AVV. SILVIA RENZETTI Assegnista di ricerca in Procedura penale
Università degli studi di Bologna
Art. 36
Attribuzioni del giudice penale
1. La competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono.
2. Per il procedimento di accertamento dell’illecito amministrativo dell’ente si osservano le disposizioni sulla composizione del tribunale e le disposizioni processuali collegate relative ai reati dai quali l’illecito amministrativo dipende
Due le ragioni della scelta:
esigenza di effettività:
- agevolare l’accertamento della responsabilità dell’ente che risulta strettamente collegata al reato presupposto. Tanto che la regola processuale fissata nel d.lgs. 231 è quella del simultaneus processus, salve le eccezioni previste dall’art. 38.
- evitare decisioni contrastanti.
- insufficienza dei poteri istruttori nel modello procedimentale ex legge n. 689/1981 rispetto alle esigenze di accertamento proprie del sistema di responsabilità degli enti.
scelta di garanzia per l’ente: data la natura penale-amministrativa degli illeciti dell'ente e l'applicabilità di penetranti sanzioni interdittive derivate dall'armamentario penalistico e dalla stessa vicinanza con il fatto reato, si è ritenuto necessario un sistema di garanzie molto più efficace rispetto a quello della legge 689.
Art. 34
Disposizioni processuali applicabili
Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271
Bisogna verificare, in prima battuta,
l’esistenza di una norma specifica nel capo III
del d.lgs. 231/2001 e, solo in via sussidiaria,
per colmare eventuali lacune, utilizzare la
fonte codicistica.
deve ritenersi che le norme processuali del
d.lgs. n. 231/2001 prevalgano sulle ordinarie
norme processuali in virtù del principio di
specialità (Trib. Milano, 5 febbraio 2008,
Enipower, FA, 2008, 219).
La clausola di rinvio contenuta nell’art. 34
pone i consueti problemi interpretativi legati
alla valutazione di compatibilità della
disciplina codicistica, là dove la normativa
speciale presenti delle lacune;
ai residui margini di operatività della stessa
quando, invece, la disciplina ad hoc fornisca
una specifica regolamentazione.
Infatti:
le disposizioni codicistiche non sono automaticamente applicabili agli enti, non essendovi una presunzione assoluta di compatibilità dell’ordinamento processuale con la normativa speciale
un’espressa regolamentazione di determinati istituti da parte del decreto non esclude tout court l’applicabilità della disciplina generale, poiché la prima si sostituisce alla seconda solo se del tutto autosufficiente; dandosi luogo, invece, ad un’etero-integrazione se i meccanismi peculiari si aggiungano o modifichino parzialmente quelli ordinari
Inoltre:
alla generale clausola di rinvio di cui all’art.
34, il d.lgs. n. 231/2001 contiene rimandi a
specifiche norme del codice, alcune delle
quali si pongono al di fuori della clausola di
compatibilità
Altre norme sono specificamente richiamate
ma salva la clausola di compatibilità
In numerosi casi in cui il d.lgs. n. 231/2001 presenta delle lacune rispetto agli istituti del processo penale, l’art. 34 è stato impiegato nel senso di consentire l’applicazione delle corrispondenti norme codicistiche.
Per esempio in tema di:
- Informazione di garanzia (art. 369 bis c.p.p.)
- Avviso di conclusione delle indagini (art. 415 bis c.p.p.)
- Giudizio immediato;
- Indagini difensive;
- Giudizio direttissimo (artt. 449 comma 5 c.p.p. e 558 c.p.p.)
Art. 35
Estensione della disciplina relativa
all'imputato
All'ente si applicano le disposizioni processuali
relative all'imputato, in quanto compatibili.
Anche l’operatività di tale equiparazione è subordinata alla clausola di compatibilità.
In ogni caso, la circostanza per cui per il compimento di un dato atto sia necessario il coinvolgimento di una persona fisica, non può costituire un ostacolo insormontabile al fine di ravvisare l’applicabilità delle previsioni del codice.
Possibilità di sottoporre l’ente ad interrogatorio per il tramite del suo legale rappresentante (Ord. Trib.-GIP Torino, 11.6.2004, GM, 2004, 2506; conf. Ord. Trib.-GIP Milano, 23.3.2004, CP, 2004, 3789. Cfr. anche Relazione ministeriale al d.lgs. n. 231/2001, §18)
Art. 37
Casi di improcedibilità
Non si procede all’accertamento dell’illecito
amministrativo dell’ente, quando l’azione
penale non può essere iniziata o proseguita
nei confronti dell’autore del reato per la
mancanza di una condizione di procedibilità
In caso di improcedibilità:
- Decreto di archiviazione (disposto
direttamente dal p.m. – art. 58)
- Sentenza di non luogo a procedere (art. 61)
- Sentenza di proscioglimento dibattimentale
(art. 67)
Art. 39
Rappresentanza dell'ente
1. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
2. L'ente che intende partecipare al procedimento si costituisce depositando nella cancelleria dell'autorità' giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità:
a) la denominazione dell'ente e le generalità del suo legale rappresentante;
b) il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
c) la sottoscrizione del difensore;
d) la dichiarazione o l'elezione di domicilio.
3. La procura, conferita nelle forme previste dall'articolo 100, comma 1, del codice di procedura penale, e' depositata nella segreteria del pubblico ministero o nella cancelleria del giudice ovvero e' presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di cui al comma 2.
4. Quando non compare il legale rappresentante, l'ente costituito e' rappresentato dal difensore.
In caso di incompatibilità del rappresentante
legale, l’ente:
può nominare un nuovo rappresentante del tutto
estraneo ai fatti di cui al reato presupposto
può designare un rappresentante ad hoc solo per
il processo (procuratore ad litem)
può scegliere di non nominare alcun sostituto del
rappresentante incompatibile e, quindi, di non
costituirsi nel processo, andando incontro ad una
dichiarazione di contumacia (perché l’ente che
non si costituisce in giudizio, a norma dell’ultimo
comma dell’art, 39 è dichiarato contumace).
Qualsiasi atto compiuto dal rappresentante incompatibile -è da ritenersi inefficace, in quanto realizzato da un soggetto che non è legittimato a rappresentare l'ente, cioè ad esprimere la volontà del soggetto collettivo nel procedimento che lo riguarda:
nomina del difensore
costituzione dell’ente Cass., sez. VI, 31.05.2011, n. 29930).
inammissibile l’impugnazione presentata dal legale rappresentante della persona giuridica, divenuto incompatibile in quanto indagato o imputato del reato presupposto (Cass., VI, 19.06.2009, n. 41398; Cass., VI, 31.05.2011, n. 29930).
Art. 40
Difensore di ufficio
L'ente che non ha nominato un difensore di
fiducia o ne e' rimasto privo e' assistito da un
difensore di ufficio.
La garanzia della difesa d'ufficio è destinata ad operare:
nel caso in cui il soggetto collettivo resti privo, per uno dei motivi contemplati dagli artt. 105 e ss. c.p.p., del difensore nominato all'atto della costituzione
nell'ipotesi in cui l'ente non sia costituito, rimanendo contumace (condizione del tutto compatibile con la nomina di un difensore d'ufficio),
quando - pur costituitosi - abbia omesso di nominare un difensore. Infatti, detta omissione, determinando l'inammissibilità della costituzione, comporta la dichiarazione di contumacia dell'imputato ente, con la conseguente nomina di un difensore d'ufficio
in tutti i casi in cui, in fase di indagini, sia necessario compiere un atto che presupponga l'assistenza difensiva e l'ente non provveda alla nomina di un difensore di fiducia
Per l’individuazione del difensore d’ufficio,
si osserva la regola di cui all’art. 29 comma 1
disp. att. c.p.p., dovendosi invece escludere
l’applicabilità del secondo comma della
norma richiamata, che, per la formazione
delle tabelle e degli elenchi dei difensori
d’ufficio, impedisce il ricorso al sistema
informatizzato qualora il procedimento
concerne “materie specifiche”, alla luce del
tempo trascorso dall’entrata in vigore della
disciplina e del progressivo ampliamento del
suo ambito di applicazione
- Se l’ente si costituisce validamente, la
mancata comparizione del rappresentante
non dà luogo a contumacia, ma ad una
rappresentanza necessaria da parte del suo
difensore (art, 39 comma 4 d.lgs. 231/2001)
- Se l’ente non si costituisce, o la costituzione
è invalida, è dichiarato contumace (art. 41)
Art. 42
Vicende modificative dell’ente nel corso del
processo
Nel caso di trasformazione, di fusione o di
scissione dell'ente originariamente
responsabile, il procedimento prosegue nei
confronti degli enti risultanti da tali vicende
modificative o beneficiari della scissione,
che partecipano al processo, nello stato in
cui lo stesso si trova, depositando la
dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2.
Misure cautelari interdittive (artt. 45-52)
Misure cautelari reali:
- Sequestro preventivo (art. 53)
- Sequestro conservativo (art. 54)
- interdizione dall’esercizio dell’attività (lett. a);
- sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito (lett. b);
- divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio (lett. c);
- - esclusione da agevolazioni, finanziamenti,
contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi (lett. d);
- divieto di pubblicizzare beni e servizi (lett. e).
Tra le sanzioni previste dall’art. 9,ve ne sono
due del tutto inidonee rispetto ad
un’applicazione provvisoria in funzione
cautelare, perché aventi carattere definitivo
la revoca di autorizzazioni, concessioni o
licenze (lett. b)
la revoca di finanziamenti (lett. d)
Gip Salerno 2003: lettura correttiva
«la revoca dei finanziamenti costituisce una parentesi che determina, per il periodo individuato dal giudice nell’ambito temporale indicato dal legislatore, la sospensione dell’efficacia del finanziamento in vista della revoca da adottarsi esclusivamente con la sentenza di condanna»
Conformi: G.i.p. Trib. Ivrea, 12 maggio 2005, Soc. coop. Forum; G.i.p. Trib. Vibo Valentia, 20 aprile 2004, Soc. O.
Ma la revoca, per quanto temporanea, presuppone la restituzione del finanziamento ottenuto
Sentenze più ortodosse, che escludono
l’applicabilità della revoca dei finanziamenti in
sede cautelare:
- Trib. Agrigento, ord. 14 luglio 2005, Jolli
Mediterraneo, in Giur. mer., 2006. p. 1258
L’art 45 del decreto 231sancisce l’impiego delle sanzioni interdittive come misure cautelari senza, però, specificare quali tra gli illeciti imputabili all’ente ammettono l’intervento cautelare, nonché se a ciascuno dei reati presupposto conseguano tutte le tipologie di misure contemplate dall’art. 9.
Problema perchè non tutte le fattispecie 231 comportano il ricorso all’armamentario interdittivo:
molte vengono sanzionate con la sola pena pecuniaria
altre comportano l’applicazione di alcune soltanto tra le sanzioni interdittive, con esclusione di quelle più gravi.
«E’ esclusa l’adozione, in via cautelare e
anticipata, di sanzioni interdittive che non
potranno essere applicate in via definitiva
all’esito del giudizio di merito, perché non
contemplate in relazione al tipo di illecito»
Cass., II, 12 marzo 2007; D’Alessio
Contenuto del controllo del giudice:
- consistenza indiziaria in ordine al reato
presupposto;
- attribuibilità del reato presupposto ad un
apicale o dipendente (salvo il principio di
autonomia)
- interesse e vantaggio
- criteri soggettivi di imputabilità
- condizioni ex art. 13 e 12 d.lgs. 231/2001
Sanzioni interdittive
1. Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità' e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
b) in caso di reiterazione degli illeciti.
2. Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.
3. Le sanzioni interdittive non si applicano nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1.
Casi di riduzione della sanzione pecuniaria
1. La sanzione pecuniaria e' ridotta della meta' e non puo' comunque essere superiore a lire duecento milioni se:
a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; b) il danno patrimoniale cagionato e' di particolare tenuita';
2. La sanzione e' ridotta da un terzo alla meta' se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado: a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si e' comunque efficacemente adoperato in tal senso; b) e' stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
3. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione e' ridotta dalla meta' ai due terzi.
4. In ogni caso, la sanzione pecuniaria non puo' essere inferiore a lire venti milioni.
Il pericolo di reiterazione di illeciti della stessa
indole deve essere concreto ed emergere da
fondati e specifici elementi.
Ricorso ai parametri dell’art. 274 lett. c)
(attraverso l’art. 34 d.lgs. 231/2001)
La valutazione finalizzata a pronosticare l’esistenza di un periculum in mora deve essere condotta su un duplice piano:
analisi delle modalità e le circostanze del fatto, ovvero:
- gravità dell’illecito,
- entità del profitto ricavato,
- gravità del danno patrimoniale cagionato dal reato.
valutazione della presumibile pericolosità del soggetto collettivo che, dovendo essere adattata alle caratteristiche ontologiche dell’ente, andrà riferita:
- alla politica d’impresa attuata negli anni;
- agli eventuali illeciti commessi in precedenza;
- allo stato organizzativo dell’ente, cioè la sua capacità di agevolare o evitare la commissione dei reati.
avvenuta estromissione degli organi di vertice coinvolti nel reato: deve trattarsi, però, di un piano di modifica effettivo e non solo apparente, che riveli una cesura netta tra il vecchio gruppo dirigente ed il nuovo; mentre non avrebbe alcun valore un’operazione in cui venissero designati soggetti strettamente collegati con gli amministratori precedenti, da cui continuino a prendere direttive.
stato di liquidazione in cui versa la società, in quanto fonte di neutralizzazione della sua attività.
messa a disposizione del profitto del reato che abbia, però, ad oggetto i beni direttamente percepiti dalla società a seguito della consumazione del reato e non il loro equivalente, dato dai beni costituenti reimpiego del profitto originariamente conseguito.
ADOZIONE DEL MODELLO!
Art. 46 d.lgs. 231/2001
adeguatezza,
proporzionalità
gradualità.
La proporzionalità della misura va valutata in relazione a:
- entità del fatto
- sanzione che si ritiene possa essere applicata all’ente
La prognosi sulla sanzione applicabile all’esito del procedimento deve essere effettuata in concreto, in base ai criteri enucleabili dagli articoli 13 e 14 del decreto, che prendono in considerazione:
- l’entità del profitto conseguito e del danno patrimoniale cagionato,
- la gravità del fatto,
- il grado di responsabilità dell’ente,
- l’attività realizzata per eliminare le conseguenze del reato e prevenire la commissione di ulteriori illeciti
- le condizioni economiche della società.
Inoltre, la proiezione della cautela sull’esito sanzionatorio del procedimento fa sì che il giudice debba rigettare la richiesta cautelare qualora nessuna sanzione interdittiva sia prevedibilmente applicabile. Ciò si verifica non soltanto quando, com’è ovvio, quest’ultima non sia contemplata dal sistema in relazione alla fattispecie per cui si procede, ma anche là dove l’ente abbia posto in essere quelle condotte che inibiscono il ricorso alla sanzione di tipo interdittivo.
Art. 17. Riparazione delle conseguenze del reato
Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni: a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si e' comunque efficacemente adoperato in tal senso; b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
Art. 49. Sospensione delle misure cautelari
1. Le misure cautelari possono essere sospese se l'ente chiede di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l'esclusione di sanzioni interdittive a norma dell'articolo 17. In tal caso, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la sospensione della misura e indica il termine per la realizzazione delle condotte riparatorie di cui al medesimo articolo 17.
2. La cauzione consiste nel deposito presso la Cassa delle ammende di una somma di denaro che non puo' comunque essere inferiore alla meta' della sanzione pecuniaria minima prevista per l'illecito per cui si procede. In luogo del deposito, e' ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale.
3. Nel caso di mancata, incompleta o inefficace esecuzione delle attivita' nel termine fissato, la misura cautelare viene ripristinata e la somma depositata o per la quale e' stata data garanzia e' devoluta alla Cassa delle ammende.
4. Se si realizzano le condizioni di cui all'articolo 17 il giudice revoca la misura cautelare e ordina la restituzione della somma depositata o la cancellazione dell'ipoteca; la fideiussione prestata si estingue
Richiesta del pubblico ministero
Ordinanza del giudice che procede
Sensibile deviazione dal c.p.p.:
previsione di un contraddittorio anticipato
(art. 47 d.lgs. 231/2001)
provare l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli
dimostrare di aver adottato i modelli dopo la commissione del reato, con la conseguenza che il giudice, ritenendo neutralizzato il pericolo di reiterazione, non potrebbe che considerare superflua l’applicazione di misure cautelari
usufruire della sospensione delle misure cautelari già applicate, per poter realizzare quelle condotte riparatorie espressamente stabilite dall’art. 17, la cui efficacia determina la revoca delle misure stesse.
sede di accertamento delle condizioni per disporre il commissariamento dell’ente, funzionale ad esigenze di tutela della collettività e dell’occupazione.
diverse Regioni italiane hanno previsto l’adozione del modello come condizione per l’affidamento di appalti e concessioni (si vedano ad es. Legge Regione Calabria n. 15 del 21 giugno 2008, Decreto Regione Lombardia n. 5808 dell'8 giugno 2010 e Legge Regione Abruzzo n. 15 del 27 maggio 2011).
Regolamento dei Mercati di Borsa Italiana, che nel 2007 ha reso obbligatoria l’adozione del Modello 231 quale requisito per l’accesso delle società quotate al “Segmento STAR” (Segmento Titoli con Alti Requisiti), cioè al segmento del mercato azionario dedicato alle società di medie dimensioni con capitalizzazione non superiore a 1000 milioni di Euro che, su base volontaria, si impegnano a rispettare requisiti più stringenti in termini di trasparenza informativa, liquidità e governo societario.
D.L. 1/2012, come convertito con Legge 27/2012 e successivamente modificato, con cui il legislatore ha attribuito all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il compito di elaborare ed attribuire un “rating di legalità” per le imprese con un fatturato minimo di due milioni di euro, del quale si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché al fine dell’accesso al credito bancario (art. 5 ter), configurando i modelli 231 quale fattore di incremento del punteggio (art. 3 Regolamento allegato).
Significativa pronuncia di merito, che ha condannato l'amministratore delegato e presidente del Consiglio di amministrazione di un’azienda a risarcire la sanzione amministrativa applicata all’ente, qualora non abbia adottato o non abbia proposto di adottare un modello organizzativo (Trib. Milano, sez. VIII, 13 febbraio 2008, n. 1774).
Sospensione delle misure cautelari
1.Le misure cautelari possono essere sospese se l'ente chiede di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l'esclusione di sanzioni interdittive a norma dell'articolo 17. In tal caso, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la sospensione della misura e indica il termine per la realizzazione delle condotte riparatorie di cui al medesimo articolo 17.
2. La cauzione consiste nel deposito presso la Cassa delle ammende di una somma di denaro che non puo' comunque essere inferiore alla meta' della sanzione pecuniaria minima prevista per l'illecito per cui si procede. In luogo del deposito, e' ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale.
3. Nel caso di mancata, incompleta o inefficace esecuzione delle attivita' nel termine fissato, la misura cautelare viene ripristinata e la somma depositata o per la quale e' stata data garanzia e' devoluta alla Cassa delle ammende.
4. Se si realizzano le condizioni di cui all'articolo 17 il giudice revoca la misura cautelare e ordina la restituzione della somma depositata o la cancellazione dell'ipoteca; la fideiussione prestata si estingue
L’ente, nel suo stesso interesse, non dovrà
limitarsi a presentare una semplice richiesta di
sospensione, ma dovrà indicare
dettagliatamente gli obiettivi che si propone,
le condotte che intende porre in essere e le
modalità di realizzazione, eventualmente
allegando la documentazione relativa ai costi
degli interventi e alla situazione economica
della società. La fondatezza della richiesta,
peraltro, costituisce un efficace antidoto
contro il rischio di domande meramente
dilatorie.
Conseguentemente, il giudice dovrà valutare la
conformità del piano prospettato dall’ente
rispetto agli obiettivi posti dall’art. 17, nonché
le concrete possibilità di realizzazione delle
condotte, anche in virtù della situazione
economica dell’ente. Si tratta di un giudizio
per sua natura prognostico, a differenza di
quello che il giudice sarà chiamato ad
effettuare in sede di verifica dei risultati
raggiunti, alla scadenza del termine stabilito.
Appello
ordinanze applicative,
ordinanze che sospendono, revocano, sostituiscono, dichiarano l’estinzione delle misure interdittive,
ordinanze reiettive della richiesta cautelare del pubblico ministero
Ricorso per Cassazione:
ordinanze emesse in sede di appello
solo per violazione di legge
Art. 15. Commissario giudiziale
1. Se sussistono i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attivita' dell'ente, il giudice, in luogo dell'applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell'attivita' dell'ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l'ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessita' la cui interruzione puo' provocare un grave pregiudizio alla collettivita'; b) l'interruzione dell'attivita' dell'ente puo' provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui e' situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione.
2. Con la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attivita', il giudice indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attivita' in cui e' stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente.
3. Nell'ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Non puo' compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice.
4. Il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attivita' viene confiscato.
5. La prosecuzione dell'attivita' da parte del commissario non puo' essere disposta quando l'interruzione dell'attivita' consegue all'applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva.
Art. 45 comma 3
3. In luogo della misura cautelare interdittiva, il giudice puo' nominare un commissario giudiziale a norma dell'articolo 15 per un periodo pari alla durata della misura che sarebbe stata applicata.
Condizioni:
l’ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività;
l’interruzione dell’attività dell’ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione.
Da tali presupposti si desume che la finalità del commissariamento è quella di bilanciare due interessi suscettibili di entrare in competizione:
esigenza di punire l’ente resosi responsabile di un illecito,
necessità di tutelare i soggetti terzi che risultino pregiudicati dall’irrogazione di sanzioni ai danni della societas.
Problema ambito applicativo:
può essere applicato solo in sostituzione della misura che comporta ex se la sospensione dell’attività (lett. A artt. 9 e 45)
oppure
in sostituzione di qualsiasi attività che paralizzi in concreto l’attività dell’ente, in base al tipo di attività?
Problema specifico per la fase cautelare:
Sentenza Magiste International
Grazie per l’attenzione