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Farmacologia Generale: definizioni I termini “farmaco”, “medicinale”e “prodotto medicinale” sono usati spesso come sinonimi. Il termine medicinale è più corretto ed è impiegato anche nelle direttive comunitarie che disciplinano questo settore. Si intende per medicinale ogni sostanza o associazione di sostanze: - avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane - che possa essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo scopo di ripristinare, correggere o in generale di modificare una o più funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica. Tutti i medicinali sono costituiti da principi attivi e da vari eccipienti che insieme descrivono la Forma farmaceutica. - Il principio attivo è la molecola nel medicinale da cui dipende la sua azione curativa. E’ il medicinale vero e proprio. - Gli eccipienti sono invece componenti inattivi del medicinale, cioè privi di ogni azione farmacologica. Hanno la funzione di proteggere il principio attivo dagli agenti esterni che potrebbero danneggiarlo (il caldo, il freddo, l’umidità, l’acidità), di aumentare il volume per consentire la preparazione qualsiasi forma farmaceutica di dimensioni accettabili, di rendere stabili soluzioni o sospensioni evitando la sedimentazione del principio attivo sul fondo dei contenitori e di facilitare o modificare in modo sostanziale l’assorbimento del principio attivo nell’organismo, di rendere il sapore dei medicinali più gradevole, ecc. I medicinali possono distinguersi in: - Medicinali preparati in farmacia (galenici)

- Medicinali di origine industriale

Medicinali preparati in farmacia (galenici) si possono distinguere in: 1) formule magistrali se preparati in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente 2) formule officinali se preparati in farmacia in base alle indicazioni della Farmacopea Europea o della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti serviti da tale farmacia. In relazione al tipo di sostanze presenti nella formulazione, le formule officinali - così come anche i medicinali di origine industriale - possono essere dispensate:

- senza ricetta medica (OTC, over the counter, farmaci da banco) - con ricetta medica ripetibile, non ripetibile, speciale.

Il farmacista che prepara galenici magistrali o officinali deve attenersi a quanto previsto nelle Norme di Buona Preparazione (N.B.P.) dei medicamenti in farmacia. La preparazione deve avvenire attraverso procedure ben definite, che escludano possibilità di errore e che assicurino il possesso dei necessari requisiti di garanzia e omogeneità. Preparazione della Forma Farmaceutica: Preparazione magistrale:

Sono prescritte dal medico e fatte dal farmacista per 1 paziente - forme liquide fredde (colliri emulsioni, soluzioni) calde (tisane, infusi, decotti) - forme solide senza eccipienti (cachet, compresse)

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- con eccipienti (pillole, granuli, pomate, etc) - forme iniettabili Preparazione officinale:

Si possono utilizzare per più pazienti. Hanno una composizione costante. - forme ottenute per operazioni meccaniche (polveri, polpe) per soluzione (idroliti, alcoliti, etc) per soluzione seguita da evaporazione (estratti) Per la somministrazione, possono avvalersi di eccipienti-veicolo come zuccheri (sciroppi), miele (melliti, ossimelliti), grassi, cere, resine (pomate), gelatina (capsule, perle) tessuti o carta (cerotto) Medicinali di origine industriale o galenico industriale

Sono medicinali per uso umano, preparati industrialmente o nella cui produzione interviene un processo industriale, che hanno una propria denominazione commerciale, che può essere un nome di fantasia non confondibile con la denominazione comune oppure una denominazione comune o scientifica (farmaco detto generico o equivalente) accompagnata da un marchio o dal nome del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio, cioè del responsabile della commercializzazione del medicinale. L’immissione in commercio di ogni medicinale di origine industriale deve essere autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) o dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMEA).

Per ottenere una autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) il richiedente presenta una domanda alle autorità competenti (AIFA o EMEA). La domanda rivolta all’EMEA può riguardare soltanto medicinali sottoposti ad una specifica procedura di autorizzazione europea. In questo caso l’autorizzazione è valida per tutto il territorio dell’Unione Europea. La domanda può contenere: 1) tutta la documentazione (dossier completo) degli studi effettuati, prima sugli animali, poi su volontari sani, infine su pazienti, che dimostrano come il medicinale sia sicuro (non pericoloso, né tossico) ed efficace nel trattare una determinata malattia 2) documentazione ridotta (non fornendo i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche), in alcuni casi particolari (es. per generici di medicinali di riferimento autorizzati da almeno otto anni e per medicinali le cui sostanze attive sono di impiego medico ben consolidato nella Comunità europea da almeno dieci anni e presentano una riconosciuta efficacia e un livello accettabile di sicurezza). Nel primo caso il medicinale autorizzato viene definito Medicinale di riferimento. Si definisce Medicinale Generico o Equivalente un medicinale che è bioequivalente, cioè pari

attività terapeutica a pari dosaggio del principio attivo, rispetto ad un medicinale di riferimento, con brevetto scaduto, autorizzato con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni terapeutiche. Il nome commerciale non viene utilizzato e si indica solo il nome del principio attivo e la casa farmaceutica che lo produce. Es. Tachipirina (nome commerciale) – Paracetamolo (medicinale generico o equivalente) Augmentin (nome commerciale) – Amoxicillina + acido clavulanico (medicinale generico) Aulin (nome commerciale) – Nimesulide (medicinale generico o equivalente) I medicinali “farmaci generici” sono sottoposti agli stessi controlli e procedure di registrazione e vigilanza che l’Agenzia Italiana del Farmaco riserva a tutte le specialità in commercio. La scadenza della copertura brevettale permette di risparmiare sul prezzo al pubblico, una percentuale non inferiore al 20%. Tale riduzione del prezzo del generico non grava sulla qualità di

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controllo e di produzione del medicinale ma, piuttosto sui costi di marketing che non comprendono le spese di ricerca e sviluppo. Il termine "generico", si è dimostrato infelice in quanto percepito dal pubblico come “simile, ma non uguale” al medicinale di riferimento indicato per la stessa patologia. Per questa ragione i prodotti "generici" sono stati ridefiniti Medicinali equivalenti o “farmaci equivalenti” (L. 149 del 26 luglio 2005). Definizione di Farmaco:

Molecola in grado di indurre una modificazione della funzione biologica. Variazioni funzionali quantificabili nell’organismo. 1) utile a fine terapeutico (effetti terapeutici) = medicamento (dosi e modalità di somministrazioni corrette!) 2) strumento per la comprensione di eventi biologici Definizione O.M.S. “Una sostanza o prodotto utilizzato per modificare o esaminare funzioni fisiologiche o stati patologici a beneficio del paziente” Se in senso positivo per la salute: medicamento, farmaco. Se in modo dannoso per la salute: veleno, tossico Definizione di Farmacologia:

Scienza Bio-Medica che studia i farmaci e i meccanismi con le quali queste molecole agiscono sugli organismi. Analisi dei meccanismi generali che sottendono l’azione dei farmaci. FARMACOCINETICA = effetto dell’organismo sul farmaco FARMACODINAMICA = effetto del farmaco sull’organismo • Farmacocinetica: Iter del farmaco nell’organismo dalla somministrazione all’eliminazione • Farmacodinamica: Meccansimo d’azione dei farmaci. Determina le basi cellulari e molecolari

degli effetti prodotti su processi fisiologici e biochimici dell’organismo • Tossicologia: Effetti negativi dei farmaci • Farmacologia clinica: Impiego dei farmaci in diagnosi, prevenzione, terapia delle malattie,

sviluppo di nuovi farmaci (trials clinici), valutazione costo/beneficio • Farmacogenetica: Studia risposte atipiche, abnormali dovute a differenze interindividuali. Lo

studio della variabilità di risposta ad un farmaco dovuta a fattori genetici ereditari, negli individui o a livello di popolazione

• Farmacogenomica: Utilizza le conoscenze della farmacogenetica per identificare i polimorfismi genetici responsabili delle anomalie nella risposta ai farmaci. Fine ultimo : terapia personalizzata

• Farmacovigilanza: Controllo della sicurezza dei farmaci. Monitorare e registrare tutte le reazioni avverse a livello di ospedali o popolazione (feedback)

• Farmacoepidemiologia: Studio su grandi popolazioni degli effetti terapeutici, rischi, problemi causati dai farmaci: nuove applicazioni e rare interazioni pericolose

• Farmacoeconomia: Valuta il rapporto costo/beneficio e stabilisce una corretta gestione della politica sanitaria

Caratteristiche generali dei Farmaci

� I farmaci interagiscono con recettori specifici � Sono somministrati solitamente in sedi distanti, dal punto di vista anatomico,

dal sito d’azione desiderato � Hanno effetti dose-dipendenti

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� La loro azione deve necessariamente essere qualitativamente e quantitativamente determinabile.

� La terapia deve essere riproducibile nella stragrande maggioranza dei pazienti � Devono essere il prodotto del miglior compromesso tra l’attività medicamentosa e gli

effetti tossici. endogene = sintetizzate dall’organismo (es. alcuni ormoni) esogene = xenobiotici cioè sostanze di sintesi o estratte da piante o animali La stragrande maggioranza dei farmaci in uso clinico è preparata per sintesi chimica. Definizione di Principio attivo: è quella molecola presente in un preparato medicinale che è in grado di esercitare l’effetto farmacologico più importante o esclusivo. Definizione di Forma farmaceutica: Il confezionamento corretto del principio attivo permette la somministrazione efficace: giusta forma farmaceutica – giusta via di somministrazione = terapia corretta Il confezionamento comprende solitamente: - il principio attivo in quantità nota (ranges: pg - mg, o 10-7moli - 10-4 moli) - eccipienti (solitamente mg o grammi) - veicolo (da qualche ml a qualche litro) Gli eccipienti ed il veicolo non modificano la farmacodinamica ma possono modificare in modo significativo alcune costanti farmacocinetiche. Gli estratti vegetali, da organo o da liquidi corporei di animali (Droghe) possono contenere molteplici molecole attive, ma il principio attivo è quello che manifesta l’effetto prevalente. Forme farmaceutiche

POLVERI: miscele uniformi di farmaci solidi e secchi, con eccipienti, diluenti etc. COMPRESSE (cpr.): preparate per compressione dalle polveri, tramite la fase intermedia di granulazione. Solitamente è tutto principio attivo, senza eccipienti, velocemente disgregabile. - Fattori importanti per la biodisponibilità sono: peso, velocità di disgregazione, tempo di dissoluzione, che si possono modificare. -Possono anche essere effervescenti (con sodio bicarbonato e acido citrico) o sublinguali. PILLOLE: principio attivo contenuto insieme ad eccipienti. La dissoluzione è molto graduale e il principio attivo ha concentrazioni solitamente bassissime. Poco utilizzate e solitamente hanno forma rotonda. CONFETTI: compressa “confettata” mediante rivestimento di strato spesso e duro (zuccheri; materiale gastro-resistente). CAPSULE (cps.): involucro di consistenza dura o molle, sia solubile in stomaco che gastro-resistente, contenente farmaci in polvere, liquidi o semisolidi. A differenza delle compresse e confetti, le capsule hanno un breve tempo di disgregazione quando sono nel comparto in cui si devono disgregare (es: tenue). Possono anche essere usate per via sublinguale. SOLUZIONI: sono preparazioni liquide, con 1 o più farmaci sciolti in acqua o altri solventi (alcool, glicole propilenico, glicerina, oli vegetali etc.). Possono essere: -Soluzioni iniettabili (fiale): requisiti inderogabili sono la sterilità, la isoosmolalità, il pH compatibile con i fluidi dell’organismo, l’assenza di pirogeni -Colliri: come sopra -Sciroppi: soluzioni zuccherine in cui è necessaria la presenza di antifermentativi -Tinture: estratte da droghe per percolazione e concentrazione. Le tinture contengono in 100 g i principi attivi di 10 g di droga; gli estratti fluidi contengono in 100 g i principi attivi di 100 g di droga.

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SOSPENSIONI: polveri finissime di farmaco preparate in un veicolo acquoso, con l’aiuto di tensioattivi, sospendenti e viscosizzanti (addensanti) per rendere più omogenea nel tempo la sospensione. Se per uso iniettabile: sterilità. SUPPOSITORI: sono solidi di peso e forma variabile (supposte: forma ogivale, 3g; ovuli globulari, oviformi, 5g; candelette, bastoncini) da introdurre in cavità naturali del corpo e capaci di fondere, rammollirsi o sciogliersi alla temperatura corporea. -Parametro fondamentale è il tempo di fusione. GEL: sistemi semisolidi, consistenti in una sospensione di finissime particelle inorganiche o macromolecole organiche racchiudenti e interpenetrate di liquido. Se la massa del gel consiste in fiocchi di piccole particelle si ha un sistema bifasico (magma). EMULSIONI: sistemi dispersi in cui un liquido (fase dispersa, o fase interna o fase discontinua) è distribuito in piccolissime goccioline in un altro liquido in cui non è solubile (fase disperdente, fase esterna o fase continua). Se la fase dispersa è olio e quella disperdente è acquosa, l’emulsione è miscibile in acqua ed è definita olio in acqua. E’ acqua in olio se è incorporabile ad olii. Effetti indesiderati dei farmaci Tutti i farmaci possono dar luogo a effetti negativi. L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce una reazione avversa da farmaco come una reazione nociva e indesiderata che si manifesta a dosi terapeutiche, profilattiche o diagnostiche normali. Si tratta perciò di un effetto che non può essere separato dal beneficio. A volte un effetto indesiderato considerato di particolare rilievo a causa della sua gravità viene citato per primo anche se è raro. In letteratura la frequenza degli effetti indesiderati è classificata in base al seguente schema: molto comune se si presenta in più di un soggetto ogni 10; comune se la prevalenza è da 1 su 100 a 1 su 10 casi; poco comune (meno comunemente nella Guida all'uso dei farmaci) se la prevalenza è da 1 su 1.000 a 1 su 100 casi; raro se la prevalenza è da 1 su 10.000 a 1 su 1.000 casi; molto raro se la prevalenza è inferiore a 1 su 10.000 casi. Effetti indesiderati particolari

Effetti ritardati Alcuni effetti indesiderati (per esempio i tumori, la retinopatia da clorochina, la fibrosi retroperitoneale) possono manifestarsi dopo molti mesi o anni dall’esposizione al farmaco. E’ importante segnalare ogni collegamento ipotizzabile tra queste patologie e il farmaco. Anziani I soggetti anziani richiedono una sorveglianza particolare per la comparsa di reazioni indesiderate. Anomalie congenite La nascita di un neonato con anomalie congenite o l’aborto di un feto malformato impongono di indagare sull’assunzione di farmaci (anche di automedicazione) durante la gravidanza per il rischio di effetti teratogeni. Bambini La somministrazione di farmaci in pediatria richiede una attenzione particolare, soprattutto per quanto riguarda la somministrazione di medicamenti il cui utilizzo non è espressamente autorizzato per i bambini; si devono segnalare tutti gli effetti indesiderati. Prevenzione delle reazioni avverse

E’ possibile adottare alcune precauzioni per la prevenzione delle reazioni avverse: • non utilizzare mai farmaci senza una indicazione precisa. In caso di gravidanza assumere

medicinali solo se strettamente indispensabili;

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• allergie e idiosincrasie sono spesso causa di reazioni gravi: indagare con attenzione la presenza di episodi precedenti;

• informarsi riguardo a terapie concomitanti per il rischio potenziale di interazioni, compresa l’assunzione di farmaci da banco, integratori, prodotti erboristici o parafarmaceutici;

• l’età avanzata, l’insufficienza epatica e renale e alcuni fattori genetici possono alterare il metabolismo e l’escrezione di alcuni farmaci (per esempio antidepressivi triciclici e isoniazide) e richiedere una modifica della dose;

• si deve prescrivere il minor numero di farmaci possibile e dare al paziente indicazioni molto chiare sulla modalità di assunzione, in particolare alle persone anziane e a tutte quelle che possono avere difficoltà a comprendere schemi terapeutici complicati;

• quando è possibile si dovrebbe prescrivere un farmaco di uso comune o uno già usato. La somministrazione di nuovi principi attivi richiede particolare attenzione per la comparsa di reazioni avverse o inaspettate;

• se c’è il rischio di comparsa di reazioni avverse gravi si deve avvertire il paziente.

Farmacocinetica Le condizioni necessarie affinché un farmaco possa essere efficace sono: - raggiungere il sito d’azione

- raggiungere una concentrazione appropriata nel sito d’azione (recettori)

- mantenere per un tempo sufficiente la concentrazione adeguata nel sito stesso

Le concentrazioni del farmaco dipendono strettamente dalla quantità di farmaco somministrato (Dose), ma possono essere influenzate da: - entità dell’assorbimento - velocità di assorbimento - distribuzione - legame e permanenza nei compartimenti tissutali - biotrasformazione - escrezione Dose X contenuta in una forma farmaceutica Scelta terapeutica Somministrazione

Disintegrazione della forma Dissoluzione del farmaco Fase farmaceutica Biodisponibilità farmaceutica Assorbimento, distribuzione, Metabolismo, eliminazione Farmacocinetica

(Biodisponibilità del farmaco)

Interazione farmaco/recettore Farmacodinamica

EFFETTO BIOLOGICO O SISTEMICO

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Vie di somministrazione dei farmaci

La somministrazione per via endovenosa è l’unica che introduce direttamente nel circolo sanguigno il farmaco. Il farmaco somministrato per altre vie, per giungere al circolo ematico e poi ai tessuti, deve attraversare un certo numero di cellule e/o membrane cellulari e diffondere in spazi intercellulari di dimensioni e composizione diverse. L’entità e la velocità dell’assorbimento di un farmaco dipendono da:

• Variabili del farmaco e della forma farmaceutica - coefficiente di ripartizione e dissolubilità - per le forme iniettabili: natura solvente, stato cristallino, dimensioni e natura particelle (se è in sospensione) - per forme orali: composizione degli eccipienti, rivestimenti per le forme solide

• Variabili dipendenti dalla superficie assorbente - estensione - permeabilità - vascolarizzazione

• Somministrazione sistemica: permette di ottenere significativi livelli di farmaco in tutto il torrente circolatorio (uso sistemico).

• Somministrazione topica: per ottenere livelli elevati di farmaco esclusivamente nella zona di somministrazione (es. cute, polmoni). Non è sistemica, perchè il farmaco non deve raggiungere il plasma o comunque concentrazioni significative nel plasma.

• Somministrazione regionale o locoregionale: permette di ottenere concentrazioni terapeutiche localizzate in un tessuto o organo, senza indurre rilevanti effetti sistemici (uso topico) perchè la concentrazione plasmatica totale è poco significativa.

Intravascolare: endovenosa (e.v., iv, i.v.), intracardiaca

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intraarteriosa (somministrazione locoregionale) Intramuscolare (i.m.) Intraperitoneale (i.p.)

Percutanea: - sottocutanea (s.c.) ad es. somministrazione di insulina - intradermica (anche topica) Le vie endovenose (iv, IV, i.v.)sono di due tipi: - iniezione rapida o iniezione a bolo

- ad infusione lenta Caratteristiche comuni:

• Farmaco immesso totalmente e direttamente nel torrente circolatorio (manca la fase dell’assorbimento).

• Effetti dimostrabili in tempi rapidi • Sono le vie preferibili in situazioni di emergenza e nei casi in cui non è richiesta la

collaborazione attiva del paziente. • Non risentono dell’effetto di primo passaggio “first pass effect” • I livelli plasmatici di farmaco sono noti, sono decisi dall’operatore ed hanno una cinetica

prevedibile. Iniezione rapida o iniezione a bolo.

Per definizione se la somministrazione dura fino al massimo 6 minuti. Vantaggi: • La concentrazione plasmatica aumenta in tempi molto rapidi • La concentrazione plasmatica può raggiungere livelli molto elevati anche se per tempi brevi • E la via di elezione nelle situazioni d’emergenza Svantaggi:

• Si raggiungono rapidamente dosaggi molto elevati (vantaggio/svantaggio) • Si può danneggiare la vena o, se c’è extravaso, si può arrivare ad avere danno tissutale • Non si possono utilizzare veicoli oleosi • Non si possono utilizzare molecole che fanno precipitare i costituenti del sangue • Non si possono utilizzare molecole che inducono emolisi • Bisogna operare in regime di sterilità assoluta (ospedale o personale specializzato) • La forma farmaceutica è costosa • Una volta introdotto, IL FARMACO NON E’ PIU’ RECUPERABILE!!!! (a differenza della

via orale: vomito, lavanda etc.) E’ RACCOMANDABILE somministrare la dose endovena molto lentamente, in un periodo di tempo che sia ALMENO PARI AL TEMPO DI CIRCOLO (circa 2 minuti). Ciò consente anche di rilevare alcuni effetti tossici acuti nel paziente e di sospendere la somministrazione del farmaco prima di avere svuotato la siringa. La curva dose-risposta può essere riassunta nelle seguenti fasi: a) tempo necessario per raggiungere il picco plasmatico (Cmax). E’ un tempo breve, secondi o minuti. Manca la fase dell’assorbimento (a = 2 min) b) In questa componente vi è contemporaneamente la distribuzione, la metabolizzazione e l’eliminazione. La scomparsa dal plasma può essere molto rapida, solitamente minuti, oppure molto più lenta, anche parecchie ore.

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c) Scomparsa del farmaco dal plasma (asintotica)

Infusione lenta. Per definizione se la somministrazione continua dura più di 6 minuti. Vantaggi

• Permette di regolare la dose in base alla risposta • Permette di mantenere livelli costanti e noti di farmaco nel plasma per molto tempo • Non ci sono picchi plasmatici • Concentrazioni plasmatiche che variano molto gradualmente • Adatta per grandi volumi (diluizione per evitare la precipitazione) e per sostanze irritanti

(la cui somministrazione per via i.m. o s.c. sarebbe particolarmente dolorosa). • Può essere fatta per infusione continua a velocità controllata (fleboclisi, pompe) per molte

ore o giorni. • Il farmaco può essere aggiunto a fleboclisi già in atto • Si può interrompere rapidamente la somministrazione

Svantaggi • Non può essere utilizzata per somministrare soluzioni oleose o sostanze insolubili

(embolia!!!). • Possibili rischi/complicanze: eventi tossici improvvisi (da somministrazione troppo rapida) • Possibili infezioni (da materiale e/o composti non sterili) da permanenza eccessiva in vena. • Rottura del vaso • Pericolo di extravaso di un volume molto elevato. • Embolismo (infusione di sostanze oleose, infusione di volumi di aria o gas, utilizzo di

soluzioni a osmolalità non corretta, presenza di precipitati nelle soluzioni) • Il farmaco può degradarsi nel veicolo se rimane per troppo tempo (luce, calore) • Scarsa “compliance” da parte del paziente • Può richiedere macchine appropriate e costose (pompe)

La curva dose-risposta può essere riassunta nelle seguenti fasi: a) In questa fase si ha la distribuzione e comincia la fase di metabolizzazione ed eliminazione

a’) Il farmaco è distribuito e comincia ad essere eliminato in modo significativo. Inizia lo steady state. b) Fase di STEADY STATE o Stato Stazionario. In questa fase vi è un equilibrio tra quanto farmaco viene infuso e quanto ne viene eliminato. Equilibrio a concentrazione costante cioè concentrazione terapeutica (livello bersaglio) b’) Si interrompe la somminstrazione c) Le componenti preseti sono solo la metabolizzazione e l’eliminazione. La scomparsa dal

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plasma dipende dalle caratteristiche farmacocinetiche. Questa fase è identica a quella che si osserva nella somministrazione a bolo. c’) Scomparsa del farmaco dal plasma

L’uso della via intra-arteriosa è limitato a situazioni in cui si vogliono alte concentrazioni di farmaco in un organo specifico, ad es., alcuni chemioterapici o per analisi angiografica. Si utilizza solo occasionalmente per trattamenti loco-regionali Vantaggi:

• Alte concentrazioni di farmaco solo in tessuti ed organi specifici • Riduzione degli effetti sistemici per diluizione nel torrente sanguigno venoso post-organo

Svantaggi • Difficoltà • Personale estremamente specializzato • Necessità di utilizzo di accessi distanti con utilizzo di sonde • Pericolose lacerazioni arteriose

Intramuscolare (im, IM, i.m.) Vantaggi

• Si può regolare la velocità di assorbimento (forma farmaceutica)(precipitazione, vasocostrittori…)

• E’ adatta per volumi moderati, veicoli oleosi e alcune sostanze moderatamente irritanti (in questo caso, spesso è presente un anestetico locale- ad es. lidocaina:

• Vi è un assorbimento rapido se la soluzione è acquosa ed è profonda (10-30 minuti) • Vi è un assorbimento rallentato e graduale se la soluzione è oleosa (es. penicillina) • Vi è un assorbimento molto lento, graduale e costante se si usano molecole che precipitano

o si usano nella stessa forma farmaceutica vasocostrittori, oppure preparazioni ritardo (retard o deposito)

Ad es., il sale di procaina della penicillina G è completamente assorbito in 24 ore (assorbimento lento e prolungato) mentre per il sale sodico bastano 2-3 ore.

• Si possono iniettare volumi importanti di farmaco (muscolo gluteo – anche volumi > 5 ml) Svantaggi

• Dolore da distensione o irritazione del tessuto muscolare • Scarsa “compliance” da parte del paziente • Lesioni vascolari o nervose (imperizia) • pH del farmaco può provocare ascessi sterili • Ascessi e necrosi per iniezione di sostanze irritanti o insufficiente controllo delle condizioni

di asepsi

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• Negli sportivi vi è una aumentata velocità di diffusione perché vi è una maggiore vascolarizzazione, con diametro capillare maggiore (es. insulina negli sportivi con possibili crisi ipoglicemiche)

• Nei bambini e anziani bisogna fare attenzione ad evitare lesioni al nervo sciatico!! (poca massa muscolare).

N.B: MAI SOMMINISTRARE per via e.v. una fiala destinata via i.m. !) Non usare via i.m. durante il trattamento con anticoagulanti (sanguinamento profondo) Intraperitoneale (ip) Vantaggi

• Ampia superficie di assorbimento • Veloce assorbimento, zona molto perfusa • Vari volumi possibili

Svantaggi • Danni vasali o intestinali • Aderenze (somministrazioni ripetute) • Infezioni • Dolore

Le vie enterali sistemiche sfruttano l’intero tratto gastro-intestinale, dalla cavità orale al retto. Sono la via orale, la via sublinguale e la via rettale.

Via orale (os, po, p.o.) Dipende da molti fattori:

• pH gastrico • riempimento gastrico (può variare la velocità di assorbimento) • motilità intestinale • solubilità della forma farmaceutica • stabilità all’attacco dei succhi gastrici (farmaci gastrosensibili, e farmaci proteici) • contenuto dello stomaco e dell’intestino • lo stomaco ha un grande flusso ematico • l’intestino ha una grande superficie (villi) • Farmaci poco assorbiti a livello gastrointestinale dovranno essere somministrati per via

parenterale • Farmaci non resistenti al pH gastrico dovranno essere somministrati per altra via o con

forme farmaceutiche opportune (gastroprotette) Vantaggi:

• basso costo • “compliance” elevata (accettazione della terapia e quindi piena adesione al regime

terapeutico) • può essere fatta a domicilio e non richiede personale specializzato

Svantaggi: • pazienti devono partecipare attivamente alla terapia (no neonati, no comatosi) • effetto di primo passaggio epatico (“first pass effect”, estesa metabolizzazione epatica o

intestinale) • a volte alcuni cibi possono bloccare l’assorbimento del farmaco (chelazione, formazione di

complessi macromolecolari, etc.) • riempimento gastrico (può variare la velocità di assorbimento) • non è molto utile nelle urgenze

La curva dose-risposta può essere riassunta nelle seguenti fasi:

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a) In questa fase si ha prevalentemente assorbimento. La distribuzione, la metabolizzazione e l’ eliminazione non sono ancora molto consistenti. a’) All’assorbimento bisogna aggiungere la porzione che comincia ad essere metabolizzata e/o eliminata b) Fase di STEADY STATE o Stato Stazionario approssimativo. In questa fase vi è un equilibrio tra quanto farmaco viene assorbito e quanto ne viene eliminato. Equilibrio che produce la concentrazione terapeutica più rilevante b’) Si riduce la quota assorbita c) Non vi è più assorbimento e prevale l’eliminazione (renale e/o epatica) c’) Scomparsa del farmaco dal plasma

In generale la somministrazione di un farmaco per os lontana dai pasti comporta un assorbimento più rapido e completo. Questo non vale per i farmaci che sono acidi deboli (es. FANS): l’assorbimento rapido e completo lo si ha assumendo qualche boccone di cibo. La somministrazione in vicinanza dei pasti può limitare eventuali irritazioni alle mucose provocate dal farmaco (chimica o inibitoria dei meccanismi di protezione). Alcuni farmaci possono interagire chimicamente con molecole contenute in alcuni alimenti, ad esempio le tetracicline si legano al calcio contenuto in alcuni cibi e oprattutto nel latte e suoi derivati, formando dei complessi che non vengono più assorbiti (chelazione). Solitamente:

- Per somministrazione prima dei pasti si intende: da 30 a 0 minuti prima del pasto

- Per somministrazione dopo i pasti si intende: entro 30 minuti dopo il pasto

- Per somministrazione lontano dai pasti si intende: 3-4 ore prima o dopo il pasto 30 minuti è il tempo necessario per il transito dallo stomaco al digiuno se il farmaco viene assunto a stomaco vuoto con un po’ di acqua (~50 ml). Via sublinguale Vantaggi: • Farmaco posto sotto la lingua e fatto “sciogliere” più o meno lentamente. • La parte inferiore della lingua è molto perfusa e, dunque, l’assorbimento è rapido ed

importante.

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• Il sangue refluo dal cavo buccale giunge al ventricolo destro (vena cava superiore) senza passare attraverso il fegato e senza subire l’attacco acido nello stomaco.

• E’ la via di elezione per quei farmaci che subiscono un “effetto di primo passaggio epatico o

intestinale”.

• E’ la via di elezione per la somministrazione della nitroglicerina (Trinitrina): dato l’alto grado di vascolarizzazione della lingua e l’alto coefficiente di ripartizione del farmaco, questa via di somministrazione consente di ottenere concentrazioni plasmatiche efficaci del farmaco nel giro di pochi minuti. Per via orale, la nitroglicerina va incontro ad effetto di primo passaggio. Altri farmaci: piroxicam, ossitocina.

Svantaggi: • Pochi farmaci possono essere somministrati per questa via • Rischio di provocare lesioni alla mucosa orale • I farmaci non possono essere irritanti o avere un pH lontano dalla neutralità

Via rettale: Particolarmente utile per la somministrazione di farmaci a pazienti incapaci di

deglutire (neonati, lattanti, pazienti in coma) o con vomito, ma non con diarrea.. Utile in caso di farmaco che subisce l’effetto di primo passaggio, perché il sangue refluo dal plesso emorroidario inferiore e, in parte, medio, arriva al ventricolo destro senza passare attraverso il fegato. Comunque, una quota variabile tra il 30-50% subisce effetto di 1° passaggio. Non è possibile sapere quanto sangue verrà drenato al fegato o direttamente al cuore. La biodisponibilità per via rettale è quindi di gran lunga più imprevedibile rispetto alle altre vie di somministrazione (assorbimento molto variabile, erratico, incostante). Inoltre è molto soggettivo. Di solito, assorbimento rettale è più lento e prolungato e questa via è spesso usata per il mantenimento di concentrazioni efficaci di farmaci anti-infiammatori o broncodilatatori durante le ore notturne. SOTTOCUTANEA (sc, SC, s.c.)

Il farmaco è iniettato nel tessuto connettivale sottocutaneo. Si possono iniettare volumi non > 2 ml. Sedi più usate: porzioni laterali della superficie addominale, faccia ventrale dell’avambraccio.

• Attraverso questa via, la velocità di assorbimento dipende dal flusso ematico e dalla estensione della superficie assorbente.

• Flusso ematico è inferiore a quello muscolare: assorbimento dei farmaci è solitamente più

lento.

• Da evitare la somministrazione di sostanze irritanti (cicatrici, aumento della perfusione) • La velocità dipende dalla superficie assorbente e dalla solubilità del farmaco nei liquidi

interstiziali • I canali acquosi della membrana endoteliale fa diffondere in modo poco selettivo molecole

lipofile o idrofile • Molecole di grosse dimensioni diffondono lentamente • Velocità di assorbimento è molto variabile anche per uno stesso individuo e dipende dal

flusso ematico locale della porzione anatomica. L’aggiunta di minime quantità di adrenalina, che induce vasocostrizione, rallenta l’assorbimento sistemico e permette una maggiore e più prolungata efficacia dei farmaci anestetici locali usati per inibire la conduzione delle fibre sensitive presenti nell’area sottocutanea circostante. • Pertanto, via s.c. può essere usata anche per applicazioni topiche (un certo grado di

assorbimento sistemico è comunque presente)

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• Via sottocutanea è ideale per l’impianto di “pellet” solidi, forme a lungo deposito di farmaci:

in genere il farmaco è relativamente insolubile e sciolto in un eccipiente semisolido che non si dissolve rapidamente una volta entrato in contatto con tessuto s.c. Ad es., “Impianto” di pellet di disulfiram (alcolismo), terapie a base di ormoni steroidei…..

• La velocità di assorbimento dipende dalla superficie della sfera, disco o cilindro in cui il farmaco è dissolto: variando forma e volume, cambia la velocità di assorbimento.

• Insulina-zinco è una preparazione di microcristalli omogenei che si dissolvono nel s.c. con velocità costante e relativamente bassa: ciò consente di mantenere costante per diverse ore la concentrazione plasmatica dell’insulina.

• Complicanze: dolore, ascesso, necrosi INTRADERMICA Piccolo volume di liquido (0.1-0.2 ml) iniettato nel tessuto connettivale dermico sottostante l’epidermide. Usata solitamente per introduzione di allergeni a scopo diagnostico TRANSCUTANEA (tc, TC) E’ possibile somministrare direttamente il farmaco dall’esterno nei distretti di facile accesso (pelle, occhi, orifizi e cavità), per avere azioni locali o topiche. Farmaci sono applicati nei punti di interesse. Non si vuole che essi siano assorbiti e abbiano effetti sistemici (può avvenire! Va tenuto in debita considerazione!). Per terapia topica a livello cutaneo: oli, creme, unguenti, paste, polveri, spray, lozioni. A livello cutaneo ci sono 3 potenziali siti di assorbimento, con caratteristiche di permeabilità diverse: strato corneo (che può funzionare da deposito per alcuni farmaci), le ghiandole

sudoripare e i follicoli piliferi (la prima via di accesso, assai rilevante per gli steroidi). Via transcutanea (“Cerotti”) trans-dermici di antianginosi, anti-cinetosici, ormoni, nicotina, etc. hanno effetti sistemici. Infiammazioni della cute, escoriazioni o ferite fanno aumentare nettamente la quota assorbita e la velocità di assorbimento. Si hanno picchi plasmatici e termine precoce del trattamento Polmonare: Assorbimento dei farmaci a livello alveolare è molto rapido (superficie assorbente circa 200 metri quadri) a causa della stretta vicinanza tra epitelio alveolare ed endotelio capillare. Farmaci vengono somministrati sotto forma di gas o di aerosol: possono essere destinati ad uso

topico-regionale (broncodilatori nelle patologie polmonari) o sistemico (gas anestetici generali) Gas anestetici diffondono rapidamente attraverso le cellule della parete alveolare e dei capillari alveolari (coefficiente di ripartizione molto alto). Broncodilatatori, cortisonici, antiallergici etc. vengono somministrati per via inalatoria allo scopo di avere forti concentrazioni locali (uso topico) senza importanti effetti sistemici (cardiaci). Dipende però molto dal dosaggio e quindi dalla concentrazione locale. Vie di somministrazione d’organo:

D’ORGANO: intratecale, intraarticolare e inalatoria (topiche, inalatoria anche sistemica, ad es., anestetici volatili per l’anestesia generale) INTRACAVITARIA: intraperitoneale e intrapleurica TRANSMUCOSALE: oculare, vaginale etc. Anti-infiammatori, anestetici locali e antibiotici possono essere iniettati all’interno delle capsule articolari (via intra-articolare) per curare patologie articolari (somministrazioni ripetute e frequenti possono avere effetti lesivi). Iniezione intratecale (via intratecale) è usata per ottenere effetti rapidi a livello delle meningi e delle radici dei nervi spinali (così viene superato l’ostacolo della barriera emato-encefalica-BEE).

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Via intratecale è usata per trattare infezioni acute o tumori cerebrali o spinali e per introdurre mezzi di contrasto per indagini. Farmaci possono essere introdotti nello spazio subaracnoideo spinale per iniezione lombare o nelle cavità ventricolari: prima di introdurre il farmaco si aspira una pari quantità di liquor. Possono essere somministrati anestetici per indurre anestesia spinale (più comunemente, però, si inietta anestetico in sede epidurale). Topiche: Somministrazione topica di farmaci sulle mucose nasali, congiuntivali, oro-faringee, vaginali, uretrali. Data la mancanza di strato corneo e il ridotto strato epiteliale, assorbimento è consistente e può dare effetti sistemici (es PGE2). Nell’occhio, assorbimento avviene attraverso la congiuntiva e anche mucosa nasale (a cui farmaco giunge dopo essere stato drenato dal dotto lacrimale: buona terapia antibiotica preventiva) (es. collirio neonati profilassi oculare con antibiotico contro Gonococco e Chlamydia. A livello vaginale, prostaglandine E2 e PGF2alfa per terapia emorragia postparto. Attraverso la cornea, i farmaci giungono all’umor acqueo e al vitreo e da qui ai vasi retinici (instillazione di traccianti fluorescenti a livello congiuntivale per visualizzare i vasi retinici). In un occhio si possono deporre circa 20 microlitri di liquido (ovviamente, sterile, apirogeno, limpido, isosmotico, non irritante, non alcolico etc.). Via nasale per uso topico (vasocostrittori/decongestionanti nasali). Anche spray per peptidi e ormoni (calcitonina), Cocaina.

Parametri farmacocinetici

Assorbimento

Le barriere tissutali che un farmaco deve superare sono molte e sono differenti per: - collocazione anatomica - composizione lipidica e proteica - presenza di trasportatori specifici - composizione cellulare Mucosa gastroenterica

- sono presenti giunzioni serrate tra cellula e cellula - il farmaco deve passare obbligatoriamente all’interno della cellula - è importante la componente lipofilica Barriere epiteliali di Pelle, Cornea, Vescica

- sono impermeabili all’ambiente esterno - passano solo le molecole liposolubili - non c’è passaggio tra cellula e l’altra Barriere capillari capillari con maculae. Sono la stragrande maggioranza, tranne quelli fenestrati e occludenti - la diffusione è intercellulare (simil-canali) che non sono selettivi per solubilità - la diffusione avviene per pinocitosi e vescicolazione (se > 100 kD) capillari fenestrati, presenti negli organi secretori (glomerulo renale, tiroide, ipofisi, ghiandole salivari, pancreas) - non rappresentano una barriera efficace - bloccano solo molecole > 45 kD

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capillari occludenti, presenti solo nei capillari cerebrali. - non presentano spazi intercellulari o intracellulari - il passaggio avviene attraverso le cellule - possono avere dei trasportatori attivi - sono i costituenti della barriera emato-encefalica (BEE) - passano poche molecole e solo se sono molto lipofiliche - le membrane infiammate diventano molto più permeabili (!) - eccezioni : ipofisi, epifisi, area postrema (centro del vomito), eminenza mediana, plesso corioideo

Barriere emato-liquorali - sono costituite da cellule epiteliali che rivestono i ventricoli - non vi sono fenestrature tra le cellule ma ci sono passaggi facilitati intercellulari - buon passaggio verso il liquor ed alle cellule cerebrali (es. penicillina iniettata nel ventricolo) - gli aminoacidi hanno diffusione facilitata (es. L-dopa)

Barriera ematoencefalica (BEE) Non rappresenta un ostacolo assoluto al passaggio degli xenobiotici nel sistema nervoso centrale, ma fattori anatomici e fisiologici ne riducono la permeabilità: - le cellule endoteliali dei capillari cerebrali hanno giunzioni serrate e i pori sono virtualmente assenti - le cellule endoteliali stesse contengono un carrier proteico ATP-dipendente in grado di trasportare alcune sostanze in direzione del sangue - i capillari del sistema nervoso centrale sono in gran parte avvolti dai processi delle cellule gliali - le molecole liposolubili presenti nel plasma arrivano rapidamente e diffondono bene nel SNC, data la ricca vascolarizzazione. - le molecole prevalentemente idrofile (molti antibatterici, curarici etc) non passano nel SNC data la caratteristica struttura dei capillari cerebrali (endotelio non fenestrato e presenza di rivestimento quasi continuo di cellule gliali) che costituisce la cosiddetta Barriera Emato-Encefalica. - il pavimento del IV ventricolo è al di fuori della BEE e, pertanto, i farmaci arrivano molto bene. - in presenza di meningite, encefalite e nei bambini la BEE è assai più labile. Barriera emato-testicolare Localizzata tra il lume del capillare interstiziale e il lume del tubulo seminifero è costituita da endotelio capillare, lamina basale capillare, endotelio linfatico, cellule mioidi, lamina basale del tubulo seminifero e cellule del Sertoli. Placenta Protegge il feto da sostanze nocive presenti nel sangue materno, ma deve garantire il passaggio di numerose sostanze; processi di trasporto attivo consentono il passaggio di sostanze nutritive e vitamine dalla madre al feto.

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Consiste di numerosi strati di cellule interposti tra la circolazione fetale e quella materna, strati che variano con il periodo di gestazione. - limitata quantità di sangue materno - tempo minimo per l’equilibrio [madre]pl / [feto]pl è circa 15 minuti - si può anestetizzare la madre con un intervallo di sicurezza di 10 minuti per evitare depressione respiratoria nel neonato Farmaci che passano la placenta: morfina : depressione respiratoria nel bambino antipsicotici : segni extrapiramidali (acinesia, tremore, rigidità) eritromicina : dosi elevate al feto (?) tetracicline : dosi elevate al feto (sindrome del bambino grigio) La placenta è caratterizzata dalla presenza di seni ematici materni nei quali si spingono i villi irrorati dalla circolazione capillare fetale. Non è una barriera anatomica (come la BEE), ma piuttosto un filtro. Passaggio dal sangue materno a quello fetale (e viceversa) dipende dalla liposolubilità del farmaco, dalla differenza di concentrazione tra sangue materno e fetale, dal legame alle proteine plasmatiche. Facile il passaggio da madre a feto; più difficile in senso opposto. Problema della somministrazione dei farmaci in gravidanza e della tossicità fetale. Protegge il feto da sostanze nocive presenti nel sangue materno, ma deve garantire il passaggio di numerose sostanze; processi di trasporto attivo consentono il passaggio di sostanze nutritive e vitamine dalla madre al feto. Consiste di numerosi strati di cellule interposti tra la circolazione fetale e quella materna, strati che variano con il periodo di gestazione.

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Peritoneo - non rappresenta una buona barriera - i farmaci raggiungono facilmente il torrente ematico - il passaggio non è direttamente dipendente dalla liposolubilità o ionizzazione Polmone - passano soprattutto molecole liposolubili - grazie alla sottilezza della barriera ed alla presenza di fenestrature, passano anche molecole altamente idrofiliche (es. nicotina, amine aromatiche) - ci sono meccanismi attivi di pinocitosi I fattori fisico-chimici che sono coinvolti nel passaggio dei farmaci attraverso le membrane sono fondamentali: - grado di ionizzazione - prevalenza del gruppo idrofilico o lipofilico - dimensione molecolare - affinità con substrati endogeni (trasporto attivo) I farmaci passano attraverso le barriere (tissutali e cellulari) con 4 meccanismi principali: 1) diffusione passiva 2) diffusione lipidica 3) trasporto attivo e 4) pinocitosi e fagocitosi

La membrana cellulare è costituita da un doppio strato fosfolipidico le cui teste idrofile formano le superfici interna ed esterna e le code idrofobe si uniscono al centro della membrana. Il doppio strato ha uno spessore di circa 4,5 nanometri. Le proteine, che costituiscono gli altri componenti della membrana, possono essere di due tipi. Alcune dette periferiche sono disposte su entrambe le facce della membrana, altre dette integrali penetrano nella membrana e l’attraversano completamente. Diffusione passiva La diffusione passiva è valida per due tipologie di passaggio: - acquosa - lipidica Diffusione passiva acquosa:

- avviene tra compartimenti acquosi (spazio interstiziale) - nel caso di giunzioni serrate tra membrana epiteliale e rivestimento endoteliale, avviene attraverso la presenza di pori (8 Å) - taglio molecolare 20 kD – 30 kD - non avviene mai nei capillari del cervello e del testicolo

1. E’ regolata da gradiente di concentrazione (Legge di Fick). 2. Se un farmaco è legato a proteine plasmatiche, non è in grado di attraversare pori. 3. Passa solo il farmaco libero. 4. Se il farmaco è elettricamente carico il flusso è influenzato da campi elettrici (potenziale di

membrana, potenziale trans-membrana) 5. Solitamente i farmaci fortemente idrofilici non passano facilmente le barriere

Flusso passivo di molecole secondo un gradiente di concentrazione! Diffusione passiva lipidica:

- la maggior parte dei farmaci liposolubili attraversa le membrane per diffusione passiva tra i lipidi che compongono la membrana cellulare L’entità del passaggio dipende da:

1. Concentrazione del farmaco tra i compartimenti 2. Coefficiente di ripartizione olio / acqua 3. Se i farmaci sono acidi o basi deboli, la ionizzazione varia con il pH (equazione di

Henderson – Hasselbach)

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4. Area di diffusione del farmaco 5. Non dipende strettamente dalla taglia molecolare (fino a < 1000 kD)

Il meccanismo funziona tramite la forza di repulsione dell’H2O. La membrana cellulare ha degli spazi di circa 75Å. Le molecole dalla parte in cui sono più numerose urtano quelle inserite nella membrana che si spostano nel citoplasma. Da qui si spostano sulla membrana opposta e poi escono dalla cellula. Questo meccanismo funziona fino a che non si arriva all’equilibrio tra i compartimenti, extracellulare e citoplasmatico. Il gradiente di

concentrazione è il motore della diffusione passiva. Coefficiente di ripartizione olio / acqua. Più è alto il coefficiente, maggiore sarà l’assorbimento attraverso le membrane cellulari e le barriere tissutali.

Diffusione varia con il pH. Vale per acidi e basi deboli. Log [forma protonata] . = pKa - pH

[forma non protonata]

pKa è il pH al quale le concentrazioni della forma ionizzata e non ionizzata sono uguali

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I farmaci possono essere: - elettricamente neutri (coeff. ripartizione olio/acqua è costante)

- acidi organici (coeff. ripart. olio/acqua varia in funzione del pH)

- amine organiche, terziarie o quaternarie (coeff. ripart. olio/acqua varia in funzione del pH)

Acidi organici : se sono protonati, cioè sono in una soluzione acquosa ricca di H+ , diventano neutri oltre il punto di pKa. Quando diventano neutri allora passano le membrane in base al loro coeff. di ripartizione.

Acidi organici deboli: Non conta la forma farmaceutica (carica o neutra), ma il grado di ionizzazione nell’ambiente gastroenterico ed altri liquidi biologici. Il grado di ionizzazione dipende dal pH e dalla costante di dissociazione Ka.

Amine organiche, terziarie o quaternarie, basi deboli: Se sono protonate, cioè sono in una soluzione acquosa ricca di H+ , diventano cariche oltre il punto di pKa. Solo quando diventano neutri passano le membrane in base al loro coeff. di ripartizione. Amine organiche, basi deboli : Non conta la forma farmaceutica (carica o neutra), ma il grado di ionizzazione nell’ambiente gastroenterico ed altri liquidi biologici. Il grado di ionizzazione dipende dal pH e dalla costante di dissociazione Ka.

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Area di diffusione del farmaco

L’entità dell’assorbimento è comunque correlata con l’estensione della superficie assorbente. L’intestino tenue ha in assoluto la maggiore estensione superficiale di contatto (villi) con il farmaco e quindi solitamente è la porzione dove avviene il maggiore assorbimento di farmaco. Patologie a carico di questo tessuto modificano la quota di farmaco assorbita: es.: morbo di Crohn (ileite regionale) spesso si interviene con la chirurgia, asportandone una buona parte. Bisogna correggere la dose somministrata. La grande superficie conta sia per le molecole cariche che per quelle neutre. L’assorbimento complessivo è quindi una sommatoria dei fattori che includono il grado di ionizzazione, la solubilità nei lipidi, il tempo e la superficie di assorbimento, il pH, etc. ____________________________________________________________________________________ Farmaco % assorbita da stomaco in 1 ora % assorbita da tenue in 10 minuti ____________________________________________________________________________________ Etanolo 38 % 64 % Fenobarbitale 17 % 52 % ____________________________________________________________________________________ La grande superficie del tenue (villi e microvilli) compensa la scarsa propensione ad assorbire acidi organici o basi deboli. Rallentando lo svuotamento gastrico si riduce solitamente la velocità di assorbimento dei farmaci, soprattutto le amine terziarie, che sono la maggioranza dei farmaci. Se dati a digiuno con acqua, si ha un veloce svuotamento dello stomaco e quindi un rapido passaggio all’intestino, dove avvene quantitativamente l’assorbimento. Dipendenza dalla dimensione molecolare. L’intestino tenue ha una barriera idrofilica rappresentata dal glicocalice (glicoproteine di membrana) che protegge i villi. Questa barriera incorpora molto acqua. L’assorbimento di molecole molto grandi e soprattutto molto lipofiliche può

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essere limitato. Il colon e la mucosa gastrica non hanno un glicocalice molto spesso. Il cut off per questi tessuti è > di 1000 kD Trasporto attivo E’ un tipo di trasporto contro gradiente di concentrazione. - consuma ATP - ci sono trasportatori di membrana specifici e con un certo grado di sensibilità - è saturabile Esistono alcuni farmaci che per attraversare le barriere tissutali sfruttano questo sistema: penicillina attraverso il rene, 5-fluorouracile attraverso l’intestino, melfalan dentro i linfociti, digitalici attraverso il fegato e L-DOPA attraverso la BEE. Pinocitosi e Fagocitosi Sono meccanismi cellulari molto costosi dal punto di vista energetico. Utili per le molecole molto grandi > 900 kD; tossine (tetano – botulino), antigeni, alcuni farmaci legati a proteine plasmatiche di trasporto. Legame dei farmaci con le proteine plasmatiche

Farmaco nel plasma = [farmaco legato] + [farmaco libero] La stragrande maggioranza dei farmaci sono legati a componenti presenti nel sangue, sia di trasporto che cellulari: - albumina – globulina – lipoproteine - α1 glicoproteine acide - globuli rossi Entità del legame è molto diversa (farmaci molto legati, poco o non legati). Cambia il destino del farmaco dato che solo quello libero passa le barriere capillari e tissutali e raggiunge il sito d’azione. I legami sono di tipo reversibile. Sono legami (interazioni) reversibili di vario tipo: forze di van der Waals, legami ionici, legami a idrogeno, interazioni idrofobiche. Il plasma rappresenta quindi anche una riserva circolante ed aumenta la durata complessiva dell’azione. Il legame con le proteine plasmatiche è una costante tipica del farmaco. E’ un parametro di cui bisogna tenere conto quando si hanno fenomeni di spiazzamento per competizione tra più farmaci o tra un farmaco ed un componente fisiologico. La finestra terapeutica deve essere tenuta in considerazione. Legame farmaco-proteine ha notevole importanza farmacologica Conseguenze del legame plasmatico: La quota di farmaco libero è minore → processi di eliminazione passiva, per filtrazione glomerulare e per metabolismo epatico sono ridotti. Un farmaco legato alle proteine plasmatiche può essere spiazzato da un altro con affinità maggiore → effetto del 1° farmaco può aumentare in modo repentino perchè cambia la concentrazione plasmatica di farmaco libero. Molecole endogene con affinità per siti di legame proteici (bilirubina, acidi grassi, etc.) possono spiazzare il farmaco legato e le patologie, soprattutto epatiche, possono aumentare o ridurre la quota di farmaco legato. Nelle situazioni patologiche (insuff.epatica, sindrome nefrosica) in cui c’è ipoalbuminemia, la concentrazione di farmaco libero, attivo, sarà più elevata per una qualsiasi concentrazione totale. A livello di secrezione tubulare (processo attivo), il legame con le proteine plasmatiche non conta, dato che la secrezione attiva è indipendente dalla quota di farmaco libero. Il trasporto attivo crea gradiente di farmaco libero dalle proteine plasmatiche (estrazione). Fattori che influenzano la tipologia e la quantità delle proteine plasmatiche: Insufficienza epatica, Insufficienza renale, Enteropatie, Parassitosi, Ustioni Se aumenta la quota libera: Aumento dell’effetto e Aumento della velocità di eliminazione

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Distribuzione

Entrato nell’organismo il farmaco si distribuisce ai vari tessuti e viene eliminato per metabolizzazione o escrezione Possiamo considerare l’organismo come costituito da un certo numero di compartimenti distinti dal punto di vista funzionale. Tra questi riconosciamo almeno tre compartimenti idrici principali: acqua plasmatica, liquido interstiziale e liquidi intracellulare; alcune parti del liquido extra-cellulare non sono facilmente raggiungibili: - osso - cartilagine Questo è ciò che viene chiamato Volume reale di distribuzione, o volume anatomico: → molecola carica elettricamente non diffusibile (teorica) ha circa 12 litri di distribuzione extra-cellulare. → composto non polare ma solubile in acqua si diffonde in tutti i fluidi del corpo, circa 40 litri (60 % del peso corporeo di un uomo di 70 kg normotipo). La quantità di acqua e la sua accessibilità per ogni porzione anatomica varia in funzione della

composizione e dell’accessibilità.

Per poter prevedere con precisione l’entità dell’effetto di un farmaco su un particolare organo, occorrerebbe misurare la concentrazione nell’organo, quindi, è importante la concentrazione a livello del sito d’azione, ma nell’uomo l’unico dato facilmente ottenibile è la concentrazione plasmatica. Un farmaco si distribuisce nella fase acquosa del sangue, nei liquidi extra-, intracellulare, nelle membrane plasmatiche e nei depositi lipidici. In teoria, il farmaco nel plasma dovrebbe essere presente nella stessa concentrazione anche negli altri compartimenti idrici, ma in realtà ciò non avviene e il rapporto tra le concentrazioni del farmaco in un tessuto e nel sangue all’equilibrio è diverso da 1 per moltissimi farmaci e può essere diverso da tessuto a tessuto per lo stesso farmaco. La velocità con cui un farmaco si distribuisce tra sangue e vari compartimenti tessutali e l’entità della distribuzione stessa dipendono da fattori diversi: flusso ematico, volume di ciascun compartimento, capacità del farmaco di attraversare le barriere e legame alle proteine plasmatiche e/o componenti tessutali. Farmaco liposolubile (e non legato alle proteine plasmatiche) diffonderà rapidamente attraverso le membrane cellulari raggiungendo in breve tempo una distribuzione proporzionale tra plasma e tessuti: la velocità con cui raggiungerà la sua concentrazione di equilibrio in un tessuto dipenderà solo dalla quantità di sangue che arriva nel tessuto. Farmaco poco liposolubile rimarrà localizzato negli spazi extracellulari. Differente perfusione dei vari tessuti: - organi ad elevata perfusione (che entrano rapidamente in equilibrio col sangue): cuore, cervello, fegato e reni [7.3% peso corporeo e circa 4 l/min flusso]; - tessuti a perfusione lenta: muscoli e pelle (54% peso e 1.3 l/min); - tessuti poco perfusi: tessuto adiposo (17% peso e 0.15 l/min). In un organo molto vascolarizzato la concentrazione di farmaco può raggiungere in breve tempo valori simili a quelli del plasma, quindi alcuni tessuti riescono ad equilibrarsi con il plasma e il rapporto tra la concentrazione tessutale e la concentrazione plasmatica è costante.

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La concentrazione negli organi poco vascolarizzati aumenta più lentamente, mentre diminuisce velocemente la concentrazione negli organi più irrorati e nel plasma (redistribuzione del farmaco). In alcuni casi, compartimenti a lentissimo equilibrio possono neppure riuscire a equilibrarsi prima che il farmaco venga eliminato. Organi poco vascolarizzati potranno funzionare da deposito del farmaco (il farmaco lì giunto verrà molto lentamente reintrodotto nel sangue). Es. Tiopentale. Barbiturico, usato come anestetico generale a breve durata E’ molto liposolubile e, pertanto, arriva rapidamente nel cervello (molto vascolarizzato, con contenuto di lipidi significativo), dove determina l’effetto narcotico; poi si ridistribuisce nel

tessuto adiposo sottocutaneo (molto più ricco di lipidi, ma molto meno vascolarizzato) e, corrispondentemente, la concentrazione di tiopentale nel cervello diminuisce. Questo spiega la azione anestetica di breve durata (10-15 min.) I farmaci possono legarsi anche con costituenti cellulari e tissutali quali proteine, fosfolipidi, nucleoproteine, collagene, si possono così avere dei siti di deposito a livello di alcuni tessuti nei cui confronti un farmaco ha un particolare TROPISMO. Esempi di tropismo: Tetracicline (antibatterici) verso il tessuto osseo, Tiopentale (anestetico) verso il tessuto adiposo, Clorochina (antimalarico) verso il fegato, Amiodarone (antiaritmico) verso la tiroide. Per poter studiare la distribuzione di un farmaco nell’organismo si usa il Volume apparente di

distribuzione (Vd) (un volume teorico), che ci da la misura di quanto un farmaco sia in grado di: 1- attraversare le membrane 2- diffondere nei tessuti 3- distribuirsi Il Vd può superare grandemente il volume dei compartimenti fisiologici del corpo umano, perché il Vd è il volume necessario per contenere il quantitativo totale di farmaco presente nell’organismo, qualora questo fosse omogeneamente distribuito con la stessa concentrazione presente nel sangue, plasma o acqua. Vd molto piccoli (3 - 4 litri) il farmaco rimane relegato al compartimento plasmatico perchè molto polare e quindi incapace di attraversare le membrane Vd molto grandi (100 – 1000 litri) il farmaco passa facilmente le membrane tissutali e quindi è poco polare, delle giuste dimensioni e probabilmente in grado di distribuirsi bene nella maggior parte dei tessuti (es BEE). Scompare rapidamente dal plasma. Quindi il Vd è importante perché permette di poter stimare quale sarà la concentrazione plasmatica del farmaco dopo che si è completamente distribuito; tranne alcune importanti eccezioni, il tempo necessario per il raggiungimento dell’equilibrio di distribuzione è minore di quello necessario per una sostanziale eliminazione del farmaco.

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Il grafico a rappresenta la variazione della concentrazione plasmatica di un farmaco nel tempo in seguito ad iniezione a bolo. Se noi facciamo una curva semi-logaritmica (grafico b), si genera una retta: y = mx + q e ponendo x = 0, troviamo y(0), ovvero la concentrazione al t = 0, che si otterrebbe se l’inera dose somministrata raggiungesse l’equilibrio di distribuzione istantaneamente (estrapolato prolungando la retta). Quindi C0 è un valore calcolato (Vd = D/C0 a t = 0, espresso in

L/Kg) ed esisterebbe solo se invece di del circolo sanguigno fossimo in un barattolo. Il coefficiente angolare m ci dice quanto più un farmaco è liposolubile, quindi quanto più sompare dal plasma. Il Vd è dato dalla somma del volume plasmatico + il Vd di ogni compartimento dell’organismo, se Vd è elevato vuol dire che uno o più tessuti accumulano il farmaco, ovvero si comportano da deposito, quindi teoricamente, dovremmo suddividere in sottocompartimenti, ognuno con la propria cinetica di distribuzione, ma di fatto parliamo di compartimento plasmatico e tessutale. Volume apparente di distribuzione (Vd) : es. pratico. se somministriamo 500 µg di digossina un soggetto normale di 70 kg dovrebbe avere 42 Litri max di acqua. Teoricamente dovremmo avere una concentrazione plasmatica massima di 13.1 ng / ml in realtà la concentrazione plasmatica massima che si osserva è 1.25 ng / ml 500 x 10-6 grammi -------------------------------- = Vd Vd = 440 Litri 1.25 x 10-9 grammi/Litro Il farmaco si distribuisce bene nell’adipe e nei muscoli Volume apparente di distribuzione (Vd) può variare in base:

• pKa (si vede soprattutto in stomaco e fegato, ΔpH influisce su Vd sistemico, poi a livello plasmatico il pH non è sempre costante: acidosi metabolica, somministrazioni di ammonio causano una spostamento di disponibilità di farmaco ionizzato o no)

• grado di legame con le proteine plasmatiche (solo la quota libera è in grado di uscire dal letto capillare; unità di misura del legame farmaco/proteine plasmatiche è la %)

• coefficiente di ripartizione olio / acqua • grado di legame con i tessuti • differenze nel flusso sanguigno locale (es. shock) • età (l’età prepuberale è diversa da quella adolescenziale e a sua volta è diversa

dall’anzianità) • sesso (diversa massa corporea per evoluzione biologica) • composizione corporea del paziente (a un obeso si possono dare dosi più elevate, ma non si

devono fare somministrazioni ravvicinate, ci sono tabelle per portare i valori a livelli standard, sennò si può avere effetto tossico, che si ha quando il farmaco satura tutti i siti disponibili e aumenta a livello plasmatico)

• patologie, infezioni o infiammazioni • perfusione tessutale (il gradi di perfusione tessutale è diverso tra i tessuti)

Le caratteristiche dei compartimenti corporei (monocompartimento con eliminazione di 1° ordine o multiesponenziale con due o più compartimenti) complicano la descrizione del Vd e di altri parametri (eliminazione, emivita, etc.) Eliminazione

L’eliminazione di un farmaco avviene per escrezione e/o biotrasformazione. Le due vie principali di eliminazione sono: RENALE e EPATICA, a cui si aggiungono le vie secondarie: POLMONARE, INTESTINALE, CUTANEA, SALIVARE, LACRIMALE, MAMMARIA. Forma in cui vengono eliminati i farmaci:

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1. immodificati 2. metaboliti - poco polari diventano più polari quindi più facilmente eliminabili

In linea di massima, i processi che portano all’eliminazione della maggior parte dei farmaci seguono una cinetica di I ordine, è importante però ricordare che la cinetica di eliminazione di alcuni farmaci può non essere esclusivamente di primo ordine: questo avviene per quei farmaci, come la fenitoina e l’alcool, per i quali l’eliminazione si basa fondamentalmente su processi metabolici (o di escrezione attiva renale) saturabili. In questo caso la cinetica di eliminazione è di I ordine solo a concentrazioni non saturanti il sistema di biotrasformazione o di trasporto. Eliminazione renale è importante per una maggioranza dei farmaci. Si compone di tre meccanismi che possono anche funzionare contemporaneamente:

a) Filtrazione glomerulare Dipende strettamente dalla frazione di farmaco libero Non è selettiva e può essere bidirezionale

a) Secrezione tubulare (processo attivo mediante carrier) Avviene a livello del tubulo renale prossimale e vengono secreti anioni e cationi Non è molto selettiva e può essere bidirezionale es.: Via dell’acido urico: vengono secreti penicillina, glucocorticoidi Via della colina, istamina: basi organiche

a) Riassorbimento tubulare (processo passivo) Avviene a livello del tubulo prossimale e distale. Quando viene riassorbita acqua dalla preurina, si crea un crescente gradiente di concentrazione. Il pH condiziona la ionizzazione del farmaco. Nelle intossicazioni si può sfruttare il pH acidificando o basificando la preurina per bloccare il riassorbimento e mantenendo il farmaco nella forma ionizzata. es. nell’intossicazione da salicilato si alcanilizza la preurina con infusione di tampone (pH 8) e si può ottenere un aumento di escrezione di 6 volte; la somministrazione di bicarbonato, alcalinizzando le urine, favorisce l’eliminazione di farmaci acidi e ridurrà invece l’escrezione di farmaci basici; l’acidificazione delle urine sarà uno degli strumenti terapeutici da attuare in caso di intossicazione da composti basici, come le amfetamine. Favoriscono l’eliminazione reanale l’assenza di legame alle proteine plasmatiche, l’elevata idrofilia, il grado di ionizzazione e la presenza di sistemi di trasporto attivo a livello tubulare. Alterazioni del flusso renale o glomerulare, patologie che limitano la permeabilità glomerulare o la funzionalità tubulare determinano una riduzione della clearence renale dei farmaci; anche nel neonato, e specialmente nel prematuro, si hanno alterazioni dei valori di clearence perché i sistemi di trasporto tubulari non sono sviluppati in modo completo. Concetti generali:

I farmaci lipofilici tendono ad essere escreti a concentrazioni simili a quelle presenti nel plasma. La loro concentrazione dipende soprattutto dal volume delle urine. I farmaci polari tendono ad essere escreti nelle urine a concentrazioni superiori a quelle presenti nel plasma, quindi la loro escrezione dipende più dal volume del filtrato glomerulare (velocità di flusso nell’unità di tempo) che dal volume delle urine.

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I farmaci coniugati si comportano in maniera simile alle sostanze polari, ma possono essere escreti in misura maggiore quando soggetti a meccanismi di secrezione attiva. I farmaci che si ionizzano facilmente, cioè acidi e basi, vengono escreti in maniera pH dipendente. ESCREZIONE BILIARE: il fegato svolge due importanti funzioni sui farmaci che sono il metabolismo e l’escrezione. Alcuni farmaci vengono eliminati immodificati con la secrezione biliare, ma solitamente il fegato produce metaboliti (farmaci che sono modificati chimicamente o frammenti del farmaco) che possono essere escreti con la bile e l’escrezione dipende da due fattori: la polarità ed il peso molecolare. L’eliminazione finale è attraverso le feci. Ci sono 4 sistemi di trasporto attivo: Acidi, Basi, Sostanze neutre e Metalli Per i composti polari solitamente P.M. < 250 eliminazione renale P.M. > 500 eliminazione biliare La quota di farmaco o i suoi metaboliti che si ritrovano nell’intestino possono essere riassorbiti e riportati al fegato (questo è particolarmente frequente per farmaci escreti dopo coniugazione con acido glucuronico), mentre una parte viene eliminata a livello fecale. A questo punto una parte passa nel circolo sistemico, l’altra parte viene riconcentrata a livello biliare e escreta nuovamente. Si ha quindi un Circolo Entero - Epatico che ha alcune conseguenze: - aumenta la vita media del farmaco nel plasma - si prolunga l’effetto farmacologico - elevata concentrazione a livello biliare (ottimo per antibiotici per infezioni biliari) - alla fine tutto il farmaco verrà comunque eliminato Avviene con farmaci diversi: antibiotici (ampicillina, rifampicina), purganti (fenolftaleina), composti iodati etc. L’escrezione biliare ha particolare importanza per i farmaci somministrati per via orale che attraverso il circolo portale raggiungono il fegato e possono subire una pesante metabolizzazione o escrezione prima di raggiungere il circolo sistemico (effetto di primo passaggio). Questo fenomeno può ridurre notevolmente la biodisponibilità orale di un farmaco che pure venga bene assorbito. Di regola, l’eliminazione presistemica è saturabile; questo permette di somministrare per via orale anche farmaci che subiscono un pesante effetto di primo passaggio, quali il β-bloccante propanololo, a patto di aumentare notevolmente il dosaggio o di assumere il farmaco dopo i pasti, quando i sistemi di trasporto sono saturati dal carico alimentare. ESCREZIONE VIA LATTE: Fattori che influenzano l’eliminazione Proprietà chimico-fisiche del farmaco: - percentuale di ionizzazione nel siero e nel latte (pKa) - liposolubilità

- peso molecolare - percentuale di legame alle proteine plasmatiche Trattamento: - dose – durata - via di somministrazione E’ una via importante soprattutto perchè il farmaco passa al neonato durante l’allattamento! - il latte è mediamente più acido del plasma, quindi si concentrano i farmaci con caratteristiche basiche - farmaci molto lipofili si concentrano nel latte - le molecole non cariche come ad esempio l’etanolo si equilibrano velocemente Via salivare E’ una via poco significativa dal punto di vista quantitativo Nella saliva vi è una bassa percentuale di proteine (prevalentemente enzimi) Farmaco prevalentemente non legato

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Il rapporto tra la misura contemporanea di farmaco totale nel plasma e nella saliva fornisce una buona indicazione della percentuale di farmaco libero nel plasma pH saliva = 6.5. Via lacrimale e Via sudore sono vie che non sono significative. Capelli e cute (esfoliazione) possono rappresentare delle vie di eliminazione soprattutto per metalli pesanti (mercurio, alluminio, arsenico) Le secrezioni vaginali contano poco dal punto di vista quantitativo ma, a causa della concentrazione vaginale del farmaco, vi possono essere fenomeni di tipo battericida (modificazioni della flora batterica fisiologica da antibiotico) o di ipersensibilità locali. Clearance

La Clearance è la capacità di un organismo di depurarsi, ovvero il volume di sangue ripulito da una sostanza nell’unità di tempo. Nello steady state, con condizioni di biodisponibilità completa, la velocità di eliminazione è identica a quella di somministrazione velocità somministrazione (es. gr / ora )(= velocità eliminazione) Cl = --------------------------------------------------------------------------------------- = L / ora / 70 kg concentrazione allo stato stazionario (es. gr / Litro) La clearance è una costante del farmaco e si può definire rispetto a tutti i compartimenti corporei La clearance è additiva e cioè è la sommatoria di tutti i processi di eliminazione presenti nell’organismo. Cl rene + Cl fegato + Cl altri organi = Cl sistemica complessiva Per clearance renale di una sostanza si intende il volume di plasma completamente depurato da questa sostanza in un minuto (si misura quindi come un flusso, in mL/min).

x

x

x

xx

P

VU

P

QC

⋅==

Si ottiene moltiplicando la concentrazione urinaria di X per il volume di urina prodotta in un minuto, diviso per la concentrazione plasmatica di X. Siccome Q (quantità di X) nelle urine era nel plasma, conoscendo la sua concentrazione ottengo il volume di plasma che conteneva la sostanze X escreta, che è stato depurato. Le clearance renali dicono l’efficienza renale. La Clearance di un farmaco immodificato = clearance renale Se l’eliminazione avviene per vie saturabili (alcool etilico, fenitoina) o per dosi molto elevate che saturano le vie di eliminazione (diventa una cinetica di ordine 0), l’eliminazione non dipende dalla dose ma solo dall’efficienza delle vie di eliminazione. Se l’eliminazione non avviene per vie saturabili la velocità di eliminazione è proporzionale alla concentrazione plasmatica (cinetica di 1° ordine): Vel = clearence x C. Quando la clearence segue un processo di eliminazione di primo ordine, essa può essere misurata calcolando l’area sotto la curva delle concentrazioni ematiche nel tempo (AUC vedi più avanti) a seguito di somministrazione di una singola dose. La clearence in questo caso risulta uguale alla dose divisa l’AUC. Per farmaci che mostrano un’eliminazione saturabile, la clearence varierà a seconda della concentrazione del farmaco che si è raggiunta. L’eliminazione saturabile viene anche detta eliminazione dose-dipendente, non-lineare o di Michaelis-Menten:

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Vmax x Cpl Vel Vmax Vmax Vel (velocità eliminazione) = -------------- ; ---- = ---------- ; Cl = ---------- km + Cpl Cpl km + Cpl km + Cpl Vmax = massima velocità di eliminazione, Cpl = concentrazione plasmatica Km = concentrazione del farmaco quando la velocità di eliminazione è 50 % di Vmax quando: Vmax Vmax x Cpl Vel= Vmax/2 ------ = --------------- ; Km + Cpl = 2xCpl ; Km = Cpl

2 Km + Cpl Emivita (T½)

Il tempo di EMIVITA o T1/2 è definito come il tempo richiesto per ridurre la concentrazione plasmatica del

farmaco del 50 %, in qualsiasi momento.

Se consideriamo un modello a singolo compartimento, cioè tutto il corpo nel suo complesso, la concentrazione plasmatica di un farmaco nel tempo dipende dal suo Vd ed è in stretta interdipendenza dalla Clearance. Infatti: quantità di farmaco somministrata Vd= --------------------------------------------------- = L/(70 kg) concentrazione plasmatica velocità di eliminazione Cl= --------------------------------------------------- = L/ora /(70 kg) concentrazione plasmatica Vd L/(70 kg) T1/2 = 0.693 x --------- = -------------------------- = ore

Cl L/ora (70kg) Quando una cinetica di eliminazione è di I ordine, essa disegnerà una retta in un grafico in scala semi-logaritmica. Dai grafici si può facilmente ricavare che l’intervallo di tempo che separa due punti in vui il valore di concentrazione del secondo sia la metà del primo è sempre lo stesso e dipende unicamente dalla pendenza della retta. L’equazione di base che governa questo tipo di cinetiche e che descrive ogni punto, è la seguente:

C = C0 * e-kt ovvero C/C0 = e-kt C = concentrazione in qualsiasi punto della curva in un dato tempo C0 = concentrazione iniziale K = costante di eliminazione

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Quando C/ C0 = ½ quindi ½ = e-kt trasformando in logaritmo naturale l’equazione: T1/2 = ln(2)/K e K= 0.693 / T1/2 Linearizzando la curva, cioè rendendo un asse in logaritmico, si ottiene un grafico semi-

logaritmico

Keliminazione = coefficiente angolare della

retta

Se ci sono due farmaci completamente diversi dati ad una dose tale che, in rapporto al loro Vd, danno la stessa C0 hanno due curve diverse perché è diversa la Kel. Lo stesso farmaco con diversa C0 (perché diversa dose) ha la stessa emivita, quindi in una traslocazione semilogaritmica, la pendenza della curva è la stessa anche se varierà C0. ma se l’emivita è la stessa, perché decaderanno in tempi diversi? In realtà non può essere indicato, poi decaderebbero al tendere a zero in maniera esponenziale (rosso)…che casino! Questo perché per conve4nzione dopo 5 emivite le curve tendono alla stessa concentrazione plasmatica, ovvero ad una concentrazione

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trascurabile. In sintesi, stessa dose con uguale C0, il Vd è uguale, ma se le curve sono diverse è perché c’è diversa Kel e quindi diversa clearence! Così facendo possiamo facilmente calcolare ogni punto (ovvero la concentrazione plasmatica):

y = mx + q ���� [ ]pl = Kel ∙ x + C0 = Kel ∙ x + D/Vd

In situazioni frequenti abbiamo più compartimenti che influenzano la concentrazione plasmatica nel tempo. Si misurano quindi differenti T1/2

T1/2α = 1 h T1/2β = 2 h T1/2γ = 6 h La prima emivita è più importante dato che tiene conto del 50 % del farmaco complessivo Le altre due emivite sono importanti nei fenomeni di accumulo

Il valore di emivita esprime l’effetto dei processi di eliminazione dell’organismo nei confronti di un dato farmaco. Esso è indipendente dalla concentrazione del farmaco ed è unicamente dipendente dallo stato funzionale degli organi o sistemi del paziente preposti all’eliminazione del farmaco stesso. Ogni farmaco è caratterizzato da un suo proprio valore di emivita, in linea di massima, quei farmaci che hanno un grosso valore di Vd hanno un’emivita lunga, in quanto il farmaco che viene eliminato viene continuamente rimpiazzato da quello accumulato nei tessuti. Alterazioni patologiche degli organi di eliminazione porteranno ad un aumento dell’emivita di un farmaco e quindi ad un prolungamento dei suoi effetti. Alterazioni dei valori di emivita richiedono correzioni del regime terapeutico a cui il paziente è sottoposto soprattutto per quei farmaci in cui la finestra terapeutica della concentrazione plasmatica è ristretta. ANALISI FARMACOCINETICA COMPARTIMENTALE:

Con il termine compartimento viene indicato tessuto o insieme di tessuti diversi che hanno un comportamento analogo nei confronti di una determinata sostanza. MODELLO MONOCOMPARTIMENTALE: ogni variazione che avviene nei livelli plasmatici di un farmaco si riflette proporzionalmente nei livelli tissutali. Se un farmaco non va nel cervello, non lo considero nel compartimento; l’organismo non tende a sequestrare molecole in un tessuto. Le monocompartimentali extravenose (i.m. sottocute) hanno un certo tempo di latenza che è in relazione al coefficiente di diffusione e l’equazione diventa: [x]pl = Be-kt – Ae-kt

MODELLO BICOMPARTIMENTALE: la concentrazione del farmaco diminuisce rapidamente dal plasma e dai tessuti più perfusi (compartimento centrale) e si distribuisce più lentamente nei tessuti meno perfusi (compartimento periferico). Si distingue una fase di distribuzione e una fase

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di eliminazione. Farmaci più lipofilica cominciano ad essere bicompartimentali (plasma e tessuto acquoso + compartimento periferico + grasso come fegato, pancreas, milza e tessuto adiposo), quello che vediamo nel plasma non è bene in equilibrio con tutto.

MODELLO TRICOMPARTIMENTALE: un terzo compartimento periferico è costituito dai tessuti più profondi scarsamente perfusi. Si distinguono una fase di distribuzione, una di eliminazione rapida ed una di eliminazione lenta. Quando il sbugiardino dice emivita variabile tra 5 e 15 ore vuol dire che ci sono diversi compartimenti e bisogna stare attenti perché c’è accumulo, tanto che per i farmaci che si usano per lungo tempo si parla di emivita terminale, ovvero dell’ultimo compartimento. Progettazione e ottimizzazione dei regimi posologici

I livelli plasmatici ottenuti a seguito della somministrazione di un farmaco e le loro variazioni nel tempo dipendono dalle caratteristiche dei processi di assorbimento, distribuzione ed eliminazione e sono molto diversi a seconda che il farmaco venga somministrato una sola volta o ripetutamente. ANDAMENTO TEMPORALE DELLA CONCENTRAZIONE PLASMATICA DI UN FARMACO DOPO SINGOLA SOMMINISTRAZIONE: La velocità di assorbimento dipende dalla via di somministrazione, dalla caratteristiche anatomo-funzionali della sede di assorbimento e dalle caratteristiche fisico-chimiche del farmaco e del suo eccipiente. La stessa dose di farmaco può produrre livelli plasmatici massimi diversi a seconda della via di somministrazione. Generalmente il picco più alto per la somministrazione endovenosa e più basso per le somministrazioni enterali; valori intermedi si hanno con le altre vie parenterali. Le curve per le vie di assorbimento extravascolari mostrano picco di concentrazione ritardato e più basso. Al picco esse incrociano l’andamento conseguente a somministrazione intravascolare e di qui in poi determinano concentrazioni più alte e questo permette di sottendere un’area equivalente. In generale l’andamento del passaggio in circo lo di un farmaco è ben descritto da una cinetica di primo ordine; quindi nell’unità di tempo viene assorbita una quantità di farmaco proporzionale alla differenza di concentrazione tra compartimento assorbente e compartimento plasmatico. La quantità di farmaco non ancora assorbita tende dunque a scendere esponenzialmente e la quantità assorbita tende a salire. Una volta immesso nel torrente circolatorio, il farmaco si distribuisce in concentrazioni diverse nei vari distretti dell’organismo e raggiunge l’equilibrio di distribuzione con velocità che dipende, per ogni compartimento, dal flusso di farmaco e dal volume apparente di distribuzione del compartimento (+ altri fattori vedi paragrafo distribuzione). In generale, farmaci con alto Vd raggiungono concentrazione plasmatiche di equilibrio più basse (la concentrazione plasmatica è inversamente proporzionale al Vd) e con costanti di tempo di assorbimento più lunghe. L’entità di Vd influenza non solo l’assorbimento, ma anche la velocità di eliminazione del farmaco.

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Anche l’eliminazione segue in genere una cinetica di primo ordine: essa dipende, oltre che dai fattori fisico-chimici, da fattori idrodinamici ed ancora una volta dal volume di distribuzione apparente: si ricorda che la costante di tempo di eliminazione di un farmaco è data dal rapporto Vd/clearence. ANDAMENTO TEMPORALE DELLA CONCENTRAZIONE PLASMATICA DEI FARMACI A SEGUITO DI SOMMINISTRAZIONI RIPETUTE: Nella pratica clinica quotidiana è in realtà più frequente trovarsi nella necessità di dover non solo raggiungere ma anche mantenere a lungo un certo valore di concentrazione plasmatica, ovvero si tratta di instaurare una terapia cronica e di prevedere quale sarà l’effetto di ciascuna dose singola sulla concentrazione plasmatica prodotta dalle dosi precedenti. Consideriamo l’andamento delle concentrazioni plasmatiche di un farmaco somministrato per via endovenosa e che rapidamente si equilibra nel suo Vd. La concentrazione plasmatica raggiunge un valore di picco che è funzione della dose e del Vd. Per ogni intervallo di tempo pari all’emivita del farmaco, la sua concentrazione si dimezza. Questo vuole dire che dopo un tempo pari ad un’emivita, rimane nel corpo del paziente il 50% della dose somministrata; dopo altrettanto ne rimane il 25% e così via; dopo 5 emivite del farmaco, è rimasto nel paziente circa il 3% della dose somministrata, cioè una quantità trascurabile. Se la somministrazione viene ripetuta dopo un tempo pari a 5 emivite, la nuova dose semplicemente rimpiazza la precedente. Se invece le nuove somministrazioni vengono fatte a intervalli più brevi, ciascuna di esse andrà a sommarsi a quello che è rimasto delle precedenti. Come già detto i processi di distribuzione e di eliminazione implicano cinetiche di I ordine, ovvero in ogni istante le concentrazioni tendono a cambiare di una frazione costante. Le caratteristiche di questo tipo di cinetiche è che non fa alcuna differenza considerare separatamente il declino di ogni singola dose oppure considerare direttamente il declino della quantità complessiva presente nell’organismo. Per ogni dose somministrata possiamo disegnare una curva i concentrazione plasmatica, e l’andamento della concentrazione plasmatica dovuto alla somministrazione ripetuta delle dosi di farmaco si può quindi calcolare semplicemente sommando gli andamenti dovuti ad ogni dose considerata singolarmente. Se somministriamo ripetutamente dosi uguali di farmaco ad intervalli fissi, la concentrazione di farmaco cresce con le successive somministrazioni e dopo una fase iniziale sia la sovrapposizione dei singoli andamenti che la concentrazione plasmatica totale risultante si stabilizza su un andamento periodico costante che prende il nome di steady state. L’andamento della salita verso lo steady (fase di ascesa) state è analogo al declino della concentrazione plasmatica a seguito di ogni singola dose, ovvero la salita verso lo steady state è descritta da un andamento esponenziale con costante

di tempo uguale a quella di eliminazione. Dopo la prima fase, la concentrazione del farmaco non sale indefinitivamente; ricordando che dopo 5 emite, ciò che è rimasto di una certa dose è trascurabile, una dose somministrata 5 emivite dopo la prima non fa altro che rimpiazzarla, la successiva rimpiazzerà la seconda e così via. In questo modo la concentrazione plasmatica continuerà a oscillare attorno a un valore che è determinato dalla quantità di farmaco somministrata durante le ultime 5 emivite; nel corso di una terapia cronica, gli effetti di un farmaco vengono rideriti ai valori di concentrazione plasmatica durante la fase di plateau. Il tempo necessario a raggiungere l’equilibrio non cambia variando la frequenza di somministrazione, in quanto dipende solo dal tempo necessario perché la prima dose sie eliminata quasi completamente, e pertanto dal t1/2 del farmaco. Al t1/2 è legata non solo la velocità di raggiungimento della fase di plateau, ma anche la velocità con cui la concentrazione plasmatica decade una volta che la terapia viene sospesa.

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La concentrazione plasmatica media (e quindi la quantità media di farmaco presente all’equilibrio nel corpo del paziente) non è funzione solo del valore della singola dose o dell’intervallo di tempo che intercorre tra le dosi, ma è funzione di entrambi e quindi della quantità di farmaco somministrata nell’unità di tempo (o nel corso di un’emivita). Il rapporto tra concentrazione massima e minima all’equilibrio è strettamente dipendente dall’intervallo di somministrazione, quanto più sono ravvicinate le somministrazioni tanto più piccole sono le oscillazioni della concentrazione all’equilibrio. Di conseguenza, se si vuole mantenere costante la concentrazione del farmaco occorrerà somministrare il farmaco in modo continuo, ad esempio mediante fleboclisi. Questo aspetto è di importanza cruciale per farmaci con basso indice terapeutico, cioè farmaci capaci di produrre effetti tossici a concentrazioni di poco superiori a quelle necessarie per produrre effetti terapeutici. Ravvicinando le somministrazioni, la curva di concentrazione plasmatica, all’equilibrio, assomiglia sempre più ad una lama di sega con tratti rettilinei che uniscono ogni picco al minimo successivo; di conseguenza, ravvicinando le somministrazioni la concentrazione media all’equilibrio si avvicina sempre più al valore intermedio tra massimo e minimo. Nel caso in cui l’assorbimento proceda più lentamente, la fase di salita della concentrazione plasmatica susseguente a ogni singola somministrazione è meno veloce ed i picchi di concentrazione sono meno prominenti. Questa differenza può essere convenientemente sfruttata quando il farmaco abbia una finestra terapeutica ristretta; il fatto che le fluttuazioni siano più smussate con la somministrazione orale evita che la concentrazione plasmatica raggiunga i levelli a cui possono comparire gli effetti tossici. L’andamento dell’accumulo e della eliminazione di un farmaco nel tempo durante un’infusione continua a velocità costante è per certi versi simile a quanto accade in seguito a somministrazioni ripetute, infatti l’infusione lenta può essere immaginata come tanti microboli; variando la velocità di infusione variamo il tempo per raggiungere lo steady state rimane invariato, ma cambia la concentrazione che viene raggiunta. Il metodo della concentrazione-bersaglio per la progettazione di un regime posologico razionale

Un regime posologico razionale si basa sull’assunto dell’esistenza di una concentrazione bersaglio (allo stato stazionario) a livello della sede d’azione, capace di produrre il desiderato effetto terapeutico (livello bersaglio); il livello bersaglio è importante perché definisce l’efficacia terapeutica e se il livello bersaglio per una terapia fosse superiore all’intervallo terapeutico (range di valori di concentrazione plasmatica in cui si fa terapia e che indica il margine di sicurezza) non posso continuare a usarlo. Nella maggior parte delle situazioni cliniche, i farmaci vengono somministrati in modo da mantenere un quantitativo dinamicamente fluttuante, ma stazionario (steady-state) di farmaco

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nell’organismo, cioè somministrando ogni volta un quantitativo di farmaco pari al farmaco eliminato dal momento dell’ultima somministrazione, qundi l’obbiettivo principale è il calcolo di una dose di mantenimento. La clearence è il parametro farmacocinetico più importante da prendere in considerazione nel definire un regime posologico razionale del farmaco allo steady-state. Allo steady-state la velocità di somministrazione del farmaco deve essere uguale alla velocità di eliminazione:

velocità di somministrazionesteady-state = velocità di eliminazionesteady-state = clearence x bersaglio

In questo modo, se il livello bersaglio del farmaco è conosciuto, sarà la clearence di quel particolare paziente a determinare la velocità di somministrazione ottimale del farmaco. Se il farmaco viene somministrato attraverso una via caratterizzata da una biodisponibilità inferiore al 100%, l’equazione deve essere modificata:

velocità di somministrazione = (clearence x bersaglio)/biodisponibilità

se vengono effettuate somministrazioni ripetute, la dose di mantenimento viene calcolata dalla:

dose di mantenimento = velocità di somministrazione x intervallo tra le dosi

la concentrazione allo steady-state ottenuta con un’infusione continua e la concentrazione media ottenuta con somministrazioni ripetute dipendono esclusivamente dalla clearence. Quando il tempo per raggiungere lo steady-state è apprezzabile, può èeesere utile somministrare una dose di carico in grado di far salire rapidamente la concentrazione plasmatica del farmaco fino alla concentrazione-bersaglio. Il volume di distribuzione è il fattore di proporzionalità che lega il quantitativo totale di un farmaco nell’organismo con la sua concentrazione plasmatica; se si impiega una dose di carico per raggiungere il livello bersaglio dall’equazione si ha: dose di carico = farmaco presente nell’organismo subito dopo la dose di carico = Vd x bersaglio

per la maggior parte dei farmaci, la dose di carico può essere somministrata come singola dose attraverso la via di somministrazione prescelta. Finora abbiamo trascurato il fatto che alcuni farmaci seguono cinetiche multicompartimentali, tuttavia, in alcuni casi la fase di distribuzione non può essere ignorata, in particolare per quanto riguarda il calcolo della dose di carico. Se la velocità dell’assorbimento è rapida relativamente alla distribuzione, la concentrazione del farmaco nel plasma che risulta da una dose di carico appropriata, calcolata in base al volume di distribuzione, può risultare nelle fasi iniziali considerevolmente più elevata di quanto desiderato. Possono insorgere gravi episodi di tossicità, sebbene in modo transitorio. Mentre la stima del quantitativo di farmaco da somministrare può essere abbastanza corretta, la velocità della somministrazione può essere talvolta cruciale nel prevenire eccessi di concentrazioni del farmaco ed è quindi quasi sempre una buona norma somministrare lentamente il farmaco per via endovenosa. Se il farmaco viene somministrato in dosi ripetute, la dose di carico calcolata dall’equazione raggiungerà soltanto la concentrazione media allo steady-state e non le concentrazioni di picco allo steady-state. Per raggiungere quest’ultima la dose di carico deve essere calcolata in base alla seguente equazione:

dose di carico = dose di mantenimento x fattore di accumulo

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Svantaggi: - brusca esposizione a grandi dosi di farmaco (tossicità acuta) - se lenta eliminazione allora esposizione prolungata ad alte concentrazioni Accumulo del farmaco

Quando le somministrazioni del farmaco vengono ripetute, il farmaco tenderà ad accumularsi nell’organismo fintanto che il regime non venga interrotto; se l’intervallo tra le somministrazioni è più corto di 4 emivite, si verificherà un accumulo (come già detto precedentemente). L’accumulo è inversamente proporzionale alla frazione della dose eliminata in ciascun intervallo tra le somministrazioni. La frazione eliminata è pari a 1 meno la frazione restante nel momento immediatamente precedente la somministrazione successiva. Questa frazione residua può essere stimata dall’emivita e dall’intervallo tra le somministrazioni. Il fattore di accumulo tiene conto di quale potrebbe diventare la concentrazione plasmatica quando non si tiene conto dell’emivita o più semplicemente come scegliere una dose per ottenere una determinata concentrazione plasmatica. 1 1

Fattore di accumulo = --------------------------------------------------------------- = ----------------------------------

(frazione eliminata in ogni intervallo tra le dosi) (1 – fraz. residua del farmaco)

Se la frequenza di somministrazione è pari a T1/2 allora dopo la prima somministrazione: Fattore di accumulo = 1/(1-0,5) = 2, quindi se si somministra ad ogni T1/2 allora la concentrazione plasmatica sarà doppia rispetto a quella che si otterrebbe con la dose singola quindi dose mant =

livello bersaglio (dose di carico)/2; conc plasm

ottenuta con dose somministrata x 2 = conc

bersaglio Alla seconda Fattore di accumulo = 1/(1-0,25) = 1.33 se si somministra ogni 2 emivite allora la dose di mantenimento dovrà essere maggiore perchè il fattore di accumulo è più piccolo quindi dose mant =

conc bersaglio (uguale al precedente)/1.33

Alla terza Fattore di accumulo = 1/(1-0,125) = 1.14 se si somministra ogni 3 emivite la dose di mantenimento sarà molto maggiore dose mant =

conc bersaglio/1.14 1 Dopo 4 emivite allora 94% farmaco eliminato = 1(1-0,06) = 1 quindi non c’è accumulo; dose mant = conc

bersaglio

Area Sotto la Curva (AUC)

In ogni istante la quantità di farmaco presente nell’organismo è uguale alla concentrazione plasmatica per il volume di distribuzione apparente, Q = C x Vd e la quantità eliminata nell’unità di tempo sarà Q x Kel = C x Vd x Kel e poichè abbiamo definito la clearence come volume di plasma “ripulito” nell’unità di tempo, come Cl = Vd x Kel, nell’unità di tempo eliminiamo C x Cl. Disegnamo ora la curva di concentrazione plasmatica rispetto al tempo. Per quanto appena detto, ogni valore della curva, moltiplicato per Cl, ci fornisce la velocità di eliminazione nel momento corrispondente; di conseguenza la somma dei valori della curva (AUC), moltiplicata per Cl, ci darà la somma di quanto è stato eliminato, l’area totale sottesa dalla curva, moltiplicata per Cl, dovrà

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darci la quantità totale di farmaco eliminata, che è ovviamente uguale alla quantità totale di farmaco assorbita (e somministrata, se la biodisponibilità è completa). In altre parole: D

Data la Dose D di un farmaco allora AUC = ------

Cl

AUC è l’integrale di infiniti trapezi tra T0 e Tx (quando non ci sono più molecole nell’organismo) AUC dipende però dalla via di

somministrazione. Solo nella via iv a bolo o

infusiva lenta AUC è massima (100%). Per

le altre vie ci possono essere delle riduzioni

nell’entità complessiva.

Il rapporto tra l’AUC ottenuta con una via di sommistrazione diversa da iv (es. os) e quella ottenuta con la via iv permette di quantificare la biodisponiobilità (F). L’unità di misura della biodisponibilità è quindi una percentale dell’AUC massima della via iv.

AUCos

F = --------- = x % (es. 76 %) AUCiv

Nelle somministrazioni ripetute si ha uno Steady State medio tra gli intervalli delle dosi (CSS) Se varia la clearance del paziente o il Vd allora varia AUC e quindi varia efficacia terapeutica del trattamento

Biodisponibilità

Più che l’assorbimento, che non è facile calcolare, è utile quindi la Biodisponibilità, cioè la quota

di farmaco che potenzialmente potrebbe raggiungere il sito d’azione, dato che è quella

realmente presente a livello plasmatici. Fattori che modificano l’assorbimento: solubilità del farmaco, velocità di dissoluzione, concentrazione, flusso sanguigno nel sito di somministrazione e superficie assorbente. Eccezion fatta per le vie intravascolare, la biodisponibilità per tutte le altre vie è inferiore al 100%, specialmente per la via orale. Il compartimento contrale si mette in equilibrio con i tessuti e anche con il compartimento recettoriale

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Esistono cicli di PROTERESI ed ISTERESI, processi dinamici chimico-fisici. Nell’isteresi quando la concentrazione plasmatica diminuisce si ha un effetto terapeutico maggiore e questo avviene sia per la presenza di più compartimenti (il farmaco scompare dal plasma ma perché c’è accumulo nel tessuto dove ci sono i recettori), per la formazione di composti ancora attivi in seguito a processi del metabolismo e infine per fenomeni di up-regolazione recettoriali. Nella protesesi, all’aumento della concentrazione plasmatica l’effetto incomincia a diminuire e questo avviene per tolleranza e site-fact ( farmaci con grande Vd vengono sequestrati nel SNC e poi all’aumento della concentrazione plasmatica iniziano ad essere rilasciati per essere riequilibrati con i grassi del corpo). Esiste per pochi farmaci, ma è da ricordare, l’EMIVITA CONTESTO DIPENDENTE ad esempio, per farmaci molto lipofilica, l’emivita aumenta con l’aumentare della durata dell’infusione, gli anestetici funzionano così, per cui si dà botta iniziale e poi scende.

Metabolismo dei farmaci Gli organi e gli enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci sono diversi: ∙ Enzimi extra-epatici microsomiali: (ossidazione, coniugazione); ∙ Enzimi epatici microsomiali: (ossidazione, coniugazione); ∙ Enzimi epatici non-microsomiali: (acetilazione, sulfazione, GSH, alcohol/aldeide deidrogenasi, idrolisis, ox/red). Ogni tessuto è in grado di metabolizzare i farmaci. Dipende dall’affinità del farmaco per gli enzimi presenti nei vari tessuti. Il fegato è quantitativamente l’organo principale per la maggior parte dei farmaci. Altri organi importanti sono il tenue, la cute ed i polmoni.

0

2

4

6

8

10

0

20

40

60

80

100

0 5 10 15 20 25

Concentrazione plasmatica

Effetto [% di EMAX]

Tempo (es. minuti)

Compartimento centrale

Compartimento periferico

Compartimento recettoriale

Effetto

Non-Steady State

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Dopo la somministrazione orale i farmaci possono essere metabolizzati dal tenue e soprattutto dal fegato. Se il fegato trasforma una grande quantità di farmaco in metaboliti (che hanno caratteristiche farmacologiche differenti), allora abbiamo l’effetto di 1° passaggio epatico Farmaci come il clonazepam, la clorpromazina hanno un effetto di 1° passaggio nel tenue; l’isoprenalina, la pentazocina, la morfina hanno un esteso effetto di 1° passaggio epatico Le conseguenze sono: - La limitazione della biodisponibilità

Di solito un esteso effetto di primo passaggio (biodisponibilità inferiore al 20-30%) obbliga ad utilizzare una via di somministrazione differente (sublinguale, iniettiva parenterale, rettale) La biodisponibilità è una costante farmacocinetica propria della via di somministrazione (correzione della dose) - La produzione di metaboliti

• Può condizionare la dose e la frequenza di somministrazione • Può condizionare la distribuzione • Puo far variare la velocità di eliminazione • Può rendere difficile la previsione del comportamento di nuovi farmaci da utilizzare in

combinazione In linea generale il metabolismo di un farmaco provoca:

• Trasformazione di una sostanza lipofila in una molecola più idrofila e, quindi, più idrosolubile (ionizzata e/o carica), allo scopo di renderla difficilmente diffusibile attraverso le membrane ed i tessuti (non si distribuisce) e soprattutto più facilmente eliminabile per via renale.

• Il metabolismo agisce mediante l’introduzione nella molecola di: - Gruppi idrofili (reazioni di fase I o funzionalizzazione) - Coniugazione con molecole idrofiliche (reazioni di fase II) - Entrambe le precedenti Definizione: trasformazioni chimiche che il farmaco subisce prima di essere eliminato e per essere eliminato • I PRO-FARMACI sono composti che diventano

biologicamente attivi (FARMACI) solo dopo essere stati metabolizzati

• Tranne alcune eccezioni (farmaci escreti immodificati nelle urine o nella bile), la grande maggioranza dei farmaci viene metabolizzata nel fegato ad opera di enzimi di fase I e/o di fase II e poi eliminata come metabolita

• I metaboliti (prodotti della trasformazione enzimatica) possono essere: - attivi dotati di attività biologica ed effetto terapeutico simile a quella

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del farmaco somministrato - attivi dotati di attività biologica differente dal farmaco

(effetti collaterali) - inattivi.

L’emivita di principi attivi che hanno dei metabolici NON tiene conto comunque della concentrazione dei metabolici e comunque dell’effetto

FASE I

Dal punto di vista chimico, sono reazioni di: ossidazione, riduzione, idrolisi, idratazione, detioacetilazione e isomerizzazione, nel 90% dei casi sono reazioni RED-OX che coinvolgono il Cyp450, alcune tramite FAD o idrolisi citoplasmatica.

• Hanno la finalità di inserire o mettere in evidenza nel substrato, gruppi funzionali di legame, ad es., un OH, che possono essere anche necessari per le reazioni di fase II.

• Per mezzo di queste reazioni enzimatiche, si forma un composto sostanzialmente più

idrosolubile rispetto al farmaco di partenza • I metaboliti di fase I possono essere attivi od inattivi • Presentano possibilità di saturazione (limitare velocità del metabolismo), interferenza ed

interazione FASE II

Dal punto di vista chimico, sono reazioni di coniugazione come: glucuronoconiugazione, sulfatazione, metilazione, acetilazione, coniugazione con aminoacidi, coniugazione con glutatione, coniugazione con acidi grassi.

• La fase I solitamente produce i gruppi funzionali utili per la fase II di coniugazione con le molecole sopra riportate.

• Per mezzo di queste reazioni enzimatiche, la molecola assume nette caratteristiche di

idrosolubilità e di significativa ionizzazione al pH fisiologico dell’organismo utili per accelerarne l’eliminazione (la forma ionizzata è sempre prevalente mentre la componente liposolubile non influenza più la solubilità della molecola)

• La molecola perde completamente le caratteristiche farmacologiche (non è riconosciuto dal recettore, non si distribuisce, è subito eliminato o per via renale o biliare)

Il più importante sistema enzimatico ossidativo è rappresentato dalle mono-ossidasi a funzione

mista. Sono presenti prevalentemente nei microsomi (reticolo endoplasmico ER) delle cellule del fegato, rene, polmone e intestino (altre e diverse ossidasi a funzione mista sono localizzate nei mitocondri e sono coinvolte, ad es., nel metabolismo degli steroidi endogeni.) I Citocromi CYP-450 NADPH dipendenti sono i sistemi fondamentali per l’ossidazione dei

farmaci: idrossilazione del substrato conseguente alla diretta incorporazione di ossigeno attivo. Esistono diverse isoforme, raggruppate in famiglie CYP450 (5 sono le più importanti) in grado di metabolizzare i farmaci. Farmaci e xenobiotici possono indurre o inibire l’attività di alcune

isoforme di CYP450. Reazioni di monoossidazione mediate dal citocromo P450 (Cytochrome P450 o CyP450 o CYP) Esempi: Formazione di metaboliti polari inattivi (Fenobarbital), Formazione di metaboliti attivi

(Ciclofosfamide), Formazione di metaboliti tossici (Acetaminofene o paracetamolo).

Nell’uomo ci sono almeno 50 differenti CYPs. Essi sono coinvolti fisiologicamente nella autoregolazione della funzione vascolare (nel cervello), nel catabolismo di prodotti cellulari, nella formazione di mediatori endogeni. Sono fondamentali nella formazione di colesterolo, steroidi ed alcuni metaboliti dell’acido arachidonico.

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Ci sono almeno 49 geni e 15 pseudogeni che codificano per i differenti CYPs. Le CYPs sono ISOFORME, cioè hanno funzione simile ma sono differenti proteine (con un sito catalitico lievemente differente tanto che ognino metabolizza solo alcuni composti) codificate da geni differenti. Si suddividono in:

• famiglie di CYPs, cioè geni che hanno almeno il 40% di omologia di sequenza. Ci sono almeno 74 famiglie di CYPs, nell’uomo almeno 18

• sottofamiglie, i membri di una sottofamiglia hanno almeno il 55% di identità di sequenza aminoacidica (almeno 42 nell’uomo)

• geni individuali, che sono almeno 57 nell’uomo Uomo: 18 famiglie di CYP450, con 42 sottofamiglie e 57 geni individuali

Sono state identificate almeno 18 famiglie di CYP nell’uomo, suddivise per omologia di sequenza della proteina. La maggioranza degli enzimi metabolizzatori appartengono alle famiglie CYP 1, 2, 3 e di queste famiglie 5 isoenzimi metabolizzano quasi tutto: 1A2, 2C8, 2D6, 3A4, 2C19. I CYPs hanno un peso molecolare di 45-60 kDa e frequentemente due o più enzimi catalizzano lo stesso tipo di ossidazione. Si ha, quindi, ridondanza ed uno spettro ampio di substrati che sono riconosciuti da ogni singolo enzima! CYP3A4 metabolizza molti farmaci: è presente soprattutto nel tratto gastrointestinale (tenue e fegato) ed è responsabile della bassa biodisponibilità di molti farmaci! Una caratteristica importante degli enzimi di biotrasformazione è che la loro attività può aumentare in seguito al metabolismo di sostanze estranee (farmaci, pesticidi, etanolo etc) soprattutto per trattamenti prolungati. L’effetto è detto INDUZIONE ENZIMATICA ed è il risultato di un aumento della sintesi degli enzimi di biotrasformazione (eventi a livello trascrizionale) e anche di una stabilizzazione della struttura con riduzione della loro degradazione; inoltre è un meccanismo lento e spesso non farmaco specifico. Alcuni farmaci sono INDUTTORI del metabolismo aumentando l’attività metabolica di una o più famiglie di CYP450. L’aumento dell’attività metabolizzante indotta da un farmaco si manifesta con un aumento della velocità di metabolizzazione per quel determinato farmaco e di altri composti, non strutturalmente correlati, che sono substrato dell’enzima che è stato indotto. Ne consegue che il farmaco nel tempo (e gli altri substrati dell’enzima indotto) sarà metabolizzato sempre più rapidamente (meno effetto) e, a meno che non dia luogo a metaboliti attivi, potrà essere necessario

aumentare la dose del farmaco per ottenere lo stesso effetto farmacologico. Questo fenomeno è alla base della tolleranza metabolica ed è alla base di molte interazioni tra farmaci. Induttori noti del metabolismo dei farmaci: • Farmaci come: FENOBARBITAL e altri barbiturici, RIFAMPICINA, fenilbutazone, etc. • ETANOLO • Insetticidi/pesticidi come: DDT, aldrin, lindano • Idrocarburi policiclici aromatici: benzopirene, 3-metilcolantrene etc • Idrocarburi alogenati: TCDD (contaminanti di erbicidi e defolianti) Fenobarbital è un barbiturico sedativo/ipnotico, ormai utilizzato solo per trattare certe forme di epilessia. E’ un potente induttore del metabolismo epatico. Nell’animale, fenobarbitale e pentobarbitale sono ipnotici potenti : dopo trattamento con dose X di pentobarbital, il ratto dorme per circa 90 min. Se pretrattiamo l’animale con fenobarbital per 48 ore e poi somministriamo la stessa dose X di pentobarbital, l’animale dorme molto meno – circa 30 min (riduzione 60-70% circa). Questo perché il fenobarbital induce il metabolismo epatico e fa sì che il pentobarbital sia metabolizzato più rapidamente (per cui nell’organismo il farmaco attivo rimane meno a lungo). In corso di terapia antiepilettica con fenobarbital nell’uomo, è importante controllare la barbituremia ed eventualmente aumentare la dose di fenobarbitale per mantenere l’attività terapeutica.

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Gli Orphan Nuclear Receptor (PXR, CAR) sono i regolatori dell’espressione dei geni coinvolti nella metabolizzazione dei farmaci.

Diverse sostanze sono in grado di inibire selettivamente alcuni isoenzimi del CYP450 (ad es. il CYP2D6), quindi numerose sostanze sono in grado di inibire il metabolismo di altri composti anche non correlati; inoltre è un meccanismo veloce e farmaco specifico. Il fenomeno può avvenire con meccanismi quali: • distruzione di enzimi preesistenti • inibizione della sintesi di enzimi o loro inattivazione • per competizione con i siti attivi dell’enzima L’inibizione del metabolismo fa sì che quel determinato composto venga ad essere più lentamente metabolizzato: si potranno avere più elevati livelli plasmatici del farmaco e potrà essere necessario ridurre la dose del farmaco per evitare problemi di tossicità e sovradosaggio. Si può rallentare la formazione di metaboliti attivi, Si può avere blocco del metabolismo di molecole endogene (es. cimetidina blocca il metabolismo di substrati endogeni come il testosterone provocando nel maschio ginecomastia, atrofia testicolare, e nella femmina galattorrea, irsutismo).

t

[ ]pl

monoterapia

Associazione con un farmaco inibitore del CYP

t1/2 t’ 1/2

DDaa ssoolloo ((tt11//22==4477 ))oorree

++ rriiffaammppiicciinnaa ((tt11//22==1188 oorree)) ddooppoo aallccuunnii ggiioorrnnii

tt ((oorree)) 11

11

66

[ ]pl (uM)

Warfarin 5 umol.kg-1

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IL MECCANISMO E’ TRASCRIZIONALE PER L’INDUZIONE, MENTRE PER L’INIBIZIONE è ENZIMATICO. Competezione tra due substrati dello stesso CYP (K affinità): es norfluoxetina vs nifedipina su CYP3A4.; competizione tra due sostanze di cui una non è metabolizzata dall’enzima; inattivazione dell’enzima (inibitore suicida o inibitore potente. es ketoconazolo su CYP3A4), legame con l’eme del citocromo (cimetidina e ketoconazolo). Possibilita’ di potenziamento dell’efficacia! Sostanze che modificano il metabolismo dei farmaci formando complessi con CYPs:

• Succo di pompelmo – inibitore CYP 3A4 intestinale; effetti variabili; le molecole coinvolte sono poco note

• Isosafrolo, safrolo – inibitori CYP1A1, CYP1A2; trovati in alcuni tipi di birra, in alcuni profumi • Piperonil butossido & alcohol – induttori CYP1A1, CYP1A2 ; presenti in insetticidi e bevande Il succo di pompelmo come esempio: La contemporanea assunzione di succo fa alzare il picco plasmatico (Cmax) del farmaco assunto per via orale (ciclosporina, terfenadina, alprazolam, etc). Modifica il rapporto delle AUC metabolita/farmaco. Il succo riduce l’attività enzimatica intestinale perchè riduce del 62% l’attività diCYP3A4 e 3A5; Le furanocumarine come il 6’,7’-diidrossibergamottino sono responsabili dell’effetto inibente del succo. Non è attivo a livello epatico, dato che la somministrazione i.v. del farmaco contemporaneamente all’ingestione di succo non produce una modificazione della farmacocinetica del farmaco. Gli effetti inibitori durano circa ~4 h, e richiedono una neo-sintesi degli enzimi; Vi sono effetti cumulativi (fino a 5xCmax) e molto variabili tra i diversi individui che sono dovuti ai livelli basali costitutivi soprattutto di 3A4. Fattori che possono modificare il metabolismo dei farmaci: Variazioni interindividuali, Fattori legati ad età, Fattori legati al sesso, Fattori patologici, Dieta, Fumo, Fattori ambientali. Le variazioni in caso di induzione o inibizione metabolica si notano di più se la finestra terapeutica è più stretta infatti sarà più facile raggiungere concentrazioni tossiche in caso di inibizione e concentrazioni inefficaci in caso di induzione. Variazioni interindividuali: nell’uomo, esistono grosse differenze nel metabolismo. La popolazione può essere suddivisa in subpopolazioni su base genetica. Solitamente vi è una componente genetica legata all’espressione degli alleli. Sono tratti autosomici recessivi (polimorfismo genetico). Un esempio classico è l’acetilazione (fase II) della isoniazide “acetilatori rapidi” o “acetilatori lenti”. Ben documentata anche l’ossidazione della debrisochina (fase I) (metabolizzatori rapidi o lenti) e le pseudocolinesterasi plasmatiche che aumentano il T1/2 della succinilcolina. E’ rilevante in anestesiologia. Individui diversi possono avere diverse basi nucleotidiche all’interno di un gene; questi polimorfismi possono essere ricondotti a comportamenti diversi nel metabolismo dei farmaci. Fattori legati al sesso: di grande importanza negli animali per la sperimentazione preclinica (richiesti sia maschi che femmine). Nella specie umana sono state riportate differenze tra l’uomo e la donna nei parametri farmacocinetici di alcuni farmaci. E’ dovuto ad una differente metabolizzazione di ormoni sessuali con coinvolgimento di differenti CYPs Fattori patologici: ovviamente, patologie epatiche quali cirrosi, epatopatia alcolica, epatite virale ed epatoma modificano il metabolismo. In corso di queste patologie è spesso necessario ridurre la dose di farmaco. Fattori legati ad età: capacità di metabolizzare i farmaci è molto bassa alla nascita, cresce con l’età, raggiunge massimi livelli nell’adulto e diminuisce nell’anziano (nell’anziano si aggiunge una diminuita attività degli emuntori renali).

• Gli androgeni modificano il metabolismo di etanolo, propanololo, salicilati.

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• Il feto metabolizza diversamente dalla madre: possibile formazione di metaboliti tossici o concentrazione nel feto di farmaci non metabolizzati; nel bambino non c’è il 2E1 � no metabolismo di caffeina e alcool

Fattori legati all’età : La funzionalità renale del neonato, misurata come filtrazione glomerulare o secrezione tubulare, normalizzata all’area di superficie corporea, è circa il 20% di quella misurata nell’adulto. Questa si sviluppa fino ad arrivare ai livelli dell’adulto in circa 1 settimana (nel prematuro il processo è più lento). Dall’età di 20 anni la funzionalità renale comincia a diminuire. Si riduce di circa il 25% a 50 anni e del 50% all’età di 75 anni. Nel neonato l’ossidasi microsomiale epatica, la glucuroniltransferasi e l’acetiltransferasi (metabolismo epatico fase II) e le esterasi plasmatiche hanno attività molto ridotta rispetto agli adulti. Arrivano ai livelli dell’adulto in circa 8 settimane (sindrome del bambino grigio da cloramfenicolo!) Dieta: la mancanza di minerali (Ca, Cu, Fe, Mg, Zn) e di alcune vitamine (C, E e complesso B) riduce la velocità del metabolismo. Cavoletti di Brussels e cibi cotti alla brace possono indurre attività di CYP1A2 (es. aumentano il metabolismo di caffeina). Succo di pompelmo può inibire CYP 3A4 (che metabolizza antidepressivi, benzodiazepine, antifungini, terfenadina etc) Fumo: induce attività di CYP1A2 (produzione di benzopirene e amine aromatiche) ed aumenta il metabolismo di alcuni farmaci Fattori ambientali: inquinanti come TCDD (tetraclordibenzopara-diossina), solventi, benzene, DDT etc possono modulare attività metabolica, inducendo alcune isoforme e inibendone altre. Biotrasformazioni non mediate da CYP: Ossidazioni, Idrolisi, Coniugazione (Fase 2)

Le principali reazioni di coniugazione

• Glucuronidazione (alta efficienza) • Sulfatazione (bassa efficienza) • Acetilazione (capacità variabile)

Altre reazioni di coniugazione: O-Metilazione, S-Metilazione, Coniugazione con aminoacidi (glicina, taurina, glutatione) Gli enzimi di Coniugazione presentano frequenti polimorfismi

Ossidazioni non mediate da CYP: Monoamino Ossidasi (MAO), Diamino Ossidasi (DAO) - MAO (mitocondriale) deamina in modo ossidativo substrati endogeni tra i quali neurotrasmettitori (dopamina, serotonina, norepinefrina, epinefrina) Alcohol & Aldeide Deidrogenasi – enzimi non specifici presenti nel citoplasma di cellule epatiche Xantina Ossidase - converte ipoxantina in xantina e quindi in acido urico. Substrati sono teofillina, 6-mercaptopurina. Allopurinolo è substrato e inibisce la xantina ossidasi e funziona da inibitore rallentando il metabolismo di altri farmaci Conseguenze generali del metabolismo:

• Tolleranza: la stessa dose di farmaco perde gradualmente il proprio effetto. Bisogna aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto; ma se è vero che l’effetto terapeutico si riduce non è vero che si riducono anche gli effetti tossici (gioco al rialzo). Per far ritornare il sistema alla normalità ci vogliono da 3 settimane a 6 mesi

• Tachifilassi: è una tolleranza elevata che si manifesta velocemente, già alle prime dosi. E’ dovuta di solito, a caratteristiche genetiche (metabolismo, recettori), non scompare con l’aumento della dose (indipendente dalla dose) e rende il paziente subito insensibile al trattamento

• Idiosincrasia: è un effetto insolito, spesso tossico, che si manifesta in pochi individui • Ipersensibilità: si osserva un elevato effetto anche a bassi dosaggi che aumenta in modo

esponenziale con l’aumentare della dose, fino a divenire rapidamente tossico

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• Iposensibilità: si osserva un basso effetto anche ad elevati dosaggi che aumenta in modo poco significativo con l’aumentare della dose

Reazioni avverse ai farmaci: Adverse Drug Reactions (ADR)

In Europa 5-20% dei pazienti ammessi in ospedali soffrono di reazioni avverse; >100 000 morti all’anno negli USA e quarta causa di morte dopo malattie cardiovascolari, tumori e ictus (Lazarou et al, JAMA 1998; 279: 1200-1205). La variabilità individuale nelle risposte ai farmaci è dovuta a fattori:

• Fisiologici: età, sesso, peso corporeo • Patologici: malattie, livello di funzionalita’ epatica o renale • Ambientali: dieta, alcool, tabacco, altri farmaci • Genetici: polimorfismi. Varianti alleliche presenti in >1% della popolazione, dovute a

– sostituzioni di singole basi – Inserzioni – Delezioni – variazioni nel numero di tandem repeats

Il tipo piu’ comune sono Single Nucleotide Polimorphisms (SNPs) Geni che influenzano la risposta al farmaco

Geni codificanti per proteine coinvolte nella biodisponibilità del farmaco (farmacocinetica): trasportatori ed enzimi del metabolismo Geni codificanti per il bersaglio terapeutico del farmaco (farmacodinamica): Recettori, Canali ionici, Enzimi, Proteine regolatrici.

Interazione Farmaco-Recettore La maggioranza dei farmaci interagisce specificamente e selettivamente con macromolecole di natura proteica presenti sulla superficie o all’interno della cellula, che prendono il nome di recettori. In farmacologia, si definiscono recettori in senso lato: • recettori veri e propri • enzimi (es. penicillina, ac.acetilsalicilico) • canali ionici (es. Ca antagonisti) • acidi nucleici (alchilanti antitumorali) • proteine strutturali (colchicina, tassoli) Molecole differenti possono agire sulla stessa molecola a differenti livelli (es. sul recettore per GABA agiscono sia barbiturici che benzodiazepine) e più è alta la dose di farmaco e meno è specifico il legame. La presenza del recettore permette di: - agire in modo selettivo su un organo o tessuto (selettività di interazione) - agire a concentrazioni molto basse (da 10-5M e oltre, fino a 10-10M) - modulare una risposta biologica in modo accurato e prevedibile Esistono molecole con attività terapeutica che non utilizzano il recettore per agire: - antisettici generici - H2O2 – bicarbonato - alcuni lassativi osmotici - saponi e surfattanti - diuretici osmotici. Non sono comunque selettive, non sono organo-specifiche, funzionano solo in dosi molto elevate (grammi) e non sono quindi veri e propri farmaci. Possono legare anche tessuti e proteine plasmatiche senza indurre effetti biologici; funzioni di trasporto/deposito. I recettori specifici sono stereoselettivi: solitamente un recettore riconosce entrambi gli isomeri, ma uno solo è in grado di indurre l’attività del recettore in modo significativo (100-1000 volte più

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efficace). Isomero ottico è dato da un carbonio con 4 sostituenti differenti, uno con attività Levo e l’altro Destro. In natura, solitamente l’isomero L è quello attivo. Nella forma farmaceutica spesso sono presenti entrambi (miscela racemica o racemo). Stereoselettivo = preferenza per uno stereoisomero Stereospecificità = tutta l’attività risiede in un singolo isomero I recettori hanno farmaci agonisti e antagonisti specifici che hanno alta affinità, comparabile a quella dei ligandi endogeni. Solitamente funzionano in un range di concentrazioni micromolare (10-6 M) o nanomolare (10-9 M). Possono esistere farmaci che legano in modo irreversibile il recettore, formando un complesso. Per fare funzionare nuovamente quella via recettoriale, bisogna aspettare che si riformi nuovo recettore (ore o giorni). Solitamente il legame e quindi l’effetto recettoriale è stechiometrico, prevedibile e reversibile. Possono esistere sullo stesso recettore più siti di legame (es. recettore nicotinico o GABAa) L’interazione FARMACO - RECETTORE può essere così schematizzata:

Rec + Xfarm �

RX �

RX* RX ha una conformazione differente che produce la risposta biologica RX ⇒ (RX *) ⇒ ⇒ ⇒ (evento biochimico intracellulare) ⇒ ⇒ effetto finale � Ka costante di affinità/associazione, più è grande e minore è la quantità di farmaco somministrata; Kd costante di dissociazione, è l’inverso di Ka K di associazione dice: - farmaco e recettore si legano bene/male - recettore è molto/poco stimolato - quantità di farmaco necessaria per avere una risposta recettoriali Riassumendo ulteriormente: • il legame dei farmaci ai recettori segue necessariamente la legge dell’azione di massa • all’equilibrio, la relazione tra occupazione recettoriali e concentrazione del farmaco è descritta

dall’equazione di Hill-Langmuir • maggiore è l’affinità del farmaco per il recettore, minore sarà la concentrazione che permette di

raggiungere un certo livello di occupazione recettoriali • gli stessi principi sono applicabili nel caso di due o più farmaci in competizione per i medesimi

recettori; ciascuno di essi ridurrà l’affinità apparente degli altri Se i legami sono di tipo covalente, allora sono irreversibili: le tossine, gli inibitori suicidi (farmaci, es. inibitori di pompa protonica per l’ulcera) ed alcuni contaminanti ambientali agiscono in questo modo. In condizioni fisiologiche, questo tipo di legame non si scinde più o ci vuole molto tempo. Si può verificare: - attivazione continuativa del recettore - blocco del recettore - la cellula smette di sintetizzare il recettore (down-regolazione)come meccanismo di difesa; Bisogna aspettare che si riformi nuovo recettore (sintesi proteica) Se una molecola reversibile è presente in quantità elevate in prossimità del recettore, vi è una situazione molto simile a quella di legame irreversibile e si può andare incontro agli stessi problemi. E’ necessaria una concentrazione adeguata compresa nelle dosi previste dall’indice terapeutico. Nel sito recettoriale, se lontano dal torrente ematico, vi sarà una quota proporzionale a quella plasmatica. Questa quota deve essere sufficiente a stimolare in modo adeguato il recettore. Se la dose è troppo elevata si ha sovrastimolazione e soprattutto possibili effetti aspecifici su altri sistemi recettoriali (A + C).

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Il legame farmaco-recettore è mediato da legami deboli (legami ionici, ponti idrogeno, attrazioni di van der Walls). A = Farmaco; C = Recettore con parziale affinità; B = recettore solubile; D = Recettore specifico per il farmaco

METODI DI STUDIO DEI RECETTORI A) Studio delle curve concentrazione-risposta (in vitro) o dose risposta (in vivo). Sono metodi quantitativi: - determino specificità per il recettore - determino se è agonista o antagonista - determino potenza ed efficacia B) Studio dell’interazione diretta farmaco-recettore (studi di binding cioè di legame). Sono metodi qualitativi e quantitativi - determino l’affinità - determino la localizzazione dei recettori - non distinguo tra agonisti e antagonisti e non valuto gli effetti biologici C) Isolamento, purificazione o clonazione del recettore. Determino la biologia dell’interazione farmacologica: - struttura molecolare (clonazioni, mutazioni, splicings alternativi) - funzioni del recettore (animali knock out, transgenici) La maggior parte dei farmaci ha sottotipi recettoriali che devono essere individuati al fine di disegnare farmaci sempre più selettivi. L’occupazione recettoriale è alla base della risposta. Più recettori sono coinvolti, più risposta è osservabile. Durante gli studi fatti riguardo alle caratteristiche dell’interazione farmaco-recettore, si è visto che all’equilibrio, il numero di legami che si formano è uguale al numero di legami che si dissociano, quindi si può affermare che:

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L’isoterma (a 37°C) di legame, che è l’equazione fondamentale che correla la concentrazione di farmaco alla concentrazione del complesso farmaco-recettore, formalmente è uguale all’equazione di Michaelis-Menten, infatti, in un grafico in scala aritmetica, la curva ha un andamento a IPERBOLE RETTANGOLARE. La velocità qui non è costante, non è una cinetica di ordine 0, ma di ordine 1 perché dipende dalla [ ]. La quantità di farmaco legato al recettore, dipende direttamente da [ ] e Kd, la quale descrive la potenza del farmaco: tanto più un farmaco è affine, tanto meno ne serve per avere legame, quindi tanto più il farmaco è potente e più ripidamente sale la curva. Quando ho legato il 50% dei recettori presenti, vuol dire che ho usato un numero di molecole corrispondente a Kd. conoscendo Kd posso anche valutare quanto è in grado di legare il recettore in confronto al suo ligando endogeno (il farmaco deve avere un’affinità simile) Se trasformo l’ascissa in log, ottengo una semilogaritmica della isoterma di legame, ottengo curva SIGMOIDE, dove la maggioranza della curva è una retta. In questo tratto la pendenza dice: - la metà della retta è la Kd - si determina facilmente un valore di legame il tratto rettilineo ci dice: - relazione tra effetto del farmaco e [ ] - da min a max visibile - range di [ ] in cui il farmaco è attivo La visione in questo modo è più accurata, la pendenza della retta mostra l’andamento del legame, meglio del tutto o nulla dove a piccole ∆ di dose ho tutto o nulla. La pendenza è un indice di maneggevolezza: maggiori Δ di dose e minori Δ di effetto, ho un ampio margine di [ ] in cui giocare � farmaci maneggevoli ci danno maggiore sicurezza. Si è visto che nei sistemi biologici, se una risposta è compresa tra due logaritmi (10-8 M < x < 10-6 M), è molto simile a quella del ligando endogeno A concentrazioni elevate di farmaco, la curva tende a RT, ma in biologia non ci possono essere asintoti, quindi, in linea teorica descrive il punto con completa interazione farmaco-recettore. OGNI SOTTOTIPO RECETTORIALE HA LA PROPRIA Kd.

L’isoterma di legame e le sue trasformazioni lineari permettono quindi di ricavare i parametri dell’interazione farmaco-recettore: RT corrisponde al valore dell’asintoto a cui la curva tende, mentre Kd, numericamente indica la concentrazione di farmaco necessaria per saturare il 50% dei siti di legame presenti, cioè è pari alla concentrazione di farmaco libero quando la quantità di recettore legato e non legato sono, all’equilibrio, uguali. POTENZA DEL FARMACO: quantità di farmaco necessaria per raggiungere il 50% dell’effetto massimo; solitamente quando si fa terapia non si arriva mai a effetto massimo, ma al 50%. EFFICACIA: concentrazione alla quale si raggiunge l’effetto massimo; farmaco più potente sposta la curva verso sinistra, quindi il 50% dell’effetto massimo viene raggiunto prima.

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L’equazione fondamentale che regola l’interazione farmaco-recettore può essere trasformata linearmente in vari modi per ottenere grafici rettilinei, che rendono più facile l’interpolazione di dati sperimentali e la più usata tra le trasformazioni lineari è sicuramente quella secondo Scatchard:

L’utilità di Schatchard risiede anche nel fatto che è possibile studiare l’effinità di un farmaco per il suo recettore ed individuare se è presente eterogeneità recettoriali, infatti, la maggior parte dei farmaci ha sottotipi recettoriali che devono essere individuati al fine di disegnare farmaci sempre più selettivi. In presenza di sottotipi recettoriali multipli che differiscano fra loro per affinità e/o numero, le curve di interazione farmaco-recettore risultano modificate, mentre in presenza di un singolo tipo di recettori la curva si estende sull’asse delle ascisse per circa 2 ordini di grandezza, quando siano presenti due o più sottotipi recettoriali tale curva diviene meno ripida e più estesa, eventualmente con un visibile punto di flesso intermedio. Nel caso in cui i dati sperimentali siano rappresentati secondo il grafico di Scatchard, la differenza risulta molto netta: il grafico, rettilineo in presenza di un solo recettore, diventa curvilineo:

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Farmaci diversi possono competere per il legame ad uno stesso recettore

Quando due molecole di farmaci diversi si presentano ad ‘un’unica molecola recettoriali, solo uno dei due farmaci può legarsi. Se il legame è reversibile, una gara si instaurerà tra i due farmaci per occupare il recettore. Nel tempo, il farmaco che ha occupato più a lungo il recettore sarà quello che si lega più rapidamente e/o si distacca più lentamente: quindi il farmaco con maggiore affinità. Se a contrastare il legame del farmaco affine mettiamo una grossa quantità di farmaco poco affine, otterremo il risultato di aumentare le probabilità dell’incontro tra il recettore e il farmaco poco affine e di ridurre la proporzione di tempo in cui il farmaco affine è legato � questo scenario viene detto competizione. Perché tra due farmaci esista competizione, occorre che il legame con il recettore sia reversibile. La competizione determina uno spostamento delle curve di legame e quindi una riduzione apparente dell’affinità. Aspetti quantitativi delle risposte ai farmaci: analisi delle curve dose-risposta

La relazione fra concentrazione di un farmaco e il grado di risposta ottenuto prende il nome di curva concentrazione-risposta. Quando la sperimentazione venga condotta in vivo, l’effetto viene messo in relazione con la dose di farmaco somministrata, espressa in peso del farmaco per peso corporeo (ad es. mg/Kg); e la relativa curva viene chiamata dose-risposta. L’analisi delle curve concentrazione-risposta o dose-risposta in base alla teoria dell’interazione farmaco-recettore è uno dei modi per ottenere informazioni su tale interazione iniziale. Le risposte farmacologiche possono essere classificate come:

a. RISPOSTE GRADUALI: sono misurabili in continuo, ovvero la risposta può assumere valori progressivi all’aumentare della dose e tendendo asintoticamente ad un valore massimo (es: la forza di contrazione di un muscolo)

b. RISPOSTE NON MISURABILI IN CONTINUO, MA CHE SI POSSONO CLASSIFICARE

E ORDINARE CON UN VOTO (SCORE) O UNO STADIO (STAGE): es: la formazione di ulcere, dolore

c. RISPOSTE TUTTO O NULLA (QUANTALI): in questo caso esistono solo due casi possibili di risposta. Questa suddivisione non implica differenze nei meccanismi di accoppiamento fra il recettore e la risposta, ma in generale dipende da quale parametro si sceglie di valutare come risposta farmacologia, o dalla sensibilità degli strumenti di misura. Es: la morte, la remissione completa di una malattia.

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Soprattutto nel caso di risposte tutto-o-nulla, generalmente, si esprime la relazione tra dose e risposta indicando il numero di individui in una popolazione (frequenza) per cui si verifica quel determinato evento. in questo caso la curva può prendere la forma di un istogramma delle frequenze, oppure di una curva cumulativa.

Relazioni fra interazione farmaco recettore e risposta

La teoria dell’occupazione ipotizza che l’effetto (Δ) di un farmaco sia direttamente proporzionale al grado di occupazione del recettore, e quindi alla [RX] del complesso farmaco-recettore:

Δ = k[RX] Quindi il numero di recettori coinvolti e il tempo medio per il quale sono stimolati sono proporzionali alla concentrazione del farmaco nel sito recettoriale (proporzionale alla concentrazione plasmatica e funzione di Vd). l’effetto massimo si otterrà quando tutti i recettori presenti siano occupati, e pertanto:

Δmax = k[RT] dalle equazioni precedenti si ricava facilmente l’equazione che lega l’effetto alla concentrazione del farmaco:

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E’ importante ribadire che quest’equazione vale soltanto se: a. la reazione di interazione farmaco-recettroe è una reazione reversibile b. è stato raggiunto l’equilibrio c. i recettori sono tutti omogenei d. l’interazione è stechiometrica, cioè una molecola di farmaco si lega ad una molecola di

recettore e. i recettori sono indipendenti l’uno dall’altro, cioè l’occupazione di uno di essi non influenza la

capacità degli altri di essere occupati Nelle condizioni in cui è valida l’ipotesi dell’occupazione, la curva dose-risposta coincide esattamente con la curva di interazione farmaco-recettore costruita con esperimenti di binding, dove EC50 = Kd. Le curve dosa-risposta prendono la forma di una sigmoide simmetrica attorno al valore di EC50 (o ED50) in un grafico semilogaritmico:

Le curve dose-risposta di tipo semi-logaritmico godono di alcune proprietà che ne rendono l’utilizzo più conveniente delle curve aritmetiche: - farmaci selettivi per lo stesso recettore disegnano curve parallele in funzione della loro Kd - la separazione costante tra le curve è una misura del rapporto di POTENZA fra i diversi

farmaci - se il farmaco interagisce con un solo tipo di recettore, la curva dose-risposta si sviluppa

all’incirca in due ordini di grandezza, e più precisamente l’effetto varia dal 10 al 90% del massimo per variazioni di [ ] di 100 volte

- una curva che si sviluppi in più di due ordini di grandezza indica generalmente l’interazione del farmaco con vari tipi di recettori

- la pendenza del tratto rettilineo della curva dose-risposta è un indice della maneggevolezza clinica del farmaco, più la pendenza della retta è piccola (meno ripida), più il farmaco è MANEGGEVOLE

- se la risposta avviene entro 1 logaritmo, allora la risposta è detta tutto-nulla, il farmaco è poco maneggevole e difficilmente modulabile

Dalla teoria dell’occupazione, si ricava che Δ � Δmax per [x] � ∞ (cioè l’effetto tende asintoticamente all’effetto massimo al crescere della concentrazione del farmaco) e che la EC50 è numericamente identica alla Kd. nell’ipotesi dell’occupazione, EC50 = Kd, cioè EC50 costituisce una misura diretta dell’affinità del farmaco per il recettore. la posizione di una curva sull’asse delle

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ascisse, che può essere individuata attraverso la EC50 rispecchia la potenza di un farmaco, caratteristica che, in base a quanto appena discusso, è correlata all’affinità. L’ipotesi dell’occupazione nella sua forma più semplice non rende conto di alcuni fenomeni che si verificano : - la curva dose-effetto e la curva di interazione farmaco-recettore non coincidono - esistono farmaci che, pur occupando un determinato recettore, producono una risposta

inferiore ad altri che occupano lo stesso recettore (AGONISTI PARZIALI) oppure non producono nessuna risposta (ANTAGONISTI)

Se non vi è corrispondenza tra la curva dose-risposta e farmaco-recettore, allora ci sono altre variabili da considerare. Si verifica spesso il caso in cui la curva dose-risposta si trova a sinistra della curva di interazione farmaco-recettore e meno frequentemente alla sua destra. Il primo caso accade quando si raggiunge la risposta massima del sistema in esame avendo occupato soltanto una frazione dei recettori presenti; in questo caso, i restanti recettori vengono definiti “recettori di riserva”. I recettori di riserva non servono per avere effetto massimo, ma sono importanti per quei tessuti dove sono presenti recettori con DESENSITIZZAZIONE, come nel SNC, dove quando si spengono alcuni, intervengono altri e così via. Le curve rappresentanti la risposta e il legame al recettore possono essere separate fara di loro anche di molti ordini di grandezza, se la risposta misurata non è generata immediatamente dall’attivazione del recettore, ma fra i due fenomeni si frappone una cascata di reazioni, cjhe generalmente comprende anche la formazione di secondi messaggeri. Per uno stesso recettore, la separazione fra la curva di legame e quella dose-risposta dipende dal tipo di risposta. Una curva dose-risposta a destra invece, si ha quando la concentrazione del recettore sia elevata, e quindi non sia trascurabile rispetto alla concentrazione del farmaco. Generalmente si osserva questa situazione, quando il farmaco produce il suo effetto finale attraverso l’inibizione di un enzima; se l’enzima in questione catalizza una reazione che non è il passaggio limitante la velocità dell’intero processo, è possibile inibire una certa frazione delle molecole enzimatiche presenti senza influenzare l’effetto finale. Quando l’occupazione dei recettori, e quindi l’inibizione dell’enzima, supererà una certa “soglia”, allora la reazione controllata dal suddetto enzima diventerà il passaggio cineticamente limitante e quindi si manifesterà una variazione dell’effetto finale.

Riassumendo, in casi in cui ED50 (EC50) e Kd sono molto differenti tra loro, significa che la risposta recettoriale può essere:

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- Recettori di riserva, cioè si ottiene una buona risposta, quasi massimale, occupando solo alcuni dei recettori presenti. Gli altri servono solo in caso di bisogno, es. down-regolazione dei recettori già occupati, desensitizzazione dei recettori legati al farmaco, etc. Vi sono casi in cui a dosi molto piccole corrispondono risposte molto grandi. Si hanno meccanismi

a cascata, che in funzione del tempo sviluppano una grande risposta. Se non vi è corrispondenza tra la curva dose-risposta e farmaco-recettore, allora ci sono altre variabili da considerare. - Soglia di occupazione soglia oltre la quale si vede un effetto. Non basta occupare pochi recettori per cominciare a vedere l’effetto, ma bisogna occuparne un certo numero oltre il quale si innesca la risposta biologica. Es. estinzione di una cascata recettoriale, inibizione di un enzima molto espresso (Antidepressivi, antiipertensivi, antiinfiammatori).

RANGE TERAPEUTICO: L’intervallo di concentrazioni ematiche di un farmaco entro il quale si manifestano normalmente gli effetti terapeutici senza effetti tossici dose-dipendenti CONCENTRAZIONE MINIMA TOSSICA: La concentrazione ematica di un farmaco al di sopra della quale compaiono gli effetti tossici dose-dipendenti. Corrisponde al limite superiore del range terapeutico

CONCENTRAZIONE MINIMA TERAPEUTICA: La concentrazione ematica di un farmaco al di sotto della quale non si hanno effetti terapeutici. Corrisponde al limite inferiore del range terapeutico. PICCO EMATICO: La concentrazione massima raggiunta da un farmaco. Si correla al tempo. Ad esempio il picco ematico dell’aspirina somministrata per via orale si ottiene, generalmente, dopo 2 ore dalla somministrazione EMIVITA (T½): Il tempo necessario perché la concentrazione ematica di un farmaco diventi la metà. Normalmente si esprime in ore TEMPO DI LATENZA: Il tempo necessario, dopo la somministrazione, per ottenere l’inizio dell’effetto del farmaco. Quindi il tempo necessario ad ottenere la minima concentrazione terapeutica

Tempo di latenza

Co

nc.

emat

ich

e

Tempo

Con

cent

razi

one

min

ima

toss

ica

Picco ematico

Inizio eff. terapeuticiFine eff. terapeutici

Range

terapeutico

Fase di eliminazione

Fase

di a

ssor

bim

ento

Durata d’azioneTempo di latenza

Co

nc.

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e

Tempo

Con

cent

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Picco ematico

Inizio eff. terapeuticiFine eff. terapeutici

Range

terapeutico

Fase di eliminazione

Fase

di a

ssor

bim

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Durata d’azione

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FINE DELL’EFFETTO TERAPEUTICO: Il tempo trascorso dalla somministrazione alla fine dell’effetto del farmaco. Quindi il tempo per raggiungere nuovamente una concentrazione ematica al di sotto di quella minima terapeutica DURATA D’AZIONE: L’intervallo di tempo tra l’inizio e la fine degli effetti terapeutici di un farmaco. Quindi il tempo in cui i livelli ematici sono all’interno del range terapeutico Potenza: capacità di determinare il 50% dell’effetto massimo. Più è bassa la concentrazione che riesce a produrre questo effetto, più il farmaco è potente. Le curve di efficacia e di tossicità, permettono di stabilire la % di pazienti che rispondono alla terapia, ma anche gli effetti tossici � l’andamento delle due curve è parallelo, per essere sicuri si da una dose a metà tra ED50 e ED99.

L’indice terapeutico di un farmaco è rappresentato dal numero derivante dal rapporto tra la dose tossica e la dose terapeutica. Ad esempio per un farmaco che ha una dose tossica di 10 grammi ed una dose terapeutica di 2 grammi:

Risulta evidente che quanto più l’indice terapeutico di un farmaco è basso (vicino all’unità) tanto più ristretto è il margine di sicurezza nel dosaggio del farmaco. L’indice terapeutico non rappresenta la valutazione di un farmaco dal punto di vista dell’efficacia e/o della tollerabilità ma ci indica soltanto la vicinanza o meno della dose tossica rispetto a quella terapeutica. Farmaci con un basso indice terapeutico (ad esempio antiepilettici, teofillina, aminoglicosidi, antitumorali, warfarin) devono essere monitorati. Il monitoraggio si può effettuare direttamente, cioè prelevando dei campioni di sangue e determinando la quantità di farmaco presente, o

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indirettamente attraverso dei parametri di laboratorio, ad esempio per il warfarin o altri anticoagulanti misurando il tempo di coagulazione del sangue. In base ai risultati ottenuti si aggiusta la dose da somministrare. La valutazione clinica di un farmaco è un processo complesso non esprimibile con un semplice rapporto tra dose tossica e dose terapeutica (indice terapeutico). Si tratta, infatti, di esprimere un giudizio valutando da una parte i benefici che si ottengono e dall’altra i rischi che si corrono utilizzando il farmaco (rapporto beneficio/rischio). Per stabilire un corretto rapporto beneficio/rischio per un farmaco è necessario conoscere i benefici che si ottengono (quindi conoscere i dati sulla sua efficacia clinica) e i rischi derivanti dal suo uso (quindi conoscere i suoi effetti avversi). Bisogna tenere presente che il rapporto beneficio/rischio di un farmaco può essere diverso a seconda del paziente e/o della patologia da trattare. Quindi in certe situazioni un farmaco, che ha in generale un rapporto beneficio/rischio favorevole (cioè i benefici superano i rischi), potrebbe avere un rapporto sfavorevole (i rischi superano i benefici). PER COMPRENDERE MEGLIO GLI EFFETTI CONSEGUENTI ALL’INTERAZIONE FARMACO - RECETTORE È NECESSARIO DEFINIRE I FARMACI AGONISTA: una sostanza che è capace di legarsi ad un recettore ed evocare una risposta biologica. La sua attività dipende dal rapporto Kd - concentrazione. Agonista pieno: un agonista che provoca la massima risposta evocabile in un tessuto. Mima l’effetto del ligando endogeno ed ha efficacia massima per quel sistema recettoriale (Kd molto piccola e simile a quella del ligando endogeno). Agonista inverso: Unico esempio è quello delle beta-caboline sul recettore GABAA, che sono agonisti allosterici, dove, anche se si ha un’affinità agonista selettiva per il recettore, ne fa diminuire l’attività basale intrinseca (riduce l’apertura del canale invece di aprirlo). Deve essere presente attività costitutiva del recettore. ANTAGONISTA: una sostanza che è capace di legarsi ad un recettore (Kd simile a quella dell’agonista o al ligando endogeno) ma non promuove alcun effetto biologico. E’ utile perchè modula in negativo l’effetto biologico del ligando endogeno. Ha la massima efficacia quando abolisce completamente l’attività recettoriale. La sua attività dipende dalla Kd e dalla concentrazione. Si dividono in competitivi e non competitivi

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L’agonista (o il ligando endogeno) sul recettore fa attivare una risposta facndo cambiare lo STATO DI TRANSIZIONE. Kd e Ka sono importanti soprattutto quando abbiamo una terapia con due o più farmaci che agiscono sullo stesso recettore o se abbiamo un farmaco che si contrappone all’azione del ligando endogeno. es. Farmaco A ha Kd = 10 -7 M vs Farmaco B ha Kd = 10 -8 M � il farmaco B ha 10 volte più probabilità di legare il recettore perchè più affine. Per occupare il 50% dei recettori, B ha bisogno di una concentrazione di 10 volte inferiore. Si può creare una competizione all’equilibrio (se ci sono legami covalenti allora non c’è competizione). La competizione fa variare, in modo apparente, la Kd del farmaco meno affine. L’antagonismo può essere chimico (bicarbonato � saliva), farmacocinetico (modifica assorbimento di altri farmaci), fisiologico (toccare dei sistemi che danno risposte negative: effetti fisiologici opposti), competitivo e non competitivo.

ANTAGONISTA COMPETITIVO: un antagonista che si lega allo stesso sito recettoriale dell’agonista con una Kd simile, quindi compete con l’agonista per quel recettore e può essere spiazzato da esso quando si aumenta la concentrazione.L’antagonismo competitivo è soverchiabile. Ha l’effetto di spostare la curva dose-risposta dell’agonista in un grafico semilogaritmico parallelamente verso destra: più la concentrazione dell’antagonista è grande oppure più la Kd dell’antagonista è piccola, più la curva è spostata verso destra. Un antagonista di questo tipo aumenta la EC50 apparente dell’agonista, senza modificarne l’effetto massimo; A parità di concentrazione di agonista o ligando endogeno, l’effetto è ridotto o annullato (es. EC50). ANTAGONISTA NON COMPETITIVO: un antagonista che si lega allo stesso sito recettoriale dell’agonista con un legame forte o irreversibile (covalente o con Kd molto piccola), oppure si lega al recettore, ma su siti di legame differenti che fanno ridurre l’affinità del recettore per l’agonista (modulazione allosterica), quindi non può essere spiazzato dall’agonista a nessuna delle concentrazioni utilizzate. Questo tipo di antagonista sposta la curva dell’agonista verso destra in modo non parallelo, deprimendo l’effetto massimo ottenibile anche a concentrazioni elevate dell’agonista: più la concentrazione dell’antagonista è grande oppure più la Kd dell’antagonista è piccola, più la curva è spostata verso destra e verso il basso. L’antagonismo non-competitivo non è soverchiabile.

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Il grafico di Schild permette di capire se un antagonista è competitivo e di calcolare l’affinità

Poiché un antagonista competitivo sposta la curva sigmoidale di risposta dell’agonista verso destra in modo parallelo, la “distanza” fra due curve (cioè il rapporto fra il logaritmo di due dosi di agonista che generino lo stesso effetto in assenza ed in presenza di una certa concentrazione di antagonista) è indipendente dalla concentrazione dell’agonista stesso, mentre è intuitivo che dipende dalla potenza e dalla concentrazione dell’antagonista. Indicando con DR = Dose Ratio o r cioè la differenza di dose che serve per avere lo stesso effetto DR1 = X1 – X ; DR2 = X2 – X ; DR3 = X3 – X Log ( DR-1 ) = Log [Antag] – Log Ka

Se la pendenza della retta è 1 allora l’antagonista è competitivo e si raggiunge l’effetto massimo, basta aumentare la concentrazione di agonista. L’analisi dell’effetto di un antagonista secondo Schild permette quindi: a) di capire se un antagonista è competitivo dalla pendenza della retta (che solo in questo caso è uguale a 1) e b) di calcolare l’affinità per il recettore, indice della sua potenza.

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Per capire la natura dell’antagonista è sufficiente linearizzare con il metodo del doppio recioproco o Lineweaver-Burk:

I farmaci sono dotati di due proprietà distinte: - l’affinità per il recettore, è un indice della potenza di un farmaco e si riflette nella posizione

della curva dose-risposta sull’asse delle ascisse; - l’efficacia o attività intrinseca, definita come la capacità del farmaco di dare inizio alla risposta

biologica, una volta che esso si sia legato al recettore; è correlata alla proprietà di indurre un cambiamento di conformazione nel recettore, che renda quest’ultimo capace di generare la risposta e si riflette nell’estensione della curva sull’asse delle ordinate.

AGONISTA PARZIALE: un agonista che provoca una risposta inferiore a quella massima evocabile anche dopo occupazione di tutti i recettori � anche a conecentrazioni infinite di agonista parziale l’effetto non è massimo! Efficacia: è espressione dell’attività intrinseca del farmaco nei confronti del recettore. Si basa sull’affinità e sulla capacità di stimolare il recettore. Efficacia del 100% ce l’hanno il ligando endogeno (es. Ach, GABA) o l’agonista puro. L’agonista parziale (AP) occupa i recettori ma non li fa funzionare al massimo. Funziona quindi da agonista/antagonista, perchè in presenza di un agonista puro o ligando endogeno, ne riduce il loro effetto. AGONISTA INVERSO: attivano il recettore al contrario � il recettore funziona a prescindere e questo agonista lo rallenta.

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INTERAZIONI TRA FARMACI

Le interazioni tra farmaci possono verificarsi a diversi livelli influenzando la farmacocinetica o la farmacodinamica dei farmaci stessi. Le interazioni conosciute sono moltissime tuttavia quelle di rilevanza clinica maggiore (da ricordare) sono relativamente poche. Le interazioni più frequenti sono quelle a livello del metabolismo dei farmaci, dovute a meccanismi di induzione o inibizione enzimatica. Alcune volte le interazioni tra farmaci possono essere sfruttate per avere un maggiore effetto terapeutico o per contrastare fenomeni di intossicazione. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, le interazioni sono alla base della comparsa di reazioni avverse. I pazienti vanno educati a non aggiungere farmaci (ad esempio per autoprescrizione) alla terapia prescritta dal medico, in modo da evitare interazioni tra farmaci.

Pompe, recettori, canali Il recettore è una molecola che si lega in modo specifico definito e con affinità specifica con un mediatore endogeno. Il legame provoca un cambio conformazionale da cui scaturisce l’effetto biologico. possono essere di membrana: canale (tipo 1), accoppiato a proteine G (tipo 2), accoppiato a tirosina-Kinasi / guanilato ciclasi (tipo 3); oppure intracellulare: steroidei e tiroidei (tipo 4). Il tipo 1 ha un tempo di reazione ultrarapido, ovvero subito visibile anche se spesso c’è accomodamento intracellulare in ore, il tipo 2 più lento si manifesta in pochi secondi, il tipo 3 manifesta la sua attività più o meno in ore anche se ci sono eccezioni quando il recettore va a fosforilare un recettore di tipo 1 e il tipo 4 si manifesta in giorni/mesi, anche se i cortisonici sono più rapidi (ore). Recettori Canale o Ionotropi

I recettori canale sono dei complessi macroproteici transmembranari che formano un canale ionico idrofilico, la cui apertura è fortemente stimolata dal legame con il ligando endogeno o l’agonista provocano l’apertura del canale. Tutti i recettori canale sono formati da 5 subunità proteiche. Le subunità sono molto differenti tra loro, sono formate da un unico filamento aminoacidico, dove le sequenze aminoacidiche formano delle zone con diverse proprietà. Ogni singola catena solitamente attraversa almeno 4 volte la membrana, descrivendo delle zone altamente idrofobiche (alfa eliche composte da 20-25 aminoacidi) definite M1-4. La porzione M2 è formata da aminoacidi elettricamente carichi che sono posti in modo da formare anelli di carica positiva o negativa all’interno del canale e sono alla base della selettività per la carica ionica. Gli ioni attraversano il canale quando è aperto seguendo un gradiente di concentrazione di cariche

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(potenziale di membrana di quello ione). La conseguenza diretta è una variazione della carica di membrana che provoca depolarizzazione o iperpolarizzazione della cellula, variando, quindi, il grado di eccitabilità della cellula. All’esterno del recettore vi è una forma ad imbuto che serve prevalentemente a concentrare gli ioni in prossimità del canale. Gli aminoacidi carichi concentrano e selezionano gli ioni che devono passare. - carica negativa se il canale è permeabile ai cationi (Na+, K+, Ca++) - carica positiva se il canale è permeabile agli anioni (Cl-) La dimensione del canale seleziona il tipo ed il numero degli ioni che passano. Gli anelli hanno una funzione differente: - Di solito il primo e l’ultimo hanno la funzione di concentrare solo gli ioni che devono passare, solitamente i monovalenti. I sottotipi hanno differente capacità di essere selettivi. - L’anello centrale è il vero selettore dello ione che passerà. es. recettore nicotinico per acetilcolina il primo ed il secondo anello sono formati prevalentemente da glutamina, l’ultimo da asparagina Le subunità condizionano: - selettività ionica - conduttanza - tempo di apertura del canale - ligando endogeno, agonista o antagonista che si lega

Le subunità sono famiglie di molecole molto simili ma che hanno piccole differenze aminoacidiche che fanno variare le caratteristiche. Per ogni subunità αβγ... esistono dei sottotipi. Per il recettore nicotinico per l’acetilcolina abbiamo: - α1, α2, α3, α4,→ α9 (9 sottotipi di subunità) - β1, β2, β3, β4 (4 sottotipi di subunità) Questo si traduce in una differente composizione di subunità che descrive la funzione del recettore. Lo stesso recettore nicotinico sarà composto con: - nel SNC sarà un recettore canale per Na+, così composto α4 α4 β2 β2 β2

- nel muscolo sarà un recettore che fa anche passare Ca2+, così composto α1 α1 β1 ε δ o anche α7

α7 β2 ε δ Nello stesso organismo può variare la composizione delle subunità per lo stesso recettore in base all’età evolutiva (medicina legale) α1 α1 β1 γ δ composizione del recettore per Ach nell’embrione Apertura lunga ma con bassa conduttanza α1 α1 β1 ε δ composizione del recettore per Ach nell’adulto Apertura breve ma con alta conduttanza Per quanto riguarda il recettore per l’Ach (AchR) si possono avere molteplici situazioni: AchR nel SNC 2xα4 3xβ2 più diffusa mancano γ δ ε permeabile al Na+ ma non bloccato da bungarotossina 2xα7 3xβ2 meno diffusa mancano γ δ ε permeabile al Ca++ bloccato da bungarotossina AchR nel muscolo 2xα1 β1 ε δ sensibile alla nicotina

permeabile al K+ Na+ Il sito di legame è extracitoplasmatico, che guarda l’esterno della cellula, solitamente è rappresentato dalle subunità o dalla subunità α, ma contribuiscono anche piccoli porzioni delle subunità adiacenti come quella β (es. acetilcolina, GABA e aminoacidi). Su queste subunità vi sono delle zone complesse che riconoscono selettivamente il ligando. La Kd sono molto grandi, in genere 10-3 – 10-5 M (es. sinapsi).

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Quasi sempre vi sono due subunità uguali per ogni recettore che devono legare il ligando (2 α oppure 2 β). Due molecole di ligando sono necessarie per aprire il recettore. Il legame extracitoplasmatico provoca una modificazione conformazionale che si traduce in un’attivazione del recettore indotta dalla modificazione di siti transmembrana e intracitoplasmatici. Non consumano energia (ATP). Il potenziale di membrana condiziona l’entità (conduttanza) e la direzione (in/out oppure out/in) del flusso ionico. ogni subunità è più o meno conservata; non consumano ATP, il flusso può essere bidirezionale, a seconda del potenziale di membrana e spesso non selettivi. Il potenziale per ciascuno ione condizionerà la carica della cellula. es. canale AchR fa entrare Na+ a -90 mV e fa uscire K+ a -30 mV es. canale GABA fa entrare Cl – a -65 mV e fa uscire Cl – a -80 mV L’attività del recettore può essere modulata da molecole che legano siti allosterici. Si modifica: - legame con il ligando (neurotrasmettitore) - cinetica di legame del recettore - cinetica di apertura e chiusura - passaggio allo stato di desensitizzazione I siti allosterici (siti di legame differenti da quelli tipici del ligando endogeno) possono anche essere molteplici: es. GABAA benzodiazepine si legano ad un sito allosterico (BZ1, BZ2, BZ3).

Aumentano la frequenza di apertura del canale solo in presenza del GABA che è il vero agonista.

Barbiturici si legano ad un sito differente dello stesso recettore. Sono agonisti recettoriali e aprono il recettore anche senza GABA. Le sequenze aminoacidiche comprese tra le zone M3 e M4 sono substrato per la forsforilazione e lo stato di fosforilazione regola l’attività del recettore Le subunità che formano il recettore canale sono fosforilate da diverse kinasi: es. nel AchR nicotinico - δ e ε sono substrato di PKA - α1 e δ sono substrato di PKC - β, ε, e δ sono substrato di Tirosina Kinasi (TK) Il grado di fosforilazione fa variare la funzionalità del recettore: spegnimento, apertura, desensitizzazione). Questo vale per tutti i recettori canale, anche per quelli che sono sensibili al potenziale di membrana (Ca++). PKA = produce un aumento delle aperture spontanee PKC = aumenta la velocità di desensitizzazione TK = non è tanto attiva sul recettore, ma fa concentrare i recettori (clustering) ed aumenta la risposta in una parte della cellula Tutti i recettori che attivano fosforilasi (es. recettori accoppiati a G-protein) sono in grado di modulare l’attività di questi recettori. Si ha quindi una modulazione transrecettoriale (molto importante a livello sinaptico e neuronale). Meccanismi di protezione cellulare

La desensitizzazione è un meccanismo di protezione cellulare tipico soprattutto dei recettori canale (ma non solo), e cioè di quelli coinvolti nella risposta veloce: il recettore lega l’agonista ma non apre il canale.

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E’ un meccanismo che avviene quando si ha un’attivazione continua o prolungata del recettore (concentrazioni troppo elevate di agonista, rilascio continuo di neurotrasmettitore, etc). es. agonisti che idrolizzano lentamente (succinilcolina) o blocco degli enzimi che dovrebbero idrolizzarli (anticolinesterasici). La velocità di desensitizzazione coinvolge tutte le subunità che compongono il recettore e dipende dal grado e tipo di fosforilazione che hanno subito le subunità. - le Kd sono in genere dell’ordine di 10-3 – 10-5 M (alte concentrazioni, es. sinapsi) - l’attività è caratterizzata da cicli di apertura – chiusura - la modulazione dello spegnimento del segnale si può avere o attraverso la desensitizzazione o della neutralizzazione del potenziale di membrana. Upregulation e downregulation sono meccanismi con i quali si modifica il numero di recettori presenti sulla membrana. Si modifica la risposta in senso quantitativo, tramite meccanismi trascrizionali a livello nucleare. Recettori accoppiati a proteine G o metabotropi

Il legame con l’agonista attiva una proteina G. Questi recettori sono responsabili della risposta “lenta” e cioè che prevede l’attivazione di numerose pathways biochimiche. Si hanno fenomeni a cascata, cioè di amplificazione che si rivelano anche dopo minuti. - proteine G sono una famiglia eterogenea di molecole - i recettori sono una superfamiglia genica con una struttura molecolare comune - sono recettori di tipo metabotropico, cioè agiscono attraverso secondi messaggeri Uno dei loop intracellulari del recettore ha un sito di interazione con la proteina G e il legame recettore agonista (1 recettore – 1 agonista), modifica la struttura dei loop intracellulari e permette l’interazione con la proteina G. La proteina G è una proteina di membrana comprendente tre subunità (αβγ). I recettori accoppiati a proteine G sono monomeri che attraversano la membrana 7 volte e il legame con gli agonisti avviene in posizioni differenti: - fotoni (porzione transmembrana) - neurotrasmettitori (porzione transmembrana) - peptidi (porzione extracellulare) - ormoni glicoproteici (porzione vicina a NH2 poi zona sulla membrana) - glutammato (porzione vicina a NH2) - trombina (taglia NH2 e produce nuovo terminale NH2) Il legame induce un cambiamento conformazionale nella porzione citosolica del recettore (zona III e COOH terminale) e questo attiva G-protein. La zona III determina la specificità per la G-protein collegata al recettore. La differenze strutturali del III dominio e del terminale COOH fanno variare la specificità con le differenti proteine G. I farmaci attuali sono o agonisti o antagonisti del sito di riconoscimento. I siti di fosforilazione regolano la funzione del recettore: - regolano il disaccoppiamento con la proteina G - regolano il fenomeno della desensitizzazione Proteine G

Sono il livello intermedio nella gerarchia organizzativa della comunicazione tra recettori ed enzimi effettori o canali ionici. Sono definite G perchè legano i nucleotidi guaninici GTP e GDP. Sono associati in 3 subunità α, β e γ. Il legame con il GTP provoca la dissociazione delle tre subunità e l’attivazione della subunità α.

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β e γ sono molto idrofobiche e formano un complesso βγ nella parte interna della membrana plasmatica e α lega GTP ed ha attività enzimatica e rimane attiva finchè non riesce a idrolizzare il GTP in GDP; Il complesso βγ permette l’interazione recettore-proteina G ed è anch’esso in grado di attivare degli effettori Esistono circa 20 differenti tipi di proteine G. Le specificità strutturali e funzionali della catena α caratterizzano la proteina. Si conoscono per ora almeno 20 subunità α

4 subunità β

7 subunità γ

Le diverse combinazioni tra β e γ legano le diverse α. L’associazione tra le differenti subunità fa variare la specificità per il bersaglio da attivare e per il recettore. Un recettore può attivare più di una proteina G (amplificazione) e una proteina G può attivare più di 1 effettore � meccanismo a cascata. Le proteine G sono denominate: Gi - Gs - Gq - Go - (G12) Gli effetti all’interno della cellula sono spesso contrapposti. due vie principali sono controllate dai recettori accoppiati a proteine G. entrambe possono essere attivate o inibite da ligandi farmacologici, in funzione del tipo di recettore e della proteina G accoppiata: 1. adenilato ciclasi/AMPc (tipicamente Gs e Gi). AC catalizza la formazione del messaggero

intracellulare AMPc. AMPc attiva varie proteine chinasi che controllano le funzioni cellulari in vari modi, determinado la fosforilazione di numerosi enzimi, trasportatori ed altre proteine.

2. PLC/inositolo trifosfato/diacilglicerolo (tipicamente Gq). PLC catalizza la formazione dai fosfolipidi di membrana di due messaggeri intracellulare, IP3 e DAG. IP3 aumenta il calcio citosolico libero, promuovendo il rilascio del calcio dai compartimenti intracellulare. L’aumento di calcio libero inizia molti eventi, quali la contrazione, la secrezione, l’attivazione enzimatica e l’iperpolarizzazione della membrana. DAG attiva la PKC, che controlla molte funzioni cellulari, fosforilando numerose proteine.

Le proteine G accoppiate a recettori controllano anche: - PLA2 (e quindi la formazione di acido arachidonico e di eicosanoidi) [tipicamente Gq] - canali ionici (come i canali del K+ e del Ca2+, modificando così l’eccitabilità della membrana, la

liberazione dei neurotrasmettitori, la contrattilità, ecc.) [tipicamente G0 e Gi]

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Recettori con attività tirosin chinasica

A questa famiglia appartengono i recettori per molti fattori di crescita e per molte citochine. Essi sono costituiti da una catena polipeptidica che attraversa una sola volta la membrana cellulare e sono caratterizzati da l fatto di possedere un’attività tirosin chinasica intrinseca: quindi sono capaci di fosforilare substrati proteici in corrispondenza di residui tirosinici. L’interazione ligando recettore avviene a livello della porzione extracellulare della sequenza aminoacidica e porta alla dimerizzazione del recettore che è la tappa responsabile dell’attivazione della tirosin chinasi intrinseca. La autofosforilazione dei residui tirosinici presenti nella porzione citoplasmatica del recettore porta alla sua associazione con una serie di proteine citoplasmatiche, alcune delle quali enzimi, che iniziano una complessa cascata di eventi che inducono la cellula a proliferare o differenziarsi. Il recettore in forma inattiva è inibito, mentre l’agonista attiva il recettore e provoca: - risposte immediate e transitorie

- risposte ritardate e durevoli

I recettori sono il prodotto di proto-oncogeni che regolano i processi proliferativi cellulari. L’agonista provoca la dimerizzazione dei recettori che attiva: - autofosforilazione delle catene - cambiamento di conformazione che attiva la cascata di reazioni I recettori sono una famiglia di proteine con un’architettura di base simile. - una catena proteica che forma i siti di legame - N-terminale extracellulare - porzione idrofobica transmembrana di ancoraggio - dominio citoplasmatico con attività enzimatica - porzione iuxtamembrana con attività regolatoria - C-terminale intracitoplasmatico che lega i trasduttori di membrana Si ha una grande variabilità solo a livello extracellulare. Sono recettori tirosin-kinasici quelli per alcuni ormoni e fattori di crescita: - Insulina (tetramerizza) - NGF - VEGF - PDGF-MCSF - FGF - EGF-TGFα Recettori per l’adesione

I recettori per l’adesione cellulare sono responsabili dell’interazione fra le cellule e il microambiente della matrice extracellulare. essi appartengono a numerose famiglie, tra le più importanti citiamo le caderine, le CAM, le selectine e le integrine che hanno strutture e ligandi assai diversi. per l’attivazione della traduzione del segnale è necessaria la loro interazione con vari elementi del citoscheletro. in generale si può dire che questi recettori non hanno una particolare via di traduzione del segnale, ma attivano vie già conosciute. inoltre questi recettori sembrano spesso cooperare con altri recettori per un complesso e integrato processamento dei segnali extracellulari. Recettori per le citochine

Le citochine sono dei fattori di regolazione pleiotropici che controllano nel sistema immune ed ematopoietico molte funzioni cellulari (ma non solo), tra le quali la proliferazione ed il differenziamento. hanno in comune alcune caratteristiche: sono costituiti da due o più subunità ed ogni sottogruppo ha in comune una subunità con un proprio meccanismo di traduzione del

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segnale; ogni recettore sarà quindi composto da una subunità comune che specifica il sistema di traduzione del segnale ed una subunità specifica per il recettore capace di interagire con il ligando specifico. questa struttura molecolare dei recettori spiega la ridondanza di effetti delle citochine. la via di traduzione del segnale passa in genere attraverso una dimerizzazione del recettore e una seguente attivazione di tirosinochinas soprattutto della famiglia JAK2. la specificità della traduzione del segnale è ottenuta in quanto nelle cellule possono essere presenti sia diversi tipi di JAK che diversi substrati. come bersagli farmacologici su questi recettori sono stati individuati: il sito di legame, il sito di traduzione del legame, ecc. Recettori intracellulari

Sono recettori per mediatori endogeni di tipo lipofilico. Interagiscono con tratti del genoma molto specifici e la loro funzione è quella di far cambiare la composizione e la quantità di espressione di proteine selezionate o di far replicare le cellule bersaglio (recettore +). La distribuzione intracellulare è differente. - Citoplasmatici glucocorticoidi

mineralcorticoidi Vengono veicolati al nucleo dopo che si sono legati con il ligando.

- Nucleari estrogeni progesterone ormoni tiroidei vitamina D acido retinoico Il ligando arriva al nucleo

L’organizzazione molecolare è particolare. Appartengono ad un’unica superfamiglia genica dato che hanno una notevole omologia di struttura. I recettori sono costituiti da un dominio conservato, che lega il DNA, attaccato a domini dalla struttura variabile, siti di legame dei ligandi e di controllo della trascrizione. Hanno 3 regioni strutturali:

1. N-terminale 2. Porzione centrale con residui di cisteina che formano zinc-fingers per il legame con il

DNA. Le variazioni aminoacidiche che caratterizzano questa zona sono specifiche per le differenti HRE (hormone responsive elements).

3. C-terminale per il riconoscimento con l’agonista dove ci sono aminoacidi idrofobici. La proteina inibitoria interagisce con queste ultime due zone e blocca il recettore. I legami sono di tipo debole, con ingombro sterico del sito accettore. Queste zone sono anche utili per la dimerizzazione o tetramerizzazione del complesso ligando-recettore. Quando sono inattivi, questi recettori sono sempre legati a proteine inibitorie. L’attivazione dei recettori è dovuta al legame specifico con il ligando, che fa sganciare l’inibitore e fa legare il complesso che ha dimerizzato direttamente sulle sequenze specifiche del DNA. Sui promoters dei geni che hanno una trascrizione sensibile all’induzione ormonale, esistono delle sequenze dette HRE (hormone responsive elements). Si ha una modificazione conformazionale e successive modificazioni biochimiche. Lo stato fosforilativo dell’inibitore o del recettore stesso, condiziona la sua attivabilità e la sua capacità di dimerizzare. Si può avere anche l’attivazione agonista-indipendente dovuta all’attività di kinasi come la PKA (EGF-TGF) e PKC, mediate da recettori G-protein. I promoter sono sequenze a monte del gene che deve essere trascritto, anche di parecchie basi. Il processo di trascrizione è sempre multifattoriale dove c’è sempre equilibrio tra fattori promuoventi e fattori inibenti. L’ormone attiva il processo, ma ci sono altri effettori che agiscono:

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- sullo stesso promoter dove esistono altri siti di riconoscimento specifico (es. NFκ-B) - sulle proteine coinvolte nella trascrizione - sulle proteine coinvolte nello splicing Specificità d’azione: Tropismo differenziale dovuto alla differente espressione tessuto-specifica del recettore Metabolismo tessuto specifico degli ormoni. - differente concentrazione tissutale - differente produzione (aromatasi) di ormoni attivi localmente a partire dai precursori presenti nel sangue Regolazione trascrizionale dovuta ai fattori trascritti in maniera differente nei vari tessuti La Desensitizzazione è dovuta principalmente alla riduzione della vita media del recettore-ligando. Altri meccanismi di regolazione sono: - la riduzione della sintesi del recettore o downregulation, dovuto alla presenza di HRE sul promoter dello stesso recettore, sensibile all’azione dello specifico ormone. La stimolazione recettoriale ripetuta o prolungata, spegne la risposta (es. GnRH). - trans-regolazione. L’attivazione di un recettore riduce la sintesi di un’altro per un ormone differente, mediante la presenza di HRE sul promoter dell’altro. Ci sono anche casi in cui l’attivazione di un recettore induce la sintesi di fattori inibitori della trascrizione di altri recettori. La farmacologia è complessa. Si può intervenire modificando:

1. l’insorgenza del segnale endocrino (sintesi, immagazzinamento, secrezione) 2. modulazione della sintesi del recettore (down-regolazione) 3. modulazione della funzionalità del recettore (agonisti ed antagonisti)

1 e 2 modulano le concentrazioni ormonali che saranno attive (anti-aromatasi, es. anastrazolo) 3 mima (terapia sostitutiva) o abolisce (terapia ablativa) l’effetto ormonale (es. estrogeno o tamoxifen). Gli antagonisti di questi ormoni sono solitamente agonisti parziali o antagonisti allosterici che non permettono più il riconoscimento con il DNA e non fanno partire la trascrizione. Modulazione delle risposte recettoriali

Esistono fenomeni di adattamento recettoriale allo stimolo del ligando che sono di due tipi: - fisiologico

- farmacologico

Adattamento fisiologico Si ha quando esistono condizioni fisiologiche o patologiche che portano ad un riassetto sia della sensibilità che del numero dei recettori potenzialmente coinvolti. Sensibilità del recettore o del tessuto: es. infarto o insufficienza cardiaca dove si ha un’attivazione prolungata del simpatico. Si ha un aumento del numero dei recettori β-adrenergici e riduzione della capacità di trasdurre. - es. ipersensibilità da denervazione della fibra muscolare con aumento del numero dei recettori Ach nicotinici (up-regulation). - es. recettori G-protein hanno perdita di affinità per il ligando, o una ridotta attivazione della G-protein o una riduzione del numero di recettori. L’attività di questi recettori dipende anche dallo stato di fosforilazione del recettore. Ci sono kinasi specifiche per ognuno di questi recettori, come le βARK (β-adrenergic receptor kinase) o la rodopsina kinasi, etc. - es. tolleranza agli oppioidi: è dovuta ad una differente capacità di trasduzione dei recettori δ e µ del locus coeruleus, e non al loro numero. Si ha un disaccoppiamento funzionale del recettore con la Gi. Si instaurano però meccanismi compensatori che aumentano la sintesi intracellulare di AMPc. Si ha quindi insorgenza di Tolleranza e Dipendenza. Se non si assume oppioide i livelli di

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AMPc diventano molto elevati. Nello stesso locus esistono recettori α2 associati a Gi. Gli agonisti α2 (clonidina) possono bloccare l’insorgenza della sindrome di astinenza da oppioidi. Adattamento con riduzione del numero di recettori o down-regulation: Ci possono essere due tipologie di down-regulation, due veloci (1 relativa alla sensibilità, l’altra al numero) ed una lenta. Down-regulation, 1. con adattamento veloce dei recettori G-protein (sensibilità) si ha una ridotta affinità per l’agonista ed un disaccoppiamento più rapido con la subunità α se sono coinvolti meccanismi come la PKA e AMPc. E’ un meccanismo di tipo trascrizionale che prevede splicing alternativi del recettore. 2. L’altro tipo di down-regulation veloce fa si che recettore venga fosforilato ed internalizzato per vacuolizzazione della membrana citoplasmatica. Si riduce quindi il numero di recettori presenti sulla superficie (numero). 3. Il meccanismo di down-regulation lento prevede che non si trascriva e sintetizzi più recettore, che così non viene espresso (numero). Si ha un riassetto genomico. Desensitizzazione, si riferisce la processo in base al quale l’esposizione persistente ad un agonista porta a una riduzione dell’effetto stimolatorio ed è di due tipi: di tipo omologa, quando viene coinvolto un solo tipo recettoriali (il recettore di superficie che è attivato; di tipo eterologa, quando vengono resi refrattarie anche altre vie recettoriali che utilizzano la stessa via di trasduzione del segnale, quindi altri recettori. Coinvolge solitamente recettori accoppiati a proteine G. Per i recettori canale sono stati descritti diversi stati di transizione che modificano la sensibilità all’agonista, la capacità di apertura e il tempo. Lo stato di fosforilazione condiziona il passaggio da stato attivo a stato non-attivo. Modulazione delle risposte recettoriali: adattamento farmacologico Questo adattamento si ha quando l’agonista o l’antagonista porta al riassetto della sensibilità e del numero dei recettori. Può essere anche dovuto ad un’alterazione persistente di una via endogena (ormoni o trasmettitori). TOLLERANZA RECETTORIALE e TACHIFILASSI Tolleranza recettoriale: scomparsa dell’effetto farmacologico dovuto all’adattamento dei sistemi recettoriali. - si manifesta in tempi lunghi (settimane) - è reversibile quando termina la terapia - si riduce la capacità di trasduzione del segnale - è soverchiabile aumentando la dose I pericoli sono molti: - dosi troppo elevate di farmaco - se si interrompe la terapia si possono avere effetti rimbalzo, dovuti a squilibri recettoriali - può variare la risposta alle molecole endogene Da non confondere con la tolleranza metabolica, che è dovuta ad una variazione della capacità metabolica dell’organismo (es. barbiturici). Questa è di tipo farmacocinetico, la prima di tipo farmacodinamico La tachifilassi ha caratteristiche differenti: E’ la scomparsa dell’effetto farmacologico dovuto a meccanismi differenti dal riassetto recettoriale. - si manifesta in tempi molto rapidi (minuti, ore)

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- è di tipo metabolico - è di tipo farmacocinetico - non è reversibile - può essere di tipo genetico In generale: - l’agonista solitamente fa ridurre, se usato cronicamente, la risposta ed il numero dei recettori (tolleranza, downregulation) - l’antagonista fa aumentare, se usato cronicamente, il numero e la risposta dei recettori (up-regulation) Modulazione farmacologica dell’omeostasi ionica: pompe e trasportatori

Le molecole passano attraverso le membrane per mezzo di due meccanismi: - diffusione passiva

- trasporto attivo

Diffusione passiva : non consuma energia. Le molecole si muovono grazie al gradiente generato - dalla differenza di concentrazione esterno/interno - gradiente elettrochimico, se in presenza di canali ionici o recettore canale Situazione intermedia è quella del trasporto facilitato, che avviene grazie alla presenza di specifiche proteine ma che segue comunque il gradiente di concentrazione. Trasporto attivo: consuma energia (ATP). Avviene contro gradiente di concentrazione o contro gradiente elettrochimico. Può essere mediato da: - pompe unidirezionali (da interno a esterno o da esterno a interno) - scambiatori o trasportatori, mediante ioni di scambio La struttura molecolare è conservata. Sia le pompe che i trasportatori sono strutture transmembrana ed hanno domini molto simili tra di loro. Il dominio di interazione con ATP è praticamente identico per tutti. Pompa Na+/K+ ATPasi.

La funzione cellulare di questa pompa è molto importante perchè si occupa di mantenere in equilibrio elettrochimico il potassio ed il sodio nelle cellule. In seguito alla distribuzione ubiquitaria di questa pompa, le funzioni sono: - controllo del volume cellulare (H2O) - controllo dell’eccitabilità della cellula - formazione di gradienti importanti per la vettorialità del trasporto (epiteli) Funzionamento: E’ un antiporto. La pompa sposta contemporaneamente all’esterno 3 atomi di Na+ portando all’interno 2 atomi di K+, consumando 1 molecola di ATP per ogni scambio. E’ regolata da molti fattori, ma soprattutto dalla concentrazione intracellulare di Na+ e lo stato fosforilativo dei domini intracitoplasmatici condiziona la sua attività. Per quanto riguarda la struttura, la pompa è formata da due subunità, α e β. La subunità α lega Na+, ATP, K+, la subunità β ha funzione prevalentemente strutturale; α ha 8 domini transmembrana. 1) il gruppo NH2 terminale citoplasmatico ha funzioni di transizione 2) i domini 4 e 5 intra-citoplasmatici legano l’ATP Ci sono differenti isoforme di α. α1 = ubiquitaria e soprattutto renale (sotto il controllo dell’aldosterone) E’ predominante nel cuore solo durante lo sviluppo fetale e nel neonato. α2 = tessuto muscolare scheletrico e cardiaco (target dei digitalici)

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α3 = SNC I glicosidi cardioattivi (digitalici) si legano alla pompa e la bloccano, mentre i mineralcorticoidi aumentano la sintesi della proteina. La concentrazione extracellulare di potassio modula l’intensità di legame del glicoside/pompa: - basse concentrazioni maggiore stabilità - alte concentrazioni sbloccano la pompa (infusione di K+ riduce la tossicità dei glicosidi e i diuretici risparmiatori di potassio evitano effetti tossici a livello cardiaco) I feti e i neonati sono resistenti agli effetti inotropi positivi e cronotropi negativi (bradicardici) della digitale (α1 feto α2 adulto). Scambiatore Na+ / Ca2+: presente in tessuti eccitabili, presente in alcuni epiteli L’attività dipende da gradiente di Na e di Ca potenziale di membrana Funzione: regola la concentrazione intracitoplasmatica di questi ioni nelle cellule eccitabili. eccitabilità cardiaca rilascio di neurotrasmettitori regolazione del tono dei vasi E’ bidirezionale e dipende strettamente dalla concentrazione di Ca intracellulare e dalla differenza di potenziale. E’ elettrogenica dato che scambia 3 Na+ contro 1 Ca2+ = +1 E’ attivata solo se il [Ca2+]i è superiore a 700 nM. La eccessiva concentrazione di [Na+]intracellulare regola negativamente l’attività dello scambiatore. Glicosidi e pompa: Le dosi terapeutiche di glicosidi cardioattivi producono un blocco del 20-30% delle pompe Na+/K+. Dosi maggiori ne bloccano un numero maggiore e si manifestano effetti tossici se il 60-80% delle pompe sono bloccate. L’effetto dei glicosidi è quello di - (1) aumentare in modo transiente il [Na+]i che così rallenta lo scambio Na+ /Ca2+

- (2 e 3) aumentare in modo transiente [Ca2+]i che induce un rilascio di Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico

- (4) effetto finale è l’aumento dell’efficienza dei meccanismi contrattili (inotropismo positivo) Pompa protonica gastrica H+/ K+

Questa pompa è presente nella membrana apicale delle cellule parietali gastriche (cellula polarizzata). Se la cellula non è stimolata la pompa è presente in forma inattiva in strutture endocellulari (vescicole). Se vi sono gli stimoli adeguati, la vescicola si fonde con il canalicolo secretore, dove è presente il K+ che deriva dal cibo. La pompa scambia H+ che esce con K+ che entra. Gli stimoli sono dovuti a recettori per: - gastrina → IP3 → Ca2+ ↑ - acetilcolina (M1, M3) → IP3 → Ca2+ ↑ - istamina (H2) → AMPc A questa pompa si accompagnano altre pompe omeostatiche com Na+/K+, HCO3/Cl-, Na+/H+ e canali per K+ e Cl-. Questa pompa non produce gradiente elettrochimico ed ha un rapporto ionico 1:1. Ha due subunità α e β. E’ analoga alla pompa Na+/K+ ATPasi. α lega, nei due stati E1 e E2, ATP, H+ e K+. β ha la funzione di stabilizzare la pompa sulla membrana. Questo tipo di pompa è anche presente in altri tessuti: - vescicole sinaptiche - dotti collettori del rene (ATPasi di tipo V) - lisosomi

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- endosomi - mucosa del colon (ATPasi di tipo V) I farmaci che agiscono su questa pompa sono diretti ed indiretti. Quelli diretti, o irreversibili, come l’omeprazolo e i suoi derivati, dopo essere stati assorbiti a livello gastrico, si concentrano nel canalicolo secretore. Queste molecole sono pro-farmaci (benzomidazolina), dato che l’acidità prodotta dalla pompa fa formare un prodotto reattivo (sulfenamide) che si lega in modo irreversibile alla subunità α della pompa, bloccandola � bisogna attendere che la pompa venga risintetizzata. Quelli indiretti, sono antagonisti recettoriali dell’istamina (H2). Cotrasporto Na+ K+ Cl-

Non genera potenziale elettrochimico. Regola vari processi, tra cui: - volume cellulare - la secrezione di liquidi e sali dalle ghiandole esocrine - bilancio idrosalino renale Il trasporto è un sinporto 1K+ : 1 Na+ : 2 Cl - E’ accoppiato all’attività della Na+/K+ ATPasi. Si sfrutta il gradiente del Na+ per far entrare K+ e Cl- contro gradiente chimico ed elettrico. I diuretici dell’ansa bloccano questo trasportatore (es. furosemide) - si riduce [Na+]i - si riduce [Cl-]i - si blocca la pompa Na+/K+ ATPasi Non si riassorbe Cl- e Na+. Il blocco della pompa fa perdere in modo consistente K+ che può provocare squilibri plasmatici ed effetti cardiaci, oltre che ad aumentare la tossicità dei glicosidi cardioattivi. Antiporto Na+/H+

Serve per abbassare in modo transiente il pH intracellulare o intravescicolare. Serve come stimolo per differenti stati metabolici: - sintesi acidi nucleici - proliferazione - sintesi proteine I farmaci diuretici risparmiatori di potassio, come l’amiloride, funzionano perché bloccano l’antiporto e riducono l’ingresso di Na+. L’iperpolarizzazione conseguente riduce l’uscita di K+ dalle cellule, che ritorna in circolo plasmatico. Antiporto Cl - / HCO3-

Dipende dalla concentrazione e tensione superficiale di CO2. E’ alla base della respirazione cellulare. Nel polmone HCO3- entra nell’eritrocita che estrude Cl-. Si forma CO2 + H2O che poi sono eliminati. P-glicoproteina ATPasi

E’ codificata da 1 o più geni, chiamati MDR1 e 2, ha 12 domini idrofobici, un canale e 2 siti catalitici per l’ATP. E’ presente in tutte le cellule, ed è inducibile. In particolare è molto espressa nelle cellule come: - membrana biliare degli epatociti - orletto a spazzola del tubulo prossimale del nefrone - superficie mucosa dell’ileo e digiuno La funzione è molto importante: - detossificare la cellula, soprattutto da molecole idrofobiche - espulsione di xenobiotici e metaboliti - limitazione dell’ingresso indiscriminato ed eccessivo di molecole all’interno della cellula

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E’ una proteina inducibile, nel senso che aumentano le copie di proteina espressa sulla superficie cellulare. Questa pompa è responsabile della resistenza ad alcuni antitumorali, La resistenza mediata dalla P-glicoproteina (Pgp) per un farmaco, è crociata, nel senso che p-GP riconosce molecole di natura chimica simile e quindi estrude tutti i farmaci della stessa classe, quindi bisogna cambiare la natura del farmaco. . I meccanismi sono: - aumentata espressione (upregulation) - espressione ex-novo (acquisizione) - resistenza crociata (multi-drug resistance) per farmaci di differente natura chimica Può essere inibita in parte da Ca-antagonisti, anti-adrenergici, antidepressivi. Trasporto del glucosio

1. Avviene controgradiente di concentrazione dal lume intestinale al citoplasma (1). 2. Avviene per trasporto facilitato e secondo gradiente dalla membrana baso-laterale al torrente circolatorio (glucosio permeasi)(2). Il sinporto (1) avviene grazie alla Na+ / glucosio ATPasi. Il gradiente di Na+ è generato da una Na+/ K+ ATPasi (3). Questo trasportatore è attivo anche a livello renale, nel tubulo contorto e nella porzione terminale del nefrone per il recupero di glucosio. Tipi di pompe ATP dipendenti

• V-type ATPasi: Pompe protoniche della membrana dei vacuoli lisosomiali utili a mantenere elevata acidità nel lisosoma

• F-type ATPasi: Pompe protoniche coinvolte nella generazione di ATP nella membrana interna del mitocondrio

• P-type trasportatori ATPasi: Pompe Na+-K+, del Ca2+, dell’H+ • ABC Superfamiglia: Famiglia di numerose pompe denominate in base alle loro

caratteristiche strutturali della porzione legante ATP. Sono costituite di due domini transmembranari (TM) e due domini citosolici leganti ATP (ABC, ATP Binding Cytosolic domain). I due domini TM (ognuno con 6 α-eliche) sembra sia coinvolto nel trasporto del substrato attraverso le membrane.

Basi cellulari e molecolari della trasmissione sinaptica La comunicazione tra più neuroni o tra un neurone ed una cellula bersaglio (muscolare, ghiandolare), avviene attraverso il rilascio di molecole dette neurotrasmettitori. Criteri per l’identificazione di neurotrasmettitori:

a) la distribuzione non è uniforme o casuale ma è tipica solo di alcuni neuroni b) nel tessuto nel SNC o periferico dove c’è il neurotrasmettitore ci devono essere sia gli enzimi deputati alla sintesi che quelli deputati alla sua inattivazione c) la liberazione avviene per effetto della stimolazione elettrica, in maniera proporzionale alla frequenza ed intensità degli stimoli e la liberazione è dipendente dagli ioni Calcio d) devono esistere nel SNC o periferico i recettori specifici e) gli antagonisti inibiscono l’azione del neurotrasmettitore, gli agonisti la riproducono Questi criteri sono rispettati dalla maggioranza dei neurotrasmettitori ma vi sono alcune eccezioni, come la neurotrasmissione peptidergica che è più diffusiva. In generale i neurotrasmettitori sono: - molecole di piccole dimensioni

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- possono essere sintetizzate lontano dal Golgi - sono sintetizzate in prossimità del sito di rilascio (nel bottone sinaptico, eccetto peptidi) - sono contenuti in vescicole dove sono immagazzinate - sono molecole riciclabili - sono rilasciate in modo quantitativo (pacchetti o quanti) Nelle vescicole, ci sono anche dei neuromodulatori che, rilasciati contemporaneamente al neurotrasmettitori, fanno aumentare o diminuire la risposta complessiva, quindi modulano, ma NON agiscono da soli. Neurotrasmissione

VIA DI TRASMISSIONE: serie di neuroni che sono in grado di captare e metabolizzare un NT tramite specifici recettori. La vescicola nel quale è contenuto il neurotrasmettitore ha una dimensione molto costante, nella quale vi è accumulo di un numero costante di molecole, detti pacchetti, che sono un multiplo di 1 quanto, cioè una quantità minima in grado di evocare un potenziale in miniatura � l’ampiezza della risposta varia in funzione del numero di quanti rilasciati. Le vescicole sono riempite concentrando il neurotrasmettitore controgradiente di concentrazione e il trasporto attivo si basa su gradiente elettrico e/o gradiente di pH, generati da pompe elettrogeniche, protoniche ATPasiche. I trasportatori specifici per ogni neurotrasmettitore sono attivati dal gradiente. Ci sono 4 classi di neurotrasportatori

• amine biogene • Ach • acido glutammico • GABA-glicina

Poiché si creerebbe all’interno della vescicola un gradiente osmotico elevato, i neurotrasmettitori sono complessati con altre molecole come ATP, peptidoglicani, cromogranine o Ca2+. Spesso i neurotrasmettitori sono accumulati insieme con molecole che hanno funzione di co-

trasmettitore, come l’ATP, che hanno la funzione di modulare l’ampiezza e la durata della risposta del neurotrasmettitore attraverso recettori propri presenti a livello pre- o post-sinaptico. La liberazione delle vescicole ha caratteristiche peculiari: - rapido. Il potenziale d’azione fa aprire i canali voltaggio dipendenti e fa aumentare [Ca2+]intra. Il calcio provoca la fusione delle vescicole con la membrana (µsec). Le vescicole sono concentrate in prossimità della zona di rilascio, detta zona attiva, della struttura presinaptica; il potenziale d’azione ha capacità scatenante, ma non modulatoria, infatti la quantità dipende da altro come [Ca2+] o recettori metabotropi che fosforilano proteine. Il calcio all’interno della vescicola, “spegne” la risposta in condizioni di riposo e una volta liberato nello spazio sinaptico mantiene la risposta. - preciso. Il rilascio è predeterminato quantitativamente da meccanismi pre-potenziale. Il potenziale d’azione ha solo capacità scatenanti. Il processo è finemente regolato prima dell’arrivo del potenziale d’azione da molteplici fattori (2° messaggeri, fosforilazione del canale voltaggio dipendente, etc.). Le vescicole hanno dimensioni molto piccole (40-50 nm) e molto costanti - difficilmente esauribile: - non dipende dalla sintesi centrale - elevata riserva di vescicole - sintesi in loco, nel citoplasma della fibra presinaptica - recupero delle vescicole e del neurotrasmettitore - ricarica delle vescicole direttamente dal citoplasma

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Il meccanismo esocitosi-endocitosi e ricarica delle vescicole, costa poco dal punto di vista energetico, ed è rapido. La vescicola è recuperata con tutte le proteine e pompe che la compongono (riciclo). Le vescicole sono raggruppate in due distinte frazioni: - ancorate già in prossimità della membrana presinaptica (pool liberabile). Queste sono immediatamente rilasciabili; - complessate con una serie di proteine con il citoscheletro nel citosol. Queste sono reclutabili e sono un pool di riserva Il potenziale d’azione fa aprire il canale del Ca2+, che una volta entrato nello spazio perisinaptico forma dei complessi con le strutture di ancoraggio delle vescicole (sinaptotagmina), provocando così la fusione e quindi il rilascio del neurotrasmettitore dalle vescicole. Rilascio e riciclaggio delle vescicole

L’apertura della vescicola avviene sempre senza fusione totale. Ci sono delle strutture dette pori di fusione che mantengono i confini. Questo favorisce il riciclaggio dell’intera struttura vescicolare e di tutte le proteine, pompe, canali e trasportatori ad essa correlata. Rilasciate per esocitosi Piccole: contengono solo il neurotrasmettitore Grandi: contengono anche gli enzimi per la sintesi del trasmettitore Sinapsina: proteina di ancoraggio microtubolare (pool di riserva) Sinaptofisina: forma il canale di fuoriuscita della vescicola Sinaptotagmina: interazione con Ca++ Sintaxina:“docking” sulla membrana sinaptica Sinaptobrevina: trasporto della vescicola attraverso lo spazio sinaptico, inibita dalle tossine del tetano e della pertosse Rab3: docking e fusione Il rilascio di neurotrasmettitori è un evento “quantale”: ogni impulso nervoso rilascia un numero predeterminato di vescicole. Il neurone può modificare la risposta, modificando il numero di vescicole reclutate dal pool di riserva e messe in prossimità della zona attiva. Si può avere un potenziamento a breve termine che però può portare anche a depressione della risposta a lungo termine, per esaurimento del pool di riserva. I livelli di Ca2+ hanno un ruolo fondamentale in questo processo.

- alta concentrazione nella prossimità del canale (200 µM), e quindi della membrana, perisinaptica provocano il rilascio delle vescicole in prossimità - alta concentrazione a livello citoplasmatico sinaptico, dovuta ad una continua apertura dei canali del Ca, oppure dovuta al rilascio dai depositi mediata da 2° messaggeri (recettori G-protein q), fanno sì che si abbia un reclutamento delle vescicole di riserva e potenziamento della risposta. Questo fenomeno è alla base della plasticità della risposta neuronale. Il potenziale d’azione fa solo rilasciare le vescicole, ma non ne determina mai il numero. La caratteristica principale della neurotrasmissione è che deve avere un inizio ed una fine. La durata dello stimolo è fondamentale per misurare l’entità complessiva della trasmissione. Il neurotrasmettitore è attivo su recettori pre-sinaptici (cioè presenti sulla stessa fibra che lo ha rilasciato) e post-sinaptici (cioè su una fibra differente). Tra le due fibre vi è uno spazio acquoso, detto spazio sinaptico o perisinaptico, dove viene rilasciato il neurotrasmettitore. Questo spazio è fondamentale, perchè è qui che avvengono le reazioni di catabolizzazione del neurotrasmettitore o spegnimento del segnale. Il neurotrasmettitore si lega ai recettori in modo reversibile, cioè formando equilibri reversibili. Il neurotrasmettitore libero è passibile di catabolizzazione o di reuptake. Ci sono casi di rilascio non vescicolare, dove il neurotrasmettitori viene rilasciato quando serve. il NT non sottostà alla precedenti condizioni, ma è rilasciato e quindi attivato solo in date condizioni.

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La biosintesi di questi NT è lenta, il rilascio non è per quanti, ma dipende dalla quantità di Ca2+ presente nella cellula e il rilascio avviene per diffusione. L’esocitosi, la sintesi di NO e la sintesi delle prostaglandine sono tutti eventi attivati da un aumento della concentrazione di calcio (es. le PG sono dei NT importanti infatti possono bloccare la pompa H+/K+ nello stomaco e a livello del SNC coordinano la neurotrasmissione. Spegnimento del segnale avviene per:

- Degradazione enzimatica (colinesterasi e monoaminoossidasi). Si recupera solitamente una parte della molecola degradata (es. colina per l’acetilcolina). Esistono trasportatori specifici per il metabolita che, una volta riportato nel citoplasma, viene utilizzato come substrato per la formazione di nuovo neurotrasmettitore (es. colina + AcCoA = Ach). - Ricaptazione per mezzo di trasportatori presenti sulla membrana dei neuroni presinaptici. Il neurotrasportatore viene riportato nel citoplasma sinaptico. Qui può essere accumulato nelle vescicole oppure, se in eccesso, essere degradato per mezzo di enzimi specifici (terminazioni catecolaminergiche). - Ricaptazione da parte della glia. Questo è un meccanismo importante per lo spegnimento del segnale da GABA, glutammato, glicina. - Diffusione extrasinaptica che permette di ridurre la concentrazione sinaptica diluendo il neurotrasmettitore negli spazi circostanti la sinapsi. Ci possono essere successivamente meccanismi di interazione con recettori su fibre differenti, degradazione enzimatica o ricaptazione da parte di cellule della glia. Questo meccanismo è importante per il coordinamento di aree neuronali, dove si ha una stimolazione iniziale di una fibra e, successivamente, dopo la diffusione del neurotrasmettitore, basse concentrazioni di neurotrasmettitore regolano la funzionalità di molte altre fibre grazie alla presenza di recettori a livello presinaptici di neuroni appartenenti anche a vie di trasmissione differenti (es. varicosità). La modulazione farmacologica può avvenire a diversi livelli. Gli effetti sono: aumento del rilascio di neurotrasmettitore spegnimento del segnale aumento del tempo di trasmissione del segnale Farmaci che sono utili per variare la risposta agiscono su: Movimento delle vescicole: farmaci che interferiscono con la formazione dei microtubuli o che ne bloccano l’attività, impediscono il corretto reclutamento, rilascio, riciclo ed inoltre non permettono di far arrivare nuove vescicole con le porzioni proteiche attive dal Golgi alla sinapsi. Questi farmaci sono ad esempio: colchicina, i tassani, gli alcaloidi della vinca etc. Inibitori della sintesi e metabolismo. La sintesi è il risultato di differenti step biochimici in cui i substrati vengono trasformati in neurotrasmettitori. Se si riduce l’attività sintetica si ha effetto inibitorio sul rilascio. Si può ottenere con due strategie: 1) inibizione dell’enzima (es. derivati catecolici su tirosina-idrossilasi, o come la p-clorofenilalanina su triptofano-idrossilasi) 2) falsi substrati, che sono riconosciute come veri substrati e, quindi, subiscono il normale metabolismo. Le molecole che ne risultano hanno bassa affinità e riducono la sintesi del vero neurotrasmettitore, occupando però gli enzimi e consumando i metaboliti. Vengono anche accumulati nelle vescicole e rilasciati come se fossero veri trasmettitori. es. tiramina, che è presente nel latte, formaggi, lievito e altri cibi, viene solitamente metabolizzata a livello intestinale dalla MAO. Se utilizzo farmaci che sono inibitori delle MAO (detti IMAO) il livello plasmatico di tiramina aumenta e raggiunge le sinapsi. Qui viene metabolizzata in octopamina che compete e fa ridurre la produzione di noradrenalina. Questo fenomeno viene detto “cheese reaction”.

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Inibitori della degradazione: vengono bloccati gli enzimi che degradano il neurotrasmettitore. Ne esistono di vari tipi: - colinesterasi : effetti tossici (gas nervini) sono iperstimolazione e desensibilizzazione; effetti terapeutici utili nella miastenia grave, atonia vescicale, glaucoma - catecolamine : sono metabolizzate dalle MAO ed in misura minore dalle COMT. Gli IMAO (es. pargilina, nialamide) fanno aumentare la concentrazione e gli effetti di noradrenalina, dopamina e serotonina nel SNC - GABA : è metabolizzata dalla GABA-transaminasi, che può essere bloccata da vigabatrina � aumenta la quantità di GABA disponibile. Inibizione dell’immagazzinamento vescicolare: queste molecole bloccano il passaggio citoplasma-vescicola del neurotramettitore. Esistono molte molecole sperimentali, ma nessun farmaco. La reserpina è una molecola modello perchè blocca il trasportatore vescicolare per le catecolamine e la serotonina. Si ha un mancato reclutamento vescicolare ed uno spegnimento della risposta prolungata. In animale provoca ipotensione, ipotermia, depressione, etc. Inibitori del rilascio e della ricaptazione: le proteine coinvolte in questi processi possono essere modificate, impedendo il normale traffico vescicolare. Le tossine botuliniche e tetaniche sono in grado di agire sulle proteine di ancoraggio. Sono entrambe enzimi proteolitici. Tossina botulinica agisce a livello della placca neuromuscolare e blocca il rilascio di acetilcolina inducendo paralisi flaccida. Tossina tetanica agisce a livello del midollo spinale sugli interneuroni inibitori, bloccando il rilascio del GABA ed inducendo paralisi spastica. Tossine come la α-latrotossina (veleno della vedova nera) agiscono sui canali del Ca2+ determinando l’apertura in modo non selettivo. Si ha una esocitosi continua e non coordinata che si accompagna ad un blocco dell’endocitosi. L’effetto finale è il depauperamento del pool vescicolare e paralisi spastica. Modulazione a livello presinaptico: I recettori presinaptici modulano il rilascio. Sono autorecettori (omotropia), cioè l’agonista è lo stesso neurotrasmettitore. - loop inibitorio, che limita il rilascio del neurotrasmettitore (es α2 o GABAB) - effetto facilitatorio come ad es. i β2 che potenziano il rilascio di catecolamine. I beta-bloccanti riducono gli effetti delle catecolamine e si ha ipotensione con benefici dovuti soprattutto agli effetti sul miocardio (utili nell’angina da sforzo, per ridurre la frequenza cardiaca ed aumentare la perfusione coronarica). Sono eterorecettori (eterotropia), cioè sono recettori per altri neurotrasmettitori che però ne limitano il rilascio (recettori associati G-protein che regolano, attraverso la fosforilazione, il reclutamento vescicolare, la sensibilità e la durata di apertura del canale del calcio voltaggio dipendente, etc). Inibitori della ricaptazione: (usati per depressione e schizofrenia) sono importanti perché prolungano il tempo di permanenza (non il numero di NT!!!Dipende quindi dalla velocità dei trasportatori) del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. Uptake di tipo 1 a livello presinaptico (il tipo 1 garantisce il continuo funzionamento), uptake di tipo 2 a livello postsinaptico. Sono inibitori ad esempio dell’uptake delle catecolamine e della serotonina, come la imipramina, la fluoxetina. L’effetto secondario è una rapida desensitizzazione, seguita da down-regulation del numero di recettori (es. downregulation dei β1 che nella sindrome depressiva porta ad un peggioramento dei sintomi della patologia).

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La cocaina e la polvere d’angelo portano ad un blocco dell’uptake di serotonina e catecolamine con effetti acuti e tossicità ritardata (neurotossicità). Farmaci ad azione indiretta: questi farmaci provocano la fuoriuscita del neurotrasmettitore dalla vescicola al citoplasma. Si ha rilascio del neurotrasmettitore dovuta all’estrusione da parte del trasportatore che lavora al contrario. Non si ha rilascio quantale, ma diffusione. Le amine simpaticomimentiche indirette agiscono sui sistemi aminergici e provocano Tachifilassi. Alcune di queste molecole possono funzionare anche da agonisti, come l’amfetamina e l’efedrina. L’amfetamina causa estrusione delle monoamine via antiporto, blocca le MAO, blocca il trasportatore vescicolare.

La trasmissione catecolaminergica (sostanze che hanno un anello

catecolico) Tutti gli assoni EFFERENTI che lasciano il Sistema Nervoso Centrale che non riguardano l’innervazione dei muscoli scheletrici, appartengono al Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Le funzioni del SNA sono quelle involontarie non coscienti, “viscerali”, che regolano e mantengono l’omeostasi dell’organismo. In particolare: - ritmo e forza di contrazione del cuore - calibro dei vasi sanguigni - tono muscolare nei sistemi gastrointestinale, genito-urinario e dei bronchioli - accomodamento dell’occhio e diametro della pupilla - secrezione ghiandolare La farmacologia del SNA riguarda i farmaci che agiscono o sui neuroni o sui recettori sulle cellule bersaglio come muscolo cardiaco, muscolo liscio e ghiandole. I farmaci possono agire: - direttamente sui recettori, centrali o periferici, con agonisti ed antagonisti - agendo a livello centrale per il rilascio periferico dei neurotrasmettitori E’ composto da centri di controllo situati all’interno del SNC e da una rete periferica di nervi efferenti: - L’IPOTALAMO è il sito di integrazione principale del sistema - Il midollo allungato e il sistema limbico sono altri centri di coordinamento. Le fibre afferenti sono simili a quelle somatiche. Il SNA è riferito ai neuroni efferenti che innervano gli organi bersaglio. Nella via somatica c’è 1 solo neurone dal SNC all’organo effettore. Nella via autonoma ci sono sempre 2 neuroni collocati in serie che si intersecano nel ganglio. C’è sempre una fibra PRE-GANGLIARE ed una POST-GANGLIARE. Il SNA ha origine da corpi cellulari neuronali all’interno del SNC, dai quali escono fibre PREGANGLIARI MIELINICHE. Nei GANGLI periferici formano sinapsi con i corpi cellulari delle fibre POST-GANGLIARI NON MIELINICHE che innervano gli organi effettori. Il SNA si suddivide in SIMPATICO e PARASIMPATICO. I corpi cellulari del simpatico pregangliare sono localizzati nella sostanza grigia intermedio-laterale del midollo spinale a livello della zona T1-L3. Ci sono 2 tipi di gangli simpatici: - paravertebrali (colonna vertebrale) - prevertebrali (addome) I corpi cellulari dei nervi del parasimpatico sono localizzati nella parte bassa del tronco encefalico (mesencefalo e midollo allungato) e nella porzione sacrale del midollo spinale nella zona S2-S4. La componente cranica (nervi cranici III, VII, IX, X) riguarda:

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- nervi oculomotori - nervi faciali - nervo glosso faringeo - nervo vago I gangli parasimpatici sono in prossimità dell’organo bersaglio. Le fibre simpatiche pregangliari tendono a fare sinapsi con un numero elevato di fibre post-gangliari. Le fibre parasimpatiche con poche. Non esiste una vera e propria sinapsi tra SNA e organo bersaglio, dato che il nervo ha delle varicosità da dove viene rilasciato il neurotrasmettitore. La maggior parte degli organi è innervata sia dal simpatico che dal parasimpatico. Solitamente hanno effetti opposti dovuti o all’attività opposta sulla stessa cellula o su quella su diverse cellule che hanno effetti opposti (es. iride). Nel caso di organi con attività intrinseca questi sistemi ne regolano solo il funzionamento, aumentando o diminuendo la funzionalità (es. cuore, intestino)

Tutte le fibre pre-gangliari immagazzinano e rilasciano Acetilcolina (Ach), sia nel simpatico che nel parasimpatico. Le fibre post-gangliari immagazzinano e rilasciano o Ach, o Noradrenalina (NA, detta anche norepinefrina NE) o adrenalina (detta anche epinefrina). NA e adrenalina sono anche rilasciate dalla midollare del surrene (cellule cromaffini). Le fibre sono quindi o colinergiche o adrenergiche. FIBRE COLINERGICHE:

- fibre pregangliari a tutti i gangli nel sistema nervoso autonomo e quelle alla midollare del surrene (recettori postgangliari nicotinici)

- fibre parasimpatiche post-gangliari agli organi effettori (recettori sull’organo muscarinici)

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- fibre simpatiche post-gangliari alle ghiandole sudoripare e alcune fibre simpatiche dirette ai vasi dei muscoli scheletrici (recettori sull’organo muscarinici)

FIBRE ADRENERGICHE:

- fibre post-gangliari dirette agli organi effettori del simpatico (recettori sull’organo α oppure β adrenergici). La Noradrenalina è rilasciata dal terminale post-sinaptico, mentre l’adrenalina è prodotta dalla midollare della surrene e liberata direttamente in circolo. La surrene è quindi una specie di ganglio simpatico secernente.

Sistema catecolaminergico

A livello del SNC, le catecolamine noradrenalina, adrenalina e dopamina hanno distribuzioni peculiari con funzioni ben distinte. SISTEMI ADRENERGICI (Vie Adrenergiche): L’adrenalina è presente in alcuni neuroni della sostanza reticolare del bulbo: Le proiezioni ascendenti raggiungono il locus coeruleus, l’ipotalamo e il talamo. Le proiezioni discendenti innervano la colonna laterale del simpatico nel midollo spinale. SISTEMI NORADRENERGICI (Vie Noradrenergiche): Originano dal locus coeruleus e dal tegmento laterale. Dal locus coeruleus proiettano nel midollo spinale, nel cervelletto, nella corteccia, e nell’ippocampo. Dal tegmento laterale proiettano nell’ipotalamo, nel bubo olfattivo e nelll’amigdala. - Sono responsabili del controllo centrale dell’attività del sistema nervoso vegetativo: - fibre al tronco encefalico - indiretto con fibre ascendenti verso ipotalamo - Gestiscono attraverso baro- e chemo-recettori la pressione sanguigna, la stimolazione dei recettori α2 postsinaptici localizzati nel nucleo del tratto solitario e nel locus coeruleus diminuisce l’attività dei neuroni noradrenergici efferenti e quindi riduce il tono simpatico periferico e la pressione arteriosa. - Sono coinvolti nella patogenesi della depressione, in seguito a diminuzione di α2 e aumento di β1 (secondo me sono β2) nella corteccia frontale e nel sistema limbico. - Sono coinvolti nella regolazione dello stato di veglia, insieme ad altri neurotrasmettitori (la stimolazione degli α1 nelle aree di proiezione del locus coeruleus promuove lo stato di veglia, la stimolazione degli α2 sui corpi cellulari e sui dendriti dei neuroni del locus coeruleus produce uno stato di sedazione). - Comportamento alimentare, insieme ad altri neurotrasmettitori (α2 ha effetto facilitatore su parte mediale dell’ipotalamo, mentre β2 ha effetto inibitore nella parte laterale dell’ipotalamo - Effetti endocrini. A livello ipotalamico e ipofisario su rilascio di vari ormoni. ACTH α1 stimola β2 inibisce GH α1 inibisce la liberazione sia tonica che fasica, α2A facilita TSH α1 facilita mediante la liberazione di TRH FSH e LH α1 stimola l’ipotalamo che stimola adenoipofisi via LHRH SISTEMI DOPAMINERGICI (Vie Dopaminergiche)

Sono presenti nei circuiti neuronali nigrostriatale, (mesotalamico), mesolimbico e mesocorticale, (tuberoinfundibulare) e tuberoipofisario:

- I neuroni dopaminergici nigrostriatali sono nella parte compatta della substantia nigra ed innervano tutto lo striato (caudato e putamen). Regolano il sistema extrapiramidale. Sono quindi importanti per il coordinamento del movimento volontario (Parkinson) e del tono muscolare.

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- I sistemi mesolimbico e mesocorticali sono implicati in processi psichici, mnemonici ed emotivi. Regolano i processi cognitivi (DA2) e psichici, e sono implicati nella patogenesi della schizofrenia e dipendenza da sostanze d’abuso. - Sistemi che innervano a livello ipotalamico regolano l’appetito e la temperatura corporea - Modulano alcuni sistemi endocrini, modulano il rilascio di prolattina (D2) - E’ presente una via dopaminergica che innerva (D2) la CTZ, regolando la nausea ed il vomito - I recettori dopaminergici D1 regolano la vasodilatazione cerebrale - I recettori presinaptici D2 inibiscono il rilascio di NA inibendo i canali per il Ca2+. La sintesi dei neurotrasmettitori utilizzati in queste vie ha origine da componenti presenti nella dieta. I precursori sono gli aminoacidi essenziali FENILALANINA e TIROSINA. La fenilalanina viene trasformata in tirosina dalla fenilalanina idrossilasi e la sintesi è soggetta a meccanismi di controllo a feedback. La regolazione del processo di sintesi è a carico del primo stadio, l’enzima tirosina-idrossilasi. Questo enzima è presente a livello del reticolo endoplasmatico ed è inibito dal prodotto finale della sintesi, la noradrenalina e la dopamina (self-regulation). L’eccesso di sintesi di catecolamine viene comunque regolato dall’attività delle MAO mitocondriali che catabolizzano la molecola. L’alfa-metil-para-tirosina è un altro inibitore competitivo della tirosina idrossilasi. La Dopa-decarbossilasi è presente nei neuroni, ma anche a livello periferico in vari organi. E’ poco specifico e riconosce solo gli isomeri L. Gli inibitori enzimatici che non passano la barriera ematoencefalica (carbidopa, benserazide), sono utili per evitare attività periferica dell’L-DOPA, come il vomito e l’ipotensione. La dopamina-β-idrossilasi è presente anche all’interno della vescicola soprattutto a livello della surrene, ed è inibita dal disulfiram (antiabuso). All’interno delle vescicole (dette anche granuli cromaffini) sono concentrati e complessati NA, dopamina-β-idrossilasi, cromogranine acide, Ca2+, Mg2+ e ATP (cotrasmettitore, 1 ATO ogni 4 catecolamine), che formano dei granuli. I complessi servono per ridurre l’osmosi e favorire l’accumulo contro gradiente. Il trasportatore viene inibito dall’alcaloide vegetale reserpina, che determina deplezione dei depositi di NA (e altre catecolamine): inibendo il trasporto, la NA rimane nel citoplasma dove viene metabolizzata dalle MAO presenti sulle membrane mitocondriali. L’arrivo di un impulso nervoso provoca il rilascio di NA dalla terminazione nervosa, processo Ca2+-dipendente. Il rilascio di NA dalle vescicole è inibito dalla guanetidina. Le catecolamine non possono essere somministrate per via orale tal quali perchè sono metabolizzate a livello intestinale dalle MAO e a livello epatico dalle MAO e dalle COMT. Esiste un complesso sistema per il controllo del rilascio di NA SISTEMA A FEED-BACK : la NA presente nello spazio sinaptico puo’ interagire con recettori α2 presinaptici che inibiscono ulteriore rilascio di neurotrasmenntitore RECETTORI PER LE PROSTAGLANDINE : recettori per le PG situati a livello presinaptico possono modulare (inibendo) il rilascio di NA. RECETTORI MUSCARINICI : il sistema colinergico puo’ inibire il rilascio di NA. La fine del segnale di trasmissione è determinata dalla ricaptazione (uptake) di NA all’interno dei neuroni. NA viene trasportata all’interno dei neuroni da un trasportatore definito uptake 1 (trasportatore ad alta affinità). Circa l’80 % viene ricaptato. Esiste anche un trasportatore nelle cellule non neuronali

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o presente sulla fibra post-sinaptica (uptake 2, a bassa affinità). I trasportatori di NA e ADR utilizzano come ‘motore’ il gradiente di Na+ generato dalla Na+/K+-ATPasi. I triciclici e la cocaina si legano al trasportatore, bloccandolo (tachifilassi da esaurimento di neurotrasmettitore). Diversi farmaci inibiscono l’uptake 1: Antidepressivi triciclici. Quelli di 1° generazione inibiscono la ricaptazione di NA e anche di serotonina (imipramina, nortriptilina). La 2° generazione di farmaci ha strutture differenti ma effetti simili. Ora esistono inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (ISRS o SSRI) come la fluoxetina e la paroxetina. Questi non interferiscono con l’uptake di NA. Cocaina. A livello centrale, blocca i trasportatori soprattutto per la dopamina a livello mesolimbico-corticale. Si ha una liberazione non quantale con effetti di tipo euforia, veglia, anoressia. A livello periferico blocca il riuptake di noradrenalina con effetti sul cuore dovuti a vasocostrizione coronarica, ischemia coronarica e cerebrale. Altre all’uptake (80%), sono coinvolti altri due meccanismi: la deaminazione ossidativa e l’orto-metilazione. Deaminazione mono-ossidativa. Riguarda la noradrenalina e l’adrenalina e poi tutti i prodotti delle COMT. Questa reazione è dovuta all’azione delle monoamino-ossidasi (MAO). Le MAO neuronali sono a livello della membrana esterna dei mitocondri della terminazione catecolaminergica. Due tipi di MAO: MAO-A sono ubiquitarie, e deaminano la NA e sono presenti sia nei neuroni centrali che periferici di tipo adrenergico e serotoninergico. MAO-B sono soprattutto neuronali e del tratto gastro-enterico. Deaminano la dopamina e la tiramina ed altre molecole similari. Se si assumono alimenti ricchi di tiramina (lievito, latticini in generale, vino, etc) insieme agli inibitori delle MAO si può avere, a livello del neurone la produzione di octopamina, un falso neurotrasmettitore, che riempie le vescicole e viene rilasciato al posto di NA. Effetti collaterali dovuti al depauperamento delle vescicole e alla scarsa neurotrasmissione (crisi ipertensive, anche pericolose). Gli inibitori di MAO, detti I-MAO, possono essere utili come antidepressivi, come adiuvanti nella terapia del Parkinson, etc. Orto-metilazione: La catecolo-ortometil-transferasi (COMT) è un enzima importante per la terminazione extraneuronale del segnale. Metabolizza i prodotti delle MAO, dell’aldeide reduttasi, dell’aldeide deidrogenasi, etc. Sono enzimi ubiquitari, attivati da Mg2+ e dal Ca2+. Sono soprattutto localizzati in sede postsinaptica, sulla membrana esterna della zona attiva e più in generale nello spazio sinaptico. Una piccola parte di NA va anche in circolo. Stimolazione diretta sui vasi, poco intensa, ma utile per coordinare i segnali a livello vascolare in modo integrato. Inibitori come l’entacapone e tolcapone (ritirato dal commercio) inibiscono le COMT periferiche. Vengono dati in associazione con levodopa/carbidopa per prolungarne l’effetto. Limitano gli effetti “wearing-off”. Consente inoltre di ridurre la dose di levodopa/carbidopa del 20-30%. I recettori sono tutti metabotropi, accoppiati a proteine G. Sono suddivisi in recettori Adrenergici : adrenalina (epinefrina) noradrenalina (norepinefrina) Dopaminergici: dopamina Adrenergici:

Comprende una famiglia di recettori suddivisi in recettori di tipo αααα e di tipo β, che riconoscono A, NA e poco la dopamina. Ci sono almeno 6 (forse 8) tipi α (1A,B,C,D + 2A,B,C,D) e 3 di β, suddivisi in base alla loro differente affinità per l’agonista.

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αααα : adrenalina > noradrenalina >> isoproterenolo (broncodilatatore) β : isoproterenolo > adrenalina > noradrenalina

Recettori adrenergici α1

I recettori α sono differenziabili grazie alla loro differente sensibilità per due agonisti, la fenilefrina (α1) e la clonidina (α2) e due antagonisti prazosina (α1) e yoimbina (α2).

α1 = sono presenti nella muscolatura liscia vascolare, cute, ghiandole, sfinteri (sono detti VASCOLARI). α2 = sono presenti nelle terminazioni noradrenergiche a livello presinaptico dove controllano ed inibiscono il rilascio della NA (feedback negativo). A livello dei gangli simpatici, inibiscono a livello postsinaptico l’azione di Ach (trans-regolazione eterologa postsinaptica). Possono anche essere lontano dalle terminazioni nervose e sono sensibili alle catecolamine circolanti (stress, ipertensione, etc.). αααα1A,B,C sono associati alla proteina Gq, che attiva la PLC. Aumentano quindi il livello di IP3 e DAG. Di conseguenza aumenta il livello intracellulare di [Ca2+]i e l’attività PKC. Livello centrale : aree noradrenergiche della corteccia, ippocampo e ipotalamo. Livello periferico : legati a ortosimpatico e presenti a livello dei vasi, muscolatura liscia gastrointestinale, del tratto genitourinario e nel cuore. Hanno attività vasocostrittrice (aumento pressione arteriosa con bradicardia riflessa) αααα1D non sono ancora stati ben caratterizzati Recettori adrenergici α2

I recettori αααα2A,B,C sono accoppiati a proteina Gi (inibizione AMPc), attivano canali per K+ ed inibiscono a livello neuronale i canali del Ca2+. αααα2A inibiscono la formazione di AMPc ed attivano i canali del K+. A livello centrale sono espressi nel tronco encefalico, nella corteccia cerebrale, nell’ippocampo, nel cervelletto, nell’ipofisi e nel midollo spinale. A livello periferico sono espressi soprattutto nelle isole pancreatiche (cellule β) e fanno ridurre la secrezione di insulina (rene, muscolatura scheletrica, muscolatura bronchiale e vasi). αααα2B inibiscono la formazione di AMPc ma anche in modo diretto l’attività dei canali VDCC per il Ca2+. Inibiscono a livello presinaptico il rilascio di NA. Sono presenti a livello postsinaptico soprattutto a livello del diencefalo. αααα2C inibiscono la formazione di AMPc. Sono presenti a livello del fegato, nelle piastrine (facilitano l’aggregazione), nei vasi renali, nella muscolatura liscia dei vasi scheletrici, nella muscolatura liscia bronchiale. A livello centrale sono presenti nei gangli della base e nel cervelletto. αααα2D sono presenti a livello dei terminali nervosi. Inibiscono in modo diretto l’attività dei canali VDCC per il Ca2+ e fanno ridurre il rilascio dei NA (sostanzialmente inibitori presinaptici). Recettori adrenergici β

Questi recettori sono accoppiati ad una proteina Gs ed aumentano i valori di AMPc. Alcuni sottotipi (sicuramente β1) fosforilano attraverso l’attivazione di PKA il canale VDCC ed aumentano l’influsso di Ca2+. Ne esistono almeno 3 sottotipi: ββββ1 sono localizzati nel cuore (sede più importante, nodo SA, atrio, nodo AV, Purkinje e ventricolo), nell’apparato iuxtaglomerulare del rene (aumentano il rilascio di renina), e nel SNC. Sono sensibili all’adrenalina e alla noradrenalina allo stesso modo. In particolare, nel cuore l’agonista ha effetti: INOTROPO + (aumento della forza contrattile) CRONOTROPO + (migliora l’automatismo contrattile, aumenta la frequenza) BATMOTROPO + (aumenta l’eccitabilità)

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DROMOTROPO + (aumenta la conduttività AtrioVentricolare) ββββ2 (sono detti anche polmonari) sono localizzati a livello della muscolatura liscia vasale delle arteriole (coronarie, vasi renali e gastrointestinali), del cuore (aumento forza di contrazione e frequenza), della muscolatura liscia degli organi (bronchi, stomaco, tratto genitourinario), fegato (glicogenolisi) e muscolatura scheletrica (glicogenolisi); presenti anche sulle valvole e parte bassa dell’aorta. Sono poco sensibili alla noradrenalina. Mediano solitamente rilassamento e dilatazione, sono sia presinaptici (aumentano il rilascio di NA) che postsinaptici effettori. Sono bersaglio dei tipici antiasmatici, somministrati come aerosol per evitare complicanze cardiache in acuto, ma anche il sovradosaggio locoregionale può dare effetti cardiaci. i β-bloccanti non selettivi possono provocare attacchi d’asma in un asmatico. ββββ3 sono localizzati soprattutto a livello del tessuto adiposo. Modulano la lipolisi.

MECCANISMO D’AZIONE

Nel cuore, l’attivazione della PKA causa la fosforilazione dei canali del calcio e potassio voltaggio dipendenti ⇒ modulazione positiva ⇒ maggiore ingresso di Ca++ ⇒ formazione del complesso Ca++-calmodulina ⇒ attivazione della chinasi della catena leggera della miosina ⇒ fosforilazione della catena leggera della miosina ⇒ contrazione. AZIONE

La stimolazione dei recettori ββββ1 cardiaci determina: aumento della forza di contrazione, della frequenza, della velocità di conduzione e dell’eccitabilità ⇒ uso dei ß1 agonisti selettivi nell’insufficienza cardiaca. Nella muscolatura liscia, la PKA fosforila la chinasi della catena leggera della miosina (MLCK), inattivando la chinasi ed inibendo così la contrazione. La somministrazione cronica di agonisti ß provoca tolleranza (diminuzione della risposta). La tolleranza rappresenta un serio problema terapeutico, dato che si manifesta rapidamente. La tolleranza è dovuta a tre meccanismi, che hanno cinetiche diverse e dipendono tutti dalla fosforilazione del recettore (PKA e ββββ-ARK= beta-receptor kinase). Il polimorfismo è un fattore importante per la risposta terapeutica e per la tolleranza. Recettori Dopaminergici

I recettori dopaminergici sono divisi in due gruppi: - D1, sensibili alla dopamina e all’apomorfina - D2, sensibili alla dopamina, bromocriptina e bloccati da sulpiride.

Sono tutti o pre e post-sinaptici, regolando anche il rilascio di NA. D1 comprendono i due sottotipi D1A e D1B (detti anche D1 e D5) D1A,1B stimolano l’adenilato ciclasi (Gs) ed aumentano l’attività della fosfolipasi Sono presenti prevalentemente sugli organi effettori (cellule endocrine, cellule muscolari lisce mesenteriche e nel rene, nella surrene). D2 comprendono i tre sottotipi D2A, D2B, D2C (detti anche D2, D3, D4) D2A,B,C Riducono l’adenilato ciclasi (Gi) e inibiscono l’influsso di Ca2+ (attivano l’efflusso di K+). Sono presenti nei neuroni cerebrali. Malattia di Parkinson • E’ una malattia neurologica di tipo degenerativo • Prevalenza 0.3% nella popolazione generale • Può insorgere ad ogni età, ma è più frequente nell’anziano • L’età media di esordio è a 55 anni, ma nel 10% dei casi esordisce prima dei 40 anni Sintomi principali della malattia di Parkinson • Bradicinesia - lentezza nell’inizio e nell’esecuzione dei movimenti volontari

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• Rigidità - aumentato tono muscolare e resistenza ai movimenti passivi degli arti • Tremore - si manifesta a riposo • Instabilità posturale – alterazioni dell’equilibrio • Disturbi della deambulazione • Tardivamente in alcuni pazienti si manifestano sintomi cognitivi (demenza) o depressivi A) Perdita di neuroni dopaminergici nella pars compacta della substantia nigra che proiettano al corpo striato; i sintomi non compaiono sinchè i livelli di neuroni dopaminergici nel corpo striato non calano del 70-80%. Sbilanciamento tra i livelli dei neurotrasmettitori acetilcolina e dopamina a livello dei gangli della base Farmacologia dei recettori catecolaminergici

Agonisti ed Antagonisti α1

Gli agonisti sono anche definiti simpaticomimetici. Aumentano le resistenze periferiche, vasocostringendo la muscolatura liscia vascolare. Possono essere usati per decongestionare per gli occhi e per la mucosa nasale (fenilefrina). Gli antagonisti selettivi come la prazosina provocano vasodilatazione e diminuzione della pressione arteriosa. Non hanno effetti su α2 e quindi non bloccano gli autocettori inibitori presinaptici NA, non modificando quindi la frequenza cardiaca (α1A). Sono utili nella terapia antiipertensiva. Agonisti ed Antagonisti α2

Gli agonisti hanno una parte dell’effetto che è dovuto alla diminuita capacità di rilascio della noradrenalina dai terminali dell’ortosimpatico (recettori presinaptici inibitori). - La sitimolazione dei recettori nel tronco encefalico (clonidina) porta ad una: riduzione del tono simpatico aumento del tono parasimpatico Si hanno effetti antipertensivi per diminuzione della pressione arteriosa. - La stimolazione di questi recettori porta a sedazione, quindi sono utili nella preanestesia e

neuroleptoanestesia che permette di ridurre le dosi degli anestetici (clonidina). - L’astinenza da oppiacei provoca sintomi dovuti all’attivazione dei neuroni noradrenergici del

locus coeruleus che sono inibiti da aginisti α2D. Gli antagonisti sono poco utilizzabili. In passato la yoimbina era utilizzata per impotenza α2D. Agonisti ed Antagonisti β

Gli agonisti non selettivi come ad esempio l’isoproterenolo, possono essere utilizzati per il trattamento dell’arresto cardiaco. Gli agonisti selettivi per β2 come salbutamolo, terbutalina etc., sono utili per il trattamento dell’asma bronchiale (vasodilatazione a livello bronchiale). Devono essere utilizzati preferibilmente per via inalatoria per evitare gli effetti cardiaci (tachicardia, aritmie, riduzione K+ plasmatico). Gli antagonisti detti anche beta-bloccanti sono importanti. Quelli selettivi β1 sono utili nell’ipertensione, cardiopatia, ischemia e nelle aritmie. Bloccano i recettori a livello cardiaco, diminuendo la forza di contrazione, della gittata e della frequenza cardiaca. Il propanololo è il capostipite ma non distingue tra β1 e β2. Atenololo e metoprololo sono più selettivi β1. Acebutololo ha proprietà anti-ipertensive ed antianginose. I recettori sono coinvolti nelle funzioni psichiche (D2)(attenzione, organizzazione) e le alterazione di questi sistemi portano a schizofrenia. Sono importanti nel CTZ (D2) insieme a recettori muscarinici, istamininergici e serotoninergici.

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Gli antagonisti D2A e D2B, come il domperidone non passano la BEE ma arrivano nella CTZ e quindi sono potenti antiemetici. I farmaci attivi su questi recettori presenti a livello del sistema ipotalamico, che regola l’appetito e la temperatura corporea, possono dare una sindrome maligna da neurolettici (antipsicotici e neurolettici). Anche a livello endocrino, i neurolettici possono portare squilibri nel rilascio di prolattina (D2). Nell’uomo possono dare impotenza, ginecomastia Nella donna possono dare amenorrea, galattorrea Gli agonisti D2C come la bromocriptina possono essere utili nel controllo della prolattina nelle patologie in cui vi è un aumento del rilascio. Gli agonisti possono essere utilizzati a basse dosi per stimolare D1A e D1B a livello renale, splancnico e coronarico. Si ha dilatazione delle arterie renali ed aumento del flusso urinario. Sono utili nello shock cardiogeno dove si ha attivazione del simpatico (ipovolemia, infarto al miocardio) e si ha vasocostrizione periferica e renale (acidosi). La dopamina è il farmaco di scelta. Per i D2c ci sono gli agonisti derivati dell’ergot come la bromocriptina, lisuride, pergolide, lergotrile carbegolina. Questi sono anche antagonisti D1 (agonisti parziali) utili nel Parkinson. Pergolide e apomorfina sono agonisti D1 e D2 che possono essere utilizzati con L-DOPA per limitare la sindrome “on-off”. L’apomorfina era iniettata nei corpi cavernosi per attivare l’erezione. Antagonisti D2 sono utilizzati per il trattamento dei sintomi della schizofrenia. Sono neurolettici o antipsicotici (turbe senso-percettive, agitazione psicomotoria). Sono di tre tipi (fenotiazinici, tioxantenici e butirrofenoni). Gli effetti collaterali da blocco dei D2 sono molti (Parkinsonismo, ipotensione ortostatica, ginecomastia, amenorrea, etc.). I neurolettici di tipo butirrofenonico sono anche ansiolitici e danno sedazione. Se in associazione con analgesici oppioidi si deprime SNC e si ottiene uno stato di neurolepto-analgesia utile in anestesiologia.

La trasmissione colinergica Il mediatore chimico della trasmissione colinergica è l’acetilcolina 1866 Sintesi della acetilcolina (Ach) da parte di Bayer 1913 Dale ipotizza il ruolo della Ach nella neurotrasmissione 1914 Dale dimostra la duplice azione della Ach sulla pressione arteriosa e ipotizza l’esistenza di 2 recettori che chiama nicotinico e muscarinico 1921 Loewi dimostra l’esistenza di una sostanza liberata dal vago con azione simile 1930-1950 Gaddum e poi Elliott dimostrano l’esistenza di Ach nella midollare surrenale e nel cervello 1974 Identificazione molecolare dell’Ach con GC/MS 1984 Haga e Collaboratori purificano e sequenziano il recettore nicotinico 1988 Unwin ricostruisce la struttura del canale ionico nicotinico Sistema nervoso periferico:

L’Ach è il neurotrasmettitori responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi nelle seguenti sinapsi periferiche: - Giunzione tra parasimpatico postgangliare e cellule effettrici ghiandolari, muscolari lisce e

pace-maker [AchR (muscarinico)]

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- Giunzione tra fibre del simpatico e ghiandole sudoripare [AchR (muscarinico)] - Sinapsi fra le fibre pregangliari e i neuroni postgangliari di ambedue le sezioni del sistema

neurovegetativo [AchR (nicotinico)] - Giunzione tra fibre nervose del nervo splancnico che innervano la ghiandola surrenale e le

cellule della midollare del surrene (liberazione di catecolamine) [AchR (nicotinico)] - Giunzione tra le terminazioni dei motoneuroni spinali e cellule muscolari striate (placche)

[AchR (nicotinico muscolare)] - Infine l’Ach causa una vasodilatazione generalizzata in quanto agisce sulle cellule endoteliali e

stimola la produzione di NO che rilascia i muscoli lisci vasali In tutte queste sinapsi la trasmissione colinergica può essere modulata da cotrasmettitori. Le azioni muscariniche dell’Ach possono essere riprodotte dall’iniezione di muscarina (principio attivo del fungo velenoso Amanita muscaria), e abolite dall’iniezione di atropina (Atropa Belladonna) a basse dosi. Si osservano effetti dovuti genericamente al parasimpatico (effetto postsinaptico): neuronali (SNC), gangli enterici, gastrici, cardiaci, ghiandolari esocrini. In seguito all’inibizione degli effetti muscarinici mediante atropina, a dosi più elevate di Ach si osservano effetti simili a quelli indotti da nicotina (effetto presinaptico): stimolazione dei gangli autonomi stimolazione dei muscoli volontari secrezione di adrenalina dalla midollare della surrene Sistema nervoso centrale

I neuroni colinergici nel cervello umano si trovano: 1. Nel setto mediale, nella

banda diagonale di Broca e nel nucleo basale di Meynert. I neuroni colinergici rappresentano dal 50 al 75% delle cellule presenti nelle rispettive regioni e le loro proiezioni formano la principale afferenze colinergica alla corteccia cerebrale, l’ippocampo, il bulbo olfattorio e l’amigdale.

2. Gli interneuroni colinergici del nucleo caudato e putamen

3. I nuclei colinergici del tronco bulbo-mesencefalico nel nucleo segmentale peduncolopontino, nel nucleo segmentale latero-dorsale, nel nucleo mediale abenulare e nel nucleo parabigeminale.

Il neurotrasmettitore Ach è mediatore in: - Attivazione corticale e trasmissione talamo-corticale nel cervello anteriore. La degenerazione

porta a demenza senile, Parkinsoniana, alcolica, traumatica. - I neuroni colinergici regolano, nel nucleo caudato e nel putamen, i movimenti per via

extrapiramidale. Se mancano i neuroni dopaminergici che regolano negativamente i neuroni

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colinergici, come nel Parkinson o con l’uso di neurolettici, si ha iperattività di questi neuroni, con conseguente rigidità e tremori.

- Nel nucleo arcuato contribuiscono a regolare la secrezione dell’ormone della crescita. In generale la trasmissione colinergica centrale è implicata nei processi fisiologici: - cognitivi (muscarinici) - acquisizione informazioni - accumulo informazioni - richiamo informazioni - regolazione cardiovascolare e pressoria arteriosa - analgesia - secrezione ormonale - movimenti volontari (nicotinici) - sonno - percezioni - umore Sintesi dell’acetilcolina (Ach)

La base di partenza è la colina presente nel plasma e nei liquidi extracellulari o che deriva da fosfatidilcolina assunta con il cibo; una quota compresa tra il 35 e il 50% della colina che si forma per idrolisi dell’ACh liberata nello spazio sinaptico viene ricatturata e nuovamente utilizzata per la sintesi di Ach. Nei neuroni colinergici vi è un trasporto ad alta affinità. Esistono dei meccanismi omeostatici molto precisi per mantenere la concentrazione nel plasma a 10 µM. L’acetil-CoA è necessario per il legame con la colina, origina dal metabolismo del glucosio e piruvato ed è prodotto dai mitocondri. La colina-acetiltransferasi (CAT) sintetizza l’acetilcolina a livello del citosol sinaptico. colina + AcetilCoA → Ach

La sintesi dell’enzima è sotto lo stretto controllo di ormoni tiroidei, estrogeni e NGF che ne possono far aumentare la sintesi. All’interno delle vescicole, l’Ach si trova spesso associata ad ATP come costrasmettitore, soprattutto a livello centrale. la disponibilità di colina è il fattore limitante la sintesi di Ach e la capacità del sistema di captazione aumenta proporzionalmente alla liberazione e alla necessità di sintesi del trasmettitore. La trasmissione colinergica : spegnimento del segnale

Dopo il rilascio vescicolare, il segnale è spento attraverso la degradazione enzimatica mediata dall’enzima Acetilcolinesterasi (AchE) e in piccola parte per diffusione. Questo enzima è legato alla membrana basale della sinapsi, ma può essere presente anche in forma libera (solubile) all’interno dello spazio sinaptico. La forma solubile è prodotta dai neuroni e rilasciata all’esterno. AchE ha un’ elevata processività ed è una serina-idrossilasi. Funziona in due step mediante l’attività di due “tasche” di legame, dove ci sono la serina (sito catalitico) e il glutammato (sito anionico) rispettivamente. La prima tasca lega la colina o l’eventuale inibitore, la seconda lega l’acetato o la pralidossima. Esistono altri enzimi in grado di idrolizzare l’acetilcolina al di fuori della sinapsi e a livello tissutale e plasmatico. In particolare, la butirrocolinesterasi (o butirrilcolinesterasi) detta anche pseudocolinesterasi (BuChE), che ha un’ampia distribuzione nei vari tessuti come il fegato, pelle, cervello, muscolatura liscia gastrointesinale. Esiste anche la forma solubile nel plasma. Questo enzima è meno specifico della AchE ed è in grado di metabolizzare l’acetilcolina, il sussametonio, la procaina, la benzoilcolina.

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Farmaci che inibiscono la colinesterasi

Vi sono tre categorie di farmaci anticolinesterasici, quelli a breve durata d’azione, quelli a media e quelli a lunga o irreversibili. Anticolinesterasici a breve durata d’azione:

Hanno pochi utilizzi. L’edrofonio è quello più utilizzato soprattutto per la diagnosi della miastenia grave. Si ha un miglioramento della contrattilità muscolare. Anticolinesterasici a media durata d’azione: Vi sono alcune molecole come la neostigmina, la fisostigmina (eserina), la piridostigmina e la tacrina che hanno differenti utilizzi. Rallentano l’attività enzimatica in modo reversibile. Neostigmina è utilizzata per antagonizzare il blocco neuromuscolare Fisostigmina per il trattamento del glaucoma Piridostigmina per il trattamento della misatenia grave Tacrina per il trattamento dell’Alzheimer Anticolinesterasici a lunga o irreversibili: Sono attivi su AchE e su BuChE. Sono composti del fosforo pentavalente (organofosforici) che furono sviluppati come gas bellici o pesticidi. I pìù noti sono il parathion, ecotiofato, isofluoropato, tabun, sarin. Formano legami irreversibili solo dopo molto tempo. Nelle prime 2-4 ore sono reversibili. Il pralidossima, un antidoto, è in grado di scalzare queste molecole, ma solo se utilizzato entro breve tempo, altrimenti è inutile. Funziona solo se l’inibitore si è legato nella prima tasca, ma non alla seconda, dove si deve legare il pralidossima. Si forma quindi una molecola di coniugazione pralidossima-organofosforico (pralidossima fosfonato) che si stacca e libera l’enzima che funziona nuovamente. Se si aspetta troppo tempo dopo l’intossicazione, anche la seconda tasca lega l’inibitore ed il legame diviene irreversibile (legame “invecchiato”). Effetti dei farmaci che inibiscono la colinesterasi (anticolinesterasici)

• Sulle sinapsi colinergiche autonome: Aumento dell’attività colinergica nelle sinapsi postgangliari del parasimpatico.

secrezione ghiandolare secrezione lacrimale secrezione bronchiale secrezione gastrointestinale blocco accomodazione della visione vicina caduta della pressione intraoculare Dosi elevate aumentano Ach nel plasma, inducendo bradicardia ipotensione difficoltà respiratoria • Sulla giunzione neuromuscolare:

Aumento dello stimolo contrattile: Attività elettrica ripetitiva dovuta all’attività prolungata delle molecole di Ach che produce un treno di potenziali d’azione.

Se siamo in presenza di tubocurarina, che occupa i recettori della placca, bloccando AchE (es. neostigmina) prolunghiamo il tempo di permanenza nella sinapsi di Ach e si ha maggiore possibilità di esercitare il proprio effetto di contrazione.

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Dosi elevate causano forte contrazione muscolare e paralisi. L’unico antidoto è la trasfusione di plasma dove ci sono elevate quantità di AchE e BuChE. Nella miastenia grave, si ha lo stesso effetto perché la densità recettoriale è assai ridotta. • Sul Sistema Nervoso Centrale Gli organofosforici hanno maggiore affinità per il SNC rispetto agli altri inibitori AchE. Passano bene la barriera BEE ed hanno, quindi, prevalentemente effetti sul SNC, dovuti agli effetti muscarinici. Potrebbero avere un uso potenziale nel trattamento della demenza senile. I sintomi sono: - confusione - convulsioni - depressione - incoscienza - inibizione della respirazione La neurotossicità dei composti organofosforici a livello periferico, che è dovuta prevalentemente all’utilizzo di insetticidi, è legata alla demielinizzazione del nervo periferico. Il meccanismo coinvolto sembra però legato all’inibizione di esterasi specifiche per la mielina, più che al blocco di AchE. Provoca debolezza, e deprivazione sensoriale. Accumulo intracellulare e rilascio di acetilcolina

Una volta sintetizzata, l’Ach è accumulata in vescicole plasmatiche ad una concentrazione circa 100 volte maggiore di quella presente nel citoplasma, tramite due complessi macromolecolari presenti sulla membrana della vescicola. Il primo è una ATP-asi che pompa protoni nella vescicola sinaptica e ne acidifica l’interno, il secondo componente è un trasportatore (VAChT) per l’Ach che scambia uno o più protoni della vescicola con l’Ach citoplasmatica. nelle vescicole l’Ach è contenuta assieme ad ATP, in un rapporto che varia da 5 a 10 molecole di Ach per una di ATP. le vescicole contengono inoltre ioni Ca, Mg, Na e K e proteoglicano ricco di cariche negative il cui ruolo sarebbe di mantenere sia l’equilibrio osmotico che elettrico delle vescicole. La liberazione dell’Ach dai terminali nervosi, indotta dalla depolarizzazione, avviene per esocitosi delle vescicole presinaptiche. Essa è calcio-dipendente, ed ha un carattere quintale. La quantità di Ach rilasciata dipende dalla frequenza di scarica dei neuroni colinergici ed è modulata a livello presinaptico, soprattutto nel SNC, da autorecettori muscorinici e nicotinici ed eterorecettori.

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Trasmissione colinergica: Recettori

Nelle vescicole l’Ach è concentrata circa 100 volte rispetto al citoplasma. Viene introdotto nelle vescicole, grazie ad una ATPasi che fa entrare H+ ed un trasportatore specifico per Ach. Il vesamicolo blocca questo trasportatore. Ach è mascherata nelle vescicole mediante la complessazione con ATP (5-10 Ach / 1 ATP) e con Ca2+, Mg2+, K+, Na+. La concentrazione sinaptica di Ach è costante ed è regolata dall’AcCoA prodotta a livello mitocondriale. Modulazione del rilascio di Ach: - esistono autorecettori ed eterorecettori presinaptici - sono molti e dipendono dal distretto anatomico - fanno parte di complesse reti interneuronali Autorecettori limitano o rinforzano, con un meccanismo a feed-back negativo o positivo (prolungata stimolazione) il rilascio di Ach indotto da depolarizzazione. Gli eterorecettori negativi sono: 5-HT1 e 5-HT2 GABAA α2-adrenergico A1-adenosinico (P1) Fibre sinaptiche che attivano i neuroni colinergici D1 NMDA Sostanza P Ci sono due tipologie di recettori con differente organizzazione molecolare e differente meccanismo di trasduzione del segnale, quelli nicotinici (recettori canale)e quelli muscorinici (recettori accoppiati a proteine G). Recettori nicotinici o nAchR.

Sono localizzati nelle giunzioni neuromuscolari, nei gangli, nelle cellule cromaffini, nel SNC. I nAchR appartengono al gruppo dei recettori-canale specifici per i cationi. La loro attivazione da parte dell’Ach o della nicotina causa l’apertura di un canale ionico per cationi seguita da depolarizzazione e dalla risposta dell’effettore. il protrarsi della stimolazione recettoriali, induce desensitizzazione recettoriali e conseguente blocco della trasmissione sinaptica. Vi sono tre tipologie di recettori, quelli muscolari, quelli neuronali e quelli gangliari. Ci sono differenti recettori nicotinici che rispondono differentemente agli agonisti e agli antagonisti. es. α-bungarotossina a basse concentrazioni blocca nAchR muscolari ma non neuronali es. mecamilamina blocca i recettori gangliari ma non muscolari Gli antagonisti attivi sui recettori periferici sono divisi in:

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- bloccanti della trasmissione gangliare o ganglioplegici - bloccanti della giunzione neuromuscolare o curarici Recettore nicotinico muscolare: E’ posto sulla sommità delle pieghe della membrana postsinaptica della placca neuromuscolare ed è costituito da 5 subunità α, β, δ, ε oppure γ in un rapporto 2, 1, 1, ,1 che formano una struttura a rosetta, contenente un canale ionico. il sito di legame per l’Ach e gli antagonisti competitivi è formato da almeno tre anse peptidiche della subunità α e da due sulla subunità adiacente. L’ampia zona citoplasmatica fra la 3° e 4° porzione transmembrana sarebbe importante per la regolazione citoplasmatica del recettore. Recettore nicotinico neuronale: Sono sempre pentameri che hanno solo le subunità α e β in rapporto stechiometrico 2:3. di ciascuna subunità esistono diversi tipi e tutt’oggi sono state clonate 8 subunità α e 3 subunità β; nel sistema nervoso centrale ci sono in prevalenza α4 β2 (2, 3) e α7 (5) mentre nel gangliare periferico α3 β4 (2, 3). Sono pre e post sinaptici (tetto ottico, midollo spinale). Sono suddivisi in recettori NM, N, NG, dove NM è muscolare, N è centrale neuronale e NG è gangliare. La sensibilità degli agonisti è differente. NM: sono target degli antagonisti nicotinici curarici bloccanti (antagonisti) di tipo competitivo (pancuronio, d-tubocurarina). Sono anche sensibili agli agonisti depolarizzanti (Ach mimetici) come la succinilcolina. Sono adiuvanti in anestesiologia per ottenere il rilassamento della muscolatura striata, eliminando il tono muscolare (paralisi flaccida). NG si utilizza solo il trimetafano per contrastare crisi ipertensive o indurre ipotensione in chirurgia. Recettori di tipo muscarinico M

I recettori muscarinici mAchR sono recettori accoppiati a proteine G. Sono presenti negli organi innervati dal parasimpatico, nei gangli simpatici e nel SNC. Hanno funzioni che sono quelle della regolazione del parasimpatico e simpatico come le funzioni vegetative e cardiache. A livello del SNC sono coinvolti nel processo di apprendimento, memoria, regolazione sonno-veglia. Sono maggiormente coinvolti nella demenza senile e parkinsoniana. Ci sono diversi sottotipi M1-M5. M 1,3,5 stimolano la fosfolipasi C mediante l’accoppiamento con una Gq M 2,4 inibiscono adenilato ciclasi mediante Gi. Possono anche aprire canali del potassio direttamente mediante Go. L’uscita di K+ nelle cellule pace-maker provoca depolarizzazione indotta da corrente di ingresso di Na+ (bradicardia). Agonisti muscarinici: Hanno impieghi molto limitati. Non si usano per sopperire alla mancanza di trasmissione colinergica (Alzheimer). Pilocarpina è un miotico e stimola la salivazione Carbacolo è miotico ed è usato nel glaucoma Betanecolo è indicato nella ritenzione urinaria Metacolina è indicato nelle vasculopatie periferiche Antagonisti muscarinici

Sono molti e vengono detti parasimpaticolitici.

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I principali sono Atropina e Scopolamina (M1, M2, M3), sono attivi anche a livello SNC, dove la scopolamina ha effetti maggiori dell’atropina. Ci sono forme metilate che non passano bene la barriera. Gli impieghi sono molti: Oftalmologia (tropicamide): midriatici e cicloplegici con blocco dell’accomodazione (applicazione locale) Gastroenterici: riduce fino a bloccare la motilità intestinale e la secrezione gastrica (pirenzepina). La scopolamina è indicata nelle cinetosi. Cardiologia: bradicardie sinusali Anestesiologia: per controllare secrezioni, e per potenziare l’effetto neurodeprimente degli anestetici SNC: ridurre l’iperattività dei neuroni colinergici nel Parkinson (antagonisti muscarinici come il triesifenidile, biperidene, orfenadrina) Intossicazioni: l’atropina contribuisce ad eliminare gli effetti tossici della digitale Asma: ipratropio bromuro come dilatatore, se usato per via inalatoria (NO ?) Tossicità e impieghi terapeutici della Tossina Botulinica

L’intossicazione, frequentemente mortale, è caratterizzata da una progressiva paralisi del sistema

parasimpatico e motorio che inizia con alterazioni:

della vista,

difficoltà di deglutizione,

mancanza di salivazione e porta a paralisi respiratoria. Una tempestiva terapia con antitossina può prevenire l’insorgenza dei sintomi e/o la morte. La Tossina botulinica A – Complesso emoagglutinico è disponibile in forma liofilizzata per iniezioni, direttamente nel muscolo, per il trattamento di alcune situazioni spastiche - la deformazione dinamica del piede equino in pz con paralisi cerebrale infantile,

- il blefarospasmo,

- l’emispasmo facciale

- il torcicollo spasmodico.

L’uso è strettamente specialistico e la diffusione della tossina dal punto di iniezione può indurre disturbi generalizzati.

La trasmissione purinergica L’adenosina e l’adenosina trifosfato (ATP) sono molecole con attività periferiche e centrali. A livello sinaptico hanno attività di neurotrasmettitori (co-trasmettitori) e di neuromodulatori (sinapsi differenti da quelle che li hanno rilasciati). Come co-trasmettitori hanno attività sia a livello pre-sinaptico sulla terminazione che li ha rilasciati, sia a livello post-sinpaptico, spesso come eterorecettori presinaptici. Sono spesso colocalizzati con altri trasmettitori all’interno delle vescicole: NA, Ach, DA, 5-HT, Aminoacidi eccitatori e Peptidi. I metaboliti dell’ATP, l’ADP, l’AMP sono anch’essi attivi sugli stessi recettori. La liberazione avviene per depolarizzazione. Lo spegnimento del segnale avviene per: - Degradazione enzimatica. L’Adenosina DeAminasi (ADA), è l’enzima preposto. - Ricaptazione (inibita dal dipiridamolo) Il rilascio di adenosina e ATP non avviene solo dalle cellule di tipo neuronale. Altre cellule la rilasciano nel plasma: - cellule endoteliali - globuli rossi

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- piastrine (ADP media aggregazione) - cellule in carenza alimentare o in ipossia / ischemia A questo livello le purine mediano i meccanismi di “salvataggio” che fanno riattivare le funzionalità cellulare. - risposta al danno cellulare o rilascio per morte cellulare

Recettori purinergici

I recettori sono denominati con la sigla P e si suddividono in sottotipi denominati con la sigla A e P. Sono accoppiati a proteine G o sono recettori canale. P1 sono sensibili all’Adenosina ed agli antagonisti di tipo xantinico come la caffeina, teobromina, teofillina. P2 sono sensibili all’ATP e ADP I recettori P1 sono maggiormente sensibili per l’adenosina sono di due tipi (+1 ?), A1, A2 e forse A3 e sono recettori accoppiati a proteine G. A1 inibisce l’adenilato ciclasi (Gi) e modula - attività della fosfolipasi C - canali ionici per Ca2+ o K+ La localizzazione di questi recettori è varia: - SNC - renale - gastrointestinale - cardiovascolare - cellule del tronco respiratorio, bronchi - cellule del sistema immunitario A2 e suoi sottotipi A e B (ed altri, ?) sono una serie di recettori accoppiati a Gs e stimolano quindi l’adenilato ciclasi. Ha due sottotipi principali, A2A e A2B. Hanno una localizzazione molto diffusa a livello periferico. A3 è legata ad una Gi e le sue funzioni e localizzazioni non ancora definitive Gli effetti dell’adenosina sono molteplici: - depressione attività cardiaca (A1) - inibizione della conduzione AV (A1 hanno attività antiaritmica)

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- ipotensione (A2) - inibizione dell’aggregazione piastrinica (A2) - broncocostrizione dovuta a degranulazione dei mastociti (A3) - nel SNC, inibizione presinaptica (A1) e neuroprotezione “rescue” (A1) A livello cardiaco: i recettori A1 mediano l’effetto inotropo e cronotropo negativo. L’adenosina può essere utilizzata come farmaco per il trattamento delle aritmie sopra-ventricolari, anche nell’urgenza. A livello vascolare: i recettori hanno effetto vasodilatatore diretto (A1) o indiretto (A2), mediante la liberazione di NO. L’adenosina può favorire la perfusione vascolare in condizioni ischemiche. Può essere utilizzata per inibire l’aggregazione piastrinica (A2) e migliorare il quadro ischemico del paziente. A livello del SNC: l’ATP è sia un costrasmettitore che un modulatore. Ha attività eccitatorie transienti a livello postsinaptico (P2X) o inibitorie del rilascio (P2Y), soprattutto per l’Ach. L’adenosina ha attività centrali sui recettori A1 pre e post-sinaptici: - sedativo-ipnotico - anticonvulsivante - ansiolitico - inibitorio rilascio di DA (A2) a livello striatale (peggiora il quadro del Parkinson) Respiratorio: i recettori A1 hanno attività asmogena dovuta a broncocostrizione. Gli antagonisti, come le metilxantine, sono antiasmatici di una certa potenza. L’adenosina induce degranulazione di istamina dai mastociti e basofili (P2Z), e rilascio di Ach dalle terminazioni vagali (P2X), dimostrando un quadro tipico dell’asma.

I recettori P2 per ATP sono di due tipi - due sottotipi di recettore canale, P2X e P2Z. La classificazione è varia P2X1-8

- accoppiati a proteine G, P2Y , P2U , P2T e P2D. La classificazione è varia P2Y1-14

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Recettori canale P2X Mediano le risposte veloci e transienti all’ATP e partecipano alle risposte depolarizzanti in diversi tessuti eccitabili. P2X e sottotipi sono permeabili a ioni Ca++, Na+ e K+ (suramina è antagonista) e sono presenti anche a livello del SNC P2Z sono permeabili a Na+ e sono soprattutto presenti sui macrofagi e mastociti e mediano la degranulazione (asma e infiammazione). Recettori metabotropi P2Y I P2Y e sottotipi sono tutti accoppiati a Gi e Gq ed attivano la fosfolipasi A2 e C e talvolta inibiscono l’adenilatociclasi. Sono presenti a livello del SNC, ma anche nel rene, pancreas, fegato ed endotelio. Qui sono in grado di far rilasciare NO che media la vasodilatazione conseguente l’ischemia, per riperfondere l’organo (ischemia/riperfusione). Non ci sono farmaci in uso clinico.

La trasmissione serotoninergica Il nome origina da sero-tonina, cioè sostanza presente nel siero che è in grado di indurre vasocostrizione. Il nome più preciso è 5-idrossitriptamina. Dei 10 mg presenti nell’organismo, oltre al siero, a livello periferico è concentrata soprattutto nelle cellule cromaffini (90%) della mucosa intestinale. E’ presente anche a livello delle piastrine, che incapaci di sintetizzarla, la assorbono dal siero. A livello centrale, i corpi dei neuroni serotoninergici sono localizzati soprattutto sulla linea mediana del tronco cerebrale a livello del

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bulbo, del ponte e del mesencefalo (nuclei del rafe). Le fibre si estendono a livello di: - corteccia frontale - corteccia superiore - corteccia visiva - talamo - ippocampo - midollo spinale - cervelletto - amigdala Le proiezioni dei neuroni serotoninergici appartengono ad un complesso network di neuroni differenti (reti neuronali) che si intersecano. La base di partenza è l’aminoacido L-triptofano che deriva dalla dieta e in particolare, le diete ricche di carboidrati favoriscono l’uptake di triptofano. La biosintesi di serotonina può essere modificata in base alla disponibilità di triptofano. Gli enzimi coinvolti sono 2, una idrossilasi ed una decarbossilasi. triptofano idrossilasi decarbossilasi L-triptofano -------------------> 5-idrossitriptofano ------------> 5-idrossitriptamina (5-HT) o serotonina L’enzima triptofano idrossilasi è l’enzima limitante la reazione. Il catabolismo all’interno del terminale presinaptico avviene grazie alla presenza di due enzimi: - sulfo-trasferasi - MAO di tipo A a livello mitocondriale (la moclobemide aumenta la concentrazione al terminale

sinaptico di 5-HT) Lo spegnimento del segnale dopo l’esocitosi avviene per ricaptazione e per diluizione. L’accumulo ed il rilascio è assai simile a quello descritto per la NA e dopamina, dato che sfrutta una pompa protonica. La reserpina blocca il trasportatore vescicolare anche per 5-HT. L’amfetamina causa il rilascio di 5-HT dal citoplasma sinaptico per uno svuotamento vescicolare e provoca un rilascio non quantale di 5-HT. La d-fenfluramina e la meta-amfetamina-metilendiossido (MDMA) (ecstasy) sono substrati per il trasportatore sinaptico della serotonina (SERT), oltre che per quello della dopamina (DAT). Sono in grado di far fuoriuscire la serotonina dalle vescicole per attività inversa del trasportatore. Oltre ad avere effetti anoressizzanti e stimolanti, hanno effetti tossici perché producono squilibri omeostatici neuronali. La neurotossicità si traduce in progressiva perdita di neuroni.

Segnale serotoninergico

L’esocitosi è Ca2+ dipendente. Può essere modulata da: - eterorecettori:

o muscarinici o GABA o α2 adrenergici

- autocettori: o inibitori 5-HT presinaptici somato-dendridici (5-HT1A) o presinaptici classici (5-HT1D)

La ricaptazione è il principale meccanismo di spegnimento del segnale. E’ mediata da un trasportatore specifico che è modulabile dallo stato di fosforilazione (PKA). E’ simile a quello per le catecolamine.

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Diluizione. Quella che non viene recuperata (10%) può diffondere all’esterno della sinapsi e raggiunge i vasi sanguigni. Qui esercita effetti diretti a livello vasale. Nell’urina si ritrova il metabolita 5-HIAA.

La trasmissione serotoninergica centrale è coinvolta in: - processi psichici

o umore o inibizione o controllo comportamentale o ↓ dolore o ↓ appetito

- processi psicologici o percezione sensoriale o ↓ comportamento sessuale (rilascio di ormoni) o temperatura corporea o controllo del vomito o ↑ sonno / veglia

La trasmissione serotoninergica periferica è coinvolta in: - tratto gastrointestinale

o Controllo della peristalsi e attività motorie ↓ (inibiscono il rilascio di Ach su recettori presinaptici delle fibre pregangliari dei gangli intramurali) però le slide del prof dicono che i recettori 5-HT4 si trovano principalmente nel sistema nervoso enterico e gli effetti mediati sono eccitatori e determinano un aumento della motilità gastrointestinale

Ricaptazione (90%) Diluizione (10%)

5-HT1A

muscarinici GABA αααα2 adrenergici

5-HT1D

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o Condiziona il rilascio di neuropeptidi (VIP, SP) e neurotrasmettitori intramurali (Ach, DA, NA) ↑

- cardiovascolare

o Vasodilatazione coronarica periferica e vasocostrizione delle arteriole di calibro maggiore

o Vasocostrizione a livello dei vasi del SNC o Ipotensione (ipertono vagale → bradicardia (5-HT3) in un secondo tempo

tachicardia ed aumento della forza di contrazione (5-HT4)

- sistema endocrino

o Aumento della secrezione steroidea o Riduzione della secrezione di prolattina e ACTH → Dosando i livelli di steroidi e

prolattina si può valutare l’attività dei farmaci serotoninergici I recettori per 5-HT

Sono tutti associati a proteine G, tranne il sottotipo 5-HT3 che è un recettore canale per Nain e Kout e quindi depolarizzante. Sono stati descritti, almeno per ora, almeno 7 recettori principali. Ogni tipo recettoriale ha alcuni sottotipi che sono rappresentati in particolari aree anatomiche. Per ora i più descritti sono i primi 3 tipi recettoriali: 5-HT1A, B, D, E, F � Gi 5-HT2A, B,C � Gq 5-HT3 � recettore canale per cationi 5-HT4 , 5 (A, B), 6, 7 � Gs

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I siti bersaglio della terapia sono molti, ma la farmacologia recettoriale è ancora da sviluppare.

Inibitori della ricaptazione.

Molto efficaci sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Il bersaglio è il trasportatore della serotonina, ma non quello per la NA o DA. Questi hanno attività antidepressiva. Sono fluoxetina (Prozac), paroxetina, fluvoxamina etc. Hanno un’ampia finestra terapeutica e non hanno effetti anticolinergici (paroxetina +).

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Inoltre, non hanno il problema della “cheese reaction” comune ai farmaci inibitori delle MAO. Gli antidepressivi triciclici, come amitriptilina o imipramina, sono inibitori generici dei trasportatori per catecolamine ed anche 5-HT.

Agonisti ed antagonisti 5-HT1A.

Questi recettori sono particolarmente abbondanti a livello somato-dendridico (cioè sul corpo somatico e sul dendride, non sul bottone sinaptico) dei neuroni dei nuclei del rafe e sono regolatori negativi del sistema serotoninergico � l’inibizione generalizzata dell’attività del sistema serotoninergico sarebbe responsabile degli effetti ansiolitici degli agonisti dei recettori 5-HTA1 ma anche fonte di prevedibili effetti collaterali quali l’aumento dell’appetito. Agonisti hanno attività: - ansiolitica (buspirone) � ma a differenza dei più noti ansiolitici benzodiazepinici, questi

farmaci sono sprovvisti di attività anticonvulsionante e sedativa e sembrerebbero non causare modificazioni motorie o delle funzioni cognitive.

- ipotensiva � questo recettore è presente anche nei nuclei vasomotori e rappresenta un bersaglio per nuove strategie terapeutiche contro l’ipertensione. la sua attivazione determina anche ipotermia e aumento della produzione di ormoni corticosteroidi.

Antagonisti hanno attività: - antiemicrania (ergotamina è agonista

parziale/antagonista) Agonisti ed antagonisti 5-HT1D.

I farmaci attivi su questi recettori che sono auto- ed eterorecettori presinaptici e recettori postsinaptici, impediscono la liberazione di nitrossido, neuropeptide Y e sostanza P. Questi recettori sono coinvolti nella regolazione della vasocostrizione/vasodilatazione dei vasi cerebrali (postsinaptici), insieme ai recettori 5-HT2A. Agonisti hanno attività: - antiemicrania (sumatriptan) mediando

vasocostrizione � l’efficacia terapeutica sarebbe dovuta all’attivazione del recettore presente sui terminali nervosi delle fibre sensitive del trigemino associate ai grossi vasi meningei.

Antagonisti hanno attività: antiemicrania (ergotamina è agonista parziale/antagonista) Agonisti ed antagonisti 5-HT3.

I farmaci attivi su questo recettore-canale per il Na+/K+ hanno differenti attività. La farmacologia dei recettori presenti a livello del SNC è più importante.

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Questi recettori sono presenti nella corteccia enterorinale e prefrontale, nel nucleo accumbens, nell’amigdale e, in quantità particolarmente elevata, in aree del cervello dorsale implicate nel riflesso del vomito (nucleo del tratto solitario area postrema). L’attivazione del recettore modula la liberazione di diversi NT: per esempio, nelle aree libiche i recettori presinaptici 5-HT3 sono presenti anche su terminali dopaminergici e la loro attivazione produce aumento della liberazione di dopamina. Antagonisti selettivi di questo recettore sono perciò potenziali neurolettici; il fatto che recettori 5-HT3 siano assenti nel sistema nigro-striatale rende gli antagonisti specifici di questo recettore molto interessanti in quanto privi di effetti extrapiramidali che comunemente compaiono durante il trattamento cronico con i classici neurolettici dopaminergici. I recettori nel SNC sono localizzati nell’area postrema e nel nucleo gelatinoso del tratto spinale del trigemino, che appartengono ad un complesso di strutture localizzate intorno alle porzioni caudali del IV ventricolo (dove la barriera ematoencefalica non è completa) e compongono la CTZ (centro di controllo del vomito, chemoreceptor trigger zone). Sono importanti quindi gli antagonisti per il controllo dell’emesi, soprattutto quella indotta da chemioterapici. Antagonisti come ondansetron, granisetron, tropisetron (derivati dell’ergot) sono selettivi per questa area, sono potenti antiemetici, e non hanno effetti extrapiramidali, che è tipica dei farmaci antiemetici antidopaminergici. Non passano la BEE. I recettori a livello SNC inducono il rilascio di colecistochinina e quest’azione sembra avere una rilevanza clinica in quanto questo peptide ha notevoli effetti ansiogeni negli animali da esperimento e nell’uomo.. Sono recettori coinvolti, insieme ai 5-HT1A, anche nello sviluppo di ansia e psicosi. Gli antagonisti centrali 5-HT3 hanno interessanti effetti ansiolitici ed antipsicotici.

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Alcalaiodi dell’ergot

La trasmissione aminoacidergica Gli aminoacidi di maggior interesse in farmacologia sono di due tipi, in funzione del numero dei gruppi che si ionizzano: - aminoacidi neutri : GABA e glicina - aminoacidi acidi : glutammato e aspartato

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Le sinapsi che convergono sui singoli neuroni del sistema nervoso centrale si dispongono in gruppi spazialmente distinti a seconda delle funzioni che svolgono:

• Le sinapsi localizzate sul soma cellulare, in generale, sono inibitorie (es. 5-HT1A) • Le sinapsi localizzate sulle spine dendritiche sono, per lo più, eccitatorie

• Le sinapsi localizzate sulle terminazioni assonali svolgono, per lo più, azione modulatoria • Le sinapsi eccitatorie ed inibitorie posseggono caratteristiche ultrastrutturali diverse

Tipologie di modulazione eterorecettoriale (tipo I e II di Gray) • Le sinapsi di tipo I sono generalmente eccitatorie, come ad esempio, quelle

glutammatergiche, presenta fessura sinaptica larga, vescicole sinaptiche sferiche, ispessimenti presinaptici ben evidenti e membrana basale compatta.

• Le sinapsi di tipo II sono per lo più inibitorie, come tipicamente, quelle GABA-ergiche, presenta fessura sinaptica stretta, vescicole sinaptiche appiattite, ispessimenti presinaptici poco evidenti e membrana basale poco sviluppata.

Le connessioni delle terminazioni presinaptiche contribuiscono a regolare la concentrazione intracellulare di calcio, inibendo o facilitando la liberazione di neurotrasmettitori. Il potenziale d’azione: E’ una variazione del potenziale di membrana che si propaga lungo la membrana di cellule eccitabili, dovuto all’attivazione rapida dei canali voltaggio dipendenti del Na+ che reagiscono a depolarizzazioni della membrana aprendosi in gran numero Le diverse cinetiche dei canali Na+ e K+ voltaggio dipendenti sono descritte dalle variazioni temporali delle loro conducibilita’ di membrana, gNa e gK Tipologie di modulazione eterorecettoriale: L’attività inibitoria si oppone alle influenze eccitatorie. 1) Un potenziale postsinaptico eccitatorio (1) di grande ampiezza che si manifesta isolatamente, sospinge il potenziale di membrana verso EEPSP e fa si che quest’ultimo superi la soglia necessaria per la genesi di un potenziale d’azione. 2) Un potenziale inibitorio (2) che si manifesta isolatamente allontana il potenziale di membrana dalla soglia e lo sospinge verso ECl (-70 mV). 3) Quando potenziali eccitatori ed inibitori insorgono insieme (3), l’efficacia del potenziale postsinaptico eccitatorio risulta ridotta e il potenziale soglia non viene raggiunto

Aminoacidi neutri

Hanno attività inibitoria ed aumentano la permeabilità della membrana agli ioni Cl-- (ingresso), mimando un potenziale postsinaptico inibitorio dovuto alla iperpolarizzazione della membrana postsinaptica.

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L’effetto diventa evidente solo se ci sono molte sinapsi che inducono iperpolarizzazione. A livello presinaptico (fibre di senso) ci sono fibre di tipo asso-assoniche che fanno ridurre la quota di neurotrasmettitore rilasciato, servono quindi da regolatori negativi della trasmissione del segnale. L’attività inibitoria delle sinapsi chimiche determina l’iperpolarizzazione della membrana postsinaptica aprendo canali permeabili al Cl-. Il potenziale postsinaptico inibitorio (IPSP) si inverte al potenziale di equilibrio del Cl-. Se la cellula è polarizzata a un voltaggio inferiore al potenziale del cloro (<-70), allora l’effetto è depolarizzante Il GABA e la glicina sono neurotrasmettitori inibitori La trasmissione glicinergica

1. La glicina è rappresentata soprattutto a livello della sostanza grigia del midollo spinale. E’ rilasciata dai neuroni dei circuiti locali inibitori midollari coinvolti nell’inibizione postsinaptica. Media il segnale inibitorio a livello del midollo spinale. I neuroni sono interneuroni spinali del tronco encefalico. 2. La glicina agisce anche come co-trasmettitore con l’acido glutammico (glutammato), e qui è importante anche per le sue funzioni eccitatorie dovute all’attivazione dei recettori NMDA. La glicina origina a partire dalla serina, e dopo il rilascio viene ricaptata. Il catabolismo è mitocondriale. Il recettore è simile a quello per il GABA, essendo un canale per il Cl-. E’ formato da differenti subunità, 3α1 e due β. Esisto almeno 4 isoforme di subunità α. Il recettore varia in funzione dell’evoluzione del soggetto (5α2 nell’embrione e 3α1 + 2β nell’adulto). Questi recettori sono importanti nelle patologie ereditarie neurologiche che presentano spasmi muscolari ed ipereccitabilità riflessa. Agonisti ed antagonisti:

Gli agonisti preferenziali sono la taurina e la β-alanina. Modulatori allosterici positivi sono alcuni anestetici generali come l’alotano ed in generale gli idrocarburi alogenati volatili, l’etanolo e l’etere. L’antagonista è la stricnina, che provoca convulsioni midollari. La tossina tetanica impedisce il rilascio di glicina dagli interneuroni inibitori spinali, provocando iperceccitabilità e spasmi muscolari. Trasmissione GABAergica (acido gamma-amino-butirrico) La sintesi è dovuta all’azione della glutammato decarbossilasi (GAD), enzima altamente specifico che ha come cofattore il piridossal-fosfato ed è inibito da diversi antagonisti del piridossal-fosfato. L’enzima si trova quasi esclusivamente nel citoplasma delle terminazioni nervose in forma solubile. Il GABA libero nel citoplasma viene accumulato a livello vescicolare grazie ad un trasportatore specifico che utilizza, come fonte di energia, sia il gradiente elettrico che la differenza di pH presente tra il lume vescicolare e citoplasma e generato dalla H-ATPasi (pompa protonica)

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vescicolare, mentre l’esocitosi vescicolare dipende dal Ca++ e può essere spontanea in funzione dello stato di fosforilazione del VDCC (attività costitutiva). La terminazione del segnale avviene per ricaptazione con un trasportatore ad alta affinità presente sia a livello della fibra presinaptica che delle cellule gliali ed astrociti. Il catabolismo avviene a livello presinaptico e postsinaptico, ma soprattutto a livello delle cellule gliali ed astrocitiche. L’enzima chiave è la GABA-α-chetoglutarico-transaminasi (GABA-T), che converte il GABA in semialdeide succinica. A sua volta viene trasformata in succinato dalla semialdeide-succinico-deidrogenasi NAD-dipendente, e rientra nel ciclo degli acidi tricarbossilici. Tutte le molecole che inibiscono GABA-T, come il valproato di sodio, acido aminoossiacetico, il gamma-vinilGABA etc, aumentano i livelli di GABA a livello sinaptico. E’ importante l’attività degli astrociti che forniscono i substrati per la biosintesi di aminoacidi inibitori ed eccitatori. La base di partenza è il ciclo di Krebs. Glu → Gln negli astrociti Gln → Glu → GABA nei neuroni inibitori Gln → Glu nei neuroni eccitatori

Il GABA (Gamma-Amino-Butirric Acid) è localizzato soprattutto in neuroni nella substanzia nigra - globo pallido - ipotalamo - cervelletto - ippocampo - corteccia cerebrale - corpi quadrigemini Le vie GABAergiche sono - nigro-striatale - nigro-collicolare - nigro-talamica - nigro-tegmentale

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Nel cervelletto si trova soprattutto a livello delle fibre del Purkinje per la via efferente. Il GABA è presente anche nelle cellule gliali che, tramite uno specifico sistema di uptake e di catabolismo, contribuiscono all’allontanamento di questo amminoacido dallo spazio sinaptico.

Recettori per il GABA

I recettori sono tutti collegati all’attività di canali ionici, direttamente ed indirettamente. Sono suddivisi in due categorie: GABA-A sono recettori-canale per il Cloro GABA-B sono recettori accoppiati a G-protein modulano l’apertura dei canali per il Ca2+ e K+ Sono entrambi recettori pre- e post-sinaptici. A livello postsinaptico mediano l’inibizione del potenziale e quindi dell’eccitabilità neuronale, in due modi: - rapido, attraverso il coinvolgimento dei canali GABA-A ed inducendo rapida iperpolarizzazione - lento, attraverso il coinvolgimento dei recettori GABA-B Il recettore di tipo A è un recettore canale per il Cl-. Fa entrare cloro e porta quindi il potenziale della cellula a riposo sui valori del cloro (-70 mV), iperpolarizzandola e rendendola quindi meno suscettibile al trasporto dell’impulso nervoso � la fibra è meno eccitabile e rilascerà meno vescicole. Sono recettori eterotropi, e modulano l’eccitabilità di molte fibre differenti come Ach, NA, DA, H, etc. Questa via è detta inibitoria. Insieme alla glicina, GABA viene descritto quindi come aminoacido inibitorio. In alcuni neuroni a livello del midollo spinale però, il potenziale a riposo è -85 mV, quindi il cloro esce e depolarizza la fibra. Scatta il potenziale d’azione per attivazione dei canali Na+-voltaggio dipendenti. GABA-A

L’agonista selettivo per il recettore GABAA è il muscimolo. L’antagonista selettivo è la bicucullina (antagonista competitivo) Il recettore è composto da 5 subunità: Ogni subunità ha dei sottotipi: 6 αααα, 4 ββββ, 4 γγγγ, 1 δδδδ, 1 εεεε, 3 ρρρρ, 1 θθθθ Le subunità hanno una struttura simile con 4 domini transmembrana. A livello del SNC sono solitamente presenti 1α e 2β assemblate con γ o δ o ε, nella retina è presente un recettore dove prevale la subunità ρ. La subunità β è quella che presenta i siti di legame per l’agonista e sono sempre presenti due subunità β. Sulle differenti subunità vi sono numerosi siti allosterici, sui quali si basa la farmacologia del GABA. La subunità α (porzione di contatto con γ) è il sito di riconoscimento per le benzodiazepine e per benzodiazepine-mimetici. Sono presenti siti recettoriali veri e propri per le benzodiazepine, nominati BZ1, BZ2, BZ3. A questo livello agiscono gli ipnoinducenti benzodiazepinici (es. triazolam) e gli agonisti imidazopiridinici BZ come zolpidem (farmaci per l’insonnia). Qui si legano antagonisti allosterici ed anche agonisti inversi. Sono solo modulatori del legame del recettore con il GABA, dato che senza il GABA, il recettore non si apre. Aumentano la frequenza di apertura del canale, potenziando così l’ampiezza e la durata dell’effetto inibitorio.

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La subunità γ ha prevalentemente una funzione strutturale. La sua attività è importante per la corretta interazione e soprattutto per il trasferimento delle informazioni dalla subunità α a quella β. E’ molto importante il canale, infatti a questo livello, vi sono siti di legame per molecole molto importanti come, i barbiturici, l’etanolo, gli steroidi, i derivati organofosforici, alcuni anestetici, che sono in grado di modulare l’apertura del canale, aumentando o diminuendo il tempo e la frequenza di apertura, ad esempio gli organofosforici possono mantenerli chiusi. In particolare, i barbiturici sono in grado di far aprire il canale a prescindere dal GABA. Questo giustifica la loro potenza, ma anche il basso indice terapeutico.

Agonisti sui siti per le benzodiazepine o nel canale, sui siti di legame per i barbiturici, sono in grado di aumentare l’affinità per il GABA, ma anche per le stesse benzodiazepine, barbiturici, ormoni steroidei � si ha un effetto sinergico dovuto a modificazioni steriche del recettore. La β-carbolina è un agonista inverso, rendendo meno suscettibile il canale all’apertura spontanea e a quella mediata da GABA, probabilmente il recettore perde affinità per il GABA e ha un effetto ansiogeno ed epilettogeno. E’ importante sempre lo stato di fosforilazione delle varie subunità, anche per i meccanismi di desensitizzazione tipici di questi recettori. PKA e PKC hanno un ruolo importante nella funzione di questi recettori. A livello presinaptico vi sono molti eterorecettori. GABA-B

Sono due recettori accoppiati a proteine G inibitorie, il GABA-B1 e il GABA-B2. Non sono riconoscibili da bicucullina e muscimolo e sono composti da due proteine GABA-BR1 (che lega l’agonista e l’antagonista), e GABA-BR2 (interagisce con una proteina Gi/0. Non sono modulati dalle benzodiazepine e dai barbiturici, l’agonista è il baclofen, l’antagonista è il saclofen. La collocazione a livello centrale è prevalentemente presinaptica, andando a regolare solitamente in senso negativo la liberazione di neurotrasmettitori, sia di GABA che di altri (regolazione omo- ed eterorecettoriale). In particolare sono presenti nei: terminali presinaptici GABAergici terminali presinaptici non GABAergici postsinaptici su dendridi e corpi cellulari non GABAergici La localizzazione periferica è varia: - gangliare simpatica e parasimpatica - utero - fegato - fibre muscolari lisce A livello centrale - cellule gliali - fibre GABAergiche - reti neuronali con localizzazione presinaptica (omorecettore ed eterorecettore) e postsinaptica (omorecettore)

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A livello postsinaptico rappresentano la componente tardiva della trasmissione sinaptica inibitoria. A questo livello la funzione dei recettori è associata alla modulazione dei canali per il K+ (dovuta alla componente GABABR1), che uscendo iperpolarizza la cellula e riduce la trasmissione del segnale. A livello presinaptico la riduzione di AMPc (dovuta alla componente GABABR2) sembra associata alla fosforilazione del canale del Ca2+ voltaggio dipendente o all’ingresso di correnti ioniche che riducono il transito di ioni Ca2+ . Si ha riduzione di esocitosi vescicolare. I recettori GABAergici sono importanti perchè coinvolti nell’eziopatogenesi di molte malattie. In particolare: - disturbi dell’ansia - epilessia - anestesia - alcolismo - insonnia Farmaci attivi sui GABAA

Le benzodiazepine agiscono come agonisti sui siti recettoriali BZ. La subunità γ è importante per la loro funzione, quindi questi farmaci sono attivi soprattutto a livello cerebrale, dove i recettori α1,2,3,5 βn γ2 sono presenti. A questo livello i farmaci sono ansiolitici ed anticonvulsivanti e provocano sedazione, atassia, rilassamento muscolare, oltre ad essere ipno-inducenti. Inducono dipendenza (cellulare e psicologica) e tolleranza (fisiologica e psicologica, meno metabolica). Gli agonisti sui siti BZ non mimano GABA, ma aumentano solo i suoi effetti. Quindi questi farmaci sono attivi soprattutto dove si ha carenza di GABA, ripristinando le funzioni recettoriali. Le benzodiazepine a breve emivita (triazolam) si utilizzano in pazienti: con difficoltà ad addormentarsi che non soffrono di attacchi di ansia diurna che devono essere vigili durante il giorno nell’anziano Alte dosi di benzodiazepine producono risvegli periodici soprattutto verso le ore mattutine, ansia diurna, amnesie. Le benzodiazepine a lunga emivita si preferiscono: in pazienti che soffrono di attacchi di ansia nelle ore diurne non hanno problemi in caso di sedazione diurna pazienti depressi Trattamenti ripetuti possono portare a deterioramento cognitivo, anche ritardato, soprattutto a causa di fenomeni di accumulo. Si somministrano tutti per via orale. Terapia dell’insonnia: Il zolpidem (Niotal, Nottem, Stilnox) e il zaleplon (Sonata, Zerene) sono agonisti allosterici del recettore benzodiazepinico di tipo A (BZ1, forse anche 2 e 3), ma non sono benzodiazepine. Anche il zopiclone (Imovane, Nenia) appartiene a questa famiglia, ma non è commercializzato ovunque. Favoriscono l’inizio del sonno Non hanno effetti di insonnia “rebound” da cessazione della terapia, Non danno dipendenza. Il zolpidem ha meno effetti sulle fasi REM Il zolpidem ha un’emivita di 2 ore. Dose 10 mg

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Il zaleplon ha emivita di 1 ora, quindi deve essere somministrato al paziente che si sta coricando. Dose 5 – 10 mg Il zopiclone circa 2 ore. Dose 7.5 mg Se si somministra zolpidem a notte tarda si osservano sedazione mattutina, aumentato tempo di reazione, amnesia retrograda. La durata complessiva del trattamento per tutti questi farmaci deve durare da pochi giorni a due settimane. Non dovrebbe mai superare le 4. Il trattamento può essere ripetuto solo dopo rivalutazione del paziente I barbiturici aprono il canale anche indipendentemente dal GABA se sono a concentrazioni elevate. Contribuiscono quindi a mantenere aperto più a lungo il recettore e con una frequenza più elevata. Questi farmaci sono potenti antiepilettici ed ansiolitici, ma hanno un margine di sicurezza molto limitato. Non sono utili come ipnoinducenti (rapporto rischio/beneficio non favorevole). Creano forte dipendenza e tolleranza, soprattutto metabolica (forti induttori metabolici epatici). Gli ormoni steroidei sono in grado di modulare allostericamente l’attività del GABAA in senso stimolatorio. Hanno quindi effetti soprattutto di tipo anticonvulsivante. A basse concentrazioni prevale l’effetto modulante l’affinità del GABA. Ad alte concentrazioni riescono ad indurre autonomamente l’apertura del canale. L’etanolo, attraverso un sito di regolazione allosterica, regola soprattutto lo stato di fosforilazione del recettore ed è in grado di sinergizzare con altri per modulare il recettore GABAA. Sembra anche modificare la fluidità delle membrane e quindi la stabilità ed il corretto funzionamento del recettore. L’effetto deprimente l’attività sul SNC è amplificata e questo può portare a depressione respiratoria, morte, soprattutto se in associazione a barbiturici e agonisti BZ1. Gli anestetici come il tipentale ed altri barbiturici, aumentano soprattutto l’efficienza dell’influsso di Cl. Hanno un basso margine di sicurezza (depressione respiratoria). GABAB

Il blocco di questi recettori ha un effetto anticonvulsivante. Si ha il baclofen (agonista) e saclofen e faclofen (antagonisti). Non sono ancora disponibili farmaci importanti per questi recettori. Trasmissione aminoacidica eccitatoria

Sia L-glutammato che L-aspartato sono presenti in concentrazioni elevate nel SNC. Molti neuroni sono stimolati dalle terminazioni aminoacidiche stimolatorie. Il glutammato in particolare ha funzioni proprie nel SNC. percezione delle sensazioni dolore memoria coordinamento dei movimenti La stimolazione da parte del glutammato è causata principalmente dall’attivazione di due tipi di recettori: ionotropi e metabotropi. Ruolo dei sistemi neuronali glutammatergici: - modulazione dell’attività neuronale - plasticità sinaptica - eccitabilità ed eccitotossicità - patogenesi dell’epilessia Modulazione dell’attività neuronale. I recettori hanno la possibilità di potenziare a livello del SNC (soprattutto i recettori NMDA) la trasmissione sinaptica in modo intenso e duraturo (ippocampo in particolare)(trasmissione eccitatoria).

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Questo meccanismo prende parte alla “plasticità sinaptica” che consegue all’esperienza sinaptica. E’ un “apprendimento” sinaptico. Avviene quando si hanno fenomeni duraturi e coinvolge simultaneamente meccanismi pre- e post-sinaptici. Il fenomeno si chiama “long-term potentiation” (LTP) ed ha particolari caratteristiche: - richiede l’attivazione dei recettori NMDA - avviene se la cellula postsinaptica viene depolarizzata - è necessario l’ingresso di Ca++ - coinvolge neuromodulatori come il nitrossido (NO) La LTP è una manifestazione di una plasticità sinaptica: le connessioni neuronali rispondono ai cambiamenti nell’attività del sistema nervoso. In questo meccanismo sono implicati anche il potenziamento a breve termine “short-term potentiation” (STP) e la depressione a lungo termine “long-term depression (LTD). La plasticità neuronale è alla base di determinate forme di apprendimento e memorizzazione. I meccanismi alla base del potenziamento a lungo termine (LTP, plasticità sinaptica)

• Il glutammato si lega ai recettori AMPA e NMDA.

• l’NMDA a riposo è bloccato dal

Mg2+ e si apre solo quando la membrana è depolarizzata.

• ripetute depolarizzazioni della membrana postsinaptica rimuovono il blocco del Mg2+, permettendo al Ca2+ di entrare nel bottone sinaptico.

• il Ca2+ attiva delle proteine chinasi che inducono modificazioni locali dei bottoni e producono un messaggero retrogrado (NO?) che, a livello presinaptico, causa un aumento della liberazione di glutammato

• effetto potenziante a feedback positivo che induce plasticità

sinaptica (modificazione funzionale pre- e post-sinaptica delle sinapsi)

• l’effetto può essere a lungo (LTP) o a breve termine (STP)

Il glutammato viene concentrato in vescicole da un trasportatore specifico. Una volta liberato viene ricaptato da trasportatori selettivi sulle cellule della glia ed in parte minore sulle cellule presinaptiche glutammatergiche. Concentrazioni elevate nello spazio perisinaptico sono tossiche per i neuroni (neurotossicità ed eccitotossicità). Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale L’attività eccitatoria dei neuroni del cervello e del midollo viene regolata dai diversi tipi di recettori del glutammato: - i recettori ionotropi (recettori-canale) - i recettori metabotropi (controllano canali ionici attraverso secondi messaggeri) Recettori ionotropi del glutammato

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I recettori ionotropi sono costituiti da 4 o 5 subunità ciascuna che partecipa a formare un canale ionico transmembrana aperto dall’interazione con il glutammato. vengono classificati in tre categorie in base all’agonista selettivo e differiscono in termini di cinetiche di attivazione/inattivazione e di desensitizzazione, e possono avere differenti permeabilità e conduttanza ionica. Si distinguono pertanto: AMPA ���� acido α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isoxazol-propionico (Na+, K+), è responsabile della risposta eccitatoria rapida postsinaptica. E’ presente nella corteccia, gangli della base e nelle vie sensoriali. Ha almeno 8 subunità differenti, denomonate Glu1-8. il kainato è in grado di interagire con questi recettori provocando una depolarizzazione prolungata, non desensitizzante, che porta ad alterazioni importanti dell’omeostasi cellulare e che giustifica il termine di neurotossina dato a questa molecola. NMDA ���� N-metil-D-aspartato (Na+, K+, Ca2+), ha due tipi di subunità NR1 e NR2. Ci sono molte isoforme. E’ responsabile delle risposte eccitatorie postsinaptiche lente. Per la sua attivazione è importante la cotrasmissione di glicina (è un coagonista). E’ bloccato da Mg2+ che mantiene inibito il recettore. E’ finemente modulato dalle presenza di alcune poliamine e dall’attivazione o meno dei recettori metabotropi per il glutammato. E’ post sinaptico ed ha importanza soprattutto nella formazione di nuove sinapsi e nella regolazione dell’attività neuronali. effetti di tipo trofico, regolatorio della trasmissione sinaptica ed infine tossico fino alla morte neuronali. Kainato (Na+, K+), è solitamente presinaptico con funzioni inibitorie del rilascio. E’ spesso un autorecettore. La localizzazione anatomica è ristretta e sono tutti formati da 4 subunità.

Recettori glutammatergici metabotropi

I recettori metabotropi hanno la funzione di modulatori (fosforilazione). Sono almeno 8 e sono classificati mGlu1-8. I recettori metabotropi hanno la funzione di modulatori (fosforilazione) ed entrano in gioco soprattutto nella plasticità neuronale, per stimolazioni prolungate ed intense (ore o giorni). Sono coinvolti nei meccanismi di eccitotossicità. Sono presenti a vario livello, soprattutto nelle afferenze sensoriali.

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L’eccitotossicità è un meccanismo complesso: La neurolesione tipica di alcune patologie, è dovuta all’eccessiva stimolazione che porta ad un accumulo di cationi nel citoplasma. I cationi, ed in particolare il Ca2+ (anche il Cl– sembra coinvolto) porta all’attivazione di enzimi coinvolti nella produzione di radicali dell’ossigeno. La perossidazione della membrana e del DNA porta a morte per apoptosi la cellula neuronale. Le patologie in cui sono coinvolti sono : - ischemia cerebrale - arresto cardiaco - Parkinson - alcune forme di demenza - patogenesi dell’epilessia - schizofrenia Gli antagonisti NMDA prevengono le forme convulsive e riducono la morte neuronale causata da ischemia. Gli antagonisti per il sito della glicina sono acido kinurenico e 7-cloro-kinurenico. I bloccanti del canale sono la ketamina, la fenciclidina, la dizocilpina, la ramacemide e la memantina. Gli antagonisti AMPA riducono la morte neuronale indotta da ipossia cerebrale. Gli antagonisti per i metabotropi potrebbero avere effetti analgesici, antiepilettici ed inibitori del danno ossidativo.

Farmacologia del nitrossido L’ossido d’azoto o nitrossido (NO) è una molecola con caratteristiche di radicale libero dell’azoto, in grado di avere sia effetti riducenti che ossidanti. Interagisce con altre molecole, formando prodotti attivi dal punto di vista biologico e più stabili. Solitamente NO interagisce con : - amine (formazione di prodotti antibiotici) - composti solforati - ossiemoglobina (con Fe2+) - enzimi con gruppo eme - ozono - O2 - Ione superossido La biosintesi origina dalla L-arginina ed è il prodotto degli enzimi NO-sintasi. Gli enzimi NO-sintasi sono enzimi con funzione multipla. Hanno attività monoossigenasica, reduttasica ed ossidasica NADPH-dipendente. L’NO diffonde liberamente attraverso le membrane cellulari e tale processo gli consente l’espletamento della maggior parte delle sue azioni locali. Questo enzima è presente in due forme: costitutiva presente a livello di endotelio e piastrine (eNOS, Tipo III) SNC a livello di terminazioni NANC (nNOS, Tipo I) inducibile (iNOS, Tipo II) presente in cellule infiammatorie (es. macrofagi) solo quando

adeguati stimoli (es. IFγ) ne attivano la trascrizione

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La NOS forma complessi di attivazione con NADPH, FAD, FMN e Ca2+-calmodulina. Questo è l’attivatore solo delle forme costitutive, ma non di quella inducibile. Il grado di fosforilazione dell’enzima è importante per la processività dell’enzima. La fosforilazione inibisce l’enzima nNOS, mentre la defosforilazione lo rende attivo. Sia la iNOS che la eNOS sono meno sensibili alla fosforilazione. E’ presente nel citosol (iNOS) e a livello delle membrane (nNOS e eNOS) da cui si dissocia quando viene attivata. Può essere inibita dagli analoghi della L-arginina, come la monometil-L-arginina (L-NMMA). NOS neuronale: nNOS, Tipo I (costitutiva; calcio-dipendente; presente in: SNC, SNP, astrociti, cellule neurosecernenti, muscolo scheletrico, cellule pancreatiche, epitelio gastrico, polmonare, cellule della macula densa) SNC: Accoppiamento attività nueronale-flusso cerebrale. Azione neurotossica SNP: Regolatore della peristalsi intestinale. Vasodilatatore. Broncodilatatore NOS endoteliale: eNOS, Tipo III (costitutiva; calcio-dipendente; presente in: cellula stipite monocito-macrofagica, anche microglia e astrociti, cellule stimolabili con citochine, endotelio, muscolo liscio e cardiaco, cheratinociti, epatociti, mastociti) Vasodilatazione, Inibizione dell’aggregazione piastrinica, Inibizione dell’adesione dei leucociti, Regolazione dell’espressione genica, Regolazione del metabolismo energetico NOS inducibile: iNOS, Tipo II (non costitutiva; calcio-indipendente; presente in: endotelio, SN, epitelio renale, cardiomiociti, linfociti T e B, epatociti) Attività microbicida e citotossica, Immunomodulazione, Regolazione dell’espressione genica

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Effetti cardiovascolari (esiste un tono costante vasodilatatorio): Le cellule endoteliali, a seguito di determinati stimoli, sono in grado di rilasciare varie sostanze vasoattive, tra le quali la prostaciclina e l’ossido d’azoto (con attività vasodilatativa) e l’endotelina (vasocostrittore). Il NO è prodotto dalle cellule endoteliali delle arterie e diffonde vettorialmente alle cellule muscolari lisce. A questo livello attiva la guanilato ciclasi che è il recettore di NO (gruppo eme) nella cellula muscolare liscia � si lega all’eme del gruppo prostetico dell’enzima. Il GMPc che si forma agisce su - protein kinasi - fosfodiesterasi - canali ionici L’effetto finale è la vasodilatazione, che è strettamente dipendente dalla presenza di endotelio. L’NO liberato agisce anche a livello delle piastrine, la cui adesione ed aggregazione è inibita. In pazienti con alterazioni endoteliali (es. diabetici), la produzione di NO è compromessa. Il nitrossido è implicato nella regolazione del flusso sanguigno a vari livelli: - coronarico, mediante la regolazione del lume vascolare mediata anche da Ach - vasi cerebrali - vasi polmonari La mancata produzione di NO può causare ischemia, angina instabile, aggregazione piastrinica. Nella ischemia/riperfusione l’NO rilasciato, combinandosi con l’O2 può contribuire alla formazione del danno.

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Nello shock endotossico, che è prodotto dalla liberazione massiva di tossine batteriche, si ha ipotensione. Lo shock induce la produzione ed il rilascio massivo di chinine e citochine (IL-2, IL-6, TNFα, IL-1β) che portano alla formazione di iNOS e rilascio di NO. I glucocorticoidi sono utili per inibire la trascrizione e produzione di iNOS. Il nitrossido è un neurotrasmettitore anche nel sistema vegetativo NANC (Non Adrenergic Non Colinergic). Tra gli efftti più importanti bisogna ricordare: - erezione del pene (il sindafenil, o VIAGRA, prolunga l’effetto dell’NO inibendo una fosfodiesterasi selettiva per il GMPc) - controllo nervoso delle funzioni gastriche (svuotamento gastrico e stimolo onda peristaltica) La nNOS è presente a livello presinaptico e postsinaptico a vari livelli (NO modula la trasmissione sinaptica e diffonde a cellule contigue attivando la guanilato ciclasi): - cervelletto - bulbo olfattivo - ippocampo L’NO sinaptico è implicato: - plasticità neuronale - modula la trasmissione sinaptica (es. recettore NMDA) - sviluppo neuronale - apprendimento - LTP (ippocampo) - trasmissione algogena e sindromi emicraniche (è noto come l’NO possa essere rilasciato a seguito del rilascio di alcuni mediatori coinvolti nei processi che sono alla base della sensibilità dolorifica, quali la sostanza P o gli oppioidi endogeni; è degli ultimi anni, l’ipotesi che un’abnorme attivazione della via metabolica L-arginina-NO sia alla base della persistente vasodilatazione che rappresenta il substrato fisiopatologico dell’emicrania) - memoria - visione - controllo movimento - udito (la stimolazione sonora induce la produzione di NO a livello dei neuroni dei collicoli superiori) - citoprotezione e eccitotossicità (recettori NMDA)

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L’enzima è attivato dall’aumento della concentrazione di [Ca2+]i (trasmettitore “a richiesta”). L’NO rilasciato, ha effetti sulla [cGMP] postsinaptica, ma anche a livello presinaptico. E’ solitamente un mediatore retrogrado (da neurone post a quello pre). La regolazione della trasmissione sinaptica da parte del NO passa attraverso l’attivazione di kinasi. L’NO è attivo anche sulle cellule della glia, dove regola il metabolismo di molti fattori. Farmacologia del nitrossido: - Donatori di NO (nitroglicerina, nitroprussiato di sodio, nonoati) - Precursori (L-arginina) - Inibitori della sintesi (L-NAME)

Trasmissione istaminergica Le funzioni dell’istamina sono molteplici, essendo implicata in numerosi processi fisiologici e fisiopatologici. Insieme ai peptidi endogeni, come angiotensina I e II, le chinine, la vasopressina, il peptide natriuretico, le endoteline, il VIP, la SP, la neurotensina e neuropeptide Y, alle prostaglandine ed i leucotrieni, sono definiti autacoidi o ormoni locali. L’istamina ha un’ampia diffusione nel regno animale. E’ presente nei tessuti animali, in alcune piante, alcuni veleni, ed alcuni batteri. La distribuzione nell’organismo umano è varia. E’ concentrata principalmente a livello cutaneo, nella mucosa gastrointestinale e nei polmoni. Le cellule che contengono più istamina sono principalmente: - mastociti - cellule enterocromaffino-simili A livello del sistema nervoso centrale, sono certamente da ammettere un pool neruronale ed uno extraneuronale. L’istamina, chimicamente la 2-(4-imidazoil)etilamina, è presente sotto forma di granuli, in forma complessata. I granuli contengono istamina insieme a eparina, eparano, proteoglicani, che hanno varie funzioni in base al distretto anatomico in cui sono rilasciati. A livello gastico l’istamina è vescicolata insieme a condroitinsolfato. I mastociti sono presenti soprattutto nei tessuti più esposti alle lesioni, soprattutto quelli ricchi di connettivo. In modo particolare, il naso, la bocca, i piedi le ascelle. Anche gli organi interni hanno importanti quantità di mastociti, soprattutto a livello delle superfici estese. In particolare: - midollo osseo - organi linfatici - vasi soggetti a pressione - biforcazione dei vasi (Y) - basofili

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- cervello La base di partenza è un aminoacido, la L-istidina, viene decarbossilata dalla istidino-decarbossilasi, presente solo nelle cellule che producono ed immagazzinano l’istamina (mastociti, stomaco, neuroni). L’istidino-decarbossilasi è un enzima inducibile, la cui attività può variare sotto l’influenza di stimoli diversi, in fatti può essere modulata attraverso la fosforilazione di una protein chinasi cAMP-dipendente e l’aumento della sua attività può essere dovuta ad una sintesi ex novo dll’enzima. Il cofattore di questo enzima è il piridossale fosfato (B6). Il catabolismo dell’istamina è dovuto alla istamina-metiltransferasi (IMT); l’enzima è selettivo per l’istamina ed è inibito competitivamente da farmaci antimalarici, il prodotto è substrato delle MAO-B e delle diamino-ossidasi (che è mancante nel cervello) e il metabolita finale è escreto nell’urina. Ci sono 3 tipi di recettori per l’istamina: H1, H2, H3 e forse ci sono anche gli H4; sono tutti associati a G-protein. H1 e H2 sono post-sinaptici, mentre H3 è prevalentemente pre-sinaptico. Recettori H1

Sono associati a Gq e sono localizzati soprattutto: - ipotalamo (sembrano implicati nello stato di veglia) - CTZ - muscolatura liscia vasale - muscolatura liscia bronchiale La loro attività è implicata nella: stimolazione della formazione di NO, contrazione, aumento permeabilità vascolare, rilascio catecolamine e fosforilazione enzimi biosintetici (tirosinidrossilasi), inotropismo negativo, depolarizzazione per blocco correnti al potassio, firing neuronale, attivazione trascrizionale Recettori H2

Nella specie umana è stato trovato un polimorfismo per il gene che codifica il recettore H2 ed una sua mutazione è stata associata alla schizofrenia. Sono associati a Gs e sono localizzati soprattutto: - gastrici - neuroni SNC (striato, ippocampo e corteccia cerebrale) - cardiaci - ipotalamo (controllo della temperature e dela rilascio di PRL) - mastociti La loro attività è implicata nella: stimolazione della secrezione gastrica, nel rilasciamento muscolare liscio, cronotropismo e inotropismo positivo, diminuzione firing neuronale, iperpolarizzazione ??? (nella cellula nervosa l’aumento del nucleotide cAMP modifica la conduttanza al K+ e rende i neuroni effettori più sensibili a stimoli eccitatori come quelli mediati dal glutammato), inibizione funzione linfocitaria. L’attivazione dei recettori H2 a livello del microcircolo cerebrale è responsabile dell’aumento della permeabilità e dell’edema cerebrale indotto dall’istamina. Recettori H3

Sono associati a Gi e sono localizzati soprattutto a livello pre-sinaptico (regola la sintesi di istamina e la liberazione di istamina come un autorecettore dall’a corteccia cerebrale, dallo striato e dall’ippocampo; è stato identificato anche come eterorecettore che modula la liberazione di altri NT come la serotonina, la noradrenalina, l’acetilcolina e la dopamina):

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- neuroni SNC - cuore La loro attività è implicata nella: Inibizione rilascio neurotrasmettitori (centrale:istamina, ACh, serotonina, dopamina; periferica: NA e ACh, tachichinine). A livello gastrico l’attivazione del recettore H3, inibisce la secrezione gastrica, effetto che è secondario all’inibizione della liberazione di acetilcolina, istamina e somatostatina dalle terminazioni vagali, dalle ECL e dalle cellule D. i recettori H3 localizzati sulle fibre sensitive α hanno un ruolo nell’infiammazione neurogeneica, inibendo la liberazione di neuropeptidi; a livello cardiaco il recettore H3 inibisce il rilascio di NA pertanto gli agonisti H3 potrebbero avere un’applicazione nel trattamento dell’asma, dell’emicrania, delle aritmie cardiache da riperfusione e nei disturbi infiammatori come l’artrite. A livello del SNC i recettori H3 sono implicati nel meccanismo sonno-veglia, nei processi cognitivi e nella memoria. Aumento correnti al calcio del muscolo liscio. Riduzione delle correnti al calcio in neuroni plesso mienterico.

Recettori H4

Sono associati a Gi/o Immunomodulazione, infiammazione, proliferazione cellule epiteliali neoplastiche?

La neurotrasmissione Istaminergica

I neuroni che producono ed immagazzinano istamina sono presenti a livello dell’ipotalamo. In misura minore sono presenti a vari livelli: - corteccia cerebrale - bulbo olfattorio - talamo - ippocampo

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- substantia nigra L’istamina è un neurotrasmettitore ed un neuromodulatore, che viene liberata da depolarizzazione Ca2+ dipendente. Lo spegnimento del segnale avviene per catabolizzazione mediata da istidina-metil-transferasi prima e MAO-B dopo. Le funzioni del neurone istaminergico sono prevalentemente di tipo modulatorio. - omeostasi ipotalamica (sonno-veglia) - emozioni e memoria - temperatura corporea - sistema simpatico - neuroendocrino - effetto anoressizzante Gli organi sui quali sono presenti i recettori dell’istamina sono molti: - Mastociti: liberano istamina quando i componenti del complemento (C3A, C5A) o

immunoglobuline IGE interagiscono con i recettori presenti sulle cellule. I mostociti sono presenti in molti tessuti. A livello del SNC sono presenti a livello della glia e a livello vascolare. Sono presenti soprattutto a livello perivascolare dei piccoli vasi e nelle biforcazioni.

- Prurito e dolore: stimola le terminazioni sensoriali (H1) e sembra implicata nella nocicezione nell’emicrania (effetti vascolari?)

- Cuore: dosi medio alte di istamina plasmatiche hanno attività cronotrope (H2) e inotrope (H2) positive. I recettori H2 aumentano la frequenza atriale

- Vasi periferici: l’istamina riduce la pressione sanguigna sistemica, riducendo le resistenze periferiche (H1 e H2). Inoltre, aumenta la permeabilità dovuta alla contrazione dell’actina e miosina Ca2+ dipendenti nelle cellule dei capillari dell’endotelio.

E’ responsabile della triplice risposta di Lewis (eritema, edema locale, iperemia). L’istamina regola le funzioni del muscolo liscio del microcircolo, dell’endotelio capillare e delle terminazioni nervose sensitive. In generale, se iniettata a livello sistemico provoca: - ipotensione sistemica (dilatazione alveolare) - aumento della frequenza cardiaca - aumento della contrattilità - aumento del flusso coronarico (dovuto a NO) E’ coinvolta in quasi tutti i processi coinvolti nella reazione allergica, che includono:

- vasodilatazione - contrazione delle fibre lisce - ipersecrezione del muco - edema

Induce l’espressione di - E-selectine - ICAM-1 - LFA-1

Modula la produzione di: - IL-6 e IL-8 da parte dell’endotelio - IL-1, IL-6, IL-18, IFN-γ da parte di PBMC - IL-6 e IL-10 da parte di monociti/macrofagi - IL-1β, IL-6, IL-8, MCP-1β, RANTES da parte di cellule dendridiche

Up-regola l’espressione di MHC-II, CD80, CD86 Attenua la produzione di TNFα e IL-12 indotte da LPS da parte di monociti/macrofagi

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- Effetti endocrini: si ha stimolazione della produzione di muco nasale e bronchiale (H1) - Bronchi: l’istamina stimola la muscolatura

bronchiale con broncocostrizione (H1) (asmogeno)

- Intestino: la stimolazione induce crampi e diarrea (H1) (contrazione spastica)

- Utero: rilassano la muscolatura liscia - Midollare della surrene: la stimolazione

delle cellule cromaffini causa il rilascio di adrenalina (H1)

- Gastrico: provoca la stimolazione della secrezione acida (H2), poiché provoca il trasferimento della pompa protonica H+/K+ ATPasi K+ sensibile sulla membrana plasmatica del lume gastrico. E’ un processo dipendente dall’adenilato ciclasi ed è in relazione alla liberazione di gastrina, prostaglandine e ACh.

Gli antagonisti H1 sono utili per il trattamento delle reazioni allergiche soprattutto a livello preventivo. La prima generazione di antagonisti ha il problema della sedazione e della aritmogenicità, che si è perso nella seconda e terza generazione. Inoltre, fanno aumentare il peso e l’appetito; hanno una lunga durata d’azione. Alcuni di questi farmaci sono molto utili nel controllo dell’emesi e nel controllo di problematiche relative alla cinetosi ed alle labirintiti. La selettività degli antagonisti di prima generazione per i recettori H1 non è molto elevata. Non riconoscono gli H2 ma riconoscono con minore affinità i recettori adrenergici, muscarinici e serotoninergici.

La seconda generazione (Piperazine (cetirizina) e Piperidine (terfenadina, astemizolo, loratadina, fexofenadina) non provoca sonnolenza.

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L’uso di terfenadina e astemizolo in associazione con antibiotici macrolidi e antimicotici imidazolici può provocare gravi aritmie per blocco dei canali al potassio “delayed rectifier potassium channel (IKr)” (ritirati dal commercio). La loratadina può portare ad un aumento dell’appetito e del peso corporeo. Antagonisti H1 (antistaminici) agiscono: - Stabilizzazione dei mastociti - Inibizione del rilascio di prodotti mastocitari (e.g. Prostaglandine, leucotrieni, istamina, triptasi,

citochina) - Inibizione del rilascio dei mediatori basofili (e.g. leucotrieni, istamina, citochina) - Inibizione di aderenza e migrazione degli eosinofili Gli effetti collaterali degli antagonisti H1 (antistaminici): 1) SNC: solo quelli di I generazione! agiscono sui 3 recettori cerebrali potenziati dall’alcool nell’anziano c’è maggiore effetto sedativo 2) CUORE: Terfenadina e Astemizolo sono cardiotossici, prolungano il tratto QT > torsione di

punta > tachicardia ventricolare > blocco A-V > arresto cardiaco. 3) EFFETTO ANTICOLINERGICO: dose-dipendente > xerostomia e ritenzione urinaria. 4) AUMENTO DELL’APPETITO E DEL PESO: ciproeptadina e ketotifene. Gli antistaminici di I generazione hanno un rapporto rischio/beneficio sfavorevole: spiccati effetti sedativi, anticolinergici e scarsa selettività per i recettori. Assorbimento gastroenterico rapido: riscontrabili nel plasma già dopo 30-60 min. Il Tmax (=picco massimo nel siero) avviene in 1-3 ore. Agiscono con un meccanismo competitivo con i recettori per l’istamina. Il metabolismo è epatico e l’escrezione è urinaria. Inducono tolleranza che diventa tachifilassi (= progressiva riduzione dell’efficacia con l’impiego prolungato, poiché si riduce il numero di recettori H1 e si riduce la specificità di legame al recettore) Tipici effetti collaterali: sedazione, effetti anticolinergici (poiché’ il recettore H1 è’ simile al 40% al recettore per l’Ach), aumento dell’appetito. Negli ultimi 15 anni sono stati sviluppati antistaminici di II generazione: -Elevata potenza -Lunga durata d’azione -Minimo effetto sedativo Agiscono in modo non competitivo con i recettori H1 Vantaggi : - Effetti selettivi del blocco dei recettori H1 - Rapidità d’azione - Raggiungimento del Tmax rapido - Assenza di metabolismo epatico - Lipofobici (non passano la barriera emato-encefalica) pertanto non danno sedazione - Non mostrano affinità per altri recettori (colinergici) - Elevato legame con le sieroproteine - Impiegabili in monosomministrazione giornaliera, eccetto l’acrivastina - Efficaci nella Prevenzione, dato che la durata d’azione è di 24 ore Attività antiallergica è basata su: blocco delle lipossigenasi, blocco dei recettori. Per l’istamina, blocco del rilascio dei mediatori, inibizione della degranulazione mastocitaria.

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Antagonisti dei recettori H2

Gli antagonisti H2 sono utili per la terapia dell’ulcera peptica e come coadiuvanti nel trattamento delle ulcere da stress o iatrogene. La ranitidina e la cimetidina sono anche utili nel trattamento della ipersecrezione acida nella sindrome Zollinger Ellison (tumori secernenti gastrina). Sono utilizzati quasi esculsivamente in associazione con gli inibitori di pompa (omeprazolo, pantoprazolo...) per controllare la secrezione acida basale nelle ore notturne.

La cimetidina può indurre ginecomastia, impotenza e oligospermia transitorie per gli effetti antiandrogeni ed inibizione di isoenzimi CYP450. Ha effetti anche sulla donna, come la galattorrea, amenorrea. L’incidenza degli effetti collaterali è circa del 3-5 %.

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Mediatori dell’infiammazione di origine cellulare Preformati nelle cellule: sequestrati all’interno di granuli e prontamente secreti: amine vasoattive, enzimi lisosomiali. Neoformati: - rapida neoformazione (minuti): mediatori di origine lipidica (metaboliti dell’acido arachidonico), radicali liberi dell’ O2, ossido nitrico (NO) e suoi radicali - lenta formazione in tempi più lunghi (ore): chemochine e citochine Effetti sistemici del danno locale e dell’infiammazione: Febbre: la temperatura corporea aumenta Leucocitosi: il numero dei leucociti circolanti aumenta Aumento della VES: i globuli rossi si depositano più rapidamente Risposta di fase acuta: modificazione delle proteine plasmatiche (il fegato modifica la propria sintesi proteica) e modificazione metabolica. Risposte di fase acuta: insieme di modificazioni a livello sistemico associate a stati infiammatori. La risposta di fase acuta è in larga misura incentrata sul fegato. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA FASE ACUTA Febbre, Sonnolenza, Anoressia, Leucocitosi Aumento dei livelli circolanti di vari ormoni (glucagone, insulina, ACTH, cortisolo, catecolamine, ormone della crescita, TSH, tiroxina, aldosterone, vasopressina) Aumento del catabolismo (soprattutto delle proteine muscolari) Aumento della gluconeogenesi Alterazioni del metabolismo lipidico (VLDL e trigliceridi aumentano, HDL calano) Alterazioni del metabolismo osseo, Alterazioni nelle concentrazioni circolanti di alcuni cationi (aumenta il rame, diminuiscono zinco e ferro) Varie alterazioni immunologiche Alterazioni del metabolismo epatico Variazioni nei livelli di alcune proteine circolanti: le proteine di fase acuta

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PROTEINE LA CUI CONCENTRAZIONE AUMENTA DEL 50% Ceruloplasmina Proteine del complemento C1q, C3 e C4 Fibronectina Componente P sierica dell’amiloide (SAP) PROTEINE LA CUI CONCENTRAZIONE AUMENTA DA DUE A QUATTRO VOLTE Glicoproteina a1 acida a1 antitripsina Fibrinogeno Aptoglobina Proteina legante il mannosio Proteina legante il C4 PROTEINE LA CUI CONCENTRAZIONE AUMENTA DA CENTINAIA A MIGLIAIA DI VOLTE Proteina C reattiva Siero amiloide A (SAA) PROTEINA LE CUI CONCENTRAZIONE SI RIDUCE Albumina Transferrina Apo AI Apo AII Alfa-fetoproteina Metabolismo dell’acido arachidonico

L’acido arachidonico è un componente della membrana cellulare, presente in forma esterificata sulla parte interna della membrana. Gli stimoli che la fanno distaccare sono molti: - stimoli fisiologici (interazione con recettori G-protein che attivano le fosfolipasi A2, C, D)

o istamina o bradichinina o vasopressina o angiotensina II o IL-I o leucotrieni o fattori di crescita o proteasi

- stimoli fisici: ischemia, shear stress, danno tissutale - farmacologici: noradrenalina, forbolo miristato acetato (ma che cazzo è?) Il prodotto del distacco dell’acido arachidonico, l’arachidonato, porta alla formazione di eicosanoidi (eicos =20 atomi di carbonio, tetranoico = 4 doppi legami). La cascata che si attiva, dipende dal tessuto nel quale è stato prodotto l’acido arachidonico. Gli enzimi che possono essere coinvolti possono essere molteplici: PGH sintasi o COX: prostaglandine, trombossani, prostacicline Lipoossigenasi: leucotrieni. acidi eicosatetranoici (HPETE→leucotrieni)

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P-450 ossigenasi: acidi epossitetraenoici, acidi idrossitetraenoici via radicalica: isoprostani, epossi-derivati (EPETE)

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La via della PGH sintasi La seconda tappa nella sintesi dei prostanoidi è la conversione dell’acido arachidonico a PGH2. questo richiede l’intervento della PGH sintasi, dotato di due attività catalitiche: una ciclossigenasica che porta alla formazione della PGG2 ed una perossidasica che riduce la PGG2 a PGH2. sono stati caratterizzati due isoenzimi denominati: - PGH-1 sintasi o COX-1, è un enzima costitutivo, espresso da quasi tutte le cellule

dell’organismo, svolge un ruolo importante nella formazione fisiologica dei prostanoidi coinvolti nella comunicazione intercellulare e nell’amplificazione o modulazione locale di funzioni omeostatiche quali quella gastrointestinale, piastrinica e renale.

- PGH-2 sintasi o COX-2, è un enzima costitutivo in alcuni tessuti (cervello, testicoli, prostata e rene), ma è prevalentemente inducibile in seguito a stimoli pro-infiammatori come IL-1 e LPS e fattori di crescita come PDGF in diversi tipi cellulari come monociti/macrofagi, fibroblasti e cellule endoteliale dei vasi. L’inappropriata produzione di prostanoidi che contribuisce alla vasodilatazione, all’edema e all’iperalgesia caratteristiche dei processi infiammatori è soprattutto conseguenza dell’induzione locale dell’espressione di COX-2.

La cicloossigenasi e la lipoossigenasi sono enzimi ubiquitari, ma i prodotti che formano variano considerevolmente in base al tessuto in cui si formano. A livello del sistema nervoso le prostaglandine inducono catatonia e sedazione, ipertermia (PGE2) e sono algogene, sensibilizzando le terminazioni nervose al dolore causato da istamina e bradichinina. Funzionano anche come neuromodulatori a “richiesta”.

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Metabolismo dell’acido arachidonico :

leucotrieni

Sono i componenti attivi della “slow-reacting substance of anaphylaxis”. Sono prodotti prevalentemente dai polimorfonucleati e dal polmone. Hanno attività: - vasocostrittrice coronarica - contrazione delle vie aeree di piccolo calibro - stimolazione secrezione tracheale - aumento della permeabilità delle pareti vascolari LTB4 è un potente chemiotattico ed aggregante. Induce accumulo di polimorfonucleati in patologie delle articolazioni (gotta, artrite) e pelle (psoriasi) Antiinfiammatori e antitrombotici:

farmacologia

Si può interferire su più livelli del metabolismo dell’acido arachidonico: A) interferenza sui meccanismi del distacco

dalla membrana:

- antagonisti recettoriali (istamina, bradichinina....) - glucocorticoidi (farmaci antiinfiammatori steroidei) I glucocorticoidi

1) inibiscono a livello trascrizionale la produzione di citochine e soprattutto di enzimi come la PGHsintasi di tipo inducibile (COX2) e la iNOS. 2) inducono la formazione di Lipocortina-1 (detta

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anche annessina I), che inibisce l’attività della fosfolipasi A2 e bloccando così la cascata dell’acido arachidonico dall’origine su cellule differenti e su ipotalamo e ipofisi anteriore. I glucocorticoidi bloccano, quindi, tutti i prodotti dell’acido arachidonico (cicloossigenasici, lipossigenasici, perossidasici), avendo attività antiinfiammatoria, antiallergica, antiasmatica, etc.

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B) interferenza con la formazione di intermedi

- FANS I farmaci antiinfiammatori non steroidei bloccano l’attività solo delle PGHsintasi. Esistono almeno 3 tipi di PGHsintasi: COX-1 costitutiva

COX-2 inducibile

COX-3 sottotipo della COX-1? COX-4 ? COX-5 ? Classificazione dei FANS (COX-1 inibitori):

I FANS bloccano il passaggio ossidasico ma non perossidasico del metabolismo dell’acido arachidonico, bloccando il passaggio arachidonato→PGG2. Si blocca solo la produzione di prostaglandine, prostacicline e trombossani, ma non quella di leucotrieni ed epossidi.

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Funzioni fisiologiche delle PG

COX-1 : sintesi di PG costitutive di molti tessuti. Effetti fisiologici : - protezione mucosa gastrica - protezione parenchima renale - equilibrio dell’emostasi COX-2 : sintesi di PG inducibili e discontinue : PG mediatrici dell’infiammazione. Sullo stomaco < secrezione HCL > secrezione di muco > secrezione di bicarbonato > flusso ematico della mucosa Sul rene > flusso ematico renale e filtrazione glomerulare > produzione di renina La maggior parte dei FANS è utilizzata tal quale, sotto forma di sale sodico o sale di una base organica – come la meglumina - (flunixina)

I FANS sono degli acidi deboli (pKA compreso tra 3 e 6.5) Assorbimento orale Assorbimento gastrico rapido e completo La velocità di comparsa del picco può variare in funzione dell’ora di somministrazione e della concomitante assunzione di cibo

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Effetti collaterali dei FANS Tratto gastro-intestinale Diminuzione dell’appetito, emesi, ematemesi, dolore addominale, diarrea, melena, erosioni superficiali, ulcere, emorragie, perforazioni, infiammazione, enteropatia da perdita di proteine Rene Ridotto flusso renale, ridotta velocità di filtrazione renale, ritenzione di sodio e di fluidi, ipercaliemia, azotemia, insufficienza renale acuta, necrosi papillare Fegato Aumento degli enzimi epatici, ittero Sistema emostatico Riduzione dell’aggregazione piastrinica, aumento del tempo di sanguinamento Sistema emopoietico Depressione del midollo osseo, anemia aplastica, anemia emolitica, trombocitopenia, neutropenia, pancitopenia, metaemoglobinemia Sistema immunitario Reazioni allergiche COX-2 inibitori:

Altri antinfiammatori:

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Trasmissione peptidergica : mediatori peptidici I neurotrasmettitori di natura peptidica hanno caratteristiche comuni: - molti peptidi attivi possono originare da una singola proteina precursore - sono generalmente costituiti da una catena lineare di 5 – 40 aminoacidi - il terminale carbossilico è soggetto ad amidazione, glicosilazione, acetilazione, carbossilazione, sulfatazione, fosforilazione - spesso contengono legami intramolecolari disolfurici che gli conferiscono una conformazione parzialmente ciclica La neurotrasmissione mediata dai peptidi è simile a quella mediata dai neurotrasmettitori classici. - accumulo intravescicolare - liberazione mediata dal calcio - recettori postsinaptici - secondi messaggeri - recettori pre e post sinaptici Ci sono delle differenze importanti. Le differenze sono su alcuni aspetti funzionali: - non sono “veloci” perchè non agiscono su recettori canale - sono prevalentemente neuromodulatori - possono coesistere 2 o più trasmettitori sullo stesso neurone e sono co-trasmessi - non sono sintetizzati nel citoplasma del terminale sinaptico, ma nel Golgi. Inoltre - possono agire a livello periferico e - possono comportarsi come neurotrasmettitori veri e propri Biosintesi dei neuropeptidi

- La sintesi parte a livello nucleare e viene tradotta a livello del reticolo endoplasmatico rugoso. - Si forma un pro-peptide che viene ad essere maturato in peptide grazie ad endopeptidasi. - Differenti neuroni esprimono differenti endopeptidasi e quindi producono differenti peptidi. I peptidi vengono accumulati nel Golgi in vescicole che vengono trasportate vicino alla membrana plasmatica. La trasmissione è quindi lenta ed esauribile. Caratteristiche della neurotrasmissione peptidergica

- Il potenziale di depolarizzazione deve essere intenso (treni di potenziale). - Può esserci la secrezione del solo pro-peptide dal reticolo alla membrana plasmatica del corpo neuronale per diffusione. In questo caso non è un neuromediatore ma serve da substrato altrove. Spesso queste molecole hanno funzione di fattore di crescita e di coordinamento dello sviluppo embrionale. Molto utili per il controllo dello sviluppo di reti neuronali intersinaptiche - Ci può essere la secrezione a livello del corpo assonico che è volume dipendente, cioè il recettore è posto lontano dal sito di rilascio.

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Molto importante è la trasmissione dal corpo assonico. E’ una trasmissione che ha importanti funzioni di coordinamento e sincronizzazione di diverse aree del SNC, anche non vicine. Lo spegnimento del segnale è peculiare. Non ci sono meccanismi di ricaptazione e non esistono enzimi che li degradano nello spazio sinaptico. Lo spegnimento è lento. Avviene soprattutto per diluizione. Può anche esserci proteolisi, che è lenta e aspecifica grazie alle carbossipeptidasi, aminopeptidasi, endopeptidasi. Il segnale è spento anche attraverso il cambio di sensibilità del recettore (da alta affinità 10-12M a bassa affinità 10-4M) I metaboliti delle proteasi possono essere dotati di attività biologica che si legano a recettori differenti o su sottotipi recettoriali dello stesso recettore (trasmissione bisfasica). Ci sono 3 importanti famiglie di peptidi trasmettitori: gli oppioidi, le tachichinine e la

colecistochinina

La famiglia degli oppioidi è formata da almeno 3 differenti prodotti di tre geni distinti (+1?): - pre-pro-opiomelanocortina (POMC) - pre-pro-encefalina A (pro ENK) - pre-pro-dinorfina (pre-pro-encefalina B)(Pro DYN) - (endomorfine)? Da questi precursori per digestione enzimatica endopeptidasica originano diversi prodotti: Dalla POMC originano 23 peptidi, molti dei quali non posseggono proprietà oppioidi ma sono affini ad ACTH e α-MSH: a livello del SNC si producono β endorfina α endorfina γ endorfina + peptidi non oppioidi simili ad ACTH Dalla ProENK originano leu-enkefalina (6 copie) met-enkefaline peptidi E ed F Dalla ProDYN originano neoendorfine α e β dinorfine A (2) e B Localizzazione centrale dei peptidi oppioidi:

ββββ endorfine: (nei neuroni che proiettano dall’ipotalamo al talamo e nel midollo allungato), nel SNC la β-endorfine è localizzata nel nucleo arcuato e nel nucleo del tratto solitario. Dai neuroni contenenti POMC dal nucleo arcuato originano un fascio breve che raggiunge la parte dorsale parvicellulare del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo e fasci più lunghi che terminano nel setto ventrale, nel nucleo accumbens, nel talamo mediale, nell’amigdala mediale, nella sostanza grigia periacqueduttale, nel locus coeruleus e nella formazione reticolare ponto-bulbare. Oltre che nel SNC e nell’ipofisi, la β-endorfina è prodotta in alcuni organi periferici come pancreas, la mucosa dell’antro gastrico, la placenta, il testicolo e la midollare del surrene. encefaline: (negli interneuroni corti, in diverse aree cerebrali, nucleo spinale del trigemino), nel SNC le encefaline sono prevalentemente contenute in interneuroni con assoni brevi presenti in aree che si presume intervengono nella percezione del dolore (lamina I e II del midollo spinale, nucleo spinale del trigemino, sostanza grigia periacqueduttale), nella modulazione del comportamento affettivo e della memoria (nucleo accumbens, amigdala, ippocampo, locus coeruleus, nucleo

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olfattorio anteriore, corteccia cerebrale) e motorio (substantia nigra, caudato), nella regolazione del sistema nervoso autonomo (midollo allungato) e delle funzioni neuroendocrina (ipotalamo). dinorfine : distribuzione simile alle encefalite, sono state localizzate nella lamina II del midollo spinale, nel nucleo ipotalamico anteriore, i cui assoni proiettano nell’ipofisi posteriore, nella formazione reticolare, nel caudato, nell’ippocampo e in diverse regioni della corteccia cerebrale. Endomorfine: è stata dimostrata la presenza negli strati superficiali delle corna dorsali del midollo spinale, nel nucleo spinale del trigemino, nel nucleo ambiguo, nel nucleo accumbens, nel setto, nei nuclei talamici, nell’ipotalamo, nell’amigdala, nel locus coeruleus e nella sostanza grigia periacqueduttale. A differenza degli altri peptidi endogeni, poco selettivi per i tre recettori oppioidi, le endomorfine mostrano altissima affinità e selettività per i recettori µ. Un peptide correlato (per le analogie strutturali) alle dinorfine è la nocicettina (detta anche orfanina), la quale non possiede in posizione N-terminale una tiroxina e il legame di questo peptide al suo recettore (denominato ORL1) non è antagonizzato dal naloxone così come non lo sono i suoi effetti farmacologici. La nocicettina modula la percezione del dolore in maniera complessa variando dall’iperalgesia, all’analgesia, alla allodinia spinale; antagonizza l’algesia da stress. Al momento non esistono antagonisti selettivi del recettore ORL1. La nocicettina è localizzata soprattutto nei neuroni centrali degli strati superficiali delle corna dorsali del midollo, nel complesso sensorio del trigemino e nella sostanza grigia periacqueduttale e nel nucleo del rafe. Il precursore della nocicettina contiene un altro eptadecapeptide bioattivo indicato come nocistatina capace di attenuare vari tipi di sensazioni dolorose pur non agendo né sui recettori oppioidi né sul recettore ORL1. Funzioni:

azioni di tipo oppiaceo (β endorfine) percezione del dolore (encefaline) comportamento affettivo (encefaline) coordinazione motoria (encefaline) modulazione del sistema autonomo (encefaline) Recettori per gli oppioidi

Le azioni dei peptidi oppioidi, così come quelle degli oppiacei sintetici, sono mediate da almeno 3 tipologie di recettori: µµµµ ha due sottotipi µµµµ1 e µµµµ2 δδδδ ha due sottotipi δδδδ1 e δδδδ2 κκκκ ha due sottotipi κκκκ1 e κκκκ2 εεεε ? .. ? σσσσ non sono recettori specifici per gli oppiacei ma li riconoscono come agonisti Sono recettori accoppiati a proteine Gi e controllano l’attività di alcuni canali ionici. µµµµ e δδδδ aumentano la conduttanza dei canali per il

K+

κκκκ inibisce alcuni tipi di canale per il Ca2+

impedendo la liberazione dei neurotrasmettitori

Sono implicati nel processo di iperpolarizzazione e quindi di inibizione della trasmissione del segnale. I peptidi oppioidi non sono molto selettivi per i

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diversi sottotipi recettoriali. Anche i farmaci agonisti ed antagonisti non lo sono. I recettori hanno una differente localizzazione rispetto ai neuroni che rilasciano oppioidi. La localizzazione anatomica influenza la risultante fisiologica. Lamine I e II del midollo spinale, nuclei talamici e del rafe.

I recettori sono implicati in importanti funzioni fisiologiche: - risposta nocicettiva al dolore ed allo stress - elaborazione delle esperienze e comportamenti gratificanti - omeostasi adattativa a consumo di cibo, acqua, regolazione della temperatura corporea, frequenza e volume respiratorio, tosse e vomito.

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I farmaci più importanti sono: Agonisti e agonisti parziali analgesici come la morfina (µ), la pentazocina (κ) e la buprenorfina (δκµ). Sono tutti agonisti per i tre recettori ma non selettivi per il tipo recettoriale. Antagonisti: sono soprattutto utili nel salvataggio da sovradosaggio di oppioidi, come il naloxone (µ e κ) che è un antagonista competitivo con affinità molto elevata. La tolleranza e la dipendenza agli oppiacei si sviluppano rapidamente. La tolleranza rende insensibili i recettori per gli oppioidi a causa della desensitizzazione. Non c’è variazione nel numero di recettori, della densità e dell’affinità. E’ causata dal disaccoppiamento del recettore con la proteina G indotta dalla iperfosforilazione del recettore, mediata dalle βARK (beta-adrenergic receptor kinase).

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La dipendenza psicologica è dovuta a meccanismi psicologici di gratificazione e di rinforzo positivi. La dipendenza fisica è dovuta ad alterazioni dei livelli di AMPc. L’astinenza provoca irrequietezza, malessere, incubi, dolore, effetti cardiaci.

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Neurotrasmissione da tachichinine

Le tachichinine producono effetti centrali e periferici. A livello centrale la neurotrasmissione è coinvolta in:

- trasmissione eccitatoria di lunga durata - potenziamento della risposta degli

aminoacidi eccitatori A livello periferico: - intestino, vie respiratorie e urinaria, sono costrittrici della muscolatura liscia - vasi, hanno un duplice effetto, costrittore e dilatatore (bifasica conc-dipendente) - mastociti: fanno rilasciare istamina e inducono vasopermeazione - modulano in senso inibitorio la trasmissione del dolore - modulano l’infiammazione neurogenica - i neuroni sensoriali nocicettivi rilasciano tachichinine I recettori sono di 3 tipi: NK1 (sensibili soprattutto a Sostanza P, SP) NK2 (sensibili soprattutto a neurokinina A, NKA) NK3 (sensibili soprattutto a neurokinina B, NKB) Sono accoppiati a proteine Gq. Nel SNC le tachichinine più importanti sono la Sostanza P (SP), poi la neurokinina A (NKA) e la neurokinina B (NKB). La localizzazione dei recettori è ampia. SP e NKA - substanzia nigra e corpo striato (motorio extrapiramidale) - gangli delle radici posteriori dei nervi spinali - interneuroni del corno grigio posteriore del midollo spinale - ipotalamo - plessi intramurali di organi periferici I recettori hanno una differente distribuzione dalle fibre che rilasciano tachichinine.

La trasmissione è quindi più probabilmente volume-dipendente.

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Gli antagonisti non sono peptidici. NK1 hanno attività anti-infiammatoria e poco analgesica NK2 inibiscono la broncocostrizione e hanno effetto ansiolitico Trasmissione da Colecistochinina (CCK)

Il neurotrasmettitore CCK modula gli effetti di altri neurotrasmettitori. In particolare: - dopamina - 5-HT - oppioidi endogeni - GABA - aminoacidi La CCK a livello SNC si trova in due forme, quella solforata CCK8S e quella desolforata CCK8ds. Il rapporto tra le due forme modula le attività ansiogene e fobiche. I recettori sono almeno due: CCKA e CCKB. CCKA modula negativamente il rinforzo positivo della trasmissione - nucleo dorso-mediale dell’ipotalamo - nucleo abenulare - visceri CCKB sono diffusi in varie aree e modulano positivamente il rinforzo positivo Agonisti hanno effetti ansiogeni, fobici Antagonisti hanno effetti ansiolitici. In associazione con gli oppiacei, riducono il meccanismo di rinforzo positivo tipico degli oppiacei (anti-CCKA, devazepide). Trasmissione da Endocannabinoidi

Ruolo del sistema degli endocannabinoidi in alcune patologie Il sistema degli endocannabinoidi è stato scoperto grazie alle ricerche effettuate sul delta-tetraidrocannabinolo (THC), il componente attivo della Cannabis. Il sistema degli endocannabinoidi comprende recettori per i cannabinoidi, i cannabinoidi endogeni,( endocannabinoidi ), e gli enzimi che sintetizzano e degradano gli endocannabinoidi. Esistono almeno 2 tipi di recettori per i cannabinoidi, CB1 e CB2. Il sistema degli endocannabinoidi è stato individuato in molte regioni del cervello: corteccia, ippocampo, gangli basali, cervelletto, striato, amigdala e nucleo accumbens. La densità dei recettori è particolarmente alta nel cervelletto, corteccia, ippocampo, ipotalamo e gangli basi. Queste aree interessano la memoria, la funzione motoria ed i comportamenti di ricompensa. I recettori CB1 sono stati trovati in modo preponderante a livello dei terminali nervosi centrali e periferici, dove mediano l’inibizione del rilascio del trasmettitore. I recettori CB2 sono espressi principalmente sulle cellule immunitarie, dove modulano il rilascio di citochine e la migrazione di cellule del sistema immunitario. Da questo si deduce che il ruolo comune dei recettori CB1 e CB2 sia quello di regolare il rilascio di messaggeri chimici. Gli endocannabinoidi sono importanti modulatori della risposta fisiologica dell’asse HPA (ipotalamico-pituitario-surrenale) durante condizioni di stress ripetitivo e nelle condizioni patologiche, come ansia, fobia, depressione e disturbi da stress post-traumatico. Inoltre è stato ipotizzato che il sistema degli endocannabinoidi svolga un importante ruolo nella protezione contro la neurotossicità e probabilmente, contro certe forme di epilessia.

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Per tale ragione i farmaci che agiscono come antagonisti dei recettori CB1 dovrebbero essere attentamente monitorati, ad esempio, nei pazienti con ansia, epilessia o disturbi neurodegenerativi. Il sistema degli endocannabinoidi è ritenuto svolgere un ruolo in : a) Dolore: i recettori CB1 sono localizzati sulle vie del dolore nel cervello e nel midollo spinale e sui terminali periferici e centrali dei neuroni primari afferenti che mediano sia il dolore neuropatico che quello non-neuropatico. Studi su animali hanno indicato che il cannabinoide endogeno anandamide ed i ligandi del recettore dei cannabinoidi sono molto efficaci nei confronti del dolore, sia di origine neuropatica che infiammatoria. Gli agonisti dei cannabinoidi possono anche rilasciare gli oppioidi endogeni. b) Sclerosi multipla: c’è evidenza da studi clinici condotti su pazienti con sclerosi multipla, che i cannabinoidi possano ridurre gli spasmi, la spasticità, i tremori in questi pazienti. Studi su modelli murini di sclerosi multipla hanno indicato che l’attivazione dei recettori CB1 e CB2 mediante somministrazione esogena di agonisti, o favorendo il rilascio endogeno, può opporsi alla progressione della sclerosi multipla, rallentando il processo neurodegenerativo, riducendo l’infiammazione e promuovendo la rimielinizzazione. c) Tumore: numerosi studi hanno indicato che i cannabinoidi potrebbero direttamente inibire la crescita tumorale. I meccanismi proposti sono complessi e possono implicare l’induzione dell’apoptosi nelle cellule tumorali, un’azione antiproliferativa ed un effetto metastatico attraverso l’inibizione dell’angiogenesi e della migrazione delle cellule tumorali. d) Disordini intestinali: esiste evidenza che certi disordini, caratterizzati da infiammazione del tratto gastrointestinale o da diarrea, possono essere associati ad un aumento dei livelli intestinali di endocannabinoidi e/o dell’espressione dei recettori CB1 mediante neuroni mesenterici; inoltre, l’iperattività del sistema degli endocannabinoidi migliora almeno alcuni dei sintomi di queste malattie. Il miglioramento può essere mimato dagli agonisti del recettore CB1 o favorito dagli inibitori del metabolismo degli endocannabinoidi. e) Disordini mentali: gli studi hanno mostrato che i livelli di anandamide sono sensibilmente più alti nel liquido cerebrospinale degli schizofrenici paranoidi al primo episodio e naive agli antipsicotici, e degli schizofrenici che assumono farmaci antipsicotici atipici, che nel liquido cerebrospinale dei controlli sani. I livelli di anandamide nel liquido cerebrospinale sono negativamente correlati con i sintomi psicotici nei pazienti schizofrenici. E’ stato ipotizzato che l’anandamide abbia un ruolo protettivo nella schizofrenia. f) Eccitotossicità: è stato osservato che l’acido kainico aumenta i livelli di anandamide nell’ippocampo e che questa eccitotossina induce più gravi crisi epilettiche, quando il recettore dei cannabinoidi è deleto o bloccato farmacologicamente. g) Disordini cardiovascolari: i recettori CB1 hanno un ruolo molto più importante dei recettori CB2 nella regolazione cardiovascolare. I recettori CB1 sono stati trovati nel miocardio, dove mediano l’effetto inotropo negativo, ed anche nel tessuto vascolare, dove la loro attivazione porta alla vasodilatazione. Entrambi questi effetti appaiono essere coinvolti nell’effetto ipotensivo dell’anandamide. I terminali nervosi sinaptici contengono i recettori presinaptici CB1, la cui stimolazione inibisce il rilascio di norepinefrina, che contribuisce agli effetti bradicardici dell’anandamide in vivo. h) Disordini oculari: gli endocannabinoidi ed i recettori dei cannabinoidi svolgono un importante ruolo nella regolazione della pressione intraoculare. Gli endocannabinoidi così come i recettori CB1 sono presenti nella retina. I cannabinoidi esercitano effetti neuroprotettivi contro la neurotossicità a livello retinico.

fine

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