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Scuola universitaria professionale della Svizzera italianaDipartimento economia aziendale, sanità e socialeCentro competenze tributarie

Novità fiscaliL’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale

www.novitafiscali.supsi.ch

N° 4 – aprile 2020

Politica fiscaleIntroduzione dell'istituto del trust in Svizzera 173Giovanni Merlini

Diritto tributario svizzeroL’assoggettamento all’imposta di donazione ticinese delle liberalità contenute in un contratto misto o simulato 179Vittorio Primi

Dalla concorrenza internazionale a quella intercantonale 183Simone Leonardi e Andrea Bernasconi

Diritto tributario italianoReddito di lavoro dipendente: i servizi erogati nell’interesse del datore di lavoro non sono tassabili 188Nicola Fasano e Antonio Delfino

Diritto tributario internazionale e dell'UEAnalisi di una domanda “rogatoriale”: tra garanzie offerte e opportunità (residue) 192Marco Compagnino e Giovanni Mercanti

Il Qatar nella fiscalità internazionale contemporanea 198Maryam Al-Asmakh, Talal Abdulla Al-Emadi, Aaron Meneghin e Roberto Scalia

How to Tax the Digital Economy? 208Peter Altenburger e Joseph Czajkowski

Diritto finanziarioIl progetto di modifica della LRD 215Francesco Naef

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzeroL’utile di liquidazione di una società panamense beneficia dell’imposizione attenuata? 219 Sabrina Piemontesi Gianola

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italianoIl trust e le imposte di successione 224Elio Blasio

Il nuovo orientamento “consolidato” della Cassazione in temadi tassazione indiretta del trust: non è tutto oro ciò che luccica 227Carmine Marrazzo

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La Rivista “Novità fiscali”, nella sua edizione di aprile 2020, esordisce con un’analisi di politica fiscale, a cura di Giovanni Merlini, focalizzata sull’introduzione dell’i-stituto del trust in Svizzera. Nella seconda sezione, relativa al diritto tributario svizzero, Vittorio Primi si sofferma sull’assoggettamento delle liberalità conte-nute in un contratto misto o simulato all’imposta di donazione ticinese. Simone Leonardi e Andrea Berna-sconi, invece, presentano un contributo in tema di concorrenza internazionale ed intercantonale. La terza sezione della Rivista, dedicata al diritto tributario ita-liano, contiene un saggio, di Nicola Fasano ed Antonio Delfino, concernente la tassabilità dei servizi erogati nell’interesse del datore di lavoro. Nella quarta sezione, dedicata all’analisi di problematiche di diritto tributario internazionale e dell’UE, Marco Compagnino e Gio-vanni Mercanti analizzano una domanda “rogatoriale”, esaminando le garanzie e le opportunità (residue) che a questa si collegano. Maryam Al-Asmakh, Talal Abdulla Al-Emadi, Aaron Meneghin e Roberto Scalia delineano poi un quadro dettagliato dell’evoluzione del sistema fiscale del Qatar, delineandone i possibili scenari futuri. A seguire, Peter Altenburger e Joseph Czajkowski, affrontano il tema della tassazione dell’e-conomia digitale. All’interno della quinta parte della Rivista, dedicata all’analisi di problematiche di diritto finanziario, Francesco Naef studia il progetto di modi-fica della LRD. All’interno della sesta sezione, dedicata ad una rassegna di giurisprudenza tributaria svizzera, Sabrina Piemontesi Gianola studia il fenomeno dell’im-posizione di un utile di liquidazione in Ticino di una società panamense. L’ultima sezione della Rivista, recante rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano, esprime un contributo di Elio Blasio, concer-nente la relazione tra il trust e le imposte di successione, ed un saggio di Carmine Marrazzo, in cui si esamina il nuovo orientamento “consolidato” della Cassazione in tema di tassazione indiretta del trust.Andrea Purpura

Redazione

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IntroduzioneNovità fiscali04/2020

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Politica fiscale

Giovanni MerliniAvvocato e notaio, Dr. iur.Studio legale e notarile Merlini Lappe Partners, Ascona e Lugano

Tratto dal testo della relazione tenuta in occasione del Convegno organizzato dal Centro competenze tributarie della SUPSI e intitolato “Novità in ambito di trust”, tenutosi il 4 febbraio 2020 a Manno.

La pressione politica per l’adozione di un trust di diritto svizzero è aumentata negli ultimi anni

L’introduzione dell’istituto del trust in Svizzera

I. Le proposte parlamentari e la posizione del Consiglio federaleNella sessione primaverile del 2019 il Consiglio nazionale ha approvato la mozione n. 18.3383 che chiede l’introduzione dell’istituto del trust nell’ordinamento giuridico svizzero; la stessa mozione era già stata adottata dal Consiglio degli Stati nella sessione estiva dell’anno precedente[1].

[1] Mozione n. 18.3383, Introduzione del trust nell’ordinamento giuridico svizzero, depositata dalla Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati il 26 aprile 2018, in: https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20183383 (consultato l'08.04.2020).

La recente approvazione della mozione n. 18.3383 da parte delle Camere federali segna una svolta politica importante e obbliga il Consiglio federale a preparare un disegno di legge per l’introduzione dell’istituto del trust nel diritto privato sviz-zero. L’iter legislativo sarà ancora lungo e complesso, ma la via dovrebbe essere tracciata. Sarebbe vantaggioso disporre di un trust di diritto svizzero, considerata la versatilità di questo strumento affermato a livello internazionale. La diffidenza del Consiglio federale nei suoi confronti è stata alimentata dai casi di abuso a scopo di elusione fiscale di trust di diritto straniero nei decenni passati. La Circolare n. 20 dell’AFC, del 27 marzo 2008, ha quindi portato chiarezza e limitato la possibilità di un uso incongruo dell’istituto.

Negli ultimi anni, il Parlamento svizzero ha chiaramente espresso, a più riprese, il suo consenso nei confronti di uno strumento la cui adozione eliminerebbe un importante svan-taggio competitivo per la nostra piazza finanziaria, venendo inoltre a colmare una lacuna nel diritto privato svizzero. Il 27 febbraio 2017, il Consiglio nazionale aveva infatti già appro-vato a larga maggioranza il postulato (n. 15.3098) depositato dal sottoscritto a nome del Gruppo liberale radicale che chiedeva di esaminare un’eventuale regolamentazione del trust nell’ambito del Codice civile (CC; RS 210) o del Codice delle obbligazioni (CO; RS 220)[2] e il 20 ottobre dello stesso anno la Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazio-nale aveva deciso di dare seguito all’iniziativa parlamentare nella forma generica (n. 16.488) del collega Fabio Regazzi, che pure mira ad ancorare il trust nel nostro diritto privato[3]. La Commissione sorella del Camera dei Cantoni aveva a sua volta dato seguito a questa iniziativa parlamentare e anzi aveva rincarato la dose, decidendo appunto di depositare anche una mozione per aumentare la pressione sul Consiglio federale che finora – e comunque fino all’adozione dello scambio automatico di informazioni in materia fiscale – si è opposto all’ipotesi di introdurre il trust nel diritto svizzero, per altro senza avanzare argomenti convincenti.

Da quando la Svizzera ha riconosciuto i trust di diritto stra-niero, ratificando il 26 aprile 2007 la Convenzione dell’Aja sul diritto applicabile ai trust e sul loro riconoscimento[4], i rischi di elusione fiscale in relazione ad un futuro trust di diritto sviz-zero risulterebbero sensibilmente ridimensionati, visto che la sua imposizione ricalcherebbe la prassi consolidata in materia

[2] Postulato n. 15.3098, Esame dell'opportunità di una normativa in mate-ria di trusts, depositata dal Gruppo liberale radicale (Portavoce: on. Giovanni Merlini) l’11 marzo 2015, in: https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20153098 (consultato l'08.04.2020).[3] Iniziativa parlamentare n. 16.488, Introdurre l'istituto del trust nella legislazio-ne Svizzera, depositata dall’on. Fabio Regazzi il 13 dicembre 2016, in: https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20160488 (consultato l'08.04.2020).[4] Convenzione che risale al 1° luglio 1985 ed è entrata in vigore, per il nostro Paese, il 1° luglio 2007 (RS 0.221.371).

I. Le proposte parlamentari e la posizione del Consiglio federale ................................................................................. 173II. Il trust e le sue configurazioni possibili ....................... 174III. La necessità di agire a livello legislativo (Handlungsbedarf) ....................................................................175IV. I surrogati (inadeguati) del diritto svizzero vigente .. 176V. Conclusioni ....................................................................... 178

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Politica fiscale

di trust stranieri, chiaramente definita dalla Circolare n. 30 della Conferenza svizzera delle imposte (CSI), del 22 agosto 2007, e dalla Circolare n. 20 dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), del 27 marzo 2008, su cui tornerò in seguito.

II. Il trust e le sue configurazioni possibiliPrima di entrare nel merito delle ragioni che militano a favore della codificazione di questo istituto nel diritto elvetico, però, può essere utile rammentare per sommi capi le caratteristi-che principali del trust, senza alcuna pretesa di completezza. A tal proposito è famosa la battuta di Hayton, il quale diceva che “like an elephant, a trust is difficult to describe but easy to recognise”. Il trust affonda le sue radici nella storia medioevale inglese e le sue varie configurazioni sono poi andate sviluppandosi anche negli altri Paesi di tradizione giuridica anglosassone. Rispondeva soprattutto all’esigenza di regnanti ed esponenti della nobiltà cavalleresca di affidare la gestione delle loro ricchezze (immobili e mobiliari) a persone di fiducia durante le loro prolungate assenze in missioni che li tenevano lontani dalla madrepatria, come nel caso delle crociate. Almeno due aspetti sono sempre stati centrali nell’evoluzione del trust durante i secoli:

◆ il primo è quello del rapporto di fiducia – come indica il suo stesso nome inglese – tra il disponente o costituente che dir si voglia da una parte e l’affidatario dall’altra, e

◆ il secondo aspetto è quello della preservazione del patri-monio a beneficio di singole persone (familiari o meno che fossero) oppure a beneficio di scopi filantropici e caritatevoli.

La specificità del trust consiste nella possibilità prevista dal common law – e perlopiù sconosciuta al civil law continentale – di attribuire contemporaneamente la titolarità della proprietà su di uno stesso bene a due diversi soggetti: la legal ownership (o legal estate) ad una persona e la real ownership (o equitable estate) a un’altra. Vedremo subito dopo come ciò avviene.

Ai giorni nostri la struttura in sé di questo negozio giuridico fiduciario non appare particolarmente complicata, se ci riferiamo alla definizione che ne dà l’art. 2 della Convenzione dell’Aja succitata.

Il trust presuppone una relazione giuridica triangolare che si instaura tra un costituente o fondatore (detto settlor) che – con una disposizione tra vivi o mortis causa (trust agreement o trust deed) – sottopone il suo patrimonio al potere di disposizione di un fiduciario (persona fisica o giuridica, detto trustee, generalmente un professionista del settore finanziario e assicurativo, un gestore patrimoniale, un avvocato d’affari o una società fiduciaria) trasferendoglielo integralmente o solo in parte, a favore tuttavia di terze persone e cioè di uno o di più beneficiari (detti beneficiaries, perlopiù i suoi discendenti o altri parenti, così come il convivente o la convivente e altre persone che il settlor intende beneficiare) oppure – ma solo nel caso del charitable trust – a favore di un determinato scopo caritatevole, che deve però essere definito in modo concreto e preciso. È inoltre facoltà – ma non obbligo – del settlor pre-vedere un sorvegliante (detto protector che pure può essere

persona fisica o giuridica), il quale è tenuto a controllare che il trustee (ossia il fiduciario) svolga il suo compito secondo le volontà contenute nell’atto di fondazione del trust; atto di fondazione che secondo la Convenzione necessita della forma scritta per la sua validità (mentre nei Paesi del common law ciò non è sempre il caso per tutti i tipi di trust).

Vi sono poi ancora alcuni requisiti che risultano per altro dalla definizione del trust secondo la Convenzione. Il primo è che il settlor si spossessi completamente dei beni affidati alla gestione del trustee (che possono essere immobili, beni mobili, denaro, titoli, imbarcazioni, opere d’arte e quant’altro) e che questi beni vengano quindi separati dal resto della sostanza personale del fondatore, venendo così a formare un patrimo-nio a sé stante e indipendente.

Il secondo requisito consiste nell’acquisizione da parte del trustee (il fiduciario) sia della proprietà civilistica dei beni che formano il trust, di modo che egli ne diventa legal owner (ossia legittimo proprietario), sia della titolarità dei crediti che even-tualmente lo compongono.

Da qui discende il terzo requisito, ossia una duplice facoltà del trustee: quella di disporre dei beni del trust, che però egli deve amministrare e utilizzare in conformità alle indicazioni contenute nell’atto costitutivo, e quella di far valere le pretese creditorie del trust nei confronti di terzi. Insomma, il trustee è formalmente, ma non materialmente proprietario del patrimonio separato che forma il trust. È la tipica situazione in cui al fiduciario compete un potere effettivo di disposizione che va oltre il perimetro dei suoi obblighi (überschiessende Verfügungsmacht) nei confronti del fondatore stesso in primis, ma anche nei confronti dei beneficiari, i quali sono sì gli aventi diritto economico sulla sostanza e sui redditi prodotti dai beni e dai diritti che formano il trust, ma hanno unicamente una pretesa giustiziabile di natura obbligatoria (einklagbares Forderungsrecht) verso il trustee ai fini di ottenere che egli adempia a quanto stabilito nell’atto costitutivo. Da notare che questa pretesa giustiziabile di natura obbligatoria compete solo ai beneficiari e non al settlor, cioè al fondatore.

Merita ancora di essere sottolineata una caratteristica tipica del trust: i beni che vi sono conferiti e che vengono trasferiti al trustee non entrano a far parte del suo patrimonio perso-nale e sono anzi segregati (o “posteggiati” separatamente) dal suo patrimonio, risultando così sottratti alle pretese dei suoi creditori personali. Alla stessa stregua i beni del trust non possono, quindi, far parte del regime matrimoniale e dell’asse successorio del trustee. Significa, dunque, che non si dà luogo alla cd. confusione dei beni del trust con quelli del trustee, cosicché nel caso di una sua insolvenza o di un suo fallimento gli stessi beni non rientrano nella massa fallimentare. Inoltre i beneficiari hanno un diritto di revoca dei beni del trust nel caso in cui il trustee dovesse violare l’obbligo di tenere distinto il patrimonio del trust dal suo personale.

Di regola, il trust può essere costituito solo a tempo determi-nato (rule against perpetuities), fatta salva la regolamentazione del trust caritatevole, che non essendo costituito a favore

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Politica fiscale

di persone beneficiarie designate nell’atto, bensì a favore di scopi di beneficienza, può durare a tempo indeterminato. Ma la regola è che una volta decorso il termine, il patrimonio del trust deve essere suddiviso tra i beneficiari. Di principio il trust deve sussistere, una volta costituito, per la durata media della vita di una persona a cui si aggiungono 21 anni. Nella prassi questo principio si rivela talora complesso da applicare e, in caso di violazione, può condurre a considerare il trust come non giuridicamente valido, con la conseguente restituzione dei beni al settlor, rispettivamente alla sua successione.

Il trust si distingue dalla fondazione, tra l’altro, per il fatto che il suo patrimonio distinto, separato e dedicato allo scopo pre-visto non ha personalità giuridica e, quindi, il trust stesso non è un soggetto giuridico e dunque nemmeno fiscale. Inoltre, la fondazione viene costituita a tempo indeterminato e non può essere revocata dal costituente, cosa che invece il fondatore di un trust che non sia irrevocabile può sempre fare a condizione che la facoltà di revoca (power of revocation) sia espressamente riservata nell’atto costitutivo (in questo caso si parla di grantor trust e negli Stati Uniti d’America di living trust).

Come noto, esistono più tipologie di trust. Senza entrare troppo nei dettagli basti qui ricordare che oltre al trust revo-cabile vi sono due tipi di trust irrevocabili:

◆ uno è l’irrevocable fixed interest trust per il quale il settlor ha già previsto nell’atto costitutivo i dettagli relativi ai bene-ficiari, designandoli individualmente e precisando i loro diritti e, dunque, il trustee non ha alcun potere discrezionale nella scelta dei beneficiari e nell’attribuire loro proventi e/o i valori patrimoniali del trust; in questo tipo di trust irrevoca-bile il settlor si priva definitivamente della propria sostanza e i beneficiari sono considerati gli usufruttuari delle quote stabilite dal fondatore: le singole devoluzioni sono, quindi, assoggettate alle imposte cantonali di successione ed eventuali proventi incassati dai beneficiari soggiacciono all’imposta sul reddito, a meno che si tratti di utili in capitale privati non imponibili secondo la Circolare dell’AFC;

◆ per contro, nell’irrevocable discretionary trust, il settlor, pur avendo alienato al trustee la proprietà sul patrimonio del trust, definisce di regola soltanto delle categorie ideali di beneficiari, senza specificarne l’identità (ad es. i membri della famiglia) e la decisione finale su coloro che dovranno beneficiare delle elargizioni viene lasciata alla discrezione del trustee. I beneficiari (che possono anche non sapere di esserlo) hanno, quindi, unicamente un’aspettativa sui beni del trust perché al momento della sua costituzione non vi è ancora un loro arricchimento, non essendo stato ancora stabilito quali persone, in quale misura e in quale momento beneficeranno davvero un giorno di un’elargizione. Dal profilo fiscale il patrimonio e i proventi della sostanza nel trust discrezionale non è imputabile al trust perché non è un soggetto giuridico e nemmeno al trustee che non ne è l’avente diritto economico e tantomeno ai beneficiari designati, e ciò finché non vi è alcun afflusso a loro van-taggio. In questo caso nella prassi, secondo la Circolare dell’AFC, sostanza e redditi del trust vengono imputati al settlor se egli aveva il suo domicilio in Svizzera al momento

della costituzione del trust. In caso di domicilio all’estero il patrimonio non è imponibile né in capo al settlor né in capo ai beneficiari e gli averi patrimoniali i proventi, rispettiva-mente i loro proventi diventano imponibili in capo a questi ultimi solo quando confluiscono nella loro sostanza e nei loro redditi.

III. La necessità di agire a livello legislativo (Handlungsbedarf)Perché vi è necessità di agire a livello legislativo? Prima di tutto per accrescere la trasparenza; oggi è, infatti, indispensabile far ricorso a disposizioni legali di altri Stati con cui pochi addetti ai lavori hanno dimestichezza; queste disposizioni possono, infatti, variare anche significativamente a seconda del diritto straniero applicabile nel caso concreto.

Maggiore trasparenza comporta anche maggiore sicurezza del diritto e, quindi, prevedibilità degli effetti giuridici per i clienti e per la piazza finanziaria, il che a sua volta va a tutto vantaggio della credibilità e reputazione dell’istituto stesso nella misura in cui viene ridotta al minimo – se non esclusa – la possibilità di strumentalizzazione del trust a fini dell’elu-sione fiscale, e ciò anche da parte di soggetti non residenti in virtù allo scambio automatico di informazioni.

La seconda ragione è la creazione di valore aggiunto per la nostra piazza economica: grazie ad un trust di diritto svizzero si creerebbero posti di lavoro nel nostro Paese per poter soddisfare la domanda costantemente in crescita. A dispetto della grande mobilità del capitale sarebbe così possibile trat-tenere in Svizzera consistenti averi patrimoniali di cittadini svizzeri residenti all’estero e attirare quelli di cittadini stranieri interessati ad una gestione patrimoniale secondo i criteri di qualità dei nostri istituti finanziari. Il terzo motivo è che la vigilanza sui trustee stranieri è molto più complessa in un’ot-tica di prevenzione del riciclaggio di denaro che non invece sui trustee svizzeri e residenti nel nostro Paese.

Sempre in punto alla necessità di agire a livello legislativo va segnalato quanto è emerso da uno studio intitolato “Regulierungsfolgenabschätzung zur Schaffung einer gesetzlichen Regelung von Trusts in der Schweiz – Anlyse der volkswirtschaft-lichen Auswirkungen, riportato nel recente rapporto finale del Büro für Arbeits- und sozialpolitiche Studien (BASS AG)”, del 5 dicembre 2019, allestito su incarico dell’Ufficio federale di giustizia, del Segretariato di Stato per le questioni finanziarie internazionali e dalla SECO[5]. Lo studio si fonda tra l’altro su una serie di interviste e di questionari sottoposti a diversi esperti e attori nei settori giuridico, fiscale e finanziario del nostro Paese, che si occupano professionalmente anche della gestione di trust stranieri. Il risultato più interessante di questo lavoro è che anche quegli esperti che hanno menzionato le difficoltà tecniche che potrebbero sorgere nella codificazione di un trust di diritto svizzero, sono dell’opinione che vi sia comunque

[5] Lo studio è disponibile al seguente link: https://www.seco.admin.ch/seco/de/home/Publikationen_Dienstleistungen/Publikationen_und_Formulare/Regulierung/regulierungsfolgenabschaetzung/vertiefte-rfa/rfa_zur_schaf-fung_einer_gesetzlichen_regelung_von_trusts_in_der_schweiz/rfastudie.html (consultato l'08.04.2020).

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necessità di agire a livello legislativo, soprattutto in considera-zione della prassi assai restrittiva del Tribunale federale circa gli scopi ammissibili delle fondazioni di famiglia e alla luce del divieto delle fondazioni di mantenimento. Questa forte limitazione rende pressoché impossibile soddisfare il bisogno della pianificazione successoria individuale e giustifica per-tanto la regolamentazione di un modello di trust elvetico.

Molti esperti hanno anche segnalato la necessità di andare oltre, modificando le norme vigenti in materia di porzione legittima. Le attuali porzioni legittime del diritto successorio svizzero risultano, infatti, troppo elevate e vanificano spesso una pianificazione successoria individuale efficace: non per nulla è pendente davanti al parlamento una proposta del Consiglio federale di revisione in senso più liberale, con un accrescimento sensibile della porzione disponibile.

Altri esperti hanno evidenziato il contributo che un trust di diritto svizzero fornirebbe all’attrattività della nostra piazza finanziaria agli occhi di persone benestanti residenti all’estero che, soprattutto per ragioni di sicurezza e di stabilità politica, desiderano trasferire tutto o parte del loro patrimonio nel nostro Paese. Oltre a incrementare la nostra competitività, il valore aggiunto diretto e indiretto, legato alla prevista diffu-sione del trust di diritto svizzero – anche se l’istituto interessa solo una ristretta fascia di popolazione con patrimonio netto superiore ai 5 mio. di fr. secondo lo studio – viene stimato nella variante di calcolo media a 137 mio. di fr. e nella variante elevata a 454 mio. di fr. all’anno, mentre il gettito fiscale supplementare per gli enti pubblici (imposta federale diretta, imposta sul reddito dei Cantoni e dei Comuni, imposta sul valore aggiunto e contributi sociali) è stato stimato nella variante media a 57 mio. di fr. all’anno e in quella elevata a 190 mio. di fr. all’anno.

Circa il 66% dei professionisti interpellati hanno ritenuto che il nostro diritto presenti a tal proposito una vera e propria lacuna da colmare e, di conseguenza, un gruppo di esperti ha formulato anche una proposta di modello normativo per un trust svizzero da regolare nel CO. A loro avviso l’isti-tuto dovrebbe riprendere quanto previsto dalla già citata Convenzione dell’Aja, almeno nei suoi lineamenti principali, e presentare inoltre le seguenti caratteristiche:

◆ la costituzione dovrebbe avvenire o per contratto o per dichiarazione unilaterale o per disposizione mortis causa, ritenuto che nei primi due casi la forma scritta dovrebbe essere obbligatoria;

◆ la costituzione dovrebbe prevedere una o più persone beneficiarie già determinate e il trust dovrebbe avere una durata determinata (massimo 60 anni), con possibilità di revoca da parte del settlor;

◆ dovrebbero essere esclusi il trust caritatevole e il purpose trust, per ridurre il rischio di abusi;

◆ il patrimonio del trust dovrebbe configurarsi come distinto da quello del trustee e, quindi, per sé stante, con la conse-guente separazione dalla sua massa fallimentare;

◆ dovrebbero essere disciplinati i diritti e gli obblighi del tru-stee, in particolare con riferimento ai doveri di diligenza, di

rendiconto e di informazione e dovrebbe essere prevista la facoltà di designare un protector;

◆ andrebbero precisati i diritti dei beneficiari (anche di essere informati), indicando quando essi possono far valere pretese giustiziabili verso il trustee e quando, invece, essi hanno soltanto delle aspettative sul trust;

◆ andrebbe prevista una giurisdizione non litigiosa e una procedura arbitrale per tutte le questioni relative ad un trust, per snellire i tempi procedurali e ridurre i costi giudi-ziari in caso di contenzioso;

◆ le restrizioni previste dall’art. 335 CC (divieto delle fon-dazioni di famiglia finalizzate al mantenimento) e quelle dell’art. 488 cpv. 2 CC non andrebbero applicate al trust (divieto della sostituzione fedecommissaria ripetuta; de lege lata l’obbligo di trasmettere l’eredità ad un erede sostituito non può, infatti, essere imposta anche a quest’ultimo);

◆ infine, il trattamento fiscale del trust svizzero dovrebbe rispecchiare di regola quello previsto attualmente per i trust stranieri.

IV. I surrogati (inadeguati) del diritto svizzero vigenteMa vi sono anche altri motivi che suggeriscono l’adozione del trust nel diritto svizzero. La flessibilità di questo strumento lo rende particolarmente idoneo alla pianificazione successoria in casi particolari, dove ad es. i beneficiari possono essere minorenni bisognosi di protezione o adulti portatori di han-dicap, oppure ancora per un trapasso successorio in più fasi e secondo precise modalità decise dal settlor o ancora per il perseguimento di progetti di utilità pubblica, per la succes-sione aziendale e per determinati negozi giuridici di garanzia o a fini previdenziali. Non per niente Paesi come la Scozia, il Liechtenstein, Malta e l’Austria lo hanno codificato nella loro legislazione civile e fiscale.

Come ha rilevato la dottrina e, in particolare, il professor Luc Thévenoz[6], benché i trust assoggettati a una legislazione straniera siano riconosciuti nel nostro Paese in virtù della Convenzione dell’Aja, i privati e le imprese residenti in Svizzera vi fanno raramente ricorso perché l’applicazione del diritto straniero è più impegnativa e crea sempre una certa esita-zione o insicurezza. Infatti, “[l]es actes du trust, presque toujours rédigés en anglais, sont d’une grande complexité et reposent sur des notions juridiques qui ne sont pas les nôtres. De ce fait, les personnes qui pourraient souhaiter organiser une transmission de certains biens sur plusieurs générations, et notamment pourvoir aux besoins d’un descendant vulnérable ou incapable de discernement, n’ont pas d’accès à un instrument de structuration patrimoniale utilisé dans de nombreux autres Pays. […] Un trust de droit interne permettrait de régler de nombreuses situations dans les limites fixées par notre ordre public. Il permettrait aussi de donner une solution simple et fiable à des problèmes répandus qui n’ont pas encore trouvé une solution sure en droit actuel”[7].

[6] Luc Thevenoz, Propositions pour un trust suisse; in: Revue suisse de droit des affaires et du marché financier, n. 2/2018, vol. 90, pp. 99-112, https://archi-ve-ouverte.unige.ch/unige:105758 (consultato l'08.04.2020).[7] Thévenoz, p. 99.

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Politica fiscale

In effetti, come rileva per altro lo stesso autore, le alterna-tive offerte dal diritto svizzero non solo non presentano la flessibilità del trust, ma neppure rendono possibile il rag-giungimento di tutti gli scopi che generalmente si prefigge un settlor. Il diritto svizzero sulle fondazioni (art. 80 ss. CC) si rivela subito problematico per un disponente che intendesse ad es. garantire il mantenimento di un membro della sua famiglia attraverso il versamento di una rendita periodica, evitando che entri in possesso del patrimonio appartenente all’asse successorio. La fondazione di famiglia del nostro diritto può essere eretta, infatti, unicamente per far fronte ai costi di educazione, dotazione o assistenza dei membri di una famiglia o per altri simili fini (art. 335 CC), ma non per il loro mantenimento e quindi non per beneficiare uno o più membri della famiglia, a prescindere dalla loro situazione personale (una disabilità o una malattia), con versamenti di manteni-mento regolari che consentano loro semplicemente un buon o migliore tenore di vita[8].

Il secondo grosso problema della fondazione è che le disposi-zioni vigenti impediscono al disponente di revocarla e, quindi, di ridiventare proprietario del patrimonio personificato (per-sonifiziertes Vermögen) dedicato allo scopo prescelto.

Un terzo problema è di natura fiscale: l’erezione di fondazione è soggetta di per sé all’imposta di donazione e successione per i valori patrimoniali conferiti nel suo capitale di dotazione e in taluni Cantoni l’aliquota d’imposta è quella applicata ai beneficiari non parenti del disponente e, quindi, la più elevata, con un onere fiscale quindi assai gravoso. Durante la sua esistenza la fondazione è assoggettata – come un normale soggetto fiscale con personalità giuridica propria – alle imposte sulla sostanza e sul reddito. Inoltre le prestazioni finanziarie della fondazione ai suoi destinatari (beneficiari statutari) non sono trattate in modo uniforme dal diritto fiscale dei Cantoni: alcuni le tassano con l’imposta sul reddito, altri con l’imposta di donazione, altri ancora le considerano esenti da ogni imposta se si tratta di contributi di sostegno finanziario. A tale proposito, secondo una sentenza dell’Alta Corte “sind Ausschüttungen von Ertrag der Einkommenssteuer und nicht der Schenkungssteuer zu unterwerfen”[9]. Il Tribunale fede-rale non si è, invece, pronunciato su come vadano trattati i proventi versati a terze persone attingendo alla sostanza della fondazione.

Complessivamente la soluzione della fondazione appare, quindi, svantaggiosa e inadeguata, in particolare per il cumulo fiscale che comporta (con doppia imposizione: prima a livello di conferimento del capitale di dotazione alla neocostituita fondazione e poi al livello di versamenti ai beneficiati, oltre-tutto spesso, ad entrambi i livelli, attraverso l’imposta di donazione ad aliquota massima).

A parte la fondazione del diritto svizzero, entrerebbe in con-siderazione quale surrogato al trust un negozio fiduciario. Si

[8] Divieto delle cd. Unterhaltsstiftungen, cfr. DTF 127 III 337; DTF 108 II 393 e DTF 93 II 439.[9] Sentenza TF n. 2A.668/2004 del 22 aprile 2005.

tratta di un contratto con cui il fiduciante incarica il fiduciario, il quale accetta, di stipulare un negozio giuridico in rappresen-tanza indiretta, ossia in proprio nome, ma nell’interesse e per conto del fiduciante.

Pur non essendo regolato dal CO, il contratto fiduciario è disciplinato per analogia dagli artt. 394 ss. CO, applicabili al contratto di mandato. La gestione fiduciaria e la garanzia fiduciaria (derivanti rispettivamente dalla fiducia cum amico e dalla fiducia cum creditore del diritto romano) presentano un’analogia funzionale con il trust nella misura in cui entrambi prevedono una dissociazione temporanea (ma spesso anche duratura) tra la titolarità giuridica di determinati attivi e il loro beneficio economico, perché il fiduciante (come il settlor) trasferisce la titolarità giuridica dei suoi beni al fiduciario che si impegna ad agire nell’interesse di uno o più beneficiari.

Nella gestione fiduciaria il beneficiario è lo stesso fiduciante al quale il fiduciario dovrà restituire i beni alla fine del rapporto giuridico e nella garanzia fiduciaria il beneficiario è, in primis, il creditore (spesso il fiduciario) e, in via sussidiaria, il fiduciante dopo che il creditore è stato tacitato. Tipico esempio è la prassi della consegna fiduciaria alla banca creditrice di cartelle ipotecarie con contestuale trasferimento della proprietà sui titoli a garanzia del credito ipotecario: la stragrande maggio-ranza dei crediti immobiliari in Svizzera (un mercato di oltre 1’000 mia. di fr.) è garantita in questa modalità.

Tuttavia il negozio fiduciario non è stato concepito stori-camente ai fini della trasmissione di beni a terze persone beneficiarie, ciò che invece contraddistingue la stragrande maggioranza dei trust. Il negozio fiduciario non è un succeda-neo valido al trust anche per due altre ragioni:

◆ primo, perché l’art. 404 CO – che è di natura imperativa – prevede la revocabilità del mandato da parte del man-dante, rispettivamente la deposizione del mandato da parte del mandatario in qualsiasi momento, e

◆ secondo perché il fiduciante conserva la facoltà di dare istruzioni vincolanti al fiduciario (art. 397 CO), di modo che quest’ultimo rimane necessariamente sottoposto al controllo del fiduciante nell’interesse del quale è tenuto ad agire, anziché poter operare in modo indipendente.

Ma proprio l’indipendenza del trustee è, invece, uno dei punti di forza del trust: il trustee non è tenuto, infatti, a rispondere al settlor per l’adempimento conforme delle volontà espresse nell’atto costitutivo, bensì deve semmai risponderne ai bene-ficiari. Un’ulteriore differenza consiste nel fatto che, riservato l’art. 401 CO, gli attivi e passivi affidati al fiduciario non si configurano come un patrimonio distinto dal patrimonio personale di quest’ultimo e, quindi, (salvo in casi particolari) non possono essere estromessi dalla sua massa fallimentare in caso di insolvenza.

Inoltre in caso di decesso, incapacità di agire e fallimento del fiduciante o del fiduciario si estingue il rapporto fiduciario, riservati i patti contrari (art. 405 CO). Ne segue che eventuali terzi beneficiati dal negozio fiduciario non sono abilitati a far

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178 aprile 2020

Politica fiscale

valere pretese risarcitorie verso il fiduciario, a meno che la loro posizione giuridica sia stata rafforzata attraverso la costitu-zione di un usufrutto a loro favore sui beni affidati al fiduciario (art. 745 CC) o che il negozio fiduciario sia stato combinato con un contratto a favore di terzi ai sensi dell’art. 112 CO.

V. ConclusioniNelle prossime settimane dovrebbe essere licenziato il rapporto del Consiglio federale in merito al mio postulato n. 15.3098, citato in esordio: scopriremo, quindi, se il Governo sarà riuscito a mitigare il suo scetticismo di fondo nei con-fronti di un trust di diritto svizzero, anche alla luce di una così chiara maggioranza parlamentare, delle risultanze della consultazione negli ambienti interessati e dell’evoluzione in corso in diversi altri Paesi europei.

L’introduzione di questo istituto flessibile nell’ordinamento giusprivatistico svizzero aprirebbe nuovi spazi d’azione inte-ressanti nell’ambito della pianificazione successoria, privata e aziendale, e del perseguimento di progetti di utilità pubblica o a finalità previdenziale. Se ne gioverebbe anche la nostra piazza finanziaria che potrebbe offrire uno strumento apprezzato da residenti e non residenti con patrimoni rilevanti e interessati ad una gestione di qualità. Ne guadagnerebbero sia la tra-sparenza per gli addetti ai lavori sia la sicurezza del diritto, potendo essere applicate disposizioni del diritto domestico e non più di diritto straniero (con tutte le difficoltà connesse). Sarebbero così superate le difficoltà e inadeguatezze legate alle restrizioni tipiche del diritto svizzero delle fondazioni, delle fondazioni di famiglia e delle norme che disciplinano i negozi fiduciari.

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Diritto tributario svizzero

Vittorio PrimiGià capo dell’Ufficio delle imposte di successione e dona-zione della Divisione delle contribuzioni

Ai fini dell’imposizione con l’imposta di donazione delle liberalità contenute in contratti misti o simulati è necessario che sia presente la volontà di effettuare una donazione

L’assoggettamento all’imposta di donazioneticinese delle liberalità contenute in un contrattomisto o simulato

La Camera di diritto tributario del Tribunale di appello del Canton Ticino (CDT) aveva sempre ritenuto, nella sua giu-risprudenza in vigore fino al luglio 2009, che la nozione di donazione dovesse essere assistita da tre elementi: (i) doveva trattarsi di un atto di attribuzione, (ii) effettuato a titolo gratuito o parzialmente gratuito, (iii) assistito dalla volontà di effettuare una donazione. In altre parole, ai fini dell’im-posizione con l’imposta di donazione un’operazione doveva essere assistita dall’animus donandi. Tuttavia, nella sentenza CDT n. 80.2008.57 del 30 luglio 2009, la CDT si è chiesta, lasciando aperta la questione di principio, se sia giustificato esentare dall’imposta di donazione l’incremento patrimoniale gratuito di cui beneficia chi riceve una controprestazione di valore nettamente superiore alla sua prestazione, quando la sproporzione non dipende dalla volontà dell’altro contraente. In altre parole, la CDT nella citata sentenza si è chiesta se sia necessaria, o meno, ai fini dell’imposizione con l’imposta di donazione, in caso di sproporzione tra la prestazione e la controprestazione, l’esistenza di un animus donandi, lasciando però insoluta la questione di principio. Successivamente la CDT ha ripreso la sua giurisprudenza confermando che ai fini dell’imposizione di una donazione è necessaria l’esistenza di un animus donandi (sentenze CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018; n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018), ribadendo che gli elementi costitutivi della donazione nel diritto fiscale sono l’esistenza di un atto di attribuzione (Zuwendung), la sua gratuità (parziale o totale) e l’intenzione di effettuare una liberalità. Con il ripristino della giurisprudenza in vigore prima della sentenza n. 80.2008.57 del 30 luglio 2009, la CDT si è nuovamente riallaciata alla giurisprudenza del Tribunale fede-rale e alla parte maggioritaria della dottrina. Per completezza si osserva che alcune prassi cantonali e una parte minoritaria della dottrina, seguono invece una concezione puramente oggettiva della donazione, senza interessarsi alla volontà del donante (cfr. la sentenza testè citata, consid. 3.2). Nel presente articolo si esamina l’aspetto soggettivo della volontà di effettuare una donazione nell’ambito dei contratti misti e si fa un breve accenno alla problematica dei contratti simulati.

I. La sovranità dei Cantoni in materia di imposte di suc-cessione e di donazioneLe imposte di successione e di donazione rientrano nelle competenze dei Cantoni, i quali dispongono di un’autonomia in tale materia. Questa, tuttavia, non è illimitata dovendo in ogni caso la regolamentazione cantonale essere rispettosa delle varie garanzie sancite dal diritto federale[1].

I Cantoni possono, quindi, decidere se prelevare, o meno, le citate imposte. Ad es., i Cantoni di Svitto e Obvaldo non pre-levano le imposte sulle successioni e sulle donazioni, mentre il Canton Lucerna non preleva l’imposta di donazione sotto-ponendo, tuttavia, talune categorie di donazioni all’imposta sulle successioni. Il Canton Ticino ha scelto di prelevare sia l’imposta sulle successioni sia quella sulle donazioni (art. 1 cpv. 1 lett. e della Legge tributaria del Canton Ticino [LT; RL 640.100]) e non ha esteso tale diritto ai suoi Comuni.

II. La nozione di donazione nel diritto cantonale ticinesePer quel che riguarda l’imposta di donazione si deve rilevare che, analogamente ad altre legislazioni cantonali, il diritto tributario ticinese adotta una nozione di donazione propria,

[1] Sentenza TF n. 2P.143/1998 dell’8 marzo 1999; Vittorio Primi, Le impo-ste di successione e donazione nei rapporti con l’estero, IIa ed., Manno 2017, p. 21 (cit.: Imposte di successione e donazione con l’estero); Vittorio Primi, Le imposte di successione e donazione, Agno 1995, p. 1 (cit.: Imposte di successio-ne e donazione).

I. La sovranità dei Cantoni in materia di imposte di successione e di donazione ............................................... 179II. La nozione di donazione nel diritto cantonale ticinese .................................................................................. 179III. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto misto ......................................................................................180IV. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto simulato ................................................................................ 181

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180 aprile 2020

Diritto tributario svizzero

appare come un contratto misto potrebbe risultare, tenendo conto delle prestazioni “occulte”, di altra natura e subire, per conseguenza, un diverso trattamento fiscale[7].

Nell’ambito dei contratti misti vanno distinti i contratti misti con donazione, designati come tali nel relativo contratto, nei quali la volontà di effettuare una parziale donazione è chiara-mente espressa dalle parti e altri tipi di contratto:

◆ i contratti misti con donazione (negotium mixtum cum dona-tione) sono imponibili per la parte riferita alla donazione fiscale stipulata tra le parti;

◆ gli altri contratti misti possono essere imposti soltanto se viene provata l’esistenza di una parziale donazione assog-gettabile all’imposta.

Conditio sine qua non per poter imporre un contratto misto con l’imposta di donazione è l’esistenza di un animus donandi; occorre, cioè, che il cedente sia consapevole che nel contratto vi è un implicito margine di liberalità a favore del cessiona-rio[8]. Detto in altri termini occorre che il donante (cedente; venditore) abbia la consapevolezza e la volontà di effettuare una donazione parzialmente gratuita. Come detto in prece-denza, i contratti misti con donazione stipulati come tali sono chiaramente assoggettati all’imposta di donazione in quanto l’esistenza di un animus donandi (cioè della volontà di effettuare una parziale donazione) è esplicitata dalle parti nell’inte-stazione o nel testo dell’atto. L’animus donandi è comunque difficile da accertare, trattandosi di un atto interiore[9].

Nell’ambito dell’imposizione dei contratti misti[10] si deve mettere in evidenza il diverso trattamento, riferito alla presenza dell’animus donandi, tra contratti misti stipulati tra parenti e contratti misti stipulati tra non parenti. Vi è in effetti una diversa considerazione, riferita all’animus donandi, nel caso di devoluzione di beni o diritti per una prestazione inferiore al loro valore fiscale, qualora l’operazione avvenga tra parenti rispetto al caso in cui una simile devoluzione avviene tra non

[7] Vi sono delle operazioni effettuate ad un prezzo di favore, vale a dire inferiore al valore fiscale dei beni, che sembrerebbero costituire, dal profilo fiscale, delle donazioni, mentre in realtà costituiscono un reddito. Si pensi, ad es., alla seguente operazione. Il direttore di una società anonima (SA) acqui-sta dall’azionista delle azioni della SA, sua datrice di lavoro, ad un prezzo di favore. Sembrerebbe, quindi, che ci si trovi confrontati con un’operazione da assoggettare all’imposta di donazione. Tuttavia, trattandosi di un’operazione intervenuta tra persone legate da un rapporto di lavoro in senso lato, per sta-bilire se il compratore delle azioni della SA abbia beneficiato di una donazione o di un reddito imponibile si deve verificare l’esistenza di un nesso diretto tra l’operazione stessa e il rapporto di lavoro. Assodato che tale nesso è presente, si deve concludere per l’esistenza di un reddito da attività lucrativa dipenden-te, anche se la devoluzione non è stata fatta dalla società datrice di lavoro, ma dal suo proprietario (cfr. Sentenza CDT n. 80.2016.147/148 del 20 settembre 2018, consid. 1.2 e 1.3). Le devoluzioni di beni o diritti effettuate ad un prezzo di favore, che trovano la loro giustificazione in un rapporto di lavoro, sono, di regola, imponibili ai fini dell’imposta sul reddito e non con quella di donazione. L’operazione di cui sopra è da intendere a titolo esemplificativo e non esaustivo.[8] Sentenza TF n. 2C_597/2017 del 27 marzo 2018, consid. 3.1.2 con riferimen-ti; DTF 118 Ia 497; 116 II 225; Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018.[9] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 5.[10] Ossia che non sono intestati quali contratti misti con donazione, ma che sono intestati in altro modo, ad es. i contratti di cessione, di compravendita, ecc.

che si scosta da quella del diritto civile[2].

Il diritto ticinese sottopone all’imposta di donazione, se ricor-rono gli estremi di cui all’art. 148 LT, le liberalità e assegnazioni tra vivi, devolute senza una corrispondente contropresta-zione (art. 142 cpv. 1 LT). L’art. 142 cpv. 2 LT elenca un certo numero di operazioni che sono considerate dal profilo fiscale quali donazioni e che sono, quindi, sottoposte alla relativa imposta. L’art. 142 cpv. 2 lett. e LT prevede che sono assog-gettate all’imposta di donazione le liberalità contenute in un contratto misto o simulato.

Affinché un’operazione sia assoggettabile all’imposta di donazione occorre che siano riunite le seguenti condizioni[3]:

1) deve trattarsi di un atto di attribuzione,2) effettuato a titolo gratuito o parzialmente gratuito (in

questo ultimo caso si è in presenza di un contratto misto),3) assistito dalla volontà di effettuare una donazione (animus

donandi).

La gratuità presuppone sia l’assenza di una controprestazione sia l’assenza di una obbligazione preesistente[4].

III. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto mistoSi è in presenza di un contratto misto allorquando in un negozio giuridico bilaterale la prestazione fornita da uno dei contraenti risulti essere di valore superiore alla contropresta-zione fornita dall’altro contraente. Detto in altri termini, si è in presenza di un contratto misto (con una parziale donazione esplicita o sottintesa) allorquando in un negozio giuridico che riguarda due parti (il donante e il donatario; il cedente e il cessionario; il venditore e il compratore) il prezzo pagato risulti essere inferiore al valore fiscale dei beni ceduti[5].

Una devoluzione di beni o diritti può, quindi, costituire una donazione non solo nel caso in cui ha luogo a titolo completa-mente gratuito ma anche qualora, trattandosi di un contratto bilaterale oneroso, il valore fiscale della prestazione fornita da uno dei contraenti sia sproporzionato rispetto al valore della controprestazione fornita dall’altro contraente. In tal caso la liberalità è data dalla differenza tra il valore (fiscale) della prestazione e quello della controprestazione. Si deve, tuttavia, tener conto, se del caso, ai fini della determinazione delle rispettive prestazioni, di un’eventuale esistenza di presta-zioni “occulte” che compensano la pretesa gratuità parziale dell’atto (ad es.: retribuzione per prestazioni di servizio) o che trovano la loro causa in un altro rapporto contrattuale (lavoro, mandato, ecc.)[6]. In simili evenienze quello che

[2] Sentenze CDT n. 60/87 del 6 marzo 1987; n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.1.[3] Sentenze CDT n. 80.2018. 149 del 6 dicembre 2018, consid. 3.2; n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.1.[4] Primi, Imposte di successione e donazione (nota 1), p. 155; Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.2.[5] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018; Primi, Imposte di succes-sione e donazione (nota 1), p. 154.[6] Sentenza CDT n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018, consid 4.3, in fine.

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Diritto tributario svizzero

fiscale dei beni, il grado di attrattività dei beni ceduti, la neces-sità per il cedente di crearsi urgentemente della liquidità, ecc.

Il Tribunale federale ha decretato che sarebbe arbitrario sottoporre all’imposta di donazione un negozio giuridico tra non parenti, unicamente per il fatto che il prezzo pattuito risulta essere inferiore al valore fiscale dei beni ceduti, senza esaminare se esiste effettivamente la volontà di effettuare una parziale donazione[15].

Per contro, nel caso di un contratto misto stipulato tra per-sone legate da un rapporto di parentela (o che sono tra di loro vicine), la posizione dell’autorità fiscale risulta essere facilitata in quanto, come si è visto, l’esistenza dell’animus donandi può, di regola, essere presunta, senza la necessità di doverla suf-fragare con altri elementi.

Per quel che concerne i contratti misti stipulati tra persone legate da un rapporto di parentela si deve rilevare che, nel Canton Ticino, sono esonerati dal pagamento delle imposte di successione e donazione il coniuge, i discendenti e gli ascendenti in linea diretta, compresi quelli adottivi (art. 154 cpv. 1 lett. f LT). Il partner registrato è considerato nella Legge tributaria alla stessa stregua del coniuge[16].

IV. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto simu-latoCome detto, secondo l’art. 142 cpv. 2 lett. e LT non sono impo-nibili con l’imposta di donazione ticinese soltanto le liberalità contenute in un contratto misto, ma anche quelle contenute in un contratto simulato.

La Camera di diritto tributario del Tribunale di appello del Canton Ticino (CDT)[17], rifacendosi alla giurisprudenza del Tribunale federale[18] e al Codice delle obbligazioni (art. 18 cpv. 1 CO [RS 220]), ha rilevato che per giudicare un contratto, sia per la forma che per il contenuto, si deve indagare quale sia stata la vera e concorde volontà dei contraenti, anziché fer-marsi alla denominazione o alle parole inesatte utilizzate per errore o allo scopo di nascondere la vera natura del contratto.

Se risulta che il contratto stipulato non corrisponde alla reale e concorde (comune) volontà dei contraenti, questo con-tratto, simulato, è nullo. È allora necessario ricercare qual è il contratto che le parti hanno realmente concluso. Lo stesso, dissimulato, è valido a condizione che esso non contravvenga ad alcuna delle disposizioni che gli sono per il resto applicabili.

Un contratto è, quindi, simulato quando la sua denomi-nazione o le parole in esso contenute sono inesatte e non

[15] Primi, Imposte di successione e donazione (nota 1), p. 154; DTF 118 Ia 497.[16] Primi, Imposte di successione e donazione con l’estero (nota 1), pp. 29-30; Messaggio del Consiglio di Stato, n. 5846, Adeguamento della legislazione can-tonale alla legge federale del 18 giugno 2004 sull’unione domestica registrata, del 3 ottobre 2006.[17] Sentenza CDT n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018, consid. 3.2.[18] Sentenza TF n. 4A_504/2016 del 14 marzo 2017, consid. 2; DTF 117 II 382, consid. 2a p. 384; 123 IV 61, consid. 5c/cc p. 68.

parenti. La presenza dell’animus donandi, cioè della volontà di effettuare una parziale liberalità, viene, di regola, presunta nel caso in cui i contraenti siano legati da rapporti di paren-tela[11].

Il Tribunale federale ha stabilito che, quando le ulteriori condizioni sono date, vale a dire l’attribuzione di un bene, l’ar-ricchimento dal patrimonio di un terzo e perlomeno parziale gratuità, la presunzione dell’esistenza di un animus donandi in presenza di un negozio tra persone vicine regge a una critica di arbitrio[12].

Per chiarezza si osserva che il trattamento fiscale riservato ai contratti misti stipulati tra persone che non sono tra di loro parenti, ma che sono tra di loro vicine e tra le quali intercorrono dei rapporti particolarmente stretti, quali, ad es., i conviventi more uxorio, fidanzati, ecc., è analogo a quello riservato ai contratti stipulati tra parenti.

Per contro, condizione imprescindibile per poter imporre una donazione mista nell’ambito dei contratti misti stipulati tra non parenti, che non sono considerati persone vicine tra di loro, è l’esistenza di un animus donandi che, contrariamente alla situazione che si verifica nel caso di contratti misti tra parenti, non può essere presunto. Occorre quindi, nei contratti misti tra non parenti, che il cedente sia consapevole che nel con-tratto vi è un implicito margine di liberalità a favore dell’altro contraente[13]. La sproporzione di valore tra la prestazione e la controprestazione non può da sola far presumere l’esistenza di un animus donandi. Le parti contraenti (non parenti) possono avere svariati motivi per stipulare una cessione di beni per un prezzo inferiore al loro valore fiscale non necessariamente riferiti ad una liberalità[14].

L’imposizione di un contratto misto stipulato tra non parenti, che non lascia trasparire dall’intestazione o dal testo del contratto la volontà delle parti di effettuare una parziale donazione, può quindi comportare delle difficoltà per l’autorità fiscale poiché, come precisato, l’esistenza di un animus donandi non può essere presunta. La sproporzione tra la prestazione e la controprestazione può senz’altro costituire un indizio circa l’esistenza di un animus donandi. Tuttavia, per poter assogget-tare l’operazione all’imposta di donazione, l’autorità fiscale deve suffragare in modo convincente l’esistenza dell’animus donandi, indagando su tutti gli elementi relativi all’operazione in questione, quali ad es. i rapporti interpersonali e economici tra i contraenti, la plausibilità, o meno, delle ragioni sostenute dalle parti per la fissazione di un prezzo inferiore al valore

[11] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.3; Primi, Impo-ste di successione e donazione (nota 1), p. 154; Felix Richner/Walter Frey, Kommentar zum Zürcher Erbschafts- und Schenkungssteuergesetz, Zurigo, 1996, § 4, n. 87, p. 160; Von Magnus Hindersmann/Michael Myssen, Die Erbschafts- und Schenkungssteuern der Schweizer Kantone, Colonia 2003, n. 646, p. 222.[12] Sentenza TF n. 2C_294/23018 del 26 giugno 2018, consid. 4.3 e giurispru-denza citata; Sentenza CDT n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018, consid. 3.2.[13] DTF 118 Ia 497; 116 II 225; Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.3.[14] DTF 118 Ia 497, p. 501, in fine.

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Diritto tributario svizzero

corrispondono alla vera e concorde volontà dei contraenti. Detto in altri termini, si è in presenza di un contratto simulato allorquando le parti contraenti, facendo uso per errore o scientemente di un’intestazione o di un testo inappropriati, fanno apparire una pattuizione che nella forma e/o nel con-tenuto appare diversa da quella che risulterebbe dalla vera natura del contratto che intendevano sottoscrivere.

Se nel contratto (dissimulato) che corrisponde alla reale e concorde volontà delle parti contraenti, cioè nel contratto che le stesse hanno effettivamente inteso concludere, è riscontrabile una liberalità, la stessa dev’essere assoggettata, se sono dati gli estremi voluti dalla legge e dalla giurispru-denza (presenza dell’animus donandi), all’imposta di donazione ticinese, a meno che il o i beneficiari della liberalità sia/siano esonerato/i dal pagamento di tale imposta (cfr. supra; art. 154, cpv. 1 lett. f LT).

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Diritto tributario svizzero

Simone LeonardiManagerInternational Corporate TaxKPMG SA, Zurigo/Lugano

La RFFA porta con sé un cambio di direzione per quello che concerne la concorrenza fisca-le. Con l’abolizione degli statuti fiscali speciali si sta verificando un deciso aumento della concorrenza fiscale intercantonale

Dalla concorrenza internazionale a quellaintercantonale

Questo articolo si concentra sullo stato attuale delle strategie cantonali per l’attuazione della Riforma fiscale e finanzia-mento dell’AVS (RFFA) e del catalogo di misure che la legge fiscale prevede, obbligatorie e facoltative. In questo contesto si discute anche delle aliquote delle imposte cantonali sull’utile e delle previste riduzioni, nonché delle conseguenze sull’at-trattività fiscale dei rispettivi Cantoni e sulla concorrenza intercantonale.

calcolo delle imposte, alla procedura e alle disposizioni penali. Rimangono escluse dall’armonizzazione, in particolare, le tariffe e aliquote fiscali e gli importi esenti da imposta. Questo significa che i Cantoni mantengono una propria libertà nel definire le aliquote ai fini delle imposte dirette[1].

Negli ultimi decenni la concorrenza fiscale è diventata viep-più una caratteristica distintiva del sistema fiscale svizzero, improntato al federalismo, e ha contribuito ad attrarre in Svizzera aziende che operano su scala internazionale. In generale, i Cantoni che negli anni sono riusciti ad offrire una pressione fiscale competitiva hanno registrato un aumento delle entrate fiscali, con poche eccezioni. Se l’effetto della leva fiscale dovesse essere limitato, a lungo termine tutta la Svizzera ne risentirebbe: sono ipotizzabili un aumento della pressione fiscale, una riduzione forzata dei costi con un con-seguente ridimensionamento dei servizi al cittadino. Inoltre, i buoni contribuenti sarebbero invogliati a lasciare la Svizzera verso lidi fiscalmente più attrattivi, con una significativa ridu-zione del gettito fiscale. Una politica fiscale cantonale con un alto grado di indipendenza rimane così un fattore chiave di successo. Questo, però, deve fare i conti anche con le neces-sità di una politica sempre più trasparente e con le potenziali conseguenze nefaste di una concorrenza fiscale tra Cantoni portata all’estremo, con squilibri economici tra regioni della Conederazione.

B. Difendere la posizione ai vertici a livello internazionaleÈ anche attraverso una concorrenza fiscale equilibrata tra i Cantoni che la Svizzera ha potuto issarsi ai vertici dei Paesi con una tassazione moderata, per persone sia fisiche che giuridiche. Questo è anche un fattore che fa della Svizzera uno dei Paesi più competitivi al mondo. Guardando al futuro, la Svizzera potrà unicamente mantenere questa posizione

[1] Si veda anche l’art. 1 cpv. 3 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID; RS 642.14), secondo il quale “[o]ve la presente legge non prevede alcuna norma, i Cantoni e i Comuni disciplinano le loro imposte conformemente al diritto cantonale. Spetta in particolare ai Cantoni stabi-lire le tariffe, le aliquote e gli importi esenti da imposta”.

Andrea BernasconiAssistant ManagerInternational Corporate TaxKPMG SA, Zurigo/Lugano

I. La concorrenza fiscale come base dell’equilibrio: status quo e previsioni futureA. I principi della concorrenza fiscale intercantonaleL’art. 129 cpv. 2 della Costituzione federale (Cost.; RS 101) sta-bilisce i principi dell’armonizzazione fiscale. L’armonizzazione si estende all’assoggettamento, all’oggetto e al periodo di

I. La concorrenza fiscale come base dell’equilibrio: status quo e previsioni future ........................................... 183A. I principi della concorrenza fiscale intercantonale ........ 183B. Difendere la posizione ai vertici a livello internazionale .................................................................................... 183C. L’implementazione della RFFA e gli effetti sulla concorrenza intercantonale ......................................................... 184II. Le misure fiscali previste dalla RFFA e l'impatto sui Cantoni ............................................................................184A. La tempistica per l’implementazione della RFFA .......... 184B. Gli effetti della concorrenza fiscale intercantonale ....... 184C. Comparazione tra Cantoni e le loro pianificazioni fiscali ...................................................................................................... 1861. Zona 1 (GE, VD, NE, FR) ............................................................. 1862. Zona 2 (LU, OW, NW, ZG, SZ, GL, UR) .................................. 1863. Zona 3 (BL, BS, SO, JU) ............................................................... 1874. Zona 4 (SH, TG, SG, AI, AR, GR) .............................................. 1875. Zona 5 (AG, ZH) ............................................................................. 1876. Sud delle Alpi (VS, TI) .................................................................. 187III. Conclusioni ...................................................................... 187

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Diritto tributario svizzero

sul piano internazionale, dato che la spinta alla riduzione delle aliquote si nota un tutti i Paesi industrializzati.

Tornando alla Svizzera, è innegabile che la RFFA abbia il pregio di influenzare significativamente la politica econo-mico-fiscale, declinata nell’attuazione delle misure cantonali, spingendo i Cantoni a un maggiore confronto con i propri vicini. Si constata ad es. che i Cantoni, che in passato hanno approfittato fortemente delle società con uno statuto privi-legiato (segnatamente Basilea Città, Ginevra e Zugo), si sono mosse anticipando i tempi e creando certezza giuridica per i loro contribuenti. Altri Cantoni, nei quali l’impatto fiscale delle società privilegiate è sostanzialmente minore (ad es. Berna, Vallese), sono, invece, ancora fermi al palo e non vedono né la necessità né l’urgenza di ritoccare le proprie aliquote.

II. Le misure fiscali previste dalla RFFA e l'impatto sui CantoniCome indicato poc'anzi, l’accettazione in votazione popolare della RFFA, avvenuta il 19 maggio 2019, ha decretato la spa-rizione degli statuti speciali cantonali, non più tollerati dalla Comunità internazionale (in casu Unione europea, OCSE, G20).

I Cantoni hanno il compito di implementare la RFFA nel diritto cantonale (art. 72z LAID), con effetto al 1° gennaio 2020. L’abolizione degli statuti speciali ha comportato un allineamento dell’onere fiscale delle società. Per mantenere competitivo il sistema fiscale svizzero, attraendo società innovative e di "cervelli", la LAID ha messo a disposizione dei Cantoni una serie di strumenti fiscali – patent box e deduzione maggiorata delle spese per la ricerca e lo sviluppo – conformi agli standard internazionali. Con l’introduzione di questi stru-menti, i Cantoni dispongono di un certo margine di manovra e di una certa flessibilità nella definizione della propria politica fiscale.

Preme ricordare che la riduzione generale delle aliquote sull’utile delle persone giuridiche non è uno strumento previ-sto dalla RFFA, ma una logica conseguenza della necessità di diminuire il carico fiscale e mantenere sul proprio territorio i buoni contribuenti.

A. La tempistica per l’implementazione della RFFA Mentre una rapida attuazione della RFFA a livello cantonale è del tutto in linea con l’obiettivo di porre fine all’attuale incertezza giuridica e alle pressioni esercitate dalle organiz-zazioni internazionali, l’attuazione tempestiva con effetto al 1° gennaio 2020 non è ancora tutt’oggi possibile per alcuni Cantoni. Ad oggi 22 Cantoni hanno già implementato nelle loro leggi tributarie le norme di attuazione previste dalla RFFA. I restanti Cantoni sono, invece, in attesa dello scadere del temine di referendum, di una votazione popolare oppure non hanno ancora deciso di rivedere le loro aliquote fiscali.

B. Gli effetti della concorrenza fiscale intercantonaleInutile dire che una celere e chiara implementazione delle norme di attuazione della RFFA spetta unicamente ai Cantoni. A riguardo si sono potute constatare diverse strategie politiche d’implementazione. Mentre alcuni (ad es. Vaud, Basilea Città,

se riuscirà a mantenere un sistema fiscale liberale, semplice e attrattivo. La concorrenza fiscale intercantonale rimarrà un elemento fondamentale per mantenere e migliorare l’attrat-tività, non unicamente nei singoli Cantoni, ma soprattutto sul piano internazionale.

Bisogna anche ricordare che la Svizzera ha primeggiato nelle classifiche internazionali grazie all’offerta di un sistema fiscale particolarmente vantaggioso, con tassazioni privilegiate per società holding, miste e ausiliarie, società principal e succursali finanziarie (Swiss Finance Branch). Con l’entrata in vigore al 1° gennaio 2020 della Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS (RFFA), del 28 settembre 2018[2], e la conseguente abolizione degli statuti speciali cantonali cd. “privilegiati”, la Svizzera ha perso un elemento distintivo, dovendo pure fare i conti con una generale ridu-zione delle aliquote nei Paesi europei, che dovrebbe portare ad un aumento della concorrenza fiscale internazionale. Ciononostante, la Svizzera continua ad offrire, oltre ad una forte stabilità del suo sistema fiscale, delle aliquote fiscali molto attrattive nel contesto europeo e mondiale (cfr. Figura 1).

Figura 1: Confronto europeo e resto del mondo per quanto attiene le ali-

quote d’imposta sull’utile effettivo

C. L’implementazione della RFFA e gli effetti sulla concor-renza intercantonaleL’entrata in vigore della RFFA a livello federale, a decorrere il 1° gennaio 2020, ha abolito, come indicato in precedenza, definitivamente tutti gli statuti speciali cantonali, tra i quali le società holding e ausiliare. Da una prima analisi delle stra-tegie fiscali dei Cantoni è possibile effettuare un’interessante riflessione sul cambiamento di paradigma che sta avvenendo, ossia un incremento della concorrenza fiscale intercantonale, ma anche un possibile aumento della concorrenza fiscale internazionale. Come noto, l’abolizione degli statuti speciali cantonali ha spinto molti Cantoni, che dispongono di una competenza in materia di aliquote garantita dall’art. 129 cpv. 2 Cost., a ridurre le aliquote dell’imposta sull’utile delle per-sone giuridiche, al fine di mantenere sul proprio territorio le società precedentemente imposte in maniera privilegiata. La concorrenza non aumenterà soltanto tra i Cantoni, ma anche

[2] RU 2019 2395.

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Diritto tributario svizzero

10) Glarona (GL): con votazione del 5 maggio 2019 è stata decisa una riduzione del carico fiscale effettivo dal 15,70% al 12,43%. La nuova aliquota è entrata in vigore il 1° gennaio 2020.

11) Grigioni (GR): l’aliquota fiscale effettiva sull’utile delle persone giuridiche per l’anno 2019 è stata pari al 16,12%. Con effetto al 1° gennaio 2020 è stata prevista un’ulteriore riduzione dell’aliquota al 14,02%.

12) Lucerna (LU): negli scorsi anni la concorrenza intercan-tonale è stata fortemente influenzata dalla decisione del Legislatore del Canton Lucerna di ridurre l’aliquota effet-tive per l’utile delle persone giuridiche al 12,32%, aliquota più bassa in Svizzera. Nell’ottica della riforma fiscale il Canton Lucerna non prevede, quindi, di ridurre ulterior-mente l’aliquota, che rimane al 12,32%.

13) Neuchâtel (NE): per mantenere attrattiva la piazza delle industrie orologiere, il Cantone ha deciso di ridurre l’ali-quota sull’utile dal 15,61% al 13,57%. La decisione è stata approvata dal Gran Consiglio il 27 marzo 2019 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2020.

14) Nidvaldo (NW): un caso particolare è quello di questo semi-Cantone che è andato a votare il 24 novembre 2019 una sorte di referendum cd. “costruttivo” contro una riduzione dell’imposta sull’utile per tutte le società dal 6% al 5.1%[3]. Una votazione popolare è prevista per il 17 maggio 2020[4]. In caso di accettazione popolare la riduzione dell’aliquota avrebbe effetto dal 1° gennaio 2021.

15) Obvaldo (OW): non sono previste per il momento riduzioni dell’aliquota sull’utile, che rimane fissa al 12,74%.

16) San Gallo (SG): con votazione popolare del 23 aprile 2019 è stata accolta l’implementazione cantonale della riforma con una riduzione dell’aliquota del 3% su un periodo di cinque anni, passando da 17,50% a 14,50%.

17) Sciaffusa (SH): è prevista, con effetto 1° gennaio 2020, una riduzione dell’aliquota sull’utile dal tasso corrente del 15,7% al 14,2%. Un’ulteriore riduzione al 12,3 % è prevista dal 1° gennaio 2025.

18) Soletta (SO): il caso di Soletta è un buon esempio di un Cantone che ha effettivamente fretta di attuare il disegno di legge cantonale. Nel maggio 2019, la popolazione ha bocciato l’implementazione cantonale parallelamente all’adozione della RFFA a livello federale. Motivo della debacle popolare è stata l’ambiziosa e celere proposta di riduzione dell’aliquota dal 21% al 13%. Poco dopo la boc-ciatura è stata riproposta una versione attenuta con una riduzione dell’aliquota al 16%, la quale è stata approvata dal Parlamento nel novembre 2019. Il Popolo ha accolto la modifica il 9 febbraio 2020.

19) Svitto (SZ): è stata decisa una riduzione dell’aliquota sull’u-tile “semplice” (prima dell’applicazione dei moltiplicatori d’imposta cantonale e comunali) dal 2,25% all’1,95%. Considerando il capoluogo Svitto, il tasso effettivo com-plessivo è pari al 14,13%.

[3] Regierungsrat schafft Rechtssicherheit für Unternehmen, in: https://www.nw.ch/aktuellesinformationen/59432 (consultato l'08.04.2020).[4] Gesetz vom 22. März 2000 über die Steuern des Kantons und der Gemein-den (Steuergesetz); Änderung vom 26. Juni 2019; konstruktives Referendum vom 4. November 2019, in: https://www.nw.ch/reglemente/16927 (consulta-to l'08.04.2020).

Ginevra e Zugo) si sono mossi relativamente in anticipo al fine di dare sicurezza e stabilità alle aziende, altri Cantoni (ad es. Berna e Argovia) sono ancora in fase di discussione parlamentare.

Utilizzando un denominatore comune si è potuta constatare la seguente tendenza: Cantoni con un’alta percentuale di società a statuto privilegiato hanno ridotto rapidamente l’ali-quota applicabile all’utile delle persone giuridiche, combinata alla possibilità di uno step-up. Gli altri hanno seguito il trend per non perdere troppe posizioni nella classifica intercanto-nale, pur non dipendendo massicciamente dagli introiti delle società tassate in maniera privilegiata.

Di seguito viene presentata la situazione attuale e i possibili sviluppi in merito alla prevista implementazione nei singoli Cantoni.

1) Argovia (AG): il carico fiscale complessivo effettivo per il 2019 è del 18,61% per un utile superiore a fr. 250’000. Il Canton Argovia non intende per il momento pronunciarsi in merito ad una diminuzione del carico fiscale sull’utile persone giuridiche, lasciando invariata l’aliquota al 18,61%. Il termine per il referendum contro la RFFA è scaduto inuti-lizzato.

2) Appenzello Esterno (AR): per il momento non è prevista nes-suna riduzione, lasciando invariato l’attuale carico fiscale effettivo sull’utile al 13,04%. Il termine per il referendum contro la RFFA è scaduto inutilizzato.

3) Appenzello Interno (AI): la riforma fiscale prevede una ridu-zione del carico fiscale per le aziende dal14,16% al 12,66%. Un possibile referendum si terrà alla tradizionale Landsge-meinde il 26 aprile 2020. Qualora il referendum non dovesse avere successo, la legge cantonale entrerebbe in vigore con effetto retroattivo al 1° gennaio 2020.

4) Basilea Campagna (BL): il Popolo ha votato il 24 novembre 2019 una riduzione del carico fiscale dal 20,70% al 13,45%, aliquota che sarà ridotta gradualmente sino al 2025.

5) Basilea Città (BS): la proposta del Consiglio di Stato del Canton Basilea Città di voler abbattere l’aliquota effettiva sull’utile al 13,04% è stata accettata con votazione del 10 febbraio 2019. Con effetto retroattivo al 1° gennaio 2019 il nuovo carico fiscale è del 13,04%.

6) Berna (BE): dopo aver respinto la votazione nel novembre 2019, il Canton di Berna non prevede di modificare l’a-liquota fiscale che rimane pertanto invariata al 21,63%. Questa decisione popolare porta il Cantone della capitale all’ultimo posto della classifica intercantonale.

7) Friburgo (FR): l'aliquota fiscale effettiva dell’imposta sull’u-tile delle persone giuridiche è stata ridotta in votazione popolare il 30 giugno 2019 dal 19,86% al 13,91%, con entrata in vigore il 1° gennaio 2020.

8) Ginevra (GE): con votazione del 19 maggio 2019 non è stata soltanto approvata la riforma fiscale a livello federale, ma anche confermata la riduzione del tasso effettivo per per-sone giuridiche al 13,99%.

9) Giura (JU): è stata accettata dal Popolo una riduzione dell’aliquota sull’utile graduale dal 20,65% fino al 15% su tre fasi (17% nel 2020/2021, 16% nel 2022/2023 e 15% nel 2024).

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Diritto tributario svizzero

Figura 2: Aliquote effettive applicabili all’imposta sull’utile prima e dopo l’implementazione delle riforme fiscali nei singoli Cantoni. Nota: per il con-fronto intercantonale sono applicati i moltiplicatori d’imposta comunali nella capitale. Per il Ticino, Bellinzona con un moltiplicatore del 93%. Applicando un moltiplicatore medio dell’80% l’aliquota effettiva sarebbe del 15,38%.

C. Comparazione tra Cantoni e le loro pianificazioni fiscaliDalla visione d’insieme dei Cantoni svizzeri si evidenziano dei cluster di Cantoni che adottano la medesima strategia fiscale per implementare la RFFA, rispettivamente possibili tendenze di concorrenza fiscali future.

1. Zona 1 (GE, VD, NE, FR)Il Canton Vaud ha funto da apripista nella votazione del 20 marzo 2016, riducendo drasticamente l’aliquota sull’utile dal 21,37% al 13,99%. Gli altri Cantoni romandi hanno giocoforza seguito il passo vodese: prima di tutto il Canton Ginevra si è visto pressoché obbligato a seguire la strada intrapresa dai vicini vodesi, per evitare un probabile travaso di società nel Cantone confinante. Con una doppia accettazione della riforma a livello federale e cantonale, il 19 maggio 2019, ha ridotto a sua volta l’aliquota sull’utile portandola al 13,99% e allineandosi al Canton Vaud. Il passo è stato seguito poco dopo anche dai Cantoni di Neuchâtel e Friborgo, che nono-stante differenti situazioni finanziarie e differenti numeri di società a statuto speciale hanno optato per una forte riduzione. L’aliquota in tutti questi Cantoni è stata stabilita di poco sotto della soglia del 14%, eliminando di fatto una possibile concorrenza fiscale per quanto riguarda la pressione fiscale tra i Cantoni romandi. Degli assestamenti potranno verificarsi per quello che concerne l’implementazione delle misure facoltative. Nei prossimi mesi sarà interessante osser-vare se vi sarà un travaso di contribuenti dall’esoso Canton Berna ai vicini friburghesi.

2. Zona 2 (LU, OW, NW, ZG, SZ, GL, UR)I Cantoni della Svizzera centrale si sono uniformati all’aliquota già in vigore nel Canton Lucerna. La volontà di mantenere una forte attrattività non unicamente per le persone fisiche, ma anche per le persone giuridiche, rimane un caposaldo della politica fiscale dei Cantoni della Svizzera centrale. L’aliquota effettiva dopo l’implementazione delle riforme fiscali è, quindi, prevista ampiamente sotto la soglia del 14% – ad eccezione di Svitto – assestandosi nella gran parte dei Cantoni (conside-rando anche le differenze dovute dai moltiplicatori comunali)

20) Ticino (TI): il termine di referendum è scaduto inutilizzato il 7 gennaio scorso. La legge di implementazione della RFFA è, quindi, in vigore dal 1° gennaio di quest'anno e riduce il moltiplicatore cantonale dal 100% al 97% e, a determinate condizioni, al 96% nel 2025. L’aliquota ordinaria dell’im-posta sull’utile è fissata al 5,5%, mentre per il periodo transitorio 2020-2024 è dell’8% in luogo del 9%. Questa riduzione porta l’aliquota effettiva complessiva al 18,47% e poi al 15,38%, calcolata con un moltiplicatore comunale medio dell’80%.

21) Turgovia (TG): è prevista una riduzione dell’aliquota dal 16,43% al 13,4%, dopo che il Popolo ha accolta la modifica il 9 febbraio scorso.

22) Uri (UR): la popolazione ha accettato il 20 ottobre 2019 l’implementazione cantonale della riforma fiscale confer-mando così la proposta riduzione dell’aliquota sull’utile dal 14,92% al 12,64%.

23) Vaud (VD): il Popolo vodese ha riconosciuto rapidamente l’importanza di ridurre l’aliquota per le imprese. Già il 20 marzo 2016 la popolazione ha votato a favore per una riforma cantonale dell’imposta sulle società portando ad una sostanziale riduzione dell’aliquota d’imposta canto-nale sull’utile dall’attuale 21,37% al 13,99%. Dall’altra parte, per il momento l’implementazione cantonale della riforma si trova in una fase di analisi e verrà discussa dal parlamento cantonale unicamente nel corso dell’anno.

24) Vallese (VS): il disegno di legge proposto dal Consiglio di Stato del Canton Vallese prevede una riduzione dell’ali-quota dell’imposta sull’utile in una prima fase dal 12,66% all’11,89% unicamente per gli utili fino a fr. 250’000 (attualmente fino a fr. 150’000). Per la seconda fascia (per gli utili oltre i fr. 250’000) è anche prevista una riduzione d’imposta sull’utile attualmente proposta dal 21,56% al 16,98%. Al momento il disegno è ancora in fase di consul-tazione.

25) Zugo (ZG): per il Canton Zugo, che ha sempre offerto una tassazione particolarmente agevolata rispetto agli altri Cantoni, è prevista una riduzione con effetto al 1° gennaio 2020 dal 14,35% al 11,91%, prendendo la vetta della classi-fica della concorrenza intercantonale.

26) Zurigo (ZH): il 1° settembre 2019 gli elettori zurighesi hanno votato la proposta di attuazione della RFFA e così accettato la modifica di legge cantonale. Questa modifica apporta tra l’altro una riduzione dell’aliquota effettiva dell’imposta sull’utile in una prima fase e con effetto 1° gennaio 2021 al 19,70% (in precedenza 21,15%), portando così il Canton Zurigo verso il fondo della classifica dei Cantoni. Tuttavia, è prevista un’ulteriore riduzione dell’ali-quota effettiva dell’imposta sull’utile dal 19,70% al 18,19% a partire dal 1° gennaio 2023 nell’ambito di un nuovo dise-gno di legge, che però non ha ancora superato il consueto iter legislativo.

La seguente cartina della Svizzera (cfr. Figura 2) mostra, in una panoramica, le aliquote fiscali prima e dopo le riforme portate avanti dai singoli Cantoni per quanto riguarda l’imposta sull’utile delle persone giuridiche (quota federale, cantonale, comunale di culto dove prevista).

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Diritto tributario svizzero

quindi, rivolte al prossimo completamento della linea ferro-viaria Alptransit e alla riduzione dei tempi di percorrenza del tragitto Ticino-Zurigo, nonché agli stretti rapporti economici con la vicina Italia. In questo ambito risulta inoltre necessario considerare le disposizioni italiane per le Controlled Foreign Companies (CFC) ed evitare di finire in una nuova black list. Il margine di manovra politico è, quindi, limitato e la riforma fiscale è, comunque, entrata in vigore il 1° gennaio 2020. Ci si attende ora una vera e propria revisione generale della Legge tributaria per dotare il Cantone di una base giuridica al passo con i tempi e per guardare al nuovo decennio del secolo con sguardo speranzoso.

Figura 3: Rappresentazione visuale delle zone descritte e ripartizione geo-grafica dei Cantoni a dipendenza dello stato dell’implementazione cantonale e prevista riduzione dell’aliquota sull’utile.

III. ConclusioniLa concorrenza fiscale intercantonale è stata e rimarrà un elemento imprescindibile del sistema fiscale svizzero. La maggiore mobilità delle aziende, i nuovi modelli di lavoro (telelavoro, home office, ecc.) e la riduzione dei tempi di spo-stamento all’interno della Svizzera fungeranno in futuro da combustibile alla concorrenza fiscale intercantonale.

Oltre a ciò, è importante evidenziare il trend internazionale di riduzione del carico fiscale, che aggiungerà ancora più sale spostando il livello della competizione da un piano cantonale ad uno internazionale. Se sul lungo termine appare probabile un livellamento delle aliquote fiscali, l’annullamento di questo elemento concorrenziale farà sì che altri elementi defini-ranno il successo di una nazione o di una regione. Sicurezza personale e giuridica, sistema formativo, accesso ai capitali, disponibilità di personale, accessi all’alta velocità dei dati.

Saranno questi in futuro gli elementi trainanti che releghe-ranno in soffitta la cara e spesso vituperata concorrenza fiscale?

tra il 12% e il 13%. La forte dipendenza di questi Cantoni dal gettito fiscale delle società a statuto speciale – su tutti Zugo – e la grande mobilità di queste società, ha sicuramente influito sulla decisione di ridurre massicciamente le aliquote.

3. Zona 3 (BL, BS, SO, JU)In questa ragione, il motore trainante rimane il semi-Cantone Basilea Città, polo di riferimento per l’importante industria farmaceutica. Al fine di garantire una sicurezza nella pianifi-cazione a tutte le imprese con sede nel suo territorio, vi è stata una riduzione dell’aliquota al 13,04%. I Cantoni limitrofi hanno portato avanti analoghe politiche fiscali, che prevedono una progressiva riduzione delle loro aliquote nei prossimi cinque anni. L’ultimo ad essersi mosso è il Canton Soletta, avendo il Popolo accolto la riforma lo scorso 9 gennaio 2020.

4. Zona 4 (SH, TG, SG, AI, AR, GR)I Cantoni della Rheintal si sono anch’essi allineati per quello che concerne la pressione fiscale. Mentre i due semi-Cantoni di Appenzello presentano un carico fiscale molto interessante per le persone giuridiche (con un’aliquota tra il 13-14%), gli altri Cantoni della zona del lago di Costanza, così come il Canton Grigioni, prevedono di portare le loro aliquote effet-tive complessive al di sotto della soglia del 15%. Anche per questa zona geografica – non fortemente dipendente dal gettito delle società a statuto speciale – non si attendono grandi movimenti dovuti dalla concorrenza fiscale.

5. Zona 5 (AG, ZH)I due Cantoni limitrofi di Argovia e Zurigo non hanno in previ-sione una sostanziale riduzione del carico delle imposte delle persone giuridiche. Mentre Zurigo ha deciso con la votazione del 1° settembre 2019 l’implementazione della riforma fiscale a livello cantonale e una parziale prima riduzione del carico fiscale a partire dal 1° gennaio 2021 al 19,70%, lasciando però aperta una seconda ulteriore riduzione a partire dal periodo fiscale 2023, il Canton Argovia, con una forte presenza di azienda tassate in maniera ordinaria, non prevede per il momento una riduzione dell’aliquota, lasciandola invariata al 18,61%. Si tratta qui di un esempio virtuoso. La Città e la Regione di Zurigo si distinguono a livello sovranazionale non tanto per il basso carico fiscale, quanto per la capacità di attrarre grandi aziende innovative, ad es. Google, e, quindi, fungere da polo attrattivo per tante menti giovani e brillanti. Quale Città internazionale, può permettersi di non cavalcare il tema della leva fiscale, avendo al suo arco ben altre e più sostanziose frecce. Il Canton Argovia – spesso considerato una periferia di Zurigo – semplicemente segue a ruota e si adatta.

6. Sud delle Alpi (VS, TI)Per i due Cantoni al Sud della Alpi, o quasi, il discorso della concorrenza intercantonale deve considerare dei componenti, oltre che linguistici, anche geografici e demografici. Se il Canton Vallese rimane un Cantone alpino, ma non fisica-mente isolato (ma è il medesimo discorso per gran parte delle valli del Grigioni), il Cantone Ticino è l’unico Cantone con una barriera fisica – le Alpi – che lo lega al resto della Svizzera. Le riflessioni a carattere di concorrenza intercantonale sono,

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Diritto tributario italiano

Nicola FasanoAvvocatoStudio Legale Tributario Fasano, Milano

L’Agenzia delle Entrate esclude che sia imponibile l’attività di monitoraggio dei dati sensi-bili messa a disposizione dal datore di lavoro ai dipendenti

Reddito di lavoro dipendente: i servizi erogati nell’interesse del datore di lavoro non sono tassabili

L’Amministrazione finanziaria con la Risoluzione n. 77/E/2019 ha fatto il punto sulle somme e i servizi erogati ai dipendenti che risultano tassabili o meno quali componenti del reddito di lavoro dipendente. In particolare, a conferma di precedenti interpretazioni sul punto, viene chiarito che i servizi forniti ai dipendenti (nel caso di specie un sistema di monitoraggio dei dati sensibili nel cd. “dark web”) nell’interesse esclusivo o prevalente del datore di lavoro non sono imponibili quali “fringe benefit” in capo al lavoratore, in deroga al principio generale di onnicomprensività che caratterizza il reddito di lavoro dipendente.

Costituiscono, quindi, redditi di lavoro dipendente tutte le somme e i valori erogati al dipendente[1]:

◆ anche indipendentemente dal nesso sinallagmatico tra effettività della prestazione di lavoro reso e le somme e i valori percepiti;

◆ in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, anche se non provenienti direttamente dal datore di lavoro, ma da terzi.

Il principio di onnicomprensività, tuttavia, conosce talune eccezioni, dettate dallo stesso art. 51 TUIR secondo cui, in alcuni casi, viene riconosciuta la non concorrenza delle somme o del benefit al reddito (si pensi, ad es., ai contributi previdenziali o al benefit delle specifiche polizze aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se riconosciuto alla generalità o a categorie di dipendenti) e, in altri casi, si prevede una forfet-tizzazione del reddito in natura sulla base di regole specifiche (come nel caso dell’assegnazione dell’auto aziendale per uso promiscuo o dell’abitazione al dipendente).

Al di fuori dei casi tipizzati dallo stesso legislatore nell’art. 51 TUIR, tuttavia, ci si imbatte spesso in fattispecie in cui sono riconosciuti al dipendente beni o servizi per i quali non sempre risulta agevole individuare il corretto inquadramento fiscale.

Soprattutto nei casi di utilizzo promiscuo (vale a dire sia lavorativo che personale) del bene o servizio erogati occorre verificare se tali assegnazioni generino componenti imponibili di reddito da lavoro dipendente, con applicazione delle rite-nute da parte del datore di lavoro, o se le stesse, in deroga al criterio di onnicomprensività sopra richiamato, non diano luogo a fattispecie imponibili (con relativo esonero da ritenute) in quanto riconosciute dal datore di lavoro per consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa e dunque, essenzialmente, nel proprio interesse.

[1] Circolare ministeriale n. 326/E, del 23 dicembre 1997, par. 2.

Antonio DelfinoAvvocatoStudio Legale Tributario Fasano, Milano

I. I principi che caratterizzano il reddito di lavoro dipen-denteIn via preliminare, si deve ricordare come il reddito di lavoro dipendente sia costituito da “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” (art. 51 comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi [TUIR]). Trattasi del cd. “principio di onnicomprensività” che carat-terizza tale fattispecie reddituale e comprende non solo le retribuzioni e i compensi in denaro, ma anche i “valori” con cui si devono quantificare i beni e i servizi che il dipendente per-cepisce nel periodo d’imposta (cd. “fringe benefit” o compensi in natura).

I. I principi che caratterizzano il reddito di lavoro dipendente............................................................................188II. La Risoluzione n. 77/E/2019 ed il principio dell’interesse prevalente del datore di lavoro ............... 189A. La fattispecie ................................................................................. 189B. La risposta dell’Amministrazione finanziaria ................... 189III. I precedenti conformi dell’Amministrazione finanziaria ............................................................................. 190IV. Conclusioni ...................................................................... 190

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Diritto tributario italiano

sulla sua piattaforma i dati che intende sottoporre a moni-toraggio quali, ad es., nome, cognome, codice fiscale, casella e-mail, ecc. A seguito del caricamento dei dati sull’apposito sistema, la società che fornisce il servizio interroga il “dark web” e produce un report per il cliente evidenziando se e quali dei dati forniti siano stati in passato scambiati sul “dark web” continuando, altresì, a monitorare l’eventuale utilizzo di tali dati sul “dark web” dal momento del caricamento a sistema.

Tramite lo strumento informatico di proprietà, la società è in grado di eseguire ricerche nel “dark web”, nelle comunità di hacker e nelle pagine web, garantendo all’utilizzatore una protezione continuativa poiché il programma rileva e avvisa immediatamente l’utente se le sue informazioni personali siano state compromesse o siano a rischio di essere illeci-tamente condivise, rubate o vendute online, evidenziando potenziali violazioni dei dati in grado di causare danni personali o alle aziende presso le quali il soggetto lavora, direttamente o mediante l’accesso ai devices (personal compu-ter, tablet, smartphone, ecc.) utilizzati in azienda.

Ai fini evidenziati, la società istante, consapevole dei rischi legati ai furti di identità e di altre informazioni sensibili, di cui potrebbero essere vittime anche i propri dipendenti, ha intenzione di fornire a questi ultimi il servizio di “dark-web Monitoring”, già proposto in vendita ai terzi e, pertanto, chiede all’Amministrazione finanziaria il relativo trattamento fiscale e, in particolare, se trattasi o meno di fringe benefit tassabili.

Nel quesito si evidenzia come i furti d’identità e di informazioni privilegiate, al pari dei cd. “attacchi informatici”, costituiscano, attualmente, degli eventi sempre più diffusi sia sulla rete internet che sui social network.

Tali eventi, che colpiscono anche i singoli individui, potrebbero avere inevitabili e gravi ripercussioni sulle realtà aziendali nelle quali gli stessi si trovano a operare. Ad es., il furto delle credenziali di accesso al profilo aziendale di un dipendente – che, per promemoria, ha inviato la password della postazione di lavoro dall’azienda al proprio indirizzo di posta elettronica personale – potrebbe consentire un accesso fraudolento diretto al sistema informatico dell’azienda, con ripercussioni economiche rilevanti a carico di quest’ultima.

Nell’ottica di minimizzare i rischi correlati all’utilizzo distorto di “dati sensibili”, tutelando, allo stesso tempo, il proprio sistema aziendale e, altresì, i propri dipendenti, la società istante intende fornire, a questi ultimi, il descritto servizio di monitoraggio dei dati personali.

B. La risposta dell’Amministrazione finanziariaSulla base di tali premesse, l’Agenzia delle Entrate corret-tamente osserva come, in tale contesto, detto servizio di monitoraggio costituisce uno strumento fondamentale per lo svolgimento in sicurezza e in maggiore libertà dell’attività lavorativa dei dipendenti, al fine ultimo di gestire e mini-mizzare il rischio aziendale connesso all’utilizzo illecito delle informazioni sensibili.

Resta fermo peraltro che, come chiarito dal par. 2 della Circolare n. 326/E, del 23 dicembre 1997, sono esclusi da imposizione, in quanto rispondenti ad un esclusivo interesse del datore di lavoro, i rimborsi riguardanti le spese, diverse da quelle sostenute per la produzione del reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali, ad es., quelle per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, come la carta della fotocopia o della stam-pante, le pile della calcolatrice, ecc.

Tale principio è stato ribadito dalla Risoluzione n. 357/E, del 7 dicembre 2007, con la quale l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito al trattamento fiscale del rimborso dei costi dei collegamenti telefonici accordato al personale in telelavoro. Anche in questa circostanza, è stato precisato che detto rimborso, erogato dal datore di lavoro a copertura di spese sostenute dal dipendente per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda, non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Più in generale, infine, va ricordato come siano, comunque, escluse da tassazione le somme percepite dal dipendente a titolo di risarcimento di un danno consistente in una perdita patrimoniale (cd. “danno emergente”), mentre sono tassate le somme che risarciscono un danno consistente nella perdita di redditi (cd. “lucro cessante”), così come sancito dall’art. 6, comma 2, TUIR.

In virtù di tale principio, sono escluse da tassazione, ad es., le rendite versate dall’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (Inail) per inabilità permanente o le somme erogate per risarcire il danno biologico o di immagine del dipendente, fermo restando che, come più volte confermato anche dalla giurisprudenza, grava sul lavoratore, in caso di contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, la prova circa il fatto che le somme risarcite siano tese a ristorare un danno patrimoniale (e, quindi, non siano tassabili), piuttosto che il mancato guadagno di redditi (e quindi siano imponibili).

II. La Risoluzione n. 77/E/2019 ed il principio dell’interesse prevalente del datore di lavoroL’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 77/E, del 12 agosto 2019, è tornata ad occuparsi del reddito di lavoro dipendente e, in particolare, del trattamento fiscale delle ero-gazioni in natura fatte al lavoratore dipendente. Nel caso di specie, si è pronunciata in merito all’attribuzione ai dipendenti di un servizio di monitoraggio dei dati sensibili nel cd. “dark web”, ossia quella “parte” di web, spesso utilizzata per svolgere attività “borderline”, se non illecite, inaccessibile e non inter-cettabile con gli ordinari software e motori di ricerca, essendo necessario, per accedervi, utilizzare specifici software che garantiscono, fra l’altro, l’anonimato all’utilizzatore.

A. La fattispecieIn particolare, la società istante intende distribuire in Italia i servizi di monitoraggio del “dark web” tramite apposita piatta-forma, realizzata al fine di prevenire e minimizzare i potenziali danni derivanti dal furto d’identità e di altri dati sensibili. L’utilizzatore di detto servizio riceve istruzioni per caricare

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Diritto tributario italiano

fraudolenti dei dipendenti o amministratori e non spetta nel caso in cui questi abbiano ottenuto profitti o vantaggi perso-nali o ricevuto compensi cui non avevano diritto.

Inoltre, il par. 2.2. della Circolare n. 55/E, del 4 marzo 1999, con riferimento al regime fiscale dei contributi per assistenza sociale, chiarisce che, in assenza di una specifica previsione normativa, lo stesso dev’essere desunto dai principi generali che presiedono alla determinazione dei redditi di lavoro dipendente. Pertanto i contributi per assistenza sociale a carico del dipendente, non riducono il reddito assoggettabile a tassazione in capo al dipendente, mentre per quelli versati dal datore di lavoro è necessario distinguere il titolo in base al quale il versamento è effettuato:

◆ se il versamento discende dall’adempimento di un obbligo derivante da contratto, accordo o regolamento aziendale, i contributi in questione sono da considerarsi parte inte-grante della retribuzione e, quindi, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente;

◆ qualora, invece, il contratto, l’accordo o il regolamento aziendale prevedano soltanto l’obbligo per il datore di lavoro di fornire talune prestazioni assistenziali, ad es., l’integrazione dei trattamenti pubblici, il datore di lavoro, che è obbligato al pagamento di dette prestazioni assistenziali, può liberamente scegliere di garantirsi una copertura economica per tali pagamenti ovvero attendere l’evento e sopportarne interamente il carico. Nel primo caso la stipula di una polizza assicurativa o l’iscrizione ad un ente o ad una cassa risponde ad un interesse esclusivo del datore di lavoro e l’eventuale pagamento del premio o dei contributi, non costituendo elemento retributivo, non deve concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente.

IV. ConclusioniAlla luce di quanto esposto, in tema di erogazione di beni e servizi ai lavoratori dipendenti, la corretta applicazione della disciplina fiscale non può prescindere da un'attenta analisi della singola fattispecie.

La formulazione degli artt. 48 e 51 TUIR si limita, infatti, ad individuare una generica macro categoria reddituale che ricomprende, salvo specifiche eccezioni, tutte le erogazioni effettuate nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente.

In ogni caso, restano esclusi da tassazione i rimborsi di spese anticipate dal dipendente nell’interesse del datore di lavoro, nonché le erogazioni di beni e servizi che siano offerti al dipendente per un interesse esclusivo, o quanto meno, pre-valente da parte del datore di lavoro, così come concluso, in modo estensivo, nella Risoluzione n. 77/E/2019 in commento.

Resta da capire, tuttavia, in assenza di chiarimenti pratici, come misurare il criterio della “prevalenza”. Ad avviso di chi scrive, dovrebbe trattarsi di un requisito più di natura “quali-tativa” che “quantitativa”, nel senso che l’interesse prevalente del datore di lavoro dovrebbe sussistere tutte le volte in cui il servizio o il bene sono erogati quali “accessori necessari” per l’esecuzione della prestazione lavorativa (si pensi, ad es.,

Il servizio offerto dalla società ai dipendenti, pertanto, risponde a un interesse prevalente della società medesima, anche nel caso in cui utilizzi informazioni personali dei dipen-denti (ad es., numero di carta di identità e passaporto) quale veicolo per minimizzare il rischio aziendale correlato all’uso fraudolento di informazioni sensibili.

La tutela del dipendente e quella della realtà aziendale costituiscono, in questa particolare fattispecie, aspetti assolutamente interdipendenti per assicurare e tutelare prin-cipalmente la società da eventuali attacchi informatici esterni.

L’Agenzia delle Entrate, pertanto, conclude che il servizio di monitoraggio dei dati offerto dalla società ai dipendenti non sia rilevante in capo a questi proprio perché erogato per il proprio prevalente interesse.

III. I precedenti conformi dell’Amministrazione finanziariaI chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 77/E/2019 si pongono in continuità con quanto precisato in precedenti documenti di prassi.

Il par. 2.1. della Circolare n. 326/E, relativamente alle polizze assicurative e alla disciplina dei premi versati dal datore di lavoro, chiarisce, ad es., che:

◆ concorrono alla formazione della base imponibile i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli infortuni extra professionali;

◆ sono esclusi da tassazione in capo al dipendente i premi relativi ad assicurazioni per infortuni professionali. In tale ultimo caso, infatti, il contratto assicurativo risponde a un prevalente interesse del datore di lavoro che, in man-canza di polizza assicurativa, correrebbe il rischio di dover risarcire e/o indennizzare il danno subito dal lavoratore nell’esercizio delle proprie funzioni.

Inoltre, nella Risoluzione n. 178/E, del 9 settembre 2003, è stato precisato che, ove la polizza assicurativa sia stipulata dal datore di lavoro (oltre che in adempimento di un obbligo di legge o di contratto collettivo) in forza di una delibera assembleare, per tenere indenni anche gli amministratori dal pagamento di somme dovute a titolo di risarcimento di eventuali danni causati a terzi nell’esercizio delle proprie fun-zioni (a causa di una attività da cui trae beneficio la società), i relativi premi non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente (nel caso di specie si tratta di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente qual è il reddito prodotto da amministratori che, in prima approssimazione, non siano titolari di partita IVA), ravvisandosi un esclusivo interesse del datore di lavoro alla stipula della polizza, anche derivante dal perseguimento di politiche aziendali rese più efficaci da una attività di gestione snella e libera da remore. Ciò grazie alla tranquillità psicologica dei dipendenti e/o amministratori non frenati dal timore di eventuali ripercussioni patrimoniali.

In tale circostanza, peraltro, l’Agenzia delle Entrate ha preci-sato che l’irrilevanza del premio è condizionata dal fatto che nessun rimborso deve essere previsto nel caso di atti dolosi o

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Diritto tributario italiano

alla attribuzione di divise o tute da lavoro che il dipendente, in linea di principio, potrebbe utilizzare anche a fini per-sonali) e non siano connessi con la volontà di accrescere la retribuzione, anche in natura, del dipendente (come ad es. potrebbe avvenire nel caso in cui il datore di lavoro decida di regalare capi di abbigliamento al personale dipendente che non godano dell’esclusione prevista dall’art. 51, comma 3, TUIR secondo cui non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo di imposta a euro 258,23).

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Il caso della recente applicazione dell’art. 27 CDI CH-ITA alla richiesta che ha riguardato i clienti BSI SA (oggi EFG)

Analisi di una domanda “rogatoriale”: tra garanzie offerte e opportunità (residue)

Con decisione finale pubblicata sul Foglio federale del 4 febbraio 2020, l’AFC ha autorizzato la trasmissione in Italia dei dati di tutti i contribuenti italiani che tra il 23 febbraio 2015 e il 31 dicembre 2016 hanno detenuto un c/c presso BSI SA (oggi EFG), e che non si sono diversamente annunciati. Ciò offre l’opportunità di ripercorrere in un caso concreto le caratteristiche della richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscale avanzata dall’Italia sulla base dell’art. 27 CDI CH-ITA e degli standard OCSE, nonché le implicazioni per gli interessati. Infatti, al netto anche delle garanzie offerte dall’ordinamento svizzero, e che consentono d’interfacciarsi efficacemente con l’AFC attraverso un rappresentante nomi-nato in Svizzera – e ciò può aver valenza anche per i soggetti tax compliant –, si tratta di verificare quali “opportunità” residue restino per sanare la propria posizione con il Fisco italiano per coloro tuttora in difetto.

lità fiscale il tema delle cd. “domande raggruppate”.

Infatti, è in corso di elaborazione presso l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) di Berna una nuova richie-sta di assistenza amministrativa in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, avanzata dall’Agenzia delle Entrate (e ricevuta già alla fine del 2018).

Ciò si basa sulla Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (CDI CH-ITA; RS 0.672.945.41).

L’AFC, avendo ritenuto la richiesta italiana meritevole di accogli-mento in applicazione convenzionale – nonché dell’art. 6 della Legge federale sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (LAAF; RS 651.1) in relazione all’Ordinanza federale sull’assistenza amministrativa internazionale in mate-ria fiscale (OAAF; RS 651.11) – con Decreto del 29 marzo 2019 richiedeva a BSI SA (oggi EFG SA) le informazioni richieste per il periodo 23 febbraio 2015 – 31 dicembre 2016.

Ricevute tali informazioni, l’AFC pubblicava sul Foglio federale (FF) del 4 febbraio 2020 la Comunicazione di aver emesso – sempre in pari data – una decisione finale per tutti i contri-buenti italiani che, tra il 23 febbraio 2015 e il 31 dicembre 2016, hanno detenuto un c/c presso la BSI SA (oggi EFG SA) e che non hanno acconsentito alla trasmissione all’Agenzia delle Entrate delle informazioni richieste all’AFC tramite domanda “rogato-riale”, né hanno designato un indirizzo in Svizzera oppure un rappresentante autorizzato a ricevere notifiche in Svizzera[2].

ito uno specifico gruppo di lavoro (APRG) per verificare e garantire l’effettiva implementazione dello standard internazionale di scambio automatico di informazioni finanziarie in ambito fiscale. Composto dai 34 membri del Global Forum, il gruppo ha tenuto la sua prima riunione nei giorni 16-18 marzo u.s. per discutere le questioni chiave per garantire che i Paesi aderenti stiano mettendo in atto tutti ciò che è necessario per fornire uno standard AEOI efficace, nonché come i recenti sviluppi in relazione all’emergenza mondiale Covid-19 possano influire sulle conseguenti aspettative.[2] FF 2020 885, in: https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2020/885.pdf

Marco CompagninoAdv. LL.M. (Leiden)Avvocato e dottore commercialistaPartner di CM Legal – Studio Legale in LuganoAn independent firm in association with Mercanti e Associati

Giovanni MercantiDottore commercialistaPartner di Mercanti e Associati – StudioLegale e tributario in Milano e VeronaHead of the Tax Department

Diritto tributario internazionale e dell'UE

I. Premessa ............................................................................ 192II. La richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscale ..................................................................... 193III. Le garanzie offerte dall’ordinamento svizzero ........ 194IV. Le implicazioni fiscali per i soggetti interessati dalla domanda “rogatoriale” ............................................. 195V. Conclusioni ....................................................................... 197

I. PremessaMentre l’OCSE ci ha recentemente ricordato come dalla prima introduzione a livello globale dello scambio automatico di informazioni (2017) siano state ben cento le Giurisdizioni coinvolte nel 2018, coinvolgendo asset per circa 5’000 mia. di fr.[1], le recenti cronache in Svizzera hanno riportato d’attua-

[1] OCSE, The 2019 AEOI Implementation Report, Parigi 2019, in: https://www.oecd.org/tax/transparency/AEOI-implementation-report-2019.pdf (consultato l’08.04.2020). In seno all’OCSE, il Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes (in seguito “Global Forum”) ha costitu-

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or refused to answer”, giungendo, quindi, alla conclusione come tale modello di comportamento, in conformità con l’art. 26 M-OCSE, possa esser utilizzato per identificare tali clienti/contribuenti “recalcitranti”.

Il successivo Accordo amichevole tra Italia e Svizzera con-cernente lo scambio di informazioni attraverso domande raggruppate (“Agreement between the Competent Authorities of The Swiss Confederation and Italy on exchange of informaion through group requests”), siglato rispettivamente in data 27 febbraio 2017 e 2 marzo 2017 dalle competenti autorità fiscali, definisce ulteriormente le modalità operative per una specifica categoria di “richieste di gruppo” ammissibili, riferen-dosi a fatti e/o circostanze esistenti o realizzati a partire dal 23 febbraio 2015 (data di firma del Protocollo aggiuntivo)[3].

In particolare, tale accordo si riferisce specificatamente ai cd. “recalcitrans account holders”, definiti come persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, i cui nominativi sono scono-sciuti e che sono identificabili attraverso i seguenti criteri per il periodo di tempo compreso tra il 23 febbraio 2015 ed il 31 dicembre 2016 (cfr. art. 4):

“(a) the individual is or was an account holder of one or more accounts with a financial institution located in Switzerland);(b) the account holder has or had a domicile or residence address in Italy (according to the bank documentation in possession of the financial institution located in Switzerland);(c) the account holder was sent a letter by the financial institution located in Switzerland in which it announced the forced closure of the bank account or accounts unless he/she provided the financial institution located in Switzerland with the signed for «EU savings tax – Authorization for the Voluntary disclosure» or any other proof of his/her tax compliance for such account or accounts;(d) despite this letter the account holder did not provide the financial institution located in Switzerland with sufficient evidence of tax compliance”.

Da quanto sopra, emerge chiaramente come l’Agenzia delle Entrate abbia inteso “disegnare” la domanda rogatoriale di assistenza amministrativa in materia fiscale di cui trattasi esattamente sulla scorta degli accordi siglati tra Italia e Svizzera, in particolare individuando nell’istituto finanziario BSI SA la banca svizzera di riferimento:

◆ vis à vis della nuova lett. e-bis inserita nel Protocollo aggiuntivo “le autorità fiscali dello Stato richiedente forniscono le seguenti informazioni se sono noti, il nome e l’indirizzo del presunto detentore delle informazioni richieste”;

[3] Cfr. Agreement between the competent authorities of the Swiss Confede-ration and Italy on exchange of information through group request, firmato a Roma il 27 febbraio e a Berna il 2 marzo 2017 dalle competenti autorità ammi-nistrative in materia fiscale. L’accordo è disponibile al seguente link: http://www.finanze.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/Varie/CAA-ITALY-SWITZERLAND-GROUP-REQUEST-SIGNED.pdf (consultato l’8.04.2020). Cfr. anche il comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, Comunicato n. 39, Roma, 14 marzo 2017, in: http://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/Varie/Accordo_Italia-Svizzera_su_scam-bio_informazioni.pdf (consultato l’08.04.2020).

Scopo del presente lavoro è quello di illustrare le caratteristi-che della domanda “rogatoriale” in parola, le garanzie offerte alle persone interessate, nonché le implicazioni che per le medesime ne scaturiscono, secondo che trattasi di relazioni bancarie “tax compliant” o meno.

II. La richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscaleÈ del 6 dicembre 2018 la ricezione della lettera inviata dall’A-genzia delle Entrate all’AFC, contenente la formale richiesta di informazioni sulle persone che (cumulativamente) soddisfa-cevano i seguenti criteri:

1) titolare di uno/più conti presso BSI SA;2) titolare di uno/più conti domiciliato in Italia (sulla base della

documentazione bancaria di BSI SA);3) BSI SA ha inviato al titolare di uno/più conti una lettera che

informa su delle restrizioni ai servizi bancari nel caso in cui non fosse stata fornita alcuna prova di conformità fiscale;

4) titolare di uno/più conti non ha fornito a BSI SA – né prima né dopo l’invio della lettera di cui al punto 3 – prove suffi-cienti della sua conformità fiscale.

Le informazioni richieste hanno riguardato:

◆ cognome e nome della persona individuata; ◆ data di nascita e ultimo indirizzo in Italia (noto secondo la

documentazione bancaria); ◆ numero/numeri di conto e relativo/i saldo/i al 23 febbraio

2015 e al 31 dicembre 2016.

Come indicato, l’AFC ha esaminato ed accettato la domanda italiana, in particolare ritenendo soddisfatte le condizioni di cui all’art. 27 CDI CH-ITA, come modificato dal Protocollo del 23 febbraio 2015 – in modo da adeguarlo al rinnovato art. 26 del Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE) – e dalla nuova lett. e-bis inserita nel Protocollo aggiuntivo.

Le richieste di informazioni come quella in commento sono, quindi, comunemente chiamate domande raggruppate (in inglese “group requests”), poiché relative a una pluralità di contri-buenti identificati attraverso un cd. modello comportamentale.

Ciò è stato definito inizialmente nella Roadmap siglata tra Italia e Svizzera il 23 febbraio 2015, assieme al Protocollo aggiuntivo di modifica dell’art. 27 CDI CH-ITA (Roadmap on the way forward in fiscal and financial issues between Italy and Switzerland) riconoscendo espressamente come modello comportamentale rilevante ai fini de quo quello dei contri-buenti “suspected of evading their tax obligations who have been asked by their Swiss or Italian financial institution whether the assets deposited are duly taxed and who gave a negative answer

(consultato l’08.04.2020). Tale decisione, peraltro, presenta evidenti elementi di similarità con l’iter di cui alla precedente richiesta di assistenza amministrati-va in materia fiscale dell’Agenzia delle Entrate che ha riguardato i clienti di UBS SA e, quindi, alla relativa decisione finale dell’AFC, pubblicata in: FF 2019 4838, https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2019/4838.pdf (consultato l’08.04.2020)

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oppure perché fiscalmente regolarizzati attraverso i pro-grammi di “voluntary disclosure” o “scudo fiscale”.

Peraltro, restano escluse dalla trasmissione anche le infor-mazioni relative ai conti per i quali il contribuente ha fornito all’AFC la prova che i valori patrimoniali presenti sul conto o sui conti alla fine dell’ultimo anno fiscale, per il quale è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, sono stati inclusi nella dichiarazione dei redditi correttamente depositata presso l’Agenzia delle Entrate (in particolare nel quadro RW). Se l’importo indicato nella dichiarazione fiscale dell’interessato come detenuto presso la banca svizzera dovesse esser superiore al saldo del conto interessato (o dei conti interessati) alla fine dell’ultimo anno fiscale, il contribuente deve presentare all’AFC l’estratto conto relativo agli altri attivi detenuti presso gli istituti finanziari svizzeri per consentire all’AFC di verificare se i valori patrimo-niali dichiarati siano equivalenti ai saldi contabili. Se l’importo indicato nella dichiarazione fiscale del contribuente dovesse, invece, esser inferiore al saldo del conto interessato (o dei conti interessati) alla fine dell’ultimo anno fiscale, nessuna esenzione potrà ovviamente esser d’applicazione (cfr. art. 3 Accordo amichevole del 2 aprile 2017).

Se l’interlocuzione tra il rappresentante autorizzato a ricevere informazioni in Svizzera e l’AFC ha esito favorevole, vale a dire viene recepita dall’AFC l’esistenza di una condizione che esclude la trasmissibilità delle informazioni del conto, dopo l’esame della documentazione sottoposta, l’AFC confermerà di ritenerla esaustiva e, pertanto, emetterà una decisione negativa nei confronti dei soggetti rappresentati: ciò significa che non sarà trasmesso alcun dato all’Italia concernente il conto bancario in questione.

Per quanto riguarda le relazioni bancarie regolarizzate attra-verso il programma italiano di voluntary disclosure[7], abbiamo già indicato come ciò venga considerata come una condizione di esclusione della trasmissibilità delle informazioni bancarie.

A questo proposito, è possibile osservare come nella pratica il punto possa risultare tutt’altro che pacifico, poiché l’Accordo amichevole del 2 marzo 2017 all’art. 2b considera esclusi dalla domanda raggruppata i conti “for which an autorization regarding the specific account has been provided to the financial institution located in Switzerland within the framework of the Italian Voluntary Disclosure Program (VDP)”. Pertanto, in concreto, si può porre (e si è posto) il caso in cui il contribuente non possa provare di aver dato alla banca interessata – in occasione dell’adesione al suddetto programma di emersione fiscale per il conto interessato – l’autorizzazione del caso a trasmetter tali informazioni in Italia.

In mancanza di ciò, non resta al rappresentante interessato che provare diversamente la conformità fiscale del contri-buente in relazione al conto interessato (o i conti interessati).

[7] Introdotta con l’art. 1 della Legge (L.) n. 186/2014, la voluntary disclosure (o collaborazione volontaria) italiana ha avuto due edizioni, nel 2015 e 2017.

◆ vis à vis dell’Accordo amichevole del 2 marzo 2017, nei confronti della quale i contribuenti italiani, correntisti della banca, si siano dimostrati recalcitranti[4].

III. Le garanzie offerte dall’ordinamento svizzeroCome previsto dagli artt. 14 e 14a LAAF, il contribuente/correntista residente in Italia, informato dall’AFC in merito agli elementi essenziali della domanda ricevuta e del suo contenuto (mediante pubblicazione della Comunicazione AFC sul FF del 10 dicembre 2019[5], per i c/c detenuti presso BSI SA tra il 23 febbraio 2015 ed il 31 dicembre 2016) può designare un rappresentante autorizzato a ricevere infor-mazioni in Svizzera (nel termine indicato di 20 giorni[6]), in modo da partecipare alla procedura. In alternativa, il soggetto interessato ha facoltà di: (i) acconsentire (in tutto o in parte) alla trasmissione delle informazioni, informando per iscritto l’AFC, ed in questo caso il consenso diventa irre-vocabile (art. 16 LAAF); (ii) non intervenire nella suddetta procedura.

La designazione di un rappresentante autorizzato a ricevere informazioni in Svizzera e, quindi, del recapito svizzero di rife-rimento, permette al medesimo d’interloquire validamente con l’AFC, quindi, per verificare se e quali dati del contribuente e correntista interessato vadano trasmessi all’Agenzia delle Entrate. Ciò si traduce, in particolare:

◆ nella possibilità di ricevere e valutare le informazioni oggetto di possibile trasmissione in anticipo e prima della trasmissione medesima;

◆ nella possibilità di far valere delle condizioni che escludano la trasmissibilità delle informazioni medesime.

A questo proposito, tra le condizioni che legittimano l’inte-ressato, tramite il rappresentante nominato in Svizzera, a far valere la non trasmissibilità delle informazioni certamente vi sono quelle che danno evidenza come la relazione bancaria in commento sia già nota all’Agenzia delle Entrate.

Vale a dire, sarà necessario far valere la conformità fiscale della medesima vis à vis del Fisco italiano, ad es. perché i conti sono già stati comunicati nel quadro dell’Accordo tra la Confederazione Svizzera e l’Unione europea sullo scam-bio automatico di informazioni finanziarie per migliorare l’adempimento fiscale internazionale (Accordo CH-UE; RS 0.641.926.81) (informazioni successive al 1° gennaio 2017),

[4] Peraltro è possibile osservare come nelle premesse dell’Accordo ami-chevole del 2 marzo 2017 si sia fatto esplicito riferimento alla sentenza TF n. 2C_276/2016 del 12 settembre 2016, che ha giudicato l’ammissibilità del-le domande raggruppate da parte di uno Stato terzo, vale a dire i Paesi Bassi, inequivocabilmente ponendo la richiesta italiana sotto l’ombrello protettivo di tale autorevolissimo recente giudicato finale svizzero. Per un’esposizione com-pleta e sistematica in lingua italiana delle conclusioni del Tribunale rederale, cfr. Samuele Vorpe, La domanda raggruppata olandese non è una fishing expedi-tion, in: NF 4/2017, pp. 119-131 (cit.: Domanda olandese).[5] FF 2019 6843.[6] Nella prassi dell’AFC, peraltro, è stato spesso riscontrato come essa con-senta la partecipazione degli interessati alla procedura anche oltre i termini indicati, purché, ovviamente, si annuncino prima che venga presa la decisione finale che li riguardi.

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riguardi affatto costoro, in quanto trattasi, evidentemente, di posizioni a tutti gli effetti conformi alla normativa fiscale italiana.

A questo proposito, il nostro convincimento è che i contri-buenti in regola, pur non avendo alcunché da nascondere all’Agenzia delle Entrate, abbiano interesse a evitare l’immo-tivato scambio di informazioni fiscali dalla Svizzera all’Italia, perché riteniamo probabile che questo generi confusione e obblighi quantomeno a un dispendio di tempo ed energie per dimostrare all’Agenzia delle Entrate che non vi sono all’estero attività detenute irregolarmente.

Nella descritta evenienza, è certamente consigliabile, quindi, interfacciarsi con la competente autorità fiscale svizzera (AFC) per bloccare lo scambio, con le modalità che abbiamo già sopra descritto.

Va da sé che quanto sopra riferito non valga per i clienti delle banche svizzere rogate che non abbiano delle posizioni con-formi alla normativa fiscale italiana (ad es., perché non hanno aderito negli anni scorsi alla voluntary disclosure o ai programmi di emersione fiscale che l’anno preceduta), a cui è possibile solo suggerire di valutare l’opportunità di sanare spontanea-mente le violazioni effettuate, in modo da avvantaggiarsi della riduzione delle sanzioni amministrative consentita dall’istituto del ravvedimento operoso e per questo tramite conseguire i benefici penali riconosciuti a chi ha estinto il debito tributario, comprensivo di sanzioni e interessi[12].

A questo proposito, due circostanze ci appaiono di particolare interesse:

◆ la prima circostanza di interesse, che ha natura interpre-tativa, è che l’Agenzia delle Entrate dopo anni di ostinata negazione ha riconosciuto quanto già le norme rendevano a nostro avviso evidente, vale a dire che possono essere oggetto di ravvedimento operoso anche le violazioni tributarie che hanno rilievo penale[13]. Viene conse-

domande raggruppate, in: NF 3/2020, pp. 155-156, in cui l’autrice validamente illustra come la banca interessata a una richiesta di domanda raggruppata deb-ba procedere “a filtrare il gruppo intermedio” di persone oggetto della domanda secondo una serie di specifici criteri, tra cui la presa di conoscenza della lettera banca e conformità fiscale del cliente e che, quindi, solo la popolazione che ne risulta alla fine sarà oggetto di trasmissione della banca all’AFC, e che il volume di casi e di dati si riduca del 90-95%. A questo proposito, nel caso concreto della domanda raggruppata che ha riguardato i clienti BSI, l’esperienza empirica ci ha portato a credere come il filtro sia stato utilizzato in modo assai meno strin-gente, ed i dati di numerosi clienti italiani tax compliant siano stati comunque trasmessi all’AFC.[12] Gli eventuali reati possono derivare non dall’illecita (in quanto non dichia-rata ai fini del monitoraggio valutario) detenzione di attività all’estero, ma, da un lato, dalla mancata dichiarazione dei redditi con i quali queste attività sono state costituite o che sono stati generati tramite queste e, dall’altro lato, dalle modalità fraudolente (ad es., fatturazione di operazioni inesistenti) utilizzate per creare la provvista o per rientrarne in possesso.[13] L’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 180/E del 10 luglio 1998 ha affer-mato di ritenere che con il ravvedimento operoso non si potevano regolarizzare infedeltà dichiarative riconducibili a condotte fraudolente, quali ad es. l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Questo convincimento era stato ribadi-to nel corso di Telefisco 2018. Durante Telefisco 2020, l’Agenzia delle Entrate,

Peraltro, in ambito di domande raggruppate resta impre-giudicato il tema generale se la prova di conformità fiscale debba sempre e comunque convincere l’AFC a bloccare la trasmissione dei dati. Sul punto saremmo portati a dare una risposta positiva, visto che ciò esaurirebbe le esigenze di presidio cui la domanda risulta finalizzata. Ma trattasi di un aspetto tutt’altro che pacifico, anche alla luce della recente comunicazione dell’AFC del 24 marzo 2020[8], relativa alla richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscale da parte della Guardia di finanza del 10 luglio 2017, e relativa a un “gruppo” di presunti contribuenti italiani clienti di Credit Suisse AG (e società del gruppo), sospettati di non aver adempiuto ai propri obblighi fiscali in Italia[9].

In questo caso, infatti, dalla Comunicazione dell’AFC non è stato dato modo sic et simpliciter di bloccar la trasmissione dei dati in Italia giusto dando prova della conformità fiscale delle relazioni degli interessati vis à vis del Fisco italiano, per cui solo gli sviluppi successivi delle prime interlocuzioni con l’AFC e/o la giurisprudenza in materia ci sapranno dire di più[10].

In qualsiasi caso, garantiti i diritti a partecipare al proce-dimento, quindi esser sentiti e consultare gli atti (art. 15 LAAF), sia per i soggetti che hanno scelto di partecipare alla procedura designando un rappresentante autorizzato a ricevere informazioni in Svizzera, che per coloro che non lo hanno fatto, è possibile sempre impugnare la decisone finale positiva (cioè che ammette la trasmissione delle informazioni) dell’AFC (emessa ai sensi dell’art. 17 LAAF), attraverso un ricorso presso il Tribunale amministrativo federale, che in linea di principio ha effetto sospensivo (art. 19 cpv. 3 LAAF) e, quindi, blocca la trasmissibilità delle informazioni. Anche il giudicato di quest’ultimo è appellabile per chieder che venga riformato, attraverso ricorso dinanzi il Tribunale federale (art. 84a della Legge sul Tribunale federale [LTF; RS 173.110]); legittimati a presentarlo sono il contribuente o l’AFC, secondo chi sia stata la parte soccombente nel giudicato di fronte il Tribunale amministrativo federale.

IV. Le implicazioni fiscali per i soggetti interessati dalla domanda “rogatoriale”Poiché la banca può non aver acquisito l’informazione sull’av-venuta regolarizzazione o, semplicemente, non averne tenuto memoria, accade che vengano trasmesse per esser scambiate anche informazioni pertinenti clienti (o ex clienti) che, in realtà, hanno effettuato la regolarizzazione fiscale (scudo fiscale o voluntary disclosure)[11], sebbene la richiesta non

[8] FF 2020 2210, in: https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2020/2210.pdf (consultato l’08.04.2020).[9] La richiesta “rogatoriale” in questo caso ha riguardato anche i nominativi di titolari e beneficiari di polizze assicurative, nonché quelli dei saldi dei conti al 31 dicembre 2017, e le eventuali date di chiusura, se posteriori al 23 febbraio 2015.[10] Cfr. Marco Compagnino, Patrimoni in Svizzera e fisco italiano, in: Corriere del Ticino dell’8 aprile 2020, p. 15, in cui, in particolare, si dà indicazione di come trattasi di richieste dirette a identificare i nominativi di posizioni finanziarie potenzialmente “not tax compliant” già in possesso della Guardia di finanza, poi-ché acquisite attraverso accesso ed indagini su Credit Suisse svolti in Italia fino al luglio 2017.[11] Cfr. Franziska Herrchen, I recenti sviluppi sul fronte italiano in materia di

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dichiarazione, come già in precedenza, ma anche del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. n. 74/2000) e del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3).

La non punibilità, tuttavia, si consegue se il ravvedimento interviene prima che l’autore abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. La locuzione è la medesima utilizzata dal legislatore per deli-neare le cause di inammissibilità che precludevano l’accesso alla procedura di voluntary disclosure e inserite all’art. 5-quater, comma 2, D.L. n. 167/1990 e richiede analogo sforzo interpre-tativo per l’individuazione di quali siano il momento (“formale conoscenza”), il tipo di atti e il relativo contenuto da cui deriva l’eventuale inoperatività della causa di non punibilità.

Ai fini del presente lavoro, è interessante ricordare che secondo quanto riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate non impedivano l’accesso alla voluntary disclosure “le richieste di indagini finanziarie rivolte agli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 32, comma 1 numero 7), del d.P.R. n. 600 del 1973, tenuto conto di quanto chiarito al paragrafo 8.1 (Richieste tramite PEC) della circolare n. 49/E del 23 novembre 2009” perché l’infor-mativa effettuata dalla banca al cliente non può dirsi idonea a soddisfare il requisito della “formale conoscenza”. Identico ragionamento potrebbe valere per la comunicazione con cui le banche svizzere avvisano i clienti o ex clienti italiani della domanda rogatoriale posta dall’Agenzia delle Entrate, se ovviamente condiviso dal giudice penale. In questa ragione-vole ipotesi, si potrebbe, quindi, concludere che il beneficio della non punibilità ex art. 13 possa esser conseguito anche da coloro che decidano di effettuare il ravvedimento operoso solo dopo avere ricevuto dalla banca svizzera la comunica-zione pertinente il prossimo scambio di informazioni.

Per evitare incomprensioni, può essere utile rimarcare che il ravvedimento operoso è un istituto di diritto tributario non penale i cui termini di tempestività, dettati dall’art. 13 D.Lgs. n. 472/1997, sono diversi da quelli che la norma penale richiede per riconoscere l’effetto premiale della causa di non punibilità.

In base al comma 1-bis dell’art. 13 appena menzionato, per i tributi amministrati dall'Agenzia delle Entrate, che sono quelli cui si possono collegare i reati tributari, il ravvedimento può essere effettuato anche quando siano iniziati accessi, ispezioni verifiche o altre attività amministrative di accertamento, con il solo limite della notifica degli atti di liquidazione e di accertamento.

È però evidente che un ravvedimento effettuato dopo l’inizio della menzionata attività di controllo, pur permettendo di beneficiare della riduzione delle sanzioni riconosciuta dall’art. 13. D.Lgs. n. 472/1997, non sarebbe apprezzato come causa di non punibilità del reato ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. n. 74/2000 e peserebbe solo come circostanza attenuante ai sensi del successivo art. 13-bis.

guentemente meno il timore che l’Agenzia delle Entrate disconosca l’efficacia del ravvedimento operoso effettuato per sanare violazioni tributarie rilevanti sotto il profilo penale;

◆ la seconda circostanza di interesse, che ha natura norma-tiva, è l’ampliamento delle fattispecie di reato tributario per le quali il ravvedimento operoso è riconosciuto come causa di non punibilità. Viene conseguentemente meno il timore che, per certi reati tributari, il ravvedimento operoso possa trasformarsi in una confessione che renda ineluttabile la sanzione penale.

Con riferimento al tema penale, è utile evidenziare che gli effetti del ravvedimento operoso dipendono dalla tempesti-vità di questo rispetto all’azione dell’autorità amministrativa o a quella dell’autorità penale, e ciò è elemento di grande rilevanza.

L’art. 13 del Decreto Legislativo (D.Lgs.) n. 74/2000 attribuisce all’estinzione del debito tributario comprensivo di sanzioni e interessi, a seguito di ravvedimento il rilievo di causa di non punibilità, purché questo venga effettuato prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Mentre il successivo art. 13-bis valuta la medesima estinzione come semplice, seppur non disprezzabile, circostanza del reato attenuante la pena, se effettuata dopo la formale conoscenza delle attività di controllo poco fa indicate, ma pur sempre prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, che è fase del processo penale.

In quest’ottica, i contribuenti farebbero bene ad apprezzare la novità introdotta dall’art. 39, comma 1, lett. q-bis, del Decreto Legge (D.L.) n. 124/2019 che è intervenuto sull’art. 13 D.Lgs. n. 74/2000, inserendo al comma 2, il riferimento agli artt. 2 e 3, con assunzione della formulazione seguente: “[i] reati di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento ope-roso o della presentazione della dichiarazione fiscale omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”.

Grazie alla descritta modifica il ravvedimento è causa di non punibilità non solo dei reati di dichiarazione infedele e omessa

prendendo atto della novità normative, ha mutato la propria posizione, ricono-scendo la facoltà del ravvedimento anche le fattispecie fraudolente. Peraltro, va osservato come analoga previsione non sia estensibile per chi emetta le fat-ture false, poiché analoga causa di non punibilità non è stata introdotta anche per la fattispecie di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74/2000. Ciò avrebbe come immediata conseguenza che il ravvedimento dell’utilizzatore delle fatture o altri docu-menti fittizi esponga al rischio di sanzione penale l’emittente dei medesimi. Allo stesso modo, sembra debbano restare impregiudicate le eventuali valutazioni relative alle fattispecie del riciclaggio ed auto-riciclaggio (artt. 648 e 648-ter del codice penale).

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Il ricorso al ravvedimento che sia tempestivo, nel senso in precedenza descritto, anche sotto il profilo penale consenti-rebbe quindi di massimizzare i benefici conseguibili attraverso la spontanea correzione delle violazioni tributarie commesse.

In questo senso, il ravvedimento operoso di cui l’art. 13 D.Lgs. n. 472/97 dovrà riguardare la regolarizzazione della posizione fiscale del contribuente prima della contestazione della relativa violazione, ed una volta perfezionato, potrà esser una concreta causa di non punibilità con riferimento alla fattispecie di cui all’artt. 2 e 3 D.Lgs. n. 74/2000 (come anche per quelle di cui agli artt. 4 e 5), e non come mera circostanza attenuante, di cui alla formulazione originaria del dettato normativo.

In conclusione, da quanto fin qui esposto emerge come i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 3 D.Lgs. n. 74/2000) e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 4 D.Lgs. n. 74/2000) non siano punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso e della (ri)presentazione della relativa dichiarazione, con il rispetto di tutti i termini e le preclusioni di legge[14].

V. ConclusioniDa quanto fin qui esposto emerge come, da una parte siano tuttora presenti nell’ordinamento italiano gli strumenti che offrono la possibilità di sanare la propria posizione col fisco anche per coloro che, a seguito della propria iniziativa, fino all’estensione della clausola di non punibilità ex art. 13 D.Lgs. n. 74/2000, rischiavano l’avvio di una possibile azione penale.

Dall’altra parte la trasmissione da parte dell’AFC dei dati relativi ai conti bancari di tali contribuenti, e la loro ricezione da parte dell’Agenzia delle Entrate, in forza della richiesta rogatoriale che ha coinvolto la BSI SA o altre che si succe-deranno certamente su iniziativa italiana, probabilmente farà emergere definitivamente eventuali comportamenti delit-tuosi rilevanti ai fini del diritto penale tributario italiano e delle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74/2000, senza possibilità alcuna di sanarli.

Ciò in quadro normativo d’insieme di “group requests” che va consolidandosi, con il susseguirsi delle richieste già giunte all’AFC (e che giungeranno ancora), e con qualche aspetto ancora da chiarire[15], in particolare per bloccare la trasmis-sione dei dati dei soggetti tax compliant.

[14] Abbiamo già dato indicazione come proprio a fine gennaio, in occasione della consueta iniziativa annuale d’incontro tra professionisti italiani e Agenzia delle Entrate detta “Telefisco”, quest’ultima abbia accettato il dettato dell’espli-cito cambiamento normativo in commento.[15] Vedi il caso della citata domanda “rogatoriale” dei contribuenti italiani clienti di Credit Suisse AG, per i quali la prova della conformità fiscale in Italia delle relazioni interessate allo scambio non pare esser considerato elemento sufficiente per bloccar sic et simpliciter la trasmissione dei dati in Italia.

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L’evoluzione del sistema fiscale del Qatar dell’ultimo biennio e scenari futuri

Il Qatar nella fiscalità internazionale contemporanea

Il Qatar ha un sistema fiscale che, dalla sua fondazione sino a pochi anni addietro, è rimasto sostanzialmente immutato. Il sistema di tassazione dei redditi si articola su due tributi, l’Income Tax e la QFC Tax Regulations che si applicano a distinte platee di soggetti passivi, ma che sono entrambe di natura territoriale. Un settore sul quale l’imposizione ha un impatto rilevante è, notoriamente, quello dell’O&G analizzato in questo contributo alla luce delle tipologie di contratti adot-tati nello specifico settore. Recentemente, il sistema fiscale del Qatar è stato sottoposto a revisione anche per far sì che sia assicurata la compliance con gli standard internazionali. Riflesso di questo costante adattamento è stato il recepi-mento degli obblighi internazionali, fra cui il recepimento del MLI che influisce interpretazione e applicazione del network convenzionale del Qatar. Il progressivo adattamento agli obblighi internazionali – nella precipua prospettiva regionale, che vede il Qatar parte di un mercato unico, quello del GCC – ha portato alla introduzione di una Excise Tax e condurrà, presumibilmente nel corso del 2020 alla introduzione dell’IVA che (grosso modo come accade nell’UE) prevede una disci-plina intra-GCC che condizionerà, in maniera dirimente, la programmazione dei dealing in (e attraverso il) Qatar.

I. Premessa sul sistema fiscale del Qatar e definizione dell’ambito territorialeIn questo contributo si vuole fornire un primo inquadramento del sistema fiscale del Qatar. Muovendo da un inquadramento più ampio, è utile ricordare che dal 1916 sino al 1971, quando ha raggiunto la propria indipendenza, il Qatar è stato un pro-tettorato anglosassone[1]. Ciononostante, il sistema giuridico

[1] Attualmente, il Qatar è una monarchia costituzionale, retta dall’Emiro Tamim bin Hamad Al-Thani, discendente della famiglia Al-Thani.

Maryam Al-AsmakhAccounting,Assistant Professor at Qatar University,College of Business and Economics,PhD, King’s College [email protected]

Talal Abdulla Al-EmadiLawyer, Professor of Oil & Gas Law & Press,Director at Qatar University,DPhil Oxford, LLM Harvard, LLB [email protected]

Aaron MeneghinHead of Group tax at Valentino Spa, [email protected]

Roberto ScaliaLawyer, Assistant Professor of Tax Law,PhD in EU and Intl Tax Law, University of [email protected]

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I. Premessa sul sistema fiscale del Qatar e definizionedell’ambito territoriale ....................................................... 198II. Income Tax del Qatar ..................................................... 199A. Soggetti passivi ............................................................................ 199B. Base imponibile, aliquote, ritenute ed esenzioni ............ 200C. Redditi prodotti nello Stato .................................................... 200III. QFC Tax Regulations ..................................................... 201A. Ambito soggettivo e oggettivo ............................................. 201

B. Territorialità del QFC ................................................................. 201C. QFC Concessionary rate ........................................................... 202D. Finanza islamica .......................................................................... 202IV. Disciplina fiscale del settore Oil & Gas ....................... 202A. Scelte di politica economica: la precedenza concessa alle accise ............................................................................................. 203B. Trattamento fiscale dei contratti (JVAs e PSAs) nel settore Oil & Gas in Qatar ............................................................. 203V. Network convenzionale del Qatar, CDI con la Svizzera e MLI .......................................................................204A. Ambito soggettivo e oggettivo ............................................. 204B. Tassazione degli elementi di reddito ed eliminazione della doppia imposizione ............................................................... 204C. MLI in Qatar .................................................................................. 205VI. Prevedibili scenari della (futura) IVA .......................... 205A. Ambito soggettivo e oggettivo ............................................. 206B. Prima implementazione e norme transitorie .................. 206C. Scenari cross-border .................................................................. 206D. Free Zones (e nuove “Designated Zones”?) ....................... 207

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sanzioni; (iii) sull’applicazione delle ritenute, ecc.[4]

A. Soggetti passiviI soggetti passivi sono tutte le persone fisiche e giuridiche che siano assoggettate ad imposta ai fini della Income Tax Law (2018). Ogni contribuente che ritragga un reddito tassabile (o impegnato nello svolgimento di un’attività) deve: (i) identifi-carsi alla Tax Authority; (ii) notificare ogni modifica che possa incidere sulle proprie obbligazioni tributarie; e (iii) richiedere un proprio Tax Number (art. 10 Income Tax Law [2018])[5].

Sebbene la Income Tax Law (2018) sostituisca la Income Tax Law (2009), la Legge n. 17/2014, nonché qualsiasi altra Legge che sia incompatibile con essa, è espressamente previsto che le esenzioni “in vigore al momento di entrata in vigore della Legge, debbano continuare ad applicarsi fino al termine ultimo previsto per la loro vigenza” (art. 4, seconda parte Income Tax Law [2009]).

Con riferimento ai cittadini del Qatar (e degli altri Stati del Cooperation Council for the Arab States of the Gulf [GCC][6]) si applicano le seguenti esenzioni:

◆ il reddito lordo delle persone fisiche (cittadini del Qatar) è espressamente esentato da imposizione;

◆ la medesima esenzione si applica in relazione al reddito lordo delle persone giuridiche possedute integralmente da cittadini del Qatar e alla quota del reddito delle persone giuridiche (residenti o non residenti) possedute da cittadini del qatarioti (cfr. art. 4 par. 7 e 8 Income Tax Law [2018] e art. 4 Risoluzione MOEF n. 10/2011)[7].

Le persone fisiche si qualificano come “residenti” nel caso in cui abbiano, alternativamente, (i) un’abitazione permanente in Qatar; (ii) siano in Qatar per 183 giorni (consecutivi o sepa-rati) nell’arco di un periodo di 12 mesi, oppure (iii) abbiano il loro centro degli interessi vitali in Qatar.

Le società ed enti si considerano residenti al ricorrere di almeno uno dei tre presupposti seguenti di (i) essere costituiti secondo le leggi del Qatar, (ii) avere in Qatar la sede princi-pale; (iii) o avere in Qatar il cd. “place of effective management” in Qatar (art. 1 Income Tax Law [2018]).

Secondo la definizione contenuta nell’art. 1 Income Tax Law (2018), una stabile organizzazione è una sede fissa d’affari mediante la quale l’attività del contribuente viene svolta in tutto o in parte, attraverso una branch, un ufficio, uno sta-bilimento, un luogo di esplorazione o estrazione di risorse

[4] GTA, Circolare n. 14 del 4 marzo 2019.[5] Per un’analisi approfondita relativa all’Amministrazione finanziaria del Qatar, cfr. Mahmoud Abdellatif/Ashraf Galal Eid/Binh Tran-Nam, Oil price fluctuations and the need for tax policy reform in Qatar, in: Bull. for Intl Taxn. n. 12/2017, p. 674 ss.[6] Per un inquadramento fiscale del GCC sia consentito rinviare a Roberto Scalia, A Tax Law Perspective of the “Cooperation Council for the Arab States of the Gulf” (GCC), in: Intertax n. 1/2017.[7] Con specifico riferimento al regime previgente, cfr. Roberto Scalia, Qatar and International Tax Law: Part II – The Income Tax Law and the QFC Tax Regu-lations, in: Bull. for Intl Taxn. n. 11/2015, p. 668 (cit: Qatar Part II)

del Qatar è fortemente influenzato dalla tradizione giuridica di civil law e il suo sistema normativo si basa sul Codice Civile (Legge n. 22/2004) e sul Codice di Commercio (Legge n. 27/2006).

Il sistema normativo attuale si fonda sulla Costituzione dell’8 giugno 2004, che prevede le norme fondamentali[2]. Quest’ultima chiarisce che la lingua ufficiale è l’arabo[3] e il sistema legale del Qatar deve rispettare i principi dell’Islam e, conseguentemente, la legge della Shari’a deve essere la fonte principale della propria legislazione.

Un’analisi dei profili fiscali in Qatar deve dare compiutamente atto della distinzione dei distinti ambiti territoriali in relazione ai quali si applicano le norme.

Le Free Zones sono disciplinate dalla Legge n. 34/2005 (la cd. “IFZ Law”, come modificata dal Decreto Legge [D.L.] n. 12/2017), la quale stabilisce che “[t]he provisions of the tax law […] shall not be applicable to the Zone for a period of twenty years, renewable for one or more similar periods” e che “[r]egistered Companies […] enjoy the following benefits […] [t]he profits of trade in transit goods in the Free Zone shall be exempted from all types of taxes” (cfr., in particolare, gli artt. 7 e 15bis par. 1 lett. a [intro-dotti nel 2017] della Legge n. 34/2005). Occorre osservare che uno dei più rilevanti elementi nell’attrarre l’attenzione degli investitori esteri (perlomeno in prospettiva fiscale) è stata non già una Free Zone, ma il Qatar Financial Centre (QFC). In sintesi, allorquando si debbano valutare le conseguenze fiscali degli investimenti in (o attraverso il) Qatar, occorre attentamente distinguere le fattispecie nelle quali si applichino le norme statali e, d’altro canto, quelle nelle quali debbano applicarsi le norme delle Free Zones o del QFC.

II. Income Tax del QatarIl sistema fiscale del Qatar, risalente al 1954 fu dapprima emendato e abrogato dal Decreto Legge n. 11/1993 e, suc-cessivamente, sostituito dalla Income Tax Law n. 21/2009 (da qui in avanti, la “Income Tax Law (2009)”.

Sino alla fine del 2018, il sistema della imposizione diretta del Qatar era contenuto prevalentemente nella Income Tax Law (2009) e nel Decreto Ministeriale (D.M.) n. 10/2011. Nel dicembre 2018 è stata adottata una nuova Income Tax Law (la “Income Tax Law [2018]”), che abroga la precedente del 2009, la quale ne echeggia le caratteristiche principali, con alcune modifiche che saranno analizzate in seguito.

A seguito dell’adozione della Income Tax Law, la General Tax Authority (GTA) ha emanato una Circolare contenente chiari-menti inerenti la novella del 2018 come, ad es: (i) sugli obblighi dichiarativi; (ii) sulla disciplina transitoria relativa, ad es., alle

[2] Sul punto, cfr. Roberto Scalia, Qatar in International Tax Law: Part I – The Legal and Tax System, in: Bull. for Intl Taxn. n. 10/2015, pp. 609-610 (cit.: Qatar Part I).[3] Il che comporta che le traduzioni in lingua inglese non abbiano un valore vincolante.

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◆ i dividendi e altri proventi dedotti da: (i) profitti che sono stati tassati secondo le norme della Income Tax Law (2018) e (ii) dividendi distribuiti da una società i cui profitti sono esenti da imposizione secondo le norme della Income Tax Law (2018);

◆ i redditi lordi derivanti da (i) attività manifatturiere che non eccedono i 200’000 Qatari Ryals annuali e con l’impiego del numero massimo di tre dipendenti; (ii) da attività agricole e ittiche e (iii) da ritratti da società aeree o marit-time non qatariote che operino nello Stato, a condizione di reciprocità che sia comprovata dalla produzione di un certificato rilasciato dallo Stato di residenza della società.

C. Redditi prodotti nello StatoIl sistema fiscale del Qatar è un sistema territoriale che pre-vede la tassazione dei redditi che derivano da fonti nello Stato (art. 2 Income Tax Law [2019]). Sono, tuttavia, tassabili anche (i) gli interessi e i redditi finanziari “realizzati al di fuori dello Stato” e (ii) le commissioni dovute secondo accordi di agenzia, mediazione e rappresentanza commerciale, “ottenuti al di fuori dello Stato per attività ivi svolte” (art. 2 Income Tax Law [2019]).

L’art. 3 par. 1 Income Tax Law (2018) dispone che un’attività abbia la propria fonte nello Stato quando l’attività viene “svolta nello Stato” e nella nozione di attività rientra qualsiasi “professione, attività di commercio, servizio, scambio, industria, speculazione, impresa o qualsiasi atto inteso a ritrarre un profitto o un reddito, ivi incluso lo sfruttamento di beni mobile o immobili” (art. 1 Income Tax Law [2019]). Per converso, nella definizione non rientrano le attività svolte da un soggetto che “fornisce beni o attrezzature nello Stato”, salvo che il relativo contratto includa altri servizi accessori (come trasporto, installazione, manutenzione, ecc.) e, in tale ipotesi, detti servizi ancillari si ritengono che siano derivanti da una attività svolta nel terri-torio dello Stato.

Sono inclusi fra i redditi prodotti nello Stato i redditi ritratti da contratti svolti “in tutto o in parte”, definizione che include i servizi “svolti, in tutto o in parte, nello Stato” e i redditi deri-vanti da beni immobili situati nel territorio dello Stato (o azioni o quote in società i cui asset siano rappresentati prin-cipalmente da beni immobili situati nello Stato) rientrano fra i redditi prodotti nel territorio dello Stato, in linea con il situs principle.

I redditi derivanti da titoli partecipativi in società residente e società quotate al Qatari Stock Exchange, nonché i redditi derivanti da corrispettivi per servizi svolti in favore di società correlate, sono tassabili in Qatar[11]. Sono imponibili anche gli interessi derivanti da rapporti di finanziamento accesi nello Stato[12], con alcune eccezioni riguardanti le persone fisiche.

Rientrano, inoltre, fra i redditi prodotti nello Stato, quelli deri-vanti dall’esplorazione e sfruttamento di giacimenti minerari,

[11] Questa fattispecie rappresenta una lex specialis rispetto ai redditi derivanti “da attività”.[12] Utile osservare che l’ambito di questa disposizione è abbastanza vago, implicando una diversa interpretazione dello scopo territoriale della norma.

naturali, ecc. Nella definizione di stabile organizzazione rientra anche il caso in cui l’attività del contribuente sia svolta mediante una persona (diversa da un agente con status indi-pendente), che agisca per conto suo.

B. Base imponibile, aliquote, ritenute ed esenzioniL’Income Tax Law (2018) si applica sui profitti lordi, al netto di tutti i costi inerenti all’attività d’impresa (cfr. art. 7 Income Tax Law [2018] e art. 9 Risoluzione MOEF n. 10/2011)[8], da calco-lare in coerenza con gli International Accounting Standards[9] e, subordinatamente, alle previsioni della Income Tax Law (2019) e dei regolamenti di attuazione. I contribuenti non possono usare altri metodi di contabilizzazione a meno che non otten-gano preventivamente un’approvazione (cfr. artt. 5 e 6 Income Tax Law [2018]).

L’aliquota ordinaria è pari al 10%. Tuttavia, negli accordi convenuti con le multinazionali impegnate nel settore della estrazione e sfruttamento delle risorse naturali sono previste altre aliquote, in misura non inferiore al 35% (cfr. art. 9 par. 1 Income Tax Law [2018]).

La Income Tax Law (2018) ha innovato il sistema delle ritenute cd. “in uscita”, prevedendo un’unica aliquota del 5%, che si applica alle “royalties, corrispettivi, commissioni e servizi” resi “in tutto o in parte nello Stato” e pagati a non residenti per attività non connesse con una stabile organizzazione situata in Qatar (art. 9 par. 2 Income Tax Law [2018]).

La ritenuta uniforme del 5% si applica su tutti contratti con-clusi a far data dal 13 dicembre 2018, mentre per i contratti firmati anteriormente si deve prendere in considerazione la data del pagamento. Le ritenute previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI) si applicheranno, ove più favorevoli, in luogo della ritenuta del 5%.

L’Income Tax Law (2018) prevede alcune esenzioni di carattere oggettivo[10] nelle ipotesi che seguono (cfr. art. 4 par. 1 sino a 7 Income Tax Law [2019]).

Sono esentati (i) gli interessi e altri gravami imposti dalle banche a carico di persone fisiche che non svolgano alcuna attività nel territorio dello Stato (residenti o non residenti); (ii) i proventi derivanti da certificati di credito e di obbligazioni pubbliche e derivanti da strumenti di finanza islamica, emessi nel rispetto della disciplina relativa alla emissioni di titoli di debito; i capital gains derivanti da atti dispositivi di beni immo-bili o titoli (non derivanti da attività tassabili) ottenuti da una persona fisica e i capital gains derivanti dalla rivalutazione degli asset di un’impresa con riferimento alle società per azioni del Qatar, a date condizioni, nonché:

[8] Alcune spese potrebbero non essere dedotte, in tutto o in parte (qualo-ra eccedenti una data soglia) secondo quanto dispone l’art. 8 Income Tax Law (2018). [9] Sul tema cfr. Maryam Al-Asmakh, Are International Financial Reporting Standards (IFRS) Appropriate for Qatar?, King’s College London, 2008.[10] Che si applica senza pregiudizio per le esenzioni previste dalle leggi spe-ciali ovvero da organizzazioni internazionali.

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Page 31: Novità fiscali - SUPSI

201 aprile 2020

Il reddito imponibile è calcolato sulla base dei redditi con-tabilizzati secondo i principi contabili che devono essere predisposti in linea con gli International Financial Reporting Standard (IFRS), gli United Kingdom Generally Accepted Accounting (UK GAAP) o gli United States Generally Accepted Accounting (US GAAP) (o gli Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions [AAOIFI]), ovvero usando un diverso metodo di contabilizzazione (su autorizzazione dell’Ammini-strazione fiscale).

Le spese e gli altri costi possono essere dedotti nella misura in cui siano contabilizzati nel conto economico (profit and loss account) e siano stati sostenuti con il fine di ritrarre un profitto che abbia “local source”.

L’ammortamento degli asset materiali e immateriali è ammessa e le perdite possono essere riportate in avanti (e non indietro), usate dalla azienda avente causa in un trasferimento della licensed activity, trasferite all’interno di un gruppo e, a date condizioni, rimborsate. Le riorganizzazioni (share e asset deals) sono trattate come transazioni neutrali fiscalmente.

L’aliquota è pari al 10% e nessuna ritenuta si applica nel QFC.

B. Territorialità del QFCLa territorialità delle QFC Tax Regulations differisce quella dise-gnata dalla disciplina statale. Dal momento che le “permitted activities [...] shall only be conducted in and from the QFC” (art. 10 par. 2 QFC TR) e queste attività possono essere svolte anche all’interno dello Stato, si pone l’interrogativo se il reddito debba essere assoggettato alla Income Tax Law (2018) o alle QFC TR.

L’art. 6 QFC TR dispone che le QFC Entities sono assoggettate ad imposta sui loro profitti da “local source”, calcolato secondo quanto dispone l’art. 10 QFC TR.

L’ambito territoriale delle QFC TR include alcune fonti di red-dito e ne esclude altre quali: (i) gli interessi che sono ritratti da persone diverse da istituzioni finanziarie e (ii) gli interessi ritratti da istituzioni finanziarie (ii.a) i cui redditi sono attri-buibili alla stipula di un rapporto di indebitamento acceso in Qatar da parte o per conto di un’istituzione finanziaria e (ii.b) il rischio in relazione al capitale o all’interesse del mutuo sono sopportati dalla istituzione finanziaria in Qatar.

Gli utili aventi una fonte locale non includono alcun reddito derivante da:

◆ beni immobili situati fuori dal Qatar; ◆ una stabile organizzazione di una QFC Entity fuori dal QFC o, ◆ nonostante quanto disposto dall’art. 10 par. 2 QFC TR, il

ricevimento di interessi da un ente non finanziario lad-dove il debitore non sia residente in Qatar e non usi una stabile organizzazione in Qatar, al fine di sostenere il finanziamento ovvero nel caso in cui sebbene il debitore sia residente in Qatar il finanziamento sia a favore sostan-zialmente di una stabile organizzazione situata al di fuori del Qatar.

regola che rappresenta una lex specialis rispetto a quella che si applica ai redditi derivanti “da attività”.

Infine, sono inclusi fra i redditi prodotti nello Stato i redditi assoggettati ad imposta ai sensi di una CDI.

III. QFC Tax RegulationsLe Qatar Financial Centre Tax Regulations (per brevità, le “QFC TR”) contiene le regole fiscali applicabili nel QFC, disegnando un sistema di regole in linea con gli standard internazionali.

Le leggi del QFC (nella versione ufficiale in lingua inglese) prevalgono su qualsiasi altra legge o regolamento e, coerente-mente, qualsiasi contratto, transazione o accordo riguardante entità stabilite o operanti nel QFC sono disciplinate dalla legge del QFC, a meno che le parti stabiliscano diversamente[13].

Se una transazione coinvolge un’entità del QFC e un’entità esterna al QFC, le discipline regolamentare e fiscale del QFC sono limitate ai redditi e perdite ritratti da attività da attività autorizzate dal QFC, mentre quelli relative ad altre attività rica-dranno nel campo di applicazione della Income Tax Law (2018).

La legislazione del QFC è chiaramente ispirata ad altri sistemi giuridici di stampo anglosassone, come quello di Hong Kong e a questo consegue il case law elaborato in questi sistemi nor-mative possa essere richiamato per interpretare la QFC Tax Law, pur con l’avvertenza che nel prendere in esame la giuri-sprudenza sviluppata in altri Stati, la stessa amministrazione fiscale riconosce che “[c]onsiderable caution is […] required”[14].

A. Ambito soggettivo e oggettivoNel QFC l’imposizione di applica sui redditi tassabili delle: (i) QFC Entities (i.e. Limited Liability Companies [LLCs] e Protected Cell Companies [PCCs]) e QFC Partnerships, nonché altre forme di QFC Entities ammesse; (ii) branches registrate ai sensi delle leggi del QFC.

Qualsiasi General Partnership (GP), Limited Partnership (LP) o Limited Liability Partnership (LLP) (ove sia o meno una QFC Partnership) è “liable to tax […] as if it were a separate legal entity” ai fini delle QFC TR e, sebbene le Partnerships siano trattate come entità opache, la “tax liability is attributed to the individual Partner”.

Al fine di essere in linea con gli standard internazionali di trasparenza, dal 18 luglio 2019 all’interno delle QFC TR sono state introdotte delle regole puntuali e dettagliate in punto di beneficial ownership.

Le QFC Entities sono residenti ai fini delle QFC TR, nella misura in cui almeno uno dei due requisiti seguenti sia soddisfatto: (i) la QFC Entity sia stata costituita ai sensi delle QFC Regulations oppure (ii) il place of effective management sia in Qatar.

[13] Un altro elemento rilevante è rappresentato dal fatto che, essendo il siste-ma fiscale del QFC, separato da quello generale del Qatar, consente alle società ed enti (QFC Entities) di essere costituiti nonostante quanto previsto dal diritto commerciale del Qatar.[14] Scalia, Qatar Part I (nota 2) p. 613.

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Page 32: Novità fiscali - SUPSI

202 aprile 2020

Come detto, dal momento che la finanza islamica deve essere trattata su un piano di equi-ordinazione con quella tradizio-nale, l’imposizione fiscale non può essere meno vantaggiosa.

Ove, in ragione dell’applicazione degli AAOIFI, i redditi dichiarati da una IFI siano “materially” (cioè, del 5% o) più alti di quanto non sarebbe stato dichiarato laddove fossero stati applicati gli IFRS (o qualora la transazione fosse stata strut-turata come una transazione di finanza convenzionale), la IFI potrà richiedere una “variazione fiscale” (tax adjustment) ai sensi dell’art. 67 QFC TR[17].

Dal momento che le IFI sono finanziate diversamente dalle istituzioni di finanza tradizionale e, in particolare, attraverso Murabaha, Mudarabah, Wakalah o accordi similari, invece di pagare interessi al cliente su depositi bancari e finanziamenti bancari, la banca corrisponde delle “profit share”.

Le QFC TR equiparano il trattamento fiscale dei costi del finanziamento per la IFI, con riferimento alle istituzioni di finanza “convenzionale”, concedendo un “equivalent funding amount” come costo fiscalmente deducibile, laddove il prezzo del finanziamento sia inferiore a quello che potrebbe essere dedotto da una financial institution di finanza convenzionale.

Inoltre, qualsiasi entità costituita al solo fine di supportare o facilitare transazioni di finanza islamica potrà optare per fru-ire dello speciale exempt status riconosciuto ai registered funds, special investment funds, special funding companies, alternative risk vehicles, nonché alle charities.

Nello specifico settore assicurativo e riassicurativo, le Takaful Entities (TE) devono compensare il net surplus e/o deficit attri-buibile al Takaful business con i chargeable profits. Lo scopo di questa disposizione è quello di escludere dalla base imponibile dei chargeable profits delle TE qualsiasi plusvalenza o surplus che derivi dai fondi dei policyholders e di assoggettare ad imposta gli utili/perdite del solo gestore del fondo[18].

IV. Disciplina fiscale del settore Oil & GasSebbene il Qatar sia uno degli Stati più ricchi al mondo in termini di Gross Domestic Product (GDP), viene tutt’oggi qua-lificato come Stato in via di sviluppo. Dal momento che le sue risorse dipendono, ancora adesso, in larga parte dalle reserve di Oil & Gas, il Qatar ambisce a diversificare la sua economia, basata sulle risorse naturali, con l’aiuto della National Vision 2030[19]. Aumentando l’innovazione e la conoscenza, l’obiet-tivo finale della Qatari Vision è quello di trasformare il Qatar da ricco Stato in via di sviluppo in uno Stato con un’economia avanzata entro il 2030.

L’introduzione della seconda forma d’imposizione indiretta in Qatar nel 2018 (la prima è rappresentata dai custom duties,

[17] Si veda, per una analisi più approfondita, Scalia, Qatar Part II (nota 7), pp. 673-675.[18] Sul tema, cfr. Scalia, Concessionary Rate (nota 16).[19] Si veda in particolare: https://www.psa.gov.qa/en/qnv1/pages/default.aspx (consultato l'08.04.2020).

Una nuova fattispecie di esclusione è stata prevista nel 2017, disponendo che gli utili prodotti in o derivanti dal Qatar da una QFC Entity (i) che non sia un Authorised Firm (ii) dalla for-nitura di servizi che debbano essere utilizzati al di fuori del Qatar non siano considerati essere utili da “Local Source”.

L’ultima previsione si applica nonostante qualsiasi altra norma prevista nelle QFC TR e a condizione che (i) i bilanci della QFC Entity siano sottoposti a revisione da un revisore indipendente; (ii) almeno il 30% del reddito sia attribuibile ad attività svolte dalla QFC Entity in Qatar; (iii) la QFC Entity impieghi almeno tre dipendenti a tempo pieno e (iv) l’Amministrazione fiscale non consideri che i servizi siano stati resi nel contesto di un accordo il cui scopo principale o esclusivo sia l’elusione delle imposte[15].

C. QFC Concessionary rateUno dei più importanti regimi fiscali nell’ambito del QFC, per entità coinvolte nel settore assicurativo e riassicurativo, è il regime del QFC Concessionary rate[16] che, a far data dal luglio 2019, è stato profondamente modificato al fine di includere anche la figura degli Investment Managers (art. 88 par. 1 lett. d QFC TR).

Il regime è stato profondamente modificato nel luglio 2019 al fine di rispettare gli standard internazionali fissati dall’OCSE e, precisamente, l’accesso al regime è ora subordinato alla circostanza che le Core Income Generating Activities (CIGAs) siano “carried out in Qatar” (art. 88 par. 9 e 10 QFC TR), laddove l’acronimo CIGA ha il significato “set out in the rules provided for in the 2015 final report on BEPS Action 5 […] or any later rules in substantially the same or equivalent terms” (art. 153 QFC TR).

D. Finanza islamicaIl QFC mira ad essere uno dei mercati finanziari più sviluppati al mondo sul tema della finanza islamica e a fornire supporto alle Islamic Financial Institutions (IFIs), eliminando qualsiasi misura (anche di carattere fiscale) che possa rendere meno conveniente il ricorso alla finanza islamica anziché a quella cd. “convenzionale”.

Pur non potendo approfondire il tema della finanza islamica, occorre rammentare che la finanza islamica deve essere compatibile con la legge della Sharia e coi principi dell’Islam che condizionano la materia finanziaria (e che sono dirimenti, altresì, ai fini fiscali) che possono, sinteticamente, essere così esposti: (i) il divieto di concessione a mutuo con interessi (riba); (ii) il divieto di eccessiva incertezza (gharar) o speculazione (maysir); (iii) il divieto di finanziare certi settori (come, ad es., la fabbricazione delle armi, le produzioni con il maiale, il gioco d’azzardo); (iv) il principio della condizione di perdite e redditi; (v) il principio dell’asset backing e (vi) il denaro e i beni devono essere trattati diversamente.

[15] QFCA Tax Rule 1A, aggiunta nel 2017.[16] Un’analisi del regime e le modifiche più rilevanti apportate nel 2014 è svolta in Roberto Scalia, Thoughts on the Qatar Financial Centre Sc. “Conces-sionary Rate” for Captive Insurers and Reinsurers, in: Intertax n. 2/2016 (cit.: Concessionary Rate).

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Page 33: Novità fiscali - SUPSI

203 aprile 2020

Secondo quanto indica anche l’Excise Tax Guide del Qatar, l’introduzione di un sistema di tassazione mediante le accise è coerente con il “the common excise tax system agreed by the GCC states by virtue of National Law [la Excise Tax No. 25 del 2018] and Executive Regulations”[22].

B. Trattamento fiscale dei contratti (JVAs e PSAs) nel settore Oil & Gas in QatarVi è un’ampia letteratura sul sistema giuridico nel settore dell’Oil & Gas in Qatar, dove si è adottato un meccanismo usato per stipulare gli accordi, i cd. “Production Sharing Agreement” (da qui in avanti, “PSA”). In realtà, è opportuno precisare che men-tre i PSAs sono impiegati nel settore Oil, gli JVAs sono di gran lunga la forma di accordi più diffusi nel settore del Gas[23].

Nel caso dei JVAs nel settore Gas, Qatar Petroleum (QP), che è la compagnia nazionale del Qatar, ha creato una joint venture in forma di società, generalmente con importanti multinazio-nali e giganti dell’Oil & Gas (IOCs) basati su un accordo tipo e sulla base della normativa vigente. In questo contesto, le tasse sono definite all’interno di un Development & Fiscal Agreement (DFA) che interviene fra la società di nuova costituzione e il Governo del Qatar.

Nel settore Oil, i PSAs sono usati, di frequente, con IOCs che abbiano delle branches in Qatar. Le tasse applicabili vengono, di conseguenze, decise in coerenza con i relativi PSAs. La Legge n. 13/2000, come modificata nel corso del tempo, disciplina la materia degli investimenti di capitali non qatarini in attività economiche. La caratteristica principale di questa legge è quella di essere finalizzata ad attrarre gli investimenti e, quindi, di concedere degli incentivi.

Gli incentivi sono dipendenti dalle pattuizioni con il Governo qatarino e, tra questi, è utile richiamare le esenzioni ai fini fiscali. Le operazioni nel settore petrolifero, tuttavia, sono generalmente assoggettate ad imposta in Qatar.

Queste operazioni sono definite nell’art. 1 Legge n. 3/2007 sulla esplorazione delle risorse naturali come lo sviluppo di oil fields, perforazione e mantenimento delle trivelle, produzione di petrolio, trattamento, raffinazione, deposito, trasporto e carico, costruzione delle utilities necessarie per l’energia, l’ac-qua, strutture di accoglimento per dipendenti, installazioni, ecc.

Ai fini delle imposte dirette, qualsiasi società che svolga una attività nel campo energetico è soggetta all'imposizione sui redditi con aliquota del 35%, ai sensi della Income Tax Law vigente (cfr. Legge n. 24/2018).

Come esposto in precedenza, l’imposta viene definite all’interno della DFA e calcolata al livello della joint venture.

[22] General Tax Authority (“GTA”), Taxable Person Guide for the Excise Tax (2019), p. 7.[23] Si veda, in generale, Talal Abdulla Al-Emadi, Joint Venture Agreements in the Qatari Gas Industry, Springer Nature, 2019.

nel 2002) è l’Excise Tax, che rappresenta un importante passo avanti nella direzione di diventare uno Stato avanzato.

Nello svolgere un’analisi dell’attuale contesto normativo relativo alla tassazione del settore delle risorse naturali non ci si può esimere da svolgere una, seppur breve, premessa sulle scelte di politica economica effettuate dal Qatar in una particolare fase storica, quella recentissima, caratterizzata, come noto, dal “blocco” da parte di altri due Stati del GCC, oltre che dall’Egitto.

A. Scelte di politica economica: la precedenza concessa alle acciseIl primo aspetto del quale occorre dare menzione attiene alla scelta di assoggettare ad imposizione prodotti pericolosi o nocivi per la salute, come le bevande gassate (con aliquota del 50%), tabacco (100%), bevande energetiche (100%) che rap-presenta non solo una novità nel modo di creare nuove risorse per il bilancio pubblico dello Stato, ma anche un metodo per contribuire ad assicurare, nel medio-lungo termine, un più elevato livello di salute della collettività.

Non si può trascurare di considerare che, a differenza della Imposizione sui redditi, che continua ad applicarsi, sostanzial-mente, ai soli soggetti che non siano nazionali del Qatar o del GCC, le accise colpiscono anche costoro, dando vita ad un radicale mutamento di prospettiva del sistema fiscale verso la platea dei soggetti passivi.

Considerato il rialzo nei prezzi dei prodotti soggetti ad accisa, per la prima volta i cittadini del Qatar sono stati colpiti da un incremento di prezzi, dato dall’introduzione di un prelievo di natura fiscale e, come è stato osservato in altra sede, introdurre una health tax è stata, dal punto di vista culturale, il metodo migliore per “educare” i cittadini del Qatar ad una cultura dell’imposizione, come forma di contribuzione alle spese pubbliche[20].

In secondo luogo, la scelta di posticipare l’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), senz’altro condizio-nata anche dal “blocco” da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, ha favorito l’introduzione dell’Excise Tax, introdotta con l’intento di realizzare una “economic unity amongst member states” fra i sei Stati del GCC[21]. Nonostante il “blocco”, il Qatar ha implementato l’Unified Excise Tax Treaty.

[20] Come osservato in Maryam Al-Asmakh/Talal Abdulla Al-Emadi, Excise Tax and Taxation of Oil and Gas Sectors in Qatar in: AA.VV., Tax Issues in Italian-Qatari Dealings, JIACC, Milano-Roma 2019).[21] The Excise Tax Treaty for the Gulf Cooperation Council (9-10 December 2015) Riyadh 1 and Unified VAT Agreement for the Cooperation Council for the Arab States of the Gulf (9-10 December 2015) Riyadh. Come puntualizzato in Al-Asmakh/Al-Emadi (nota 20), notoriamente, nel giugno del 2017, alcu-ni Stati del GCC adottarono un blocco contro il Qatar per aria, terra, mare, in violazione non solo della declamata unità fra gli Stati, ma anche in violazione degli accordi di scambio ed economici World Trade Organization (WTO). Si veda, in generale, l’analisi svolta da Amna Saif Al-Naemi/Fatma Ghulam Usman/Khadeeja Nasser Al-Seagh/Maha Jawhar Al-Jassim/Noora Abdullah Al-Semaiti/Sara Ibrahim Al-Obaidli, The Blocade Imposed against Qatar: An Analytical Study of WTO Principles, in: International Review of Law, TradeLab Special Issue, 2018.

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Page 34: Novità fiscali - SUPSI

204 aprile 2020

È utile osservare che l'individuazione della residenza non si basa sulla liability to tax (assoggettabilità ad imposta) dei soggetti residenti in Qatar[31]. Più in particolare, per quanto riguarda le persone fisiche, rientra nella nozione di residente “per quanto concerne il Qatar, ogni persona fisica che ha un’abi-tazione permanente, il centro degli interessi vitali o che soggiorna abitualmente in Qatar” (art. 4 par. 1 lett. a CDI Svizzera-Qatar) il che implica “una presenza sostanziale di una persona fisica nel Qatar” (Protocollo 2. ad art. 4 CDI Svizzera-Qatar).

Per le società ed enti, il criterio individuato è quello dell’essere “registrata o […] ha la sede della sua direzione effettiva in Qatar” (art. 4 par. 1 lett. a CDI Svizzera-Qatar). Nella nozione devono essere fatte rientrare anche le “banche di sviluppo, i fondi, le società, le autorità, le fondazioni, le agenzie o altri enti simili” (art. 4 par. 2 lett. b CDI Svizzera-Qatar) che, come precisato nel Protocollo 2. ad art. 4 CDI Svizzera-Qatar, devono includere anche i fondi pensione[32] e le organizzazioni stabilite e amministrate esclusivamente per scopi religiosi, caritativi, scientifici, culturali o educativi.

B. Tassazione degli elementi di reddito ed eliminazione della doppia imposizioneLa tassazione dei business profits segue la sistematica dei Modelli OCSE e ONU, prevedendo la tassazione di detti profits esclusivamente nello Stato di residenza, a meno che gli utili non siano prodotti per il tramite di una stabile organizzazione situata nell’altro Stato contraente.

Poche sono le differenze di rilievo rispetto al Modello OCSE, come la durata del cantiere di costruzione[33] e la stabile organizzazione per le società di assicurazione[34].

Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi, la ritenuta in uscita applicata nello Stato della fonte non può eccedere (art. 10 par. 2 lett. a, b e c CDI Svizzera-Qatar): (i) il 5%, se il beneficiario effettivo è una società che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società; (ii) il 10%, se il benefi-ciario effettivo è una persona fisica che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società ovvero, (iii) il 15%, in tutti gli altri casi.

Qualora il percettore sia la Banca centrale dell’altro Stato ovvero un suo fondo di pensione, un’autorità d’investimento

[31] Che non dà luogo ad una discriminazione vietata dal trattato (cfr. Proto-collo 5. ad art. 23 CDI Svizzera-Qatar).[32] Come si legge nel Messaggio del Consiglio federale citato nella nota 29 (p. 2827), “[l]a delegazione svizzera ha colto questa occasione per includere anche i fondi di pensione, in ossequio all’attuale politica svizzera in materia di convenzioni (par. 2 lett. b e Protocollo ad art. 4)”.[33] La clausola della stabile organizzazione da cantiere prevede una durata di almeno sei mesi in un periodo di dodici mesi (cfr. art. 5 par. 3 CDI Svizzera-Qatar).[34] Si considera che una compagnia d’assicurazioni di uno Stato Contraen-te abbia una stabile organizzazione nell’altro Stato Contraente (eccettuate le sue attività di riassicurazione) qualora incassi premi sul territorio di questo altro Stato o vi assicura dei rischi locali per mezzo di una persona diversa da un agente che goda di uno statuto indipendente (art. 5 par. 6 CDI Svizzera-Qatar, clausola, quest’ultima, presente nel network qatarino, cfr. Scalia, Qatar Part III [nota 26], pp. 737-738).

L’imposizione nel caso dei PSA, viceversa, viene definita negli accordi nei quali viene normalmente calcolata come il totale delle somme generate dai profitti derivanti dal petrolio[24].

Come indicato nei paragrafi precedenti, IOCs che investano in Qatar nelle operazioni del settore dell’energia hanno, possiedono, delle branches in Qatar. Qualora, tuttavia, un IOC non possieda una stabile organizzazione in Qatar, sarà assog-gettato a withholding taxes (su royalties[25] e servizi) a titolo definitivo. Questo vale sia per i JVAs nel settore Gas che per i PSAs nel settore Oil.

V. Network convenzionale del Qatar, CDI con la Svizzera e MLIIl sistema convenzionale del Qatar si sviluppa in un lasso di tempo molto ristretto, a partire dalla prima CDI, stipulata nel 1990 ed è possibile individuare tre significativi periodi di tempo, nei quali raggruppare queste CDI, a seconda della data della loro stipula[26].

Il network convenzionale del Qatar si conforma ai Modelli di Convenzione fiscale dell’OCSE e dell’ONU, con alcune carat-teristiche ricorrenti in parte delle CDI e che, in alcuni casi, si ritrovano esclusivamente in CDI stipulate in un dato periodo storico; si vedano, a titolo di esempio, le clausole speciali sulla residenza adottate nel biennio 2012-2013 nel corso delle negoziazioni con le Isole del Canale (Guernsey, Jersey) e l’Isola di Man[27].

Nei successivi capitoli si illustreranno, brevemente, alcuni aspetti della CDI tra Svizzera-Qatar[28] che meritano parti-colare attenzione[29].

A. Ambito soggettivo e oggettivoDal punto di vista oggettivo, la CDI si applica tanto alla Income Tax Law dello Stato (cfr. la Legge n. 24/2018) quanto alle QFC TR poiché il tributo (sebbene introdotto dopo la stipula della CDI Svizzera-Qatar) ha, senz’altro, la medesima natura della Income Tax statale[30].

[24] Cfr., in generale, la Global Oil and Gas Tax Guide del 2018.[25] A seconda di ciascun JVA DFA e PSA, una percentuale di royalty viene cor-risposta al Qatar sulla base del totale delle vendite. Utile precisare che solo nei PSAs dei bonus vengono pagati alla firma e subordinatamente a determinati risultati di produzione. Nel caso dei JVA DFA i bonus non vengono contemplati.[26] Cfr. Roberto Scalia, Qatar in International Tax Law: Part III – Tax Treaties, in: Bull. for Intl Taxn. n. 12/2015 (cit.: Qatar Part III).[27] Cfr. l’analisi di Scalia, Qatar Part III (nota 26), p. 736.[28] Disponibile, nel testo in lingua italiana, alla pagina https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/20092440/index.html (consultato l'08.04.2020).[29] La CDI Svizzera-Qatar, fatta in tre lingue (francese, araba e inglese) preve-de la prevalenza del testo in lingua inglese in caso di divergenza. Come si legge nel Messaggio del Consiglio federale concernente l’approvazione di una Con-venzione tra la Svizzera e il Qatar per evitare le doppie imposizioni, n. 10.016, del 20 gennaio 2010, in: FF 2010 2821, p. 2826: “sotto l’aspetto formale e mate-riale, il disegno di Convenzione segue ampiamente il modello di convenzione dell’OCSE ed è conforme alla relativa prassi svizzera”. Il relativo messaggio è disponibile al seguente link: https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2010/2821.pdf (consultato l'08.04.2020).[30] Cfr. Scalia, Qatar Part III (nota 26), p. 734. La CDI Svizzera-Qatar è stata firmata il 24 settembre 2009, approvata dall’Assemblea federale svizzera il 18 giugno 2010 ed entrata in vigore, mediante scambio di note, il 15 dicembre 2010.

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Page 35: Novità fiscali - SUPSI

205 aprile 2020

Al momento della firma del MLI, il Qatar ha presentato un elenco di 84 CDI da designare come CDI coperte dal MLI e da modificare attraverso il MLI. L’elenco comprende tutte le 73 CDI che il Qatar ha in vigore, nonché 11 CDI che non sono ancora entrate in vigore. Insieme all’elenco delle CDI coperte, il Qatar ha anche presentato un elenco preliminare di riserve e di notifiche in relazione alle varie disposizioni del MLI. Molte disposizioni del MLI consentono a ciascuno Stato di decidere se adottare la disposizione o di selezionare uno dei diversi approcci possibili su una specifica questione. Quando il MLI viene applicato ad una CDI coperta, il cd. standard più basso adottato dai due Stati si applicherà a tale trattato coperto.

Generalmente, laddove le posizioni nel MLI sono opzionali, il Qatar ha scelto di non adottarle. Per questioni su cui ciascuno Stato deve assumere una posizione, il Qatar ha generalmente adottato la posizione che ha il minor effetto sulle CDI coperte. Molti Stati hanno adottato un approccio simile. Tuttavia, al Qatar è stato richiesto di adottare una posizione su diverse questioni chiave che potrebbero influenzare in modo signifi-cativo l’applicazione dei suoi trattati fiscali.

Si può osservare che la decisione del governo del Qatar di aderire al quadro inclusivo e ad impegnarsi ad attuare gli standard minimi definiti dal BEPS contribuirà a rafforzare la reputazione delle imprese e degli investimenti del Qatar in Medio Oriente, nonché rappresentare un passo importante nel processo di implementazione delle Linee guida BEPS.

Come in tutti gli altri Stati che hanno implementato e che implementeranno il MLI, le imprese locali dovranno riesaminare le loro strutture di controllo, di finanziamento, di localizzazione della proprietà intellettuale e della supply chain al fine di garantire la massima efficienza e coerenza delle attuali e delle potenziali esigenze commerciali, al fine di ridurre il rischio che il MLI possa avere un impatto sull’accesso ai benefici previsti dal Qatar nei suoi trattati bilaterali. Le aziende dovrebbero inoltre rivedere i propri requisiti opera-tivi e determinare se modificare o adottare nuovi modelli di business.

VI. Prevedibili scenari della (futura) IVACome premessa di carattere generale, occorre precisare che in Qatar, ad oggi, una disciplina fiscale sull’IVA non è stata ancora introdotta. Tuttavia, sin dal gennaio 2018, l’IVA è stata introdotta in altri Stati del GCC, in esecuzione del GCC VAT Agreement, stipulato (anche dal Qatar) con l’intendimento di adottare un’IVA uniforme nel GCC. Solo tre dei sei Stati hanno, al momento, introdotto questa imposta indiretta: (i) gli Emirati Arabi Uniti; (ii) l’Arabia Saudita e (iii) il Bahrain.

Ciò premesso, è utile sottolineare che la discussione in merito alla introduzione di un’IVA in Qatar è stata intrapresa quasi immediatamente dopo la firma del GCC VAT Agreement nella seconda metà del 2017.

Fatta questa premessa, in questo capitolo si vuole svolgere un utile esame delle regole introdotte dagli altri Stati GCC che hanno già adottato un’IVA, regole che si ritiene possano

od “ogni altra istituzione o fondo riconosciuti come parte integrante di questo Stato, suddivisione politica o ente locale, come da accordo amichevole tra le autorità competenti degli Stati contraenti”, il divi-dendo potrà essere tassato solo in detto altro Stato[35].

Interessi e canoni, viceversa, sono assoggettabili ad imposta esclusivamente nello Stato di residenza del percettore (artt. 11 par. 1 e 12 par. 1 CDI Svizzera-Qatar).

Le regole per l’eliminazione della doppia imposizione sono alquanto articolate:

◆ per quanto concerne la Svizzera, la doppia imposizione è evitata mediante il metodo dell’esenzione con riserva di progressione dell’aliquota (art. 22 par. 2 lett. a CDI Svizzera-Qatar);

◆ per i capital gains di cui all’art. 13 par. 4 CDI Svizzera-Qatar, l’esenzione viene concessa solo se viene provata la loro imposizione in Qatar;

◆ qualora un residente della Svizzera ritragga pensioni, viene accordato un computo sull’imposta svizzera afferente a questo reddito equivalente all’imposta del Qatar riscossa ai sensi dell’art. 18, che tuttavia non può eccedere la fra-zione dell’imposta svizzera calcolata prima del computo accordato su questo reddito.

C. MLI in QatarNell’ambito del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) e allo scopo di introdurre le misure anti-BEPS in modo quanto più uniforme e coerente, l’OCSE ha previsto l’adozione di uno strumento volto ad introdurre alcune modifiche alle disposizioni previste nelle CDI. Si tratta della cd. “Convenzione multilaterale BEPS” (che di seguito indicheremo solo come Multilateral Instrument o MLI) che – allo scopo evidenziato sopra – consente agli Stati che ad essa aderiscono di modi-ficare tutte o alcune delle proprie CDI, senza la necessità di rinegoziarle una ad una e affiancandosi a vario grado alle norme di queste ultime che, solo in quanto non modificate, restano efficaci.

Il MLI realizza quanto era stato auspicato dall’Azione 15, nella quale era stata evidenziata l’opportunità di effettuare un aggiornamento simultaneo delle CDI vigenti, in modo da tra-durre in pratica le nuove regole suggerite dal progetto BEPS attraverso uno strumento multilaterale[36].Nel novembre 2017, il Qatar è diventato il 106° Paese a diventare membro associato del BEPS Inclusive Framework, impegnando il Qatar ad allinearsi al consenso internazionale condiviso sulle linee guida del BEPS. Il 4 dicembre 2018, il Qatar è diventato l’85° giurisdizione a firmare il MLI.

[35] L’art. 10 par. 3 CDI Svizzera-Qatar che nel messaggio del Consiglio fede-rale citato nella nota 29 (p. 2827) si applica anche “[a]gli investimenti collettivi in cui investono soltanto gli istituti di previdenza [che] sono trattati allo stesso modo degli investimenti diretti effettuati dagli istituti di previdenza”.[36] Per un approfondimento sul MLI, cfr. Martino Pinelli, La Convenzione multilaterale BEPS e il suo recepimento in Svizzera, in: NF n. 9/2018, pp. 389-398.

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206 aprile 2020

prima implementazione che si è preparata adeguatamente per circa due anni.

Un aspetto dirimente è rappresentato dalle regole transitorie. Il GCC VAT Agreement prevede alcuni “minimum standards” sulle transitional rules[39] e, specificamente, la futura IVA del Qatar dovrà prevedere, almeno:

1. che l’imposta sia dovuta su qualsiasi cessione di beni o prestazione di servizi e sulle importazioni effettuate dalla data in cui la legge entrerà in vigore;

2. il momento a far data dal quale sono previsti obblighi di registrazione dovranno essere previsti soltanto dal momento in cui la legge entrerà in vigore; e

3. con riferimento alle fatture emesse (o corrispettivi pagati) prima dell’entrata in vigore dell’IVA in Qatar, qualora la cessione/prestazione intervenga dopo l’entrata in vigore della legge, il Qatar potrebbe non dar rilievo alla data di emissione della fattura o pagamento del corrispettivo e considerare il momento in cui la cessione/prestazione interviene.

Riprendendo l’esperienza degli altri Stati del GCC, si può pre-sumere che in Qatar saranno dotate delle “grandfathering rules” per la fase transitoria (ad es., per il primo anno di implemen-tazione) prevedendo l’applicazione dell’aliquota pari a zero per determinate operazioni.

Altre disposizioni potrebbero prevedere differenti regole transitorie a seconda del fatturato ovvero per tener conto dei cd. “VAT Exclusive contract” (i.e. contratti che non prevedano alcuna disposizione in punto di IVA o altre clausole tax-related).

Una disciplina particolare, sempre riferendoci all’esperienza sviluppatasi in altri Stati del GCC, potrebbe essere quella della disciplina relativa ai contratti governativi, prima dell’entrata in vigore dell’IVA, stabilendo che le operazioni – eseguite in tutto in parte in esecuzione di quei contratti – possano essere assoggettate ad aliquota zero[40].

C. Scenari cross-borderAl fine di analizzare i profili transnazionali dell’IVA occorre effettuare una distinzione fra importazioni, esportazioni e operazioni intra-GCC, laddove questo tipo di operazioni – seguendo l’approccio adottato dai primi tre Stati – sarà applicato effettivamente solo in un secondo momento.

Si concentra l’attenzione sui soli scenari (i) delle importazioni; (ii) delle esportazioni e (iii) del trattamento ai fini IVA delle Free Zones.

[39] Lasciando agli Stati membri margine per adottare un approccio diversi-ficato in specifici ambiti. Sul punto, sia consentito rinviare a Roberto Scalia, VAT in United Arab Emirates, Saudi Arabia and Bahrain - Transitional Rules, in International VAT Monitor 1(2019), p. 22.[40] Roberto Scalia, VAT in United Arab Emirates, Saudi Arabia and Bahrain – Transitional Rules, in: International VAT Monitor n. 1/2019, pp. 24-25.

verosimilmente essere introdotte anche in Qatar nell’IVA di prossima adozione.

Si farà, quindi, riferimento all’IVA del Qatar, cercando di lumeggiare quali possano essere alcune fra le questioni appli-cative di maggior rilievo, nel caso in cui a breve sia introdotto un tributo che replichi le caratteristiche fondamentali previste nel GCC VAT Agreement, con l’aggiunta di quelle clausole che, alla luce delle esperienze maturate nei tre “early implementer States” è verosimile che saranno adottate in Qatar[37].

A. Ambito soggettivo e oggettivoI soggetti passivi sono le persone fisiche e giuridiche (pubbli-che o private) che svolgono una “attività economica”, definita come attività svolta in “ongoing and regular manner”. Vi rientrano le attività commerciali, industriali e ogni altra attività simile. Il GCC VAT Agreement prevede, inoltre, che qualsiasi Stato mem-bro può decidere se trattare il VAT Group come “single Taxable Person”, al rispetto delle condizioni previste[38].

L’IVA si applica sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi offerti da parte di soggetti passivi nonché sulle importazioni di beni e servizi in Qatar ad aliquota del 5%, mentre le espor-tazioni di beni e servizi fuori dal Qatar saranno assoggettatie ad aliquota zero.

Le Intra-GCC supplies saranno disciplinate diversamente a seconda della tipologia di bene o servizio e delle caratteristi-che del cedente/prestatore o cliente/committente.

Le cessioni/prestazioni vengono divise in imponibili (e ad aliquota zero), esenti e fuori campo IVA. L’IVA deve essere neutrale in capo ai soggetti passivi. La neutralità è assicurata dal meccanismo della rivalsa dell’IVA sulle vendite e detra-zione dell’IVA sugli acquisti (per le operazioni imponibili e ad aliquota zero, mentre la detrazione non è concessa per le cessioni/prestazioni esenti).

B. Prima implementazione e norme transitorieI non residenti impegnati nello svolgimento di un’attività in Qatar (o che pianifichino di intraprendere una nuova attività in Qatar) devono considerare che, nel breve termine, dovranno assolvere gli adempimenti in ambito IVA.

La legislazione IVA richiede il soddisfacimento di adempi-menti come la registrazione, fatturazione, trasmissione delle dichiarazioni, ecc. La gestione di questi adempimenti, nella prima fase d’implementazione dell’IVA ha mostrato notevoli complessità anche in ragione della recente istituzione delle autorità fiscali in quegli Stati.

Utile sottolineare che il Qatar ha lavorato al fine di costituire delle unità ad hoc per affrontare adeguatamente la fase della

[37] Negli stessi termini, cfr. Roberto Scalia, Predictable Issues on (Forthco-ming) Qatari VAT, in: AA.VV., Tax Issues in Italian-Qatari Dealings, JIACC, Milano-Roma 2019.[38] Si veda Roberto Scalia, GCC VAT – An Introduction. Part 1 (JIACC Tax Insight 0118).

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207 aprile 2020

Le Designated Zones potrebbero essere considerate essere “fuori” dallo Stato, ma le imprese localizzate nelle Designated Zones (i.e. stabili organizzazioni e entità giuridiche localizzate nelle Free Zones) saranno obbligate ad adempiere agli obblighi di registrazione (e altri adempimenti).

L’ingresso delle merci all’interno di una Designated Zones non rappresenterebbe un’importazione come tale e, quindi, non assoggettata all’IVA. Coerentemente, una fuoriuscita dei beni (precedentemente entrati in una Designated Zones da un luogo esterno al Qatar) non rappresenta un’esportazione.

Laddove i beni fossero esportati dallo Stato, passando attra-verso una Designated Zones, la normativa potrebbe prevedere una lex specialis secondo la quale una “movimentazione dei beni” dallo Stato verso la Designated Zones non possa essere consi-derata un’esportazione (dovendo, come conseguenza, essere assoggettata all’IVA come se si trattasse di una operazione effettuata nel territorio dello Stato). Conseguentemente, la successiva fuoriuscita dei beni dalla Designated Zones verso la destinazione finale (esterna al territorio del Qatar) dovrebbe essere ad aliquota zero.

Il trasferimento fra due DZs può non essere gravato da VAT a date condizioni (quindi, considerate come se fosse avvenuto interamente al di fuori del territorio del Qatar).

L’importazione di beni si verifica al momento della entrata dei beni nel territorio dello Stato, in coerenza con le norme della disciplina doganale (recate, in primo luogo, nel GCC Common Customs Law). L’IVA è dovuta sull'importazione dei beni effettuata da qualsiasi persona (non solo da parte di soggetti passivi) che sia stata “incaricata o riconosciuta come un importatore ai fini della Common Customs Law”. Ai fini della GCC Customs Law (e delle relative Regulations), l’importatore è “la persona fisica o giuridica che importa i beni”, mentre la persona responsabile per il pagamento dei custom duties gravanti sulla importazione potrebbe essere anche la persona che “pos-siede” i beni (a prescindere dal titolo giuridico) e che presenta la customs declaration[41].

Presumibilmente nell’IVA del Qatar sarà prevista un mec-canismo che assicuri una dilazione per il pagamento sulle importazioni – evitando, così, un effetto di cash flow negativo – per il soggetto passivo (liquidando l’IVA mediante un’au-toliquidazione nella successiva dichiarazione dove l’IVA sulla importazione viene preinserita [prepopulated]).

Gli “Inbound services” sono operazioni imponibili e il meccanismo di tassazione dipende, in primo luogo, dalla circostanza che il supplier sia o meno un soggetto passivo nello Stato o meno[42].

Le esportazioni si riferiscono alla “cessione di beni da qualsiasi Stato membro per una destinazione fuori dal territorio degli Stati del GCC”. Come regola generale le esportazioni sono operazioni ad aliquota zero.

Richiamando sempre l’esperienza degli altri Stati del GCC si può immaginare che nell’IVA del Qatar saranno suddistinte le esportazioni “dirette” da quelle “indirette”.

D. Free Zones (e nuove “Designated Zones”?)In termini generali, si deve precisare che il GCC VAT Agreement non disciplina il trattamento fiscale delle Free Zones. Le Free Zones potrebbero divenire un argomento di discussione nella misura in cui nella futura disciplina che sarà adottata in Qatar si distinguano due diverse aree territoriali.

Come è noto un approccio simile è stato adottato negli Emirati Arabi Uniti distinguendo fra (i) Stato (e Free Zones “ordinarie”) e (ii) cd. Designated Zones; che includono un numero ampio di – ma non tutte le – Free Zones.

Mentre nel primo caso (Stato e Free Zones “ordinarie”), l’ope-razione si considera effettuata all’interno dello Stato e l’IVA si applica senza deroghe, nel secondo caso (Free Zones che siano anche Designated Zones), l’analisi richiede qualche puntualiz-zazione.

Si formulano alcune considerazioni ipotizzando (senza potendo esserne certi) che in Qatar possa essere adottato un approccio simile.

[41] Howard R. Hull/Roberto Scalia, GCC VAT – International Goods, in: International VAT Monitor n. 2/2018, p. 52.[42] Hull/Scalia (nota 41), pp. 105-106.

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208 aprile 2020

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The OECD-Led Effort to Reform the Taxation of the Digital Economy

How to Tax the Digital Economy?

In the context of its Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) project, the Organization for Economic Co-Operation and Development (OECD) has estimated that the loss of tax revenues from corporate tax planning strategies that “shift” profits from higher-tax jurisdictions to lower-tax jurisdictions, thus “eroding” the “tax-base” of the higher-tax jurisdictions, amounts to an estimated US$100-240 billion per year. These tax planning strategies are particularly pertinent to the digital economy and its business models that include several varieties of e-commerce, app stores, online advertising, cloud computing, high-speed trading, and online payment services. The companies often mentioned as exploiting these tax planning strategies include U.S. tech companies such as Amazon, Apple, Facebook, Google, and Microsoft. Speaking at an event in Dublin, Ireland on January 20, 2020, Apple CEO Tim Cook stated that the debate on taxing multinational companies needs to take place at a global level and that he is “hopeful and optimistic” that the OECD will strike a deal on worldwide corporation tax. And in an opinion letter in the Financial Times on February 16, 2020, Facebook CEO Mark Zuckerberg wrote that tech companies should serve society, including at the corporate level, and thus “we support the OECD’s efforts to create fair global tax rules for the internet [because] clearer rules would be better for everyone”. So what might the OECD-led multilateral effort to tax the digital economy look like? Read on….

I. IntroductionThe OECD-led effort to reform the taxation of the digital economy effectively commenced in September of 2013. Following years of reported base erosion and profit shifting by multinational corporations seeking to avoid corporate taxes, the G20 at its 2013 Summit in St. Petersburg, Russia approved the proposal for the OECD to develop a plan addressing such tax avoidance strategies. This gave rise to OECD’s 2013 Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), which in turn led to its BEPS Final Report in October of 2015. The 15 Actions in the BEPS Final Report are as fol-lows:

1) Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy;2) Neutralising the Effects of Hybrid Mismatch Arrangements;3) Designing Effective Controlled Foreign Company Rules;4) Limiting Base Erosion Involving Interest Deductions and

Other Financial Payments;5) Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking

into Account Transparency and Substance;

Peter AltenburgerFounding Member and CounselAltenburger Ltd legal + tax

Joseph CzajkowskiFormer Senior Tax CounselExxon Mobil Corporation

I. Introduction ......................................................................208II. OECD BEPS Action 1: Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy .......................................................209III. OECD Pillar One: Revised Nexus and Profit Allocation Rules ...................................................................209A. February 2019 Public Consultation Document .............. 2091. User Participation Proposal ..................................................... 2092. Marketing Intangibles Proposal............................................. 209B. Significant Economic Presence Proposal ........................... 210C. October 2019 Public Consultation Document ................ 210D. OECD/G20 January 2020 Statement .................................. 210

1. Unified Approach Proposal ...................................................... 2102. New Taxing Right (Amount A) ............................................... 2103. Fixed Return for Defined Baseline Distribution and Marketing Activities (Amount B) ...................................... 2114. Amount C ........................................................................................ 211E. International Taxation ............................................................... 211IV. OECD Pillar Two: Global Anti-Base Erosion (GloBE) Proposal .................................................................. 211A. Income Inclusion Rule ............................................................... 212B. Tax on Base Eroding Payments ............................................. 212C. Rule Co-ordination, Simplification, Thresholds and Compatibility with International Obligations ............. 213V. Non-OECD Initiatives ..................................................... 213A. U.S. TCJA of 2017 ......................................................................... 213B. Unilateral Digital Taxes ............................................................. 213C. European Union ........................................................................... 214VI. Conclusion....................................................................... 214

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209 aprile 2020

Diritto tributario internazionale e dell'UE

of gaps in the interaction of different tax systems to artificially reduce taxable income or shift profits to low-tax jurisdictions in which little or not economic activity is performed. Among the OECD findings and conclusions were the following:

◆ The digital economy and its business models exacerbate BEPS risks. Business models include several varieties of e-commerce, app stores, online advertising, cloud com-puting, high-speed trading, and online payment services.

◆ Action 1 recommends modification to the list of excep-tions to the definition of permanent establishment (PE) in Article 5 of the OECD Model Tax Convention to ensure that each of the exceptions is restricted to activities that are otherwise of a “preparatory or auxiliary” character. For example, the maintenance of a very large local warehouse in which a significant number of employees work for purposes of storing and delivering goods sold online to customers by an online seller of physical products would constitute a PE for that seller under the new standard.

◆ Action 1 recommends modification of the definition of PE to address circumstances in which artificial arrangements relating to the sales of goods or services of one company in a multinational group effectively result in the conclusion of contracts, such that the sales should be treated as if they had been made by that company.

◆ Action 1 recommends an update to the OECD Transfer Pricing Guidelines to ensure that transfer pricing outcomes are aligned with value creation (per Actions 8-10).

◆ With respect to the indirect tax treatment of digital trans-actions, Action 1 recommends that countries apply the principles of the OECD’s International Value-Added Tax/Goods and Services (VAT/GST) Guidelines. For example, VAT should be collected in the country where the con-sumer is located in cross-border business-to consumer transactions.

III. OECD Pillar One: Revised Nexus and Profit Allocation RulesA. February 2019 Public Consultation DocumentUnder the heading of revised profit allocation and nexus rules, this document sets out proposals for user participation, mar-keting intangibles, and significant economic presence. At that early stage of the discussion, the OECD thus proposed three models: the user participation model, the marketing intan-gibles model, and the significant economic presence model.

1. User Participation ProposalThis proposal was premised on the notion that soliciting the sustainable engagement and active participation of users is a critical component of value creation for certain highly digi-talized business. In lieu of applying the arm’s length method, it was proposed to use a non-routine or residual profit split approach. Under such approach, the profit attributed to routine activities of a multinational enterprise (MNE) would continue to be determined in accordance with current rules (i.e., arm’s length method).

2. Marketing Intangibles ProposalLike the user participation proposal, the marketing intangible

6) Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances;

7) Preventing the Artificial Avoidance of Permanent Establishment Status;

8) Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation: Intangibles;

9) Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation: Risks and Capital;

10) Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation: Other High-Risk Transactions;

11) Measuring and Monitoring BEPS;12) Mandatory Disclosure Rules;13) Guidance on Transfer Pricing Documentation and

Country-by-Country Reporting;14) Making Dispute Resolution Mechanisms More Effective;15) Developing a Multilateral Instrument to Modify Bilateral

Tax Treaties.

Following the issuance of the 2015 BEPS Final Report, the OECD’s top priority became Action 1 – Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy. The OECD work here has produced several important documents, including the follow-ing milestones:

◆ March 2018: Tax Challenges Arising from Digitalisation – Interim Report 2018.

◆ January 2019: Addressing the Tax Challenges of the Digitalisation of the Economy – Policy Note.

◆ February 2019: Public Consultation Document on Addressing the Tax Challenges of the Digitalisation of the Economy.

◆ May 2019: Issuance of Programme of Work to Develop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy.

◆ October 2019: Public Consultation Document on Secretariat Proposal for a “Unified Approach” under Pillar One.

◆ November 2019: Public Consultation Document on Global Anti-Base Erosion (GloBE) Proposal under Pillar Two.

◆ January 2020: Statement by the OECD/G20 Inclusive Framework on BEPS on the Two-Pillar Approach to Address the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy.

This article, published within “Novità fiscali”, reviews the OECD-led effort to reform the taxation of the digital econ-omy as initially reflected in Action 1 of the 2015 BEPS Final Report and as then developed in greater detail pursuant to “Pillar One” and “Pillar Two” in the OECD documents listed above. Following such review, this article discusses initiatives outside of the OECD to tax the digital economy.

II. OECD BEPS Action 1: Addressing the Tax Challenges of the Digital EconomyThe OECD write-up on Action 1 in its 2015 BEPS Final Report is a robust 290 pages in length!

Action 1 of the Final Report addresses the growing concern about tax planning by multinational enterprises that makes use

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210 aprile 2020

Diritto tributario internazionale e dell'UE

D. OECD/G20 January 2020 Statement1. Unified Approach ProposalIn its January 2020 Statement, the OECD proposes an out-line of the architecture of a Unified Approach in Pillar One. Included with that statement are two annexes: Annex A covers the May 2019 Programme of Work to develop a con-sensus-based solution on Pillar One issues, and Annex B is a progress note on Pillar Two Issues.

The Unified Approach is designed to adapt taxing rights by considering new business models thereby expanding the tax-ing rights beyond physical presence. Due to globalization and digitalization, there are new businesses that develop an active and sustained engagement in a market jurisdiction without having to invest in local infrastructure and operations. Articles 5, 7 and 9 of the OECD Model Tax Convention may therefore no longer be applicable. The amount of tax that will be allocated pursuant to the Amount A mechanism is over and above the arm’s length return that might be allocable to in-market activities such as baseline marketing and distri-bution (Amount B), but is not an additional remuneration in respect to those same in-market activities.

2. New Taxing Right (Amount A)The new taxing right imposes tax on a portion of residual profits allocable to market jurisdiction. This tax will be limited to large MNE groups which meet the new nexus test in the market jurisdiction concerned (“eligible market jurisdiction”) and to the agreed quantum of profit represented by Amount A.

The January 2020 Statement describes the businesses that will fall within the scope of new taxing rights under Amount A and draws a distinction between automated digital services and consumer facing businesses. The former will include automated digital services such as online search engines or social media platforms. The latter will include individuals that are purchasing items for personal use, such as personal com-puting products, clothes, toiletries, cosmetics, or luxury goods.

What actually is a nexus that will trigger taxation? The January 2020 Statement limits itself to describing nexus without pro-viding any definition. For automated digitalized businesses, a revenue threshold will be the only test required to create nexus. But how will this revenue threshold work in practice? The January 2020 Statement recognizes the importance of new source rules. But how will the OECD go about sourcing revenues to the respective market jurisdictions? For all these important questions, the January 2020 Statement does not yet provide any answers.

In contrast to the traditional transfer pricing “separate entity” approach, the calculation of Amount A will be based on a measure of profit derived from the consolidated group finan-cial accounts. Public consultation has revealed that profit before tax (PBT) is the preferred profit measure for computing Amount A. Where out-of-scope revenues of a multinational group are material, segmented accounts may be required to capture only in-scope business segments in the allocation of Amount A profits.

proposal would have changed the profit allocation and nexus rules. However, unlike the participation proposal, it would not be limited to highly digitalized businesses only but would have a wider scope to respond to the broader impact of the digitalization on the economy.

B. Significant Economic Presence ProposalThis proposal was motivated by the view that the digitaliza-tion of the economy has enabled business enterprises to be heavily engaged in the economic life of a jurisdiction without any physical presence in that jurisdiction. This proposal was aimed at establishing a new nexus rule based on significant economic presence and in this context it made a series of proposals, such as the existence of a user data base and the associated data input, the volume of digital content derived from a particular jurisdiction (how does one go about deter-mining the digital content of a jurisdiction?), and sustained marketing and sales promotion activities, either online or otherwise, to attract customers.

In this context it may be of interest to revert to sales taxes imposed by U.S. states and to the 2018 Supreme Court decision in South Dakota vs. Wayfair, Inc. In this decision the U.S. Supreme Court upheld a state law that allowed South Dakota to impose sales tax even though there was no phys-ical presence in that state. In the view of the U.S. Supreme Court, a turnover exceeding US$100,000 spread over more than 200 separate transactions was enough to conclude that an economic nexus existed. The activities of a large MNE can obviously be much more complicated than that present in the Wayfair case, but it shows that even this simple way of approaching economic nexus can be used to make significant changes to income tax laws.

C. October 2019 Public Consultation DocumentMainly relying on the significant economic presence, this document introduces the Unified Approach aimed at tax-ation of highly digital business models but also covering large consumer facing businesses. It introduces a new nexus requirement, which will not depend on any physical presence in the market place but is largely based on sales. It introduces a new profit allocation rule that goes beyond the arm’s length standard.

With emphasis on new scope, nexus, and profit allocation rules, the October 2019 Public Consultation Document intro-duced a three-tier profit allocation mechanism, which works as follows:

◆ Amount A – a share of deemed residual profit allocated to market jurisdictions using a formulaic approach, i.e. the new taxing right;

◆ Amount B – a fixed remuneration for baseline marketing and distribution functions that take place in the market jurisdiction; and

◆ Amount C – binding and effective dispute prevention and resolution mechanisms relating to all elements of the proposal.

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211 aprile 2020

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E. International TaxationWhile concentrating on the architecture of a new tax system, little is said on the changes affecting domestic and (espe-cially) treaty law. How would Amounts A, B, and C fit under the OECD Model Tax Convention (version November 2017)? While the February 2019 Public Consultation Document looks at amendment of Articles 5 and 7 of the Convention, the January 2020 Statement suggests a new multilateral instru-ment which would be apply to all in-scope MNEs to ensure that all jurisdictions can implement the Pillar One standards consistently and at the same time. However, what this new multilateral instrument would look like is not explained in the January 2020 Statement.

IV. OECD Pillar Two: Global Anti-Base Erosion (GloBE) ProposalPillar Two sets out the global anti-base erosion (GloBE) pro-posal which seeks to address remaining BEPS risk of profit shifting to entities subject to no or very low taxation. This proposal is intended as a backstop to Pillar One for situations where the relevant profit is booked in a tax rate environment below the minimum rate. While the GloBE proposal is not lim-ited to highly digitalized businesses, it is intended to address the BEPS challenges linked to the digitalizing economy, where the use of intangible assess makes highly digitalized business ideally placed to avail themselves of profit shifting planning structures.

The need and urgency of the GloBE proposal are stated in the May 2019 Programme of Work as follows: “The global anti-base erosion proposal is … based on the premise that in the absence of multilateral action, there is a risk of uncoordinated, unilateral action, both to attract more tax base and to protect existing tax base, with adverse consequences for all countries, large and small, developed and developing as well as taxpayers. It posits that global action is needed to stop a harmful race to the bottom, which otherwise risks shifting taxes to fund public goods onto less mobile bases including labour and consumption, effectively undermining the tax sovereignty of nations and their elected legislators. It maintains that developing countries, in particular those with smaller markets, may also lose in such a race. Over recent decades, tax incentives have become more widespread in developing countries as they seek to compete to attract and retain foreign direct investments”.

The GloBE proposal seeks to address BEPS challenges through the development of two inter-related rules:

1) an income inclusion rule that would operate as a minimum tax by taxing the income of a foreign branch or a controlled entity if that income was subject to tax at an effective rate that is below a minimum rate; and

2) a tax on base eroding payments that would operate by way of a denial of a deduction or imposition of source-based taxation (including withholding tax), together with any necessary changes to double tax treaties, for certain payments unless that payment was subject to tax at or above a minimum rate.

After having determined the quantum of Amount A, it will be necessary to distribute Amount A among the eligible market jurisdictions based on an agreed-upon allocation key. This allocation will be based on sales of a type that generate nexus. For this purpose there will be new source rules. But how all this will work in practice nobody knows.

3. Fixed Return for Defined Baseline Distribution and Marketing Activities (Amount B)Amount B aims to standardize the remuneration of distrib-utors (whether subsidiary or branch) that buy products from related parties for resale, and in doing so perform defined “baseline marketing and distribution” activities. It proposes a fixed return to distributors (as defined), which is based on the arm’s length price. It is expected that this fixed return model will allow tax administrators and taxpayers to make more efficient use of resources.

Except for this notional description of what is meant by Amount B, the January 2020 Statement does not provide any specific answers. Additional work will be needed to explore how to account for different functionality levels, as well as allowing for a differentiation in treatment between industries and regions. The bulk of the work is still ahead.

4. Amount COriginally intended as a measure for resolving tax disputes and preventing double taxation, the January 2020 Statement reveals that the scope of Amount C is still being discussed but is considered a critical element in reaching an overall agree-ment on Pillar One.

The January 2020 Statement reflects on the fact that a dis-pute between two jurisdictions over an Amount A issue is also likely to affect the taxation of Amount A in other jurisdictions. Resolving such disputes under the existing bilateral system would thus require multiple mutual agreement procedures (MAPs), the outcome of which could be uncoordinated, inefficient, and lengthy. The best way to resolve disputes is to prevent them. Work will be undertaken to fully develop the details of such a process, which would be globally applicable.

This must be backed up by a mandatory dispute resolution mechanism. This is intended as a backstop providing a strong incentive for the competent authorities involved to resolve disputes in a timely way under MAP. Although not mentioned in the January 2020 Statement, it seems clear that the “last best offer” method as described in Article 25 of the OECD Model Tax Convention (November 2017 version) is the very best method to resolve quantitative issues under dispute. As the arbitrators (usually a panel of three) can chose only between the two proposals made by the parties involved, unreasonable offers are likely avoided (both parties fear that the offer of the other one will be chosen) and the competent authorities have a strong incentive to engage in settlement discussions without having to revert to the mandatory dis-pute resolution mechanism.

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212 aprile 2020

Diritto tributario internazionale e dell'UE

thresholds for certain sectors or industries and for regimes compliant with the standards of BEPS Action 5 on harmful tax practices.

The February 2019 Public Consultation Document provides that the income inclusion rule would draw on aspects of the U.S. regime for taxing global intangible low-taxed income (GILTI).

B. Tax on Base Eroding PaymentsThe second key element of the proposal is a tax on base erod-ing payments that complements the income inclusion rule by allowing a source jurisdiction to protect itself from the risk of base eroding payments. This element of the proposal would explore:

a) an undertaxed payments rule that would deny a deduction or impose source-based taxation (including withholding tax) for a payment to a related party if that payment was not subject to tax at a minimum rate; and

b) a subject to tax rule in tax treaties that would grant certain treaty benefits only if the item of income was subject to tax at a minimum rate.

The undertaxed payments rule denies a deduction or a pro-portionate amount of any deduction for certain payments made to a related party unless those payments were subject to a minimum effective rate of tax. The effective rate test would take into account any withholding tax imposed on the payment. The test for whether a payment was to a related party could be based on a 25% common ownership test, similar to that used for the application of the income inclusion rule.

The February 2019 Public Consultation Document states that this rule should apply to a broad range of payments and should cover “conduit” or “imported” arrangements, where the effect of an undertaxed payment is “imported” into the payer jurisdiction through a payment that is otherwise out-side the scope of the rule.

The Programme of Work would explore a number of options and issues in connection with the design of the undertaxed payments rule, including the types of related party payments, the test for determining whether a payment is “undertaxed”, and the desire to minimize compliance and administration costs.

The subject to tax rule would complement the undertaxed payment rule by subjecting a payment to withholding or other taxes at source and denying treaty benefits on certain items of income where the payment is not subject to tax at a minimum rate. This rule contemplates possible modifications to the benefits available under various treaty provisions, especially with respect to interest and royalties[1].

[1] The specific treaty articles referenced here are Article 7 (Business Profits), Article 9 (Associated Enterprises), Article 10 (Dividends), Articles 11-13 (Inte-rest, Royalties and Capital Gains), and Article 21 (Other Income).

The above rules would be implemented by way of changes to both domestic law and double tax treaties.

A. Income Inclusion RuleThe income inclusion rule would operate as a minimum tax by requiring a shareholder in a corporation to bring into account a proportionate share of the income of that cor-poration if that income was not subject to an effective rate of tax at or above a minimum rate. The rule would apply to any shareholder with a significant (e.g., 25%) direct or indirect ownership in that company and would be applied on a per jurisdiction basis. The income inclusion rule would ensure that the income of the MNE group is subject to tax at a minimum rate thereby reducing the incentive to allocate returns for tax reasons to low-taxed entities.

The income inclusion rule would have the effect of protecting the tax base of the parent jurisdiction as well as other juris-dictions where the group operates by reducing the incentive to put in place intra-group financing, such as thick capitali-sation, or other planning structures that shift profit to those group entities that are taxed at an effective rate of tax below the minimum rate.

In general terms, it is contemplated that this rule would apply where the income is not taxed at least at the minimum level – that is, it would operate as a top up to achieve the minimum rate of tax. A top-up to a minimum rate increases the likelihood of the proposal resulting in a transparent and simple global standard that sets a floor for tax competition and makes it easier to develop consistent and coordinated rules. It would further increase the likelihood of achieving a level playing field both for jurisdictions and for MNEs, and reduces the incentive for inversions and other restructuring transactions designed to take advantage of low effective rates of taxation below the threshold.

The Programme of Work recognizes that a minimum tax tied to each country’s corporate income tax (CIT) rate would result in a more complex and opaque international framework given the significant variance in CIT rates across countries. Thus, the Programme of Work would explore an approach using a fixed percentage rather than a percentage of the parent jurisdic-tion’s CIT or a range or corridor of CIT rates. The Programme of Work would also consider other simplifications with a view to reducing compliance costs and avoiding unintended outcomes – for example, consideration would be given to the use of financial accounting rules as a basis for determining net income against which the determined minimum tax rate is applied.

The November 2019 Public Consultation Documents seek specific input on three technical aspects of the income inclu-sion rule: (i) tax base, i.e., the use of financial accounts as a starting point for determining the tax base; (ii) blending, i.e., the extent to which an MNE can combine high-tax and low-tax income from different sources and taxed from different sources in determining the effective tax rate on such income; and (iii) carve-outs, i.e., the exploration of carve-outs/

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213 aprile 2020

Diritto tributario internazionale e dell'UE

◆ The TCJA included a participation exemption allowing a domestic corporation to claim a 100% deduction for cer-tain dividends from a foreign subsidiary.

BEPS-Inspired Provisions:

◆ The TCJA included a new tax on global intangible low-taxed income (GILTI) earned by foreign subsidiaries. GILTI is intended to capture a foreign subsidiary’s excess return from intellectual property and is calculated based on the excess of a foreign subsidiary’s net income over a 10% return on tangible assets. The tax on GILTI is imposed at a 10.5% rate (with a higher rate starting in 2026). In calcu-lating the U.S. tax on GILTI, foreign tax credits are capped at 80%, and GILTI is subject to a new separate FTC limita-tion basket[2].

◆ The TCJA imposed a new 10% tax on multinational corpo-rations in the form of a base erosion and anti-abuse tax (BEAT). BEAT applies where a multinational corporation has at least US$500 million of annual domestic gross receipts and there is a “base erosion percentage” of 3% or higher (2% or higher for certain banks) resulting from “base erosion payments”. “Base erosion payments” are generally defined as deductible payments (e.g., interest, royalties) paid by a U.S. corporation to a related foreign party.

◆ The TCJA incorporated provisions that target hybrid mismatches. The TCJA included new rule under which deductions are disallowed for interest or royalties paid to a related party when these payments are not included in income or the related party can take a deduction. In addi-tion, the above-mentioned participation exemption does not apply to dividends that a U.S. shareholder receives from a CFC if they are hybrid dividends (e.g., the CFC was allowed to take a deduction with respect to income tax imposed by a foreign country). In effect, these provisions neutralize hybrid mismatches created from deduction/non-inclusion and double deductions.

B. Unilateral Digital TaxesDuring the recent period in which the OECD has been working to develop a multilateral consensus on reforming the taxation of the digital economy, approximately a dozen countries have unilaterally implemented or proposed taxes on digital services income. These unilateral measures include the following:

◆ France: In July of 2019, France enacted a 3% tax on the revenue large digital companies earn from online market-places, targeted advertising, and data sales for targeted advertising[3].

◆ United Kingdom: In July of 2019, the UK Government pub-lished the draft legislation on a digital services tax imposed

[2] As noted above, the OECD’s February 2019 Public Consultation Document states that the income inclusion rule of the GloBE proposal would draw on aspects of the U.S. regime for taxing GILTI.[3] Following retaliatory threats from the U.S. to impose import tariffs as high as 100% on $2.4 billion of French imports, France and the U.S. have agreed to defer the imposition of such digital taxes and import levies until the end of 2020.

The Programme of Work would explore a number of options and issues in connection with the design of the subject to tax rule, including the need to amend bilateral tax treaties, the identification of factors that would merit the extension of the subject to tax rule to payments between unrelated parties, and the identification of factors that would merit the exten-sion of the subject to tax rule to other types of payments.

C. Rule Co-ordination, Simplification, Thresholds and Compatibility with International ObligationsThe Programme of Work states that further work will be required on rule co-ordination, simplification measures, thresholds and carve-outs. In particular, this work will focus on ensuring that the GloBE proposal:

◆ avoids the risk of double taxation, ◆ minimises compliance and administration costs, ◆ is targeted and proportionate, ◆ addresses the priority in which the rules would be applied

and how they interact with other rules in the broader international framework, including the interaction between this proposal and other BEPS Actions, and

◆ explores compatibility with international obligations (such as non-discrimination).

The Progress Note on Pillar Two in the January 2020 Statement by the OECD/G20 Inclusive Framework notes that there is ongoing work with respect to the above-mentioned co-ordination, simplification, and compatibility efforts. There are also ongoing work-streams looking into possible thresh-olds (such as the EUR 750 million revenue threshold used for country-by-country reporting) and carve-outs that would restrict the application of the rules under the GloBE proposal.

V. Non-OECD InitiativesA. U.S. TCJA of 2017The U.S. Tax Cuts and Jobs Act of 2017 (TCJA) constituted the most sweeping reform of the U.S. tax code since the Tax Reform Act of 1986. While many of the TCJA provisions were generally viewed as favorable to the corporate sector, changes were also introduced that effectively targeted the tax avoidance strategies that had previously been addressed in the OECD 2015 BEPS Final Report. Set forth below is a summary of several of the major changes enacted in the TCJA, including the “BEPS-inspired” provisions.

Rate Reduction and Transition to Quasi-Territorial System:

◆ The principal provision in the TCJA was the reduction of the top U.S. corporate tax rate from 35% to 21%. This constituted the first cut in the U.S. corporate tax rate since the Tax Reform Act of 1986 and the lowest corporate tax rate in the U.S. since 1939.

◆ To transition from a worldwide system of taxation to a quasi-territorial system, the TCJA provided for a deemed repatriation of pre-2018 undistributed earnings of foreign subsidiaries and a one-time toll charge (15.5% tax rate for earnings held in cash and cash equivalents and 8% tax rate for other earnings).

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214 aprile 2020

Diritto tributario internazionale e dell'UE

nations and advancing new concepts such as “virtual perma-nent establishment” and “user value creation”.

In March of 2019, the EU shelved its digital tax proposals after they failed to receive unanimous support in the bloc.

On January 29, 2020, the European Commission issued its Commission Work Programme 2020. In this document the European Commission stated: “Technological change and globali-sation have enabled new business models. This creates opportunities but also means that the international corporate tax framework has to keep pace. The Commission will present a Communication on Business Taxation for the 21st Century, focusing on the taxation aspects relevant in the Single Market. This will be complemented by an Action Plan to Fight Tax Evasion and make taxation simple and easy”.

The European Commission continues to voice its support for the OECD effort to find consensus on an overhaul of global tax rules to address concerns that tech companies should pay more tax in countries where they have users. However, the European Commission also continues to indicate that it will move forward with its own digital tax plan if this OECD effort fails[5].

VI. ConclusionThe OECD has stated that the application of the Pillar One and Pillar Two rules could boost government revenues by about US$100 billion per year. The OECD has also acknowl-edged the need for coordination rules to minimize the risk of double taxation of income covered by these proposed new rules.

The OECD is seeking to reach a preliminary agreement on the framework for the taxation of digital income by July of this year and to achieve overall consensus (from nearly 140 countries!) by the end of 2020. Nevertheless, some observ-ers believe that this is an overly ambitious timeline and that the OECD work on achieving consensus-based multilateral solutions with respect to the taxation of the digital economy could continue on through 2021 (and perhaps beyond).

[5] For example, in an interview on February 25, 2020, Margrethe Vestager, Executive Vice President of the European Commission for a Europe Fit for the Digital Age, stated: “We engage fully with the OECD because a global agreement is much better than a regional agreement. But if that is not possible, we will do our best to find a European approach”. Similarly, in a speech on March 5, 2020, Paolo Gen-tiloni, European Commissioner for Economic Affairs, stated: “If global consensus cannot be reached, the EU will be forced to act alone. Our systems are too outdated, and the pressures are too great to ignore any longer”.

at a 2% rate on three types of digital services activities which derive value from interaction or engagement with UK users: (i) a social media platform, (ii) an internet search engine, or (iii) an online market place.

◆ Czech Republic: In July of 2019, the Czech government started the formal legislative process to introduce a digital services tax that would be imposed at a rate of 7%. The new tax would be referred to as a tax on selected digital services, and the following digital services would be defined as taxable: (i) carrying out targeted advertisement campaigns, (ii) use of multi-sided digital interfaces, and (iii) sale of user data[4].

◆ Austria: In October of 2019, the Austrian parliament passed legislation introducing a tax on digital advertising, effective January 1, 2020. The Austrian digital services tax is imposed at a rate of 5% on the turnover from advertising services rendered by service providers in Austria. Digital advertising service will be deemed to be rendered in Austria if the digital advertisement is received on a device with an Austrian IP-address and if the advertisement addresses Austrian users.

◆ Italy: In December of 2019, Italy enacted a digital services tax to tax revenues generated over the course of the year by digital services rendered to users located in Italy and identified as such by their IP addresses. The rate of the digital services tax is 3%.

◆ Turkey: In December of 2019, Turkey enacted a digital services, effective March 1, 2020. This tax is imposed at a rate of 7.5% on Turkish revenues attributable to (i) digital advertising services, (ii) sales of any audible, visual or digital content, and (iii) services for the provision and operation of a digital platform by which users may interact with each other.

◆ Spain: In February of 2020, Spain announced that it will introduce by the end this year a digital services tax to be imposed at a rate of 3% on large digital services compa-nies. (The delay until late-2020 was done to allow the OECD to make a final push to reach an agreement on a global digital services tax).

In the February 2019 Public Consultation Document, the OECD warned that “Unilateral measures taken in response [to the lack of multilateral action] can lead to double taxation and may even result in new forms of protectionism”.

C. European UnionOn March 21, 2018, the European Commission released two proposals dealing with the taxation of digital income. The first proposal provided for a temporary EU tax on digital revenues at a 3% rate to serve as a stopgap measure until an international agreement could be reached on a long-term fix to corporate tax rules applicable to the digital income of multinational enterprises. The second proposal set out the EU’s position on such a long-term fix, proposing changes to international tax rules that allocate digital income among

[4] It has been reported that, in response to retaliatory threats from the U.S., the Czech Republic is considering a reduction in the rate from 7% to 5% as well as postponing the date when the tax comes into effect.

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215 aprile 2020

Diritto finanziario

Francesco Naeflic. iur., avvocato e notaio,Partner di CSNLAW® Studio legale e notarile, Lugano

L’ultima frontiera in materia di antiriciclaggio?

Il progetto di modifica della LRD

La nuova proposta di modifica della LRD all’esame del Parlamento prevede, tra le altre cose, di assoggettare anche i consulenti che non hanno contatto con valori patrimoniali, l’obbligo di verifica sistematico della plausibilità dell’identità dell’ADE ed una maggiore trasparenza per le associazioni senza scopo di lucro. Il Consiglio nazionale, nella recente sessione primaverile, non è entrato in materia.

gato da alcune critiche mosse dal GAFI[3] a proporre il 26 giugno 2019 una nuova modifica della Legge federale relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (LRD; RS 955.0)[4], allo scopo di ampliare ulte-riormente il campo di applicazione di tale legge e gli obblighi degli assoggettati[5].

Il progetto di legge è attualmente all’esame del Parlamento e non è, quindi, dato sapere se ed in quale misura diverrà effettivamente legge.

II. Il disegno di leggeLe proposte modifiche sono svariate e consistono sostanzial-mente (i) nell’estensione della LRD a determinati consulenti, (ii) nell’introduzione di un obbligo di verifica sistematica dell’avente diritto economico, (iii) nell’obbligo generale di aggiornare i dati dei clienti, (iv) in alcuni adeguamenti nel settore del sistema di comunicazione dei sospetti all’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (MROS), (v) nella riduzione della soglia di diligenza per transazioni in contanti del commercio di metalli e pietre preziosi, (vi) nell’introduzione di un meccanismo di controllo per l’acqui-sto a titolo professionale di vecchi metalli preziosi, (vii) nella modifica delle competenze dell’Ufficio centrale per il controllo dei metalli preziosi, (viii) nella maggiore trasparenza di certe associazioni e (ix) in altri adattamenti della LRD.

A. L’assoggettamento dei consulenti alla LRDSi tratta della novità più eclatante e contestata del progetto. Sino a poco tempo fa, soggetti alla LRD erano solo gli inter-mediari finanziari, cioè coloro che, a titolo professionale, accettano o custodiscono valori patrimoniali di terzi o

stampa.msg-id-64837.html (consultato l'08.04.2020).[3] Sugli effetti delle norme di soft law, come le Raccomandazioni del GAFI, cfr. Francesco Naef, Soft Law und Gewaltenteilung – Über die Kunst der Legife-rierung durch die Katzenklappe, in: AJP/PJA 2015, p. 1109 ss.[4] FF 2019 4643.[5] Messaggio n. 19.044, del 26 giugno 2019, concernente la modifica della legge sul riciclaggio di denaro, in: FF 2019 4539.

I. IntroduzioneNonostante il fatto che nel Rapporto del 7 dicembre 2016 del Gruppo d’azione finanziaria (GAFI) sulla Svizzera[1] questa abbia ottenuto un giudizio positivo e, rispetto ad altri Paesi, superiore alla media[2], il Consiglio federale si è sentito obbli-

[1] GAFI, Mesures de lutte contre le blanchiment de capitaux et le finance-ment du terrorisme, Suisse, Rapport d’évaluation mutuelle, décembre 2016, in: http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/content/images/mer-suisse-2016.pdf (consultato l'08.04.2020).[2] Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), GAFI: la Svizzera ottiene buoni risultati in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, Comunista stampa, Berna, 7 giugno 2016, in: https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/documentazione/comunicati-

I. Introduzione ...................................................................... 215II. Il disegno di legge ............................................................ 215A. L’assoggettamento dei consulenti alla LRD ..................... 215B. La verifica sistematica dell’ADE ............................................. 216C. L’obbligo di aggiornare i dati dei clienti .............................. 216D. La modifica delle tempistiche d’esame del MROS......... 217E. La distinzione tra obbligo e diritto di segnalazione al MROS ................................................................................................ 217F. Le novità in ambito di commercio di metalli e pietre preziosi .................................................................................................. 217G. Il miglioramento della trasparenza delle associazioni no profit ................................................................................................ 218III. L’iter legislativo .............................................................. 218IV. Quali previsioni? ............................................................. 218

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216 aprile 2020

Diritto finanziario

In questo senso il progetto di LRD sembra oltrepassare quella che era l’ultima sua frontiera di applicazione.

B. La verifica sistematica dell’ADEL’art. 4 LRD stabilisce oggi che l’intermediario finanziario deve accertare, con la diligenza richiesta dalle circostanze, l’avente economicamente diritto (ADE), ma non impone nessun obbligo generale di procedere a una verifica materiale siste-matica della dichiarazione resa (ad es. tramite il cd. Formulario A) in merito all’identità dell’ADE, cioè se tale dichiarazione corrisponda al vero[13].

Secondo la nuova norma proposta (art. 4 cpv. 1 del Disegno di LRD [D-LRD]) l’intermediario finanziario dovrebbe continuare ad accertare – con la diligenza richiesta dalle circostanze – l’ADE, ma anche verificarne sistematicamente l’identità.

L’intermediario finanziario dovrebbe, quindi, esaminare sem-pre in modo critico l’identità dell’avente economicamente diritto dichiarata e verificarne la plausibilità. In altre parole l’intermediario finanziario non dovrà procedere ad una veri-fica di plausibilità del Formulario A solo nel caso nutra dubbi [14], ma sempre.

La semplice richiesta per gli atti di una copia del documento di identità dell’ADE non sarebbe, dunque, sufficiente ad adem-pier tale obbligo di verifica[15].

C. L’obbligo di aggiornare i dati dei clientiGià oggi l’art. 19 cpv. 1 lett. b dell’Ordinanza dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari sulla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo nel settore finanziario (ORD-FINMA; RS 955.033.0) impone di istituire controlli regolari di tutte le relazioni d’affari che comportano rischi superiori, nonché la relativa sorveglianza e valutazione.

Con la proposta di legge verrebbe inserito esplicitamente nella LRD un obbligo generalizzato di verificare regolarmente l’aggiornamento dei documenti e dati del profilo di tutti i clienti (art. 7 cpv. 1bis D-LRD).

Dovrebbe essere verificato l’aggiornamento tanto delle copie dei documenti d’identità o dei moduli compilati dai clienti quanto delle informazioni od osservazioni riportate dagli intermediari finanziari nel profilo cliente.

Inoltre andrebbe anche verificato se l’oggetto e lo scopo della relazione d’affari sono ancora attuali procedendo, se necessa-rio, a chiarimenti complementari (art. 6 LRD).

Anche se tale obbligo di aggiornamento sarebbe genera-lizzato, non limitandosi, quindi, alle sole relazioni a rischio accresciuto, la periodicità dello stesso potrebbe variare a

[13] Messaggio (nota 5), p. 4562[14] DTF 125 IV 139 consid. 4.[15] Messaggio (nota 5), p. 4597.

forniscono aiuto per investirli o trasferirli; poi nel 2016[6], la LRD è stata estesa anche ai commercianti che si fanno pagare in contanti, cioè a persone che non accettano valori per terzi, ma per conto proprio, a seguito di una compravendita (art. 2 cpv. 1 lett. b LRD); sempre nel 2016, con lo scopo di combattere la frode fiscale, è stato, infine, creato l’istituto del riciclaggio fiscale, stabilendo per legge (con una notevole for-zatura alla logica[7]) che anche un risparmio fiscale ottenuto con uso di documenti falsi o macchinazioni può costituire provento di reato ed essere perciò oggetto di riciclaggio (art. 305bis n. 1bis del Codice penale [CP; RS 311.0], art. 14 cpv. 4 della Legge federale sul diritto penale amministrativo [DPA; RS 313.0][8]) e dei conseguenti obblighi derivanti dalla LRD[9].

Con il progetto viene proposto l’assoggettamento alla LRD (e, quindi, l’introduzione di tutti gli obblighi relativi, sia di identi-ficazione, che di chiarimento, che di segnalazione al MROS) anche dei consulenti che rendono servizi di consulenza in relazione a società non operative, oppure trust, nonché quali azionisti fiduciari (art. 2 cpv. 1 lett. c D-LRD). I consulenti in merito a tali servizi sottostarebbero perciò alla LRD, al pari degli intermediari finanziari, anche se non intervengono in concreti flussi finanziari[10].

Sia la preparazione, sia lo svolgimento delle transazioni com-merciali connesse con una società di sede o trust sarebbero, infatti, assoggettate agli obblighi antiriciclaggio. La stessa ideazione o preparazione di transazioni commerciali in rela-zione alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società di domicilio o trust, l’organizzazione dei mezzi in questo contesto, ma anche la compravendita di una società di domicilio o la messa a disposizione di un indirizzo o di locali come sede comporterebbero obblighi di diligenza antirici-claggio[11].

Il criterio di assoggettamento essendo fondato sull’attività e non sulla categoria professionale che la svolge, tutte le persone fisiche e giuridiche che predispongono o eseguono transazioni commerciali in tali ambiti sarebbero soggette, avvocati e notai inclusi[12].

La novità appare molto rilevante, poiché la LRD sposterebbe in tal modo il suo storico campo di applicazione dai flussi finanziari ad attività (anche di avvocati e notai) limitate alla semplice consulenza intellettuale o a servizi che nulla hanno a che fare con valori patrimoniali.

[6] RU 2015 1389.[7] Francesco Naef/Michele Clerici, Steuerstraftaten als Vortaten der Geldwäscherei: Der Weg in la Terreur, in: Jusletter del 7 aprile 2014; Francesco Naef/Michele Clerici, Per una sensata attuazione delle Raccomandazioni GAFI, in: NF 7-8/2014, p. 16 ss.[8] RU 2015 1389.[9] Francesco Naef/Daniele Calvarese, Sospetto ed obbligo di comunica-zione antiriciclaggio, in: NF 12/2017, pp. 409-411.[10] Messaggio (nota 5), p. 4555[11] Messaggio (nota 5), p. 4556[12] Messaggio (nota 5), p. 4593

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217 aprile 2020

Diritto finanziario

Infine, anche il Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha dato per acquisita tale interpretazione della legge nell’ambito dell’esame da parte del GAFI[21].

Visto l’abbassamento giurisprudenziale dell’intensità del sospetto provocante l’obbligo di comunicazione, il diritto di comunicazione non ha più senso. Non esistendo un diritto di comunicazione senza che vi sia anche contemporaneamente un obbligo identico, l’art. 305ter cpv. 2 CP è divenuto lettera morta, un “fossile” giuridico[22].

Invece di coerentemente proporre semplicemente l’abroga-zione dell’art. 305ter cpv. 2 CP, il Consiglio federale propone di mantenere immutata la situazione e di definire, con una sorta di accanimento terapeutico, un campo di applicazione per tale diritto di comunicazione[23]. Tuttavia, propone che tale definizione non sia decisa dal Parlamento, ma venga precisata dallo stesso Esecutivo in via di ordinanza.

Quale sarà il contenuto di tale definizione rimane oscuro. Visto che secondo il Consiglio federale “la definizione terrà conto della giurisprudenza che considera un sospetto fondato se non ha potuto essere dissipato nell’ambito degli accertamenti previsti dall’art. 6 LRD” e che “il diritto di comunicazione non può essere utilizzato per segnalare dei casi al MROS senza accertamenti preventivi”[24] la situazione attuale sembrerebbe essere destinata a perdurare: il diritto di comunicazione resterà lettera morta.

F. Le novità in ambito di commercio di metalli e pietre preziosiGià oggi, in caso di pagamento in contanti che supera il valore limite di fr. 100’000, i commercianti di metalli e pietre preziosi (come tutti i commercianti) sono tenuti a rispettare obblighi di diligenza secondo la LRD.

Il progetto prevede ora di abbassare a fr. 15’000 il valore soglia previsto – ma unicamente per il commercio di metalli preziosi e pietre preziose – per meglio ossequiare la Raccomandazione n. 22 lett. c del GAFI (art. 8a cpv. 4bis e 5 LRD)[25].

Poiché gli acquirenti di vecchi metalli preziosi che acquistano merci in Svizzera e le esportano per lavorarle non sottostanno a nessun obbligo di diligenza e di documentazione specifico, il progetto propone delle modifiche per garantire la prove-nienza legale della merce acquistata.

Gli acquirenti professionali di vecchi metalli preziosi dovrebbero rispettare gli stessi obblighi di diligenza e di documentazione previsti per i titolari di una patente di fonditore ed essere noti ad un Ufficio centrale. Essi dovrebbero procedere all’identi-ficazione del venditore, all’accertamento della provenienza legale della merce ed alla denuncia di transazioni sospette, oltre ad essere in grado di documentare l’adempimento di tali obblighi (art. 31a del Disegno di Legge federale sul controllo

[21] GAFI (nota 1), n. 313, p. 112.[22] Naef/Calvarese (nota 9), p. 409.[23] Messaggio (nota 5), p. 4566.[24] Messaggio (nota 5), p. 4566 s.[25] Messaggio (nota 5), p. 4561.

seconda della categoria di rischio in cui è classificato ciascun cliente[16].

D. La modifica delle tempistiche d’esame del MROSAttualmente, l’art. 23 cpv. 5 LRD impone al MROS di informare entro 20 giorni feriali l’intermediario finanzia-rio circa la decisione di trasmettere o non trasmettere la comunicazione di sospetto ex art. 9 LRD ad un’autorità di perseguimento penale. Non appena il MROS gli notifica di aver inoltrato la comunicazione a un’autorità di persegui-mento penale, l’intermediario finanziario deve bloccare i valori patrimoniali oggetto della comunicazione; soltanto scaduto questo termine, l’intermediario finanziario può interrompere la relazione d’affari a determinate condizioni (art. 30 ORD-FINMA).

Ritenendo troppo stretto tale termine per l’esame della fattispecie da parte del MROS il progetto propone di sop-primerlo[17]; l’intermediario finanziario potrebbe però interrompere una relazione d’affari che è stata oggetto di una comunicazione di sospetto se, allo scadere di un termine di 40 giorni feriali, il MROS non gli ha notificato la trasmissione a un’autorità di perseguimento penale (art. 9b D-LRD).

E. La distinzione tra obbligo e diritto di segnalazione al MROSSi sa che il diritto svizzero prevede formalmente sia un obbligo che un diritto di segnalazione al MROS. Per l’art. 305ter cpv. 2 CP, l’intermediario finanziario ha il diritto di comunicare al MROS gli indizi che permettono di sospettare che valori patrimoniali provengono da un crimine o da un delitto fiscale qualificato ai sensi dell’art. 305bis n. 1bis CP, mentre per l’art. 9 cpv. 1 LRD, è obbligato alla segnalazione se sa o ha un sospetto fondato in tal senso.

Tuttavia, la giurisprudenza ormai consolidata dei Tribunali federali di prima istanza e del Tribunale federale ha precisato che, innanzi ad un sospetto semplice l’intermediario deve procedere ad effettuare i chiarimenti complementari previsti dall’art. 6 LRD e proseguire i propri accertamenti fino a quando è in grado di decidere se la transazione è lecita: se, invece, per-mane il dubbio scatta l’obbligo di comunicazione. In assenza di chiarimenti entro un termine ragionevole, in virtù del diritto vigente, anche un sospetto semplice può dunque produrre un obbligo di comunicazione secondo l’art. 9 LRD[18].

Anche secondo il MROS[19] e la FINMA[20] l’obbligo di comu-nicare sussiste laddove non è possibile escludere l’origine criminale dei valori.

[16] Messaggio (nota 5), p. 4597 s.[17] Messaggio (nota 5), p. 4567.[18] Sentenza TF n. 1B_433/2017 del 21 marzo 2018 consid. 4.9; Messaggio (nota 5), p. 4565.[19] Ufficio federale di polizia (fedpol), Rapporto d’attività 2016 dell’ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro, Berna, aprile 2017, p. 53[20] FINMA, Rapporto esplicativo concernente la revisione parziale dell’ORD-FINMA, Berna, 4 settembre 2017, p. 30.

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218 aprile 2020

Diritto finanziario

Se, invece, dovesse entrare in materia, il progetto potrebbe ritornare per deliberazione al Consiglio nazionale; se però questo dovesse una seconda volta decidere di non entrare in materia, il progetto verrebbe definitivamente abbandonato (art. 95 della Legge federale sull’Assemblea federale [LParl; RS 171.10]).

IV. Quali previsioni?È decisamente prematuro tentare di prevedere se, in quale misura e quando le modifiche proposte diverranno effettiva-mente legge.

In teoria i medesimi partiti politici che hanno votato al Consiglio nazionale la non entrata in materia (UDC, PLR e PPD) avrebbero la maggioranza nel Consiglio degli Stati: se votassero nello stesso modo il progetto verrebbe, dunque, definitivamente affossato.

Tuttavia, le logiche di voto al Consiglio degli Stati spesso divergono da quelle al Consiglio nazionale e non è perciò esclusa qualche sorpresa.

Non resta, quindi, che seguire il processo parlamentare.

del commercio in metalli preziosi e in lavori di metalli preziosi [D-LCMP; RS 941.31])[26].

Su richiesta delle associazioni di categoria alfine di facilitare il commercio internazionale[27], viene infine proposto che l’Ufficio centrale di controllo dei metalli preziosi (Ufficio centrale) dell’Amministrazione federale delle dogane assuma la funzione di autorità di vigilanza LRD per i saggiatori del commercio che, a titolo professionale, commerciano metalli preziosi bancari (art. 12 lett. bter D-LRD).

G. Il miglioramento della trasparenza delle associazioni no profitIl progetto intende assoggettare le associazioni esposte a un rischio maggiore di abuso in materia di riciclaggio, vale a dire principalmente quelle coinvolte nella raccolta e distribuzione di fondi per scopi caritatevoli, religiosi, culturali, educativi o sociali all’estero, a norme di trasparenza simili a quelle valide per le altre persone giuridiche.

Verrebbe quindi sancito per tali associazioni l’obbligo di iscrizione a registro di commercio, l’obbligo di designare un rappresentante domiciliato in Svizzera e l’obbligo di tenere un elenco dei soci, con nome e indirizzo, che sia accessibile in Svizzera in qualsiasi momento (artt. 61, 61a e 69 del Disegno di Codice civile [D-CC; RS 210]).

III. L’iter legislativoIl progetto del Consiglio federale è stato discusso dalla Commissione affari giuridici del Consiglio nazionale che con 13 voti contro 12 ha deciso di non entrare in materia, rite-nendo che l’attuale meccanismo di prevenzione sia sufficiente e che la Svizzera debba mantenere la competitività della sua piazza finanziaria, evitando di adottare una regolamenta-zione eccessivamente severa[28].

Il 2 marzo 2020, il progetto è, dunque, stato discusso dal Plenum del Consiglio nazionale che ha ugualmente deciso di non entrare in materia, con una maggioranza un po’ più pronunciata: 107 voti contro 89[29].

Nella discussione in aula è stata oggetto di veemente critica, in particolare, l’estensione della LRD ai consulenti e, quindi, la svolta epocale proposta, di assoggettare non solo chi entra in contatto con valori patrimoniali ma anche chi, come tra gli altri gli avvocati e notai, forniscono unicamente dei servizi di consulenza.

Il progetto passa perciò all’esame del Consiglio degli Stati, che lo discuterà nella prossima sessione estiva od autunnale. Se anche la Camera Alta deciderà di non entrare in materia, il progetto sarà definitivamente affossato.

[26] Messaggio (nota 5), p. 4587.[27] Messaggio (nota 5), p. 4589.[28] Si veda: https://www.parlament.ch/press-releases/Pages/mm-rk-n- 2020-01-31.aspx (consultato l'08.04.2020).[29] Si veda: https://www.parlament.ch/poly/Abstimmung/51/out/vote_51_ 19980.pdf (consultato l'08.04.2020).

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219 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

Sabrina Piemontesi GianolaAvvocato, Vicecancelliera presso la Camera di diritto tributariodel Tribunale d’appello del Canton Ticino

Se al momento della regolarizzazione fiscale l’autorità di tassazione ha trattato la pana-mense come un soggetto fiscale autonomo, non può negare l’imposizione attenuata al momento della liquidazione

L’utile di liquidazione di una società panamensebeneficia dell’imposizione attenuata?

Sentenza CDT n. 80.2018.101/102 del 5 agosto 2019.Sebbene siano state introdotte per attenuare gli effetti della doppia imposizione economica, le disposizioni legali, che prevedono la tassazione mitigata dei redditi versati al socio da una società di capitali, si applicano indipendentemente dal fatto che la società sia effettivamente stata sottoposta all’imposta sull’utile conseguito. Nel caso in cui un contri-buente percepisca un reddito proveniente da una società con sede all’estero, devono essere verificati i presupposti perché il socio possa beneficiare dell’imposizione attenuata del divi-dendo e dell’utile di liquidazione. Se la società, che non era precedentemente stata dichiarata, non è stata imposta per trasparenza, nel momento in cui il contribuente ha regolariz-zato la sua situazione fiscale, allora deve essere trattata come un soggetto fiscale autonomo anche quando viene liquidata. L’utile di liquidazione viene pertanto assoggettato all’imposta sul reddito del socio e beneficia dell’imposizione attenuata, anche se, trattandosi di una società panamense, non ha pagato le imposte sull’utile.

I. La fattispecieIl signor X., domiciliato nel Canton Ticino, ha ereditato nel 2013, insieme al fratello, le quote di partecipazione in una società panamense, la J. Inc, che era stata costituita molti anni prima dal padre e che non era mai stata dichiarata all’autorità fiscale del Cantone di domicilio dei genitori, fino a quando i figli non l’hanno ereditata.

Nella dichiarazione d’imposta per il periodo fiscale 2013, il signor X. e sua moglie hanno dichiarato, in particolar modo, un reddito da titoli e capitali di fr. 1’399’866, proveniente da una partecipazione del 50% nella J. Inc. Lo scioglimento di quest’ultima aveva prodotto un utile di liquidazione di fr. 4’666’220. Metà dell’importo, imposto al 60%, quale reddito da partecipazione qualificata, portava all’ammontare dichia-rato.

II. La decisione dell’Ufficio di tassazione e il reclamo del contribuenteNotificando a X. e alla moglie la tassazione per le imposte can-tonale e federale diretta (IC/IFD) 2013, l’Ufficio di tassazione competente ha aumentato l’utile di liquidazione proveniente dalla J. Inc. a fr. 2’540’009.30, per effetto dell’applicazione di un tasso di cambio diverso e dell’imposizione del reddito al 100% anziché al 60%.

Con reclamo all’Ufficio di tassazione, X. ha contestato il calcolo intrapreso dall’autorità fiscale, con riferimento all’ec-cedenza di liquidazione di USD 5’480’211 proveniente dalla società panamense J. Inc., società di cui unica beneficiaria era la madre del reclamante.

I. La fattispecie ..................................................................... 219II. La decisione dell’Ufficio di tassazione e il reclamo del contribuente .................................................................. 219III. Il ricorso alla CDT ........................................................... 220IV. La decisione della CDT .................................................. 220A. L’imposizione del reddito di una società di capitali ....... 220B. L’attenuazione della doppia imposizione economica anche senza doppia imposizione economica ........................ 220C. Le condizioni per beneficiare dell’attenuazione della doppia imposizione economica .................................................. 221D. Il trattamento fiscale di una società con sede all’estero ............................................................................................... 221E. L’imposizione per trasparenza di una società con sede in un paradiso fiscale ....................................................................... 222F. Al momento della regolarizzazione fiscale, la societàpanamense è stata riconosciuta come soggetto fiscaleautonomo ............................................................................................ 222

G. Lo stesso trattamento fiscale si impone al momento della liquidazione della società ................................................... 223H. Tutti i requisiti per l’imposizione attenuata sono adempiuti ............................................................................................. 223V. Conclusione ......................................................................223

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220 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

Secondo il ricorrente, contrariamente alla tesi esposta dall’au-torità di tassazione, la legge non prevede che l’imposizione nello Stato di sede della società estera sia una condizione che deve essere soddisfatta ai fini dell’imposizione parziale dei redditi da partecipazione. A suo avviso, l’irrilevanza dell’effet-tiva imposizione nello Stato di sede, e più in generale nello Stato estero, è insita nella sistematica svizzera, che è volta non solo ad evitare le doppie imposizioni effettive, ma anche le doppie imposizioni virtuali.

Nell’ambito della procedura di ricorso, la CDT si è rivolta all’autorità fiscale del Cantone in cui risiedevano i genitori del ricorrente, chiedendo informazioni in merito alla modalità di imposizione della società. L’autorità fiscale del Cantone interpellato ha trasmesso le ultime decisioni di tassazione ordinaria e di ricupero di imposta riguardanti la defunta madre dell’insorgente.

IV. La decisione della CDTA. L’imposizione del reddito di una società di capitaliLa CDT ha ricordato dapprima quali siano le disposizioni legali applicabili:

◆ per quanto concerne in generale l’imposizione dei redditi provenienti da società di capitali, giusta l’art. 19 cpv. 1 lett. c LT sono imponibili quali redditi da sostanza mobiliare segnatamente i dividendi, le quote di utili, le eccedenze di liquidazione come pure i vantaggi valutabili in denaro risultanti da partecipazioni di qualsiasi genere (comprese le azioni gratuite, gli aumenti gratuiti del valore nominale ecc.). Di medesimo tenore l’art. 20 cpv. 1 lett. c LIFD;

◆ per quanto concerne, più specificamente, l’attenuazione della doppia imposizione economica, secondo l’art. 19 cpv. 1bis LT (testo in vigore nel periodo fiscale in questione) i dividendi, le quote di utili, le eccedenze di liquidazione come pure le prestazioni valutabili in denaro provenienti da azioni, quote in società a garanzia limitata o in società cooperative e buoni di partecipazione (comprese le azioni gratuite, gli aumenti gratuiti del valore nominale e simili) sono imponibili in ragione del 60% se questi diritti di partecipazione rappresentano almeno il 10% del capitale azionario o sociale di una società di capitali o di una società cooperativa. Di medesimo tenore l’art. 20 cpv. 1bis LIFD.

Poste queste premesse, la sentenza si è concentrata sulla questione se l’autorità fiscale avesse escluso a ragione l’appli-cabilità degli artt. 19 cpv. 1bis LT e 20 cpv. 1bis LIFD.

B. L’attenuazione della doppia imposizione economica anche senza doppia imposizione economicaNonostante l’art. 20 cpv. 1bis LIFD miri all’attenuazione della doppia imposizione economica, la legge non impone come requisito, per poter applicare tale norma, che un utile sia stato effettivamente imposto a livello della società che ha distribu-ito il provento[1].

[1] Felix Richner/Walter Frei/Stefan Kaufmann/Hans Ulrich Meuter, Handkommentar zum DBG, 3a ed., Zurigo 2016, N 177a ad art. 20 LIFD.

Il signor X. rimproverava all’autorità fiscale di non aver tenuto conto dell’imponibilità unicamente del 60% dell’importo dichiarato, come previsto dagli art. 20 cpv. 1bis della Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD; RS 642.11) e dell’art. 19 cpv. 1bis della Legge tributaria del Canton Ticino (LT; RL 640.100). I due articoli in questione prevedono che i dividendi, le quote di utili, le eccedenze di liquidazione, come pure le prestazioni valutabili in denaro provenienti da azioni, quote in società a garanzia limitata o in società cooperative e buoni di partecipazione (comprese le azioni gratuite, gli aumenti gratuiti del valore nominale e simili) sono imponibili in ragione del 60% se questi diritti di partecipazione rappre-sentano almeno il 10% del capitale azionario o sociale di una società di capitali o di una società cooperativa.

Secondo il reclamante, la società panamense J. Inc. sarebbe stata equiparabile in diritto svizzero ad una società anonima, con la conseguenza che le distribuzioni agli azionisti dovevano essere imposte in ragione del 60%.

Nell’esame del reclamo, l’Ufficio di tassazione si è rivolto al contribuente, chiedendogli di produrre copia delle notifiche di tassazione 2012, 2013 e 2014 e delle relative dichiarazioni fiscali della società J Inc., nello Stato di sede. Il reclamante ha risposto, rilevando che, non essendovi obbligo in tal senso, negli anni 2012, 2013 e 2014 la J. Inc. non aveva presentato la dichiarazione fiscale nello Stato di sede. Inoltre aggiungeva che la J. Inc. era stata considerata persona giuridica a tutti gli effetti e che per questa ragione era risultato imponibile il red-dito da sostanza mobiliare. Se così non fosse stato, e la J. Inc. fosse stata fiscalmente disconosciuta quale persona giuridica, sarebbe stata imposta per trasparenza, con la conseguenza che, invece di ereditare dalla madre il 50% delle azioni della J. Inc. e percepire un dividendo imponibile, avrebbe ereditato metà del patrimonio della madre, senza impatto fiscale di sorta.

L’Ufficio ha respinto il reclamo, argomentando che, “in caso di società estera, sono condizioni necessarie all’ammissibilità dello sgra-vio per partecipazione qualificata ex art. 19 cpv. 1bis Legge tributaria ticinese, art. 20 cpv. 1bis Legge federale sull’imposta federale diretta, oltre all’equiparazione del tipo di società estera a società di capitali del diritto svizzero tanto per la normativa civilistica che per quella fiscale, pacifica nella fattispecie, anche la realizzazione in concreto di una doppia imposizione economica, oggetto della ragione della norma in parola, ossia il fatto che due contribuenti diversi vengano tassati sullo stesso reddito, quale il dividendo percepito dall’azionista già oggetto una prima volta all’imposta sull’utile della società”. Secondo l’autorità fiscale, quest’ultima condizione non risul-tava rispettata, alla luce del fatto che il reclamante non aveva prodotto “alcuna documentazione fiscale estera inerente la società”.

III. Il ricorso alla CDTIl signor X. ha interposto ricorso alla Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello del Canton Ticino (CDT), contestando la decisione dell’Ufficio di tassazione di imporre il rimborso del capitale sociale da parte della J. Inc., senza considerare l’imposizione parziale dei dividendi giusta gli artt. 20 cpv. 1bis LIFD e 19 cpv. 1bis LT.

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221 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

Nella Circolare citata, vengono illustrate le condizioni ogget-tive e soggettive dell’imposizione parziale dei proventi da partecipazione della sostanza privata.

Per quanto attiene alle condizioni soggettive si indica che hanno diritto all’imposizione parziale dei proventi da diritti di partecipazione della sostanza privata le persone fisiche che sono assoggettate in Svizzera in ragione della loro appar-tenenza personale (art. 3 LIFD) o della loro appartenenza economica (art. 4 in relazione con l’art. 7 LIFD)[3].

Per quanto concerne invece le condizioni oggettive, si specifica che i diritti di partecipazione sono quote al capitale azionario o al capitale sociale di società di capitali o di società coope-rative. Si considerano, in particolare, diritti di partecipazione ai sensi delle condizioni oggettive secondo l’art. 20 cpv. 1bis LIFD[4]:

◆ le azioni; ◆ le quote sociali delle società a garanzia limitata; ◆ le quote sociali delle società cooperative; ◆ i buoni di partecipazione; ◆ le quote al capitale di una Società di investimento a capi-

tale fisso (SICAF).

Non costituiscono diritti di partecipazione, in particolare:

◆ i buoni di godimento e i diritti di opzione; ◆ le obbligazioni; ◆ i prestiti e gli anticipi; ◆ gli strumenti finanziari ibridi; ◆ gli altri averi del detentore di partecipazioni di una società

di capitali o di un socio di una società cooperativa; ◆ le quote in investimenti collettivi di capitale e in corpora-

zioni equivalenti, quali ad esempio le quote al capitale di una società di investimento a capitale variabile (SICAV).

Per quanto concerne le ulteriori condizioni oggettive, e meglio la quota di partecipazione necessaria e la tipologia dei proventi da diritti di partecipazione, queste sono specificate ai punti 2.2.2. e 2.2.3 della Circolare n. 22[5].

Come visto poc’anzi, tra le condizioni oggettive da adempiere per poter beneficiare di un’imposizione attenuata dai proventi derivanti dalla sostanza privata vi è quella dell’esistenza di diritti di partecipazione provenienti da società di capitali o da società cooperative.

D. Il trattamento fiscale di una società con sede all’esteroLa sentenza cantonale è passata, a questo punto, a esaminare i problemi peculiari che si pongono quando la società che procede alla distribuzione ha sede all’estero. I diritti di par-tecipazione non devono, infatti, necessariamente riguardare imprese con sede in Svizzera. Anche i diritti di partecipazione

[3] AFC, Circolare n. 22 del 16 dicembre 2008, cifra 2.1.[4] AFC, Circolare n. 22 del 16 dicembre 2008, cifra 2.2.[5] Cfr. anche Richner/Frei/Kaufmann/Meuter (nota 1), N 181 s. ad art. 20 LIFD.

Il tema è stato discusso anche durante l’elaborazione della legge. In effetti, nell’avamprogetto messo in consultazione dal Consiglio federale, era stata richiesta la prova dell’effettiva imposizione a monte nella misura minima del 15%, per poter beneficiare dell’imposizione parziale del dividendo. Alla luce delle critiche emerse nell’ambito della procedura di consulta-zione, il Consiglio federale, nel Messaggio relativo alla Riforma II dell’imposizione delle imprese, ha tuttavia rinunciato al cd. “Vorbelastungtest”. Nel corso della procedura legislativa, anche la maggioranza dei parlamentari ha ritenuto tale requisito non praticabile. Motivo per cui il legislatore federale vi ha rinun-ciato e non ha imposto questa condizione né nella LIFD né nella Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID; RS 642.14). Tutti i legislatori cantonali hanno del resto seguito tale indicazione nell’ambito delle relative legislazioni cantonali. Ha in tal modo prevalso l’idea che, nel caso di società estere, i soci potrebbero essere impossibilitati a provare che la società è già stata imposta o potrebbero riuscirci solo affrontando un notevole dispendio. In queste circostanze, non si può escludere che, in casi rari, una società di capitali esteri non abbia dovuto pagare alcuna imposta[2].

Alla luce delle considerazioni proposte, ispirate alla volontà dello stesso legislatore, la CDT ha affermato di non poter condividere la motivazione della decisione impugnata.

L’Ufficio di tassazione aveva, infatti, basato la propria deci-sione proprio sulla necessità del “Vorbelastungtest”, cioè ha fatto dipendere l’applicabilità degli artt. 19 cpv. 1bis LT e 20 cpv. 1bis LIFD dal presupposto che la società estera fosse stata assoggettata all’imposta (“[…] tale ultima condizione non risulta rispettata considerato che la società non risultava essere assog-gettata fiscalmente nello Stato di sede, non essendo stata come a richiesta prodotta alcuna documentazione fiscale estera inerente la società, indicando che nel caso non vi era obbligo di legge in questo senso […]”). Come visto, tuttavia, né il legislatore federale né tantomeno quello cantonale hanno imposto l’esigenza di una imposizione a monte della società, quale presupposto per l’imposizione attenuata del dividendo.

C. Le condizioni per beneficiare dell’attenuazione della dop-pia imposizione economicaRimosso questo primo ostacolo, la sentenza della Corte cantonale si è chiesta ancora se nel caso di specie fossero adempiute tutte le condizioni oggettive e soggettive per poter applicare gli artt. 19 cpv. 1bis LT e 20 cpv. 1bis LIFD.

Ha, quindi, fatto riferimento alla Circolare n. 22 del 16 dicem-bre 2008 dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), che concerne l’“Imposizione parziale dei proventi da par-tecipazioni della sostanza privata e limitazione della deduzione degli interessi passivi”.

[2] Rebecca In-Albon-Sennrich, Die Milderung der wirtschaftlichen Doppel-belastung der Kapitalgesellschaften und ihrer Anteilsinhaber unter besonderer Berücksichtigung der Teilbesteuerung, Zurigo 2014, pp. 166-168.

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222 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

soluzione che permette di paragonare l’entità straniera in questione con la persona giuridica svizzera alla quale si avvi-cina maggiormente[7].

E. L’imposizione per trasparenza di una società con sede in un paradiso fiscaleCon riferimento al caso in esame, la CDT ha constatato che, proprio nella decisione su reclamo, l’autorità fiscale aveva riconosciuto pacificamente l’esistenza di una persona giuridica di diritto straniero che aveva equiparato, in diritto svizzero, ad una società anonima. Si è peraltro interrogata in merito alla giustificazione di tale conclusione.

In linea di principio, una persona giuridica si distingue da una persona fisica, in considerazione della sua capacità giuridica, e costituisce un soggetto giuridico ed un contribuente distinto.

L’indipendenza giuridica delle persone giuridiche rispetto alle persone fisiche che le detengono economicamente è solo eccezionalmente sopraffatta dal ricorso alla teoria della trasparenza. Quest’ultima presuppone che vi sia identità degli interessi economici fra la persona giuridica e la persona fisica che sta dietro la prima e, in particolare, che l’indipendenza giuridica della persona giuridica serva ad aggirare delle norme legali o a violare diritti di terzi; si verifica cioè un’utilizzazione abusiva della persona giuridica da parte della persona fisica che la controlla[8].

Nell’ambito fiscale, l’imposizione per trasparenza è ammessa solo se la forma giuridica cui ha fatto ricorso il contribuente è insolita, inadeguata o anomala, se è stata scelta solo allo scopo di eludere l’imposizione e se condurrebbe effettiva-mente ad un risparmio d’imposta. In altri termini, occorre che ci si trovi in presenza di un caso di elusione fiscale[9].

In questo contesto, sempre secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la massima circospezione si impone ogniqualvolta compaiano stabilimenti situati in Stati le cui norme giuridiche favoriscono la domiciliazione fittizia, come è il caso del Liechtenstein e di Panama. In effetti, per il fatto che simili società non sono obbligate ad esercitare un’attività nello Stato della loro sede, possono stabilire quest’ultima senza alcun rapporto con la realtà e, grazie all’anonimato di cui godono, sono in grado di consentire ai loro aventi diritto di garantire l’indipendenza giuridica di determinati elementi del loro patrimonio e di determinati affari[10].

F. Al momento della regolarizzazione fiscale, la società pana-mense è stata riconosciuta come soggetto fiscale autonomoTornando alla fattispecie in esame, la Corte cantonale ha

[7] Sentenza TF n. 2C_564/2017 del 4 aprile 2017 consid. 5.4. e riferimenti dottrinali citati, in particolare Peter Locher, Kommentar zum DBG, vol. II, Basi-lea 2004, N 22 ss. ad art. 49 LIFD.[8] DTF 136 I 49 = ASA 78 p. 676 = RDAF 2010 II p. 36, consid. 5.4 e riferimenti citati.[9] Sentenza TF n. 2C_724/2010 del 27 luglio 2011 consid. 7.4.1 e riferimenti citati; Sentenza TF n. 2C_722/2017 del 13 dicembre 2017 consid. 7.1.[10] Sentenza TF n. 2P.92/2005 del 30 gennaio 2006 consid. 8.1 e riferimenti citati.

in imprese straniere possono beneficiare dell’attenuazione della doppia imposizione economica, così come previsto dall’art. 20 cpv. 1bis LIFD[6].

Per quanto riguarda la qualificazione dei diritti di partecipa-zione esteri, la stessa avviene applicando per analogia l’art. 49 cpv. 3 LIFD. Secondo questa disposizione, le persone giuridiche straniere, nonché le società commerciali e le altre comunità di persone straniere senza personalità giuridica imponibili giusta l’art. 11 LIFD, sono assimilate alle persone giuridiche svizzere con le quali esse, per la loro natura giuridica o la loro forma effettiva, hanno maggior affinità (per l’imposta cantonale cfr. gli artt. 2 cpv. 2 LAID e 59 LT).

L’art. 49 cpv. 3 LIFD prevede due criteri di assimilazione:

1) quello della forma giuridica, e2) quello della struttura effettiva.

Il criterio della forma giuridica rinvia alle caratteristiche formali tipiche dell’entità estera. Il criterio della struttura effettiva rinvia alle caratteristiche fattuali dell’entità estera.

Si tratta pertanto di esaminare l’attività effettiva svolta dalla società in questione. Per poter mettere concretamente in atto le regole di comparazione di cui all’art. 49 cpv. 3 LIFD il Tribunale federale, seguendo la dottrina maggioritaria, distingue a seconda del caso che l’entità straniera sia o meno dotata di personalità giuridica.

Per le persone giuridiche straniere deve essere privilegiato il criterio della forma giuridica: in effetti i Giudici di Mon Repos hanno ritenuto come sia logico applicare prioritariamente il criterio della forma giuridica in presenza di un’entità straniera che dispone di personalità giuridica, soprattutto quando la forma giuridica di questa entità straniera permette di poterla paragonare facilmente ad una persona giuridica svizzera (ad es. nel caso di una società anonima).

In assenza di personalità giuridica, secondo l’Alta Corte il criterio della struttura effettiva sembra a priori il migliore per poter determinare a quale tipo di persona giuridica svizzera un’entità straniera senza personalità giuridica possa assomi-gliare maggiormente.

Ad ogni modo, il Tribunale federale precisa che tale approccio non dev’essere compreso in maniera rigida. Bisogna tenere in considerazione che scopo dell’art. 49 cpv. 3 LIFD è quello di trovare la persona giuridica svizzera con la quale l’entità straniera presenta “maggior affinità”. Quindi, in presenza di un’entità straniera dotata di personalità giuridica, bisogna prioritariamente applicare il criterio della forma giuridica.

Tuttavia, bisogna verificare se il criterio della struttura effettiva potrebbe comportare un risultato diverso. In caso di divergenza chiara, conviene scegliere, in ogni caso, la

[6] Richner/Frei/Kaufmann/Meuter (nota 1), N 180a ad art. 20 LIFD.

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223 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

dello Codice delle obbligazioni [CO; RS 220] e art. 2 cifra della Ley 32 Sobre sociedades Anonimas[12]).

H. Tutti i requisiti per l’imposizione attenuata sono adem-piutiLa sentenza si conclude constatando che sono pertanto adempiute tutte le condizioni, soggettive ed oggettive, per poter beneficiare dell’imposizione attenuata del reddito da sostanza mobiliare, secondo gli artt. 19 cpv. 1bis LT e 20 cpv. 1bis LIFD:

◆ il ricorrente è una persona fisica assoggettata alle imposte in Svizzera in ragione della propria appartenenza perso-nale;

◆ detiene dei diritti di partecipazione che rappresentano il 50% del capitale sociale;

◆ ci si trova confrontati ad una distribuzione straordinaria di utile, derivante dalla liquidazione della società.

V. ConclusioneÈ indubbio che la costituzione di società in noti paradisi fiscali avesse, fino all’introduzione dello scambio automatico di informazioni, fra i suoi scopi quello di schermare la titolarità di un patrimonio anche nei confronti delle autorità fiscali dello Stato di residenza del socio. Nel momento in cui chi ha costituito una simile società o i suoi eredi procedono alla regolarizzazione, avvalendosi di una delle procedure previste dalla legislazione svizzera (in particolare, l’autodenuncia esente da pena o la procedura semplificata di ricupero d’im-posta per gli eredi), l’autorità fiscale svizzera deve considerare tutte le caratteristiche dello strumento societario, tenendo conto delle peculiarità del diritto dello Stato in cui ha sede.

Non può essere escluso a priori che la società, che è servita per commettere una sottrazione d’imposta, non sia rico-nosciuta fiscalmente come un soggetto fiscale autonomo, rispetto alla persona fisica che è beneficiaria economica del suo patrimonio, e che sia pertanto sottoposta a imposizione per trasparenza.

Una volta che l’autorità fiscale cantonale ne ha riconosciuto l’indipendenza rispetto alla persona fisica, è tenuta ad imporla coerentemente fino al momento della sua liquidazione.

Come dimostra il caso esaminato, non può in particolar modo penalizzare il socio, negandogli il beneficio dell’imposizione attenuata dell’utile di liquidazione, che la legge non subordina alla condizione della effettiva doppia imposizione economica.

[12] Si veda: https://panama.justia.com/federales/leyes/32-de-1927-mar-16- 1927/gdoc (consultato il 10.04.2020).

osservato che, essendo la J. Inc. una società panamense, l’autorità fiscale avrebbe quantomeno dovuto chinarsi sulla questione di un’eventuale imposizione per trasparenza della medesima[11].

Tuttavia, il richiamo degli atti da parte dell’autorità fiscale del Cantone di domicilio dei genitori del ricorrente aveva permesso di venire a conoscenza del fatto che le quote della J. Inc. non erano mai state dichiarate all’autorità fiscale da parte dei defunti genitori e che, unicamente a seguito del decesso della madre, avvenuto nel 2013, era stata aperta una procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi. Nella decisione d’imposta per il 2013 della defunta madre del ricorrente, figurava anche l’importo di fr. 5’159’319 nella sostanza. I redditi percepiti erano stati invece accertati in fr. 0.

Era, quindi, chiaro che l’autorità fiscale di quel Cantone avesse considerato la J. Inc. come una persona giuridica estera e avesse attribuito alla titolare delle quote solo il valore patri-moniale delle stesse.

G. Lo stesso trattamento fiscale si impone al momento della liquidazione della societàSulla base delle circostanze descritte, la CDT ha ritenuto che la situazione non meritasse di essere approfondita ulte-riormente, poiché l’eventuale imposizione per trasparenza della società (con tutte le conseguenze fiscali del caso), al momento della sua liquidazione, avrebbe potuto comportare addirittura un vantaggio fiscale per il ricorrente, che mal si sarebbe conciliato con l’impostazione giuridica data nel Cantone di domicilio dei genitori. In altri termini, il fatto che quest’ultima autorità fiscale avesse accettato di considerare la società panamense come una persona giuridica, con un patrimonio autonomo rispetto a quello della sua socia, impo-neva di seguire coerentemente la medesima impostazione, che peraltro era condivisa dallo stesso ricorrente, come si evinceva da una e-mail, inviata all’Ufficio di tassazione nel corso della procedura di reclamo, nella quale si poteva leggere quanto segue: “[c]olgo tuttavia l’occasione per rimarcare come, ai fini fiscali svizzeri, la J. Inc. sia stata considerata persona giuridica a tutti gli effetti; proprio per tale motivo, infatti, è risultato imponibile il reddito da sostanza mobiliare. Così non fosse stato, e la J. Inc. fosse stata fiscalmente disconosciuta quale persona giuridica, si sarebbe proceduto per trasparenza, per altro con la conseguenza che il con-tribuente, invece di ereditare dalla madre il 50% delle azioni della società e percepire un dividendo imponibile, avrebbe semplicemente ereditato la metà del patrimonio di J. Inc senza impatto fiscale di sorta (trattandosi di madre – figlio). Tale circostanza non può, di fatto, essere ignorata nel caso di specie”.

La conclusione è, dunque, che la J. Inc., che era una “sociedad anonima” costituita il 28 ottobre 1976 a Panama, il cui capitale sociale era di USD 10’000 ed era suddiviso in 100 azioni al portatore con un valore cadauna di USD 100, poteva essere assi-milata, in diritto svizzero ad una società anonima (cfr. art. 620

[11] Sentenza TF n. 2C_564/2017 del 4 aprile 2019.

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224 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

Elio BlasioAvvocatoBlasio & Partners,Roma – Ginevra – Malta

Ultimi pronunciamenti della Suprema Corte

Il trust e le imposte di successione

Sentenze della Corte di Cassazione n. 734 del 15 gennaio 2019 e n. 16700 del 21 giugno 2019.Due recenti sentenze della Suprema Corte in materia di trust affrontano il delicato e non ancora completamente risolto problema della applicabilità delle imposte di successione e di donazione, con il pregio di un approccio pragmatico, tale da consentire al contribuente, in attesa di un auspicato definitivo chiarimento normativo, di utilizzare più efficacemente l’isti-tuto del trust.

Per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una per-sona, il costituente, o disponente, con atto tra vivi o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. È inoltre utile rammentare che i beni immessi in trust costitu-iscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee. I beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee, il quale deve rendere conto, amministrare, gestire e disporre dei beni immessi in trust nel rispetto di quanto previsto nel Dead of trust.

II. La disciplina sui vincoli di destinazioneAl fine di meglio inquadrare il tema in argomento, è opportuno qui richiamare brevemente la disciplina riguardante il vincolo di destinazione, introdotto nel nostro ordinamento nel 2006.

L’art. 2645-ter del codice civile (c.c.) disciplina un atto, in forma di atto pubblico, con cui si appone un vincolo ad un bene immobile o bene mobile iscritto in un pubblico registro, destinandolo alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, riferibili ad es. a persone con disabilità. Mentre, però, nel trust il trasferimento in capo al trustee del bene risulta necessario, andando a costituire una massa separata dal disponente, nell’istituto civilistico del vincolo di destinazione, il trasfe-rimento del bene non è necessario, potendo il bene essere vincolato senza però essere trasferito, come ad es. nelle ipotesi della apposizione del vincolo nel fondo patrimoniale.

III. Trust e imposte di successione e di donazioneNel 2006, con la reintroduzione delle imposte sulle successioni e sulle donazioni, è stata prevista la loro applicabilità anche ai casi di costituzione di vincoli di destinazione, creando così il problema, in tema di tassazione, per i trusts.

Le imposte sulle successioni e sulle donazioni prevedono differenti aliquote e franchigie per fratelli e sorelle e per le persone portatrici di handicap gravi, poi estesa nel 2008 ai tra-sferimenti attuati mediante patti di famiglia anche al coniuge. In particolare, le aliquote specifiche attualmente in vigore per le imposte di successione e donazione, prevedono:

I. PremessaCome noto, a far data dal 2006, allorché, con la Legge (L.) del 24 novembre n. 286, è stata reintrodotta nel nostro ordinamento l’imposta sulle successioni e sulle donazioni, che estende la sua operatività anche sulla costituzione di vincoli di destinazione, si dibatte sull'applicazione di detta imposta anche all’istituto del trust, spesso utilizzato nella pianifica-zione successoria e nel passaggio generazionale.

Giova, a tal fine, ricordare come il trust nasce dalla tradizione di Paesi di common law, ove il concetto di fiducia ha maggiore rilevanza rispetto ad altri ordinamenti basati sul civil law.

Il Legislatore italiano ha riconosciuto l’istituto del trust con la L. n. 364 /1989, che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento, conclusa all'Aia il 1° luglio 1985.

I. Premessa ............................................................................ 224II. La disciplina sui vincoli di destinazione ...................... 224III. Trust e imposte di successione e di donazione ........ 224IV. La sentenza della Cassazione n. 734 del 15 gennaio 2019 ............................................................ 225V. La sentenza della Cassazione n. 16700 del 21 giugno 2019 .............................................................. 226VI. Conclusioni ..................................................................... 226

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225 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

in misura fissa, considerando perciò l’atto stesso non soggetto alle imposte sulle successioni e sulle donazioni.

Successivamente, il competente ufficio della Agenzia delle Entrate, con avviso di liquidazione, ha richiesto il pagamento dell’imposta di donazione nella misura del 6% e dell’imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

L’Ufficio ha motivato l’avviso considerando la costituzione di beni in trust rilevante ai fini delle imposte sulle successioni e sulle donazioni, con applicazione delle franchigie e delle aliquote in relazione al rapporto parentale intercorrente tra il disponente e il beneficiario. L’avviso è stato poi contestato proponendo ricorso, nella considerazione che solo successi-vamente alla attribuzione del trust fund ai beneficiari da parte del trustee, si sarebbe integrato il presupposto impositivo.

La Commissione tributaria provinciale si è, quindi, pronun-ziata accogliendo il ricorso, mettendo in evidenza che, solo una volta realizzato il programma predisposto dal settlor, con conseguente attribuzione dei beni segregati in trust, sarebbe scattato il presupposto impositivo.

Contro tale decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello, ritenendo che si sarebbe omesso di considerare che già al momento in cui il trust viene costituito, vi può essere un’attribuzione di beni a favore del trustee.

L’adita Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) ha riget-tato l’appello, rilevando che oggetto della controversia era un trust liberale costituito da una persona fisica mediante il trasferimento in trust di beni immobili, ove i beneficiari finali non sono individuabili al momento della istituzione del trust, in quanto la loro concreta individuazione dipendeva dal veri-ficarsi di eventi futuri ed incerti. Inoltre, è irrilevante l’effetto segregativo valorizzato dall’Agenzia delle Entrate per giustifi-care l’attribuzione della soggettività passiva del trust, dovendo invece aversi riguardo all’effettivo manifestarsi di un effetto traslativo ed al termine ultimo dell’arricchimento. Perciò, non ogni atto di trasferimento a titolo gratuito dev’essere sottoposto a tassazione, ma solo quello che determina un arricchimento del soggetto beneficiario dello stesso, poiché diversamente si sarebbe finito con il tassare un soggetto che risulta totalmente estraneo ad ogni forma di arricchimento.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto, quindi, ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applica-zione dell’art. 2, commi 47 e 49, del Decreto Legge (D.L.). n. 262/2006, per non aver considerato che le dette disposizioni indicano quale presupposto dell’imposta la mera costituzione di un vincolo di destinazione, non prescrivendo che l’impo-nibilità dell’operazione resti subordinata al trasferimento del bene in capo al beneficiario finale.

La Suprema Corte ha analizzato il caso pervenendo alle seguenti conclusioni: in particolare, viene statuita la non imponibilità dei beni apportati nel trust, con applicazione dell’imposta in misura fissa, allorché il trasferimento abbia natura transitoria, non essendo perciò in presenza di nessun

◆ aliquota del 4% per i beni devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto ecce-dente, per ciascun beneficiario, 1 mio. di euro;

◆ aliquota del 6% per i beni devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro 100’000;

◆ aliquota del 6% a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado;

◆ aliquota dell’8% in favore di altri soggetti. Se però il bene-ficiario di detti trasferimenti è una persona portatrice di handicap riconosciuto grave ai sensi della L. n. 104/1992, allora le imposte sulle successioni e sulle donazioni si appli-cano esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di 1,5 mio. di euro.

La tesi subito cavalcata dalla Agenzia delle Entrate sostiene che il trasferimento di beni in trust, ponendo in essere un vin-colo di destinazione, comporta, a prescindere dalla tipologia di trust costituito dal disponente (settlor), l’applicazione delle relative imposte sulle successioni e sulle donazioni, all’atto del conferimento dei beni in trust, non scontando perciò alcuna imposta il successivo trasferimento dei beni stessi in capo al/ai beneficiario/i.

Tale interpretazione, da molti avversata, ha invece rappre-sentato, per altri, un’interessante opportunità di pianificare in anticipo la propria successione, pagando subito l’imposta sulle donazioni, tassata con le medesime aliquote previste per l’im-posta sulle successioni, potendo godere, ad oggi, di aliquote di tassazione sicuramente non elevate rispetto ad altri Paesi europei, come ad es. la Francia.

Tale situazione di incertezza ha comunque determinato un numero notevole di pronunzie giurisprudenziali, alcune anche da parte della Corte di Cassazione, che però, non sono, ad oggi, pervenute ad un comune ed univoco orientamento.

In particolare, nell’anno 2019, la Cassazione è intervenuta sul tema in argomento con le sentenze emesse dalla V sez. civile, n. 16699, 16700, 16701, 16702, 16703, 16704, 16705, nonché con le sentenze n. 19167 del 17 luglio e n. 22754 del 12 settembre 2019.

IV. La sentenza della Cassazione n. 734 del 15 gennaio 2019La recente sentenza della Suprema Corte, scaturita dall’Ordi-nanza n. 31445 del 5 dicembre 2018, seguita dalla sentenza n. 734 del 15 gennaio 2019, tornando sul tema dell’applica-bilità delle imposte sulle successioni e sulle donazioni in caso di conferimento di beni in trust, ha invece il pregio di avere introdotto un nuovo pragmatico orientamento giurispruden-ziale, che si pone come compromesso tra le due tesi che oggi si fronteggiano.

Il caso oggetto prevedeva un atto notarile avente ad oggetto l’istituzione di un trust, avente ad oggetto beni immobili e regolato dalla Legge di Jersey. Tale atto è stato registrato con il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale

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226 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

Nel trust di cui alla L. n. 364/1989, un trasferimento così impo-nibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo né nell’atto di dotazione patrimoniale tra il disponente e il trustee, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segrega-zione e di apposizione del vincolo di destinazione, ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al benefi-ciario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.

VI. ConclusioniLe pronunzie della Suprema Corte sopra richiamate, che hanno indubbiamente il pregio di avere indicato una soluzione pragmatica e in linea con gli effetti giuridici ed economici del trust, consentiranno, in assenza, ad oggi, di un intervento nor-mativo decisamente auspicabile, di orientare con maggiore consapevolezza le scelte dei contribuenti che riterranno di scegliere l’istituto del trust per la regolazione dei loro interessi familiari.

Si deve però segnalare che l'Agenzia delle Entrate, non ha ad oggi abbracciato i principi enunciati nelle sopra segnalate decisioni della Suprema Corte. In questo senso la risposta n. 371/2019 fornita ad una istanza di interpello concernente un caso di trust testamentario, che si richiama alle precedenti Circolari n. 48/2007 e n. 3/2008. Il presupposto impositivo, infatti, secondo l’Agenzia delle Entrate è rappresentato dall’effetto segregativo che si produce sui beni conferiti, indipendentemente dal trasferimento della proprietà, con la conseguenza di ritenere assoggettato all’imposta anche l’at-tribuzione dei beni nel trust autodichiarato, rispetto al quale, stante la coincidenza della figura del disponente con il trustee, non sono ravvisabili effetti traslativi.

In conclusione, i contribuenti che decideranno, nelle more di un prossimo auspicabile allineamento della prassi ministeriale ai nuovi orientamenti della Suprema Corte, di aderire, in sede di costituzione di un trust testamentario, a quanto statuito dai giudici di legittimità, dovranno mettere in conto un possibile contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.

incremento di capacità contributiva, che si manifesterebbe, perciò, solo con il trasferimento definitivo dei beni immessi in trust in favore dei beneficiari da parte del trustee. Di con-verso, si avrà la imponibilità dei beni apportati in trust, con applicazione dell’imposta proporzionale, nella ipotesi di un incremento stabile di un patrimonio, con contestuale depau-peramento del patrimonio del settlor. In tale ipotesi, infatti, l’immissione dei beni in trust comporta e ha come effetto un reale arricchimento del beneficiario, non essendo previsto una restituzione dei beni conferiti in favore del settlor. In caso di trust autodichiarato, si applicherà l’imposta proporzionale ove il disponente e il beneficiario coincidono, ed è individuato in via univoca e definitiva.

La Suprema Corte ha così negato l’orientamento favorevole all’automatica applicazione della imposizione proporzionale alla costituzione del vincolo, pronunziandosi invece in favore di una valutazione da farsi caso per caso.

Con l’ordinanza n. 1131 del 17 gennaio 2019, la Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema, statuendo che il confe-rimento di beni e diritti in trust non integra sic et simpliciter un trasferimento imponibile, trattandosi di un atto sostan-zialmente neutro, come tale inidoneo a concretizzare un trasferimento di ricchezza passibile di tassazione indiretta. Di conseguenza, solo qualora si abbia un effettivo arricchimento del beneficiario con la realizzazione del programma previsto dal settlor, si verificherà il presupposto del prelievo tributario in misura proporzionale ai sensi del Decreto Legislativo (D.Lgs.) n. 346/1990.

V. La sentenza della Cassazione n. 16700 del 21 giugno 2019Infine, la recente sentenza del 21 giugno 2019, n. 16700, riguardante il caso di un trust autodichiarato, con con-ferimento di beni immobili ed applicazione dell’imposta ipotecaria e catastale in misura fissa, con richiesta di rimborso dell’eccedenza versata in misura proporzionale.

In tale caso, si è analizzato il trust autodichiarato, connotato dalla coincidenza di disponente e trustee, fattispecie, questa, nella quale è pure ravvisabile, nonostante la mancanza di un trasferimento patrimoniale intersoggettivo con funzione di dotazione, sia la volontà di segregazione, sia quella di desti-nazione. Anzi, è proprio la mancanza di quel trasferimento patrimoniale intersoggettivo a rendere in tal caso ancor più evidente l’incongruenza della applicazione dell’imposta proporzionale sull’atto istitutivo e su quello di apposizione del vincolo, all’interno di un patrimonio che rimane in capo allo stesso soggetto. Di conseguenza, la costituzione del vincolo di destinazione non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quelle sulle successioni e sulle donazioni.

Per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumen-tale.

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227 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

Carmine MarrazzoPhD in European Tax LawUniversità di Bologna,Consulente fiscale presso BPER Banca S.p.A., Modena

Il revirement della Cassazione rischia di minare alcune certezze consolidate nell’uso del trust nel passaggio generazionale, in particolare, d’impresa

Il nuovo orientamento “consolidato” della Cassazione in tema di tassazione indiretta del trust: non è tutto oro ciò che luccica

Sentenze e Ordinanze della Corte di Cassazione n. 1131, 11401, 15453, 15455, 15456, 16699, 16700, 16701, 16702, 16703, 16704, 16705, 19167, 19310, 19319, 22754, 22755, 22756, 22757, 29642, 30821 del 2019 e 2897, 2898, 2899, 2900, 2901, 2902, 4163 e 5766 del 2020.Con molteplici decisioni, la Cassazione sembra aver posto fine alla querelle riguardante la tassazione dell’atto di dotazione di beni in trust. In sintesi, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che si potrà tassare solo l’effettivo arricchimento del beneficiario finale. Malgrado questo orientamento sia stato accolto positivamente, l’articolo cercherà di dimostrare che ci sono molti punti oscuri che dovranno essere chiariti, altrimenti si rischierà di dissuadere gli operatori dall’utilizzo di questo prezioso istituto giuridico.

I. Prologo: lo stato dell’arte ante CassazioneCome già analizzato nell’articolo che precede, la tassazione indiretta del trust è stata oggetto di un intenso dibattito giuri-sprudenziale, dottrinale e di prassi[1].

Non sembra essere questa la sede per analizzare funditus tutte le posizioni dottrinali e le relative sfumature che si sono stratificate nel corso di sei lustri dalla ratifica e dall’esecuzione nel nostro ordinamento della Convenzione dell’Aja[2].

Tuttavia, sembra utile che, oltre agli apprezzamenti per la posizione granitica assunta, in tempi recenti, dalla Suprema Corte[3], si dia spazio anche a voci (parzialmente) dissenzienti.

In questo articolo, quindi, si riconoscerà che questo rinno-vato orientamento della Cassazione ha certamente avuto il merito di chiarire il regime fiscale dei trust, quantomeno in riferimento alle imposte indirette. Ma, d’altra parte, ha fatto sorgere una serie di questioni problematiche che, forse, data l’importanza che ha assunto nel nostro ordinamento questo istituto giuridico di matrice estera (soprattutto nell’utilizzo nel passaggio generazionale d’azienda), meritano di essere segnalate e affrontate.

Prima di iniziare con la trattazione, però, vi è da considerare necessariamente che, malgrado il numero e il contenuto delle decisioni, ad oggi, l’Agenzia delle Entrate non ha mai formalmente smentito il suo orientamento. Anzi in alcune recenti risposte a interpelli (ad es. la Risoluzione n. 371/2019)

[1] Per un quadro generale sui profili fiscali del trust si rinvia all’opera fonda-mentale di Thomas Tassani, I trusts nel sistema fiscale italiano, Pisa 2012. Sull’istituto in generale, invece, a Maurizio Lupoi, Trusts, Milano 2001.[2] Legge (L.) del 16 ottobre 1989, n. 364 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992).[3] Sul punto si rinvia ai tanti articoli pubblicati sulla stampa specializzata da Angelo Busani. Ex multis Angelo Busani, Trust, assedio al Fisco per escludere il prelievo, in: Il Sole 24 Ore, 2 dicembre 2019, p. 23; sotto un profilo sistematico, invece, si rinvia a Thomas Tassani, Consolidamento giurisprudenziale e nuove prospettive interpretative per trust e vincoli di destinazione, in: Corriere Tribu-tario, X, 2019, p. 865 ss. e Luca Sabbi, Il punto sugli orientamenti tributari della Corte di Cassazione, Trusts, VI, 2019, p. 631 ss.

I. Prologo: lo stato dell’arte ante Cassazione ................. 227II. Dalle prime aperture giurisprudenziali fino alla “giurisprudenza granitica” .................................................228III. I nuovi orizzonti problematici ..................................... 229A. Trust già istituti: tra rimborsi e rimorsi .......................... 229B. Una possibile occasione di “ottimizzazione fiscale” persa?..................................................................................................... 230C. L’esenzione per il passaggio generazionale d’impresa e il rinnovato corso della Suprema Corte ............................... 231D. Presupposto impositivo: la cd. “attribuzione finale” ..... 231E. L’attribuzione al beneficiario: profili operativi ................. 231F. Differimento sine die della tassazione ................................ 232G. Trasformazione dei beni in trust e mutamento del contesto familiare ............................................................................ 232IV. Conclusioni ...................................................................... 232

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228 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

autori, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione non doveva rilevare il momento segregativo, ma quello di effettiva attribuzione ai beneficiari finali, unico momento in cui si rea-lizza un effettivo arricchimento dei beneficiari.

Secondo questa impostazione, in considerazione del fatto che l’effetto segregativo è finalizzato alla successiva attribuzione del patrimonio ai beneficiari, l’imposta di donazione sarebbe sottoposta a condizione sospensiva per cui sarebbe applicata l’imposta di registro ed eventualmente, se dovuta, l’imposta ipotecaria e catastale in misura fissa di euro 200 ciascuna, mentre sarebbero applicabili imposta di donazione e ipocata-stali proporzionali solo nel momento di effettiva attribuzione del fondo in trust ai beneficiari, vero presupposto in cui si realizzerebbe l’arricchimento patrimoniale.

II. Dalle prime aperture giurisprudenziali fino alla “giuri-sprudenza granitica”A concludere questa diatriba interpretativa, tra il 2019 e l’inizio del 2020, sono state pubblicate una moltitudine di decisioni della Cassazione, con cui la Suprema Corte ha defi-nitivamente sancito che:

a) l’art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006 (la norma che ha stabilito la reviviscenza dell’imposta di donazione, ante-riormente soppressa) non istituisce una nuova fattispecie imponibile, ma si limita a chiarire che l’imposta di dona-zione si applica anche al trasferimento che si abbia, oltre che per effetto di una donazione, anche in conseguenza dell’istituzione di un vincolo di destinazione;

b) l’apposizione del vincolo non esprime capacità contribu-tiva[9];

c) l’applicazione dell’imposta di donazione si avrà “soltanto – se e quando il trust abbia compimento – in capo al beneficiario finale”;

c-bis) anche le imposte ipotecaria e catastale da assolvere in relazione al trasferimento immobiliare effettuato dal disponente al trustee si rendono dovute solo in misura fissa;

d) per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro e ipocatastale, è neces-sario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non mera-mente strumentale[10];

(criticabile) tesi interpretativa della Corte di cassazione e le conseguenze, in: Diritto e pratica tributaria, VI, 2015, p. 20688 ss.; Thomas Tassani, La «nuova» imposizione fiscale sui vincoli di destinazione, in: Giurisprudenza commerciale, I, 2015, p. 1026 ss.; Dario Stevanato, La «nuova» imposta su trust e vincoli di destinazione nell’interpretazione creativa della Cassazione”, in: GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, V, 2015, p. 397 ss.[9] Citando testualmente da una delle sentenze (n. 22757/2019) “la tesi della ‘nuova imposta’ gravante sul vincolo di destinazione, assunto quale autonomo e suffi-ciente presupposto, non dà adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasfe-rimento di ricchezza; con quanto ne consegue, appunto nell’ottica di un’interpretazione costituzionalmente orientata, in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art.53 Cost”. Portando alle estreme conseguenze que-sto ragionamento si dovrebbe concludere che la Suprema Corte anticipa un possibile giudizio di “incostituzionalità” (o, meglio, “di non manifesta infonda-tezza”) di un intervento legislativo che dovesse normare un tributo sul vincolo così come suggerito da Giuseppe Tinelli, Profili tributari delle riforme succes-sorie, in: Rassegna Tributaria, IV, 2019, p. 695 ss.[10] Quando poi il trustee erogherà il patrimonio del trust: (a) se si trat-

ha confermato sostanzialmente quanto già affermato nelle Circolari n. 48/E/2007 e n. 3/E/2008.

Cercando di offrire al lettore un quadro sintetico del percorso interpretativo seguito dalla giurisprudenza e dalla prassi, vi è da rilevare che, fino ai recenti interventi della Quinta e della Sesta Sezione della Suprema Corte di Cassazione che qui si commentano, il regime fiscale del trust, limitatamente ai tributi sul trasferimento della ricchezza, nella prospettiva dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza di Cassazione maggioritaria[4] era così sintetizzabile[5].

L’atto istitutivo di trust, non avendo contenuto patrimoniale, era ed è soggetto alla sola imposta di registro in misura fissa pari a euro 200, così come previsto dal Decreto Legge (D.L.) n. 104/2013 del 12 settembre 2013, convertito con modifi-cazioni nella L. n. 128/2013, tributo che sarà corrisposto dal disponente di tale atto unilaterale.

Un diverso e più articolato discorso doveva essere fatto in tema di atto dispositivo o, impropriamente, “conferimento di beni in trust”. Su questo aspetto, salvo alcune eccezioni, si era affermato che il successivo e distinto atto di conferimento, con il quale si perfeziona il passaggio di beni nella disponibilità del trustee, dovesse essere assoggettato all’imposta sulle donazioni in misura proporzionale, con le aliquote e le fran-chigie previste in base al rapporto di parentela tra disponenti e beneficiari finali del fondo di dotazione[6], secondo quanto individuato nell’atto istitutivo di trust[7].

Quanto alla distribuzione dei beni ai beneficiari del fondo in trust, effettuata in forza del potere di anticipazione delle somme ai beneficiari e/o della suddivisione finale del fondo in trust, essa non sarebbe stata soggetta ad alcun prelievo di imposta su successioni e donazioni alla condizione che, in base alla legislazione fiscale vigente, la stessa sia stata assolta anticipatamente al momento della costituzione del vincolo di destinazione.

Tuttavia, questa tesi, ossia tassazione immediata, era for-temente criticata dalla dottrina[8]. Infatti, secondo diversi

[4] Cfr., ex multis, Cass. ordd. n. 3735, n. 3737 e n. 3886 del 24-25 febbraio 2015.[5] Volendo semplificare la lettura, si analizzeranno i profili fiscali di quattro momenti: istituzione del trust, successiva dotazione, atti compiuti dal trustee e cessazione del trust.[6] Ovviamente, per poter applicare le aliquote ridotte e le franchigie previste dalle imposte di donazione è necessario che al momento della costituzione del vincolo (conferimento) il beneficiario del patrimonio sia identificato. Altrimenti, il trust è da ritenersi di scopo, istituito per la realizzazione di un determinato fine e privo di beneficiari finali, assoggettato all’aliquota massima del 8% senza franchigia, salvo il ricorrere di determinate agevolazioni fiscali.[7] Di regola, nell’ambito delle donazioni, il soggetto passivo dell’imposta è il donatario quale beneficiario della donazione o del vincolo di destinazione, in quanto è nei suoi confronti che si realizza l’arricchimento patrimoniale. Nel trust, a seguito delle Circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E del 2008 dell’Agenzia del-le Entrate, si deve ritenere che soggetto passivo dell’imposta di donazione sia il trust stesso in quanto immediato destinatario dei beni oggetto di segregazione, sia rispetto al patrimonio dei disponenti e sia rispetto al patrimonio dei benefi-ciari.[8] Solo per citare alcuni tra i più noti autori del diritto tributario italiano Giu-seppe Corasaniti, Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni: la

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Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

caso esaminato dalla decisione rispetto agli altri è, qui, che si discuteva di un trust “filantropico” residente in Nuova Zelanda che riceveva un importo superiore a 4 mio. di euro a mezzo di nove assegni circolari non trasferibili[12].

III. I nuovi orizzonti problematiciInsomma, trascendendo da questo incidente di percorso, si può affermare con certezza che la Sezione Tributaria e la Sesta Sezione hanno espresso la propria opinione con forza. Ed effettivamente si deve ammettere che questo nuovo orien-tamento granitico si giustifica alla luce del quadro normativo attuale, almeno limitatamente all’imposta sulle donazioni.

Concretamente, nella dotazione di beni in trust non vi è un arricchimento patrimoniale effettivo né per il trustee, il quale ha una proprietà fiduciaria sul trust fund, né per i beneficiari, i quali godono solo di un arricchimento indiretto e mediato.

In verità, dal punto di vista di chi scrive, potrebbe discutersi sulla possibile applicabilità dell’imposta di registro, visto che “non siamo dinanzi a donazioni, né ad atti a titolo gratuito, né a libe-ralità, né a vincoli di destinazione, ma ad atti a causa esterna, diretti a realizzare l’obbligo di trasferimento previsto nel trust. Ovvero di negozi di natura solutoria, di adempimento dell’obbligo gravante in capo al medesimo fiduciario in forza dell’atto di destinazione”[13].

Tuttavia, al di là di queste speculazioni che meriterebbero uno spazio apposito, non si può sorvolare che la “novella giurispru-denziale” rischia di creare una serie di problemi agli operatori che qui appresso cercherò di valutare.

A. Trust già istituti: tra rimborsi e rimorsiUna prima difficoltà operativa afferisce ai trust già istituiti, i quali siano stati già dotati, in tutto o in parte, di patrimonio. Nello specifico, si pensa ai trust che hanno già subito una tassazione proporzionale iniziale e/o che hanno “intaccato” la franchigia.

In base all’orientamento consolidatosi, invero, si deve ritenere che le sole future attribuzioni a favore dei beneficiari debbano essere assoggettate ad imposta, in capo ai beneficiari mede-simi quali soggetti passivi.

Per evitare che vi sia una doppia imposizione della medesima ricchezza, la strada obbligata sembra essere solo quella della richiesta di rimborso dell’imposta già assolta, risultando non percorribile l’idea di “scomputare” dalla futura imposta che graverà sul beneficiario quella già assolta (da un diverso sog-getto: trustee o disponente) all’atto della dotazione del trust.

Questa soluzione, però, si scontra con la circostanza di fatto per cui per alcuni di questi trust è già spirato il termine trien-nale per la richiesta di rimborso[14].

[12] Per un commento critico si veda Sergio Pellegrino, La Cassazione e le (soltanto apparenti) “certezze” sulla fiscalità indiretta del trust, in: Euroconfe-rence News, Edizione di mercoledì 23 ottobre 2019.[13] Guido Salanitro, Imposta principale postuma e registrazione di atto isti-tutivo di trust, in: Diritto e pratica tributaria, III, 2019, p. 1239 ss.[14] Ai sensi del comma 2, dell’art. 46 del Decreto Legislativo (D.Lgs.)

e) un trasferimento così imponibile non è riscontrabile, né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee (in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione), ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.

In via di estrema sintesi: “in ogni tipologia di trust l’imposta proporzionale non andrà anticipata né all’atto istitutivo né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario”.

Questo è il riepilogo di una giurisprudenza che, effettiva-mente, può dirsi (a questo punto) consolidata.

Da un punto di vista ordinamentale, però, resta la perplessità di non aver coinvolto le Sezioni Unite nell’operare un revire-ment così netto rispetto al complesso dei pronunciamenti precedenti.

I giudici di legittimità, probabilmente, hanno voluto mostrare un’evoluzione della giurisprudenza più che una rottura rispetto ai precedenti. Da qui, dal punto di vista dell’autore dell’articolo, l’idea di non coinvolgere le Sezioni Unite.

Peraltro, questa univoca giurisprudenza ha espresso una parentesi assai particolare.

Una di queste decisioni (la sentenza n. 22758/2019)[11], infatti, pur aderendo apparentemente all’orientamento gra-nitico che si andava sviluppando, giudicando in relazione a un trust traslativo con scopo filantropico (il disponente Tizio aveva attribuito una somma di denaro al trustee Caio affinché ́ questi lo impiegasse in beneficienza a favore di soggetti non individuati), ha osservato che “[l]a circostanza, prevista nell’atto istitutivo, per la quale [il trustee] possa operare direttamente con il denaro ricevuto per finalità ̀liberali, costituisce di per sè un trasferi-mento ed un arricchimento. La consegna degli assegni unitamente all’attribuzione in capo al trustee […] di operare direttamente per le finalità ̀ liberali e filantropiche fa ritenere […], pertanto, realizzato il presupposto impositivo” di cui all’art. 2 D.L. n. 262/2019.

Questa sentenza, oltre a evidenziare una serie di errori di coerenza interna (in taluni punti afferma che il trust in giudizio è un trust autodichiarato, quando in realtà è par-zialmente autodestinato), probabilmente si giustifica su un piano fenomenologico più che ontologico. La differenza nel

ta di attribuzioni liberali, come quelle che tipicamente il trustee effettua a favore dei beneficiari finali del trust, a esse va applicata l’imposta di donazio-ne (considerando – sotto il profilo delle franchigie e delle aliquote applicabili – il disponente come donante e il beneficiario come donatario); e vanno pure applicate le imposte ipotecaria e catastale dovute per gli atti traslativi a titolo gratuito; (b) se si tratta di attribuzioni non liberali (come accade nel caso dei pagamenti che il trustee effettui a favore dei creditori di un trust “di garanzia”), esse non sono tassate.[11] Commentata da Angelo Busani/Elisabetta Smaniotto, Il trust nato per la beneficienza sconta l’imposta proporzionale, in: Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2019.

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230 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

Il vulnus di questo procedimento è che l’eventuale conferma dell’orientamento di prassi non vincolerebbe l’Agenzia delle Entrate se dovesse cambiare la prassi sulla tassazione finale, ma la impegnerebbe solo sulla tassazione iniziale.

In altre parole, si creerebbe un loop interpretativo per cui l’Amministrazione finanziaria potrebbe chiedere due volte al contribuente le imposte, all’inizio in base all’interpello e alla fine sulla base di un eventuale provvedimento di modifica del proprio orientamento.

B. Una possibile occasione di “ottimizzazione fiscale” persa?Una seconda problematica potrebbe essere rappresentata dalla perdita di una possibile occasione di ottimizzazione fiscale delle imposte sulle successioni e donazioni.

Seguendo l’impostazione di prassi, l’anticipazione dell’impo-sta al momento della dotazione di beni in trust, sebbene, al superamento delle franchigie, rappresenti un esborso econo-mico immediato, presenta, però, tra gli altri[16], un innegabile vantaggio rispetto all’applicazione dell’imposta proporzionale all’atto del trasferimento finale dei beni ai beneficiari: “crista-lizza” il regime impositivo attualmente esistente, consentendo così di poter pianificare, anche sotto l’aspetto fiscale, il pas-saggio generazionale.

È lampante, infatti, che, a oggi, l’Italia rappresenta un paradiso fiscale rispetto ad altri Stati europei, almeno limitatamente alle imposte sulle successioni e donazioni.

Tuttavia, le sempre più pressanti sollecitazioni[17] prove-nienti da organismi sovranazionali e da osservatori nazionali avvicinano vieppiù il momento in cui ci sarà una riforma “peg-giorativa” (per il contribuente) del regime fiscale vigente, con la probabile riduzione delle franchigie e l’innalzamento delle aliquote, oltre alla probabile contrazione delle agevolazioni attualmente esistenti.

[16] Oltre a questo, si segnala il rischio che l’Amministrazione finanziaria, valutando ormai gli effetti giuridici del singolo atto (di trasferimento di bene immobile) soggetto a registrazione, pretenda, in linea con quanto già soste-nuto nella Circolare n. 3/E/2008, il versamento in misura proporzionale delle imposte ipotecarie e catastali. Ancora, un ulteriore profilo che non appare chia-rissimo se si giunge a condividere la soluzione interpretativa formulata da ultimo dalla Corte di cassazione è quello afferente alle modalità di applicazione delle aliquote e delle franchigie previste nel caso di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni al momento della costituzione del vincolo. Se, infatti, l’applicazione dell’aliquota e della relativa franchigia in relazione al gra-do di parentela intercorrente tra il beneficiario (individuato) e il disponente non presenta particolari criticità, lo stesso non si può dire quando, pur in presenza di un trasferimento “stabile” dei beni al trustee, il beneficiario non sia individua-bile con certezza oppure siano individuati alcuni beneficiari solo potenziali che subentreranno in caso di eventi imprevisti al beneficiario in origine individuato.[17] In tempi recenti, peraltro, l’esigenza di ritoccare l’imposta sulle successio-ni è stata più volte segnalata da enti sovranazionali (Commissione europea) e internazionali (OCSE) che hanno sottolineato la tendenza italiana di tassare pesantemente il lavoro rispetto ai patrimoni. Si vedano OCSE, Tax Policy Stu-dies, The Role and Design of Net Wealth Taxes in the OECD, n. 26, Parigi, 12 aprile 2018, in: http://dx.doi.org/10.1787/9789264290303-en (consulta-to l'08.04.2020); International Monetary Fund, Consultation with Italy, IMF Country Report n. 19/40; Osservatorio sui conti pubblici, Pro e contro dell’im-posta su successioni e donazioni, di Edoardo Frattola e Giampaolo Galli, 5 febbraio 2020.

Per quanto riguarda, invece, la franchigia eventualmente erosa all’atto della istituzione del trust, deve riconoscersi che non vi erano i presupposti di legge per fare ricorso a simile istituto, data la totale inidoneità dell’effetto segregativo/traslativo iniziale ad incidere sulla stessa che, dunque, potrà essere applicata ai trasferimenti (assoggettati ad imposta) successivi[15].

Peraltro, bisognerebbe effettuare qualche ragionamento riguardante i trust di nuova istituzione.

Nel caso un soggetto voglia istituire un nuovo trust dovrà seguire la nuova via interpretativa della Suprema Corte o dovrà scontare l’imposizione alla luce della prassi dell’Ammi-nistrazione finanziaria mai smentita?

Da un lato, se si segue l’impostazione della prassi si rischia di essere sottoposti a una potenziale doppia imposizione, dall’altro lato si corre il rischio di ricevere un atto di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate per non assolvimento dell’imposta.

Resta il fatto che, comunque, il notaio, in qualità di respon-sabile d’imposta, gioca un ruolo fondamentale nella corretta interpretazione della normativa anche fiscale.

Operativamente, sono sempre più i disponenti che stanno attuando questo modus operandi: pagano le imposte così come richieste dall’Amministrazione finanziaria per poi chiederne il rimborso.

È chiaro che questa operatività si rileva inefficiente (anche se l’unica efficace) per tutti gli attori coinvolti.

Il contribuente, intanto, dovrà comunque sostenere delle spese fiscali e legali che, difficilmente, riuscirà a recuperare totalmente (anche se in alcune più recenti decisioni, la Suprema Corte sta condannando l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite).

L’Agenzia delle Entrate rischia di adottare degli atti impositivi che, difficilmente, verranno confermati dai giudici.

Infine, la giurisdizione tributaria rischia di collassare dinnanzi al moltiplicarsi di controversie di questo tipo.

L’unica variante a questo tipo di regola operativa potrebbe essere rappresentata dalla presentazione di un’istanza di interpello, tesa a verificare la vigenza dell’interpretazione ministeriale.

n. 346/1990: “Il rimborso, salvo il disposto dell’art. 40, commi 1 e 3, deve essere richie-sto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione”. Sembrerebbe assai singolare ritenere che questa giurisprudenza sia un evento che abbia potuto far insorgere il diritto alla restituzione.[15] Sul punto Thomas Tassani, Trust e imposte sui trasferimenti: orientamen-to "definitivo" della Cassazione?, in: https://www.fiscalitapatrimoniale.info/post/trust-e-imposte-sui-trasferimenti-orientamento-definitivo-della-cas-sazione (consultato l'08.04.2020).

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231 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

anni dalla data del trasferimento (individuabile nell’atto segregativo delle partecipazioni) e, a tal fine, deve rendere, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione circa la sua volontà di proseguire l’attività di impresa (o detenere il controllo).

La domanda sorge spontanea: che ne sarà di questa agevola-zione alla luce della recente giurisprudenza?

L’holding period sarà valutato in base al possesso esercitato dal trustee ovvero sarà differito al momento in cui i beneficiari eserciteranno direttamente l’attività d’impresa?

D. Presupposto impositivo: la cd. “attribuzione finale”Ribadendo quanto già scritto precedentemente, la Cassazione ha statuito che “la sola attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo” sia da assog-gettare a imposizione.

Un’interpretazione letterale di questo passaggio delle deci-sioni, però, potrebbe consentire ai trust di non scontare alcuna imposizione, considerando che i trustee hanno la possibilità, se l’atto istitutivo glielo consente, di effettuare delle attribuzioni anticipate, le quali, a stretto rigore, non sarebbero tassabili.

È evidente che tale impostazione, unita a un utilizzo del trust orientato all’ottimizzazione fiscale, rischierebbe di creare un salto d’imposta.

Dunque, volendo interpretare cautelativamente questo pas-saggio come “si tassano tutte le attribuzioni ai beneficiari finali”, ci si deve interrogare su quali siano queste attribuzioni.

Il trustee, infatti, può avvantaggiare i beneficiari non solo mediante un’attribuzione diretta di beni, ma anche attraverso una liberalità indiretta, quale il pagamento di un debito altrui, la prestazione di una fideiussione con la Banca a garanzia di un terzo, la vendita di un bene ad un prezzo irrisorio, il versamento di somme su conti cointestati, la remissione di un debito.

E. L’attribuzione al beneficiario: profili operativiAll’uopo risulta fondamentare dipanare un’altra questione assai sentita relativa alla “formalizzazione” della vicenda giuri-dica attributiva, che è generalmente necessaria per applicare il tributo successorio e donativo e che potrebbe mancare qualora l’attribuzione non si realizzi per il tramite di un atto da registrare in termine fisso (o portato volontariamente alla registrazione).

In altre parole, considerando che sarà da tassare “l’attribu-zione finale” al beneficiario, quid iuris per quelle attribuzioni effettuate, ad es. tramite bonifico bancario.La donazione è un “negozio solenne” e deve essere fatta per atto pubblico, nonché alla presenza di due testimoni, salvo per il caso di donazione di modico valore.

Come noto, alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite n. 18725 del 27 luglio 2017, ogni donazione che non rispetta la forma è nulla ex art. 782 codice civile (c.c).

Non è, ovviamente, possibile esprimere alcuna valutazione in merito alle ipotesi relative ad un imminente aumento delle ali-quote dell’imposta di donazione e successione, e di riduzione delle relative franchigie. Per stare a quanto previsto dalla (per ora unica) formale proposta di legge ad oggi presentata, n. 2830 del 20 gennaio 2015, le attuali aliquote del 4%, 6% e 8% potrebbero divenire rispettivamente del 7%, 8%, 10% e 15%, mentre le franchigie massime per discendente dall’importo attuale di 1 mio. di euro si ridurrebbero a euro 500’000. Le nuove aliquote, poi, triplicherebbero per attivi ereditari supe-riori ai 5 mio. di euro.

Naturalmente l’adempimento dell’obbligazione tributaria al momento dell’attribuzione finale non consente di sapere quale sarà il regime tributario applicabile in quella data.

C. L’esenzione per il passaggio generazionale d’impresa e il rinnovato corso della Suprema CorteUna terza questione si pone in merito alla possibile utiliz-zabilità del beneficio fiscale per il passaggio generazionale d’impresa mediante l’utilizzo del trust.

Tra le agevolazioni più rilevanti sotto l’aspetto qualitativo, infatti, vi è da annoverare sicuramente l’esenzione prevista dall’art. 3, comma 4-ter del D.Lgs. n. 346/1990, ossia la non imponibilità dei trasferimenti di partecipazioni sociali, a patto che i beneficiari dell’attribuzione siano il coniuge o i discen-denti del de cuius o del donante; i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; e in caso di trasferi-mento di quote sociali e azioni di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata, di società cooperative, di società di mutua assicurazione, i beneficiari detengano il controllo (esercizio della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria) per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.

Di rilievo sul punto è la Circolare n. 18/E/2013 dell’Ammini-strazione finanziaria, la quale ha confermato la possibilità di usufruire dell’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter D. Lgs. n. 346/90 anche nel caso in cui detti trasferimenti siano realiz-zati mediante l’istituzione di un trust.

Le condizioni previste dalla norma agevolativa come già chiarito con la risoluzione del 23 aprile 2009, n. 110 possono, pertanto, ritenersi soddisfatte qualora:

◆ il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula dell’atto che comporta la segre-gazione in trust della partecipazione di controllo o dell’azienda;

◆ i beneficiari finali siano necessariamente discendenti e/o coniuge del disponente;

◆ il trust non sia discrezionale o revocabile, vale a dire, ad esempio, che non possono essere modificati dal dispo-nente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;

◆ il trustee deve proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque

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232 aprile 2020

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano

IV. ConclusioniCome avrà intuito il lettore più attento, in questo saggio non si è mai inteso operare una distinzione a seconda della diversa natura dei trust coinvolti. Si è, invece, optato per l’approccio seguito dalla Suprema Corte che ha valorizzato il trust come fenomeno negoziale unitario.

In realtà, è noto che non è così. Un trust di garanzia è diverso da un trust liberale così come un trust di scopo è diverso da un trust per beneficiari.

Se su alcuni profili la Cassazione ha avuto il merito di elimi-nare alcune perplessità nascenti dalla giurisprudenza passata (come sul trust autodichiarato ovvero sui trust solutori), tut-tavia, come abbiamo visto, su un trust di protezione familiare e/o di passaggio generazionale d’impresa i dubbi emergenti sono tanti.

Concludendo, il suggerimento dell’autore non è quello di non utilizzare il trust. Anzi, il trust è uno strumento dinamico, l’unico mediante cui si possono raggiungere obiettivi che altri istituti statici di diritto interno (come le donazioni, il testa-mento, il patto di famiglia, il fondo patrimoniale, la fondazione e le società holding) non consentono di poter conseguire.

Ed è bene ricordare che, nell’analisi degli strumenti, il rispar-mio fiscale non deve essere l’unica o la principale causa che spinge a sceglierne uno anziché un altro.

Questo articolo intende semplicemente mettere in guardia gli operatori dall’impiego di questo strumento alla luce della (e non a causa della) giurisprudenza di Cassazione.

Una prima accortezza che si potrebbe suggerire sarebbe quella di istituire trust, cercando di rispettare le generose fran-chigie oggi vigenti, in modo tale da eroderle “virtualmente”. In questo caso, infatti, il contribuente non dovrebbe correre rischi data l’interpretazione che l’Agenzia delle Entrate stessa ha dato riguardo all’art. 56-bis con la Circolare n. 30/E/2015.

Bisogna essere estremamente cauti e attenti nella dotazione di quote societarie in trust, in considerazione del fatto che, allo stato attuale, non sono chiare le modalità applicative del beneficio di cui all’art. 3, comma 4-ter del Testo Unico delle imposte sulle successioni e donazioni.

Infine, vi è da segnalare che, a parere di chi scrive, purtroppo vi è un sostanziale via libera a trust in cui la dotazione patri-moniale consista essenzialmente in immobili, in cui, talvolta, la segregazione rappresenta più il fine che il mezzo dello strumento utilizzato.

Forse una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata dalla registrazione volontaria, ex art. 56-bis, comma 3, D.Lgs. n. 346/1990, da effettuarsi a mezzo del modello 2 – Tasse IIAA in caso di liberalità indirette (a cura del trustee).

Tuttavia, è evidente che il moltiplicarsi di attribuzioni inter-medie renderà quasi impossibile per l’Amministrazione finanziaria svolgere proficuamente l’attività di accertamento dell’eventuale evasione d’imposta.

F. Differimento sine die della tassazioneÈ inevitabile che, laddove si accolga l’arricchimento finale del beneficiario, quale presupposto impositivo, vi è de facto un rinvio sine die della tassazione stessa.

Si immagini, ad es., il caso di un trust regolato da una legge che consente una durata tale da eccedere la vita di diverse generazioni del disponente[18].

In questo senso, è evidente che un’attribuzione finale potrebbe mai avvenire.

G. Trasformazione dei beni in trust e mutamento del conte-sto familiareInfine, questo orientamento non tiene conto che non sempre l’input, ossia ciò che viene dotato in trust, corrisponde all’output, ossia ai beni che fuoriescono dal trust per essere assegnati dal trustee ai beneficiari finali.

In primis, perché non è detto che, al termine del trust, residuino beni.

In secondo luogo, perché il potere discrezionale del trustee può far sì che il fondo in trust possa essere trasformato. A titolo esemplificativo, possono essere conferiti degli immobili (o quote sociali o altri beni mobili) che, durante la vita del trust, vengono ceduti.

A questo proposito, se il disponente dotasse il trust di azioni di controllo di una società per beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter e, poi, passati i cinque anni di detenzione, il trustee intendesse cedere i titoli partecipativi, a quel punto cambierebbe notevolmente la base imponibile. O si pensi al caso in cui una dotazione liquida fosse utilizzata per acquistare beni esenti, quali polizze ovvero titoli di Stato.Ma possono mutare anche i rapporti familiari tra soggetti. Se il coniuge, nominativamente individuato nell’atto istitutivo come beneficiario, non è più coniuge alla data finale del trust, quale franchigia e quale aliquota si applicherà al relativo tra-sferimento?

[18] Un esempio potrebbe essere la legge delle British Virgin Islands, Trustee Ordinance, sect. 68-70 (360 anni) ovvero le leggi statunitensi di Wyoming e Utah (1000 anni). Sul tema, in ogni caso, si rinvia all’opera di Maurizio Lupoi, Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia, IVa ed., Milano 2019, pp. 61-62.

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