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V03-13/01/2019

Cenni di elettrodinamica

Indice:

Introduzione

1) Le equazioni di Maxwell nel vuoto e i potenziali scalare e vettore pg. 2

2) Il caso statico e la condizione di Coulomb pg. 3

3) Il caso dinamico e la condizione di Lorenz pg. 4

4) I potenziali ritardati pg. 5

5) I potenziali di Lienard-Wiechert per una carica in moto pg. 6

6) I campi E e B per una carica in moto pg. 7

7) Caratteristiche dei campi E e B per una carica in moto uniforme pg. 8

8) Radiazione da una carica in moto accelerato: formula di Larmor pg. 10

9) Radiazione da un dipolo elettrico oscillante: calcolo dei campi E e B pg. 12

10) Radiazione da un dipolo oscillante: la potenza irradiata pg. 14

11) Il concetto di sezione d'urto pg. 15

12) La sezione d'urto Thomson pg. 17

Appendici:

A.1 ProprietΓ  della funzione di Dirac pg. 19

A.2 Il potenziale ritardato come soluzione delle equazioni dei pg. 20

potenziali

A.3 Calcolo dei potenziali di Lienard-Wiechert per una carica in moto pg. 21

A.4 Calcolo dei campi E e B dai potenziali di Lienard-Wiechert per pg. 22

una carica in moto

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1

Introduzione

Queste brevi note riassumono in modo molto schematico alcuni cenni di

Elettrodinamica che dall’accademico 2017/18 vengono introdotti in via sperimentale

nel programma di Fisica Generale 2 per il Corso di Laurea in Astronomia, in

sostituzione degli argomenti di Ottica Geometrica proposti agli studenti fino all’anno

precedente. Le note devono intendersi come materiale di appoggio agli argomenti

presentati a lezione, perchΓ© i testi di riferimento adottati non li trattano, e si possono

trovare sviluppati piΓΉ estesamente e in maggiore dettaglio in altri testi come:

Fisica Generale Vol. 2 –Lionel Lovitch, Sergio Rosati - Casa Editrice Ambrosiana

Introduction to Electrodynamics – David J. Griffiths - Addison-Wesley

dai quali sono tratte in buona parte queste note. In questa prima versione il testo Γ¨

molto scarno e verrΓ  ampliato in successive versioni.

Gli argomenti proposti intendono indicare il collegamento tra le equazioni di Maxwell

nel vuoto, da sempre argomento cardine del corso di Fisica Generale 2, e i

meccanismi di radiazione fondamentali in tanti fenomeni di astrofisica che verranno

affrontati nei corsi piΓΉ avanzati. Attraverso gli esempi della radiazione emessa da una

carica in moto accelerato o da un dipolo elettrico oscillante, si mette in evidenza il

significato dei potenziali elettromagnetici scalare e vettore nella definizione dei campi

E e B che caratterizzano il fenomeno radiativo. I calcoli presentati, talvolta piuttosto

articolati, hanno il solo scopo di mostrare allo studente il legame tra le ipotesi di

partenza e i risultati finali, discussi piΓΉ in dettaglio a lezione. Nel testo non viene fatto

uso della relativitΓ  speciale, argomento che nel corso di studi in astronomia viene

affrontato successivamente.

Nel par. 1 vengono riprese le equazioni di Maxwell nel vuoto e le relazioni tra i campi

elettrico e magnetico e le caratteristiche dei potenziali scalare e vettore. Nel par. 2

viene riassunto il caso stazionario nella β€œgauge” di Coulomb e nel par.3 viene

illustrato il caso dinamico nella β€œgauge” di Lorenz”. Il par. 4 introduce i potenziali

ritardati come soluzioni delle loro equazioni caratteristiche. Il caso dei potenziali di

Lienard-Wiechert prodotti da una singola particella in moto rettilineo uniforme Γ¨

trattato nel par. 5. Vengono successivamente calcolati i campi elettrico e magnetico

prodotti dalla particella e descritte le loro caratteristiche nei par. 6 e 7. I campi e la

radiazione generata da una carica in moto accelerato vengono descritti nel par. 8 nel

quale viene presentata la formula di Larmor. Nei par. 9 e 10 vengono descritti il

dipolo oscillante e la radiazione elettromagnetica da esso generata. Il par. 11 riassume

il concetto di sezione d’urto totale e differenziale che viene successivamente applicata

nel par. 12 dedicato alla radiazione emessa da un elettrone libero e alla sezione d’urto

Thomson.

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1) Le equazioni di Maxwell nel vuoto

L’elettrodinamica nel vuoto inizia dalle equazioni di Maxwell che, in presenza di

cariche e correnti elettriche si riassumono, in forma locale, nelle relazioni seguenti:

(1.1) βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = πœšπœ–0 (1.2) βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’ πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘

(1.3) βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = 0 (1.4) βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = πœ‡0𝑗̅ + πœ–0πœ‡0 πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘

I campi elettrico 𝐸 Μ…e magnetico οΏ½Μ…οΏ½ sono legati al potenziale scalare e al potenziale

vettore dalle relazioni:

1.5) οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t e

1.6) οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… Γ— AΜ…

Entrambi i potenziali non sono definiti univocamente, ma possono essere descritti da

funzioni diverse, purchΓ© i campi da essi derivati rimangano gli stessi. Il potenziale

vettore οΏ½Μ…οΏ½ Γ¨ definito a meno del gradiente di una generica funzione scalare πœ“(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) =πœ“(π‘₯, 𝑦, 𝑧, 𝑑) dipendente dalle coordinate spaziali e dal tempo e il potenziale scalare 𝑉

Γ¨ definite a meno della derivata rispetto al tempo della stessa funzione scalare. Infatti

posto: οΏ½Μ…οΏ½ = οΏ½Μ…οΏ½0 βˆ’ βˆ‡Μ…Οˆ e 𝑉 = 𝑉0 + πœ•πœ“πœ•π‘‘

che rappresentano delle trasformazioni dette di β€œgauge”, si ottiene: οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½0 βˆ’ βˆ‡Μ… Γ— βˆ‡Μ…Οˆ = βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½0 essendo βˆ‡Μ… Γ— βˆ‡Μ…Οˆ = 0

ed inoltre:

οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t = βˆ’βˆ‡Μ…V0 βˆ’ βˆ‡Μ… πœ•πœ“πœ•π‘‘ βˆ’ πœ•οΏ½Μ…οΏ½0πœ•π‘‘ + πœ•βˆ‡Μ…Οˆπœ•π‘‘ = βˆ’βˆ‡Μ…V0 βˆ’ πœ•οΏ½Μ…οΏ½0πœ•π‘‘

La scelta della funzione πœ“ piΓΉ opportuna dipende dalle diverse situazioni. Tale scelta

corrisponde ad una particolare β€œgauge” o β€œcondizione”. Le condizioni di Coulomb o

di Lorenz(1)

che vengono presentate nel seguito, corrispondono dunque a due

particolari forme della funzione πœ“ nell’insieme delle possibili trasformazioni dei

potenziali οΏ½Μ…οΏ½ e 𝑉, che lasciano invariati i campi 𝐸 Μ…e οΏ½Μ…οΏ½.

_____________________________________________________________________

(1) Ludvig Lorenz (1829-1891), On the Identity of the Vibrations of Light with

Electrical Currents Philos. Mag. 34, 287–301, 1867.

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3

P(r)

r r’ x

y

z

(r’) j(r’)

r-r’

2) Il caso statico e la condizione di Coulomb

Nell’elettrostatica o nella magnetostatica risulta conveniente la scelta della funzione πœ“ che porta alla condizione βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = 0, detta condizione di Coulomb. βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½0 βˆ’ βˆ‡2πœ“ = 0

La prima delle equazioni di Maxwell con tale condizione mantiene la stessa

espressione, come nel caso statico: βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… βˆ™ (βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t ) = βˆ’βˆ‡2𝑉 βˆ’ πœ•βˆ‡Μ…βˆ™οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ = βˆ’βˆ‡2𝑉 = πœšπœ–0

(2.1) βˆ‡2𝑉 = βˆ’ πœšπœ–0 equazione di Poisson.

Per quanto riguarda il campo magnetico, l’equazione 1.4 diventa:

βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… Γ— (βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½) = βˆ‡Μ…(βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½) βˆ’ βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ = πœ‡0𝑗̅ βˆ’ πœ–0πœ‡0 πœ•πœ•π‘‘ (βˆ‡Μ…V + βˆ‚AΜ…βˆ‚t )

da cui βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ πœ–0πœ‡0 βˆ‚2AΜ…βˆ‚t2 = βˆ’πœ‡0𝑗̅ + πœ–0πœ‡0βˆ‡Μ… (πœ•π‘‰πœ•π‘‘ )

espressione che, con 𝑉e οΏ½Μ…οΏ½ indipendenti dal

tempo, diventa

(2.2) βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’πœ‡0𝑗 Μ…

Le soluzioni delle equazioni 2.1 e 2.2 hanno

la medesima forma del potenziale

elettrostatico coulombiano:

(2.3) 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½) = 14πœ‹πœ–0 ∫ 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€²)|οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²| π‘‘πœβ€²πœ e analogamente per il potenziale vettore

(2.4) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½) = πœ‡04πœ‹ ∫ οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²)|οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²| π‘‘πœβ€²πœ ossia, per ogni componente,

𝐴π‘₯,𝑦,𝑧(οΏ½Μ…οΏ½) = 14πœ‹πœ–0 ∫ 𝑗π‘₯,𝑦,𝑧(οΏ½Μ…οΏ½β€²)|οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²| π‘‘πœβ€²πœ

Con riferimento alla densitΓ  di corrente, si ricorda che l’equazione di continuitΓ  della

carica elettrica Γ¨ contenuta nelle equazioni di Maxwell: βˆ‡Μ… βˆ™ (βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½) = 0 = πœ‡0βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑗 Μ… + πœ–0πœ‡0βˆ‡Μ… βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ ) = πœ‡0βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑗 Μ… + πœ‡0 (πœ•πœŒπœ•π‘‘) da cui βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑗 Μ… + (πœ•πœŒπœ•π‘‘) = 0 ; si noti che, nel caso di distribuzioni di carica indipendenti dal

tempo, si ottiene che βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑗 Μ… = 0 , ma non necessariamente che 𝑗̅ = 0.

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3) Il caso dinamico e la condizione di Lorenz

Abbiamo visto come nella descrizione di fenomeni elettrostatici e magnetostatici e in

particolare nel calcolo dei potenziali scalare e vettore, risulta conveniente la scelta

della funzione scalare πœ“ che soddisfi l’equazione βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½0 βˆ’ βˆ‡2πœ“ = 0, che porta alla

condizione di Coulomb βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ = 0.

In condizioni non stazionarie, con densitΓ  di cariche e di correnti 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) e 𝑗(Μ…οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)

dipendenti dal tempo, come giΓ  visto nel paragrafo 2, le equazioni 2.1 e 2.2 nella

condizione di Coulomb assumono la forma:

(3.1) βˆ‡2𝑉 = βˆ’ πœšπœ–0 e

(3.2) βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ πœ–0πœ‡0 βˆ‚2AΜ…βˆ‚t2 = βˆ’πœ‡0𝑗̅ + πœ–0πœ‡0βˆ‡Μ… (πœ•π‘‰πœ•π‘‘ )

Queste due equazioni costituiscono un sistema assai piΓΉ complesso perchΓ© non sono

piΓΉ indipendenti tra loro e le soluzioni sono in generale piΓΉ difficili da determinare.

Rinunciando alla condizione di Coulomb, le due equazioni 3.1 e 3.2 possono essere

riscritte nella forma seguente:

(3.3) βˆ‡2𝑉 = βˆ’ πœšπœ–0 βˆ’ πœ•βˆ‡Μ…βˆ™οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ o βˆ‡2𝑉 βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2Vβˆ‚t2 = βˆ’ πœšπœ–0 βˆ’ πœ•πœ•π‘‘ (βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ + 1𝐢2 βˆ‚Vβˆ‚t ) e

(3.4) βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2AΜ…βˆ‚t2 = βˆ’πœ‡0𝑗̅ + βˆ‡Μ… βˆ™ (βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ + 1𝐢2 πœ•π‘‰πœ•π‘‘ )

dove si Γ¨ posto πœ–0πœ‡0 = 1𝐢2 e 𝑐 = 2.997π‘₯108π‘š/𝑠 Γ¨ la velocitΓ  della luce nel vuoto. Le

equazioni 3.3 e 3.4 assumono forme analoghe se si pone la condizione di Lorenz

seguente: βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ + 1𝐢2 πœ•π‘‰πœ•π‘‘ = 0 ossia βˆ‡2πœ“ βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2Οˆβˆ‚t2 = βˆ‡Μ… βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½0 + 1𝐢2 πœ•π‘‰0πœ•π‘‘

Le equazioni 3.3 e 3.4 si riducono allora alle equazioni:

(3.5) βˆ‡2𝑉 βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2Vβˆ‚t2 = βˆ’ πœšπœ–0 e

(3.6) βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2AΜ…βˆ‚t2 = βˆ’πœ‡0𝑗 Μ…

che risultano indipendenti tra loro e possiedono la medesima forma. Tuttavia con 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) e 𝑗(Μ…οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) funzioni del tempo, le soluzioni 2.3 e 2.4 per il caso statico non sono

piΓΉ valide.

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5

P(r)

r r’ x

y

z

(r’,tr) j(r’,tr)

r-r’

O

4) I potenziali ritardati

Le soluzioni delle equazioni 3.5 e 3.6 possono essere espresse in una forma simile alle

2.3 e 2.4, tuttavia esprimendo le densitΓ  di carica e di corrente calcolate non all’istante

al quale si vogliono calcolare i potenziali οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) e 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑), ma ad un istante

precedente π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅/𝑐 dove 𝑅(π‘‘π‘Ÿ) = |οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½β€²(π‘‘π‘Ÿ)|, istante che dipende dunque dalla

distanza del punto di osservazione 𝑃(οΏ½Μ…οΏ½) dai diversi elementi delle distribuzioni di

carica e di corrente. Si introducono dunque i potenziali ritardati:

(4.1) 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 14πœ‹πœ–0 ∫ 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑅 π‘‘πœβ€²πœ e analogamente per il potenziale vettore

(4.2) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡04πœ‹ ∫ οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑅 π‘‘πœβ€²πœ dove R Γ¨ calcolato all’istante π‘‘π‘Ÿ ,

che sono soluzioni delle equazioni 3.5 e 3.6 (v. appendice A.2). L’istante π‘‘π‘Ÿ precede

dunque l’istante 𝑑 di una quantitΓ  pari al tempo necessario perchΓ¨ la perturbazione con

velocitΓ  pari alla velocitΓ  della luce nel vuoto si propaghi dalla distribuzione di carica

e corrente al punto P.

Dalle equazioni 4.1 e 4.2 si possono ricavare le espressioni per i campi οΏ½Μ…οΏ½ e οΏ½Μ…οΏ½, dette

equazioni di Jefimenko(2)

, che tuttavia sono di scarsa utilitΓ  pratica:

οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t = 14πœ‹πœ–0 ∫ [𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑅2 �̅�𝑅 + οΏ½Μ‡οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑐𝑅 �̅�𝑅 βˆ’ οΏ½Μ‡Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑐2𝑅 ]𝜏 π‘‘πœβ€² e

𝐡 = βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = πœ‡04πœ‹ ∫ [οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑅2 + οΏ½Μ‡Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑐𝑅 ]𝜏 Γ— �̅�𝑅 π‘‘πœβ€² dove οΏ½Μ‡οΏ½ e 𝑗̅̇ indicano le derivate rispetto al tempo. In queste espressioni si riconosce

nel primo contributo il caso stazionario.

Per ottenere le equazioni di Jefimenko si ricorda

che l’operatore βˆ‡Μ… agisce sulle variabili π‘₯, 𝑦, 𝑧 e

non sulle variabili di integrazione π‘₯’, 𝑦’, 𝑧’. Valgono dunque le relazioni seguenti: βˆ‡Μ…π‘‰ = 14πœ‹πœ–0 ∫ [(βˆ‡Μ…πœŒ) 1𝑅 + 𝜌 βˆ‡Μ… (1𝑅)]𝜏 π‘‘πœβ€² dove

βˆ‡Μ…πœŒ = οΏ½Μ‡οΏ½ βˆ‡Μ… π‘‘π‘Ÿ = βˆ’ 1𝑐 οΏ½Μ‡οΏ½ βˆ‡Μ… 𝑅 ; βˆ‡Μ… 𝑅 = �̅�𝑅 e

βˆ‡Μ… (1𝑅) = βˆ’ 1𝑅2 βˆ‡Μ… 𝑅 = βˆ’ �̅�𝑅𝑅2

_____________________________________________________________________

(2) Oleg Dmitrovich Jefimenko (1922-2009), Electricity and Magnetism: An

Introduction to the Theory of Electric and Magnetic Fields, Appleton-Century-Crofts

(New-York - 1966). 2a ed.: Electret Scientific (Star City - 1989)

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6

x,y

5) I potenziali di Lienard-Wiechert

In questo paragrafo descriviamo i potenziali ritardati prodotti da una carica

puntiforme q in moto rettilineo uniforme. Scegliamo la direzione di moto lungo l’asse

z, e poniamo che all’istante 𝑑 = 0 la carica si trovi nell’origine con π‘₯π‘ž = π‘¦π‘ž = 0; la

legge oraria si esprime dunque come: οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(𝑑) = 𝑣𝑑 �̅�𝑧 ossia π‘₯π‘ž(𝑑) = 0; π‘¦π‘ž(𝑑) = 0; π‘§π‘ž(𝑑) = 𝑣𝑑

Il potenziale scalare ritardato dovuto alla carica in un

punto 𝑃(οΏ½Μ…οΏ½) = 𝑃(π‘₯, 𝑦, 𝑧) si ottiene dall’equazione 4.1,

posto 𝜌 (οΏ½Μ…οΏ½β€², 𝑑 βˆ’ 𝑅𝑐) = π‘ž 𝛿(π‘₯β€²)𝛿(𝑦′)𝛿 (𝑧′ βˆ’ 𝑣 (𝑑 βˆ’ 𝑅𝑐)) ;

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿(π‘₯β€²)𝛿(𝑦′)𝛿(π‘§β€²βˆ’π‘£(π‘‘βˆ’π‘…π‘))[π‘₯2+𝑦2+(π‘§βˆ’π‘§β€²)2]1/2 π‘‘πœβ€²πœ deve essere integrato nelle tre variabili

spaziali. Integrando innanzitutto nelle variabili π‘₯β€² e 𝑦′ , l’espressione risultante 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿(π‘§β€²βˆ’π‘£(π‘‘βˆ’π‘…π‘))[π‘₯2+𝑦2+(π‘§βˆ’π‘§β€²)2]1/2 π‘‘π‘§β€²πœ

puΓ² essere ulteriormente integrata introducendo una variabile 𝑧′′ = 𝑧′ βˆ’ 𝑣(𝑑 βˆ’ 𝑅/𝑐)

con 𝑅 = [π‘₯2 + 𝑦2 + (𝑧 βˆ’ 𝑧′)2] e 𝑑𝑧′′ = 𝑑𝑧′ + 𝑣𝑐 πœ•π‘…πœ•π‘§β€² 𝑑𝑧′ = [1 βˆ’ 𝑣𝑐 (π‘§βˆ’π‘§β€²)𝑅 ] 𝑑𝑧′ da cui

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿(𝑧′′)𝑅 𝑑𝑧′′[1βˆ’π‘£π‘ (π‘§βˆ’π‘§β€²)𝑅 ]𝜏 = π‘ž4πœ‹πœ–0 1[π‘…βˆ’π‘£π‘ (π‘§βˆ’π‘§β€²)]|𝑧′=𝑣(π‘‘βˆ’π‘…/𝑐) Attenzione che il potenziale scalare ottenuto non Γ¨ il potenziale Coulombiano

ritardato, perchΓ© 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) β‰  π‘ž4πœ‹πœ–0 1𝑅|π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐 . PiΓΉ in generale il termine 𝑣(𝑧 βˆ’ 𝑧′) dove

la velocitΓ  οΏ½Μ…οΏ½ = 𝑣 �̅�𝑧 Γ¨ diretta lungo l’asse z e (𝑧 βˆ’ 𝑧′) = 𝑅𝑧 , la componente di οΏ½Μ…οΏ½

lungo z si puΓ² scrivere come οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ e il potenziale scalare diventa

(5.1) 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 1[π‘…βˆ’οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ ]|π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐

In modo analogo, posto 𝑗̅ = 𝜌 οΏ½Μ…οΏ½, si ottiene il potenziale vettore

(5.2) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ οΏ½Μ…οΏ½[π‘…βˆ’οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ ]|π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐 = πœ–0πœ‡0𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)οΏ½Μ…οΏ½

Le espressioni 5.1 e 5.2 rappresentano i potenziali di Lienard-Wiechert(3)

per una

carica in moto. Queste espressioni, come viene mostrato in appendice A.3, sono

valide quale che sia il moto della carica q, anche non uniforme.

_____________________________________________________________________

(3) Alfred-Marie LiΓ©nard (1869-1958), β€œL’éclairage Electrique” 16 p.5; ibid. p. 53;

ibid. p. 106 (1898). Emil Johann Wiechert (1861-1928), "Elektrodynamische

Elementargesetze". Annalen der Physik. 309 (4): 667–689 (1901)

P(x,y,z)

R

O zq(tr) zq(t) z

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6) I campi E e B per una carica in moto

Le espressioni 5.1 e 5.2 per i potenziali legati ad una carica in moto permettono di

calcolare il campi elettrico e il campo magnetico tramite le relazioni 1.5 e 1.6.

Il calcolo dei campi, riportato in dettaglio in appendice A.4, porta alla seguente

espressione per il campo elettrico:

(6.1) οΏ½Μ…οΏ½(π‘Ÿ, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑑3 {(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) + 1𝑐2 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— [(οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) Γ— οΏ½Μ…οΏ½]}

con 𝑑 = (𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ )π‘‘π‘Ÿ

Il campo magnetico assume invece l’espressione:

(6.2) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹π‘‘2 {βˆ’ �̅�×�̅�𝑐 βˆ’ 1𝑑 [(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ + (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½) �̅�×�̅�𝑐2 ]}

legato al campo elettrico dalla relazione οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 1𝑐 �̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)

dove le diverse quantitΓ  οΏ½Μ…οΏ½, οΏ½Μ…οΏ½ = 𝑑�̅�𝑑𝑑 , οΏ½Μ…οΏ½, �̅�𝑅 sono tutte calcolate all’istante π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅/𝑐.

Le precedenti espressioni per il campo elettrico e il campo magnetico, nel caso di

moto uniforme, οΏ½Μ…οΏ½ = 0, diventano rispettivamente:

(6.3) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑑3 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐)

(6.4) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ πœ‡0π‘ž4πœ‹π‘‘2 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) �̅�×�̅�𝑑

Nel paragrafo seguente verrΓ  mostrato come la quantitΓ  (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐)π‘‘π‘Ÿcorrisponda alla

distanza οΏ½Μ…οΏ½ calcolata all’istante 𝑑. Tuttavia i potenziali e i campi sono originati dalla

carica nella sua posizione (e con la velocitΓ  e l’accelerazione) calcolata all’istante π‘‘π‘Ÿ.

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8

P(x,y,z) R(tr)

O zq(tr) zq(t) z

R(t)

zq(t)-zq(tr)= vR/c

x,y

E(t)

7) Caratteristiche dei campi E e B prodotti da una carica in moto uniforme

L’espressione 6.3 per il campo elettrico mostra che la direzione del campo Γ¨

determinata dal termine (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐)π‘‘π‘Ÿ ; nel caso di una carica in moto uniforme lungo

l’asse z con legge oraria π‘§π‘ž(𝑑) = 𝑣𝑑 e quindi con π‘§π‘ž(𝑑) βˆ’ π‘§π‘ž(π‘‘π‘Ÿ) = 𝑅(π‘‘π‘Ÿ)𝑐 𝑣 tale termine si esprime come

οΏ½Μ…οΏ½(π‘‘π‘Ÿ) βˆ’ 𝑅(π‘‘π‘Ÿ)𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ = π‘₯ οΏ½Μ…οΏ½π‘₯ + 𝑦 �̅�𝑦 + (𝑧 βˆ’ 𝑅𝑐 𝑣) �̅�𝑧 = οΏ½Μ…οΏ½(𝑑)

che mostra come la direzione del campo elettrico in 𝑃

corrisponda dunque alla congiungente tra la posizione che la carica q occupa

all’istante 𝑑 e il punto 𝑃, sempre che il moto della carica continui a tempi successivi a π‘‘π‘Ÿ. Il campo magnetico in P, espresso tramite la relazione 6.4, risulta perpendicolare

al campo elettrico e al versore �̅�𝑅.

(7.1) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) 𝑑3⁄ con 𝑑 = (𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ )π‘‘π‘Ÿ e

(7.2) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ 𝑑3⁄ = 1𝑐 �̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)

In altra forma il campo elettrico puΓ² essere espresso come

(7.3) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(𝑑)) 𝑑3⁄

Utilizzando infatti la legge oraria della carica per il moto uniforme π‘§π‘ž(𝑑) = 𝑣𝑑 Γ¨

possibile esprimere 𝑑 e quindi il campo οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) in funzione dell’istante 𝑑. 𝑑 = |𝑃𝐴̅̅ Μ…Μ… | βˆ’ |𝐴𝐡̅̅ Μ…Μ… |π‘π‘œπ‘ πœ— = |𝑃𝐷̅̅ Μ…Μ… | = [|𝑃𝐡̅̅ Μ…Μ… |2 βˆ’ |𝐷𝐡̅̅ Μ…Μ… |2]12 =

= [|𝑃𝐡̅̅ Μ…Μ… |2 βˆ’ |𝐴𝐡̅̅ Μ…Μ… |2𝑠𝑒𝑛2πœƒ]1/2 = [|𝑃𝐡̅̅ Μ…Μ… |2 βˆ’ 𝑣2𝑐2 |𝑃𝐢̅̅ Μ…Μ… |2]12

Con 𝑃(π‘₯, 𝑦, 𝑧) , |𝑃𝐢̅̅ Μ…Μ… |2 = π‘₯2 + 𝑦2 e

|𝑃𝐡̅̅ Μ…Μ… |2 = π‘₯2 + 𝑦2 + (𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑)2 si ottiene

𝑑(𝑑) = [(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (π‘₯2 + 𝑦2) + (𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑)2]12 e dunque

οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (π‘₯οΏ½Μ…οΏ½π‘₯ + 𝑦�̅�𝑦 + (𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑)�̅�𝑧) 𝑑(𝑑)3⁄

Questa espressione permette un semplice confronto tra l’intensitΓ  del campo elettrico

lungo l’asse 𝑧 di moto della carica e l’intensitΓ  nel piano mediano, a paritΓ  di distanza

dalla carica stessa. Risulta infatti che nel piano mediano dove 𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑 = 0 , ossia nel

piano dove si trova la carica all’istante 𝑑, il campo elettrico vale

P(x,y,z)

R(tr)=|PA|

R(t)=|PB|

|AB|=|PA|v/c

O A=zq(tr) B=zq(t) z C

D

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𝐸(π‘₯, 𝑦, 𝑧 = 𝑣𝑑, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (π‘₯2+𝑦2)1/2𝑑(𝑑)3 = π‘ž4πœ‹πœ–0 1(π‘₯2+𝑦2)(1βˆ’π‘£2𝑐2)1/2

dove 𝑑 = [(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (π‘₯2 + 𝑦2)]12

Invece lungo la direzione di moto, con π‘₯ = 𝑦 = 0 e 𝑑 = 𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑, il campo elettrico

vale

𝐸(0,0, 𝑧, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (π‘§βˆ’π‘£π‘‘)𝑑(𝑑)3 = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1βˆ’π‘£2𝑐2)(π‘§βˆ’π‘£π‘‘)2

A paritΓ  di distanza dalla carica, con 𝑑0 = (π‘₯2 + 𝑦2)1/2 = (𝑧 βˆ’ 𝑣𝑑) il rapporto

𝐸(π‘₯,𝑦,𝑧=𝑣𝑑,𝑑)𝐸(0,0,𝑧,𝑑) = 1 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2)3/2⁄ mostra come il campo sia piΓΉ intenso lungo il piano

mediano al crescere della velocitΓ  della carica.

E’ interessante notare come in questo caso di moto uniforme i potenziali espressi

all’istante 𝑑 assumano la forma: 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 1𝑑 e οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ �̅�𝑑

zq(tr) zq(t) z

campo piΓΉ intenso

campo meno intenso

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8) Radiazione da una carica in moto accelerato: formula di Larmor

La radiazione prodotta da una carica in moto fa riferimento alle espressioni 6.1 e 6.2

per i campi elettrico e magnetico

οΏ½Μ…οΏ½(π‘Ÿ, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑑3 {(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) + 1𝑐2 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— [(οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) Γ— οΏ½Μ…οΏ½]}

con 𝑑 = (𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ )π‘‘π‘Ÿ e οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 1𝑐 �̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)

Il vettore di Poynting 𝑆̅ = 1πœ‡0 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½, ricordando che il doppio prodotto vettoriale gode

della proprietΓ  οΏ½Μ…οΏ½ Γ— (οΏ½Μ…οΏ½ Γ— 𝐢̅) = (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ 𝐢̅)οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½)𝐢̅, si esprime come

(8.1) 𝑆̅ = 1πœ‡0𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— (�̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½) = 1πœ‡0𝑐 [𝐸2�̅�𝑅 βˆ’ (�̅�𝑅 βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½)οΏ½Μ…οΏ½] e descrive l’intensitΓ  della radiazione emessa dalla carica nelle diverse direzioni.

Studiando il comportamento del vettore 𝑆̅ a distanze dalla carica sufficientemente

grandi da poter trascurare il primo termine nell’espressione per il campo elettrico che

dipende da 1/𝑅2 e considerando dunque solo il termine che contiene l’accelerazione

che dipende da 1/𝑅, il campo elettrico si esprime come:

(8.2) οΏ½Μ…οΏ½(π‘Ÿ, 𝑑) ≃ π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑑3 1𝑐2 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— [(οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅 �̅�𝑐) Γ— οΏ½Μ…οΏ½]

perpendicolare a οΏ½Μ…οΏ½ e, in tale approssimazione, il vettore di Poynting assume la forma

seguente: 𝑆̅ ≃ 1πœ‡0𝑐 𝐸2�̅�𝑅

Nel caso di velocitΓ  piccola rispetto alla velocitΓ  della luce 𝑣 << 𝑐, e quindi con 𝑑 = (𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ )π‘‘π‘Ÿ ≃ 𝑅, il campo elettrico diventa

οΏ½Μ…οΏ½(π‘Ÿ, 𝑑) ≃ π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑅 1𝑐2 �̅�𝑅 Γ— (�̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½) = π‘ž4πœ‹πœ–0 𝑅 1𝑐2 [(�̅�𝑅 βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½)�̅�𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½] Posto πœ‡0 = 1πœ–0𝑐2

𝑆̅ ≃ π‘ž216πœ‹2πœ–0𝑐3 1𝑅2 [π‘Ž2 βˆ’ (�̅�𝑅 βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½)2] = π‘ž216πœ‹2πœ–0𝑐3 π‘Ž2𝑅2 [1 βˆ’ π‘π‘œπ‘ 2πœ—] �̅�𝑅 dove πœ— Γ¨ l’angolo tra οΏ½Μ…οΏ½

e �̅�𝑅. Si puΓ² infine esprimere il vettore di Poynting in queste approssimazioni come:

𝑆̅ ≃ π‘ž2π‘Ž216πœ‹2πœ–0𝑐3 (π‘ π‘’π‘›πœ—π‘… )2 �̅�𝑅

La potenza totale irraggiata in un angolo solido infinitesimo 𝑑Ω = π‘ π‘’π‘›πœ— π‘‘πœ— π‘‘πœ‘

rispetto alla posizione occupata dalla carica si esprime come π‘‘π‘Š(Ξ©) = 𝑆̅ βˆ™ 𝑑Σ �̅�𝑛 = 𝑆̅ βˆ™ 𝑅2𝑑Ω �̅�𝑛 = π‘ž2π‘Ž216πœ‹2πœ–0𝑐3 𝑠𝑒𝑛2πœ— 𝑑Ω

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e la potenza totale della radiazione elettromagnetica irraggiata dalla carica,

sviluppando l’integrale sull’intero angolo solido, Γ¨ dunque:

(8.3) π‘Š = π‘ž2π‘Ž26πœ‹πœ–0𝑐3

dove ∫ 𝑠𝑒𝑛2πœ—πœ‹0 (– π‘‘π‘π‘œπ‘ πœ—) π‘‘πœ‘ = 8πœ‹3

che rappresenta la formula di Larmor(4)

per piccole velocitΓ  𝑣 << 𝑐 rispetto alla

velocitΓ  della luce nel vuoto.

Nel caso di velocitΓ  non trascurabili e considerando, come nel caso precedente, il solo

contributo al campo di ordine O(1/R), il campo elettrico si esprime come in 8.2 e la

potenza totale emessa, ottenuta integrando sull’intero angolo solido intorno alla carica

si ottiene la seguente formula di Lienard: π‘Š = π‘ž26πœ‹πœ–0𝑐3 𝛾6 (π‘Ž2 βˆ’ |�̅�×�̅�𝑐 |2) = π‘ž2π‘Ž26πœ‹πœ–0𝑐3 𝛾6 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2 sin2 𝛽) dove 𝛾2 = 1(1βˆ’π‘£2 𝑐2⁄ ) e che per 𝑣 β‰ͺ 𝑐 riproduce la formula di Larmor 8.3. In altra forma la potenza emessa

si puΓ² scrivere in funzione delle componenti dell’accelerazione parallela e

perpendicolare alla velocitΓ  come: π‘Š = π‘ž26πœ‹πœ–0𝑐3 𝛾4(𝛾2π‘Žβˆ₯2 + π‘ŽβŠ₯2 )

dove π‘Žβˆ₯ = π‘Ž π‘π‘œπ‘ π›½ e π‘ŽβŠ₯ = π‘Ž 𝑠𝑖𝑛𝛽 .

_____________________________________________________________________

(4) Joseph Larmor (1857-1942), "LXIII.On the theory of the magnetic influence on

spectra; and on the radiation from moving ions". Philosophical Magazine. 5. 44:

503–512.

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q0 sen(t)

-q0 sen(t)

d

P

r1

r2 r

z

9) Radiazione da un dipolo elettrico oscillante: il calcolo dei campi E e B

Immaginando un dipolo elettrico oscillante come un sistema costituito da due cariche

elettriche di segno opposto di valore π‘ž(𝑑) = π‘ž0𝑠𝑒𝑛(πœ”π‘‘) poste a distanza fissa οΏ½Μ…οΏ½ una

dall’altra, il momento di dipolo sarΓ  οΏ½Μ…οΏ½(𝑑) = π‘ž0οΏ½Μ…οΏ½ 𝑠𝑒𝑛(πœ”π‘‘) = οΏ½Μ…οΏ½0𝑠𝑒𝑛(πœ”π‘‘)

Il potenziale elettrostatico dovuto alle due cariche

che costituiscono il dipolo 𝑉 = π‘ž04πœ‹πœ–0 [sin πœ”(π‘‘βˆ’π‘Ÿ1 𝑐⁄ ) π‘Ÿ1 βˆ’ sin πœ”(π‘‘βˆ’π‘Ÿ2 𝑐⁄ ) π‘Ÿ2 ]

dove οΏ½Μ…οΏ½1 = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½2 e οΏ½Μ…οΏ½2 = οΏ½Μ…οΏ½ + οΏ½Μ…οΏ½2

Con l’approssimazione 𝑉(π‘Ÿ1) βˆ’ 𝑉(π‘Ÿ2) ≃ (οΏ½Μ…οΏ½1 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½2) βˆ™ βˆ‡Μ…π‘‰(π‘Ÿ) = βˆ’οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ βˆ‡Μ…π‘‰(π‘Ÿ) il potenziale

si scrive come

(9.1) 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ π‘ž0οΏ½Μ…οΏ½4πœ‹πœ–0 βˆ™ βˆ‡Μ… [sin πœ”(π‘‘βˆ’π‘Ÿ 𝑐⁄ ) π‘Ÿ ] = 𝑝0 π‘π‘œπ‘ πœ—4πœ‹πœ–0 [πœ”π‘Ÿπ‘ cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) + 1π‘Ÿ2 sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) ] dove οΏ½Μ…οΏ½0 βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ = 𝑝0 π‘π‘œπ‘ πœ— e πœ— Γ¨ l’angolo tra il momento di dipolo οΏ½Μ…οΏ½ e la direzione di

osservazione οΏ½Μ…οΏ½.

Il potenziale vettore οΏ½Μ…οΏ½ si puΓ² esprimere come

(9.2) οΏ½Μ…οΏ½ = πœ‡04πœ‹ ∫ οΏ½Μ…οΏ½(π‘‘βˆ’π‘Ÿπ‘)π‘Ÿ π‘‘πœ =𝜏 πœ‡04πœ‹ πœ”π‘ž0π‘‘π‘Ÿ cos πœ” (𝑑 βˆ’ π‘Ÿπ‘) �̅�𝑧 = πœ‡04πœ‹ πœ”οΏ½Μ…οΏ½0π‘Ÿ cos πœ” (𝑑 βˆ’ π‘Ÿπ‘)

dove 𝑖 = 𝑑 π‘ž0sin (πœ”π‘‘)𝑑𝑑 = πœ” π‘ž0 cos(πœ”π‘‘) e ∫ οΏ½Μ…οΏ½(π‘‘βˆ’π‘Ÿπ‘)π‘Ÿ π‘‘πœ =𝜏 𝑖(π‘‘βˆ’π‘Ÿπ‘)π‘Ÿ ∫ 𝛿(π‘₯)𝛿(𝑦)𝑑π‘₯ 𝑑𝑦 𝑑𝑧 =𝜏 𝑖 𝑑

Il calcolo dei campi elettrico e magnetico segue le relazioni 1.5 e 1.6. Trascurando

nella 9.1 il termine proporzionale a 1 π‘Ÿ2⁄ e quindi con

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) ≃ 𝑝0 π‘π‘œπ‘ πœ—4πœ‹πœ–0 [ πœ”π‘Ÿπ‘ cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) ]

il calcolo del gradiente βˆ‡Μ…π‘‰ = πœ•π‘‰πœ•π‘Ÿ οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ + 1π‘Ÿ πœ•π‘‰πœ•πœ— οΏ½Μ…οΏ½πœ— porta a βˆ‡Μ…π‘‰ = 𝑝0 π‘π‘œπ‘ πœ—4πœ‹πœ–0 πœ”π‘ {[βˆ’ 1π‘Ÿ2 cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) + πœ”π‘Ÿπ‘ sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) ] cos πœ— οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ βˆ’ 1π‘Ÿ2 cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) sin πœ— οΏ½Μ…οΏ½πœ—}

Trascurando ancora una volta i termini proporzionali a 1 π‘Ÿ2⁄ si ottiene infine: βˆ‡Μ…π‘‰ = 𝑝0 4πœ‹πœ–0 πœ”2π‘Ÿπ‘2 sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) cos πœ— οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ

Il contributo dal potenziale vettore πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ , ricordando che �̅�𝑧 = cos πœ— οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ βˆ’ sin πœ— οΏ½Μ…οΏ½πœ—, da

come risultato πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ = βˆ’ πœ‡04πœ‹ πœ”2𝑝0π‘Ÿ sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) (cos πœ— οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ βˆ’ sin πœ— οΏ½Μ…οΏ½πœ—)

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z

x

y

E

B u

u

Sostituendo πœ‡0 = 1πœ–0𝑐2 e ricordando che οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t si ottiene

(9.3) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ 𝑝0πœ”2 sin πœ—4πœ‹πœ–0𝑐2π‘Ÿ sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) οΏ½Μ…οΏ½πœ—

Per il calcolo del campo magnetico οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ… Γ— AΜ… , dato che π΄πœ‘ = 0 e πœ•π΄π‘Ÿ,πœ—πœ•πœ‘ = 0, il

rotore di AΜ… ha la forma βˆ‡Μ… Γ— AΜ… = 1π‘Ÿ (πœ•(π‘Ÿπ΄πœ—)πœ•π‘Ÿ βˆ’ πœ•π΄π‘Ÿπœ•πœ— ) οΏ½Μ…οΏ½πœ‘ con π΄π‘Ÿ = πœ‡04πœ‹ πœ”π‘0π‘Ÿ cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) cos πœ— e π΄πœ— = βˆ’ πœ‡04πœ‹ πœ”π‘0π‘Ÿ cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) sin πœ— Risulta dunque βˆ‡Μ… Γ— AΜ… = βˆ’ πœ‡04πœ‹ πœ”π‘0π‘Ÿ [πœ”π‘ sin πœ— sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) + 1π‘Ÿ sin πœ— cos πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ )] οΏ½Μ…οΏ½πœ‘

Trascurando i termini proporzionali a 1 π‘Ÿ2⁄ e con πœ‡0 = 1πœ–0𝑐2 si ottiene:

(9.4) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ 𝑝0πœ”2 sin πœ—4πœ‹πœ–0𝑐3π‘Ÿ sin πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) οΏ½Μ…οΏ½πœ‘ = 𝐸(οΏ½Μ…οΏ½,𝑑)𝑐 οΏ½Μ…οΏ½πœ‘

In conclusione le soluzioni a distanza π‘Ÿ ≫ 𝑑 per i campi elettrico e magnetico

prodotti da un dipolo oscillante, trascurando i termini di ordine O(1 π‘Ÿ2 ⁄ ) o superiori,

hanno ampiezze proporzionali a 1 π‘Ÿβ„ caratteristiche dei fenomeni ondulatori con fronti

d’onda sferici. Il campo elettrico e magnetico sono perpendicolari tra di loro e

istantaneamente legati dalla relazione 𝐡(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 𝐸(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) 𝑐⁄ .

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10) Radiazione da un dipolo oscillante: la potenza irraggiata

In questo paragrafo, dall’espressione dei campi elettrico e magnetico prodotti da un

dipolo oscillante, viene calcolata la potenza elettromagnetica irraggiata. Il vettore di

Poynting si ottiene dalle espressioni 9.3 e 9.4

𝑆̅ = 1πœ‡0 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = πœ–0𝑐2οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = 𝑝02πœ”416πœ‹2πœ–0𝑐3 (sin πœ—π‘Ÿ )2 cos2 πœ”(𝑑 βˆ’ π‘Ÿ 𝑐⁄ ) οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ

Per valori di πœ” tali produrre un numero elevato di oscillazioni nel tempo

caratteristico della misura dell’intensitΓ  della radiazione in P, acquista significato il

valore medio nel tempo del vettore di Poynting. In tal caso

(10.1) βŸ¨π‘†Μ…βŸ© = 𝑝02πœ”432πœ‹2πœ–0𝑐3 (sin πœ—π‘Ÿ )2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ

che rappresenta dunque l’intensitΓ  media irraggiata dal dipolo. La potenza media

irraggiata si ottiene dal flusso del vettore di Poynting per l’intero angolo solido

(10.2) βŸ¨π‘ŠβŸ© = βˆ«βŸ¨π‘†Μ…βŸ© βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ π‘Ÿ2 sin πœ— π‘‘πœ— π‘‘πœ‘ = 𝑝02πœ”416πœ‹πœ–0𝑐3 43 = 𝑝02πœ”412πœ‹πœ–0𝑐3

Questa espressione, tenuto conto che 𝑝02 = π‘ž02𝑑2 e 𝑑2 πœ”4 = 2βŸ¨π‘Ž2⟩ si traduce in βŸ¨π‘ŠβŸ© = π‘ž02βŸ¨π‘Ž2⟩6πœ‹πœ–0𝑐3 che corrisponde alla formula di Larmor per una carica accelerata.

In questa considerazione si Γ¨ considerato un modello di dipolo costituito da una carica

negativa a riposo nell’origine ed una carica positiva oscillante lungo l’asse z con

ampiezza pari a d: 𝑝 = 𝑝0 sin πœ”π‘‘ = π‘ž0𝑑 sin πœ”π‘‘ = π‘ž0𝑧(𝑑) con 𝑧(𝑑) = 𝑑 sin πœ”π‘‘ da cui

π‘Ž(𝑑) = 𝑑2𝑧𝑑𝑑2 = βˆ’πœ”2 𝑑 sin πœ”π‘‘ e l’accelerazione media βŸ¨π‘Ž2⟩ = 𝑑2πœ”42

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d

x

v

11) Il concetto di sezione d’urto

Un processo di diffusione tra un fascio di particelle o un fascio di radiazione

elettromagnetica e un bersaglio viene descritto con una sezione d’urto caratteristica

del processo, quantitΓ  che ha le dimensioni di un’area.

Nel caso di particelle di eguale velocitΓ  οΏ½Μ…οΏ½ che costituiscono un fascio di sezione Ξ£,

l’intensitΓ  del fascio intesa come numero di particelle per unitΓ  d’area e per unitΓ  di

tempo che attraversa una qualsiasi sezione del fascio si puΓ² esprimere come 𝐼 = 𝑑𝑁𝑝𝑑Σ 𝑑𝑑

Il fascio incontra un bersaglio costituito da altre particelle o comunque ostacoli

microscopici ciascuno di area efficace 𝜎. Il numero di particelle del bersaglio investite

dalle particelle del fascioper unitΓ  di tempo Γ¨: 𝑑𝑁𝑑𝑑 = 𝐼 𝜎 𝑁𝑏

dove 𝑁𝑏 = 𝑛𝑏Σ Ξ”π‘₯ Γ¨ il numero di particelle bersaglio investite, espresso in funzione

della densitΓ  𝑛𝑏 e del volume considerato 𝜏 = Ξ£ Ξ”π‘₯. La quantitΓ  𝜎 qui introdottaΓ¨ la

sezione d’urto del processo di interazione considerate a livello microscopico. Nel caso

in cui la diversa distanza, detta parametro d’impatto, tra la linea di volo della

particella incidente e il centro di una particella bersaglio dia luogo ad un diverso

angolo di diffusione, come ad esempio nel caso della diffusione di Rutherford, il

numero di particelle diffuse per unitΓ  di tempo in un certo angolo solido 𝑑Ω

infinitesimo si esprime come: 𝑑𝑁𝑑Ω 𝑑𝑑 = 𝐼 π‘‘πœŽπ‘‘Ξ© 𝑁𝑏

dove π‘‘πœŽπ‘‘Ξ© esprime la sezione d’urto differenziale che dipende dal parametro d’impatto.

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Nei processi di diffusione di Rutherford tra una particella incidente di massa π‘š e

carica π‘ž da un centro diffusore fisso di carica 𝑄 , la relazione tra il parametro

d’impatto 𝑏 e l’angolo di diffusione πœ— Γ¨: tan πœ—2 = π‘žπ‘„4πœ‹πœ–0π‘šπ‘£02𝑏

Le particelle del fascio il cui parametro d’impatto Γ¨ compreso tra i valori 𝑏 e 𝑏 + 𝑑𝑏

vengono diffuse ad un angolo compreso tra πœ— e πœ— + π‘‘πœ— . La sezione d’urto

infinitesima che corrisponde ad una diffusione in questo intervallo angolare sarΓ 

dunque

π‘‘πœŽ = 2πœ‹π‘ 𝑑𝑏 = 14 ( π‘žπ‘„4πœ‹πœ–0π‘šπ‘£02)2 1sin4 πœ—2 𝑑Ω

dove 𝑑𝑏 = π‘žπ‘„4πœ‹πœ–0π‘šπ‘£02 (βˆ’ 1sin2πœ—2) 12 π‘‘πœ— e 𝑑Ω = 2πœ‹ sin πœ— π‘‘πœ—.

La sezione d’urto differenziale di diffusione risulta infine: π‘‘πœŽπ‘‘Ξ© = 2πœ‹π‘ 𝑑𝑏 = 14 ( π‘žπ‘„4πœ‹πœ–0π‘šπ‘£02)2 1sin4 πœ—2

Nel caso di un fascio di radiazione incidente di sezione Ξ£, l’energia per unitΓ  di tempo

e di area caratteristica del fascio Γ¨ 𝐼 = π‘‘π‘ˆπ‘‘Ξ£ 𝑑𝑑

La potenza o energia per unitΓ  di tempo diffusa dal bersaglio si esprime come π‘Š = 𝐼 𝜎 𝑁𝑏

dove 𝑁𝑏 = 𝑛𝑏Σ Ξ”π‘₯ Γ¨ come nel caso precedente il numero di particelle bersaglio

investite; infine la potenza diffusa in un particolare angolo solido infinitesimo Γ¨: π‘‘π‘Šπ‘‘Ξ© = 𝐼 π‘‘πœŽπ‘‘Ξ© 𝑁𝑏

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12) La sezione d’urto Thomson. Radiazione diffusa da un elettrone libero

Un elettrone libero investito da un fascio di radiazione elettromagnetica, sotto

l’azione del campo elettrico 𝐸(𝑑) = 𝐸0 sin πœ”π‘‘ oscillante, subisce una forza che

provoca un moto oscillatorio con accelerazione caratteristica π‘Ž(𝑑) = 𝑒𝐸0π‘šπ‘’ sin πœ”π‘‘.

Ricordando la formula di Larmor 8.3 e scrivendo il valore medio nel tempo del

quadrato dell’accelerazione come βŸ¨π‘Ž2(𝑑)⟩ = 12 (𝑒𝐸0π‘šπ‘’ )2 la potenza media diffusa dall’elettrone che oscilla si esprime come βŸ¨π‘ŠβŸ© = 𝑒26πœ‹πœ–0𝑐3 12 (𝑒𝐸0π‘šπ‘’ )2

Questa espressione, riordinando opportunamente i termini, si puΓ² riscrivere come

βŸ¨π‘ŠβŸ© = (12 πœ–0𝐸02𝑐) (8πœ‹3 ) ( 𝑒24πœ‹πœ–0π‘šπ‘’π‘2)2

Posto π‘Ÿπ‘’ = 𝑒24πœ‹πœ–0π‘šπ‘’π‘2 = 2.8 10βˆ’15π‘š raggio classico dell’elettrone e ricordando che

l’intensitΓ  di un fascio di radiazione che si propaga nel vuoto si esprime come 𝐼0 = 12 πœ–0𝐸02𝑐, l’espressione precedente diventa

(12.1) βŸ¨π‘ŠβŸ© = 𝐼0 8πœ‹3 π‘Ÿπ‘’2 = 𝐼0πœŽπ‘‡ con πœŽπ‘‡ = 8πœ‹3 π‘Ÿπ‘’2

La potenza diffusa risulta dunque dal prodotto dell’intensitΓ  della radiazione incidente

sull’elettrone moltiplicata per la sezione d’urto Thomson πœŽπ‘‡ che descrive il processo

di interazione tra la radiazione elettromagnetica e un elettrone libero.

La sezione d’urto Thomson puΓ² essere espressa in forma differenziale come

(12.2) π‘‘πœŽπ‘‡π‘‘Ξ© = π‘Ÿπ‘’2 𝑠𝑖𝑛2πœ—

dove l’angolo πœ— rappresenta la deviazione angolare della direzione di osservazione

rispetto all’asse di oscillazione dell’elettrone, che corrisponde alla direzione della sua

accelerazione dovuta all’azione del campo elettrico della radiazione incidente.

Dunque in questa espressione si fa implicitamente riferimento ad un’onda

elettromagnetica incidente polarizzata linearmente. Per giustificare la relazione 12.2 si

considerino le leggi orarie del moto di un elettrone sotto l’azione del campo elettrico,

disposto lungo l’asse z, della radiazione incidente lungo l’asse x: 𝑧(𝑑) = 𝑧0 sin πœ”π‘‘ e accelerazione π‘Žπ‘§(𝑑) = βˆ’πœ”2𝑧0 sin πœ”π‘‘ = βˆ’ 𝑒𝐸0π‘šπ‘’ sin πœ”π‘‘ dalle quali

si ottiene che πœ”2𝑧0 = 𝑒𝐸0π‘šπ‘’ ; ricordando l’espressione 10.1 del valor medio del vettore

di Poynting dovuto a un dipolo oscillante βŸ¨π‘†Μ…βŸ© = 𝑝02πœ”432πœ‹2πœ–0𝑐3 (sin πœ—π‘Ÿ )2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ e assimilando

l’elettrone oscillante ad un dipolo di momento 𝑝0 = βˆ’π‘’π‘§0, l’espressione 10.1 diventa

βŸ¨π‘†Μ…βŸ© = 𝑒4𝐸0232πœ‹2πœ–0π‘šπ‘’2𝑐3 (sin πœ—π‘Ÿ )2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ = 𝐼0 π‘Ÿπ‘’2 (sin πœ—π‘Ÿ )2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ

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Moltiplicando |βŸ¨π‘†Μ…βŸ©| = π‘‘βŸ¨π‘ŠβŸ©π‘‘Ξ£ per una superficie infinitesima 𝑑Σ = π‘Ÿ2𝑑Ω , la potenza

media irraggiata per unitΓ  d’angolo solido sarΓ  dunque

π‘‘βŸ¨π‘ŠβŸ©π‘‘Ξ© = 𝐼0 π‘Ÿπ‘’2 sin2 πœ—

da cui la sezione d’urto Thomson in forma differenziale espressa dalla relazione 12.2.

Nel caso in cui la radiazione incidente non sia polarizzata e quindi il campo elettrico

nel piano y-z non abbia una direzione previlegiata, l’intensitΓ  risultante si puΓ²

esprimere come somma di due contributi equivalente con il campo elettrico lungo

l’asse y e lungo l’asse z. Risulta conveniente allora esprimere il fattore angolare della

relazione 12.2 rispetto alla direzione x di propagazione della radiazione, invece che

rispetto all’asse z. In tal modo, con

π‘₯ = π‘Ÿ π‘ π‘–π‘›πœ— π‘π‘œπ‘ πœ‘ = π‘Ÿ π‘π‘œπ‘ πœ—β€² 𝑦 = π‘Ÿ π‘ π‘–π‘›πœ— π‘ π‘–π‘›πœ‘ = π‘Ÿ π‘ π‘–π‘›πœ—β€² π‘π‘œπ‘ πœ‘β€²π‘§ = π‘Ÿ π‘π‘œπ‘ πœ— = π‘Ÿ π‘ π‘–π‘›πœ—β€² π‘ π‘–π‘›πœ‘β€²

il contributo dovuto alla componente di oscillazione lungo l’asse z diventa

proporzionale a (1 βˆ’ 𝑧2π‘Ÿ2) = π‘π‘œπ‘ 2πœ—β€² + 𝑠𝑖𝑛2πœ—β€² π‘π‘œπ‘ 2πœ‘β€² al posto di 𝑠𝑖𝑛2 πœ— ed il

contributo dovuto all’oscillazione lungo l’asse y Γ¨ proporzionale a (1 βˆ’ 𝑦2π‘Ÿ2) =π‘π‘œπ‘ 2πœ—β€² + 𝑠𝑖𝑛2πœ—β€² 𝑠𝑖𝑛2πœ‘β€² . Il contributo medio sarΓ  dunque proporzionale a 12 (2π‘π‘œπ‘ 2πœ—β€² + 𝑠𝑖𝑛2πœ—β€² ) = (1+π‘π‘œπ‘ 2πœ—β€²)2

ed infine la sezione d’urto Thomson in forma differenziale, nel caso di radiazione

incidente non polarizzata diventa:

(12.3) π‘‘πœŽπ‘‡π‘‘Ξ© = π‘Ÿπ‘’2 (1+π‘π‘œπ‘ 2πœ—β€²)2

Da questa espressione, integrando sull’intero angolo solido con 𝑑Ω = π‘ π‘–π‘›πœ—β€² π‘‘πœ—β€² π‘‘πœ‘β€² si ottiene facilmente l’espressione della sezione d’urto totale 12.1.

x

y

z

r

’

’

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Appendice A.1 – ProprietΓ  della funzione 𝜹 di Dirac

La funzione 𝛿 (delta) di Dirac, le cui proprietΓ  vengono qui riassunte, Γ¨ di particolare

utilitΓ  quando Γ¨ necessario descrivere quantitΓ  fisiche con valore finito, ma confinate

in volume infinitesimi, ad esempio per distribuzioni puntiformi di carica o massa.

Nel caso di una sola dimensione 𝛿(π‘₯) = 0 per π‘₯ β‰  0 e ∫ 𝛿(π‘₯)𝑑π‘₯Ξ”π‘₯ = 1 quando l’intervallo di integrazione include

il punto π‘₯ = 0 mentre Γ¨ nullo altrimenti. Analogamente si puΓ² scrivere che 𝛿(π‘₯ βˆ’ π‘₯0) = 0 per π‘₯ β‰  π‘₯0 e ∫ 𝛿(π‘₯ βˆ’ π‘₯0)𝑑π‘₯Ξ”π‘₯ = 1 quando l’intervallo di

integrazione include il punto π‘₯ = π‘₯0.

Data una funzione continua e derivabile con derivata continua in π‘₯0 la funzione 𝛿

permette di scrivere, sempre nel caso in cui l’intervallo di integrazione includa il

punto π‘₯ = π‘₯0

∫ 𝑓(π‘₯)𝛿(π‘₯ βˆ’ π‘₯0)𝑑π‘₯Ξ”π‘₯ = 𝑓(π‘₯0)

La funzione 𝛿 puΓ² essere usata anche per descrivere distribuzioni puntiformi in piΓΉ

dimensioni. In un sistema cartesiano tridimensionale 𝛿3(οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½0) = 𝛿(π‘₯ βˆ’ π‘₯0) 𝛿(𝑦 βˆ’ 𝑦0) 𝛿(𝑧 βˆ’ 𝑧0)

e quindi la distribuzione di densitΓ  di carica si potrΓ  esprimere come 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½) = π‘ž 𝛿3(οΏ½Μ…οΏ½).

In molti casi nei quali vengono utilizzate le coordinate polari sferiche la funzione si

puΓ² esprimere come 𝛿3(οΏ½Μ…οΏ½) = βˆ’ 14πœ‹ βˆ‡2 (1π‘Ÿ) infatti ∫ βˆ‡2 (1π‘Ÿ) π‘‘πœ =𝜏 ∫ βˆ‡Μ… βˆ™ βˆ‡Μ… (1π‘Ÿ) π‘‘πœπœ = ∫ βˆ‡Μ… (1π‘Ÿ) βˆ™ �̅�𝑛 𝑑ΣΣ

dove si Γ¨ applicato il teorema della divergenza e Ξ£ Γ¨ la superficie chiusa che avvolge

il volume 𝜏. βˆ‡Μ… (1π‘Ÿ) = βˆ’ 1π‘Ÿ2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ e dunque ∫ βˆ‡2 (1π‘Ÿ) π‘‘πœ = βˆ’ ∫ 1π‘Ÿ2 οΏ½Μ…οΏ½π‘Ÿ βˆ™ �̅�𝑛 π‘‘Ξ£Ξ£πœ = βˆ’4πœ‹

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Appendice A.2 – I potenziali ritardati come soluzione delle equazioni dei

potenziali

Abbiamo visto nel paragrafo 4 che nella condizione di Lorenz, le espressioni per i

potenziali ritardati 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 14πœ‹πœ–0 ∫ 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)|οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²| π‘‘πœβ€²πœ e οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡04πœ‹ ∫ οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)|οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²| π‘‘πœβ€²πœ

sono soluzioni delle equazioni elettrodinamiche per i potenziali βˆ‡2𝑉 βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2Vβˆ‚t2 = βˆ’ πœšπœ–0 e βˆ‡2οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 1𝐢2 βˆ‚2AΜ…βˆ‚t2 = βˆ’πœ‡0𝑗 Μ…In questa appendice ci proponiamo di dimostrarlo. Calcoliamo prima il gradiente di 𝑉

βˆ‡Μ…π‘‰ = 14πœ‹πœ–0 ∫ [βˆ‡Μ…πœŒ(οΏ½Μ…οΏ½β€², π‘‘π‘Ÿ)|οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½β€²| + 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€², π‘‘π‘Ÿ)βˆ‡Μ… ( 1|οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½β€²|)] π‘‘πœβ€²πœ

Ricordando che 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€², π‘‘π‘Ÿ) Γ¨ funzione di οΏ½Μ…οΏ½ tramite π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ |οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½β€²|𝑐 e dunque il gradiente

rispetto ad οΏ½Μ…οΏ½ Γ¨ βˆ‡Μ…πœŒ(οΏ½Μ…οΏ½β€², π‘‘π‘Ÿ) = οΏ½Μ‡οΏ½ βˆ‡Μ…π‘‘π‘Ÿ = βˆ’ �̇�𝑐 βˆ‡Μ…π‘…

Esprimendo 𝑅 = [(π‘₯ βˆ’ π‘₯β€²)2 + (𝑦 βˆ’ 𝑦′)2 + (𝑧 βˆ’ 𝑧′)2]1/2 il gradiente di 𝑅 si

esprime come βˆ‡Μ…π‘… = (π‘₯βˆ’π‘₯β€²)𝑅 οΏ½Μ…οΏ½π‘₯ + (π‘¦βˆ’π‘¦β€²)𝑅 �̅�𝑦 (π‘§βˆ’π‘§β€²)𝑅 �̅�𝑧 = �̅�𝑅 da cui si ottiene βˆ‡Μ…π‘‰ = 14πœ‹πœ–0 ∫ (βˆ’ οΏ½Μ‡οΏ½ 𝑐𝑅 βˆ’ πœŒπ‘…2) �̅�𝑅 π‘‘πœβ€²πœ . Calcolando la divergenza di βˆ‡Μ…π‘‰ il risultato Γ¨

βˆ‡Μ… βˆ™ (βˆ‡Μ…π‘‰) = βˆ‡2𝑉 = 14πœ‹πœ–0 ∫ [βˆ’ 1𝑐 (𝑒𝑅𝑅 βˆ™ βˆ‡Μ…οΏ½Μ‡οΏ½ + οΏ½Μ‡οΏ½ βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑒𝑅𝑅 ) βˆ’ (𝑒𝑅𝑅2 βˆ™ βˆ‡Μ…πœŒ + 𝜌 βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑒𝑅𝑅2)] π‘‘πœβ€²πœ βˆ‡Μ…οΏ½Μ‡οΏ½ = βˆ’ 1𝑐 �̈� βˆ‡Μ…π‘… = βˆ’ 1𝑐 �̈� �̅�𝑅 e βˆ‡Μ… βˆ™ �̅�𝑅 = 2𝑅 βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑒𝑅𝑅 = 1𝑅 βˆ‡Μ… βˆ™ �̅�𝑅 + ( βˆ‡Μ… 1𝑅) βˆ™ �̅�𝑅 = 2𝑅2 βˆ’ 1𝑅2 = 1𝑅2 e βˆ‡Μ… βˆ™ 𝑒𝑅𝑅2 = 4πœ‹π›Ώ3(οΏ½Μ…οΏ½)

ottenendo infine βˆ‡2𝑉 = 14πœ‹πœ–0 ∫ [ 1𝑐2 οΏ½ΜˆοΏ½π‘… βˆ’ 4πœ‹π›Ώ3(οΏ½Μ…οΏ½)] π‘‘πœβ€² = 1𝑐2𝜏 πœ•2π‘‰πœ•π‘‘2 βˆ’ 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½,𝑑)πœ–0

Un analogo risultato si ottiene evidentemente per ciascuna delle componenti del

potenziale vettore.

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Appendice A.3 – Calcolo dei potenziali di Lienard-Wiechert per una carica in

moto

Il calcolo del potenziale scalare ritardato richiede che ogni porzione infinitesima della

distribuzione di carica sia descritta all’istante π‘‘π‘Ÿ che varia da punto a punto nella

distribuzione. Il potenziale puΓ² essere dunque espresso nella forma: 𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 14πœ‹πœ–0 ∫ 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€²,π‘‘π‘Ÿ)𝑅 𝛿 (π‘‘π‘Ÿ βˆ’ 𝑑 + 𝑅𝑐) π‘‘π‘‘π‘Ÿ 𝑑3𝜏 οΏ½Μ…οΏ½β€² dove 𝑅 Γ¨ la distanza tra il punto di

osservazione 𝑃(οΏ½Μ…οΏ½) e la porzione infinitesima della distribuzione di carica all’istante π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅𝑐 . La legge oraria per la posizione di una carica q in moto viene descritta da

una funzione οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(𝑑) e in questo caso 𝑅 = |οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)|. La densitΓ  di carica assume la

forma 𝜌(οΏ½Μ…οΏ½β€², π‘‘π‘Ÿ) = π‘ž 𝛿3(οΏ½Μ…οΏ½β€² βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(π‘‘π‘Ÿ));

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿3(οΏ½Μ…οΏ½β€² βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)) 𝛿 (π‘‘π‘Ÿ βˆ’ 𝑑 + 𝑅𝑐)𝑅 π‘‘π‘‘π‘Ÿ 𝑑3𝜏 οΏ½Μ…οΏ½β€² = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿 (π‘‘π‘Ÿ βˆ’ 𝑑 + 𝑅𝑐)𝑅 π‘‘π‘‘π‘Ÿπœ

Introducendo una nuova variabile d’integrazione 𝑠 = π‘‘π‘Ÿ βˆ’ 𝑑 + |οΏ½Μ…οΏ½βˆ’οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)|𝑐 si ottiene 𝑑𝑠 = π‘‘π‘‘π‘Ÿ + 1𝑅𝑐 [(π‘₯ βˆ’ π‘₯π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)) 𝑑π‘₯π‘žπ‘‘π‘‘π‘Ÿ + (𝑦 βˆ’ π‘¦π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)) π‘‘π‘¦π‘žπ‘‘π‘‘π‘Ÿ + (𝑧 βˆ’ π‘§π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)) π‘‘π‘§π‘žπ‘‘π‘‘π‘Ÿ] π‘‘π‘‘π‘Ÿ

e dunque, essendo οΏ½Μ…οΏ½ = π‘‘οΏ½Μ…οΏ½π‘žπ‘‘π‘‘π‘Ÿ e quindi 𝑑𝑠 = (1 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘…π‘ ), l’espressione per il potenziale

diventa:

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 ∫ 𝛿(𝑠)𝑅(π‘‘π‘Ÿ)(1 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘…π‘ ) π‘‘π‘ πœ = π‘ž4πœ‹πœ–0 1(𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ )π‘‘π‘Ÿ

Analogamente, posto 𝑗̅ = 𝜌 οΏ½Μ…οΏ½, il potenziale vettore assume la forma: οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ [ οΏ½Μ…οΏ½π‘…βˆ’οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ ]π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐

Nota:

𝑅(π‘‘π‘Ÿ) = ((π‘₯ βˆ’ π‘₯π‘ž(π‘‘π‘Ÿ))2 + (𝑦 βˆ’ π‘¦π‘ž(π‘‘π‘Ÿ))2 + (𝑧 βˆ’ π‘§π‘ž(π‘‘π‘Ÿ))2)1/2

πœ•π‘…πœ•π‘‘π‘Ÿ = πœ•π‘…πœ•π‘₯π‘ž πœ•π‘₯π‘žπœ•π‘‘π‘Ÿ + πœ•π‘…πœ•π‘¦ πœ•π‘¦π‘žπœ•π‘‘π‘Ÿ + πœ•π‘…πœ•π‘§π‘ž πœ•π‘§π‘žπœ•π‘‘π‘Ÿ ,

πœ•π‘…πœ•π‘₯π‘ž = βˆ’ (π‘₯βˆ’π‘₯π‘ž(π‘‘π‘Ÿ))𝑅 e πœ•π‘₯π‘žπœ•π‘‘π‘Ÿ = 𝑣π‘₯(π‘‘π‘Ÿ) e analogamente per y e z, da cui

πœ•π‘…πœ•π‘‘π‘Ÿ = (βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘… )π‘‘π‘Ÿ

R(t)

P(x,y,z)

R(tr)

O

rq(tr)

rq(t)

z

r

x

y

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Appendice A.4 – Calcolo dei campi E e B dai potenziali di Lienard-Wiechert per

una carica in moto

Dalle espressioni dei potenziali di Lienard-Wiechert per una carica in moto

𝑉(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = π‘ž4πœ‹πœ–0 (1𝑑)π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐 e οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ ( �̅�𝑑 )π‘‘π‘Ÿ=π‘‘βˆ’π‘…/𝑐

con 𝑑 = (𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ ) e π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅(π‘‘π‘Ÿ)/𝑐

i campi elettrico e magnetico si ottengono dalle relazioni giΓ  viste piΓΉ volte οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’βˆ‡Μ…V βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t e οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½

Iniziando dal calcolo del campo elettrico

οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ βˆ‚AΜ…βˆ‚t βˆ’ βˆ‡Μ…V = βˆ’ πœ‡0π‘ž4πœ‹ πœ•πœ•π‘‘ ( �̅�𝑑 ) βˆ’ π‘ž4πœ‹πœ–0 βˆ‡Μ… (1𝑑)

Ricordando che πœ‡0 = 1πœ–0𝑐2 e βˆ‡Μ… (1𝑑) = βˆ’ 1𝑑2 βˆ‡Μ…π‘‘ si ottiene la relazione

(A.4.1) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ π‘ž4πœ‹πœ–0 [βˆ’ 1𝑐2𝑑 πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ + �̅�𝑐2𝑑2 πœ•π‘‘πœ•π‘‘ + 1𝑑2 βˆ‡Μ…π‘‘] Devono dunque essere calcolati i tre termini (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘)π‘Ÿ , (πœ•π‘‘πœ•π‘‘)π‘Ÿ e βˆ‡Μ…π‘‘ per π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅/𝑐.

A questo scopo innanzitutto si calcolano le seguenti quantitΓ : (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ , (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ , (πœ•π‘…πœ•π‘‘ )π‘Ÿ che saranno utili nel seguito. Inoltre scrivendo

(πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = βˆ’οΏ½Μ…οΏ½ (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ con οΏ½Μ…οΏ½ = πœ•οΏ½Μ…οΏ½π‘ž(π‘‘π‘Ÿ)πœ•π‘‘π‘Ÿ velocitΓ  della carica all’istante π‘‘π‘Ÿ e, ricordando

che 𝑅2 = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ e quindi 𝑅 (πœ•π‘…πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½π‘žπœ•π‘‘ )π‘Ÿ = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½π‘žπœ•π‘‘π‘Ÿ) (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ,

si ottiene (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ = 1 βˆ’ 1𝑐 (πœ•π‘…πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = 1 + οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘… (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿda cui (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ = 11βˆ’οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘… = 𝑅𝑑 ,

(πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = βˆ’οΏ½Μ…οΏ½ 𝑅𝑑 ed inoltre (πœ•π‘…πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘…

I primi due dei tre termini cercati si potranno scrivere dunque come:

(A.4.2) (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘)π‘Ÿ = ( πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘π‘Ÿ) (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘‘ )π‘Ÿ = 𝑅𝑑 οΏ½Μ…οΏ½ , con οΏ½Μ…οΏ½ = ( πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘π‘Ÿ) e

(A.4.3) (πœ•π‘‘πœ•π‘‘)π‘Ÿ = (πœ•π‘…πœ•π‘‘ )π‘Ÿ βˆ’ 1𝑐 (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 1𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘ )π‘Ÿ = βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘‘ + 𝑣2𝑅𝑐𝑑 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘‘ 𝑅

Il calcolo del terzo termine βˆ‡Μ…π‘‘ Γ¨ un pΓ² piΓΉ complicate. Ricordiamo innanzitutto che

la funzione gradiente riguarda le derivate rispetto alle variabili x, y, z caratteristiche

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del punto P dove si vuole calcolare il campo all’istante 𝑑 e non della posizione della

carica nel suo moto. Iniziando con il calcolo della derivate rispetto alla variabile x:

(πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 = οΏ½Μ…οΏ½π‘₯ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑

𝑅 βˆ™ (πœ•π‘…πœ•π‘₯)𝑑 = οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 = 𝑅π‘₯ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑 .

Ricordando che π‘‘π‘Ÿ = 𝑑 βˆ’ 𝑅𝑐 si ottiene (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑 = βˆ’ 1𝑐 (πœ•π‘…πœ•π‘₯)𝑑 = βˆ’ 1𝑅𝑐 [𝑅π‘₯ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½ (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑], da cui (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑 = βˆ’ [ 𝑅π‘₯π‘π‘…βˆ’οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½]𝑑 = 𝑅π‘₯𝑐𝑑 dove 𝑑 = [𝑅 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘ ]𝑑 e, infine,

(πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 = οΏ½Μ…οΏ½π‘₯ βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ 𝑅π‘₯𝑐𝑑

Calcoliamo ora

(πœ•π‘…πœ•π‘₯)𝑑 = 𝑅π‘₯𝑅 (1 + οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘‘ ) = 𝑅π‘₯𝑑𝑅 (1 βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘‘ + οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘π‘‘ ) = 𝑅π‘₯𝑑𝑅 e (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 = οΏ½Μ…οΏ½ (πœ•π‘‘π‘Ÿπœ•π‘₯ )𝑑 = βˆ’ �̅�𝑅π‘₯𝑐𝑑

con queste espressioni possiamo scrivere

(πœ•π‘‘πœ•π‘₯)𝑑 = (πœ•π‘…πœ•π‘₯)𝑑 βˆ’ �̅�𝑐 βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 βˆ’ �̅�𝑐 βˆ™ (πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘₯)𝑑 = 𝑅π‘₯𝑑 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) βˆ’ 𝑣π‘₯𝑐 + οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ �̅�𝑐2𝑑 𝑅π‘₯

per ottenere infine l’espressione seguente per il gradiente di 𝑑

(A.4.4) βˆ‡Μ…π‘‘ = �̅�𝑑 (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) βˆ’ �̅�𝑐 + οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½π‘2𝑑 οΏ½Μ…οΏ½

Riprendendo l’espressione A.4.1 per il campo elettrico, dopo alcuni passaggi

otteniamo

(A.4.5) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ π‘ž4πœ‹πœ–0𝑑3 {(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅𝑐 οΏ½Μ…οΏ½) + 1𝑐2 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— [(οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅𝑐 οΏ½Μ…οΏ½) Γ— οΏ½Μ…οΏ½]}

Per quanto riguarda il calcolo del campo magnetico

οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ βˆ‡Μ… Γ— (�̅�𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹ (βˆ‡Μ… Γ— �̅�𝑑 βˆ’ βˆ‡Μ…π‘‘π‘‘2 Γ— οΏ½Μ…οΏ½)

Ricordando che βˆ‡Μ… Γ— (𝑓�̅�) = π‘“βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ + βˆ‡Μ…π‘“ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ , βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ‡Μ…π‘‘π‘Ÿ Γ— πœ•οΏ½Μ…οΏ½πœ•π‘‘π‘Ÿ e βˆ‡Μ…π‘‘π‘Ÿ = βˆ’ �̅�𝑐𝑑 si

ottiene βˆ‡Μ… Γ— οΏ½Μ…οΏ½ = βˆ’ �̅�×�̅�𝑐𝑑 ed infine, riprendendo la relazione A.4.4 l’espressione per il

campo magnetico diventa

(A.4.6) οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹π‘‘3 [βˆ’ 𝑑𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½) �̅�×�̅�𝑐2 ] I campi οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) e οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) sono legati dalla relazione οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = 1𝑐 �̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)

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Infatti dalla A.4.5 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = βˆ’ π‘ž4πœ‹πœ–0𝑑3 {(1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (βˆ’ 𝑅𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½) + (οΏ½Μ…οΏ½βˆ™οΏ½Μ…οΏ½)𝑐2 (βˆ’ 𝑅𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½) βˆ’ οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ’ 𝑅𝑐 οΏ½Μ…οΏ½) οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½}

da cui discende 1𝑐 �̅�𝑅 Γ— οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑) = πœ‡0π‘ž4πœ‹π‘‘3 {βˆ’ (1 βˆ’ 𝑣2𝑐2) (οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½) βˆ’ (οΏ½Μ…οΏ½ βˆ™ οΏ½Μ…οΏ½)𝑐2 (οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½) βˆ’ 𝑑𝑐 οΏ½Μ…οΏ½ Γ— οΏ½Μ…οΏ½} = οΏ½Μ…οΏ½(οΏ½Μ…οΏ½, 𝑑)


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