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Page 1: Chiesa dei Santi Martiri di Abitene in Bitonto · Questo libro è stato pensato in occasione della Dedicazione della Chiesa Parrocchiale intitolata “Santi Martiri di Abitene”

Chiesa dei Santi Martiri di Abitene in Bitonto

A cura di Giuseppe Fallacara e don Vito Frascella

A08453

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© Giuseppe Fallacara, don Vito Frascellafebbraio 2013

© ARACNE editrice [email protected] Raffaele Garofalo 133 a/b00173 Roma

composizione tipografica inFedra Sans, Fedra Serif© Peter Biľak, 2001 - 2006

book designMarco Stigliano

revisione redazionaleNicola Piglionica

I diritti di traduzione, di memorizzazioneelettronica, di riproduzione e di adattamentoanche parziale, con qualsiasi mezzo,sono riservati per tutti i Paesi.Non è consentito fare fotocopie senzail permesso scritto dell’Editore.

Immagine di copertina: Bitonto, data - presentazione del dipinto parietale dei Santi Martiri di Abitene (foto di Vito Gallo)

credits fotografici:Giuseppe Fallacara (pag.33, 40, 45, 49, 51, 58-59, 86, 88-89)Vito Gallo (pag. 65-83)Vincenzo Minenna (pag. 85, 91-97)Marco Stigliano (pag. 9, 11, 13-14, 25-31, 36-38, 42-44, 47-48, 53-57, 60-62)

Tutti i disegni sono di Giuseppe Fallacara

ISBN 978-88-548-xxxx-x

1ª edizione: febbraio 2013

Questo libro è stato pensato in occasione della Dedicazione della Chiesa Parrocchiale intitolata “Santi Martiri di Abitene” in Bitontonel giorno della loro memoria.Complesso Parrocchiale “in memoria dei fratelli Giuseppe e Luigi Pastore Bovio”

Bitonto, 12 Febbraio 2013

ISBN 978-88-548-5784-1

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© Giuseppe Fallacara, don Vito Frascellafebbraio 2013

© ARACNE editrice [email protected] Raffaele Garofalo 133 a/b00173 Roma

composizione tipografica inFedra Sans, Fedra Serif© Peter Biľak, 2001 - 2006

book designMarco Stigliano

revisione redazionaleNicola Piglionica

I diritti di traduzione, di memorizzazioneelettronica, di riproduzione e di adattamentoanche parziale, con qualsiasi mezzo,sono riservati per tutti i Paesi.Non è consentito fare fotocopie senzail permesso scritto dell’Editore.

Immagine di copertina: Bitonto, data - presentazione del dipinto parietale dei Santi Martiri di Abitene (foto di Vito Gallo)

credits fotografici:Giuseppe Fallacara (pag.33, 40, 45, 49, 51, 58-59, 86, 88-89)Vito Gallo (pag. 65-83)Vincenzo Minenna (pag. 85, 91-97)Marco Stigliano (pag. 9, 11, 13-14, 25-31, 36-38, 42-44, 47-48, 53-57, 60-62)

Tutti i disegni sono di Giuseppe Fallacara

ISBN 978-88-548-xxxx-x

1ª edizione: febbraio 2013

Questo libro è stato pensato in occasione della Dedicazione della Chiesa Parrocchiale intitolata “Santi Martiri di Abitene” in Bitontonel giorno della loro memoria.Complesso Parrocchiale “in memoria dei fratelli Giuseppe e Luigi Pastore Bovio”

Bitonto, 12 Febbraio 2013

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La realizzazione del Complesso Parrocchiale dei Santi Martiri di Abitene è stata possibile grazie:

alla donazione del suolo fatta dalla Famiglia Pastore Bovio,al contributo della C.E.I.,al contributo dell’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci,al contributo di:Comunità Parrocchiale, A.N.S.P.I ( Associazione Nazionale San Paolo Italia), Confraternita di S. Isidoro Agricola, Confraternita della Misericordia di Bitonto, Associazione Amici del Presepio – Sezione di Bitonto,Genitori dei Ragazzi di Prima Comunione – anno 2011 / 2012, Famiglie dei Confermati - anno 2011 / 2012.

Un grato pensiero del parroco don Vito Frascella a:Architetto Giuseppe Fallacara, Mons. Pasquale Pierro, Consiglio Pastorale Parrocchiale (C.P.P.), Consiglio Parrocchiale, Affari Economici (C.P.A.E.), Operatori Pastorali: Liturgia – Catechesi- Carità, Diacono Iuso Gaetano, Studio Fallacara Associati.

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La realizzazione del Complesso Parrocchiale dei Santi Martiri di Abitene è stata possibile grazie:

alla donazione del suolo fatta dalla Famiglia Pastore Bovio,

al contributo della C.E.I.,

al contributo dell’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci,al contributo della Regione Puglia – Servizio Sport per Tuttial contributo di:

Comunità Parrocchiale, i molti fedeli generosi, A.N.S.P.I ( Associazione Nazionale San Paolo Italia), Confraternita di S. Isidoro Agricola, Confraternita della Misericordia di Bitonto, Associazione Amici del Presepio – Sezione di Bitonto,Genitori dei Ragazzi di Prima Comunione – anno 2011 / 2012, Famiglie dei Confermati – anno 2011 / 2012.

Un grato pensiero del parroco don Vito Frascella a:Architetto Giuseppe Fallacara, Mons. Pasquale Pierro, Consiglio Pastorale Parrocchiale (C.P.P.), Consiglio Parrocchiale, Affari Economici (C.P.A.E.), Operatori Pastorali: Liturgia – Catechesi- Carità, Diacono Iuso Gaetano, Studio Fallacara Associati.

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Presentazione Introduzione 1. Storia dei Santi Martiri di Abitene 2. Il progetto e la costruzione della chiesa 3. Lo spazio liturgico e gli arredi 4. Il dipinto parietale 5. Il Cristo ligneo Scheda di progetto

Indice

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Presentazione Introduzione 1. Storia dei Santi Martiri di Abitene 2. Il progetto e la costruzione della chiesa 3. Lo spazio liturgico e gli arredi 4. Il dipinto parietale 5. Il Cristo ligneo Scheda di progetto

Indice

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PresentazioneNicola Piglionica

Il testo vuole essere un dono che il parroco don Vito Frascella porge alla sua Comunità parrocchiale di S. Egidio Abate e dei Santi Martiri di Abitene, e a quanti, condividendo il progetto pastorale che la Chiesa dei Santi Martiri nelle sue diverse espressioni sottende, hanno collaborato alla sua edificazione e alla definizione dei segni sacri presenti nell’aula liturgica.Quel progetto si alimenta di verità di fede che trovano i suoi fondamenti nella plurisecolare storia della parrocchia, nella ubicazione e fondazione della nuova chiesa dei Santi Martiri, singolare per la scelta strutturale e, in particolare, per il suo fortemente simbolico arredo sacro.Fondata probabilmente alla fine del secolo XI, come farebbe ritenere la tipologia costruttiva, la parroc-chia di S. Egidio Abate ebbe come prima sede la chiesa ubicata su via Sedile. Di piccole dimensioni ed inadeguata ormai alle esigenze pastorali del paese in espansione nei primi decenni dell’Ottocento fuori le mura cittadine, la stessa fu trasferita nel 1823 nell’an-tica chiesa di S. Maria di S. Girolamo dei Monaci eremitani di S. Agostino, su via Pasculli. Il tempio conventuale, già chiuso al culto, fu pertanto oggetto di lavori di restauro che si inoltrarono fino all’agosto 1895, anno del trasferimento del titolo parrocchiale e della sua consacrazione da parte del vescovo Mons. Tommaso De Stefano.Nel luglio 1974 veniva donato alla parrocchia un suolo edificatorio, tra via Generale Cantore e Via Raffaele di Lorenzo, da parte della Signora Marina Bovio - Pastore, con la clausola vincolante di “costruire un complesso di costruzioni da adibirsi

esclusivamente ad opere caritative e ad ogni altra attività strettamente parrocchiale e di culto”. Solo nel 2002, parroco don Vito Frascella, maturavano i tempi per la edificazione di una nuova aula liturgica, con annessa casa canonica e strutture ricettive e sportive, idonee, finalmente, a soddisfare le esigenze pastorali della parrocchia. Il nuovo complesso, decentrato rispetto alla Parrocchia titolare, sorgeva proiettato verso la zona di espansione al di là della Ferrovia del Nord Barese e della zona artigianale.Nel maggio 2005 si benediceva il nuovo tempio, dedicato, per espressa volontà del nostro Pastore, Arcivescovo Francesco Cacucci, ai Santi Martiri di Abitene, aprendosi in tal modo verso orizzonti lontani nel tempo e nello spazio, già presenti nella storia bimillenaria della Chiesa, scrigno di testimo-nianze eroiche, oggi più di ieri palpitanti.Da quell’anno fino a febbraio 2013 è stata portata avanti una ricerca attenta e sapiente, sempre illumi-nata dalla teologia cristiana, che via via si è orientata nella realizzazione dei diversi segni presenti fuori e dentro l’aula liturgica: il Tabernacolo, il campanile, il fonte battesimale, l’affresco parietale, il Cristo ligneo, l’angolo della Riconciliazione. Instancabile opera del parroco, in sinergia con la genialità dell’ar-chitetto Giuseppe Fallacara, con la competenza delle diverse maestranza, in comunione con il Pastore della Diocesi.Una chiesa in cammino, dunque, protesa verso i bisogni delle persone, “luogo nel quale i cristiani possono vivere nella ‘ferialità’ la fede e incarnarla nelle diverse dimensioni della vita.”Parrocchia” che nei documenti del Magistero è “famiglia di Dio”,

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PresentazioneNicola Piglionica

Il testo vuole essere un dono che il parroco don Vito Frascella porge alla sua Comunità parrocchiale di S. Egidio Abate e dei Santi Martiri di Abitene, e a quanti, condividendo il progetto pastorale che la Chiesa dei Santi Martiri nelle sue diverse espressioni sottende, hanno collaborato alla sua edificazione e alla definizione dei segni sacri presenti nell’aula liturgica.Quel progetto si alimenta di verità di fede che trovano i suoi fondamenti nella plurisecolare storia della parrocchia, nella ubicazione e fondazione della nuova chiesa dei Santi Martiri, singolare per la scelta strutturale e, in particolare, per il suo fortemente simbolico arredo sacro.Fondata probabilmente alla fine del secolo XI, come farebbe ritenere la tipologia costruttiva, la parroc-chia di S. Egidio Abate ebbe come prima sede la chiesa ubicata su via Sedile. Di piccole dimensioni ed inadeguata ormai alle esigenze pastorali del paese in espansione nei primi decenni dell’Ottocento fuori le mura cittadine, la stessa fu trasferita nel 1823 nell’an-tica chiesa di S. Maria di S. Girolamo dei Monaci eremitani di S. Agostino, su via Pasculli. Il tempio conventuale, già chiuso al culto, fu pertanto oggetto di lavori di restauro che si inoltrarono fino all’agosto 1895, anno del trasferimento del titolo parrocchiale e della sua consacrazione da parte del vescovo Mons. Tommaso De Stefano.Nel luglio 1974 veniva donato alla parrocchia un suolo edificatorio, tra via Generale Cantore e Via Raffaele di Lorenzo, da parte della Signora Marina Bovio - Pastore, con la clausola vincolante di “costruire un complesso di costruzioni da adibirsi

esclusivamente ad opere caritative e ad ogni altra attività strettamente parrocchiale e di culto”. Solo nel 2002, parroco don Vito Frascella, maturavano i tempi per la edificazione di una nuova aula liturgica, con annessa casa canonica e strutture ricettive e sportive, idonee, finalmente, a soddisfare le esigenze pastorali della parrocchia. Il nuovo complesso, decentrato rispetto alla Parrocchia titolare, sorgeva proiettato verso la zona di espansione al di là della Ferrovia del Nord Barese e della zona artigianale.Nel maggio 2005 si benediceva il nuovo tempio, dedicato, per espressa volontà del nostro Pastore, Arcivescovo Francesco Cacucci, ai Santi Martiri di Abitene, aprendosi in tal modo verso orizzonti lontani nel tempo e nello spazio, già presenti nella storia bimillenaria della Chiesa, scrigno di testimo-nianze eroiche, oggi più di ieri palpitanti.Da quell’anno fino a febbraio 2013 è stata portata avanti una ricerca attenta e sapiente, sempre illumi-nata dalla teologia cristiana, che via via si è orientata nella realizzazione dei diversi segni presenti fuori e dentro l’aula liturgica: il Tabernacolo, il campanile, il fonte battesimale, l’affresco parietale, il Cristo ligneo, l’angolo della Riconciliazione. Instancabile opera del parroco, in sinergia con la genialità dell’ar-chitetto Giuseppe Fallacara, con la competenza delle diverse maestranza, in comunione con il Pastore della Diocesi.Una chiesa in cammino, dunque, protesa verso i bisogni delle persone, “luogo nel quale i cristiani possono vivere nella ‘ferialità’ la fede e incarnarla nelle diverse dimensioni della vita.”Parrocchia” che nei documenti del Magistero è “famiglia di Dio”,

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“fraternità animata nell’unità”, “insieme di fratelli animati da un solo Spirito, capace di fondere insieme tutte le differenze umane che si trovano e di inserirle nell’universalità della Chiesa”. La marca architettonica del nuovo tempio, nella sua essenzialità e semplicità, risponde ad una coerenza antropologica e sociologica con il tessuto urbano, nel quale è inserito, stabilendo così un rapporto continuo con la comunità cittadina nella sua quoti-diana ansia del vivere. La scuola, il mercato, il grande quartiere che la circonda nelle sue diverse risposte di impegno lavorativo, di bisogni sociali ed economici, la vicina stazione di continuo animata da un flusso umano in ricerca, l’ospedale presente con le sue voci di solidarietà e di fraternità, si stringono intorno alla “Tenda” sacra. E’ una presenza discreta, ma aperta, visibile, pronta ad accogliere le voci discordanti dei tanti, che vivono la fede incarnata nella vita e da questa sempre interpellata in un continuo dialogo fatto di dinieghi e di assensi. Questo dialogo trova un punto di forza nel Cristo ligneo che sovrasta la mensa eucaristica e nell’affre-sco che si espande su tutta la parete frontale nella celebrazione del Martirio-Beatitudine dei Santi Martiri di Abitene.I due segni, sapientemente curati nella loro fat-tura, costituiscono il Libro Sacro sempre aperto ed eloquente, su cui è inciso a chiare lettere il grande mistero dell’amore di Dio per l’Uomo, il miracolo della Promessa salvifica e della sua piena realizza-zione, la riconciliazione dell’Umano nella sua fragilità

con il Divino nel Suo alito di eternità, la sconfitta della Morte con la caducità del corpo e il supremo atto di vita con la Resurrezione. Il Cristo, germoglio di vita, si proietta sulla parete frontale e anima quei corpi levigati, distinti nella singola originalità ed uniti nell’afflato della trasfigurazione. Questa verità di fede e di vita eterna, cui l’uomo perennemente tende, è il messaggio pastorale che impegna tutta l’esistenza e ci richiama di continuo alle responsabilità individuali e collettive, mettendo in gioco le scelte che quotidianamente l’uomo compie.Allora, tutto quanto viene nel testo raccontato non solo è la storia di una comunità nel suo divenire e nelle sue continue risposte ai bisogni dell’anima, ma diventa il segno visibile della Provvidenza divina che nella Sua sapienza si affida all’uomo nel suo lento e faticoso ascendere verso di Lui:con la Sua luce ha fecondato la mente e il cuore dei fratelli Pastore-Bovio, del Suo discepolo Francesco Cacucci, del suo servo Vito Frascella, dell’architetto Giuseppe Falla-cara, dell’artista M.Beatrice Capozza, dello scultore Luigi Quinto, di altri, tutti a servizio della Casa di Dio.

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“fraternità animata nell’unità”, “insieme di fratelli animati da un solo Spirito, capace di fondere insieme tutte le differenze umane che si trovano e di inserirle nell’universalità della Chiesa”. La marca architettonica del nuovo tempio, nella sua essenzialità e semplicità, risponde ad una coerenza antropologica e sociologica con il tessuto urbano, nel quale è inserito, stabilendo così un rapporto continuo con la comunità cittadina nella sua quoti-diana ansia del vivere. La scuola, il mercato, il grande quartiere che la circonda nelle sue diverse risposte di impegno lavorativo, di bisogni sociali ed economici, la vicina stazione di continuo animata da un flusso umano in ricerca, l’ospedale presente con le sue voci di solidarietà e di fraternità, si stringono intorno alla “Tenda” sacra. E’ una presenza discreta, ma aperta, visibile, pronta ad accogliere le voci discordanti dei tanti, che vivono la fede incarnata nella vita e da questa sempre interpellata in un continuo dialogo fatto di dinieghi e di assensi. Questo dialogo trova un punto di forza nel Cristo ligneo che sovrasta la mensa eucaristica e nell’affre-sco che si espande su tutta la parete frontale nella celebrazione del Martirio-Beatitudine dei Santi Martiri di Abitene.I due segni, sapientemente curati nella loro fat-tura, costituiscono il Libro Sacro sempre aperto ed eloquente, su cui è inciso a chiare lettere il grande mistero dell’amore di Dio per l’Uomo, il miracolo della Promessa salvifica e della sua piena realizza-zione, la riconciliazione dell’Umano nella sua fragilità

con il Divino nel Suo alito di eternità, la sconfitta della Morte con la caducità del corpo e il supremo atto di vita con la Resurrezione. Il Cristo, germoglio di vita, si proietta sulla parete frontale e anima quei corpi levigati, distinti nella singola originalità ed uniti nell’afflato della trasfigurazione. Questa verità di fede e di vita eterna, cui l’uomo perennemente tende, è il messaggio pastorale che impegna tutta l’esistenza e ci richiama di continuo alle responsabilità individuali e collettive, mettendo in gioco le scelte che quotidianamente l’uomo compie.Allora, tutto quanto viene nel testo raccontato non solo è la storia di una comunità nel suo divenire e nelle sue continue risposte ai bisogni dell’anima, ma diventa il segno visibile della Provvidenza divina che nella Sua sapienza si affida all’uomo nel suo lento e faticoso ascendere verso di Lui:con la Sua luce ha fecondato la mente e il cuore dei fratelli Pastore-Bovio, del Suo discepolo Francesco Cacucci, del suo servo Vito Frascella, dell’architetto Giuseppe Falla-cara, dell’artista M.Beatrice Capozza, dello scultore Luigi Quinto, di altri, tutti a servizio della Casa di Dio.

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IntroduzioneDon Vito Frascella

Perché una nuova chiesa? Un po’ di storia-Esigenza e non capriccio.

A seguito di domanda inoltrata dal Parroco Don Domenico Donato Calia nel 1823, la parrocchia di S.Egidio Abate veniva trasferita in via R. Pasculli, nella chiesa dell’ex convento di S. Agostino, concessa nel 1825 dal Re Ferdinando I al vescovo di Bitonto. Il primo parroco fu Don Rocco Vitale, che con tanto zelo iniziò il restauro della Chiesa, portato poi a ter-mine dal suo successore Don Pasquale Masellis.La chiesa fu canonicamente consacrata e aperta al culto dal Vescovo di Bitonto Mons. Tommaso De Stefano il 4 agosto 1895. Si susseguirono nella cura pastorale i parroci: Don Rocco Vitale, Don Pasquale Masellis, Don Domenico Acquafredda, Mons. Michele Leone, Mons. Pasquale Pierro e per ultimo Don Vito Frascella.Attualmente nel suo territorio, che si estende oltre la ferrovia Bari-Nord, e comprende la Zona Artigia-nale di cui non si dispone ancora di dati demografici aggiornati, vivono circa 6500 fedeli.

Ora, partendo dalle indicazioni conclusive della 2° Visita Pastorale del 7-9 novembre 1997, l’Arcive-scovo Mons. A. Mariano Magrassi sosteneva che “Il problema più grande della parrocchia è logistico: avete la chiesa di S. Egidio all’estremità del territo-rio parrocchiale, elemento che vi deve spingere ad essere “missionari”: i fedeli non vengono perché non vogliono, o perché non possono venire?, siete voi che dovete andare da loro. Gesù non ha detto ai disce-poli: aspettate che vengano, ma ”Andate in tutto il

mondo” e ricordate sempre quello che diceva il Card. Ballestrero: “I confini per la parrocchia non devono essere barriere, ma ponti”. Ancora l’Arcivescovo, riguardo al problema logistico, nel secondo punto della relazione “Mete Pastorali”, al n°1 afferma che “I problemi logistici: quelli della chiesa decentrata e quello degli artigiani, che ho incontrato in periferia, non sono di facile soluzione. Don Vito Frascella li affronterà, insieme con me e speriamo che in un futuro non molto lontano, si arrivi ad una soluzione con l’aiuto della Provvidenza di Dio non disgiunta dal vostro aiuto”.Finalmente posso sostenere che tutta la comu-nità si è impegnata non solo ad accogliere l’invito e il richiamo dell’Arcivescovo, ma anche a cercare soluzioni proseguendo nel cammino comunitario con grande fiducia, “ricolmi della benedizione del Signore, perché essa sia come la sposa di Cristo senza rughe e senza macchie”.A distanza di anni, la volontà ed il pensiero di S.E.Mons. A. Mariano Magrassi , espressi nelle indi-cazioni pastorali, vengono convalidate e promosse dal suo successore Mons. Francesco Cacucci, nella sua lettera alla comunità parrocchiale di ”Sant’Egi-dio”, a conclusione della Visita pastorale del 15-17 giugno 2007. Cosi si esprime: “(..) caratteristica della vita comunitaria parrocchiale è la dislocazione territoriale. La collocazione della Chiesa parrocchiale in zona decentrata in relazione all’espansione ultima del suo territorio è stata corretta dalla costruzione della nuova chiesa intitolata ai “Santi Martiri di Abi-tene”, certamente più centrale.

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IntroduzioneDon Vito Frascella

Perché una nuova chiesa? Un po’ di storia-Esigenza e non capriccio.

A seguito di domanda inoltrata dal Parroco Don Domenico Donato Calia nel 1823, la parrocchia di S.Egidio Abate veniva trasferita in via R. Pasculli, nella chiesa dell’ex convento di S. Agostino, concessa nel 1825 dal Re Ferdinando I al vescovo di Bitonto. Il primo parroco fu Don Rocco Vitale, che con tanto zelo iniziò il restauro della Chiesa, portato poi a ter-mine dal suo successore Don Pasquale Masellis.La chiesa fu canonicamente consacrata e aperta al culto dal Vescovo di Bitonto Mons. Tommaso De Stefano il 4 agosto 1895. Si susseguirono nella cura pastorale i parroci: Don Rocco Vitale, Don Pasquale Masellis, Don Domenico Acquafredda, Mons. Michele Leone, Mons. Pasquale Pierro e per ultimo Don Vito Frascella.Attualmente nel suo territorio, che si estende oltre la ferrovia Bari-Nord, e comprende la Zona Artigia-nale di cui non si dispone ancora di dati demografici aggiornati, vivono circa 6500 fedeli.

Ora, partendo dalle indicazioni conclusive della 2° Visita Pastorale del 7-9 novembre 1997, l’Arcive-scovo Mons. A. Mariano Magrassi sosteneva che “Il problema più grande della parrocchia è logistico: avete la chiesa di S. Egidio all’estremità del territo-rio parrocchiale, elemento che vi deve spingere ad essere “missionari”: i fedeli non vengono perché non vogliono, o perché non possono venire?, siete voi che dovete andare da loro. Gesù non ha detto ai disce-poli: aspettate che vengano, ma ”Andate in tutto il

mondo” e ricordate sempre quello che diceva il Card. Ballestrero: “I confini per la parrocchia non devono essere barriere, ma ponti”. Ancora l’Arcivescovo, riguardo al problema logistico, nel secondo punto della relazione “Mete Pastorali”, al n°1 afferma che “I problemi logistici: quelli della chiesa decentrata e quello degli artigiani, che ho incontrato in periferia, non sono di facile soluzione. Don Vito Frascella li affronterà, insieme con me e speriamo che in un futuro non molto lontano, si arrivi ad una soluzione con l’aiuto della Provvidenza di Dio non disgiunta dal vostro aiuto”.Finalmente posso sostenere che tutta la comu-nità si è impegnata non solo ad accogliere l’invito e il richiamo dell’Arcivescovo, ma anche a cercare soluzioni proseguendo nel cammino comunitario con grande fiducia, “ricolmi della benedizione del Signore, perché essa sia come la sposa di Cristo senza rughe e senza macchie”.A distanza di anni, la volontà ed il pensiero di S.E.Mons. A. Mariano Magrassi , espressi nelle indi-cazioni pastorali, vengono convalidate e promosse dal suo successore Mons. Francesco Cacucci, nella sua lettera alla comunità parrocchiale di ”Sant’Egi-dio”, a conclusione della Visita pastorale del 15-17 giugno 2007. Cosi si esprime: “(..) caratteristica della vita comunitaria parrocchiale è la dislocazione territoriale. La collocazione della Chiesa parrocchiale in zona decentrata in relazione all’espansione ultima del suo territorio è stata corretta dalla costruzione della nuova chiesa intitolata ai “Santi Martiri di Abi-tene”, certamente più centrale.

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Reliquia di San SaturninoLettera che accompagna la Reliquia di San Saturnino

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In tal modo si sono accorciate le distanze e ciò ha determinato una rivitalizzazione di quella parte peri-ferica della parrocchia”.Continua l’ Arcivescovo: “a nessuno sfugge il titolo della nuova Chiesa, legata al Congresso Eucaristico Nazionale di Bari del maggio 2005, che considera l’impegno per una partecipazione più numerosa alla Messa domenicale uno degli obiettivi primari della pastorale parrocchiale. Il concorso dell’8% della CEI, della Diocesi, dell’impe-gno generoso dei parrocchiani, dei prestiti di alcuni benefattori, ha permesso di rispondere all’esigenza della nuova costruzione e raggiungere la tappa della consacrazione. (…) Naturalmente la priorità dell’impegno pastorale mistagogico, che vede nella domenica il giorno del Risorto, della Chiesa e dell’uomo, deve coinvolgere sempre più la comunità.Si confermi (…) la convinzione che la comunità diventerà soggetto pastorale proprio attraverso un cammino mistagogico che veda nella domenica il “cuore” della vita parrocchiale. Senza la domenica non possiamo vivere: la testimonianza dei martiri di Abitene illumini sempre più il vostro cammino.(...) Tutta la vostra esperienza parrocchiale deve essere modellata sull’esperienza dei Martiri di Abitene. Quella piccola comunità di cristiani sia il vostro costante punto di riferimento. Imparate da loro a vivere nella gioia del Signore risorto incontrato durante la celebrazione eucaristica domenicale e annunciato a tutti nella vita quotidiana.

Valga anche per la vostra comunità quanto si dice negli Atti dei martiri: “E’ la pasqua domenicale a fare il cristiano ed è il cristiano a fare la Pasqua domeni-cale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altra e viceversa. Quando senti dire “cristiano” sappi che vi è un’assemblea che celebra il Signore; e quando senti dire”assemblea”, sappi che li c’è il cristiano”. Impegno comunitarioIn questi anni, molto abbiamo fatto per qualifi-care gli operatori pastorali per un servizio sollecito e costante, per una maggiore presenza attiva nel territorio parrocchiale e per un sostegno efficace al parroco e alla vita comunitaria. Lo studio e la riflessione sulla costituzione del C.P.P. e la conseguente sensibilità dell’assemblea hanno promosso la consapevolezza del ruolo dei laici nella Chiesa e la riscoperta di un impegno sempre più coinvolgente e corresponsabile. Spesso negli incontri si è preferita la forma assembleare per facilitare la comprensione che l’operatore è chiamato a “distin-guersi per la fede sicura”, quindi ad avere prudenza e sensibilità nella missione affidatagli perché “cristiani non si nasce, si diventa ”.Non ci siamo mai stancati di sottolineare l’impor-tanza della partecipazione alla Messa festiva “Senza la Domenica non possiamo Vivere”, in quanto la vita parrocchiale ha il suo centro nel Giorno del Signore e l’Eucaristia è il cuore della Domenica. E’ dalla Euca-ristia che la vita cristiana prende forma e diventa servizio.

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Reliquia di San SaturninoLettera che accompagna la Reliquia di San Saturnino

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In tal modo si sono accorciate le distanze e ciò ha determinato una rivitalizzazione di quella parte peri-ferica della parrocchia”.Continua l’ Arcivescovo: “a nessuno sfugge il titolo della nuova Chiesa, legata al Congresso Eucaristico Nazionale di Bari del maggio 2005, che considera l’impegno per una partecipazione più numerosa alla Messa domenicale uno degli obiettivi primari della pastorale parrocchiale. Il concorso dell’8% della CEI, della Diocesi, dell’impe-gno generoso dei parrocchiani, dei prestiti di alcuni benefattori, ha permesso di rispondere all’esigenza della nuova costruzione e raggiungere la tappa della consacrazione. (…) Naturalmente la priorità dell’impegno pastorale mistagogico, che vede nella domenica il giorno del Risorto, della Chiesa e dell’uomo, deve coinvolgere sempre più la comunità.Si confermi (…) la convinzione che la comunità diventerà soggetto pastorale proprio attraverso un cammino mistagogico che veda nella domenica il “cuore” della vita parrocchiale. Senza la domenica non possiamo vivere: la testimonianza dei martiri di Abitene illumini sempre più il vostro cammino.(...) Tutta la vostra esperienza parrocchiale deve essere modellata sull’esperienza dei Martiri di Abitene. Quella piccola comunità di cristiani sia il vostro costante punto di riferimento. Imparate da loro a vivere nella gioia del Signore risorto incontrato durante la celebrazione eucaristica domenicale e annunciato a tutti nella vita quotidiana.

Valga anche per la vostra comunità quanto si dice negli Atti dei martiri: “E’ la pasqua domenicale a fare il cristiano ed è il cristiano a fare la Pasqua domeni-cale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altra e viceversa. Quando senti dire “cristiano” sappi che vi è un’assemblea che celebra il Signore; e quando senti dire”assemblea”, sappi che li c’è il cristiano”. Impegno comunitarioIn questi anni, molto abbiamo fatto per qualifi-care gli operatori pastorali per un servizio sollecito e costante, per una maggiore presenza attiva nel territorio parrocchiale e per un sostegno efficace al parroco e alla vita comunitaria. Lo studio e la riflessione sulla costituzione del C.P.P. e la conseguente sensibilità dell’assemblea hanno promosso la consapevolezza del ruolo dei laici nella Chiesa e la riscoperta di un impegno sempre più coinvolgente e corresponsabile. Spesso negli incontri si è preferita la forma assembleare per facilitare la comprensione che l’operatore è chiamato a “distin-guersi per la fede sicura”, quindi ad avere prudenza e sensibilità nella missione affidatagli perché “cristiani non si nasce, si diventa ”.Non ci siamo mai stancati di sottolineare l’impor-tanza della partecipazione alla Messa festiva “Senza la Domenica non possiamo Vivere”, in quanto la vita parrocchiale ha il suo centro nel Giorno del Signore e l’Eucaristia è il cuore della Domenica. E’ dalla Euca-ristia che la vita cristiana prende forma e diventa servizio.

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Per responsabilizzare maggiormente tutti gli opera-tori, si è fatto ricorso all’immagine “del servo inutile”, invitandoli ad esprimere la gioiosa fatica di incarnare Cristo povero e risvegliare i cuori assopiti perché privi di speranza. Il cammino, pur non agevole, si manifesta ricco di buona volontà, di corresponsabilità e di impegno da parte di tutte le componenti impegnate nella mis-sione salvifica della Chiesa.

Funzionalità delle Strutture e ambienti operativiGià nel 23 giugno 1998, con lettera indirizzata a S. E. Mons. Andrea Mariano Magrassi esprimevamo la nostra preoccupazione per i tre problemi fon-damentali presenti in questa parrocchia da circa quarant’anni: - Conservazione, consolidamento e adeguamento liturgico della chiesa e immobili annessi; - Centro pastorale e nuova chiesa; - Acquisto di terreno nella zona artigianale già individuato dal Comune di Bitonto e destinato per la costruzione di una nuova chiesa.Dopo una opportuna valutazione e attenta analisi dello spazio sacro e di quelle parti di utilizzo per lo svolgimento delle attività liturgiche, catechetiche, ricreative, pastorali, abbiamo provveduto a realizzare un progetto per eliminare il problema del decentra-mento (sempre in accordo con l’Arcivescovo) che prevede: - casa canonica,- aula liturgica o nuova chiesa,- spazio e strutture per attività sportive,- locali per il ministero pastorale.

Costruzione Nuova Chiesa”Una casa tra le case” intitolata ai “Santi Martiri di Abitene”

Il progetto viene realizzato sul suolo, sito ad angolo tra via Generale Cantore e via Raffaele di Lorenzo, donato alla Parrocchia dalla Signora Marina Bovio “in memoria dei fratelli Giuseppe e Luigi Pastore-Bovio“ nel luglio 1974, essendo parroco Mons. Pasquale Pierro.Il nuovo complesso parrocchiale, non ancora provvi-sto dei locali per il ministero pastorale, accoglie ora varie attività pastorali: catechesi, liturgia, carità, ed è per tutta la comunità un sogno realizzato; final-mente “quel pezzo di terra”, per tanto tempo poco utilizzato, è diventato il cuore pulsante della vita parrocchiale. Conseguentemente, all’interno della comunità, è in atto un importante momento di rinnovamento e comunione che si esplicita come partecipazione, corresponsabilità e condivisione. Auguro che il Signore ci fortifichi sempre più nella fede matura, nella speranza certa, nella carità ope-rosa.Ci affidiamo alla Sua bontà “perché la Sua grazia vale più della vita”. Che la comunità di S. Egidio possa ogni giorno vivere “una condivisione sostenuta dalla speranza” e abbia il “coraggio della novità” che lo Spirito chiede alla Chiesa.

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G. Fallacara, disegno di studio del primo progetto della chiesa, 1999

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Per responsabilizzare maggiormente tutti gli opera-tori, si è fatto ricorso all’immagine “del servo inutile”, invitandoli ad esprimere la gioiosa fatica di incarnare Cristo povero e risvegliare i cuori assopiti perché privi di speranza. Il cammino, pur non agevole, si manifesta ricco di buona volontà, di corresponsabilità e di impegno da parte di tutte le componenti impegnate nella mis-sione salvifica della Chiesa.

Funzionalità delle Strutture e ambienti operativiGià nel 23 giugno 1998, con lettera indirizzata a S. E. Mons. Andrea Mariano Magrassi esprimevamo la nostra preoccupazione per i tre problemi fon-damentali presenti in questa parrocchia da circa quarant’anni: - Conservazione, consolidamento e adeguamento liturgico della chiesa e immobili annessi; - Centro pastorale e nuova chiesa; - Acquisto di terreno nella zona artigianale già individuato dal Comune di Bitonto e destinato per la costruzione di una nuova chiesa.Dopo una opportuna valutazione e attenta analisi dello spazio sacro e di quelle parti di utilizzo per lo svolgimento delle attività liturgiche, catechetiche, ricreative, pastorali, abbiamo provveduto a realizzare un progetto per eliminare il problema del decentra-mento (sempre in accordo con l’Arcivescovo) che prevede: - casa canonica,- aula liturgica o nuova chiesa,- spazio e strutture per attività sportive,- locali per il ministero pastorale.

Costruzione Nuova Chiesa”Una casa tra le case” intitolata ai “Santi Martiri di Abitene”

Il progetto viene realizzato sul suolo, sito ad angolo tra via Generale Cantore e via Raffaele di Lorenzo, donato alla Parrocchia dalla Signora Marina Bovio “in memoria dei fratelli Giuseppe e Luigi Pastore-Bovio“ nel luglio 1974, essendo parroco Mons. Pasquale Pierro.Il nuovo complesso parrocchiale, non ancora provvi-sto dei locali per il ministero pastorale, accoglie ora varie attività pastorali: catechesi, liturgia, carità, ed è per tutta la comunità un sogno realizzato; final-mente “quel pezzo di terra”, per tanto tempo poco utilizzato, è diventato il cuore pulsante della vita parrocchiale. Conseguentemente, all’interno della comunità, è in atto un importante momento di rinnovamento e comunione che si esplicita come partecipazione, corresponsabilità e condivisione. Auguro che il Signore ci fortifichi sempre più nella fede matura, nella speranza certa, nella carità ope-rosa.Ci affidiamo alla Sua bontà “perché la Sua grazia vale più della vita”. Che la comunità di S. Egidio possa ogni giorno vivere “una condivisione sostenuta dalla speranza” e abbia il “coraggio della novità” che lo Spirito chiede alla Chiesa.

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G. Fallacara, disegno di studio del primo progetto della chiesa, 1999

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Storia dei Santi Martiri di AbiteneGiuseppe Micunco

Martiri di Abitene«Sine dominico non possumus: Senza la domenica non possiamo vivere».Questa espressione dei martiri di Abitene è stata scelta quale tema del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a Bari dal 21 al 29 maggio 2005. Cosa avvenne ad Abitene? Da chi e perché è stata pronunciata questa frase e quale significato pro-fondo è racchiuso nel termine latino dominicum, da spingere i martiri ad affrontare la morte piuttosto che rinunciarvi? Sono interrogativi che non si pos-sono eludere se non si vuole ridurre questa espres-sione ad un incomprensibile slogan.

Chi sono i Santi Martiri?Nel gran numero di martiri uccisi per la fede cristiana nell’Africa Settentrionale di 1700 anni fa, si annove-rano anche 49 martiri cristiani di Abitina.Abitene era una città della provincia romana detta Africa proconsularis, nell’odierna Tunisia, situata, secondo un’indicazione di Agostino, a sud ovest dell’antica Mambressa, oggi Medjez el–Bab, sul fiume Medjerda.

Nel 303 d.C. l’imperatore Diocleziano, dopo anni di relativa calma, nella quale la comunità cristiana aveva potuto crescere e diffondersi nelle diverse regioni dell’impero romano, aveva emanato dei decreti restrittivi e poi di persecuzione vera e propria contro i cristiani, ordinando che “si dovevano ricer-care i sacri testi e santi Testamenti del Signore e le divine Scritture, perché fossero bruciati; si dovevano abbattere le basiliche del Signore; si doveva proibire

di celebrare i sacri riti e le santissime riunioni del Signore” (Atti dei Martiri, I).Ad Abitene il vescovo Fundanio aveva consegnato i libri sacri alle autorità locali, secondo gli ordini dell’Imperatore. Forse per questo gesto di accondi-scendenza un gruppo di 49 cristiani composto da uomini, donne, giovani e fanciulli, appartenenti a dif-ferenti condizioni sociali e con compiti diversi all’in-terno della comunità cristiana, preferivano seguire il prete Saturnino nelle celebrazioni, nonostante il divieto ai cristiani di fare riunioni. Queste assemblee si effettuavano settimanalmente nella casa di un cristiano di nome Felice, oppure in quella del lettore Emerito; a loro si aggregavano alcuni cristiani fuggiti da Cartagine. Sorpresi durante una loro riunione in casa di Ottavio Felice, mentre di domenica celebravano l’Eucaristia,vennero imprigionati e condotti in tri-bunale per essere sottoposti a giudizio. I magistrati, ascoltata la loro confessione di essere cristiani e trovandoli colpevoli di riunione proibita dalle leggi, li inviarono a Cartagine presso il proconsole Anulino, perché non competenti per un processo.Secondo S. Agostino, gli interrogatori davanti ad Anulino si svolsero il 12 febbraio 304; tutti furono fermi nell’affermare di essere cristiani e che per-tanto “non si può vivere senza celebrare il giorno del Signore” (domenica).Anulino, al termine della giornata impiegata per gli interrogatori e constatato la loro professione di fede cristiana, li fece rinchiudere in carcere.

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Negli ‘Atti’ non è riportato come morirono, ma sembra che siano stati alcuni giustiziati, altri fatti morire di fame e torture nel carcere, comunque in tempi diversi. Gli ‘Atti’ riportano contradditori ed episodi di singoli martiri del gruppo: tra le diverse testimonianze, significativa è quella resa da Saturnino. Padre di quattro figli, Saturnino il Giovane, Felice, Maria e Ilarione, era presbiterus, probabilmente il responsa-bile ecclesiastico di quella comunità cristiana, dopo la abiura del vescovo Fundanio, che aveva ceduto le Sacre Scritture, date poi al rogo, così come viene precisato negli Acta. Negli stessi viene chiamato anche “l’anziano”, cioè vescovo o sacerdote, una volta “dottore” cioè maestro. Solo con la sua presenza viene celebrata la Pasqua Domenicale e questa ha la sua validità. I suoi due figli maggiori, Saturnino e Felice, furono lettori, un ruolo di grande rilevanza nella chiesa antica, data l’importanza che si dava alla lettura della parola di Dio. È significativa la risposta che Saturnino dà al giudice. Egli conosce il divieto dell’imperatore, ma è anche convinto che non è possibile “smettere di celebrare la Pasqua Domenicale perché così ordina la nostra legge”. Per Saturnino il mistero della morte e della resurrezione di Gesù deve essere celebrato tutte le domeniche, in ossequio al comando del Signore e alla sua promessa di essere presente tutti i giorni fino alla fine del mondo. Celebrare l’Eucaristia nel giorno del Signore significa disporsi al martirio, al dono di sé fino all’effusione del sangue.

Irritato dalle parole del presbitero, il governatore dette ordine che fosse steso sul cavalletto, dove altri avevano già versato il loro sangue, e intimò agli aguz-zini di infierire contro di lui, ritenuto il responsabile primo di questa trasgressione, in quanto presbitero. Pur in mezzo a tante torture, Saturnino continuava a sostenere la legge di Dio e pregava il suo Signore di favorire il suo desiderio di donare la sua vita con la decapitazione. Sconvolto dal suo comportamento, fu condotto sotto custodia nel carcere dove fu deca-pitato.Il martirio di Saturnino è raccontato come fosse un’azione liturgica. Mentre era imminente il sup-plizio, con queste parole il presbitero supplicava il Signore: “Ti prego, Cristo, esaudiscimi. Ti rendo grazie, o Dio. Fà che io sia decapitato! Ti prego, Cristo, abbi misericordia. Figlio di Dio, soccorrimi”. Attraverso la preghiera il presbitero Saturnino pre-dica anche tra i tormenti la santità di quella legge per la quale con gioia sostiene il supplizio.Edificante la testimonianza del lettore Emerito. Nella sua casa la comunità cristiana spesso si radunava per celebrare il dies dominico, guidata dal presbitero Saturnino. Durante il processo al presbitero, Emerito intervenne in sua difesa dichiarandosi colpevole di aver ospitato nella sua dimora le assemblee cristiane per celebrare la Pasqua domenicale. Il proconsole gli chiede: “Perché hai accolto nella tua casa i cristiani, contravvenendo così alle disposizioni imperiali?”. Ed ecco la risposta di Emerito: “Sine dominico non possumus”; non possiamo, cioè, né essere né tanto meno vivere da cristiani senza riunirci la domenica per celebrare l’Eucaristia.

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Storia dei Santi Martiri di AbiteneGiuseppe Micunco

Martiri di Abitene«Sine dominico non possumus: Senza la domenica non possiamo vivere».Questa espressione dei martiri di Abitene è stata scelta quale tema del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a Bari dal 21 al 29 maggio 2005. Cosa avvenne ad Abitene? Da chi e perché è stata pronunciata questa frase e quale significato pro-fondo è racchiuso nel termine latino dominicum, da spingere i martiri ad affrontare la morte piuttosto che rinunciarvi? Sono interrogativi che non si pos-sono eludere se non si vuole ridurre questa espres-sione ad un incomprensibile slogan.

Chi sono i Santi Martiri?Nel gran numero di martiri uccisi per la fede cristiana nell’Africa Settentrionale di 1700 anni fa, si annove-rano anche 49 martiri cristiani di Abitina.Abitene era una città della provincia romana detta Africa proconsularis, nell’odierna Tunisia, situata, secondo un’indicazione di Agostino, a sud ovest dell’antica Mambressa, oggi Medjez el–Bab, sul fiume Medjerda.

Nel 303 d.C. l’imperatore Diocleziano, dopo anni di relativa calma, nella quale la comunità cristiana aveva potuto crescere e diffondersi nelle diverse regioni dell’impero romano, aveva emanato dei decreti restrittivi e poi di persecuzione vera e propria contro i cristiani, ordinando che “si dovevano ricer-care i sacri testi e santi Testamenti del Signore e le divine Scritture, perché fossero bruciati; si dovevano abbattere le basiliche del Signore; si doveva proibire

di celebrare i sacri riti e le santissime riunioni del Signore” (Atti dei Martiri, I).Ad Abitene il vescovo Fundanio aveva consegnato i libri sacri alle autorità locali, secondo gli ordini dell’Imperatore. Forse per questo gesto di accondi-scendenza un gruppo di 49 cristiani composto da uomini, donne, giovani e fanciulli, appartenenti a dif-ferenti condizioni sociali e con compiti diversi all’in-terno della comunità cristiana, preferivano seguire il prete Saturnino nelle celebrazioni, nonostante il divieto ai cristiani di fare riunioni. Queste assemblee si effettuavano settimanalmente nella casa di un cristiano di nome Felice, oppure in quella del lettore Emerito; a loro si aggregavano alcuni cristiani fuggiti da Cartagine. Sorpresi durante una loro riunione in casa di Ottavio Felice, mentre di domenica celebravano l’Eucaristia,vennero imprigionati e condotti in tri-bunale per essere sottoposti a giudizio. I magistrati, ascoltata la loro confessione di essere cristiani e trovandoli colpevoli di riunione proibita dalle leggi, li inviarono a Cartagine presso il proconsole Anulino, perché non competenti per un processo.Secondo S. Agostino, gli interrogatori davanti ad Anulino si svolsero il 12 febbraio 304; tutti furono fermi nell’affermare di essere cristiani e che per-tanto “non si può vivere senza celebrare il giorno del Signore” (domenica).Anulino, al termine della giornata impiegata per gli interrogatori e constatato la loro professione di fede cristiana, li fece rinchiudere in carcere.

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Negli ‘Atti’ non è riportato come morirono, ma sembra che siano stati alcuni giustiziati, altri fatti morire di fame e torture nel carcere, comunque in tempi diversi. Gli ‘Atti’ riportano contradditori ed episodi di singoli martiri del gruppo: tra le diverse testimonianze, significativa è quella resa da Saturnino. Padre di quattro figli, Saturnino il Giovane, Felice, Maria e Ilarione, era presbiterus, probabilmente il responsa-bile ecclesiastico di quella comunità cristiana, dopo la abiura del vescovo Fundanio, che aveva ceduto le Sacre Scritture, date poi al rogo, così come viene precisato negli Acta. Negli stessi viene chiamato anche “l’anziano”, cioè vescovo o sacerdote, una volta “dottore” cioè maestro. Solo con la sua presenza viene celebrata la Pasqua Domenicale e questa ha la sua validità. I suoi due figli maggiori, Saturnino e Felice, furono lettori, un ruolo di grande rilevanza nella chiesa antica, data l’importanza che si dava alla lettura della parola di Dio. È significativa la risposta che Saturnino dà al giudice. Egli conosce il divieto dell’imperatore, ma è anche convinto che non è possibile “smettere di celebrare la Pasqua Domenicale perché così ordina la nostra legge”. Per Saturnino il mistero della morte e della resurrezione di Gesù deve essere celebrato tutte le domeniche, in ossequio al comando del Signore e alla sua promessa di essere presente tutti i giorni fino alla fine del mondo. Celebrare l’Eucaristia nel giorno del Signore significa disporsi al martirio, al dono di sé fino all’effusione del sangue.

Irritato dalle parole del presbitero, il governatore dette ordine che fosse steso sul cavalletto, dove altri avevano già versato il loro sangue, e intimò agli aguz-zini di infierire contro di lui, ritenuto il responsabile primo di questa trasgressione, in quanto presbitero. Pur in mezzo a tante torture, Saturnino continuava a sostenere la legge di Dio e pregava il suo Signore di favorire il suo desiderio di donare la sua vita con la decapitazione. Sconvolto dal suo comportamento, fu condotto sotto custodia nel carcere dove fu deca-pitato.Il martirio di Saturnino è raccontato come fosse un’azione liturgica. Mentre era imminente il sup-plizio, con queste parole il presbitero supplicava il Signore: “Ti prego, Cristo, esaudiscimi. Ti rendo grazie, o Dio. Fà che io sia decapitato! Ti prego, Cristo, abbi misericordia. Figlio di Dio, soccorrimi”. Attraverso la preghiera il presbitero Saturnino pre-dica anche tra i tormenti la santità di quella legge per la quale con gioia sostiene il supplizio.Edificante la testimonianza del lettore Emerito. Nella sua casa la comunità cristiana spesso si radunava per celebrare il dies dominico, guidata dal presbitero Saturnino. Durante il processo al presbitero, Emerito intervenne in sua difesa dichiarandosi colpevole di aver ospitato nella sua dimora le assemblee cristiane per celebrare la Pasqua domenicale. Il proconsole gli chiede: “Perché hai accolto nella tua casa i cristiani, contravvenendo così alle disposizioni imperiali?”. Ed ecco la risposta di Emerito: “Sine dominico non possumus”; non possiamo, cioè, né essere né tanto meno vivere da cristiani senza riunirci la domenica per celebrare l’Eucaristia.

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Il termine dominicum racchiude in sé un triplice signi-ficato. Esso indica il giorno del Signore, ma rinvia anche, nel contempo, a quanto ne costituisce il contenuto: alla Sua resurrezione e alla Sua presenza nell’evento eucaristico.La risposta di Emerito evidenzia il legame strettis-simo che intercorre tra Cristo Signore, la Sua morte e resurrezione, la comunità cristiana e l’Eucaristia, celebrata nel giorno di domenica: il giorno in cui il Risorto rivela il Suo splendore e la Sua gloria, riunisce i Suoi discepoli intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, li costituisce comunità eucaristica e missionaria, fa pregustare la gioia della gloria futura.Dativo, senatore, fu interrogato per primo; a lui si chiese di che condizione sociale fosse, se avesse partecipato all’assemblea e chi avesse organizzato la stessa. Torturato sul cavalletto dai carnefici che con gli uncini lo straziavano, Dativo pregava il Signore per i suoi aguzzini rivolgendo loro parole “Voi agite ingiustamente, o infelici; voi agite contro Dio, O Dio Altissimo, non imputare loro questi peccati. Non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo frodato nes-suno: ti rendo grazie Signore, dammi la forza di sof-frire per il tuo nome”. Alle parole sante di Dativo più si acuiva la violenza dei persecutori e del proconsole, “per la sua gloria rendo grazie a Dio che regna. Vedo già il regno eterno, il regno che non si corrompe. Signore Gesù Cristo, noi siamo cristiani, siamo al tuo servizio; tu sei la nostra speranza, tu sei la speranza dei cristiani”. Accusato ingiustamente da Fortu-nanziano, un uomo di alto rango, di aver sedotto la sorella Vittoria e di averla plagiata, portandola da Cartagine ad Abitene con altre due donne

della Comunità, Seconda e Restituta, fu dinanzi al governatore difeso dalla stessa giovane, che riven-dicò la sua libertà e la sua libera partecipazione alla Comunità cristiana. Contro di lui usò calunnie anche Pompeiano ma, pur torturato, Dativo dimostrò la falsità delle accuse. Il proconsole Anulino lo interrogò chiedendogli se avesse partecipato all’assemblea e lui confessò con fermezza di essere sopraggiunto ad assemblea inoltrata e di aver celebrato insieme ai fratelli la Pasqua domenicale, di non aver organiz-zato lui solo quella santissima assemblea ma insieme agli altri, guidati dal presbitero Saturnino, fu poi condotto in carcere dove fu destinato ad una morte degna di tale martire. Telica: torturato come gli altri al cavalletto, si rivol-geva al Signore “Rendo grazie a Dio. Nel tuo nome, Cristo, Figlio di Dio, libera i tuoi servi”. Felice: con la stessa fermezza degli altri suoi fratelli, interrogati e torturati, giustificò la sua presenza di cristiano: “Abbiamo celebrato l’Assemblea con ogni solennità, e per leggere le Scritture del Signore, siamo sempre convenuti nella Pasqua domenicale”. La sua ferma professione di cristiano gli valse la battitura delle verghe da parte dei carnefici che lo ridussero in fin di vita, resa a Dio con serenità. Ampelio: fu custos legis, probabilmente, lettore o altro ufficio legato alle Sacre Scritture. Al governa-tore romano che gli contestava di aver partecipato all’assemblea, contravvenendo alla legge imperiale, il martire, sorridente e sicuro, rispose: ”Ho parte-cipato all’Assemblea, con i fratelli, ho celebrato la Pasqua domenicale e ho con me le Scritture del Signore, ma scritte nel mio cuore. Cristo, ti rendo

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lode, esaudiscimi, Cristo”. Colpito violentemente dagli aguzzini, fu trascinato in carcere dove morì subendo con gioia il martirio.Felice il giovane: processato, proclamò che spe-ranza e salvezza dei cristiani era la Pasqua: “Io, con devozione, ho celebrato la Pasqua domenicale, ho partecipato con i fratelli all’assemblea “. Per questa sua aperta testimonianza, battuto con le verghe, fìnì in carcere dove dette la vita per Cristo. Vittoria vergine: nobile fanciulla cartaginese, aveva abbandonato la sua casa per rifiutare le nozze volute dalla famiglia, dato che aveva fatto voto di vergi-nità. Rifugiatasi ad Abitina con Seconda e Restituta, arrestata, fu anch’ella sottoposta al processo. In suo aiuto sopraggiunse il fratello per cercare di con-vincerla a ritrattare la sua orgogliosa attestazione di fede, ma la ragazza gli tenne testa: ”io ho la mia convinzione e non l’ho mai cambiata; ho preso parte alla riunione con i fratelli ed ho celebrato il giorno del Signore perché sono cristiana”.Questo l’elenco dei Santi Martiri:Saturnino prete – Saturnino suo figlio omonimo, lettore – Felice suo figlio, lettore – Maria sua figlia, vergine consacrata – Ilarione suo figlio più giovane – Dativo che pure era senatore, Felice, un altro Felice, Emerito lettore – Ampelio lettore – Rogaziano – Quinto – Massimiano – Telica – Rogaziano – Rogato – Gennaro – Cassiano – Vit-toriano – Vincenzo – Ceciliano - Restituta – Prima - Eva – Rogaziano – Givalio – Rogato – Pomponia – Seconda - Gennara – Saturnina –Martino – Danto – Felice – Mar-gherita – Maggiore – Onorata – Regiola – Vittorino – Pelusio – Fausto – Daciano – Matrona – Cecilia – Vittoria – Erettina – Seconda – Matrona – Gennara.

La domenica e l’identità cristianaI martiri di Abitene hanno affrontato coraggiosa-mente la morte, pur di non rinnegare la loro fede nel Cristo risorto e non venir meno all’incontro con Lui nella celebrazione eucaristica domenicale. Perché? non certamente per la sola osservanza di un “pre-cetto” – visto che solo in seguito la Chiesa stabilirà il precetto festivo. Allora, perché? Perché i cristiani, fin dall’inizio, hanno visto nella domenica e nell’Eucari-stia celebrata in questo giorno un elemento costitu-tivo della loro stessa identità. È quanto emerge con chiarezza dal commento che il redattore degli Atti dei martiri fa alla domanda rivolta dal proconsole al martire Felice. La centralità della domenicaAlla luce della testimonianza dei martiri di Abitene acquista maggiore forza quanto scrivono i Vescovi italiani negli Orientamenti pastorali: «Ci sembra fon-damentale ribadire che la comunità cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della domenica, “giorno fatto dal Signore” (Sal 118,24), “Pasqua settimanale”, con al centro la celebrazione dell’Eucaristia, e se custodirà nel contempo la parrocchia quale luogo – anche fisico – a cui la comunità stessa fa costante riferi-mento» (Cvmc 47).

La testimonianza dei martiriLa testimonianza dei martiri invita a riscoprire l’inscindibile rapporto che esiste tra l’Eucaristia ed il martirio, tra la liturgia vissuta nel tempo presente e quella che si celebra in cielo.

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Il termine dominicum racchiude in sé un triplice signi-ficato. Esso indica il giorno del Signore, ma rinvia anche, nel contempo, a quanto ne costituisce il contenuto: alla Sua resurrezione e alla Sua presenza nell’evento eucaristico.La risposta di Emerito evidenzia il legame strettis-simo che intercorre tra Cristo Signore, la Sua morte e resurrezione, la comunità cristiana e l’Eucaristia, celebrata nel giorno di domenica: il giorno in cui il Risorto rivela il Suo splendore e la Sua gloria, riunisce i Suoi discepoli intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, li costituisce comunità eucaristica e missionaria, fa pregustare la gioia della gloria futura.Dativo, senatore, fu interrogato per primo; a lui si chiese di che condizione sociale fosse, se avesse partecipato all’assemblea e chi avesse organizzato la stessa. Torturato sul cavalletto dai carnefici che con gli uncini lo straziavano, Dativo pregava il Signore per i suoi aguzzini rivolgendo loro parole “Voi agite ingiustamente, o infelici; voi agite contro Dio, O Dio Altissimo, non imputare loro questi peccati. Non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo frodato nes-suno: ti rendo grazie Signore, dammi la forza di sof-frire per il tuo nome”. Alle parole sante di Dativo più si acuiva la violenza dei persecutori e del proconsole, “per la sua gloria rendo grazie a Dio che regna. Vedo già il regno eterno, il regno che non si corrompe. Signore Gesù Cristo, noi siamo cristiani, siamo al tuo servizio; tu sei la nostra speranza, tu sei la speranza dei cristiani”. Accusato ingiustamente da Fortu-nanziano, un uomo di alto rango, di aver sedotto la sorella Vittoria e di averla plagiata, portandola da Cartagine ad Abitene con altre due donne

della Comunità, Seconda e Restituta, fu dinanzi al governatore difeso dalla stessa giovane, che riven-dicò la sua libertà e la sua libera partecipazione alla Comunità cristiana. Contro di lui usò calunnie anche Pompeiano ma, pur torturato, Dativo dimostrò la falsità delle accuse. Il proconsole Anulino lo interrogò chiedendogli se avesse partecipato all’assemblea e lui confessò con fermezza di essere sopraggiunto ad assemblea inoltrata e di aver celebrato insieme ai fratelli la Pasqua domenicale, di non aver organiz-zato lui solo quella santissima assemblea ma insieme agli altri, guidati dal presbitero Saturnino, fu poi condotto in carcere dove fu destinato ad una morte degna di tale martire. Telica: torturato come gli altri al cavalletto, si rivol-geva al Signore “Rendo grazie a Dio. Nel tuo nome, Cristo, Figlio di Dio, libera i tuoi servi”. Felice: con la stessa fermezza degli altri suoi fratelli, interrogati e torturati, giustificò la sua presenza di cristiano: “Abbiamo celebrato l’Assemblea con ogni solennità, e per leggere le Scritture del Signore, siamo sempre convenuti nella Pasqua domenicale”. La sua ferma professione di cristiano gli valse la battitura delle verghe da parte dei carnefici che lo ridussero in fin di vita, resa a Dio con serenità. Ampelio: fu custos legis, probabilmente, lettore o altro ufficio legato alle Sacre Scritture. Al governa-tore romano che gli contestava di aver partecipato all’assemblea, contravvenendo alla legge imperiale, il martire, sorridente e sicuro, rispose: ”Ho parte-cipato all’Assemblea, con i fratelli, ho celebrato la Pasqua domenicale e ho con me le Scritture del Signore, ma scritte nel mio cuore. Cristo, ti rendo

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lode, esaudiscimi, Cristo”. Colpito violentemente dagli aguzzini, fu trascinato in carcere dove morì subendo con gioia il martirio.Felice il giovane: processato, proclamò che spe-ranza e salvezza dei cristiani era la Pasqua: “Io, con devozione, ho celebrato la Pasqua domenicale, ho partecipato con i fratelli all’assemblea “. Per questa sua aperta testimonianza, battuto con le verghe, fìnì in carcere dove dette la vita per Cristo. Vittoria vergine: nobile fanciulla cartaginese, aveva abbandonato la sua casa per rifiutare le nozze volute dalla famiglia, dato che aveva fatto voto di vergi-nità. Rifugiatasi ad Abitina con Seconda e Restituta, arrestata, fu anch’ella sottoposta al processo. In suo aiuto sopraggiunse il fratello per cercare di con-vincerla a ritrattare la sua orgogliosa attestazione di fede, ma la ragazza gli tenne testa: ”io ho la mia convinzione e non l’ho mai cambiata; ho preso parte alla riunione con i fratelli ed ho celebrato il giorno del Signore perché sono cristiana”.Questo l’elenco dei Santi Martiri:Saturnino prete – Saturnino suo figlio omonimo, lettore – Felice suo figlio, lettore – Maria sua figlia, vergine consacrata – Ilarione suo figlio più giovane – Dativo che pure era senatore, Felice, un altro Felice, Emerito lettore – Ampelio lettore – Rogaziano – Quinto – Massimiano – Telica – Rogaziano – Rogato – Gennaro – Cassiano – Vit-toriano – Vincenzo – Ceciliano - Restituta – Prima - Eva – Rogaziano – Givalio – Rogato – Pomponia – Seconda - Gennara – Saturnina –Martino – Danto – Felice – Mar-gherita – Maggiore – Onorata – Regiola – Vittorino – Pelusio – Fausto – Daciano – Matrona – Cecilia – Vittoria – Erettina – Seconda – Matrona – Gennara.

La domenica e l’identità cristianaI martiri di Abitene hanno affrontato coraggiosa-mente la morte, pur di non rinnegare la loro fede nel Cristo risorto e non venir meno all’incontro con Lui nella celebrazione eucaristica domenicale. Perché? non certamente per la sola osservanza di un “pre-cetto” – visto che solo in seguito la Chiesa stabilirà il precetto festivo. Allora, perché? Perché i cristiani, fin dall’inizio, hanno visto nella domenica e nell’Eucari-stia celebrata in questo giorno un elemento costitu-tivo della loro stessa identità. È quanto emerge con chiarezza dal commento che il redattore degli Atti dei martiri fa alla domanda rivolta dal proconsole al martire Felice. La centralità della domenicaAlla luce della testimonianza dei martiri di Abitene acquista maggiore forza quanto scrivono i Vescovi italiani negli Orientamenti pastorali: «Ci sembra fon-damentale ribadire che la comunità cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della domenica, “giorno fatto dal Signore” (Sal 118,24), “Pasqua settimanale”, con al centro la celebrazione dell’Eucaristia, e se custodirà nel contempo la parrocchia quale luogo – anche fisico – a cui la comunità stessa fa costante riferi-mento» (Cvmc 47).

La testimonianza dei martiriLa testimonianza dei martiri invita a riscoprire l’inscindibile rapporto che esiste tra l’Eucaristia ed il martirio, tra la liturgia vissuta nel tempo presente e quella che si celebra in cielo.

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L’Eucaristia, presenza del Risorto, è ri-presentazione sacramentale della passione e della morte del Signore, alla quale il cristiano è invitato a prendere parte, per immedesimarsi totalmente con la sua per-sona, facendo un solo corpo con Lui, già nel tempo presente, per esserlo pienamente nella gloria.Le reliquie dei martiri vengono collocate sotto l’altare per significare che l’altare di Cristo è l’altare del cristiano, e che vi è una stretta unità tra il sacrificio della croce e quello eucaristico, tra l’immolazione di Cristo e quella del cristiano. Anche nei tempi moderni i cristiani vengono perseguitati. Il Ventesimo secolo, con le numerose vittime del nazismo e del comuni-smo, è stato definito “un secolo di martiri”.Non tutti i credenti in Cristo sono chiamati al mar-tirio di sangue, ma tutti devono fare della loro vita un’offerta gradita al Padre in unione al sacrificio di Cristo, e, così, prendere parte alla sua sofferenza per condividere la sua gloria. Il martirio consiste nel lasciarsi uccidere per testimoniare la fede in Gesù Cristo. Ma ogni anima che cerca con purezza la conoscenza di Dio e obbedisce con amore all’inse-gnamento di Gesù è martire sia nella vita che nelle parole.Essa, infatti, pur se non versa il sangue, versa la sua fede, poiché per la fede si separa dal corpo già prima di morire. Nella vicenda dei martiri di Abitene è significativa la notizia che il loro arresto avviene nella casa di Ottavio Felice, durante la celebrazione dell’Eucaristia Domenicale, e che altre celebrazioni si erano tenute nella casa di Emerito. La casa è il luogo dove si svolge la vita quotidiana, ma è anche l’am-biente vitale dove si impara a conoscere, celebrare e

vivere il giorno del Signore. Ugualmente importante è il riferimento al modo di intendere e di vivere le relazioni familiari.Sotto questo profilo, utili indicazioni vengono dalla narrazione del martirio della vergine Vittoria e del piccolo Ilarione, figlio minore del presbitero Satur-nino. Vittoria non cede alle lusinghe del fratello Fortunanziano, convinta che i veri fratelli “sono quelli che osservano i precetti del Signore”. Ilarione, seguendo l’esempio degli altri membri della famiglia che, prima di lui, avevano subito il martirio, dichiara: “Sono cristiano, e di mia volontà ho partecipato all’assemblea domenicale con mio padre e i miei fratelli”. Questi riferimenti richiamano l’importanza, anche per il nostro tempo, della famiglia cristiana “Chiesa domestica”, e del suo insostituibile compito di essere la prima cellula della società e della Chiesa, luogo di educazione e di crescita della fede.La partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale e alla vita della comunità rafforza il cam-mino di fede dei coniugi e delle famiglie cristiane. Anche l’impegno dei genitori cristiani di accompa-gnare i figli nel cammino di iniziazione e introdurli alla preghiera personale e liturgica trova nell’assem-blea eucaristica domenicale il contesto vitale e sicuro dell’irradiazione e della comunicazione della fede. L’autore del racconto dei martiri di Abitene, facendo riferimento alla domanda rivolta dal proconsole al martire Felice, sottolinea che al giudice romano non interessa sapere se Felice sia cristiano, ma gli importa di essere informato se egli abbia preso parte alle “riunioni”.

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Lo stesso autore è consapevole che un cristiano non può vivere senza la Pasqua domenicale come la Pasqua domenicale non si può celebrare senza che ci sia un cristiano. Testualmente aggiunge: “Non lo sai, satana, che è la Pasqua domenicale a fare il cristiano e che è il cristiano a fare la Pasqua domenicale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altro, e viceversa? Quando senti il nome ‘cristiano’, sappi che vi è un’as-semblea che celebra il Signore: e quando senti dire ‘assemblea’, sappi che lì c’è il cristiano”.E’ una questione di identità, la Pasqua Domenicale è l’essenza stessa del cristiano, il suo statuto, anzi è il cristiano stesso; un’identità che costituisce il credente in Cristo nel suo essere e che deve espri-mersi nell’agire e nell’operare. Per questo la Chiesa ha ribadito costantemente per i cristiani la necessità di essere fedeli al giorno del Signore.Il termine dominicum racchiude in particolare un triplice significato, indica il Giorno del Signore, la Sua Risurrezione e la Sua Presenza nell’Evento Eucari-stico.Il messaggio dei Martiri di Abitene è allora che sia la domenica sia l’Eucaristia sono elementi costitutivi dell’identità cristiana.E con quanto affermano i Vescovi Italiani ribadiamo che la comunità Cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della Domenica, “giorno fatto dal Signore”, “Pasqua settimanale”, con al centro la celebrazione dell’Euca-ristia”.

Ha detto il nostro Arcivescovo Francesco Cacucci che “la domenica è il giorno dell’Annuncio, della Celebra-zione e della Testimonianza del Mistero del Cristo Risorto. Ma tutto inizia da un incontro, e incontrare Cristo è fonte di gioia e di letizia.”“Il cristiano pone al centro della sua esistenza la cele-brazione eucaristica perché è consapevole che tutta la sua vita è il risultato di un incontro: la memoria di un mistero d’amore già sperimentato in passato deve essere riaccesa da un nuovo avvenimento che accade nel presente”. “Anche quando viene celebrata sull’altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Non ha nulla di intimistico. E’ il mistico incontro tra il Risorto e la sua comunità, tra il Signore del mondo e della storia e l’intera creazione”.

Conferma la centralità del Dies Dominicus il pensiero del Magistero della Chiesa: dalla Nota Pastorale “Il Giorno del Signore” dei Vescovi Italiani (7-8)«“Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore!”. Con questa bella testimonianza sulle labbra, i 49 martiri di Abitène con a capo il prete Saturnino affrontarono gioiosamente la morte piut-tosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore: il “giorno nuovo”, il primo della nuova creazione inaugurata dalla risurrezione di Cristo, nella quale il tempo mondano si fa tempo della grazia. Quel giorno era la domenica. Già da molto tempo i cristiani avevano abbandonato il sabato come giorno da dedicare a Dio nel riposo e nel culto, e lo avevano sostituito con il primo giorno

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L’Eucaristia, presenza del Risorto, è ri-presentazione sacramentale della passione e della morte del Signore, alla quale il cristiano è invitato a prendere parte, per immedesimarsi totalmente con la sua per-sona, facendo un solo corpo con Lui, già nel tempo presente, per esserlo pienamente nella gloria.Le reliquie dei martiri vengono collocate sotto l’altare per significare che l’altare di Cristo è l’altare del cristiano, e che vi è una stretta unità tra il sacrificio della croce e quello eucaristico, tra l’immolazione di Cristo e quella del cristiano. Anche nei tempi moderni i cristiani vengono perseguitati. Il Ventesimo secolo, con le numerose vittime del nazismo e del comuni-smo, è stato definito “un secolo di martiri”.Non tutti i credenti in Cristo sono chiamati al mar-tirio di sangue, ma tutti devono fare della loro vita un’offerta gradita al Padre in unione al sacrificio di Cristo, e, così, prendere parte alla sua sofferenza per condividere la sua gloria. Il martirio consiste nel lasciarsi uccidere per testimoniare la fede in Gesù Cristo. Ma ogni anima che cerca con purezza la conoscenza di Dio e obbedisce con amore all’inse-gnamento di Gesù è martire sia nella vita che nelle parole.Essa, infatti, pur se non versa il sangue, versa la sua fede, poiché per la fede si separa dal corpo già prima di morire. Nella vicenda dei martiri di Abitene è significativa la notizia che il loro arresto avviene nella casa di Ottavio Felice, durante la celebrazione dell’Eucaristia Domenicale, e che altre celebrazioni si erano tenute nella casa di Emerito. La casa è il luogo dove si svolge la vita quotidiana, ma è anche l’am-biente vitale dove si impara a conoscere, celebrare e

vivere il giorno del Signore. Ugualmente importante è il riferimento al modo di intendere e di vivere le relazioni familiari.Sotto questo profilo, utili indicazioni vengono dalla narrazione del martirio della vergine Vittoria e del piccolo Ilarione, figlio minore del presbitero Satur-nino. Vittoria non cede alle lusinghe del fratello Fortunanziano, convinta che i veri fratelli “sono quelli che osservano i precetti del Signore”. Ilarione, seguendo l’esempio degli altri membri della famiglia che, prima di lui, avevano subito il martirio, dichiara: “Sono cristiano, e di mia volontà ho partecipato all’assemblea domenicale con mio padre e i miei fratelli”. Questi riferimenti richiamano l’importanza, anche per il nostro tempo, della famiglia cristiana “Chiesa domestica”, e del suo insostituibile compito di essere la prima cellula della società e della Chiesa, luogo di educazione e di crescita della fede.La partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale e alla vita della comunità rafforza il cam-mino di fede dei coniugi e delle famiglie cristiane. Anche l’impegno dei genitori cristiani di accompa-gnare i figli nel cammino di iniziazione e introdurli alla preghiera personale e liturgica trova nell’assem-blea eucaristica domenicale il contesto vitale e sicuro dell’irradiazione e della comunicazione della fede. L’autore del racconto dei martiri di Abitene, facendo riferimento alla domanda rivolta dal proconsole al martire Felice, sottolinea che al giudice romano non interessa sapere se Felice sia cristiano, ma gli importa di essere informato se egli abbia preso parte alle “riunioni”.

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Lo stesso autore è consapevole che un cristiano non può vivere senza la Pasqua domenicale come la Pasqua domenicale non si può celebrare senza che ci sia un cristiano. Testualmente aggiunge: “Non lo sai, satana, che è la Pasqua domenicale a fare il cristiano e che è il cristiano a fare la Pasqua domenicale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altro, e viceversa? Quando senti il nome ‘cristiano’, sappi che vi è un’as-semblea che celebra il Signore: e quando senti dire ‘assemblea’, sappi che lì c’è il cristiano”.E’ una questione di identità, la Pasqua Domenicale è l’essenza stessa del cristiano, il suo statuto, anzi è il cristiano stesso; un’identità che costituisce il credente in Cristo nel suo essere e che deve espri-mersi nell’agire e nell’operare. Per questo la Chiesa ha ribadito costantemente per i cristiani la necessità di essere fedeli al giorno del Signore.Il termine dominicum racchiude in particolare un triplice significato, indica il Giorno del Signore, la Sua Risurrezione e la Sua Presenza nell’Evento Eucari-stico.Il messaggio dei Martiri di Abitene è allora che sia la domenica sia l’Eucaristia sono elementi costitutivi dell’identità cristiana.E con quanto affermano i Vescovi Italiani ribadiamo che la comunità Cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se custodirà la centralità della Domenica, “giorno fatto dal Signore”, “Pasqua settimanale”, con al centro la celebrazione dell’Euca-ristia”.

Ha detto il nostro Arcivescovo Francesco Cacucci che “la domenica è il giorno dell’Annuncio, della Celebra-zione e della Testimonianza del Mistero del Cristo Risorto. Ma tutto inizia da un incontro, e incontrare Cristo è fonte di gioia e di letizia.”“Il cristiano pone al centro della sua esistenza la cele-brazione eucaristica perché è consapevole che tutta la sua vita è il risultato di un incontro: la memoria di un mistero d’amore già sperimentato in passato deve essere riaccesa da un nuovo avvenimento che accade nel presente”. “Anche quando viene celebrata sull’altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Non ha nulla di intimistico. E’ il mistico incontro tra il Risorto e la sua comunità, tra il Signore del mondo e della storia e l’intera creazione”.

Conferma la centralità del Dies Dominicus il pensiero del Magistero della Chiesa: dalla Nota Pastorale “Il Giorno del Signore” dei Vescovi Italiani (7-8)«“Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore!”. Con questa bella testimonianza sulle labbra, i 49 martiri di Abitène con a capo il prete Saturnino affrontarono gioiosamente la morte piut-tosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore: il “giorno nuovo”, il primo della nuova creazione inaugurata dalla risurrezione di Cristo, nella quale il tempo mondano si fa tempo della grazia. Quel giorno era la domenica. Già da molto tempo i cristiani avevano abbandonato il sabato come giorno da dedicare a Dio nel riposo e nel culto, e lo avevano sostituito con il primo giorno

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dopo il sabato, il primo della settimana; perché vero giorno del Signore ormai non sarà più quello in cui Dio si riposa dalle sue opere, ma quello in cui egli agisce per la vita e per la salvezza dell’uomo».

Dall’Omelia di Benedetto XVI nella celebrazione conclusiva del XXIV Congresso Eucaristico a Bari «Ad Abitene, una piccola località nell’attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l’Euca-ristia sfidando i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la rispo-sta che Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l’ordine dell’impe-ratore. Egli disse: “Sine dominico non possumus”: senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eu-caristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soc-combere. Dopo atroci torture, i 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono così, con l’effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto.E’ un’esperienza, quella dei martiri di Abitene, sulla quale dobbiamo riflettere anche noi, cristiani del Ventunesimo secolo. Neppure per noi è facile vivere da cristiani. Da un punto di vista spirituale, il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto aspro, “grande e spaventoso”. “Come potremmo vivere senza di Lui?”. Sentiamo echeggiare in queste parole di Sant’Ignazio l’affer-

mazione dei martiri di Abitene: “Sine dominico non possumus”. Proprio di qui sgorga la nostra preghiera: che anche i cristiani di oggi ritrovino la consapevo-lezza della decisiva importanza della Celebrazione domenicale e sappiano trarre dalla partecipazione all’Eucaristia lo slancio necessario per un nuovo impegno nell’annuncio al mondo di Cristo “nostra pace”. Amen!»

Affresco, Cattedrale di Tunisi

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dopo il sabato, il primo della settimana; perché vero giorno del Signore ormai non sarà più quello in cui Dio si riposa dalle sue opere, ma quello in cui egli agisce per la vita e per la salvezza dell’uomo».

Dall’Omelia di Benedetto XVI nella celebrazione conclusiva del XXIV Congresso Eucaristico a Bari «Ad Abitene, una piccola località nell’attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l’Euca-ristia sfidando i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la rispo-sta che Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l’ordine dell’impe-ratore. Egli disse: “Sine dominico non possumus”: senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eu-caristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soc-combere. Dopo atroci torture, i 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono così, con l’effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto.E’ un’esperienza, quella dei martiri di Abitene, sulla quale dobbiamo riflettere anche noi, cristiani del Ventunesimo secolo. Neppure per noi è facile vivere da cristiani. Da un punto di vista spirituale, il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto aspro, “grande e spaventoso”. “Come potremmo vivere senza di Lui?”. Sentiamo echeggiare in queste parole di Sant’Ignazio l’affer-

mazione dei martiri di Abitene: “Sine dominico non possumus”. Proprio di qui sgorga la nostra preghiera: che anche i cristiani di oggi ritrovino la consapevo-lezza della decisiva importanza della Celebrazione domenicale e sappiano trarre dalla partecipazione all’Eucaristia lo slancio necessario per un nuovo impegno nell’annuncio al mondo di Cristo “nostra pace”. Amen!»

Affresco, Cattedrale di Tunisi

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Il progetto e la costruzione della chiesaClaudio D’Amato Guerrieri

2.

Il nuovo complesso parrocchiale (dedicato ai Santi Martiri di Abitene, n.d.r.) annesso alla chiesa di S. Egidio Abate in Bitonto (Bari), sorge in un’area angolare a cavallo tra un tessuto edilizio consolidato e una zona adibita ad edilizia economica e popolare: la nuova chiesa, gli spazi per il ministero pastorale e per la casa canonica, mirano a costituire una nuova centralità all’interno del tessuto urbano di questa parte di città. La composizione del complesso parrocchiale è definita da un quadrato di 18 metri di lato, dalla cui divisione-scomposizione in parti, nasce la nuova aula liturgica, in un percorso che dal molteplice conduce all’unità formale: la matrice del quadrato è scandita da una tripartizione modulare, citazione simbolica della Trinità, che in pianta permette l’in-dividuazione della casa canonica, l’aula liturgica e la copertura a vela; e, in alzato, il volume materico del basamento in carparo e il volume puro intonacato dell’elevazione. Il carattere fortemente geometrico dell’impianto architettonico è riscontrabile anche nel disegno a moduli e sottomoduli quadrati della piazza interna, che fa da filtro tra la chiesa e le strutture parrocchiali, prossime alla realizzazione. Quando il complesso nella sua totalità verrà terminato, la matrice quadrata renderà facilmente misurabile l’in-tero spazio edificato, restituendo il principio dell’ap-propriazione del costruito da parte della collettività parrocchiale. Anche la soluzione d’angolo dell’edificio risente dell’operazione di sottrazione di volume dai puri elementi prismatici iniziali, dando luogo, attra-verso la luce, ad una singolare vibrazione della rigida stereometria.

L’aula liturgica, austera nella sua forma ad l e nelle proporzioni, custodisce al suo interno l’elemento fon-dante del progetto, la luce, che piove lungo le pareti, disegna lo spazio, lo rende immateriale, liberandolo oltre i confini dell’involucro. L’aula è coperta da una volta a vela in legno lamellare, metafora della volta celeste. Attraverso il posizionamento aperture al di sopra della volta, si è raggiunta la smaterializzazione del piano di appoggio muro-volta, dissolto visiva-mente dalla presenza della luce solare. A tale fenomeno contribuisce anche l’oculo al centro della volta, che direziona l’attenzione verso la com-posizione centrale dello spazio liturgico, valoriz-zando le dinamiche del rito religioso e le fessure che interrompono la scatola muraria del basamento, proiettando una luce tagliente. Questo fa assumere alle pareti tonalità mutevoli nell’arco dalla giornata, grazie a giochi di luce incidente e riflessa. Un foro/rosone consente il diretto rimando formale all’ar-chitettura ecclesiastica e permette nel contempo il filtraggio della luce nell’aula liturgica. Nelle ore prive di luce lo spazio liturgico è illuminato artificialmente da un anello di luce di 4 metri di diametro, che si pro-ietta all’esterno segnalando così la propria presenza alla comunità di fedeli.

Tratto da:Mostra nazionale e convegno internazionale 2005. Ricerca forma-zione progetto di architettura. Architetti italiani under 50. Triennale di Milano, 4 maggio 2004, p. 52-53,Venezia, Marsilio Editori.

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Il progetto e la costruzione della chiesaClaudio D’Amato Guerrieri

2.

Il nuovo complesso parrocchiale (dedicato ai Santi Martiri di Abitene, n.d.r.) annesso alla chiesa di S. Egidio Abate in Bitonto (Bari), sorge in un’area angolare a cavallo tra un tessuto edilizio consolidato e una zona adibita ad edilizia economica e popolare: la nuova chiesa, gli spazi per il ministero pastorale e per la casa canonica, mirano a costituire una nuova centralità all’interno del tessuto urbano di questa parte di città. La composizione del complesso parrocchiale è definita da un quadrato di 18 metri di lato, dalla cui divisione-scomposizione in parti, nasce la nuova aula liturgica, in un percorso che dal molteplice conduce all’unità formale: la matrice del quadrato è scandita da una tripartizione modulare, citazione simbolica della Trinità, che in pianta permette l’in-dividuazione della casa canonica, l’aula liturgica e la copertura a vela; e, in alzato, il volume materico del basamento in carparo e il volume puro intonacato dell’elevazione. Il carattere fortemente geometrico dell’impianto architettonico è riscontrabile anche nel disegno a moduli e sottomoduli quadrati della piazza interna, che fa da filtro tra la chiesa e le strutture parrocchiali, prossime alla realizzazione. Quando il complesso nella sua totalità verrà terminato, la matrice quadrata renderà facilmente misurabile l’in-tero spazio edificato, restituendo il principio dell’ap-propriazione del costruito da parte della collettività parrocchiale. Anche la soluzione d’angolo dell’edificio risente dell’operazione di sottrazione di volume dai puri elementi prismatici iniziali, dando luogo, attra-verso la luce, ad una singolare vibrazione della rigida stereometria.

L’aula liturgica, austera nella sua forma ad l e nelle proporzioni, custodisce al suo interno l’elemento fon-dante del progetto, la luce, che piove lungo le pareti, disegna lo spazio, lo rende immateriale, liberandolo oltre i confini dell’involucro. L’aula è coperta da una volta a vela in legno lamellare, metafora della volta celeste. Attraverso il posizionamento aperture al di sopra della volta, si è raggiunta la smaterializzazione del piano di appoggio muro-volta, dissolto visiva-mente dalla presenza della luce solare. A tale fenomeno contribuisce anche l’oculo al centro della volta, che direziona l’attenzione verso la com-posizione centrale dello spazio liturgico, valoriz-zando le dinamiche del rito religioso e le fessure che interrompono la scatola muraria del basamento, proiettando una luce tagliente. Questo fa assumere alle pareti tonalità mutevoli nell’arco dalla giornata, grazie a giochi di luce incidente e riflessa. Un foro/rosone consente il diretto rimando formale all’ar-chitettura ecclesiastica e permette nel contempo il filtraggio della luce nell’aula liturgica. Nelle ore prive di luce lo spazio liturgico è illuminato artificialmente da un anello di luce di 4 metri di diametro, che si pro-ietta all’esterno segnalando così la propria presenza alla comunità di fedeli.

Tratto da:Mostra nazionale e convegno internazionale 2005. Ricerca forma-zione progetto di architettura. Architetti italiani under 50. Triennale di Milano, 4 maggio 2004, p. 52-53,Venezia, Marsilio Editori.

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