Meloni Gianna Irre Veneto
La costruzione dei concetti matematici:
la misconcezione.
Una misconcezione è un concetto errato e dunque costituisce genericamente
un evento da evitare; essa però non va vista sempre come una situazione
del tutto o certamente negativa:non è escluso che per poter raggiungere la
costruzione di un concetto,
si renda necessario passare attraverso una misconcezione momentanea, ma in corso di
sistemazione.
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Le immagini deboli e instabili che un allievo si fa di un concetto possono essere delle misconcezioni,
tali immagini, essendo in continua evoluzione nella complessa scalata verso
la costruzione di concetti,non sempre risultano un ostacolo
all’apprendimento futuro degli allievi,a meno che esse non diventino
forti e stabili modelli erronei di un concetto.
Meloni Gianna Irre Veneto
“Farsi un modello di un concetto, dunque, significa rielaborare successivamente immagini (deboli, instabili) per giungere ad una di esse definitiva
(forte, stabile)”(D’Amore)
Quando all’allievo si propone un’immagine forte, convincente, persistente e univoca di un concetto,
l’immagine si trasforma in modello intuitivo.
Si crea una sorta di rispondenza diretta tra la situazione proposta ed il concetto
matematicoche si sta utilizzando.
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Più forte è il modello intuitivo, più difficile è infrangerlo per assimilare e
accomodare una nuova immagine più comprensiva del concetto.
� Le misconcezioni allora diventano forti ostacoli per i successivi apprendimenti difficili da essere superati.
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Misconcezioni “inevitabili” ed “evitabili”
Un insegnante mostra per la prima volta ad un bambino di scuola dell’infanzia un modello di cubo rosso, di legno,di una certa dimensione e gli dice:
Guarda, questo è un cubo.Il bambino potrebbe considerare tutte queste informazioni percettive come caratterizzanti dell’oggetto
del quale si sta parlando.
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Esame all’Università.
Spiega che cos’è un angolo.� Un angolo è la lunghezza dell’arco.
Allora man mano che ti sposti l’angolo diventa sempre più ampio?
� é vero non ci avevo mai pensato!
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Nella prima situazione, le misconcezionisono una conseguenza dell’esigenza
di dover dire e mostrare qualcosa per poter spiegare un concetto.
Possono essere viste come inevitabili momentidi passaggio che derivano dalle rappresentazioni
che gli insegnanti sono costretti a fornire per poter presentare un concetto,
che potrebbero contenere delle “informazioni parassite”rispetto al concetto matematico che si vuole trattare.
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Si è costretti a fare i conticon rappresentazioni realizzate per mezzo di segni in
quanto:non c’è noetica (acquisizione concettuale di un
oggetto) senza semiotica (rappresentazione realizzata per mezzo di segni).
“In Matematica l’acquisizione concettuale di un oggetto passa necessariamente attraverso
l’acquisizione di una o più rappresentazioni semiotiche”
(D’Amore)
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Qualsiasi rappresentazione:un disegno, una frase, un grafico,
un modello tridimensionale,…non avrà mai
le caratteristiche concettuali di astratezza, idealità, perfezione, generalità tipiche della
matematica equesto potrebbe essere
la fonte delle misconcezioni inevitabili.
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Dovendo fare i conticon la semiotica di un concetto, potrebbe accadere che l’allievo
confonda la semiotica con la noetica, associando le caratteristiche peculiari
della specifica rappresentazione al concetto stesso.
L’inevitabilità del passaggio attraverso la semiotica, rende le misconcezioni
che ne derivano inevitabili.
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Inizialmente l’allievo di scuola dell’infanzia potrebbe credere che il cubo debba
essere rosso, di legno, di quelle dimensioni;tutte caratteristiche
che derivano dalla semiotica (l’immagine proposta) e dall’associazione
della rappresentazione al concetto.
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Ma se l’insegnante avrà in seguito la sensibilità didattica di creare le condizioni per superare queste misconcezioni,
� mostrando modelli di cubo, non di legno, non rossi, non di quelle dimensioni,
� per poi fornire nel tempo diverse rappresentazioniin vari registri,
il bambino compirà dei passi in avantinella costruzione del concetto,
ampliando le vecchie immagini-misconcezioni, fino a creare una nuova immagine in grado di contemplare tutte
le successive sollecitazioni proposte.
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Lentamente l’allievo annullerài tratti distinti dell’oggetto
che non lo caratterizzanodal punto di vista matematico
per puntare l’attenzione su quelli che invecelo rappresentano in questo contesto;
in tal modo si eviterà il formarsidi modelli parassiti nella mente dell’allievo.
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Se si rimane nella stessa o unica rappresentazione, senza quindi trattamento e
conversione ad altri registri, si potrebbero verificare ostacoli di tipo didattico
per il futuro apprendimento.
In questo caso le misconcezioni non sono piùdel tipo “inevitabili”, ma “evitabili ”.
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Nella seconda situazione, la continua e univoca rappresentazione
fornita da insegnanti diversi, anno dopo anno,ha dato forza nella mente dello studente
a caratteristiche “parassite” della semiotica a sfavore della noetica.
Questo ha comportato che l’allievo identificasse “quell’archetto” all’angolo.
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L’archetto è diventato cosìl’elemento caratterizzante il concetto proposto e
questo ha comportatoche lo studente
andasse alla ricerca della proprietàche maggiormente lo caratterizza:
la sua lunghezza.
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In questo caso, la misconcezionesembra essere evitabile
in quanto dipende da due diverse cause:
� la reiterata proposta della stessa rappresentazione,
� ma anche la scelta della rappresentazione stessa, che meno di altre rispetta le proprietà
del concetto che si vuole far apprenderela limitatezza dell’archetto contrasta
con l’illimitatezza dell’angolo.
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Le decisioni prese dall’insegnante incidono, a volte, a complicare l’apprendimento degli oggetti matematici.
Sono le decisioni, derivanti:dalle proposte della noosfera (libri di testo, programmi,
riviste,…),di fornire all’allievo giorno dopo giorno, sempre e
solo univoche rappresentazioni convenzionali,che vengono accettate dall’allievo a causa
del contratto didattico e del fenomeno della scolarizzazione.
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Misconcezioni
relative agli enti primitivi della geometria
Che cos’è per te un punto in matematica?� “è un punto rotondo che forma le linee” (III
media)� “per me il punto può essere una cosa
grandissima o microscopica perché è come un cerchio di diverse misure” (IV primaria)
� “il punto è una parte di piano indeterminato, perché può avere varie dimensioni, che costituiscono l’inizio, la fine o entrambi di un segmento, una retta” (III media)
� “non si sa ancora bene che cos’è un punto però per me è solo un punto su un foglio che può essere di diverse dimensioni”(IV primaria)
� “.”(Liceo)
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� “Il punto è sferico” (ins.)� “Il punto è un cerchio di diametro variabile” (ins)� “Non credo che ci siano altri modi per rappresentare
un punto se non quello di toccare leggermente un foglio conuna penna (ins.)
Si attribuisce a questo ente matematico:una forma tondeggiante,
una certa dimensione variabile.
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Il punto è percepito e riferito all’unica rappresentazione
che viene comunemente fornita dalla noosfera:
un “tondino” disegnato su un foglio,di diametro variabile, avente una certa
dimensione.
Tali rappresentazioni convenzionali univoche rischiano di essere percepite
come le uniche plausibili e possibili.
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Queste misconcezioni mettono in evidenzacome si confonda la rappresentazione proposta
con l’oggetto matematicoche si vuole far apprendere.
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“Lo studente non sa che sta apprendendo segni
che stanno per concetti eche dovrebbe invece apprendere concetti;
se l’insegnante non ha mai riflettuto su questo punto,
crederà che lo studente stia apprendendo concetti,
mentre questi sta in realtà‘apprendendo’ solo a far uso di segni”.
(D’Amore)
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Occorre didatticamente fare molta attenzionealla scelta, ai contesti ed
alle modalità d’uso dei segniche rappresentano l’oggetto matematico che si vuole far apprendere agli allievi.
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Occorre che l’insegnante sia a conoscenza del significato “istituzionale”
dell’oggetto matematico che intende far apprendere e
che indirizzi l’uso “personale” di questi oggetti in modo consapevole e critico
per far sì che questo uso rimanga coerente rispetto alla disciplina di riferimento.
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� Le diverse rappresentazioni del punto.
Un punto in matematica dovrebbe essere
un ente privo di dimensione,quindi la sua rappresentazione,
necessaria per potersi capire, potrebbe essere di qualsiasi tipo,dato che non deve rispecchiare
nessuna caratteristica particolare, se non quella di non poter essere eseguita.
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La varietà di rappresentazioni permetterà agli allievi di “purificare” l’oggetto
dalle proprietà che non gli sono proprie come: la forma,
la pesantezza, il colore,
la dimensione …per poi indirizzarli verso i saperi “istituzionali”.
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L’esperienza con i numeri in colore
I regoli Cusinaire-Gattegno hanno oltre al colore un’altra variabile che può portare a misconcezioni:
la grandezza .
Mar: “Perché quello è il nero, è il 7”.
La frase mette in luce l’ambiguità di ritenere ciascun parallelepipedo un numero in sésenza far riferimento all’unità di misura.
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Il materiale si basa su un’unità di misurapresa come riferimento:
il cubetto bianco di un dato volume e chiamato 1,dal quale si ottengono i numeri successivi 2, 3, 4, …
fino a 10, associando tali numeri a parallelepipedi
i cui volumi sono rispettivamente: doppio, triplo, …rispetto a quello considerato come unità di misura e
che dovrebbe sempre essere considerato come riferimento.
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Il parallelepipedo di valore “2”ha quindi volume doppio
rispetto al cubetto che rappresenta l’unità di misura,
ma ad esempio non ha l’area totale doppia.In effetti, il cubetto-unità di misura ha area 6 quadrati
(che coincidono con le sue facce)e il parallelepipedo chiamato “2” ha area 10 quadrati,
che non rappresenta quindi il doppio dell’area del cubetto.
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Quando in classe l’insegnante afferma chequel parallelepipedo rappresenta il “2”,
dovrebbe far osservare agli allievi i seguenti importanti aspetti:
- quel particolare parallelepipedo rappresenta il “2”
se si considera il volume,andrebbe esplicitata la caratteristica
che si sta considerando;
- quel parallelepipedo rappresenta il “2”rispetto al cubetto preso come unità di misura,
che andrebbe sempre consideratocome termine di paragone,
evitando di considerare il parallelepipedo come “2” in sé;
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- sarebbe importante far notare che quel parallelepipedo è il “2” (secondo il volume)
se si considera quel cubetto, ma se si prende un’altra un’unità di misura
quel parallelepipedo potrebbe diventare il “20”, il “30”, il “100”, il “1000”, …
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Facendo uso di questo materiale, si dà risalto all’aspetto percettivo che risulta immediato, è facile osservare la diversità di grandezza di due regoli
ai quali sono associati valori numerici diversi, si insinua però il rischio assai pericoloso di radicare
il valore del numero alla misura. Così la colonna più “alta” diventa per gli allievi
sempre più numerosa della colonna più “bassa”.
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“Chi usa i numeri in colore si fa gran vanto della seguente attività: si dispone in verticale il regolo 2 accanto al regolo 5 e
si insegna che 5 è più grande di 2; questa “scoperta” è suffragata dall’immagine visiva:
il 5 è infatti percettibilmente più alto. Il bambino si convince allora che “maggiore” in matematica
è sinonimo di “più grande, più alto, più grosso” e simili, con la conseguenza che non sarà più possibile paragonare numeri
che indicano cardinalità di differenti specie di oggetti. Se mettiamo in verticale 5 ciliege e 2 elefanti,
qual è la colonna, il mucchio, il risultato “più grande”? Con questa confusione tra numerico astratto e quantità,
la risposta è ovvia. Ecco l’origine di un altro ostacolo (didattico!)”
(D’Amore)
Meloni Gianna Irre Veneto
“Mia mamma di matematica non capisce proprio niente.
Ieri le ho detto che un quadrato, rimanesempre un quadrato anche se lo metto così
(disegna un quadrato con le diagonali orizzontali e verticali dal punto di vista dell’osservatore),
ma lei dice che non è vero.Per riuscire a convincermi ha perfino detto
che il quadrato non ha neanche più le diagonaliperché non sono più in diagonale (nel senso di
oblique), non riesce proprio a capire
che rimangono ancora diagonali anche messe così.
Meloni Gianna Irre Veneto
Non capisce che è solo un nome e non c’entra come sono messe, …
Forse si chiamano proprio diagonaliperché la gente pensa che devono essere messe
in diagonali”.Un bambino di classe quinta.
Un invito a ripensare criticamentele misconcezioni proprie e altrui.