: punti critici
Il ddl n. 2383 presenta però dei punti critici che, a giudizio della Cia, possono inficiare il
raggiungimento dell’obiettivo di contrastare efficacemente, e di azzerare in tempi ragionevoli, il
consumo di suolo non giustificato da reali esigenze.
Tali punti sono:
- Articolo 2 comma 1 lettera b): la definizione di “superficie agricola, naturale e
seminaturale”
La definizione della “superficie agricola, naturale e seminaturale”, che rappresenta l’oggetto
delle misurazione del consumo di suolo, contiene nella formulazione del disegno di legge
2383 (art. 2 comma 1 lettera b) una serie di esclusioni che oltre ad inficiare una corretta
misurazione del fenomeno, che è alla base di qualsiasi pianificazione, e quindi rendere meno
efficace l’azione di contrasto al consumo di suolo, pone seri problemi anche di carattere
tecnico, che, come riportato nel Rapporto ISPRA, può rappresentare un ostacolo al
monitoraggio del consumo di suolo.
Conseguentemente anche la definizione di “area urbanizzata” (art. 2 comma 1 lettera d)
dovrebbe essere modificata.
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Alla lettera b) del comma 1 si propone di ripristinare la definizione presente nel testo base
del ddl del 20 gennaio 2015 dalle Commissioni riunite VIII e XIII della Camera dei Deputati:
b) per “superficie agricola, naturale e seminaturale”: i terreni qualificati come agricoli dagli
strumenti urbanistici, nonché le superfici, anche in area urbanizzata, allo stato di fatto non
impermeabilizzate, dove lo strato superficiale del suolo non sia stato coperto
artificialmente, scavato o rimosso;
- Articolo 3: Limite al consumo di suolo
L’articolo 3 individua l’iter con il quale si intende pervenire alla riduzione progressiva, in
termini quantitativi e vincolanti, del consumo di suolo a livello nazionale tenendo conto
dell’obiettivo dell’UE del consumo di suolo pari a zero entro il 2050.
L’iter – sulla falsariga del “plafond” nazionale tedesco – si articola in diversi passaggi a
cascata tra il livello nazionale, quello regionale ed infine quello comunale.
Si tratta di un meccanismo estremamente farraginoso e complesso, che induce seri dubbi
sulla sua efficacia, per i tempi lunghi di cui necessita - fatti salvi i meccanismi sostitutivi, sulla
cui efficacia in tale materia è lecito dubitare - per giungere a regime.
In sostanza questo meccanismo potrebbe avere verosimilmente solo l’effetto di
procrastinare, per un periodo più o meno lungo, l’effettiva efficacia della riforma.
Inoltre tale meccanismo, che riserverebbe comunque una quota di consumo di suolo,
seppure in misura decrescente nel tempo, alle amministrazioni territoriali,
indipendentemente dalle reali esigenze abitative ed infrastrutturali, appare in contrasto con
il principio enunciato all’art. 1 comma 2, secondo il quale “il consumo di suolo è consentito
esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già
urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.”
Si ritiene quindi, non solo opportuno, ma, vista la gravità del fenomeno del consumo di suolo
nel nostro paese, necessario, dare concreta attuazione a tale principio, che sancisce che
nuovo consumo di suolo non è consentito se non per motivata necessità.
A tale proposito appare funzionale allo scopo il principio su cui è stata redatta la legge della
regione Toscana n. 65/2014 “Norme per il governo del territorio” e cioè, in estrema sintesi,
l’obbligo per ciascun Comune di provvedere, entro un determinato periodo di tempo alla
perimetrazione del proprio territorio tra superficie urbanizzata e non, e concentrare l’attività
edilizia all’interno del territorio già urbanizzato – incentivando interventi di riqualificazione e
rigenerazione urbana – regolamentando appositamente, in funzione prevalentemente
agricola, gli interventi nei territori rurali ed extraurbani.
Riportando tale principio nell’ambito della norma qui in discussione, e cioè in una norma che
abbia per specifico oggetto il contrasto al consumo di suolo, appare sicuramente più
funzionale allo scopo, rispetto a quello contenuto nel ddl n. 2383, il meccanismo di
limitazione al consumo di suolo presente nel ddl n. 1734, all’articolo 3, che si propone, fatti
salvi i necessari adeguamenti, di inserire in sostituzione nel testo base.
- Articolo 11: Disposizioni transitorie e finali
Le disposizioni transitorie e finali contenute all’articolo 11, appaiono come una parte molto
problematica dell’intero disegno di legge, in quanto:
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o lasciano troppe finestre aperte per trasformazioni edilizie di territorio ancora non
urbanizzato, arrivando addirittura a fare salvi interventi e programmi di
trasformazione per i quali sia stata semplicemente presentata un’istanza. Gli attuali
livelli di consumo di suolo nel nostro paese, come è stato correttamente riportato nel
rapporto ISPRA, non consentono che la fase transitoria dell’entrata in vigore di
questa legge si trasformi in una sanatoria di tutte le previsioni di trasformazione
urbanistica, anche solo enunciate. La moratoria dovrebbe riguardare, a giudizio della
Cia, esclusivamente gli interventi già autorizzati.
o Non è inoltre condivisibile la dizione “e comunque non oltre il termine di tre anni”
(comma 1 quarta riga) in quanto non si ritiene giustificato inserire un termine,
peraltro breve, alla moratoria, la quale invece dovrebbe rimanere valida fino a
quando il nuovo regime non divenga vigente.
o Infine appare del tutto inappropriato l’ultimo capoverso del comma 1 secondo cui,
decorso il termine di tre anni dall’approvazione della legge, sia comunque ammesso
il consumo di una quantità di suolo pari al 50% di quello consumato nei 5 anni
precedenti.
Questa disposizione non solo avrebbe seri problemi di applicabilità e di
interpretazione (su quale scala si misurerebbe il consumo di suolo? Quali sono i dati
attendibili degli ultimi 5 anni? Quale soggetto istituzionale applica la norma?) ma
inoltre vanificherebbe qualsiasi meccanismo serio di contrasto al consumo di suolo,
premiando, in aggiunta, i comuni meno virtuosi, cioè quelli che hanno consumato più
suolo nel recente passato.
A tale proposito si propone di emendare il testo del comma 1 dell’articolo 11 come di seguito
riportato:
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino all’adozione dei
provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 8, e comunque non oltre il termine di tre anni, non
è consentito il consumo di suolo tranne che per le opere e i lavori pubblici o di pubblica
utilità, inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici,
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché per gli interventi relativi alle
infrastrutture e agli insediamenti prioritari di cui alla parte V del decreto legislativo 19 aprile
2016, n. 50, limitatamente alle opere già dotate, alla data di entrata in vigore della
presente legge, di progetto esecutivo e finanziamento completo approvati. Le opere e i
lavori pubblici o di pubblica utilità, diversi dalle infrastrutture e dagli insediamenti prioritari
di cui alla citata parte V del decreto legislativo n. 50 del 2016, non inseriti negli strumenti di
programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici, vigenti alla data di entrata in vigore
della presente legge, sono consentiti previa obbligatoria valutazione, prevista dal comma 2
dell’articolo 1, delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo.
Sono fatti comunque salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge relativi ai titoli abilitativi edilizi comunque denominati aventi ad oggetto il consumo di
suolo inedificato, gli interventi e i programmi di trasformazione con le relative opere
pubbliche derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica ai sensi dell’articolo 28 della
legge 17 agosto 1942, n. 1150, previsti nei piani attuativi, comunque denominati, per i quali i
soggetti interessati abbiano presentato istanza per l’approvazione prima della data di entrata
in vigore della presente legge, nonché le varianti, il cui procedimento sia attivato prima della
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data di entrata in vigore della presente legge, che non comportino modifiche di
dimensionamento dei piani attuativi. Restano comunque fermi i termini di validità degli
strumenti urbanistici attuativi già fissati dai piani paesaggistici in data anteriore a quella di
entrata in vigore della presente legge. Decorso inutilmente il termine di tre anni di cui al
primo periodo, nelle regioni e nelle province autonome non è consentito il consumo di suolo
in misura superiore al 50 per cento della media del consumo di suolo di ciascuna regione nei
cinque anni antecedenti.
5 – Il DDL n. 1181 “Legge quadro per la protezione e la gestione sostenibile del suolo”
Il ddl n. 1181 ha come oggetto la protezione e gestione sostenibile del suolo, ed ha come obiettivo,
oltre quello di favorire una migliore applicazione delle normative europee, nazionali e regionali in
materia, la costituzione di un sistema informativo multifunzionale sui suoli italiani che possa fungere
da base per poter pianificare, implementare e monitorare azioni di conservazione, ripristino e
miglioramento delle funzionalità e qualità dei suoli.
I fattori di pressione sul suolo e i fattori di degrado e consumo a cui esso è sottoposto sono
molteplici: oltre all’impermeabilizzazione - cioè sostanzialmente con il consumo di suolo per nuove
costruzioni, che rappresenta comunque la maggiore minaccia all’attualità e che è oggetto di
intervento specifico da parte degli altri quattro ddl - abbiamo l’erosione superficiale, la
compattazione e perdita di struttura, la salinizzazione, la diminuzione di sostanza organica, la perdita
di biodiversità, la contaminazione locale o diffusa, le frane e le alluvioni.
In Italia non solo l’impermeabilizzazione, ma anche gli altri fenomeni si stanno verificando con
un’intensità preoccupante.
A tale proposito appare quindi ampiamente condivisibile sia l’obiettivo del ddl, che l’elaborazione di
linee guida nazionali e di programmi d’azione regionali per ciascuna delle minacce a cui il suolo è
sottoposto; per tali motivi è auspicabile che il presente ddl possa procedere nel suo iter di
valutazione ed essere approvato parallelamente con il ddl sul contrasto al consumo di suolo.
Un’attenzione particolare dovrà essere riservata alla necessità di coordinare le previsioni di questo
ddl, laddove propone di istituire nuove strutture, sia a livello nazionale che regionale, che svolgano
un ruolo tecnico-scientifico in materia, con strumenti e strutture già esistenti, come ad esempio
l’ISPRA ed il CREA, che, nei rispettivi ambiti, già hanno ampie competenze in materia. Appare
casomai opportuno favorire una maggiore collaborazione tra le strutture e gli strumenti già esistenti,
nonché una sempre maggiore trasparenza e confronto verso la società civile e gli stakeholders sociali
ed economici.
6 – Questioni ulteriori poste nel corso del dibattito in audizione
- Recupero immobili a destinazione industriale o commerciale per lo svolgimento
dell’attività agricola.
La Cia è favorevole a prevedere la possibilità di richiesta di mutamento di destinazione d’uso
di immobili a destinazione industriale e commerciale per adibirli ad usi connessi all’attività
agricola. Data la forte rilevanza, in molte parti del territorio nazionale di immobili ad uso
industriale e commerciale dismessi in aree extraurbane, qualora tali immobili non fossero
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funzionali ad usi connessi all’attività agricola del territorio o ad usi socialmente utili, appare
opportuno prevederne la demolizione ed il ripristino della superficie non impermeabilizzata.
- Recupero all’uso agricolo di aree incolte.
Il fenomeno dell’abbandono di aree agricole ha interessato, nel corso degli ultimi decenni,
una quantità rilevante di territorio agricolo; la Cia è favorevole a recuperare alla coltivazione,
all’attività di allevamento e in genere ad attività agroalimentari e multifunzionali connesse,
terreni e fabbricati che erano stati abbandonati. A tal fine meccanismi come la Banca dalle
Terra rappresentano strumenti importanti anche in funzione dell’insediamento di giovani
agricoltori.
- Compendi agricoli neorurali.
Quello del “compendio agricolo neorurale” (art. 6) è un ambito nel quale i riferimenti
normativi appaiono all’attualità alquanto scarsi. Nel corso dell’audizione è stato posto
l’accento sul comma 5, cioè le destinazioni d’uso che possono essere previste all’interno di
un compendio agricolo neorurale. A tale proposito si sottolinea, da parte della Cia, la
necessità che tale forma di intervento non rischi di facilitare, al di là delle intenzioni, una
migrazione di funzioni produttive urbane al di fuori della città, ingenerando una concorrenza
con l’attività agricola, che rischierebbe di essere soccombente.
I compendi agricoli neorurali dovrebbero piuttosto prioritariamente – anche lasciando la
possibilità di altri usi – favorire l’attività agricola esistente, in relazione alla multiattività e
multifunzionalità. Sarebbe pertanto necessario definire delle concrete priorità per utilizzi
funzionali allo sviluppo agricolo delle trasformazioni degli insediamenti rurali esistenti.
Un altro aspetto che andrebbe concretamente valutato è che la necessità di dotare il
Compendio di dotazioni territoriali e di servizi non porti infine necessariamente ad un
ulteriore consumo di suolo, in palese contrasto con gli obiettivi dichiarati al comma 3 di tale
articolo.