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_ LE IMMAGINI CHE ATTRAVERSANO IL MAGAZINE NON SONO
SEMPRE IN RELAZIONE CON GLI ARTICOLI.
In questo numero
AUTUNNO
Autunno, dal colore che inebria… con la sua aria che
odora di mosto e di vino… con il suo sole inatteso
che splende come in un di là, con tenera perdizione
e vagabonda felicità… Saccheggiamo come una vigna
i versi suggestivi della poesia Ottobre di Vincenzo
Cardarelli per salutare la nuova stagione. Con il quarto
numero di “Ecostyle” proviamo a stemperare la sua
struggente malinconia, proponendovi una full immersion
nelle dolcezze dello stile d’autunno. Uno stile che
Brancaccio declina in un ampio ventaglio di proposte
pensate per voi. Nei nostri negozi troverete le novità
più esclusive dell’autunno-inverno per vestire sempre
con classe la vostra personalità. Mentre nel buen
ritiro dell’Ecostyle di via Papio potrete abbandonarvi
al gusto d’autunno, deliziando sia il palato, con dolci
e cioccolata artigianali, sia la vista con l’esposizione
d’arte dei piatti di Giuseppe Di Muro. Anche in questa
stagione ci proponiamo dunque di regalarvi emozioni.
Speriamo intanto di allietarvi con la nostra rivista, che
ci auguriamo sfoglierete con piacere in queste giornate
autunnali ideali per la lettura. Chiudiamo rivolgendo
un commosso pensiero a Marco Amendolara, che ha
diretto i primi tre numeri di Ecostyle, infondendovi la
linfa sublime del suo animo poetico. Proprio come una
foglia d’autunno è volata via la sua cara esistenza, ma
ci ha lasciato in dote il ricordo indelebile di un uomo
straordinario e l’incanto delle parole di un vero poeta.
Bartolomeo Brancaccio
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3 EditorialeAUTUNNO
5 ADDIO A MARCO AMENDOLARA
7 Salerno per meUNA CITTÀ A MISURA D'UOMO
9 Stile
ELEGANZA, COLORE E SEMPLICITÀ
NELLA DONNA BRANCACCIO
11 AmarcordUNA CITTÀ CHIAMATA LA CAVA
13 Sociale SMARATHONETI PER SPERARE
15 ModaKITON, ELEGANZA SENZA TEMPO
17 AmbienteACCUDIRE UN PARCO
19 CinemaMAIORI E IL SUO RAPPORTOPRIVILEGIATO CON ROSSELLINI
21 WebGIANLUCA VATORE
23 SportPERSONAL TRAINER: PRIVILEGIOO NECESSITÀ?
25 Arte > FotografiaCAPTURING CUBA
27 InfoINDIRIZZI DEI NEGOZI BRANCACCIO
MODA
DESIG
N
TENDENZE
EVENTI
MUSIC
A
ARTE
GUSTO
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NOVEMBREINFO +39 089 56 47 991
NERO E BIANCO
È LA PERSONALE DI UNO DEI PIÙ NOTI E VALIDI
ARTISTI SALERNITANI, PIETRO LISTA,
CHE SI INAUGURERÀ LUNEDÌ 8 DICEMBRE NEL
NUOVO SPAZIO BRANCACCIO ECOSTYLE IN VIA
PAPIO A SALERNO.
LA MOSTRA DELLE DODICI PREZIOSE TELE
POTRÀ ESSERE VISITATA FINO A SABATO
10 GENNAIO 2009.
BRANCACCIO
Ecostyle
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“SII SEMPRE POETA, ANCHE IN PROSA”. Questa massima
di Baudelaire, in Marco Amendolara che non ancora
quarantenne ci ha lasciato nel caldo, assurdo pomeriggio
del 16 luglio scorso, resta un punto centrale per
comprendere la ricchezza e la voracità della sua opera.
Marco era sempre poeta. Logicamente nella sua tensione
autoriale quando giovanissimo si firmava, nel segno d’un
dandysmo d’antan, con lo pseudonimo di Omar Dalmirò,
realizzando lavori poetici d’altissimo livello espressivo
come Rimmel (1986) o Misteri di Seymour (1989). Fino
alla produzione più matura e densa di L’amore alle porte
e soprattutto la sua perfetta antologica La passione
prima del gelo (ambedue datati 2007). E poeta, Marco,
lo era anche nella sua raffinata scelta saggistica. Un
lavoro d’analisi e ricostruzione teorica che principia
con un saggio di potente riflessione sullo statuto
letterario (La musa meccanica, 1984, che gli valse il
plauso di critici come Maria Corti e Luciano Anceschi),
poi la brillantissima lettura su Wilde (Indagine su Oscar
Wilde, 1994), per successivamente spingersi verso
temi di crocevia come il rapporto tra arte e letteratura
(Doppio magma, 2002 e Parole variopinte, 2004). Senza
dimenticare la sua tensione pamphlettistica dove il
teorico abbracciava la provocazione e si vestiva di
ulteriore poesia allo stato puro (Mani addosso e Vascelli,
tatuaggi, selve e saette, tutti e due 2002, ne sono
la plastica e devota sintesi). Poeta lo era anche nel
tradurre i classici latini (Catulliane del 2002: ecco il
contemporaneista che reinventa la tradizione). E poeta,
nel senso più alto e complesso, Marco lo era anche
quando nella “routine” giornalistica parlava di pittori,
scrittori, fumetti (i suoi adorati fumetti), gialli (i suoi
amatissimi gialli). Insomma Marco era “il” poeta e lo era
nel profondo. Per intensità della parola, per lacerazione
delle emozioni, per vocazione verso le forme del bello,
per quell’ossessiva (delicatissima, dolcissima, forse
per molti assurda) ricerca del vero. Una ricerca del vero
che ti consuma ma ti fa sognare, che toglie il sonno e
la voce ma che ti fa sentire la potenza dell’universo fin
dentro le ossa. Marco conosceva bene l’incantesimo
delle parole. E quest’incantesimo lo sapeva insegnare,
comunicare e donare agli altri (non dimentichiamo il suo
impegno di curatore di collane poetiche, di sensibile
organizzatore culturale, di attento ed ironico lettore-
consigliere di una marea di poeti alle prime armi che
vedevano in lui un lettore brioso ed amicale, seppur
severo e lucido nel giudicare). Restano tanti inediti
di Marco Amendolara. Sulla mia scrivania c’è il suo
manoscritto Il corpo e l’orto. E anche qui la sua voce
urla, indica, sussurra, chiede, desidera, inveisce, crea
proclami… O forse, semplicemente, sogna un mondo
migliore.
SABATO 18 OTTOBRE, NEL SALONE DELLA
PROVINCIA DI SALERNO, IN RICORDO
DEL DIRETTORE DI “ECOSTYLE”, SI È SVOLTA
LA MANIFESTAZIONE “PER MARCO AMENDOLARA.
LA SUA POESIA, LA SUA SCRITTURA”.Saluti di Ermanno Guerra, Vincenzo Maraio. Interventi di
Barbara Alberti, Alfonso Amendola, Pina De Luca, Mario
Fresa, Rino Mele, Luigi Reina, Angelo Trimarco.
Ha presieduto Giuseppe Cantillo. Letture di Carla Avarista,
Pasquale De Cristofaro, Autilia Ranieri.
Addio aMarco AmendolaraUNA GRAVE PERDITA PER LA CULTURA SALERNITANA
di Alfonso Amendola
EMPORIO
MARCHI
BRANCACCIOEmporio
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autunno/inverno > 2008/2009
estate > 2008
CONTATTI
Via dei Principati, 19/21SalernoTel. +39 089 25 18 66 [email protected]
BRANCACCIOEmporio
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KID
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SALERNO PER ME
AMO DEFINIRE IL MIO RAPPORTO CON SALERNO “A TUTTO
CAMPO”. Un legame, paradossalmente rafforzato dalla
relativa lontananza cui fui costretto da piccolo quando
mio padre per motivi di lavoro trasferì tutta la famiglia a
Cava de’ Tirreni.
E fu proprio l’amore di mio padre per Salerno e la sua
esigenza di ritornarci appena possibile, “almeno nel fine
settimana”, a rafforzare in me quel legame.
Con quelle visite imparai a conoscere ed amare questa
città-provincia attraverso i luoghi, le frequentazioni,
i riferimenti sociali che aveva mio padre: a volte,
sembrava avere un vero e proprio bisogno fisico di
passeggiare sul lungomare o in Via Mercanti o al Corso.
Ricordi che conservo ancora perfettamente nitidi anche
oggi che, con mia moglie Patrizia Famiglietti, sono
tornato a vivere in città dove sono nati i nostri tre figli,
Viria, Francesco e Carla.
Della mia infanzia conservo i piacevoli ricordi di un
bambino “pendolare” che col tempo è cresciuto ma non
ha perso la voglia e il piacere di vivere Salerno.
Oggi io e mia moglie, come tanti altri genitori salernitani,
amiamo trascorrere ore nei parchi cittadini, dal
Mercatello al Pinocchio, ad osservare orgogliosi la
gioia innocente dei nostri tre bambini che sono liberi di
giocare lontani da ogni pericolo.
Considero Salerno una città a misura d’uomo. Un luogo
che offre, a chi se la sa godere, molteplici possibilità.
Dal Corso Vittorio Emanuele - che, bandite le auto, con
le sue variegate vetrine è diventato un vero e proprio
salotto di incontri, di passeggio e shopping
cittadino -, al lungomare dove gustare e contemplare
il nostro splendido golfo sul quale si affacciano due
meravigliose coste ricche di storia e di bellezze
turistiche che il mondo intero ci invidia. Posti dove ci si
sente veramente a proprio agio, incrociando i saluti di
conoscenti e amici con i quali scambiare una battuta, un
parere, una opinione magari sulle sorti della Salernitana,
mia squadra del cuore, che ancora oggi amo seguire
quando, naturalmente, gli impegni me lo consentono.
Anche come imprenditore devo tanto a questa città.
Mio padre nacque ad Ogliara, frazione alta di Salerno,
terra di cave d’argilla che tanto hanno influenzato la sua
Una città a misura d'uomodi Gianni De Maio*
attività e quella dell’intera nostra famiglia. Anche grazie
a questi suoi natali, oggi le aziende del gruppo della
famiglia Francesco De Maio rappresentano un riferimento
importante nel panorama della produzione ceramica
nazionale e, se mi è concesso, un motivo d’orgoglio per
la produzione d’eccellenza del comprensorio vietrese,
della provincia di Salerno e dell’intera Campania.
Anche per questo amo Salerno. Per la sua capacità di
distinguersi ed imporsi conservando la propria identità,
di trasformarsi pur restando legata alle proprie radici.
Per la sua forte volontà di innovarsi e di crescere,
caratteristiche che la portano ad essere una moderna
città europea.
*Gianni De Maio, tra gli imprenditori più in vista della
Provincia, componente della Giunta di Confindustria
Salerno e del direttivo nazionale di Confindustria
Ceramica, è Amministratore della Antiche Fornaci
D’Agostino e della Ceramica Vietri Antico, due delle
quattro aziende del gruppo della Famiglia Francesco
De Maio, cui appartengono anche La Ceramica di Vietri
Francesco De Maio e la Ce.Vi. Ceramica Vietrese e i
rispettivi marchi collegati, da La Tavolozza Vietrese a La
Terra di Vietri a Tiles Club.
LOOK
BRANCACCIODonna
PANTALONI VDP GESSATO CON FILO DI LUREX
MAGLIA VDP CON COLLO-CAMICIA
IMPREZIOSITO DA PIETRE
BORSA GEORGE GINA & LUCY IN TARTAN
ABITO TWEED JO NO FUI
PELLICCIA RIZAL INTRAMONTABILE MONCLER ALL’INSEGNA DELLO SPORTY-CHIC ANCHE PER GLI ACCESSORI COME L’HANDBAG IMBOTTITA LUCIDA
L’ESTRO DI JOHN GALLIANO PER UNA DONNA CHE È SEMPRE INFORMATA SULLE ULTIME NEWS DELLO STYLE
FEMMINILI CON UN TOCCO DI ROMANTICISMO. SEDUCENTI MA PIÙ
VESTITE. LA MODA FEMMINILE AUTUNNO-INVERNO QUEST’ANNO REGISTRA
UN RITORNO AL BON TON E AD UN’ELEGANZA PRIVA DI ECCESSI. UNA
MODA “FULL COLOR” CHE COMBATTE IL GRIGIORE INVERNALE CON
UN ARCOBALENO DI TONALITÀ INTENSE, CHE VANNO DAL PORPORA AL
BLU ELETTRICO, DAL VIOLA ALL’AZZURRO CIELO, E CHE GIOCA MOLTO
SU FORME PIÙ MORBIDE ED ARROTONDATE, MODULATE ALL’INSEGNA
DEL RITORNO A MATERIALI DAVVERO INVERNALI COME LANA, ANGORA,
TWEED. TRA I MUST DI STAGIONE SI SEGNALANO: IL MINIABITO, IN
TUTTE LE SUE FORME, ISPIRATO SIA AI NOSTALGICI SIXTIES CHE
AGLI ANNI OTTANTA, PER DONNE ESTROSE MA ANCHE PER AMANTI DEL
BON TON (DA NON PERDERE LE COLLEZIONI ALICE S. DIEGO, JO NO
FUI E HACHE); IL RITORNO AL BRITISH E AL TARTAN; TUTE E PIUMINI
COLORATI SPACE-AGE (SI RINNOVANO SEMPRE, PUR NELLA TRADIZIONE,
LE PROPOSTE MONCLER); IL REVIVAL DELLA MAGLIERIA ANCHE PER GLI
ABITI. INUTILE DIRE CHE IL NERO A OLTRANZA NON PASSA MAI DI MODA
PER LA PERFETTA DARK LADY (MAGARI ARRICCHITO DA PIETRE DURE E
INSERTI GIOIELLO COME NELLE PROPOSTE DI VDP) COSÌ COME PER LA
SIGNORA CHE AMA SOBRIETÀ E RAFFINATEZZA.
autunno/inverno > 2008/2009
TREND
BRANCACCIOEcostyle
Perfetto come idea regalo il set da vino di Rosendahl per intenditori del nettare di Bacco
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KitonIsaiaEtroMonclerRalph LaurenJacob CohenSantoniBallantyneCucinelli
BRANCACCIOUomo
autunno/inverno > 2008/2009
DONNA
STILE
rapporto tra qualità e prezzo. Ma in ogni caso la moda da
noi è di casa. Si può trovare tutto per ogni gusto.
QUAL È LO STILE BRANCACCIO DONNA?
Diciamo che vestiamo la donna dai venti ai
cinquant’anni. Il nostro target è la donna in carriera che
deve stare comoda, ma sempre alla moda. La donna che
lavora ha imparato che non è necessario vestire classico
per darsi un tocco di autorevolezza. Ora si può vestire
alla moda, con eleganza, raffinatezza e colori, senza
nulla perdere delle prerogative che le conferiscono le
responsabilità di lavoro.
BRANCACCIO DONNA VIVE DALL’INIZIO DEGLI ANNI ’90.
COM’È CAMBIATA LA MODA DELLA DONNA IN QUESTI ANNI?
È cambiata tantissimo. Prima era una moda molto
classica, poco colorata, a volte poco comoda. Gonne
lunghe, salopette, pantaloni a vita molto alta. Certo,
era lo stile di quegli anni ed è ovvio che come cambia
il tempo così cambiano anche i costumi e gli usi. Oggi
la moda della donne è molto più femminile. La donna
ha scoperto che attraverso la moda può esprimere se
stessa: può essere spiritosa, elegantissima, sensuale.
Certamente oggigiorno si osa di più, con scollature,
trasparenze e giochi di luce.
E PER LA MODA DI QUEST’ANNO, CHE CONSIGLIO PUÒ DARE
ALLE LETTRICI?
La moda di quest’anno si rifà a quella degli anni ’60
e ’70, ovviamente rivisitata e “corretta”, e il mio
consiglio alle donne è quello di vestire sempre secondo
il proprio stile. Essere se stesse è il miglior modo per
essere eleganti e seducenti, a prescindere da ciò che si
indossa.
ELEGANZA, COLORE E SEMPLICITÀ: Brancaccio veste anche
la donna che vuole essere pronta per ogni occasione,
ma sempre alla moda. L’emporio Brancaccio Donna
si aggiunge agli altri negozi della ormai nota famiglia
salernitana che, da oltre un secolo, fa la storia del
commercio e dell’abbigliamento della città e di tutta la
provincia. L’atelier Donna, come da tradizione, è gestito
dalla famiglia Brancaccio, in particolare dalla figlia di
Carlo Brancaccio, Carlotta, che abbiamo incontrato per
scoprire storia, tradizione e segreti dell’abbigliamento
femminile.
SIGNORA CARLOTTA, ORMAI ANCHE BRANCACCIO DONNA È
DIVENTATO UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LE SALERNITANE E
NON SOLO, MA COM’È NATO L’EMPORIO?
Brancaccio Donna, per la verità, non è nato così come
lo vediamo oggi. Fu un esperimento che mio padre ed
io pensammo di fare e così, all’interno del negozio per
uomo, riservammo un piccolo angolo per l’abbigliamento
femminile. Questo accadeva agli inizi degli anni ’90. Col
tempo anche quel piccolo spazio divenne importante,
cominciavamo a farci un nome, a ricevere sempre più
clientela. Fu un vero exploit, anche grazie ai nostri
marchi, in particolare una linea di Valentino che ebbe un
gran successo.
POI COSA ACCADDE?
A quel punto dovemmo prendere una decisione. Così
non potevamo continuare, nel senso che o si chiudeva
proprio l’angolo Donna, o si distaccava nettamente dal
negozio per uomo. Visto il gran risultato ottenuto, da
quel piccolo esperimento, decidemmo di tentarne uno più
in grande, aprendo l’emporio dove siamo qui oggi.
QUESTO QUANDO È ACCADUTO?
Abbiamo aperto nel 2000 e ovviamente siamo andati con
i piedi di piombo, piano piano, per poi crescere nel corso
del tempo. E devo dire che il progetto si è sviluppato
magnificamente.
COSA OFFRITE ALLA VOSTRA CLIENTELA?
Il meglio. Non abbiamo prime linee, preferiamo seguire
la moda, ma con gusto, con semplicità, con stile e
andando sempre alla ricerca dei capi migliori, senza mai
trascurare i prezzi. Non crediamo nell’unico capo, magari
scadente, che costa una cifra perché “tira” in quel
momento. Scegliamo la qualità e soprattutto il giusto
Eleganza, coloree semplicità nella Donna Brancacciodi Bianca Senatore
CONTATTI
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Corso Vittorio Emanuele, 16284122 SalernoTel. +39 089 22 56 03 [email protected]
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Vestibilità massima con i Jeans Roy Rogers: da notare la chicca della tasca e degli inserti in cavallino
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JEANS, CAMICIA E MAGLIONCINO ETRO
GIUBBINO REFRIGUE
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Una città chiamata La CavaPORTA DELLE DUE COSTIERE E
CENTRO DI VILLEGGIATURA
di Tommaso Avagliano
LA “SCOPERTA” DI CAVA AD OPERA di viaggiatori in
prevalenza stranieri risale agli anni che seguirono a
quella di Paestum e dei suoi templi, la cui fama Johann
Joachim Winckelmann diffuse dopo il 1761 in Europa. Da
allora sotto il suo cielo si affacciarono in tanti: qualcuno
fugacemente come Goethe; altri fermandosi per ore o per
giorni ad ammirare le selve e i dirupi, i casali arroccati
sui colli, le torri per la caccia ai colombi selvatici, i
portici di pietra del Borgo Grande, e lassù, nell’immensa
nicchia della “cripta Arsycza”, l’Abbazia benedettina,
ricca di preziose carte e di monumenti, sovrastata dal
villaggio fortificato del Corpo di Cava.
Per secoli, ad attrarre l’attenzione dei visitatori, che
ne lasciarono ampi cenni nei loro diari di viaggio, erano
state anche le arti tessili e murarie praticate dagli
abitanti, di cui discorre già Masuccio Salernitano nel
Quattrocento. Queste avevano creato un tal fervore
di attività e di scambi, da assicurare indipendenza
e prosperità alla popolazione, e l’invidia delle città
confinanti: Salerno in particolare, che l’espresse
satiricamente per bocca di un suo poeta, Vincenzo
Braca, autore di molte di quelle farse tramandate fino a
noi con l’appellativo di “cavajole”.
Poi nella “via Caba”, la strada che attraversava la valle,
si profilarono le staffette del Grand Tour, richiamate
dalle sirene pestane e amalfitane: i Goethe, appunto,
gli Hackert, la squadra d’incisori e letterati capitanata
dal Denon, i Bartels, i Pitloo, che esaltarono gli aspetti
di un paesaggio pittoresco e romantico. E dietro ad
essi, schiere di francesi e di inglesi, di spagnoli e di
tedeschi, con l’occhialino e l’ombrello. Oltre agli italiani,
s’intende, fra i quali primeggiarono i maestri della Scuola
di Posillipo. La villeggiatura vera e propria cominciò più
tardi. Ma non era stato un villeggiare, sia pure episodico
e a scopo terapeutico, quello di Philipp Hackert ricordato
dal suo grande biografo - Goethe, appunto -, nella
primavera del 1770, e più tardi di Anton Smink van Pitloo,
alla ricerca di più freschi motivi per le sue tavolette?
Non fu in qualche modo - nell’accezione sua propria del
“vivere in villa” - una villeggiatura protrattasi addirittura
per un quadriennio (1783-87), quella di Gaetano Filangieri
con la famiglia, nella casa del canonico Carraturo sulla
strada di Passiano?
L’aria buona, il clima fresco anche d’estate, la
popolazione ospitale, la vita a basso costo, la facilità
di fittare, riattare, costruirsi una casina o una villa, e
non ultima la vicinanza a Napoli, furono i fattori che in
pochi lustri fecero esplodere il boom del soggiorno estivo
tra le colline cavesi, trasformando la città metelliana in
rinomato centro di villeggiatura, frequentato da famiglie
nobili o agiate, non solo meridionali.
Ma già molto prima Cava era divenuta luogo di
pernottamento e di transito per i viaggiatori diretti alle
due costiere, l’amalfitana e la cilentana, dotandosi di
alberghi e pensioni, locande, osterie e stazioni di posta:
tutto un sistema logistico ad uso dei turisti, che fu
messo in crisi e poi smantellato dall’avvento del treno
e dell’automobile, e dall’incremento del traffico per il
valico di Chiunzi, oltre che dal prevalere di altri siti,
e di altre città e paesi, sulla scena della mondanità
vacanziera e itinerante.
Ad alimentare la nostalgia di quel tempo felice restano
le splendide ville sparse sui poggi di Rotolo e di
Castagneto. E restano le molte pagine, i dipinti, i
disegni, le incisioni, presenti in collezioni pubbliche e
private, che illustrano le bellezze di un paesaggio ancora
oggi ricco di fascino ma in pericolo di essere distrutto
dall'ignoranza e dalla speculazione edilizia.
AMARCORD
LOOK
BRANCACCIOKids
FELPA DANIELE FIESOLI
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SEMPRE PIÙ ATTIVI, ESIGENTI ED AMANTI DELLE NOVITÀ, I NOSTRI FIGLI
TROVERANNO NELLA MODA JUNIOR DELLA STAGIONE AUTUNNO-INVERNO
RISPOSTA A TUTTI I LORO SOGNI E DESIDERI.
POLIEDRICA LA PROPOSTA DI STILI PER I PIÙ PICCINI, DAVVERO
FANTASMAGORICA QUELLA PER I TEEN.
PER LE GIRLS TESSUTI LUCIDI E BRILLII DI STRASS, COLORI VIVACI PER
LE MINI. DI MODA IL TARTAN E I SIMPATICI LEGGINS. MA C’È SPAZIO
ANCHE PER LE PIÙ ROMANTICHE CON DELIZIOSE DIVAGAZIONI NELLE
NUANCES DEL ROSA. PER I BOYS LARGO SOPRATTUTTO ALL’URBAN MIX
PRATICO, COMODO E DI GRAN MODA CON JEANS, MAGLIONCINI E FELPE
CON FOGGE PER TUTTI I GUSTI E GIUBBINI DAI COLORI VIVACI.
autunno/inverno > 2008/2009
CURIOSITÀ
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Anche gli amici a quattro zampe vestono alla moda con il cappottino griffato Moncler
UOMO
UOMO
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SOCIALE
LA SPERANZA CORRE SU UN BABY JOGGER ROSSO. Un
fiammante “tre ruote” con cui Rebecca, ad appena due
anni, ha partecipato a maratone e mezze maratone in
Italia e all’estero. È così che riesce a scoprire quel
mondo che non potrà mai percorrere in lungo e in largo
sulle sue gambe. Perché non camminerà mai la piccola
Rebecca. E, malgrado la vitalità che brilla nei suoi occhi
dolcissimi e si riverbera nella parlantina sciolta, ha
bisogno che le sorreggano il collo e la testa.
Colpa dell’inesorabile Atrofia Muscolare Spinale (S.M.A.),
che le hanno diagnosticato ad appena 11 mesi di vita
nel marzo del 2007. Una malattia genetica incurabile, un
killer silenzioso che colpisce un neonato ogni seimila:
non intacca le facoltà intellettive ma impedisce il
controllo dei muscoli volontari - quelli usati per attività
quali andare a carponi, camminare e finanche controllare
la testa e deglutire - e conduce alla morte entro i primi
due anni di vita (nel tipo 1, che è la forma più grave) ed
entro i trent’anni (nel tipo 2).
Se però Rebecca non può correre sulle sue gambette, c’è
chi può farlo con lei e per lei, spingendola appunto sul
suo jogger rosso alla Stramilano, alla maratona di Roma,
alla staffetta di Zurigo.
Correre per aiutare le famiglie dei bimbi colpiti da Sma ad
uscire allo scoperto, senza chiudersi nella drammatica
solitudine della sofferenza senza speranza. Ma
soprattutto correre per sensibilizzare l’opinione pubblica
e raccogliere fondi per finanziare la ricerca scientifica
condotta dal professor Giorgio Battaglia dell’Istituto
Besta di Milano, che ha scoperto una proteina che
potrebbe aprire nuovi scenari nella cura.
È per questo che corrono i genitori di Rebecca,
Luca De Luca ed Elena Muserra, giovani ed affermati
professionisti milanesi, che hanno reagito allo choc
calzando le scarpette da maratoneta. E il merito è anche
del sostegno ricevuto da un caro amico salernitano,
Cristian Belpedio: «Io sono da sempre un appassionato
maratoneta e così ho contagiato anche molti amici,
tra cui Luca, il papà di Rebecca, che ho conosciuto nel
2002, frequentando un master a Milano – racconta. -
Quando lui ed Elena si sono trovati catapultati in questa
nuova dolorosa realtà, ho iniziato a documentarmi
e ho scoperto che in Canada esiste un’associazione
messa in piedi da Louise Smith, anche lei maratoneta
Smarathonetiper sperareL’AZIENDA BRANCACCIO SOSTIENE LA NOBILE FINALITÀ
DI SMARATHON, PERCHÉ LA SOLIDARIETÀ È UN VALORE
DA CUI LA MISSION IMPRENDITORIALE NON PUÒ
PRESCINDERE.
di Vera Arabino
e, coincidenza, con una figlia di nome Rebecca affetta
da Sma che, usando questo sport come volano di
sensibilizzazione, ha raccolto migliaia di dollari per la
ricerca».
Così nel 2007 è nata l’associazione sportiva
“Smarathon”, che ora sta per diventare una onlus:
tra i fondatori ci sono anche altri salernitani, tra cui
il fratello di Cristian, Danilo, ingegnere informatico
dell’Esercito, che ha realizzato il sito www.smarathon.eu
che ha già raggiunto quota 160mila contatti.
Luca, Cristian, Danilo e un manipolo di amici con il
pallino della corsa hanno partecipato in questi mesi a
tante maratone: con indosso la divisa con la scritta
“smarathon.eu” e con il sorriso sulle labbra, hanno
spinto Rebecca sul suo jogger rosso come i colori
dell’associazione.
E così pian piano hanno coinvolto tante famiglie di
bambini affetti da Sma ed hanno fatto breccia nel cuore
di molte persone. Anche l’azienda Brancaccio, che non
è nuova ad iniziative benefiche, ha deciso di sostenere
la nobile finalità di Smarathon, perché la solidarietà è un
valore fondamentale, da cui la mission imprenditoriale
non può e non deve prescindere. Un sostegno che
passerà anche attraverso un evento di sensibilizzazione.
La corsa continua, dunque, perché, come recita il motto
di Smarathon, nulla è impossibile e l’unica malattia
davvero incurabile è l’indifferenza.
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17 EspressoNap_beatles 13-06-2007 13:22 Pagina 1
QUELLO CHE FU IL CHITONE, nobile tunica degli uomini più
illustri dell’antica Grecia, è oggi il biglietto da visita di chi
ama l’eleganza in purezza. Kiton è infatti sinonimo di classe
e qualità senza tempo. Merito di un credo stilistico che ha
saputo preservare valori e dettami dell’antica e superba
scuola sartoriale napoletana, trasportandoli nel presente
e adeguandoli alle esigenze del futuro. L’azienda fondata
quarant’anni fa da Ciro Paone nel cuore della provincia
partenopea, ad Arzano, con i suoi 330 sarti rappresenta
ancora oggi, più che un’industria, un grande laboratorio
artigiano. La moda Kiton è arte concettuale e non prodotto
industriale. Ecco perché il fondatore e pater familias non
ha mai amato datare le collezioni: l’eleganza non soggiace
alla frivola mutevolezza della moda e l’abito sartoriale è
sempre attuale. L’artigianalità coincide infatti con il buon
gusto di piacere a se stessi. E l’uomo Kiton sa assaporare il
piacere di guardarsi in uno specchio e muoversi per vedere
come l’abito aderisce non solo al suo corpo, ma alla sua
personalità e alla sua vita.
La qualità è in sé, e l’abito la racconta. Farlo al meglio è
da sempre la mission dell’azienda, fedele al motto di Ciro
Paone: “La qualità più uno. Il meglio del meglio più uno”.
Una qualità che prende le mosse dalla scelta dei tessuti. La
famiglia Paone si occupa di tessuti da cinque generazioni:
shetland e sete pregiate, cachemire e lane preziose. È
in un negozio di stoffe che è nato il talento genetico di
Ciro Paone e con lui il progetto Kiton, l’azienda nel 1968,
la strategia societaria, le ultime frontiere che ormai la
proiettano ovunque nel mondo ci sia amore per la qualità
e lo stile inconfondibili. Merito anche della lungimiranza
del management, garantita dall’apporto delle nuove
generazioni della famiglia Paone: anzitutto dalle due figlie,
la primogenita Maria Giovanna, vicepresidente dell’azienda,
e la secondogenita Raffaella, ma anche dal nipote Totò De
Matteis che, da quando aveva vent’anni, ha affiancato lo
zio nell’evoluzione dell’azienda. Un efficace passaggio
di testimone familiare, che oggi interessa anche la terza
generazione Paone. Del resto Kiton conserva l’abitudine
di produrre tutto “in casa”: più di 500 dipendenti che
garantiscono il made in Italy di prodotti che arrivano quasi
in ogni parte del mondo, tanto che l’80% del fatturato del
gruppo è oggi realizzato grazie all’export.
Un abito Kiton nasce, già nel modello, per essere
l’espressione di uno stile unico, per durare nel tempo e
per ripagare l’affezione di chi lo indossa e lo indosserà
per anni con orgoglio. Le fibre sono dei tipi più pregiati
ed appositamente tessuti per Kiton, ovviamente naturali,
le sole idonee ad abiti di grandi qualità, dalle fogge
assolutamente classiche, ma comunque ricche di continui
aggiornamenti volti a migliorare la perfezione.
Mani esperte tagliano, cuciono, impunturano gli abiti a
uno a uno e sono questi i momenti in cui si riconosce e si
esalta la vera capacità sartoriale. Fin dagli esordi, infatti,
MODA
Kiton, eleganza senza tempodi Vera Arabino
l’azienda ha realizzato un prodotto in controtendenza
rispetto alle logiche di massificazione, intuendo che ci
sarebbero sempre stati cultori e filosofi dell’eleganza
assoluta che avrebbero amato essere coccolati come
l’esercito di artigiani Kiton sa fare. E oggi l’abito Kiton
è l’espressione della più raffinata tecnica sartoriale,
proiettato in una dimensione industriale dove l’artigiano
opera in una struttura all’avanguardia ma fedele ai valori
tradizionali, e l’abilità e l’esperienza personale si fondono
nella sinergia di gruppo, dando vita ad un capo degno della
migliore scuola napoletana.
La vera regina Kiton è la giacca: per realizzarne una sola
servono 21 ore, 25 ore per un completo da uomo, ma è
l’abito su misura che illumina il firmamento di creazioni
dell’azienda, che s’impegna a raggiungere il cliente
dovunque sia nel mondo. L’abito maschile è completato poi
con una linea di cravatte che riproduce l’antica tradizione
partenopea delle “sette pieghe” e con la camicia che
rispecchia la filosofia dell’azienda: tessuti finissimi,
cuciture a mano, dettagli oltremodo accurati.
Un credo stilistico inconfondibile, che si è riverberato,
negli anni, nel ventaglio di proposte che hanno diversificato
con successo la produzione Kiton: dalla linea donna allo
sportswear, passando attraverso i profumi e ancora le
scarpe, la valigeria e la pelletteria, affidate a maestri
artigiani della pelle, in linea con la mission primigenia.
Il fine è, come sempre, il senso di piacere che chi vive lo
stile Kiton percepisce. Una produzione che è made in Italy
al cento per cento ed è distribuita attraverso la rete di
showroom monomarca in tutto il mondo, in particolare in
tutte le metropoli “templi dello shopping” internazionale,
e attraverso la rete di esercizi rigorosamente selezionati
in tutt’Italia e all’estero, per giungere ai clienti che amano
l’eleganza autentica a tutte le latitudini.
LA COLLEZIONE DONNAIN CASA KITON IL CLASSICO SENZA TROPPE STRAVAGANZE È
L’ASSOLUTA REGOLA: QUI L’ALTA SARTORIA NAPOLETANA PER UOMO
TROVA L’APPLICAZIONE PIÙ RIGIDA EPPURE SEMPRE ATTUALE.
NEI CAPISPALLA COME NEGLI ABITI PIÙ CASUAL. LA VERA NOVITÀ
DELLA MAISON È LA COLLEZIONE DONNA. UNA COLLEZIONE ISPIRATA
ALLA TRADIZIONE DI LUSSO, QUALITÀ ED ELEGANZA DI CUI KITON È
SINONIMO. LA COLLEZIONE DONNA 2008, CARATTERIZZATA DALLA
PRESENZA DI UNA “K” D’ORO CHE PROMETTE DI DIVENTARE UN
MUST, È IL TRIBUTO CHE KITON HA VOLUTO DARE ALLA DONNA
CONTEMPORANEA CHE VIVE IL SUO TEMPO CON LA CONSAPEVOLEZZA
DI SÉ, DELLA SUA FEMMINILITÀ, UNA DONNA CHE NON ACCETTA
COMPROMESSI CON LA MODA E CHE NON VUOLE RINUNCIARE AI
TESSUTI PREGIATI NÉ ALLE LINEE PIÙ ATTUALI, E CHE TROVA IN KITON
CIÒ CHE L’UOMO VI TROVA DA SEMPRE: L’ECCELLENZA DEI TESSUTI
UTILIZZATI, LA PERFEZIONE DELLE LINEE E L’ATTUALITÀ DEI MODELLI.
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DIVERSI SONO I MODI DI PROVVEDERE, in qualità di
responsabile, alla gestione di un Parco Urbano. La
gestione del Parco Urbano dell’Irno è certamente
singolare.
L’aspetto che più contraddistingue il modo di fare del
neodirettore Giovanni Giugliano è proprio quello che
attiene alla gestione. Questa ha il carattere dell’accudire
amorevolmente un Parco come un bimbo fragile e gracile,
nato prematuramente.
E, come ha sottolineato il professore Paolo Villani
intervenuto alla festa del 22 luglio scorso, “…nonostante
tutti gli interventi tecnici correttivi che occorre fare,
abbiamo, comunque, finalmente un Parco di cui prenderci
cura…”.
Alla festa Giovanni Giugliano ha invitato tutti i suoi
amici, e sua moglie ha apparecchiato un piccolo
buffet con dolci preparati da lei stessa: una crostata
con marmellata e un babà. Il Parco Urbano dell’Irno
ha una giusta dimensione, si insinua tra interstizi di
territorio lasciato libero per caso. Un fiume destinato a
scomparire, ad essere coperto per essere trasformato
in strada dopo lunghi anni è rinato sotto forma di Parco.
Ha una giusta dimensione anche da un punto di vista
politico e gestionale: solo due Comuni (Pellezzano e
Baronissi), coadiuvati per gli aspetti tecnici ed operativi
dal Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sarno.
Presidente del Parco è la prof.ssa Eva Longo, Sindaco
di Pellezzano, che ha promosso con tenacia la sua
realizzazione e, oggi, persegue il riconoscimento
da parte della Regione dello status di “Parco Urbano
Regionale”. Il Parco Urbano Irno è un progetto finanziato
e realizzato dalla Provincia di Salerno. È senz’altro
da ascrivere alla Provincia il merito di aver dato
corpo a spinte locali che da numerosi anni premevano
per la valorizzazione del corso del fiume Irno, ma
il progetto si basa, purtroppo, su difficili e costose
manutenzioni annuali per poter mantenere una forma
più o meno autentica di Parco naturalistico. Fa bene ad
accudirlo il direttore Giugliano, consigliato e spronato
dal competente amico Gino Marotta, Commissario
Straordinario del Consorzio di Bonifica, ed a pensare e a
provvedere, piuttosto che a costosi e velleitari progetti,
Accudire un parcodi Luigi Daniele
Direttore del Consorzio di
Bonifica Integrale Comprensorio Sarno
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AMBIENTE
ad interventi misurati affinché il corso del fiume assuma
da sé la propria forma naturale scorrendo e articolandosi
in laghetti; proprio come si accudisce un bambino che
cresce, lasciando che si irrobustisca e si manifesti
secondo una propria e irripetibile forma.
Occorre recuperare al fiume tutte le sue sorgenti, in
particolare quelle captate per altri usi, individuare
ed eliminare le poche ma ancora presenti fonti di
inquinamento, sistemare le sponde e i costoni di
tufo pericolanti e giungere alla definizione di un
equilibrio idraulico dinamico che riduca gli interventi
di manutenzione. La giusta dimensione del Parco è
probabilmente quella di un’area naturale, poco attrezzata
e senza piccole ed inutili piste ciclabili, variopinti arredi
ed “artistiche” ed inquinanti illuminazioni.
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“GLI ABITANTI DELLA COSTIERA SONO DEI PAZZI, degli
ubriachi di sole. Ma sanno vivere valendosi di una forza
che pochi di noi posseggono: la forza della fantasia”.
Così Roberto Rossellini amava ricordare la costa d’Amalfi
e i suoi abitanti dopo che, dal finire degli anni ’40 alla
metà degli anni ’50, aveva trovato, particolarmente
a Maiori, la condizione ideale e la disponibilità di un
intero paese a girare le sue pellicole: Paisà (1946),
"Il miracolo", secondo episodio de L’amore (1948), La
macchina ammazzacattivi (1948), Viaggio in Italia (1953).
I maioresi impararono ad amare il maestro, ritenuto un
uomo molto generoso, al quale bastava mettere una
macchina da presa al centro del paese e il film veniva
fuori insieme alla folla dei curiosi. E proprio in questa
atmosfera il suo giovane assistente, Federico Fellini,
notò un ragazzino, Alfonso Bovino, che poi interpretò lo
scugnizzo di Paisà (1946), che nel secondo episodio del
film ruba le scarpe al soldato nero ubriaco. Ricordate?
“Hey Joe, si t’adduorme, io m’arrobbo ’e scarpe”: è un
frammento fra i più belli del cinema di ogni tempo.
Maiori e la Costa Amalfitana saranno ancora protagonisti
di altri suoi film: L’amore (1948), suddiviso in due
episodi, il primo dal titolo “Una voce umana”; il
secondo, dal titolo “Il miracolo” su soggetto di Federico
Fellini, vede la Magnani nelle vesti della pastora Nannina
e lo stesso Fellini nei panni di un vagabondo girare lungo
la costa da Maiori a Furore.
Poco più tardi, a cavallo tra il 1948 e il 1951, Rossellini
tornerà in costiera: qui tra le case di Maiori e di Atrani
è ambientato il film La macchina ammazzacattivi,
soggetto di Eduardo De Filippo. E si legge nelle pagine
della filmografia rosselliniana: “Nella Macchina
ammazzacattivi vi sono i miei pellegrinaggi sulla
costa amalfitana, i posti dove si è stati bene e che
si ama”. Nel 1953 Rossellini gira Viaggio in Italia con
Ingrid Bergmann, immersa in un bagno di folla, e
tutta Maiori si mette ancora una volta a disposizione.
Allora, ecco pronta la processione dell’Addolorata
fuori stagione, pronta la banda musicale della vicina
Pagani, pronti tutti. Nel ricordo di Roberto Rossellini,
nel 2000 è nato il Premio Roberto Rossellini@Maiori,
grazie all’Associazione Maiori Film Festival, impegnata a
portare avanti un’iniziativa capace di riproporne l’opera
e l’insegnamento. E in occasione del centenario della
nascita del maestro del neorealismo (2006) sempre
l’AMFF gli dedica un documentario, Maiori anno 100, che
lavorato sull’immagine scrivendo i pensieri di Fernanda
Pivano dedicati a Rossellini, e creando un unico
piano visivo; così facendo ci propone una riflessione
simultanea fra pensiero presente e memoria. Queste
quattro grandi opere sembrano fermare il tempo in un
momento magico. Collocate sul lungomare di Maiori, ci
ricordano l’amore di Rossellini per questo luogo e la sua
gente, per le sue montagne e il suo mare.
prova a scavare nella memoria dei superstiti di quei
giorni. È gente comune, che dopo la breve parentesi
nell’universo sconosciuto e misterioso del cinema, è
tornata alle incombenze di tutti i giorni. Nella stessa
occasione la cittadina maiorese si è legata ancor di più
alla figura del regista, su iniziativa dell’Associazione
Maiori Film Festival, con il percorso “Sui luoghi del
cinema”: una serie di pannelli con i fotogrammi dei film
maioresi, destinati a tramandare la memoria dei set
rosselliniani, e la passeggiata Roberto Rossellini, un
tratto del lungomare di Maiori, dove sono state collocate
quattro opere dell’artista Marco Nereo Rotelli, dedicate
ai quattro film che Roberto Rossellini ha girato in questi
luoghi: Paisà, Il miracolo, La macchina ammazzacattivi e
Viaggio in Italia.
Rotelli, in linea con la sua ricerca basata sulla luce e
la poesia, che lo ha visto presente nei più importanti
musei internazionali e realizzare installazioni luminose
nelle capitali del mondo e per ben tre volte alla Biennale
di Venezia, ha ideato per questo evento le sue opere
ingigantendo fotogrammi dei film ed ottenendo un
risultato di rara sensibilità ed intensità. L’artista ha
Maiori e il suo rapporto privilegiato con Rossellinidi Giovanna Dell'Isola
CINEMA
NELLA PENULTIMA SETTIMANA DI OTTOBRE, DA
LUNEDÌ 20 A SABATO 25, SI È TENUTA LA NONA
EDIZIONE DEL PREMIO ROBERTO ROSSELLINI@
MAIORI CHE, COME PER LE SCORSE EDIZIONI,
HA AVUTO COME ELEMENTO PORTANTE LA
FILMOGRAFIA DI IMPEGNO CIVILE.
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Gianluca VatoreLE NUOVE FRONTIERE DEL WEB
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CASUAL DI CLASSE, LA MODA MASCHILE DI QUEST’AUTUNNO-INVERNO
PER I PIÙ GIOVANI E PER CHI AMA IL COMFORT CHE NON RINUNCIA
ALLO STILE PROPONE GRANDE ATTENZIONE ALLA QUALITÀ, RISCOPERTA
DEI COLORI CALDI ED ACCESI E DETTAGLI HI-TECH, MINIMIZZATI DAI
TAGLI CLASSICI DEI CAPI. LA FANNO DA PADRONE CAMICIE AVVITATE,
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JECKERSON], MAGLIE SOTTILI. IL MUST DELLA STAGIONE È LA GIACCA,
CON TAGLIO SPORTIVO, COME SI NOTA NELLE COLLEZIONI DI DIESEL
BLACK GOLD, NUOVA LABEL SBARCATA NEL MONDO DIESEL PER L’UOMO
CHE AMA IL CASUAL-LUXURY; MONTECORE, CHE SEGUE LE TRADIZIONALI
TECNICHE SARTORIALI ITALIANE FUSE CON LA TECNOLOGIA TIPICA DEI
CAPI SPORTIVI, E RAY ROGERS.
TORNA DI MODA LA BORSA DA UOMO SIA PER L’UFFICIO CHE PER IL
TEMPO LIBERO.
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www.afinedaybetweenaddictions.com, Gianluca Vatore
si riconferma designer di spicco nel panorama del web
italiano e internazionale.
Il 2007 e il 2008 sono stati anni di grandi soddisfazioni
per il designer cavese:
primo classificato nella categoria visual design e
vincitore del premio critico della giuria al Premio
Web Italia, Gianluca Vatore continua a sbaragliare la
concorrenza, tanto è vero che ai Mediastars, Premio
Tecnico della Pubblicità svoltosi a Milano lo scorso
maggio, vince il primo premio per la sezione internet.
Recentemente Gianluca Vatore, in collaborazione con
Studio Motive, ha pubblicato il sito del famoso musicista
Uto Ughi.
In attesa dell'uscita del nuovo sito realizzato per la linea
di elettrodomestici di lusso Kenwood Pleasure, siamo
lieti di comunicarvi che www.afinedaybetweenaddictions.
com, è stato pubblicato nell'Annual Young Blood 2007
(Iron editore), annuale dei talenti italiani premiati
nel mondo. “L'annual young blood allinea i nomi di
coloro che hanno vinto i premi oppure hanno ottenuto
riconoscimenti nell'anno indicato”. Raggruppato per aree
di appartenenza quali: arte, architettura, design, moda,
pubblicità, fotografia, grafica, illustrazione, fumetto,
cinema, video, web e management culturale, “l'annual
young blood intende facilitare l'individuazione dei giovani
talenti italiani, nella speranza di suscitare interesse
all'estero e che questa prima edizione possa essere
guardata con interesse dai talent scout internazionali
dei vari settori creativi”.
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PER MOLTE PERSONE IL PERSONAL TRAINER è percepito come
un lusso. Quando si pensa a questa figura, giungono
subito alla mente Madonna, Ben Affleck, Sylvester
Stallone, ecc., che corrono con cappellino da baseball,
occhiali da sole e bottiglia di Evian in mano, affiancati
da un aitante giovanotto con cronometro al collo. In
realtà la figura del personal trainer può essere molto più
accessibile di quanto si pensi.
Una cosa è farsi programmare un percorso di
allenamento della durata di molti mesi, impostando mese
dopo mese, ogni seduta per tutto il percorso. Redigere
una dieta da variare di volta in volta, accompagnare il
cliente in OGNI seduta, seguendolo anche a domicilio o
nelle sessioni outdoor; altra cosa è seguire il cliente
per spiegargli accuratamente una scheda di allenamento
personalizzata, insegnargli perfettamente l’esecuzione
degli esercizi e tutti i rudimenti di base per fargli
intraprendere in tutta sicurezza e piena autonomia il suo
viaggio attraverso il mondo della palestra.
Questa seconda strada è sicuramente alla portata di
tutti. Mi sono sempre domandato una cosa: perché
quando si va per la prima volta a sciare, o a giocare a
tennis, la prima cosa che si fa è prendere un maestro
che ti insegni i primi passi? Lo stesso dicasi per il
windsurf, o addirittura per la scuola-guida? Perché
quando si va in una palestra non si fa altrettanto?
Lo so quello che state per dire, in palestra dovrebbero
esserci gli istruttori a disposizione...
Mi permetto di farvi fare una riflessione: immaginate
una palestra in cui ci siano solo 20 clienti in sala.
Immaginate che ci sia un istruttore il quale viene da voi
e vi dedica UN MINUTO. Poi passa al cliente successivo
a fare la stessa cosa. Facile intuire che ripasserà da voi
per il successivo esercizio dopo 20 minuti… (magari!).
Ora ditemi come si fa ad imparare ad allenarsi con decine
di attrezzi ed esercizi diversi, avendo a disposizione un
istruttore per 3 minuti all’ora?
Prendendo un personal trainer solo per le prime 3-4
sedute, avrete una persona a disposizione che saprà
mettervi in condizioni di ottenere il massimo dal vostro
tempo in palestra. Potrete poi proseguire in piena
autonomia il vostro percorso verso la forma fisica.
COLGO L’OCCASIONE PER DARVI LE 10 REGOLE DEL
BENESSERE.
1 Tratta bene il tuo corpo: te ne sarà grato per tutta la
vita.
2 Dedica al tuo corpo e alla tua mente un po’ di tempo
durante la giornata.
3 Il benessere deve essere un tuo diritto, ma anche un
tuo dovere.
4 Fai del movimento: in casa, all’aperto, in palestra,
dove vuoi… ma muoviti!
5 Pensa positivo. L'impegno è lo stesso di quando pensi
negativo,ma i risultati sono migliori.
6 Dieta significa “tenore di vita”; fa' che la tua dieta
sia la più sana e la più piacevole per te.
7 Non è mai troppo tardi per decidere di rimettersi in
forma. Una volta deciso, FALLO!
8 Ascolta sempre i segnali del tuo corpo; è l’unico a
sapere di cosa hai veramente bisogno.
9 Diffida dei metodi semplici e sbrigativi; per rimettersi
in forma, un po' di impegno e qualche rinuncia sono
necessari.
10 Se non sai cosa fare e come farlo, non
improvvisare… prendi un maestro!
Personal trainer: privilegio o necessità?di Matteo GuidaDirettore palestra SuperSportGym di SalernoPersonal trainer
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LA MODA MASCHILE DI QUEST’AUTUNNO-INVERNO È CUCITA SUI
DESIDERI DI UN UOMO ESIGENTE MA POLIEDRICO, CHE INDOSSA
COMPLETI DALL’ELEGANZA CLASSICA E SARTORIALE CON PIUMINI
TRAPUNTATI E NEL TEMPO LIBERO NON DISDEGNA SOLUZIONI SPORT-
CHIC E TECNOLOGICHE. IL PORPORA, E ANCOR PIÙ IL VIOLA, È LA
NUANCE CHE DÀ CALORE AI RIGORI INVERNALI, PER LE CAMICIE MA
ANCHE PER LE CRAVATTE E LE SCIARPE DALLE FOGGE AVVOLGENTI COME
QUELLE IRRESISTIBILI DI ETRO. IL CACHEMIRE È GARANZIA DI GRAN
CLASSE PER LA MAGLIERIA (INTRAMONTABILE LA BALLANTYNE).
I PANTALONI TENDONO ALLO SLIM PER UN UOMO CHE METTE IN RISALTO
LE GAMBE.
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di Marco Alfano
Scoccapiatto
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DA,
2005 _
PIA
TTO,
MAI
OLI
CA
Ø33CM.
GRANDE SUCCESSO, SABATO 27 SETTEMBRE,
PER LA MOSTRA DEI PIATTI DI GIUSEPPE DI MURO.
LA MOSTRA RESTERÀ ALLESTITA ALL'ECOSTYLE
BRANCACCIO FINO AL 29 NOVEMBRE.
INAUGURAZIONE, SABATO 22 NOVEMBRE08
ORE 20,30, PER LA MOSTRA DELLE FOTOGRAFIE
DI NICOLA GUARINI ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
IN VIA PAPIO, 39 A SALERNO FINO AL
6 GENNAIO09.
SUL MALECÓN, IL LUNGOMARE CHE CINGE LA BAIA DELL’AVANA,
un grande edificio, sede degli Uffici economici degli Stati
Uniti, si affaccia sull’Atlantico. Dietro la ventilata di
bandiere nere, installate dai cubani quale segno d’ultima
e disperata guerra ideologica, s’apre un meditato
“largo” del cielo, l’imponente grandiosità delle nubi,
solcata da splendidi bagliori. È questa l’immagine che
Nicola Guarini ha scelto per presentare questa mostra
che tenta di “catturare” l’anima di Cuba: racconto da
intendersi soprattutto nell’opportunità per il fotografo
di uno spirito creativo, ricordando riflessioni di Ansel
Adams sull’integrità morale necessaria a compiere lo
scatto prima dell’inquadratura. È una Cuba insolita,
in un rigoroso bianco-nero, che non intende cedere
all’oleografia, alla rutilante offerta dei colori caraibici,
accreditata da certe volgarità del viaggio occidentale;
che non ricorre neppure, d’altra parte, alla nostalgica
testimonianza della storia rivoluzionaria dell’isola,
alla retorica evocazione del Che, dell’anziano Fidel. Un
processo di purificazione che ha quale conseguenza
un’immagine scarnificata di Cuba, quasi esangue, cui è
sottesa un’osservazione scavata, nell’uso di carte poco
sensibili; ma questo “scavo” non significa “durezza”,
bensì inclinazione affettiva dello sguardo, struggente
sentimento del tempo, nell’alternanza tra ciò che è
vicino, quasi tangibile, e quel che è ineffabile: luce,
aria nei filari di palme, possibilità di poesia nelle poche
automobili che scorrono sulle strade assolate, le case
dirute e abitate di fianco ai lussuosi alberghi destinati
ai turisti; un’impazienza di accostamenti, anche una
temerarietà, anteriore alla “cattura” dell’immagine nel
mirino dell’obiettivo.
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