Il rapporto è stato redatto con la supervisione e il coordinamento di Cristina Brasili e con la
collaborazione di:
Federica Benni
Antonio Bubbico
Roberto Fanfani
Diego Gandolfo
Luciano Gutierrez
Aldo Marchese
Gianluca Parodi
Pierre Maurice Reverberi
Annachiara Saguatti
Lucilla Spinelli
1
Ciclo economico e produttività nelle regioni
italiane
Sommario
INTRODUZIONE
di Cristina Brasili................................................................................................................................. 3
1. CRESCITA ECONOMICA E PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO
di Antonio Bubbico............................................................................................................................... 5
2. LA PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO NELLE REGIONI ITALIANE
di Federica Benni ............................................................................................................................... 23
3. L’INDICATORE DI ATTIVITÀ ECONOMICA E LA PRODUTTIVITÀ
di Lucilla Spinelli ............................................................................................................................... 31
4. UN APPROFONDIMENTO SULLA PRODUTTIVITÀ DEL SETTORE AGRICOLO
di Aldo Marchese .............................................................................................................................. 37
5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
di Cristina Brasili............................................................................................................................... 49
APPENDICE A .................................................................................................................................. 51
APPENDICE B .................................................................................................................................. 55
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI .................................................................................................... 57
3
INTRODUZIONE
Perché analizzare a livello regionale un tema tanto dibattuto quale quello della produttività?
La produttività è considerata dagli studiosi la componente principale della crescita economica.
Nell‟attuale fase del ciclo economico, in cui permane ancora l‟incertezza sulla ripresa, lo studio
della produttività, declinato nelle sue dimensioni territoriale e temporale, può contribuire a
comprendere in maniera più precisa le ragioni della lentezza che caratterizza le dinamiche della
ripresa del nostro Paese.
Un esercizio di “contabilità della crescita”, proposto per le regioni italiane dal 1980 al 2004
da Vittorio Daniele (2008), evidenzia come fino al 1995 il Pil pro-capite del Mezzogiorno cresceva,
sostanzialmente, per effetto dell‟aumento delle produttività. Nel periodo successivo e fino al 2004 il
tasso di crescita delle regioni meridionali è ancora superiore a quello del Centro-Nord, sia per
effetto dell‟occupazione che per un consistente aumento della produttività del lavoro. L‟incremento
della produttività diventa elemento cruciale per testare l‟ipotesi della convergenza delle regioni che,
se confermata, comporterebbe per il Mezzogiorno un tasso di crescita del Pil pro capite capace, in
ultima istanza, di “catturare” quello del Centro-Nord (Brugnoli e Fachin, 2000; Pigliaru, 2001). Vi
è, infatti, una correlazione significativa tra il tasso di crescita della produttività del lavoro e il livello
iniziale del Pil pro capite (Daniele, 2008).
Il contributo del presente lavoro su “Ciclo economico e produttività nelle regioni italiane”,
che il gruppo di ricerca di RegiosS, propone per questa terza edizione del Workshop “Le regioni
italiane: ciclo economico e dati strutturali”, vuole riprendere e approfondire alcune di queste
riflessioni sulla “contabilità della crescita”, mettendo in relazione l‟indicatore di attività economica
regionale (coincidente e aggiornato trimestralmente dall‟Associazione RegiosS) e la produttività del
lavoro. Un ulteriore approfondimento dell‟analisi è finalizzato ad individuare gli andamenti della
produttività del lavoro nelle diverse regioni italiane anche in relazione alla loro struttura e
specializzazione produttiva, che, come abbiamo visto nel contributo “La specializzazione produttiva
delle regioni, l’effetto della crisi: una “rottura”?” (presentato alla seconda edizione del Workshop
UniCredit - RegiosS, “Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali”, Bologna 2010),
condizionano fortemente le performance cicliche delle economie regionali.
Partendo da tali considerazioni, il presente studio propone un focus sulla produttività del
lavoro nelle regioni italiane. Particolare attenzione è posta sugli aspetti settoriali dell‟economia e su
quanto avvenuto negli anni della recente crisi, con lo scopo di capire come incidere per ottenere
un‟inversione significativa di rotta e quindi stimolare nuovamente la crescita economica nel nostro
Paese.
Il primo Capitolo analizza l‟andamento della produttività del lavoro in Italia e la sua
relazione con i tassi di crescita del Pil, del valore aggiunto e dell‟occupazione. L‟andamento di
queste variabili, responsabili della crescita economica e al tempo stesso da questa condizionate, è
poi analizzato dettagliatamente anche a livello settoriale e di macroarea (Nord-Ovest, Nord-Est,
Centro e Mezzogiorno). Il secondo Capitolo si concentra sul calcolo della produttività a livello
regionale, effettuato secondo la metodologia proposta dall‟Istat (Misure di produttività. Anni 1980-
2009, Roma 2010) ed evidenzia come i tassi di crescita della produttività, che dalla metà degli anni
Novanta avevano fatto registrare un pattern debolmente positivo, siano invece, nel periodo dal 2007
al 2009, negativi in tutte le regioni italiane. Il successivo focus sui settori evidenzia delle peculiarità
importanti: la crisi economica colpisce fortemente il settore manifatturiero italiano, e di
4
conseguenza le regioni in cui questo è maggiormente rilevante, e in misura minore, invece, quello
agricolo. Queste differenze sono approfondite nel quarto Capitolo, dove i dati illustrati evidenziano
la controtendenza del settore agricolo e le ragioni sottostanti al diverso andamento della produttività
del lavoro in tale comparto. A tal fine, l‟analisi dell‟incidenza della specializzazione produttiva
agricola sulle variazioni della produttività riconferma il carattere anticiclico del settore, seppure la
suddivisione in macroaree evidenzi difformità territoriali.
Nel terzo Capitolo si analizza la relazione tra l‟andamento del ciclo economico delle regioni
italiane (misurato con l‟indicatore di attività economica di RegiosS) con quello della produttività
del lavoro. Il confronto evidenzia il forte legame tra le due variabili, così come ipotizzato dalla
teoria della crescita, e al contempo una certa variabilità a livello regionale e settoriale.
5
1. Crescita economica e produttività del lavoro
Empiricamente si riscontra che le economie più ricche sono contraddistinte da una
produttività del lavoro maggiore rispetto a quelle povere, nonostante il tasso di occupazione sia
relativamente elevato in alcune Nazioni povere. E‟ evidente che è la produttività il fattore che incide
maggiormente sul livello del Pil. Lo stesso Adam Smith ha individuato nella produttività il fattore
principale della crescita. Un‟analisi dettagliata della produttività del lavoro nell‟economia del Paese
e nelle economie regionali, pertanto, permette di individuare le ragioni delle performance di
crescita.
L‟ISTAT calcola la produttività del lavoro utilizzando come misura di input le ore lavorate,
misura più corretta del fattore lavoro. Purtroppo a livello regionale, per il momento, non sono
disponibili tali dati. Nell‟analisi, quindi, vengono utilizzate le unità di lavoro in media annua sia a
livello nazionale che di macroarea.
L‟andamento del Pil italiano, nel periodo dal 1995 al 2009, ha evidenziato un tasso medio di
crescita annuale moderatamente positivo in tutti gli anni considerati, eccetto che nel triennio 2007-
2009 in cui l‟impatto della crisi finanziaria sull‟economia reale si è pesantemente manifestato,
(Figura 1.1).
Dalla metà degli anni Novanta fino alla recente crisi, la lieve crescita dell‟economia italiana
era dovuta in maniera quasi equivalente al debole aumento della produttività e al contemporaneo
modesto incremento dell‟occupazione (Figura 1.2). Nel periodo della crisi è stato il crollo di
entrambe le componenti, e in misura maggiore dell‟occupazione, a determinare la forte recessione
dell‟economia nazionale.
Analizzando la dinamica del valore aggiunto e delle unità di lavoro nel periodo 1995-2009
emerge chiaramente la differenza tra la fase di contrazione dell‟economia italiana negli anni dal
2000 al 2003 e quella della recessione attuale. In entrambi i casi il valore aggiunto ha subito una
riduzione maggiore rispetto alle unità di lavoro, ma nella recente crisi il valore aggiunto e
l‟occupazione hanno registrato una contrazione molto più marcata, che ha comportato quindi
un‟ulteriore forte riduzione nell‟andamento della produttività.
La crescita della produttività del lavoro in Italia in tutto il decennio anteriore alla crisi è stata
complessivamente modesta (Figura 1.3). Anche nei periodi di espansione del valore aggiunto,
quindi, la crescita della produttività è rimasta contenuta. La dinamica della produttività, stagnante o
fortemente negativa, porta ad affermare che difficilmente verranno superati gli effetti della recente
crisi se non si cambia rotta accelerando il passo della crescita, per evitare la stagnazione economica
che comprometterebbe il futuro non solo dell‟industria, ma dell‟intera economia.
Ci troviamo davanti ad una crisi che, come evidenziato da più parti, ha avuto un forte
impatto sul settore industriale. Infatti, nel triennio 2007-2009 la riduzione media annua della
produttività nell‟industria in senso stretto è stata del 5% (Figura 1.4). Risultano evidenti i diversi
andamenti della produttività nei settori considerati: le costruzioni registrano un tasso medio annuo
della produttività negativo in tutti i periodi considerati, mentre quello dell‟agricoltura risulta sempre
positivo.
6
Figura 1.1 Il prodotto interno lordo in Italia (tassi di crescita in media annua)
-3,5%
-3,0%
-2,5%
-2,0%
-1,5%
-1,0%
-0,5%
0,0%
0,5%
1,0%
1,5%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.2 Valore aggiunto pro capite nelle sue componenti in Italia (tassi di crescita in media annua)
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Unità di lavoro/Popolazione Produttività
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
7
Figura 1.3 Produttività del lavoro in Italia (1995=100)
90
95
100
105
110
115
120
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.4 Produttività del lavoro nei settori (tassi di crescita in media annua)
-6%
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Industria in senso stretto Servizi Agricoltura, silvicoltura e pesca Costruzioni
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Le dinamiche del valore aggiunto e delle unità di lavoro nel periodo 1995-2009 nei settori
che rappresentano la struttura economica italiana (industria in senso stretto, servizi, agricoltura,
costruzioni) ci permettono di cogliere alcune differenze rilevanti dell‟impatto della crisi economica
nei diversi comparti dell‟economia italiana. Il settore industriale si conferma il più colpito dalla
crisi, infatti il calo del valore aggiunto (-18,1% nel periodo 2007-2009) è il più alto di quelli
registrati nei vari comparti, anche la produttività diminuisce del 9,6% poiché contemporaneamente
anche le unità di lavoro si riducono (- 9,4%) (Figura 1.5). Nei servizi la riduzione del valore
aggiunto è stata del 3% e quella della produttività del 1,8%, con una diminuzione delle unità del
lavoro pari al 1,2% (Figura 1.6). In agricoltura il calo del valore aggiunto è stato del 2,1% mentre la
produttività aumenta dell‟1,7% grazie ad una riduzione delle unità di lavoro pari al 3,8% (Figura
8
1.7). Nelle costruzioni tra il 2007 e il 2009 le unità di lavoro sono diminuite dell‟1,3%, il valore
aggiunto dell‟8,9% con conseguente diminuzione della produttività del 7,7% (Figura 1.8).
Durante la lieve contrazione dell‟economia nazionale (2000-2003) il valore aggiunto
nell‟industria in senso stretto si contrae del 3,2%, la produttività diminuisce del 3,2% mentre le
unità di lavoro si mantengono sostanzialmente stabili (aumentano dello 0,04%). Nei servizi seppure
il valore aggiunto non si riduca (+3,7% tra gli anni 2000-2003), la produttività diminuisce tra il
2000 e il 2003 dell‟1,4% a causa di un aumento maggiore delle unità di lavoro (+5,2%). In
agricoltura notiamo un fenomeno di riduzione delle unità di lavoro costante e una riduzione del
valore aggiunto evidente nel corso del periodo 1999-2003: in particolare il valore aggiunto
diminuisce del 12,2%, tra il 1999 e il 2003, ad un tasso medio annuo del 3,3%, con la produttività
del lavoro che diminuisce, sempre negli stessi anni, del 4,8% (Figura 1.7). Le costruzioni subiscono
una diminuzione della produttività negli anni 2000-2003 (-0,8%) sebbene il valore aggiunto
aumenti del 10,5%, a causa di un aumento delle unità di lavoro pari all‟11,4% (Figura 1.8).
Figura 1.5 Valore aggiunto e unità di lavoro in Italia nell’industria in senso stretto
205000
215000
225000
235000
245000
255000
265000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
4500
4600
4700
4800
4900
5000
5100
5200
Un
ità
di l
avo
roValore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.6 Valore aggiunto e unità di lavoro in Italia nei servizi
650000
690000
730000
770000
810000
850000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
14000
14600
15200
15800
16400
17000
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
9
Figura 1.7 Valore aggiunto e unità di lavoro in Italia in agricoltura
26500
27500
28500
29500
30500
31500
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
1200
1350
1500
1650
1800
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.8 Valore aggiunto e unità di lavoro in Italia nelle costruzioni
50000
53000
56000
59000
62000
65000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
1500
1600
1700
1800
1900
2000
2100
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
La produttività del lavoro è cresciuta marginalmente nell‟ultimo decennio e sebbene non vi
fosse una fase di forte recessione nel 2003 la produttività aveva un tasso di crescita negativo. La
successiva ristrutturazione non ha rappresentato uno slancio sufficiente a far crescere in maniera
costante la produttività del lavoro. La relazione tra il tasso di crescita della produttività del lavoro e
la fase recessiva, individuata attraverso l‟indicatore del ciclo economico elaborato da RegiosS,
viene evidenziata nella Figura 1.9.
10
Figura 1.9 Tasso di produttività e fasi recessive del ciclo economico in Italia*
-3,5%
-2,5%
-1,5%
-0,5%
0,5%
1,5%
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
produttività
*Le fasi recessive individuate dall‟indicatore di attività economica RegiosS sono evidenziate nella figura dalla parte
tratteggiata.
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
Se focalizziamo l‟attenzione sul periodo di crisi 2007-2010, tramite il ricorso ai dati
trimestrali su valore aggiunto, unità di lavoro e produttività nei diversi settori (Figura 1.10),
possiamo ottenere un quadro dettagliato sull‟impatto della crisi economica e sulle successive
risposte a livello settoriale. Nell‟industria in senso stretto il valore aggiunto ha subito un trend
fortemente negativo tra il secondo trimestre 2008 e il secondo trimestre del 2009, con un calo tra
questi due periodi del 19,5%. In seguito, il valore aggiunto ha avuto un trend positivo fino al quarto
trimestre del 2010 arrivando ad un livello inferiore del 15% rispetto al primo trimestre del 2007. Sul
fronte dell‟occupazione, osserviamo che le unità di lavoro nell‟industria in senso stretto sono
diminuite, tra il secondo trimestre del 2007 e il terzo trimestre del 2010, del 15,3%, con un accenno
di recupero tra il terzo e il quarto trimestre del 2010. Il periodo di caduta del valore aggiunto
termina nel secondo trimestre del 2009, quando esso, al pari della produttività, inizia a crescere. Nel
settore dei servizi il valore aggiunto ha un trend negativo, ma in modo decisamente inferiore
rispetto all‟industria, tra il primo semestre del 2008 fino al primo trimestre del 2009: esso
diminuisce del 3,5%, mentre le unità di lavoro subiscono un calo pari all‟1,5%, con conseguente
riduzione di produttività del settore. La fase di ripresa del valore aggiunto e della produttività inizia
nel primo trimestre del 2009.
In agricoltura il trend non è negativo per quanto riguarda il valore aggiunto, mentre è
negativo per le unità di lavoro, consentendo una produttività più elevata nel quarto trimestre del
2010 rispetto al livello del primo trimestre 2007. Il settore che maggiormente subisce un calo dal
punto di vista della produttività, tra il 2007 e il 2010, è quello delle costruzioni con un calo pari al
12,3%, contro il - 2,2% nell‟industria in senso stretto e l‟1% nei servizi.
11
Figura 1.10 Produttività del lavoro in Italia nei principali settori (2007 I trim. =100)
Industria in senso stretto
80
85
90
95
100
105
2007/1 2007/2 2007/3 2007/4 2008/1 2008/2 2008/3 2008/4 2009/1 2009/2 2009/3 2009/4 2010/1 2010/2 2010/3 2010/4
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Servizi
97
98
99
100
101
102
2007/1 2007/2 2007/3 2007/4 2008/1 2008/2 2008/3 2008/4 2009/1 2009/2 2009/3 2009/4 2010/1 2010/2 2010/3 2010/4
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto Agricoltura
90
93
96
99
102
105
108
2007/1 2007/2 2007/3 2007/4 2008/1 2008/2 2008/3 2008/4 2009/1 2009/2 2009/3 2009/4 2010/1 2010/2 2010/3 2010/4
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Costruzioni
80
85
90
95
100
105
2007/1 2007/2 2007/3 2007/4 2008/1 2008/2 2008/3 2008/4 2009/1 2009/2 2009/3 2009/4 2010/1 2010/2 2010/3 2010/4
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Perseguendo l‟obiettivo di individuare l‟importanza relativa dei settori economici sulla
variazione di produttività del lavoro utilizziamo un‟analisi panel a effetti fissi (si veda Appendice
A) in cui consideriamo come variabile dipendente la variazione della produttività del lavoro, e come
variabili indipendenti le quote di valore aggiunto di ogni singolo settore sul valore aggiunto totale
del livello territoriale oggetto di analisi. Possiamo così catturare il peso della struttura economica
sulla variazione della produttività. Le stime dei coefficienti di regressione suggeriscono che in Italia
il settore che influenza in modo maggiore la crescita della produttività è quello agricolo, seguito in
ordine di importanza da industria, costruzioni e servizi (Tabella 1.1). Da sottolineare la peculiarità
del settore agricolo che conferma il suo carattere anticiclico e presenta una variazione della
produttività positiva anche nel periodo della crisi, con un dato in controtendenza rispetto agli altri
settori dell‟economia nazionale (un approfondimento per il settore agricolo verrà proposto nel
quarto Capitolo).
Tabella 1.1 Panel a effetti fissi per le regioni italiane 1995-2009
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Industria 3,456 (***) 0,993 0,0006
Servizi 3,130 (**) 1,028 0,0026
Agricoltura 4,110 (***) 1,121 0,0003
Costruzioni 3,138 (**) 1,042 0,0029
Adj. R-Squared : 0,17795; F-statistic: 15,4671 on 4 and 256 DF, p-value: 2,4022e-11; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟ 0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
12
La portata della riduzione della produttività nel settore industriale indica che la sfida italiana
per la crescita è di sbloccare il potenziale economico, con scelte di mercato, politiche
dell‟innovazione e dello sviluppo, riorganizzazione nell‟ambito della divisione internazionale del
lavoro. L‟industria italiana non tiene il passo nei confronti di quella tedesca, economia europea di
riferimento, che analogamente alla nostra ha un peso rilevante proprio del settore manifatturiero, ma
che risulta maggiormente orientata alle esportazioni verso i Paesi emergenti. Vi è inoltre il rischio
per il Paese che economie più giovani e intraprendenti, capaci di sfruttare al massimo le potenzialità
del proprio capitale umano, riescano a cogliere le esigenze del cambiamento, con ulteriori e
inevitabili conseguenze sulla tenuta della competitività italiana.
La sfida industriale risulta imprescindibile per stimolare sia la crescita che la stabilità dei
bilanci pubblici, per evitare che la competitività venga ulteriormente erosa dagli effetti della crisi.
1.1 La produttività del lavoro nelle macroaree
Lo scenario economico nelle diverse aree del Paese presenta realtà e dinamiche molto
differenti tra loro. Il Nord-Ovest, se consideriamo il valore aggiunto, è stata l‟area più colpita dalla
crisi del 2007-2009; inoltre quest‟area ha avuto un tasso di crescita medio annuale inferiore rispetto
a tutte le altre aree nel periodo 1995-2009, e un tasso di crescita negativo nel decennio 2000-2009
(Figura 1.11). Dal momento che la recente crisi ha colpito il settore industriale più degli altri, a
subire le maggiori ripercussioni sono proprio le aree del Paese a maggiore vocazione manifatturiera:
questo risulta evidente dall‟andamento del Pil procapite nel periodo 2007-2009 (Figura 1.12). Se
consideriamo la rilevanza che i principali settori economici (industria in senso stretto, servizi e
agricoltura) occupano nelle diverse macroaree, è evidente una relazione inversa tra l‟andamento dei
tassi di crescita del Pil (e ancora più nel caso dei tassi di crescita del Pil pro capite) e il peso del
settore industriale (Figure 1.13, 1.14 e 1.15). Analizzando la dinamica del valore aggiunto
nell‟industria in senso stretto, è evidente come negli anni della crisi sia l‟area del Nord-Est quella
con un‟incidenza maggiore dell‟industria sul totale del valore aggiunto dell‟area. I tassi di crescita
medi annui del valore aggiunto evidenziano differenze rispetto al Pil e al Pil pro capite (Figura
1.16). È da sottolineare il tasso di crescita negativo per il periodo complessivo 1995-2009 per il
Nord-Ovest, laddove tutte le altre aree hanno un tasso di crescita positivo. A livello regionale è
evidente una correlazione inversa tra il livello di Pil pro capite nel 1995 e i tassi di crescita tra il
1995 e il 2009 (Figura 1.17). Il tasso di crescita del valore aggiunto pro capite è condizionato in
maniera evidente dal tasso di crescita della produttività nelle aree più avanzate del Paese, negli anni
della crisi 2007-2009, mentre nel Centro e nel Mezzogiorno vi è una forte decrescita delle unità di
lavoro sulla popolazione (Figura 1.18). L‟andamento della produttività del lavoro nelle diverse aree
del Paese evidenzia differenze importanti nei periodi di recessione (Figura 1.19). Nel 2002-2003 le
aree del Nord-Ovest, del Nord-Est e del Mezzogiorno subiscono una riduzione lieve del valore
aggiunto e della produttività con una pronta ripresa nel 2004, mentre il Centro subisce una
riduzione del valore aggiunto e della produttività solo nel 2003. Al contrario la recente forte crisi
impatta più omogeneamente su tutte le aree del Paese.
L‟andamento delle unità di lavoro e del valore aggiunto nelle macroaree per il settore
industriale (Figura 1.20) evidenzia una forte caduta del valore aggiunto nel Nord-Ovest e nel Nord-
Est tra il 2007 e il 2009. In particolare il valore aggiunto diminuisce rispettivamente del 21% e del
17,4% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, del 16,6% e del 14,1% rispettivamente nel Mezzogiorno e
nel Centro. Le unità di lavoro diminuiscono del 12% nel Nord-Ovest e del 6,6% nel Nord-Est, e
13
dell‟11,7% e del 6,4% nel Mezzogiorno e nel Centro. Gli stessi dati per il settore dei servizi (Figura
1.21) evidenziano una rapidità di riduzione del valore aggiunto simile in tutte le aree ad eccezione
del Mezzogiorno: il valore aggiunto diminuisce del 2,9%, 2,8% e 2,6% rispettivamente nel Nord-
Ovest, Nord-Est e Centro, mentre la diminuzione nel Mezzogiorno è pari al 3,7%. Le unità di lavoro
nei servizi diminuiscono dello 0,19% e dello 0,79% nel Nord-Est e nel Nord-Ovest rispettivamente,
dell‟1,1% e del 2,6% nel Centro e nel Mezzogiorno. Nel settore agricolo (Figura 1.22) nel periodo
2007-2009 si assiste ad un aumento del valore aggiunto nel Nord e ad una diminuzione nel resto del
Paese: il valore aggiunto cresce dell‟1,1% nel Nord-Ovest e del 2,5% nel Nord-Est, mentre
diminuisce del 5,5% nel Centro e del 5,2% nel Mezzogiorno. Le unità di lavoro diminuiscono
dell‟1,5% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, del 4% nel Centro e del 5,8% nel Mezzogiorno. Nel
settore delle costruzioni (Figura 1.23) il valore aggiunto negli anni 2007-2009 diminuisce in
maniera simile in tutte le aree del Paese tranne che nel Mezzogiorno dove si assiste ad un crollo.
Precisamente la diminuzione del valore aggiunto è del 7,7% nel Nord-Ovest, del 7,4% nel Nord-Est,
del 6,7% nel Centro e del 13,4% nel Mezzogiorno. Le unità di lavoro aumentano nel Nord-Ovest
(2,9%) e nel Centro (2,4%) mentre diminuiscono nel Nord-Est (4,1%) e nel Mezzogiorno (5,4%).
Figura 1.11 Il prodotto interno lordo nelle macroaree (tassi di crescita in media annua)
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
14
Figura 1.12 Il prodotto interno lordo pro capite nelle macroaree (tassi di crescita in media annua)
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.13 Quota di valore aggiunto dell’industria in senso stretto sul totale del valore aggiunto (Italia=100)
60
70
80
90
100
110
120
130
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
15
Figura 1.14 Quota di valore aggiunto dei servizi sul totale del valore aggiunto (Italia=100)
85
90
95
100
105
110
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.15 Quota di valore aggiunto dell’agricoltura sul totale del valore aggiunto (Italia=100)
55
75
95
115
135
155
175
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
16
Figura 1.16 Il valore aggiunto nelle macroaree (tassi di crescita in media annua)
-5,5%
-4,5%
-3,5%
-2,5%
-1,5%
-0,5%
0,5%
1,5%
1995-2009 2000-2007 2000-2009 2007-2009
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.17 Valore aggiunto nel 1995 e tassi di crescita medi annui del valore aggiunto (1995-2009)
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
17
Figura 1.18 Il valore aggiunto pro capite nelle sue componenti nelle macroaree (tassi di crescita in media annua)
N o rd -O vest
-5 %
-4 %
-3 %
-2 %
-1 %
0 %
1 %
1 9 9 5 -2 0 0 9 2 0 0 0 -2 0 0 7 2 0 0 0 -2 0 0 9 2 0 0 7 -2 0 0 9
Uni tà d i l a voro/popol a zi one Produtti vi tà
N o rd -Est
-5 %
-4 %
-3 %
-2 %
-1 %
0 %
1 %
1 9 9 5 -2 0 0 9 2 0 0 0 -2 0 0 7 2 0 0 0 -2 0 0 9 2 0 0 7 -2 0 0 9
Uni tà d i l a voro/popol a zi one Produtti vi tà Cen tro
-5 %
-4 %
-3 %
-2 %
-1 %
0 %
1 %
1 9 9 5 -2 0 0 9 2 0 0 0 -2 0 0 7 2 0 0 0 -2 0 0 9 2 0 0 7 -2 0 0 9
Uni tà d i l a voro/popol a zi one Produtti vi tà
M ezzo g io rn o
-5 %
-4 %
-3 %
-2 %
-1 %
0 %
1 %
1 9 9 5 -2 0 0 9 2 0 0 0 -2 0 0 7 2 0 0 0 -2 0 0 9 2 0 0 7 -2 0 0 9
Un i tà d i l a vo ro /p o p o l a zi o n e P ro d u tti v i tà
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 1.19 Produttività, unità di lavoro e valore aggiunto nelle macroaree (1995=100)
Nord-Ovest
98
103
108
113
118
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Nord-Est
98
103
108
113
118
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Centro
98
103
108
113
118
123
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Mezzogiorno
98
103
108
113
118
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
18
Figura 1.20 Unità di lavoro e valore aggiunto nelle macroaree nell’industria in senso stretto
Nord-Ovest
78000
83000
88000
93000
98000
103000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
1500
1600
1700
1800
1900
2000
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Nord-Est
59000
62000
65000
68000
71000
74000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
1330
1360
1390
1420
1450
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Centro
38000
39000
40000
41000
42000
43000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
810
840
870
900
930
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Mezzogiorno
31000
33000
35000
37000
39000
41000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
810
840
870
900
930
960
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
Figura 1.21 Unità di lavoro e valore aggiunto nelle macroaree nei servizi
Nord-Ovest
200000
210000
220000
230000
240000
250000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
3930
4130
4330
4530
4730
4930
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Nord-Est
135000
145000
155000
165000
175000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
2800
3000
3200
3400
3600
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Centro
150000
160000
170000
180000
190000
200000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
3000
3200
3400
3600
3800
4000
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Mezzogiorno
165000
175000
185000
195000
205000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
4100
4250
4400
4550
4700
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
19
Figura 1.22 Unità di lavoro e valore aggiunto nelle macroaree in agricoltura, silvicoltura e pesca
Nord-Ovest
5600
5800
6000
6200
6400
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
240
250
260
270
280
290
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Nord-Est
6000
6400
6800
7200
7600
8000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
270
300
330
360
390
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Centro
3800
4000
4200
4400
4600
4800
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
170
185
200
215
230
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Mezzogiorno
10000
10500
11000
11500
12000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
550
650
750
850
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
Figura 1.23 Unità di lavoro e valore aggiunto nelle macroaree nelle costruzioni
Nord-Ovest
14000
15000
16000
17000
18000
19000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
400
450
500
550
600
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Nord-Est
10000
11000
12000
13000
14000
15000
16000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
300
350
400
450
500
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Centro
10000
10500
11000
11500
12000
12500
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
250
300
350
400
450
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Mezzogiorno
14000
15000
16000
17000
18000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Va
lore
ag
giu
nto
450
500
550
600
650
Un
ità
di
lav
oro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
20
Figura 1.24 Tasso di produttività e fasi recessive ciclo economico nelle macroaree*
Nord-ovest
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
produttività
Nord-est
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
produttività
Centro
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
produttività
Mezzogiorno
-2%
-1%
0%
1%
2%
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
produttività
*Le fasi recessive individuate dall‟indicatore di attività economica RegiosS sono evidenziate nella figura dalla parte
tratteggiata.
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT e RegiosS
Nonostante nel 2003 le economie del Nord-Ovest, del Nord-Est e del Centro non siano in
recessione, il loro tasso di produttività è negativo (Figura 1.24).
Ci poniamo ora l‟obiettivo di valutare l‟incidenza delle caratteristiche strutturali
dell‟economia sulla variazione della produttività del lavoro. A tale scopo utilizziamo un‟analisi
panel a effetti fissi in cui consideriamo come variabile dipendente la variazione della produttività
del lavoro e come variabili indipendenti le quote del valore aggiunto di ogni singolo settore sul
valore aggiunto totale. In tale modo possiamo catturare l‟influenza di ogni settore e nel complesso
l‟incidenza della struttura economica sulla variazione di produttività del lavoro. L‟analisi è stata
effettuata per gli anni 1995-2009 per il Centro-Nord e per il Mezzogiorno.
Tabella 1.2 Panel a effetti fissi per le regioni del Centro-Nord 1995-2009
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Industria 1,135 2,441 0,6426
Servizi 0,608 2,500 0,8080
Agricoltura 0,616 2,555 0,8097
Costruzioni 0,430 2,571 0,8674
Adj. R-Squared : 0,21345; F-statistic: 11,7329 on 4 and 152 DF, p-value: 2,4874e-08; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟ 0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
21
Tabella 1.3 Panel a effetti fissi per le regioni del Mezzogiorno 1995-2009
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Industria 4,183 (***) 1,055 0,0001
Servizi 4,225 (***) 1,106 0,0002
Agricoltura 5,522 (***) 1,222 1,716e-05
Costruzioni 4,526 (***) 1,093 7,217e-05
Adj. R-Squared : 0,21976; F-statistic: 8,16216 on 4 and 100 DF, p-value: 9,748e-06; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟
0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazione su dati ISTAT
È evidente la differenza tra l‟influenza che le quote di valore aggiunto dei vari settori hanno
sulla variazione di produttività nel Mezzogiorno e nel Centro-Nord. I risultati forniscono non
un‟indicazione puntuale ma una tendenza che ogni settore determinano alla variazione di
produttività. Alla variazione della produttività nelle regioni del Centro-Nord, come si evince dai
coefficienti di regressione (sebbene nessuno dei coefficienti sia significativo), contribuisce in
misura maggiore il settore industriale, seguito, nell‟ordine, da agricoltura, servizi e costruzioni
(Tabella 1.2). Nel Mezzogiorno (Tabella 1.3), dove la presenza del settore industriale è contenuta,
la variazione di produttività dipende essenzialmente dall‟agricoltura, seguita dalle costruzioni. È da
sottolineare l‟ordine di importanza invertito per il contributo dato alla produttività del lavoro dai
diversi settori nel Mezzogiorno rispetto all‟area del Centro-Nord.
Negli ultimi quindici anni, sia nelle fasi di espansione che in quelle di recessione economica,
non vi è stata una significativa crescita della produttività. Possiamo concludere che la scarsa
produttività del lavoro sia la ragione di fondo della debole crescita dell‟economia italiana. Il tema
della produttività del lavoro richiama quello della ristrutturazione economica in Italia, che vuol dire
perdita di posti di lavoro nell‟immediato e conseguente crescita della produttività accompagnata
dallo sviluppo di forze economiche capaci di garantire posti di lavoro “produttivi” e competitività a
livello internazionale. E‟ probabilmente questa la sfida che il nostro Paese si trova ad affrontare e
che altri stanno affrontando (Stati Uniti e Germania): ristrutturazione dei settori economici che
garantisca una robusta e veloce crescita economica. Come evidente dai dati qui considerati, in una
situazione in cui non vi è incremento di produttività non viene garantita la formazione di una
struttura economica solida, che rappresenta la chiave per accendere il motore dell‟economia
italiana.
23
2. La produttività del lavoro nelle regioni italiane
Le profonde differenze che esistono tra i livelli di crescita dei Paesi sono ancora più evidenti
a livello regionale. Le ragioni di tali squilibri possono essere individuate tramite l‟analisi dettagliata
della produttività, componente principale della crescita economica, delle regioni italiane.
La metodologia utilizzata per il calcolo della produttività del lavoro è quella adottata
dall‟Istituto Nazionale di Statistica, che fa riferimento alle linee guida contenute nel manuale per la
misurazione della produttività pubblicato dall‟OCSE1.
La produttività, definita come il rapporto tra una misura del volume di output realizzato e
una misura del volume di uno o più input impiegati nel processo produttivo, è stata calcolata
utilizzando i dati dei conti economici regionali disponibili per il periodo 1995-2009 (diffusi il 12
novembre 2010 dall‟ISTAT). Il volume di output è rappresentato dal valore aggiunto a prezzi base,
espresso in valori concatenati anno di riferimento 2000, e il volume di input dalle unità di lavoro
totali. I tassi di variazioni annuali della produttività del lavoro sono stati calcolati come tassi di
variazione logaritmici:
)/ln()/ln()/ln()/ln()/ln( 11111 tttttttttt LLYYLYLYPLPL
La misura più adeguata dell‟input di lavoro è rappresentata dal monte ore lavorate,
grandezza che contiene l‟insieme delle ore di lavoro effettuate dagli occupati in qualsiasi posizione
professionale (dipendente e indipendente), con l‟esclusione delle ore di Cassa Integrazione
Guadagni, delle ore non lavorate per assenze per ferie, festività, permessi personali e scioperi e, più
in generale, delle ore non lavorate anche se per esse è stata corrisposta una retribuzione. Le ore
lavorate totali includono anche le ore di straordinario, cioè quelle prestate al di fuori dell‟orario
ordinario di lavoro.
Le ore lavorate non vengono rilevate dall‟ISTAT a livello regionale, pertanto per poter
condurre analisi ad un livello sub-nazionale si è deciso di utilizzare come misura del volume di
input le unità di lavoro totali (ULA). L‟unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestata
nell‟anno da un occupato a tempo pieno, e si ottiene trasformando il totale delle posizioni
lavorative, principali e plurime, in attività lavorative a tempo pieno. Le unità di lavoro totali sono
calcolate al netto delle ULA in Cassa Integrazione Guadagni.
Le due grandezze, espresse in tassi di crescita su base annua, presentano dinamiche simili
nel periodo considerato. Il lieve scostamento negli andamenti è determinato dalle differenze nelle
definizioni e nei metodi di stima delle variabili considerate (Figura 2.1).
1 Measuring Productivity: Measurement of aggregate and industry-level productivity growth, OECD Manual, Parigi,
2001.
24
Figura 2.1 Monte ore lavorate e unità di lavoro totali – Italia (variazioni % a/a)
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Monte ore lavorate ULA totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
La produttività del lavoro per l‟Italia è stata calcolata utilizzando come misura di input le
unità di lavoro totali per rendere omogenei e confrontabili i risultati con quelli regionali, nonostante
a livello nazionale siano disponibili i dati sulle ore di lavoro.
Dalla metà degli anni Novanta al 2009 la produttività del lavoro totale ha registrato un
modesto incremento in quasi tutte le regioni italiane, seppur in modo differenziato, evidenziando la
lentezza che caratterizza le dinamiche di crescita del nostro Paese. I tassi di crescita in media annua
oscillano tra il -0,3% della Valle d‟Aosta e lo 0,6% di Puglia e Calabria, tendenza che si riflette
anche a livello di macroarea: il Nord-Ovest segna una crescita annua prossima allo zero e il
Mezzogiorno dello 0,4%, a fronte di un +0,2% annuo a livello nazionale (Tabella 2.1).
Se analizziamo soltanto gli anni più recenti, 2000-2009, la produttività presenta un
andamento negativo in quasi tutte le regioni italiane. I valori più bassi sono quelli di Emilia-
Romagna e Lombardia (rispettivamente -0,6% e -0,5% in media annua). Uniche eccezioni il Friuli
Venezia Giulia, la Liguria, la Basilicata e la Campania che presentano tassi di crescita annui
prossimi allo zero e la Valle d‟Aosta che registra un andamento positivo negli anni 2000-2009
(+0,4% in media annua).
Nell‟ultimo decennio si possono però individuare tre periodi differenti. Gli anni dal 2000 al
2003, fase di contrazione dell‟economia nazionale, in cui la produttività del lavoro diminuisce in
modo rilevante nelle regioni italiane, con la sola eccezione della Valle d‟Aosta, dell‟Umbria e della
Liguria (rispettivamente +0,7%, +0,1%, +0,7% in media annua). Il periodo 2003-2007 è
caratterizzato da una ripresa della produttività del lavoro sia a livello nazionale (+0,8% in media
annua) che regionale, soprattutto nelle regioni del Nord-Est (+1%), nelle Marche, nell‟Abruzzo,
nella Campania e nella Basilicata (rispettivamente +1,3%, +1%, +1,2% e +1,8% in media annua).
L‟Umbria è l‟unica regione che presenta una produttività leggermente negativa (-0,1%) nel periodo
oggetto di studio.
Nel triennio 2007-2009, fase di recessione dell‟economia, la dinamica della produttività del
lavoro è fortemente negativa in tutte le regioni (-1,9% in media annua per l‟Italia). Tuttavia, il calo
più consistente si registra nel Nord-Est (-2,5%) e nel Nord-Ovest (-2,4%), a fronte di una riduzione
in media annua del -1,5% nel Centro e del 1% nel Mezzogiorno. Le regioni con la maggiore
variazione negativa della produttività nel periodo 2007-2009 sono l‟Emilia-Romagna (circa -3%) e
25
la Lombardia (-2,6%); il tasso di crescita su base annua del 2009, anno in cui gli effetti della crisi
economica sono stati più evidenti, diminuisce ulteriormente e raggiunge -4,3% in Emilia-Romagna
e -3,9% in Lombardia.
Tabella 2.1 Produttività del lavoro nelle regioni italiane (tassi di crescita in media annua)
1995-2009 2000-2009 2000-2003 2003-2007 2007-2009
PIEMONTE -0,13 -0,42 -0,04 0,22 -2,27
VALLE D'AOSTA -0,26 0,39 0,67 0,74 -0,75
LOMBARDIA -0,07 -0,50 -0,57 0,61 -2,63
LIGURIA 0,47 0,08 0,73 0,18 -1,12
TRENTINO-ALTO ADIGE 0,19 -0,17 -0,60 1,10 -2,05
VENETO 0,20 -0,20 -0,52 1,03 -2,17
FRIULI VENEZIA GIULIA 0,23 0,01 -0,27 1,31 -2,15
EMILIA-ROMAGNA 0,03 -0,58 -0,98 0,91 -2,96
TOSCANA 0,17 -0,33 -0,49 0,81 -2,35
UMBRIA -0,16 -0,40 0,07 -0,10 -1,67
MARCHE 0,50 -0,01 -0,37 1,27 -2,02
LAZIO 0,10 -0,21 -0,77 0,56 -0,90
ABRUZZO 0,30 -0,35 -1,17 0,98 -1,76
MOLISE 0,21 -0,05 -0,16 0,42 -0,84
CAMPANIA 0,54 0,09 -0,75 1,19 -0,88
PUGLIA 0,57 -0,15 -0,70 0,62 -0,86
BASILICATA 0,27 0,08 -1,33 1,75 -1,14
CALABRIA 0,60 -0,43 -1,06 0,41 -1,17
SICILIA 0,23 -0,06 -0,10 0,49 -1,10
SARDEGNA 0,11 -0,12 -0,80 0,51 -0,37
NORD-OVEST -0,03 -0,41 -0,26 0,46 -2,39
NORD-EST 0,14 -0,32 -0,68 1,02 -2,46
CENTRO 0,17 -0,20 -0,55 0,72 -1,53
MEZZOGIORNO 0,41 -0,09 -0,66 0,77 -0,98
ITALIA 0,17 -0,25 -0,53 0,76 -1,87
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Studiare la produttività del lavoro nel complesso non è sufficiente per individuare le criticità
legate all‟andamento di tale variabile. Occorre quindi effettuare approfondimenti relativi ai vari
settori di attività economica italiani, all‟interno dei quali la produttività è molto eterogenea. Le
cause sono da ricercare nelle caratteristiche strutturali e nella specializzazione produttiva delle
regioni.
Il settore agricolo, che verrà analizzato in modo dettagliato nel quarto capitolo del presente
lavoro, registra una produttività positiva a livello nazionale nel periodo della crisi (+0,9% in media
annua) a differenza di quanto accade negli altri comparti, confermando pertanto la sua struttura
anticiclica.
Nell‟industria in senso stretto la produttività del lavoro, nei periodi di recessione
dell‟economia, è caratterizzata da tassi di crescita medi inferiori rispetto a quelli totali, a conferma
del fatto che la crisi è legata principalmente al settore industriale.
Analizzando i dati nel dettaglio si osserva che per gli anni 1995-2009 la produttività risulta
negativa per la metà delle regioni italiane, con tassi di crescita che oscillano tra -0,8% del Trentino-
Alto Adige e -0,1% dell‟Emilia-Romagna, e prossima allo zero o lievemente positiva per le restanti
regioni (Tabella 2.2). Il Lazio presenta il valore più elevato nel periodo di esame (+0,9% in media
26
annua), mentre a livello di macroarea è il Centro ad avere la performance migliore (+0,2%), contro
il Nord-Est, area fortemente industriale, che segna un -0,2% in media annua.
Il decennio 2000-2009 è caratterizzato da una maggiore riduzione della produttività
nell‟industria in senso stretto (-0,8% per l‟Italia) che coinvolge tutte le regioni e in particolare
quelle del Nord-Est (-0,9%) e del Nord-Ovest (-0,8%). Al contrario il Lazio e la Valle d‟Aosta
segnano variazioni positive (rispettivamente +0,1% e +1% in media annua). Negli anni 2000-2003
la produttività cala fortemente sia a livello nazionale (-1,1% in media annua) che regionale, con
l‟eccezione del Piemonte, della Valle d‟Aosta e dell‟Umbria. Nelle macroaree la situazione appare
ribaltata rispetto agli altri periodi, infatti il Mezzogiorno evidenzia una riduzione pari a -1,7% in
media annua e il Centro -1,2%, a fronte di -1% nel Nord-Est e -0,7% nel Nord-Ovest.
Tabella 2.2 Produttività del lavoro nell’industria in senso stretto nelle regioni italiane (tassi di crescita in media
annua)
1995-2009 2000-2009 2000-2003 2003-2007 2007-2009
PIEMONTE 0,22 -0,22 0,17 1,27 -3,80
VALLE D'AOSTA 0,24 0,96 3,11 2,44 -5,20
LOMBARDIA -0,13 -1,12 -1,09 1,38 -6,15
LIGURIA 0,08 -0,91 -1,83 1,12 -3,58
TRENTINO-ALTO ADIGE -0,81 -1,53 -1,70 0,90 -6,12
VENETO -0,16 -0,94 -1,03 1,59 -5,86
FRIULI VENEZIA GIULIA -0,35 -0,77 -0,46 1,76 -6,32
EMILIA-ROMAGNA -0,10 -0,81 -1,04 2,19 -6,47
TOSCANA 0,29 -0,72 -1,78 1,90 -4,40
UMBRIA -0,39 -0,07 0,55 1,21 -3,55
MARCHE -0,20 -1,15 -1,04 1,23 -6,08
LAZIO 0,91 0,05 -0,93 2,08 -2,54
ABRUZZO 0,06 -0,70 -2,11 1,29 -2,56
MOLISE -0,36 -1,52 -3,65 0,58 -2,52
CAMPANIA 0,25 -0,35 -2,04 2,25 -3,04
PUGLIA 0,20 -0,67 -1,47 0,73 -2,27
BASILICATA -1,05 -1,21 -4,09 1,92 -3,13
CALABRIA 0,29 -1,85 -0,88 -1,48 -4,06
SICILIA -0,83 -1,11 -0,89 -0,18 -3,30
SARDEGNA 0,08 -1,21 -2,07 0,27 -2,87
NORD-OVEST -0,02 -0,83 -0,69 1,36 -5,42
NORD-EST -0,18 -0,90 -0,98 1,81 -6,17
CENTRO 0,22 -0,63 -1,24 1,66 -4,31
MEZZOGIORNO -0,05 -0,79 -1,70 0,93 -2,88
ITALIA -0,03 -0,81 -1,09 1,51 -5,05
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Nel periodo 2003-2007 la produttività dell‟industria è in forte ripresa, pari a +1,5% in media
annua per l‟Italia e a +1,8% per il Nord-Est. I tassi di crescita sono positivi per tutte le regioni, ad
eccezione di Sicilia e Calabria, e pari ad oltre il +2% in media annua per l‟Emilia-Romagna, la
Valle d‟Aosta, il Lazio e la Campania. Nel triennio 2007-2009 si assiste al crollo della produttività
del lavoro nell‟industria in senso stretto che coinvolge tutte le regioni italiane, con una riduzione del
5% in media annua in Italia, del -6,2% nel Nord-Est, del -5,4% nel Nord-Ovest, del -4,3% nel
Centro ed una diminuzione più contenuta nel Mezzogiorno (-2,9%), area meno specializzata nel
settore industriale. L‟Emilia-Romagna, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, il Trentino-Alto
27
Adige, le Marche e il Veneto, regioni nelle quali l‟industria risulta tra i primi tre settori di
specializzazione produttiva (con la sola eccezione del Trentino-Alto Adige)2, presentano i valori di
produttività più bassi con tassi che oscillano tra il -5,9% e il -6,5%. La situazione appare ancora più
drammatica se analizziamo i dati del 2009 rispetto all‟anno precedente: in Emilia-Romagna, dove il
valore aggiunto dell‟industria costituisce il 28,5% del totale e le unità di lavoro il 26,6% (valori
medi per gli anni 1995-2009), la produttività si riduce del 10,4% e in Lombardia, in cui le unità di
lavoro dell‟industria rappresentano il 28,7% del totale e il valore aggiunto il 30,1% (valori medi per
gli anni 1995-2009), la produttività cala quasi del 10%.
In Italia i diversi comparti dell‟industria manifatturiera non hanno innescato un comune
processo di innovazione e ristrutturazione, pertanto il tasso di crescita dell‟occupazione negli anni è
stato superiore a quello della produzione portando così ad una riduzione della produttività. È
difficile determinare per tutti i comparti una causa univoca di questo fenomeno, ma si possono
individuare comunque alcuni elementi comuni: la flessibilità del lavoro, la moderazione salariale e
gli incentivi all‟occupazione3. Infatti, il meccanismo di legare la crescita salariale al tasso
d‟inflazione programmato ha contenuto i costi per le imprese e favorito la crescita di
un‟occupazione non qualificata che ha portato poca innovazione per i settori produttivi.
Tabella 2.3 Produttività del lavoro nelle costruzioni nelle regioni italiane (tassi di crescita in media annua)
1995-2009 2000-2009 2000-2003 2003-2007 2007-2009
PIEMONTE -0,95 -1,04 1,13 -0,31 -5,73
VALLE D'AOSTA -6,39 -3,38 -2,53 -2,94 -5,54
LOMBARDIA -0,47 -1,18 -0,82 0,78 -5,64
LIGURIA 0,13 -1,42 4,78 -5,30 -2,99
TRENTINO-ALTO ADIGE 1,29 0,00 -0,11 0,99 -1,79
VENETO -0,57 0,09 2,28 -0,77 -1,48
FRIULI VENEZIA GIULIA -0,45 1,10 3,75 0,03 -0,74
EMILIA-ROMAGNA 1,49 0,87 2,12 1,49 -2,26
TOSCANA -0,67 -2,54 -0,69 -2,30 -5,81
UMBRIA -1,27 -2,45 -1,80 -2,43 -3,50
MARCHE -0,45 -0,97 -2,86 0,81 -1,69
LAZIO -3,18 -4,37 -5,73 -3,30 -4,48
ABRUZZO -1,44 -2,92 -1,98 -0,51 -9,14
MOLISE -1,22 0,57 8,03 -2,24 -5,00
CAMPANIA -0,89 -1,24 -1,02 -0,37 -3,33
PUGLIA -1,81 -3,36 -3,18 -3,22 -3,91
BASILICATA -2,61 -1,13 0,16 -0,88 -3,58
CALABRIA -0,80 -1,83 -1,17 -1,83 -2,79
SICILIA -2,32 -2,58 2,60 -4,40 -6,70
SARDEGNA -1,07 -0,13 0,11 -0,16 -0,44
NORD-OVEST -0,66 -1,20 0,17 -0,13 -5,40
NORD-EST 0,34 0,44 2,14 0,26 -1,73
CENTRO -1,93 -3,21 -3,36 -2,40 -4,62
MEZZOGIORNO -1,54 -2,03 -0,43 -2,04 -4,43
ITALIA -0,91 -1,42 -0,26 -0,99 -4,03
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
2 La specializzazione produttiva delle regioni, l’effetto della crisi: una “rottura”?, RegiosS, II edizione del Workshop
“Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali”, Bologna, 2010. 3 Gli occupati crescono, l’economia no. Cosa succede al mercato del lavoro italiano?, P. Garibaldi, La Voce, 2002.
28
La produttività del lavoro nelle costruzioni, negli anni 1995-2009 presenta una dinamica
negativa in tutte le regioni italiane, con l‟eccezione di quelle del Nord-Est (+0,3%). A livello
nazionale la diminuzione è stata del -0,9%, nel Centro del -1,9%, nel Mezzogiorno del -1,5% e nel
Nord-Ovest del -0,7% (Tabella 2.3).
Nel periodo 2000-2003 la produttività del Nord-Est è in forte ripresa (+2,1%), grazie ai
valori registrati in Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna (rispettivamente +2,3%,
+3,8% e +2,1% in media annua), e risulta in controtendenza rispetto alla media nazionale (-0,3%),
al Centro (-3,4%) e al Mezzogiorno (-0,4%). Lievemente positivo anche il dato del Nord-Ovest
(+0,2% in media annua).
Nella fase di espansione dell‟economia italiana (2003-2007), la produttività del settore delle
costruzioni è stata caratterizzata da un andamento negativo in tutte le regioni italiane con poche
eccezioni (Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Marche, che
presentano tuttavia tassi di crescita in media annua modesti), a differenza di quanto accaduto per la
produttività totale del lavoro e dell‟industria in senso stretto.
Nel periodo 2007-2009 l‟andamento della produttività nelle costruzioni è fortemente
negativo, in particolare nelle aree del Nord-Ovest (-5,4% in media annua), del Centro (-4,6%) e del
Mezzogiorno (-4,4%), mentre nel Nord-Est tale contrazione è stata più contenuta (-1,7% in media
annua).
Tabella 2.4 Produttività del lavoro nel settore commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e
comunicazioni nelle regioni italiane (tassi di crescita in media annua)
1995-2007 2000-2007 2000-2003 2003-2007
PIEMONTE 0,47 0,41 0,58 0,28
VALLE D'AOSTA 0,50 -0,05 -2,85 2,05
LOMBARDIA 0,34 0,23 0,42 0,09
LIGURIA 1,57 1,37 0,47 2,04
TRENTINO-ALTO ADIGE 0,28 -0,13 -1,19 0,67
VENETO 0,71 0,45 -0,92 1,48
FRIULI VENEZIA GIULIA 0,70 0,08 -2,32 1,88
EMILIA-ROMAGNA 0,00 -0,46 -3,05 1,48
TOSCANA 0,80 0,68 -0,09 1,26
UMBRIA -0,24 -1,04 -2,40 -0,02
MARCHE 1,11 0,89 -0,67 2,06
LAZIO 0,61 0,12 -2,74 2,26
ABRUZZO 0,19 -0,40 -1,06 0,10
MOLISE 0,23 -0,82 -2,36 0,33
CAMPANIA 0,86 0,35 -1,10 1,43
PUGLIA 0,77 -0,17 -2,00 1,20
BASILICATA 1,48 0,43 -2,31 2,48
CALABRIA 0,65 -1,22 -4,01 0,87
SICILIA 0,52 -0,76 -2,64 0,65
SARDEGNA 0,09 -0,47 -1,86 0,57
NORD-OVEST 0,51 0,38 0,48 0,31
NORD-EST 0,40 0,01 -1,89 1,44
CENTRO 0,71 0,36 -1,65 1,86
MEZZOGIORNO 0,63 -0,29 -2,00 0,99
ITALIA 0,56 0,16 -1,11 1,11
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
29
Le serie storiche del valore aggiunto e delle unità di lavoro a livello regionale, per i settori
del commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni, dell‟intermediazione
monetaria e finanziaria, attività immobiliari ed imprenditoriali e di altre attività di servizi, contenute
nei conti economici regionali sono disponibili soltanto per il periodo 1995-2007.
La produttività del lavoro per il settore del commercio presenta un incremento medio annuo,
seppur modesto, in tutte le regioni italiane per il periodo 1995-2007 (Tabella 2.4). I valori più
elevati si registrano nel periodo 2003-2007, con le variazioni medie annue comprese tra lo 0,1%
dell‟Abruzzo e il 2,5% della Basilicata. L‟Umbria è l‟unica regione caratterizzata da tassi di crescita
negativi in media annua in tutti i periodi di analisi.
Nella fase di contrazione dell‟economia nazionale (2000-2003) anche nel commercio, come
negli altri settori analizzati, si registrano variazioni negative della produttività, più accentuate nel
Mezzogiorno (-2%) e nel Nord-Est (-1,9%). Al contrario la Lombardia, il Piemonte e la Liguria
presentano produttività positive, pari rispettivamente a +0,4%, +0,6% e +0,5% in media annua.
Tabella 2.5 Produttività del lavoro nel settore intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari ed
imprenditoriali nelle regioni italiane (tassi di crescita in media annua)
1995-2007 2000-2007 2000-2003 2003-2007
PIEMONTE -1,98 -1,75 -1,57 -1,89
VALLE D'AOSTA -0,50 -0,03 1,19 -0,95
LOMBARDIA -1,07 -0,48 -2,00 0,65
LIGURIA -0,71 -0,40 1,04 -1,49
TRENTINO-ALTO ADIGE -1,85 -1,63 -3,50 -0,23
VENETO -1,44 -1,09 -2,09 -0,34
FRIULI VENEZIA GIULIA -1,26 -1,66 -3,00 -0,66
EMILIA-ROMAGNA -2,00 -2,20 -1,87 -2,45
TOSCANA -1,26 -0,50 -0,98 -0,14
UMBRIA -1,90 -1,43 1,07 -3,31
MARCHE -0,81 0,01 -0,44 0,34
LAZIO -1,39 -1,03 -0,92 -1,11
ABRUZZO -1,14 -0,93 -2,21 0,03
MOLISE -1,99 -0,84 -1,24 -0,54
CAMPANIA -0,96 -0,81 -2,87 0,73
PUGLIA -0,98 -0,85 -0,97 -0,76
BASILICATA -2,20 -1,31 -1,52 -1,14
CALABRIA -1,34 -1,15 -1,59 -0,82
SICILIA -1,22 -0,29 -1,74 0,80
SARDEGNA -2,01 -1,81 -2,00 -1,66
NORD-OVEST -1,27 -0,80 -1,60 -0,20
NORD-EST -1,68 -1,66 -2,23 -1,23
CENTRO -1,33 -0,79 -0,76 -0,81
MEZZOGIORNO -1,22 -0,83 -1,96 0,01
ITALIA -1,34 -0,97 -1,62 -0,49
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
I tassi di crescita della produttività in tutti i periodi considerati sia a livello nazionale che per
macroarea risultano negativi ma con diversa intensità nel settore dell‟intermediazione monetaria e
finanziaria, attività immobiliari ed imprenditoriali (Tabella 2.5). Negli anni 1995-2007 la
produttività in Italia, nel Nord-Ovest e nel Centro diminuisce in media annua dell‟1,3%, nel Nord-
Est del 1,7%, e nel Mezzogiorno del 1,2%. Alcune regioni si differenziano perché caratterizzate da
30
una crescita in media annua della produttività positiva, queste sono la Valle d‟Aosta, la Liguria e
l‟Umbria per gli anni dal 2000 al 2003, la Lombardia, le Marche, l‟Abruzzo, la Campania, la Sicilia
e il Mezzogiorno nel suo complesso nel periodo 2003-2007.
Tabella 2.6 Produttività del lavoro in altre attività di servizi nelle regioni italiane (tassi di crescita in media
annua)
1995-2007 2000-2007 2000-2003 2003-2007
PIEMONTE 0,23 0,23 -0,07 0,45
VALLE D'AOSTA 0,54 2,07 2,50 1,74
LOMBARDIA -0,05 -0,43 -0,67 -0,25
LIGURIA 0,36 0,33 1,15 -0,28
TRENTINO-ALTO ADIGE 0,33 0,96 1,13 0,84
VENETO 0,28 0,07 -0,18 0,25
FRIULI VENEZIA GIULIA 0,87 1,67 1,63 1,70
EMILIA-ROMAGNA -0,01 0,16 -0,13 0,38
TOSCANA 0,31 0,20 0,09 0,28
UMBRIA 0,10 0,20 1,17 -0,52
MARCHE 0,61 0,37 1,18 -0,24
LAZIO 0,40 0,34 0,44 0,26
ABRUZZO 1,01 0,75 -0,02 1,34
MOLISE 0,07 0,27 0,28 0,26
CAMPANIA 0,32 0,38 -0,10 0,75
PUGLIA 0,70 0,46 -0,06 0,85
BASILICATA 0,48 0,90 1,22 0,65
CALABRIA 0,18 0,01 -0,68 0,53
SICILIA 1,02 1,43 1,62 1,29
SARDEGNA 0,06 0,62 0,16 0,96
NORD-OVEST 0,09 -0,12 -0,24 -0,04
NORD-EST 0,25 0,40 0,22 0,54
CENTRO 0,39 0,32 0,49 0,19
MEZZOGIORNO 0,57 0,69 0,36 0,93
ITALIA 0,36 0,34 0,21 0,44
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Nel settore altre attività di servizi i tassi di crescita della produttività risultano positivi ma
poco elevati nei diversi periodi ed in tutte le macroaree ad eccezione del Nord-Ovest, che registra
un valore negativo per gli anni 2000-2007, 2000-2003 e 2003-2007 (Tabella 2.6). Questo è dovuto
all‟andamento della produttività della Lombardia che si mantiene negativo, in termini di tassi di
crescita in media annua, in tutti gli anni presi in esame.
La mancanza di dati aggiornati al 2009 non ci permette di studiare la dinamica di questi tre
settori nel triennio 2007-2009, periodo di forte recessione dell‟economia nazionale. Tuttavia la
produttività del lavoro per i servizi nel complesso che risulta negativa per tutte le regioni italiane
negli anni 2007-2009 (ad eccezione della Valle d‟Aosta), fa ipotizzare una flessione nei tassi di
crescita della produttività anche di questi comparti.
31
3. L’indicatore di attività economica e la produttività
L‟indicatore di attività economica delle regioni (si veda Appendice B) risulta fortemente
correlato con la produttività del lavoro, ma l‟intensità della relazione presenta differenze a livello
territoriale (Tabella 3.1).
Tabella 3.1 Indice di correlazione dell’indicatore di attività economica con la produttività del lavoro nei diversi
settori
Agricoltura
Industria
in senso
stretto
Costruzioni Servizi
di cui: Commercio*
Intermediazione
monetaria e
finanziaria
Altre
att. di
servizi
Produttività
totale
PIEMONTE 0,19 0,77 0,36 0,53 0,14 0,12 0,11 0,89
VALLE D'AOSTA 0,32 0,16 0,32 0,47 -0,09 0,42 0,66 0,68
LOMBARDIA -0,40 0,87 0,63 0,76 0,56 -0,04 0,14 0,90
LIGURIA 0,08 0,66 0,60 0,20 0,28 -0,10 -0,23 0,57
TRENTINO-ALTO
ADIGE -0,27 0,80 0,65 0,57 0,79 0,28 -0,50 0,81
VENETO 0,10 0,89 -0,28 0,76 0,61 0,36 0,30 0,91
FRIULI VENEZIA
GIULIA 0,55 0,82 0,35 0,46 0,58 0,33 -0,15 0,78
EMILIA-ROMAGNA 0,20 0,87 0,37 0,81 0,71 0,35 -0,15 0,90
TOSCANA -0,02 0,87 0,51 0,53 -0,03 0,12 -0,02 0,83
MARCHE 0,27 0,88 0,19 0,65 0,42 0,23 -0,29 0,92
UMBRIA 0,39 0,49 0,08 0,11 0,17 -0,72 -0,11 0,60
LAZIO 0,16 0,36 0,01 0,60 0,67 -0,13 -0,20 0,69
ABRUZZO 0,00 0,74 0,17 0,31 0,46 -0,27 -0,18 0,67
MOLISE -0,29 0,53 -0,22 0,36 0,63 0,12 -0,20 0,44
CAMPANIA 0,14 0,40 0,11 0,48 0,64 -0,01 -0,56 0,50
BASILICATA 0,29 0,44 0,25 0,18 0,37 -0,26 -0,10 0,53
CALABRIA 0,55 0,35 0,32 0,42 0,33 -0,15 0,03 0,66
PUGLIA 0,14 0,69 0,65 0,43 0,47 -0,20 -0,07 0,76
SARDEGNA -0,03 0,22 -0,07 0,55 0,49 0,17 0,10 0,52
SICILIA -0,27 0,57 0,49 0,43 0,51 -0,31 -0,26 0,66
* “Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni”
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
Nelle regioni del Nord e del Centro la correlazione tra l‟indicatore e la produttività totale è
molto forte, ad eccezione della Liguria, probabilmente a causa della peculiarità del suo sistema
economico, e dell‟Umbria. Per quanto riguarda le regioni meridionali, si nota che l‟intensità della
correlazione diminuisce, risultando moderata. Dato in controtendenza quello della Puglia che
presenta un indice di correlazione piuttosto forte (0,8), ma anche l‟Abruzzo, la Calabria e la Sicilia
mostrano una consistente relazione tra le due variabili, vicina a 0,7.
Analizzando il dettaglio settoriale emerge che, in generale, nelle regioni in cui l‟indice di
correlazione è più alto, il settore in cui la produttività del lavoro è maggiormente legata
all‟indicatore è quello dell‟industria in senso stretto, tranne che per la Valle d‟Aosta in cui emerge
un forte legame col settore dei servizi. In alcune regioni del Sud (Molise, Campania e Sardegna) il
legame col settore industriale si rivela meno forte, a vantaggio del settore dei servizi.
L‟agricoltura risulta moderatamente correlata solo in Valle d‟Aosta, Friuli Venezia Giiulia,
Umbria e Calabria, e in queste ultime due regioni rappresenta proprio il primo settore di
specializzazione.
32
È inoltre interessante notare che in qualche caso la produttività di alcuni settori presenta un
legame con l‟indicatore più forte rispetto a quella totale. In Liguria, Friuli, Toscana e Abruzzo è
l‟industria in senso stretto ad avere un indice di correlazione più alto, mentre in Molise e Campania
è il settore del commercio a risultare maggiormente correlato con l‟indicatore e in Sardegna quello
dei servizi. Proprio in queste ultime regioni il settore dei servizi comprende le principali attività di
specializzazione: il comparto “Alberghi e ristoranti” è il terzo settore in Molise e il secondo in
Sardegna mentre in Campania quello dei “Trasporti e comunicazioni” è il primo settore.
Di seguito viene analizzato, per alcune regioni, l‟andamento dell‟indicatore di attività
economica in relazione a quello della produttività del lavoro e in particolare per i settori
dell‟industria, delle costruzioni e dei servizi.
Nel Piemonte i due indici risultano molto correlati (con un valore prossimo allo 0,9) e
presentano un andamento simile, seppure con intensità diverse (Figura 3.1). L‟indicatore mostra
tassi di crescita superiori di circa un punto percentuale, mentre nei due periodi di crisi (2000-2003 e
2007-2009) tale distanza tende ad annullarsi.
Figura 3.1 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Piemonte
-7%
-6%
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
Il settore che risulta maggiormente legato all‟indicatore è quello dell‟industria in senso
stretto, mentre le costruzioni e i servizi in alcuni periodi hanno un andamento differente. Il settore
delle costruzioni risulta in controtendenza rispetto alle altre variabili in tutti i periodi tranne
l‟ultimo, caratterizzato dalla recente crisi economica. Nei servizi si nota una crescita quasi nulla nel
primo periodo ed una variazione negativa nel periodo 2003-2007, in cui l‟economia si trovava in
una fase di crescita.
Anche in Lombardia c‟è una correlazione molto forte tra la produttività del lavoro e
l‟indicatore di attività economica. In questo caso l‟andamento dell‟indicatore è in linea, anche se
con intensità diverse, con tutti e tre i settori presi in esame (Figura 3.2).
33
L‟unica notazione da fare riguarda il secondo periodo (2000-2003), in cui, in risposta alla
crisi che lo ha caratterizzato, la produttività ha registrato una decisa contrazione mentre la flessione
dell‟indicatore è stata moderata.
Figura 3.2 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Lombardia
-7%
-6%
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
Figura 3.3 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Emilia-Romagna
-7%
-6%
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
4%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
34
L‟Emilia-Romagna, assieme alla Lombardia, è la regione in cui produttività e attività
economica evidenziano il legame più forte che appare tanto più evidente mediante la
rappresentazione grafica dei tassi di crescita delle due variabili (Figura 3.3).
In Toscana la produttività del lavoro ha seguito sostanzialmente lo stesso andamento
dell‟indicatore tranne che nei periodi di crisi, durante i quali ha subito riduzioni più marcate (Figura
3.4). L‟industria in senso stretto e i servizi sono i settori che seguono maggiormente l‟andamento
dell‟indicatore mentre quello delle costruzioni nel periodo di crescita economica del 2003-2007 ha
registrato una forte riduzione.
Figura 3.4 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Toscana
-7%
-6%
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
4%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
La Puglia è la regione del Mezzogiorno in cui risulta più forte il legame tra la produttività e
l‟indicatore di attività economica. I tassi di crescita di queste due variabili presentano un andamento
analogo ma nell‟ultimo periodo, quello del 2007-2009, le due serie si incrociano e l‟indicatore si
riduce in misura maggiore.
I settori dell‟industria in senso stretto e dei servizi hanno tassi di crescita che vanno nello
stesso senso di quelli dell‟indicatore di attività mentre le costruzioni, dopo il primo periodo di
crescita, hanno registrato riduzioni molto forti, completamente in controtendenza nel 2003-2007,
quando c‟è stata una fase di crescita dell‟economia.
35
Figura 3.5 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Puglia
-5%
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria
in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività
totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
Figura 3.6 Indicatore di attività economica e produttività del lavoro nei principali settori (tassi di crescita in
media annua) – Regione Sardegna
-4%
-3%
-2%
-1%
0%
1%
2%
3%
1995-2000 2000-2003 2003-2007 2007-2009
Industria
in senso stretto
Costruzioni Servizi Produttività
totale
Indicatore
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e RegiosS
In Sardegna la relazione tra le due variabili in esame, produttività del lavoro e attività
economica, è meno stretta (Figura 3.6). Le due serie presentano tassi di variazione molto distanti,
che si avvicinano nel periodo del 2003-2007 per poi incrociarsi nell‟ultimo periodo, nel quale
36
l‟indicatore si contrae maggiormente. Occorre sottolineare che questo particolare andamento
nell‟ultimo periodo, già evidenziato per la Puglia, ha caratterizzato sostanzialmente tutte le regioni
del Mezzogiorno. In questa regione è il settore dei servizi a seguire maggiormente l‟andamento
dell‟indicatore, rispetto al quale i tassi di crescita registrati dall‟industria, pur muovendosi nello
stesso verso, subiscono variazioni molto marcate. Risulta, invece, in assoluta controtendenza il
settore delle costruzioni, il cui andamento si allinea a quello delle altre serie solo nell‟ultimo
periodo, nel quale l‟attuale crisi economica ha investito l‟intero sistema produttivo.
37
4. Un approfondimento sulla produttività del settore agricolo
L‟analisi della produttività del lavoro nel settore agricolo è un esercizio di difficile soluzione
per le peculiarità del settore stesso, caratterizzato da una certa anticiclicità, dalla stagionalità e dalla
volatilità della produzione. L‟analisi della produttività del lavoro dal 1995 al 2009 nei diversi
comparti, condotta nei capitoli precedenti, mostra come solo nel settore agricolo ci sia stata una
crescita consistente, pari al 2,4% a livello nazionale.
Tabella 4.1 Produttività del lavoro in agricoltura nelle regioni italiane (tassi di crescita in media annua)
1995-2009 2000-2009 2000-2003 2003-2007 2007-2009
PIEMONTE 0,44 -0,04 -0,86 1,76 -2,44
VALLE D'AOSTA 2,31 1,64 7,63 -0,64 -2,80
LOMBARDIA 2,52 1,73 -0,28 1,76 4,66
LIGURIA -0,96 -2,22 0,94 -3,39 -4,62
TRENTINO-ALTO ADIGE 4,02 4,60 1,82 5,67 6,64
VENETO 2,07 0,96 -4,05 4,53 1,35
FRIULI VENEZIA GIULIA 0,46 -1,69 -4,44 4,16 -9,25
EMILIA-ROMAGNA 3,11 1,22 -3,32 4,04 2,41
TOSCANA 0,87 1,97 -0,64 5,66 -1,50
UMBRIA 2,54 1,76 -2,21 8,41 -5,56
MARCHE 0,41 -0,63 -5,70 4,57 -3,44
LAZIO 2,30 1,58 -0,35 2,63 2,37
ABRUZZO 1,00 -0,61 -5,05 0,31 4,24
MOLISE 2,82 2,06 1,36 3,66 -0,09
CAMPANIA 4,44 2,41 0,20 3,93 2,68
PUGLIA 3,01 1,32 -0,46 2,39 1,84
BASILICATA 3,66 1,47 -4,08 7,68 -2,64
CALABRIA 2,98 1,23 3,55 4,07 -7,92
SICILIA 1,24 -0,55 -0,65 -0,85 0,19
SARDEGNA 1,96 1,07 -0,57 1,82 2,03
NORD-OVEST 1,49 0,74 -0,36 1,28 1,31
NORD-EST 2,69 1,40 -3,05 4,46 1,97
CENTRO 1,58 1,44 -1,51 4,76 -0,79
MEZZOGIORNO 2,73 0,93 -0,36 2,19 0,34
ITALIA 2,38 1,11 -1,17 2,94 0,86
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Nel periodo 2000–2009 la produttività del lavoro per il settore agricoltura, silvicoltura e
pesca è aumentata del 1,1% in media annua in Italia, ciò è avvenuto in un quadro congiunturale in
cui tutti gli altri settori hanno registrato risultati estremamente negativi, fatta eccezione per il
comparto commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni e quello
denominato altre attività e servizi (dati relativi al periodo 2000-2007), che mostrano i segnali di una
modestissima crescita.
Nel triennio 2007–2009 le differenze tra i settori, in coincidenza con la crisi economica,
divengono ancora più accentuate. Infatti, se la produttività del lavoro agricolo aumenta dello 0,9%,
quella dell‟industria in senso stretto si contrae notevolmente (-5% in media annua), così come nelle
costruzioni (-4%). Nonostante l‟apporto positivo del settore agricolo, il peso di questo settore sul
totale dell‟economia nazionale non è tale da rendere positivo il dato aggregato della produttività.
38
Le cause di tali differenti andamenti sono di difficile individuazione, ma si possono ricercare
nelle caratteristiche strutturali dei settori di attività economica italiani. L‟andamento della
produzione agricola è soggetta a variazioni dovute anche a fattori climatici, inoltre, il settore
agroalimentare ha caratteristiche di anticiclicità (in relazione alla domanda). E‟ importante anche
sottolineare che le tendenze di lungo periodo che hanno caratterizzato il settore agricolo hanno
favorito una progressiva e lenta ristrutturazione, avvenuta senza gli “strappi” che hanno
caratterizzato gli altri settori produttivi.
In agricoltura si è assistito ad un lungo processo di ristrutturazione che ha accompagnato
all‟innovazione una progressiva riduzione degli occupati, che ha contribuito all‟aumento della
produttività del lavoro. Altro rilevante fattore da prendere in considerazione, è la quota di lavoro
irregolare presente nel settore. Dalle ultime stime diffuse dall‟ISTAT (aprile 2010) emerge che nel
2009 gli occupati non regolari sul totale degli irregolari sono l‟8% nell‟industria il 6% nelle
costruzioni, il 14% nell‟agricoltura e il 17% nel settore del commercio. Invece, il peso degli
occupati non regolari sul totale degli occupati regolari e non regolari è pari al 37% in agricoltura, al
8% nelle costruzioni, al 7% nel commercio e al 4% nell‟industria. I dati appena riportati relativi al
lavoro irregolare, suggeriscono l‟ipotesi che questo possa aver causato una sovrastima della
produttività del lavoro in agricoltura.
4.1 La produzione e i consumi intermedi agricoli
La produzione totale della branca agricoltura aumenta in maniera modesta e discontinua, sia
in Italia che nelle diverse macroaree, negli anni dal 1980 al 2009 (Figura 4.1). In particolare, nel
triennio 2000-2003 si è registrata una significativa sofferenza della variabile, culminata con il dato
del 2003 che ha riportato i valori a quelli di dieci anni prima. La produzione agricola rimane
sostanzialmente invariata nel Centro, negli anni della crisi (2007-2009), diminuisce in maniera
significativa nel Mezzogiorno, aumenta al Nord.
Dal 1980 ad oggi, si è assistito ad una diminuzione costante del valore dei consumi
intermedi, anche per la maggiore efficienza dei macchinari agricoli (Figura 4.2). Nel primo
quinquennio degli anni ‟90, il fenomeno è stato particolarmente significativo, mentre negli anni a
seguire si riscontra una sostanziale stabilità dei valori. A partire dagli inizi degli anni 2000
assistiamo alla ricomparsa di una certa variabilità causata, in particolare, dalle regioni del Nord,
dove si concentrano le produzioni agricole che richiedono un maggior dispendio di risorse
economiche, come ad esempio gli allevamenti da latte e le carni.
39
Figura 4.1 Produzione della branca agricoltura ITALIA (Valori concatenati anno di riferimento 2000, migliaia
di euro dal 1999; migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
2.000.000
5.000.000
8.000.000
11.000.000
14.000.000
17.000.000
20.000.000
23.000.000
26.000.000
29.000.000
32.000.000
35.000.000
38.000.000
41.000.000
44.000.000
47.000.000
50.000.000
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
Nord Centro Sud Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.2 Consumi intermedi (compreso Sifim) della branca agricoltura ITALIA (Valori concatenati anno di
riferimento 2000, migliaia di euro dal 1999; migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
6.000.000
7.000.000
8.000.000
9.000.000
10.000.000
11.000.000
12.000.000
13.000.000
14.000.000
15.000.000
16.000.000
17.000.000
18.000.000
19.000.000
20.000.000
21.000.000
22.000.000
23.000.000
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
Nord Centro Sud Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
40
Il valore aggiunto4 comincia ad aumentare in maniera significativa a partire dal 1990, per
poi subire una importante battuta d‟arresto nel 2002-2003 in tutte le macroaree considerate: la
crescente distanza tra le due curve relative a produzione e consumi intermedi mostra proprio
l‟aumento del valore aggiunto (Figure 4.3, 4.4, 4.5, 4.6). La crescita, nel 2004, della produzione
agricola totale, è riuscita a ristabilire, però, i livelli di valore aggiunto precedenti alla fase di
contrazione (2000-2003).
Figura 4.3 Produzione e consumi intermedi, della branca agricoltura - Italia (valori concatenati anno di
riferimento 2000; migliaia di euro dal 1999, migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
5.000.000
10.000.000
15.000.000
20.000.000
25.000.000
30.000.000
35.000.000
40.000.000
45.000.000
50.000.000
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Produzione Consumi intermedi
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.4 Produzione e consumi intermedi, della branca agricoltura - Nord (valori concatenati anno di
riferimento 2000; migliaia di euro dal 1999, migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
5.000.000
7.000.000
9.000.000
11.000.000
13.000.000
15.000.000
17.000.000
19.000.000
21.000.000
23.000.000
25.000.000
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
Produzione Consumi intermedi
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
4 Il valore aggiunto è calcolato come differenza tra la produzione totale e i consumi intermedi.
41
Figura 4.5 Produzione e consumi intermedi, della branca agricoltura - Centro (valori concatenati anno di
riferimento 2000; migliaia di euro dal 1999, migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
6.000.000
7.000.000
8.000.000
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
Produzione Consumi intermedi
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.6 Produzione e consumi intermedi, della branca agricoltura – Mezzogiorno (valori concatenati anno di
riferimento 2000; migliaia di euro dal 1999, migliaia di eurolire per gli anni precedenti)
4.000.000
6.000.000
8.000.000
10.000.000
12.000.000
14.000.000
16.000.000
18.000.000
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
Produzione Consumi intermedi
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
4.2 Il valore aggiunto e le unità di lavoro nel settore agricolo
L‟agricoltura è caratterizzata nel corso degli anni da una progressiva riduzione del numero
delle unità di lavoro (Figure 4.8, 4.9, 4.10, 4.11). Questo dato congiuntamente ad un andamento
crescente del valore aggiunto, potrebbe contribuire a spiegare i valori positivi della produttività del
lavoro agricolo, che sono, come abbiamo più volte rimarcato nel presente lavoro, in controtendenza
rispetto agli altri comparti. L‟agricoltura infatti è l‟unico settore in cui le unità del lavoro
diminuiscono in maniera constante del tempo. Ciò non ha comunque influito sulle produzioni, in
quanto il progresso tecnologico, connesso ad un maggiore e migliore utilizzo di mezzi tecnici, ha
permesso di ottenere performance positive pur impiegando un minor numero di occupati.
42
Figura 4.7 Valore aggiunto (milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000) e unità di lavoro
(media annua in migliaia) nel settore agricolo – Italia
26500
27500
28500
29500
30500
31500
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
1200
1350
1500
1650
1800
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.8 Valore aggiunto (milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000) e unità di lavoro
(media annua in migliaia) nel settore agricolo – Nord-Ovest
5600
5750
5900
6050
6200
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
235
247
259
271
283
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
43
Figura 4.9 Valore aggiunto (milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000) e unità di lavoro
(media annua in migliaia) nel settore agricolo – Nord-Est
6100
6500
6900
7300
7700
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
270
295
320
345
370
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.11 Valore aggiunto (milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000) e unità di lavoro
(media annua in migliaia) nel settore agricolo – Centro
3800
4000
4200
4400
4600
4800
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
175
190
205
220
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
44
Figura 4.11 Valore aggiunto (milioni di euro, valori concatenati, anno di riferimento 2000) e unità di lavoro
(media annua in migliaia) nel settore agricolo – Mezzogiorno
10000
10500
11000
11500
12000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Val
ore
agg
iun
to
550
600
650
700
750
800
850
Un
ità
di l
avo
ro
Valore aggiunto ai prezzi base Unità di lavoro totali
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Si notano incrementi della produttività del lavoro significativi, nel 1999, 2004, 2007 e una
diminuzione sensibile delle performance produttive negli anni 2000, 2001, 2005, 2006 e nel 2009
(Figura 4.12).
Figura 4.12 Produttività del lavoro nel settore agricolo (1995=100)
70
80
90
100
110
120
130
140
150
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Produttività Unità di lavoro Valore aggiunto
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
L‟analisi dei trend della produttività del lavoro, per le macroaree considerate, conferma il
noto dualismo territoriale, e nel 2000 le regioni del Centro e del Sud hanno registrato valori inferiori
rispetto sia a quelle settentrionali che al dato medio italiano (Figure 4.13,4.14,4.15,4.16). Nel
biennio 2002-2003 il dato nazionale risulta stabile, ciò è dovuto al crollo della produttività nel
45
Nord-Est e all‟aumento registrato nel Mezzogiorno. Nel 2004 la variazione in media annua della
produttività è pari al 12% a livello nazionale. Nel periodo 2006-2009 l‟andamento di tutte le
macroaree considerate è sostanzialmente in linea con il dato nazionale.
Figura 4.13 La produttività del lavoro del Nord-Ovest e in Italia (variazione % a/a)
-6%
-4%
-2%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Nord Ovest Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.14 La produttività del lavoro del Nord-Est e in Italia (variazione % a/a)
-8%
-6%
-4%
-2%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Nord Est Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
46
Figura 4.15 La produttività del lavoro del Centro (variazione % a/a)
-14%
-12%
-10%
-8%
-6%
-4%
-2%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Centro Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Figura 4.16 La produttività del lavoro del Mezzogiorno (variazione % a/a)
-8%
-6%
-4%
-2%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Mezzogiorno Italia
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
È importante sottolineare che gran parte della dinamica positiva della produttività in
agricoltura sia da ricondurre alla continua riduzione delle unità di lavoro. Dato confermato anche
dalle analisi Ismea ove si afferma che: “Va sottolineato come, in termini assoluti, il distacco tra la
produttività agricola e quella del totale dell‟economia e dell‟industria rimanga comunque
estremamente elevato. La crescita della produttività, inoltre, non è dipesa da un incremento del
valore aggiunto, che è rimasto sostanzialmente stabile, ma è interamente riconducibile ad una
flessione delle unità di lavoro (-2,9%): queste ultime mostrano un trend decrescente anche nel
medio periodo (-2% annuo) interrotto solo nel 2006 da una variazione in aumento” (Check_2008,
Ismea).
47
I confronti internazionali della produttività del lavoro agricolo evidenziano come nel periodo
2004-2009 il nostro Paese abbia ottenuto performance lievemente inferiori a quelle di altri grandi
Paesi come Francia, Spagna e Germania, significativo il dato dell‟Ungheria con una variazione
media annua positiva della produttività, +11%. Il nostro Paese, sulla base dei dati preliminari del
2009 pubblicati dall‟Eurostat, è stato caratterizzato da una variazione negativa della produttività (-
1,7%), a differenza di quanto è avvenuto per altri importanti Paesi quali la Francia (+11%) e la
Danimarca (+17,2%) (Tabella 4.2). Tuttavia ha reagito meglio di Nazioni storicamente vocate alle
produzioni agricole e zootecniche, come il Regno Unito (-8,9%) e la Polonia (-7,4%). La Germania
mostra un netto recupero (+15,2%) dopo gli andamenti incostanti che avevano caratterizzato gli
ultimi anni.
Tabella 4.2 Produttività del lavoro agricolo dei principali Paesi Ue-27*
Paesi Variazione %
2009/2008
Variazione % (in media
annua) 2004/2009
Paesi Bassi 10,4 3,6
Danimarca 17,2 4,7
Francia 11,0 3,3,
Spagna 2,4 2,4
Germania 15,2 2,4
Regno Unito -8,9 1,5
Italia -1,7 2,0
Austria -1,2 5,2
Grecia 0,4 0,8
Portogallo 9,8 5,0
Ungheria -19,5 11,0
Romania -0,2 0,8
Polonia -7,4 3,3
Ue-27 4,2 3,3
* Si considerano solo i primi 13 Paesi Ue in termini di valore aggiunto
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Ismea, Eurostat e Cea
4.3 L’effetto della specializzazione agricola
Se gran parte della dinamica della produttività del lavoro in agricoltura è attribuibile alla
dinamica dell‟occupazione, anche la composizione del prodotto agricolo regionale può aver
influenzato l‟andamento della produttività. A tal fine, sono stati stimati dei modelli di regressione
panel ad effetti fissi (si veda Appendice A) utilizzando come variabili indipendenti le quote delle
coltivazioni erbacee, legnose e degli allevamenti zootecnici, mentre la variabile dipendente è la
variazione annuale della produttività del lavoro agricolo per gli anni dal 1995 al 2009 (Tabella 4.3).
48
Tabella 4.3 Risultati modello di regressione: Italia
Adj. R-Squared : 0,10952; F-statistic: 11,6065 on 3 and 257 DF, p-value: 3,6953e-07; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟ 0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Nelle regioni italiane si evidenzia l‟influenza positiva delle coltivazioni erbacee e legnose
sulla variazione della produttività del lavoro, al contrario gli allevamenti zootecnici non
contribuiscono positivamente alla variazione di produttività. La causa potrebbe ricercarsi nelle
politiche comunitarie che negli ultimi anni hanno influenzato particolarmente il settore (ad esempio
le quote latte). La produttività del lavoro agricolo in Italia è aumentata in media, tra gli anni 1995 e
2009, del 2,4%.
Tabella 4.4 Risultati modello di regressione: Centro-Nord
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Coltivazioni erbacee 0,754 0,5245 0,1524
Coltivazioni legnose 0,971 (*) 0,4904 0,0496
Allevamenti zootecnici -0,772 0,5061 0,1291
Adj. R-Squared : 0,13025; F-statistic: 8,51142 on 3 and 153 DF, p-value: 2,8988e-05; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟ 0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
Tabella 4.5 Risultati modello di regressione: Mezzogiorno
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Coltivazioni erbacee 0,748 (.) 0,3858 0,0554
Coltivazioni legnose 0,501 0,4185 0,2340
Allevamenti zootecnici -0,681 0,5159 0,1897
Adj. R-Squared : 0,097382; F-statistic: 4,07572 on 3 and 101 DF, p-value: 0,0088943; Signif. codes: 0 „***‟ 0,001 „**‟ 0,01 „*‟ 0,05 „.‟ 0,1 „ ‟ 1
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
A livello di macroarea possiamo notare delle differenze (Tabelle 4.4 e 4.5). Nel Centro-Nord
contribuiscono maggiormente le coltivazioni legnose rispetto a quelle erbacee, mentre gli
allevamenti zootecnici incidono negativamente. La variazione media annuale della produttività del
lavoro è pari a 2,3%.
Nel Mezzogiorno la variazione della produttività del lavoro è spiegata principalmente dalle
coltivazioni erbacee, unica variabile indipendente il cui contributo è significativo. La variazione
della produttività del lavoro è pari, in media tra il 1995 e il 2009 a 2,8%.
Panel a effetti fissi Coefficienti Errori standard p-value
Coltivazioni erbacee 0,747 (**) 0,2875 0,0099
Coltivazioni legnose 0,654 (*) 0,2949 0,0274
Allevamenti zootecnici -0,710 (*) 0,3331 0,0339
49
5. Considerazioni conclusive
La produttività del lavoro è allo stesso tempo causa ed effetto di una maggiore o minore
crescita economica. Per questo motivo è fondamentale analizzare il suo andamento nel tempo e il
suo dettaglio territoriale e settoriale. Ciò è particolarmente necessario nell‟attuale fase
congiunturale, in cui l‟Italia, e alcune delle sue regioni in particolare, evidenziano una forte
difficoltà nell‟innescare un nuovo processo di crescita.
L‟andamento della produttività del lavoro in Italia, insieme al contenuto aumento
dell‟occupazione, ha contribuito alla debole dinamica dell‟economia italiana nel periodo precedente
lo shock legato alla crisi finanziaria ed economica globale. E‟ particolarmente evidente, invece, la
caduta della produttività nel periodo 2007-2009. L‟analisi settoriale evidenzia le maggiori difficoltà
dell‟industria nel suo complesso, in cui la riduzione della produttività del lavoro nei recenti anni di
crisi è stata di circa il 5%. Negli anni 2007-2009, il tasso di crescita del valore aggiunto pro capite
nelle sue componenti è stato fortemente condizionato dal tasso di crescita, decisamente negativo,
della produttività nelle aree più avanzate del Nord, e dalla perdita di posti di lavoro nel Centro e nel
Mezzogiorno.
Dalla metà degli anni Novanta al 2009 la produttività del lavoro totale ha registrato un
modesto incremento in quasi tutte le regioni italiane, seppur in modo differenziato in ragione della
specializzazione produttiva delle singole regioni, evidenziando la lentezza che caratterizza le
dinamiche di crescita del nostro Paese. Nel triennio 2007-2009, fase di più acuta recessione
dell‟economia, la dinamica della produttività crolla, rispetto ai periodi precedenti, in tutte le regioni
caratterizzate dalla presenza di un‟importante industria manifatturiera, come Emilia-Romagna,
Lombardia, Veneto e Marche, dove la riduzione ha oscillato tra il -5,9% e il -6,5%. Una variazione
negativa ma di minor rilievo (-3,8%) si è verificata in Piemonte.
Nel periodo dal 1995 al 2009 la produttività del lavoro nelle regioni italiane evidenzia come,
fra i diversi comparti, solo in quello agricolo ci sia stata una crescita consistente, +2,4%. La gran
parte della dinamica positiva della produttività in agricoltura è da ricondurre alla costante riduzione
delle unità di lavoro e all‟aumento del valore aggiunto, oltre che alle stesse caratteristiche di
anticiclicità dimostrate dal settore, in relazione alla domanda.
Il confronto tra il ciclo di attività economica (misurato con l‟indicatore di attività economica
elaborato da RegiosS) e la produttività del lavoro nelle regioni italiane mostra chiaramente una forte
correlazione, ma con intensità diversa a livello territoriale. In gran parte delle regioni del Nord e del
Centro l‟indicatore è maggiormente legato alla produttività dell‟industria in senso stretto, mentre in
alcune regioni del Sud, la relazione si rivela meno forte con l‟industria, a vantaggio del settore dei
servizi.
Le analisi e i risultati ottenuti mostrano chiaramente il ruolo di rilievo della produttività del
lavoro nello sviluppo economico del Paese e delle sue regioni, e al tempo stesso forniscono i segni
evidenti di una generale “stanchezza” del sistema Italia. La cura per un rinnovato ed efficiente
utilizzo delle sue migliori energie può sembrare abbastanza scontata: investire in ricerca, sviluppo e
innovazione, valorizzare il capitale umano e ridare così slancio alla produttività. È stato infatti
provato che tali variabili hanno un legame diretto con l‟incremento della produttività regionale, che
beneficerebbe, così, anche degli spillovers dei territori circostanti (Bronzini, Piselli, 2006).
Il presente lavoro evidenzia però che non può esserci una risposta univoca né a livello
territoriale, fra le diverse regioni o grandi aree territoriali, né a livello settoriale, fra industria
50
manifatturiera con i suoi comparti e agricoltura. Il “malato” non ha un unico problema: i sintomi
sono di vecchia data, non sono stati curati e l‟incursione di un virus esterno (la crisi) ha provocato il
tracollo. A maggior ragione, quindi, bisogna curarsi, da subito.
51
APPENDICE A
A1. Modello di crescita neoclassico
La contabilità della crescita fa riferimento al modello neoclassico di Solow che considera
una funzione di produzione del tipo:
),( LKFY (1)
Dove la Y è la produzione totale dell‟economia; K è l‟input produttivo “capitale”; L è l‟input
produttivo “lavoro”.
La tecnologia viene considerata come TFP-augmenting:
),( LKFY A (2)
Dove A è la tecnologia al cui aumento è legato l‟aumento di tutti i fattori produttivi
(progresso tecnico Hicks-neutral). Nel modello di Solow la tecnologia è esogena cioè data.
Il modello di Solow è utile perché fornisce una descrizione della dinamica macroeconomica
aderente alla realtà. La grandezza essenziale per lo studio di tale dinamica è la crescita del capitale
nel tempo: tttttt KsYKsYKIdt
dKK (3)
Dove tI sono gli investimenti in un certo periodo; tK è la perdita di valore
dell‟investimento (ammortamento). Esprimiamo la crescita del capitale in forma intensiva, ovvero
per unità di lavoro:
)()()( ngkkksfngkL
Kk
(4)
dove g è il tasso di crescita della tecnologia e n il tasso di crescita della popolazione, s è la
propensione al consumo.
Dalla (4) si ricava l‟equazione fondamentale di Solow: kgnksfk )()( (5)
L‟accumulazione di capitale per lavoratore dipende dalla differenza tra risparmio pro capite
e una frazione dello stock di capitale (il livello di investimento di break even ovvero l‟investimento
necessario per mantenere costante il rapporto capitale lavoro).
La dinamica spiegata dal modello di Solow si sintetizza così:
Il modello di Solow presuppone che all‟aumentare dell‟accumulazione di capitale la sua
produttività diminuisce finchè la crescita diminuisce a sua volta.
A2. La contabilità della crescita
Si consideri il tasso di crescita del reddito:
LY
FK
Y
F
Y
Y Lk
52
Esprimiamo tutte le grandezze in tassi di crescita:
A
AL
L
L
Y
FK
K
K
Y
F
Y
Y ALK
A
A
L
LL
Y
F
K
KK
Y
F
Y
Y LK
Con
Yp
KiK
Y
FK
Yp
LwL
Y
FL
Possiamo allora scrivere:
LkKKY aa )1(
Dove Ka è il prodotto marginale del capitale per stock di capitale sul reddito, ovvero la
quota di reddito che va al capitale. Tale quantità rappresenta l‟elasticità del reddito rispetto al
capitale. La quantità )1( ka rappresenta l‟elasticità del reddito rispetto al capitale, che con
rendimenti di scala costanti, è il complemento a 1 dell‟elasticità rispetto al capitale. Considerando
l‟ipotesi di concorrenza perfetta le due elasticità corrispondono al costo sostenuto per l‟impiego
degli input.
L
L
Yp
Lw
K
K
Yp
Ki
Y
Y
L
La
K
Ka
Y
Y
A
AkK
)1(
Se si hanno a disposizione i dati sui prezzi e sulle quantità dell‟output e degli input si può
calcolare il progresso tecnico (la produttività totale dei fattori).
L
L
A
Aa
L
L
K
Ka
L
L
A
Aa
K
Ka kKkKY
)1()1(
RL
L
K
Ka
A
Aa
L
L
K
Ka
L
L
Y
YKkK
)1(
Dove
L
L
Y
Y
L
Y
è il tasso di crescita della produttività del lavoro
L
L
K
K
L
K
è il tasso di crescita del rapporto capitale lavoro
R è il residuo di Solow che dipende dal tasso di crescita della produttività che non è spiegato
dall‟accumulazione di capitale per addetto, e coincide con la produttività totale dei fattori.
L
K è soggetto a rendimenti di scala decrescenti.
53
A3. Analisi Panel a effetti fissi
Si consideri un modello panel con effetti fissi:
ititit uXy
Dove ity è l‟osservazione della variabile dipendente per l‟unità cross-section i nel periodo t, itX è
un vettore 1xk di variabili indipendenti osservate per l‟unità i nel periodo t, è un vettore kx1 di
parametri, e itu è un errore o termine specifico di errore per l‟unità i nel periodo t.
I modelli a effetti fissi hanno la particolarità di decomporre il termine d‟errore unitario
pooled itu .
itiitu ,
ottenendo:
itiitit Xy
Gli i sono trattati come parametri fissi, che vanno stimati. Questo può essere fatto
includendo una variabile dummy per ogni unità cross-section (e sopprimendo una costante globale).
Ciò è spesso chiamato il metodo Least Squares Dummy Variables (LSVD). Alternativamente si può
sottrarre la media del gruppo da ogni variabile e stimare il modello senza una costante. In tale caso
la variabile dipendente può essere scritta come:
iitit yyy~
La media del gruppo, iy , è definita come :iT
t
it
i
i yT
y1
1
Dove iT è il numero di osservazioni per l‟unità i. Una formulazione esattamente analoga si
applica alle variabili indipendenti. Date le stime dei parametri, ˆ , ottenuta usando tali scarti dalla
media possiamo stimare le i usando:
)ˆ(1
ˆ1
iT
t
itit
i
i XyT
Questi due metodi (LSDV, e usando i dati a scarto dalla media) sono numericamente
equivalenti.
55
APPENDICE B
Nota metodologica per la costruzione degli indicatori regionali di attività economica
Gli indicatori regionali di attività economica sono costruiti sintetizzando l‟informazione
contenuta in differenti serie macroeconomiche. Il dataset utilizzato comprende 38 variabili
provenienti da diverse fonti (gli indicatori di fiducia delle imprese e dei consumatori dell‟Istat - ex
Isae-, i dati Istat relativi a occupazione, importazioni, esportazioni e prezzi al consumo, i dati
InfoCamere relativi alla nati-mortalità imprenditoriale, al netto delle imprese agricole, e i dati
Unrae – forniti da Econometrica – sulle immatricolazioni di auto, come proxy dei consumi). Queste
variabili sono combinate estraendo gli elementi comuni e interpolando, attraverso questi fattori, il
tasso di crescita del prodotto interno lordo per regione disponibile con dati “definitivi” al 2008. Le
stesse variabili e i fattori sono poi utilizzati per “completare” la serie del Pil regionale (a frequenza
mensile) rendendola il più possibile aggiornata.
Il 12 novembre 2010 l‟Istat ha pubblicato le stime dei conti economici regionali relative al
2009 e la revisione dei dati relativi al 2007 e al 2008. Nella costruzione degli indicatori è stato
tenuto conto di queste revisioni, in alcuni casi particolarmente rilevanti. I dati del Pil per il 2009,
essendo stime provvisorie soggette a future e rilevanti modifiche, non sono stati inseriti nella
costruzione dell‟indicatore.
Gli indicatori regionali riproducono il tasso di crescita tendenziale del Pil a frequenza
mensile e sono costruiti utilizzando variabili ad alta frequenza (mensile e trimestrale); per questo
motivo essi risultano particolarmente volatili e colgono in anticipo e con maggiore intensità fasi di
espansione o rallentamento dell‟economia.
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