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Page 1: Cinerama 2.3

CINERAMA 2.3

DA L’ALTRA HEIMAT A VERGINE GIURATA PASSANDO PER UNA NUOVA AMICA. LE RECENSIONI PUBBLICATE SULLA RIVISTA FILMTV

DI TUTTI I FILM USCITI A MARZO 2015.

UN GENERE DI DONNA

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Forse questi occhi non vi dicono nulla. O forse, se non vi siete persi

neanche un numero di Scanners, potreste anche riconoscerli. Sappiate

comunque che lei sta arrivando. È il personaggio di un film, certo. Che

presto potrebbe finire sotto i vostri occhi.

Lost Highway numero 5IL CINEMA DI CHRISTOPHER NOLAN

Torna la nostra pubblicazione monografica qua-drimestrale, la prima del 2015! Tutto dedicato a Christopher Nolan, uno dei registi contemporanei più discussi, amati, odiati e analizzati. Pro e contro, spiegazioni, congetture, analisi, impressioni, curio-sità e recensioni esclusive. Una pubblicazione im-perdibile per conoscere a fondo Christopher Nolan e la sua idea di cinema.

Da questo numero solo in digitale, per tutti, per qualsiasi piattaforma e dispositivo.

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L’ALtrA HeimAt - CronACA di un sogno di Edgar Reitz BekAs di Karzan Kader BLACk or wHite di Mike Binder

BLACkHAt di Michael Mann CenerentoLA di Kenneth Branagh CHi è senzA CoLpA di Michaël R. Roskam CLoro di Lamberto Sanfelice tHe divergent series: insurgent di Robert Schwentke LA FAmigLiA BéLier di Eric Lartigau Fino A qui tutto Bene di Roan Johnson FoCus - niente è Come semBrA di Glenn Ficarra, John Requa FoxCAtCHer - unA storiA AmeriCAnA di Bennett Miller FrenCH ConneCtion di Cédric Jimenez Ho uCCiso nApoLeone di Giorgia Farina Home - A CAsA di Tim Johnson io sono mAteusz di Maciej Pieprzyca LAtin Lover di Cristina Comencini Lettere di uno sConosCiuto di Zhang Yimou mA CHe BeLLA sorpresA di Alessandro Genovesi n-CApACe di Eleonora Danco

nessuno si sALvA dA soLo di Sergio Castellitto

CINERAMA 2.3INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A MARZO 2015

CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

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unA noBiLe rivoLuzione di Simone Cangelosi unA nuovA AmiCA di François Ozon onde roAd di Massimo Ivan Falsetta

LA primA voLtA (di miA FigLiA) di Riccardo Rossi tHe seArCH di Michel Hazanavicius senzA LuCio di Mario Sesti smokings di Michele Fornasero LA soLitA CommediA - inFerno di Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio, Martino Ferro suite FrAnCese di Saul Dibb superFAst & superFurious di Jason Friedberg, Aaron Seltzer LA terrA dei sAnti di Fernando Muraca L’uLtimo Lupo di Jean-Jacques Annaud vergine giurAtA di Laura Bispuri

CINERAMA 2.3INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A MARZO 2015

CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

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A un anno e mezzo dalla presentazione alla Mostra di Venezia, esce nelle sale italiane L’altra Heimat - Cronaca di un sogno, ultimo tassello della monumentale saga di Edgar Reitz (per dire: quattro film dal 1984 a oggi, più una raccolta di fram-menti; 33 episodi; 59 ore di durata complessiva). Nel nuovo capitolo, dopo aver raccontato lungo buona parte del Novecento le vicende della famiglia Simon di Schabbach, immaginario paese della Renania, Reitz riavvolge la freccia del tempo e risale fino a metà XIX secolo. L’altra Heimat è infatti ambientato tra il 1842 e il 1844, nella Prussia occidentale, tra contadini e artigiani in lotta contro la carestia e costretti ad abbandonare la loro patria (heimat) per emigrare in Brasile. Prota-gonista del film è Jakob, figlio ventenne di un maniscalco e di una contadina, che al lavoro nei campi preferisce lo studio e sogna un’altra vita nel nuovo continente. Jakob vorrebbe partire e incontrare le popolazioni indigene dell’altro mondo, ma

L’ALtrA HeimAt REGIA DI EDGAR REItz

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di Roberto Manassero

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come un grande eroe romanzesco vede la vita sfuggirgli di mano, senza mai ri-uscire a lasciare la terra natale. Reitz gira con un bianco e nero bellissimo, caldo e pastoso, sottolinea in senso pittorico il fascino di una terra spietata e con il suo ennesimo, fluviale capolavoro insegue in un passato ancestrale, quasi mitologico, quell’altrove immaginario di cui l’occidente ha ancora oggi bisogno per sopravvi-vere a se stesso.

L’aLtra Heimat - CronaCa di un sogno REGIA DI EDGAR REItz

GERmAnIA, FRAncIA · 2013 · DRAmmAtIco · DURAtA:220’con mAxImIlIAn SchEIDt, JAn SchnEIDER, mARItA BREUER, WERnER hERzoG, RüDIGER KRIESE

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 31 marzo

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L’America è una città di luci oltre la montagna per Zana e Dana, dieci e sei anni, orfani, poveri e senza casa, in un villaggio del Kurdistan iracheno nei primi anni 90, mentre avanzano le armate di Saddam Hussein. L’hanno intravista spiando da un buco nel soffitto di un cinema, e così hanno conosciuto Superman, l’eroe invincibile e immortale che tutto può, perfino riportare in vita i morti e uccidere tutti i cattivi. L’idea è raggranellare 14 mila dinari a forza di lustrar scarpe, oppure raggiungerla a dorso di un mulo chiamato Michael Jackson, o ancora aggrapparsi a un camion in corsa o accucciarsi dentro un sacco nel bagagliaio di un’auto. Bekas, opera se-conda e d’ispirazione autobiografica di Karzan Kader (kurdo emigrato in Svezia da bambino), cerca di guardare il mondo con occhi infantili: lo vede ovviamente semplice e definito, illuminato di luce dorata e più esotico che realistico. L’equilibrio rischioso tra fiaba e impegno ogni tanto si perde, scivola tra battute davvero troppo

BEKASREGIA DI KARzAn KADER

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di Alice Cucchetti

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didascaliche («Zana, sei troppo giovane per l’amore!») e derive eccessivamente stucchevoli, si incastra in una struttura ripetitiva, mentre i ragazzini (logorroico tornado di disastri il piccolo, silenzioso e malinconico il più grande) scampano mi-racolosamente a una disavventura dopo l’altra, con l’incoscienza e l’improbabile fortuna dei supereroi. Si chiude come una favola della buonanotte, e il dubbio che sotto ci sia ben poco di più.

BEKAS REGIA DI KARzAn KADER

SvEzIA, FInlAnDIA, IRAq · 2012 · DRAmmAtIco · DURAtA: 92’con zAmAnD tAhA, SARwAR FAzIl, DIyA mARIwAn, SUlImAn KARIm mohAmAD, RAhIm hUSSEn

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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Era atteso al varco Mark Binder, autore dell’acclamato Reign Over Me con Adam Sandler, anche sceneggiatore e produttore (insieme al protagonista Kevin Cost-ner) di questo Black or White. Dramma con buoni sentimenti ambientato nella Los Angeles degli screzi (se non proprio conflitti) razziali. L’avvocato benestante Costner ha una nipotina che la figlia, morta in un incidente, ebbe giovanissima da un ragazzo afroamericano dal travagliato passato e dal difficile presente. Una volta diventato vedovo cerca di averne l’affido assoluto, ma la caparbia nonna pa-terna della bambina, Octavia Spencer, non ci sta, e la contesa assume connotati politico-razziali. Del tipo: il nonno bianco e ricco contro la nonna povera e nera. Schematismi qua e là, un finale non del tutto scontato, ma anche, va detto, un rispetto quasi religioso del politicamente corretto a uso e consumo di Hollywood, per cui sono comunque tutti più o meno bravi & buoni, anche se si tenta di dare

BLACK OR WHITEREGIA DI MIKE BINDER

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di Mauro Gervasini

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un’immagine più critica al personaggio di Costner, schiavo dell’alcol. Binder sce-glie di essere neutrale rispetto alla materia, ed è un errore perché così il film non si impenna mai, perdendo gradualmente interesse man mano che si approfon-disce la querelle giudiziaria tra i nonni. Che sono molto bravi: Costner azzecca un buon ruolo dopo troppe prove insipide, e Spencer gli tiene testa con grinta.

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BLACK OR WHITEREGIA DI MIKE BINDER

USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 121’CON KEVIN COSTNER, OCTAVIA SPENCER, ANTHONY MACKIE, JILLIAN ESTELL

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 marzo

Page 11: Cinerama 2.3

Blackhat, in gergo “hacker cattivo”. Quelli capaci di insinuarsi nei sistemi operativi per manomettere, fare danni, spiare, rubare... Per cose così Nick Hathaway (Chris Hemsworth) è in galera. Ma a Hong Kong qualcuno di veramente bravo produce un virus informatico che danneggia il sistema di raffreddamento di una centrale nucleare. E a Chicago, probabilmente lo stesso blackhat crea una speculazione online facendo lievitare i prezzi della soia sul mercato internazionale. Decine di milioni di dollari che si spostano da qui a lì. Una task force mista, statunitensi e cinesi, dà la caccia al colpevole, ma Nick è il solo che può risolvere la questione. Quindi lo liberano, e lui, con gli altri, si mette in caccia. Ovviamente la vicenda è più complessa di così. A sei anni da Nemico pubblico - Public Enemies, Michael Mann torna al grande schermo scrivendo, producendo e dirigendo un thriller in-formatico che pare mescolare Strade violente e Miami Vice. Ma nel suo mondo

BLACKHATREGIA DI MICHAEL MANN

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di Mauro Gervasini

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è difficile trovare riferimenti, si riparte sempre da zero, pur rispettando l’impianto “umanistico” di fondo e una certa idea di “cinema d’autore in cui si spara” che tiene lontani sia gli intellettuali (perché si spara) sia gli amanti dei film d’azione (perché qui siamo a livelli che forse solo Bergman). Il risultato è noto: clamoroso flop in patria e un futuro pregiudicato. I migliori registi americani viventi, secondo me, sono due. Uno, Michael Cimino, è già inattivo da anni e deve pure subire l’onta di vedersi rimontare I cancelli del cielo (!!!) dal primo che passa. L’altro, Michael Mann, rischia di fare la stessa fine. Ma Blackhat è qui, in tutta la sua magnifi-cenza. In un universo virtuale pervaso da fantasmi (ad esempio quello dell’11 settembre), paura e amore sono concreti, allora gli uomini e le donne di Mann li affrontano vivendo cartesianamente l’impresa: lotto/amo quindi sono. Affetti familiari, eros, ma anche battaglie dove il sangue sostituisce lo scorrere dei dati in una matrice informatica che pare fogna. Per dire: si comincia con una guerra combattuta attraverso la tecnologia più avanzata, quasi fantascienza, e si finisce con gli antagonisti che si prendono a coltellate durante una cerimonia tradizio-nale millenaria. In mezzo, puro Michael Mann, che sperimenta con il digitale (la sparatoria tra cunicolo/scivolo e container è incredibile) e regala personaggi di contorno memorabili come l’agente dell’FBI Viola Davis, il marshal Holt McCal-lany e un mercenario, Kassar (Ritchie Coster), a queste latitudini già leggenda.

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BLACKHATREGIA DI MICHAEL MANN

USA · 2015 · THRILLER · DURATA: 135’CON CHRIS HEMSWORTH, VIOLA DAVIS, WEI TANG, LEEHOM WANG

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

Page 13: Cinerama 2.3

Checché ne pensasse l’amica di Vivian in Pretty Woman, l’happy ending di Cene-rentola non è solo questione di fortuna. Ma di «coraggio e gentilezza», ribadisce Kenneth Branagh fino allo stremo, nella nuova versione Disney dell’immortale fia-ba, questa volta in live action, ma con fortissime iniezioni di computer grafica. Che srotola su un tappeto barocco di dettagli sfarzosi e lussureggianti tutta l’atempo-ralità del classico: per la maggior parte aderente all’intreccio di Perrault (lo stesso seguito dall’animazione di zio Walt nel 1950), in equilibrio tra stupore del fantastico e (relativa) verosimiglianza di trama, Cenerentola aggiunge ai suoi personaggi lo spessore che basta a non farli sfigurare in tre dimensioni e rincorre con consape-volezza i fasti della Hollywood che fu, di un cinema lussuoso e sfavillante capace di concretizzare su pellicola la sostanza dei sogni (e il sogno di diventare “principessa per un giorno” è da sempre il cuore del successo di questa storia). Così la matrigna

CENERENTOLAREGIA DI KEnnEth BRAnAGh

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di Alice Cucchetti

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è una diva in declino che odia la “Eva” destinata a soppiantarla, l’orfanella incarna la fresca e incorruttibile determinazione dell’innocenza, il principe è intrappolato in un’accennata commedia degli equivoci e delle convenzioni sociali; a parziale eccezione della fata Madrina (un po’ mago Merlino di La spada nella roccia), tutti ballano al passo infallibile della tradizione. Con gentilezza. Coraggio, un po’ meno.

CENERENTOLA REGIA DI KEnnEth BRAnAGh

USA · 2015 · FAntASy · DURAtA: 105’ COn LILy JAmES, RIChARD mADDEn, CAtE BLAnChEtt, hELEnA BOnhAm CARtER, hAyLEy AtwELL

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

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Page 15: Cinerama 2.3

Pare un po’ goffo Tom Hardy dietro al bancone del pub che gestisce insieme al cugino Gandolfini. Clientela abituale, qualche scommessa e un business (lette-ralmente) sottobanco, dato che nel locale si “lavano” i soldi sporchi di un clan di mafiosi ceceni. Hardy trova un cagnolino e chiede a Noomi Rapace, sua vicina di casa, di dargli una mano. Solo che il cucciolo appartiene all’ex fidanzato di lei, Matthias Schoenaerts, un tizio squinternato che ha nel quartiere una pessima fama. Qualcuno intanto cerca di fregare i ceceni, e tutto si complica. Bel noir opera seconda del belga Roskam, già candidato all’Oscar nel 2012 per Bullhead, quale miglior film straniero. Da un racconto di Dennis Lehane, anche sceneggiatore e produttore esecutivo, in trasferta da Boston a Brooklyn, forse per far sentire a proprio agio il compianto Gandolfini che era di quelle parti. Narrazione incatenata all’incedere apparentemente schivo e impacciato di Hardy, una volta di più ottimo

CHI È SENZA COLPAREGIA DI MICHAËL R. ROSKAM

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di Mauro Gervasini

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interprete, del quale si intuisce la carica esplosiva repressa ad ogni abbozzare da-vanti al prepotente di turno. La qualità del film è tutta nella sua trattenuta risolu-tezza, mentre si perde per strada il confronto con il poliziotto John Ortiz, che pare a un certo punto avere capito tutto ma resta troppo sullo sfondo, poco definito. Chi è senza colpa è l’ultimo film di James Gandolfini, anche per questo va visto con sguardo solenne.

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CHI È SENZA COLPAREGIA DI MICHAËL R. ROSKAM

USA · 2014 · THRILLER · DURATA: 107’CON TOM HARDY, NOOMI RAPACE, JAMES GANDOLFINI, MATTHIAS SCHOENAERTS

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

Page 17: Cinerama 2.3

La casa di Jenny è il mare e con la neve no, non la può cambiare. Sradicata da Ostia per colpa di uno sfratto e di un padre vedovo relitto di se stesso, deve am-bientarsi nella provincia di Sulmona, giostrarsi fra la scuola, un lavoro da donna delle pulizie, il fratellino e il babbo da accudire. Ma soprattutto, tenersi allenata, intrufolandosi nottetempo in piscina, per non rinunciare ai campionati di nuoto sincronizzato di cui è giovane promessa. Sara Serraiocco, splendida interprete di Salvo, si carica sulle spalle un film dallo script esile quanto lei: rivestendo Jenny di corteccia ruvida, la trasforma in un virgulto coriaceo, trapiantato in una terra ostile e gelida, ma deciso a tenere nascoste le sue radici - e i suoi tumulti - sotto il pelo dell’acqua. Le riprese subacquee rivelano il moto furioso di uno sport che, visto da fuori, è solo eleganza e precisione, metafora non audace di una libertà femminile negata, ingabbiata in ruoli indesiderati: Jenny adempie di malavoglia ai suoi do-

CLOROREGIA DI LAMBERTO SANFELICE

di Ilaria Feole

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veri di figlia, tenta di sbarazzarsi dell’incarico di madre surrogata per il fratello e si offre come amante solo per ottenere in cambio l’accesso clandestino alla piscina. Nel frattempo, si tiene a galla: più ritratto in movimento che romanzo di forma-zione, l’esordio di Sanfelice lascia intravvedere in filigrana un tentativo di cinema della crisi, un’attenzione per gli ambienti e per angoli di provincia disertati dagli autori nostrani, ma il suo sguardo acerbo si ferma spesso in superficie.

CLOROREGIA DI LAMBERTO SANFELICE

ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 98’CON SARA SERRAIOCCO, PIERA DEGLI ESPOSTI, GIORGIO COLANGELI, IVAN FRANEK

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

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Page 19: Cinerama 2.3

Rifare qualcosa che funziona fino allo sfinimento è uno dei dettami che Hollywood segue con più puntiglio, fingendo d’ignorare che raramente il successo si ottiene su ricetta. Ma la regola, nel filone “saghe teen”, svela un attrito di duplice ipocri-sia: da un lato, dopo il languore adolescenziale di Twilight, si corteggia la distopia politica per sublimare tutta l’insofferenza giovanile nei confronti di adulti e istitu-zioni; dall’altro, mentre a parole si istiga alla ribellione, alla presa di posizione e al pensiero critico, il risultato affoga nella ripetizione più conservatrice di contenuti e messa in scena. Così Insurgent non ha alcunché di sovversivo, nemmeno per sbaglio, soffre un po’ (ma neanche troppo) della “sindrome da capitolo interme-dio”, mentre il Robert Schwentke di Red (assunto evidentemente per aumentare l’adrenalina latitante in Divergent) si aggrappa agli occhi enormi e carismatici di Shailene Woodley, ai suoi dolori di crescita e all’abusato conflitto interiore del «chi

THE DIVERGENT SERIES: INSURGENTREGIA DI ROBERT SCHWENTKE

di Alice Cucchetti

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tocco muore». Il punto è che lo specchio scuro della fantascienza, qui, conta mol-to meno del fascino da esperienza videoludica: ogni film è accesso a un livello nuovo, all’interno del quale ci si muove secondo schemi consolidati dai giochi di ruolo e strategia. Lo script di Insurgent si inventa addirittura un McGuffin/scatola magica che rende il trucco quasi meta: spudorato ma efficace, tiene teso almeno il filo della tensione.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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THE DIVERGENT SERIES: INSURGENTREGIA DI ROBERT SCHWENTKE

USA · 2015 · FANTASCIENZA · DURATA: 158’CON SHAILENE WOODLEY, THEO JAMES, KATE WINSLET, OCTAVIA SPENCER

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Sono tutti sordomuti, i Bélier, eccetto Paula, la figlia. Che è figura fondamentale per fare da interprete - dal francese al linguaggio dei segni, e ritorno - in occa-sione del presentarsi della famiglia sulla scena sociale. E interprete è un eufe-mismo: perché il suo ruolo è anche quello di mitigare, rendere accettabili agli interlocutori, i burberi, schiettissimi discorsi dei genitori, agricoltori e allevatori, totalmente affrancati dalla lingua dei convenevoli sociali. E politici: tanto che Bélier padre, stanco dei ritornelli retorici del sindaco, decide di candidarsi alle elezioni. In gioco, in questa storia, ci sono la responsabilità e l’ipocrisia del linguaggio, geni-tori infantili e figli maturi, un coming of age basato soprattutto su un’espressione di sé che passa dal farsi ascoltare dai padri e dal loro sordo egoismo. Perché l’handicap, qui, trova una giustificazione simbolica. E se si pensa che la via per l’emancipazione di Paula è quella del canto, il lessico si fa limitato ed eticamente

LA FAMIGLIA BÉLIERREGIA DI ERIC LARTIGAU

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di Giulio Sangiorgio

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discutibile. Il concept alla base è il seguente: commedia media caricaturale d’am-bientazione provinciale, ancoraggio nullo al reale, tranquilla prevedibilità, feticci culturali (Michel Sardou), una stella di The Voice da far cantare (Louane Emera, César come attrice del futuro), equivoci giocati sulla disabilità (per un’integrazione nell’immaginario che apparentemente non passi dal politicamente corretto, vedi Quasi amici), ecumenismo di fondo. Non è che non funzioni. È che non ci piace.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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LA FAMIGLIA BÉLIERREGIA DI ERIC LARTIGAU

FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 105’CON KARIN VIARD, FRANÇOIS DAMIEN, ERIC ELMOSNINO, LOUANE EMERA

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Pisa, oggi: una casa di studenti inevitabilmente fuoricorso. Cioni è affettuoso, gua-scone e disadattato, Vincenzo, invece, laureato in vulcanologia, ha un’offerta di lavoro in Islanda che vale la fine del rapporto con Francesca. Ilaria è incinta del solito idiota e Andrea non ingrana con la recitazione perché pensa a Marta, o forse perché non ha il talento. Le feste, le sbornie, il cameratismo, il sesso occasionale, i litigi, il frigo vuoto con la muffa, la pasta bianca, i progetti, la noia e un certo males-sere esistenziale. Tutto in condivisione per gli ultimi giorni, in attesa dell’abbando-no della casa: un rito di passaggio per il definitivo ingresso nel mondo adulto. Che in Italia è un’ipotesi. Raccontato così, Fino a qui tutto bene, mette paura e richiama maldestri scenari generazionali, quadretti sociologici da nazione piccola piccola. E invece l’angloitaliano Johnson, dopo il buon esordio I primi della lista, conferma il suo sguardo fresco e gentile, scavalca la retorica e abbraccia i limiti dei suoi

FINO A QUI TUTTO BENEREGIA DI ROAN JOHNSON

di Adriano Aiello

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personaggi, li rende vivi. Un ritratto essenziale, privo di grandi ambizioni, con idee semplici ma chiare, un po’ di candore e molto amore per i suoi interpreti. Che ricambiano: mica facile vedere in Italia attori che sembrano veri, non strillano, non eccedono, non appaiono la controfigura artefatta dell’uomo della strada (da molto tempo già di suo in debito di ossigeno narrativo). Con anche un bel finale sospeso. Sì, fino a qui tutto bene.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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FINO A QUI TUTTO BENEREGIA DI ROAN JOHNSON

ITALIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 80’CON ALESSIO VASSALLO, PAOLO CIONI, SILVIA D’AMICO, GUGLIELMO FAVILLA

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di Giona A. Nazzaro

«Quando parli sento odore di vagina». Lo dice Adrian Martinez a Margot Robbie. Ed è la cosa migliore del film. Una battuta che avrebbe potuto scrivere France-sco Milizia e che sarebbe stata perfetta anche per John Belushi. Diretto da Glenn Ficarra e John Requa, i quali avevano fatto ben sperare con il singolare Colpo di fulmine Il mago della truffa, ritornano, dopo Crazy, Stupid, Love, al film di bidoni e raggiri, ma il tutto sa di riciclato, nonostante la confezione di lusso tenti di convin-cerci del contrario. Will Smith è il mago che deve mettere le mani sulla formula del carburante del milionario Rodrigo Santoro. Purtroppo per lui s’innamora di Margot Robbie e tutto si complica. Sceneggiatura ovviamente onnisciente, eppu-re sorprendentemente priva di trovate… sorprendenti. Al confronto, In Trance di Danny Boyle e Now You See Me - I maghi del crimine di Louis Leterrier ci fanno la figura dei capolavori cubisti. E a nulla serve sparare sul pubblico Simpathy for the

FOCUS - NIENTE È COME SEMBRAREGIA DI GLEN FICARRA, JOHN REQUA

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Page 26: Cinerama 2.3

Devil degli Stones e Gimme Danger degli Stooges. La soglia dell’attenzione resta a zero. Dominando il weekend di lancio Usa con meno di venti milioni di dollari, Focus ha ristabilito le quote di Smith, ammaccate dopo il flop del ben più audace After Earth. Forse però il merito è del fascino di Santoro (Serse in 300 - L’alba di un impero), degli occhioni di Margot Robbie e, soprattutto, del suo magnifico bikini a stringhe.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 5 marzo

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FOCUS - NIENTE È COME SEMBRAREGIA DI GLEN FICARRA, JOHN REQUA

USA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 104’CON WILL SMITH, MARGOT ROBBIE, RODRIGO SANTORO, GERALD MCRANEY

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Dopo Truman Capote (un manifesto d’intenti) e L’arte di vincere, Miller torna al reale che si fa letterario, adattando l’autobiografico Foxcatcher di Mark Schulz e David Thomas. 1987. Un campione olimpico di lotta (Tatum), cresciuto sotto l’e-gida del fratello maggiore (Ruffalo), è chiamato dal miliardario John E. du Pont (Carrell), a far parte della sua neonata società sportiva. Ovvero un sogno a fondo perduto, una visione privata, malata d’Edipo e fuori misura, che nasce con hybris per rifondare nello sport i valori perduti d’America. Su questo squilibrio tra storia personale e destino di un paese, tra capitale e Mito, tra retorica e pratica, Miller costruisce un film che lavora sul classico ma è in cerca continua di scarti e scom-pensi, di tratti alienanti, di spettri: tra immagini del passato che ritornano, make up caricaturali e doc che non documentano, le inquadrature non si limitano a raccontare solo gesti ed eventi, ma si soffermano a lungo sul rapporto fisico tra

FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANAREGIA DI BENNETT MILLER

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di Giulio Sangiorgio

Page 28: Cinerama 2.3

gli uomini, sfumano il pathos, ammutoliscono l’epica e fanno dei luoghi teatri astratti e deformi, ring della mente. Sono i corpi muti a parlare, a dire delle ten-sioni psichiche, sessuali, economiche: la lotta non è uno sport, qui. È una tragedia implosa, silente. E non è solo un biopic, un ritratto umano, Foxcatcher. Ma storia d’America, parabola sull’imperialismo economico e culturale, mitologia che s’in-frange e non smette d’infrangersi.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANAREGIA DI BENNETT MILLER

USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 130’CON CHANNING TATUM, MARK RUFFALO, STEVE CARELL, ANTHONY MICHAEL HALL

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Storia di Pierre Michel, giudice inviato da Metz a Marsiglia nel 1975 per sman-tellare il traffico di eroina della French Connection guidata dal boss Tany Zampa. Storia vera, anni di piombo. Storia privata, intima, personale di due uomini dalla personalità ingombrante, dai molti nemici, la cui linea di demarcazione è tutta in un dialogo in cima a una collina, unico momento di contatto visivo tra gli immensi Dujardin e Lellouche. È nei loro personaggi, eredi legittimi di decine di volti delo-niani e belmondiani, che si consuma un’e(ste)tica polar a tinte crepuscolari fatta di ambiguità morali, contraddizioni comportamentali, dissidi interiori e un’idea di legalità piuttosto malleabile da entrambi gli schieramenti. Se in interni Jimenez si rivolge alla tradizione di genere francese, è in esterni (scenografici e dramma-turgici, nella messa in relazione dei protagonisti con il mondo istituzional-mala-vitoso) che French Connection alza lo sguardo per cercare Scorsese e Friedkin.

FRENCH CONNECTIONREGIA DI CÉDRIC JIMENEZ

di Claudio Bartolini

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La vicenda privata diventa così grande narrazione, equivalente transalpino del nostrano Romanzo criminale, con il quale condivide afflato corale, istinti pulp nella definizione dei personaggi e grammatiche realiste nell’abbondante uso di camera a spalla. Nella messa in scena filologica della Marsiglia che fu si riaprono ferite mai sanate: la giustizia, da quelle parti, è ancora lontana. E Michel diventa paradigma del presente.

FRENCH CONNECTIONREGIA DI CÉDRIC JIMENEZ

FRANCIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 135’CON JEAN DUJARDIN, GILLES LELLOUCHE, CÉLINE SALLETTE, MÉLANIE DOUTEY

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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Page 31: Cinerama 2.3

Eleganza oscura modello Malefica, capelli corvini, corpo perfetto stretto in tailleur, sguardo sdegnante, passo sicuro. Anita è così, algore anaffettivo e precisione di calcolo, anche se canta filastrocche d’infanzia nei momenti di ansia e nella scarpa tacco 12 ha un tallone d’Achille: la liaison con il capo, un affetto collaterale che la fa promuovere, la lascia incinta e, d’un tratto, priva di lavoro. Segue vendetta, con cromie e modi tarantiniani, l’aiuto di un gruppo di donne in disagio e l’amore di un timido avvocato. Giorgia Farina, dopo la farsa pulp Amiche da morire, che mixava stereotipi mediterranei al femminile, qui cerca con sguardo eccitato e survolta-to di raccontare una nuova, possibile, contraddittoria donna di oggi. Come molta odierna serialità tv è oltre lo stereotipo (anche di quello da caratterista di Micaela Ramazzotti). Ma con i toni, comunque, della caricatura: mostra lati fumettistici dei personaggi con scene dimostrative (come quella che regala il titolo al film) e poi

HO UCCISO NAPOLEONEREGIA DI GIORGIA FARINA

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di Giulio Sangiorgio

Page 32: Cinerama 2.3

li ribalta con traumi e coup de théâtre. Solo che in un regista come Sorrentino, questo grottesco esclamativo, che schianta uno contro l’altro aggettivi qualitativi, che dice e smentisce, sa creare una misteriosa complessità. Qui la ricerca con-tinua dell’effetto sbrana problematicità, credibilità, paradigmaticità sociale delle figurine, e quel che si vede, prima dei personaggi, è solo un esercizio di stile, di scrittura eccentrica e fuori misura.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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HO UCCISO NAPOLEONEREGIA DI GIORGIA FARINA

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 90’CON MICAELA RAMAZZOTTI, LIBERO DE RIENZO, ADRIANO GIANNINI, IAIA FORTE

Page 33: Cinerama 2.3

Una razza di innocui, piccoli alieni, simili a calamari e che cambiano colore a se-conda delle emozioni, invade la Terra e in men che non si dica ne trasferisce l’in-tera popolazione nel deserto australiano, appositamente rinverdito e attrezzato per l’accoglienza. Gli alieni Boov si installano poi nelle città, anch’esse trasformate secondo le loro strane necessità. Capaci di controllare tecnologicamente la gravi-tà, i Boov non sanno però socializzare e sono concentrati solo sulla loro versione degli smartphone. In questo scenario, l’ipersocievole ed emarginato Oh si mette nei guai e finisce per trovare il riluttante aiuto di una ragazza, Tip, e del suo gattone Pig. Insieme attraversano il mondo su una macchina volante e vivono avventure incredibili, ma poco sorprendenti. Home - A casa si gioca subito la carta migliore con la conquista della Terra, però già dopo pochi minuti scivola nelle carinerie e nelle banalità cui la DreamWorks ci ha abituato negli ultimi anni. I Boov vorrebbero

HOME - A CASAREGIA DI TIM JOHNSON

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di Andrea Fornasiero

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essere dei nuovi Minion, ma non ne hanno l’irriverenza né la comicità slapstick. E se per una volta c’è una ragazza nera al posto del solito ragazzo bianco, Tip rima-ne purtroppo un personaggio sui generis. Home invita all’uso consapevole delle tecnologie e al superamento delle diversità, in modo però così palese da essere adatto solo ai più piccoli, come le canzoncine di Rihanna scritte per il film.

HOME - A CASA REGIA DI TIM JOHNSON

USA · 2015 · ANIMAZIONE · DURATA: 94’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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Page 35: Cinerama 2.3

Ewa Pieta fu una giornalista polacca che, nel 2004, realizzò Like a Butterfly, docu-mentario dedicato al giovane disabile Przemek, al quale i medici diagnosticarono erroneamente la paralisi cerebrale. Ma quel cervello viveva e ragionava, pensava e muoveva sentimenti mai compresi dalla società, immersa nell’eccesso striden-te di un tempo in cui all’incapacità di comunicare è pavlovianamente associata quella di capire. A Ewa Pieta, morta nel 2006, è dedicato questo dramma lieve, il cui registro sfiora ripetutamente l’obiettività documentaria, salvo prendere da essa le distanze in libere ricostruzioni narrative (Mateusz si toglie l’etichetta di vegetale a 35 anni, Przemek lo aveva fatto a 16) e in concessioni retoriche atte a tirare per i capelli l’emozione, trascinandola su schermo in ralenti al pianoforte. La struttura biografica è tripartita e dal 1989 del focolare domestico, di un fuga-ce amore, della protezione fraterna e materna, salta dapprima al 1998 - con la

IO SONO MATEUSZREGIA DI MACIEJ PIEPRZYCA

di Claudio Bartolini

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Page 36: Cinerama 2.3

ribellione all’istituto, la scoperta di una sessualità da consumare con gli occhi e l’ipocrisia di Magda, che si occupa di Mateusz per liberarsi la coscienza -, quindi al 2008, anno del riconoscimento medico e dell’incontro con la giornalista Ewa. Racconto di una formazione diversamente abile, Io sono Mateusz offre spalla al sentimento e all’introspezione con un percorso in voce off che, per una volta, è funzionale al discorso e con un’interpretazione del giovane Ogrodnik da lacrime agli occhi.

IO SONO MATEUSZREGIA DI MACIEJ PIEPRZYCA

POLONIA · 2013 · DRAMMATICO · DURATA: 100’CON DAWID OGRODNIK, DOROTA KOLAK, ARKADIUSZ JAKUBIK, HELENA SUJECKA

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

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Page 37: Cinerama 2.3

Del cinema italiano dei tempi che furono, i tempi di Comencini Luigi, Saverio Cri-spo era un divo: un Volonté, un Mastroianni, un Gassman. La Comencini, come l’Avati di La cena per farli conoscere, offre al personaggio immaginario una car-riera: costruisce, tra l’omaggio e la parodia cinéphile, stralci di film d’impegno e spaghetti western, di nebbie francesi e frammenti svedesi d’inconscio. E s’inventa per lui una lunga storia di donne sedotte, nel caso sposate e poi abbandonate, e di figlie cresciute part-time, praticamente sconosciute, quando non riconosciute. Ma il film è al presente, al tempo di oggi. Riunione di famiglia a dieci anni dalla morte dell’attore: due mogli e quattro figlie, i compagni (chi li ha) e una controfigura non bastano comunque a riassumere il passato del divo, che riaffiora e sconcerta, a colpi di postumi coup de théâtre. Affrontare la figura di questa magnifica presen-za, di questo pater familias spettrale, sradicandolo dal mito, femminizzandolo,

LATIN LOVERREGIA DI CRISTINA COMENCINI

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di Giulio Sangiorgio

Page 38: Cinerama 2.3

giustificando il gossip in abyme, è programmatica occasione di emancipazione del femminile dal maschile e (affettuosamente) del presente dal passato. Ovvero da un cinema italiano (paterno) che non ritornerà. Amen. Null’altro: una comme-dia autoreferenziale per pubblico borghese, slegata dal reale, con gioco d’attori teatrale, difficoltà d’amalgama dei toni (il farsesco soprattutto) e poco da dire del mondo. Ultimo film di Virna Lisi.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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LATIN LOVERREGIA DI CRISTINA COMENCINI

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 104’CON ANGELA FINOCCHIARO, VALERIA BRUNI TEDESCHI, VIRNA LISI, MARISA PAREDES

Page 39: Cinerama 2.3

Dopo due lustri di sfarzi, epiche wuxia e coreografie luccicanti per manieristi occi-dentali, il cinema di Zhang Yimou (e della fedele Gong Li) ritorna a casa, a bagnare i piedi nel classicismo. E nella Cina degli anni 70, dove un professore scomodo è costretto alla clandestinità per un decennio. Fallito, per colpa della figlia collabo-razionista, un primo riavvicinamento con la famiglia, l’uomo viene successiva-mente riabilitato, ma la moglie, colpita da una sorta di amnesia selettiva, non lo riconosce più. Mélo classico, quanto ingessato e calligrafico, Lettere di uno scono-sciuto è un film sulla memoria e sulla politica come corruttrice dell’animo, morte dei sentimenti e delle ambizioni artistiche. La prima parte (più vicina a un lungo incipit che a un atto vero e proprio) documenta tutti i danni dell’apologia di regime durante la Rivoluzione culturale, ma il grigiore e il conformismo, l’enfasi dei gesti e dei dialoghi (penalizzati anche da un doppiaggio ingeneroso) sono politicamen-

LETTERE DI UNO SCONOSCIUTOREGIA DI ZHANG YIMOU

di Adriano Aiello

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Page 40: Cinerama 2.3

te smussati, affogati nella caricatura. La dimensione intima, che indaga invece le ragioni di una rimozione e le assurdità delle vicende, ha i toni di una dramma da camera tutto sguardi e recitazione sommessa, dove la parola è un inutile orpello e la metafora funge da monito contro la tentazione dell’oblio. Ma è tutto in super-ficie, trasparente, privato di ogni impeto espressivo: un cinema stanco, dal fiato corto, mai capace di affrancarsi dalla retorica.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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LETTERE DI UNO SCONOSCIUTOREGIA DI ZHANG YIMOU

CINA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 111’CON GONG LI, CHEN DAOMING, ZHANG HUIWEN, NI YAN

Page 41: Cinerama 2.3

La bella sorpresa evocata dal titolo non è sicuramente quella di vedere nuova-mente Bisio in versione lombardo fuori contesto al sud, in un’altra commedia/remake sentimentale e macchiettistica che il regista Genovesi definisce «un au-to-Truman Show» (amen). Stavolta il cinema italiano va a pescare il successo brasiliano A mulher invisível per raccontare un insegnante che, scaricato dalla fidanzata, finisce per innamorarsi di una donna perfetta frutto della sua fantasia, mentre la bella vicina lo desidera e il miglior amico cerca di farlo rinsavire. Come sempre a Napoli ce sta ‘o sole, gli indolenti e le usuali storie di ordinaria medietà ad amplificare il calore romantico delle vicende. Quello che manca, nonostante qualche siparietto eccentrico e una confezione curata, è il divertimento. Al net-to di qualsiasi snobismo, registriamo che Ma che bella sorpresa non fa ridere: la scrittura non ha guizzi ed è sopraffatta dalla melassa amorosa, l’alchimia tra

MA CHE BELLA SORPRESAREGIA DI ALESSANDRO GENOVESI

di Adriano Aiello

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Page 42: Cinerama 2.3

Bisio e Matano non funziona (per colpa del secondo), e il regista si adagia sul so-lito cinema nazionale piccolo piccolo. Le cose migliori? La vittoria “morale” delle generose forme della Lodovini sull’algida perfezione estetica della Baschetti e il colpo di casting di affidare a Pozzetto e alla Vanoni i ruoli dei genitori del Bisio nazionale. Coppia che fa un po’ tenerezza, un po’ nostalgia e sembra uscita da una commedia americana ruffiana, ma a cui è davvero difficile non volere bene.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dall’11 marzo

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MA CHE BELLA SORPRESAREGIA DI ALESSANDRO GENOVESI

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 91’CON CLAUDIO BISIO, FRANK MATANO, VALENTINA LODOVINI, ORNELLA VANONI

Page 43: Cinerama 2.3

Fra la crisi economica e quella dei quarant’anni; fra la perdita delle radici e il dram-ma delle doppie punte; fra le domande esistenziali e l’unica domanda che con-tasse, al mare con mamma, dopo pranzo: «Fra quanto posso fare il bagno?». In mezzo, proprio lì nel limbo, si incunea e si accoccola su se stessa l’opera prima dell’attrice, autrice e performer Eleonora Danco, qui nei panni di se stessa e di “Anima in pena”. Morettiana nello spirito e nel cocciuto egocentrismo, si sposta a piedi o a bordo di un letto, nuda o in pigiama, armata di piccone o immersa negli Oro Saiwa. Mette in scena il suo ego e la sua generazione, quella prima dei nativi digitali, quella che ormai non è più nemmeno X, forse è N: come niente, come non sa/non risponde. E allora, per sfida e per confronto, interroga le altre genera-zioni: intervista gli anziani della natìa Terracina e gli adolescenti della periferia ro-mana, pone loro le medesime domande sul sesso, sul matrimonio, sulla società,

N-CAPACEREGIA DI ELEONORA DANCO

di Ilaria Feole

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Page 44: Cinerama 2.3

entrando nel campo inquadrato per sbugiardare la sua stessa ricerca di verità. Danco mette in posa gli interlocutori/burattini, allestisce comizi d’amore mezzo secolo dopo, non cerca rivelazioni e non tira conclusioni: intorno ai suoi botta & risposta con nonni e ragazzini, scintilla mesta la N di nulla (quello che già regi-strava per Radio3 nel doc a puntate Il vuoto - Anziani e adolescenti a confronto), la N di narcisismo. Ma, anche per raccontare quelle, serve essere capace.

N-CAPACEREGIA DI ELEONORA DANCO

ITALIA · 2014 · SPERIMENTALE · DURATA: 80’CON ELEONORA DANCO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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Page 45: Cinerama 2.3

Non bisognerebbe confondere il cuore con lo stomaco, ma per Gae e Delia, duran-te una cena lunga una vita, la confusione è sostanziale. Lei è diventata anoressica dopo il divorzio di mamma e papà; poi, per riscatto, nutrizionista con strascichi di paranoie gastronomiche. Lui vuole fare lo scrittore ma è incagliato fra ambizione e questioni, appunto, alimentari: cerca il cinema, trova sitcom e vite dei santi in tv. Il loro amore passa per la bocca, per i denti di Delia consumati dagli acidi gastrici, per le paste con cui lui la imbocca e, infine, per il gelato che lei gli sbatte in faccia a sancire la fine di un matrimonio deperito. Castellitto indugia su saliva e sugo, in cerca del cinema tattile e febbrile di Non ti muovere, ma lo ibrida con quello da caricatura del salotto di sinistra stile La bellezza del somaro, prendendosela col mondo anchilosato del grande schermo nostrano: la figura grottesca dell’amico sceneggiatore di grido, la writing room-carcere, la finestra che affaccia sull’Audi-

NESSUNO SI SALVA DA SOLOREGIA DI SERGIO CASTELLITTO

di Ilaria Feole

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Page 46: Cinerama 2.3

torium in pieno Festival di Roma. Ma nell’inseguire la prosa finto-realista della moglie Mazzantini («ho infilato la giacca che metto per buttare la spazzatura e sono andata ad abortire»), nel cercare la vitalità solo tramite i primi piani trash invasi di crema pasticcera, imbastisce un’opera che denuncia tutti i vizi e i vezzi di certo cinema “colto” italiano: non ultimo, il nuovo trend della danza liberatoria su brano di Lucio Dalla.

NESSUNO SI SALVA DA SOLOREGIA DI SERGIO CASTELLITTO

ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 100’CON RICCARDO SCAMARCIO, JASMINE TRINCA, ANNA GALIENA, MARINA ROCCO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 5 marzo

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Page 47: Cinerama 2.3

Quante vite ha avuto Marcella Di Folco? Quand’è nata, nel 1943, era Marcello, figlio di gerarca fascista; negli anni 70, col cognome Di Falco, è attore per Fellini (Satyri-con, Amarcord, La città delle donne), per Petri (Todo modo), per Rossellini (L’età di Cosimo de Medici); nel 1987, a Casablanca, sancisce con la chirurgia la sua iden-tità di donna; l’anno dopo diventa presidente del MIT (Movimento identità transes-suale); nel 1995, eletta consigliere comunale di Bologna, è la prima transessuale al mondo a ricoprire una carica politica. Tra i fotogrammi dei film in cui ha recitato e quelli dei video amatoriali di famiglia, c’è una storia d’Italia in miniatura, gli anni d’oro del Piper e i primi comizi di Nichi Vendola e Vladimir Luxuria, le contraddi-zioni congenite di un paese la cui libertà sessuale non è mai andata di pari passo con quella sociale, per dirla con le parole della stessa Marcella, cattolica convinta e morta (nel 2010) col rosario in tasca. Simone Cangelosi fa politico il suo privato,

UNA NOBILE RIVOLUZIONEREGIA DI SIMONE CANGELOSI

di Ilaria Feole

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Page 48: Cinerama 2.3

costruendo un documentario intimo e narrato in prima persona, in cui il legame personale del regista col soggetto del film è esposto e fa da collante per una narrazione talvolta troppo ondivaga fra rimembranze emotive e indagine sullo status sociopolitico dei transessuali italiani. Un documento (auto)biografico pre-zioso quanto affettuosamente sbilanciato, che ridà voce a una figura cruciale non solo per la comunità LGBT italiana.

UNA NOBILE RIVOLUZIONEREGIA DI SIMONE CANGELOSI

ITALIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 83’CON MARCELLO DI FOLCO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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Page 49: Cinerama 2.3

Anaïs Demoustier, mogliettina devota e un po’ dimessa di Raphaël Personnaz, scopre che Romain Duris, il marito della migliore amica morta all’improvviso, vive la propria (etero)sessualità en travesti. Si traveste molto elegantemente da donna come Ed Wood; la consorte sapeva ma ha sempre mantenuto il segreto. Invece la nostra fanciulla all’inizio si scopre turbata, poi attratta. Spumeggiante commedia di François Ozon che una volta di più, forse meglio del solito, riflette sui (labili) confini dell’identità sessuale, trattenuti dai lacciuoli di convenzioni so-ciali che un tempo si sarebbero definite “borghesi”. Guardando l’atrio della casa di Duris, osservandolo camminare con i tacchi a spillo, il più cinefilo degli spettatori potrebbe abbandonarsi (con gusto) alla ronde dei riferimenti. Hitchcock, Ophüls, e molto Billy Wilder, con una spruzzatina di Almodóvar. Ma non si pensi che Una nuova amica sia un semplice divertissement perché Ozon, con leggerezza sofisti-

UNA NUOVA AMICAREGIA DI FRANÇOIS OZON

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di Mauro Gervasini

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Page 50: Cinerama 2.3

cata e intelligenza, racconta la confusione non del protagonista maschile, che sta invece benissimo così, ma della ragazza, creando un cortocircuito interessante. Immaginiamo l’adesione emotiva del regista al personaggio di Duris, ma è facile (e decisamente voluto) che lo spettatore si identifichi con Demoustier, così che sia nostro il suo (persino, se vogliamo, benefico) turbamento. Tra i migliori Ozon di sempre, in ogni caso.

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UNA NUOVA AMICAREGIA DI FRANÇOIS OZON

USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 105’CON ROMAIN DURIS, ANAÏS DEMOUSTIER, RAPHAËL PERSONNAZ, ISILD LE BESCO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

Page 51: Cinerama 2.3

Docufiction o documentario pop, per sposare le parole degli autori, sanamente eccentrico, senza militanze o didascalie, piuttosto con lo spirito dell’elegia (l’in-tento è «generare nostalgia per un periodo che chi racconta non ha vissuto») e i volti e le musiche dei Rockets, a timbrare un immaginario a cavallo tra i 70 e gli 80. Che vive e pulsa della sua forza evocativa (con la realtà sostituita dalla sua stilizzazione), sottolineata da una messa in scena che va verso il road movie e la fantascienza visionaria di Diabolik. Le testimonianze dei protagonisti delle radio libere calabresi - apripista di quel sottobosco magmatico e spontaneista succes-sivo alla “liberazione” dell’etere, sancita dalla Corte costituzionale nel 1976 - ven-gono scandite attraverso l’indagine di un’agente della “censura futuribile” (Barbara Cambrea, troppo ingessata nel ruolo) e gli interventi di una speaker radiofonica. Una successione di volti, strade, colori, retrofuturismi, aperture liminari che ten-

ONDE ROADREGIA DI MASSIMO IVAN FALSETTA

di Adriano Aiello

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Page 52: Cinerama 2.3

gono in piedi una forma che non smette mai di specchiarsi in se stessa, come a volerci ricordare ossessivamente che non stiamo assistendo al più classico dei documentari. Ma il gioco alla lunga stanca e i “temi” - le potenzialità libertarie della radio, il valore culturale della musica - sono spuntati, senza storicizzazione o un discorso teorico sul movimento e sulla sua eredità storica. Magari da cercare in quel web un po’ retoricamente messo fuori dalla porta all’inizio della narrazione.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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ONDE ROADREGIA DI MASSIMO IVAN FALSETTA

ITALIA · 2013 · COMMEDIA · DURATA: 90’CON BARBARA CAMBREA, FRANCESCA ZAVETTIERI, AWANAGANA, FEDERICO L’OLANDESE VOLANTE

Page 53: Cinerama 2.3

È il film che non t’aspetti. A partire dal suo regista e interprete: quel Riccardo Rossi che ha attraversato in maniera trasversale e anche defilata il rutilante mondo del-lo spettacolo (ufficio stampa, cinema, tv, pubblicità liscia gassata o…) con la voce gracchiante d’una curiosa cornacchia. Per finire proprio con il tema su cui centra perfettamente il suo esordio: l’ansia di un padre quando scopre che la figlia ado-lescente è ormai in età di perdere la verginità. Ecco che il protagonista, separato dalla moglie, un medico della mutua (detto proprio così, a evidenziare anche il pubblico, dai 40 in su, a cui il film sembra rivolgersi), s’inventa la messa in scena d’una cena con gli amici, una ginecologa e il marito non proprio affidabile, il giorno del suo compleanno, per cercare di distogliere la ragazza da questa tentazione. Ma la serata, piano piano e dolcemente, si trasforma in qualcos’altro: nel ricordo della prima volta di ognuno dei commensali con tanto di flashback d’epoca. Una

LA PRIMA VOLTA (DI MIA FIGLIA)REGIA DI RICCARDO ROSSI

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di Pedro Armocida

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Page 54: Cinerama 2.3

scelta intelligente della sceneggiatura (scritta dallo stesso regista insieme a Chiara Barzini e Luca Infascelli) e allo stesso tempo un po’ sadica, perché costringe lo spettatore a tornare indietro con la memoria e a confrontarsi direttamente, volente o nolente, con le proprie esperienze. Interrogandolo in maniera molto più profon-da e universale rispetto all’ipotesi del titolo del film, limitato solo al discorso della prima volta di una figlia.

LA PRIMA VOLTA (DI MIA FIGLIA) REGIA DI RICCARDO ROSSI

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 80’ CON RICCARDO ROSSI, BENEDETTA GARGARI, ANNA FOGLIETTA, STEFANO FRESI

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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Page 55: Cinerama 2.3

A chiunque abbia amato The Artist, The Search sembrerà girato da un’altra perso-na: anche se il giovane protagonista, un bambino ceceno traumatizzato da atti di brutalità dell’esercito russo nei confronti della propria famiglia, non dice una parola per gran parte del film, come i personaggi del cinema muto nel precedente lavoro di Hazanavicius. Ispirata a una pellicola di Fred Zinneman dallo stesso titolo (in italiano Odissea tragica), del 1948, l’opera pedina l’errare del giovane protagoni-sta durante il conflitto del 1999, fin quando viene intercettato da un’avvocatessa, Bérénice Bejo, che lavora sul territorio in difesa dei diritti umani e che lo aiuterà nella ricerca di un famigliare sopravvissuto. In parallelo il film racconta le vicende di una giovane recluta russa, un ragazzo costretto ad arruolarsi dopo essere stato arrestato per possesso di stupefacenti, che l’esercito e la guerra trasformano in un automa violento di sapore kubrickiano. Quasi completamente desaturato di

THE SEARCHREGIA DI MICHEL HAZANAVICIUS

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di Mario Sesti

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Page 56: Cinerama 2.3

colori, il film perde presto la tensione necessaria a rendere convincenti, e non solo nobili, le didascaliche ed espositive tematiche umanitarie e i moniti di allerta delle coscienze che la Bejo e Annette Bening (nei panni di un ufficiale della Croce rossa) provvedono a disseminare. La rappresentazione delle brutali e omofobe milizie russe, insieme allo sguardo penetrante e muto del giovane protagonista, denun-ciano una guerra sanguinosa e sbagliata con efficacia maggiore.

THE SEARCH REGIA DI MICHEL HAZANAVICIUS

FRANCIA / USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 160’ CON BÉRÉNICE BEJO, ANNETTE BENING, MAKSIM EMELYANOV, ABDUL KHALIM

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 5 marzo

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Page 57: Cinerama 2.3

Mario Sesti non è solo apprezzato critico cinematografico noto anche ai lettori di Film Tv, o animatore di festival, ma documentarista sui generis. Nel senso che parte da un progetto, può essere uno studio su Gadda o su Berlinguer, e poi cerca di svilupparlo nel modo meno prevedibile possibile. Senza Lucio non è, quindi, il film dedicato a Dalla che in tanti potrebbero aspettarsi. Non una biografia docu-mentaristica con le immagini di repertorio, i videoclip, le scene live e la scansione biografica. Non c’è (quasi) nulla di tutto questo perché Sesti prende alla lettera il titolo e racconta un’assenza. Scomparso all’improvviso il 1° marzo 2012, l’auto-re di Anna e Marco ha lasciato un vuoto, quello che il film riempie di immagini (soprattutto fotografiche: suoi ritratti e poi decine di luoghi amati) parole, molta poesia, suoni e musica (di Teho Teardo, quando è originale), ma anche in questo caso meno del previsto e mai quella che ti aspetteresti. C’è un narratore esplicito,

SENZA LUCIOREGIA DI MARIO SESTI

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di Mauro Gervasini

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Page 58: Cinerama 2.3

Marco Alemanno, compagno di Dalla e autore di quasi tutti gli scatti che si sus-seguono, spesso colti in viaggio: a lui il compito di definire l’uomo, più che l’arti-sta. Per l’artista ci sono invece altri amici e colleghi, alcuni, come Renzo Arbore o Stefano Di Battista, attenti a rievocare quasi filologicamente lo spessore del musicista (jazz, pop, in realtà inetichettabile). Il ritratto così costruito finisce per essere inedito, e commovente.

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SENZA LUCIOREGIA DI MARIO SESTI

ITALIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 86’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 4 marzo

Page 59: Cinerama 2.3

Un viaggio nel mondo del mercato del tabacco su una «nave da guerra il cui fine è il danneggiamento finanziario delle multinazionali». La nave in questione si chiama Yesmoke, azienda nata nel 1999 in opposizione al grande business del colosso Philip Morris e gestita dai fratelli Carlo e Gianpaolo Messina. Iniziata con il commercio online di sigarette duty free - ovvero prive del marchio di “Monopolio di Stato italiano” - e proseguita con la distribuzione su larga scala in tabaccheria, l’attività della Yesmoke è diventata un caso: impresa di enorme successo all’e-stero, con particolare pervasività sui mercati nordcoreani, è stata ostracizzata sul territorio “amico” (avendo sede a Settimo Torinese) dall’attività congiunta di Philip Morris e AAMS (Azienda Autonoma Monopoli di Stato). Legalmente parlando i «Napster del tabacco» ne hanno fatte di tutti i colori, dalle multe non pagate ai sigilli infranti. Tuttavia, SmoKings procede per accumulo di paradossi, affiancando

SMOKINGSREGIA DI MICHELE FORNASERO

di Claudio Bartolini

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Page 60: Cinerama 2.3

fino a sovrapporre le questioni etiche a quelle legali, le denunce ai monopoli alle giustificazioni della pirateria consapevole dei Messina, arrestati il 27 novembre 2014 con l’accusa di contrabbando ed evasione di 90 milioni di euro. Se temati-camente il lavoro di Fornasero apre il campo ad abissi di indignazione, filmica-mente è un risaputo compito svolto per astrazione e stilizzazione, cercando il compromesso tra biografismo e denuncia nella periferia del grottesco.

SMOKINGSREGIA DI MICHELE FORNASERO

ITALIA / SVIZZERA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 90’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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Page 61: Cinerama 2.3

Da Qualunquemente a Italiano medio, passando da I soliti idioti e momenti di Zalone, c’è una vena del cinema italiano recente che potremmo definire nuovo ri-pugnante: ricerca del disgusto, degrado del discorso al tormentone tv, al grugnito, annullamento di ogni valore a un principio di piacere bassissimo, apoteosi di un narcisismo infantile. Non è difficile leggere nelle parole grevi e insensate dei per-sonaggi la caricatura di una lingua (politica) ridotta a retorica d’occasione, in cui quel che si dice serve solo a persuadere il prossimo, e può esser negato subito dopo. Mi piace/non mi piace, e ritorno. Il linguaggio muore, resta la ricerca del go-dimento del corpo. Per paradosso in questo La solita commedia - Inferno Biggio & Mandelli mandano Dante Alighieri a mappar verseggiando i nuovi peccati con-temporanei. E sono tutti peccati ridicoli e indegni, tra bolge al bar e dipendenze da smartphone, tarati su un trentenne milanese (così che i gironi s’intitolano come

LA SOLITA COMMEDIA - INFERNOREGIA DI FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, MARTINO FERRO

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di Giulio Sangiorgio

Page 62: Cinerama 2.3

certi gruppi cinici e sornioni di Facebook). L’impressione è di un comico funereo, necrosi di una generazione reale, irredimibile: il paradiso è (s)fatto a immagine dell’uomo schifoso, dio muore, Dante è condannato all’inferno presente e l’uomo non è nudo, ma sterile, senza futuro (e senza cacchio). Cinema demente e sgra-devole per forza di cose, sciatto e puerile ma inventivo, non accomodante come le commedie da salotto e le fiabe regionali. Più vivo.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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LA SOLITA COMMEDIA - INFERNOREGIA DI FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, MARTINO FERRO

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 95’CON FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, GIANMARCO TOGNAZZI, MARCO FOSCHI

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È un melodramma bellico vecchio stile, quello che Dibb vorrebbe confezionare a partire dal romanzo di Irène Némirovsky pubblicato postumo nel 2004. Relegan-do l’afflato corale del testo di partenza a margine della storia d’amore tra il tenen-te nazista Bruno von Falk e la giovane Lucile, però, ne depotenzia il sottotesto fondamentale basato su una lotta di classe interna alla popolazione del villaggio francese, con la presenza nazista come semplice grimaldello per una guerra fra-tricida. Il sindaco collabora con l’occupante, il povero ruba al sindaco, il sindaco muore al suo posto, in quanto responsabile per l’operato dei suoi concittadini: i cortocircuiti umani sono complessi ma poco articolati e i momenti di lirismo in esterni risultano semplici corredi a un cinema frontale, patinato e verbale (a tratti verboso) da consumarsi negli interni di casa Angellier, dove cercare il senso di un’opposizione privata condotta dall’unico personaggio ben (ri)scritto. Madame

SUITE FRANCESEREGIA DI SAUL DIBB

di Claudio Bartolini

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Angellier, suocera di Lucile, è avida ma fiera, capitalista inflessibile tanto nei ri-guardi dei concittadini più poveri, quanto dei nuovi sfruttatori teutonici. Nei primi piani sulla fuoriclasse Scott Thomas la regia trova l’anima della Resistenza, ma palesa anche i limiti di una protagonista alla quale la soapoperistica flemma della Williams non riesce a donare la dovuta profondità. Il resto è dramma da camera per piccolo schermo, tra coiti interrotti, dolorose smorfie e vuoti silenzi.

SUITE FRANCESEREGIA DI SAUL DIBB

REGNO UNITO / FRANCIA / CANADA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 107’CON MICHELLE WILLIAMS, KRISTIN SCOTT THOMAS, MATTHIAS SCHOENAERTS, SAM RILEY

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 marzo

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Da qualunque prospettiva si decida di raccontare Superfast & Superfurious, il fallimento (del pensiero e del cinema) è inevitabile. Si può percorrere la strada dell’intransigenza e gridare alla luna contro la cecità distributiva italiana, grazie alla quale viene fatto circolare in anteprima mondiale (!!!) un prodotto del genere, pen-sato per l’home video, piuttosto che i tanti film (di genere, d’autore, sperimentali) meritevoli di un passaggio nelle sale. Si può cavalcare un brutale pragmatismo e considerarla una scelta legittima, perché le parodie dei franchise di maggior successo hanno un loro pubblico e fanno incassi. Oppure si può provare a rac-contare il film come un oggetto dotato di una sua specificità. Che purtroppo non esiste. L’ottava collaborazione di Friedberg e Seltzer parte da una sceneggiatura, scritta probabilmente con il metodo Boris del generatore automatico, che ricalca e deride ovviamente il modello originale – con una trama che pesca sia nell’im-

SUPERFAST & SUPERFURIOUSREGIA DI JASON FRIEDBERG, AARON SELTZER

di Adriano Aiello

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maginario delle corse clandestine dei primi Fast & Furious, sia nel nuovo corso a metà strada tra heist movie e exploitation di serie A – sulla linea dei vari Scary Movie, Epic Movie e compagnie parodianti, toccando però il vertice più basso del genere. Omaggio allo sbadiglio con un adattamento terrificante e una sequenza mortale di gag stanchi e annoiati, senza mai un momento in cui la visione sterzi su un trash sufficientemente consapevole da diventare almeno digeribile.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 5 marzo

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SUPERFAST & SUPERFURIOUSREGIA DI JASON FRIEDBERG, AARON SELTZERUSA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 100’

CON ALEX ASHBAUGH, DALE PAVINSKI, ANDREA NAVEDO, GONZALO MENENDEZ

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Speriamo che non sia femmina: nella Calabria infestata dalla ‘ndrangheta, ogni morto ammazzato, ogni boss arrestato, corrisponde a una ferita sul cuore di una madre o di una moglie. Così è per Assunta, mamma giovanissima e già vedova, sposa per forza di un uomo che non vuole; così per Caterina, consorte di un “capo” latitante di cui fa, sotto banco, le veci. Per loro valgono le leggi del sangue, dell’o-nore e della vendetta; per Vittoria, invece, magistrato arrivato da Roma, la legge dovrebbe essere uguale per tutti e proteggere almeno i figli innocenti dalle reti della malavita. L’opera prima di Fernando Muraca volge al femminile lo sguardo sulle mafie e sulla lotta dello Stato contro di esse, adattando il romanzo Il cielo a metà di Monica Zapelli (anche cosceneggiatrice) e tratteggiando tre esempi di sesso debole che deve, per amore, per etica o per sopravvivenza, farsi più forte degli uomini. Il presupposto, però, si mangia il film: lo sguardo acerbo di Muraca

LA TERRA DEI SANTIREGIA DI FERNANDO MURACA

di Ilaria Feole

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e la sceneggiatura esile e farraginosa non sostanziano l’intento dell’operazione, limitandosi a evidenziare, per giustapposizione, le nature più simili che opposte delle donne, siano esse assetate di potere o di giustizia. Con qualche ingenuità anche nel ritratto dei personaggi: Lorenza Indovina sembra la versione sobria della sua Carmen La Qualunque; inoltre il film, girato nel 2013, arriva in sala quando, sul tema, ha già detto di più la Imma Savastano di Gomorra - La serie.

LA TERRA DEI SANTIREGIA DI FERNANDO MURACA

ITALIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 89’CON VALERIA SOLARINO, DANIELA MARRA, LORENZA INDOVINA, NINNI BRUSCHETTA

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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Cina, 1967, Rivoluzione culturale: Chen Zhen e Yang Ke sono fra la moltitudine di studenti spedita nelle remote profondità del paese, incaricati di insegnare man-darino a una piccola comunità di nomadi mongoli. Sei mesi dopo, i due appa-iono perfettamente assimilati al nuovo ambiente, soprattutto Chen Zhen, che, nel frattempo, ha sviluppato un’ossessione per i lupi che pattugliano la regione e una venerazione per il capotribù, l’anziano e saggio Bilig. Nel romanzo semi-autobiografico di Jiang Rong – Il totem del lupo, bestseller che in Cina ha insidiato i record di vendite del Libretto rosso – Annaud ritrova i suoi temi preferiti: l’incon-tro/scontro tra uomo e natura, l’osservazione e la resa cinematografica del com-portamento animale. Li impacchetta in un blockbuster ecologista che si vorrebbe per famiglie (ma qualche crudeltà sulle bestiole, più suggerita che mostrata, po-trebbe traumatizzare i piccini) e sulla strada abbandona ogni sottigliezza: didattico

L’ULTIMO LUPOREGIA DI JEAN-JACQUES ANNAUD

di Alice Cucchetti

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e didascalico, L’ultimo lupo soffre personaggi abbozzati, per nulla approfonditi e incastrati dentro archetipi banali e manichei, appiattisce gli spunti problematici e le asprezze politiche del libro (e forse qua c’entra il budget cinese), dimentica sullo sfondo il potente conflitto storico-culturale tra modernizzazione e usi antichi. Di contro, il film è affollato di sequenze naturalistiche mozzafiato, tra paesaggi di bellezza acerba e dolorosa e scene di caccia ansiogene e vivide. Può bastare?

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 26 marzo

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L’ULTIMO LUPOREGIA DI JEAN-JACQUES ANNAUD

CINA / FRANCIA · 2015 · AVVENTURA · DURATA: 118’CON WILLIAM FENG, SHAWN DOU, ANKHNYAM RAGCHAA, YIN ZHUSHENG

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È tutto chiaro. È tutto evidente. La tradizione e la modernità. La campagna e la me-tropoli. Una donna che si fa uomo per essere libera - “vergine giurata”, appunto - e torna a essere donna per essere veramente libera. La metafora della condizione femminile, nella storia ispirata all’omonimo romanzo di Elvira Dones che si alter-na tra il passato della protagonista incastonata nelle montagne mozzafiato dell’Al-bania più profonda, il paese delle aquile, e il presente d’una grande città italiana, è espressa con forza e con una sana dose di non detto. Le parole sono ben calcolate, perché il primo film della talentuosa Laura Bispuri gioca molto sull’immagine, sulla suggestione ancestrale del Kanun, l’antica legge consuetudinaria albanese, e, soprattutto, su Alba Rohrwacher, perfettamente in simbiosi con il suo personag-gio. La macchina da presa la pedina, le sta sulla nuca, ne indaga il fisico mascoli-no, l’incedere dinoccolato. Poi però il lento riappropriarsi della propria femminilità

VERGINE GIURATAREGIA DI LAURA BISPURI

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di Pedro Armocida

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nella ”civile” città italiana passa attraverso episodi resi in maniera un po’ forzata e quindi un po’ banale. Più ispirata, invece, la parte in Albania, dove la regista sembra essere maggiormente a suo agio, se non più interessata, soprattutto nel ritrarre la protagonista bambina e adolescente. Qui, paradossalmente, la freddezza degli ambienti e delle tradizioni rende il film più caldo, più sentito, più vero.

VERGINE GIURATA REGIA DI LAURA BISPURI

ALBANIA / FRANCIA / SVIZZERA / ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 90’ CON ALBA ROHRWACHER, LARS EIDINGER, FLONJA KODHELI, LUAN JAHA

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 19 marzo

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LOST HIGHWAY #05 Christopher Nolan

Ogni mese un titolo inedito in Italia in streaming sul nostro nuovo canale Vi-deo On Demand al prezzo promoziona-le di due euro e mezzo. Si comincia con il noir Policeman dell'israeliano Nadav Lapid. Guardiamolo insieme e aiutaci a promuoverlo. Se anche tu vuoi un ci-nema migliore fai circolare gli invisibili insieme a noi!

In streaming

streaming.filmtvod.com

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CINERAMA RITORNA DA VOI l’8 MAGGIO CON lE RECENSIONI DI TUTTI I FIlM USCITI IN SAlA NEl MESE DI APRIlE 2015.

CINERAMA È UNA PUBBLICAZIONE TICHE ITALIA SRL.IMPAGINAZIONE A CURA DI GIULIA CIAPPA E LUCA GRIFFINIPER COMMENTI, APPREZZAMENTI E CRITICHE SCRIVETE A [email protected] INFORMAZIONI CONTATTATE LA REDAZIONE A [email protected]

FOTO TRATTA DAL FILM White God - Sinfonia per haGen