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INTELLIGENZAARTIFICIALE

L E I N T E R V I S T E D I N E X T V A L U E

PIERO POCCIANTIPRESIDENTE AI*AI

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Il presente volume viene pubblicato con licenza Creative Commons - Attribuzione 3.0 Ita-lia (CCBY 3.0 IT). Tu sei libero di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest’opera, di modificare quest’opera, di usare quest’opera per fini commerciali alle condizioni riportate a questo link:http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/it/

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Si ringrazia

Piero PocciantiPresidente AI*AI, Associazione Italiana di Intelligenza Artificiale

A cura diManuela MoronciniContent Manager @NEXTVALUE

Giugno 2018

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Sommario

#01 Che cosa può fare l’Intelligenza Artificiale oggi? Che cosa ancora non può fare? In che campi è applicabile? Quali sfide sono aperte e importanti?

Introduzione

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Qual è la metodologia giusta per una azienda per affrontare un progetto di AI? Quale formazione serve in azienda?

/08

Di quale formazione scolastica abbiamo bisogno per far entrare nuova forza lavoro in azienda, capace di utilizzare al meglio i nuovi paradigmi dell’AI? Quali figure assumere? Come insegnare l’AI alle persone che sono già impe-gnate in azienda?

/09

Qual è la situazione internazionale politica ed economica che sta evolvendo intorno al forte interesse per l’AI? Come sta reagendo l’Europa? Cosa stanno facendo le grandi aziende USA? Cosa sta facendo la Cina?

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cademico e nello stesso periodo furono sviluppate le prime reti neurali e la logica fuzzy, due con-cetti alla base dell’Intelligenza Artificiale.

Solo negli ultimi anni, con l’incredibile progresso di tecnologie chiave, come il Cloud Computing e l’analisi dei dati, abbinato alla disponibilità di hardware specializzati con potenze di calcolo non disponibili prima, l’AI sta entrando nel mondo enterprise. Viviamo in un mondo inondato di dati e la prospettiva di sfruttare l’Intelligenza Artificiale per migliorare e accrescere il business delle nostre imprese è l’obiettivo che tutti si pongono. La posta in gioco è davvero alta e il dibattito apertissimo.

In NEXTVALUE crediamo nell’innovazione dei modelli di business e nell’interscambio di compe-tenze trasversali. Il nostro obiettivo è contribuire allo sviluppo di una cultura dell’automazione in tutte le aziende e siamo ogogliosi di proseguire con il nostro ciclo di interviste esclusive, dedicato all’Intelligenza Artificiale, a cui prendono parte i più autorevoli opinion leader e Capitani d’impresa del nostro Paese.

Il risultato è ricco di spunti e riflessioni che con estremo piacere condividiamo con una platea am-pia e qualificata di Direttori IT delle principali organizzazioni italiane.

In questa intervista approfondiamo i campi di applicazione dell’Intelligenza Artificiale, le sfide aperte e le metodologie per affrontare un progetto di AI in azienda. Cogliamo l’occasione per ringraziare Piero Poccianti, Presediente AI*AI, Associazione Italiana di Intelligenza Artificiale, per il prezioso contributo di pensiero fornito e per il tempo che ci ha dedicato.

Le altre interviste sono in corso di pubblicazione su www.nextvalue.it alla sezione Interviste.

Buona lettura!

Intelligenza Artificiale (AI) esiste da decenni. John McCarthy coniò il termi-ne “Intelligenza Artificiale” nel 1956, in occasione di un seminario, presso il Dart-mouth College di Hanover (New Hampshire, USA), a cui invitò dieci ricercato-ri interessati alla teoria degli automi, alle reti neurali, allo studio dell’intelligenza. Negli anni 60 e 70 gli studi sull’Intelligenza Artificiale restarono confinati in ambito ac-

Introduzione

L’

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# AI*AI

Piero Poccianti

Presidente AI*AIAssociazione Italianadi Intelligenza Artificiale

Piero Poccianti si occupa di informatica dal 1970. Ha realizzato sistemi di cartografia tematica, controllo di processo e automazione industriale. Dal 1980 lavora presso Banca Toscana prima e il Consorzio Operativo del Gruppo Monte dei Paschi di Siena poi, all’interno del quale si è occu-pato dei progetti di sportello, di Internet Banking, di innovazione realizzando anche applicazioni nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale.

Dal 2000 è membro del Direttivo dell’Associazione Italiana di Intelligenza Artificiale, AI*AI, dal 2013 al 2017 è stato vice presidente e dal 2018 è il Presidente.

AI*IA è una Associazione Scientifica senza fini di lucro nata nel 1988 per promuovere la ricerca e la diffusione delle tecniche proprie dell’Intelligenza Artificiale, che conta oggi circa 900 membri.

L’Associazione dispone di sette gruppi di lavoro focalizzati su temi specifici: sistemi ad agente e multiagente, intelligenza artificiale e ageing, intelligenza artificiale per i beni culturali, robotica, apprendimento automatico e data mining, rappresentazione della conoscenza e ragionamento automatico, elaborazione del linguaggio naturale.

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Che cosa può fare l’Intelligenza Artificiale oggi? Che cosa an-cora non può fare? In che campi è applicabile? Quali sfide sono aperte e importanti?

Piero Poccianti: La storia dell’AI è costellata da momenti di grande entusiasmo per i risultati rag-giunti seguiti da momenti di disillusione. I ricercatori parlano di primavere ed inverni dell’Intel-ligenza Artificiale, anche se questo fenomeno è insito nel ciclo di vita di ogni nuova tecnologia. Siamo tuttavia lontani dal realizzare una Intelligenza Artificiale di tipo generale (quella descritta dalla fantascienza, capace di autocoscienza e di esprimere molte diverse abilità intelligenti), ma siamo già riusciti ad implementare programmi e sistemi che, in ambiti ristretti uguagliano e talvol-ta superano le capacità umane.

L’Electronic Frontier Foudation ha messo a punto una metodologia per confrontare le capacità delle macchine con quelle umane [1]. Secondo questo studio l’AI supera gli umani nella capacità di riconoscere oggetti in una foto, nel riconoscere i numeri scritti a mano, nel giocare a scacchi, in alcuni giochi elettronici, nel riconoscimento delle parole, nel parlato corrente e nella comprensio-ne (estrazione di significato) dal testo scritto. Sappiamo anche che le macchine hanno imparato da sole a vincere contro i grandi campioni di GO e di poker, vincono giochi a quiz anche complessi (come jeopardy), sono in grado di guidare un’auto, un camion o un drone in modo autonomo, di leggere una radiografia o un’ecografica, di effettuare diagnosi mediche e molto altro ancora.

Se la cavano peggio, attualmente, nel tradurre da una lingua ad un’altra, nello spiegare dinamiche presenti in una foto e in molte altre attività che comportano l’acquisizione di cultura generale. Ma, soprattutto, una macchina che ha acquisito una certa abilità, attraverso tecniche di machine learning, ed in particolare di deep neural network, non è in grado attualmente di imparare a fare un’altra cosa usando quello che ha già imparato. Abbiamo bisogno di nuovi esempi, di altra po-tenza elaborativa, di un’altra fase di apprendimento.

Abbiamo realizzato quelle che io chiamo Idiot Savant Artificial Intelligence. Macchine che eccel-lono in compiti Specifici. A fronte di risultati entusiasmanti, infatti il deep learning mostra alcuni punti di attenzione sui quali dobbiamo concentrare la ricerca:

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estrema difficoltà a spiegare il proprio comportamento. Questo è un punto critico forte per sistemi dotati di autonomia (come un’auto che guida da sola, un sistema di diagnosi medica, o peggio ancora un’arma autonoma).

il fatto che questi sistemi imparino da esempi li rende critici nella capacità di estrarre cono-scenza da fatti rari. Ma spesso sono i fatti rari che portano all’innovazione. Pensate al Cigno Nero di Nassim Nicholas Taleb [2].

la difficoltà di generare spiegazioni causali da successioni temporali.

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Con le dovute cautele e impiegando diversi paradigmi di AI, è oggi possibile utilizzare sistemi di Intelligenza Artificiale in moltissimi campi. Ne suggeriamo alcuni senza avere la pretesa di esse-re esaustiv: ausilio o parziale sostituzione di una prima linea di call center per supporto a clienti interni ed esterni all’azienda, interfacce in linguaggio naturale per sistemi di ecommerce, servizi automatici self service, servizi internet, ecc., assistenti intelligenti (presenti nei nostri smartphone o in altoparlanti dedicati), diagnosi medica o supporto alla diagnosi, diagnosi di guasti di sistemi complessi, analisi di grandi moli di dati con estrazione di regolarità non evidenti, analisi e ottimiz-zazione di processi aziendali, possibilità di realizzazione di sistemi capaci di rispondere a domande complesse, usando casi precedenti, normativa aziendale, basi dati, ecc., data quality dei sistemi in-formativi, realizzazione di software a partire dalle specifiche, robot capaci di interagire con umani per lavoro collaborativo imparando dagli umani, assistenza a disabili e anziani, sistemi di istruzio-ne e addestramento, sistemi di rappresentazione della conoscenza aziendale.

Ci sono ancora molte sfide da affrontare. La principale consiste nella possibilità di integrare metodi simbolici e subsimbolici per superare i relativi punti di debolezza. Sui metodi subsimbolici (che tendono a modellare il cervello a livello fisico) e simbolici (che tendono a modellare le funzioni superiori del cervello basate sul ragionamento, la logica e altre forme di descrizione della cono-scenza) la ricerca è attiva. Personalmente ritengo che questa sia l’unica strada per non incontrare a breve un altro inverno dell’AI.

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Piero Poccianti: Il primo problema che devono affrontare le aziende che intendono implementare un progetto di Intelligenza Artificiale è sapere cosa è possibile e cosa non è possibile fare, e de-finire una metodologia realizzativa. Anche adottando modelli di machine learning, è bene capire che le macchine imparano da sole, ma i dati di cui necessitano hanno bisogno di analisi di qualità, di essere estratti e trattati con attenzione; si tratta di progetti che necessitano di personale interno ed esterno all’azienda.

I motivi che hanno portato alcuni progetti di AI verso il fallimento sono molteplici ma due in particolare si sono rivelati fondamentali per l’insuccesso del progetto. Il primo è l’incapacità delle aziende di far evolvere i sistemi in parallelo con le evoluzioni dei fatti aziendali, delle leggi, dei mutati contesti esterni.

Il secondo motivo è legato alla metodologia di sviluppo progetti adottata per questo tipo di in-novazione. Le metodologie a cascata possono essere adottate nei progetti dove gli strumenti, il contesto e le conoscenze sono definiti a priori e il team di sviluppo ha una buona esperienza. In questi progetti è possibile, per quanto difficile, fare una buona pianificazione, definire il budget, i ritorni dell’investimento, ecc. Una metodologia di questo tipo è però del tutto inadeguata per progetti a forte connotazione innovativa come sono quelli di AI. Per questi progetti è necessario adottare modelli di tipo AGILE che prevedono fasi di realizzazione successive con budget e defini-zione incrementale dei risultati.

Dal punto di vista degli aspetti di formazione e condivisione di conoscenza di AI in azienda, sono convinto che il metodo più efficace sia quello del dottorato di ricerca. In altri paesi i dottorandi lavorano nelle aziende, affrontando proprio quei problemi a medio termine che risultano difficili da realizzare all’interno e creando un ponte di trasferimento culturale fra l’università e il mondo produttivo. In Italia ci sono ancora troppi pochi esempi di utilizzo di questo strumento.

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Qual è la metodologia giusta per una azienda per affrontare un progetto di AI? Quale formazione serve in azienda?

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Piero Poccianti: In questo momento in Italia si parla molto di adeguare la scuola alle esigenze del-le aziende. Di alternanza scuola lavoro come metodo per abituare i ragazzi al mondo del lavoro, di cultura tecnica. Io penso che le aziende abbiano bisogno di persone con una buona cultura di base, con un corretto mix di cultura umanistica e scientifica.

Quando parliamo di Intelligenza Artificiale, parliamo di diversi paradigmi e capacità di problem solving, ma anche di capacità di comunicare, di interpretare e di instaurare un dialogo fra macchi-ne e umani. Abbiamo bisogno di persone capaci di pensare: un mix di diverse culture ed esperien-ze che possano fare squadra e andare oltre il pensiero e il modus-operandi tradizionale.

È evidente che queste persone dovranno imparare le dinamiche aziendali, interpretarne i problemi e declinare le soluzioni possibili. Ma senza una sana cultura di base non saranno in grado di evol-vere in rapporto ad una tecnologia che cambia ad un ritmo sempre più veloce. Senza una cultura interna all’azienda però questo approccio non potrà essere né produttivo né duraturo.

L’AI stessa può risultare uno strumento prezioso per la formazione aziendale, sia attraverso la formalizzazione, catalogazione e estrazione di conoscenza dai documenti presenti in azienda, sia attraverso l’utilizzo di materiale di ottima qualità diffuso in rete ed accessibile ai collaboratori. Il vero problema però è come poter liberare ore-lavoro per permettere ai dipendenti di accedere alla conoscenza disponibile in azienda, organizzandola e indirizzandone l’uso nel modo più appropria-to in base alle skill e alla cultura del personale.

È una trasformazione culturale necessaria, ma complessa. Molte prime linee aziendali devono poter superare l’idea che vede la “fatica” dei dipendenti come fattore positivo. Lo stress va evi-tato. Conta il lavoro, il clima aziendale e la formazione continua e soprattutto liberare tempo per imparare cose nuove.

Di quale formazione scolastica abbiamo bisogno per far entrare nuova forza lavoro in azienda, capace di utilizzare al meglio i nuovi paradigmi dell’AI? Quali figure assumere? Come insegna-re l’AI alle persone che sono già impegnate in azienda?

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# 04

Piero Poccianti: Gli USA hanno messo in campo enormi investimenti di ricerca, laboratori estrema-mente qualificati e risorse di calcolo di crescente potenza. In questo scenario emergono soprat-tutto le grandi multinazionali della silicon Valley: IBM, Microsoft, Google, Facebook, Amazon che attingono ai laboratori accademici, talvolta svuotandoli con assunzioni massicce, o acquisiscono società innovative di più piccole dimensioni, spesso anche aziende Italiane. In questa fase il ruolo dei grandi centri di ricerca governativi (centri accademici, il DARPA, ecc.) è passato in secondo piano rispetto alla prospettiva di ricavare profitti enormi dai nuovi servizi e prodotti generati dalle aziende citate.

Dall’altra parte dell’oceano la Cina ha dichiarato di voler diventare la maggiore potenza mondiale nel campo dell’Intelligenza Artificiale da qui al 2030. E sta investendo significativamente. Basti pensare che al prossimo IJCAI-EURAI, la più grande conferenza mondiale nel campo dell’IA che quest’anno si svolge a Stoccolma dal 13 al 17 Luglio, più dell’80% dei lavori accettati sembrano di provenienza asiatica, almeno a giudicare dai nomi degli estensori. Tengo a precisare che si tratta di una conferenza molto selettiva alla quale vengono accettati mediamente il 17% dei lavori proposti.

L’Europa sta cercando di reagire mettendo in campo le sue competenze e investimenti significativi. La Francia è attualmente il paese leader a livello europeo che sta provando a dettare una politica comunitaria su questo fronte. A Marzo 2018 è stato presentato un documento governativo dal titolo For a meaningful Artificial Intelligence towards a French and European Strategy redatto da una commissione guidata da Cédric Villani, deputato francese e medaglia fields per la matematica [3]. Il documento contiene raccomandazioni significative in ambito comunitario sia sul fronte degli impatti della ricerca sul benessere dell’uomo, sia dal punto di vista economico, etico e sociale.

Vi sono altri documenti in fase di redazione da parte delle comunità di Intelligenza Artificiale Europee [4] che stimolano alla creazione di una comunità forte, come è già successo per la Fisica delle particelle elementari con la creazione del CERN a Ginevra che guida attualmente la ricerca in questo campo a livello mondiale.

Le applicazioni prodotte con tecnologie di AI sono innumerevoli. È evidente che alcune di queste potrebbero portare con sé anche conseguenze negative. Mi riferisco in particolare agli strumenti di controllo sociale, all’uso negativo dei dati provenienti dai social network, e alla creazione di armi autonome che potrebbero avere effetti devastanti in termini di aumento delle diseguaglianza, re-pressione delle minoranze e uso da parte di esponenti del terrorismo.

Qual è la situazione internazionale, politica ed economica, che sta evolvendo intorno al forte interesse per l’AI? Come sta rea-gendo l’Europa? Cosa stanno facendo le grandi aziende USA? Cosa sta facendo la Cina?

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Il Future Life Institute è attivo nel promuovere un dibattito su questo tema e nel cercare di mettere al bando la creazione di strumenti nocivi.

C’è bisogno di una riflessione complessiva sui problemi della nostra epoca. Dobbiamo curare l’intero sistema e per farlo c’è bisogno di buone diagnosi, indicatori approfonditi dello stato delle cose e di uno sforzo interdisciplinare che superi visioni settoriali della conoscenza. Si rende sem-pre più necessario che i ricercatori di Intelligenza Artificiale lavorino insieme agli economisti, ai sociologi, agli ingegneri ambientali e a tutti coloro che siano interessati a migliorare il benessere collettivo.

Nel 2017 Stephen Hawking aveva analizzato con lucidità i successi dell’Intelligenza Artificiale di-cendo: “Siamo sulla soglia di un mondo completamente nuovo. I benefici possono essere tanti, così come i pericoli, e le nostre AI devono fare quel che vogliamo che facciano…..non possiamo prevedere cosa riusciremo a raggiungere quando le nostre menti verranno amplificate dalle AI. Forse, con questi nuovi strumenti, riusciremo a rimediare ai danni che stiamo infliggendo alla na-tura e forse potremmo essere in grado di sradicare povertà e malattie. Ogni aspetto della nostra vita verrà trasformato. Ma è anche possibile che con la distruzione di milioni di posti di lavoro venga distrutta la nostra economia e la nostra società”.

Ci rendiamo conto che dobbiamo generare ricchezza preservando il pianeta, la biodiversità, le risorse. Anche in questo caso l’Intelligenza Artificiale può divenire uno strumento prezioso. Molti centri di ricerca si stanno muovendo in questa direzione ma sempre più dovremo contare sulla nostra intelligenza.

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[1] https://www.eff.org/ai/metrics

[2] ll cigno nero (titolo originale The Black Swan) è un saggio filosofico/letterario dell’e-pistemologo ed ex trader Nassim Nicholas Taleb, esperto di origine libanese di scienze dell’incertezza. Il libro si focalizza sul forte impatto di alcuni avvenimenti rari e impreve-dibili e sulla tendenza umana a trovare retrospettivamente spiegazioni semplicistiche di questi eventi. Questa teoria è da allora conosciuta come la teoria del cigno nero.

[3] La International Medal for Outstanding Discoveries in Mathematics, o più semplice-mente medaglia Fields, è un premio riconosciuto a matematici che non abbiano superato l’età di 40 anni in occasione del Congresso internazionale dei matematici della Internatio-nal Mathematical Union (IMU), che si tiene ogni quattro anni. La medaglia Fields è spesso considerata come il più alto riconoscimento che un matematico possa ricevere.

[4] European Association for Artificial Intelligence EurAI e le sue espressioni nazionali. In Italia AI*IA, Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale.

BIBLIOGRAFIA

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