GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI
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TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI
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GRUPPO DI LAVORO E
TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA
AVVOCATI presso il Consiglio Nazionale Forense
Dossier di documentazione a cura dell’Ufficio studi del
Consiglio nazionale forense
Roma, 8 settembre 2018 (*1)
* Dossier dell’Ufficio Studi n. 2/2018 a cura di G. Di Iacovo, con la supervisione del Cons.
F. Marullo di Condojanni
GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI
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TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI
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INDICE DOSSIER
INTRODUZIONE
1. Relazione introduttiva, di F. Marullo di Condojanni
CONTRIBUTI DA PARTE DEI COMPONENTI
2. Le società tra avvocati, di G. Bertolotti
3. I principi generali della professione forense esercitata in forma societaria, di M. Zotta
4. Società tra avvocati, Relazione sui profili tributari, di A. La Rosa
5. Riflessioni per il gruppo di lavoro "società", di G. Facchini
6. Idee per una normativa sulle società ed una riscrittura della normativa sulle società tra
avvocati, documento dell’Ufficio monitoraggio legislativo OCF
7. STP, Aspetti fiscali, documento del CNDCEC, Gruppo di Lavoro sulle Società tra
Professionisti
8. Bozza di documento sulle società tra professionisti, documento di Aiga
9. Pro memoria, L’avvocato “In società”, di F. Amadei
10. Bozza mozione, di R. Belcredi
11. Bozza mozione, di F. D’Ambrogio
12. Bozza mozione, di M. Diego
VERBALI DELLE RIUNIONI DEL GRUPPO DI LAVORO
13. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 21.03.2018
14. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 24.05.2018
15. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 20.06.2018
GIURISPRUENZA RILEVANTE RECENTE
16. Cass. Civile Ord. Interlocutoria, Sez. U, n. 15278/2017
17. Cass. Civile, sentenza SS.UU. n. 19282/2018
18. Consiglio nazionale Forense, sentenza n. 63/14
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TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI
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PRASSI
19. Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Coordinamento Normativo, Risoluzione n.
35/E del 2018, “Natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati STA - Art. 4-bis
Legge 31 dicembre 2012, n. 247”
SCHEDE DI APPROFONDIMENTO DELL’UFFICIO STUDI DEL CONSIGLIO
NAZIONALE FORENSE
20. S-2017-66 del 2017.09.21, Associazioni professionali e società nella L. 247-12 dopo
modifiche L. concorrenza
21. S-2017-67 del 2017.10.16, Società tra avvocati: le criticità della legge sulla
concorrenza
NORMATIVA
22. Art. 4-bis e art. 5 (abrogato) L. 247/2012
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Le società tra avvocati*
1.Le rilevanti e preoccupanti criticità determinate dalla abrogazione dell’art.5
della legge n.247 del 2012 (legge professionale forense), per effetto della legge 4 agosto
2017n .124 (in vigore dal 29 agosto 2017) “Legge annuale per il mercato e la
concorrenza”, e dalla sostituzione delle regole ivi contenute con una disciplina
lacunosa e atecnica che rende manifesta la totale incompetenza del legislatore storico,
oltre ad una visione completamente “mercatista” della professione forense in piena e
palese collisione con i diritti fondamentali dei cittadini e, in particolare, con il diritto di
difenderli garantito dalla Costituzione della Repubblica.
In seguito all’entrata in vigore della legge n.124 del 2017 -‐ che ha abrogato l’ art 5 della
legge professionale forense, nonché il dlgs 96 del 2001, che disciplinava compiutamente un
tipo (“speciale”, secondo alcuni, ma in ogni caso riconducibile allo schema organizzativo della
società in nome collettivo) di società tra avvocati -‐ e per effetto di disposizioni palesemente e
gravemente lacunose e per lo più atecniche -‐ dunque, in larga misura, incomprensibili, non
solo per la generalità degli operatori del diritto, ma anche per gli specialisti della materia – si è
attualmente al cospetto di una disciplina delle società tra avvocati caratterizzata da incertezze
e conseguente enormi difficoltà, quando non anche “impossibilità”, di operare e di funzionare
nel preminente interesse dei clienti e, in particolare, del diritto di difesa dei cittadini, il cui
presidio costituzionale (24 cost.) è superfluo ricordare.
Va detto che l’intervento normativo in rassegna è figlio di una idea marcatamente
“mercatista” della professione forense e perciò del tutto ignorante il profilo valoriale dei
diritti dell’individuo al di fuori e se non in quanto “economicamente rilevanti” e,
conseguentemente, una visione che marginalizza le persone, appunto, “economicamente
deboli”.
Si tratta dunque di una visione che collide con l’interesse generale dei cittadini ad
esercitare il diritto di difesa e dell’inclusione delle categorie più deboli nel tessuto sociale del
Paese: obiettivo prioritario al quale la presente analisi intende offrire un contributo è dunque
quello di riscrivere, quanto prima, la attuale disciplina delle società tra avvocati, proponendo
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una disciplina attenta, meditata e condivisa dai soggetti interessati, attraverso un ampio e
pubblico dibattito.
Nelle more delle necessaria riforma che qui s’intende proporre, diventa urgente e
imprescindibile sospendere l’applicazione delle regole in tema di società tra avvocati
introdotte dalla legge n.124 del 2017, recuperando l’art.5 della legge professionale forense.
E invero, è impressionante l’elenco delle criticità determinato dalla insipienza tecnica
della legge e dalla sciatteria delle formulazioni delle disposizioni in essa contenuta.
2.L’inventario delle criticità in tema di società tra avvocati dopo le modifiche in
tema di società tra avvocati introdotte dalla legge 4 agosto 2017, n. 124
1)Si ammettono soci non professionisti; 2)Si ammettono professionisti non avvocati; 3)Non si prevede una componente maggioritaria di avvocati, né quanto agli assetti proprietari, né con riferimento all’esercizio del diritto di voto Criticità: stando alla formula della legge sembrerebbe non necessario che proprietà e diritti di voto siano riservati ad una maggioranza rappresentata da avvocati, ma se cosi’ fosse non avrebbe senso e anzi sarebbe ingannevole e decettiva la denominazione “società tra avvocati” e non si capirebbe per quale ragione la disciplina di una società, denominata appunto “tra avvocati” , sarebbe stata inserita nella legge professionale degli avvocati . Inoltre, l’esclusione di un avvocato che fosse radiato dall’albo, appunto perché la disciplina ora consente anche la presenza di non avvocati nelle società tra avvocati, potrebbe non determinarne in automatico anche l’esclusione dalla società, perché, si potrebbe sostenere che l’avvocato radiato possa restare nella società tra avvocati in qualità di “socio non avvocato”. Tale soluzione sarebbe tuttavia foriera di grave nocumento, anzitutto, per la generalità dei cittadini e poi anche per i soci avvocati. 4)E’ stata eliminata la disposizione secondo cui: << in ogni caso l’esercizio in forma societaria della professione forense non costituisce attività d’ impresa>>. Criticità: la professione forense inclusa nell’aerea dell’impresa ? 5) E’ stata eliminata la disposizione secondo cui << la società tra avvocati non è soggetta al fallimento>>. Criticità: raccordo con la riforma delle procedure concorsuali e possibilità di sottoposizione della società tra avvocati alla liquidazione giudiziale.
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6) E’ stata eliminata la disposizione che qualificava redditi di lavoro autonomo, anche ai fini previdenziali, i redditi prodotti dalla società tra avvocati. Criticità: per la agenzia delle entrate vale il sistema delle società commerciali e allora i redditi sarebbero da qualificare come redditi d’impresa. 7) Soltanto con riferimento alla denominazione sociale e non anche alla ragione sociale, la legge impone l’indicazione di “società tra avvocati”. Criticità: la ragione sociale può dunque essere formata “liberamente”? informazione ai clienti; decoro della professione forense rispetto alla scelta di ogni e qualunque denominazione; pubblicità decettiva. 8)E’ stato eliminato il riferimento al d.lgs. n.96 del 2001 Criticità: le previsioni sono laconiche, quali i riferimenti per colmare le lacune della attuale disciplina? D’altra parte, se quelle poco anzi elencati sono soltanto alcuni dei problemi più gravi posti dalle ultime modifiche legislative alle società tra avvocati è del pari evidente che nessuna delle criticità (numerose, rilevanti e complesse) che erano state sollevate con riferimento alla disciplina previgente sono state risolte. In definitiva, con riferimento alle società tra avvocati è di palmare evidenza che la legge…è disastrosa.
3.La funzione del Consiglio Nazionale Forense e il contributo alla corretta
costituzione di società tra avvocati
Nel complesso e preoccupante contesto del quale si è qui dato conto, il Consiglio
Nazionale Forense, in considerazione della specialità della professione forense e dell’alta
funzione che l’avvocatura è chiamata dalla Costituzione ad assolvere, è dunque il soggetto
istituzionale naturalmente preposto alla elaborazione di principi in grado di orientare, di
fronte alle rilevanti criticità interpretative, tutti i professionisti a vario titolo coinvolti nella
costituzione delle società tra avvocati.
4.L’interesse pubblico alla presenza effettiva, e maggioritaria rispetto ad altri
eventuali professionisti, di avvocati nelle società tra avvocati
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Nella citata legge per la concorrenza, la stortura che desta maggior allarme sociale, che
all’evidenza si pone in contrasto con i principi di trasparenza e che è suscettibile di ingannare
coloro che si rivolgono alle società tra avvocati, sta nella circostanza che, per effetto della
abrogazione dell’art.5 della legge n.247 del 2012 e delle modifiche introdotte, la disciplina
attualmente vigente sembra consentire ad una società la cui compagine sociale sia
rappresentata, ad esempio, da 1 solo avvocato, titolare di una quota pari all’1 % dell’intero
capitale sociale, 3 ingegneri, titolari complessivamente del 70 e da una banca che abbia il
restante 29% per cento del capitale sociale, di usare l’indicazione di “società tra avvocati” e di
operare come tale e dunque di esercitare la professione forense!
Orbene, premesso che quanto si è appena esemplificato rende vieppiù evidente la
necessità ineludibile di procedere quanto prima alla riscrittura delle regole sulle società tra
avvocati, occorre garantire tutela ai cittadini di fronte a siffatti fenomeni ed evitare che
società, che sono “tra avvocati” solo nel nome, possano presentarsi ed essere percepite come
enti nei quali sono soci ed operano una componente rilevante, per quote di capitali e per teste,
di avvocati.
A tale fine, si propone di seguire i principi di seguito indicati nella formulazione degli
statuti di società tra avvocati.
Del resto e conclusivamente, si deve tenere in debito conto che, pur dopo le modifiche
normative in rassegna, resta integro un profilo centrale per la interpretazione della
disciplina della società tra avvocati.
Si allude, cioè, alla circostanza che siffatta disciplina non è stata scritta come legge
autonoma, come invece accaduto con riferimento alla legge generale sulle società tra
professionisti, bensì continua ad essere inserita nel più generale contesto della legge
professionale forense: si tratta, dunque, non già di norme di diritto societario ma di norme per
l’esercizio della professione di avvocato e che riguardano le società il cui oggetto sociale
include appunto l’esercizio di tale professione.
Con la conseguenza, di notevole rilievo operativo, che allora la disciplina della società
tra avvocati va interpretata alla luce dei principi fondanti la professione di avvocato e in tale
prospettiva assume certamente un notevole significato la circostanza che pure le ultime
modifiche normative esplicitamente dichiarano la società tra avvocati soggetta al codice
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deontologico, norma che all’evidenza non potrebbe aver alcun significato se riferita alle
società commerciali e dunque all’attività d’impresa che con le stesse si esercita.
Come si vedrà più avanti, tale ultima notazione è rilevante sul piano della normativa
fiscale del reddito prodotto dalle società tra avvocati che essendo altro e diverso fenomeno
dall’impresa non può seguire il regime pensato e previsto per la stessa e per le società
commerciali, contrariamente ad un diffuso orientamento e alla posizione ufficiale della
Agenzia dell’entrate da ultima adottata (peraltro contraria a quanto sostenuto nel 2003, con
riferimento alle società tra avvocati di cui al d.lgs. n.96 del 2001, nella risoluzione del 28
maggio n. 118/E).
In proposito, vale la pena di ricordare che il legislatore della legge n.247 del 2012
aveva chiaramente percepito la riferita diversità fenomenica ed esplicitamente previsto che il
reddito prodotto dalle società tra avvocati, sul piano del regime fiscale, fosse da considerarsi
reddito da lavoro autonomo.
5. Principi fondamentali per la corretta elaborazione degli statuti di società tra
avvocati, nell’interesse pubblico generale a garantire un esercizio concreto ed effettivo
del diritto di difesa ai cittadini
a) DENOMINAZIONE E RAGIONE SOCIALE
Occorre subito osservare che la legge originaria non conteneva alcuna regola circa il
nome delle società tra avvocati e che allora, prima delle modifiche del dicembre 2017, si
sarebbe potuta costituire una società tra avvocati che si sarebbe potuta presentare al pubblico
e che avrebbe potuto usare negli atti e nella corrispondenza un qualsivoglia nome di fantasia e
senza alcun riferimento alla professione forense: “Boutique Carlo”.
Tale grossolana svista è stata parzialmente corretta nel dicembre del 2017 e si è
stabilita l’obbligatorietà della indicazione “società tra avvocati”. Tuttavia, la legge
esplicitamente si riferisce alla sola denominazione sociale e ciò potrebbe indurre a ritenere
che nelle società di persone l’obbligo della indicazione “società tra avvocati” non sussista.
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E’ dunque opportuno che nella formulazione degli statuti di società che hanno ad
oggetto l’esercizio della professione, a prescindere dal tipo sociale in concreto adottato (e
dunque, sia che si tratti di una società per azioni, ovvero di una società in nome in collettivo e
via dicendo), si indichi sempre nel nome, negli atti e nella corrispondenza la locuzione
“società tra avvocati”.
b)MAGGIORANZE SOCI AVVOCATI
Nelle società che hanno ad oggetto l’esercizio della professione forense, nell’interesse
generale al corretto svolgimento della stessa, nel rispetto del principio di trasparenza e, in
particolare, al fine di evitare il proliferare di fenomeni decettivi e ingannevoli per il pubblico e
di tutelare l’affidamento che genera l’indicazione società tra avvocati quale entità nella quale
operano soltanto o comunque in massima parte avvocati, è opportuno, quanto agli assetti
proprietari, che i soci avvocati abbiano una quota complessiva pari almeno ai due terzi
dell’intero capitale sociale e che i soci avvocati siano anche numericamente in maggioranza
rispetto alle altre componenti e cioè altri professionisti e soci non professionisti.
c) QUORUM DELIBERATIVI
Al fine di rendere efficace e sostanziale, anche e soprattutto sul piano della governance,
la componente maggioritaria di soci avvocati, è naturalmente opportuno che la formazione
della volontà assembleare e dunque dell’organizzazione della società tra avvocati non sia
determinata prescindendo da un rilevante consenso di soci avvocati.
Pertanto, nella redazione di statuti di società tra avvocati, si suggerisce di attribuire ai
soci avvocati almeno i due terzi del totale dei diritti di voto.
d)GOVERNANCE
La disciplina attuale impone che l’organo di gestione sia rappresentato da una
maggioranza di soci avvocati, pur consentendo a soci appartenenti ad altre professioni
intellettuali di assumere la carica di amministratore.
In coerenza con la disciplina degli assetti proprietari e dei quorum necessari alla
formazione della volontà sociale, si suggerisce di prevedere negli statuti delle società tra
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avvocati che almeno due terzi dei componenti l’organo di gestione siano soci avvocati e ciò
anche in considerazione della circostanza che il centro decisionale dell’agire societario è
l’organo di gestione ed è dunque opportuno che, trattandosi di società aventi ad oggetto
l’esercizio della professione di avvocato, la componente forense sia largamente rappresentata,
nel generale interesse pubblico a che l’esercizio del diritto di difesa sia effettivo e efficace e
dunque presidiato da coloro ai quali, per il percorso di studi e accertamento delle specifiche
competenze, l’ordinamento riconosce l’esclusiva funzione della difesa in giudizio dei cittadini.
e)ESCLUSIONE DEL SOCIO
Per effetto della disciplina introdotta dalla legge sulla concorrenza e, in particolare,
dell’apertura delle società che esercitano la professione forense anche a soci non avvocati, si è
potrebbe sostenere che il socio avvocato escluso dalla società tra avvocati per aver posto in
essere comportamenti contrari all’ordinamento professionale (ad esempio, per essere stato
radiato dall’albo) possa restare nella compagine sociale, seppure a diverso titolo e cioè quello
di socio non avvocato.
Si tratta di una tesi inaccettabile, non soltanto perché la legge esplicitamente dice che
<< La sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’albo nel quale è iscritto
costituisce causa di esclusione dalla società>>, ma perché lede sia gli interessi dei clienti e sia
quelli degli altri soci della società tra avvocati, che si vedrebbero costretti a dover tollerare la
presenza di un soggetto che si è reso colpevole di atti gravissimi nell’esercizio della funzione
di avvocato.
Al fine di evitare le riferite criticità, è opportuno indicare esplicitamente negli statuti di
società tra avvocati che il socio avvocato che sia stato sospeso, cancellato o radiato dall’albo,
deve essere escluso dalla società e, fino alla cessazione della sanzione disciplinare, non può
essere riammesso nella società tra avvocati, neppure in qualità di socio non avvocato.
6. Considerazioni sui profili fiscali e la necessità di elaborare una disciplina
specifica per le società tra avvocati.
L’elaborazione e la redazione di statuti e di clausole statutarie all’evidenza non può
incidere direttamente sulla disciplina applicabile ai fini fiscali e previdenziali.
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Tuttavia, in considerazione del rilievo operativo e del vivo dibattito in merito, è
opportuno fare alcune considerazioni circa la natura del reddito prodotto dalle società tra
avvocati .
Una recentissima risoluzione della Agenzia delle entrate (n.35/E del 7 maggio 2018) ha
ritenuto che il reddito prodotto dalle società tra avvocati sia da considerare ai fini fiscali
reddito d’impresa.
Si tratta di una decisione fondata su profili tanto formali quanto scorretti e cioè sulla
circostanza che le società, in quanto tali, vanno assoggettate al reddito d’impresa.
Al riguardo si deve osservare che la ragione per la quale l’ordinamento ha in via di
principio ritenuto considerato reddito d’impresa quello prodotto dalle società è una ragione
storica che trova riscontro nel dato esperienziale: nell’idea del legislatore del 1942, e nella
prassi degli affari, la società è pensata (e normalmente è perciò costituita) per l’esercizio della
impresa, ovvio, dunque, che il reddito dalla stessa prodotta, sia nell’idea del legislatore, che
nella stragrande maggioranza dei casi concreti, è reddito d’impresa.
Ciò non toglie, tuttavia, che per effetto della evoluzione legislativa, e della elaborazione
di discipline speciali rispetto al sistema per così dire naturale e secondo il quale la società è
solo una delle tante possibili forme dell’impresa, la società può essere impiegata in ambiti del
tutto estranei, quando non addirittura antitetici, a quello della impresa.
Ed è allora evidente che in tali ultimi casi e, in particolare, quando la società è invece
una forma con la quale si organizza il lavoro autonomo intellettuale e quando l’agire del
professionista intellettuale sovrasta l’organizzazione della quale pure egli si serve, siamo in
presenza di un reddito di lavoro autonomo.
D’altra parte, la legge n.247 del 2012, nella sua originaria formulazione, aveva
esplicitamente previsto che il reddito prodotto dalle società tra avvocati dovesse essere
considerato, sia a fini fiscali che a fini previdenziali, reddito da lavoro autonomo.
Per mero scrupolo, occorre segnalare con forza che del tutto destituita da fondamento
è la ricorrente affermazione che l’ agenzia delle entrate avrebbe correttamente inquadrato il
tema “alla luce della disciplina vigente”.
Invero, non esiste affatto una disciplina fiscale vigente sulle società tra avvocati per la
circostanza che si tratta di un fenomeno nuovo, niente affatto riconducibile alla impresa e del
quale il legislatore “tributario” non ha tenuto ancora conto. Si che l’opzione da perseguire
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deve essere quella di scrivere una specifica disciplina fiscale “speciale” in ragione della
specialità del fenomeno, fermo restando, però, che l’inclusione della professione forense
nell’area del lavoro non è seriamente discutibile (e non è un caso che nel 2003 l’ agenzia delle
entrate abbia fornito una interpretazione diametralmente opposta a quella da ultima
sostenuta e si sia espressa nel senso che le società tra avvocati di cui al d.lgs. n. 96 del 2001
producono redditi da lavoro autonomo), salvo nelle (sul piano empirico assai rare e
sporadiche) ipotesi concrete nelle quali il sovradimensionamento dell’organizzazione rispetto
al lavoro professionale, trasformi il professionista intellettuale in imprenditore e allora la
società tra avvocati in impresa collettiva.
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PRINCIPI GENERALI DELLA PROFESSIONE FORENSE ESERCITATA IN
FORMA SOCIETARIA
INDICE DEI CONTENUTI
I. PREAMBOLO 3
II.Parte Prima Principi generali della professione forense 4
IV.1. Disciplina dell’ordinamento forense (l. 247/2012 articolo 1) 4
IV.2. Disciplina della professione di avvocato (l. 247/2012 articolo 2) 8
IV.3. Doveri e Deontologia ( l. 247/2012 articolo 3) 13
III. Parte Seconda Annotazioni ai principi 16
IV.Parte Terza Principi Organizzativi ( d.lgs. 96/2001) 16
IV.1. Disposizioni generali (Articolo 16 d.lgs. 96/2001) 16
IV.2. Costituzione e oggetto (Articolo 17 d.lgs. 96/2001) 17
IV.3. Ragione sociale (Articolo 18 d.lgs. 96/2001) 18
IV.4. Modificazioni (Articolo 19 d.lgs. 96/2001) 19
IV.5. Invalidità della società (Articolo 20 d.lgs. 96/2001) 19
IV.6. Requisiti soggettivi dei soci e situazioni di incompatibilità (Articolo 21 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 20
IV.7. Subentro di nuovi soci (Articolo 22 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 22
IV.8. Amministrazione (Articolo 23 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis 23
IV.9. Incarico professionale e obblighi di informazione (Articolo 24 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 24
IV.10. Compensi (Articolo 25 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 25
IV.11. Responsabilità professionale (Articolo 26 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 26
IV.12. Iscrizione (Articolo 27 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 27
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IV.13. Procedimento di Iscrizione (Articolo 28 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 28
IV.14. Annotazioni (Articolo 29 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 29
IV.15. Responsabilità disciplinare (Articolo 30 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 30
IV.16. Situazioni di incompatibilità o di conflitto (Articolo 31 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 31
IV.17. Cancellazione dall'albo per difetto sopravvenuto di un requisito (Articolo 32 d.lgs. 96/2001) 32
IV.18. Elezioni dei consigli locali e nazionali (Articolo 33 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 33
Pagina 3 di 33
I. PREAMBOLO
La legge n. 247 del 31 dicembre 2012 titolata“ Nuova disciplina
dell'ordinamento della professione forense” “nel rispetto dei principi
costituzionali, della normativa comunitaria e dei trattati internazionali,
disciplina la professione di avvocato”
La legge 4 agosto 2017 n. 124 ha introdotto all’interno della legge n. 247 del
31 dicembre 2012 l’articolo 4 - bis titolato “Esercizio della professione forense
in forma societaria”
Le pratiche e prescrizioni in materia di governo societario sono abitualmente
influenzati da un insieme di aree del diritto, quale il diritto societario, la
regolamentazione dei valori mobiliari, gli standard contabili e di revisione dei
conti, il diritto fallimentare, il diritto dei contratti, il diritto del lavoro e il diritto
fiscale la diversità ̀ delle fonti del diritto interessate rischia di essere all’origine
di sovrapposizioni indesiderate e di conflitti che possono ostacolare la
realizzazione di obiettivi fondamentali di governo societario.
Avuto riguardo all’esercizio della professione forense in forma societaria,
inoltre, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della
primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta
occorre tener conto, altresì, dei principi costituzionali, della normativa
comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato
La nuova disposizione normativa è stata collocata dal legislatore nel titolo I –
Disposizioni Generali - della legge n. 247 del 31 dicembre 2012, a seguire i
principi generali di cui agli articoli 1 “Disciplina dell'ordinamento forense”, 2
“Disciplina della professione di avvocato“ e 3 “Doveri e deontologia”.
I Principi Generali cui si deve ispirare l’esercizio della professione forense in
qualunque forma venga esercitata, tenuto conto della specificità della funzione
difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei
diritti alla cui tutela essa è preposta, rappresentano i cardini cui devono
adeguarsi tutti i soggetti abilitati all’esercizio permanente in Italia della
professione di avvocato (riferimento all’articolo 6 del d.lgs. 96/2001)
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II. Parte Prima Principi generali della professione forense
IV.1. Disciplina dell’ordinamento forense (l. 247/2012 articolo 1)
“ 1. La presente legge, nel rispetto dei principi costituzionali, della normativa
comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato.
2. L'ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in
considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui
tutela essa è preposta:
a) regolamenta l'organizzazione e l'esercizio della professione di avvocato e,
nell'interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde
garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide;
b) garantisce l'indipendenza e l'autonomia degli avvocati, indispensabili
condizioni dell'effettività della difesa e della tutela dei diritti;
c) tutela l'affidamento della collettività e della clientela, prescrivendo l'obbligo
della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della
prestazione professionale;
d) favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in
particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito.”
L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto
nel rispetto dei principi indicati dalla legge e, quindi dovrà comunque essere
garantita:
Articolo 1 lettera a)
…la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi
individuali e collettivi sui quali essa incide;
Conseguenze sulla struttura societaria:
L’idoneità professionale degli iscritti è canone di garanzia della
tutela degli interessi individuali e collettivi. Esso dovrà essere
garantito anche dal nuovo soggetto.
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Statuto
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Articolo 1 lettera b)
… l'indipendenza e l'autonomia della società, indispensabili condizioni
dell'effettività della difesa e della tutela dei diritti
Conseguenze sulla struttura societaria:
L’indipendenza costituisce uno dei principi fondamentali del
codice deontologico degli avvocati europei, approvato dal
C.C.B.E. il 28 ottobre 1988, con le modifiche introdotte il 28
novembre 1998 e il 5 dicembre 2002. L’art. 2 al punto n. 1
recita: “La molteplicità dei doveri che incombono sull’avvocato gli
impone una indipendenza assoluta, immune da qualsiasi
pressione e in particolare da quella derivante da propri interessi
o da influenze esterne. Questa indipendenza è tanto necessaria
per la fiducia nella giustizia quanto lo è l’imparzialità del
giudice. L’avvocato dunque deve evitare ogni attacco alla
propria indipendenza e controllare di non trascurare l’etica
professionale per compiacere il proprio cliente, il giudice o i terzi.
Questa indipendenza è necessaria sia nell’attività extragiudiziale
che in quella giudiziale, poiché la consulenza fornita dall’avvocato
al proprio cliente non ha alcun valore reale se è data per
compiacenza o per un interesse personale o sotto l’effetto di una
pressione esterna
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L’indipendenza degli avvocati implica la necessità di un
atteggiamento asettico ed equidistante nei confronti dei poteri,
delle istituzioni, dei terzi che in qualche modo tentino di coartare
la libertà professionale.
Indipendenza che, dovrà necessariamente essere garantita anche
dal nuovo soggetto societario, anche attraverso l’adozione del
codice etico e/o clausole statutarie espresse
Statuto
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Articolo 1 lettera c)
…la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto
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etico
Articolo 1 lettera d)
…favorire l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in
particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto
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etico
Riflessioni
L’assetto di governo societario, quindi, dovrebbe promuovere il rispetto dei
principi di disciplina della professione forense ed articolare chiaramente la
suddivisione delle responsabilità ̀ fra le diverse componenti societarie ed in
particolare quelle preposte alle supervisione, alla regolamentazione e alla
garanzia dell’applicazione dei principi sopra richiamati.
1. L’assetto di governo societario dovrebbe essere elaborato tenendo conto
della peculiarità della professione esercitata, e degli obblighi
consequenziali ai principi sopra richiamati;
2. Le previsioni statutarie dovrebbero essere conformi a legge, trasparenti e
volte a garantire l’indipendenza e l’autonomia della società, condizioni
indispensabili a garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi;
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3. Le previsioni statutarie dovrebbero garantire il rispetto della tutela
dell’affidamento della collettività e della clientela, canone essenziale al
soggetto giuridico.
4. Gli organi e le autorità preposte alla supervisione, al controllo, alla
regolamentazione e alla garanzia dell’applicazione dei principi societari,
dovrebbero avere il potere, l’integrità e le risorse per adempiere ai loro
doveri in modo professionale e obiettivo. Le loro decisioni dovrebbero
essere trasparenti, tempestive e motivate in modo esauriente.
IV.2. Disciplina della professione di avvocato (l. 247/2012 articolo
2)
“ 1. L'avvocato è un libero professionista che, in libertà, autonomia e
indipendenza, svolge le attività di cui ai commi 5 e 6.
2. L'avvocato ha la funzione di garantire al cittadino l'effettività della tutela
dei diritti.
3. L'iscrizione ad un albo circondariale è condizione per l'esercizio della
professione di avvocato.
…..
4. L'avvocato, nell'esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle
regole deontologiche.
5. Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente
previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi
davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali.
6. Fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate
relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli
esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza
legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività
giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di
competenza degli avvocati. È comunque consentita l'instaurazione di rapporti
di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera
continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale
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stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in
favore del quale l'opera viene prestata. Se il destinatario delle predette attività
è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in
favore dell'eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi
dell'articolo 2359 del codice civile. Se il destinatario è un'associazione o un
ente esponenziale nelle diverse articolazioni, purché portatore di un interesse
di rilievo sociale e riferibile ad un gruppo non occasionale, tali attività possono
essere svolte esclusivamente nell'ambito delle rispettive competenze
istituzionali e limitatamente all'interesse dei propri associati ed iscritti.
7. L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano o
siano stati iscritti ad un albo circondariale, nonché agli avvocati dello Stato.
8. L'uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato.”
L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto
nel rispetto dei principi indicati dalla legge e, quindi, dovrà comunque
prevedere:
Articolo 2 n. 1
… la libertà, autonomia e indipendenza.
Conseguenze sulla struttura societaria:
La struttura societaria dovrà garantire che l’esercizio della
professione da parte della società e da parte dei singoli soci sia
svolto in piena libertà, autonomia e indipendenza.
Statuto
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Articolo 2 n. 2
… al cittadino dell'effettività della tutela dei diritti.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto
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Articolo 2 n. 3.
…L'iscrizione ad un albo circondariale [quale condizione per l'esercizio della
professione di avvocato].
Conseguenze sulla struttura societaria:
Iscrizione all’Ordine degli Avvocati della società.
Statuto
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Articolo 2 n. 4
… nell'esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole
deontologiche.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Assoggettamento della Società alle regole deontologiche -
articolo b-bis comma 6.
Statuto
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Articolo 2 n. 5
… Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti
dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a
tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali.
Articolo 2 n. 6
… Fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate
relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli
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esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza
legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività
giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di
competenza degli avvocati. È comunque consentita l'instaurazione di rapporti
di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera
continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale
stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in
favore del quale l'opera viene prestata. Se il destinatario delle predette attività
è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in
favore dell'eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi
dell'articolo 2359 del codice civile. Se il destinatario è un'associazione o un
ente esponenziale nelle diverse articolazioni, purché portatore di un interesse
di rilievo sociale e riferibile ad un gruppo non occasionale, tali attività possono
essere svolte esclusivamente nell'ambito delle rispettive competenze
istituzionali e limitatamente all'interesse dei propri associati ed iscritti.
[…]
Articolo 2 n. 7
… L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano …
iscritti ad un albo circondariale.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Obbligo di indicazione nella denominazione di S.T.A. ed
iscrizione all’Albo di appartenenza
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Articolo 2 n. 8
L'uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Esclusione del socio (?)
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Riflessioni
L’assetto di governo societario, quindi, dovrebbe promuovere il rispetto dei
principi di disciplina della professione forense ed individuare chiaramente gli
strumenti di garanzia delle libertà, autonomia e indipendenza del soggetto che
esercita la professione forense.
IV.3. Doveri e Deontologia ( l. 247/2012 articolo 3)
“1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e
sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale.
L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto
iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non
abbienti.
2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà,
probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo
sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.
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3. L'avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel
codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 35, comma 1,
lettera d), e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di
comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e,
specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri
avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente
individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di
un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza
disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate
dall'osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono
contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile.
4. Il codice deontologico di cui al comma 3 e i suoi aggiornamenti sono
pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo disposizioni stabilite con
decreto del Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il codice deontologico entra in vigore
decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.”
L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto
nel rispetto i principi indicati e, quindi dovrà comunque essere garantita:
Articolo 3 n. 1
… autonomia e indipendenza dell'azione professionale e del giudizio
intellettuale.
Conseguenze sulla struttura societaria:
La struttura societaria dovrà prevedere meccanismi societarie
volti a garantire che l’esercizio della professione venga svolto in
piena libertà, autonomia e indipendenza.
Il riferimento al giudizio intellettuale, dovrà riferirsi ai soci
professionisti
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Articolo 3 n. 2
La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà,
probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo
sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.
Conseguenze sulla struttura societaria:
La struttura societaria dovrà garantire il rispetto dei principi di
indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e
competenza ed il rispetto dei principi di corretta e leale
concorrenza.
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Riflessioni
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1. Sarà necessario definire chiaramente le regole deontologiche e che
disciplinano l’esercizio della professione forense in forma societaria
III. Parte Seconda Annotazioni ai principi
L’assetto di governo societario dovrà garantire il rispetto dei principi cui deve
ispirarsi l’esercizio dell’attività professionale.
Al fine di assicurare un assetto di governo societario efficace, è necessario creare
un assetto giuridico, regolamentare e societario appropriato ed efficace al quale
tutti gli operatori sul mercato possano affidarsi.
Tale assetto di governo societario tipicamente comprende aspetti legislativi,
regolamentari, meccanismi di autodisciplina, impegni ed impegni contrattuali che
sono stati elaborati dal legislatore con il d.lgs. 96/2001, norma solo parzialmente
modificata dalla nuova disciplina.
IV. Parte Terza Principi Organizzativi ( d.lgs. 96/2001)
L’esercizio della professione di avvocato in forma societaria è, attualmente, disciplinato dalle norme di cui al Titolo II Capo I e Capo II del d.lgs. 96 del 2 febbraio 2001, come modificate dalla legge 247/2001.
IV.1. Disposizioni generali (Articolo 16 d.lgs. 96/2001)
1. L'attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può
essere esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società
tra professionisti, denominata nel seguito società tra avvocati.
2. La società tra avvocati è regolata dalle norme del presente titolo e, ove non
diversamente disposto, dalle norme che regolano la società [in nome collettivo
di cui al capo III del titolo V del libro V del codice civile]. Ai fini dell'iscrizione
nel registro delle imprese, è istituita una sezione speciale relativa alle società
tra professionisti; l'iscrizione ha funzione di certificazione anagrafica e di
pubblicità notizia ed è eseguita secondo le modalità di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581.
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3. La società tra avvocati non è soggetta a fallimento.
4. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo degli
avvocati e alla stessa si applicano, in quanto compatibili, le norme, legislative,
professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato.
5. È fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e
successive modificazioni, per la costituzione di associazioni tra professionisti.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi
scrive, incompatibili con la nuova formulazione di cui
all’articolo 4 bis l. 247/2012
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IV.2. Costituzione e oggetto (Articolo 17 d.lgs. 96/2001)
1. Ai fini della iscrizione all'albo, la società tra avvocati è costituita con atto
pubblico o scrittura privata con sottoscrizioni autenticate dei contraenti.
2. La società tra avvocati ha per oggetto esclusivo l'esercizio in comune della
professione dei propri soci. La società può rendersi acquirente di beni e diritti
che siano strumentali all'esercizio della professione e compiere qualsiasi
attività diretta a tale scopo.
Conseguenze sulla struttura societaria:
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IV.3. Ragione sociale (Articolo 18 d.lgs. 96/2001)
1. La ragione sociale della società tra avvocati deve contenere l'indicazione di
società tra avvocati, in forma abbreviata “s.t.a.” . (comma così sostituito dal
comma 1 dell’art. 2, L. 30 ottobre 2014, n. 161)
2. [Non è consentita la indicazione del nome di un socio avvocato dopo la
cessazione della sua appartenenza alla società, salvo diverso accordo tra la
società e il socio cessato o i suoi eredi. In tal caso la utilizzazione del nome è
consentita con la indicazione «ex socio» o «socio fondatore» accanto al
nominativo utilizzato, purché non sia mutata l'intera compagine dei soci
professionisti presenti al momento della cessazione della qualità di socio].
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi
scrive, incompatibili con la nuova formulazione di cui
all’articolo 4 bis l. 247/2012
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IV.4. Modificazioni (Articolo 19 d.lgs. 96/2001)
1. L'atto costitutivo può essere modificato con deliberazione adottata da tutti i
soci o con deliberazione della maggioranza di essi qualora l'atto costitutivo lo
preveda e ne stabilisca le modalità.
Conseguenze sulla struttura societaria:
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IV.5. Invalidità della società (Articolo 20 d.lgs. 96/2001)
1. La nullità della società per vizi di costituzione può essere pronunciata solo
nei casi previsti dalle disposizioni che disciplinano la nullità dei contratti.
2. La dichiarazione di nullità o la pronuncia di annullamento non pregiudicano
l'efficacia degli atti compiuti in nome della società.
3. La sentenza che dichiara la nullità o che pronuncia l'annullamento nomina
uno o più liquidatori, in persona dei soci o di terzi, purché professionisti
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esercenti con il titolo di avvocato.
4. La invalidità non può essere pronunciata quando la causa di essa è stata
eliminata per effetto di una modificazione dell'atto costitutivo iscritta nella
sezione speciale del registro delle imprese.
5. La responsabilità dei soci non è esclusa dalla dichiarazione di nullità o
dall'annullamento dell'atto costitutivo.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto Articolo 4 bis comma 4 l. 247/2012
“La responsabilità della società e quella dei soci non esclude
la responsabilità del professionista che ha eseguito la
specifica presta”
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IV.6. Requisiti soggettivi dei soci e situazioni di incompatibilità (Articolo
21 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
1. I soci della società tra avvocati devono essere in possesso del titolo di
avvocato. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo
4-bis]
2. La partecipazione ad una società tra avvocati è incompatibile con la
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partecipazione ad altra società tra avvocati. [Previsione da adeguare alla
nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
3. La incompatibilità di cui al comma 2 si applica fino alla data in cui la
dichiarazione di recesso produce i suoi effetti ovvero per tutta la durata della
iscrizione della società nell'albo.
4. È escluso il socio che è stato cancellato o radiato dall'albo. La sospensione
di un socio dall'albo è causa legittima di esclusione dalla società.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi
scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova
formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012
Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012
a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;
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IV.7. Subentro di nuovi soci (Articolo 22 d.lgs. 96/2001)
[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. Le quote di partecipazione alla società tra avvocati possono essere cedute
per atto tra vivi solo con il consenso di tutti i soci, salvo diversa disposizione
dell'atto costitutivo. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
2. In caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi,
a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e
questi abbiano i requisiti professionali richiesti e vi acconsentano.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi
scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova
formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012
Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012
a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;
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IV.8. Amministrazione (Articolo 23 d.lgs. 96/2001) [Previsione da
adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis
1. L'amministrazione della società tra avvocati spetta ai soci e non può essere
affidata a terzi. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
2. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno
dei soci disgiuntamente dagli altri. [Previsione da adeguare alla nuova
disposizione dell’articolo 4-bis]
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi
scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova
formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012
Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012
b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati;
c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratore
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IV.9. Incarico professionale e obblighi di informazione (Articolo 24
d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
1. L'incarico professionale conferito alla società tra avvocati può essere
eseguito solo da uno o più soci in possesso dei requisiti per l'esercizio
dell'attività professionale richiesta.
2. La società deve informare il cliente, prima della conclusione del contratto,
che l'incarico professionale potrà essere eseguito da ciascun socio in possesso
dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale richiesta; il cliente ha
diritto di chiedere che l'esecuzione dell'incarico sia affidata ad uno o più soci
da lui scelti sulla base di un elenco scritto con la indicazione dei titoli e delle
qualifiche professionali di ciascuno di essi.
3. In difetto di scelta, la società comunica al cliente il nome del socio o dei soci
incaricati, prima dell'inizio dell'esecuzione del mandato.
4. La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione prescritti dai
commi 2 e 3 e il nome del socio o dei soci indicati dal cliente devono risultare
da atto scritto.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto Articolo 4 bis comma 3 l. 247/2012
3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in
forma societaria resta fermo il principio della personalità
della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto
soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti
necessari per lo svolgimento della specifica prestazione
professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per
tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e
imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o
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incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.
4. La responsabilità della società e quella dei soci non
esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito
la specifica prestazione.
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IV.10. Compensi (Articolo 25 d.lgs. 96/2001) [Previsione da
adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. I compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti
della società.
2. Se la prestazione è svolta da più soci, si applica il compenso spettante ad
un solo professionista, salvo espressa deroga pattuita con clausola approvata
per iscritto dal cliente.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE Da adeguare al regime fiscale applicabile alla società
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IV.11. Responsabilità professionale (Articolo 26 d.lgs. 96/2001)
[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. Il socio o i soci incaricati sono personalmente e illimitatamente responsabili
per l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico. La società
risponde con il suo patrimonio.
2. In difetto della comunicazione prevista dall'articolo 24, comma 3, per le
obbligazioni derivanti dall'attività professionale svolta da uno o più soci, oltre
alla società, sono responsabili illimitatamente e solidalmente tutti i soci.
3. Per le obbligazioni sociali non derivanti dall'attività professionale rispondono
inoltre personalmente e solidalmente tutti i soci; il patto contrario non ha
effetto nei confronti dei terzi.
4. La sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace
anche nei confronti del socio o dei soci incaricati ovvero nei confronti dei soci
illimitatamente responsabili, i quali possono intervenire nel giudizio e possono
impugnare la sentenza.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto Articolo 4 bis – commi 3 e 4
3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.
4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica
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prestazione.
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IV.12. Iscrizione (Articolo 27 d.lgs. 96/2001) [Previsione da
adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo del
Consiglio dell'ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale.
2. Le sedi secondarie con rappresentanza stabile sono iscritte presso il
Consiglio dell'ordine nella cui circoscrizione le sedi sono istituite: se la
istituzione non è contenuta nell'atto costitutivo, devono inoltre essere
denunciate al Consiglio dell'ordine presso il quale la società è iscritta per
l'annotazione.
3. La società deve mantenere nella propria sede e nelle eventuali sedi
secondarie un ufficio nel quale almeno uno dei soci svolga in tale qualità
l'attività professionale.
Conseguenze sulla struttura societaria:
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IV.13. Procedimento di Iscrizione (Articolo 28 d.lgs. 96/2001)
[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. La domanda di iscrizione nella sezione speciale dell'albo è rivolta al
Consiglio dell'ordine ed è corredata dai seguenti documenti:
a) atto costitutivo in copia autentica;
b) certificato di iscrizione nell'albo dei soci non iscritti presso il Consiglio
dell'ordine cui è rivolta la domanda o dichiarazione sostitutiva.
2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel
termine di trenta giorni dalla domanda dispone l'iscrizione della società in una
sezione speciale dell'albo, con la indicazione della ragione sociale, dell'oggetto,
della sede legale e delle sedi secondarie eventualmente istituite, del
nominativo dei soci che hanno la rappresentanza, dei soci iscritti nell'albo,
nonché dei soci iscritti in altro albo.
3. Per la iscrizione delle sedi secondarie con rappresentanza stabile, la
domanda è corredata da un estratto dell'atto costitutivo ovvero dalla delibera
di istituzione della sede in copia autentica, con la indicazione del Consiglio
dell'ordine presso il quale la società è iscritta e la data di iscrizione, nonché dal
certificato di iscrizione all'albo dei soci che operano nell'àmbito della sede
secondaria, se iscritti presso altro Consiglio dell'ordine.
4. L'avvenuta iscrizione deve essere annotata nella sezione speciale del
registro delle imprese, su richiesta dei socio che ha la rappresentanza della
società (7).
Conseguenze sulla struttura societaria:
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Statuto
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IV.14. Annotazioni (Articolo 29 d.lgs. 96/2001) [Previsione da
adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo, le
variazioni della composizione sociale ed ogni fatto incidente sull'esercizio dei
diritti di voto, sono comunicati al Consiglio dell'ordine entro il termine di trenta
giorni dal momento in cui si verificano.
2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel
termine di trenta giorni dispone l'annotazione della variazione nella sezione
speciale dell'albo.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto
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IV.15. Responsabilità disciplinare (Articolo 30 d.lgs. 96/2001)
[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]
1. La società tra avvocati risponde delle violazioni delle norme professionali e
deontologiche applicabili all'esercizio in forma individuale della professione di
avvocato.
2. Se la violazione commessa dal socio è ricollegabile a direttive impartite
dalla società, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della
società.
3. Nel caso previsto dal comma 2, il Consiglio dell'ordine presso il quale è
iscritta la società è competente anche per il procedimento disciplinare nei
confronti del socio, benché iscritto presso altro Consiglio dell'ordine, salvo che
l'illecito disciplinare contestato al professionista riguardi un'attività non svolta
nell'interesse della società.
4. La previsione di cui al comma 3 si applica anche nel caso in cui l'illecito
disciplinare contestato riguardi un'attività professionale svolta dal socio
nell'àmbito di una sede secondaria.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE Previsione da adeguare al nuovo articolo 4 bis l. 247/2012
Statuto Articolo 4 bis commi 6 e 6 bis l. 247/2012
Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al
rispetto del codice deontologico forense e sono soggette alla
competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza.
6-bis. Le società di cui al comma 1, in qualunque forma
costituite, sono tenute a prevedere e inserire nella loro
denominazione sociale l'indicazione “società tra avvocati”
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nonché ad applicare la maggiorazione percentuale, relativa
al contributo integrativo di cui all'articolo 11 della legge 20
settembre 1980, n. 576, su tutti i corrispettivi rientranti nel
volume di affari ai fini dell'IVA; tale importo è riversato
annualmente alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza
forense.
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IV.16. Situazioni di incompatibilità o di conflitto (Articolo 31 d.lgs.
96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
1. Chiunque vi abbia interesse può segnalare al Consiglio dell'ordine la
sussistenza di situazioni di incompatibilità o di conflitto con il corretto esercizio
della professione riferibili a tutti i soci.
2. Il Consiglio dell'ordine, sentito il rappresentante della società, delibera sulla
fondatezza della segnalazione e, se la ritiene fondata, chiede alla società di far
cessare la situazione di incompatibilità o di conflitto, fissando un termine
congruo, e comunque non inferiore a trenta giorni, decorso il quale può
adottare i provvedimenti disciplinari previsti dall'ordinamento professionale.
3. l provvedimenti previsti dal presente articolo possono essere adottati anche
su richiesta del Pubblico ministero.
Conseguenze sulla struttura societaria:
NOTE Previsione da adeguare alla nuova disposizione di cui
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all’articolo 4 bis
Statuto Articolo 4 bis comma 3 l. 247/2012
3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in
forma societaria resta fermo il principio della personalità
della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto
soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti
necessari per lo svolgimento della specifica prestazione
professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per
tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e
imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse
o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti
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IV.17. Cancellazione dall'albo per difetto sopravvenuto di un
requisito (Articolo 32 d.lgs. 96/2001)
1. Il Consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società provvede alla
cancellazione della stessa dall'albo, qualora sia venuto meno uno dei requisiti
previsti dal presente titolo e la situazione di irregolarità non sia stata sanata
nel termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è verificata.
Conseguenze sulla struttura societaria:
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Statuto
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IV.18. Elezioni dei consigli locali e nazionali (Articolo 33 d.lgs.
96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione
dell’articolo 4-bis]
1. La società tra avvocati non ha diritto di elettorato né attivo, né passivo.
2. Non può essere eletto contemporaneamente nel Consiglio locale e nel
Consiglio nazionale più di un socio della stessa società.
Conseguenze sulla struttura societaria:
Statuto
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SOCIETÀ TRA AVVOCATI RELAZIONE SUI PROFILI TRIBUTARI
——————————————————
INDICE 1 IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI. CONSIDERAZIONI DI ORDINE
PRELIMINARE. ........................................................................................................................................................... 1 2 LA TASSAZIONE DEI REDDITI DELLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI AI FINI DELLE IMPOSTE
DIRETTE. ........................................................................................................................................................... 5 L’apporto dei soci e l’attività della s.t.a. ........................................................................... 5 2.1 La tassazione per trasparenza delle s.t.a. costituite in forma di società di persone. . 6 2.2 La disciplina fiscale applicabile alle s.t.a. costituite in forma di società di capitali. ... 9 2.3 Le agevolazioni per le formazioni a carattere mutualistico......................................... 11 2.4 Società tra avvocati e IRI. ................................................................................................. 14 2.5
3 PROFILI IRAP. .............................................................................................................................. 15 4 PROFILI IVA. ................................................................................................................................. 16 5 CONCLUSIONI. .............................................................................................................................. 17
§ § §
1 Il regime fiscale delle società tra avvocati. Considerazioni di ordine preliminare.
1.1 Nel quadro delle previsioni introdotte in tema di società tra avvocati (s.t.a.) dalla Legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) non si rinviene alcuna disposizione specificamente diretta a disciplinare il trattamento fiscale dei redditi derivanti dall’esercizio “in forma societaria della professione forense”.
La lacuna normativa sembra verosimilmente imputabile ad un’opzione di fondo del legislatore della materia, il quale, con l’introduzione del nuovo art. 4-bis della Legge n. 247/2012, ha rinviato alle tradizionali tipologie societarie codicistiche, prevedendo espressamente che le società tra avvocati possano essere costituite nella
forma di “società di persone, società di capitali o società cooperative” (1). Si può, quindi, anticipare sin d’ora che – secondo il vigente dato normativo – le s.t.a. risultino automaticamente soggette (non solo a livello civilistico, ma anche) sul piano fiscale alla disciplina applicabile a ciascuno dei richiamati modelli societari.
1.2 La soluzione adottata in via legislativa potrebbe ritenersi insoddisfacente laddove si tenga conto delle peculiarità dell’istituto e dell’ampio dibattito sorto intorno alla qualificazione fiscale dei redditi prodotti da formazioni che – pur presentando veste societaria – abbiano ad oggetto l’esercizio di un’attività di natura squisitamente professionale (2).
In proposito, basti ricordare, ad esempio, che il rilievo attribuito dal TUIR alla fonte del provento (e, dunque, alla natura dell’attività da cui lo stesso deriva), quale elemento discretivo tra le varie categorie reddituali, cede il passo a tutte quelle previsioni che assumono l’adozione di una struttura societaria quale indice dell’esistenza di un’attività di impresa (3). Similmente, ai fini IRAP, il requisito organizzativo da cui consegue l’assoggettamento a tributo si ritiene in re ipsa soddisfatto in presenza di enti a carattere societario (4). Ancora, la disciplina IVA prevede addirittura una presunzione assoluta di commercialità dell’attività svolta da “società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del Codice civile e dalle società di fatto” (5).
Questi criteri, che si fondano sull’assunzione di piena rispondenza tra modello organizzativo e natura dell’attività svolta e che comportano l’attrazione entro la disciplina del reddito di impresa dei proventi comunque prodotti da società commerciali, possono, in effetti, apparire distorsivi tutte le volte in cui il “fatto
(1) Ciò, diversamente da quanto previsto, in origine, dal d.lgs. n. 96/2001, che, come si vedrà oltre, nell’introdurre il “tipo societario” della società tra avvocati, aveva limitato il rinvio alle norme in tema di società in nome collettivo per quanto “non diversamente disposto”.
(2) Problematica già dibattuta con riferimento alle società tra avvocati di cui al d.lgs. d.lgs. n. 96/2001 e che si ripropone, con contorni sostanzialmente identici, anche in relazione alla disciplina delle società tra professionisti introdotta dalla Legge di stabilità per il 2012 (Legge 12 novembre 2011, n. 183).
(3) Automatismo disposto ai fini delle II.DD. dal combinato degli artt. 6 e 81 TUIR, da cui si ricava, come noto, il principio di attrazione al reddito di impresa dei proventi comunque conseguiti da società commerciali (di persone o di capitali).
(4) Cfr., art. 2, comma 1, d.lgs. n. 446/1997. (5) Cfr. art. 4, comma 2, n. 1), d.p.r. n. 633/1972.
2
economico” colpito dal tributo non sia frutto dello svolgimento di un’attività di carattere commerciale. Ciò che potrebbe darsi per assunto anche in relazione alle s.t.a. (6), le quali, a dispetto del modello organizzativo impiegato, sono destinate a svolgere un’attività che mantiene i connotati tipici della prestazione professionale, laddove si consideri, in particolare, che per espressa previsione normativa:
(i) anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria “resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale”;
(ii) l'incarico, conferito alla s.t.a., può essere svolto “soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti”;
(iii) la responsabilità della società “non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione”;
(iv) l’attività delle s.t.a. deve comunque essere svolta nel rispetto del “codice deontologico forense” e ferma la “competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza”.
Tali caratteristiche non sono dissimili da quelle che hanno indotto la stessa Agenzia delle Entrate ad escludere, con risoluzione n. 118/E del 28 maggio 2003, la possibilità di qualificare i redditi prodotti dalle società tra avvocati di cui al d.lgs. n. 96/2001, quali redditi di impresa e a ricondurre, per l’effetto, la fattispecie in esame entro le previsioni dettate in tema di associazioni professionali dagli artt. 5, comma 3, e 53 TUIR (7). L’impostazione accolta dall’A.F., da cui discendeva la qualificazione dei redditi prodotti dalle s.t.a. quali redditi di lavoro autonomo, era – se si vuole –
(6) Su tali profili e con riguardo al regime fiscale delle s.t.a. di cui al d.lgs. n. 96/2001, si v., in particolare, le considerazioni di SCHIAVOLIN, Prime riflessioni sul trattamento della “neonata” società tra avvocati ai fini delle imposte sui redditi, Riv. dir. trib., fasc. 10, 2001, p. 1007; FICARI, La società fra avvocati nell'imposizione sul reddito: spunti per una discussione, Rass. Trib., n. 3/2002, p. 891.
(7) Si legge nel richiamato documento di prassi: “il modello societario della s.t.p. risulta del tutto peculiare rispetto allo schema societario, proprio in considerazione della rilevanza che assume, nell'ambito della s.t.p., la prestazione professionale dei soci rispetto alla incidenza del capitale. Il rinvio alle disposizioni che regolano la società in nome collettivo opera ai soli fini civilistici, in quanto consente di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorre dare risalto al reale contenuto professionale dell'attività svolta. L'esercizio in forma comune dell'attività di avvocato, realizzato utilizzando il nuovo modello societario della s.t.p., deve pertanto, essere ricondotto nell'ambito del lavoro autonomo. In particolare, i redditi prodotti dalla s.t.p. costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 49 del Tuir in quanto ad essi si applica la disciplina dettata per le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma comune di arti e professioni di cui all'art. 5, comma 3, lett. c) del medesimo testo unico. I compensi corrisposti alla s.t.p. sono inoltre soggetti a ritenuta d'acconto ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973”.
3
suggerita dallo stesso dettato normativo e dalla formulazione dell’art. 16 del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, che si limitava a richiamare la disciplina civilistica in tema di s.n.c. solo con funzione residuale e per quanto non espressamente previsto (8).
1.3 Non sembra che analoghi spazi interpretativi possano essere invece ravvisati nel disposto del nuovo art. 4-bis della Legge n. 247/2012, il quale – come si è anticipato – costruisce le s.t.a. quali species delle società di persone, delle società di capitali e delle cooperative. Ciò, similmente a quanto previsto, ad esempio, dalla Legge n. 109/1994 con riferimento alle società di ingegneria, o dalla Legge n. 183/2011 per le società tra professionisti (s.t.p.); categorie di enti che, proprio in ragione della veste organizzativa assunta e dei criteri formali previsti dal TUIR, sono state qualificate dall’Agenzia delle Entrate come società commerciali, destinate, in quanto tali, a produrre redditi assimilabili, sul piano fiscale, a quelli di impresa (9).
Il chiaro indirizzo espresso dall’A.F. in relazione alla disciplina fiscale delle società di ingegneria e delle s.t.p. sembrerebbe, dunque, confermare la riconducibilità dei redditi prodotti dalle s.t.a. alla categoria dei redditi di impresa, data l’assenza, nel dettato normativo, di qualsiasi previsione (10) che consenta di adottare una
(8) Su un piano civilistico, si era concordi nel ritenere che il modello di società introdotto dal d.lgs. n. 96/2001 non avesse carattere commerciale e non fosse inquadrabile all’interno delle tipologie societarie previste dal codice civile. Sul tema, amplius, BUONOCORE, Alcuni brevi commenti al d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 in tema di società tra avvocati, Giur. comm., fasc. 3, 2001, p. 279; IBBA, La società tra avvocati: profili generali, Riv. dir. civ. n. 3/2002, p. 20355; DE ANGELIS, Le società tra avvocati, Milano, 2003; MINERVINI, La società tra avvocati nel d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, Le società n. 9/2001, p. 1029; MONTAGNANI, Il “tipo” delle società tra professionisti denominato società tra avvocati, Riv. soc., 2002, p. 974.
(9) Si v., in proposito, la Ris. AE n. n. 56/E del 4 maggio 2006, in tema di società di ingegneria; nonché, la risposta ad interpello n. 954-93 del 9 maggio 2014 e la Consulenza giuridica n. 954-55/2014 del 16 ottobre 2014 della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, in tema di s.t.p., entrambe fondate sul rilievo per cui “dette società professionali non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai titoli V e VI del libro V del Codice Civile e pertanto sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve le deroghe e le integrazioni previste dalla disciplina speciale contenuta nella Legge speciale n. 183 del 2011”. Tale assunto trova riscontro anche nella dottrina civilistica (cfr., tra gli altri, CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Studio n. 224-2014/I, Società tra professionisti – Questioni applicative ad un anno dall’entrata in vigore; IBBA, La partecipazione sociale nelle società tra professionisti e nelle società tra avvocati, NLCC n. 3/2014, p. 621; MARASÀ, Le società tra professionisti, Riv. soc., fasc. 2-3, 2014, p. 429; MONTALENTI, Società professionali, società tra avvocati, associazioni professionali: la montagna e il topolino, Giur. Comm., fasc. 2, 2014, p. 268).
(10) Previsione contenuta invece nell’art. 5 della Legge 31 dicembre 2012, n. 247, il quale stabiliva che i “redditi prodotti dalla società tra avvocati” dovessero essere qualificati “quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni” ed escludeva, altresì, che l’esercizio della professione forense in forma societaria potesse costituire “attività d'impresa”.
4
qualificazione difforme da quella valevole, a seconda dei casi, per le società di persone, le società di capitali o le cooperative.
Tenuto conto di ciò, nell’ambito della presente relazione si cercherà di esaminare i profili fiscali dell’istituto di maggior interesse, alla luce della disciplina applicabile ai singoli modelli societari richiamati dall’art. 4-bis della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 e della possibilità che la compagine societaria di tali categorie di enti sia costituita (anche) da soci non professionisti (società di capitali comprese), i quali si limitino a partecipare alla vita associativa con mere finalità di investimento e non prestino, dunque, alcuna attività assimilabile a quelle di lavoro autonomo.
2 La tassazione dei redditi delle società tra avvocati ai fini delle imposte dirette.
L’apporto dei soci e l’attività della s.t.a. 2.1L’inquadramento del regime fiscale applicabile alle s.t.a. presuppone una
preliminare ricognizione dei rapporti intercorrenti tra la stessa, i soci ed i clienti delle prestazioni professionali. La formulazione dell’art. 4-bis è sul punto alquanto sibillina, pur lasciando intendere che l’incarico professionale: (i) sia affidato alla s.t.a., che si pone, in tale ottica, quale controparte negoziale del cliente; (ii) sia svolto dal socio, che conferisce alla s.t.a. la propria prestazione professionale in virtù del rapporto partecipativo.
I compensi derivanti dall’esercizio in forma societaria della professione forense sono, dunque, in linea di principio e salve le precisazioni di cui si dirà oltre, destinati a generare materia imponile in capo alla s.t.a.; quanto ai soci, l’attività professionale da essi svolta costituisce oggetto di un conferimento destinato ad essere remunerato dagli utili realizzati tramite il veicolo societario cui è imputabile lo svolgimento della professione forense (11).
Sotto quest’ultimo profilo, va peraltro tenuto presente che il conferimento dell’attività di assistenza legale non costituisce requisito indefettibile della partecipazione ad una s.t.a. e, pertanto: (i) della compagine societaria possono far
(11) Uno specifico tema, che dovrebbe essere indagato sul piano civilistico prima ancora che fiscale, attiene alla valorizzazione dell’apporto dei soci all’interno della s.t.a.; valorizzazione che ha inevitabili riflessi: i) sui criteri di imputazione degli utili di esercizio ai soci applicabili in sede fiscale; ii) sulla rilevanza reddituale dei conferimenti eseguiti, quali costi deducibili per la s.t.a. e quali redditi da lavoro autonomo tassabili in capo al socio.
5
parte – come visto – soci investitori ed in particolare, società di capitali; (ii) il socio della s.t.a. non si qualifica necessariamente come “socio d’opera”, potendo al contrario limitarsi ad un apporto di capitale e svolgere l’attività professionale nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo.
Di tali elementi si deve tenere adeguatamente conto nell’ambito della successiva trattazione.
La tassazione per trasparenza delle s.t.a. costituite in forma di società 2.2di persone.
2.2.1 Muovendo dall’assunto per cui le s.t.a. risultino in toto assimilabili alle singole tipologie societarie individuate dalla normativa fiscale, tra i modelli richiamati dal comma 1 dell’art. 4-bis rientrano, in primo luogo, le società di persone di cui al titolo V del codice civile (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita per azioni).
A tali categorie di enti la disciplina del TUIR riserva, come noto, un modello di tassazione per trasparenza dei “redditi prodotti in forma associata” in capo ai soci (12). In virtù del richiamato principio, in particolare, le società di persone o le associazioni non riconosciute non godono di soggettività passiva ai fini IRPEF o IRES, ma vengono riguardati unicamente quale strumento di produzione di una “ricchezza” tassabile in capo ai soci. Indipendentemente dall’effettiva percezione, i redditi prodotti da società di persone vengono, in altri termini, automaticamente attribuiti pro quota ai soci (13) e assoggettati in capo ad essi ad aliquota progressiva IRPEF (qualora i soci siano soggetti passivi IRPEF) o ad aliquota proporzionale IRES (nel caso in cui il socio assuma veste di soggetto passivo IRES). Analoghi criteri operano con riferimento al riparto delle perdite (14), delle ritenute (15) e dei crediti di imposta spettanti alle società di persone.
(12) Cfr. art. 5 TUIR, secondo cui “i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.
(13) Sotto quest’ultimo profilo, il secondo comma dell’art. 5 TUIR prevede in particolare che “le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo d'imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali”.
(14) Ai sensi dell’art. 8, comma 2, TUIR, le perdite delle società in nome collettivo, delle società in accomandita semplice, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni non riconosciute “si sottraggono per ciascun socio o associato” in proporzione alla quota di partecipazione agli
6
2.2.2 Le modalità di determinazione dei redditi prodotti in forma associata variano sensibilmente in ragione della tipologia di attività svolta. Il reddito complessivo delle società di persone o associazioni non riconosciute è, infatti, come noto, ricavato quale sommatoria delle singole categorie reddituali contemplate dall’art. 6, comma 1, TUIR, alla cui determinazione si perviene sulla base di criteri distinti, che possono, in particolare, concernere il momento di imputazione temporale dei proventi realizzati (proventi che, a seconda dei casi, possono essere tassati secondo il principio di “cassa”, e dunque in ragione dell’effettiva percezione, ovvero secondo il principio di “competenza”, e dunque in ragione della maturazione) o la rilevanza di alcuni componenti negativi di reddito (si pensi, ad esempio, alla tassazione al lordo dei redditi di capitale o alla deducibilità forfettaria di beni strumentali ad uso promiscuo relativi a redditi di lavoro autonomo).
In questo contesto, mentre per le società semplici e le associazioni non riconosciute (16) è la fonte del reddito a costituire il criterio guida nell’individuazione della singola categoria di appartenenza, per le società in nome collettivo e in accomandita semplice l’art. 6, comma 3, TUIR introduce una presunzione assoluta di commercialità dei redditi comunque prodotti, che devono essere tassati secondo le regole proprie del reddito d’impresa e risultano, dunque, fiscalmente rilevanti secondo il principio di competenza economica.
2.2.3 Ragionando sulla base del vigente quadro normativo, è giocoforza concludere che i redditi prodotti dalle s.t.a. costituite in forma di s.n.c. o s.a.s. siano qualificabili come redditi d’impresa, essendo preclusa ogni verifica in ordine alla effettiva natura e al carattere (squisitamente professionale) dell’attività da esse svolta. Ne discende, dunque, che i compensi per le prestazioni professionali svolte non risultano assoggettabili a ritenuta alla fonte ex art. 25 d.p.r. n. 600/1973 e devono essere tassati per competenza in capo ai soci.
Una diversa situazione si profila, per contro, qualora la s.t.a. assuma veste di società semplice, occorrendo in tal caso procedere ad una preventiva verifica in
utili. Il successivo comma 3 ammette, inoltre, il riporto in avanti, entro il quinto anno, delle perdite derivanti dall’esercizio di attività commerciali o prodotte da società in nome collettivo o società in accomandita semplice. Tale limite non opera in ogni caso per le perdite prodotte nel primo triennio di attività.
(15) Cfr. art. 22 TUIR. (16) A tali categorie di enti sono assimilate, come noto, le associazioni professionali, i cui
redditi sono di norma ricondotti nella categoria dei redditi da lavoro autonomo ex art. 53 TUIR.
7
ordine alla tipologia di reddito prodotto. In questo contesto, i proventi derivanti dall’esercizio in forma societaria della professione forense potranno a ragion veduta essere qualificati come redditi di lavoro autonomo (17), soggetti a ritenuta alla fonte e tassabili per cassa in capo ai soci percettori.
2.2.4 Avendo specifico riguardo alla posizione dei soci, si è già avuto modo di osservare che, secondo l’attuale formulazione dell’art. 4-bis, della compagine societaria della s.t.a. possono far parte anche soci investitori e società di capitali, con la conseguenza che, sotto il profilo fiscale, è necessario tracciare una distinzione tra la tassazione degli utili imputati per trasparenza ai soggetti passivi IRPEF (es.: il professionista socio della s.t.a.) e i redditi imputati per trasparenza a soggetti passivi IRES (es.: la società capitali che partecipi con finalità di investimento alla s.t.a.). I redditi della s.t.a. attributi ai soci sono nel primo caso soggetti ad aliquota progressiva IRPEF (variabile, a seconda del corrispondente scaglione di reddito, dal 23% al 43%), scontando, invece, nel secondo caso la tassazione proporzionale IRES (attualmente pari al 24%) (18).
(17) Arg. ex art. 53 TUIR, ai sensi del quale “sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l'esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell'art. 5”. Questa qualificazione presuppone, in ogni caso, che l’attività svolta dalla s.t.a. abbia una funzione meramente servente rispetto alla professione dei soci e non sia idonea ad integrare quell’organizzazione “in forma di impresa” che determina, ai sensi dell’art. 55 TUIR, la riconducibilità entro il perimetro dei redditi di impresa dei proventi “derivanti dall'esercizio di attività … dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.”.
(18) Si ipotizzi un utile di esercizio pari ad € 100.000,00 imputato ai soci A e B s.r.l. di ALFA s.n.c.. Assumendo che le quote di partecipazione siano di identico ammontare e che l’aliquota media di A sia pari al 38%, si avrà:
A B S.r.l.
Quota in ALFA s.n.c. 50% 50%
Imponibile pro quota € 50.000,00 € 50.000,00
Aliquota media 38% 24%
Imposta lorda € 19.000,00 € 12.000,00
È peraltro opportuno precisare che la minore tassazione gravante nella presente simulazione in capo alla società commerciale dà luogo ad un “beneficio” fiscale meramente apparente, tenuto conto del fatto che: (i) le società di capitali (e, più in generale, i soggetti passivi IRES) sono riguardati dalla normativa IRES quali veicoli di produzione di una ricchezza che sarà successivamente distribuita e, quindi, tassata in capo a soggetti passivi IRPEF; (ii) per necessarie esigenze di semplificazione, nella simulazione non si tiene conto di eventuali deduzioni o detrazioni che potrebbero essere fruite dal
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2.2.5 Nel quadro normativo vigente, come visto, nulla esclude che la prestazione professionale svolta dal socio-avvocato si inserisca all’interno di un rapporto che non forma oggetto del conferimento nella s.t.a. (19). Se, in altri termini, è vero che l'incarico conferito alla s.t.a. può essere svolto “soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente”, l’art. 4-bis non specifica in alcun modo a quale titolo il professionista si impegni a prestare l’attività di assistenza legale richiesta dal cliente; sembrerebbero, dunque, perfettamente ammissibili configurazioni negoziali che vedano il socio della s.t.a. svolgere la propria prestazione professionale nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo (20).
Al ricorrere di tali circostanze, la remunerazione percepita dal socio darà luogo:
- ad un costo deducibile dal reddito imponibile della s.t.a.; - ad un componente di reddito tassabile in capo al socio come reddito di
lavoro autonomo. La disciplina fiscale applicabile alle s.t.a. costituite in forma di società 2.3
di capitali. 2.3.1 Sono state fin qui esaminate le caratteristiche salienti del regime
fiscale applicabile a s.t.a. costituite in forma di società di persone; occorre a questo punto verificare quali siano i criteri di tassazione valevoli nel caso in cui, diversamente da quanto sopra, la s.t.a. adotti il modello delle società di capitali.
Come noto, le società di capitali rientrano tra i soggetti passivi IRES e, come tali, sono tenute alla determinazione dell’imponibile di esercizio secondo le disposizioni recate dagli artt. 73 e ss. del TUIR. La disposizione da ultimo richiamata, in particolare, traccia una distinzione fondamentale tra i soggetti passivi IRES che abbiano o meno ad oggetto l’esercizio di un’attività commerciale, introducendo una presunzione assoluta di commercialità delle attività svolte da “società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua
soggetto passivo IRPEF e che potrebbero determinare un cospicuo abbattimento dell’imposta lorda su di esso gravante.
(19) Si v. quanto rilevato nel precedente par. 2.1. (20) Si esclude, in questa sede, che la prestazione dell’avvocato all’interno della s.t.a. possa
essere eseguita nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, essendo tale configurazione incompatibile con l’ordinamento forense.
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assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato e i soggetti passivi IRES che svolgano in via prevalente attività non commerciale”. A tale previsione fa da contraltare il disposto dell’art. 81 TUIR, il quale riconduce entro la categoria del reddito di impresa il “reddito complessivo” delle società di capitali, a prescindere dalla fonte di provenienza.
Anche nell’ambito della disciplina IRES, dunque, l’assunzione della forma di società di capitali è idonea a comportare una automatica qualificazione dell’attività svolta dalle s.t.a. quale attività di impresa, a prescindere da ogni indagine sul concreto contenuto dei servizi prestati. Ne consegue, in definitiva, che i compensi per prestazioni professionali svolte dalla s.t.a. sono destinati ad assumere rilevanza, sul piano fiscale, secondo il principio di competenza economica e non sono soggetti a ritenuta di acconto ai sensi dell’art. 25 d.p.r. n. 600/1973 (21).
2.3.2 Fermo l’assoggettamento ad aliquota proporzionale IRES pari al 24% del reddito derivante dall’esercizio in forma societaria della professione forense in capo alla s.t.a. (22), le differenze più apprezzabili rispetto al regime esaminato nel precedente par. 2.2 si rinvengono nella disciplina degli utili distribuiti ai soci da società di capitali.
Al fine di arginare i rischi di una doppia tassazione della medesima ricchezza prodotta, la disciplina dettata dal TUIR prevede un regime di (pressoché totale) esclusione dalla base imponibile dei soci dei dividendi distribuiti da soggetti passivi IRES, che si modula diversamente a seconda della natura (qualificata o meno) della partecipazione e della veste giuridica (soggetto passivo IRPEF o IRES) del percettore dei dividendi. In particolare:
(21) Le modalità di determinazione del reddito di impresa ai fini IRES sono in linea di massima coincidenti con quelle previste ai fini IRPEF, fatta eccezione per alcuni componenti positivi o negativi di reddito (si pensi, ad esempio, agli interessi passivi o alle perdite di esercizio) che sono soggetti, in ambito IRES, ad una disciplina specifica che non trova applicazione per i soggetti passivi IRPEF.
(22) Salvo il caso di opzione per il regime di tassazione per trasparenza previsto dagli artt. 115 e 116 TUIR ed applicabile, rispettivamente, alle società di capitali interamente partecipate da altre società di capitali e alle s.r.l. cd. “a ristretta base proprietaria” (ossia, partecipate esclusivamente da persone fisiche). Tale regime, analogamente a quanto osservato con riferimento alla disciplina di cui all’art. 5 TUIR, comporta l’automatica imputazione dell’utile della società in capo ai soci, a prescindere dall’effettiva distribuzione di dividendi. Sulle peculiarità e sulla funzione della disciplina degli artt. 115 e 116 TUIR, si rinvia, in particolare, a SALVINI, La tassazione per trasparenza, Rass. trib. n. 5/2003, p. 1504.
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- per i soggetti passivi IRPEF, secondo la disciplina tracciata dall’art. 44 TUIR, gli utili distribuiti da società di capitali e relativi a partecipazioni qualificate (23) concorrono a formare l’imponibile dei soci nella misura del 58,14% del relativo ammontare (24); diversamente, per le partecipazioni non qualificate, trova applicazione il regime previsto dall’art. 27, comma 1, d.p.r. n. 600/1973, che prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta pari al 26%.
- un trattamento di maggior favore è invece previsto per i dividendi percepiti da soggetti passivi IRES che, ai sensi dell’art. 89 TUIR, concorrono all’imponibile di esercizio nella misura del 5% (25).
Le agevolazioni per le formazioni a carattere mutualistico. 2.42.4.1 Una trattazione separata deve essere riservata al regime fiscale
applicabile alle s.t.a. che assumano forma di società cooperative. Il favor riservato dal nostro ordinamento a tali categorie di enti determina, infatti, l’adozione di misure
(23) Si ricorda che, ai sensi dell’art. 67 TUIR, costituiscono partecipazioni “qualificate” le partecipazioni che attribuiscano “una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni”.
(24) Cfr. art. 1 DM 6 maggio 2017. (25) Ancora una volta, un esempio numerico può consentire una più agevole ricostruzione del
livello di tassazione in capo ai soci. Si ipotizzi un utile di esercizio pari ad € 200.000,00, tassato ai fini IRES e distribuito ai soci A, B e C s.r.l. di ALFA s.p.a., con A socio al 30%, B socio al 10% e C s.r.l. socio al 60%. Assumendo che l’aliquota media di A sia pari al 38%, si avrà:
Tassazione in capo ad ALFA s.p.a.
ALFA s.p.a. Utile di esercizio € 200.000,00 Aliquota IRES 24%
IRES € 48.000,00
Utile netto imposte € 152.000,00
Tassazione in capo ai soci
A B C S.r.l. Quota in ALFA s.p.a. 30% 10% 60%
Dividendo € 45.600,00 € 15.200,00 € 91.200,00 Imponibile pro quota € 26.511,84 € 15.200,00 € 4.560,00
Aliquota media 38% 26% 24%
Imposta lorda € 10.074,50 € 3.952,00 € 1.094,40
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fiscali a carattere agevolativo (26), che possono, a seconda dei casi, riguardare o meno le sole cooperative a mutualità prevalente (27).
Tra le varie previsioni di carattere generale, merita in questa sede ricordare, in particolare:
a) l’esclusione (parziale) dal reddito imponibile IRES delle quote di utili destinate a riserva indivisibile prevista dall’art. 12 della legge n. 904/1977 (28);
b) l’integrale intassabilità e la deducibilità dal reddito imponibile IRES delle quote di utili netti annuali destinate ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazioni prevista dall’art. 11 della legge n. 59/1992 (29);
c) la deducibilità dal reddito imponibile dei ristorni erogati ai soci ai sensi dell’art. 12 d.p.r. n. 601/1973 (30).
Tali misure sono destinate a convivere con agevolazioni riservate a cooperative operanti in particolari settori (si pensi, ad es., alle agevolazioni applicabili alle cooperative agricole o di produzione e lavoro).
2.4.2 La s.t.a. costituita in forma di società cooperativa dovrebbe – a stretto rigore – essere ricondotta nel genus delle cooperative di lavoro, essendo destinata a svolgere la “professione forense” tramite l’apporto lavorativo dei propri soci (31). Da tale
(26) Si deve, in proposito, precisare che solo alcuni dei benefici fiscali previsti per le società cooperative si qualificano come agevolazioni in senso stretto e sono, pertanto, riservati alle sole cooperative a mutualità prevalente.
(27) Come ben noto, a seguito della riforma del 2003 devono ritenersi “a mutualità prevalente” le cooperative che effettuino gli scambi mutualistici di cui all’art. 2512 c.c., ossia svolgano “la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi”; impieghino “prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, … prestazioni lavorative dei soci”; ovvero, si avvalgano “prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci”.
(28) Sulla funzione dell’art. 12 cit., si rinvia a GALLO, L’accumulazione indivisibile e l’art. 12 della legge n. 904 del 1977, in SCHIANO DI PEPE - GRAZIANO (a cura di), La società cooperativa: aspetti civilistici e tributari, Padova, 1997, 277 ss.. Tale previsione, che per la generalità delle cooperative opera nei limiti del 60% della quota di utili netti annuali, non costituisce una vera e propria agevolazione fiscale ed è applicabile anche ai soggetti che non rispettino i requisiti di prevalenza mutualistica.
(29) Anche questa misura trova applicazione per tutte le tipologie di cooperative, comprese quelle che non rispettino i requisiti di prevalenza mutualistica previsti dal codice civile.
(30) Sulla natura dei ristorni e sulla relativa disciplina fiscale, si v., SALVINI, I ristorni nelle società cooperative: note sulla natura civilistica e sul regime fiscale, Rass. trib. n. 6/2002, p. 1903.
(31) Secondo l’art. 1 della legge n. 142/2001, si considerano cooperative di lavoro le cooperative “nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono l'organizzazione del lavoro dei soci”.
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qualificazione discenderebbe la possibilità di applicare alla s.t.a. che si avvalga in via prevalente dei servizi prestati dai soci (32), non soltanto le agevolazioni di carattere “trasversale” cui sopra si è fatto cenno, ma anche ulteriori misure di favore riservate dalla normativa fiscale alle sole cooperative di lavoro.
In questo ambito si inserisce, in particolare, la previsione dell’art. 11 d.p.r. n. 601/1973, il quale assicura alle cooperative di lavoro un’esenzione parziale (attualmente pari al 50%) dell’imponibile IRES corrispondente alla quota parte dell’IRAP indeducibile dal reddito di impresa (33).
La fruizione del beneficio in esame è subordinata al rispetto di un duplice ordine di requisiti di carattere oggettivo e soggettivo:
- sotto il primo versante, si richiede in particolare che il valore delle retribuzioni corrisposte ai soci sia maggiore del 50% rispetto agli altri costi di produzione (esclusi i costi per materie prime e sussidiarie);
- sotto il secondo versante, i soci devono essere “lavoratori, esercitare l’arte o il mestiere corrispondenti alla specialità della propria cooperativa e non svolgere per conto proprio attività d’impresa identica o affine a quella svolta da quest’ultima”.
Qualora il rapporto tra le retribuzioni dei soci e i costi della produzione si collochi in un range compreso tra il 25% ed il 50%, in luogo dell’esenzione in commento, trova invece applicazione la riduzione alla metà dell’aliquota IRES prevista dal comma 3 dell’art. 11 cit. (34).
2.4.3 Un regime peculiare è infine riservato dalla normativa fiscale alle retribuzioni erogate dalle cooperative di lavoro ai soci-lavoratori, che assumono natura di redditi di lavoro dipendente ai fini IRPEF (35).
I ristorni erogati ai soci dalle cooperative di lavoro sono infatti deducibili ai fini IRES “fino al limite dei salari correnti aumentati del venti per cento” e, qualora imputati
(32) Si ricorda che per le cooperative di lavoro il requisito della mutualità prevalente è da ritenersi soddisfatto quando “il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425, primo comma, punto B9”.
(33) Quota calcolata, dunque, al netto della deduzione forfetaria di cui all’art. 6 del D.L. 185/2008 (pari al 10% dell’IRAP versata in presenza di interessi passivi e oneri finanziari) e della deduzione analitica di cui all’art. 2 del D.L. 201/2011 (pari all’IRAP relativa a spese per il personale dipendente e assimilato).
(34) Si v. Circ. AE 15 luglio 2005, n. 34. (35) Cfr. art. 1, comma 3, legge n. 142/2001.
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ad aumento gratuito del capitale sociale, sono assoggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 12,50%.
Società tra avvocati e IRI. 2.5Accanto alle regole ordinarie di tassazione vigenti ai fini IRPEF ed IRES,
occorre considerare la possibilità che le s.t.a. adottino regimi impositivi di carattere opzionale e, tra di essi, il nuovo regime IRI.
Come noto, al fine di uniformare il livello di imposizione gravante sulle attività imprenditoriali (rendendo maggiormente neutrale, dal punto di vista fiscale, la forma giuridica adottata) e di incentivare la patrimonializzazione delle PMI, l’art. 1, comma 547 della Legge n. 232/2016 (Legge di bilancio 2017) ha introdotto un regime opzionale di tassazione sostitutiva del reddito d’impresa, che dovrebbe trovare applicazione – secondo le modifiche contenute nella legge di bilancio 2018 in corso di approvazione – a partire dal periodo di imposta 2018.
La nuova imposta sul reddito di impresa (“IRI”) assoggetta a tassazione separata, con aliquota proporzionale allineata all’IRES (24%), i redditi prodotti da imprenditori individuali e società di persone in contabilità ordinaria, differendo il prelievo progressivo IRPEF sui soci al momento di effettiva percezione degli utili di impresa. Tale differimento è, in particolare, assicurato da un meccanismo di determinazione dell’imponibile IRI che ammette in deduzione dal reddito di impresa determinato ai sensi del capo VI, titolo I, del TUIR, le somme prelevate dall’imprenditore e/o dai soci in corso di esercizio (36).
L’opzione IRI, avente durata quinquennale, consente di avere accesso ad un regime fiscale che si presenta tanto più vantaggioso quanto più elevati siano i redditi derivanti dall’attività imprenditoriale e la propensione al reimpiego degli utili in azienda da parte dell’imprenditore (37).
(36) La deduzione è ammessa entro i limiti dell’utile e delle riserve di utili assoggettate a tassazione IRI nei periodi di imposta precedenti, al netto delle perdite scomputabili negli esercizi successivi (cd. plafond di deducibilità IRI, le cui modalità di calcolo sono state con maggior precisione chiarite dalla circ. AE n. 8/E del 7 aprile 2017).
(37) Per un calcolo del livello di effettiva convenienza del regime IRI, si consenta di rinviare al documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti “Imposta sul reddito d’impresa (IRI). Inquadramento, potenzialità, criticità” del 28 febbraio 2017. Sul tema, si v., inoltre, FERRANTI, L’imposta sul reddito d’impresa in cerca di chiarimenti, Corr. trib. n. 7/2017, p. 495; RIZZARDI, L’imposta sul reddito di impresa: una scelta per la capitalizzazione delle aziende, in Corr. trib., n. 45/2016, p. 3463. In questa sede, ci si limita a rilevare che, tenuto conto delle aliquote progressive IRPEF, l’effettiva convenienza IRI può essere apprezzata solo in presenza di redditi che eccedano l’importo di € 50.000,00 e in assenza di
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Del suddetto regime possono, in particolare, fruire, ai sensi dell’art. 55-bis TUIR:
- le imprese individuali; - le società di persone (s.n.c. e s.a.s.) in contabilità ordinaria; - le s.r.l. a ristretta base proprietaria (come individuate dall’art. 116 TUIR). Tenuto conto della formulazione e della ratio della norma, l’opzione IRI
dovrebbe ritenersi esercitabile anche dalle s.t.p. e dalle s.t.a., purché operanti in regime di contabilità ordinaria ex art. 18 d.p.r. n. 600/1973 (38).
3 Profili IRAP. Come si è anticipato in premessa, l’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 individua,
quale presupposto di applicazione dell’IRAP, lo svolgimento abituale di attività “autonomamente organizzate” dirette alla produzione o allo scambio di beni o servizi, precisando che il requisito dell’autonomia organizzativa deve ritenersi in re ipsa integrato in presenza di attività esercitate da “società o enti”. Il successivo art. 3 individua poi, quali soggetti passivi di imposta, per quanto qui di interesse: (a) le “società e gli enti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”; (b) le “società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all'articolo 51 del medesimo testo unico”; (c) le “persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico”.
Secondo l’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza (39), dal combinato disposto di tali previsioni discende l’automatico assoggettamento ad IRAP
oneri deducibili e/o detrazioni di imposta che potrebbero essere fruite solo in presenza di redditi che concorrano alla formazione dell’imponibile complessivo IRPEF.
(38) Questa conclusione si fonda, naturalmente, sull’assunto per cui il reddito prodotto dalle s.t.a. non possa che essere qualificato, secondo la normativa vigente, quale reddito d’impresa.
(39) Fondamentale è in proposito il richiamo a Corte Cost., sentenza 21 maggio 2001, n. 156, nonché, da ultimo, a Cass., SS.UU., sentenza 14 aprile 2016, n. 7371, la quale ha definitivamente sancito che “presupposto dell'imposta regionale sulle attività produttive è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizio; ma quando l'attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell'imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3 - comprese quindi le società semplici e le associazioni senta personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni - essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l'attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto
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di società (di persone o di capitali) ed associazioni senza personalità giuridica che abbiano ad oggetto lo svolgimento di attività di natura professionale, essendo la struttura organizzativa assunta idonea a comprovare la sussistenza dei requisiti organizzativi minimi che giustificano l’applicazione del tributo. È agevole, dunque, concludere che alle s.t.a. debba essere riconosciuta piena soggettività passiva ai fini IRAP.
La qualificazione dell’attività della s.t.a. in termini di attività professionale o attività impresa può, cionondimeno, assumere rilievo ai fini dell’individuazione delle modalità di determinazione della base imponibile IRAP, comportando – a seconda dei casi – l’applicazione della disciplina dettata in materia di società di capitali o di persone di cui agli artt. 5 e 5-bis del d.lgs. n. 446/1997 ovvero della disciplina dettata per gli esercenti arti o professioni dall’art. 8 del d.lgs. n. 446/1997.
Nell’assenza di contraria previsione normativa, si ritiene che la questione debba essere risolta, ancora una volta, alla luce dei criteri formali previsti dal d.lgs. n. 446/1997 e tenendo conto del modello societario di volta in volta adottato dalle s.t.a., con la conseguenza che il regime di tassazione delle attività professionali di cui all’art. 8 d.lgs. n. 446/1997 potrà ritenersi applicabile solo qualora la s.t.a. sia stata costituita in forma di società semplice (40).
4 Profili IVA. Non desta, infine, particolari perplessità il trattamento IVA applicabile ai
corrispettivi percepiti da società costituite ai sensi dell’art. 4-bis della Legge 31 dicembre 2012, n. 247. È infatti appena il caso di ricordare che, sotto il profilo soggettivo, il d.p.r. n. 633/1972 riconduce nel campo di applicazione dell’imposta tanto le operazioni effettuate nell’esercizio di un’attività di impresa, quanto le operazioni svolte nell’esercizio di arti e professioni, introducendo una presunzione assoluta di commercialità delle “cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle
d'imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell'autonoma organizzazione”.
(40) Argomentazioni in tal senso possono essere tratte dai documenti di prassi richiamati nella precedente nt. 6, i quali – seppur con riferimento alle s.t.p. previste dalla Legge n. 138/2012 – assumono che la veste societaria assunta da tali categorie di enti abbia rilievo anche ai fini IRAP.
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società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del Codice civile e dalle società di fatto”.
Quale che sia il modello societario adottato, dunque, le prestazioni professionali effettuate dalle s.t.a. daranno in ogni caso luogo ad operazioni imponibili ai fini IVA, che dovranno essere assoggettate ad imposizione secondo la disciplina ordinariamente dettata dal d.p.r. n. 633/1972 (41).
5 Conclusioni. Dall’analisi sin qui svolta, emerge come le s.t.a. siano destinate ad essere
assoggettate al regime impositivo tipico delle attività commerciali tanto ai fini IRES, quanto ai fini IRAP che ai fini IVA. Ciò, salvo il caso in cui non assumano veste di società semplice, andando incontro ad un trattamento fiscale che si ritiene per massima parte coincidente con quello applicabile alle associazioni professionali che abbiano ad oggetto lo svolgimento della professione forense.
La potenziale discrasia (42) tra il suddetto regime e il trattamento fiscale applicabile alle associazioni professionali o agli avvocati che esercitino la professione forense in forma individuale potrebbe essere superata solo attraverso una norma ad hoc che – analogamente a quanto previsto dall’originario testo dell’art. 5 Legge n. 247/2012 – qualifichi come “redditi di lavoro autonomo” i proventi realizzati dalla s.t.a.
Questa strada, se non impraticabile, potrebbe comunque risultare difficilmente percorribile, dando luogo ad un disallineamento tra la disciplina contabile e fiscale applicabile alle s.t.a. e ad una moltiplicazione degli adempimenti su di essa incombenti (43).
(41) Resta fermo chiaramente che, qualora il socio della s.t.a. svolgesse prestazioni di carattere professionale, i corrispettivi in tal modo percepiti dovrebbero essere autonomamente fatturati e assoggettati ad IVA secondo le regole ordinarie.
(42) È appena il caso di osservare che il trattamento fiscale delle associazioni professionali o degli avvocati che esercitino la professione in forma individuale non risulta necessariamente deteriore rispetto a quello applicabile percepiti dalla s.t.a. (si pensi, ad esempio, al diverso regime – cassa o competenza – dei componenti positivi di reddito prodotti).
(43) Merita in proposito rilevare che una modifica analoga a quella qui esaminata era stata presa in considerazione con riferimento alla disciplina delle s.t.p. di cui alla Legge n. 138/2011 ed è stata scartata dalla Commissione finanze della Camera proprio alla luce del “doppio binario” che si sarebbe venuto a creare sul piano contabile e fiscale.
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LAVORI PREPARATORI DEL CONGRESSO FORENSE DI CATANIA 2018
Riflessioni per il Gruppo di Lavoro "Società"
A cura dell’avvocato Giulia Facchini, delegata dall’associazione Cammino - Camera Nazionale avvocati per la persona le relazioni familiari e i minorenni- La nostra associazione, che rappresenta per la maggior parte giovani colleghe (la categoria più “povera” tra gli avvocati) attraverso il Bando di Cassa Forense per lo Sviluppo economico dell’avvocatura 2017 ha potuto dedicare una parte della propria attività a approfondire il tema: “Avvocati e mercato Come battere la crisi. Strategie di promozione dello studio legale, tra innovazione tecnologica e sfida della concorrenza”. Con il format, che abbiamo predisposto sin dal nostro Congresso Nazionale di Cassino del 2016, abbiamo potuto approfondire le dinamiche dell’avvocatura e del mercato dei servizi legali e confrontarci con colleghi di tutte le zone di Italia, posto che abbiamo organizzato eventi a Torino, Perugia, Catania, Bergamo, Venezia, Monza. Alla luce di questa arricchente esperienza, che la sottoscritta ha fatto come relatore in tutti gli incontri, e degli approfondimenti costanti delle dinamiche del mercato dei servizi legali, la nostra associazione ritiene che il tema della società tra avvocati vada affrontato non solo dal punto di vista giuridico, ma prima di tutto dal punto di vista economico e di marketing. Per questa ragione riteniamo utile una introduzione che dia un breve sunto della evoluzione delle condizioni economiche ed organizzative degli avvocati italiani. Numero degli avvocati e dinamiche reddituali (tabelle di Cassa forense)
I numeri della tabella, estrapolati dalla rivista della nostra Cassa, ci danno, immediatamente, il segno di quanto il rapporto degli avvocati con la domanda di servizi legali sia in profonda crisi. Come ci diciamo spesso “siamo molti di più e molto più poveri” e diamo la colpa di questa crisi a tutti (in primis a Bersani) tranne che a noi stessi Nelle annose discussioni sul futuro dell’avvocatura ci rifiutiamo mentalmente di essere considerati imprenditori ma, di fatto, se la differenza tra le nostre entrate professionali e le uscite per la gestione della nostra attività (i cui costi non hanno fatto, in questi anni, che lievitare) non produce un margine sufficiente, non falliamo ma chiudiamo, come purtroppo sta accadendo a moltissimi colleghi. Frequentando dagli anni novanta i Congressi Forensi conosco assai bene le motivazioni della categoria nel rivendicare, la peculiarità della professione forense rispetto a tutte le altre professioni liberali, ma il nostro arroccarci sulla rilevanza costituzionale del nostro ministero, tanto da intitolare a questo tema il Congresso di prossima celebrazione a Catania, come i numeri dimostrano chiaramente, a poco è servito. La nostra associazione si è convinta, proprio grazie all’esperienza fatta, che iniziare a ragionare anche sul tema delle società tra professionisti confrontandoci con logiche di mercato- e non solo giuridiche- e scendendo dall’Aventino culturale sul quale ci siamo ritirati, sostanzialmente per paura del cambiamento e della connessa perdita di privilegi o
guarentigie (la tariffa obbligatoria questo era) possa permetterci di coniugare la forma organizzativa dei nostri studi con l’indispensabile redditività e il sacrosanto diritto di difesa dei cittadini. Con questa premessa vorremmo sottolineare che se il tema dei modelli organizzativi dentro i quali svolgiamo la nostra professione è strettamente correlato alla forma con la quale ci presentiamo sul “mercato” dei servizi legali, ci sono una serie di domande che dobbiamo porci a monte e precisamente:
Quale offriamo sul mercato della domanda di servizi legali Per accennare a questo punto dobbiamo partire dalla banale considerazione che sotto il titolo di avvocato noi svolgiamo attività con caratteristiche ben differenziate e conseguente differente organizzazione, e ciascuna branca del diritto che pratichiamo si declina, a livello di concreto svolgimento della attività lavorativa e di struttura dello studio, in modo assai differente. Faccio alcuni banali esempi: chi si occupa di diritto commerciale e societario a Milano e ha come clienti grandi gruppi multinazionali, in realtà affronta problematiche diverse, con un struttura, organizzazione, costi di gestione e ritmi di lavoro ben differenti da chi si occupa, ad esempio, di diritto commerciale e societario per piccole e medie imprese della provincia o del centro/ sud Italia. Molti studi legali, però, sono o si presentano come “tuttologi”, vuoi nelle tre branche; civile, penale, amministrativo, vuoi, se hanno scelto di praticare solo una delle tre, quale tuttologi di tutte le sotto-articolazioni di ognuna delle tre suddivisioni di cui sopra. In realtà uno studio legale, anche grande, ha sempre una o più (sotto) materie o un cliente -o gruppo di clienti- da cui ricava la maggioranza del suo fatturato, ma la scarsa propensione degli avvocati al cosiddetto “controllo di gestione” 1, fa si che, nel complesso, la maggior parte degli avvocati non abbia le idee per nulla chiare su quale è o vorrebbe essere il suo “core business” e di conseguenza su quale è il segmento di “servizio legale” che offre sul mercato. Quanto qui esposto è chiaramente delineato nelle tabelle, che qui si riportano, tratte dal Rapporto Censis sull’avvocatura del 2015
1 Attività che implica un controllo, periodico, del numero e della tipologia di incarichi e del relativo fatturato prodotto
da ciascun cliente –se assistiamo pochi clienti con molte problematiche, come in genere avviene per le aziende- o
da un gruppo di questioni omogenee, es recupero crediti locazioni, esecuzioni, diritto di famiglia etc, per
compararlo con periodi precedenti, si da monitorare il trend della nostra attività e individuare la regioni delle
variazioni, positive o negative che siano per poterle meglio controllare/sfruttare.
Quanto alla dimensione degli studi legali solo il 9% su tutto il territorio nazionale conta oltre 10 avvocati
Quanto alla questione se gli studi offrano specifici servizi a determinati segmenti di mercato, il risultato è negativo nel senso che ben l’88% dei professionisti è “tuttologo” e lavora in uno studio che, come abbiamo visto sopra, o è composto (per il 38%) dal solo titolare o è composto da 2/3 professionisti –che però dall’indagine non è chiaro se condividano solo i costi o abbiano sinergie lavorative- con il risultato che oltre il 63% dei professionisti italiani non ha –e probabilmente non pensa di avere- una struttura che necessiti il ricorso alla STP
La maggior parte dei colleghi poi lavora (vedi le due tabelle che seguono) in un mercato locale e con clienti persone fisiche.
Dalle tabelle sopra riportate è chiaro quindi che la maggior parte dei colleghi non ha né consapevolezza del “prodotto” che offre sul mercato né del proprio “posizionamento” sul mercato dei servizi legali2. Quanto al rapporto tra l’avvocatura e ITC -Information Tecnology -
I risultati dell’indagine sono molto deludenti –e preoccupanti- tenuto conto che la maggior parte delle persone ora cerca beni o servizi su internet mentre solo il 20% degli avvocati si è dotato di un sito internet di studio La domanda preliminare La domanda che dovremmo quindi porci in questo gruppo di lavoro è se questa larga parte di avvocatura dal punto di vista del marketing “informe ed indefinita” potrebbe giovarsi di competenze professionali che si occupassero della organizzazione e del marketing dei professionisti aderenti, migliorando la risposta del singolo e del gruppo “associato” alle richieste del mercato e migliorando la redditività degli avvocati “associati” che mettendo in comune ed a sistema i costi professionali (acquisti, segreteria, riviste etc) ed i relativi servizi (amministrazione, redazione invio e incasso parcelle, rispetto degli adempimenti privacy e sicurezza studio, gestione e implementazione del sito, della pagine Linkedin, della pagina Facebook dello studio, redazione ed invio newslewtter etc) vedrebbero 2 Di fatto tuttavia ciascun studio legale, “compete” su un particolare segmento di mercato determinato: sia sotto il profilo geografico dal luogo di svolgimento della professione (anche se con internet e processo telematico questo ragionamento è in parte superato), sia sotto il profilo del servizio erogato, sia dalle concrete necessità di assistenza che il cliente esprime etc.
ottimizzato il rapporto tra ore lavorate e ora fatturabili, non dovendo più occuparsi della parte amministrativa, organizzativa, finanziaria e promozionale dello studio, migliorando Anche il rapporto tra i costi .per le economie di scala- e il fatturato, con conseguente accrescimento del reddito professionale Proposte operative per il Congresso Alla luce di questa, necessariamente breve, disamina la nostra associazione propone di portare al Congresso una mozione che impegni CNF, Cassa e OCF ad avviare una riflessione che partendo dalle fotografie dell’avvocatura di cui ai rapporti Censis 2015, 2017 e 2018, oltre che dei dati sulle nostre attività raccolti dalla Cassa ma anche dalla Agenzia delle Entrate attraverso i nostri studi di settore, che aiuti a costruire dei percorsi in forza dei quali la stessa avvocatura, attraverso le sue rappresentanze, possa diventare protagonista di un cambio di passo in senso “imprenditoriale” della professione, immaginando e favorendo soluzioni maggiormente utili e redditizie di svolgimento della nostra attività –STP, Reti professionali- ma anche favorendo nel modo più agile e corretto l’incontro tra la domanda di giustizia e i professionisti che a tale specifica domanda posso con maggiore competenze celerità rispondere. La nostra impressione è infatti:
- non solo che le società tra professionisti resteranno un bell’esercizio accademico se
non saranno finalizzate a rendere più “appetibile” per i nostri clienti o potenziali
clienti l’offerta di servizi che potremo fornire ”associata”
- ma soprattutto che se l’avvocatura non si impegna al più presto in prima persona sul
tema ci saranno imprenditori professionali che organizzeranno vieppiu –perché
questo trend è già in atto- offerte di servizi legali dove gli avvocati saranno semplici
lavoratori dipendenti senza più alcun arbitrio su quali cause vadano tutelate anche
con ridotto –o nullo- introito.
Per Cammino Camera Nazionale avvocati per la persona le relazioni familiari e i minorenni Avv Giulia Facchini Torino li 1 luglio 2018
1
Organismo Congressuale Forense
Idee per una normativa sulle società ed una riscrittura della normativa su8lle
società tra avvocati
Con queste note si evidenziando i problemi civilistici e le diversità tra la STA e la normativa che
regola invece la STP per le altre professioni. Lo scopo sarebbe quello di predisporre una proposta di
modifica della normativa speciale che, pur lasciando il socio di capitale (ormai c’è, ed è impossibile
non considerarlo), ne limiti l’influenza ed il peso nella società, assicurando indipendenza
all’avvocato che si occupa della pratica e soprattutto (introducendo dei filtri) prevenga le possibili
storture economiche di utilizzo della società-
I problemi civilistici e gli interventi normativi
Premesso che le STA non costituiscono un genere autonomo, ma appartengono alle società tipiche
disciplinate dal codice civile, occorre, preliminarmente, individuare quali norme civilistiche
necessitano di un adattamento per la piena funzionalità del nuovo strumento considerata che la
finalità “prima” di tali società dovrebbe essere quella di favorire la prestazione d’opera dell’avvocato
per la società.1
Così ragionando dobbiamo individuare quelle disposizioni codicistiche che in concreto ostacolano il
raggiungimento di questa finalità e che per questa ragione necessitano di un intervento derogativo
ed ad hoc.
Occorre premettere che la figura del socio d’opera è ammessa tanto nelle società di persone che
nella s.r.l., società di capitali, con alcune specificità.
a) le società di capitali e socio d’opera e le norme che possono dare qualche problema
Per quanto concerne la s.r.l., l’art. 2464 cod. civ. prevede che “possono essere conferiti tutti gli
elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica”. Nell’atto costitutivo deve comunque
essere prevista espressamente la possibilità di conferire beni in natura, crediti o prestazioni
d’opera, altrimenti il conferimento può avvenire solo in denaro.
Nel caso di prestazione d’opera, il conferimento è rappresentato dalla prestazione di una polizza di
assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore ad essi
assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a
favore della società. Il socio d’opera può anche sostituire la polizza o la fideiussione con un
versamento di denaro a titolo di cauzione.
Nella società per azioni non è ammesso il conferimento di prestazioni d’opera da parte del socio. Nelle società per azioni, vige il divieto del conferimento a capitale delle prestazioni personali dei
soci (ex art. 2342, comma 5°) l’apporto personale dei soci in società può essere diversamente
valorizzato attraverso la previsione di «una diversa assegnazione di azioni» (non proporzionale) ex
art. 2346, comma 4°, c.c. nonché con l’emissione di strumenti partecipativi finanziari (art. 2346,
comma 6° c.c.) o di azioni con prestazioni accessorie (ex art. 2345 c.c.) Il problema è che
attraverso questi strumenti il prestatore non acquisisce capitale sociale pur prestando la propria
opera in favore della società. Oggi nel caso in cui i soci optino per il modello della società per azioni,
la prestazione tecnica, che può formare oggetto di prestazioni accessorie ai sensi dell’art. 2345 c.c.,
1 Nel conferimento d’opera, l’interesse dell’avvocato conferente è quello di diventare socio pur essendo privo dei
«mezzi» finanziari o patrimoniali. Eseguendo la prestazione d’opera il conferente libera la sua quota senza alcun
esborso economico. L’interesse della società conferitaria sarà invece di tipo «organizzativo», in quanto, «inserendo» i
prestatori d’opera nella compagine sociale, si aggregano risorse economiche ed umane nel «vincolo» del rapporto
sociale. Il legame che si crea, da un punto di vista strettamente imprenditoriale, si dovrebbe tradurre in termini di
benefici sulla produttività dell’impresa poiché i prestatori-soci, hanno una maggiore motivazione per il buon
andamento economico della società.
2
si aggiunge all’obbligo di eseguire un conferimento, con la conseguenza che l’avvocato, anche se
esecutore di prestazioni professionali, è tenuto ad effettuare un versamento a titolo di
conferimento.
3) altri problemi
Con riferimento alle S.p.A. deve segnalarsi che l’esclusione è istituto previsto dal codice per le
società di persone, per le società a responsabilità limitata e per le società cooperative, ma non è
previsto, invece, per le società per azioni. La mancanza di una previsione di legge, almeno per
quest’ultimo caso, rende assai incerto quale sia il regime applicabile al socio escluso nella STA.
Da verificare, ed eventualmente correggere legislativamente, sarebbe quella di prevedere
espressamente la possibilità di costituire una STA in forma di s.r.l. semplificata, in quanto ciò ad
oggi non è certo perché la legge 4 agosto 2017, n. 124 impone l’adozione nell’atto costitutivo di
specifiche ed inderogabili clausole statutarie pattizie.
Sarebbe, infine utile prevedere che la società tra avvocati abbia per legge i requisiti della start up
innovativa di cui all’art. 25 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179. Nonostante manchi un esplicito
divieto in tal senso, oggi appare difficile ipotizzare che nello “sviluppo, produzione e
commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”, che costituisce, ai
sensi del comma 2, lett. f) dell’art. 25 l’oggetto sociale esclusivo o prevalente della start up
innovativa, possa esser ricondotto “l'esercizio dell'attività forense da parte dei soci”
4) Conclusioni
Occorre in primis, proprio per allargare la possibile platea dei prestatori d’opera intellettuale (specie
per i Colleghi giovani), provare a immaginare una disciplina speciale che rimuova eccezionalmente
per le STA gli oneri finanziari previsti dall’art. 2464 cod. civ. per la S.r.l. e che regolamenti il ricorso
per la S.p.A. per le ipotesi ex art. 2345 e 2346 cc facendo riferimento ai fini della
valutazione/compenso dell’opera ai parametri ministeriali ex art. 13 legge 247/2012.
b) Nelle società di persone
1) Nelle società di persone la possibilità per i soci di conferire «quanto necessario per il
perseguimento dell’oggetto sociale» (ex art. 2253 c.c.) trova la sua massima espressione non
essendo imposti dall’ordinamento vincoli o divieti come nelle società di capitali
Riassumo brevemente le norme di riferimento:
- l’art. 2295 c.c. al n. 7 richiede esplicitamente che siano indicate nell’atto costitutivo «le prestazioni
a cui sono obbligati i soci di opera»;
- l’art. 2263 c.c., comma 2° prevede che «la parte spettante al socio (di partecipazione agli utili o
alle perdite) che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal
giudice secondo equità»;
- l’art. 2282 c.c. in tema di ripartizione dell’attivo a seguito della liquidazione della società, prevede
che: «estinti i debiti sociali, l’attivo residuo è destinato al rimborso dei conferimenti. L’eventuale
eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni. L’ammontare dei
conferimenti non aventi per oggetto somme di denaro (tra cui rientrano i conferimenti d’opera) è
determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il
valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti»;
- l’articolo 2286, comma 2° sul punto della esclusione per sopravvenuta inidoneità ad eseguire la
prestazione, prescrive che «il socio che ha conferito nella società la propria opera …può essere
escluso per sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera …».
L’art. 2500 quater c.c. stabilisce il diritto del socio d’opera all’assegnazione d’azioni o quote della
società trasformata in misura corrispondente alla partecipazione che l’atto costitutivo gli riconosceva
prima della trasformazione, o in mancanza di indicazioni nell’atto costitutivo, in base all’accordo tra i
soci o, in caso di disaccordo, dal giudice secondo equità.
2) Conclusioni
Si potrebbe suggerire legislativamente di prevedere che la valutazione dell’opera prestata sia
sempre fatta sulla base dei parametri ministeriali di cui all’art. 13 legge 247/2012, ritenuti non
derogabili
Un problema particolare con conseguenze fiscali
Quello che non è chiarito in modo definitivo nelle disposizioni codicistiche è se si tratta per le prestazioni d’opera di conferimenti di capitale, e quindi da imputare a capitale, o di
conferimenti di patrimonio e quindi non imputabili a capitale.
3
Per quanto riguarda gli «effetti», è stato osservato che la scelta di «capitalizzare», e quindi di
imputare a capitale i conferimenti d’opera, consente di ottenere una più corretta determinazione del
risultato d’esercizio (utile o perdita), nonché garantisce l’uguaglianza di posizione dei soci al termine
della società e tutela maggiormente i creditori sociali.
In particolare sul risultato d’esercizio, e quindi sull’utile distribuibile, si osserva che se non si
capitalizza il servizio espletato dai soci che lo hanno conferito, e quindi indirettamente non se ne
calcola il costo, si evidenzia un utile fittizio (maggiore) e si distorce il quadro fedele della redditività
dell’impresa. A conferma si può osservare che se si acquistasse la medesima prestazione da un
terzo con denaro, la spesa verrebbe subito imputata e diminuirebbe il saldo attivo dell’esercizio.
Viceversa, la capitalizzazione, consente di evidenziare il corretto risultato dell’esercizio proprio
perché valorizza tutti i costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività sociale e quindi per la
produzione del reddito.
Conseguentemente questa diversa determinazione del risultato di esercizio (maggiore nel caso non
si capitalizzi e viceversa minore nel caso si capitalizzi) si riflette anche sulla attribuzione degli utili
(maggiore o minore) ai soci.
Il conferimento d’opera, come chiarito dalla Commissione Gallo prima, e più recentemente
dall’Agenzia delle entrate (ris. 16 marzo 2005, n. 35/E), costituisce dal punto di vista economico–
reddituale, per la conferitaria, un costo deducibile per la quota di prestazione oggetto del
conferimento che ha contribuito alla produzione dei ricavi nel corso dell’esercizio e per il socio
conferente un componente positivo di reddito da assoggettare a tassazione con il criterio di
competenza (se soggetto svolgente attività d’impresa) o di cassa (se altro soggetto).
Altri interventi
Regolamentare il divieto di concorrenza
Appare logico ipotizzare che la maggior parte delle volte i soci avvocati abbiano interesse a
conferire in società la propria opera professionale; ciò non toglie, però, che gli stessi possano
preferire di limitare il proprio conferimento al denaro o ad altri beni che risultino funzionali al
perseguimento degli interessi sociali. Si deve tenere presente che in questo caso l’avvocato (che
come detto non abbia assunto l’obbligo di conferire la propria opera professionale) deve rimanere
libero di prestare o meno tale opera nei confronti della società, che sarà tenuta a negoziare con lui
l’assunzione di ogni incarico professionale e sarà per questa ragione regolamentare
specificatamente il problema del divieto di concorrenza tra società e socio o tra amministratore e
società e regolamentare ad hoc il problema di eventuali conflitti di interesse. Nessuna deroga legale
è prevista per il divieto di concorrenza tra socio avvocato e società; nel sistema italiano la
concorrenza è inibita solo ai soci delle società in nome collettivo e agli accomandatari delle s.a.s.:
questi soggetti possono svolgere attività lavorative purché diverse da quella della società ma non
possono mai fare diretta concorrenza alla società con la conseguenza di rendere solo ipotetica la
possibilità di esercizio dell’attività in proprio nei casi in cui l’avvocato come socio non abbia assunto
l’obbligo di conferire la propria opera professionale (nelle S.p.a., e nelle S.r.l., è previsto il solo
divieto di concorrenza da parte degli amministratori; si ricordano, al riguardo, le problematiche
sottese e connesse agli artt. 2390/2391 cc).
L’avviamento
L’occasione di un intervento specifico legislativo sarebbe la sede opportuna per esplicitare la
conferibilità dell’avviamento dello studio legale da parte del socio, inteso come andamento medio
del fatturato del singolo professionista che svolgerà la propria attività in forma societaria.
Come noto, stante la natura personale del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera
professionale, mentre è ammissibile il conferimento dell’avviamento sembra da escludere che
l’avviamento possa avere ad oggetto la clientela, pur se va dato conto che la giurisprudenza ha
recentemente considerato lecitamente e validamente stipulato un contratto di trasferimento a titolo
oneroso di uno studio professionale, anche relativamente alla parte inerente la clientela. Per
quest'ultima, infatti, secondo la Suprema Corte, è configurabile non una cessione in senso tecnico
(stante il carattere personale e fiduciario del rapporto tra prestatore d'opera intellettuale e cliente e
la conseguente necessità del conferimento dell'incarico da parte del cliente medesimo al
cessionario), ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto
professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, quali il compimento di un'attività promozionale di presentazione e canalizzazione, e
negativi di non fare, quali il divieto di esercitare la medesima attività nello stesso luogo.
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La sospensione o la radiazione del professionista e/o della società: effetti sui giudizi
E’ pacifico che la sospensione o la radiazione del professionista continua a comportare l’interruzione
dei giudizi a lui affidati anche se il rapporto contrattuale è instaurato tra cliente e società (l’unico
obbligo della società è quello di sostituire il professionista cui era affidato l’incarico); nulla è previsto
per il caso contrario. In ragione del principio di personalità della prestazione, allorquando il
provvedimento colpisce la società le liti possono proseguire tramite il singolo professionista che ha
ricevuto la procura (ed è estraneo al provvedimento deontologico che colpisce la società) e che
resta professionalmente responsabile.
E’ di tutta evidenza che in tali casi vanno regolamentati gli aspetti civilistici, in quanto il cliente non
sarà tenuto a versare i compensi alla società (che, benché sospesa o radiata, continua ad esistere
ed è titolare di un diritto di credito verso il cliente solo per i crediti già maturati) perché è divenuto
impossibile l’adempimento del contratto da parte della società.
Andrebbe regolamentata civilisticamente questa situazione, si suggerisce di valutare la fattibilità di
introdurre la previsione che si estingue anche la procura con effetti interruttivi nel processo (?).
Acconti sugli utili, diverse maggioranze sui patti sociali
Non è risolto poi in senso positivo il problema della legittimità di corrispondere acconti sulla
partecipazione agli utili al socio che presta la propria opera professionale per la società; si ricorda
che vige il generale divieto di anticipare dividendi da ripartirsi anticipatamente all’approvazione del
bilancio e che, comunque, gli stessi possono essere “anticipati” solo se realmente conseguiti e,
comunque, vige il generale obbligo della restituzione da parte del socio delle somme eventuali
prelevate in eccesso.
Non è previsto il divieto di stabilire nei patti sociali o nello statuto quorum decisionali superiori ai
due terzi, rendendo in tal modo necessario il voto dei soci di capitale nell’adozione delle decisioni.
Le differenze con le STP
A differenza delle STP costitute ai sensi del comma 3 dell’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n.
183, non vi è deroga al numero minimo dei soci stabilito per le società cooperative (che per le
STP è ridotto ad almeno tre). Pertanto, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 2521, comma
2, c.c., la cooperativa tra avvocati dovrà avere almeno nove soci, tutti persone fisiche. Inoltre, a
differenza delle STP (lett.a) comma 4 dell’art. 10 l. 183/2011), manca la previsione dell’esclusività
nell’oggetto sociale dello svolgimento dell’attività professionale. Questa mancanza, unitamente al
fatto che nel testo si parla genericamente di soci professionisti iscritti in albi di altre professioni,
induce a far ritenere che della società possano far parte anche professionisti di altre professioni e
che l’attività forense possa essere solo una delle attività che fanno parte dell’oggetto sociale.
A differenza di quanto previsto al comma 5 dell’art. 10, l. 483/2011 per le STP, la denominazione
sociale, in qualunque modo formata, non deve contenere - oltre alla precisazione del modello
societario prescelto- anche l'indicazione che trattasi di società per l’esercizio della professione
forense.
Altro problema è rappresentato dalla mancanza di una previsione per le STA quale quella del
comma 6 dell’art. 10, l. 183/2011 che dispone che “la partecipazione ad una società è
incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti”, con la conseguenza
che il divieto non opera neanche per il socio non professionista e con la ulteriore conseguenza di
poter costituire vere e proprie “holding” su base territoriale.
Altra grave carenza nella disciplina delle STA è l’assenza di una previsione simile a quella del
comma 3 d.m. 34/2013 per cui il socio con finalità d'investimento può far parte di una società
professionale solo quando:
a) sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l'iscrizione all'albo professionale cui la
società è iscritta;
b) non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione
per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;
c) non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari.
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Costituisce, inoltre, requisito di onorabilità del socio investitore la mancata applicazione, anche in
primo grado, di misure di prevenzione personali o reali.
Oggi è solo previsto il divieto a farne parte, ai sensi del comma 6, per il socio professionista
cancellato.
Nulla è specificato nel caso di società multidisciplinare (vedi invece per le STP il comma 8 art. 10
l. 183/2011) né viene precisato come si risolvono i conflitti normativi esistenti tra i due diversi tipi
di società professionali (si pensi che nella STP il socio può far parte di una sola società, mentre tale
divieto non è esplicitato nelle STA).
A differenza della STP, non è previsto nella STA che la designazione del professionista debba
essere preferibilmente fatta “dall’utente”, e solo ove questa manchi, il nominativo viene scelto dalla
società, ed a questi previamente comunicato.
L’art. 4 d.m. 34/2013 prevede che la STP, al momento del primo contatto con il cliente, deve
fornirgli le seguenti informazioni: a) sul diritto del cliente di chiedere che l'esecuzione dell'incarico
conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui scelti; b) sulla possibilità che
l'incarico professionale conferito alla società sia eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti
per l'esercizio dell'attività professionale; c) sulla esistenza di situazioni di conflitto d'interesse tra
cliente e società, che siano anche determinate dalla presenza di soci con finalità d'investimento. La
società ha l’obbligo, inoltre, di consegnare al cliente l'elenco scritto dei singoli soci professionisti,
con l'indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché l'elenco dei soci
con finalità d'investimento.
Nulla di tutto questo è previsto per la STA la cui disciplina si limita a prevedere, relativamente alla
compagine sociale, l’obbligo di depositare la documentazione analitica per l'anno di riferimento e
pone in capo al professionista (e non alla società) l’obbligo di dichiarare possibili conflitti di
interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.
Infine si segnala che a differenza delle STP il conflitto d’interesse non deve essere comunicato
dalla società, ma l’obbligo è carico del professionista. Infatti, l’obbligo, di assicurare per tutta la
durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o
incompatibilità, iniziali o sopravvenuti, grava sul solo professionista. A tale dovere appare del tutto
estranea la società che deve limitarsi a rendere disponibile la documentazione analitica, per l'anno
di riferimento, relativa alla compagine sociale
I Problemi non risolti
Con riferimento ai profili che la riforma non esplicita, vi è da chiedersi se dette società – alle quali
non sembra possa essere negata la qualità di imprenditore a pieno titolo – siano assoggettate in
toto al regime proprio di questa figura. E, quindi, anche alla possibilità di incorrere in procedure
concorsuali.
Passando poi agli aspetti previdenziali (su cui la legge concorrenza tace), poiché pare incongruo
che dette società siano tenute all’iscrizione alla Cassa (l’art. 4 – bis nulla dice al riguardo), vi è da
chiedersi se le fatture della società dovranno esporre l’ordinario 4% C.P.A.
Se così non fosse, tali società sarebbero in grado di attuare un significativo ribasso rispetto a
quanto richiesto dai professionisti che, operando individualmente, sono tenuti, invece, ad applicare
detta aliquota.
Parimenti, non è chiaro se il professionista-socio (che trarrà la propria remunerazione non dai
compensi percepiti ma dai dividendi) dovrà calcolare la propria contribuzione previdenziale sulla
base del fatturato della società ovvero sulla base dei dividendi stessi. Se valesse la seconda ipotesi,
potrebbe emergere qualche effetto distorsivo della concorrenza. Quanto meno perché i dividendi
dovranno essere riconosciuti anche al socio di capitale, così da abbattere, in ragione
dell’ammontare della partecipazione di quest’ultimo, la base previdenziale imponibile e da favorire,
anche in tal caso, la richiesta di compensi più bassi. Nulla è precisato sul regime previdenziale dei
compensi agli amministratori (andranno pagati all’INPS o alla Cassa Forense?)
Si allegano slide di come la Cassa di Previdenza Commercialisti hanno risolto la questione.
Nulla si dice sul regime fiscale delle società (e cioè se alle stesse si applicherà il criterio di
competenza o per cassa).
La riforma non vieta che socio e cliente della società possano coincidere, con tutte le
conseguenze non solo sulla indipendenza nelle scelte del professionista, ma anche con l’effetto
distorsivo, da un punto di vista economico, che il socio di capitale “rientrerà” in parte, sotto forma di dividendi, di quanto versato a titolo di compenso come cliente. Tutto questo senza considerare il
6
fatto che il socio di capitale/cliente, una volta entrato nella compagine sociale, potrà attuare
pratiche distorsive a proprio vantaggio, avvalendosi della sua doppia qualità di socio e di cliente, in
danno della società. Si potrà assicurare l’indipendenza all’avvocato solo con l’introduzione del
divieto alla società di trattare affari che riguardano direttamente o indirettamente il socio o società
(o gruppi) a lui collegati o società controllate e vietando al socio di capitale ed agli altri soci di
accedere a qualsiasi informazione sugli affari legali trattati coperta dal segreto professionale.
A ciò sarebbe utile aggiungere il divieto per la società di assumere incarichi in conflitto di
interesse.
Un modello da seguire per le società di capitali
Appare, infine, opportuno concludere che un valido modello organizzativo e di riferimento possa
essere quello della società cooperativa con socio finanziatore, che si caratterizza per l’apporto
alla cooperativa di capitale di rischio, ma con poteri limitati.
Ufficio Monitoraggio Legislativo O.C.F.
CNDCEC - Gruppo di Lavoro sulle Società tra Professionisti
documentoriservato pagina 1
STP–ASPETTIFISCALI
Ladisciplinadellesocietàtraprofessionisti,comerisultantedaicommida3a11dell’articolo10dellalegge12novembre2011,
n. 183 e dal relativo regolamento di attuazione adottato dalministro della Giustizia, di concerto con quello dello Sviluppo
economico,condecreto8febbraio2013,n.34(inG.U.n.81del6aprile2013edentratoinvigoreil21aprile2013),nonoffre
alcunaindicazionesulregimefiscaleapplicabileallestesse.
Talelacunanormativarendealquantocomplessalaricostruzionedeiprofilifiscalidelles.t.p.allalucedellevigentidisposizioni
inmateriachesiprestanoasoluzioninonsempreunivocheesoddisfacentidalpuntodivistasistematico.
Di seguito, si illustrano, sinteticamente, i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla diversa qualificazione fiscale del reddito
prodottodallaSTP.
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REDDITODILAVOROAUTONOMO VANTAGGI SVANTAGGI
Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicassa
• Icompensinonincassatinonconcorronoaformarelabaseimponibile
• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùagevoleintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedell’omogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione
• PossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali
• Icompensisonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto
• Impossibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodiimpresa(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)
• Maggioredisomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)
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REDDITODIIMPRESA VANTAGGI SVANTAGGI
Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicompetenza(adeccezionedelleSTPcostituiteinformadisocietàdipersone)
• Icompensinonsonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto
• Possibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodilavoroautonomo(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)
• Tendenzialeomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)
• Icompensinonincassaticoncorronoaformarelabaseimponibile
• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùdifficileintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedelladisomogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione
• Allostatoattuale,impossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali
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REDDITODIIMPRESACONOPZIONEPERREGIMEDICASSA
VANTAGGI SVANTAGGI
Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicassa
• Icompensinonincassatinonconcorronoaformarelabaseimponibile
• Icompensinonsonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto
• Possibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodilavoroautonomo(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)
• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùdifficileintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedelladisomogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione
• Maggioredisomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)
• Allostatoattuale,impossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali
Bozza di documento sulle società tra professionisti
Premessa Il tema delle società tra avvocati, e più in generale quello sulle società tra professionisti, è stato oggetto negli ultimi vent’anni di una serie di interventi legislativi, poco utilizzati o meglio difficilmente utilizzabili. Acconto al tradizionale modello delle associazioni tra professionisti il legislatore ha introdotto alcuni modelli (strutturali) di società tra avvocati ed alcune norme “spot” inserite spesso nei provvedimenti sulla concorrenza. Il risultato è quello di un complesso di norme, alcune confliggenti tra loro, che creano, come spesso avviene nel nostro Paese, confusione e difficoltà interpretative. Ecco i principali interventi legislativi in materia D.lgs. 96/2001 c.d. STP (intervento strutturale)
Personalità giuridica Mandato collettivo Responsabilità illimitata dei soci Struttura societaria limitata alle SNC
Art. 2 comma 1 lett. c d.l. 223/2006 (decreto Bersani) Elimina il divieto di multidisciplinarietà Oggetto sociale attività libero professionale esclusivo Divieto di partecipare a più di una associazione o società
Art. 10 l. n. 183/2011 (legge Monti) Qualsiasi tipo di società anche cooperative Atto costitutivo deve prevedere
Esercizio esclusivo dell’attività professionale Soci solo professionisti e cittadini UE in possesso di titolo di studio abilitante Socio di capitali massimo un terzo Incarico alla società con criteri e modalità di esecuzione del mandato da parte di
soci professionisti Obbligo di polizza di assicurazione Modalità di esclusione del socio cancellato dall’albo
Denominazione sociale “Società tra professionisti” Divieto di partecipazione a più di una società/associazione Obbligo di osservare il codice deontologico
Art. 5 l. 24/2012 (nuova legge professionale) Legge delega al governo.
forma societaria: società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo
ciascun avvocato può far parte di una sola società
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la denominazione o ragione sociale deve contenere l'indicazione: “società tra avvocati”
organo di gestione deve prevedere che i suoi componenti non possano essere estranei alla s.t.a.
incarico professionale conferito alla società può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti
la responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione
la s.t.a. è iscritta in una sezione speciale dell'albo la responsabilità disciplinare della s.t.a., la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo costituisce causa di
esclusione i redditi prodotti dalla s.t.a. devono essere qualificati quali redditi di lavoro
autonomo anche ai fini previdenziali la s.t.a. non è soggetta alle procedure concorsuali diverse da quelle di
composizione delle crisi da sovraindebitamento si applicano, in quanto compatibili, le previsioni sulle s.t.a. di cui al d. lgs. n.
96/2001 Delega mai esercitata, norma abrogata
Legge n. 124/2017 (legge concorrenza) Abrogazione art. 5 l. n. 247/2012 Introduzione art. 4 bis alla l. n. 247/2017
La professione si può esercitare nella forma di società di persone, società di capitali e società cooperative
Iscrizione sezione speciale dell’albo divieto di interposizione reale o fiduciaria, pena l’esclusione del socio almeno i 2/3 del capitale devono essere in capo ai soci professionisti, pena la
cancellazione dalla sezione speciale; i professionisti possono essere iscritti anche ad altri ordini
gli avvocati devono essere la maggioranza nel consiglio di amministrazione professionisti possono rivestire la carica di amministratori anche delegati la responsabilità della società e dei soci non esclude la responsabilità del
professionista che ha eseguito la prestazione il socio che esegue la prestazione professionale, ne risponde, assicurando la
propria indipendenza e imparzialità e dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità
esclusione del socio (neanche come socio di capitale): sospensione, cancellazione o radiazione
obbligo di rispetto per la società del codice deontologico forense e soggezione alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza
Proposta In questo quadro normativo così frastagliato si inserisce la proposta dell’Aiga, tesa ad abrogare tutte le norme ad oggi esistenti in materia creando un nuovo modello di società/associazione
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creato sulla falsariga della LLP (Limited Liability Partenership) forma societaria prevista in Inghilterra. Già la traduzione delle LLP ci consente di avere un’idea del sistema previsto in Inghilterra. La “Limited Liability Partnership” altro non è che una “Associazioni a responsabilità limitata”. È agevole intuire che questo modello rappresenti un ibrido tra le Associazioni tra professionisti e le Società a responsabilità limitata. Prima di continuare nell’esposizione e per meglio comprendere le finalità di questa proposta è necessario porsi una domanda. Vogliamo contribuire a creare un modello di società utilizzabile o dobbiamo solo ricercare il modello “più indolore” che accontenti il legislatore ormai appassionato al socio di capitali negli studi professionali? Ebbene se la risposta, come spero, è quella di ricercare un modello di società concretamente utilizzabile dagli avvocati e che possa rappresentare un volano per la crescita dell’Avvocatura tutti i modelli di società oggi esistenti scontano un ostacolo che difficilmente si riuscirà ad oltrepassare. Mi riferisco alle regole di distribuzione degli utili. Guardando gli aspetti fiscali, che a mio avviso, sono, insieme alla contribuzione previdenziale, il vero punto di interesse, la differenza sostanziale tra una società ed un’associazione tra professionisti risiede nella disposizione del comma 3, lettera c), dell’art. 5 del DPR 22.12.1986 n. 917 (TUIR), nel quale si prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, per le associazioni tra professionisti , l’atto o la scrittura privata di modifica delle quote di partecipazione agli utili possono essere redatti fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione. Tale particolarità risiede nella rilevanza che si è voluta attribuire alle variazioni annuali dell’apporto di ogni associato, all’interno della compagine associativa e secondo le regole statutarie o comunque stabilite con certezza. Tutti i principali studi associati, ad oggi, sono dotati di un regolamento per la distribuzione degli utili che di fatto modifica annualmente le quote di partecipazione agli utili, rendendo la quota flessibile e più rispondente all’apporto che il socio ha dato durante l’anno. Nelle società tutto ciò non è consentito, la quota di partecipazione agli utili è rigida, non può essere modificata ed è corrispondente, nella maggior parte dei casi, alla quota di proprietà della società. Questa ritengo sia la ragione per la quale ad oggi sono pochissimi gli studi che esercitano la professione sotto forma di società. Di seguito i principali punti che potrebbero caratterizzare la proposta di riforma
1. Denominazione ASSOCIAZIONE A RESPONSABILITA’ LIMITATA (A.R.L.) L’idea sarebbe quella di modificare il titolo VII del Libro V del Codice Civile “Dell’associazione in partecipazione” con un nuovo capo delle associazioni a responsabilità limitata. Una riforma che riguardi tutti i professionisti
2. Caratteristiche principali
Almeno due terzi soci professionisti a pena di cancellazione
La professione si può esercitare individualmente o nelle forme dell’associazione tra professionisti e dell’associazione a responsabilità limitata
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Iscrizione sezione speciale dell’albo e al Registro delle Impresa in apposita sezione
Divieto di interposizione reale o fiduciaria del socio di capitali, pena l’esclusione del socio
I professionisti devono essere la maggioranza nel consiglio di amministrazione
I professionisti possono rivestire la carica di amministratori anche delegati
La responsabilità della società non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione solo con riferimento alla responsabilità professionale, per le altre obbligazioni risponde la società con il suo patrimonio.
Il socio che esegue la prestazione professionale, ne risponde, assicurando la propria indipendenza e imparzialità e dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità
Incarico professionale conferito alla A.R.L. può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti
La A.R.L. non può prestare la propria attività nei confronti del socio di capitale o di una società da esso partecipata
Il socio di capitale non deve avere un grado di parentela fino al terzo grado con nessuno dei soci professionisti
Esclusione del socio (neanche come socio di capitale): sospensione, cancellazione o radiazione
Obbligo di rispetto per la società del codice deontologico forense e soggezione alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza
Distribuzione degli utili: o per i soci professionisti mediante il sistema del comma 3, lettera c), dell’art.
5 del DPR 22.12.1986 n. 917 (TUIR), (quota flessibile) o per il socio di capitale mediante il sistema previsto per le società (quota
rigida)
Tutto il fatturato della società è soggetto alla maggiorazione del 4% da versare in favore delle rispettive Casse di Previdenza (contributo integrativo)
L’utile netto del professionista è soggetto al contributo soggettivo in misura pari a quanto previsto dalle rispettive Casse di Previdenza
L’utile netto del professionista è tassato secondo le regole attualmente esistenti per le associazioni tra professionisti.
L’utile netto del socio di capitale è tassato come se fosse una rendita finanziaria
IRAP dovuta solo in caso il fatturato superi i seguenti parametri: € 100.000,00 per una A.R.L. con meno di tre soci professionisti, € 200.000,00 per una A.R.L. da 3 a 5 soci professionisti ed € 400.000,00 per una società da 6 ad 8 soci professionisti.
Possibilità di accantonare una parte degli utili (ad es. 10/20%) per investimenti Bari, 07 agosto 2018
Francesco Paolo Perchinunno Componente Giunta Nazionale Aiga
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Pro memoria L’avvocato “In società”
Premessa Comunque si ritenga di affrontare la problematica non si può prescindere dai principi cardine che regolamentano la professione di avvocato, così come sviluppatisi nel tempo e recepiti, fra gli altri, dagli art. 1 – 2 – 3 - 4 L. 247/12: - specificità della funzione difensiva in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela è preposta; - indipendenza, autonomia e libertà degli avvocati, indispensabili condizioni …; - tutela dell’affidamento della collettività e della clientela; - funzione: garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti; - unici vincoli alla attività di avvocato: la legge ed il codice deontologico; - il modo di esercizio della professione, sia esso individuale o associativo, non può pregiudicare l’autonomia, la libertà, l’indipendenza intellettuale od il libero giudizio dell’avvocato nello svolgimento dell’incarico. L’avvocato ed il rapporto societario L’avvocatura non è mai stata contraria all’esercizio della professione in modo associato o societario1:
• il CDF approvato nella seduta del 17.4.97, all’art. 34, regolamentava il comportamento dei singoli avvocati costituiti in associazione;
• il d.lgs 96/2001 ha superato la fattispecie della originaria associazione fra avvocati e procuratori, codificando la legittimità della S.n.c. fra avvocati;
• la legge professionale in vigore, n. 247/2012, prevedeva la delega al Governo per creare una disciplina specifica destinata a regolamentare le società fra avvocati, anche di capitale od in forma cooperativa. A puro titolo di cronaca, si deve registrare, in prossimità dell’approvazione della legge professionale e nell’immediato successivo, una disordinata “frenesia” normativa che ha visto: i) l’approvazione dell’art. 10 L. n. 183/2011 (legge stabilità) che legittimava in modo definitivo le società di capitali fra avvocati e le STP; ii) il venir meno, per scadenza del termine (4.8.13), della delega al Governo per l’attuazione dei principi dettati dalla L.247/12; iii) il conseguente affermarsi di due tesi interpretative, secondo cui: a) la normativa applicabile sarebbe solo quella della L. 183/11 (soc. di capitali ed STP); b) la sola disposizione applicabile era da individuare nel d.lgs 96/2001 (S.n.c. tra avvocati); c) potevano legittimamente e contemporaneamente applicarsi entrambe le disposizioni; iv) DDL concorrenza 7.10.2015: SI alle STA anche di capitali o cooperative; SI alle STP
1 Pur non volendo apparire lugubre, è risalente negli anni il problema del mantenimento del nome dell’avvocato “fondatore” anche dopo il suo decesso; se si è posta la questione significa che anche cinquant’anni fa esistevano studi composti da più avvocati - indipendentemente dalla “forma” della loro
“convivenza” - e su richiesta degli eredi o di chi rimaneva nello studio, si voleva che il nome del “fondatore” rimanesse.
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multidisciplinari; SI al socio di capitale col limite di 1/3 di capitale e di diritto al voto; v) DDL concorrenza 1.3.16 convertito nella L. n. 124/2017 che all’art. 1 co. 141 modifica l’art. 4 Legge professionale ed abroga l’art. 5 consegnandoci il teso che conosciamo.
La mozione da sottoporre all’approvazione del Congresso. Partendo dal concetto che la domanda da sottoporre al Congresso degli Avvocati non miri all’applauso, ma solleciti valutazioni e risposte che abbiano un contenuto concreto e credibile da sottoporre al Governo ed al Legislatore (che sono i soli
interlocutori muniti dei poteri necessari), si preferisce, in questa sede, abbandonare la invocazione alla cancellazione delle società di capitali tra avvocati e/o multidisciplinari, con la partecipazione di capitale “straniero” (auspicabile, condivisibile
ma non realisticamente credibile sotto il profilo del risultato), per cercare di ottenere la emanazione di norme che “riempiano” il contenuto “società di capitali tra avvocati”, oggi assolutamente vuoto, grazie anche alla abrogazione immotivata e miope dell’art. 5 della legge professionale che aveva il pregio di riordinare la materia, legittimando l’esistenza delle società di persone e di capitali, ma dettando anche un contenuto specifico e caratteristico di tali società, rispettoso dei principi fondamentali ed inviolabili sopra ricordati (tuttora presenti nei primi 4 articoli della 247 e
nelle disposizioni del nostro CDF che continua, fortunatamente, ad essere considerato inviolabile per noi e per chi ci governa, a volte senza capire la natura, la finalità e la dignità di rilevanza
costituzionale della nostra professione). Ciò che si dovrebbe comprendere è che senza una “struttura” analoga alle disposizioni codicistiche dettate per le società destinate alla gestione di imprese commerciali, non si ha un “contenitore” da riempire e personalizzare con norme di natura statutaria. La fattispecie voluta dal legislatore è diversa, proprio per la funzione inderogabile dei suoi soci e della società stessa, da quelle previste dal libro quinto - Titolo V – del Cod. Civ. e non è destinata ad affiancarsi a quelle S.n.c. od S.a.s. od S.r.l. ma, se mai, ad esigere nuove disposizioni da aggiungersi agli artt. 2229 c.c. (in tema di
“professioni intellettuali”); in nessun caso è ipotizzabile la creazione di un nuovo istituto che schiacci o faccia venir meno il concetto di professionalità dell’avvocato, con tutte le sue caratteristiche ed oneri, destinati, lo si ricordi, alla tutela del cliente e della funzione pubblica ed insostituibile dell’avvocato. L’avvocato in società non potrà mai essere un “imprenditore” ma sarà sempre e comunque un avvocato che esercita la sua professione, carica di tutti si suoi doveri, seppure nell’ambito di una struttura organizzata in forma societaria; non è l’avvocato che deve adeguarsi all’ambiente societario, ma è la “nuova società” che deve esse ritagliata sull’avvocato e per l’avvocato. E ciò deve valere per le norme generali destinate a “descrivere” la società - al pari di quanto avviene, ad esempio, per la
S.r.l. con gli artt. 2462 e segg. c.c. – sia per le disposizioni di carattere fiscale e
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contributivo che debbono, loro, adattarsi all’avvocato socio e non pretendere di “strappare” l’avvocato dalla avvocatura alla quale continua comunque ad appartenere (previdenza, assistenza medica, natura del reddito, modalità
cantabili/amministrative della società ecc.). Ecco allora la mozione che tutta l’avvocatura deve valutare ed, auspicabilmente, approvare, senza riserve: le STA dovranno essere costituite ed operare in forza di atto costitutivo e statuto che sia rispettoso delle disposizioni di legge emanande le quali, a loro volta dovranno fare propri i seguenti principi inderogabili: ➢ riprendere integralmente il contenuto delle lett. da a) ad n) dell’abrogato art. 5 L. 247/12 (valutare se fermarsi alla lett. m); ➢ prevedere che il socio di capitali della STA abbia gli stessi requisiti di “probità, dignità e decoro” imposti all’avvocato (si tratta ovviamente di un richiamo di principio per
affermare che tale socio e/o i suoi amministratori non possono essere sottoposti a procedure
concorsuali o penali quali bancarotta, frode, mafia ecc.); ➢ prevedere che al socio di capitali non sia applicabile l’art. 2476, co 2° c.c. per non violare l’obbligo di riservatezza nei confronti dei clienti, che grava sulla società ma, ancor prima, sull’avvocato che abbia il rapporto personale col cliente stesso; ➢ prevedere la esclusione di tale socio ove vengano meno i requisiti suddetti, magari con la sola liquidazione del capitale conferito, dal momento che, per definizione, non ha partecipato all’avviamento dello studio; ➢ prevedere che il numero dei soci avvocati, in presenza di un socio di capitali, sia sempre tale da consentire l’espressione della maggioranza non solo di capitale ma anche per teste (lo si evince anche dall’art. 4 bis n. 2: una società con due soli soci, di cui uno
solo avvocato, vedrebbe quest’ultimo “schiacciato” dal socio di capitali, anche se formalmente di minoranza); ➢ prevedere la natura del reddito prodotto dalla società (come da lett. l) art. 5 abrogato)
e riservare alla società un sistema contabile per cassa e non per competenza; ➢ prevedere le modalità di accesso di nuovi soci avvocati, con delibera assembleare con esclusione del voto del socio di capitali, e riservare al C.d.A. le delibere per il sorgere di rapporti con collaboratori esterni ed interni ma non soci (lo
statuto potrebbe poi prevedere la necessità della delibera assembleare in ragione della retribuzione da attribuire: fino ad € … decide il C.D.A., oltre, l’assemblea); ➢ prevedere le modalità di recesso/esclusione dettando principi generali di natura inderogabile (es.: divieto concorrenza per due anni successivi del socio; determinazione della
relativa indennità a fronte di esclusione non motivata da giusta causa e non di recesso; …) lasciando alle clausole contrattuali statutarie ogni più approfondita e personalizzata determinazione; ➢ prevedere una clausola arbitrale con tentativo di conciliazione obbligatorio avanti al COA in cui è iscritta la società o, volendo complicarci la vita, presso il COA della sede distrettuale; ➢ prevedere, oltre all’iscrizione della società in apposito Registro, l’obbligo di
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rendere pubblica la compagine sociale ed il contestuale obbligo dei soci avvocati, iscritti all’Albo, di evidenziare la loro appartenenza alla STA, sia essa di persone o di capitali; ➢ Eccetera.
In conclusione:
Conferire incarico ad una commissione “ristretta” coordinata dal CNF di predisporre il “capitolato” di richieste da sottoporre all’esame degli Organi competenti a determinare la modifica/integrazione della normativa codicistica nel senso auspicato dall’avvocatura; nel contempo, ed alla luce delle ipotesi “normative” proposte, conferire incarico al CNF di ipotizzare l’adeguamento del CDF al sorgere delle “nuove” società fra avvocati e/o interprofessionali (a mio parere
un intervento prematuro rispetto ad una ipotesi normativa almeno “credibile”, seppure non ancora approvata, correrebbe solo il rischio di essere inutile e produttivo di quella confusione tipica che deriva dai continui interventi del nostro legislatore).
Il XXXIV Congresso Nazionale Forense Catania
Premesso che
Gli articoli 24 e 111 della Costituzione proclamano la difesa diritto inviolabile del cittadino e dettano il
quadro normativo perché essa sia assicurata all’interno di un giusto processo.
Le legge professionale forense, all’art. 1, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione
della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta impone che
l’ordinamento forense garantisca l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni
dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti.
L’indipendenza dell’avvocato è dunque indispensabile presidio delle norme, anche costituzionali, sopra
riportate.
La legge 4.8.2017 n. 124 ha recentemente introdotto l’art. 4 bis che autorizza l’esercizio della professione
forense in forma societaria, anche tramite società di capitali. Tale norma prevede che, fino a un terzo, le
quote del capitale sociale e dei diritti di voto possano essere detenute da soggetti non professionisti; e che
possano essere nominati componenti dell’organo di gestione anche soggetti non professionisti, sia pure in
minoranza.
Tale norma appare pericolosa e poco coordinata con l’indipendenza e l’imparzialità dell’avvocato, che pure
l’art. 4 bis comma 3 della legge 4.8.2017 n. 124 ribadisce. Ciò in quanto la indipendenza e imparzialità
richiedono che l’avvocato agisca in modo libero anche dai condizionamenti del cliente che sia socio.
In particolare la normativa attualmente vigente non impedisce al socio di capitali di esercitare il controllo
(in senso tecnico) sulla società che esercita la professione forense o essere ad essa collegata.
L’art. 2359 cc definisce società controllata
1. La società in cui un’altra dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria;
2. la società in cui un’altra dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
3. la società sotto influenza dominante di un’altra in virtù di particolari vincoli contrattuali con
essa.
E società collegata quella su cui un’altra esercita una influenza notevole.
Il limite imposto al socio di capitale dall’art. 4 bis l. 124/2017 (possesso massimo di un terzo delle quote)
non impedisce che la società sia controllata dal socio di capitale nei casi previsti dal numero 2) dell’art.
2359 cc.
Ma soprattutto tale limite non impedisce il controllo nella ipotesi prevista dall’art. 2359 n. 3 cc. Tale caso
appare particolarmente probabile, essendo presumibile che in moltissimi casi il socio di capitale possa
assumere il controllo della società tramite l’affidamento in modo continuativo di mandati professionali che
condizionino la sopravvivenza della società stessa.
Tale pericolo sarebbe scongiurato ove si imponesse il divieto per la società che esercita professione forense
di prestare attività a favore del socio di capitale. In tal modo sarebbe salvaguardata la possibilità che il socio
di capitale entri nella società come investitore; ma si impedirebbe che la decisione di entrare in società sia
assunta dal socio di capitale per assicurarsi una assistenza legale da parte di soggetto controllato,
inevitabilmente esposto alla decisioni del controllante.
Tanto premesso il Congresso
Impegna
OCF e CNF, ognuno nell’ambito delle rispettive competenze, ad agire perché sia integrata la disciplina
normativa delle società con soci di capitale
a) In principalità prevedendo un divieto assoluto per la società che esercita la professione forense di
prestare attività a favore del socio di capitale.
b) In subordine in modo da prevedere il divieto per il socio di capitale di esercitare il controllo o essere
comunque collegato alla società che esercita la professione forense. E ciò con particolare riferimento al
controllo esercitato in base a vincoli contrattuali.
BOZZA DI MOZIONE
Si propone, per l’area SOCIETA’ TRA AVVOCATI, al prossimo Congresso Nazionale Forense di Catania ( 4-
6/10/2018), la seguente mozione:
SOCIETA’ TRA AVVOCATI
L’art. 5 l. 247/12 ha conferito delega al governo per disciplinare l’esercizio della professione forense in forma
societaria, fissando direttive che mirano alla salvaguardia dell’autonomia, dell’indipendenza e della libertà
dell’avvocato nello svolgimento della funzione difensiva, stante la sua specificità e rilevanza giuridica.
Nel fissare i criteri, il legislatore delegante si è ispirato al modello di società configurato dal D.lvo n. 96/2001,
le cui disposizioni sono dettate per le società di persone, ed in cui vi è perfetta coincidenza tra struttura
organizzativa- l’attività professionale può assumere la forma societaria o associativa- e soci professionisti,
non trovando ivi ingresso la previsione di soci di capitali, che crea, di contro, una disomogeneità tra struttura
organizzativa e struttura operativa.
In assenza del Decreto L.vo conseguente alla legge delega di cui all’art. 5 L. 147/12, la legge sulla concorrenza
n. 124/17 ha ampliato i limiti di applicazione del modello di cui al d.lvo 96/2001 estendendo l’esercizio della
professione forense, costituita nelle forme sia della società semplice che di capitali, a soci non professionisti
per 1/3 del capitale sociale.
La legge sul lavoro autonomo, poi, n. 81/2017 ha stabilito che anche gli avvocati, al pari di altri professionisti,
possono creare reti di professionisti, di partecipare alle reti di impresa, costituire consorzi stabili professionali
e di costituire associazioni temporanee professionali, al fine di partecipare a bandi e concorrere
all’assegnazione di incarichi e appalti privati
I redditi della STA siffatta sono stati qualificati redditi di impresa dalla risoluzione 35/E dell’Agenzia delle
entrate.
E’ necessario, oltre che opportuno, affinché lo strumento societario abbia una diffusa applicazione e apporti
beneficio alla categoria che:
1. Si riconduca la previsione normativa relativa alle STA all’originario criterio di partecipazione ai soli
avvocati iscritti all’albo
2. In ipotesi di previsione di soci di capitale, si stabilisca l’incompatibilità del socio di capitale a rivestire
la carica di amministratore nella STA
3. Si preveda la regolamentazione della STA con linee guida
4. Si stabilisca con chiarezza il regime fiscale da adottare
5. Si prevedano benefici fiscali per la giovane avvocatura che intenda costituire una STA nelle forme
della società semplice
Mozioni Società per Congresso Nazionale Catania 2018
Premesse
a)premessa “storica”:
-Legge professionale art. 5 –
-Nuovo art. 4 bis
-Legge di Bilancio 2018 (L. 27.12.2017 n.205) Art. 1 c. 443
-Concomitante presenza s.t.a. “europee” ex D. L 96/2001
-Regolamenti CNF
b)importanza forma lavoro associato e società per offrire un servizio meglio articolato e più efficiente
alla clientela, consentire ripartizione lavoro e agevolare “specializzazione”, confronto costante fra
professionisti, miglioramento etico…..
senza perciò sminuire forma di attività individuale
c)necessaria conformità a perfetta deontologia
d)libertà di scelta di modelli organizzativi nel rispetto della deontologia:
modelli adeguati a grandi raggruppamenti professionali
organizzazione di studi di media grandezza
forme di attività associata pensate per agevolare il miglior esercizio da parte di avvocati giovani e che
devono conquistare un loro spazio professionale
(ripresa rilievi conclusivi “Riflessioni” Giulia Facchini 1.2018)
e)associazioni/società multidisciplinari (è tutto a posto?) (vedere Cass. 19282/2018)
f)necessità di assoluta trasparenza e di piena informazione sia verso gli altri colleghi che verso il
pubblico
g)affermazione che per il raggiungimento pieno delle potenzialità dell’attività in forma associata e
societaria e per conformazione delle attività a corretta deontologia, Avvocatura debba richiedere gli
interventi normativi necessari ma abbia anche molto da fare e possa fare nell’ambito delle proprie
rappresentanze ed organizzazioni
Mozione 1 – Trasparenza e informazione
COA – pubblicità piena dell’Elenco delle associazioni e società; indicazione nelle schede dei singoli
nominativi delle associazioni e società cui partecipano
CNF – Albo nazionale che riassuma gli Elenchi dei COA consentendo la ricerca a livello nazionale
Cassa Forense – raccolta e pubblicazione dei dati del Modello 5bis
Mozione 2 – Deontologia
Invito al CNF a normativa specifica per regolamentazione dell’attività degli avvocati nelle
associazioni e società e per la disciplina delle medesime
per assicurare il rispetto dei principi fondanti della professione
Mozione 3 – Cassa Forense
Invito alla Cassa Forense a regolamentare con chiarezza la parte contributiva
-Regolamentazione contributiva non penalizzante pur nel rispetto dei principi di tutela dell’equilibrio
della Cassa:
-contributo integrativo esteso all’intera attività della sta ma con deduzione del contributo corrisposto
per prestazioni già soggette ad obbligo di corresponsione del contributo stesso (evitando
“duplicazione” del contributo – modifica a regime confermato da Cass. 160/2018));
-contributo soggettivo esteso a i corrispettivi percepiti a qualunque titolo degli avvocati (inclusi utili
non distribuiti), forma di contribuzione adeguata (non però gravatoria) per redditi prodotti da soggetti
diversi dagli avvocati (ex: assimilazione al contributo di “solidarietà”)
Mozione 4 – Fisco
-Chiarificazione normativa
-Previsione di agevolazioni specifiche per le associazioni e società costituite dai professionisti singoli
che godano di regimi agevolati e semplificativi in modo da mantenere benefici anche se esercitati in
forme associative o di società semplice
esenzione IRAP per organizzazione di studio basantisi sostanzialmente sul puro lavoro dei soli
avvocati, associati/soci
Mozione 5 – Politica legislativa
-ripresa enunciati “Bozza di mozione” Fernanda D’Ambrogio 18.7):
L’art. 5 l. 247/12 ha conferito delega al governo per disciplinare l’esercizio della professione forense
in forma societaria, fissando direttive che mirano alla salvaguardia dell’autonomia,
dell’indipendenza e della libertà dell’avvocato nello svolgimento della funzione difensiva, stante la
sua specificità e rilevanza giuridica.
Nel fissare i criteri, il legislatore delegante si è ispirato al modello di società configurato dal D.lvo
n. 96/2001, le cui disposizioni sono dettate per le società di persone, ed in cui vi è perfetta coincidenza
tra struttura organizzativa- l’attività professionale può assumere la forma societaria o associativa-
e soci professionisti, non trovando ivi ingresso la previsione di soci di capitali, che crea, di contro,
una disomogeneità tra struttura organizzativa e struttura operativa.
In assenza del Decreto L.vo conseguente alla legge delega di cui all’art. 5 L. 147/12, la legge sulla
concorrenza n. 124/17 ha ampliato i limiti di applicazione del modello di cui al d.lvo 96/2001
estendendo l’esercizio della professione forense, costituita nelle forme sia della società semplice che
di capitali, a soci non professionisti per 1/3 del capitale sociale.
La legge sul lavoro autonomo, poi, n. 81/2017 ha stabilito che anche gli avvocati, al pari di altri
professionisti, possono creare reti di professionisti, di partecipare alle reti di impresa, costituire
consorzi stabili professionali e di costituire associazioni temporanee professionali, al fine di
partecipare a bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati
I redditi della STA siffatta sono stati qualificati redditi di impresa dalla risoluzione 35/E dell’Agenzia
delle entrate.
E’ necessario, oltre che opportuno, affinché lo strumento societario abbia una diffusa applicazione
e apporti beneficio alla categoria che:
1. Si riconduca la previsione normativa relativa alle STA all’originario criterio di
partecipazione ai soli avvocati iscritti all’albo
2. In ipotesi di previsione di soci di capitale, si stabilisca l’incompatibilità del socio di capitale
a rivestire la carica di amministratore nella STA
3. Si preveda la regolamentazione della STA con linee guida
4. Si stabilisca con chiarezza il regime fiscale da adottare
5. Si prevedano benefici fiscali per la giovane avvocatura che intenda costituire una STA nelle
forme della società semplice
6. -introduzione normativa di modifiche alle L.
7. –“controllo societario”
8. -esclusione da fallimento (vedi regime startup)
GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI
Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 21.03.2018
In data 21 marzo 2018, alle ore 15:00 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la sede
amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di lavoro in tema di
Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:
Interni:
Avv. Francesco Marullo di Condojanni
Avv. Davide Calabrò
Avv. Andrea Pasqualin
Avv. Fausto Amadei
Avv. Carlo Orlando
Esterni:
Avv. Mario Zotta
Avv. Vittorio Minervini
Prov. Avv. Michele Castellano
Avv. Francesco Bello
Avv. Angela La Rosa
Avv. Francesco Russo
Ufficio Studi:
Prov. Avv. Giuseppe Colavitti
Prov. Avv. Gianluca Bertolotti
Avv. Giuseppe Di Iacovo
Presiede la riunione l’Avvocato Cons. Marullo di Condojanni, Coordinatore del Gruppo di lavoro.
Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):
1. Prosecuzione lavori;
2. Varie ed eventuali;
Trattazione degli argomenti posti al:
Innanzitutto il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di ringraziamento a
tutti gli intervenuti, in apertura dei lavori dichiara ai presenti che da oggi e per il futuro il Gruppo di
lavoro in materia di Società tra Avvocati si fonderà con il Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati,
coordinato dai Cons. Salazar e Pasqualin. I due gruppi si riuniranno congiuntamente e avranno
l’obiettivo di portare al Congresso di Catania mozioni e proposte migliorative in tema di Società tra
Avvocati.
Il gruppo di lavoro pertanto si arricchisce della partecipazione di:
Cons. Avv. Michele Salazar,
Cons. Avv. Andrea Pasqualin,
Cons. Avv. Davide Calabrò,
Cons. Avv. Carlo Orlando,
Avv. Ermanno Baldassarre,
Avv. Anna Bettini,
Avv. Paolo Maria Chersevani,
Avv. Giorgio Milan,
Avv. Mariagrazia Montera,
Avv. Carlo Panzuti,
Avv. Ida Tagliani,
Punto 1 all’o.d.g.
Il Coordinatore Marullo di Condojanni informa i presenti che i gruppi di lavoro riuniti
dovranno lavorare per produrre materiale da presentare al Congresso di Catania (4-5-6 ottobre 2018). Il
Coordinatore Marullo di Condojanni ritiene che vada seguito il seguente percorso: ricostruzione del
quadro normativo, individuazione delle criticità e proposte di intervento.
Il Cons. Salazar pone da subito l’attenzione dei presenti sulla tipologia di reddito prodotto dalla
società tra avvocati, anche alla luce delle modifiche apportate con la Legge di Bilancio 2017. Si apre a
questo punto una discussione sulla necessità di qualificare i redditi prodotti come da lavoro autonomo.
A seguito di vari interventi i membri concordato sulla necessità di una modifica legislativa relativa alla
tipologia di reddito prodotto visto che la norma è chiara nell’individuarlo quale reddito di società,
mentre sarebbe più opportuno che tale reddito fosse qualificato quale reddito da lavoro autonomo
(naturalmente solo per il socio avvocato e non per il socio di capitale non avvocato per il quale si
applicherà la qualificazione di legge), in continuità con quanto già espresso in sedi ufficiali dal CNF.
In tale ottica il Coordinatore ritiene utile riprendere le proposte formulate dal CNF in relazione
al vecchio art. 5 e soprattutto monitore le esperienze in atto sul territorio. Propone pertanto di
abbandonare la precedente idea di creare dei modelli statutari da diffondere sul territorio, pensando
invece a clausole o principi statutari a cui le STA dovranno conformarsi, anche nel rispetto del codice
deontologico.
Si apre a questo punto una discussione sulla possibilità di enunciare dei principi generali, in linea
con la deontologia, al fine di fornire indirizzi all’utenza. Bertolotti, favorevole in ordine alla necessità di
fornire degli indirizzi tramite l’enunciazione di principi generali informalizzanti, prende la parole e
propone l’esempio del socio avvocato radiato che proprio a seguito della radiazione si trasforma in
socio di capitale: pratica ammissibile dal punto di vista del diritto societario ma non dal punto di vista
deontologico, in quanto ciò consentirebbe di raggirare gli effetti della radiazione. Conclude ritenendo
che i principi dovranno uniformare la materia partendo dalla deontologia.
A seguito della discussione i compenti deliberano quanto segue:
- Elaborare principi generali a tutela della professione forense in caso di esercizio in
forma societaria in vista del congresso.
Tali contributi saranno redatti da ogni componente e dovranno essere inviati nel termine di
30 al segretario Di Iacovo;
- Elaborazione di una revisione normativa.
In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, si riserva di convocare la prossima
riunione all’esito della raccolta dei contributi
Del che è verbale.
Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni
(Coordinatore)
Avv. G. Di Iacovo
(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)
GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI
TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETA’ TRA AVVOCATI
Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 24.05.2018
In data 24 maggio 2018, alle ore 15:00 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la
sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di
e del Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:
Interni:
Avv. Francesco Marullo di Condojanni
Esterni:
Avv. Mario Zotta
Avv. Angela La Rosa
Avv. Vittorio Minervini
Dott. Massimo Scotton
Dott. Andrea Bonechi
Dott. Bauco Cristina
Avv. Giorgio Milan
Ufficio Studi CNF:
Prof. Avv. Giuseppe Colavitti
Prof. Avv. Gianluca Bertolotti
Avv. Giuseppe Di Iacovo
Presiede la riunione il Consigliere Avv. Cons. Marullo di Condojanni, coordinatore del
Gruppo di lavoro e del Tavolo Agorà.
Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):
1. Stato dei lavori – esame dei contributi;
2. Varie ed eventuali;
Trattazione dell’argomento n. 1 all’ordine del giorno:
Innanzitutto il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di
ringraziamento a tutti gli intervenuti, in apertura dei lavori ringrazia per la presenza alla
presente riunione la delegazione del CNDCEC nelle persone dei dott. Scotton, Bonechi e
Bauco.
Il Coordinatore, prima di iniziare la discussione, dà atto della ricezione da parte di
alcuni componenti dei contributi in relazione all’elaborazione dei principi generali a tutela
della professione forense in caso di esercizio in forma societaria. Si segnalano i contributi
del Prof. Avv. Bertolotti, dell’Avv. Zotta nonché, in relazione ai profili tributari collegati
alla tipologia di reddito prodotto dalla STA, dell’Avv. La Rosa; tutti i componenti sono a
conoscenza dei contributi per essere circolati via email tra gli stessi.
Inoltre, il coordinatore dà atto che l’avv. Minervini, nella sua veste di rappresentante
di Cassa Forense, ha presentato al tavolo del Gruppo di Lavoro una prima bozza di
regolamento per le “Società tra professionisti” redatto da Cassa Forense.
A questo punto il coordinatore invita i singoli partecipanti ad esporre il contenuto dei
propri lavori.
Apre l’illustrazione il Prof. Bertolotti il quale, in primo luogo, effettua una
ricognizione dello stato dell’arte della normativa in materia e, dopo aver individuato le
principali criticità, elenca una serie di principi per la corretta elaborazione degli statuti delle
società tra avvocati, nell’interesse pubblico generale a garantire un esercizio concreto ed
effettivo del diritto di difesa ai cittadini. Tra questi: a) la necessità di prevedere nella
denominazione e nella ragione sociale l’indicazione “società tra avvocati”; b) la necessità
che i soci avvocati abbiano almeno due terzi del capitale sociale e siano in maggioranza
rispetto gli altri soci; c) individuare quorum deliberativi attribuendo ai soci avvocati almeno
due terzi dei diritti di voto; d) prevede che il socio avvocato che si sia macchiato di
comportamenti contrari all’ordinamento professionale e per questo escluso dalla
compagine sociale non possa rientrare nella società nella qualità di mero socio di capitali; e)
necessità di evidenziare il carattere dell’attività professionale (e non di impresa) anche nella
classificazione del reddito prodotto dalla STA.
Segue l’illustrazione del proprio contributo da parte dell’avv. Zotta il quale evidenzia
di aver provveduto ad individuare ed analizzare i principi relativi all’esercizio della
professione forense in generale per poi declinarli nelle STA. Tale lavoro è consistito nello
‘spacchettamento’ della normativa applicabile, nella individuazione e analisi dei singoli
principi emergenti e nella conseguente proiezione nella forma societaria al fine di valutarne
la compatibilità.
A questo punto si apre una discussione sulla eventuale abrogazione implicita della
disciplina di cui al D.Lgs. 2-2-2001 n. 96 relativamente all’esercizio della professione di
avvocato in forma societaria, visto che la nuova normativa delle STA contenuta nella L.
247/2012 sembrerebbe superare alcune disposizioni della prima. Dopo la discussione, sul
punto, sembrerebbe che la maggioranza dei presenti protenda verso la conclusione che non
essendo stata prevista nella nuova disciplina l’abrogazione espressa della precedente, la
nuova coabiti con la precedente, anche per la presenza di alcune differenze sostanziali,
come ad esempio l’apertura a tutti i modelli societari in cui possono costituirsi le nuove
STA (prima invero limitate alle sole snc).
Prende la parola il Prof. Colavitti il quale concorda con il percorso scelto dal Gruppo
di lavoro circa la necessità di individuare i principi generali che dovrebbero governare gli
statuti delle STA al fine di garantire il corretto esercizio della professione forense, ma pone
la questione della fonte attraverso la quale veicolare tali principi. Infatti, ricorda che, a
prescindere dal percorso di modifica legislativa che parrebbe risolverebbe tutti i problemi, il
CNF, qualora provveda ad indirizzare in un modo piuttosto che in un altro l’esercizio della
professione forense (si pensi a pareri consultivi, circolari o altro), anche nella forma
societaria, rischia, visti i recenti precedenti, di poter esser oggetto di attenzione da parte
dell’Antitrust e delle singolari interpretazioni di questa. Tutto ciò seppur l’attività
professionale forense rappresenta l’esercizio di un lavoro e non di attività di impresa.
Sempre il Prof. Colavitti in conclusione ritiene che lo strumento migliore da utilizzare per
regolare il fenomeno delle STA (in base all’attuale sistema normativo) ed evitare di essere
attenzionati dalle Autorità è basarsi e fare leva sul Codice Deontologico forense visto che la
L. 247/2012 all’art. 4-bis, comma 6, espressamente assoggetta le STA agli obblighi
deontologici e al potere disciplinare dei CDD.
Il coordinatore dà la parola al dott. Scotton, consigliere nazionale del CNDCEC, il
quale ringrazia per l’invito ed illustra l’esperienza e lo stato dell’arte del CNDCEC in
relazione all’esercizio della professione in forma societaria. Dopo una premessa di carattere
generale, riferisce altresì che la questione della STP è abbastanza delicata e andrà trattata in
maniera specifica in quanto potrebbe essere l’occasione per indesiderate invasione di
campo da parte di soggetti non abilitati all’esercizio della professione di commercialista ed
esperto contabile. Riferisce dell’esistenza di un gruppo di lavoro del Consiglio che si occupa
di STP e conferma l’interesse alla partecipazione ai lavori del Gruppo di lavoro.
A questo punto il tema della discussione vira sulla qualificazione del reddito prodotto
dalle STA. L’Avv. La Rosa prende la parola e commenta la risoluzione n. 35/E del 7
maggio con cui l’Agenzia delle Entrate ha preso posizione sul regime fiscale delle società
tra avvocati, confermandone la riconducibilità entro la disciplina del reddito d’impresa.
Riferisce che tale interpretazione, per quanto non desiderata dal mondo dell’avvocatura,
appare tuttavia corretta in base allo stato dell’arte della normativa vigente.
Interviene il prof. Bertolotti il quale al fine di superare l’interpretazione dell’Agenzia
delle entrate pone in evidenzia, ai fini della qualificazione del reddito quale reddito da
lavoro autonomo, l’esercizio della professione forense a discapito dell’organizzazione
societaria. Infatti ritiene che, come nel caso delle STA, quando la società rappresenti una
forma con la quale si organizza il lavoro autonomo intellettuale e quando l’agire del
professionista intellettuale sovrasta l’organizzazione della quale pure egli si serve, si
dovrebbe in presenza di un reddito di lavoro autonomo.
Ad ogni modo, tutti i membri concordano sulla necessità che per superare
definitivamente la qualificazione del reddito prodotto dalla STA sia necessaria una modifica
legislativa che preveda la reintroduzione dell’abrogato art. 5 della L. 247/2012, il quale
espressamente qualificava i redditi prodotti dalla società tra avvocati quali redditi di lavoro
autonomo.
Infine, collegandosi al tema tributario, prende la parola l’avv. Minervini che per conto
di Cassa Forense espone ai presenti la prima bozza di Regolamento che Cassa Forense
starebbe maturando per regolare il fenomeno delle Società tra Avvocati per effetto del
comma 6-ter, dell’art. 4-bis della L. 247/2012.
A questo punto il coordinatore, con l’approvazione dei presenti, ritiene che il
Gruppo di lavoro non debba limitarsi a generare una proposta di modifica legislativa
organica delle STA ma debba invece attivarsi in base allo stato delle norme attualmente in
vigore. A tal proposito propone che il gruppo di lavoro in vista del Congresso:
- Elabori principi e norme deontologiche con le quali regolare l’esercizio
della professione forense in forma societaria;
- Predisponga raccomandazioni sull’esercizio della professione forense in
forma societaria;
- Generi una proposta di modifica legislativa sulla base dei principi
dell’abrogato art. 5 l. 247/2012.
In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, convocare la prossima riunione
per il giorno 20 giugno 2018, ore 10.00 presso la sede amministrativa del CNF.
Del che è verbale.
Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni
(Coordinatore)
Avv. G. Di Iacovo
(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)
GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI
TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETA’ TRA AVVOCATI
Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 20.06.2018
In data 20 giugno 2018, alle ore 11:30 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la
sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di
e del Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:
Interni:
Avv. Francesco Marullo di Condojanni
Avv. Andrea Pasqualin
Avv. Carlo Orlando
Esterni:
Dott. Andrea Bonechi
Dott. Bauco Cristina
Avv. Vittorio Minervini
Avv. Paolo Maria Chersevani
Avv. Carlo Panzuti
Avv. Massimo Ferrante
Ufficio Studi CNF:
Prof. Avv. Giuseppe Colavitti
Prof. Avv. Gianluca Bertolotti
Avv. Giuseppe Di Iacovo
Presiede la riunione il Consigliere Avv. Cons. Marullo di Condojanni, coordinatore del
Gruppo di lavoro e del Tavolo Agorà.
Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):
1. Stato dei lavori – esame dei contributi;
2. Varie ed eventuali;
Trattazione dell’argomento n. 1 all’ordine del giorno:
Il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di ringraziamento a tutti
gli intervenuti, in apertura dei lavori illustra gli esiti della precedente riunione del 25.05.2018
e da subito ripropone la problematica della qualificazione del reddito prodotto dalle STA.
Interviene il prof. Colavitti il quale comunica che l’Ufficio studi sta predisponendo la
una proposta di modifica legislativa in relazione alla qualificazione del reddito prodotto
dalla STA, vista l’incertezza del corretto inquadramento del reddito prodotto dalle società
tra professionisti. La proposta di modifica in lavorazione – continua il prof. Colavitti - terrà
conto del fatto che le STA hanno in comune con le società commerciali soltanto la forma,
ma non anche la sostanza. I professionisti intellettuali appartenenti a professioni
regolamentate sono lavoratori autonomi e non imprenditori e, come possono operare
individualmente, pure possono agire adottando la forma societaria. Per tali considerazioni,
è necessario che il legislatore prenda posizione coerente con la natura delle attività rese
dalle società professionali, che restano prestazioni professionali, chiarendo finalmente che il
reddito prodotto dalle STA va qualificato e disciplinato a fini tributari e previdenziali quale
reddito da lavoro autonomo, purché l’organizzazione in concreto adottata non sia a tal
punto rilevante da porre in secondo piano le prestazioni intellettuali rese da soci.
Concorda con quanto riferito dal prof. Colavitti il prof. Bertolotti, il quale sta
partecipando anch’esso alla redazione della modifica legislativa detta, che evidenzia la
prevalenza dell’attività di lavoro autonomo svolta dall’esercente la professione forense
rispetto la forma con cui viene esercitata: la forma, individuale o societaria, non muta
l’essenza dell’attività professionale svolta.
Interviene l’avv. Ferrante il quale ritiene che la problematica della qualificazione del
reddito possa essere superata con una modifica legislativa diretta. Tuttavia ritiene che nella
proposta di modifica legislativa sarebbe opportuno non lasciare troppi spazi interpretativi
che invero potrebbero essere utilizzati (ad esempio dalle Agenzia fiscali) in maniera
discrezionale per qualificare la medesima fattispecie ora in un modo e ora in un altro: cita
ad esempio il dibattito giurisprudenziale che si è creato in relazione all’assoggettamento
all’IRAP di professionisti in rapporto al requisito dell’autonoma organizzazione.
A questo punto prende la parole l’avv. Chersevani che, dopo aver premesso che
bisogna distinguere le problematiche di tipo tecniche da quelle di politica forense, ritiene
che andrebbe effettuata un’analisi sugli eventuali vantaggi/svantaggi che l’esercizio della
professione in forma societaria potrebbe comportare. E all’esito di questa indagine,
indirizzare le soluzioni.
Sempre in relazione alla problematica di tipo fiscale interviene il dott. Bonechi il
quale ritiene che, ai fini della qualificazione del reddito, ciò che debba essere tassato sia il
reddito percepito dal socio professionista della STA. Bisognerebbe pertanto spostare
l’attenzione non sul reddito prodotto dalla STA ma sul reddito percepito dal socio della
STA visto che le STA rappresentano una modalità con la quale si può esercitare la
professione forense che è e rimane un’attività di lavoro autonomo.
Interviene il Cons. Pasqualin il quale osserva che per meglio direzionare le iniziative
di questo gruppo di lavoro sarebbe opportuno avere un quadro più specifico dal punto di
vista tributario tramite simulazioni dei vari modelli societari e ciò al fine di poter valutare le
utilità di ognuno di questi.
Prende la parola il prof. Colavitti il quale osserva che, a prescindere dal percorso di
modifica legislativa, il CNF potrebbe regolare il fenomeno delle STA tramite l’autonomia
deontologica visto che la L. 247/2012 all’art. 4-bis, comma 6, espressamente assoggetta le
STA agli obblighi deontologici e al potere disciplinare dei CDD. Propone pertanto che,
sciolto il nodo sull’indirizzo politico da seguire in tale materia, il gruppo di lavoro elabori
insieme alla Commissione Deontologica del CNF le modifiche da apportare al Codice
Deontologico Forense per regolare il fenomeno delle STA.
Infine il coordinatore Cons. Marullo di Condojanni ricorda che i lavori dell’odierno
gruppo di studio dovranno essere presentanti al Congresso di Catania e che il termine
ultimo per la presentazione delle mozione scadrà il 4 settembre 2018. A tal proposito, con
l’approvazione di tutti, riferisce che:
- per quanto riguarda l’aspetto deontologico provvederà esso stesso a coinvolgere il
coordinatore della Commissione Deontologica;
- per quanto riguarda l’elaborazione dei principi generali che dovranno regolare l’esercizio
della professione forense in forma societaria, il prof. Bertolotti rivisiterà il suo elaborato
alla luce di quanto emerso nella presente riunione;
- per quanto riguarda l’aspetto tributario della qualificazione del reddito prodotto dalle
STA, dovranno in primo luogo essere recuperati (e seguiti) i principi su cui si basava
l’abrogato art. 5 L. 247/2012. In secondo luogo, il coordinatore incarica il dott. Bonechi
di elaborare e fornire al gruppo di lavoro delle simulazioni dei vari modelli societari dal
punto di vista fiscale al fine di poter valutare gli eventuali vantaggi/svantaggi;
In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, convoca la prossima riunione
per il giorno 11 luglio 2018, ore 14.30 presso la sede amministrativa del CNF.
Del che è verbale.
Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni
(Coordinatore)
Avv. G. Di Iacovo
(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 2927-2017 proposto da:
STUDIO LEGALE F.F. CALABRESE SOCIETA' PROFESSIONALE IN
ACCOMANDITA SEMPLICE DEGLI AVVOCATI FRANCESCO E FILIPPO
CALABRESE & C., in persona del socio accomandatario Filippo
Calabrese, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN TOMMASO
D'AQUINO 116, presso lo studio dell'avvocato ELVIRA BACCHINI,
rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCESCO CALABRESE;
1
Civile Ord. Sez. U Num. 15278 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: MANNA ANTONIO
Data pubblicazione: 20/06/2017
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R.G. n. 2927/17
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PERUGIA,
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI
APPELLO DI PERUGIA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL
TRIBUNALE DI PERUGIA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 334/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE
FORENSE, depositata il 24/11/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito l'Avvocato Francesco Calabrese.
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza pubblicata il 24.11.16 il Consiglio Nazionale
Forense ha rigettato il ricorso degli avvocati Filippo e Francesco
Calabrese contro la delibera 29.11.13 con cui il Consiglio dell'Ordine
degli Avvocati di Perugia aveva respinto la loro domanda di iscrizione
all'albo dello Studio Legale F.F. Calabrese Società Professionale in
accomandita semplice degli avvocati Francesco e Filippo Calabrese &
C., società costituita fra i medesimi avvocati Calabrese ed un terzo
socio, la dott.ssa Francesca Cerulli, laureata in economia,
quest'ultima con una partecipazione del 20%.
2. In proposito il CNF ha ritenuto inapplicabile agli avvocati la
disciplina di cui all'art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011 ed
2
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R.G. n. 2927/17
ha altresì escluso che nel caso di specie si sia formato, ex art. 45
d.lgs. n. 59 del 2010, il silenzio-assenso sulla domanda di iscrizione.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre lo Studio Legale F.F.
Calabrese Società Professionale in accomandita semplice degli
avvocati Francesco e Filippo Calabrese & C., affidandosi a due motivi.
4. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Perugia non ha svolto
attività difensiva.
1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010, per averne il CNF
escluso l'applicazione (concernente il silenzio assenso decorsi 60
giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione) in base
all'erroneo presupposto dell'applicabilità al caso in esame, quale
disciplina speciale, dell'art. 17, comma 7, legge 31.12.2012 n. 247
(legge professionale), malgrado la sua emanazione in epoca
successiva alla formazione di detto silenzio assenso, atteso che la
domanda di iscrizione della società era stata presentata, mediante
notifica del relativo atto costitutivo, il 16.5.12.
1.2. Con il secondo motivo ci si duole di violazione, falsa ed errata
applicazione dell'art. 10 legge n. 183 del 2011, nella parte in cui la
pronuncia impugnata ha ritenuto inapplicabile agli avvocati tale
norma per l'esercizio di attività professionali secondo i modelli
regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile, norma che ha
introdotto la facoltà di costituire società anche di capitali,
multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o
di soci di capitale.
2.1. Impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del
primo motivo di ricorso, sul secondo osserva la Corte che il comma 4
dell'art. 10 legge n. 183 del 2011 prevede la possibilità di costituire
società, anche di capitali, fra professionisti e soci non professionisti
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(sia pure con alcune peculiari disposizioni concernenti i rapporti fra di
essi, le maggioranze all'interno della società e l'esercizio dell'attività
professionale con i relativi obblighi deontologici).
Tale è la disposizione normativa su cui si basa la richiesta di
iscrizione all'albo della società ricorrente.
In occasione dell'emanazione della nuova legge professionale per
gli avvocati (la n. 247 del 2012) il legislatore ritenne di inserire - con
l'art. 5, comma 2, lett. a) - una delega al Governo contenente, fra i
principi e criteri direttivi, la previsione che l'esercizio della professione
forense in forma societaria fosse consentito a società, di persone o di
capitali o cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritti all'albo.
Tale delega è scaduta il 4.8.13, senza che il Governo abbia
provveduto ad esercitarla.
Si legge nella sentenza impugnata che il divieto di società tra
avvocati con la partecipazione anche di soci non professionisti
previsto nell'art. 5, comma 2, lett. a) legge n. 247 del 2012 sarebbe
sopravvissuto, quanto a mero contenuto precettivo, pur dopo lo
scadere del termine per l'esercizio della delega, con l'effetto di
consentire agli avvocati soltanto la costituzione di società di cui al
decreto legislativo n. 96 del 2001 (di attuazione della direttiva
98/5/CE), che tra prevede, tra avvocati, solo la costituzione di società
di persone (nella forma della S.n.c., applicabile salvo quanto
specificamente previsto nel medesimo d.lgs.) e senza la
partecipazione di soggetti privi di tale titolo professionale.
Si obietta in ricorso il venir meno del divieto di cui all'art. 5,
comma 2, lett. a) legge n. 247 del 2012, con lo scadere della delega;
di conseguenza, resterebbe applicabile la normativa generale di cui al
cit. art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011.
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Invece altra ipotesi ricostruttiva, anche prescindendo dalla sorte
della legge delega di cui sopra, fa leva sul rilievo che il comma 9 del
cit. art. 10 legge n. 183 del 2011 espressamente fa salvi i diversi
modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore
della legge; per l'effetto, ritiene pur sempre attuale il decreto
legislativo n. 96 del 2001.
Si tratta di ipotesi ricostruttiva che, a sua volta, si scinde in due
sottoipotesi alternative fra loro:
a) pur dopo l'art. 10 legge n. 183 del 2011 l'unico tipo di società
tra avvocati sarebbe quello di cui alla lex specialis contenuta nel
citato d.lgs. n. 96 del 2001;
b) oltre a tale tipo di società (note con l'acronimo STA)
disciplinato dal cit. d.lgs. n. 96 del 2001, gli avvocati potrebbero
costituire anche società tra professionisti (note con l'acronimo STP) ai
sensi dell'art. 10 legge n. 183 del 2011 e, quindi, società anche di
capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in
altri albi o di soci di capitale.
2.2. Ritiene la Corte che - sempre impregiudicata ogni valutazione
sulla fondatezza o meno del primo motivo di ricorso - l'importanza e
la novità del tema afferente al secondo motivo di doglianza consigli di
rinviare a nuovo ruolo la causa per acquisire una relazione
dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo che operi una ricostruzione
completa del quadro normativo di riferimento e dei contributi, anche
dottrinari, concernenti la questione della legittimità o non di società
tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti al relativo albo e, in
particolare, della questione attinente al significato da attribuire alla
clausola di salvaguardia contenuta nel comma 9 del cit. art. 10 legge
n. 183 del 2011, che espressamente fa salvi i diversi modelli societari
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e le associazioni professionali già vigenti alla data di entrata in vigore
della legge.
P.Q.M.
rinvia la causa a nuovo ruolo per acquisire relazione
dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo.
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N. 63/14 R.G. RD n. 334/16
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede
presso il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Giuseppe PICCHIONI Presidente f.f.
- Avv. Rosa CAPRIA Segretario
- Avv. F. LOGRIECO Componente
- Avv. Carlo ALLORIO “
- Avv. Carla BROCCARDO “
- Avv. Antonio DE MICHELE “
- Avv. Lucio Del PAGGIO “
- Avv. Angelo ESPOSITO “
- Avv. Antonino GAZIANO “
- Avv. Anna LOSURDO “
- Avv. Maria MASI “
- Avv. Enrico MERLI “
- Avv. Arturo PARDI “
- Avv. Stefano SAVI “
- Avv. Priamo SIOTTO “
- Avv. Francesca SORBI “
- Avv. Vito VANNUCCI “
con l’intervento del rappresentante il P.M. presso la Corte di Cassazione nella
persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Carmine Stabile ha emesso la
seguente
SENTENZA
sul ricorso presentato dagli Avvocati F.C., nato a …………, avverso la delibera in
data 29/11/13 , con la quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Perugia
rigettava la domanda di iscrizione all’Albo ;
Il ricorrente, avv. F. C. è comparso personalmente;
Per il Consiglio dell’Ordine, regolarmente citato, nessuno è presente;
Udita la relazione del Consigliere avv. Priamo Siotto ;
Inteso il P.M., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
2
Inteso il ricorrente, avv. F. C. quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
FATTO
Gli Avvocati F.C. e F. C., alla luce della nuova disciplina in materia di società tra
professionisti, introdotta dall’art. 10 dalla Legge 12.11.2011, n. 183, (Legge stabilità
2012), nel contesto della risistemazione della propria organizzazione professionale,
scioglievano l’esistente associazione professionale tra di loro costituita ex d. lgs n.
96 del 2011, e costituivano una società in accomandita semplice coinvolgendo un
soggetto terzo, la Dottoressa F. C., laureata in economia, in misura pari al 20%
delle quote. Costituita la società avanti al notaio M. B., notificavano in copia
autentica lo scioglimento dell’associazione professionale e l’atto costitutivo della
società al COA di Perugia il 16.5.2012, con ciò intendendola quale richiesta di
iscrizione all’albo.
Il COA procedeva ad effettuare alcune verifiche e all’audizione degli Avvocati C.
nella seduta del 28.2.2013, autorizzando il deposito di note scritte entro la data del
22.3.2013. A seguito di istanza di proroga i ricorrenti presentavano la nota il
4.4.2013 nella quale precisavano che la notifica dell’atto costitutivo della nuova
società doveva intendersi quale domanda di iscrizione nella sezione speciale
dell’albo.
Il Consiglio dell’Ordine di Perugia, nell’ambito della istruttoria, richiedeva all’Avv. C.
A. F. un parere pro veritate in ordine alla legittimazione della società considerata la
partecipazione di un socio di investimento ai sensi dell’art. 10, c. 4, lett. b) della L. n.
183/2011. Con parere del 25.6.2013 il professionista interpellato si dichiarava
favorevole all’iscrizione. Tuttavia il Consiglio riteneva di discostarsene richiamando
la circolare del Consiglio Nazionale Forense n. 18 - C - 2013 che chiariva la portata
dell’art. 5 della L. n. 247/2012 nel senso che il mancato esercizio della delega non
privava l’art. 5 di efficacia normativa. Richiamava altresì l’art. 5 della Legge Europea
n. 97/2013, che aveva modificato l’art. 35 del d. lgs 96/2011 al fine di consentire la
costituzione di società professionali da parte di avvocati stranieri stabiliti anche
senza la presenza di un socio avvocato italiano, nulla disponendo tuttavia in
relazione alla società tra avvocati, nonostante l’asserito contrasto con la normativa
comunitaria in ragione della limitata partecipazione alla società dei soli soci avvocati.
Il COA richiamava altresì i pareri degli Avvocati M. e P., allegati alla circolare
richiamata.
3
Considerata quindi la presenza di un socio di investimento, il Consiglio non riteneva
integrati i presupposti necessari per l’iscrizione con delibera adottata il 14.11.2013.
In ragione di ciò, in data 18.11.2013, inviava preavviso di rigetto assegnando ai
ricorrenti il termine di dieci giorni per eventuali osservazioni secondo quanto previsto
dall’art. 10 bis della L. n. 241/1990. I richiedenti depositavano dette osservazioni a
mezzo pec, diffidando il COA a procedere alla immediata iscrizione della società
professionale.
Con il provvedimento impugnato del 5.12.2013, notificato il 6.12.2013, il COA di
Perugia rilevava come i richiedenti non avessero formulato espressamente istanza
di iscrizione avendo solo notificato l’atto costitutivo della nuova società
professionale, precisando che in difetto di una espressa volontà di iscrizione, da
manifestarsi in forma tipica, non poteva procedere d’ufficio all’iscrizione. Nel merito,
si discostava dal parere dell’Avv. F., ritenendo che la L. n. 247/2012 circoscrivesse
ai soli avvocati iscritti all’albo la possibilità di costituire società, considerando quindi
prive di pregio le osservazioni formulate e la documentazione prodotta. Rigettava
quindi la richiesta di iscrizione della società stante la presenza di un socio di
investimento.
Avverso il calendato provvedimento lo studio legale F.F. C. società professionale in
accomandita semplice degli avvocati F. e F.C. & C., in persona del legale
rappresentante p.t., difeso dall’Avv. F. C., ha proposto ricorso avanti a questo
Consiglio per i seguenti motivi: a) violazione della disciplina di cui all’art. 10, c. 4,
lett. b) L. n. 183/2011, che consente la costituzione di società tra avvocati anche con
la presenza di un socio di investimento; sul punto richiama la delega contenuta
nell’art. 5 L. 247/2012, il cui termine risulta scaduto e dunque privo di contenuto
precettivo; b) avvenuta iscrizione di diritto della STP dal 16.7.2012, per
perfezionamento del silenzio assenso, ai sensi dell’art. 45 d. lgs 59/2010; c) erronea
motivazione del COA – che non dà conto delle ragioni per le quali aveva omesso di
prendere in considerazione il parere dell’Avv. F. ritenendo ultroneo il richiamo alle
norme della L. n. 247/2012, mai prima menzionate.
In ragione di ciò i ricorrenti hanno chiesto al CNF di annullare il provvedimento di
rigetto dell’iscrizione disponendo nel contempo l’immediata iscrizione della STP
nell’albo degli avvocati del Foro di Perugia.
DIRITTO
Il ricorso deve considerarsi infondato e deve pertanto essere respinto.
4
In ordine al primo motivo di impugnazione, nessuna violazione dell’art. 10 della L. n.
183/2011 è ravvisabile nella fattispecie in esame.
Infatti devono trovare qui applicazione i principi e i criteri direttivi dettati dall’art. 5
della L. n. 247/2012 da considerarsi incompatibili con quanto previsto dall’art. 10
della L. n. 183/2011. In adesione alla circolare di questo Consiglio del 12/9/2013, n.
18- C- 2013, non può condividersi l’interpretazione prospettata dai ricorrenti Avvocati
C. circa la presunta applicabilità della normativa generale in materia di società
professionali anche alle società tra avvocati (art. 10, comma 10, della L. 12/11/2011,
n. 183 e del d.m. 8/2/2013, n. 34 recante regolamento in materia di società per
l’esercizio di attività professionali regolamentate dal sistema ordinistico). Trova
invece piena applicazione l’art. 5 della L. n. 247/12 che ha espressamente sottratto
la disciplina delle società tra avvocati alla potestà regolamentare del Governo,
ponendo una delega legislativa al fine di disciplinare, con fonte primaria, le suddette
società. Infondato deve dunque ritenersi l’assunto dei ricorrenti secondo cui il
predetto art. 5 non troverebbe applicazione essendo scaduto il termine per
l’esercizio della delega da parte del Governo posto che detto mancato esercizio non
priva l’art. 5 di ogni efficacia normativa. Deve infatti riconoscersi alla disposizione
delegante, pur in assenza del successivo decreto delegato, “una efficacia normativa
propria anche sul piano materiale e anche con riferimento alla vis abrogans della
disposizione delegante nei confronti di disposizioni previgenti con essa incompatibili”
(vedasi la richiamata circolare n. 18/2013). Per cui resta salva la volontà del
legislatore di assoggettare la società tra avvocati ad una disciplina speciale rispetto
a quella generale delle società tra professionisti prevista dall’art. 10 della L. n.
183/2012 e dal d.m. n. 34/2013. In tal senso si è orientata anche la giurisprudenza
costituzionale a partire dalla pronuncia n. 224/90 secondo cui la legge delega
costituisce il risultato di un procedimento di legiferazione ordinaria a sè stante e in
sé compiuto per cui non è legata ai decreti legislativi da un vincolo strutturale che
possa indurre a collocarla, rispetto a questi ultimi, entro una medesima e unitaria
fattispecie procedimentale. In buona sostanza l’art. 5 della L. n. 247/12 deve
considerarsi un vero e proprio atto normativo volto a porre, con efficacia erga
omnes, norme costitutive dell’ordinamento giuridico.
In ragione di ciò si ritiene che la disciplina riguardante le STP deve essere
individuata nel più volte richiamato art. 5 e la circostanza che la delega non sia stata
esercitata dal Governo nel termine previsto non autorizza il giudicante a forzare il
5
quadro normativo ritenendo applicabile la normativa generale di cui alla L. n.
183/2011.
In conclusione, alla professione forense devono ritenersi applicabile in materia di
società di avvocati unicamente le norme di cui al d.lgs n. 96/2001 e di cui alla L. n.
247/12, non potendo invece trovare fonte di regolamentazione quanto previsto
dall’art. 10 della L. n. 183/2011.
Tale tesi appare avvallata anche dal legislatore che nel disegno di legge AC 3012
(legge annuale per la concorrenza 2015) ha previsto l’abrogazione espressa dell’art.
5 della L. n. 247/2012 e la disciplina dell’esercizio in forma societaria della
professione forense al fine di consentire l’ingresso dei soci non professionisti, pur se
in misura limitata, così come previsto per le altre professioni regolamentate dell’art.
10 della L. n. 183/2011. Orbene, l’inserimento nel provvedimento di una espressa
previsione di abrogazione della norma in questione, (art. 5 della L. n. 247/2012)
costituisce elemento rilevante a favore della sua attuale vigenza, nonostante la
scadenza della delega, e della necessità di tenere conto dei principi e criteri direttivi
previsti, tra i quali l’esclusione del socio non professionista.
Ugualmente infondato deve considerarsi il secondo motivo posto a sostegno del
ricorso e inerente il perfezionamento del silenzio assenso di cui all’art. 45 del d. lgs
n. 59/2010. Trova infatti applicazione nella fattispecie in esame il comma 7 dell’art.
17 della L. n. 247/2012 che prevede la possibilità per l’interessato di ricorrere al CNF
avverso il silenzio serbato dal COA sulla domanda di iscrizione all’albo, facoltà da
esercitarsi nel termine di 10 giorni decorrenti dalla scadenza del termine di 30 giorni
dalla presentazione della domanda. Per cui non può trovare applicazione la
disciplina di cui al d.lgs n. 59/2010 invocata dagli Avvocati C. essendo detta
disciplina espressamente superata dalla richiamata disposizione di cui alla L. n.
247/2012.
Da ultimo non può accogliersi neppure il terzo motivo di censura avanzato dai
ricorrenti relativo al vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il COA di Perugia
nella decisione di rigetto perché il parere richiesto dal COA di Perugia all’Avv. F. non
poteva certo considerarsi vincolante e in ogni caso, il Consiglio, secondo il principio
del libero convincimento gode di ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza
e la conferenza delle prove acquisite (CNF 24/11/2014, n. 162). Il COA nell’esercizio
del proprio potere discrezionale ha aderito alla circolare del CNF n. 18/2013 che
aveva ritenuto, come detto, applicabile alle società di avvocati la previsione di cui
6
all’art. 5 della L. n. 247/2012. Applicazione che questo Consiglio reputa corretta e
condivide.
P.Q.M.
visti gli artt. 50 e 54 del RDL 27/11/1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del RD
22/1/1934, n. 37;
rigetta il ricorso.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per
finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di
comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati
identificativi degli interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 aprile 2016.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv. Giuseppe Picchioni
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 24 novembre 2016
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Avv. Rosa Capria
Copia conforme all’originale
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
Avv. Rosa Capria
RISOLUZIONE N. 35/E
Direzione Centrale Coordinamento Normativo
Roma, 7 maggio 2018
OGGETTO: Natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati STA - Art. 4-bis
Legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Con istanza d’interpello, formulata ai sensi dell’articolo 11 della legge 27
luglio 2000, n. 212, è stato posto il seguente:
Quesito
L’istante con il presente interpello pone un quesito in merito alla natura del
reddito prodotto dalle società tra avvocati costituite ai sensi della legge 31 dicembre
2012, n. 247, in quanto, alla luce di una risoluzione dell’Agenzia riguardante le
società tra avvocati e di una successiva risposta fornita ad una consulenza giuridica
concernente le società tra professionisti, sorgono dubbi interpretativi.
Più precisamente la società osserva che, mentre con risoluzione 26 maggio
2003, n. 118/E, l’Agenzia in relazione alle società costituite ai sensi dell’articolo 16
del D.L.gs 2 febbraio 2001, n. 96, per l’esercizio in forma associata della
professione di avvocato, ha asserito che producono reddito di lavoro autonomo, in
quanto, come precisato nella relazione governativa il richiamo alla normativa sulle
Snc non va inteso nel senso che le società tra avvocati siano annoverabili fra le
società commerciali. Con riferimento, invece, alle società tra professionisti,
disciplinate dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 e dal successivo
decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34, la stessa Agenzia rispondendo ad una
2
consulenza giuridica, ha sostenuto che il reddito prodotto da tali società che possono
essere costituite ricorrendo ai tipi societari delle società di persone di capitali o
cooperative, deve considerarsi reddito di impresa. Tutto ciò nel presupposto che non
assume rilevanza l’esercizio dell’attività professionale, bensì la veste societaria sotto
la quale operano.
In relazione a quanto precede, ritenendo l’istante che vi sia un’obiettiva
incertezza interpretativa, chiede chiarimenti in merito alla natura del reddito
prodotto dalle società tra avvocati nella forma di società per azioni.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante ritiene che una società per azioni costituita per l’esercizio
dell’attività di avvocato ai sensi della legge 31 dicembre 2012, n. 247, come
modificata dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, debba adottare il regime fiscale
previsto per le società di capitali. Conseguentemente, è dell’avviso che debba
assoggettare il proprio reddito ad IRES e il valore della produzione ad IRAP.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’art. 4-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dall’art. 1, c. 141
della legge 4 agosto 2017, n. 124, disciplina l’esercizio della professione forense in
forma societaria.
In particolare la norma precisa che, la professione forense è consentita in
forma societaria a società di persone, di capitali o cooperative iscritte in apposita
sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha
sede la stessa società, nel rispetto delle seguenti condizioni: a) i soci, per almeno due
terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo,
ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; b)
la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci
3
avvocati; c) i componenti dell’organo di gestione non possono essere estranei alla
compagine sociale, i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.
Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta
fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L’incarico può
essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo
svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente. La
responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del
professionista che ha eseguito la specifica prestazione. La sospensione,
cancellazione o radiazione del socio dall’albo nel quale è iscritto costituisce causa di
esclusione dalla società.
Sul piano civilistico le società tra avvocati sono costituite secondo i modelli
regolati dai titoli V e VI del codice civile. Pertanto, non costituiscono un genere
autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal
codice civile e, come tali, sono soggette integralmente alla disciplina legale del
modello societario prescelto.
Conseguentemente si ritiene che, in assenza di una esplicita norma,
l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria costituisce attività
d’impresa, in quanto, risulta determinante il fatto di operare in una veste giuridica
societaria piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale.
Detta interpretazione è confermata anche dalla Direzione legislazione
tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle Finanze che, a seguito di una
richiesta di parere formulata dalla scrivente, ha fornito risposta con nota del 19
dicembre 2017 n. 43619 in cui ha evidenziato che per tali società, in mancanza di
deroghe espresse nella disposizione “sembra difficile valorizzare l’elemento
oggettivo della professione forense esercitata a discapito dell’elemento soggettivo
dello schermo societario”.
La società tra avvocati di cui al citato art. 4-bis si discosta, infatti, dalla
precedente società tra avvocati disciplinata dal decreto legislativo 2 febbraio 2001,
n. 96, in quanto, tale ultimo decreto individuava un nuovo modello societario
4
assoggettato ad una autonoma disciplina i cui aspetti di maggior rilievo
riguardavano l’oggetto dell’attività, gli obblighi di registrazione, il regime di
responsabilità ed i rapporti con i clienti, e dove, come precisato con la risoluzione
28 maggio 2003, n. 118/E, il rinvio alle disposizioni che regolano le società in nome
collettivo, operava ai soli fini civilistici, in quanto consentiva di determinare le
regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni
di coerenza del sistema impositivo, occorreva dare risalto al reale contenuto
professionale dell’attività svolta.
In relazione a quanto precede si ritiene, quindi, che anche sul piano fiscale
alle società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone, di capitali o
cooperative, si applichino le previsioni di cui agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del
TUIR, per effetto delle quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e
in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e
b) del comma 1 dell’art. 73, comma 1, lettere a) e b), da qualsiasi fonte provenga è
considerato reddito d’impresa.
Si condivide, pertanto, la soluzione prospettata dall’istante nel senso che una
società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato debba adottare il
regime fiscale previsto per le società di capitali e, dunque, deve assoggettare ad
IRES il reddito prodotto e ad IRAP il valore della produzione.
******
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite
con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni
provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE CENTRALE
(firmato digitalmente)
Esercizio della professione forense in forma associata: le modifiche introdotte dalla legge per la concorrenza 2017 (art. 1, comma 141, legge 4 agosto 2017, n. 124)
Scheda US n. 66/2017*
21 settembre 2017
Premessa: il quadro normativo previgente Tra i vincoli all’esercizio dell’attività professionale vi è stato per lungo tempo anche
quello relativo all’esercizio in forma societaria della professione, in ragione del divieto posto dall’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815. Il provvedimento contemplava la possibilità di costituire associazioni professionali, anche tra esercenti professioni diverse, con la sola precisazione che i soggetti partecipi della associazione utilizzassero nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con i terzi, esclusivamente la dizione di “studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario”, seguita dal nome e dal cognome, coi titoli professionali , dei singoli associati (art. 1).
Tale vincolo è stato successivamente abrogato, ad opera del decreto cd. Bersani (cf. art. 24, legge 7 agosto 1997, n. 266), che ha previsto la possibilità per i professionisti di esercitare attività professionale in forma associativa nelle forme di società di persone o associazioni tra professionisti. La norma, in realtà, non ha innovato rispetto a quanto già previsto per gli avvocati: da un lato la possibilità di associazioni professionali, anche multidisciplinari, era già prevista dalla legge del 1939; dall’altro, il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, attuativo della direttiva 98/5/CE, aveva già introdotto la figura della società tra professionisti (STP) avvocati, disciplinata secondo il modello della società di persone.
La riforma forense La legge 31 dicembre 2012, n. 247 recante Nuova disciplina dell’ordinamento della
professione forense contempla all’art. 4 distinte modalità di esercizio della professione forense. Al comma 1 prevede che la professione «può essere esercitata individualmente o con la partecipazione ad associazioni tra avvocati». Precisa poi che l’associazione può avere anche carattere multidisciplinare (art. 4, comma 2), costituita con gli altri professionisti indicati da un decreto ministeriale attuativo (il DM 4 febbraio 2016, n. 23). L’art. 5 introduce infine l’esercizio professionale in forma societaria (art. 5), affidando ad un decreto legislativo (mai adottato) la disciplina di dettaglio. La disciplina delle associazioni, in particolare, consentiva al professionista di associarsi ad una sola associazione (art. 4, comma 4) e prevedeva la fissazione del suo domicilio professionale ex lege nella sede della associazione (art. 4, comma 3, quarto periodo).
Il carattere ambiguo della disposizione di cui al primo comma, in ragione della congiunzione disgiuntiva “o”, poteva far sorgere dubbi sulla possibilità per l’avvocato di poter esercitare l’attività anche individualmente, qualora socio di un’associazione, considerato che da un lato la legge era orientata esclusivamente a non pregiudicare la sua autonomia ed indipendenza, e dall’altro non gli consentiva neppure di poter fissare il proprio domicilio professionale in luogo diverso dalla sede dell’associazione di appartenenza.
Le modifiche introdotte dalla legge sulla concorrenza per il 2017 La legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per il mercato e la concorrenza per
il 2017) ha innovato fortemente la disciplina dell’esercizio in forma collettiva della professione forense: oltre all’abrogazione della delega di cui all’art. 5 relativa alle società
* La presente scheda è stata predisposta da Riccardo M. Cremonini, con la supervisione di Giuseppe Colavitti
tra professionisti ed all’introduzione di una nuova disciplina delle società tra avvocati ha disposto l’abrogazione di talune disposizioni che concernono le associazioni professionali.
Associazioni Le modifiche introdotte sembrano fugare gli eventuali dubbi cui si è appena
accennato. In particolare è venuto meno il divieto posto dal comma 4, che poneva il limite della partecipazione ad una sola associazione professionale. Sembrerebbe venir meno pertanto il dubbio già citato, con la conseguenza che l’esercizio della professione in forma associata non può considerarsi esclusivo rispetto a quello in forma individuale. Sarebbe irragionevole, infatti, considerare l’avvocato libero di partecipare a più associazioni professionali e, al tempo stesso, non consentirgli di esercitare in forma individuale. A riprova di tale assunto basti pensare che il legislatore ha eliminato la disposizione dettata dal quarto periodo del comma 3, che fissava ex lege il domicilio del professionista associato presso la sede dell’associazione; attualmente anche l’avvocato associato dovrà seguire le prescrizioni generali di cui all’art. 7, fissando il proprio domicilio nel luogo in cui svolge la professione in modo prevalente, luogo che potrebbe risultare diverso da quello in cui ha sede l’associazione cui partecipa.
Società tra avvocati La legge per la concorrenza introduce altresì una disciplina della società tra
avvocati, rimasta sino ad ora priva di attuazione, consentendo la presenza negli studi legali, sia pur minoritaria fino ad un terzo del capitale), di soci di capitale non professionali. Tale disposizione pone seriamente a rischio l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato nell’esercizio della professione. Di seguito un breve riepilogo delle criticità rilevate:
− l’ingresso del socio di capitale, interessato all’accrescimento del capitale investito e alla ripartizione degli utili, rischia di condizionare la libertà professionale dell’avvocato nell’assunzione del mandato professionale: potrebbero essere i soci finanziatori a decidere se e come assistere un cliente, ed il tempo dedicato alla difesa potrebbe dipendere esclusivamente dalla redditività dell’incarico;
− l’organo di gestione deve essere composto in maggioranza da soci avvocati, ma ciò non assicura che il componente con i più ampi poteri gestori sia un professionista;
− rilevanti le differenze in ordine al regime di responsabilità: l’avvocato che effettua la prestazione sarà soggetto a responsabilità professionale senza limiti; il socio di puro capitale, al contrario, godrà di limitazioni patrimoniali in caso di risarcimento di eventuali danni;
− manca del tutto l’inquadramento fiscale dei redditi della società tra avvocati, deterrente significativo per il decollo dell’istituto, aspetto che la disciplina abrogata contemplava quale reddito da lavoro autonomo ai fini fiscali;
− parimenti assente il delicato profilo del trattamento previdenziale;
− manca la regolazione della crisi della società tra avvocati, che la disciplina abrogata attraeva alla disciplina della crisi da sovraindebitamento;
− non sono disciplinate le società cd. multidisciplinari, con i conseguenti problemi relativi al riparto di competenze tra i vari ordini professionali;
− manca la disciplina della ragione sociale e della sua sorte in caso di cessazione della qualità di socio;
− manca la disciplina degli obblighi di informazione della società nei confronti del cliente;
− manca una puntuale disciplina sul conflitto di interessi e che limiti l’influenza della società rispetto al voto dei soci professionisti nelle elezioni dei Consigli degli Ordini e del Consiglio Nazionale.
Cosa cambia per l’avvocato? L’avvocato può oggi esercitare la professione sia in forma individuale che in forma
collettiva, e precisamente:
− partecipare ad associazioni professionali, anche multidisciplinari (senza il limite della partecipazione ad una sola associazione), fissando il proprio domicilio anche in luogo diverso dalla sede dell’associazione professione, nel luogo in cui esercita la professione in modo prevalente;
− partecipare a società tra avvocati, secondo le disposizioni di cui al nuovo art. 4-bis della legge 247/2012.
Cosa cambia per gli Ordini? Risulta più articolato il controllo sull’elenco di cui all’art. 15, comma 1, lett. l) (elenco
delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati) per gli Ordini, poiché agli avvocati è ora consentito partecipare a più associazioni/società.
Può ragionevolmente prevedersi che taluni professionisti entrino a far parte di associazioni o società aventi sede al di fuori del proprio circondario di iscrizione. In tale evenienza, potrebbe ritenersi applicabile la disposizione di cui all’art. 7, comma 3 della legge 247/2012, che richiede al professionista di comunicare l’apertura di uffici al di fuori del circondario all’ordine di appartenenza ed al luogo ove si trova l’ufficio.
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
SOCIETÀ TRA AVVOCATI - LE CRITICITÀ DELLA LEGGE SULLA CONCORRENZA -
L. N. 124 DEL 04.08.2017, PUBBLICATA NELLA GAZZ. UFF. 14 AGOSTO 2017, N. 189.
Roma, 16 ottobre 2017
Scheda Ufficio studi n. 67/2017
SOMMARIO
1. Premessa .................................................................................................................................................. 1
2. La disciplina delle società tra avvocati ................................................................................................. 1
3. Gli emendamenti richiesti da CNF e OCF .............................................................................................. 3
4. Il testo definitivo – comma 141, art. 1, L. 124/2017 .............................................................................. 4
5. Raffronto tra previgente disciplina (L. 247/2012) e quella attuale per come modificata dal comma
141, art. 1, della L. 124/2017. ........................................................................................................................... 5
1. Premessa
Il testo del ddl concorrenza, approvato poi con la L. 4-8-2017 n. 124, ha destato, già nella fase dei lavori parlamentari, forti preoccupazioni da parte del CNF e dell’Organismo Congressuale Forense in ordine alla disciplina delle società di avvocati. Infatti si segnalava il rischio che la presenza pur minoritaria, negli studi legali, di soci di capitale non professionali possa pregiudicare seriamente l’autonomia e l’indipendenza nell’esercizio della professione forense. In questo senso, come è stato osservato dal Decano generale degli Ordini forensi olandesi – e riportato adesivamente dalla Corte di Giustizia dell’UE nella nota sentenza Wouters (1 Corte di giustizia UE, sent. 19 febbraio 2002, in c. C-399/99, relativa al divieto di costituire società tra avvocati e società di capitali esercenti attività di revisione contabile) – autorizzare la costituzione di società tra avvocati e società di capitali assomiglierebbe «più al matrimonio di un topo e di un elefante che ad un'unione tra soci di dimensioni equivalenti» (cfr. par. 78). Più in generale è difficile non cogliere tutti i pregiudizi che possono derivare per l’utente da società di avvocati partecipate, seppur nel limite di un terzo, da soci non professionali, con la mortificazione delle aspettative che legittimamente i cittadini conservano nei confronti degli avvocati in quanto custodi di fondamentali garanzie di tutela di tutti i diritti, e non certo degli interessi dei cosiddetti poteri forti.
2. La disciplina delle società tra avvocati
La disciplina delle società tra avvocati è contenuta nel comma 141 dell’articolo unico di cui consta il provvedimento; nella versione finale, rispetto al testo iniziale Camera, sono state precisate le disposizioni in materia di governance della società, prevedendo in particolare:
- che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta di avvocati;
2
- che i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori (la norma serve ad evitare la preclusione generale che impedisce ad un avvocato di assumere poteri gestori).
Le criticità della normativa si riassumono sinteticamente per come segue.
1. L’ingresso di soci di capitale (come tali interessati per definizione soltanto all’accrescimento del capitale investito e alla ripartizione degli utili) pone la società tra avvocati in una prospettiva nella quale gli interessi da difendere e il tempo dedicato alla difesa dipendono esclusivamente dalla redditività che cause e consulenze possono recare. I diritti, però, non s’identificano con merci o servizi, come è testimoniato dall’istituto del patrocinio gratuito, o dall’ attività c.d. “pro bono”. Il rischio è cioè quello che il capitale condizioni la libertà professionale nell’assunzione del mandato professionale. È appena il caso di ricordare come l’indipendenza dell’avvocato, al pari dell’indipendenza del giudice, è il presupposto dell’evoluzione dell’ordinamento verso soglie di protezione più avanzata dei diritti e delle libertà fondamentali, ed è valore necessario alla società democratica (Corte di giustizia, sez. VIII, 6 settembre 2012, in cause riunite C-422/11 P e C-423/11 P);
2. In tema di governance, il testo è migliorato, ma pur sancendo ora che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere di avvocati, non assicura affatto che lo sia l’amministratore delegato, o comunque il componente con i più ampi poteri gestori; deve essere pertanto precisato che tutti i componenti dell’organo di gestione siano avvocati, per evitare il rischio di una subordinazione degli avvocati al capitale.
3. appare del tutto abnorme il regime della responsabilità professionale. Il socio di puro capitale godrà delle limitazioni patrimoniali in caso di risarcimento di eventuali danni, mentre l’avvocato che effettuerà la prestazione sarà soggetto a responsabilità piena, senza limiti. L’ingresso di meri finanziatori nella compagine e negli organi sociali menoma l’autonomia decisionale dei professionisti i quali soli possono rendere le specifiche prestazioni professionali e delle quali assumono la responsabilità di fronte al cliente: nei fatti, i finanziatori decideranno se e come assistere un cliente e – profilo su cui giova porre attenzione – gli effetti di una decisione sconsiderata ricadranno sugli avvocati, dal momento che non i primi, bensì i secondi, sono tenuti a rendere la prestazione professionale, assumendone la responsabilità professionale piena (rispetto alla quale, quanto all’ammontare di un eventuale risarcimento, non può essere invocata la limitazione patrimoniale della quale, invece, godono le società di capitali e i loro meri finanziatori);
4. manca del tutto il fondamentale aspetto dell’inquadramento fiscale dei redditi della società tra avvocati, lacuna propria anche della disciplina delle altre Stp (art. 10, l. 183/2011). Mentre l’attuale disciplina delle società tra avvocati (art. 5, l. 247/2012) prevede invece espressamente che il reddito prodotto dalle società tra avvocati debba essere considerato reddito da lavoro autonomo ai fini fiscali. E’ utile considerare che, stando all’opinione diffusa degli studiosi, l’incertezza sul regime fiscale ha rappresentato e rappresenta il deterrente più significativo al decollo delle società tra professionisti, istituto infatti mai decollato;
5. manca del tutto il delicato profilo del trattamento previdenziale e dei rapporti con la casse professionali, la cui elaborazione è tecnicamente complessa e richiede una attenta ponderazione degli effetti sugli equilibri patrimoniali delle casse e sui diritti previdenziali degli iscritti;
6. manca la regolazione della crisi della società tra avvocati: la legge n.247 del 2012 esplicitamente attrae le società tra avvocati alla disciplina del sovraindebitamento;
3
7. manca del tutto una compiuta disciplina delle società c.d. multidisciplinari che pongono complesse questioni tecniche, fra l’altro con riferimento al riparto di competenze tra i vari ordini professionali e alla soggezione dei relativi ordinamenti ;
8. manca la disciplina della ragione sociale e della sorte di essa in caso di cessazione dalla qualità di socio (per decesso o altre cause);
9. manca la disciplina degli obblighi di informazione della società nei confronti del cliente, che dovrebbe invece consentire al cliente la possibilità di scegliere lui, nell’ambito delle professionalità presenti, a quale avvocato affidarsi;
10. manca la disciplina che eviti conflitti di interessi e limiti la società tra avvocati nella possibilità di influenzare il voto dei professionisti afferenti, nelle elezioni dei Consigli dell’ordine e del Consiglio nazionale.
3. Gli emendamenti richiesti da CNF e OCF
All’articolo unico, comma 142, lett b), sub Art. 4 bis, comma 2, lett. b, sostituire la parola “maggioranza” con “totalità” Motivazione Seppur preveda che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere di avvocati, la disposizione in esame non assicura affatto che lo sia l’amministratore delegato, o comunque il componente con i più ampi poteri gestori; deve essere pertanto precisato che tutti i componenti dell’organo di gestione siano avvocati, per evitare il rischio di una subordinazione degli avvocati al capitale.
All’articolo unico, comma 142, lett b), sub Art. 4 bis, dopo il comma 6, inserire i seguenti: “7. Ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta un regolamento, sentito il Consiglio nazionale forense ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. q) della legge 31 dicembre 2012, n. 247, allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi. 8. Il regolamento di cui al comma precedente prevede la redazione di un modello statutario su proposta del Consiglio Nazionale Forense. Il modello di statuto è approvato dal Ministro della giustizia ed è pubblicato nella Gazzetta ufficiale, oltre che nel sito istituzionale del Consiglio nazionale forense". Motivazione Si propone di inserire l’autorizzazione ai Ministri competenti ad adottare un regolamento di attuazione che consenta di specificare più compiutamente la disciplina di un istituto complesso come le società tra avvocati. In particolare, è indispensabile, al fine di promuovere effettivamente l’utilizzo dello strumento societario, chiarire il quadro giuridico di riferimento in materia di ragione sociale, regime della responsabilità disciplinare della
4
società, governance societaria, inquadramento fiscale, inquadramento ai fini previdenziali, iscrizione e cancellazione negli albi, obblighi di informazione, etc. Allo stesso scopo promozionale è opportuno fornire agli operatori un modello di statuto societario, opportunamente approvato dal Ministro vigilante.
4. Il testo definitivo – comma 141, art. 1, L. 124/2017
141. Al fine di garantire una maggiore concorrenzialità nell'ambito della professione forense, alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4: 1) al comma 3, il quarto periodo è soppresso; 2) il comma 4 è abrogato; 3) al comma 6, le parole: «ai commi 4 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «al
comma 5»; b) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:
«Art. 4-bis. (Esercizio della professione forense in forma societaria). - 1. L'esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società; presso tale sezione speciale è resa disponibile la documentazione analitica, per l'anno di riferimento, relativa alla compagine sociale. E' vietata la partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona. La violazione di tale previsione comporta di diritto l'esclusione del socio. 2. Nelle società di cui al comma 1: a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi; b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati; c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori. 3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti. 4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione. 5. La sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società di cui al comma 1. 6. Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al rispetto del codice deontologico forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza»;
c) l'articolo 5 è abrogato;
5
d) all'articolo 13, comma 5, le parole: «a richiesta» sono soppresse.
5. Raffronto tra previgente disciplina (L. 247/2012) e quella attuale per come
modificata dal comma 141, art. 1, della L. 124/2017.
Testo previgente Testo risultante dalle modifiche apportate
dall’art. 1, comma 141, della legge 4 agosto
2017, n. 124
ARTICOLO N.4
Associazioni tra avvocati e multidisciplinari
ARTICOLO N.4
Associazioni tra avvocati e multidisciplinari
1. La professione forense puo' essere
esercitata individualmente o con la
partecipazione ad associazioni tra avvocati.
L'incarico professionale e' tuttavia sempre
conferito all'avvocato in via personale. La
partecipazione ad un'associazione tra avvocati
non puo' pregiudicare l'autonomia, la liberta' e
l'indipendenza intellettuale o di giudizio
dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che
gli e' conferito. E' nullo ogni patto contrario.
2. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni
anche a carattere multidisciplinare, possono
partecipare alle associazioni di cui al comma 1,
oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi
professionisti appartenenti alle categorie
individuate con regolamento del Ministro della
giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e
seguenti. La professione forense puo' essere
altresi' esercitata da un avvocato che partecipa
ad associazioni costituite fra altri liberi
professionisti.
3. Possono essere soci delle associazioni tra
avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo
albo. Le associazioni tra avvocati sono iscritte
in un elenco tenuto presso il consiglio
dell'ordine nel cui circondario hanno sede, ai
sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera l). La
sede dell'associazione e' fissata nel circondario
ove si trova il centro principale degli affari. Gli
associati hanno domicilio professionale nella
1. La professione forense puo' essere
esercitata individualmente o con la
partecipazione ad associazioni tra avvocati.
L'incarico professionale e' tuttavia sempre
conferito all'avvocato in via personale. La
partecipazione ad un'associazione tra avvocati
non puo' pregiudicare l'autonomia, la liberta' e
l'indipendenza intellettuale o di giudizio
dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che
gli e' conferito. E' nullo ogni patto contrario.
2. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni
anche a carattere multidisciplinare, possono
partecipare alle associazioni di cui al comma 1,
oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi
professionisti appartenenti alle categorie
individuate con regolamento del Ministro della
giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e
seguenti. La professione forense puo' essere
altresi' esercitata da un avvocato che partecipa
ad associazioni costituite fra altri liberi
professionisti.
3. Possono essere soci delle associazioni tra
avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo
albo. Le associazioni tra avvocati sono iscritte
in un elenco tenuto presso il consiglio
dell'ordine nel cui circondario hanno sede, ai
sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera l). La
sede dell'associazione e' fissata nel circondario
ove si trova il centro principale degli affari. Gli
associati hanno domicilio professionale
6
sede della associazione. L'attivita' professionale
svolta dagli associati da' luogo agli obblighi e ai
diritti previsti dalle disposizioni in materia
previdenziale.
4. L'avvocato puo' essere associato ad una sola
associazione.
5. Le associazioni tra professionisti possono
indicare l'esercizio di attivita' proprie della
professione forense fra quelle previste nel
proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi
comunicazione a terzi, solo se tra gli associati
vi e' almeno un avvocato iscritto all'albo.
6. La violazione di quanto previsto ai commi 4 e
5 costituisce illecito disciplinare.
7. I redditi delle associazioni tra avvocati sono
determinati secondo i criteri di cassa, come per
i professionisti che esercitano la professione in
modo individuale.
8. Gli avvocati e le associazioni di cui al
presente articolo possono stipulare fra loro
contratti di associazione in partecipazione ai
sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice
civile.
9. L'associato e' escluso se cancellato o
sospeso dall'albo per un periodo non inferiore
ad un anno con provvedimento disciplinare
definitivo. Puo' essere escluso per effetto di
quanto previsto dall'articolo 2286 del codice
civile.
10. Le associazioni che hanno ad oggetto
esclusivamente lo svolgimento di attivita'
professionale non sono assoggettate alle
procedure fallimentari e concorsuali.
nella sede della associazione. L'attivita'
professionale svolta dagli associati da' luogo
agli obblighi e ai diritti previsti dalle disposizioni
in materia previdenziale.
4. L'avvocato puo' essere associato ad una
sola associazione.
5. Le associazioni tra professionisti possono
indicare l'esercizio di attivita' proprie della
professione forense fra quelle previste nel
proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi
comunicazione a terzi, solo se tra gli associati
vi e' almeno un avvocato iscritto all'albo.
6. La violazione di quanto previsto ai commi 4 e
5 al comma 5 costituisce illecito disciplinare.
7. I redditi delle associazioni tra avvocati sono
determinati secondo i criteri di cassa, come per
i professionisti che esercitano la professione in
modo individuale.
8. Gli avvocati e le associazioni di cui al
presente articolo possono stipulare fra loro
contratti di associazione in partecipazione ai
sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice
civile.
9. L'associato e' escluso se cancellato o
sospeso dall'albo per un periodo non inferiore
ad un anno con provvedimento disciplinare
definitivo. Puo' essere escluso per effetto di
quanto previsto dall'articolo 2286 del codice
civile.
10. Le associazioni che hanno ad oggetto
esclusivamente lo svolgimento di attivita'
professionale non sono assoggettate alle
procedure fallimentari e concorsuali.
*Articolo modificato dall’art.1, comma 141,
lett. a della legge n. 124/17
ARTICOLO N.4 bis
Esercizio della professione forense in forma
7
societaria
1. L'esercizio della professione forense in
forma societaria e' consentito a societa' di
persone, a societa' di capitali o a societa'
cooperative iscritte in un'apposita sezione
speciale dell'albo tenuto dall'ordine
territoriale nella cui circoscrizione ha sede
la stessa societa'; presso tale sezione
speciale e' resa disponibile la
documentazione analitica, per l'anno di
riferimento, relativa alla compagine sociale.
E' vietata la partecipazione societaria
tramite societa' fiduciarie, trust o per
interposta persona. La violazione di tale
previsione comporta di diritto l'esclusione
del socio.
2. Nelle societa' di cui al comma 1:
a) i soci, per almeno due terzi del capitale
sociale e dei diritti di voto, devono essere
avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati
iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi
di altre professioni; il venire meno di tale
condizione costituisce causa di
scioglimento della societa' e il consiglio
dell'ordine presso il quale e' iscritta la
societa' procede alla cancellazione della
stessa dall'albo, salvo che la societa' non
abbia provveduto a ristabilire la prevalenza
dei soci professionisti nel termine
perentorio di sei mesi;
b) la maggioranza dei membri dell'organo di
gestione deve essere composta da soci
avvocati;
c) i componenti dell'organo di gestione non
possono essere estranei alla compagine
sociale; i soci professionisti possono
rivestire la carica di amministratori.
3. Anche nel caso di esercizio della
professione forense in forma societaria
resta fermo il principio della personalita'
della prestazione professionale. L'incarico
puo' essere svolto soltanto da soci
professionisti in possesso dei requisiti
necessari per lo svolgimento della specifica
8
prestazione professionale richiesta dal
cliente, i quali assicurano per tutta la durata
dell'incarico la piena indipendenza e
imparzialita', dichiarando possibili conflitti
di interesse o incompatibilita', iniziali o
sopravvenuti.
4. La responsabilita' della societa' e quella
dei soci non esclude la responsabilita' del
professionista che ha eseguito la specifica
prestazione.
5. La sospensione, cancellazione o
radiazione del socio dall'albo nel quale e'
iscritto costituisce causa di esclusione dalla
societa' di cui al comma 1.
6. Le societa' di cui al comma 1 sono in ogni
caso tenute al rispetto del codice
deontologico forense e sono soggette alla
competenza disciplinare dell'ordine di
appartenenza.
*Articolo introdotto dall’art. 1, comma 141,
lett. b) della legge n. 124/17
ARTICOLO N.5
Delega al Governo per la disciplina
dell'esercizio della professione forense in forma
societaria
ARTICOLO N.5
Delega al Governo per la disciplina
dell'esercizio della professione forense in forma
societaria
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un decreto legislativo per
disciplinare, tenuto conto di quanto previsto
dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011,
n. 183, e in considerazione della rilevanza
costituzionale del diritto di difesa, le societa' tra
avvocati. Il decreto legislativo e' adottato su
proposta del Ministro della giustizia, sentito il
CNF, e successivamente trasmesso alle
Camere perche' sia espresso il parere da parte
delle Commissioni competenti per materia e per
le conseguenze di carattere finanziario. Il
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un decreto legislativo per
disciplinare, tenuto conto di quanto previsto
dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011,
n. 183, e in considerazione della rilevanza
costituzionale del diritto di difesa, le societa' tra
avvocati. Il decreto legislativo e' adottato su
proposta del Ministro della giustizia, sentito il
CNF, e successivamente trasmesso alle
Camere perche' sia espresso il parere da parte
delle Commissioni competenti per materia e per
le conseguenze di carattere finanziario. Il
9
parere e' reso entro il termine di trenta giorni
dalla data di trasmissione, decorso il quale il
decreto e' emanato anche in mancanza del
parere.
Qualora detto termine venga a scadere nei
trenta giorni antecedenti allo spirare del termine
previsto per l'emanazione del decreto
legislativo, o successivamente, la scadenza di
quest'ultimo e' prorogata di trenta giorni. Entro
un anno dalla data di entrata in vigore del
decreto legislativo, il Governo puo' emanare
disposizioni correttive e integrative, con lo
stesso procedimento e in base ai medesimi
principi e criteri direttivi previsti per
l'emanazione dell'originario decreto.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1
il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che l'esercizio della professione
forense in forma societaria sia consentito
esclusivamente a societa' di persone, societa'
di capitali o societa' cooperative, i cui soci siano
avvocati iscritti all'albo;
b) prevedere che ciascun avvocato possa far
parte di una sola societa' di cui alla lettera a);
c) prevedere che la denominazione o ragione
sociale contenga l'indicazione: «societa' tra
avvocati»;
d) disciplinare l'organo di gestione della societa'
tra avvocati prevedendo che i suoi componenti
non possano essere estranei alla compagine
sociale;
e) stabilire che l'incarico professionale,
conferito alla societa' ed eseguito secondo il
principio della personalita' della prestazione
professionale, possa essere svolto soltanto da
soci professionisti in possesso dei requisiti
necessari per lo svolgimento della specifica
prestazione professionale richiesta dal cliente;
f) prevedere che la responsabilita' della societa'
e quella dei soci non escludano la
responsabilita' del professionista che ha
parere e' reso entro il termine di trenta giorni
dalla data di trasmissione, decorso il quale il
decreto e' emanato anche in mancanza del
parere.
Qualora detto termine venga a scadere nei
trenta giorni antecedenti allo spirare del termine
previsto per l'emanazione del decreto
legislativo, o successivamente, la scadenza di
quest'ultimo e' prorogata di trenta giorni. Entro
un anno dalla data di entrata in vigore del
decreto legislativo, il Governo puo' emanare
disposizioni correttive e integrative, con lo
stesso procedimento e in base ai medesimi
principi e criteri direttivi previsti per
l'emanazione dell'originario decreto.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1
il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che l'esercizio della professione
forense in forma societaria sia consentito
esclusivamente a societa' di persone, societa'
di capitali o societa' cooperative, i cui soci siano
avvocati iscritti all'albo;
b) prevedere che ciascun avvocato possa far
parte di una sola societa' di cui alla lettera a);
c) prevedere che la denominazione o ragione
sociale contenga l'indicazione: «societa' tra
avvocati»;
d) disciplinare l'organo di gestione della societa'
tra avvocati prevedendo che i suoi componenti
non possano essere estranei alla compagine
sociale;
e) stabilire che l'incarico professionale,
conferito alla societa' ed eseguito secondo il
principio della personalita' della prestazione
professionale, possa essere svolto soltanto da
soci professionisti in possesso dei requisiti
necessari per lo svolgimento della specifica
prestazione professionale richiesta dal cliente;
f) prevedere che la responsabilita' della societa'
e quella dei soci non escludano la
responsabilita' del professionista che ha
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eseguito la prestazione;
g) prevedere che la societa' tra avvocati sia
iscritta in una apposita sezione speciale
dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui
circoscrizione ha sede la stessa societa';
h) regolare la responsabilita' disciplinare della
societa' tra avvocati, stabilendo che essa e'
tenuta al rispetto del codice deontologico
forense ed e' soggetta alla competenza
disciplinare dell'ordine di appartenenza;
i) stabilire che la sospensione, cancellazione o
radiazione del socio dall'albo nel quale e'
iscritto costituisce causa di esclusione dalla
societa';
l) qualificare i redditi prodotti dalla societa' tra
avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche
ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo
I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni;
m) stabilire che l'esercizio della professione
forense in forma societaria non costituisce
attivita' d'impresa e che, conseguentemente, la
societa' tra avvocati non e' soggetta al
fallimento e alle procedure concorsuali diverse
da quelle di composizione delle crisi da
sovraindebitamento;
n) prevedere che alla societa' tra avvocati si
applichino, in quanto compatibili, le disposizioni
sull'esercizio della professione di avvocato in
forma societaria di cui al decreto legislativo 2
febbraio 2001, n. 96.
3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
eseguito la prestazione;
g) prevedere che la societa' tra avvocati sia
iscritta in una apposita sezione speciale
dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui
circoscrizione ha sede la stessa societa';
h) regolare la responsabilita' disciplinare della
societa' tra avvocati, stabilendo che essa e'
tenuta al rispetto del codice deontologico
forense ed e' soggetta alla competenza
disciplinare dell'ordine di appartenenza;
i) stabilire che la sospensione, cancellazione o
radiazione del socio dall'albo nel quale e'
iscritto costituisce causa di esclusione dalla
societa';
l) qualificare i redditi prodotti dalla societa' tra
avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche
ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo
I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni;
m) stabilire che l'esercizio della professione
forense in forma societaria non costituisce
attivita' d'impresa e che, conseguentemente, la
societa' tra avvocati non e' soggetta al
fallimento e alle procedure concorsuali diverse
da quelle di composizione delle crisi da
sovraindebitamento;
n) prevedere che alla societa' tra avvocati si
applichino, in quanto compatibili, le disposizioni
sull'esercizio della professione di avvocato in
forma societaria di cui al decreto legislativo 2
febbraio 2001, n. 96.
3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
*Articolo abrogato dall’art. 1, comma 141,
lett. c) della legge n. 124/17
11
ARTICOLO N.13
Conferimento dell'incarico e compenso
ARTICOLO N.13
Conferimento dell'incarico e compenso
1. L'avvocato puo' esercitare l'incarico
professionale anche a proprio favore. L'incarico
puo' essere svolto a titolo gratuito.
2. Il compenso spettante al professionista e'
pattuito di regola per iscritto all'atto del
conferimento dell'incarico professionale.
3. La pattuizione dei compensi e' libera: e'
ammessa la pattuizione a tempo, in misura
forfetaria, per convenzione avente ad oggetto
uno o piu' affari, in base all'assolvimento e ai
tempi di erogazione della prestazione, per
singole fasi o prestazioni o per l'intera attivita', a
percentuale sul valore dell'affare o su quanto si
prevede possa giovarsene, non soltanto a
livello strettamente patrimoniale, il destinatario
della prestazione.
4. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato
percepisca come compenso in tutto o in parte
una quota del bene oggetto della prestazione o
della ragione litigiosa.
5. Il professionista e' tenuto, nel rispetto del
principio di trasparenza, a rendere noto al
cliente il livello della complessita' dell'incarico,
fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri
ipotizzabili dal momento del conferimento alla
conclusione dell'incarico; a richiesta e' altresi'
tenuto a comunicare in forma scritta a colui che
conferisce l'incarico professionale la prevedibile
misura del costo della prestazione,
distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie,
e compenso professionale.
6. I parametri indicati nel decreto emanato dal
Ministro della giustizia, su proposta del CNF,
ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3,
si applicano quando all'atto dell'incarico o
successivamente il compenso non sia stato
determinato in forma scritta, in ogni caso di
mancata determinazione consensuale, in caso
di liquidazione giudiziale dei compensi e nei
casi in cui la prestazione professionale e' resa
nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose
1. L'avvocato puo' esercitare l'incarico
professionale anche a proprio favore. L'incarico
puo' essere svolto a titolo gratuito.
2. Il compenso spettante al professionista e'
pattuito di regola per iscritto all'atto del
conferimento dell'incarico professionale.
3. La pattuizione dei compensi e' libera: e'
ammessa la pattuizione a tempo, in misura
forfetaria, per convenzione avente ad oggetto
uno o piu' affari, in base all'assolvimento e ai
tempi di erogazione della prestazione, per
singole fasi o prestazioni o per l'intera attivita', a
percentuale sul valore dell'affare o su quanto si
prevede possa giovarsene, non soltanto a
livello strettamente patrimoniale, il destinatario
della prestazione.
4. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato
percepisca come compenso in tutto o in parte
una quota del bene oggetto della prestazione o
della ragione litigiosa.
5. Il professionista e' tenuto, nel rispetto del
principio di trasparenza, a rendere noto al
cliente il livello della complessita' dell'incarico,
fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri
ipotizzabili dal momento del conferimento alla
conclusione dell'incarico; a richiesta e' altresi'
tenuto a comunicare in forma scritta a colui che
conferisce l'incarico professionale la prevedibile
misura del costo della prestazione,
distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie,
e compenso professionale.
6. I parametri indicati nel decreto emanato dal
Ministro della giustizia, su proposta del CNF,
ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3,
si applicano quando all'atto dell'incarico o
successivamente il compenso non sia stato
determinato in forma scritta, in ogni caso di
mancata determinazione consensuale, in caso
di liquidazione giudiziale dei compensi e nei
casi in cui la prestazione professionale e' resa
nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose
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previste dalla legge.
7. I parametri sono formulati in modo da
favorire la trasparenza nella determinazione dei
compensi dovuti per le prestazioni professionali
e l'unitarieta' e la semplicita' nella
determinazione dei compensi.
8. Quando una controversia oggetto di
procedimento giudiziale o arbitrale viene
definita mediante accordi presi in qualsiasi
forma, le parti sono solidalmente tenute al
pagamento dei compensi e dei rimborsi delle
spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno
prestato la loro attivita' professionale negli ultimi
tre anni e che risultino ancora creditori, salvo
espressa rinuncia al beneficio della solidarieta'.
9. In mancanza di accordo tra avvocato e
cliente, ciascuno di essi puo' rivolgersi al
consiglio dell'ordine affinche' esperisca un
tentativo di conciliazione. In mancanza di
accordo il consiglio, su richiesta dell'iscritto,
puo' rilasciare un parere sulla congruita' della
pretesa dell'avvocato in relazione all'opera
prestata.
10. Oltre al compenso per la prestazione
professionale, all'avvocato e' dovuta, sia dal
cliente in caso di determinazione contrattuale,
sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al
rimborso delle spese effettivamente sostenute e
di tutti gli oneri e contributi eventualmente
anticipati nell'interesse del cliente, una somma
per il rimborso delle spese forfetarie, la cui
misura massima e' determinata dal decreto di
cui al comma 6, unitamente ai criteri di
determinazione e documentazione delle spese
vive
previste dalla legge.
7. I parametri sono formulati in modo da
favorire la trasparenza nella determinazione dei
compensi dovuti per le prestazioni professionali
e l'unitarieta' e la semplicita' nella
determinazione dei compensi.
8. Quando una controversia oggetto di
procedimento giudiziale o arbitrale viene
definita mediante accordi presi in qualsiasi
forma, le parti sono solidalmente tenute al
pagamento dei compensi e dei rimborsi delle
spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno
prestato la loro attivita' professionale negli ultimi
tre anni e che risultino ancora creditori, salvo
espressa rinuncia al beneficio della solidarieta'.
9. In mancanza di accordo tra avvocato e
cliente, ciascuno di essi puo' rivolgersi al
consiglio dell'ordine affinche' esperisca un
tentativo di conciliazione. In mancanza di
accordo il consiglio, su richiesta dell'iscritto,
puo' rilasciare un parere sulla congruita' della
pretesa dell'avvocato in relazione all'opera
prestata.
10. Oltre al compenso per la prestazione
professionale, all'avvocato e' dovuta, sia dal
cliente in caso di determinazione contrattuale,
sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al
rimborso delle spese effettivamente sostenute e
di tutti gli oneri e contributi eventualmente
anticipati nell'interesse del cliente, una somma
per il rimborso delle spese forfetarie, la cui
misura massima e' determinata dal decreto di
cui al comma 6, unitamente ai criteri di
determinazione e documentazione delle spese
vive.
*Articolo modificato dall’art. 1, comma 141,
lett. d) della legge n. 124/17
L. 247/2012
Art. 5 : Delega al Governo per la disciplina dell'esercizio della
professione forense in forma societaria (10) AGROBATO
[1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per disciplinare, tenuto
conto di quanto previsto dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e in considerazione della rilevanza costituzionale del diritto di difesa, le società
tra avvocati. Il decreto legislativo è adottato su proposta del Ministro della
giustizia, sentito il CNF, e successivamente trasmesso alle Camere perché sia espresso il parere da parte delle Commissioni competenti per materia e per le
conseguenze di carattere finanziario. Il parere è reso entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto è emanato anche in
mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto per l'emanazione del decreto
legislativo, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di trenta giorni. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi principi e criteri direttivi previsti per
l'emanazione dell'originario decreto.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai
seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società
cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo; b) prevedere che ciascun avvocato possa far parte di una sola società di
cui alla lettera a); c) prevedere che la denominazione o ragione sociale contenga
l'indicazione: «società tra avvocati»;
d) disciplinare l'organo di gestione della società tra avvocati prevedendo che i suoi componenti non possano essere estranei alla compagine sociale;
e) stabilire che l'incarico professionale, conferito alla società ed eseguito secondo il principio della personalità della prestazione professionale, possa
essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal
cliente; f) prevedere che la responsabilità della società e quella dei soci non
escludano la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione; g) prevedere che la società tra avvocati sia iscritta in una apposita sezione
speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società;
h) regolare la responsabilità disciplinare della società tra avvocati, stabilendo che essa è tenuta al rispetto del codice deontologico forense ed è
soggetta alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza;
i) stabilire che la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società;
l) qualificare i redditi prodotti dalla società tra avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del
testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni; m) stabilire che l'esercizio della professione forense in forma societaria non
costituisce attività d'impresa e che, conseguentemente, la società tra avvocati non è soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali diverse da quelle di
composizione delle crisi da sovraindebitamento; n) prevedere che alla società tra avvocati si applichino, in quanto
compatibili, le disposizioni sull'esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ]
(10) Articolo abrogato dall’ art. 1, comma 141, lett. c), L. 4 agosto
2017, n. 124.
***
Art. 4-bis Esercizio della professione forense in forma societaria (8)
1. L'esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a
società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in
un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui
circoscrizione ha sede la stessa società; presso tale sezione speciale è resa
disponibile la documentazione analitica, per l'anno di riferimento, relativa alla
compagine sociale. E' vietata la partecipazione societaria tramite società
fiduciarie, trust o per interposta persona. La violazione di tale previsione
comporta di diritto l'esclusione del socio.
2. Nelle società di cui al comma 1:
a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono
essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti
iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce
causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è
iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la
società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti
nel termine perentorio di sei mesi;
b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta
da soci avvocati;
c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla
compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di
amministratori.
3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria
resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale.
L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei
requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale
richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena
indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o
incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.
4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la
responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione.
5. La sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è
iscritto costituisce causa di esclusione dalla società di cui al comma 1.
6. Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al rispetto del codice
deontologico forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell'ordine di
appartenenza.
6-bis. Le società di cui al comma 1, in qualunque forma costituite, sono
tenute a prevedere e inserire nella loro denominazione sociale l'indicazione
“società tra avvocati” nonché ad applicare la maggiorazione percentuale,
relativa al contributo integrativo di cui all'articolo 11 della legge 20 settembre
1980, n. 576, su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini
dell'IVA; tale importo è riversato annualmente alla Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense. (9)
6-ter. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con proprio
regolamento da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, provvede a definire termini, modalità dichiarative e di
riscossione, nonché eventuali sanzioni applicabili per garantire l'applicazione
delle disposizioni del comma 6-bis. Il regolamento di cui al primo periodo è
sottoposto ad approvazione ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera a), del
decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509. (9)
(8) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 141, lett. b), L. 4 agosto 2017, n. 124.
(9) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 443, L. 27 dicembre 2017, n. 205, a
decorrere dal 1° gennaio 2018.