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PAPA FRANCESCO
E L’ENCICLICA VERDE “LAUDATO SI’”
A cura di Ilaria MATTIA
e Giorgia FERELLA
A.A. 2017-2018
La vita di Papa Francesco
Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio di
emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle
ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e
dell’educazione dei cinque figli.
Inizialmente intraprende gli studi giovanili come tecnico chimico, e si mantiene
per un certo periodo facendo le pulizie in una fabbrica e poi facendo anche il
buttafuori in un locale malfamato di Córdoba.
Decide di entrare nel seminario di Villa Devoto e l'11 marzo 1958 comincia il
suo noviziato nella Compagnia di Gesù, trascorrendo un periodo in Cile e
tornando a Buenos Aires in seguito, per laurearsi in filosofia nel 1963.
Terminati gli studi ecclesiastici, dal 1964 inizia la carriera universitaria
come docente di letteratura e psicologia insegna per tre anni letteratura e
psicologia nei collegi dell’Immacolata di Santa Fé e di Buenos Aires.
Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San
Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José
Castellano.
Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile
1973 emette la professione perpetua nei gesuiti.
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Il 31 luglio 1973 viene nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina.
Continua il lavoro nel campo universitario fino ad essere investito, tra il 1980
e il 1986, della carica di rettore del collegio di San Giuseppe oltre che parroco
a San Miguel.
Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori
lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della
Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore.
È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos
Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di
Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale
l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando
atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della
Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e
il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale.
Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo
coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale
Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di
Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran
cancelliere dell’Università Cattolica.
Opera molto nella sua terra in favore dei poveri e dei bisognosi, attraverso
progetti missionari incentrati sulla comunione e sull’evangelizzazione,
confidando in un lavoro sociale congiunto tra preti e laici. Il coinvolgimento
che Bergoglio pone in questi progetti suscita nella popolazione molta
ammirazione e benevolenza nei suoi confronti, nonostante il suo carattere
schivo.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del
titolo di san Roberto Bellarmino, intanto, in America Latina, la sua figura
diventa sempre più popolare Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale
aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi,
dedicata al ministero episcopale. Nel 2002 declina la nomina a presidente della
Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi
riconfermato per un altro triennio fino al 2008. Intanto, nell’aprile 2005,
partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.
La sera del 13 marzo 2013, al quinto scrutinio, è eletto papa come successore
di Benedetto XVI assumendo il nome di Francesco in onore di San Francesco
d'Assisi.
È il primo gesuita a diventare papa ed il primo pontefice proveniente dal
continente americano.
«Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave
era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali
siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi
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ringrazio dell'accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo
vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il
nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per
lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. [...] E
adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo
cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità
tutte le Chiese.
Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. [...] E adesso
vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore:
prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il
Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la
Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera
di voi su di me. [...] »
(Il primo messaggio pubblico di papa Francesco)
Nel suo primo discorso pubblico come papa, dopo aver salutato
affettuosamente la folla con un cordiale e semplice "buonasera”, ha chiesto ai
fedeli di pregare per lui, sottolineando questo momento chinando il capo e
rimanendo in silenzio per qualche istante. Ha impartito poi la benedizione Urbi
et Orbi senza l'abito corale e senza le tradizionali scarpe rosse previsti per
l'occasione, ma indossando solo l'abito piano bianco, con la croce pettorale in
argento che utilizzava prima di essere eletto papa.
Povertà e misericordia: il messaggio di Papa Francesco
Bergoglio è stato il primo
pontefice ad assumere il nome
di Francesco, scegliendo per la
prima volta dopo undici secoli,
dai tempi di papa Lando, di
adottare un nome mai utilizzato
da un predecessore.
«Nell'elezione, io avevo
accanto a me l'arcivescovo
emerito di San Paolo e anche
prefetto emerito della
Congregazione per il clero, il
cardinale Cláudio Hummes. [..]
E lui mi abbracciò, mi baciò e
mi disse: «Non dimenticarti dei
poveri!». E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in
relazione ai poveri ho pensato a Francesco d'Assisi. Poi, ho pensato alle guerre,
mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l'uomo della
Papa Francesco pronuncia la sua prima omelia
durante la missa pro Ecclesia
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pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore:
Francesco d'Assisi. È per me l'uomo della
povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e
custodisce il creato; in questo momento anche
noi abbiamo con il creato una relazione non
tanto buona, no? È l'uomo che ci dà questo
spirito di pace, l'uomo povero... Ah, come vorrei
una Chiesa povera e per i poveri! »
Il motto che compare nello stemma adottato da
Bergoglio dopo la sua ordinazione a vescovo è
“Miserando atque eligendo”, espressione tratta
da un'omelia di Beda il Venerabile, traducibile come «Lo guardò con
misericordia (con sentimento di pietà) e lo scelse».
Papa Bergoglio e la medicina
Il tema della medicina viene affrontato dal pontefice nella duplice
accezione di benessere spirituale e fisico. Egli stesso ha ricevuto una laurea ad
honorem in medicina dal rettore dell’Università di Salerno e l’appellativo di
“medico delle anime” e di intimo conoscitore dei bisogni delle persone più
deboli, più povere, più bisognose della divina misericordia e della umana
solidarietà.
Nell’Angelus del 17 novembre 2013 il papa afferma: “Adesso vorrei
consigliarvi una medicina. Ma qualcuno pensa: -Il Papa fa il farmacista
adesso?-. È una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’Anno della
Fede, che volge al termine. Ma è una medicina di 59 granelli intracordiali. Si
tratta di una “medicina spirituale” chiamata Misericordina. [..] Aiuto spirituale
per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità.
Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene, eh? Fa’ bene al cuore, all’anima
e a tutta la vita!
Alla VI Conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa, promossa
dal Pontificio Consiglio della Cultura, dal titolo “Unite To Cure A Global
Health Care Initiative”, Papa Francesco ha ricordato che la Chiesa elogia ogni
sforzo di ricerca volto alla cura di chi soffre ma che “non tutto ciò che è
tecnicamente possibile è eticamente accettabile”.
Di fronte al problema della sofferenza umana è necessario saper creare sinergie
tra persone e istituzioni, anche superando i pregiudizi, per coltivare la
sollecitudine e lo sforzo di tutti in favore della persona malata. Papa Francesco
torna a ribadire l’importanza del dialogo tra famiglie, medici e istituzioni in
genere quale primo requisito fondamentale nell’accompagnamento dei malati,
specie quelli terminali.
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«La scienza, come qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da
rispettare per il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di
responsabilità etica», sottolinea Bergoglio a medici, scienziati, pazienti, esperti
di etica, filantropi, funzionari governativi, leader religiosi.
Egli parla anche di prevenzione nel senso che «consapevoli del fatto che
molti mali potrebbero essere evitati se ci fosse una maggiore attenzione allo
stile di vita che assumiamo e alla cultura che promuoviamo», bisognerebbe
«avere uno sguardo lungimirante verso l’essere umano e l’ambiente in cui
vive».
Ciò diventa particolarmente importante «quando pensiamo ai bambini e
ai giovani, che sono sempre più esposti ai rischi di malattie legate ai
cambiamenti radicali della civiltà moderna». Basta riflettere «sull’impatto che
hanno sulla salute umana il fumo, l’alcol o le sostanze tossiche rilasciate
nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Un’alta percentuale dei tumori e altri problemi
di salute negli adulti può essere evitata attraverso misure preventive adottate
durante l’infanzia», osserva Papa Francesco.
E aggiunge: «La scienza è un mezzo potente per comprendere meglio sia
la natura che ci circonda sia la salute umana. La nostra conoscenza progredisce
e con essa aumentano i mezzi e le tecnologie più raffinate che permettono non
solo di guardare la struttura più intima degli organismi viventi, uomo incluso,
ma addirittura di intervenire su di essi in modo così profondo e preciso da
rendere possibile perfino la modifica del nostro stesso Dna».
Riconoscendo gli enormi passi avanti fatti nella medicina ma, al
contempo, richiamando l’attenzione sul rischio sottolinea: «è fondamentale che
aumenti la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti
dell’umanità e dell’ambiente in cui viviamo». «Se vogliamo preparare il futuro
assicurando il bene di ogni persona umana – raccomanda - dobbiamo agire con
una sensibilità tanto maggiore quanto più i mezzi a nostra disposizione
diventano potenti». «Questa – conclude - è la nostra responsabilità verso l’altro
e verso tutti gli esseri viventi».
Aborto, eutanasia e pratiche anticoncezionali sono temi attuali che
causano grandi discordie nella società. Il cardinale Bergoglio, conformemente
alla posizione ufficiale della Chiesa su questi temi, ha invitato il clero e i laici
a opporsi all'aborto e all'eutanasia, ritenendo i movimenti politici a essi
favorevoli espressione di una "cultura della morte".
Secondo il quotidiano britannico The Guardian, avrebbe una visione
diversa da quella ufficiale della Chiesa sull'uso di contraccettivi, ritenendo che
possono essere ammissibili per prevenire la diffusione di malattie, anche se si
è opposto alla loro distribuzione gratuita, proposta dal Governo Kirchner, in
Argentina.
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Papa Francesco e
ambiente
È necessario «riflettere
sulla salute umana in
un contesto più ampio,
considerandola non
solo in rapporto alla
ricerca scientifica, ma
anche alla nostra
capacità di preservare
tutelare l’ambiente e
all’esigenza di pensare
a tutti, specialmente a
chi vive disagi sociali e culturali che rendono precari sia lo stato di salute sia
l’accesso alle cure».
Preservare l’ambiente è uno degli importantissimi messaggi al quale Papa
Francesco vuole sensibilizzare la sua comunità e le autorità.
In un modernissimo “tweet” per la Giornata mondiale dell’ambiente afferma:
“Non dimentichiamo mai che l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di
tutta l’umanità e responsabilità di tutti”
Il 18 giugno 2015 è stato reso pubblico il testo della sua seconda
enciclica, Laudato si’, proprio come san Francesco ripeteva spesso nel Cantico
delle creature, di fatto la prima enciclica sull’ambiente.
L’enciclica verde: Laudato si’
Indubbiamente, la scelta di Bergoglio di prendere Francesco come nome
una volta salito al soglio pontificio è già indicativo del suo interesse per
l’ecologia e per le condizioni in cui versa l’ambiente; questo interesse viene poi
ribadito con la stesura della seconda enciclica intitolata Laudato sii. Omaggio
al Santo patrono d’Italia, molto caro al papa e chiaro richiamo al ritorno
all’essenziale, ad apprezzare il creato come parte inscindibile dall’uomo.
Papa Francesco, all’inizio della sua enciclica, vuole sottolineare come il
suo impegno per la questione ambientale non sia un tema nuovo nell’ambito
della Chiesa, ma come questo sia stato già ampiamente trattato da suoi
predecessori, come Paolo VI il quale si riferì alla problematica ecologica,
presentandola come una conseguenza drammatica delle attività incontrollate
del genere umano: ˂˂Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura,
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egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta
degradazione>>.1
Dopo di lui, anche Giovanni Paolo II si occupò intensamente della
questione ecologica, tanto che nella sua prima enciclica riflette intensamente
sul fatto che il genere umano sembri: <<non percepire altri significati del suo
ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso
e consumo>>.2
Giovanni Paolo II auspicava, sottolineandolo anche nei suoi scritti
successivi, una conversione ecologica globale. Infine, il suo predecessore,
Benedetto XVI, era solito, nei suoi discorsi, ricordare che il mondo non può
essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché <<il libro della
natura è uno e indivisibile>> di conseguenza, <<il degrado della natura è
strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana>>3.
Sottolineando come il Creato sia opera di Dio nella sua interezza, papa
Benedetta invita a riconoscere che il Creato viene compromesso nel momento
in cui si pensa che sia <<semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo
per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più
alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi>>.4
Sempre nella sua introduzione Papa Francesco vuole sottolineare quanto
questa sia una problematica globale che interessa, non solo il mondo scientifico
e la Chiesa cattolica, ma anche altre religioni nei propri rappresentanti, come il
Patriarca Bartolomeo il quale spinge affinché ognuno si renda conto che non
sono necessari grandi disastri ecologici per aggravare la questione ambientale,
ma che anche con piccoli atti quotidiani si può contribuire allo stravolgimento
e alla distruzione dell’ambiente. In linea con questo pensiero, il Patriarca
Bartolomeo vuole richiamare l’attenzione sulle radici di questa problematica,
le quali vanno ricercate nell’etica umana ed è proprio su questo che si deve
agire, in quanto, affidandosi solo alle soluzioni tecniche, si andrebbero ad
affrontare solo i sintomi del problema e non le cause.
Lo spirito con cui Papa Francesco scrive la sua enciclica è uno spirito
ricco di speranza, nel fatto che le cose possano cambiare, tuttavia anche
consapevole del fatto che sia una sfida urgente nella quale tutta la
<<famiglia>> umana deve unirsi nella ricerca di uno sviluppo sostenibile ed
integrale. Tutti, nessuno escluso.
Nel primo di sei capitoli, il Papa fa una panoramica su tutto ciò che sta
accadendo al nostro bene comune, basandosi sulle più recenti acquisizioni
1 Lett. Ap. Octogesima advenis 2 Lett. Enc. Redemptor ominis 3 Lett. Enc. Caritas in veritate 4 Discorso al clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone
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scientifiche e citando situazioni concrete. Papa Bergoglio è consapevole dei
cambiamenti climatici ed esorta ognuno a non sottovalutarli poiché tutti facenti
parte di un equilibrio delicato, all’interno del quale chiunque appartenga al
mondo risulta essere un piccolo ingranaggio fondamentale affinché tale
equilibrio non venga perduto.
Papa Francesco denuncia la filosofia dell’usa e getta, causa del sempre
crescente numero di rifiuti prodotti, dei quali solo una minima parte viene
riciclata. La denuncia verso questo scarso riciclo si sposa, nelle sue parole, con
l’auspicio di giungere presto ad un’economia circolare, nella quale l’utilizzo di
materie prime venga limitato il più possibile a beneficio del riutilizzo. Sempre
in questo primo capitolo, papa Francesco affronta un altro tema estremamente
preoccupante: l’inquinamento dell’acqua e la sua disomogenea distribuzione.
L’acqua è un bene raro ma imprescindibile dall’uomo e da tutto ciò che
è vita e le politiche scellerate di estremo consumo immediato e sconsiderato
stanno rendendo inutilizzabile questa preziosa risorsa. Impossibile non
sottolineare come questa problematica sia intimamente collegata alla prima
descritta, in quanto con l’aumento delle temperature mondiali stia portando ad
una lenta ma inevitabile desertificazione di vaste aree del mondo.
Con le proprie azioni incontrollate, l’uomo non sta ottenendo soltanto effetti
indiretti, quali l’aumento delle temperature e la problematica dell’acqua, ma ne
sta ottenendo anche di diretti come, ad esempio, l’impoverimento della
biodiversità che porta alla perdita di specie aventi una propria dignità nel far
parte del grande progetto di Dio, quale è il mondo. In conclusione del capitolo,
papa Francesco espone come questa diseducazione ambientale sia un riflesso
della diseducazione sociale, a causa della quale l’uomo si è andato a chiudere
in un individualismo che lo ha portato ad allontanarsi da tutto ciò che riguarda
l’integrazione e la collaborazione con l’altro.
Nel secondo capitolo Il Vangelo della creazione, il Papa rilegge i racconti
biblici e dà una visione complessiva della tradizione ebraico-cristiana
spiegando il perché della «tremenda responsabilità» dell’essere umano nei
confronti del creato. L’essere umano ha il compito di «“coltivare e custodire”
il giardino del mondo (cfr Gen 2,15)», sapendo che «lo scopo finale delle altre
creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di
noi, verso la meta comune, che è Dio».
L’enciclica, rivolta ad ogni uomo, esorta però maggiormente i fedeli a ricordare
il carisma affidato da Dio a ciascuno. Nelle parole di Giovanni Paolo II
ritroviamo proprio questo concetto: <<i cristiani, in particolare, avvertono che
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i loro compiti all’interno del Creato, i loro doveri nei confronti della natura e
del Creatore sono parte della loro fede>>5.
Nei primi capitoli della sua enciclica, Papa Francesco fa spesso riferimento agli
scritti biblici del libro della Genesi. I racconti della Creazione contengono, nel
loro linguaggio simbolico e narrativo, profondi insegnamenti sull’esistenza
umana e la sua realtà storica. Questi racconti suggeriscono che l’esistenza
umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse e, secondo
la Bibbia, rotte dentro e fuori di noi nella forma del peccato. <<Come risultato,
la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è
trasformata in un conflitto (cfr Gen 3,17-19). Per questo è significativo che
l’armonia che San Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata
interpretata come una guarigione di tale rottura.>> Lontano da tale modello,
oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre,
nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più
fragili, negli attacchi contro la natura.
Francesco sottolinea che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra
stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità,
dalla giustizia e della fedeltà nei confronti degli altri.
Nel capitolo terzo, La radice umana della crisi ecologica, il Papa va alle cause
profonde del degrado. La denuncia è soprattutto per la logica «usa e getta» che
genera la cultura dello scarto. Sono proprio le logiche di dominio
tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e
le popolazioni più deboli. Ne deriva la logica che «porta a sfruttare i bambini,
ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la
capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il
commercio di pelli di animali in via di estinzione e di “diamanti insanguinati”.
Nello stesso capitolo, Bergoglio affronta e critica la scarsa dignità data ormai
al lavoro, l’utilizzo di ogm, il traffico di organi e nascituri. Papa Francesco
pensa poi in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla
biodiversità, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibattito
scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta
l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da
«linee di ricerca autonoma e interdisciplinare». Il suo pensiero non vuole essere
una critica nei confronti dell’espanso utilizzo della tecnologia, la quale è un
bene e va sviluppata per favorire la vita, ma <<la cultura ecologica non si può
ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano
riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e
5 Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1990
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all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una
politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano
forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico.>>
E ancora, nel quarto capitolo, Un’ecologia integrale, si affronta il tema della
giustizia e della politica. Il Papa parla di ecologia delle istituzioni: «Se tutto è
in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta
conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione
della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”». Il Papa
ribadisce che «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei
contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna
persona con sé stessa».
«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una
sola e complessa crisi socio-ambientale».
Questa ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune». Nel
contesto di oggi, in cui «si riscontrano tante inequità e sono sempre più
numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani
fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla
base di «una opzione preferenziale per i più poveri». Oramai non si può parlare
di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Quando
pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni,
entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e
comunichiamo.
Nel capitolo quinto, Bergoglio offre alcune linee di orientamento e di azione.
La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di
sostituirsi alla politica, ma il Papa invita «ad un dibattito onesto e trasparente,
perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune». Il
giudizio è severo: «I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non
hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica,
non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed
efficaci […] La protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla
base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni
che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere
adeguatamente”». In ogni modo, è anzitutto una decisione etica, fondata sulla
solidarietà di tutti i popoli. Ѐ necessario il dialogo, aprendosi oltre le necessità
economiche. Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sullo
sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter discernere
quali politiche e iniziative imprenditoriali potranno portare ad un vero
sviluppo integrale. In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un
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nuovo progetto richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo,
mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in
cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di
informare ed a un dibattito approfondito. Particolarmente incisivo è l’appello
rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinché si sottragga «alla logica
efficientista e “immediatista”» oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo,
potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e
lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa
responsabilità».
Infine, nel sesto capitolo, Educazione e spiritualità ecologica, Francesco
afferma che «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino
educativo». Sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis la scuola, la
famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi. La partenza è puntare su un
altro stile di vita, che apre anche la possibilità di esercitare una sana pressione
su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che
accade quando le scelte dei consumatori riescono a modificare il
comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e
i modelli di produzione. Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di
educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla
riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a
«spegnere le luci inutili».
Il Papa conclude la sua enciclica con due preghiere con l’intenzione di affidare
le sorti del pianeta e dell’umanità al Creatore di ogni Bellezza e perché ognuno
assuma seri impegni verso il Creato.
Alcuni analisti di autorevoli giornali, come l'inglese The Guardian e
l'americano The New York Times, hanno analizzato il testo evidenziando
alcuni punti fondamentali, degni di riflessione, che possono riassumere
l’enciclica.
1 Dobbiamo abbandonare il carbone. In attesa di soluzioni migliori, come le
fonti rinnovabili, meglio preferire il male minore. Nel caso energetico,
preferire il gas al carbone.
2. Gli incontri sul clima dell’ONU hanno fallito. Oltre 20 anni di summit
sono serviti a poco nel controllo del global warming. “La sottomissione
della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei
Vertici mondiali sull’ambiente.”
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3. Servono a poco i “crediti di emissione”. “La strategia di compravendita di
“crediti di emissione” può dar luogo a una nuova forma di speculazione e
non servirebbe a ridurre l’emissione globale di gas inquinanti. Questo
sistema non implica affatto un cambiamento radicale all’altezza delle
circostanze. Anzi, può diventare un espediente che consente di sostenere
il super-consumo di alcuni Paesi e settori.”
4. Bisogna favorire l’energia delocalizzata. “In alcuni luoghi, si stanno
sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che
consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione
in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale
esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale
può fare la differenza.”
5 Il consumo è un problema più grave della crescita della popolazione
“Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e
selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. Si pretende
così di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si
crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile
generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti
di un simile consumo.”
6 Gli smartphone e gli altri gadget stanno rovinando il nostro rapporto con
la Natura “I mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che
condividiamo conoscenze e affetti. Tuttavia, a volte anche ci impediscono
di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia
dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo
non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi
prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione
nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento.”
7. Quale sarà il nostro regalo per le nuove generazioni? Desolazione! “Il
ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le
possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo
insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già
avvenendo periodicamente in diverse regioni.”
8. Inquinare e togliere risorse alle generazioni future è un peccato. Si
ricorda che questa è un'enciclica pastorale e che non s basa sull'ambiente
come materia scientifica. Ma, qualsiasi punto di vista si può tenere sulla
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questione, non è possibile dargli torto. L’enciclica cita così: “L’ambiente
è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti.
Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se
non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza
degli altri. Per questo i Vescovi della Nuova Zelanda si sono chiesti che
cosa significa il comandamento “non uccidere” quando «un venti per
cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare
alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per
sopravvivere».
Conclusioni
Papa Francesco promuove l’idea di una chiesa comunitaria e moderna. La sua
cultura è ampia e varia: non è fatta solo di religiosità e di ortodossia cattolica,
non è soltanto un prodotto della chiesa, quanto piuttosto dei problemi attuali sia
della chiesa che delle società contemporanee in epoca di globalizzazione. Un
uomo straordinariamente intelligente, colto, libero e attivo che è riuscito ad
ottenere un’enorme popolarità dentro e fuori la Chiesa dovuta al fatto che
sembra parlare al “recinto” cattolico, ma all’umanità contemporanea. È un papa
“moderno" perché trasmette un'immagine di apertura, al di là del credo di
ciascuno di noi.
Bibliografia-sitografia
https://www.vaticannews.va/it.html
www.wikipedia.it
www.republica.it
www.lastampa.it
https://twitter.com/pontifex_it?lang=it L'Osservatore Romano, Anno LXIII, numero 12
http://www.famigliacristiana.it
Messaggio per la giornata mondiale della pace, Giovanni Paolo II
Esortazione apostolica Evangelii gaudium
Video: la storia delle cose