ECCO IL VERO PROBLEMA
che possiamo considerare gli
antenati della nazione (come ad
esempio il diritto per gli abitanti
delle province dellImpero
Romano di essere considerati
Romani a tutti gli effetti), subito
emersa una questione etico -
politica fondamentale: devono
essere considerati cittadini,
soggetti di diritti, tutti gli individui
che vivono e lavorano allinterno
del territorio nazionale
indipendentemente dalla loro
specifica appartenenza a un
gruppo naturale, etico o sociale;
oppure occorre stabilire
differenze tra gli individui, non
una gerarchia di cittadini, non
una scala di valori tra gruppi
diversi, ma semplicemente una
differenziazione di diritti e doveri
senza limitare o ledere la libert
sociale e politica di alcun
soggetto? E giusto, eticamente e
politicamente, riconoscere diritti
diversi, ad esempio, alluomo e
alla donna? Per rispondere
occorre studiare e analizzare molti
aspetti, come la stessa definizione
di cittadinanza differenziata (diritti
diversi per gruppi diversi) e del
suo contrario: la cittadinanza
cieca; lopinione pubblica; alcune
statistiche diramate dalle pi
grandi agenzie europee di
raccolta dati ; la risposta delle
costituzioni attuali, in particolare
quella italiana. Abbiamo provato
a farlo in questo dossier, stato
un lavoro lungo e laborioso di cui,
per, speriamo si valsa la pena.
Ma questo dovete dirlo voi.
Volume 1, Numero 1 Gennaio 2010
DOSSIER DEL MENSILE:
Abbiamo chiesto a
141 studenti (et
compresa tra i 17 e i 25
anni) e a 109 adulti se
oggi le norme che
disciplinano i diritti
tengono conto delle
differenze naturali fra
uomini e donne. Ecco le
risposte al nostro
sondaggio.
CONTINUA A PAGINA 12
OGGI IN ITALIA:
CITTADINANZA CIECA O DIFFERENZIATA?
LASILO DEI PAPA: MA LE
MAMME LO ACCETTANO?
Edizione scuole
Abbiamo assistito a decine di casi in cui una donna, capace e ambiziosa, decideva di intraprendere, nello scetticismo generale, un mestiere da uomo. Ma sembra quasi assurdo e paradossale,in contrasto con lapparente mentalit comune, che due uomini tentino di avviare unattivit tradizionalmente considerata da femmine: mettere su un asilo infantile, lasilo dei pap. CONTINUA A PAGINA 15
LE STATISTICHE DI GENERE
Cittadinanza differenziata
Pag.2
Cittadinanza cieca Pag.3
Statistiche di genere Pag. 4
Costituzione Pag. 10
Sondaggio cittadino Pag. 12
Riunione di redazione Pag.15
SOMMARIO
SECONDO VOI ...
COSA DICE LA
COSTITUZIONE?
distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Inoltre riconosce uguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti della legge a garanzia dellunit familiare; e prevede stessi diritti e stesse retribuzioni per lavoratore e lavoratrice. Infine stabilisce diritti specifici e agevolazioni per luno e laltro sesso: ma questi forse non
bastano.
CONTINUA A PAGINA 10
I sistemi sociali che si
sono affermati, fuori e
dentro lEuropa, nel corso
della storia hanno quasi
sempre attribuito alla
donna un ruolo subalterno
rispetto a quello esercitato
dalluomo. Anche se i primi
cambiamenti per quanto
riguarda lemancipazione femminile si verificarono in
Occidente, verso la fine del Settecento, tuttavia molto resta
ancora da fare per realizzare pari opportunit tra uomini e
donne.
CONTINUA A PAGINA 4
REDAZIONE (in rigoroso
ordine alfabetico):
Virginia Barberis, Stefano
Grandi, Pavel Kirdoun, R
aluca Pop
Riunione di redazione
al primo istante in cui
lumanit ha iniziato a
parlare liberamente ,
almeno in ambito
politico, dellidea di
nazione, o di concetti
a nostra
costituzione
garantisce: pari
dignit e libert
sociale di tutti i
cittadini senza
Pagina 2
riconoscimento dei gruppi etico
sociali e lattribuzione di diversi diritti, e
in alcuni casi anche di diversi doveri, a
ciascun gruppo. Si ha quindi una
cittadinanza differenziata quando lo
Stato, che lorgano politico in cui
generalmente si riconosce la nazione,
ammette che allinterno del proprio
territorio sono presenti altri gruppi
etico sociali oltre a quello che ha
creato la stessa nazione.
Un esempio di cittadinanza
differenziata pu essere quello
dellItalia moderna; infatti, nel periodo
che va dalla fine della Prima Guerra
Mondiale (1919) al XXI secolo, nel
nostro Paese sono state approvate
numerose riforme che si rispecchiano
idealmente nel concetto di
cittadinanza differenziata.
Sono state istituite alcune
regioni a statuto speciale (come il
Trentino Alto Adige; la Valle dAosta;
il Friuli Venezia Giulia; la Sicilia e la
Sardegna) che si differenziano da altre
regioni per alcune caratteristiche
territoriali, in quanto sono o isole o
territori di confine; per lingua, infatti,
nelle regioni di confine ufficialmente
riconosciuta la doppia lingua; e per
tradizione, ad esempio il Trentino
Alto Adige entrato a far parte del
Regno DItalia solo dal 1919, quindi da
un punto di vista culturale molto pi
vicino a una nazione tedesca rispetto
allItalia. Nelle regioni a statuto speciale
si possono trovare le caratteristiche
tipiche della cittadinanza differenziata,
i tre tipi di diritti che possono essere
assegnati a una minoranza in un
territorio nazionale: 1) diritti
multiculturali (il diritto a unistruzione
statale in una lingua diversa da quella
italiana ma comunque parlata dalla
maggioranza della popolazione di
quella particolare regione); 2) diritti di
rappresentanza speciale (nel
Parlamento Italiano sono presenti
alcuni seggi che spettano di diritto ai
rappresentanti delle minoranze del
Paese, come gli abitanti delle Province
Autonome e gli Italiani allestero); 3)
diritti di autogoverno (nelle regioni a
statuto speciale il potere esecutivo
spetta, infatti, al governo regionale e
non a quello centrale; il potere
legislativo del consiglio regionale,
non del Parlamento).
Inoltre nel 1964 stato
concesso il suffragio universale
allintera cittadinanza italiana, cos
tutte le donne sono entrate a far parte
della politica attiva della propria
nazione dopo lunghi secoli in cui ogni
una scelta politica che garantisce il
riconoscimento a diversi gruppi etico
sociali di diversi diritti, quindi si pu
definire come una politica
individualista, in quanto ogni individuo
di ogni gruppo sociale, sia esso
composto da milioni di persone o da
poche centinaia dindividui, gode di
diritti che, anche se non si possono
definire ad personam, sono comunque stati creati per favorire il gruppo sociale
al quale appartiene e, per riflesso,
favoriscono lui stesso. Questo per
possibile solamente in uno stato di
diritto. Se infatti lo stato non si assume
il compito di garante dei diritti
individuali, ma si limita ad amministrare
economicamente e giuridicamente la
nazione non possibile avere una
cittadinanza differenziata. In uno stato
non di diritto, infatti, probabile che
non vengano garantiti i diritti e non
vengano riconosciute legislativamente
luguaglianza e lequit tra gli individui:
sarebbe (ed purtroppo, in alcuni casi,
stato) cos possibile che un gruppo
prenda il controllo dello stato e delle
istituzioni e vari numerose leggi a tutela
esclusiva del proprio gruppo e a
danno dei gruppi etico sociali in
minoranza: si pu cos creare non una
cittadinanza differenziata garante di
diritti ma bens discriminatoria. Con il
varo di leggi che garantiscono
solamente la supremazia del pi forte;
da un punto di vista filosofico si pu
dire che lo stato di diritto possa cos
diventare uno stato di natura dove il
pi forte ha la totale supremazia sul
gruppo etico sociale in minoranza.
Questo rappresenta la
degenerazione della cittadinanza
differenziata che pu essere
considerata la forma di politica migliore
da un punto di vista sociale, ma rimane
comunque abbastanza difficile da
attuare, in quanto in ogni stato, tranne
che in uno stato di diritto, possibile
usare la cittadinanza differenziata in
modo da favorire il gruppo sociale
dominante: questo crea tensioni sociali
che finiscono per ledere larmonia
allinterno dello stato. Per questo si
sviluppato nel corso degli anni un
nuovo tipo di cittadinanza che
favorisca l'integrazione delle diverse
culture all'interno di una democrazia
liberale e pluralista, nella quale cio
tutti i cittadini rispettino le stesse regole
e attribuiscano valore alla diversit e al
dissenso (G. Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla societ multietnica; Milano, Rizzoli 2000).
P A G I N A 2
aspetto della politica era in mano, fino al
900, agli uomini dei ceti dominanti a cui
si sono successivamente aggiunti la
totalit dei cittadini italiani di sesso
maschile (1911). Questo era il primo
passo verso una cittadinanza
differenziata anche per quanto riguarda
il rapporto uomo donna. Infatti, nel
1970, in Italia venne approvata la legge
che consentiva alla popolazione di
rendersi ancora pi attivamente
partecipi alla vita politica: il popolo
poteva promuovere una legge o
modificarla con un referendum. Questo
consent, sempre nel 1970,
lapprovazione della legge che permette
alle donne di chiedere e ottenere il
divorzio, fino ad allora diritto solamente
maschile. Lallargamento dei diritti delle
donne pu, a prima vista, sembrare un
aspetto caratteristico della cittadinanza
cieca, in quanto si concedono alle
donne gli stessi diritti caratteristici della
parte di cittadinanza di sesso maschile,
ma in realt il primo passo verso una
cittadinanza differenziata. Infatti il
riconoscimento di un nuovo gruppo
etico sociale, quello della cittadinanza
di sesso femminile, apre la strada a una
differenziazione di diritti: una volta
riconosciuta la differenza tra cittadini e
cittadine, si iniziato a modificare alcune
leggi e a crearne di nuove per
consentire alla donna prima la parit di
diritti e successivamente di averne di
nuovi (per es. maternit e pensione
anticipata).
Da un punto di vista storico
filosofico la cittadinanza differenziata
linevitabile conseguenza della nascita
delle nazioni e degli stati multinazionali
e/o multietnici. Infatti facile capire
come, in questi stati, le decisioni
politiche ed economiche della nazione o
etnia dominante (numericamente e/o
militarmente) possano ledere le culture
minoritarie o addirittura pregiudicarne le
possibilit di sopravvivenza. Lingua
nazionale, festivit ufficiali, istruzione,
accesso alle cariche pubbliche: tutto pu
essere controllato dalla nazione o etnia
dominante. Se avviene questo, lequit
(che rimane una delle caratteristiche
principali dello stato di diritto) non viene
rispettata: lo stato di diritto deve quindi
intervenire per compensare tale
svantaggio e per garantire la
sopravvivenza dei contesti sociali e
culturali in assenza dei quali i membri
delle culture minoritarie non potrebbero
esercitare quei diritti e quelle libert che i
membri della cultura maggioritaria
danno per scontati. A questo scopo lo
stato deve fornire alle culture minoritarie
strumenti per proteggersi dalle decisioni
della maggioranza (e per sopravvivere
separate, se cos scelgono di essere),
come poteri di veto alla legislazione su
linguaggio e cultura, limiti ai poteri del
governo nazionale sull'amministrazione
delle loro terre, rappresentanti delle
minoranze in parlamento o nelle varie
istituzioni: diritti riconosciuti a gruppi
particolari, diritti, appunto, di
cittadinanza differenziata.
La cittadinanza differenziata
I L C I T T A D I N O
La cittadinanza differenziata
linevitabile conseguenza della
nascita delle nazioni e degli stati
multinazionali e/o multietnici.
DIFFERENZIATA O CIECA? La cittadinanza da ieri a oggi . sviluppo ed evoluzione
CITTADINANZA DIFFERENZIATA
La cittadinanza differenziata
una scelta politica che garantisce il
riconoscimento a diversi gruppi
etico sociali di diversi diritti
on il termine cittadinanza
differenziata si indica un
particolare tipo di cittadinanza,
il cui aspetto fondamentale il
Pagina 1 Pagina 3
P A G I N A 3
ogni differenziazione etica sociale e il
mancato riconoscimento di diversi
gruppi etico sociali allinterno di una
stessa nazione. Lo Stato, inteso come
organo politico in cui si riconosce una
nazione, non tutela in alcun modo le
minoranze etniche presenti allinterno
del territorio nazionale ma considera
ogni individuo uguale a tutti gli altri
che abitano lo stesso territorio; ci sono
quindi diritti e doveri uguali per tutti,
diritti e doveri che si rispecchiano
nellideale di nazione proprio del
gruppo sociale dominante, il gruppo
sociale in cui si riconosce la nazione
(per es. Italia e italiani; Francia e
francesi; ecc.).
Un esempio di cittadinanza
cieca pu essere lorganizzazione
sociale (non politica) del Cristianesimo
dei primi 100-200 anni d.C. e
lorganizzazione politica e sociale del
successivo Stato Pontificio. La morale
cristiana che costituiva la base della
societ cristiana dei primi secoli dopo
Cristo si pu considerare lantenata
della moderna cittadinanza cieca:
infatti, nel Cristianesimo presero molta
importanza valori morali come
luguaglianza tra gli uomini, lamore
per il prossimo e luguale
considerazione che Dio aveva per tutti.
Allinterno di questa societ
primordiale non vi era un vero e
proprio capo che non fosse Dio stesso
o colui che veniva considerato come il
portavoce delle idee diffuse da Cristo
(San Pietro e successivamente i papi).
Ogni individuo aveva esattamente gli
stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli
altri membri della comunit, allo stesso
modo nella moderna cittadinanza
cieca ogni persona ha esattamente gli
uguali diritti e gli uguali doveri propri
di ogni altro cittadino di quella
determinata nazione.
Questo concetto
delluguaglianza tra gli uomini si
anche sviluppato allinterno
dellistituzione pi simile a uno stato
nazionale che la Chiesa abbia mai
sviluppato negli anni: lo Stato
Pontificio. Non esiste un governo e sia
il potere esecutivo che quello
legislativo, oltre a quello giudiziario,
proprio solo del capo supremo dello
stato: il Papa; ma il Papa stesso si
dichiara come portavoce,
rappresentante della volont di Dio in
terra, quindi, da un punto di vista
puramente ideale, si pu considerare il
Papa uguale a ogni altro membro
dello Stato Pontificio, inferiore solo a
Dio e superiore a nessun altro.
Naturalmente non fu realmente cos,
dato che il Papa aveva praticamente
potere di vita e di morte su chiunque
allinterno del territorio statale e
godeva di una ricchezza che la
maggioranza della popolazione
pontificia riusciva a malapena a
immaginare, ma concettualmente la
concezione del potere in ambito
cristiano prima e pontificio poi, era
molto simile allidea che noi abbiamo
di cittadinanza cieca.
modello per la nascita della nuova
popolazione nazionale furono quelli
piemontesi: ancora oggi, la nostra
Costituzione si fonda sullo Statuto
Albertino del regno sabaudo.
Questo processo di italianizzazione
funzion relativamente bene e, anche
grazie allavvento della televisione nella
seconda met del Novecento, oggi
lItalia un Paese unito dal punto di
vista sociale; certo, rimangono alcuni
pregiudizi e perplessit riguardo agli
abitanti di diverse regioni, ma in
generale la popolazione italiana appare
omogenea, esiste unidentit nazionale;
questo un merito della politica della
cittadinanza cieca.
Tuttavia in altri Paesi europei
non and ugualmente bene. E il caso
della Spagna. Unificata gi nel 1479,
con il famoso matrimonio tra
Ferdinando dAragona e Isabella di
Castiglia, la Spagna, ancora oggi a
regime monarchico,ha intrapreso sin
dallunificazione una politica di
cittadinanza cieca. Sono stati messi a
tacere, spesso con interventi militari e
sanguinose repressioni, tutte i tentativi
di indipendenza attuati dalle regioni
basche e catalane controllate
economicamente e politicamente dal
governo centrale di Madrid. Sia i baschi
sia i catalani si considerano un popolo
diverso dal popolo spagnolo: entrambi
parlano una loro lingua, considerata
alla stregua di un dialetto da parte
dellamministrazione centrale;
riconoscono una propria bandiera;
sidentificano in un altro ceppo etnico
rispetto al gruppo sociale spagnolo (i
baschi riconoscono le proprie origini
dal ceppo celtico e non da quello
indoeuropeo, similmente ai bretoni in
Francia e agli irlandesi in Gran
Bretagna); inoltre non considerano
linno nazionale spagnolo come
proprio inno nazionale. Insomma sia i
baschi sia i catalani vogliono la nascita
di un altro stato nazionale diverso e
opposto a quello spagnolo: inseguono
la creazione di uno stato nazionale
basco e di uno stato nazionale
catalano. Ma per motivi economici, pi
che politici o sociali, il governo centrale
spagnolo ha sempre negato
lindipendenza a queste due regioni: si
sono venuti cos a creare numerosi
conflitti sociali, esplosi poi in
organizzazioni terroristiche (come
lETA) che compiono atti di guerriglia
con il solo scopo di indebolire il
governo centrale e conquistare
lindipendenza. La cittadinanza cieca
ha portato, in questo caso, a una serie
di convivenze forzate allinterno di
quello che dovrebbe essere uno stato
nazionale ma che, in realt, non .
La cittadinanza cieca
garante di diritti fondamentali quali
lequit e il rispetto reciproco ma deve
necessariamente essere limitata a un
territorio in cui effettivamente vive un
solo popolo, un solo gruppo sociale;
solo in questo modo, infatti, sar
possibile applicare la cittadinanza cieca
senza attuare alcun tipo di
discriminazioni che avranno come
inevitabile conseguenza il lento ma
inesorabile indebolimento dellarmonia
interna e del potere dello stato.
Molto simile, ma non uguale in
quanto non esiste unorganizzazione
politica e sociale del passato che
equipari senza alcuna distinzione luomo
alla donna. Infatti, secondo il concetto di
cittadinanza cieca la donna e luomo
non dovrebbero essere distinti in quanto
individui di sesso diverso, ma
dovrebbero essere considerati
esattamente degni degli stessi diritti e
doveri in quanto membri di una stessa
nazione. Questo tipo di visione della
societ si ha per esempio nellItalia post-
guerra mondiale, quando alla donna
viene concesso il diritto di voto oltre ad
altri diritti di minore importanza, ma si
trattava solo di una fase di transizione
tra il potere oligarchico tipico del regno
monarchico e quello democratico della
repubblica; infatti, una volta riconosciuti
uguali diritti alla donna, in pochi anni si
passati alla differenziazione di diritti tra
uomo e donna e quindi a una
cittadinanza differenziata.
Da un punto di vista storico
filosofico la cittadinanza cieca la forma
di cittadinanza che deriva direttamente
dallideologia nazionalista che stata
predominante dalla met dell800 sino
alla fine del XX secolo. Questideologia
era a forte impronta etnica: infatti,
veniva visto come necessaria la
creazione di alcuni stati nazionali, per
rendere indipendenti, in termini politici
ed economici, tutti i membri di un
particolare gruppo sociale che era la
maggioranza in un determinato
territorio. Allinterno di questi nuovi stati,
in teoria, doveva vivere solo il particolare
gruppo sociale che aveva lottato per la
sua creazione (in Italia, italiani; in
Francia, francesi; e cos via); era tuttavia
difficile identificare esattamente un
territorio in cui viveva un solo gruppo
sociale, infatti, nel periodo tipico del
feudalesimo, le popolazioni europee e
mondiali si erano mischiate.
Cos si arrivati alla creazione
di stati nazionali senza una vera e
propria nazione: per esempio, quando
nacque il Regno dItalia, nel 1861,
nacque uno stato nazionale, lo Stato
degli italiani, ma non cera una
popolazione omogenea nella penisola.
Ogni regione aveva le proprie
caratteristiche sociali profondamente
diverse dalle altre: per rendere lItalia
uno stato nazionale vero e proprio era
necessario ricondurre ogni gruppo
sociale (che possiamo identificare
allincirca con ogni regione) a
caratteristiche sociali ed economiche il
pi simile possibile a quelle di ciascun
altro gruppo sociale: in poche parole era
necessario omogeneizzare la
popolazione della penisola (Abbiamo
fatto lItalia, ora dobbiamo fare gli
italiani M. DAzeglio). Ci era possibile solo con una cittadinanza cieca:
andavano garantiti uguali diritti e uguali
doveri a ciascun gruppo sociale presente
nella nazione: questi dovevano essere i
nuovi diritti e i nuovi doveri degli italiani
a cui ciascun gruppo sociale doveva
adeguarsi tralasciando i vecchi diritti e i
vecchi doveri. I diritti e i doveri presi a
CITTADINANZA CIECA
La cittadinanza cieca garante di diritti
fondamentali ma deve necessariamente
essere limitata a un territorio in cui
effettivamente vive un solo popolo
I L C I T T A D I N O
on il termine cittadinanza
cieca si indica un particolare
tipo di cittadinanza il cui
aspetto fondamentale il
completo abbattimento di
Pagina 2 Pagina 4
e Francia, se si considera quella
delle donne. Laumento della
speranza di vita si deve soprattutto
alla diminuzione della mortalit
nelle et anziane, riconducibile a
molteplici fattori di ordine medico-
scientifico e sociale. In generale le
donne vivono pi a lungo degli
uomini, anche se il loro vantaggio
nei paesi dellEuropa occidentale
andato assottigliandosi, in
conseguenza di una
omogeneizzazione dei
comportamenti e degli stili di vita.
Resta invece notevole nei paesi
dellEuropa dellEst.
Longevit
Famiglia e lavoro
Per quanto riguarda la diffusione del part-time, le donne italiane sono ancora al di sotto della media Ue e vicino ai livelli di Francia
e Spagna. Sono invece molto lontane dai comportamenti delle olandesi che nel 75% dei casi lavorano a part-time. Per questo
opinione diffusa che questo segmento di occupazione femminile possa ulteriormente svilupparsi in futuro. Per quanto riguarda
invece la diffusione del lavoro a tempo determinato, le italiane si collocano poco al di sopra della media Ue e vicino a Paesi Bassi e
Germania, che hanno per un tasso di occupazione femminile molto pi elevato di quello del nostro Paese.
P A G I N A 4
STATISTICHE DI GENERE Ecco come emerge il rapporto uomodonna secondo alcuni importanti centri di ricerca europei
I L C I T T A D I N O
La conciliazione del ruolo di lavoratrice e di madre
rappresenta per le donne di oggi una delle sfide pi
complesse. La pi intensa partecipazione al mercato
del lavoro fa s che spesso la donna si trovi sulle
spalle le stesse responsabilit delluomo fuori casa e
un carico ben pi gravoso nella vita familiare. Carico
che dipende dalla cura dei figli e della casa, ma
anche, sempre pi spesso,dallaccudimento di
familiari anziani, malati e o disabili. Sempre pi
spesso le donne italiane, in mancanza di adeguati
servizi, si rivolgono ad altre donne, a volte parenti, a
volte immigrate straniere (specie per la cura degli anziani),per il disbrigo delle faccende domestiche e il lavoro di cura. In
tutti i paesi dellUnione europea il tempo di lavoro totale delle donne maggiore di quello degli uomini. Ci dovuto
soprattutto al numero di ore che le donne dedicano al lavoro domestico. Le donne italiane dedicano al lavoro pi tempo
rispetto a quelle residenti negli altri paesi dellEuropa occidentale con valori che si avvicinano a quelli dei paesi
dellEuropa dellEst. Vale la pena di sottolineare che proprio allItalia appartiene il primato del tempo dedicato dalle
donne al lavoro familiare. Contemporaneamente nel nostro paese si registra il pi elevato differenziale tra il tempo
dedicato alla famiglia dalle donne e quello che allo stesso tipo di lavoro dedicano gli uomini.
Italia uno dei paesi pi
longevi dEuropa e del
mondo. il secondo in
Europa se si considera la
speranza di vita degli uomini
e il terzo, dopo Spagna
Pagina 3 Pagina 5
Istruzione
Le donne italiane, nonostante la forte crescita dellistruzione registrata, non hanno ancora
recuperato il divario esistente rispetto a altri paesi europei in tema di quota di popolazione
con alti livelli di istruzione. Nel 2005 lo svantaggio della popolazione italiana
rappresentato nella figura relativa alla popolazione 25-34 anni con almeno un titolo di
scuola secondaria superiore per genere nei paesi Ue. Il nostro Paese si trova infatti ancora
agli ultimi posti della graduatoria riguardante la percentuale di donne tra 25 e 34 anni con
almeno un titolo di istruzione secondaria superiore, superato solo dagli altri paesi
mediterranei. In 18 paesi europei su 27 la quota di donne con livello di istruzione
superiore tra i 25-34enni pi elevata di quella degli uomini. I vantaggi pi rilevanti per le
donne si registrano proprio nei paesi mediterranei.
In Italia Gli ultimi decenni della storia italiana sono caratterizzati dalla crescita del livello di istruzione delle donne. Nella fascia di
popolazione tra 25 e 44 anni le donne con un titolo superiore sono oggi relativamente pi numerose degli uomini. Tra gli anni
scolastici 1970/71 e 2005/06 il tasso di conseguimento del diploma per le donne pi che triplicato e oggi le diciannovenni che
raggiungono il diploma sono quasi l80% e sono diventate pi numerose dei ragazzi. Anche per quanto riguarda la laurea si sono
invertiti i rapporti di forza tra uomini e donne e oggi oltre il 28,1% delle 25enni raggiunge la laurea, contro il 19% tra i ragazzi.
Continua pagina seguente
P A G I N A 5 I L C I T T A D I N O
Pagina 4 Pagina 6
Per quanto riguarda il
conseguimento della laurea,
nellanno scolastico 2004/05
i livelli pi alti di
conseguimento per entrambi
i sessi e il vantaggio
maggiore per le donne
(+13,4%) si registrano nel
Centro Italia. Inoltre, la figura
relativa ai laureati per genere
e regione di residenza
nellanno accademico
2004/05 mostra che sono
piccole regioni del Centro e
del Sud, come il Molise,
lUmbria e la Basilicata,
quelle dove si osserva la
proporzione pi elevata di
laureate ogni cento 25enni,
con proporzioni che
superano il 35% e arrivano a
oltre il 40%.
Occupazione
Loccupazione della popolazione in et lavorativa rappresenta uno degli
indicatori chiave per misurare le differenze di genere. Nel 2005 risultano
occupate il 45,3% delle donne tra i 15-64 anni contro il 69,7% degli uomini.
Anche per la classe di et in cui si raggiungono i livelli massimi di occupazione,
ovvero per le persone di 35-44 anni, le differenze sono notevoli: 61,3% per le
donne e 91,2% per gli uomini. I differenziali di genere si riducono per al
crescere del livello di istruzione della popolazione: i tassi femminili variano
dal17,5% delle donne con licenza elementare al 73,3% di quelle con una laurea
o un dottorato, mentre per gli uomini variano dal 51,4% all84,2%. Nonostante
la crescita delloccupazione femminile degli ultimi decenni, la differenza in
termini di tassi di occupazione femminili tra lItalia e gli altri paesi europei
ancora rilevante. I nostri tassi di occupazione femminile risultano inferiori a
quelli medi dellUnione europea per ogni classe det. La figura relativa al tasso
di occupazione delle persone di15-64 anni per genere nei paesi Ue mostra
chiaramente lesistenza di un gap non soltanto rispetto ai paesi di Ue15, ma
anche a quelli di pi recente adesione. LItalia, infatti, oggi, dopo Malta, il
paese con i pi bassi livelli di occupazione femminili di tutta lUnione. Inoltre,
considerando le classi di et, per le giovani il tasso tende ad aumentare con let
pi lentamente che nella media Ue e tende a decrescere gi a partire dai 40
anni, in anticipo rispetto a quanto avviene negli altri paesi.
P A G I N A 6 I L C I T T A D I N O
Pagina 5 Pagina 7
In Italia I livelli pi elevati di occupazione
femminile e i pi bassi
differenziali tra uomini e donne
si osservano nel Nord del paese.
In particolare in Emilia-
Romagna, dove il tasso di
occupazione femminile pari al
60%, e ha quindi raggiunto il
tasso obiettivo posto dalla
strategia di Lisbona, i tassi
femminili sono inferiori a quelli
maschili solo del 27%. Nel
Mezzogiorno, invece, i livelli
sono molto inferiori e i
differenziali di genere molto
elevati: in Puglia il tasso di
occupazione femminile , infatti,
meno della met di quello
dellEmilia Romagna ed 2,3
volte pi basso di quello
maschile. In questa ripartizione,
soltanto le laureate riescono in
qualche misura a superare le
difficolt di trovare
unoccupazione: i loro tassi,
infatti, sono pi vicini a quelli
delle donne delle altre
ripartizioni.
Le differenze ancora esistenti dimostrano comunque che il grande investimento in istruzione fatto nei passati decenni dalle donne
italiane non ha ancora avuto il suo riconoscimento in termini di sbocchi professionali nel mercato del lavoro.
Nei livelli di disoccupazione di uomini e donne permangono differenze sensibili.
Nel 2005 il tasso riferito alle donne pari al 10,1%, mentre quello degli uomini del
6,2%. Se raffrontata alla situazione del 1995, per, la disoccupazione femminile
diminuita di oltre un terzo, mentre la diminuzione per gli uomini stata meno
intensa. Differenze tra uomini e donne si osservano anche per i tassi di
disoccupazione giovanile (15-24 anni): le ragazze presentano un tasso del 27,4%,
contro il 21,5% dei ragazzi. Un differenziale a svantaggio delle donne si registra
anche considerando la disoccupazione per livello di istruzione: le disoccupate con
livello di istruzione universitario sono il 7,7%, contro il 4,4% degli uomini.
Disoccupazione
Continua pagina seguente.
P A G I N A 7 I L C I T T A D I N O
In 21 paesi europei su 27 la disoccupazione femminile supera quella maschile. I tassi di disoccupazione femminile collocano il
nostro Paese nel gruppo di coda della graduatoria europea, insieme a Germania e Francia, ma a qualche distanza da Polonia,
Slovacchia, Grecia, paesi in cui i tassi femminili superano largamente il 15%. Lalta disoccupazione delle donne nei paesi
mediterranei legata a un modello di offerta di lavoro , in cui si tende a privilegiare loccupazione dei capi famiglia maschi in et
adulta a svantaggio delloccupazione delle donne e dei giovani. In altri paesi, in cui loccupazione femminile raggiunge livelli
elevati, come nel Regno Unito, non solo la disoccupazione delle donne ai livelli minimi europei, ma la disoccupazione maschile
pi rilevante di quella femminile.
Pagina 8 Pagina 6
In Italia Grandi differenze
territoriali riguardo ai
tassi di disoccupazione si
osservano nel Paese, sia
nei livelli, sia nei
differenziali tra uomini e
donne. Sicilia, Puglia e
Calabria sono le regioni
in cui la disoccupazione
femminile (come del
resto quella maschile)
risulta pi elevata. In
queste regioni i tassi
femminili superano
ancora il 20%, anche se
dieci anni prima
arrivavano a superare il
30%. Dal 1995 al 2005,
Friuli-Venezia Giulia,
Piemonte e Marche sono
le regioni che hanno
visto diminuire
maggiormente la
disoccupazione
femminile, mentre in
Calabria e Basilicata
lindicatore peggiorato
o rimasto stazionario.
Le differenze tra i tassi maschili e femminili sono maggiori nel Mezzogiorno e mentre per gli uomini tendono a diminuire al
crescere del livello di istruzione, per le donne sono maggiori tra coloro che hanno ottenuto la licenza media. Le differenze
maggiori si osservano in Abruzzo e nella provincia di Trento, dove i tassi femminili sono quasi tre volte superiori a quelli maschili. Il
Lazio e la Calabria presentano i differenziali di genere pi bassi, anche se: i tassi femminili sono comunque di un terzo superiori a
quelli maschili.
Rappresentanza parlamentare
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La percentuale di donne elette nelle
assemblee parlamentari a suffragio diretto
costituisce uno degli indicatori adottati in sede
nazionale e internazionale per la valutazione
della partecipazione femminile allattivit
politica. Le quote di parlamentari italiane elette
nelle assemblee nazionali sono pari a circa il
14% degli eletti al Senato della Repubblica e al
17% alla Camera dei deputati. Al Parlamento
europeo la rappresentanza femminile italiana
supera il 19% degli eletti nazionali. Nel
confronto con i paesi Ue la rappresentanza
parlamentare delle donne italiane risulta
modesta. Se rapportata alle equivalenti
rappresentanze nazionali comunitarie la quota
di deputate elette in Italia alla Camera dei
deputati si colloca ampiamente al di sotto delle
percentuali dei paesi nordici e della Spagna
(tutte superiori al 36%). Va segnalato che
mentre in Danimarca, Norvegia, Finlandia e
Svezia il confronto non completamente
applicabile per la presenza di una sola Camera, nei Paesi Bassi e in Spagna la sussistenza di due rami parlamentari rende
congruente la comparazione con il caso nazionale. Rispetto alle Camere di questi due paesi le quote di deputate italiane risultano
in entrambi i casi inferiori di oltre 18 punti percentuali, mentre la rappresentanza femminile al Senato della repubblica
nettamente inferiore a quella del Senato spagnolo (-9,3 punti percentuali) e della Camera alta olandese (-15,1 punti percentuali).
Tra i sistemi politici bicamerali anche in Germania e nel Regno Unito si rilevano quote di rappresentanza femminile superiori a
quelle italiane in entrambe le assemblee, pur con differenze percentuali meno accentuate; in Francia solo alla Camera bassa la
quota femminile (12,2%) inferiore a quella italiana, mentre al Senato lindicatore supera di 3 punti percentuali quello nazionale.
Considerando la quota di deputate elette dallItalia al Parlamento europeo, pur essendo la percentuale superiore a quella delle
elette nelle Camere nazionali (19,2%), il divario rispetto agli altri paesi non muta (media Ue 30,3%). Solo Cipro e Malta (entrambe
senza rappresentanza femminile) e la Polonia registrano quote rosa inferiori a quelle delle elette italiane. Allopposto in Svezia la
percentuale di donne elette (57,9%) supera quella degli uomini di quasi 16 punti percentuali, mentre in nei Paesi Bassi, in Slovenia,
in Francia e nel Lussemburgo si rilevano valori superiori di oltre 10 punti rispetto al valore medio comunitario.
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In Italia La rappresentanza femminile nel parlamento
italiano, pur decisamente minoritaria, si
rafforzata nellultima legislatura: alla Camera dei
deputati le donne sono pari al 17,1 degli eletti,
mentre al Senato della repubblica le senatrici
rappresentano il 14% dellassemblea. Le quote
risultano in assoluto le pi elevate della storia
parlamentare, in entrambe le camere, e
invertono la tendenza negativa della decrescita
della rappresentanza femminile in Parlamento
prodottasi nel corso degli anni Novanta, dopo il
picco registrato nella XII legislatura.
Il dato acquista ulteriore valenza positiva considerando la distribuzione delle elette per classe di et. Infatti, i rapporti tra le
rappresentanze di genere risultano meno sbilanciati a favore degli uomini nellambito delle classi pi giovani (25-29 e 29-39 alla
Camera e 40-49 al Senato); tale dato, considerato anche il forte tasso di rielezione in successive legislature che caratterizza il nostro
Paese, lascerebbe supporre un ulteriore consolidamento delle quote delle elette anche nelle classi pi anziane, nel corso delle
future legislature.
Dati aggiornati l11 gennaio 2010: 82% uomini e 18% donne.
Partecipazione sociale
Lappartenenza a organizzazioni di volontariato e il
prestare attivit gratuite per sindacati, associazioni
ecologiche o altre associazioni rappresentano
unimportante dimensione della partecipazione sociale: in
Italia quasi 4 milioni e mezzo di persone si impegnano
gratuitamente prestando la loro attivit in associazioni di
volontariato e poco meno di 2 milioni in altre associazioni;
pi di 9 milioni hanno versato soldi a unassociazione e
circa 700 mila svolgono attivit gratuita per un sindacato.
Rispetto agli uomini, le donne italiane presentano tassi
meno elevati di partecipazione alle forme di
associazionismo, ma dallanalisi dei dati riferita a profili pi
specifici risulta che, soprattutto nelle classi di et pi
giovani e tra le persone occupate, i tassi di partecipazione
femminile superano quelli maschili.
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Art.3
"Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto, la libert e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Cosi la Costituzione nel terzo
articolo esprime la parit di condizione giuridica di ogni individuo davanti alla legge. Uomini e donne, "sulla carta", si trovano sullo stesso piano senza alcuna distinzione. La prima proposizione afferma luguaglianza formale, come pari dignit ed equit di fronte alla legge. La seconda parte fa carico alla Repubblica di interventi per raggiungere luguaglianza sostanziale. Sono in questo modo poste le premesse costituzionali per lo stato sociale o di diritto.
Art.29
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unit familiare.
La famiglia, costituita dai genitori e dai figli, viene considerata una comunit che precede lo stato, quando si fondi su un accordo solenne, come il matrimonio (sia civile sia religioso). Fino al 1968, il Codice penale puniva ladulterio solo della moglie; fino al 1975, il marito era considerato superiore alla moglie ed esistevano la potest maritale, ossia lautorit del marito sulla moglie, e la patria potest, ossia lautorit del padre sui figli. Con la legge n.898 del 1970 si reso possibile alla donna, a determinate condizioni, sciogliere il matrimonio (divorzio). Quanto alluguaglianza dei due coniugi (corollario dellart.3/1) essa stata riconosciuta soltanto con la legge n.151 del 1975 (riforma del diritto di
famiglia).
Art.48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore et. Il voto personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalit per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettivit. A tale fine istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non pu essere limitato se non per incapacit civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnit morale indicati dalla legge.
Con il primo comma viene affermato il principio del suffragio universale sia maschile che femminile; questo avviene solo nel 1964, infatti, fino ad allora, il diritto di voto era concesso unicamente ai cittadini italiani di sesso maschile, indipendentemente dalla condizione sociale ed economica (disposizione di stampo giolittiano del
1911).
Art.51
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunit tra donne e uomini.
La legge pu, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
Larticolo stabilisce che tutti i cittadini godono dellelettorato passivo, cio possono venire eletti (salvo i casi previsti di ineleggibilit definiti negli artt. 56/3, 58/2, 84/1) ed esercitare un pubblico servizio (cfr. art. 97/3). Lultimo comma vuole rendere effettivo per chiunque il diritto di esercitare una
carica elettiva.
Art.31
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternit, l'infanzia e la giovent, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Il favore dello stato verso la famiglia costituita con il matrimonio (contrapposta quindi alla famiglia naturale) si manifesta in molte forme. Fra queste: il divieto di licenziamento per matrimonio (legge n.7 del 1963), in particolare per le lavoratrici; la tutela della lavoratrice madre (legge n.1204 del 1971, che prevede lobbligo dellastensione dal lavoro due mesi prima e tre mesi dopo il parto, nonch permessi per curare il bambino piccolo, estesi anche al padre con la legge n.53 del 2000 sui congedi parentali); listituzione dei consultori familiari (legge n.405 del 1975).
Art.37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di et per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parit di lavoro, il diritto alla parit di retribuzione.
Il primo comma afferma il principio della parit fra lavoratori e lavoratrici, per quanto riguarda la retribuzione e le condizioni di lavoro e carriera. Lattuazione di questo principio ha dovuto, per, attendere la legge n.903 del 1977, che vieta ogni discriminazione nellassunzione e nella progressione di carriera. Le donne hanno ottenuto gli stessi diritti degli uomini in ambito lavorativo con particolare attenzione in caso di maternit, dove le condizioni di lavoro devono essere adeguate al perseguimento della "essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione".
COSA DICE LA COSTITUZIONE . Articoli che regolano i rapporti tra cittadini
ART.3 Tutti i cittadini hanno pari dignit
sociale e sono uguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali.
Una pagina della Costituzione Italiana
Francobollo celebrativo
dei 60 anni della
Costituzione Italiana
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lo scopo di assicurare le pari opportunit e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonch di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso. In questo settore, l'UE ha seguito un duplice approccio, associando azioni specifiche e gender mainstreaming . Questo tema presenta parimenti una forte dimensione internazionale in termini di lotta contro la povert, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale, nonch di diritti delle donne in quanto
diritti dell'uomo.
La tabella di marcia definisce alcuni settori esistenti e propone settori di intervento interamente nuovi. Complessivamente vengono considerati sei settori prioritari: indipendenza economica uguale per le donne e gli uomini, conciliazione della vita privata e professionale, rappresentanza uguale nell'assunzione di decisioni, eliminazione di ogni forma di violenza basata sul genere, eliminazione degli stereotipi legati al genere e promozione della parit fra le donne e gli uomini nelle politiche esterne e di sviluppo. Infine, un'indipendenza economica uguale per le donne e gli
uomini.
Le principali tematiche che la costituzione vuole
affrontare sono:
La presenza di uno scarto di retribuzione del 15% fra le donne e gli uomini, risultante da ineguaglianze strutturali come, ad esempio,
la segregazione in settori di lavoro.
Pochi uomini prendono un congedo parentale o lavorano a tempo parziale. Dovrebbero pertanto essere adottate misure volte ad esortarli ad assumere maggiori responsabilit
familiari.
La minore rappresentanza persistente delle donne nella societ civile, nella vita politica e nell'alta amministrazione pubblica,
rappresenta un "deficit" democratico.
Una partecipazione equilibrata pu contribuire ad una cultura del lavoro pi produttiva ed innovatrice. essenziale a tal fine la
trasparenza nei processi di promozione.
Pratiche quali la mutilazione genitale femminile o i matrimoni precoci e forzati costituiscono violazioni del diritto fondamentale alla vita, alla sicurezza, alla libert, alla dignit e
all'integrit fisica ed emotiva.
L'eliminazione degli stereotipi legati al genere.
La promozione della parit nelle politiche esterne
La Commissione terr conto dell'aspetto legato al genere in varie comunicazioni future, in particolare sulla demografia, sull'attuazione di un sistema di statistiche comparabili sulla criminalit, sulle vittime e sulla giustizia sociale, nonch su "Una visione europea nella parit fra le
donne e gli uomini nella cooperazione allo sviluppo".
Il divieto di discriminazione fra donne e uomini si applica all'accesso ai beni e ai servizi, nonch alla fornitura di beni e servizi, tanto per il settore pubblico che per il settore privato. Le differenze di trattamento fra donne e uomini possono essere accettate solo quando sono giustificate da un obiettivo legittimo come ad esempio la protezione delle vittime di violenze a carattere sessuale (nel caso di famiglie unisex) e la libert di associazione (nel quadro d'iscrizione a club privati unisex). Ogni limitazione dovr tuttavia
essere appropriata e necessaria.
La legge italiana ed europea mette sullo stesso livello uomini e donne, anche se dal lato pratico della vita reale questuguaglianza non viene ancora completamente attuata. Il Parlamento Europeo si mostra favorevole al disfacimento delle tradizioni maschiliste e paternaliste dei secoli precedenti, e mira al raggiungimento delle pari opportunit. Il Parlamento sollecita misure per colmare le differenze salariali tra uomini e donne, anche imponendo ai datori di lavoro di elaborare piani d'azione specifici. Chiede di eliminare penalizzazioni derivanti dal congedo maternit e dall'attivit autonoma e di promuovere l'imprenditoria femminile. Nel rilevare gli effetti positivi delle "quote rosa" in politica, chiede un'azione UE concertata contro la violenza sulle donne, inclusa la tratta, e misure per scoraggiare la domanda di prostituzione. Il Parlamento Europeo impegnato a garantire pari opportunit con leggi che tutelino i diritti declinati al femminile. La lotta contro le discriminazioni basate sul sesso uno dei pilastri fondamentali su cui stata costruita l'Europa di oggi. In tema di pari opportunit tra uomini e donne, l'Unione europea e il Parlamento hanno adottato differenti strumenti che vanno dall'approvazione di direttive in materia al sostegno di progetti di associazioni e organizzazioni non governative impegnate in questo campo. E in Italia? Si dovette aspettare il 2 giugno 1946 per vedere riconosciuto questo diritto, in verit pi per la presa di coscienza di alcuni uomini politici illuminati e di poche donne politiche, come Nilde Jotti, che non per la presenza di un vero e proprio movimento femminile nel nostro paese. Quest'ultimo si ebbe solo sull'onda delle manifestazioni studentesche del 1968, con la nascita dei primi collettivi femministi. Si pass in pochi anni da canzoni come "Non ho l'et" ad altre di carattere opposto, come "Non sono una signora". Molte pi donne incominciarono perfino a far politica, soprattutto nei ranghi del Partito Radicale, come Adele Faccio e la giovane Emma Bonino, ma anche della Democrazia Cristiana, come Tina Anselmi, che fu anche il primo ministro donna della nostra repubblica. Il principio delle pari opportunit tra uomini e donne nel mondo del lavoro previsto nel Trattato di Roma del 1957, ma le prime direttive in materia sono arrivate solo a met degli anni settanta. Le azioni intraprese a livello europeo hanno migliorato la situazione di discriminazione delle donne nell'ambito lavorativo, ma
la strada ancora lunga per debellarla del tutto.
COSA DICE LA COSTITUZIONE . LUnione Europea si adopera per eliminare discriminazioni tra uomo e donna: vediamo come.
Il palazzo dellUE a Strasburgo
Linterno del Parlamento Europeo
uguaglianza tra le donne e gli uomini
rappresenta uno dei principi fondamentali
sanciti dal diritto comunitario. Gli obiettivi
dell'Unione europea (UE) in materia di
uguaglianza tra le donne e gli uomini hanno
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ella societ italiana vengono applicate,
secondo lei, discriminazioni basate sul
sesso?
Se s, in quale ambito?
scolastico,familiare,legislativo,lavorativo, sociale)
Secondo la sua esperienza personale,ritiene
che i suoi diritti di cittadino/a vengano
garantiti?
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A suo parere, giusto che uomini e donne
godano di diritti diversi?
9 domande per 250 persone ecco le risposte
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E giusto consentire alle donne le stesse
attivit lavorative che un tempo erano
prerogativa di soli uomini e viceversa?
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I diritti specifici della donna sono gi previsti
dalla normativa italiana, pensa che siano
sufficienti?
Pensa che anche alluomo spetti un periodo
di paternit simile a quello che la legge
riconosce alla donna?
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Alla donna in quanto madre e moglie viene
preclusa la possibilit di avere una carriera
lavorativa uguale a quella delluomo?
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Se lei fosse ministro delle pari
opportunit:
a) Negherebbe alle donne laccesso
ad alcune attivit lavorative
b) Negherebbe agli uomini laccesso
ad alcune attivit lavorative
c) Riconoscerebbe anche alluomo il
diritto di intervenire in decisioni
per ora puramente femminili
(aborto, pillola del giorno dopo,
ecc)
d) Promulgherebbe una legge per
rendere obbligatoria una
percentuale rilevante (50%) di
donne in Parlamento
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Dalla teoria alla pratica Proposte dei nostri intervistati per rendere la normativa migliore
Pi severit nelle leggi contro gli abusi e le violenze sulle donne
Leggi migliori che proteggono il salario e il posto di lavoro durante il periodo di maternit
Maggiore tutela nei confronti dellimmagine femminile
Quote di genere per occupazioni di lavoro di alta responsabilit ( per esempio in ambito politico) ed equit di stipendio a parit di mansione
Potenziamento dei servizi a sostegno della famiglia
Maggiori incentivi alle aziende per favorire il lavoro a casa
Campagna di sensibilizzazione culturale riguardo largomento rivolto soprattutto alle nuove generazioni (per esempio ribadire che il compito di gestione della famiglia non specifico della donna)
Maggiori strutture di assistenza (asili sul posto di lavoro, mense ) per permettere o agevolare la carriera della donna.
Garanzia in caso in cui luomo abbia un ruolo attivo e importante nella vita della donna del suo diritto di paternit
(anche se la donna contraria)
Miglior organizzazione periodo di maternit per poter usufruire meglio delle risorse statali anche per altri ambiti
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LASILO DEI PAPA: MA LE MAMME LO ACCETTANO?
Riunione di redazione
svolgere le stesse professioni) pu far apparire gli uomini vittime di discriminazioni, non bisogna dimenticare per, che da sempre la donna ad essere sfavorita in ambito sociale, politico ed economico. Infatti, ancora nel 2010, secondo i dati dellIstat, nei 192 paesi del mondo solo 12 donne sono capi di stato; in Italia la rappresentanza femminile in Parlamento soltanto del 18%; in ambito lavorativo il tempo di lavoro retribuito delle donne corrisponde al 50-70% di quello degli uomini, ma quello non retribuito risulta essere oltre il doppio di quello maschile; in media nel mondo il reddito delle donne ammonta a pi o meno i due terzi di quello degli uomini; e ancora il nostro paese al penultimo posto nella classifica europea per loccupazione femminile con appena il 46,3% delle donne occupate; inoltre dai nostri sondaggi sembra che ben l80% delle donne si senta discriminata.
Stefano rilancia che la parit tra uomini e donne comunque garantita dalle costituzioni della maggior parte dei paesi mondiali. Per esempio, in Italia, larticolo 3 afferma che: Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, larticolo 37 sostiene che: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore, larticolo 51 dichiara che: Tutti i cittadini delluno e dellaltro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunit tra donne e uomini. Inoltre ci sono molte testimonianze di donne che hanno raggiunto posizioni politiche e lavorative importanti. E sufficiente pensare ad Angela Merkel, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca; Hillary Clinton, segretario di stato americano; Michelle Bachalet, primo ministro del Cile; e ancora il direttore generale della Croce Rossa italiana una donna, il presidente della Confindustria una donna, oltre il 30% delle imprese in Australia, Canada e Stati Uniti sono possedute e gestite da donne. Il vero problema da risolvere non sta nelluguaglianza costituzionale tra uomo e donna, ma piuttosto nella mentalit corrente. La societ ancora saldamente maschilista. Si abituati a pensare che la famiglia e la casa siano responsabilit essenzialmente femminili, oppure che alcune attivit
siano meglio gestite da uomini.
Raluca daccordo, ma la questione sempre pi complicata: Come fare a cambiare la mentalit? L'uguaglianza delle donne e degli uomini un diritto fondamentale per tutte e per tutti, e rappresenta un valore determinante
ruoli e delle competenze. Perci, occorre incoraggiare i mezzi di comunicazione, compreso il settore pubblicitario, a diffondere immagini e contenuti non convenzionali e allo stesso tempo i partiti politici e i parlamenti europeo e nazionali ad adottare misure adeguate, affinch la presenza delle donne e degli uomini, sulle liste elettorali e nelle nomine a cariche pubbliche, sia pi equilibrata.
Pavel concorda con Raluca. Lobiettivo principale sensibilizzare la popolazione riguardo largomento. Probabilmente la soluzione ideale, considerati tutti gli aspetti della questione, potrebbe essere una nuova forma di cittadinanza. Soprattutto in Italia la modifica dovrebbe portare ad una normativa che garantisce effettivamente la parit con misure pi severe e mirate, partendo per, sembra una contraddizione, da un aumento di leggi a favore del solo genere femminile. Per esempio, la proposta del Ministro delle Pari Opportunit, Mara Carfagna, di aprire scuole infantili sui posti di lavoro permetterebbe alle donne di perseguire pi facilmente una carriera simile a quella delluomo. Ma se non la concezione comune a cambiare non vorremmo che, come ha fatto notare Massimo Gramellini riguardo ad un servizio del programma di Italia1, Le Iene, luguaglianza per cui ci siamo tanto battuti diventi una parit al ribasso, che consente alle donne di trattare in pubblico il corpo degli uomini con lo stesso disprezzo con cui gli uomini a volte, ma sempre
pi spesso, trattano quello delle donne.
per la democrazia. Per essere compiuto pienamente, il diritto non deve essere solo riconosciuto per legge, ma deve essere effettivamente esercitato. Nella vita quotidiana persistono ancora disparit, che sono prassi consolidate, derivanti da numerosi stereotipi presenti nella famiglia, nell'educazione, nella cultura, nei mezzi di comunicazione, nel mondo del lavoro e nell'organizzazione della societ. Il cambiamento di questa mentalit pu avvenire soltanto attraverso interventi dallalto: gli enti locali e regionali, che sono gli ambiti di governo pi vicini ai cittadini, rappresentano i livelli d'intervento pi adatti a combattere il persistere e il riprodursi delle disparit e a promuovere una societ veramente equa, intraprendendo azioni concrete a favore
dell'uguaglianza.
Una delle principali iniziative del 2008 per giungere alla parit tra donne e uomini stata l'adozione, da parte della Commissione Europea, di varie misure destinate a favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, e un'equa suddivisione, tra donne e uomini, delle responsabilit private e familiari. Una di queste riguarda la modifica della direttiva sulla protezione della maternit, suggerendo l'aumento da 14 a 18 settimane del congedo minimo di maternit, di massima senza perdita di reddito. Una migliore ripartizione del tempo consacrato al lavoro e alla famiglia, sia per le donne sia per gli uomini, richiede una suddivisione pi corretta del tempo dedicato al lavoro retribuito e a quello non retribuito. Le misure di conciliazione devono rivolgersi anche agli uomini, in quanto la promozione della parit tra donne e uomini comporta cambiamenti e nuove opportunit per entrambi i sessi. Per questo motivo stata introdotta una serie di misure per favorire una conciliazione tra vita privata e vita professionale, tanto per le donne quanto per gli uomini: una pi ampia disponibilit di strutture di custodia per bambini (Germania, Regno Unito e Paesi Bassi), modalit di congedo pi vantaggiose, in particolare per i padri, che possono essere stimolati a condividere equamente con le donne le responsabilit parentali o di altro genere (Svezia, Germania, Grecia, Lituania e Spagna), ed azioni di sensibilizzazione
sul ruolo dei padri (Slovenia).
Unaltra proposta importante riguarda la lotta contro gli stereotipi legati al sesso, che rappresentano convincimenti culturali e sociali nei confronti di ruoli e funzioni considerati per tradizione 'maschili' o 'femminili', che possono influenzare le donne e gli uomini nella scelta dei loro studi e delle loro attivit. Per realizzare questo obiettivo, i bambini e i giovani hanno bisogno di modelli di donne e di uomini non basati su esempi prestabiliti. Le pratiche e gli atteggiamenti discriminatori devono essere eliminati dai materiali e metodi didattici, dall'insegnamento e dall'orientamento professionale. E possibile eliminare questi pregiudizi tramite azioni di formazione e di sensibilizzazione sul luogo di lavoro e modificare in tal modo culture di lavoro basate su una versione stereotipata dei
irginia sostiene che, se da un
lato la reazione delle donne di
fronte alla notizia (il 46% delle
intervistate ritiene che uomini
e donne non debbano
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