UNIVERSITĂ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTĂ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA
TESI TRIENNALE
Categorie, Monadie
Teorema di Beck
Relatore:PROF. MAURIZIO
CANDILERA
Laureando:FOSCO LOREGIAN
Matricola: 561233
Anno Accademico 2009/2010
C H I A C C H I E R E
Dietro ogni astrazione si nascondelâintuizione di una TotalitĂ
E. Severino
Concetti come quello di categoria e di funtore, nati come linguaggio (inun senso pertinente alla logica, e inteso come set di simboli che traducesseroinformalmente âsintetizzandoleâ relazioni tra determinati enti), si sono poirivelati pervasivi e dotati di una, seppure ancora implicita, coerenza propria:in questa evoluzione del simbolo verso una struttura piĂč chiara, ubiquita-ria e autoconsistente (un suo analogo elementare puĂČ essere lâinesistenza dicui nel XVI secolo si tacciava
pâ1) si puĂČ vedere limpidamente incarnato lâi-
deale di connubio tra forma e sostanza caro al Matematico (per cui la primanon Ăš altro che veicolo di rappresentazione della seconda, e la sua univocitĂ strumento dellâermeneutica;1).
Ideaâguida di ogni asserzione formulata nel linguaggio delle categorie Ăš laseguente: la natura degli enti in studio Ăš subordinata alla possibilitĂ di met-tere i suddetti enti in (sensata) relazione. In parole povere, non Ăš piĂč la naturastatica dellâoggetto in studio a interessare e ad esserne caratteristica, bensĂŹ lasua capacitĂ di essere âtrasformatoâ dallâazione di un opportuno morfismo2.Da un concetto elementare, atavico piĂč che matematico (il principio di iden-titĂ tra enti di uno stesso conglomerato) ci si eleva dunque ad un concettopiĂč raffinato, che fa sentire il precedente come obsoleto e inutilmente âma-terialeâ: questo concetto o idea primaria Ăš la nozione di relazione tra gli entidel conglomerato. Matematicamente, si assiste ad una inversione di tenden-za concettuale: le idee primitive di insieme e di elemento, collegate tra lorodalla relazione di appartenenza, non sono piĂč sufficienti a descrivere com-piutamente strutture molto generali cui questa impostazione introspettiva(un insieme Ăš identificato dai suoi elementi) sta stretta; ci si sposta quindi a
1 Questâidea Ăš innegabilmente figlia di un ideale platonico, che vuole il sapere matematico quan-to piĂč possibile categorematico, ontologicamente autarchico: si potrebbe dire che ormai âque-stâipotesi Ăš stata universalmente accettata, ma non nel senso in cui la formularono i suoi inven-tori.â La spinta formalista della scuola di Hilbert ne Ăš poco lontana, ma il linguaggio di basecon cui essa voleva imporsi âla consueta insiemisticaâ era forse troppo poco generale: di comeil concetto di un sapere matematico interconnesso e in vivace comunicazione con sĂš stesso sistia imponendo allâattenzione generale si occupano certe frange massimaliste dei teorici deitopoi; in questo particolare frame gli insiemi sono solo uno dei membri di una classe molto piĂčvasta.
2 LâopportunitĂ di cedere il passo ad un termine diverso, dettato dal definiendum non in defi-nitionem si Ăš poi scontrata con la coscienza che piĂč utile appellarsi ad un concetto intuitivo,etimologico di morfismo, sedimentato nella mente del lettore âforse solo quello introdotto algreco, ma tantâĂšâ, cosĂŹ come quello di freccia, ben piĂč pragmatico: con una affermazione dalsapore russeliano, si puĂČ dire che morfismo e freccia sono concetti criptomorfi di una stessaidea, la mutazione di un ente ignoto in un altro, parimenti ignoto. Ă convinzione dello scriven-te che non si deve ignorare quel che questa impostazione mentale, cosĂŹ naturale, suggerisce: sequel che importa sono solo i morfismi, gli oggetti possono decadere a enti ancor meno noti deisemplici indefiniti, senza che la teoria nella sua globalitĂ ne soffra.
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considerare gli âoggettiâ in studio come indivisibili (in un senso leibniziano)tra cui sono date in partenza un certo numero di relazioni a loro esterne, einterne a una collezione che, idealmente, abbraccia (seppure con qualchecautela imposta da disagi fondazionali) âtuttiâ gli enti di cui si puĂČ dare unaopportuna definizione intensionale.
Posta in questi termini sintetici, questa filosofia puĂČ apparire fumosa oinutilmente astratta. Un esempio forse piĂč vicino alla quotidianitĂ del Letto-re profano si puĂČ dare mediante unâanalogia linguistica. Il lato concreto diuna lingua Ăš la sua semantica, lâuso dei fonemi per riconoscere un determi-nato ente (oggetto) separato dal contesto (universo); il suo lato astratto, lasintassi si occupa invece di esplicitare le relazioni che intercorrono tra varioggetti, basandosi sulla loro interdipendenza concettuale. CiĂČ che le parolesono, da un punto di vista sintattico non ha valore: piĂč valore ha invece ilposto che esse occupano allâinterno di una frase.
Datare queste idee Ăš (come sempre quando si tratta di storiografia) moti-vo di imbarazzo: si puĂČ trovare nel lavoro di Eilenberg e Mac Lane del 1945General Theory of Natural Equivalences una data di nascita per il concetto difuntore, trasformazione naturale, etc., e molti concordano con questo anni-versario. Lâidea di indicare una funzione come una freccia f : A â B Ăš perĂČpiĂč antica, e dovuta a Steenrod (Regular Cycles of Compact Metric Spaces,1940) e fu subito riconosciuta come utile, imponendosi alla pratica che vo-leva indicare con f (X ) â Y una funzione. Ă possibile, volendo, risalire an-cora piĂč indietro, e notare che Felix Klein, nella sua esposizione del 1872Vergleichende Betrachtungen ĂŒber neuere geometrische Forschungen (Studicomparativi delle recenti ricerche geometriche), tentĂČ di esprimere le proprie-tĂ di una vasta classe di oggetti geometrici mediante le proprietĂ algebrichedei loro gruppi di trasformazioni: grazie a Klein, quella che chiamiamo unaâgeometriaâ Ăš determinata unicamente dal quoziente di un insieme di ogget-ti (spesso i âpuntiâ di un insieme) sotto lâazione di un opportuno gruppo;il concetto di âproprietĂ geometricaâ si traduce allora nel concetto di pro-prietĂ che sia invariante per quel ben determinato gruppo di trasformazio-ni. CiĂČ si traduce, nel vocabolario comune dello studente e del divulgato-re, nella locuzione âa meno diâ, pervasiva ormai di ogni atto ermeneuticoâmatematico: cosĂŹ (ad esempio) due triangoli T e T âČ sono uguali a meno diisometria se esiste una rigiditĂ (o meno volgarmente, una trasformazionelineare Î âO2(R)) tale che T âČ= Î(T ).
Idee analoghe a questa hanno pervaso, previo un cambio di formalismo(sotto il quale il concetto Ăš comunque invariante) pressochĂ© tutte le disci-pline scientifiche e umanistiche; la tassonomia, il saggio Morfologia dellaFiaba di Vladimir Propp, lo stesso strutturalismo in Filosofia, Psicologia eLinguistica ne sono la prova storica. Quale che sia lâatto di nascita effetti-va di questo Ă©sprit de catĂ©gorie, Ăš innegabile lâapporto alle Scienze pure dellascuola matematica francese, e in essa di una singola persona: Alexander Gro-thendieck. Tale contributo non Ăš ignorabile in nessuna esposizione onesta,data lâevidente partecipazione sua e della sua scuola ad un problema anti-co e profondo, che per citare un pensatore non meno attento, si sintetizzacon amarezza in â[. . . ] noi non sappiamo che cosa Ăš lâuniversoâ. Riprenden-do le parole dello stesso Grothendieck, vi sono tradizionalmente tre aspettidellâEssere che sono oggetto della riflessione matematica: il numero o aspet-to aritmetico, la misura o aspetto metrico (analitico) e la forma o aspetto
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geometrico. âNella maggior parte dei casi studiati in matematica, questi treaspetti sono presenti simultaneamente e in stretta interazione.â
In tutto questo Ăš possibile enucleare unâaltro aspetto cardine della leitfa-den categoriale: lâanalisi geometrica dello âspazioâ, concetto astratto se avul-so dalla classe degli enti che lo abita, e troppo evanescente per il matema-tico (forse non per i filosofi di stampo kantiano?), viene esplicitato e postoin una medesima cornice teorica a far da contrappunto ad un aspetto alge-brico. Nel lavoro di Grothendieck, trasversalmente ai Seminari di GeometriaAlgebrica, si ritrova questa idea:
Come spesso accade in matematica, noi siamo riusciti [. . . ] aesprimere una certa nozione (quella di spazio, allâoccorrenza) intermini di unâaltra (quella di categoria). Come sempre, la scoper-ta di una tale traduzione dâuna nozione (che esprime un certotipo di situazione) nei termini di unâaltra (corrispondente ad unaltro tipo di situazione) arricchisce la nostra comprensione siadellâuna che dellâaltra mediante la confluenza inattesa di intui-zioni specifiche che si rapportano sia a lâuna che allâaltra. Co-sĂŹ, una situazione di natura âtopologicaâ (incarnata dallo spaziodato) si trova qui tradotta in una situazione di natura âalgebricaâ(incarnata da una categoria) o, se vogliamo, il âcontinuoâ incar-nato dallo spazio si trova tradotto o espresso dalla struttura dicategoria, di natura âalgebricaâ.
Questa visione di costante e fertile comunicazione dellâAlgebra con gli al-tri settori della Matematica pura e applicata (e in essa, il rapporto con laGeometria Ăš preponderante e fertile come in nessun altro luogo) ha radicirecenti, ma si Ăš stabilmente imposta in seno a tutta lâimpostazione moder-na (i.e., degli ultimi cinquantâanni): forti delle parole di Grothendieck si puĂČmeglio capire a cosa alluda Chevalley (del cui SĂ©minaire Grothendieck si Ăšpalesemente nutrito nel dare i natali alla teoria degli schemi), quando nellaprefazione al suo Concetti fondamentali di Algebra Astratta scrive che
[Lâalgebrista puĂČ offrire agli altri matematici] la soluzione di unproblema specifico, ma soprattutto un linguaggio con cui espri-mere dei fatti matematici ed una varietĂ di modelli tipicizzati diragionamento.
nota per il lettore. Questo testo Ăš stato sofferto: Ăš il risultato di un lavoro diintrospezione personale, oltre che di un molto piĂč basso lavoro di redazione e riordi-no di idee tutte note e anche piuttosto noiose. Se al Lettore la sua prima caratteristicasembra eccessiva, non cosĂŹ pare a chi scrive (che non pretende che, solo per questo,il suo testo acquisti in QualitĂ ); le ragioni di una affermazione che (non a caso, vistala materia dellâelaborato) Ăš cosĂŹ categorica sono molteplici, e non vale la pena divul-garle. CiĂČ che mi importa, e che in questo paragrafo intendo fare, Ăš notare come(proprio in forza dellâimportanza che questo libello ha per me) molte persone vada-no ringraziate per avermi concesso di scriverlo. Una buona parte di chi cito non siriconoscerĂ nella sua iniziale, o nel soprannome che gli ho dato; altrettanta parte sĂŹ.Ă esattamente quello che voglio.
Si sappia, allora, che queste parole non sarebbero mai venute al mondo senza
âą Pentesilea, che Ăš il compendio perfetto di tutti i miei libri, il connubio di formae sostanza. PerchĂ© come me e la scuola gnostica prima di me, crede che questomondo non sia quello vero, che lâignoranza sia una malattia vergognosa, e lacuriositĂ la chiave per la mente di Dio;
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âą Tchocky, perchĂ© ânon vale la pena, ricominciare, con questo caldoâ e per unacerta cartella che contiene gli ipse dixit delle nostre conversazioni a notte alta(e bassa). PerchĂ© non Ăš sparita, perchĂ© Ăš forte senza saperlo, perchĂ© mi hafatto bene averla accanto;
âą TerĂšza, perchĂ© Grothendieck le avrebbe detto, conoscendola, ton cĆur est uncardinal inaccessible;
âą Le folli conversazioni con gli utenti di www.scienzematematiche.it, che senzasaperlo hanno dimostrato un paio (non di piĂč) di teoremi che compaiono inquesta tesi;
âą Il mio relatore, il cui nome vedete lassĂč, che non va incolpato di nessuna scioc-chezza qui scritta, soprattutto in forza del fatto che questo documento Ăš unarielaborazione personale di quello che compare agli atti. Mi ha aiutato a en-trare in contatto con molta Bella Matematica, indicandomi (come Ăš giusto fa-re) una delle soglie possibili, e lasciando a me la responsabilitĂ e il piacere dientrarci;
âą Le geometrie tricotiche di Louise Brooks, separarmi dalle quali mi Ăš stato quan-tomai terapeutico. Ora non odio piĂč nulla, di ciĂČ che Ăš mio;
âą Charles Mingus, che in piĂč di una circostanza mi ha impedito di impazzire;
âą La lettura appassionata dei migliori testi di Borges, Finzioni e lâAleph: ancorasogno di trovare una geometria possibile per Babele.
âą Max Collini, per la poesia che ci ha regalato fino a ieri, insegnandoci che ognidogma Ăš disumano, ogni ideale pervaso di quel sapore, simile alle lacrime, chehanno le cause perse in partenza;
⹠La Gnà , perché Ú la prima persona a causa della quale la mia tesi di laurea nonparla di pannelli solari al silicio;
⹠Fonso, noto anche come Phynnoq, Rintrokkj o semplicemente Joe, perché tan-to tempo fa mi ha chiesto quanto fa 1i ; difficilmente potrei trovare, nel vastomare, un amico migliore.
Si tenga poi presente che in ogni ordine sensato che si voglia porre in questo elenco,qualcuno si lamenterĂ per essere stato ringraziato per ultimo: quellâultimo passi alduale, e scoprirĂ di essere il primo, senza scomodare due hypothĂšses inutiles comeDio o la morale.
I N T R O D U Z I O N E
La nozione di aggiunzione tra due funtori Ăš particolarmente generale, e do-tata di unâutile simmetria: una coppia F : C D : G di funtori tra due ca-tegorie si dice coppia aggiunta se câĂš un isomorfismo naturale tra i bifunto-ri HomD(F(â),â) e HomC(â,G(â)). La nozione di limite, che giĂ da solaesprimeva in un unico linguaggio la piĂč parte delle costruzioni classiche inAlgebra e Teoria delle Categorie (oggetti iniziali e finali, nuclei e conuclei dicoppie di frecce, prodotti e coprodotti) puĂČ anchâessa essere espressa nellinguaggio delle aggiunzioni, perchĂ©, posto che lâoggetto limite per un datodiagramma di base J esista, si ha HomCJ(âJ(C ),F) âŒ= HomC(C , limââJF) per
ogni funtore F : Jâ C (âJ Ăš il funtore diagonale, che manda ogni oggetto Cnel diagramma costante in C ).
Lâorigine del nome funtori aggiunti si puĂČ far risalire alla giĂ esistente idea,in analisi funzionale (ma piĂč modestamente in algebra lineare), di aggiuntodi un operatore lineare tra due spazi vettoriali con prodotto scalare. Infatti,almeno formalmente, Ăš evidente una analogia tra un operatore lineare T â
tale che âšT âζ, v â© = âšÎ¶, T v â© e un funtore F : C â D tale che, per un funtoreG : Dâ C si abbia HomD(FC , D) âŒ= HomC(C ,GD), in maniera naturale siain C che in D.
Un esempio Ăš lâaggiunzione tra il funtore âoggetto generatoâ (di solito uninsieme âquindi con dominio una sottocategoria di Ensâ con qualche ope-razione nâaria, in un senso che Ăš pertinenza dellâAlgebra universale renderepreciso) e il funtore che âdimenticaâ la suddetta struttura, restituendo gli in-siemi supporto degli oggetti e le funzioni di insieme sottostanti i morfismi.Questa Ăš divenuta la tecnica algebrica generale per definire precisamenteun âoggetto generatoâ da un certo insieme X : lâesempio classico Ăš quello delfuntore F : EnsâGrp che resituisce il gruppo libero generato da un insiemee il funtore smemorato G in direzione opposta, che dimentica la struttura.
Queste aggiunzioni sono, in un certo senso, speciali: quando si sia no-tato che tutte le strutture di piĂč frequente studio sovraimponibili a un in-sieme dato si possono tradurre in un linguaggio puramente diagrammatico,che cioĂš coinvolge unicamente proprietĂ esprimibili mediante condizioni dicommutativitĂ poste su un opportuno diagramma di frecce, si puĂČ procede-re a ritrovare allâinterno di una vasta classe di categorie strutture analoghe aquelle insiemistiche di partenza.
Partendo dalla struttura piĂč semplice dotata di una qualche ricchezza,quella di monoide, si puĂČ notare che essa si ritrova (in senso diagrammatico)in ogni categoria C a ipotesi semplici (prodotti finiti e un oggetto terminale),e procedere poi a formare la categoria Mon(C) di tutti i monoidi in C.
Si puĂČ andare piĂč lontano e generalizzare la nozione fino a chiedere chesi possa moltiplicare in un modo âmonoidaleâ gli oggetti stessi di una ca-tegoria: si giunge allâidea di categoria monoidale, in cui un bifuntore chesoddisfa certe proprietĂ di coerenza sullâassociativitĂ (cfr. [McL, cap. 7]) fale veci della moltiplicazione di monoide, e un particolare oggetto âidentitĂ âfa le veci dellâidentitĂ del monoide. Un esempio chiarificatore Ăš la categoria
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degli spazi vettoriali di dimensione finita su un campo K fissato, che Ăš mo-noidale con il bifuntore âprodotto tensorialeâ: (V , W ) 7âV âW , e V âK âŒ= V .La categoria End(C) degli endofuntori su una categoria fissata Ăš monoidalecon il bifuntore âcomposizioneâ e il funtore identico a fare da identitĂ : que-sto conduce alla definizione di monade: si Ăš ritrovata una struttura analogaa quella di monoide in End(C).
Queste due nozioni, apparentemente cosĂŹ distanti, sono in realtĂ intima-mente connesse: da ogni aggiunzione F : C D : G origina in modo quasiimmediato una monade (Huber, 1961), e da ogni monade T = (T,η,”) (co-me congetturato da Hilton e dimostrato indipendentemente e pressochĂ© si-multaneamente con due argomenti costruttivi distinti, dovuti a Kleisli, e adEilenberg e Moore nel 1965) originano un gran numero di aggiunzioni (F,G)tali che GF= T. Tra queste Ăš interessante isolare le costruzioni che sono inqualche modo estremali tra tutti i modi di fattorizzare come coppia aggiuntauna data monade: tutti questi modi sono gli oggetti di una categoria, e la co-struzione di Kleisli esibisce il suo oggetto iniziale, mentre quella di Eilenberge Moore (detta categoria delle Tâalgebre per C) il suo oggetto finale.
Quando si sia notato questo, ci si puĂČ chiedere quando la categoria delleTâalgebre sia equivalente a D: qualora ciĂČ accada lâaggiunto destro si dicemonadico, e lo studio dellâaggiunzione si riduce allo studio dellâaggiunzionedi Eilenberg Moore. Il Teorema di Beck caratterizza i funtori monadici come(tutti e soli) gli aggiunti destri che riflettono gli isomorfismi e che rispetta-no diagrammi particolari detti forcelle spezzanti: forti di questo criterio simostra facilmente che ognuno dei funtori smemorati dellâaggiunzione colfuntore âoggetto generatoâ Ăš monadico (si Ăš scelto di fare un solo esempioesplicito, col funtore smemorato G : GrpâEns).
I N D I C E
1 teoria (elementare) delle categorie 111.1 Definizioni di partenza. 11
1.1.1 Fondamenti. 111.1.2 Categorie e Funtori. 131.1.3 Costruzioni Ulteriori. 201.1.4 Aggiunzioni. 22
1.2 Lemma di Yoneda. 281.2.1 Funtori Rappresentabili. 281.2.2 Lemma di Yoneda. 28
1.3 Costruzioni astratte. 311.3.1 Prodotti e Coprodotti. 321.3.2 Nuclei e Conuclei. 351.3.3 Pullback e Pushout. 361.3.4 Limiti Induttivi e Proiettivi. 391.3.5 Funtori Continui, Categorie Complete. 44
2 monoidi e monadi 472.1 Strutture Algebriche nelle Categorie. 47
2.1.1 Monoidi, Gruppi, Anelli. 472.2 Aggiunzioni dalle Monadi. 53
2.2.1 Funtori Monadici. 592.2.2 Il teorema di Beck. 61
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1T E O R I A ( E L E M E N TA R E ) D E L L E C AT E G O R I E
1.1 definizioni di partenza.1.1.1 Fondamenti.
Un procedimento ubiquitario in Teoria delle Categorie consiste nel conside-rare la collezione di âtutteâ le strutture di un certo tipo (âtuttiâ gli insiemi,i gruppi, gli spazi vettoriali su uno stesso campo, . . . ). Per esempio, moltedelle definizioni esposte nel linguaggio delle categorie (essere un monomor-fismo, la proprietĂ di proiettivitĂ di un gruppo abeliano, . . . ) sono date apartire da enunciati del tipo
âAâB . . .â! Z tale che . . .
in cui i quantificatori universali legano tra loro variabili A, B , . . . , Z che va-riano allâinterno di una collezione in cui sono idealmente raccolti tutte lestrutture di un certo tipo. Ă tuttavia noto che una definizione intensionalecosĂŹ sintetica conduce a dei fastidiosi paradossi:
Proposizione 1.1. Non esiste un insieme S = x | x Ăš un insieme .
Dimostrazione. Lâargomento Ăš classico ed Ăš esattamente in paradosso di Rus-sell. Se per assurdo esistesse un tale insieme, il sottoinsieme X â S tale chex âX ââ x /â x sarebbe tale per cui X âX ââ X /â X .
Questo fatto, da solo, Ăš sufficiente a mostrare che il procedimento di consi-derare âtuttiâ gli elementi di una collezione va usato con circospezione, per-chĂ© esistono molte proprietĂ Ï(·) degli insiemi tali per cui x | Ï(x ) nonpuĂČ essere un insieme in senso usuale.
Universi.
Vi sono, essenzialmente, due modi elementari di ovviare a questo problemafondazionale: il primo Ăš dovuto a Grothendieck (cfr. [GrS4, pp. 1â3]), e si ba-sa sullâinserzione, allâinterno dellâusuale teoria degli insiemi (vale a dire quel-la formulata da Zermelo e Fraenkel) di un assioma aggiuntivo riguardanteinsiemi speciali detti universi.
Definizione 1.1 [UNIVERSO DI GROTHENDIECK]: Un universo Ăš un insiemenon vuoto UUU che gode delle proprietĂ seguenti:
âą Se x âUUU e y â x , allora y âUUU ;
âą Se x , y âUUU allora x , y âUUU ;
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12 teoria (elementare) delle categorie
âą Se x âUUU , allora y âUUU per ogni y â x ;
âą Se I âUUU e x i Ăš una famiglia di elementi di UUU indicizzata da I , alloraâ
iâI x i âUUU ;
Immediata conseguenza di questa definizione Ăš che gli insiemi che risul-tano dalle operazioni di unione (su famiglie di indici che sono elementi diUUU ), coppia (nel senso di Kuratowski per cui (x , y ) = x ,x , y ), passaggio al-lâinsieme potenza, prodotto cartesiano, esponenziazione (intendendo conY X lâinsieme delle funzioni da X a Y ) sono tutti elementi di UUU .
In una definizione naĂŻf, un universo si puĂČ dunque pensare come dotatodellâutile proprietĂ di essere chiuso rispetto a tutte le usuali operazioni in-siemistiche e tuttavia âabbastanza piccolo da restare un insiemeâ. Lâassiomaproposto da Grothendieck Ăš
Assioma [DEGLI UNIVERSI]: Ogni insieme X Ăš elemento di un opportunouniverso UUU X .
Secondo la definizione 1.1, lâintersezione di due (o piĂč) universi Ăš anco-ra un universo: Ăš allora chiaro che per ogni insieme esiste il piĂč piccolouniverso che lo contiene, realizzato come
â
UUUâX UUU .
Osservazione 1.1.1. Ci si potrebbe chiedere, ora, qual Ăš un esempio di uni-verso? Non Ăš triviale rispondere a questa domanda; in [GrS4] si legge
[...] Cependant le seul univers connu est lâensemble des sym-boles du type â ,â ,â ,â , . . . etc. (tous les Ă©lĂ©ments de cetunivers sont des ensembles finis et cet univers est dĂ©nombra-ble). En particulier, on ne connaĂźt pas dâunivers qui contienneun Ă©lĂ©ment de cardinal infini. [...]
Il problema Ăš sottile: se un universo dotato di un elemento di cardinale infi-nito esistesse, esso sarebbe in modo naturale un modello per la teoria degliinsiemi di ZermeloâFrĂŠnkel: questo implicherebbe la consistenza di ZF(C),un fatto vietato dal secondo teorema di incompletezza di Gödel.
Grazie allâAssioma degli Universi possiamo allora fissare un universo UUU echiamare insiemi piccoli (o insiemi UUUâpiccoli quando si debba specificare)tutti gli elementi di UUU : da ciĂČ segue immediatamente che per ogni insieme Xesiste un insieme ÎŁ tale che X âÎŁ ââ X Ăš un insieme piccolo; basta infattiprendere un universo contenente X .
Possiamo a questo punto considerare tutti gli insiemi UUUâpiccoli dotati diuna certa struttura, definendo (per esempio) gli UUUâgruppi come tutti i grup-pi il cui insieme sottostante Ăš UUUâpiccolo, e analogamente gli UUUâspazi topo-logici, gli UUUâanelli, gli UUUâgrafi. . . Il vantaggio di questa scelta tecnica consi-ste nellâevitare elegantemente il paradosso proposto nella Proposizione 1.1,potendo infatti studiare solo collezioni che restano insiemi; lo svantaggio(cfr. [McL]) consiste nellâobbligo di rinunciare alla possibilitĂ di studiareâtuttiâ (in una accezione omnicomprensiva) i gruppi, gli spazi topologici, igrafi.
A qualunque utilizzo pratico lo svantaggio appena citato Ăš perĂČ di pocaimportanza: si puĂČ infatti pensare (cfr. [McL, cap. I.6]) che, dato un universoUUU , tutta la matematica âordinariaâ si costruisca studiando unicamente gliinsiemi UUUâpiccoli.
1.1 definizioni di partenza. 13
Classi.
Un procedimento alternativo (cfr. [Bor1, p. 3 e segg.]) per evitare il parados-so enunciato in 1.1 consiste nellâadottare lâassiomatica di GödelâBernaysâVon Neumann (NBG). Nellâinsiemistica di Zermelo e Fraenkel (ZF(C)) gli in-definiti sono tre: lâidea di insieme, quella di elemento e la relazione â di ap-partenenza tra il secondo e il primo. Nellâinsiemistica NBG esiste invece unulteriore concetto primitivo, quello di classe (che si puĂČ pensare intuitiva-mente come âcollezione troppo grande per essere un insiemeâ); questa no-zione Ăš legata alle precedenti dalla proprietĂ per cui ogni insieme Ăš ancheuna classe; nella fattispecie si introduce lâassioma
Assioma [DELLE CLASSI]: Una classe C in NBG Ăš un insieme se e solo se essaappartiene ad unâaltra classe.
Tale assioma conduce al seguente schema di comprensione:
Se Ï(x1, . . . ,xn ) Ăš una formula dove i quantificatori esistenzia-li occorrono unicamente su variabili che sono insiemi, alloraesiste una classe C tale che
(x1, . . . ,xn ) âC ââ Ï(x1, . . . ,xn )
Ora, Ăš facile notare che tutte le usuali strutture (gruppi, anelli, spazi topo-logici,. . . ) soddisfano allo schema di comprensione sopra citato; accettandolâassioma delle classi possiamo trovare (per esempio) una classe Grp tale che
(G , ·) âGrp se e solo se (G , ·) âĂš un gruppoâ
ove con âĂš un gruppoâ si intendono sintetizzare i tre assiomi di gruppo rela-tivi a G . Questo definisce la classe di tutti i gruppi.
Ci si potrebbe chiedere, ora, quale sia il giusto punto di vista da adottare.Ovviamente la risposta dipende fortemente dalla generalitĂ di cui si voglio-no dotare i risultati che si enunciano. Si puĂČ mostrare ([GrS4, p. 3]) chelâassioma degli universi di Grothendieck Ăš indipendente dagli assiomi dellateoria degli insiemi ZF(C), e che fissato un universo UUU , si ottiene un modelloper NBG scegliendo per âinsiemiâ gli elementi diUUU e per âclassiâ gli elementidi P(UUU) (che non Ăš una classe, cfr. [McL, cap. I.6]).
A tutti i fini pratici, quindi, si potrebbe pensare che i due approcci siano in-tercambiabili, e la giustificazione di una scelta a discapito dellâaltra sia soloun fatto di coerenza. Nel seguito si adotterĂ , tranne che in un caso, il primoapproccio: al prezzo (modico) di sottintendere che gli oggetti siano elementidi un universo UUU fissato una volta per tutte, si evita un problema legato allacategoria dei funtori tra due categorie fissate, di cui si fa ampio uso lungotutta lâesposizione; in un approccio che usa (anche in una variante ingenua)NBG infatti questâultima non soddisfa le richieste della Definizione 1.2, da-to che la collezione delle trasformazioni naturali tra F e G non Ăš un insiemenon appena ObC Ăš una classe.
1.1.2 Categorie e Funtori.
Definizione 1.2 [CATEGORIA]: Una categoria C consiste del dato di
14 teoria (elementare) delle categorie
1. Una collezione i cui elementi sono detti oggetti, indicati con A, B , . . .denotata con ObC (si scrive A âObC per indicare che A Ăš un elementodi tale collezione);
2. Una collezione di insiemi HomC(A, B) (qualora non vi sia pericolo diconfusione si scrive solamente Hom(A, B)), uno per ogni A, B â ObC,i cui elementi sono detti morfismi o frecce di C tra A e B .
3. Una legge di composizione
: Hom(B ,C )ĂHom(A, B)âHom(A,C ) : (g , f ) 7â g f
che sia associativa, definita per ogni terna di oggetti A, B ,C âObC.
Per ogni morfismo f âHomC(A, B) chiameremo A dominio, e B codominiodi f (un morfismo di C si identifica naturalmente con la terna (A, B , f ): siscrive f : Aâ B .
Per ogni oggetto A â ObC esiste un morfismo 1A âHomC(A, A) (che dun-que Ăš non vuoto) tale che per ogni A, B â ObC e f : A â B si abbia f 1A =f = 1B f .
Definizione 1.3 [FUNTORE]: Date due categorie C e D, un funtore F : CâDconsiste nel dato di
1. Una corrispondenza sugli oggetti, che associa ad ogni oggetto C âObCun oggetto F(C ) âObD;
2. Una corrispondenza sulle frecce HomC(A, B) â HomD(F(A),F(B))(una per ogni A, B â ObC) che associa ad ogni freccia f : A â B unafreccia F( f ) :F(A)âF(B).
La corrispondenza definita in (2) deve essere tale che
âą F(1A) = 1F(A);
âą F(g C f ) =F(g ) DF( f ).
Ogni corrispondenza di questo tipo si dice funtoriale.
Definizione 1.4 [SOTTOCATEGORIA]: Sia C una categoria. Una sottocategoriac di C Ăš una categoria definita dalle condizioni seguenti:
1. Ogni oggetto di c Ăš un oggetto di C;
2. Per ogni A, B âObc si ha Homc(A, B)âHomC(A, B).
Qualora in (2) lâinclusione sia unâuguaglianza la sottocategoria si dice piena.
Se c Ăš una sottocategoria di C scriviamo c Ă C. Se c Ăš una sottocategoriapiena di C scriviamo cĂC.
Definizione 1.5 [ISOMORFISMO]: Siano C una categoria, e f : A â B un suomorfismo. Questâultimo si dice isomorfismo (o morfismo invertibile) se esi-ste un morfismo g : Bâ A tale che f g = 1B e g f = 1A . Una tale g Ăš dettainversa di f .
1.1 definizioni di partenza. 15
Proposizione 1.2. Se unâinversa di f esiste, essa Ăš unica. Infatti se r , s : B âA sono inverse di una stessa f : Aâ B si ha
r = 1A r = s f r = s 1B = s
Esempio 1. Sono esempi di categorie
1. La categoria Ens, che ha come oggetti gli insiemi e come morfismi le funzionidi insieme. Tale categoria contiene come sottocategorie (in generale non piene)quelle degli insiemi strutturati, caratterizzate dai morfismi che rispettano lestrutture poste (gruppi, anelli, Râmoduli sinistri o destri, e morfismi di gruppi,anelli, Râmoduli sinistri o destri).
2. Ogni insieme P su cui sia posta una relazione di ordine parziale ââ€â. Infatti, Psi puĂČ vedere come una categoria, i cui oggetti sono gli elementi dellâinsieme, ein cui Hom(p ,q) contiene un solo elemento se p â€q ed Ăš vuoto altrimenti.
Dimostrazione. Le proprietà riflessiva e transitiva della relazione†corrispon-dono agli assiomi che deve rispettare un morfismo in una categoria.
Definizione 1.6 [MONOMORFISMI ED EPIMORFISMI]: Sia C una categoria. Unmorfismo f : A â B si dice monomorfismo se, data una coppia di morfismig , h : C â A, f g = f h implica che g = h. Si scrive f : A ,â B .
Dualmente un morfismo f : A â B si dice epimorfismo se, data una cop-pia di frecce i , j : B â D, i f = j f implica che i = j . Si scrive f : A B
Proposizione 1.3. Nella categoria Ens degli insiemi, i monomorfismi sonotutti e soli i morfismi iniettivi.
Dimostrazione. Sia f : A ,â B e a , a âČ â A, a 6= a âČ. Sia poi x un qualunqueinsieme con un unico elemento. Consideriamo le funzioni a , a âČ : x â A,definite da a (x ) = a a âČ(x ) = a âČ. Se f Ăš un monomorfismo, f a 6= f a âČ, perciĂČf (a ) = f (a (x )) 6= f (a âČ(x )) = f (a âČ) e allora f Ăš iniettiva. Viceversa, se f Ăšiniettiva e g , h : C â A sono due funzioni non identiche, allora esiste c â Ctale che g (c ) 6= h(c ), e allora f (g (c )) 6= f (h(c )).
Proposizione 1.4. Sia C una categoria, e m : B âC un isomorfismo. Alloram Ăš sia un monomorfismo che un epimorfismo. A B
x //
y// C
m //
D1 ##
C
D
eDimostrazione. Nel diagramma a fianco, se m : B â C un isomorfismo con
inverso e : C â B , allora m x = m y implica x = e m x = e m y = y , e allora mĂš un monomorfismo. Similmente si mostra che Ăš anche un epimorfismo.
Osservazione 1.1.2. Nella categoria degli insiemi le funzioni suriettive sonosempre epimorfismi, ma il viceversa non Ăš sempre vero se si consideranodelle sue sottocategorie strutturate. Per esempio, lâinclusione i : ZâQ nellacategoria Ann degli anelli (commutativi con unitĂ ) Ăš un epimorfismo (nel
diagramma Ziâ Q
uâv
R , se u i = v i , si ha u (z ) = u (i (z )) = v (i (z )) =
v (z ) per ogni z â Z), ma non Ăš, chiaramente, una funzione suriettiva.
Osservazione 1.1.3. Il morfismo i : Zâ Q sopra definito Ăš un monomorfi-smo, e un epimorfismo, come appena mostrato, ma non Ăš un isomorfismoin Ann: ciĂČ mostra che lâinverso della Proposizione 1.4 non Ăš vero.
16 teoria (elementare) delle categorie
Definizione 1.7 [CATEGORIA BILANCIATA]: Una categoria dove tutte le frec-ce che sono sia monomorfismi che epimorfismi sono isomorfismi si dicebilanciata.
La categoria degli insiemi Ăš bilanciata, e invece, come mostra la preceden-te osservazione, la categoria Ann degli anelli (commutativi con unitĂ ) non loĂš.
Osservazione 1.1.4. Si puĂČ dare un esempio anche di un monomorfismonon iniettivo. Consideriamo la categoria Topâ degli spazi topologici puntaticonnessi e in essa lâelica cilindrica (H, p) di raggio 1 e passo 1, con il puntop = (1, 0, 0) in evidenza, il circolo unitario S1, e la proiezione Ï : (H, p)â(S1, s ). Dato X âObTopâ , se una f : X â S1 si rialza attraverso una g : X âH,tale g Ăš unica. CiĂČ significa esattamente che Ï Ăš un monomorfismo di Topâ,ma visibilmente non Ăš una funzione di insiemi suriettiva.
Definizione 1.8 [FUNTORI PIENI, FEDELI, CONSERVATIVI]: Sia F : C â D unfuntore tra due categorie.
âą F si dice pieno se per ogni X , Y lâapplicazione
F : Hom(X , Y )âHom(F(X ),F(Y ))
che manda u : X â Y in F(u ) :F(X )âF(Y ) Ăš suriettiva.
âą F si dice fedele se per ogni X , Y lâapplicazione F su definita Ăš iniettiva.
âą F si dice pienamente fedele se per ogni X , Y lâapplicazione F su defini-ta Ăš biiettiva.
âą F si dice conservativo (o si dice che F riflette gli isomorfismi) se il fat-to che F(v ) sia un isomorfismo in D implica che v lo fosse in C (ilviceversa Ăš sempre vero).
Osservazione 1.1.5. Una sottocategoria c Ă C Ăš piena quando il funtore diinclusione c ,â C Ăš pieno. Dunque una sottocategoria piena di C Ăš deter-minata dalla sola assegnazione dei suoi oggetti, consistendo i suoi morfismidegli stessi morfismi di C. Ens f , categoria degli insiemi di cardinalitĂ finita,Ăš una sottocategoria piena di Ens. Non tutte le sottocategorie di Ens sonopiene, cosa che si vede facilmente notando che esistono morfismi tra (gli in-siemi che sono) i supporti di strutture algebriche (anelli, gruppi, etc.) chenon sono morfismi di quella struttura.
A B0A B //
0
GG
Definizione 1.9 [OGGETTI INIZIALI E FINALI]: Sia C una categoria. Un oggettoA â ObC si dice iniziale se per ogni C â ObC esiste uno e un solo morfismoAâC . Un oggetto Ω (spesso si indica anche con 1) si dice finale se per ogniC âObC esiste uno e un solo morfismo C âΩ.
Oggetti iniziali e finali sono unici a meno di un unico isomorfismo. Unoggetto 0 che sia allo stesso tempo iniziale e finale, ossia tale che, per ogniA âObC esista una sola freccia 0â A e una sola freccia Aâ 0 si dice oggettozero. Anche gli oggetti zero sono unici a meno di un unico isomorfismo inC. Se C ha un oggetto zero, nessun Hom(A, B) Ăš vuoto, visto che comunquedata una coppia di oggetti A, B â ObC esiste un morfismo A â B ottenutoper composizione di Aâ 0 e di 0â B .
1.1 definizioni di partenza. 17
F(X )F( f )
//
ÏX
F(Y )
ÏY
G(X )G( f )
// G(Y )
Definizione 1.10 [TRASFORMAZIONE NATURALE]: Dati due funtori F,G : CâD una trasformazione naturale Ï : F â G consiste di una famiglia di morfi-smi ÏX :F(X )âG(X ), uno per ogni X âObC, detti componenti della trasfor-mazione naturale, dalle quali Ï Ăš univocamente identificata (nel senso chedue trasformazioni naturali coincidono se e solo se coincidono sulle compo-nenti), tale che per ogni morfismo f : X â Y il diagramma quadrato a fiancosia commutativo, ossia ÏY F( f ) = G( f ) ÏX .
Definizione 1.11 [EQUIVALENZA NATURALE]: Siano F,G : Câ D due funtori.Una trasformazione naturale Ï :FâG tale che ogni sua componente sia unisomorfismo Ăš detta equivalenza naturale o isomorfismo di funtori.
Esempio 2. Sia Ens la categoria degli insiemi, che ha come frecce le funzioni di insie-me, I il funtore identico e P il funtore potenza (sugli oggetti, lâinsieme A viene man-dato nel suo insieme delle parti P(A), e sulle frecce, f : A â B viene mandata inP( f ) : P(A) â P(B), che manda U â A in f (U) â B). Una trasformazione natu-rale tra I e P Ăš Ï, la cui componente sullâinsieme A manda x nel singoletto x , dimodo che si abbia
AÏA //
f
P(A)
P( f )
BÏB
// P(B)
f (a ) =P( f ) ÏA (a ) =ÏB ( f (a )) = f (a )
Definizione 1.12 : SeÏ eâ una trasformazione naturale tra i funtoriF,G : CâD, definiamo due ulteriori trasformazioni naturali a partire da un terzo fun-tore H : HâC (H una terza categoria):
ÏâH : FHâGH : (ÏâH)C = ÏH(C ) : FH(C )âGH(C )
Analogamente con un quarto funtore K : D â K si costruisce la trasforma-zione naturale
KâÏ : KFâKG : (KâÏ)C =K(ÏC ) : KF(C )âKG(C )
Ă evidente che (ÏâH) HâČ= Ïâ (H HâČ) e KâČ (KâÏ) = (KâČ K) âÏ.
Osservazione 1.1.6. Fissate due categorie C,D i funtori e le trasformazio-ni naturali formano oggetti e morfismi di una categoria, scritta Hom(C,D).Due trasformazioni naturali si compongono componente per componen-
te, di modo che se Fαââ G
ÎČââ H si abbia (ÎČ Î±)C = ÎČC αC . LâidentitĂ di
HomHom(C,D)(F,F) Ăš la trasformazione naturale che Ăš lâidentitĂ in ogni com-
ponente. SeÏ :FâG Ăš una equivalenza naturale, leÏâ1X : G(X )âF(X ) sono
le componenti di una trasformazione naturale Ïâ1, la cui composizione conÏ consiste nella trasformazione naturale identica.
Vi Ăš perĂČ un secondo modo di comporre trasformazioni naturali. AF%%
G
99 α BH%%
K
99 ÎČ C
composizione orizzontale. Date tre categorie A,B,C, quattro funtoriF,G : A â B e H,K : B â C possiamo definire la composizione orizzontale
18 teoria (elementare) delle categorie
di due trasformazioni naturali α : F â G e ÎČ : H â K come ÎČ âąÎ±, dispostecome nel diagramma a lato, le cui componenti sono definite in modo checommuti (in tutte le sue parti) il diagramma
HF(Y ) HG(Y )H(αY )
//
HF(X )
HF(Y )
HF( f )
HF(X ) HG(X )H(αX )
// HG(X )
HG(Y )
HG( f )
KF(Y ) KG(Y )K(αY )
//
KF(X )
KF(Y )
KF( f )
KF(X ) KG(X )K(αX )
// KG(X )
KG(Y )
KG( f )
ÎČF(X )
ÎČF(Y )
ÎČG(X )
~~
ÎČG(Y )
~~
(1.1)
In virtĂč di questa commutativitĂ si ha (ÎČ âG) (H âα) = (K âα) (ÎČ âF),e ha senso definire α âąÎČ : HFâKG, (α âąÎČ)X = ÎČG(X ) H(αX ) = K(αX ) ÎČF(X ). La composizione orizzontale di trasformazioni naturali segue la sin-tassi di una legge di composizione (nel senso della definizione 1.2, al puntoiii) Ăš associativa, e rende la collezione delle trasformazioni naturali la classedei morfismi di una categoria Fnco(C,D).
Dimostrazione. Che ÎČ âąÎ± sia una trasformazione naturale discende diretta-mente dalla commutativitĂ del diagramma sopra, dato che, seguendo op-portune frecce, si ha KG( f ) ÎČG(X ) H(αX ) = ÎČG(Y ) H(αY ) HF( f ).
Che poi la composizione âą sia associativa discende da un conto diretto:consideriamo tre coppie di funtori e tre trasformazioni naturali come neldiagramma
AU%%
V
99 ÎČ BF%%
G
99 Îș CH&&
K
88 ” D
Allora per ogni A âObA abbiamo
((”âąÎș) âąÎČ)A = (”âąÎș)V(A) HF(ÎČA)
= ”GV(A) H(Îș(A)) HF(ÎČA)
(”⹠(ÎșâąÎČ))A = ”GV(A) H(ÎșâąÎČ)A
= ”GV(A) H(ÎșV(A) F(ÎČA)).
Definizione 1.13 [EQUIVALENZA DI CATEGORIE]: Siano C, D due categorie.Una equivalenza di categorie tra C e D consiste di due funtori F : C â D,G : D â C tali che esistano due equivalenze naturali Ο : F G â IC e η :GFâ ID tra la composizione di F e G e il funtore identico di C e D. Se traC e D esiste unâequivalenza, le due categorie si dicono equivalenti: si scriveCâD.
1.1 definizioni di partenza. 19
Osservazione 1.1.7. Spesso si commette lâabuso di notazione di dire che ilsolo F : CâD Ăš una equivalenza di categorie se esiste G : Dâ C tale che F,G formino una equivalenza di categorie tra C e D.
Esempio 3. Sia C la categoria con un oggetto (diciamo C ) e la sola freccia identica, e Dla categoria con due oggetti (diciamo D1, D2) e quattro frecce (le identitĂ , α : D1âD2
e la sua inversa αâ1 : D2âD1. Allora CâD.
AidA
%% ⌠// B idB
yy
â
C idC
yy
Infatti, se definiamo F come il funtore che manda C in D1 (ed Ăš vincolato dallâessereun funtore a mandare 1C in 1D1 ), e G come il funtore che manda entrambi gli oggettie tutte le frecce in C e 1C , tra F G e ID esiste unâequivalenza naturale definita sullesue componenti come ηD1 = 1D1 e ηD2 = α : D1 â D2. Tra G F e IC esiste unaequivalenza naturale definita sullâunica componente come ΟC = 1C .
Definizione 1.14 [ISOMORFISMO DI CATEGORIE]: Due categorie C e D si dico-no isomorfe se tra loro esiste un funtore invertibile (detto isomorfismo tra ledue categorie), ossia F : CâD tale che esista G : DâC con la proprietĂ cheF G= ID e GF= IC.
Secondo la filosofia categoriale, Ăš âspiacevoleâ fare distinzioni tra oggettiisomorfi; in particolare Ăš spiacevole distinguere due funtori che sono lega-ti tra loro da una equivalenza naturale. In tale ottica allora la definizionedi isomorfismo di categorie Ăš peggiore della nozione di equivalenza, perchĂ©inutilmente piĂč rigida.
In piĂč bisogna notare che per un funtore F : CâD si dispone di un crite-rio (semplice da verificare) che assicura che F Ăš parte di unâequivalenza dicategorie. PiĂč precisamente si ha la seguente
Proposizione 1.5. Siano C,D due categorie e F : CâD un funtore. Allora F
Ăš (parte di) una equivalenza di categorie se e solo se Ăš pienamente fedele edessenzialmente suriettivo (ossia ogni oggetto di D Ăš isomorfo a F(C ) per uncerto C âObC).
Dimostrazione. Supponiamo cheF sia parte di una equivalenza di categorie.Allora esistono una coppia di equivalenze naturali α : ICâ EF, ÎČ : ID â FE
per un certo funtore E â D â C. Allora per ogni C ,C âČ â ObC e f : C â C âČ
commuta il diagramma
C âČ EF(C âČ)αC âČ//
C
C âČ
f
C EF(C )αC // EF(C )
EF(C âČ)
EF( f )
PerciĂČ F( f ) = F( f âČ) â EF( f ) = EF( f âČ) â f = f âČ, e F Ăš fedele (infat-ti EF( f ) = αC âČ f αâ1
C e lâinvertibilitĂ delle componenti di α permette dicancellarle); con un ragionamento analogo si deduce che anche E Ăš fedele.
C âČ EF(C âČ)âŒ=//
C
C âČ
C EF(C )âŒ= // EF(C )
EF(C âČ)
E(h)
Consideriamo ora h : F(C )â F(C âČ) e il diagramma a lato, dove la frecciaC â C âČ Ăš determinata da αâ1
C âČ E(h) αC . Ma dal diagramma precedente si
ha anche f = αâ1C âČ EF( f )αC , dunque EF( f ) = E(h), e siccome E Ăš fedele,
20 teoria (elementare) delle categorie
F( f ) = h; quindi F Ăš pieno. Infine, se ÎČ : ID â FE, per ogni D â ObD si haÎČD : D âŒ=F(E(D)).
Viceversa, se F Ăš essenzialmente suriettivo, per ogni D â ObD scegliamoun oggetto CE âObC tale che esista un isomorfismo D âŒ=F(CE). Le posizio-ni E : DâCE = E(D) e ÎČD : DâFE(D) definiscono la corrispondenza suglioggetti del funtoreE e le componenti di unâequivalenza naturaleÎČ : ID âFE.Ora, data h : DâD âČ in D, esiste un solo modo di completare il diagramma
D âČ FE(D âČ)ÎČDâČ//
D
D âČ
h
D FE(D)ÎČD// FE(D)
FE(D âČ)
con ÎČD âČ h ÎČâ1D . Siccome F Ăš pieno e fedele, esiste una e una sola freccia
hE = E(h) : E(D)â E(D âČ) tale che FE(h) = ÎČD âČ h ÎČâ1D . Questo definisce
la corrispondenza di E sulle frecce e lo rende un funtore. In tal modo ÎČ Ăšdavvero unâequivalenza. Per trovare α : IC â EF si applica F ad un oggettoC â ObC e si considera ÎČF(C ) : F(C ) â FEF(C ). Siccome F Ăš pienamente
fedele F( f ) Ăš un isomorfismo se e solo se lo Ăš f , dunque ÎČF(C ) proviene da
un isomorfismo C âŒ= EF(C ), che Ăš la componente in C di α (la naturalitĂ discende da quella di ÎČ e dal fatto che F Ăš un funtore).
Osservazione 1.1.8. Ă necessaria una qualche forma dellâAssioma di Sceltaper determinare un oggetto CE â ObC tale che esista un isomorfismo D âŒ=F(CE).
1.1.3 Costruzioni Ulteriori.
Date una o piĂč categorie, Ăš possibile procedere alla costruzione di nuovecategorie a partire da quelle originarie.
Prodotti e DualitĂ
1. La categoria prodotto CĂD di due categorie C,D date ha come oggettile coppie (C , D) con C â ObC, D â ObD e come frecce quelle dellaforma âš f , g â© : (C , D)â (C âČ, D âČ), con f : C â C âČ, g : D â D âČ. Ă chiaroche âš f , g â© CĂD âšh, k â©= âš f C h, g D k â© e che 1(C ,D) = âš1C , 1D â© per ogni
(C , D) âObCĂD .KS
||
T
""
F
C CĂDÏC
ooÏD
// D
Esistono due funtori di proiezione naturale ÏC : CĂD â C (rispetti-vamente, ÏD : CĂDâ D), definiti da (C , D) 7â C , âš f , g â© 7â f (rispet-tivamente, (C , D) 7â D, âš f , g â© 7â g ) e dotati della proprietĂ seguente:data una qualunque categoria K e una coppia di funtori S : K â C,T : K â D, esiste un unico funtore F : K â C tale che ÏC F = S,ÏC F= T.
Osservazione 1.1.9. Un funtore F : CĂDâ E induce in modo natu-rale un funtore F(C ,â) : D â E (in generale uno per ogni C â ObC)e un funtore F(â, D) : Câ E (in generale uno per ogni D â ObD) dimodo che siano definite due corrispondenze C â Hom(D,E), D â
1.1 definizioni di partenza. 21
Hom(C,E). Il funtore F(C ,â) (rispettivamente, F(â, D)) si chiamaspecializzazione diF nella prima(rispettivamente, nella seconda) com-ponente.
I funtori da una categoria prodotto si dicono bifuntori: ogni bifuntoreĂš determinato univocamente dalle sue specializzazioni nelle compo-nenti. Con un facile procedimento induttivo si costruisce il prodottodi un qualunque numero n di categorie e si definisce un nâfuntore,per ogni n âN.
2. La categoria Cop, detta opposta o duale della categoria C, Ăš formatadalla stessa classe di oggetti di C, e dalle stesse frecce cui perĂČ so-no stati scambiati dominio e codominio: dato un diagramma com-mutativo del tipo D, il suo corrispettivo in Cop consta del diagram-ma Dop. Volendo essere piĂč precisi, data una categoria C Ăš possibi-le definire una corrispondenza funtoriale (nel senso della Definizione1.3) che Ăš lâidentitĂ sugli oggetti e che sulle frecce consiste di una in-voluzione la quale, una volta identificato un morfismo con la terna(dom f , cod f , f ) manda f in (cod f , dom f , f op). A
f//
g f
!!
B
g
D C
A Bf op
oo
Dop C
g op
OO
(g f )op
bb
Lâimmagine di C mediante questa corrispondenza definisce (una strut-tura che rispetta gli assiomi di) una categoria, ed Ăš quella che chiamia-mo Cop, categoria opposta a C. Alla luce della funtorialitĂ della corri-spondenza (â)op : C â Cop, Ăš chiaro che ogni diagramma che com-muta in una categoria commuta anche nellâaltra. Ancora, ciĂČ mette inluce una simmetria nascosta della struttura di C: a definire una catego-ria sono certi assiomi che contengono gli indefiniti âoggettoâ, âfrecciaâ,âdominioâ, âcodominioâ, âidentitĂ â, âcomposizioneâ. Quel che si ottie-ne, sostituendo in ogni formula ben formata ogni occorrenza di f gcon g f , e ogni occorrenza di âdominioâ con âcodominioâ e vicever-sa, Ăš una nuova formula ben formata nel linguaggio delle categorie(dato che i termini sostituiti sono trattati, qui, come semplici costantiindefinite). Mimando la definizione del (meta)teorema (o principio)di dualitĂ proiettiva, si ha allora che
[Metateorema di dualitĂ in una categoria.] Sia C una cate-goria. Ogni asserzioneP scritta nel linguaggio delle catego-rie, che coinvolge solo relazioni tra oggetti di C e i concet-ti indefiniti di âoggettoâ, âfrecciaâ, âdominioâ, âcodominioâ,âidentitĂ â, âcomposizioneâ, si dimostra nel suddetto linguag-gio se e solo se si dimostra lâasserzione dualeP op, ottenutadaP sostituendo ad ogni occorrenza di âg f â, â f g â, e adogni occorrenza di âdominio [risp. codominio]â lâindefinitoâcodominio [risp. dominio]â.
Definizione 1.15 [FUNTORE CONTROVARIANTE]: Siano C, D due catego-rie. Un funtore controvariante Ăš un funtore F : Cop â D (nel sensodella Definizione 1.3), o in altre parole un funtore tale che F(g f ) =F( f ) F(g ), per ogni coppia di morfismi componibili f , g .
Osservazione 1.1.10. Detta (â)op : CâCop la corrispondenza di dua-litĂ , ogni funtore F : CâD definisce un funtore controvariante attra-
22 teoria (elementare) delle categorie
verso la composizione con (â)op. Sia infatti F : C â D un funtore:F# =F op Ăš allora tale che
F#(g f ) =F((g f )op) =F(g op f op) =F#( f ) F#(g )
I funtori nel senso della Definizione 1.3 si dicono covarianti.
3. Fissiamo un oggetto S âObC, e consideriamo la categoria CS , i cui og-getti sono tutte le frecce A â S, al variare di A âObC, e i cui morfismif : (a : AâS)â (b : B âS) sono le frecce f â : Aâ B tali che b f â =a . Gli elementi di CS si dicono Sâoggetti, i suoi morfismi si diconoSâmorfismi. La categoria CS prende il nome di categoria localizzatain S. Esiste un ovvio funtore CS âC, che manda ogni Sâoggetto AâS
A
Sa
A Bf
// B
Sb âČ nel suo dominio A e ogni Sâmorfismo f : (a : A â S)â (b : B â S)
nella freccia f â. La nozione si dualizza al considerare tutte le freccedi fissato dominio T e morfismi tra a âČ : T â A e b âČ : T â B le frecce gtali che g a = b , facendo commutare il diagramma precedente dua-lizzato, ottendendo la categoria CT
op = T C. Esiste un funtore T CâC,dualizzato del precedente.
1.1.4 Aggiunzioni.
Definizione 1.16 [AGGIUNZIONI]: Siano C, D due categorie. Una aggiunzio-ne tra C e D consiste di una coppia di funtori F : CâD, G : Dâ C e di unacollezione di biiezioni ÏC D
ÏC D : HomD(F(C ), D) âŒ= HomC(C ,G(D)) (1.2)
una per ogni C âObC, D âObD, naturale in C , D.
Osservazione 1.1.11. Ă chiaro quale sia il significato di HomC(C ,G(D)): Ăšil bifuntore
CopĂDâCopĂCâEns(C , D) 7â (C ,G(D)) 7âHomC(C ,G(D))
e analogamente per HomD(F(C ), D).
La naturalitĂ di Ï= (ÏC D) significa che i diagrammi
HomD(F(C ), D)
HomC(F(C ),k )
ÏC D// HomC(C ,G(D))
HomD(C ,G(k ))
HomD(F(C ), D âČ)ÏC DâČ
// HomC(C ,G(D âČ))
HomD(F(C ), D)
HomD(F(h),D)
ÏC D// HomC(C ,G(D))
HomC(h,G(D))
HomD(F(C âČ), D)ÏC âČD
// HomC(C âČ,G(D))
(1.3)
1.1 definizioni di partenza. 23
commutano per ogni h : C âČâC , k : DâD âČ. CiĂČ equivale a chiedere che perogni f :F(C )âD, si abbia
ÏC âČD f F(h) =ÏC D f h
ÏC D k f = G(k ) ÏC D âČ f (1.4)
Questo equivale anche a chiedere che sia la collezione di biiezioni Ïâ1 =(Ïâ1
C D) ad essere naturale per ogni h : C âČ â C , k : D â D âČ. I diagrammi dascrivere sono analoghi a quelli in 1.3, e per ogni g : C âG(D) si ha
Ïâ1C âČD g h =Ïâ1
C D g F(h)
Ïâ1C D âČ G(k ) g = k Ïâ1
C D g (1.5)
Data una aggiunzione, il funtore F : C â D si dice aggiunto sinistro di G,G : Dâ C si dice aggiunto destro di F. Si scrive F a G; una notazione univo-ca tuttavia non esiste, e a volte sarĂ sufficiente riferirsi a F,G come ad unacoppia di funtori vicendevolmente aggiunti.
Una notazione compatta per indicare che F : Câ D, G : Dâ C sono unacoppia di funtori aggiunti puĂČ essere F : C aD : G.
Proposizione 1.6. Se un funtore F : CâD ha un aggiunto sinistro G : DâC,esso Ăš unico a meno di isomorfismo.
Dimostrazione. Fissato Y âObD, si puĂČ rileggere la condizione di aggiunzio-ne in 1.2 come un isomorfismo tra funtori
HomD(F(â), Y ) âŒ= HomC(â,G(Y )).
In tal senso, lâoggetto G(Y ) Ăš il rappresentante del funtore HomD(F(â), Y ):esiste quindi un unico modo di definire un funtore G : Dâ C che rispetti lacondizione di rappresentativitĂ suesposta e quella di naturalitĂ esposta in1.3.
Esempio 4 (Aggiunzione tra potenza e prodotto in Ens). Ă noto che, dati tre insiemiA, B ,C esiste una biiezione tra lâinsieme Hom(AĂ B ,C ) delle funzione f : AĂ B â Ce lâinsieme Hom(A,C B ) delle funzioni da A in Hom(B ,C ); data f : A Ă B â C restainfatti naturalmente definita una funzioneÏ : AâC B che manda a â A nella funzio-ne f a = f (a ,â) : B â C . Se ora per ogni B â ObEns definiamo F = (â)Ă B : EnsâEns : A 7â AĂ B e G = (â)B : Ensâ Ens : C 7â C B otteniamo due funtori (definiti diconseguenza sulle frecce) dalla categoria degli insiemi in sĂ©, che sono aggiunti lâunodellâaltro.
Vi Ăš uno stretto collegamento tra aggiunzioni e trasformazioni naturali,nel senso che segue. Se in 1.2 poniamo D =F(C ) abbiamo la biiezione
ÏCF(C ) : HomD(F(C ),F(C ))âHomC(C ,G(F(C )))
Ora, HomD(F(C ),F(C )) non Ăš vuoto, e in particolare contiene idF(C ). Ă C âČ
h
ηC âČ // G(F(C âČ))
G(F(h))
CηC// G(F(C ))
allora ben definita ηC = ÏCF(C )(idF(C )), che diventa la componente in C
24 teoria (elementare) delle categorie
di una trasformazione naturale η : IC â G F. Infatti per ogni h : C âČ â Ccommuta il diagramma a fianco, dato che da 1.4 deriva
GF(h) ηC âČ = GF(h) ÏC âČF(C âČ)(idF(C âČ)) =Ï F(h) idF(C âČ) =
=ÏC âČF(C ) idF(C ) F(h) =ÏCF(C )(idF(C )) h = ηC h. (1.6)
Questo calcolo Ăš equivalente alla commutativitĂ del diagramma
HomD(F(C âČ),F(C ))HomD(F(C âČ),F(h))
//
ÏC âČF(C âČ)
HomD(F(C âČ),F(C ))
ÏC âČF(C )
HomD(F(C ),F(C ))
ÏCF(C )
HomD(F(h),F(C ))oo
HomC(C âČ,G(F(C âČ)))HomC(C âČ,G(F(h)))
// HomC(C âČ,G(F(C ))) HomC(C ,G(F(C )))HomC(h,G(F(C )))oo
Dualmente, se in 1.2 poniamo C = G(D) abbiamo la biiezione
ÏG(D)D : HomD(F(G(D)), D)âHomC(G(D),G(D)) (1.7)
(o equivalentemente Ïâ1G(D)D
: HomC(G(D),G(D))âHomD(F(G(D)), D)).F(G(D))
F(G(k ))
ΔD // D
k
F(G(D âČ))ΔDâČ// D âČ
Ora HomC(G(D),G(D)) Ăš non vuoto, e in particolare contiene idG(D): allora
Ăš ben definita ΔD =Ïâ1G(D)D
(idG(D)), che diventa la componente in D di una
trasformazione naturale Δ : F Gâ ID, in modo tale che per ogni k : DâD âČ
commuti il diagramma a fianco. La commutativitĂ di questo diagramma sipuĂČ scrivere come in 1.6.
Definizione 1.17 [UNITĂ E COUNITĂ]: La trasformazione naturale η si diceunitĂ dellâaggiunzione, mentre Δ si dice counitĂ .
Per identificare univocamente una aggiunzione tra due funtori sono suffi-cienti anche solo alcuni di questi dati:
Osservazione 1.1.12. In virtĂč della Proposizione 1.9, Ăš convenzione indicareuna aggiunzione con (F : C a D : G,η,Δ), specificando la coppia di funtoriaggiunti e la coppia unitĂ /counitĂ .
Si possono raccogliere altri risultati relativi alle coppie di funtori aggiunti:
Proposizione 1.7. Consideriamo due coppie di funtori aggiunti F,G e H,Kcome nel diagramma
AF // BGoo
H // C.Koo
Allora GK e H F sono unâulteriore coppia di funtori aggiunti.
Dimostrazione. Si hanno le biiezioni
HomA(G(K(C )), A) âŒ= HomB(K(C ),F(A)) âŒ= HomC(C ,H(F(A))).
Proposizione 1.8 (IdentitĂ di una aggiunzione). SianoF : C aD : G,ηΔ unitĂ e counitĂ dellâaggiunzione. Nelle notazioni della Definizione 1.12 si ha
(GâΔ) (ηâG) = idG
(ΔâF) (F âη) = idF (1.8)
1.1 definizioni di partenza. 25
(indicando qui con idF la trasformazione naturale identica dal funtore apedice in sĂ©, dentro Hom(C,D) in un caso e Hom(C,D) nellâaltro).
Dimostrazione. Da ΔD =Ïâ1(idG(D)) segue che
idG(D) =Ï(ΔD) = G(ΔD) ηG(D) = ((GâΔ) (ηâG))(D)
Analogamente, da Ï(1F(C )) = ηC segue che
idF(C ) =Ïâ1(ηD) = ΔF(C ) F(ηC ) = ((ΔâF) (F âη))(C ).
Proposizione 1.9. Una aggiunzione tra due funtori F : C D : G Ăš univoca-mente determinata da ciascuno dei dati seguenti:
1. I funtori F e G e una trasformazione naturale η : ICâ GF tale che perogni f : F(C ) â D esista unâunica g : C â G(D) con g = G( f ) ηC .Allora la mappa Ï : HomD(F(C ), D)â HomC(C ,G(D)) Ăš definita daf 7âG( f ) ηC .
2. I funtori F e G e una trasformazione naturale Δ : FGâ ID tale che perogni g : C â G(D) esista unâunica f : F(C ) â D con f = ΔD F(g ).Allora la mappa Ïâ1 : HomC(C ,G(D)) â HomD(F(C ), D) Ăš definitada g 7â ΔD F(g ).
3. I funtori F e G e due trasformazioni naturali η : ICâ GF e Δ : FGâ IDtali che valgano le relazioni 1.8. In tal caso Ï Ăš definita da f 7â G( f ) ηC , la sua invertibilitĂ Ăš garantita dalle identitĂ dellâaggiunzione e lasua inversa Ăš definita da g 7â ΔD F(g ).
Dimostrazione. Sia in 1) che in 2) ÏC D Ăš una biiezione tra HomC(F(C ), D)e HomD(C ,G(D)). La naturalitĂ per ogni k : D â D âČ, h : C âČ â C discende,rispettivamente, dal fatto che G Ăš un funtore e che η Ăš naturale:
G(k ) ÏC D( f ) = G(k ) G( f ) ηC =ÏC D âČ(k f )
ÏC D(g ) h = G(g ) ηC h ÏC âČD(g F(h)) = G(g ) G(F(h)) ηC âČ
ma ηC h = G(F(h)) ηC âČ , perchĂš η Ăš una trasformazione naturale. Analo-gamente si procede con la biiezione inversa.
Per lâultimo punto, la composizione ÏC D Ïâ1C D Ăš Ïâ1(G( f ) ηC ) = ΔD
(FG( f )) F(ηC ) che per la naturalitĂ di Δ Ăš uguale a f ΔF(C ) F(ηC ) = f ((ΔâF)(Fâη))C = f idF(C ) = f per le relazioni 1.8. QuindiÏâ1
C ,D ÏC ,D =idHomD(F(C ),D). In modo analogo per la naturalitĂ di η e per le relazioni 1.8
si ha ÏC ,D Ïâ1C ,D = idHomC(C ,G(D)).
Per provare la naturalitĂ consideriamo il diagramma
HomD(F(C1), D2) HomC(C1,G(D2))ÏC1,D2
//
HomD(F(C2), D1)
HomD(F(C1), D2)
HomD(F( f ),g )
HomD(F(C2), D1) HomC(C2,G(D1))ÏC2,D1 // HomC(C2,G(D1))
HomC(C1,G(D2))
HomC( f ,G(g ))
per una coppia di frecce f : C1âC2 in C e g : D1âD2 in D. Allora
26 teoria (elementare) delle categorie
âą ÏC1,D2 HomD(F( f ), g )(h) = G(g ) G(h) (GF)(g ) ηC1 ;
âą HomC( f ,G(g )) ÏC2,D1(h) = G(g ) G(h) ηC2 f
⹠ηC2 f = GF( f ) ηC1 , e la tesi segue perché η Ú naturale.
Teorema 1.1 : Sia C una categoria, F : C aD : G una coppia di funtori aggiun-ti. Allora sono equivalenti le seguenti condizioni:
1. F,G sono pienamente fedeli;
2. Lâunità η e la counità Δ dellâaggiunzione sono equivalenze naturali (cfr.la Definizione 1.11);
3. F Ăš una equivalenza di categorie tra C e D, di inversa G (cfr. la Defini-zione 1.13).
Qualora una delle tre condizioni si verifichi, esiste una aggiunzione G : D aC : F di unità Δâ1 e di counità ηâ1.
Dimostrazione. Mostriamo che 1 ââ 2 e 2 ââ 3.
(1 ââ 2) Rammentiamo le identitĂ
(GâΔ) (ηâG) = idF
(ΔâF) (F âη) = idG
valide in ogni aggiunzione F : C a D : G (cfr. la Definizione 1.8) per lenotazioni).
Consideriamo ora un oggetto A â ObC e il morfismo ηG(A) : G(A) âGFG(A). Essendo G un funtore pieno, esiste un morfismo αA : A âFG(A) (unico con questa proprietĂ , per la fedeltĂ diG), tale cheG(αA) =ηG(A). Ma ora
G(ΔA αA) = G(ΔA) G(αA) = G(ΔA) ηG(A)
che per le identitĂ di aggiunzione rammentate prima, equivale a scri-vere G(ΔA αA) = (GâΔ)(ηâG)(A) = 1G(A) = G(1A), condizione chedata la fedeltĂ di G, implica ΔA αA = 1A . Similmente, si puĂČ scrivere
G(αA ΔA) ηG(A) = ηG(A) G(ΔA) ηG(A) =
= ηG(A) idG(A) = idGFG(A) ηG(A) = G(idFG(A)) ηG(A)
che data la proprietĂ di aggiunzione (esiste un solo modo di scrivereun morfismo BâG(A) come G(a )ηB ), equivale a scrivere αA ΔA =idFG(A).
Se ora consideriamo il morfismo ΔF(C ) : FGF(C )â F(C ) otteniamo,per la pienezza di F un morfismo ÎČC (unico con questa proprietĂ , perla fedeltĂ diF) tale cheF(ÎČC ) = ΔF(C ). Con un ragionamento analogosi mostra che vale anche ηC ÎČC = 1GF(C ) e ÎČC ηC = idC .
1.1 definizioni di partenza. 27
Viceversa, se supponiamo che Δ,η siano equivalenze naturali, si han-no le biiezioni
HomD(D, D âČ)HomD(ΔD ,D âČ)
HomD(FG(D), D âČ)ÏG(D)DâČ
HomC(G(D),G(D âČ))
HomC(C ,C âČ)HomC(C ,ηC âČ )
HomC(C ,GF(C âČ))Ïâ1
CF(C âČ)HomD(F(C ),F(C âČ))
e le biiezioni volute si ottengono per composizione.
(2 ââ 3) Se supponiamo che G sia una equivalenza di categorie, allora esisteun funtore H : C â D con due trasformazioni naturali α : HG â IDe ÎČ : GH â IC tali che α η,η α,ÎČ Î”,Δ ÎČ sono le identitĂ dellerispettive categorie. Per lâunicitĂ dellâinverso si conclude.
Se viceversa ΔD : FG(D)âD e ηC : C âGF(C ) sono biiezioni per ognioggetto C di C e D di D, G Ăš per definizione una equivalenza di ca-tegorie, e cosĂŹ Ăš F (con le inverse di unitĂ e counitĂ ). Queste ultimetrasformazioni naturali sono rispettivamente la counitĂ e lâunitĂ diuna aggiunzione G : D aC : F, dato che la biiezione HomC(G(D),C ) âŒ=HomD(D,F(C )) Ăš determinata univocamente da ηâ1 e da Δâ1).
Proposizione 1.10. Se (F : C â D : G,η,Δ) Ăš una aggiunzione, si hanno leseguenti caratterizzazioni:
âą Il funtore G Ăš fedele se e solo se ogni componente della counitĂ Ăš unepimorfismo;
âą Il funtore F Ăš fedele se e solo se ogni componente dellâunitĂ Ăš un mo-nomorfismo;
âą G Ăš una equivalenza di categorie se e solo se unitĂ e counitĂ sonoequivalenze naturali.
Dimostrazione. Il punto 3 Ăš stato appena mostrato; i punti 1 e 2 sono dualitra loro. Basta quindi mostrare (per esempio) il primo: usando la definizionedi epimorfismo mediante il funtore Hom(â, D), se G Ăš fedele si ha
Hom(ΔD , D âČ) : Hom(D, D âČ) ,âHom(G(D),G(D âČ)) âŒ= Hom(FG(D), D âČ)
che quindi Ăš un monomorfismo. Viceversa, similmente, se Hom(ΔD , D âČ) Ăšun monomorfismo, lâapplicazione iniettiva di Hom(D, D âČ) in Hom(G(D),G(D âČ))si ottiene per composizione Hom(ΔD , D âČ) : Hom(D, D âČ) ,âHom(FG(D), D âČ) âŒ=Hom(G(D),G(D âČ)).
Categoria delle Aggiunzioni.
Definizione 1.18 [MORFISMO DI AGGIUNZIONI]: Date due aggiunzioni (F : C aD : G,η,Δ,Ï) e (FâČ : CâČ aDâČ : GâČ,ηâČ,ΔâČ,ÏâČ) un morfismo di aggiunzioni Ăš unacoppia di funtori K : D â DâČ, L : C â CâČ tali che commuti il diagramma a D G
//
K
C F //
L
D
K
DâČGâČ// CâČ
FâČ// DâČ
28 teoria (elementare) delle categorie
fianco, e per ogni C âObC, D âObD commuti il diagramma
HomD(F(C ), D)
A
ÏC D//
HomC(C ,G(D))
HomDâČ(KF(C ),K(D)) HomCâČ(L(C ),LG(D))
HomDâČ(FâČL(C ),K(D))ÏâČL(C )K(D)
// HomCâČ(L(C ),GâČK(D))
(1.9)
Proposizione 1.11. La condizione posta in 1.9 implica che
Lâη=ηâČ âL e ΔâČ âK=KâΔidF(C )
A
ÏCF(C )//
_
ηC_
idKF(C )
?
LηC
idFâČL(C )
ÏâČL(C )KF(C )
// ηâČL(C )
Dimostrazione. Si ponga D =F(C ) e si segua idF(C ) nel diagramma A (? va-le perchĂ© commuta il diagramma 1.9) e dunque si prova lâesistenza della frec-cia tratteggiata, per composizione, per ogni C âObC. Ragionando in manie-ra analoga si ottiene la seconda uguaglianza, seguendo in due modi idG(D)nel diagramma B e dunque si prova lâesistenza della freccia tratteggiata, percomposizione, per ogni D âObD.
ΔD
B
idG(D)
Ïâ1G(D)D
oo
KΔD idLG(D)
ΔâČK(D)
idGâČK(D)Ïâ1LG(D)K(D)
oo
1.2 lemma di yoneda.1.2.1 Funtori Rappresentabili.
Definizione 1.19 [(BI)FUNTORE Hom]: Sia C una categoria, Ens la categoriadegli insiemi. Si puĂČ definire il bifuntore
Hom : CopĂCâEns
che specializzato nella seconda componente attraverso X â ObC induce ilfuntore controvariante
hX = Hom(â, X ) : CopâEns
Per ogni morfismo u : Bâ A viene indotto il morfismo Hom(u , X ) : Hom(A, X )âHom(B , X ), che coincide con la composizione a destra per u , (â) u . Da-ta una coppia di morfismi u , v si ha infatti hX (u w )(v ) = v u w =hX (w )(v u ) = (hX (w ) hX (u )) (v ).
Definizione 1.20 [PREFASCI IN Ens]: Hom(â, X ) Ăš un membro della catego-ria Hom(Cop,Ens), che Ăš detta categoria dei (i cui membri si dicono) prefascisu C. La categoria suddetta si indica anche con PShC oppure con bC.
1.2.2 Lemma di Yoneda.
Osservazione 1.2.1. La corrispondenza tra C e bC che manda X in Hom(â, X )definisce un funtore covariante tra queste due categorie. Si ha infatti che ilmorfismo v : X â Y induce mediante h una trasformazione naturale η(v )
1.2 lemma di yoneda. 29
tra il funtore Hom(â, X ) e il funtore Hom(â, Y ): per ogni morfismo u : SâT commuta il diagramma
Hom(S, X )η(v )S
// Hom(S, Y )
Hom(T , X )
Hom(u ,X )
OO
η(v )T
// Hom(T , Y )
Hom(u ,Y )
OO
ossia Hom(u , Y ) η(v )T = η(v )S Hom(u , X ), per ogni t : T â X , essen-do η(v )T definito da t 7â v t : con le componenti di η(v ) cosĂŹ definite in-fatti la commutativitĂ del diagramma sopra equivale allâassociativitĂ dellacomposizione in C.
Proposizione 1.12 (Lemma di Yoneda). Sia C una categoria, F â ObbC un
prefascio su C. Per ogni X âObC si ha una biiezione canonica
F(X ) âŒ= HombC(Hom(â, X ),F)
Dimostrazione. Sia X un fissato oggetto di C , e F â ObbC un prefascio su
C. Prendiamo una trasformazione naturale Ï âHombC(Hom(â, X ),F): essa
consiste di una famiglia di funzioni che fanno commutare il diagramma
Hom(Y âČ, X )Hom(u ,X )
//
ÏX
Hom(Y , X )
ÏY
F(Y âČ)F(u )
// F(Y )
per ogni u : Y â Y âČ. In particolare se Y = X esiste una applicazione ÏX :Hom(X , X )âF(X ) e (dato che Hom(X , X ) non Ăš vuoto, e in particolare con-tiene 1X ) ha senso porre α(Ï) = ÏX (1X ): per ogni Ï âHom
bC(Hom(â, X ),F)e ogni fissato oggetto X resta definita una corrispondenza
α : HombC(Hom(â, X ),F)âF(X )
Viceversa, sia x un elemento di F(X ). Per ogni morfismo v : Y â X restadefinito da F un morfismo F(v ) : F(X )âF(Y ). Allora F(v )(x ) âF(Y ) perogni v âHom(Y , X ).
La corrispondenza Hom(Y , X )âF(Y ) : v 7âF(v )(x ) definisce la compo-nente in Y di una trasformazione naturale tra Hom(â, X ) e F: nel diagram-ma
Hom(Y , X )
Hom(y ,X )
Ï(x )Y// F(Y )
F(y )
Hom(Y âČ, X )Ï(x )Y âČ
// F(Y âČ)
si ha infatti (Ï(x )Y âČ Hom(y , X )) (s ) = Ï(x )Y âČ(s y ) = F(y ) (F(s )(x )) =
30 teoria (elementare) delle categorie
(F(y ) Ï(x )Y ) (s ) per ogni s : Y â X . Da ciĂČ resta definita la corrisponden-za
ÎČ : F(X )âHombC(Hom(â, X ),F)
che manda x in Ï(x ).Le applicazioni α e ÎČ cosĂŹ definite sono una inversa dellâaltra. Se x âF(X )
si ha infatti
α(ÎČ(x )) = Ï(x )X (1X ) =F(1X )(x ) = 1F(X )(x ) = x
e se ηâHombC(Hom(â, X ),F), per ogni Y âObC e ogni v : Y âX si ha
ÎČ(α(η))(Y )(v ) : v 7âF(v ) ηX (1X ) = ηY Hom(v , X )(1X ) = ηY (v )
e dunque ÎČ(α(η))(Y ) Ăš la componente in Y della trasformazione naturaleη (dunque coincide con η, per quanto osservato alla definizione 1.10).
Corollario. Il funtore h : Câ bC : X âHomC(â, X ) Ăš pienamente fedele.
Dimostrazione. Ă un caso particolare del Lemma di Yoneda, con F = hX =Hom(â, X ). Infatti si ha
Hom(Y , X ) âŒ= Hom(hY , hX ) per ogni X , Y âObC
che Ăš esattamente la definizione di funtore pienamente fedele.
Osservazione 1.2.2. Dato che il (bi)funtore Hom Ăš pienamente fedele tra Ce bC, la collezione di funtori Hom(â, A)AâObC Ăš una sottocategoria (piena)
di bC, alla quale C Ăš equivalente.
Osservazione 1.2.3. Dal principio di dualitĂ discende che il Lemma di Yone-da Ăš equivalente alla proposizione seguente:
Sia C una categoria, G un funtore covariante da C nella categoriadegli insiemi (ossia un elemento di C = Hom(C,Ens)). Per ogniX âObC si ha la biiezione canonica
G(X ) âŒ= HomC(G, Hom(X ,â)).
La corrispondenza X 7â Hom(X ,â) = hX Ăš un funtore piena-mente fedele tra Cop e C, ossia si ha
Hom(X , Y ) âŒ= Hom(hY , hX )
se hX indica la specializzazione del funtore Hom nella primacomponente.
Definizione 1.21 [FUNTORE RAPPRESENTABILE]: Sia F un prefascio in Ens. Sidice che F Ăš rappresentabile se esistono un oggetto X â ObC e una equiva-lenza naturale tra F e hX (in altre parole F(Y ) âŒ= Hom(Y , X )).
Osservazione 1.2.4. Se F Ăš rappresentabile, il dato di una trasformazionenaturale η : hX â F equivale al dato di un elemento Ο â F(X ): si dice chela coppia (X ,Ο) rappresenta il funtore F (spesso con abuso di linguaggio sidice che X rappresenta F se esiste ΟâF(X ) tale che (X ,Ο) rappresenta F).
1.3 costruzioni astratte. 31
Osservazione 1.2.5. Se esiste un X che rappresenta F, esso Ăš unico a menodi un unico isomorfismo: ciĂČ discende dal fatto che h : CâHom(Cop,Ens),h : X 7â hX Ăš un funtore pienamente fedele, e quindi conservativo.
tipi di epimorfismi. Rammentiamo la Definizione 1.6: un morfismo f :A â B si dice epimorfismo se, data una coppia di frecce i , j : B â D, i f = j f implica che i = j . Secondo il Lemma di Yoneda, la condizioneaffinchĂš f : A â B sia un epimorfismo si traduce nella condizione per cui ildiagramma
Hom(D, T )Hom(j ,T )
//
Hom(i ,T )// Hom(B , T )
Hom( f ,T )// Hom(A, T )
sia un monomorfismo: infatti se indichiamo con f â = Hom( f , T ) lâimma-gine di f mediante il funtore Hom(â, T ) per un qualunque oggetto T di C,f : A â B Ăš un epimorfismo se e solo se f â j â = f â i â â i â = j â ossia see solo se f â Ăš iniettivo (grazie alla caratterizzazione dei monomorfismi inEns).
Questa definizione di epimorfismo coincide allora con quella data in [GrS3,p. 161]. Si puĂČ mostrare (ibidem, pag. 162) che quella data qui Ăš in realtĂ lanozione di epimorfismo piĂč debole; a questo proposito, vedi lâOsservazione1.3.8.
1.3 costruzioni astratte.
Un paio di esempi in Ens. Tutte le costruzioni che andremo a presentaresi riescono a realizzare nella categoria degli insiemi: ciĂČ non Ăš casuale, eil Lemma di Yoneda ne spiega la ragione. Due esempi, tra i piĂč semplicie naturali, sono costituiti dal prodotto (prodotto cartesiano) e coprodotto(unione disgiunta) di insiemi.
Definizione 1.22 [PRODOTTO DI INSIEMI]: Se I Ăš un insieme che fa da fa-miglia degli indici, e (X i )iâI una famiglia di insiemi, definiamo il prodottocartesiano
â
iâI X i = (x i )iâI | x i âX i .
Osservazione 1.3.1. Ă facile notare cheâ
iâI X i si identifica naturalmentecon lâinsieme delle funzioni f : I â
â
iâI X i tali che f (i ) â X i per ogni i â I .Una funzione di insiemi Ăš infatti univocamente determinata dai valori cheassume sul codominio, e al variare di x j â
â
iâI X i si descrive una sequenza(x i )iâI che identifica unâunica funzione f : I â
â
iâI X i .
In particolare, se X i = X per ogni i â I , si indicaâ
iâI X i =â
iâI X = X I .
Osservazione 1.3.2. Usando la caratterizzazione âfunzionaleâ sopra enun-ciata Ăš facile scoprire gli isomorfismi (biiezioni di insieme)
X IĂJ âŒ=
X IJ âŒ=
X JI
,
32 teoria (elementare) delle categorie
o scritto in altro modo
Hom(I Ă J , X ) âŒ= Hom( J , Hom(I , X )) âŒ=Hom(I , Hom( J , X )) âŒ= Hom(I , X ) J âŒ= Hom( J , X )I (1.10)
Infatti, per ogni i â I (rispettivamente, j â J ) fissato, si identifica univoca-
X iâ
X iooÏi
X i
Y
__
f i
â
X i X jÏj//
â
X i
Y
OO
f
X j
Y
??
f j mente una f i : J â X (rispettivamente, g j : I â X ). Se piĂč in generale gli X i
sono tra loro diversi, si hanno ancora le biiezioni
Hom
Y ,â
iâI
X i
âŒ=â
iâI
Hom(Y , X i ) (1.11)
e commuta il diagramma a fianco, che si puĂČ anche rileggere come: il datodi una famiglia di funzioni ( f i : Y â X i )iâI da Y nei fattori Ăš equivalente aldato di una funzione da Y sul prodotto degli X i in modo tale che f (y ) :=( f i (y ))iâI (e tale condizione definisce f in maniera unica).
Osservazione 1.3.3. Le biiezioni in 1.10 si traducono facilmente nel linguag-gio dei funtori aggiunti: infatti se indichiamo con FI : Ensâ Ens il funtoreI Ăâ, e conGI : EnsâEns il funtore Hom(I ,â), abbiamo HomEns(FI ( J ), X ) âŒ=HomEns( J ,GI (X )), per ogni terna di insiemi I , J , X .
Definizione 1.23 [UNIONE DISIGUNTA DI INSIEMI]: Se I Ăš un insieme che fada famiglia degli indici, e (A i )iâI una famiglia di insiemi, definiamo lâunionedisgiunta
â
iâI A i =â
iâI (x , i ) | x â A i =â
iâI A i Ăi .
Si osservi che:
A iâ
A iÎči //A i
Y
hi
â
A i A jooÎčjâ
A i
Y
h
A j
Y
h j âą Per la biiezione A i
âŒ= A i Ăi = Aâi , esiste inâ
iâI A i una copia di ogniA i : come diretta conseguenza di questo fatto troviamo una famiglia dimappe
Îčk : Ak ,ââ
iâI A i
kâI, definite da Îčk (a ) = (a , k ) per a â Ak
(e allora ovviamente Îčk (Ak ) = Aâk );
âą Se i 6= j , quali che fossero A i e A j , Aâi â©Aâj =â : infatti
(A i Ăi )â© (A j Ăj ) = (A i â©A j )Ă (i â©j ) = (A i â©A j )Ăâ =â
âą Per ogni insieme Y , il dato di una mappa di insiemi h :â
iâI A i â Yequivale al dato di una famiglia di mappe (h j : A j â Y )jâI , di modoche h j = h Îčj . Brevemente si ha la biiezione di insiemi
Hom
â
iâI
A i , Y
âŒ=â
iâI
Hom(A i , Y ) (1.12)
e commuta il diagramma a fianco.
Osservazione 1.3.4. Nel caso particolare in cui A i = A per ogni i â I , si haâ
iâI A = AĂ I (a volte si scrive anche A · I ).
1.3.1 Prodotti e Coprodotti.X
xA
x B
u
A PpAoo
p B// B
Definizione 1.24 [PRODOTTO]: Sia C una categoria e siano A, B due oggettifissati. Consideriamo un diagramma del tipo AâC â B . Un prodotto per A
1.3 costruzioni astratte. 33
e B in C, se esiste, consiste nel dato di un oggetto P , denotato AĂB e di duefrecce pA : AĂ B â A, p B : AĂ B â B , che soddisfino la seguente proprietĂ
universale: per ogni diagramma del tipo A XxAoo
x B //B esiste unâunicafreccia u : X â P tale che x1 = p1 u , x2 = p2 u .
Solitamente si indica la freccia u indotta da z A , z B con z A Ă z B , âšz A , z B â©oppure con (z A z B ). Come tutti gli oggetti definiti da una proprietĂ uni-versale, se un prodotto per A e B esiste, esso Ăš unico a meno di un unicoisomorfismo in C.
Osservazione 1.3.5. Non in ogni categoria esiste il prodotto di due oggetti,e perĂČ qualora esista esso Ăš unico a meno di un unico isomorfismo. QuestoĂš quello che accade anche con gli altri oggetti universali: discende dal fattoche ogni proprietĂ universale che enunceremo, chiesta a degli oggetti di C,si puĂČ tradurre nella rappresentabilitĂ di un opportuno funtore a valori inEns (covariante o controvariante), e dal fatto che se un rappresentante esiste,esso Ăš unico a meno di un unico isomorfismo in C (in virtĂč del Lemma diYoneda, e della piena fedeltĂ del funtore h).
Definiamo il funtore
P : Y 7âHom(Y , A)ĂHom(Y , B). (1.13)
ChiaramentePâHom(Cop,Ens): per una f : Y â Y âČ P agisce come Hom( f , A)ĂHom( f , B) (la definizione del prodotto di funtori si fa âcomponente per com-ponenteâ quando la categoria codominio ammetta il prodotto tra due ogget-ti). Se esso Ăš rappresentabile, chiamiamo prodotto di A e B il rappresentante,e lo denotiamo AĂB . Si ha allora lâisomorfismo
HomC(Y , AĂB) âŒ= HomC(Y , A)ĂHomC(Y , B) (1.14)
per ogni Y âObC. Il prodotto di due oggetti si dirĂ prodotto binario1: chiara-mente la stessa definizione si estende al caso di una famiglia arbitraria (masempre indicizzata da un insieme) (X i )iâI di oggetti di C: si ha lâisomorfi-smo HomC(Y ,
â
I A i ) âŒ=â
I HomC(Y , A i ), funtoriale in Y (controvarianterispetto alle mappe y : X â Y , nel senso che
HomC
y ,â
iâI
A i
: HomC
Y ,â
iâI
A i
âHomC
X ,â
iâI
A i
).
La condizione appena enunciata si traduce nella equivalenza del dato diuna freccia f da un oggetto Y verso il prodotto e del dato di una famigliadi frecce ( f i )iâI da Y verso ciascun fattore: in particolare se Y = P =
â
I A i ,HomC(P , P) Ăš non vuoto, e in particolare contiene idP . Questa freccia indu-ce le mappe canoniche di proiezione
p i :â
Ak â A i (1.15)
esattamente quelle richieste per la coppia A, B nella proprietĂ universalesopra enunciata.
1 In tal caso C si dirĂ avere prodotti binari, oppure C si dirĂ categoria con biprodotti. In generale,se card(I ) = Îș, C Ăš una categoria con Îșâprodotti se per ogni famiglia di oggetti indicizzata dai â I esiste il loro prodotto in C.
34 teoria (elementare) delle categorie
Osservazione 1.3.6. Se C Ăš una categoria con un oggetto finale 1, per ogniA â ObC si ha A Ă1 âŒ= A: abbiamo infatti la sequenza di isomorfismi (perogni T âObC)
HomC(T , AĂ1) âŒ= HomC(T , A)ĂHomC(T , 1) âŒ= HomC(T , A)
e per il Lemma di Yoneda si ha AĂ1 âŒ= A.
Si puĂČ enunciare un risultato piĂč generale, relativo a una categoria C conprodotti binari e un oggetto terminale 1.
Proposizione 1.13. Sia C una categoria con prodotti binari. Allora C ha tuttii prodotti finiti. La corrispondenzaâĂâ : CĂCâC definisce un (bi)funtoretale che per ogni terna di oggetti A, B ,C âObC si abbia un isomorfismo
αA BC : AĂ (B ĂC ) âŒ= (AĂB)ĂC
naturale in A, B ,C (che dunque altro non Ăš che la componente in A BC diunâequivalenza naturale tra trifuntori).
Dimostrazione. Da AĂ (B ĂC ) si ottengono tre morfismi verso A, B ,C (pre-cisamente, nellâordine: ÏA ,ÏB ÏBĂC e ÏC ÏBĂC ): si vede facilmente cheogni altro morfismo da un oggetto Z verso A, B ,C passa per il prodotto (inparticolare, se esistono Z â B ,Z â C deve esistere Z â B ĂC , e allora datoche esiste Z â A deve esistere Z â A Ă (B ĂC ). Analogamente si procedecon (AĂB)ĂC , trovando un morfismo W â (AĂB)ĂC per ogni W âObCcon delle frecce verso A, B ,C . Allora, data lâunicitĂ dellâoggetto prodotto,deve esistere un isomorfismo A Ă (B ĂC ) âŒ= (A Ă B)ĂC che chiamiamoαA BC .
La naturalitĂ enunciata si traduce nella commutativitĂ per ogni A â ObCdel diagramma
AĂ (B ĂC )BC (A)
//
ÏA
(AĂB)ĂC
ÏAÏAĂB
AidA
// A
e in relazioni analoghe anche per B ,C â ObC, quando si sia definito αBC latrasformazione naturale α libera nella prima componente: le frecce ÏA ,ÏA ÏAĂB sono le componenti della trasformazione naturale Ï : Fâ IC che assi-cura che α sia una equivalenza.
Z
A
z A
<<
i A
// Aâ
B
u
OO
Bi B
oo
z B
bbDefinizione 1.25 [COPRODOTTO]: Sia C una categoria, e consideriamo undiagramma del tipo AâC â B . Se esiste in C un oggetto A
â
B e due freccein un diagramma del tipo i A : A â A
â
B â B : i B , universale con questaproprietĂ , ossia tale che per ogni altro diagramma z A : A â Z â B : z B , ledue frecce z A , z B si fattorizzino univocamente attraverso una u : A
â
BâZ ,allora esso si dice coprodotto di A e B . Commuta il diagramma a fianco.
Solitamente si indica la freccia u indotta da z A , z B con z A q z B , [z A , z B ]oppure con ( z A
z B ). Come tutti gli oggetti definiti da una proprietĂ univer-sale, se un coprodotto per A e B esiste, esso Ăš unico a meno di un unicoisomorfismo in C.
1.3 costruzioni astratte. 35
Anche ora si riesce a caratterizzare la proprietĂ universale attraverso unrappresentante per il funtore
C : Y 7âHomC(A, Y )ĂHomC(B , Y ) (1.16)
elemento di Hom(C,Ens) (covariante rispetto alle frecce x : X â Y ). Talerappresentante Ăš detto il coprodotto di A e B , scritto A
â
B . Il coprodotto didue oggetti in C si dirĂ coprodotto binario. La relazione si generalizza senzasforzo ad una qualunque famiglia di indici (purchĂš I sia un insieme)
HomC
â
iâI
A i , Y
âŒ=â
iâI
HomC(A i , Y ) (1.17)
Tale condizione si traduce nella equivalenza del dato di una freccia f dalcoprodotto verso un oggetto Y e del dato di una famiglia di frecce ( f i )iâI daciascun addendo verso Y : se Y =
â
I A i , HomC(â
I A i ,â
I A i ) non Ăš vuoto,e in particolare contiene idâ
I Ai. Questa freccia induce le mappe canoniche
di iniezionee i : A i â
â
Ak (1.18)
1.3.2 Nuclei e Conuclei.K
i // Af//
g// B
H
h``
h
OODefinizione 1.26 [NUCLEO]: Sia C una categoria. Date due frecce parallelef , g : Aâ B il loro equalizzatore, o nucleo della doppia freccia Aâ B , consi-ste in un oggetto K e una freccia i tale che f i = g i , universale con questaproprietĂ , ossia tale che comunque data h : H â A per cui f h = g h, essasi fattorizzi attraverso i con unâunica h : H â K . Commuta il diagramma afianco.
Ki // A
f//
g// B
Hx
`` y``
h
OOEsempio 5 (Nucleo di una doppia freccia in Ens). Nella categoria degli insiemi, datauna coppia di frecce f , g : Aâ B, il loro equalizzatore Ăš lâinclusione del sottoinsieme
K = x â A | f (x ) = g (x )
in A. Infatti, se f h(z ) = g h(z ), allora h(z ) â K per ogni z â A, e dunque h, as-sumendo valori solo in K , si fattorizza in modo unico attraverso lâinclusione canonicaÎč : K ,â A in Ens:
Hh //
h
A
KÎč
>>
Proposizione 1.14. Data una coppia di frecce f , g : A â B in C, il loroequalizzatore Ăš un monomorfismo.
Dimostrazione. Segue direttamente dalla proprietĂ universale del nucleo. Neldiagramma disegnato a fianco si deve avere x = h = y .
Af//
g// B
p//
k
C
k
K
Definizione 1.27 [CONUCLEO]: Sia C una categoria. Date due frecce paralle-le f , g : A â B il loro coequalizzatore o conucleo consiste di un oggetto C edi una freccia p : B âC tale che p f = p g , universale con questa proprietĂ :per ogni altra freccia k : B â K esiste unâunica freccia che fattorizza k via p ,di modo che k = k p . Commuta il diagramma a fianco.
Esempio 6 (Conucleo di una doppia freccia in Ens). Se X Ăš un insieme, e R â X ĂX una relazione di equivalenza definita su X , chiamiamo r1, r2 : R â X le mappe
36 teoria (elementare) delle categorie
indotte dalle proiezioni dellâinclusione R ,âX ĂX : si ha allora una funzione canonicaÏ : X â X /R (intendendo con X /R lâinsieme delle classi di Râequivalenza), che Ăš ilcoequalizzatore di r1, r2 : RâX . Infatti se in
Rr1 //
r2
// XÏ //
f
X /R
f
Y
si ha f r1 = f r2, allora (x , y ) â R â f (x ) = f (y ) (cioĂš f Ăš costante sulle classi).Ă allora ben definita e unica la funzione f : X /R â Y , che manda [x ] in f (x ). Nellacategoria degli insiemi allora, ogni doppia freccia f , g : A â B ammette un conucleo,costruito quozientando B mediante la relazione che identifica f (x ) e g (x ) per ognix â A.
1.3.3 Pullback e Pushout.
Definizione 1.28 [PULLBACK]: Sia C una categoria, e consideriamo una cop-pia di frecce di C che punta a uno stesso oggetto, f : A â C â B : g . Il pull-back, o prodotto fibrato di A e B rispetto alle frecce f , g consiste di una cop-pia di frecce da un oggetto Î , p1 : Î â A, p2 : Î â B tali che f p1 = g p2,universale con questa proprietĂ : ciĂČ significa che, comunque data una cop-pia di frecce z 1 : Z â A, z 2 : Z â B , tali che f z 1 = g z 2, esiste unâunicau : Z âÎ che fattorizza z 1, z 2 via p1, p2. Di solito lâoggetto Î si indica conZ
z 1
z 2
u
AĂC Bp1
p2
B
g
A
f
C
AĂC B . Commuta il diagramma a fianco.
Se una coppia di frecce f : AâC â B : g ammette un prodotto fibrato, ilquadrato commutativo
AĂC B //
B
g
Af// C
si dice diagramma di prodotto fibrato o quadrato cartesiano. Se ogni f : AâC â B : g ha un prodotto fibrato, allora si dice che C ha i prodotti fibrati.
Osservazione 1.3.7. Le nozioni di prodotto, equalizzatore di una doppiafreccia e pullback sono profondamente connesse. In particolare vale la
Proposizione 1.15. Sia C una categoria che ammette prodotti binari (dun-que finiti, cfr la Proposizione 1.13) e il nucleo di ogni doppia freccia. Allora,se nel diagramma
E
p1pp
p2oo
eooAĂC B
Ï1
__
Ï2
Bg
__
Af
C
1.3 costruzioni astratte. 37
la freccia e : E â A Ă B Ăš un nucleo della doppia freccia f Ï1, g Ï2 :AĂB âC , p1 : E â A, si ha che p2 : E â B Ăš un prodotto fibrato per f : AâC â B : g .
Viceversa, si puĂČ mostrare che una categoria che ha i prodotti fibrati e unoggetto terminale ha anche prodotti finiti ed equalizzatori di ogni doppiafreccia.
Ancora, se supponiamo che C ammetta prodotti binari, lâunicitĂ della frec-cia u : Z â A ĂC B si puĂČ esprimere, equivalentemente, chiedendo che lafreccia p1Ăp2 : AĂC Bâ AĂB sia un monomorfismo.
Esempio 7 (Prodotto Fibrato tra Insiemi). Se C Ăš la categoria degli insiemi,e Ï : X âS,Ï : Y â S sono funzioni di insieme, il prodotto fibrato di X e Y rispetto a Ï,Ïcoincide con il sottoinsieme del prodotto cartesiano
X ĂS Y = (x , y ) âX ĂY |Ï(x ) =Ï(y ) (1.19)
Evidentemente infatti, comunque date due applicazioni f : T â X e g : T â Y talicheÏ f =Ï g , si ha che la coppia ( f (t ), g (t )) = âš f , g â©(t ) nel prodotto appartieneanche a X ĂS Y cosĂŹ definito. Dunque âš f , g â© definisce unâunica h : T â X ĂS Y tale chef = p1 h, g = p2 h.
Forti di questa costruzione e del Lemma di Yoneda, si puĂČ definire il pro-dotto fibrato in una categoria qualunque trovando un rappresentante per ilfuntore T 7â Hom(T , X )ĂHom(T ,S) Hom(T , Y ): tale rappresentante meritail nome di prodotto fibrato di X e Y rispetto ai morfismi Ï,Ï, e dĂ luogoallâisomorfismo, funtoriale in T ,
Hom(T , X ĂS Y ) âŒ= Hom(T , X )ĂHom(T ,S) Hom(T , Y )
il prodotto fibrato Hom(T , X )ĂHom(T ,S) Hom(T , Y ) facendosi, tra i fattori,
rispetto alle mappe indotte Hom(Ï, X ) e Hom(Ï, Y ).
Unâidea alternativa (di Grothendieck). Se fissiamo due oggetti Ï : X â Se Ï : Y â S in CS , e il loro prodotto esiste in quella categoria, lo denotiamocon Ï : X ĂS Y â S e diciamo che lâoggetto X ĂS Y Ăš il prodotto fibrato diX e Y rispetto ai morfismi Ï,Ï. Se indichiamo con HomCS (E , F ) lâinsiemedei morfismi Hom(E âS, F âS) la proprietĂ universale del prodotto porgelâisomorfismo
HomCS (T , X ĂS Y ) âŒ= HomCS (T , X )ĂHomCS (T , Y ).
Definizione 1.29 [PUSHOUT]: Sia C una categoria, e consideriamo una cop-pia di frecce di C f , g che partono dallo stesso oggetto Z . La somma amalga-mata di X e Y rispetto ai morfismi f , g , se esiste, consiste di una coppia difrecce verso un oggetto ÎŁ, i 1 : X âÎŁ, i 2 : Y âÎŁ, universale con la proprietĂ di far commutare il quadrato a fianco. In altre parole, per ogni altro oggetto ÎŁOO
i 1
ooi 2
YOO
g
X oof
Z
Q e coppia di frecce X âQ , Y âQ tali che q1 f = q2 g , esiste un unicafreccia v : ÎŁâQ che fa commutare il diagramma
38 teoria (elementare) delle categorie
Q##
q1
;;
q2
//vÎŁ
i 1
??
i 2
Yg
X??f
Z
Proposizione 1.16 (Doppio Pullback). Consideriamo il diagramma commu-tativo qui di fianco. Allora, se i due quadrati destro e sinistro sono diagrammidi prodotto fibrato, lo Ăš il rettangolo esterno. Inoltre, se il quadrato destro eil rettangolo composto sono digrammi di prodotto fibrato, allora lo Ăš anchequello sinistro. Dualmente, Se il quadrato sinistro e il rettangolo compostoF
f âČ//
h âČâČ
Eg âČ//
h âČ
D
h
Af// B g
// C
sono diagrammi di pushout, allora lo Ăš il quadrato destro.
Dimostrazione. Consideriamo il diagramma
T
ÎČ
!!
`
''
α
$$F
f âČ//
h âČâČ
Eg âČ//
h âČ
D
h
Af// B g
// C
Date le due frecce α : T â D,ÎČ : T â A, abbiamo che f b ,α Ăš una cop-pia di frecce da T a B , D. Allora grazie alla proprietĂ universale del pullbackapplicata al quadrato destro, esiste unica ` : T â E tale che f ÎČ = h âČ ` eα= g âČ `. Ora, `,ÎČ) Ăš una coppia di frecce da T ad A, E , e dunque per la pro-prietĂ universale del pullback applicata al quadrato sinistro, esiste unâunicam : T â F tale che ` = f âČ m e ÎČ = h âČâČ m . Unendo questi due risultati sitrova che esiste unâunica m : T â F tale che α = g âČ f âČ m e ÎČ = h âČâČ m ,ossia che il rettangolo esterno Ăš un diagramma di prodotto fibrato.
Con un simile procedimento si mostra anche la seconda parte.
Osservazione 1.3.8. Come osservato precedentemente, f : A â B Ăš un epi-morfismo se e solo se lâimmagine di f attraverso il funtore hT Ăš un mono-morfismo per ogni T â ObC. Una nozione piĂč forte di epimorfismo (che sidice universale) usa i prodotti fibrati (vedi [GrS3]). Si dice tale un morfismof : A â B tale che per ogni v : B â B âČ esista il prodotto fibrato A ĂB B âČ e ilmorfismo p f : AĂB B âČâ B âČ sia un epimorfismo nellâaccezione precedente.
Ancora, un morfismo f : Aâ B si dice epimorfismo effettivo se esiste il pro-dotto fibrato AĂB Aâ Aâ B di f con sĂš stesso (dotato delle due proiezionip1, ps : AĂB Aâ A), e in piĂč f Ăš il conucleo di (p1, p2).
Infine, un epimorfismo effettivo e universale Ăš tale che per ogni v : B â B âČ
esista il prodotto fibrato AĂB B âČ e il morfismo p f : AĂB B âČ â B âČ sia un epi-
1.3 costruzioni astratte. 39
morfismo effettivo nellâaccezione precedente. Si puĂČ mostrare che le varienozioni di epimorfismo sono legate dalle seguenti relazioni di implicazione:
EE E+3
EEU
EE
EEU EU+3 EU
E
con ovvio significato delle sigle.
1.3.4 Limiti Induttivi e Proiettivi.
Si Ăš visto che le nozioni di prodotto e coprodotto, pullback e pushout, nu-cleo e conucleo, sono intimamente connesse. Esse sono in veritĂ tutte casiparticolari di un solo concetto che le unifica, quello di limite.
Definizione 1.30 [PREORDINE]: Un insieme preordinato (o insieme parzial-mente ordinato) Ăš una coppia (I ,â€), dove I Ăš un insieme e †una relazioneriflessiva e transitiva.
Prendiamo ad esempio una famiglia di sottoinsiemi di un insieme dato,(Si )iâI . I Ăš preordinato dalla relazione
i j ââ Si âS j (1.20)
PiĂč in generale, se (X ,â€) Ăš un insieme preordinato e Ï : I â X una funzionesuriettiva, I Ăš preordinato dalla relazione
i j ââ Ï(i )â€Ï(j ) (1.21)
(si puĂČ vedere che ogni insieme preordinato Ăš ottenibile a questo modo).
Definizione 1.31 [PREORDINE FILTRANTE]: Un insieme preordinato (I ,â€) sidice diretto, o si dice essere un preordine filtrante, se per ogni i , j â I esistek â I tale che i , j †k .
Osservazione 1.3.9. Se I Ăš un insieme filtrante, ogni suo sottoinsieme finitoha un maggiorante. Ogni insieme totalmente ordinato Ăš filtrante.
Se (Si )iâI Ăš una famiglia di sottoinsiemi di un insieme dato, chiusa rispet-to allâunione insiemistica, allora I Ăš diretto dalla relazione in (1.20).
Definizione 1.32 [SISTEMA DIRETTO]: Sia I un preordine filtrante, e C una ca-tegoria. Un sistema diretto in C indicizzato da I Ú una coppiaA = (A i ,αi j )data da
âą Una famiglia (A i )iâI di oggetti di C;
âą Una famiglia di frecce
αi : A i â A j
iâItali che
â αi i = idAi ;
â αi k = αj k αi j per ogni i †j †k
In sintesi, si puĂČ dunque dire che un sistema diretto in C consiste di unfuntore A da I a C, il primo insieme identificato con la categoria indottadalla relazione di preordine (cfr. il punto 2 dellâesempio 1).
40 teoria (elementare) delle categorie
Definizione 1.33 [MORFISMO DI SISTEMI DIRETTI]: SianoA = (A i ,αi j ),B =(Bi ,ÎČi j ) due sistemi diretti indicizzati dallo stesso insieme I . Un morfismodi sistemi diretti Ăš una famiglia Ί = (Ïi )iâI di mappe tali che il diagramma
Bi B jÎČi j
//
A i
Bi
Ïi
A i A jαi j
// A j
B j
Ïj
commuti ogni volta che i †j .
In altre parole, un morfismo tra due sistemi diretti Ăš una trasformazionenaturale tra due funtori A,B : I âC.
A i
A i
αi j
B
Ïi
''
Ïj
77
Definizione 1.34 [CONO]: Sia B un fissato oggetto di C, A = (A i ,αi j ) unsistema diretto. Un cono daA verso B Ăš una collezione di mappe Κ = (Ïi :A i â B)iâI che siano compatibili con la famiglia di morfismi α, intendendocon ciĂČ la commutativitĂ del diagramma a fianco.
Osservazione 1.3.10. Equivalentemente, un cono verso B per il sistema di-retto A = (A i ,αi j ) Ăš un morfismo di sistemi diretti verso il sistema diret-to costante (B , idB )iâI , ossia una trasformazione naturale tra un funtoreA : I â C e il funtore costante. Spesso, per brevitĂ , si commette lâabusodi notazione di indicare con B il cono, o di scrivere Ί :A â B . Altra osser-vazione utile, di immediata verifica: se Κ :A â B Ăš un cono, e λ : B â C Ăšuna freccia in C, allora λΚ =
λÏi
iâIĂš un cono verso C perA .
Definizione 1.35 [LIMITE DIRETTO]: SiaA un sistema diretto indicizzato daI . Un cono verso L, Î =
λi : A i â L
iâI, Ăš un cono limite, e L Ăš un limite
diretto, perA se Ăš soddisfatta la proprietĂ universale seguente:L B
u //L
A i
OO
λi
B
A i
??
ÏiPer ogni cono verso B , Ί : A â B , esiste unâunica freccia u :Lâ B tale che Ïi = u λi , per ogni i â I .
In altre parole, per ogni i †j commuta il diagrammaA i
λi
||
Ïi
αi j
B limââA iuoo
A j
λj
aa
Ïj
__
Osservazione 1.3.11. Essendo definito mediante una proprietĂ universale,quando esiste, il limite diretto di un sistema diretto Ăš unico a meno di unâuni-co isomorfismo in C: Ăš allora lecito parlare âdelâ limite diretto di un sistemadiretto, che si indica con limââA , limââiâI
A i , oppure con inj limiâI A i .
Limiti Inversi. Ogni nozione sopra esposta puĂČ essere dualizzata senzasforzo, per ottenere la costruzione di limite inverso (o limite proiettivo) diun sistema inverso in C. Brevemente:
âą Un sistema inverso Ăš una coppiaA = (A i ,αi j ) formata da due fami-glie di oggetti e di frecce αi j : A j â A i , tali che
â αi i = idAi
â αi j = αi k αk j
e dunque un sistema inverso Ăš un funtore controvariante dalla catego-ria indotta dallâinisieme ordinato I a C.
1.3 costruzioni astratte. 41
⹠Un morfismo di sistemi inversi Ú una famiglia di frecce Ί =
Ïi : A i âBi
iâItali che il diagramma
B j BiÏi//
A j
B j
αi j
A j A iÏj// A i
Bi
ÎČi j
commuti ogni volta che i †j , e dunque si tratta ancora di una trasfor-mazione naturale tra due funtori controvarianti.
M A j”j//M
A i
”i
A j
A i
αi j
âą Un cono da M verso A Ăš un morfismo di sistemi inversi M =
”i :M â A i
iâIdal sistema inverso costante M = (M , idM ) in A , di
modo che commuti il diagramma a fianco.
âą Se M Ăš un cono da M perA , e Îł : N âM Ăš una funzione di insiemi,allora MÎł=
”i γ
iâIĂš un cono da N perA .
Infine, un limite inverso per un sistema inverso Ăš un cono da L che soddisfila seguente proprietĂ universale:
L Moo vL
A i
λi
M
A i
”iPer ogni cono da M , M : M â A , esiste unâunica funzione v :
M â L tale che ”i = λi v , per ogni i â I .A j
αi j
limââA i
λj
aa
λi
||
Muoo
”joo
”iooA i
Equivalentemente, per ogni i †j commuta il diagramma a fianco. Quandoesiste, il limite inverso Ú unico a meno di un unico isomorfismo.
Osservazione 1.3.12. Tutte le nozioni sopra esposte possono essere gene-ralizzate al caso in cui J diventi a tutti gli effetti una categoria J (pure se Ăšnecessario cautelarsi limitando |ObJ|; cfr. la Proposizione 1.20).
Una prima generalizzazione consiste nel considerare categorie filtranti:diciamo tale una categoria I tale che
âą I non Ăš vuota;
âą Per ogni coppia di oggetti i , j di I esiste un oggetto k e una coppia difrecce i â k , j â k ;
âą Per ogni coppia di frecce parallele u , v : i â j esiste un oggetto k e unafreccia w : j â k tale ch w u = w v .
Tutte le altre definizioni non cambiano: un sistema diretto di oggetti Ăš unfuntore F : Iâ C, e un sistema inverso Ăš un funtore Iopâ C. Un limite per ilsistema diretto/inverso Ăš un cono da/verso il sistema, universale con questaproprietĂ .
Una generalizzazione completa di queste costruzioni si ottiene come se-gue: se J,C sono due categorie diciamo diagramma di tipo J in C un fun-tore D : J â C. Se indichiamo con lettere minuscole i , j , . . . gli oggetti di Je con D(i ), D(j ), . . . le immagini mediante D di tali oggetti, un cono versoun diagramma D consiste di un oggetto C di C e di una famiglia di freccec j : C â D(j ), una per ogni oggetto di J, ognuna di esse compatibile con imorfismi di J: per ogni α : i â j si ha D(α) c i = c j . Un morfismo di coni
42 teoria (elementare) delle categorie
Ï : (C , c j )â (C âČ, c âČj ) in C per un diagramma fissato consiste di una freccia
Ï : C âC âČ tale che c j = c âČj Ï per ogni j â J.
Abbiamo cosĂŹ costruito una categoria Cn(D), la categoria dei coni versoD.
Un limite (o limite proiettivo) per un diagramma D Ăš allora semplicemen-te un oggetto terminale in Cn(D), indicato come limââJD: per ogni cono (C , c j )
(=oggetto in Cn(D)), esiste unâunico morfismo di coni u (=freccia in Cn(D))da (C , c j ) a limââJD.
Ă facile capire come dualizzare la costruzione per ottenere la nozione dicolimite (o limite induttivo) di un diagramma di tipo J: definiti i coni da undiagramma D (detti anche coâconi) e i morfismi di coâconi, un colimite peril diagramma Ăš un oggetto iniziale in CCn(D), categoria dei coâconi da D.
Ă degno di nota che praticamente tutte le costruzioni sinora presentatesiano casi particolari di limiti e colimiti:
âą Se J Ăš la categoria discreta con due oggetti 1, 2, un diagramma di tipoD : Jâ C consiste di una coppia di oggetti D1, D2 â C. Un cono versoD Ăš un oggetto di C con una coppia di frecce D1âC âD2, universalecon questa proprietĂ . Ci vuol poco a notare che allora limââJD
âŒ= D1ĂD2 (e dualmente limââJD
âŒ= D1qD2);
âą Se J Ăš la categoria âą â âą, un diagramma di tipo J ha lâaspetto di una
doppia freccia D1
Dα //
DÎČ//D2 . Un cono verso D Ăš un oggetto di C con
una coppia di frecce tali che commuti il diagramma
D1
Dα //
DÎČ// D2
C
OO ==
Il limite per un diagramma di tipo âą â âą Ăš allora isomorfo al nucleodella doppia freccia Dα, DÎČ : D1âD2.
âą Se J Ăš la categoria âą â âą â âą (sono omesse le frecce identiche), unlimite per il diagramma di tipo J Aâ B âC consiste di una coppia difrecce con la proprietĂ universale del prodotto fibrato. Allora limââJD
âŒ=AĂB C e limââJD
âŒ= A +B C .
Limiti in Insiemi. Esiste un procedimento costruttivo che esibisce, nellacategoria degli insiemi, il limite diretto e inverso di un qualunque sistemadiretto e inverso.
Proposizione 1.17. Ogni sistema diretto di insiemi ammette un limite.
Dimostrazione. Sia A = (A i ,αi j ) un sistema diretto indicizzato da (I ,â€).Date le proprietĂ di compatibilitĂ che deve rispettare, ogni cono Ί su Mmanda x â A i e αi j (x ) nello stesso elemento: Ïi (x ) = Ïj (αi j (x )). PiĂč ingenerale, se x â A i , y â A j sono tali che esiste k â„ i , j (e se esiste, Ăš vero per
1.3 costruzioni astratte. 43
ogni k âČ â„ k ) tale che αi k (x ) = αj k (y ), allora Ί manda x e y nello stessoelemento di M :
Ïi (x ) =Ïk (αi k (x )) =Ï(αj k (y )) =Ïj (y ).
Questo fatto Ăš il punto di partenza per la costruzione del limite diretto: vo-gliamo definire un cono limite che manda x â A i , y â A j nello stesso ele-mento del limite, se e solo se x e y si âidentificano definitivamenteâ. Siaallora S =
â
iâI A i lâunione disgiunta degli A i . Su tale insieme definiamo larelazione di equivalenza
(x , i )⌠(y , j ) ââ âk â„ i , j : αi k (x ) = αj k (y ). (1.22)
Tale relazione (Ăš una facile verifica) Ăš una equivalenza su S: se ora conside-riamo il quoziente L = S/âŒ, otteniamo le mappe naturali λi : A i â L, cherisultano dalla composizione
λi : A iâ
iâI A iÎč // L =
â
iâI A i
/âŒÏ //
tali mappe sono compatibili per quanto osservato inizialmente: lâidentitĂ Ïi (x ) =Ïj (αi j (x )) equivale a (x , i )⌠(αi j (x ), j ), e questa ultima equivalea λj αi j = λi .
Dunque Î : A â L Ăš un cono verso L. Se ora Ïi : A i â M sono map-pe compatibili di un cono verso M , e (x , i ) ⌠(y , j ), allora esiste k tale cheαi k (x ) = αj k (y ). Dunque Ïi (x ) = Ïj (y ), ed Ăš ben definita (e unica) lamappa Ï : L âM che manda [(x , i )] in Ïi (x ). Ma allora Ïi si fattorizza inmodo unico via Ï, ed L Ăš il limite diretto perA .
Proposizione 1.18. Ogni sistema inverso di insiemi ammette un colimite.
Dimostrazione. SiaA = (A i ,αi j ) un sistema inverso indicizzato da (I ,â€).Prendiamo il prodotto cartesiano P =
â
iâI A i , munito naturalmente delle
proiezioni
p i i : Pâ A i
iâI. Sia poi
L = (x i )iâI |αi j (x j ) = x i , â i †j .
Siano ora λi le mappe risultanti daÏi |L . La definizione di L orge che Î : LâA , con le λi Ăš un cono da L versoA . Se poi Ί : M âA Ăš un altro cono daM , nel diagramma
A iâ
kâI AkooÏi
A i
M
__
Ïi
â
kâI Ak A jÏj//
â
kâI Ak
M
OO
Ï
A j
M
??
Ïj
esiste unâunicaÏ : M â P indotta dalleÏi , che dunque induce su L unâunicamappa tale che Ïi = λi Ï.
44 teoria (elementare) delle categorie
Forti di questo, consideriamo due funtori α : I â C e ÎČ : I op â C, esupponiamo che i funtori
Hom(α, T ) : i 7âHomC(α(i ), T ) â Hom(I op,Ens)Hom(T ,ÎČ) : i 7âHomC(T ,ÎČ(i )) â Hom(I ,Ens)
siano rappresentabili. Diciamo limite induttivo un rappresentante per il pri-mo funtore, e diciamo che il funtore α ha un limite induttivo in C. Si halâisomorfismo, funtoriale in T ,
HomC(limââI
α, T ) âŒ= limââI
Hom(α, T ). (1.23)
Diciamo limite proiettivo un rappresentante per il primo funtore, e diciamoche il funtore ÎČ ha un limite proiettivo in C. Si ha lâisomorfismo, funtorialein T ,
HomC(T , limââI
ÎČ) âŒ= limââI
Hom(T ,ÎČ). (1.24)
Analogamente a quanto succede negli altri casi, se T = limââIÎČ , si ha che
Hom(limââIÎČ , limââI
ÎČ) non Ăš vuoto, e in particolare contiene la freccia identica1limââI
ÎČ , la quale definisce (grazie allâisomorfismo in (1.24)) una famiglia di
frecceÏi : limââIÎČ âÎČ(i ) (che Ăš esattamente la famiglia di frecce dal limite ai
âfattoriâ). Dualizzando questa costruzione si ottiene, per limââIα, la famiglia
di frecce Ïi : α(i ) â limââIα, che Ăš esattamente la famiglia di frecce dagli
âaddendiâ al limite.
1.3.5 Funtori Continui, Categorie Complete.
Definizione 1.36 [FUNTORE CONTINUO]: Si dice che un funtore F : C â Dpreserva i limiti di tipo J se, ogni volta che esiste limââJD per un diagramma
D : JâC, esiste anche limââJF D e si ha
F
limââD âŒ= limââF D.
Un funtore che preserva ogni tipo di limiti si dice continuo.
ContinuitĂ degli aggiunti destri
Proposizione 1.19 (ContinuitĂ degli aggiunti destri). Se il funtore F : CâDha un aggiunto sinistro, esso preserva i limiti proiettivi di C: ciĂČ significa chese un funtore H : Bâ C ha un limite proiettivo, allora esiste anche il limiteper FH : BâD e F(limââBâBH(B)) âŒ= limââBâBFH(B).
Dimostrazione. Sia G : C a D : F lâaggiunzione data. Dato H : B â C (dia-gramma di tipo B verso C), chiamiamo (limââBâBH(B),(h B )) il limite di H.
Va mostrato che (F(limââBâBH(B)),F(h B )) Ăš un limite perFH, mostrandoche ne condivide la proprietĂ universale.
1.3 costruzioni astratte. 45
Chiaramente lâimmagine attraverso F di un cono verso H Ăš un cono versoF H, dato che nei due diagrammi
limââBâBH(B)h B //
h B âČ &&
H(B)
H(b)
H(B âČ)
F
limââBâBH(B)F(h B )
//
F(h B âČ ) ''
FH(B)
FH(b)
FH(B âČ)
uno commuta se e solo se commuta lâaltro (come Ăš facile notare F induceun funtore tra Cn(H) e Cn(FH)).
Ora, sia (C ,(qB )BâObB) un cono vrso F H. Per la biiezione che definiscelâaggiunzione, ad ogni morfismo qB : C â FH(B) del cono corrisponde un(unico) morfismo rB : G(C )âH(B). Allora, per ogni morfismo b : Bâ B âČ diB la naturalitĂ della biiezione di aggiunzione implica che
HomC(G(D),H(B))ÏDH(B)
//
HomC(G(D),H(b))
HomD(D,FH(B))
HomD(D,FH(b))
HomC(G(D),H(B âČ))ÏDH(B âČ)
// HomC(D,FH(B âČ))
ossia che
rB âČ =Ïâ1DH(B âČ)
(q B âČ)
=Ïâ1DH(B âČ)
FH(b) qB
=Ïâ1DH(B âČ)
HomD(D,FH(b)) qB
= HomC(G(D),H(b)) Ïâ1DH(B)
qB
= HomC(G(D),H(b)) rB
=H(b) rB (1.25)
Allora (G(D),(rB )BâObB) Ăš un cono verso H e abbiamo in C una fattoriz-zazione unica r : G(D) â limââBâBH(B) tale che per ogni B â ObB si ab-
bia h B r = rB . Ma r : G(D) â limââBâBH(B) corrisponde ad un (unico)
s : D â F
limââBâBH(B)
. Usando ancora la naturalitĂ della biiezione di
aggiunzione, F(h B ) s = qB , quindi s fattorizza unicamente tutti i qB at-traverso i vari F(h B ), e F
limââBâBH(B)
condivide la proprietĂ universale
di limââBâBFH(B).
categorie complete. Potrebbe sembrare ragionevole definire (con unasimilitudine analitica) âcompletaâ una categoria C tale che ogni diagram-ma di tipo D F : D â C ammetta un limite (proiettivo). Una definizionedel genere sfortunatamente non conduce alla nozione âgiustaâ di comple-tezza: ad esempio, se D Ăš discreta e F : DâEns Ăš un funtore, limââDâObD
F âŒ=â
DâObDF(D), che esiste solo se D Ăš piccola (ossia se ObD Ăš un insieme).
Questo suggerisce che, piĂč modestamente, dobbiamo limitare lâesistenza
46 teoria (elementare) delle categorie
dei limiti a diagrammi piccoli, ossia a funtori F : DâC tali che D sia piccola.PiĂč precisamente si ha
Proposizione 1.20. Sia C una categoria tale che ogni diagramma di tipo J,F : Jâ C ammette limite proiettivo limââjâObJ
F. In tal caso C Ăš una categoria
preordinata (ossia HomC(A, B) ha al piĂč un elemento per ogni A, B âObC).P
p// C2
C1
f Îș
OO
g Îș
OO
f
>>
g
>> Dimostrazione. Usiamo esplicitamente lâAssioma degli Universi, cosicchĂ©gli oggetti di C costituiscano un insieme in un opportuno universoUUU . Suppo-niamo per assurdo che esistano f , g : C1âC2, frecce distinte tra due oggettifissati. Ora, se indichiamo con Îș = card(ObC), si puĂČ costruire P = (C2)Îș
(prodotto di Îș copie di C2), dato che una categoria che ammette tutti i limi-ti ha anche tutti i prodotti. Per ogni fattore di P troviamo allora due frecceg Îș, f Îș : C1 â P , che fattorizzano f , g : C1 â C2. Vi sono 2Îș fattorizzazioniC1 â P , che perĂł costituiscono solo un sottoinsieme proprio del totale ditutti i morfismi verso P , che sono al massimo Îș. Si Ăš allora giunti allâassurdo2Îș †Îș.
Definizione 1.37 [CATEGORIA COMPLETA]: Una categoria C si dice comple-ta quando per ogni categoria piccola J, ogni diagramma di tipo J ammettelimite (proiettivo).
In particolare, se Îș Ăš un cardinale, C si dice Îșâcompleta se ogni funtoreF : Jâ C da una categoria piccola e tale che card(ObJ) †Îș ammette limiteproiettivo.
2M O N O I D I E M O N A D I
2.1 strutture algebriche nelle catego-rie.
2.1.1 Monoidi, Gruppi, Anelli.
Come Ăš noto, un monoide Ăš un insieme dotato di una operazione binaria· : M ĂM âM (spesso detta moltiplicazione) che sia associativa e dotata diun elemento neutro:
âą m · (n ·p) = (m ·n) ·p per ogni m , n , p âM
âą Esiste un elemento 1âM tale che m ·1 = m = 1 ·m per ogni m âM
Le proprietĂ della moltiplicazione di M possono essere riscritte in una formaequivalente che coinvolge una coppia di funzioni ” : M ĂM âM e η : ââM (â Ăš lâinsieme con un solo elemento) e i diagrammi
M ĂM ĂMidMĂ”
//
”ĂidM
M ĂM
”
M ĂM”
// M
(2.1)
âĂMηĂidM
// M ĂM
”
M ĂâidMĂηoo
M
λ Ï
(2.2)
resi commutativi da ” ed η. Le biiezioni Ï e λ sono quelle naturalmenteesistenti tra M e M Ăâ, âĂM , e idM : M âM Ăš ovviamente la funzioneidentica.
Gli isomorfismi di cui sopra hanno luogo in una situazione abbastanzagenerale: si confronti la Proposizione 1.13. Anche a garantire la commuta-tivitĂ dei diagrammi 2.1 e 2.2 bastano proprietĂ molto piĂč deboli di quellegarantite dalla presenza di un oggetto terminale e dei prodotti finiti. PiĂčprecisamente, quello di cui câĂš bisogno Ăš una
Definizione 2.1 [CATEGORIA MONOIDALE (STRETTA)]: Una categoria monoi-dale stretta (CMS) Ăš una terna (C,â,Δ), in cui C Ăš una categoria,â : CĂCâCun (bi)funtore e Δ âObC, tali che
47
48 monoidi e monadi
âą â (âĂ IC) =â (ICĂâ) : CĂCĂCâC;
âą â (Δà IC) = IC =â (ICĂΔ).
ossia tali che i diagrammi
CĂCĂCâĂIC //
ICĂâ
CĂC
â
CĂC â// C
(A, B ,C ) //_
(AâB ,C )_
(A, B âC ) // AâB âC
CICĂΔ // CĂC
â
CΔĂICoo
C
A //_
ΔĂidA
idAĂΔ // (A,Δ)_
â
(Δ, A) â// ΔâA
âŒAâΔ âŒ= A
siano commutativi (si Ăš indicato con ICĂΔ : CâCĂC il funtore che mandaA in (A,Δ)).
esempi.
0. Ogni categoria con prodotti finiti e un oggetto terminale 1 Ăš una CMS,con â = Ă e Δ = 1 (lâassociativitĂ del bifuntore âĂâ Ăš il contenutodella Proposizione 1.13.
1. Ogni monoide considerato come una categoria discreta Ăš una CMS:â= · : M ĂM âM Ăš la moltiplicazione del monoide ed Δ coincide conlâelemento neutro per â.
2. Se C Ăš una categoria, indichiamo con End(C) la categoria di tutti i fun-tori F : Câ C (i cui morfismi sono le trasformazioni naturali). Allora(End(C),, IC) Ăš una CMS.
Restringiamoci a considerare una categoria con i prodotti finiti e un oggettoterminale 1: abbiamo allora
Definizione 2.2 [MONOIDE IN C]: Diciamo monoide in C una terna (M ,” :M ĂM âM ,η : 1âM ) tale che i diagrammi 2.1 e 2.2 siano commutativi.
Spesso si chiama monoide il solo oggetto M , sottintendendo quale sia lamoltiplicazione e quale lâunitĂ .
Definizione 2.3 [CATEGORIA DEI MONOIDI IN C]: La collezione (M ,”M ,ηM )di tutti i monoidi di una categoria C data puĂČ essere pensata come la classedegli oggetti di una categoria, in cui i morfismi tra (M ,”M ,ηM ) e (N ,”N ,ηN )sono i morfismi h : M âN di C che âcommutano con ” ed ηâ, nel senso che
M ĂMhĂh //
”M
N ĂN
”N
Mh
// N
M!
zz
h // N!
##1
ηM $$
1
ηNM
h// N
2.1 strutture algebriche nelle categorie. 49
dove si sono chiamate invariabilmente â!â le uniche frecce da M , N allâogget-to terminale.
Possiamo allora pensare a Mon(C) come la categoria di tutti i monoidi diC. Abbiamo la
Proposizione 2.1. Sia C una categoria con prodotti finiti e un oggetto ter-minale. Allora M â ObC Ăš un monoide in C se e solo se HomC(â, M ) Ăš unmonoide in PShC (la categoria dei funtori controvarianti da C negli insiemi).
Dimostrazione. Sia (M ,”,η) un monoide in C. Allora ” determina unâuni-ca trasformazione naturale ” : HomC(â, M )ĂHomC(â, M )âHomC(â, M )definita da
” : HomC(â, M )ĂHomC(â, M ) âŒ= HomC(â, M ĂM )HomC(â,”)âââââââHomC(â, M )
dove si Ú applicato a ” il funtore Hom saturandolo nella sua componentecovariante. Fatte le debite identificazioni grazie alla proprietà universale delprodotto, si ottiene la commutatività del diagramma
HomC(â, M )3IĂ”
//
”ĂI
HomC(â, M )2
”
HomC(â, M )2”
// HomC(â, M )
Analogamente resta definita unâunicaη= HomC(â,η) : Hom(â, 1)âHom(â, M )tale che
HomC(â, M )2ICĂη // HomC(â, M )2
”
HomC(â, M )2ηĂICoo
HomC(â, M )
HomC(â,λ) HomC(â,Ï)
(si Ăš usata una notazione esponenziale per indicare prodotti multipli dellostesso oggetto, i diagrammi sarebbero altrimenti rapidamente esplosi).
Viceversa, se ” : HomC(â, M )ĂHomC(â, M )â HomC(â, M ) fa commu-tare lâopportuno diagramma di monoide resta definita, per composizionecon lâisomorfismo HomC(â, M ĂM ) âŒ= HomC(â, M )ĂHomC(â, M ) una tra-sformazione naturale e” : HomC(â, M ĂM )âHomC(â, M ) che grazie al Lem-ma di Yoneda corrisponde ad una ” : M ĂM âM . Ragionando analogamen-te, con lâunitĂ del monoide in PShC si ottiene una freccia η : 1âM .
Osservazione 2.1.1. Si ottiene, per dualitĂ , la definizione di comonoide inuna categoria C con coprodotti finiti e un oggetto iniziale: si tratta di unaterna (W , c ,Δ) dove W âObC, e c : W âW qW (comoltiplicazione), Δ : W â0 (counitĂ ) sono due morfismi di C tali da far commutare i diagrammi
Wc //
c
W qW
[idW ,c ]
W qW[c ,idW ]// W qW qW
(1â)
50 monoidi e monadi
0qW[Δ,idW ]
// W qW
c
W q0[idW ,Δ]oo
Wλ Ï
(2â)
Esempio 8 (Un comonoide in PShAlgK). Se C = AlgK (algebre su un fissato campo),
n â„ 1 un intero fissato, e B = K[x i j | 1 †i , j †n ] â ObC (anello dei polinomi su Kin n2 indeterminate), allora il funtore hB = Hom(B ,â) corrisponde a Mn (â) (infattiper ogni oggetto S â ObC un Ï â HomC(B ,S) Ăš univocamente determinato dalle n 2
immagini Ï(x i j ) per 1†i , j †n: ognuno di questi n2 elementi dellâalgebra S si iden-tifica quindi naturalmente ad una matrice F âMn (S). Dunque, in virtĂč della Propo-sizione 2.1, essendo Mn (S) un monoide rispetto allâoperazione di prodotto di matrici(lâunitĂ Ăš ovviamente la matrice che ha eS , identitĂ moltiplicativa di S, in diagonale ezero altrove), h B deve essere un comonoide in PShC. Esistono quindi due morfismi
c : Bâ B âB Δ : BâK
tali che (c â 1) c = (1â c ) c e (Δâ 1) c = (1âΔ) c . B â B indica il prodottotensoriale (che Ăš coprodotto in C) di B con sĂš stessa. Lâoggetto K invece Ăš iniziale in C(câĂš un morfismo che manda 1K in 1A per ogni A âObC).
Chiaramente per definire le frecce c ed Δ Ăš sufficiente specificare quali sono le imma-gini dei generatori (il resto Ăš determinato dallâessere morfismi di algebre): definiamoallora
c : x i j 7ânâ
h=1
x i h âxh j .
Si ha dunque
(c â1) c : x i j 7ânâ
h=1
c (x i h )âxh j =nâ
k=1
nâ
h=1
x i k âxk h âxh j
(1âc ) c : x i j 7ânâ
h=1
x i h âc (xh j ) =nâ
k=1
nâ
h=1
x i h âxk h âxk j
(visibilmente coincidenti a meno di rinominare i pedici).Definiamo poi
Δ : BâK : x i j 7âÎŽi j .
Si ha dunque
(Δâ1) c : x i j 7â 1âxh jh=i= 1âx i j
âŒ= x i j
(1âΔ)âc : x i j 7â x i h â1h=j= x i j â1 âŒ= x i j
Osservazione 2.1.2. La nozione di azione di un monoide su un insieme sigeneralizza allâazione di un monoide in una data categoria C con prodottifiniti e un oggetto terminale. Se (M ,”,η) Ăš un monoide in una tale categoria,una azione di M su un oggetto S âObC consiste di una freccia Îœ : M ĂSâ Stale che commutino i diagrammi
M ĂM ĂSidmĂÎœ //
”ĂidS
M ĂS
Μ
M ĂSÎœ
// S
1ĂS
λ$$
ηĂid// M ĂS
Μ
S
2.1 strutture algebriche nelle categorie. 51
La prima uguaglianza determina la compatibilitĂ tra lâazione su S e la mol-tiplicazione del monoide; la seconda impone allâunitĂ di M di âfissareâ tuttigli âelementiâ di S.
Gruppi e Anelli.
Il procedimento appena delineato permette di âritrovareâ in una categoriaanche le altre strutture algebriche note; le proprietĂ che definiscono gruppie anelli si possono infatti tradurre totalmente in relazioni che opportuni dia-grammi devono soddisfare: la collezione di oggetti cosĂŹ determinata formerĂ allora Grp(C), Rng(C), . . .
Definizione 2.4 [GRUPPO IN C]: Sia C una categoria con prodotti finiti e unoggetto 1 terminale. Un gruppo in C Ăš un monoide (G , m ,Δ) âMon(C) conin piĂč una freccia i : G â G tale che i i = idG (inversione) tale per cui idiagrammi
(G ĂG )ĂGα
GGG
mĂ1G
G Ă (G ĂG )
1Ăm
G ĂG m// G G ĂG
moo
Gâšu ,1G â© //
âš1G ,u â©
G ĂG
m
G ĂG m// G
G ĂG
1GĂi
Gâ //ÎŽoo
u
G ĂG
iĂ1G
G ĂG m// G G ĂGmoo
(2.3)
siano commutativi. Si Ăš usata la seguente notazione:
1. âšu , v â© : W â AĂB indica la freccia verso il prodotto indotta dalle dueu : W â A e v : W â B (cfr. Definizione 1.24), e â = âš1G , 1G â© Ăš ilâmorfismo diagonaleâ;
2. u : G âG Ăš lâunica freccia Δ! : G â 1âG .G ĂG
hĂh //
m
a
H ĂH
m
Gh
// H
Gh //
i
b
H
i
Gh// H
Definizione 2.5 [MORFISMO DI GRUPPI IN C]: Un morfismo di gruppi consistedi una freccia h : G âH tale che
1. h rispetta m , nel senso che commuta il diagramma (a)
2. h rispetta u , nel senso che u = h u : 0âG âH ;
3. h rispetta i , nel senso che commuta il diagramma (b)
Vi eâ a questo punto un modo di identificare la classe degli oggetti di Ccon la classe dei gruppi cosiâ costruiti.Possiamo dunque pensare a Grp(C)come a una categoria le cui frecce sono i morfismi di gruppi nel senso dellaDefinizione 2.5.
Cambiando C possiamo ottenere strutture di gruppo con interessanti strut-ture aggiuntive, come quella di gruppo topologico (Ăš un oggetto in Grp(Top))oppure di gruppo ordinato (Ăš un oggetto di Grp(Pos)).
52 monoidi e monadi
Da ultimo, sappiamo bene che un anello Ăš un insieme R dotato di dueoperazioni binarie + e · tali che (R ,+) sia un gruppo abeliano (non Ăš diffi-cile esprimere lâabelianitĂ come proprietĂ goduta da un certo diagramma) e(R , ·) sia un monoide. Allora abbiamo la
Definizione 2.6 [ANELLO IN C]: Sia C una categoria con prodotti finiti e unoggetto terminale. Un anello in C consiste nel dato di un monoide (R , p ,Δ)e di un gruppo abeliano (R , s ,Ï ), ove R Ăš uno stesso oggetto di C; le freccep , s : RĂRâR sono legate dalla relazione di commutativitĂ
RĂRĂRÏ23(âĂidRĂR )
//
idR Ăs
RĂRĂRĂR
pĂp
RĂR p// R RĂRsoo
(a ,b , c ) Ï23(âĂidRĂR )//
_
idR Ăs
(a ,b , a , c )_
pĂp
(a ,b + c ) p// a (b + c ) = ab +a c (ab , a c )
soo
(2.4)
che esprime la âdistributivitĂ â del prodotto sulla somma (si Ăš indicato a +b = s (a ,b), ab = p(a ,b) per ogni terna di âelementiâ a : A â R , b : B â R ,c : C âR ; â : RâRĂR Ăš la freccia âdiagonaleâ â : a 7â (a , a ) eÏ23 : R4âR4
scambia la seconda e terza componente del prodotto).
Definizione 2.7 [ENDOFUNTORE]: La categoria End(C) ha per oggetti tut-ti i funtori F : C â C, detti endofuntori e per morfismi le trasformazioninaturali.
Quindi End(C) =Hom(C,C).
Definizione 2.8 [MONADE]: Sia C una categoria, T â End(C) un endofun-tore. Consideriamo le composizioni T2 = T T, Tn = Tnâ1 T per n â„ 3,e tra esse T2,T3. Una monade in C Ăš una terna (T,”,η), ove ” : T2 â T eη : ICâT sono due trasformazioni naturali tali che (analogamente a quantoaccade nei diagrammi 2.1 e 2.2) commutino i diagrammi
T3Tâ”//
ӉT
T2
”
T2”// T
IC TηâT
// T2
”
T ICTâηoo
T
Esempio 9 (Monadi in un preordine). Come osservato nellâEsempio 1, un insieme(P ,†) parzialmente ordinato si puĂČ pensare come una categoria P i cui oggetti so-no gli elementi di P, tale che per ogni p ,q â P, lâinsieme HomP(p ,q) ha al piĂč unelemento, ed Ăš non vuoto se e solo se p e q sono confrontabili secondo la relazione â€.
Un endofuntore in P allora Ăš una funzione T : â P che sia monotĂČna.Dunque, una monade in P consiste nel dato di una funzione T : P â P tale che
x †T (x ) â T (x ) †T (T (x )) e T (T (x )) †T (X ) per ogni x â P, ossia tale cheT (T (x )) = T (x ). Una monade in un insieme parzialmente ordinato Ăš dunque un
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 53
operatore di chiusura in P (dato un insieme non vuoto P, parzialmente ordinato daâ€, si dice operatore di chiusura in P ogni funzione cl : P â P tale che, per ogni a â P,a †cl(a ) e clcl = cl).
Proposizione 2.2. Nelle notazioni dellâOsservazione 1.1.12, ad ogni aggiun-zione (F : C aD : G,η,Δ) corrisponde una monade (GF,GâΔâF,η).
Dimostrazione. Data la coppia di funtori aggiunti, definiamo T= GF. Lâu-nitĂ dellâaggiunzione funge da unitĂ del monoide: nel diagramma
I GFηâGF
// GFGF
GâΔâF
GF IGFâη
oo
GF
si haG(ΔF(C ))G(F(ηC )) = G(ΔF(C ) F(ηC )) = G(1F(C )) = G((ΔâF)(Fâη)(C )) = 1GF(C ) (cfr. la Definizione 1.12 per la notazione e la Proposizione
1.8). Analogamente G(ΔF(C ))ηGF(C ) = ((GâΔ) (ηâG))(F(C )) = 1GF(C ),che Ăš lâidentitĂ voluta.
Per quanto riguarda la moltiplicazione, dobbiamo verificare la commuta-tivitĂ del diagramma
GFGFGFGâΔâFGF
//
GFGâΔâF
GFGF
GâΔâF
GFGFGâΔâF
// GF
che perĂł commuta se e solo se commuta
FGFG(C )ΔFG(C )
//
FG(ΔC )
FG(C )
ΔC
FG(C )ΔC
// C
âsemplificandoâ il primo G e lâultimo F e calcolandolo in C âObC. Questâul-timo diagramma commuta dato che Δ Ăš una trasformazione naturale, e inparticolare lo Ăš in ΔC : FG(C )âC .
2.2 aggiunzioni dalle monadi.Il Teorema 2.2, per cui ad ogni aggiunzione corrisponde una monade, Ú del1961 ed Ú dovuto ad Huber. à di Hilton la congettura secondo la quale ognimonade nasce da una opportuna coppia di funtori aggiunti: la dimostra-zione di questa congettura si Ú avuta indipendentemente e pressoché si-multaneamente con due argomenti costruttivi distinti, dovuti a Kleisli, e adEilenberg e Moore nel 1965.
54 monoidi e monadi
Teorema 2.1 : Sia C una categoria e T = (T,η,”) una monade in C. Allo-ra esistono una categoria B e una aggiunzione (F : C a B : G,η,Δ) tali cheT = G F, η : IC â T sia lâunitĂ dellâaggiunzione e la moltiplicazione dellamonade sia legata alla counità Δ dalla relazione ”= GâΔâF.
Costruzione (Kleisli). Osserviamo anzitutto che, se esistono una categoriaBâČ e una aggiunzione come nella tesi del Teorema, allora la sottocategoriapiena eB Ă B i cui oggetti sono tutti e soli quelli della forma F(A), per A âObC, deve essere tale che
HomeB(F(A),F(B)) âŒ= HomC(A,GF(B)) = HomC(A,T(B))
In tali notazioni definiamo quindi la categoria B i cui oggetti sono gli stes-si di eB e i cui morfismi HomB(A, B) sono in biiezione con HomC(A,T(B)).La composizione tra f : A â T(B) e g : B â T(C ) si ottiene attraverso lamoltiplicazione della monade:
g âą f : AâT(C ), g âą f = ”C T(g ) f
AfââT(B)
T(g )âââT2(C )
”CââT(C ) (2.5)
La prova che questa Ăš effettivamente una categoria consiste nella verificadegli assiomi dati nella Definizione 1.2:
â Nessun HomB(A, A) Ăš vuoto, dato che esisteηA : AâT(A), che si com-porta da identitĂ per la composizione definita in 2.5. In virtĂč dellanaturalitĂ di η e delle identitĂ valide in T si ha infatti
AfââT(B)
T(ηB )ââââT2(B)”BââT(B) ”B T (ηB ) f = 1T(B) f = f
AηAââT(A)
T( f )âââT2(B)
”BââT(B) ”B ηT(B) f = 1T(B) f = f
â La composizione di morfismi Ăš associativa, grazie alla naturalitĂ di ”:per f âHomB(A, B), g âHomB(B ,C ), h âHomB(C , D) si ha
(h ⹠g ) ⹠f = ”D T(”D) T2(h) T(g ) f
h ⹠(g ⹠f ) = ”D T(h) ”C T(g ) f (2.6)
e per la succitata naturalità di ” si ha T(”D) T2(h) = T(h) ”C .
La struttura cosĂŹ determinata Ăš allora una categoria, che si dice categoriadi Kleisli di C, e si indica con K(C).
Si puĂČ definire un funtore GT : K(C)â C che sugli oggetti agisce come T
(GT : A 7â T(A)), e tale che per ogni f â HomK(C)(A, B) sia GT( f ) = ”B T( f ) âHomC(T(A),T(B)).
Queste posizioni definiscono una corrispondenza che Ăš funtoriale, nelsenso della Definizione 1.3, dato cheGT(g âą f ) = ”B T(”C )T2(g )T( f ) =”B T(g ) ”B T( f ) = GT(g ) GT( f ), per la naturalitĂ di ”, e GT(ηA) =”A T(ηA) = ”T(A) ηT(A) = 1T(A) per lâidentitĂ nella monade T. Si puĂČ
definire anche un funtore FT : Câ K(C) che consista della corrispondenzaidentica sugli oggetti di C (FT(A) = A per ogni A âObC) e che sui morfismidi C sia definito da FT( f : Aâ B) = T( f ) ηA (ηB f per la naturalitĂ di η).
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 55
Anche questa corrispondenza Ăš effettivamente un funtore tra le due cate-gorie: si ha infatti FT(g f ) = ηC g f = T(g ) ηB f e FT(g ) âąFT( f ) =”C T(FT(g )) ηB f = ”C T(ηC ) T(g ) ηB f = T(g ) ηB f . Infine,FT(1A) = ηA .
Abbiamo allora costruito una coppia di funtori FT : CK(C) : GT tali cheGTFT(A) = T(A) e GTFT( f : A â B) = ”B T(ηB ) T( f ) = T( f ), ossia taliche GT FT âĄT.
Infine, la biiezione che dĂ lâaggiunzione tra i due funtori discende dallâi-potesi per cui HomK(C)(A, B) = HomC(A,T(B)):
HomK(C)(FT(A), B) = HomK(C)(A, B) = HomC(A,T(B)) = HomC(A,GT(B))
Ora unitĂ e counitĂ dellâaggiunzione sono univocamente determinate daquesta biiezione.
Costruzione (Eilenberg e Moore). La linea seguita da questa dimostrazione Ăšsimile, ma in qualche modo duale, a quella precedente. Prima di esporla,necessitiamo di una definizione preliminare.
Definizione 2.9 [TâALGEBRA â CATEGORIA DELLE TâALGEBRE]: Sia C una cate-goria, T = (T,η,”) una monade in C. Diciamo Tâalgebra una coppia (C , h),dove C âObC e h : T(C )â C (h si dice morfismo strutturale dellâalgebra), Ăštale che commutino i diagrammi
CηC//
1C
T(C )
h
C
T2(C )T(h)
//
”C
T(C )
h
T(C )h
// C
Un morfismo di Tâalgebre tra (C , h) e (C âČ, h âČ) consiste poi di un morfi-smo f âHomC(C ,C âČ) tale che f h = h âČ T( f ). La composizione di morfi-smi di Tâalgebre Ăš definita nel modo ovvio dalla composizione di morfismidi C: possiamo quindi definire la categoria CT di tutte le Tâalgebre su C.
Osservazione 2.2.1. Almeno formalmente, la definizione di Tâalgebra in Cmima la nozione di azione di un monoide su un oggetto S âObC: la monadeT infatti âagisceâ sullâoggetto C nel senso dei diagrammi scritti nellâOsserva-zione 2.1.2.
Mostriamo ora che data una monade T = (T,η,”) esiste una aggiunzione
(FT : C aCT : GT,ηT,ΔT)
in cui i funtori FT, GT sono definiti dalle corrispondenze
FT : C 7â (T(C ),”C )
FT : ( f : C âC âČ) 7â (T( f ) : (T(C ),”C )â (T(C âČ),”C âČ)) (2.7)
GT : (C , h) 7âC
GT : ( f : (C , h)â (C âČ, h âČ)) 7â ( f : C âC âČ) (2.8)
56 monoidi e monadi
La dimostrazione di questo fatto Ăš una semplice verifica, a partire dal fattoche, definiti cosĂŹ FT e GT commutano gli opportuni diagrammi che rendonofuntoriali queste corrispondenze.GT Ăš il funtore âsmemoratoâ da CT in C, che semplicemente tralascia il
morfismo strutturale dellâalgebra. CiĂČ dovrebbe suggerire (come infatti Ăš,data la corrispondenza di aggiunzione, che ricorre frequentemente in Al-gebra, tra il funtore âoggetto generatoâ e il funtore âsmemoratoâ) che unsuo eventuale aggiunto sinistro definisce la Tâalgebra libera generata daC â ObC attraverso la monade T: Ăš proprio in virtĂč della legge di unitĂ nel-la monade che la coppia (T(C ),”C ) Ăš una Tâalgebra. CâĂš di piĂč: la sot-tocategoria piena generata dalle Tâalgebre libere Ăš equivalente alla cate-goria K(C). Questa constatazione Ăš precisata da un enunciato preciso, laProposizione 2.3.
ChiaramenteGTFT(C ) = T(C ) per ogni C âObC, eGTFT( f ) = T( f ) : T(C )âT(C âČ) pr ogni f : C âC âČ. Quindi GTFT ⥠T. LâunitĂ della monade corrispon-de allora ad una trasformazione naturale ηT : ICâGTFT.
Dâaltra parte FTGT(C , h) = (T(C ),”C ) in modo che h : T(C )â C sia unmorfismo di Tâalgebre tra (T(C ),”C ) e (C , h). Resta cosĂŹ definita ΔT
(C ,h)=
h : FTGT(C , h)â (C , h), componente in (C , h) di una trasformazione natu-rale ΔT : FTGTâ ICT .
Da ultimo,”T
C = GT(ΔTFT(C )
) = GT(”C ) = ”C
ossia ”T = ”, e la dimostrazione Ú completa.
Definizione 2.10 [TâALGEBRA LIBERA]: Sia T = (T,”,η) una monade in C, e(FT,GT,ΔT,ηT) lâaggiunzione definita dalla costruzione di EilenbergâMoore,con i funtori FT e GT definiti come in 2.7 e 2.8. Una Tâalgebra si dice liberase Ăš isomorfa a una della forma FT(C ) = (T(C ),”C ) per qualche oggettoC âObC.
Proposizione 2.3. Sia T = (T,”,η) una monade in C. La sottocategoriapiena generata dalle Tâalgebre libere Ăš equivalente alla categoria K(C).
Dimostrazione. Scriviamo FAT per indicare la sottocategoria in questione,generata dalle Tâalgebre libere. Va trovata una equivalenza di categorieE : CTâFAT. Definiamo il funtore E in modo che E : C 7â (T(C ),”C ) e
E : ( f : C âT(D)) 7â”D T( f ).
Questa posizione definisce effettivamente un morfismo in FAT, dato che”D T(E f ) = ”D T(”D) TT( f ) = ”D ”TD TT( f ) = ”D T( f ) ”C =E f ”C .
CosÏ definite, le corrispondenze sugli oggetti e sulle frecce di | f u nc E de-finiscono a tutti gli effetti un funtore, dato che E(ηC ) = ”C T(ηC ) = 1T(C )
e E( f ) E(g ) = ”C T(g ) ”B T( f ) = ”C ”T(C ) TT(g ) T( f ) = ”C T(”C ) TT(g ) T( f ) = ”C T(”C T(g ) f ) = E(g ⹠f ).
Per costruzione, poi, ogni oggetto di FAT Ăš isomorfo a uno del tipo E(C ),dunque E Ăš essenzialmente suriettivo. Resta da provare che Ăš pienamentefedele:
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 57
âą Se f , g C âT(D) sono tali che ”D T f = ”D Tg , allora
f = (”D ηT (D)) f = ”D T f ηC = ”D Tg ηC = ”D ηT(D) g = g
âą Se h : (T(C ),”C ) â (T(D),”D), allora k = h ηC Ăš tale che E(k ) =”D Th TηC = h ”C = h.
Ă allora consuetudine riferirsi al funtore GT definito in 2.8 come a U, no-tando che esso Ăš esattamente il funtore âsmemoratoâ che dimentica la strut-tura di Tâalgebra su un oggetto di C. Il Teorema 2.1 appena dimostrato na-sconde le peculiaritĂ delle aggiunzioni appena costruite: data una mona-de T = (T,η,”) la categoria di Kleisli K(C) Ăš âinizialeâ e la categoria delleTâalgebre CT Ăš finale allâinterno della collezione di tutti i modi di fattorizza-re T come coppia di funtori aggiunti. PiĂč precisamente si ha
Proposizione 2.4. Sia T = (T,η,”) una monade in C. Definiamo Ad(T) co-me la categoria che ha per oggetti le terne (D,F,G), ove D Ăš una categoriae F : C a D : G una coppia di funtori aggiunti di unità η e di counità Δ, taleche GF= T e ”= GâΔâF, e per morfismi tra (D,F,G) e (DâČ,FâČ,GâČ) i funtoriK : DâDâČ tali che GK= GâČ e KFâČ=F.
Allora (K(C),FT,GT) Ăš iniziale e (CT,FT,GT) Ăš finale in Ad(T).D
G~~
K
C
F
>>
FT
CTGT
``
(4)Dimostrazione. Va provato che per ogni (D,F,G) esiste un unico funtoreK : DâCT tale che GTK= G e KF=FT, come nel diagramma (4) a lato.
Definiamo allora
Ί : DâCT : D 7â (G(D),G(ΔD))
( f : DâD âČ) 7â (G( f ) : G(D)âG(D âČ));
mostriamo che G(ΔD) Ăš un morfismo strutturale: vanno verificate le identitĂ
G(D)
idG(D) ##
ηG(D)// TG(D)
G(ΔD )
G(D)
TTG(D)TG(ΔD )
//
”G(D)
TG(D)
G(ΔD )
TG(D)G(ΔD )
// G(D)
La prima segue direttamente dallâidentitĂ della monade. Per la seconda, siha
G(ΔD) ”G(D) = G(ΔD) G(ΔFG(D))
= G(ΔD ΔFG(D))
= G(ΔD FG(ΔD)) = G(ΔD) TG(ΔD)
Per ogni f : D â D âČ si ha poi che G( f ) Ăš un morfismo di Tâalgebre: dallanaturalitĂ di Δ rispetto a f segue direttamente che
G(ΔD âČ) TG( f ) = G(ΔD âČ FG( f )) = G( f ΔD) = G( f ) G(ΔD).
Ora, Ăš evidente che GTΊ = G. Per provare lâunicitĂ di Ί, ragioniamo comesegue.
58 monoidi e monadi
Detto K : D un secondo funtore con le stesse proprietĂ di fattorizzazione,ogniK(D) deve essere una Tâalgebra, e la condizioneGTK= G significa chesugli oggetti KâĄG. Allora si ha K(D) = (G(D), h) per un qualche morfismostrutturale h : TG(D) â G(D). Dalla stessa fattorizzazione segue perĂČ cheK( f ) = G( f ) per ogni f : D â D âČ. Dato che il diagramma (4) commuta, sipuĂČ riscrivere come
CF //
IC
DG
oo
K
CFT// CT
GToo
e sfruttando la proposizione 1.11 si haK(ΔD) = G(ΔD) = ΔT(K(D)) = ΔT(G(D), h) =h, il che prova lâunicitĂ di Ί.D
G||
OO
LC
F
<<
FT
!!
K(C)GT
aa
(5)
In maniera analoga definiamo un funtore L : K(C)âD tale che GL= GT
e LFT =F (cfr. (5)), ponendo
L : A âObK(C) 7âF(A)
( f : AâT(B)) 7â ΔF(B) F( f )
Ă facile verificare che ciĂČ definisce effettivamente un funtore, trovando che
L(idA,K(C)) = ΔF(A) F(ηA) = ((ΔâF) (F âη))(A) = idF(A) = idL(A)
per le relazioni della Proposizione 1.8. Per la commutativitĂ del diagramma
FGF(B) =FT(B)F(T(g ))
//
ΔF(B)
FT2(C )
F(”C )
F(B)F(g )
// FT(C )
relativamente a g : BâT(C ) si ha poi lâuguaglianza
L(g ⹠f ) =L(”C T(g ) f )
= ΔF(C ) F(”C T(g ) f )
= ΔF(C ) F(”C ) FT(g ) F( f )
= ΔF(C ) F(g ) ΔF(B) F( f ) =L(g ) L( f )
che dimostra quanto affermato per ogni f : AâT(B), g : BâT(C ). Ă facileconvincersi che cosĂŹ definito L Ăš unico, dato che per ogni f : AâT(B)
GT( f ) = ”B T( f ) = G(ΔF(B) F( f )) = G(L( f ))
e che se LFT = F, L deve coincidere con F sugli oggetti, dato che lĂŹ FT Ăš lacorrispondenza identica. CiĂČ conclude la dimostrazione.
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 59
2.2.1 Funtori Monadici.
Il funtore Ί : Dâ CT definito nella dimostrazione della Proposizione 2.4 sidice funtore di confronto. Un funtore G : Dâ C, aggiunto destro in una ag-giunzione F : C aD : G si dice monadico se il funtore di confronto Ăš unâequi-valenza di categorie.
Definizione 2.11 : Sia F : CâD un funtore tra due categorie. Si dice che F
riflette gli isomorfismi se, per ogni f âHomC(C ,C âČ) F( f ) Ăš un isomorfismose e solo se lo Ăš f .
Osservazione 2.2.2. La necessitĂ Ăš implicita nel fatto che F Ăš un funtore: lacondizione non banale quindi Ăš la sufficienza.
Proposizione 2.5. Unâequivalenza di categorie riflette gli isomorfismi.
Dimostrazione. Siano F : C â D un funtore e F( f ) : F(C ) â F(C âČ) un iso-morfismo in D; il funtore quasiâinverso di F Ăš G : D â C, che Ăš essenzial-mente suriettivo. Allora esistono D, D âČ âObD tali che C = G(D),C âČ= G(D âČ).Dunque, sapendo che esiste un isomorfismo naturale Δ : FGâ ID, si sa che
FG(D) //
FG(D âČ)
D D âČ
Ăš un diagramma commutativo fatto di isomorfismi. Per composizione siottiene allora un isomorfismo h : D â D âČ, e per la suddetta commutativitĂ deve essere G(h) = f , che quindi Ăš un isomorfismo.
Proposizione 2.6. Un funtore monadico riflette gli isomorfismi.
Dimostrazione. Il risultato precedente permette di usare, invece di F e G, lacoppia aggiunta FT,GT, in cui GT Ăš il funtore âsmemoratoâ tra CT e C (cfr.[BaW, Proposizione 3.2]). Sia dunque f : C â C âČ un isomorfismo in C, eg : C âČ â C il suo inverso. Per mostrare che f : (C , c )â (C âČ, c âČ), visto comemorfismo di Tâalgebre, ha come inverso g : (C âČ, c âČ) â (C , c ) va mostratoche g Ăš effettivamente un morfismo di Tâalgebre:
c T(g ) = g f c T(g ) = g c âČ T( f g ) = g c âČ
Il fatto che g f = id(C ,c ) e f g = id(C âČ,c âČ) in CT segue naturalmente dacome Ăš definita la composizione di morfismi strutturali.
Definizione 2.12 [FORCELLA, FORCELLA SPEZZANTE]: Una forcella in C di baseAâ B consiste nel dato di oggetti e frecce come nel diagramma
Aâ0 //
â1
// Be // C (2.9)
tali che e â0 = e â1.
Osservazione 2.2.3. Il conucleo e : B â coker(â0,â1) della doppia frecciaâ0,â1 : A â B Ăš una forcella, e precisamente lâunica forcella tale che, per
60 monoidi e monadi
ogni f : B â X esiste unâunico morfismo coker(â0,â1) â X che fattorizzaf tramite e .
Una forcella spezzante in C Ăš una forcella come in 2.9 tale che esistono due
frecce Atââ B
sââC con e â0 = e â1, e s = idC , â0 t = idB , â1 t = s e .Data una forcella come in 2.9 la freccia e : B â C Ăš detta coequalizzatore
assoluto della coppia â0,â1 : Aâ B se per ogni funtore F : CâD la forcella inD
F(A)Fâ0 //
Fâ1
// F(B) // F(C )
ha Fe : F(B)âF(C ) come conucleo.
Proposizione 2.7. Osserviamo i seguenti fatti:
1. In una forcella spezzante
Aâ0 //â1 // Bt
oo
e //C
soo (2.10)
il morfismo e : BâC Ăš il conucleo di â0 e â1.
2. Se 2.10 Ăš una forcella spezzante in C e F : C â D Ăš un qualunquefuntore, allora
F(A)Fâ0 //Fâ1
// F(B)Ft
oo
Fe //F(C )
Fsoo
Ăš una forcella spezzante in D.
3. Se 2.9 Ăš una forcella in C tale che e âŒ= coker(â0,â1), ed esiste t : B â Atale che â0 t = idB e â1 t â0 = â1 t â1, allora esiste anche s : C â Atale che 2.10 sia una forcella spezzante in C.
Dimostrazione. Data f : B â X tale che f â0 = f â1 si ha ( f s ) e = f â1 t = f â0 t = f , e questa scrittura di f come h e Ăš evidentementeunica (e Ăš un epimorfismo spezzante, intendendo con ciĂČ che ammette unainversa destra).
2 Un funtore rispetta composizioni e identitĂ , e ciĂČ Ăš sufficiente a con-cludere.
3 Per ipotesi â1 t â0 = â1 t â1, e dunque per la proprietĂ universaledel conucleo esiste ed Ăš unica s : C â B tale che s e = â1 t . Si hapoi e s e = e â1 t = e â0 t = e . Essendo e un epimorfismospezzante, e s = idC .
Definizione 2.13 [FORCELLA GâSPEZZANTE]: Se G : Dâ C Ăš un funtore, unaforcella Gâspezzante Ăš una coppia di morfismi â0,â1 : A â B tali per cuiesistono morfismi t , e , s in D tali che
G(A)Gâ0 //Gâ1
// G(B)t
oo
e //G(C )
soo
sia una forcella spezzante in D.
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 61
2.2.2 Il teorema di Beck.
Un Teorema enunciato e dimostrato da Beck nel 1967 caratterizza i funtorimonadici come gli aggiunti destri che riflettono gli isomorfismi e che rispet-tano le forcelle spezzanti per quel funtore.
Proposizione 2.8. Indichiamo con U : CTâC il funtore smemorato definitoin 2.8, per una monade T in C. Sia G : Dâ CT un funtore tale che per il dia-gramma di tipo D U G : Dâ CT â C esiste limââDU G , colimite preservato
da T e da T2; allora esiste anche limââDG, ed Ăš preservato da U : CTâC.
Dimostrazione. Sia G : DâCT un funtore tale che UG abbia limite L âObC,e siano sD : UG(D)â L le frecce canoniche verso il limite.
Ora, se scriviamo G(D) = (UG(D),ΟD) per ogni oggetto D â ObD, Ăš faci-le notare che per ogni d : D â D âČ si ha UG(d ) ΟD = ΟD âČ TUG(d ), essen-do G(d ) un morfismo di Tâalgebre. Si ha dunque un unica Ο : limââTUG âŒ=T(limââUG) â limââUG, ossia Ο : T(L) â L, che fattorizza sd ΟD mediante
sT(D) = T(sD).
TUG(D)
TU(d )
sT(D)=T(sD )
((
sDΟD
$$
limââDTUG âŒ= T(limââDUG) Ο! // limââDUG
TUG(D âČ)
sT(DâČ)=T(sDâČ )
66
sDâČ ÎŸDâČ
::
La condizione sd ΟD = ΟT(sD) implica anche che ogni sD Ăš un morfismodi Tâalgebra tra Ο e ΟD .
Ora va provato che
sD : (UG(D),ΟD) â (L,Ο)
DâObDsono le frecce ca-
noniche verso il limite di G in CT. Anzitutto va provato che (L,Ο) Ăš unaTâalgebra. Deve essere
âą ÎŸ ηL = idL , vero perchĂ© Ο (ηL sD) = Ο (T(sD) ηUG(D)) = sD ΟD ηUG(D) = sD (la prima uguaglianza ha luogo per naturalitĂ di ηe la seconda perchĂ© ogni ΟD Ăš un morfismo strutturale). Per lâunicitĂ della fattorizzazione attraverso gli sD si conclude.
âą ÎŸÂ”L = ΟTΟ: per ipotesi sappiamo che limââT2UG âŒ= T2(limââUG), con
le mappe canoniche T2(sD). Si ha allora
Ο (”L T2(sD)) = Ο (sD ”UG(D)) = sD ΟD ”UG(D)
= (sD ΟD) TΟD = ΟTsD TΟD = ΟT(sD ΟD) = ΟTΟT2sD
Ora per lâunicitĂ della fattorizzazione attraverso i T2sD si conclude.
62 monoidi e monadi
Se ora
rD : (UG(D),ΟD)â (R ,Ï)
Ăš un altro cono, esiste per questâultimouna fattorizzazione attraverso unâunica freccia m : L â R tale che m sD =rD . Da ultimo, tale m Ăš un morfismo di Tâalgebre:
Ï Tm TsD =Ï TrD = rD ΟD = m sD ΟD = m ΟTsD .
Lemma 2.1 : Sia (C ,Ο) una Tâalgebra per una monade T = (T,η,”). Allora
TT(C )”C
//TΟ // T(C )ηT(C )
oo
Ο//C
ηCoo
Ăš una forcella spezzante.
Dimostrazione. âą ÎŸÂ”C = ΟTΟ, perchĂ© Ο Ăš morfismo di Tâalgebre;
âą ÎŸ ηC = idC e ”C ηT(C ) = idT(C ), rispettivamente per le leggi diidentitĂ nella Tâalgebra e nella monade;
âą TΟηT(C ) = ηC Ο per la naturalitĂ di η.
Teorema 2.2 [BECKâS PTT]: Sia G : DâC un funtore. Le seguenti condizionisono equivalenti:
1. G Ăš monadico;
2. a . G ha un aggiunto sinistro;
b . G riflette gli isomorfismi;
c . per ogni coppia parallela u , v : D â D âČ in D tale che (Gu ,Gv ) Ăšuna forcella spezzante, (u , v ) ha un conucleo in D, preservato daG: coker(Gu ,Gv ) âŒ= G(coker(u , v )).
Dimostrazione. Lâimplicazione 1 â 2 discende da quanto mostrato finora:che un funtore monadico sia a destra in una coppia aggiunta F : C a D : G Ăšvero per definizione, e i punti b , c discendono, rispettivamente, dalle Propo-sizioni 2.6 e 2.8.
Mostriamo che 2 â 1. Dobbiamo mostrare che il funtore di confrontoΊ : DâCT, per la monade generata dallâaggiunzione F : C aD : G, Ăš unâequi-valenza di categorie, ossia (usando la caratterizzazione nella Proposizione1.5) Ăš pienamente fedele ed essenzialmente suriettivo.
Ί Ăš pieno, perchĂ© se indichiamo con L il funtore della Proposizione 2.3,la composizione Ί L : CTâDâCT coincide con lâinclusione CT ĂCT.
Ora, data una Tâalgebra (C ,Ο) consideriamo la coppia ΔF(C ),F(Ο) : FGF(C )âF(C ) in D, che soddisfa alle condizioni in 2.c, in quanto per il Lemma 2.1(GΔF(C ),GF(Ο)) Ăš una forcella spezzante:
GFGF(C )GFΟ
//GΔF(C ) // GF(C )ηGF(C )
oo
Ο//C
ηCoo
porge un diagramma in D
FGF(C )ΔF(C )
//
F(Ο)// F(C )
q// Q
2.2 aggiunzioni dalle monadi. 63
che Ăš una forcella, tale che G(Q) âŒ= C e G(q) âŒ= Ο. In particolare Ο = G(q)ha per sezione ηC , e dunque ha una sezione anche il morfismo FG(q). Siha q FG(q) = q F(Ο) = q ΔFG(Q) = ΔQ FG(q), e allora q = ΔQ , essendo
FG(q) un epimorfismo spezzante (lo Ăš G(q)).Abbiamo dunque ottenuto
Ί(Q) = (G(Q),GΔQ) âŒ= (C ,G(q)) = (C ,Ο)
mostrando che Ί Ăš essenzialmente suriettivo. Resta da provare che Ί Ăš fe-dele. Siccome GT Ί = G, basta provare che G, alle ipotesi 2.ab c , Ăš fedele:ciĂČ accade se e solo se ogni componente della counità Δ dellâaggiunzioneF : C aD : G Ăš un epimorfismo (cfr. la Proposizione 1.10).
Per mostrare che cosĂŹ accade, si consideri il diagramma
FGFG(D)ΔFG(D)
//
FGΔD
// FG(D)ΔD // D
La sua immagine mediante G Ăš una forcella spezzante in C:
GFGFG(D)
GΔFG(D)//
GFGΔD// GFG(D)
ηGFG(D)
oo
GΔD //G(D)
ηG(D)
oo
In virtĂč della condizione 2.c ora, la forcella FGFG(D)âFG(D)âD appenascritta ha un conucleo q : FG(D)âQ , e ΔD si fattorizza in modo unico comez q , per z : Q â D. Inoltre, sempre per la condizione 2.c , si ha G(q) âŒ=G(ΔD). CiĂČ vuol dire che G(z ) Ăš un isomorfismo (se G(q) = u G(ΔD) perun certo isomorfismo u , si trova facilmente che G(z ) Ăš un isomorfismo). Perla condizione 2.b allora anche z Ăš un isomorfismo, e dunque, dato che lo Ăšq , ΔD Ăš un epimorfismo.
Applichiamo il Teorema appena dimostrato per provare che
Proposizione 2.9. Il funtore smemorato G : GrpâEns Ăš monadico.
Dimostrazione. Che G rifletta gli isomorfismi Ăš palese, dato che tutti gli iso-morfismi di gruppi sono anzitutto funzioni biiettive tra gli insiemi supporto.
Proviamo quindi che se α,ÎČ : G âH Ăš una doppia freccia parallela e
GGGα
//
GÎČ// GH
Ï // K
Ăš una forcella spezzante in Ens (in particolare,Ï Ăš un epimorfismo spezzan-te negli insiemi), allora Ăš anche un morfismo di gruppi e il diagramma
Gα //
ÎČ// H
Ï // K
Ăš una forcella spezzante in Grp. Siano mG : G ĂG âG e mH : H ĂH âH leoperazioni di gruppo di G ed H . Dal momento che α e ÎČ sono morfismi digruppi, si ha α mG = mH (αĂα) e ÎČ mG = mH (ÎČ ĂÎČ), dunque Ï mH (αĂα) =Ï mH (ÎČ ĂÎČ). Invocando il Lemma 2.1,ÏĂÏ Ăš conucleo
64 monoidi e monadi
di (αĂα,ÎČ ĂÎČ), dunque esiste unâunica freccia mK : K ĂK â K tale cheÏmH = mK (ÏĂÏ), ossia unâunica mappa mK che rendeÏmorfismo digruppi.
G ĂG
mG
αĂα //
ÎČĂÎČ// H ĂH
ÏĂÏ //
mH
K ĂK
Gα //
ÎČ// H
Ï// K
Resta da provare cheÏ Ăš un conucleo anche in Grp: supponiamo cheÏ : H âL sia tale cheÏ Î±=Ï ÎČ : esiste unâunicaÏ : K â L tale cheÏ=ÏÏ. Orasi ha
Ï(Ï(x ) ·Ï(y )) =Ï(Ï(x ·y )) =Ï(x y ) =Ï(x ) ·Ï(y ) =Ï(Ï(x )) ·Ï(Ï(y ))
(indicando con · sempre lâoperazione di gruppo) il che prova che Ï Ăš unmorfismo.
B I B L I O G R A F I A
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