Fil(. 1. FILIPPO DE PI~IS: Rit-n,llo di w("<:lIio (1924). Renna , R. Galleria Naziouale d'Arte Moderna.
Fig. 2. FILIPPO DE PI5IS: l'ìalura morta (IQ27), Roma, R. Galleria l\azionale d'Arte Moderna.
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TAY. XXXVI.
Fig. 3. FILIPPO DE l'BIS: Cortina d'Ampezzo (19:!'). Roma. R. Galleria Nazionale rl'Arlc Moderna.
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TAV. XXXVII.
Fil!. 1·.- FILIPPO [)E PISI,;: !'\atura mor'" (1936) . Homa. R.' Galleria Nazionale d'Ar'" Moclerna.
Fig . . l . FILIPPO DE PI~IS: Natura morla aerea (1937). Roma , R . Galleria Nazionale d'Arte Moderna.
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Fig. 6. FILIPPO DE 1'1515: Interno CHn ~iOYnll e Il''r,ro (1937). Il ,,:,, :', R. Gall~riH NRziJna!c d' Arle ~lcderna.
Fig. 7. Fll.IPPo DE PISI,: Quai des Tournclles (1938). Il ·);ns, R. Call/'ria !\'azionnl .. d'Arte Moderna.
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Dodici dipinti regalati da Filippo De Pisis alla R. Galleria d'Arte Moderna di Roma
Con recente atto di liberalità il pittore Filippo De Pisis ha chiesto a S. E. Bottai di potere regalare allo Stato un certo numero dei suoi dipinti, da destinarsi a comporre una sa letta nella R. Galleria d'Arte Moderna di Roma. Essendo stato accolto il dono, si pubblica intanto il seguente saggio di Giuseppe Raimondi, che, nell'ambito di una più vasta indagine sull' arte di De Pisis, illustra i 12 dipinti, molti dei quali ancora inediti, e appartenenti a epoche diverse dell'attività pittorica dell'artista. I dipinti stessi sono stati esposti nella seconda metà del
corrente mese di Dicembre XVIII alla Galleria di Roma.
Per tentare una situazione almeno approssimativa dell'arte di De Pisis, bisognerehbe poter definire i suoi rapporti con le opere dell'impressionismo francese, rapporti che restano quanto di più elusivo e patetico possa immaginarsi. Avendo iniziato il suo lavoro su premesse strettamente letterarie, e per scopi quasi dì commento figurativo ad una vocazione di pura poesia, egli dimostrò per tempo di possedere una speciale facoltà, per cui l'immagine letteraria, sempre un poco forzata in una sorta di enfasi romantica, si trad uceva di volta in volta in una forma plastica la più concreta. Una scrittura che si valeva dei colori, e che veniva steS'l ancora più precisa e completa, dalla punta del pennello; ma gonfia, appassionata di intenzioni 1etterarie. Taluni quadri, anzi i migliori, di De1acroix, partecipano di un r;;imile carattere. In quel tempo, le cui origini si spingono fino al lontano 1915, le sue composizioni dovevano accompagnarsi all'attributo di « metafisico », di « medianico », o di « tragico» per esprimere le particolari suggestioni che ne avevano guidato la scelta o l'assortimento. Un orgasmo polemico trasudava nella loro resa, manifesto nell'affondarsi più nero delle ombre, nella materia più densa, spinta quasi ad una materializzazione del soggetto. Noi sappiamo chi aveva propagandato una tale estetica, per cui in una miscellanea, ancora di sapore tra il popo-
M.L.
laresco e l'antiquario, si tenevano compagnia pesci, biscotti, fulminanti svedesi, pere di gomma e serviziali.
Non che De Pisis non trattasse l'argomento con spirito e originalità, anzi mettendovi una specie di arguta e bonaria truculenza, e, sfogando inopinatamente una sua vena di collezionista di farfane della valle padana, non si fosse peritato di appuntare una vanessa dalle aH di anilina al centro di un monocromo mantegnesco ~ ma sta il fatto che egli uscì presto alla ricerca dei paesaggi più inediti dell'impressionismo, o, chiuso in istudio, ritentò, a suo modo, l'ottocentesca delicatezza dei fiori di Manet. Questo gli accadde già verso il '23, e in tale senso il suo lavoro si andò poi raffinando. Da allora, egli intraprese per suo conto, e all'insaputa dellc tendenze correnti, un lento, appassionato viaggio attraverso le opere dei maestl·i francesi, una vera sthendaliana passeggiata, condotta con un garbo e una avvedutezza tutta italiana, attraverso i paesi e le persone ideali di quella grande epoca artistica. Entusiasta, ma prudente; dotato di una cultura e di un'esperienza figurativa già smalizzite; consapevole di una dote visiva di eredità veneta, e, persuaso di un nativo concepimento altamente fantastico e intellettuale, egli azzardò la realizzazione di un lavoro, di cui lo strumento era ormai dimenticato sullo st('sso suolo di Francia. Fu il periodo delle cosiddette « nature
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morte marine », negli ~nni dal '24 al '27. Il segno di unà ritrovata libertà, di una felicità suprema, che. da allora non. si è più cancellato. Proprio in codeste poeticissime composizioni, è già visibile la lezione di quello, tra i maestri impressionisti, che più egli deve aver sentito affine di temperamento: Manet. Del quale, il quadro« Sur la plage» del '73 è una straordinaria natura morta marina, avente due grosse figure in primo piano, come mostruosi frutti di mare, e nel fondo la distesa delle acque verdi. Anche la sua tavolozza ne restò impressionata: l'uso delle lacche rosse, affondate nella dolcezza delle terre gialle o bruciate; gli accordi sui complementari, giallo-oro e blù di Prussia, e l'infinita scala dei verdi accordata coi rossi. Ma inoltre si direbbe che il pittore dell'Olimpia ha suggerito a De Pisis l'ardito impianto di talune composizioni, o piuttosto il modo irruento di aggiustarne gli oggetti. Qualcosa di brusco e violento nella presa, cui segue la rapidità ansiosa della rappresentazione, ottenuta con i mezzi più alla mano. Onde, sulla tela dalla lievissima imprimitura, si espandono le pennellate a furia, larghe, non grasse di colore, intense nella materia, scorrevoli, asciutte e solo a tratti raggrumate in una sosta più densa, come i nodi in una canna di bambù. E la rapidità della visione mai disgiunta da una sorta di intellettuale ilarità, pari a quella delle « Corse dei Tori» o a quella della «Partenza da Boulogne del vapore di Folkestone ». Anche per De Pisis, la composizione deve essere affollata, gremita, brulicante, perchè egli possa realizzare il problema della terza dimensione, anzichè ubbidendo alle leggi tradizionali della prospettiva, con l'esaltare talune parti del quadro, cioè con una accentuazione plastica ottenuta quasi sempre a mezzo dell'impiego di colori puri. Lo spazio intorno viene ad acquistarne la necessaria degradazione dei piani. Sono allora le improvvise colate dei neri, cari a Manet.
Questo si vede nello stupefacente «Quai des Tournelles », e nei diversi paesaggi londinesi dell'anno 1935.
Di altri grandi francesi, parrebbe di doveI' pensare che egli ne abbia avuta una familiarità piena di riguardosa attenzione, e un rispetto che gli facesse ristudiare le opere loro come per una affettuosa evocazione. CosÌ di Cézanne, dal quale potrebbe avere appreso un modo di stemperare e diluire i colori sulle carte all'acquarello, macchiando, infoltendo il segno tracciato dal colore stesso, annacquando di nuovo i tenui verdi, i rossi, i cilestrini, i gialli paglierini e quelli d'arancio. Lo stesso senso, come di parete dilavata, dopo l'acquazzone, e l'odore acre di terra fresca.
Infine diremo di Degas, l'elegante, l'esoterico, e di quanto la sua arte raffinata e classica può essersi trasfusa nella pittura di De Pisis: l'incandescenza della materia, soprattutto, colori che ardono, fino alla combustione lenta della forma, che ristagna, brace soffocata entro i contorni neri carbonizzati. Entro di essi, il colore s'impaludisce, crea isole, arcipelaghi, che trascolorano e splendono in una luce di tramonto; la forma scorre, nel campo del disegno. Il colore stacca, campisce gli spazi, con una idea di vetrata, anzi con un sospetto di sostanza vetrosa, di superfice vetrificata. Sentono il suggerimento di Degas opere come 1'« Apollo seduto» (1930), e come il «Bagnante », (1938); nelle quali la distanza delle date fa ritenere quanto fosse efficace e fondata l'applicazione in tale senso.
Ma la fiducia nella cronologia è un'illusione per l'opera già cosÌ popolosa ' di De Pisis, tanto la continuità del suo stile, riconoscibilissimo da quasi vent' anni, è cosa stabilita. Se esso varia, è solo per intensità. E di sempre, lo abbiamo visto, la furia, la rapidità e la felicità nativa del suo lavoro, che si realizza come in un lucido e calmo delirio. I modi, i mezzi espressivi, sono veramente quelli di una
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T.w. XXXIX.
Fi;!. II . FILIPPO DE PISIS: Ritratto) (1937). Romo. R. Galleria d'Arte Moderna.
Fig. 9. FII.1PPO Df; PISIS: Natura morta con la temp",tn (1938). Roma, R. Galleria d'Arte Moderna.
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FILIPPO DE PI , IS: • ntorn IIIorln in interno chiaro (J93:J). Roma, R. Galleri azionale d'Arte Moderna.
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LE ARTI
delirante concezione, che non trascura in ogni momento gli avvertimenti più sottili dell'intelligenza. E, proprio durante codesti vent'anni, suo scopo sembra essere stato quello di semplificare tali mezzi. Ma una semplificazione assai complicata, pcr le inflessioniparticolari dell'animo e della mente. Un'apparente povertà di strumenti tecnici, un assottigliarsi di schemi, un ritorno quasi a tracce viete e comunali. Ma illla profondità, nel timbro, che ha del doloroso, come si avverte nella monocromia del « N egro nello studio », cui strappa accenti umani e quotidiani d'infinita tristezza l'azzurro miserabile della cravatta fra tanto grigio, verde e nero assiepati. Una sincera tristezza d'emigrato, cui quel poco di azzurro punge come il cielo fermo del proprio paese.
La S11a pennellata acuita tenta la tela, in varie parti, la lambisce affrettata; se ne stacca; la riprende, vi impazza sopra in freghi aspri, la urta da ogni lato, la ferisce con strappi affilati di colore, l'avvilisce; ma infine ne compone e raduna su di essa le parti di vero, visto o immaginato, con una miracolosa letizia. Coltura affinata, capriccio intellettuale, un temperamento lunatico e saturnino nel concepimento, vi hanno presieduto. Il suo linguaggio pittorico si è fatto, cogli anni, più impervio e impaziente, esige l'attenzione più acuta del riguardante: sono tocchi, punti, come fori neri, tracce, digitazioni rabbrividenti, incrinature, e macchie, come di fumo che si teme di veder sparire. Sono gocce, grumi, pillacchere, sporcature. Un sentimento triste e feroce della vita ne sprigiona; come in cospetto di un processo biologico e morale; una visione disperata e distaccata dell'umanità. Una interpretazione del mondo, sotto l'apparenza idillica e provinciale, effettivamente spietata, e goyesca a suo modo.
Partito, al momento già assai remoto del suo lavoro d'inizio, con la scorta degli insegnamenti impressionistici, o, come si
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è detto, avuta l'occasione dell'incontro con i maggiori maestri francesi dell' 800, la sua opera si è svolta in una completa indipendenza dai movimenti pittorici contemporanei. N eoclassicismo tipo milanese, neorealismo di scuola romana, tradizionalismo, primitivismo: tutto ciò è avvenuto quasi a sua insaputa, nell'ultimo ventennio di pittura italiana, durante il quale si è precisata la statùra di quei tre o quattro pittori che soli contano e conteranno. Difatti la «natura morta in interno chiaro », datata '33, sta al centro della sua opera, quasi riassumendo le esperienze trascorse e preludendo in pieno quelle a venire. Domati nella tonalità generale grigia, sprizzano le lacche carminate, caldo rubino nel cono dei bicchieri, il lucido della bottiglia, le verdi costole del drappo di fondo, componendo l'allucinata
. visione del quadro. La tecnica è all'incirca quella nota: tocchi lievi, e segni fondi, dove il colore s'incupisce; un disegno sfuggente ma fermo, un tratto aereo, volante, ventoso; questa è la materia onde s'intesse il soggetto già per sè impalpabile e trasparente, del vetro. Tutto è terso, impazzito di luce. Per tentare un confronto, bisogna rifarsi a Tintoretto, quello del «San Rocco confortato dall'Angelo », che dispone di una materia altrettanto inafferrabile. Forme che la luce crea e dissolve, private di ogni personalità, sentite come terra, cencio, carta, da trasformare in una sostanza preziosa e durevole, non solo viste nella loro qualità materiale, ma meditate, pensate ed evocate nella loro più pura essenza; restituite alla vita in un momento di perfezione che trascende i confini pratici dell'arte figurativa, per assumere quella particolare e inesprimibile completezza che è la poesia realizzata.
Il punto d'attacco dell'arte di De Pisis con la tradizione italiana, è rintracciabile in qualcosa di pungente, di estroso e quasi volante che traspare dal carattere, fisico
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e materiale, del suo stile. Quel bizzarro, e impetuoso suo segno che si è detto, dotato di una incurvatura di sapore anacronistico, cosÌ rapido e preciso nel realizzare la forma, quell'urgenza sfrenata per cui, anche nelle sue tele, i tratti sono fermati, tracciati con segni quasi di penna, macchiati, accennati sommariamente. Egli scrive in punta di pennello. Macchiare, si direbbe proprio il suo tratto, ed è un gustò un poco veneto; conservando qualcosa della furia del disegno, più lieve e corrente nelle parti restanti, ma in quaIcuna, nello scavo di un'orbita, nella curva di una bocca, nel forare di un orecchio, affondati nel nero dell'ombra più nera. Ferrarese, De Pisis, è bene l'erede del padano GuerciÌJ.o, maestro della «grande macchia» nel disegnare. E messo su questa strada gli dev'essere riuscito agevole di tradurre un tale istinto in una materia pittorica accortamente fluida, ma non troppo, di tocco più che d'impasto, insomma plastica, esprimente il senso un poco arso di bassorilievo sbozzato in creta. CosÌ, &i può dire elusivamente, egli ha
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realizzato una specie di nuovo barocco, applicato su una materia magra e asciutta, prodotto di un temperamento intellettivo. Un barocco senza scorci, volute e sforzature, ma di una spietata tensione nel concepimento e nell'impianto dell'opera. Animato da una vitalità dispersiva, e quasi microbi ca ; atmosferico, addirittura pulviscolare. Ma senza faticosi impasti di colore; anzi pulito, scabro, e con un senso di arsura quale emana da una tempera di Tiepolo, nella quale si avverta il tepore del tono riscaldare lo strato di gesso.
Guercino, Tiepolo, questi sono gli estremi punti barocchi, entro cui può essere maturata nel primo inizio la visione figurativa di carattere italiano settentrionale di Filippo De Pisis, cui si accompagnò indubbiamente più avanti l'insegnamento dei maestri francesi, che abbiamo ricordato.
GIUSEPPE RAIMONDI.
NOTA. - Le fotografie di quest' articolo, compreaa quella a colori, sono state eseguite dal R. Gabinetto forografico della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti.
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