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S

2010

A ress

Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari

Ente strumentale della Regione Piemonte

Istituito con L.R. n. 10 del 16.03.1998

RRREEEGGGIIIOOONNNEEE

PPPIIIEEEMMMOOONNNTTTEEE

PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE

della

EPILESSIA

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AReSS Piemonte – PDTA Epilessia 2010 (revisione 30.12.2010) 1

SOMMARIO

Sommario ........................................... ................................................................................1

Descrizione generale del documento................. ..............................................................3

Il committente ......................................................................................................................3

Il gruppo di lavoro ................................................................................................................3

Referente Scientifico e Responsabile di Progetto................................................................4

Coordinamento del gruppo ..................................................................................................4

Stesura e revisione documento ...........................................................................................4

Abbreviazioni usate nel testo ...................... .....................................................................5

Glossario .......................................... ..................................................................................6

Premessa........................................... .................................................................................8

1. Metodologia utilizzata nella costruzione del PDTA .. ..............................................9

2. Criteri di eleggibilità e d’inclusione ............. ..........................................................10

2.1 Criteri di scelta del PDTA Epilessia ......................................................................10

2.2 Criteri d'inclusione dei soggetti oggetto del PDTA ................................................10

3 Linee guida e letteratura di riferimento ........... ......................................................11

4 Epilessia: epidemiologia e inquadramento clinico ... .............................14

4.1 Definizione e presentazione clinica.......................................................................14

4.2 Le dimensioni del problema..................................................................................18

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5 I l “percorso effett ivo” (attuale) del paziente ..... ......................................19

5.1 Metodologia ..........................................................................................................19

5.2 Censimento dell’attività ambulatoriale per pazienti adulti .....................................21

5.3 Censimento dell’attività ambulatoriale per pazienti pediatrici................................25

6 I l “percorso ideale” ............................... ............................................................29

7 I l “percorso di ri ferimento” ....................... .....................................................29

7.1 Prima crisi .............................................................................................................29

7.2 Stato di male.........................................................................................................45

7.3 Convulsioni febbrili................................................................................................50

7.4 Valutazione neuropsicologica ...............................................................................55

7.5 Epilessia farmacoresistente..................................................................................60

7.6 Epilessia nella donna............................................................................................64

8 Struttura per l ’attivi tà dei Centri ................ ..................................................70

8.1 Primo Livello .........................................................................................................70

8.2 Secondo Livello ....................................................................................................70

8.3 Terzo Livello .........................................................................................................70

9 Ruolo delle associazioni nel percorso di cura ...... ..................................71

Allegato 1. ………………………………………………………………………………………. 72

La gestione dei pazienti affetti da epilessia: censimento organizzativo delle attività, delle

strutture e delle risorse presenti nella Regione Piemonte.

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DESCRIZIONE GENERALE DEL DOCUMENTO

IL COMMITTENTE

Regione Piemonte

Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità

IL GRUPPO DI L AVORO

Franco Aprà Responsabile Medicina d’Urgenza, Ospedale San Giovanni Bosco di Torino

Giovanni Asteggiano Responsabile S.C. Neurologia, Ospedale di Alba - ASL CN2

Bianca Bassi Responsabile S.S. Riabilitazione Neuropsichiatrica A.O. O.I.R.M. Sant’Anna di Torino - Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’Adolescenza, Università degli Studi di Torino

Francesco Benincasa Medico di Medicina Generale, ASL TO3

Paolo Benna Responsabile del Servizio per la Diagnosi e la Cura dell’Epilessia, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino

Dante Besana Direttore S.C. Neuropsichiatria Infantile, A.O. di Alessandria

Cesare Bevilacqua Già Presidente Associazione APiCE

Vincenzo Bonicalzi Dirigente Medico, S.C. Anestesia e Rianimazione II, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

Roberto Cantello Responsabile del Centro per la Diagnosi e la Terapia dell’Epilessia, Clinica Neurologica, Università degli Studi del Piemonte Orientale

Giorgio Capizzi Responsabile Centro Epilessia A.O. O.I.R.M. Sant’Anna di Torino - Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’Adolescenza, Università degli Studi di Torino

Adriano Chiò Responsabile Centro SLA e Malattie del Motoneurone, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino

Rita Ciero Infermiere Professionale, U.O. Neurologia, Ospedale Sant’Andrea di Vercelli - ASL VC

Alessandra D’Alfonso Sistema Qualità e Gestione del rischio ASL TO2; A.Re.S.S. Piemonte

Renato De Giorgio Presidente Associazione APiCE

Maritza Gabriele Referente S.C. Neuropsichiatria Infantile, Ospedale di Chiasso - ASL TO4

Sebastiana Giordano Psicologo, A.Re.S.S. Piemonte

Simona Giribone Neuropsicologo, S.C. Neuropsichiatria Infantile, A.O. di Alessandria

Pasquale Grassano Direttore di Distretto, Susa, ASL TO3

Marcella Jorfida Dirigente Medico, S.C.D.U. Cardiologia, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

Franca Lovaldi Funzionario Regionale, Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità, Regione Piemonte

Elisa Montalenti Dirigente Medico, Servizio per la Diagnosi e la Cura dell’Epilessia, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

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Pietro Pignatta Dirigente Medico, Responsabile del servizio per l’epilessia, S.C. Neurologia, Ospedale Gradenigo, Torino

Aldo Ravaglia Pediatra di Libera Scelta - ASL TO4

Manuela Scatà Medico Specializzando, Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, AO O.I.R.M. Sant’Anna di Torino

Tullia Todros Responsabile della S.C.D.U. Ostetricia e Ginecologia ad indirizzo Materno-Fetale, A.O. O.I.R.M. Sant’Anna di Torino

Paola Zambelli Tecnico di Neurofisiopatologia, Dipartimento di Neuroscienze, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

Hanno collaborato alla redazione del testo la dr.ssa Elisa Rubino e il dr. Paolo Ripellino.

REFERENTE SCIENTIFICO E RESPONS ABILE DI P ROGE TTO

Paolo BENNA Università degli Studi di Torino A.O.U. San Giovanni Battista di Torino

COORDIN AMENTO DEL GRUPPO

Alessandra D’ALFONSO Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Piemonte

Sebastiana GIORDANO Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Piemonte

STESUR A E REVISIONE DOCUMENTO

Data prima stesura 15/09/2009

Data ultima revisione 30/12/2010

Numero revisione 12

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ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO

Acronimo Descrizione A.Re.S.S. Azienda Regionale per i Servizi Sanitari

AA.SS.RR. Aziende Sanitarie Regionali

APiCE Associazione Piemontese contro l’Epilessia

ASR Azienda Sanitaria Regionale

CFC Convulsioni febbrili complesse

CFS Convulsioni febbrili semplici

COC Contraccettivi orali combinati

CUP Centro unico prenotazioni

DEA Dipartimento di emergenza e accettazione

DTN Difetti del tubo neurale

EG Età gestazionale

FAE Farmaci antiepilettici

ILAE International League against Epilepsy

LICE Lega Italiana contro l’Epilessia

MMG Medico di medicina generale

NPI Neuropsichiatria infantile

PDTA Piano diagnostico terapeutico assistenziale

PIC Percorso integrato di cura

PNES Psychogenic non-epileptic seizures (crisi psicogena non epilettica)

SE Stato di male epilettico

TIA Transient ischemic attack (attacco ischemico transitorio)

TLOC Transitoria perdita transitoria di coscienza

TNFP Tecnico di neuro fisiopatologia

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GLOSSARIO

Termini Definizione

Burst-suppression Quadro EEGrafico caratterizzato da sequenze di durata superiore a 1

secondo di attività isoelettrica, intervallate a scoppi di attività lenta o puntuta

Care La presa in carico del paziente

Consigli Le indicazioni derivate dal parere di esperti e del tavolo di lavoro regionale

Convulsione febbrile complessa

Crisi convulsiva (focale o generalizzata) in occorrenza di un episodio

febbrile, caratterizzata da una durata prolungata (superiore a 15 minuti) o

ripetuta entro le 24 ore, e/o associata ad anomalie neurologiche post-

critiche, più frequentemente una paresi post-critica (paresi di Todd) o a

precedenti neurologici

Convulsione febbrile semplice

Crisi convulsiva generalizzata di breve durata (da 30 secondi a pochi minuti

nella maggior parte dei casi) e comunque non superiore ai 15 minuti, non

ripetuta nelle 24 ore, che si presenta durante un episodio di febbre non

dovuta a una affezione acuta del sistema nervoso, in età compresa tra i sei

mesi e i cinque anni, in soggetti senza precedenti neurologici, ovvero senza

fattori eziologici indicativi di danno cerebrale pre-, peri- o post- natale con

normale sviluppo psicomotorio e in assenza di precedenti crisi convulsive

febbrili

Crisi epilettica Comparsa transitoria di segni e/o sintomi dovuti ad attività eccessiva o

ipersincrona di neuroni cerebrali, in prevalenza corticali

Déjà-vu Intensa sensazione che ciò che sta accadendo per la prima volta sia già

occorso in precedenza. Può essere manifestazione di crisi epilettiche parziali

Epilessia

Disturbo cerebrale cronico, caratterizzato da una predisposizione duratura a

generare crisi epilettiche e dalle conseguenze neurobiologiche, cognitive,

psicologiche e sociali di tale condizione. Per definire una condizione

epilettica occorre che si sia verificata almeno una crisi (secondo le più

recenti classificazioni della ILAE)

Epilessia

farmacoresistente

Condizione epilettica in cui le crisi persistono ed è molto improbabile

ottenere libertà da crisi con ulteriori manipolazioni terapeutiche con farmaci

antiepilettici. Abitualmente e operativamente viene definita come “fallimento

di tentativi adeguati con due farmaci antiepilettici tollerati e scelti e usati in

modo appropriato (sia in monoterapia che in associazione) per ottenere una

stabile libertà dalle crisi”, intendendo per stabile un periodo di assenza di

crisi di un anno o, se più prolungato, un tempo tre volte maggiore

dell’intervallo intercritico prima dell’ultimo intervento terapeutico

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Jamais-vu Sensazione di mancanza di familiarità: ciò che dovrebbe essere noto appare

per la prima volta

Percorso di riferimento

La pianificazione della sequenza logica e cronologica di tutti gli interventi

assistenziali essenziali per la valutazione iniziale, la presa in carico e il

successivo follow-up del paziente

Percorso effettivo o attuale

La situazione reale relativa a una certa problematica sanitaria in Piemonte

Percorso ideale Le migliori pratiche cliniche disponibili in letteratura, con cui confrontare i

punti critici del percorso effettivo in studio

Pseudocrisi (o crisi psicogene non epilettiche)

Episodi di movimenti, sensazioni o esperienze alterati, simili all’epilessia ma

causati da un processo psicologico e non associati ad alterazioni elettriche

cerebrali visualizzabili all’EEG (in fase ictale o interictale)

Raccomandazioni Le attività, gli interventi o le procedure supportate da evidenti dati nelle linee

guida di riferimento

Sincope

Perdita transitoria di coscienza dovuta a ipoperfusione cerebrale,

caratterizzata da inizio rapido, breve durata, remissione spontanea e

completa

Sincope neuromediata o riflessa

Transitoria perdita di coscienza dovuta a ipotensione riflessa o a risposta

bradicardica riflessa; include le sincopi vaso-vagali, del seno carotideo,

situazionali

Stato di male (epilettico)

Emergenza medica e neurologica caratterizzata da una crisi epilettica di

durata prolungata (molti minuti) o da una serie di crisi subentranti, senza

ripresa completa della funzione nervosa intercritica

Stato di male febbrile Convulsione febbrile caratterizzata da durata superiore a 30 minuti o serie di

crisi febbrili più brevi ma senza ripristino di coscienza intercritico

Test di Wada

Iniezione intracarotidea, mediante cateterismo femorale, di amobarbital

sodico, che inibisce per alcuni minuti le funzioni di un emisfero cerebrale,

mimando l’effetto di un intervento chirurgico. Nel corso di tale inibizione, che

si manifesta con plegia degli arti controlaterali al lato inibito, il neuropsicologo

esamina le funzioni verbali del paziente

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PREMESSA

Un obiettivo fondamentale dell’Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità in Piemonte è di aiutare le

Aziende Sanitarie Regionali (AA.SS.RR.) a minimizzare tutte le possibili condizioni favorenti un

peggioramento dello stato di salute del cittadino, che possano nuocere alla sicurezza di pazienti e operatori

e che possono portare a un incremento del contenzioso, delle controversie legali, dei costi diretti e indiretti.

Uno dei principali mandati dell’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (A.Re.S.S.) in Piemonte è di

supportare le AA.SS.RR. nella definizione di modelli organizzativi e gestionali che possono migliorare gi esiti

sul paziente, la sua partecipazione al processo di cura, valorizzare il ruolo dei professionisti, favorire

l’uniformità, la congruità e la continuità degli interventi e, di conseguenza, consentire un più appropriato uso

delle risorse.

Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) o Percorso Integrato di Cura (PIC), nel complesso

delle sue fasi di definizione, costruzione, implementazione e monitoraggio, è uno strumento di

coordinamento che, attraverso un approccio per processi, consente di strutturare e integrare attività e

interventi in un contesto in cui diverse specializzazioni, professioni e aree d’azione (ospedale, territorio) sono

implicate nella presa in cura attiva e globale del cittadino che presenta un problema di salute. Il PDTA / PIC

permette, inoltre, di valutare la congruità delle attività svolte rispetto agli obiettivi, alle linee guida di

riferimento e alle risorse disponibili. Grazie alla quantificazione delle attività e degli esiti (outcomes) delle

stesse, è possibile confrontare le diverse procedure, ottimizzando l'efficienza di ogni intervento sanitario. La

realizzazione di “processi di cura” uniformi, cui diverse figure professionali devono attenersi, può favorire la

congruità e la continuità degli interventi, soprattutto nell’ambito di patologie croniche come l’epilessia.

Il presente documento nasce dallo sviluppo del progetto A.Re.S.S. “PDTA Epilessia”, attivato nel 2009 su

specifica indicazione dell’Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità, con l’obiettivo di definire e offrire a

tutti gli operatori interessati nel processo di care (Aziende Ospedaliere, A.S.L., Presidi Ospedalieri, Centri di

riferimento per patologia, Distretti, ecc.) linee d’indirizzo semplici e contestualizzabili nelle realtà locali di tutto

il territorio regionale per la costruzione di un percorso di cura che garantisca livelli d’intervento essenziali ma

uniformi ai soggetti affetti da epilessia. Sono stati di conseguenza individuati gli elementi caratterizzanti e gli

obiettivi per la costruzione del PDTA:

• utilizzo di dati di letteratura e conoscenze scientifiche;

• definizione di un modello organizzativo che le possa supportare;

• identificazione d’indicatori di verifica di processo.

L’elaborazione di questo documento, frutto della collaborazione di diverse figure professionali, si avvale del

supporto metodologico fornito dal documento propedeutico “Raccomandazioni per la costruzione di

Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali e Pr ofili Integrati di Cura nelle Aziende Sanitarie del la

Regione Piemonte” (stesura definitiva del 2007).

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1. METODOLOGIA UTILIZZATA NELLA COSTRUZIONE DEL PDTA

In considerazione delle complessità della problematica di salute presa in esame e per affrontare le tematiche

poste dalla presa in carico della persona affetta da epilessia, è apparso rilevante operare all’interno di una

progettualità che fosse condivisa da tutte le figure professionali sanitarie coinvolte nel processo di cura. È

stato, pertanto, individuato un gruppo di lavoro multiprofessionale e multidisciplinare costituito da Neurologi,

Neuropsichiatri infantili, Tecnici di Neurofisiopatologia, Neuropsicologi, Pediatri di Libera Scelta, MMG, un

Direttore di Distretto. All’occorrenza sono stati individuati esperti che hanno supportato il gruppo rispetto a

tematiche specifiche (cardiologiche, ginecologiche, medicina d’urgenza). Il gruppo è stato coordinato da un

esperto per la costruzione di PDTA/PIC e da uno psicologo.

Nel realizzare il presente PDTA sono state recepite le indicazioni e sono state seguite le tappe fondamentali

specificate nel manuale “Raccomandazioni per la costruzione di Percorsi Dia gnostico Terapeutici

Assistenziali (PDTA) e Percorsi Integrati di Cura ( PIC) nelle Aziende Sanitarie della Regione

Piemonte” (A.Re.S.S., Assessorato Tutela Salute Regione Piemonte – 2007).

Nella costruzione del PDTA sono stati affrontati e descritti nei loro contenuti i temi di “percorso attuale o

effettivo” (Cap. 5), “percorso ideale” (Cap. 6) e “percorso di riferimento” (Cap. 7).

Il “percorso attuale o effettivo” descrive la realtà esistente, le maggiori problematiche e criticità individuate

rispetto al problema in Piemonte.

Il “percorso ideale” descrive le migliori pratiche professionali e di gestione desunte dalle linee guida, dalla

letteratura di riferimento.

Il “percorso di riferimento” è il PDTA raccomandato e rappresenta la pianificazione logica e cronologica

degli interventi necessari e ottimizzati nell’approccio al paziente affetto da epilessia, frutto del confronto fra

“percorso attuale” e “percorso ideale”. Le motivazioni delle scelte attuate, in particolare se differenti dalle

linee guida, sono sempre esplicitamente dichiarate. Nella costruzione del “percorso di riferimento” sono stati

individuati diversi argomenti, corrispondenti ai principali problemi di gestione clinica e organizzativa nel

percorso del paziente epilettico:

1) Prima crisi

2) Stato di male

3) Convulsioni febbrili

4) Valutazione neuropsicologica

5) Epilessia farmacoresistente

6) Problematiche femminili collegate alla specifica condizione di malattia

Sono indicate come “raccomandazioni ” tutte le attività, interventi o procedure supportate da evidenti dati

nelle linee guida e letteratura di riferimento, sono indicate come “consigli ” le indicazioni derivate dal parere

di esperti e del tavolo di lavoro regionale.

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Per renderne più immediata la lettura e per facilitarne la comprensione e visualizzazione il percorso di

riferimento è anche rappresentato con diagrammi funzionali.

2. CRITERI DI ELEGGIBILITÀ E D ’INCLUSIONE

2.1. CRI TERI DI SCELTA DE L PDTA EPILESSI A

I criteri che sostengono la scelta della epilessia, all’interno del vasto panorama della neurologia, quale

problematica clinica oggetto del PDTA, sono:

1) impegno appropriato di risorse professionali e tecnico-strumentali all’interno dei Servizi in

risposta alla problematica di salute;

2) gravi conseguenze per la salute derivanti da carente o inappropriato intervento di gestione del

paziente con epilessia;

3) impatto della malattia sul paziente e sulla famiglia, con conseguente necessità di interventi di

rete;

4) errore nella diagnosi o ritardo nell’invio ai centri specialistici di riferimento;

5) necessità di implementare modelli di integrazione degli interventi tra differenti Servizi;

6) importanti implicazioni sociali ed esistenziali (obiettivi scolastici, scelte professionali, decisioni

riguardo alla gravidanza) legate alle manifestazioni cliniche della malattia.

2.2. CRI TERI D ' I NCLUSIONE DEI SOGGETTI OGGE TTO DEL PDTA

I criteri d´inclusione identificano i criteri di scelta e le caratteristiche dei pazienti affetti da epilessia, adulti e

pediatrici, cui il percorso di cura è indirizzato.

Sono stati considerati:

1. pazienti con sospetto diagnostico iniziale di crisi epilettica (hanno presentato eventi critici di cui

si deve valutare una possibile natura epilettica);

2. pazienti con diagnosi stabilita di sindrome epilettica (per controlli periodici; eventuale

farmacoresistenza; effetti collaterali della terapia; necessità speciali quali gravidanza, patente di

guida, invalidità).

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3. LINEE GUIDA E LETTERATURA DI RIFERIMENTO

Per la realizzazione del PDTA dell´epilessia si è fatto riferimento al manuale metodologico dell’Agenzia

Regionale per i Servizi Sanitari “Raccomandazioni per la costruzione di Percorsi Dia gnostico

Terapeutici Assistenziali (PDTA) e Percorsi Integra ti di Cura (PIC) nelle Aziende Sanitarie della

Regione Piemonte” (A.Re.S.S., Assessorato Tutela Salute Regione Piemonte – 2007).

Di seguito sono riportate le principali Linee Guida nazionali e internazionali, condivise dalla comunità

scientifica internazionale, che hanno costituito una base di lavoro per la realizzazione del presente

documento.

• National Institute for Health and Clinical Excellen ce (NICE).

� CG 20: The epilepsies. The diagnosis and management of the epilepsies in adults and

children in primary and secondary care. 2004.

http://guidance.nice.org.uk/CG20/NICEGuidance/pdf/English

� CG 109: Transient loss of consciousness in adults a nd young people: NICE guideline.

2010.

http://guidance.nice.org.uk/CG109/NICEGuidance/pdf/English

• Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN).

� Diagnosis and management of epilepsy in adults. Guideline n. 70. 2003; p. 54.

http://www.sign.ac.uk/guidelines/fulltext/70/index.html

http://www.sign.ac.uk/pdf/qrg70.pdf (Quick reference guide; p. 8)

http://www.sign.ac.uk/pdf/2007epilepsyadult.pdf (Review report 2007; p. 5)

� Diagnosis and management of epilepsies in children and young people. Guideline n. 81.

2005; p.57. (Need for update being considered).

http://www.sign.ac.uk/pdf/sign81.pdf

http://www.sign.ac.uk/pdf/qrg81.pdf (Quick reference guide; p. 2)

• Consiglio Sanitario Regionale. Regione Toscana. Lin ee guida per la diagnosi e cura

dell’epilessia. 2003; p. 197.

http://www.usl1.toscana.it/public/upload/allegati/118.pdf

• Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia – Suppl. straordinario al n. 17 del 22 aprile 2004.

Link: http://www.infopoint.it/pdf/2004/01120.pdf#Page105

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• The Task Force for the Diagnosis and Management of Syncope of the European Society of

Cardiology (ESC). Guidelines for the diagnosis and management of sinc ope (version 2009).

European Heart Journal (2009) 30; 2631-2671. http://www.escardio.org/guidelines-surveys/esc-

guidelines/GuidelinesDocuments/guidelines-syncope-FT.pdf

• Report IBE 2010. Epilepsy in the WHO European region: forstering epi lepsy care in Europe.

http://www.ibe-epilepsy.org/downloads/EURO%20Report%20160510.pdf

Linee guida LICE (Lega Italiana contro l’Epilessia) :

(il testo in italiano è disponibile al link: http://www.lice.it/LICE_ita/lineeguida/lineeguida.php?id=3 )

• Aguglia U. et al. Italian consensus conference on epilepsy and pregna ncy, labor and

puerperium. Epilepsia, 50 (s.1): 7-23, 2009.

• Capovilla G. et al. Recommendations for the management of “febrile seiz ures”. Ad hoc task

force of LICE guidelines commission. Epilepsia, 50 (s.1): 2-6, 2009.

• Minicucci F. et al. Treatment of status epilepticus in adults: guidelin es of the Italian League

against Epilepsy . Epilepsia, 47 (s.5): 9-15, 2006.

• Beghi E. et al. Diagnosis and treatment of the first epileptic seiz ure: guidelines of the Italian

League against Epilepsy . Epilepsia, 47 (s.5): 2-8, 2006.

• Raccomandazioni del gruppo di studio LICE in merito all’utilizzo dei prodotti generici di

farmaci antiepilettici .

Inoltre, la Commissione LICE per la chirurgia dell’epilessia ha reso disponibile nel 2009 il documento:

• Lo Russo G. et al. Percorsi diagnostico-terapeutici in chirurgia della epilessia. (disponibile al link:

http://www.lice.it/pdf/LICE_Commission_Report2009_PercorsiDiagnosticoTerapeuticiinChirurgiadellEp

ilessia-JUNE_2010.pdf ).

Linee guida ILAE (International League against Epil epsy):

• Proposal for revised clinical and electroencephalog raphic classification of epileptic seizures.

From the Commission on Classification and Terminolo gy of the International League Against

Epilepsy. Epilepsia 22: 489-501, 1981.

• Proposal for revised classification of epilepsies a nd epileptic syndromes. Commission on

Classification and Terminology of the International League Against Epilepsy. Epilepsia 30: 389-

399, 1989.

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• Fisher RS et al. Epileptic seizures and epilepsy: definitions propos ed by the International

League Against Epilepsy (ILAE) and the Internationa l Bureau for Epilepsy (IBE). Epilepsia 46:

470-472, 2005.

• Glauser T. et al. ILAE treatment guidelines: Evidence-based analysis of antiepileptic drug

efficacy and effectiveness as initial monotherapy f or epileptic seizures and syndromes.

Epilepsia 47: 1094-1120, 2006. (link: http://www.ilae-epilepsy.org/Visitors/Documents/Guidelines.pdf)

• Berg AT et al. Revised terminology and concepts for organization o f seizures and epilepsies:

report of the ILAE Commission on Classification and Terminology, 2005-2009. Epilepsia 51: 676-

685, 2010.

• Kwan P, Arzimanoglou A, Berg AT et al. Definition of drug resistant epilepsy: Consensus

proposal by the ad hoc Task Force of the ILAE Commi ssion on Therapeutic Strategies.

Epilepsia 51:1069–1077, 2010.

Linee guida AAN (American Academy of Neurology):

(link: http://www.aan.com/practice/guideline/index.cfm?fuseaction=home.advancedSearch)

• Harden C.L. et al. Practice parameter update: Management issues for wo men with epilepsy –

Focus on pregnancy (an evidence based review): Obst etrical complications and change in

seizure frequency. Neurology 73: 126-132, 2009.

• Harden C.L. et al. Practice parameter update: Management issues for wo men with epilepsy –

Focus on pregnancy (an evidence based review): Tera togenesis and perinatal outcomes.

Neurology 73: 133-141, 2009.

• Krumholz A. et al. Practice Parameter: Evaluating an apparent unprovok ed first seizure in adults

(an evidence based review). Neurology 69: 1996-2007, 2007.

• French J.A. et al. Efficacy and tolerability of the new antiepileptic drugs I: Treatment of new

onset epilepsy. Neurology 62: 1252-1260, 2004.

• French J.A. et al. Efficacy and tolerability of the new antiepileptic drugs II: Treatment of

refractory epilepsy. Neurology 62: 1261-1273, 2004.

• Hirtz D. et al. Practice parameter: evaluating a first nonfebrile s eizure in children. Neurology 55:

616-623, 2000.

• Engel J. et al. Practice parameter: temporal lobe and localized neo cortical resections for

epilepsy. Report of the Quality Standards Subcommit tee of the American Academy of

Neurology, in association with the American Epileps y Society and the American Association of

Neurological Surgeons. Neurology 60: 538-547, 2003.

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AReSS Piemonte – PDTA Epilessia 2010 (revisione 30.12.2010) 14

Sul le c r is i ps icogene:

• Avbersek A., Sisodiya S. Does the primary literature provide support for cli nical signs used to

distinguish psychogenic nonepileptic seizures from epileptic seizures? J. Neurol. Neurosurg.

Psychiatry 81: 719-725, 2010.

• Hoerth M.T. et al. Clinical predictors of psychogenic nonepileptic sei zures. A critically

appraised topic. The Neurologist 14: 266-270, 2008.

4. EPILESSIA : EPIDEMIOLOGIA E INQUADRAMENTO CLINICO

4.1. DEFINIZ IONE E PRESENTAZI ONE CLI NIC A

L’epilessia è un disturbo cerebrale cronico, caratterizzato da una predisposizione duratura a generare crisi

epilettiche e dalle conseguenze neurobiologiche, cognitive, psicologiche e sociali di tale condizione.

Per definire una condizione epilettica occorre che si sia verificata almeno una crisi: ciò secondo la recente

proposta dell’ILAE (International League Against Epilepsy); in precedenza si considerava necessario, per

porre diagnosi di epilessia, che si fossero verificate almeno due crisi spontanee o non correlabili a un evento

patologico recente.

L'epilessia comprende numerose sindromi, con caratteristiche cliniche e prognostiche assai diverse tra loro;

le differenti sindromi vengono classificate, abitualmente, utilizzando due assi, relativi a:

1. tipo di manifestazione critica (generalizzata, parziale);

2. eziologia: idiopatiche (assenza di lesione cerebrale), sintomatiche (presenza di lesione

cerebrale), criptogenetiche.

Per crisi epilettica s’intende la comparsa transitoria di segni e/o sintomi dovuti a una attività eccessiva di

neuroni cerebrali, in prevalenza corticali. La semiologia critica è proteiforme (motoria, sensitiva, vegetativa,

psichica), ma solitamente stereotipata nello stesso paziente.

Poiché possiedono un significato prognostico oltre che fisiopatologico differente, tra le crisi epilettiche

sintomatiche è necessario distinguere quelle:

• sintomatiche acute , conseguenti a un evento patologico a carico dell'encefalo

immediatamente precedente, che possono restare isolate e non comportare lo sviluppo di

epilessia;

• sintomatiche remote , conseguenti a una lesione cerebrale pregressa.

La crisi epilettica è, nella grande maggioranza dei casi, di breve durata e cessa spontaneamente, mentre

nello stato di male epilettico le crisi sono continue o si ripetono senza che tra le singole crisi la funzionalità

cerebrale ritorni normale.

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Le crisi epilettiche vengono poi abitualmente classificate in due categorie, crisi generalizzate e crisi parziali.

Nelle crisi generalizzate la scarica parossistica interessa fino dall’esordio i due emisferi cerebrali;

clinicamente non vi sono segni o sintomi indicativi di un’origine della scarica critica da un sistema anatomico

o funzionale localizzato; le manifestazioni motorie, quando presenti, sono bilaterali, anche se non sempre

simmetriche.

Nelle crisi parziali la scarica parossistica interessa, invece, almeno inizialmente, un settore limitato della

corteccia di un emisfero cerebrale (zona epilettogena); la semeiologia clinica dipende strettamente e

direttamente dalle caratteristiche anatomo-funzionali del circuito epilettogeno, ossia dall’area di origine della

scarica (a cui corrisponde il sintomo iniziale della crisi) e dalle strutture progressivamente reclutate, sino a

divenire secondariamente generalizzata per la propagazione della scarica anche all’emisfero cerebrale

controlaterale. Tradizionalmente le crisi epilettiche parziali (o focali, o correlate a una localizzazione)

vengono distinte in complesse o semplici a seconda che si verifichi o meno un disturbo della coscienza.

Le classificazioni abitualmente utilizzate per i disturbi epilettici sono quelle proposte dalla ILAE

rispettivamente nel 1981 (tabella 4.1, per le crisi) e nel 1989 (tabella 4.2 a sinistra , per le sindromi). È

attualmente in discussione una nuova tassonomia della patologia, poiché alcune dicotomie classiche

(generalizzato/parziale, idiopatico/sintomatico) non sempre risultano applicabili. Una nuova proposta di

classificazione delle crisi e delle sindromi, formulata nel 2001 (tabella 4.2, a destra ) ha sistematizzato nuovi

raggruppamenti sindromici (come quello delle encefalopatie epilettiche e delle epilessie riflesse), ma non ha

ancora riscosso il completo consenso da parte della comunità scientifica e l’argomento è tuttora oggetto di

discussione (tabella 4.3 ).

Tab. 4.1. Classificazione delle crisi epilettiche (ILAE, 1981; modificata).

Crisi parziali semplici (con sintomi o segni motori, sensoriali, autonomici o psichici) Crisi parziali complesse

parziali

Crisi parziali con generalizzazione secondaria Assenze Crisi toniche Crisi cloniche Crisi tonico-cloniche (crisi di “grande male”) Crisi atoniche (crisi di caduta)

generalizzate

Mioclonie

1) Crisi autolimitantesi

crisi non classificate

Stati di male generalizzati 2) Crisi continue Stati di male parziali

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Tab. 4.2. Classificazioni delle epilessie e delle s indromi epilettiche.

Classificazione delle epilessie ILAE 1989 (modificata)

Epilessie parziali idiopatiche (età-correlate) Epilessia dell’infanzia con parossismi rolandici Epilessia dell’infanzia con parossismi occipitali Epilessia primaria da lettura

Epilessie parziali criptogenetiche

Epilessie parziali sintomatiche (correlate a una localizzazione)

Epilessia parziale continua (sindromi di Kojevnicov e di Rasmussen)

Epilessie dei lobi frontale, temporale, parietale, occipitale

Epilessie generalizzate idiopatiche (età-correlate)

Convulsioni neonatali familiari Epilessia mioclonica benigna dell’infanzia Epilessia a tipo assenza dell’infanzia (piccolo male,

picnolessia) Epilessia a tipo assenza dell’adolescenza Epilessia mioclonica giovanile (sindrome di Janz) Grande male al risveglio

Epilessie generalizzate criptogenetiche e sintomatiche (età-correlate)

Sindrome di West Sindrome di Lennox-Gastaut Epilessia con crisi mioclono-astatiche Epilessia con assenze miocloniche

Epilessie generalizzate sintomatiche Senza eziologia specifica (encefalopatia

mioclonica precoce e sindrome di Ohtahara) A eziologia specifica (sindrome di Aicardi, epilessie

miocloniche progressive)

Epilessie e sindromi epilettiche non definite Crisi neonatali Epilessia mioclonica grave dell’infanzia (sindrome

di Dravet) Epilessia con punte-onda continue durante il sonno Sindrome di Landau-Kleffner

Sindromi speciali Convulsioni febbrili

Raggruppamenti sindromici ILAE 2001 (modificata)

Epilessie focali idiopatiche dell’infanzia e del bambino

Crisi benigne dell’infanzia (non familiari) Epilessia benigna del bambino con punte centro-

temporali Epilessie occipitali del bambino (tipi:

Panayiotopoulos, Gastaut) Epilessie focali familiari (autosomiche

dominanti) Crisi familiari benigne neonatali e infantili Epilessia notturna del lobo frontale autosomica

dominante Epilessia familiare del lobo temporale Epilessia familiare focale con focolai variabili Epilessie focali sintomatiche (o probabilmente

sintomatiche) Epilessie limbiche

Epilessia temporale mesiale con sclerosi ippocampale

Epilessia temporale mesiale da eziologia specifica

Epilessie neocorticali Sindrome di Rasmussen Sindrome emiconvulsione-emiplegia Altri tipi definiti da localizzazione ed eziologia Crisi parziali migranti della prima infanzia

Epilessie generalizzate idiopatiche Epilessia mioclonica benigna infantile Epilessia con crisi mioclono-astatiche Epilessia a tipo assenza del bambino Epilessia con assenze miocloniche Epilessie generalizzate idiopatiche con fenotipi

variabili: epilessia con assenze giovanile epilessia mioclonica giovanile epilessia con sole crisi generalizzate tonico-

cloniche Epilessie generalizzate con crisi febbrili plus Epilessie riflesse Encefalopatie epilettiche Epilessie miocloniche progressive Crisi che non comportano obbligatoriamente

diagnosi di epilessia Crisi neonatali benigne Crisi febbrili Crisi riflesse Crisi da astinenza da alcool Crisi indotte da farmaci o altre sostanze Crisi post-traumatiche immediate o precoci Crisi singole o clusters isolati di crisi Oligoepilessia

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Tab. 4.3. Sindromi elettrocliniche e altre epilessi e (proposta ILAE, 2010).

Sindromi elettrocliniche, classificate per età di insorgenza 1

Periodo neonatale Epilessia neonatale familiare benigna Encefalopatia mioclonica precoce Sindrome di Ohtahara

Prima infanzia Epilessia dell’infanzia con crisi focali migranti Sindrome di West Epilessia mioclonica infantile Epilessia infantile benigna Epilessia infantile benigna familiare Sindrome di Dravet Encefalopatie miocloniche in disturbi non progressivi

Infanzia Crisi febbrili plus (FS+) (possono esordire nella prima infanzia) Epilessia occipitale benigna a esordio precoce (tipo Panayiotopoulos) Epilessia con crisi mioclonico-atoniche (già definite mioclonico-astatiche) Epilessia benigna con punte centrotemporali Epilessia occipitale a esordio tardivo (tipo Gastaut) Epilessia con assenze miocloniche Sindrome di Lennox-Gastaut Encefalopatia epilettica con complessi punta-onda continui durante il

sonno Sindrome di Landau-Kleffner Epilessia con assenze del bambino

Adolescente – Adulto Epilessia con assenze del giovane Epilessia mioclonica giovanile Epilessia con sole crisi generalizzate tonico-cloniche Epilessie miocloniche progressive Epilessia autosomica dominante con sintomi acustici Altre epilessie familiari del lobo temporale

Con meno specifica relazione all’età di comparsa Epilessia focale familiare con focolai variabili Epilessie riflesse

Costellazioni distintive 2 Epilessia del lobo temporale mesiale con sclerosi ippocampale Sindrome di Rasmussen Crisi gelastiche con amartoma ipotalamico

Epilessie attribuite a cause strutturali o metaboliche

Malformazioni dello sviluppo corticale (emimegalencefalia, eterotopie, ecc.) Sindromi neuro-cutanee (complesso della sclerosi tuberosa, Sturge-Weber,

ecc.) Tumori Infezioni Traumi Angiomi Danni peri-natali Vasculopatie cerebrali eccetera

Epilessie da causa ignota

Condizioni con crisi epilettiche che tradizionalmente non vengono diagnosticate come una forma di epilessia

Crisi neonatali benigne Crisi febbrili

1Complesso di dati clinici, segni e sintomi che nel loro insieme definiscono un ben distinto e riconoscibile disturbo clinico. 2Entità cliniche che non posseggono tutti i requisiti per essere definite sindromi elettro-cliniche (non vi è, a esempio, un’età di esordio caratteristica) ma che sono tuttavia condizioni ben distinte in base alla presenza di lesioni specifiche.

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4.2. L E DIMENSIONI DEL PROBLEM A

Fino al 5% della popolazione presenta almeno una crisi epilettica non febbrile nell’arco dell’esistenza,

mentre la prevalenza dell’epilessia è dell’ordine di 5 – 10 casi ogni 1.000 persone. L’incidenza annuale di

nuove crisi (incluse quelle sintomatiche acute) è dell’ordine di 100 casi per 100.000, mentre la frequenza si

riduce a 80 casi per 100.000 considerando solo le crisi non provocate (criptogenetiche o sintomatiche

remote, isolate o ripetute) ed è dell’ordine di 30 – 50 casi per 100.000 per l’epilessia.

L’epilessia può esordire durante l’intero arco della vita, con due picchi di incidenza: nelle prime due decadi di

vita e dopo i 65 anni. L’incidenza è molto elevata nel primo anno (150-200 casi per 100.000), resta alta nel

resto della prima e nella seconda decade (rispettivamente circa 80 e 45 per 100.000 per anno), s’abbassa

stabilmente dalla terza alla sesta decade su valori di 25-30 per 100.000 per anno, per alzarsi – con valori

assai variabili, da 70 a 150 per 100.000 per anno – dopo i 60 anni d’età. L’istogramma dell’incidenza tende

pertanto a configurare una “U”; ciò in rapporto all’esordio nei primi anni di forme correlate a patologia

perinatale e di molte sindromi con esordio correlato all’età, in alcuni casi sostenute da una componente

genetica; di disturbi sintomatici di patologie acquisite del sistema nervoso centrale (quali vasculopatie e

demenze) nell’età senile.

L’incidenza cumulativa dell’epilessia, nelle persone fino a 80 anni, è di circa il 4%: tale è il numero di

persone che sono state interessate dal disturbo – e non solo da crisi isolate la cui incidenza è maggiore –

nel corso dell’esistenza; il valore è maggiore di quello delle forme di epilessia attiva: all’origine di tale

discrepanza stanno da un lato la spontanea e persistente remissione di alcune sindromi epilettiche, pertanto

definite benigne, e all’opposto l’aumentata mortalità dei pazienti affetti da epilessia.

La mortalità nei pazienti affetti da epilessia è maggiore rispetto a quella della popolazione generale,

anche nelle forme idiopatiche, cioè non causate da un’altra documentabile patologia del sistema nervoso,

con un rapporto standardizzato di mortalità dell’ordine di 1,5. La mortalità è maggiore nei due anni successivi

alla prima crisi, in modo ovviamente dipendente dall’eziologia.

Oltre alle cause correlate all’eziologia dell’epilessia (neoplasie, infezioni …), ve ne sono altre dipendenti

dall’epilessia stessa, in modo diretto o indiretto. Le cause indirette comprendono: gli incidenti dovuti a crisi,

la polmonite ab ingestis, la tossicità da farmaci, il suicidio. Le cause specifiche , direttamente dipendenti

dall’epilessia, sono rappresentate dallo stato di male e dalla SUDEP (sudden unexpected death in epilepsy:

morte improvvisa e inspiegabile dei pazienti epilettici), evento verosimilmente dovuto a depressione

respiratoria post-critica e/o aritmie indotte dalla crisi, che interessa una percentuale variabile di pazienti (5%

o più).

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5. IL “ PERCORSO EFFETTIVO” (ATTUALE ) DEL PAZIENTE

La ricognizione dell’esistente effettuata nell’ambito del progetto dell’Agenzia “PDTA Epilessia” ha permesso

di raccogliere nel corso del 2009 informazioni relative a come, attualmente, viene gestita la cura della

persona epilettica nella rete sanitaria regionale.

5.1. METODOLOGI A

Allo scopo di approfondire la realtà del percorso diagnostico e terapeutico del paziente affetto da epilessia,

le attività e i ruoli degli attori principali del processo, è stato predisposto dal gruppo di lavoro un questionario

(Allegato n° 1 ) rivolto alle strutture cui afferiscono pazienti epilettici adulti e in età pediatrica.

È stata inviata comunicazione ufficiale ai Direttori Sanitari delle AA.SS.RR. piemontesi in merito alla

necessità di trasmettere tale questionario alle strutture di Neurologia e di Neuropsichiatria Infantile (NPI).

Nella tabella 5.1 sono riportate le tematiche approfondite dal questionario.

Tab. 5.1. Aree tematiche indagate.

Area tematica

Principali informazioni richieste

Informazioni sul Servizio Denominazione dell’ambulatorio

N° ore/settimana di apertura dell’ambulatorio

Modalità di prenotazione

Tempo di attesa per prima visita e per visita di follow-up

Possibilità di ricovero urgenza/non urgenza

Gestione di forme complesse/gravi

Tipologia di pazienti visitati

Locali Sala d’attesa, barriere architettoniche, punti ristoro

Personale Figure professionali, ore dedicate, tipo di attività

Ricerca e formazione Attività di sperimentazione clinica

Attività di formazione

Attività diagnostica multidisciplinare Tipologia di indagini effettuate e percentuale eseguita in sede e fuori sede

Esistenza di percorsi codificati

Continuità terapeutica

Dotazione strumentale di neurofisiologia

L’indagine è stata realizzata nel periodo compreso tra maggio e luglio 2009, a partire dalla necessità emersa

nell’ambito del tavolo di lavoro di ricostruire le modalità organizzative e gestionali attualmente adottate negli

ambulatori dedicati all’epilessia. Dall’analisi dei dati raccolti (riferiti all’anno 2008), relativi alla realtà delle

singole ASR piemontesi, si è cercato quindi di tratteggiare un quadro sintetico dell’iter attuale di diagnosi,

terapia e assistenza nella specifica organizzazione aziendale di un soggetto affetto da epilessia, cercando di

evidenziare soprattutto le criticità del problema.

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Su un totale di 20 AA.SS.RR. contattate per il censimento (dall’indagine sono stati esclusi l’A.O.

C.T.O./Maria Adelaide e l’I.R.C.C. di Candiolo) hanno risposto 19 Aziende relativamente all’attività

ambulatoriale dedicata all’epilessia e complessivamente sono pervenuti 33 questionari compilati.

Per quanto concerne l’attività ambulatoriale per l’epilessia rivolta agli adulti hanno risposto 18 Aziende e

sono pervenuti 23 questionari compilati. Per l’attività ambulatoriale dell’epilessia svolta dalle NPI sono stati

raccolti 10 questionari compilati da altrettante Aziende.

AReSS ha dunque complessivamente raccolto e analizzato:

• 18 questionari compilati da ambulatori dedicati all’epilessia dell’adulto appartenenti a 14

AA.SS.RR.

• 9 questionari compilati da ambulatori di Neuropsichiatria Infantile dedicati a ll’epilessia del

bambino appartenenti a 9 AA.SS.RR.

• 6 questionari compilati da ambulatori non dedicati , di cui 5 sono rivolti all’epilessia dell’adulto e 1

ambulatorio NPI non dedicato è rivolto all’epilessia del bambino (ASL TO4 – Ospedale di Chivasso,

ASL CN1, ASL CN2, ASL VCO, ASL NO e ASL VCO–NPI).

Le tabelle 5.2 e 5.3 riportano la distribuzione degli ambulatori dedicati, rispettivamente per età pediatrica e

per i pazienti in età adulta, nelle AA.SS.RR. e la relativa denominazione.

Tab. 5.2. Distribuzione degli ambulatori per l’età pediatrica nelle AA.SS.RR. ASR di appartenenza

Ambulatori dedicati

A.O. di Alessandria - NPI Centro Regionale per l’Epilessia in Età Pediatrica

A.O.U. Maggiore della Carità di Novara - NPI Ambulatorio Epilettologia Elettroencefalografia

A.O. O.I.R.M. Sant’Anna - NPI Ambulatorio Epilessia - Centro LICE

ASL TO1 - NPI Centro per l’Epilessia per l’Età Infantile

ASL TO2 - P.O. Maria Vittoria, NPI S.C. Neuropsichiatria Infantile

ASL AT S.O.C. Neuropsichiatria Infantile

ASL NO Ambulatorio Epilessie

ASL CN1 - Saluzzo, Fossano, Savigliano Ambulatorio Epilessie

ASL CN2 - Alba/Bra S.O.C. Neuropsichiatria Infantile

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Tab. 5.3. Distribuzione degli ambulatori per l’età adulta nelle AA.SS.RR.

ASR di appartenenza Ambulatori dedicati

A.O. di Alessandria Ambulatorio Epilessie

A.O. di Cuneo Ambulatorio Epilessia

A.O. Ordine Mauriziano di Torino Centro Epilessia

A.O.U. Maggiore della Carità di Novara Centro per la Diagnosi e la Terapia delle Epilessie Centro LICE

A.O.U. San Luigi di Orbassano Ambulatorio Centro Regionale

A.O.U. San Giovanni Battista di Torino Servizio per la Diagnosi e la Cura dell’Epilessia Centro LICE

ASL TO1 - P.O. Martini Ambulatorio per l’Epilessia

ASL TO2 - P.O. Maria Vittoria Ambulatorio Epilessia ASL TO2 - P.O. San Giovanni Bosco Ambulatorio Epilessia ASL TO2 - P.O. Gradenigo S.S. Diagnosi e Cura dell’Epilessia

ASL TO3 - Ospedali riuniti di Rivoli Ambulatorio per l’Epilessia

ASL TO3 - Ospedali riuniti di Pinerolo Ambulatorio per l’Epilessia

ASL TO4 - sede di Ivrea Ambulatorio per l’Epilessia ASL TO4 - sede di Ciriè Ambulatorio per l’Epilessia ASL TO5 - Ospedale di Chieri Ambulatorio per l’Epilessia

ASL AT Centro Epilessia

ASL BI Ambulatorio per l’Epilessia

ASL VC Ambulatorio per l’Epilessia

5.2. CENSIMENTO DELL ’ ATTI VITÀ AM BUL ATORI ALE P ER P AZIE NTI ADULTI

5.2.1. Aspetti gestionali dell’ambulatorio

La prenotazione delle prestazioni ambulatoriali avviene nella maggioranza dei casi (78%) tramite CUP, nel

72% con prenotazione telefonica e nel 67% di persona dall’assistito o dal caregiver presso le segreterie

dedicate (le Aziende possono aver indicato più modalità di prenotazione).

Il numero di ore settimanali di apertura dell’ambulatorio è in media di 7 (range: 1 - 15).

Nel corso del 2008, i pazienti visitati in ogni ambulatorio sono stati in media 474, ma con ampia variabilità.

In 8 ambulatori vengono seguiti pazienti con età inferiore ai 18 anni, anche se l’ambulatorio è rivolto ai

pazienti adulti; tale quota di pazienti rappresenta complessivamente il 3%. Analizzando le possibili cause

dell’afferenza di utenti con età inferiore ai 18 anni presso un ambulatorio dedicato agli adulti, si osserva che

in 4 centri tale quota potrebbe riferirsi all’assenza, sul medesimo territorio di riferimento, di un reparto di NPI

che si occupi in modo specifico di epilessia.

Il numero di giorni di attesa per la prima visita è di 18, con un ampio range compreso tra 7 e 50 giorni. In

un solo centro il numero di giorni di attesa per la prima visita è superiore ai 30 giorni.

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Il tempo di attesa medio per una visita di controllo è invece di 28 giorni (range: 4 - 78). In tre ambulatori il

numero di giorni di attesa per una visita di controllo è superiore ai 2 mesi. Nel 78% dei centri sono previsti

posti per l’urgenza.

Il questionario richiedeva inoltre di identificare il numero di pazienti adulti che si è sottoposto a una visita di

controllo . Le percentuali dei pazienti che, dopo il primo accesso, venivano visitati almeno una seconda volta

variano dal 23% al 98%. Questa estrema variabilità può essere determinata da molteplici fattori, tra cui una

errata ipotesi diagnostica di invio del paziente al centro, da parte del MMG o di altri specialisti, per cui non si

è resa necessaria una visita successiva alla prima. Il 20-30% dei pazienti inviati con diagnosi di epilessia ai

centri specialistici presentano, infatti, una manifestazione parossistica non epilettica, la cui natura è spesso

benigna. Diventa quindi essenziale, di fronte a un primo evento critico, operare una diagnosi differenziale per

individuare i soggetti effettivamente affetti da un disturbo epilettico.

Tra le altre ipotesi di questa variabilità si potrebbe configurare l’inadeguatezza dell’organizzazione

amministrativa o strutturale del Centro Epilessia o la mancata attuazione di un adeguato rapporto medico-

paziente, per cui l’utente preferisce rivolgersi a un’altra struttura.

Tutti gli ambulatori assicurano al paziente una continuità terapeutica, intesa come la possibilità per il

paziente di essere seguito nel tempo dallo stesso medico di riferimento. In tutti gli ambulatori è previsto la

possibilità di un contatto telefonico o personale col medico di riferimento nel periodo che intercorre tra le

visite ambulatoriali programmate.

In tutti i centri (grafico 5.1 ) vengono gestite le forme gravi di epilessia, in particolare le forme

farmacoresistenti (n: 17), le forme a eziologia tumorale (n: 17), le forme rare di epilessia (n: 14), mentre solo

in 5 centri (28%) vengono selezionati e valutati i pazienti con eventuale indicazione alla chirurgia

dell’epilessia.

Grafico 5.1. Gestione delle forme gravi di epilessi a e dell’attività di diagnosi differenziale.

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Nel 78% dei centri dedicati (n: 14) è possibile effettuare ricoveri non urgenti, sia in regime ordinario (78%)

sia di Day Hospital (39%); in 3 centri è possibile sottoporre il paziente a un ulteriore approfondimento

diagnostico in regime di Day Service.

5.2.2. Personale

I medici che si occupano di epilessia per ciascun ambulatorio specifico sono 1 o 2 in media, per un totale di

34 neurologi che effettuano visite ambulatoriali e refertano esami neurofisiologici; alcuni centri hanno

risposto al questionario includendo l’attività di reparto e le consulenze specialistiche effettuate presso il DEA.

Il questionario richiedeva di indicare il numero complessivo di ore settimanali effettuate dal personale

medico destinate all’attività ambulatoriale per l’epilessia dell’adulto. In media il tempo dedicato è di 12 ore

per ciascun centro, ma esiste una notevole variabilità del tempo totale dedicato all’attività ambulatoriale

dell’epilessia da parte di tutto il personale medico, con un range da 3 a 44 ore settimanali per ambulatorio.

Gli infermieri sono in media 1 per ciascun ambulatorio, svolgono attività di gestione ambulatoriale e di

segreteria con prenotazione delle visite e degli eventuali esami ematochimici e/o strumentali necessari per

un approfondimento diagnostico, eseguono prelievi ematici. In un Centro Epilessia, essendo presente un

unico tecnico di neurofisiopatologia (TNFP), gli infermieri partecipano all’esecuzione di esami come l’EEG. In

un centro gli infermieri svolgono anche attività di educazione sanitaria rivolta al paziente. Alla sezione del

questionario dedicata alla componente infermieristica due centri non rispondono, mentre 4 ambulatori

dichiarano di non disporre di infermieri professionali in organico.

I TNFP per ciascun ambulatorio sono in media 2, con un range compreso tra 1 e 6. Le ore settimanali

dedicate dal personale tecnico sono 22 (range: 4 – 52). Le indagini neurofisiologiche eseguite dai TNFP per

ciascun centro sono rappresentate dall’EEG, dall’Holter-EEG, dalla video-EEG, dai potenziali evocati e dalla

polisonnografia.

Alcuni centri si avvalgono anche di altre figure professionali: operatore amministrativo (12 centri), psichiatra

(1 centro), psicologi (1 centro), assistente sanitario (1 centro). È importante sottolineare come soltanto in 3

ambulatori siano presenti, in organico, professionalità volte al supporto psichico e sociale di questa

patologia.

In 10 centri vengono svolte sperimentazioni cliniche.

I centri si occupano inoltre di fornire una formazione del personale (14 centri la garantiscono al personale

medico, 15 ai TNFP, 8 agli infermieri).

5.2.3. Percorso diagnostico del paziente epilettico

I dati relativi alle prestazioni che i diversi centri sono in grado di offrire sono rappresentati nel grafico 5.2 .

Tutti i centri richiedono esami ematologici e strumentali e valutazioni neuropsicologiche, per

l’approfondimento diagnostico del paziente epilettico. Gli esami ematologici vengono richiesti da tutti gli

ambulatori e vengono eseguiti nell’89% dei casi presso la stessa sede in cui è ubicato il Centro Epilessia. La

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valutazione neuropsicologica viene eseguita, laddove necessaria, da tutti i centri e nel 94% dei casi in

sede. Le indagini genetiche vengono richieste dall’83% dei centri, ma solo nel 3% dei casi vengono eseguite

in sede. Tutti i centri prescrivono inoltre l’esecuzione di indagini neuroradiologiche quali la TC e la RMN,

ma queste vengono eseguite in sede nel 94% e nel 61% dei casi, rispettivamente; la RMN funzionale è

richiesta da 11 centri ed eseguita in sede in soli 3 di questi centri; la SPECT viene prescritta da 10 centri ed

eseguita nel 75% dei casi in sede.

Per quanto concerne la valutazione neurofisiologica del paziente epilettico, si osserva che:

• l’EEG e l’EEG preparato con deprivazione di sonno vengono richiesti da tutti i centri e eseguiti in

sede nel 94% e nel 100% dei casi, rispettivamente;

• la video-EEG-poligrafia viene eseguito da 13 centri e nell’80% dei casi presso la stessa sede,

mentre il video-EEG per i pazienti potenzialmente candidati alla chirurgia viene richiesto da 10 centri

su 18 (56%), ma solo in 6 centri su 10 viene eseguito in sede; gli altri 4 centri si limitano a

prescrivere l’esame neurofisiologico ed inviano il paziente presso una struttura differente per

l’esecuzione dello stesso;

• 11 centri su 18 richiedono come esame di approfondimento diagnostico l’Holter-EEG e 7 centri

effettuano tale esame presso la stessa sede.

Nessuno dei centri coinvolti nell’analisi prescrive o effettua metodiche neurofisiologiche invasive per ulteriore

approfondimento diagnostico.

Nel 78% (n: 14) dei centri sono previsti percorsi diagnostico-terapeutici che coinvolgono altri specialisti. In

particolare, 14 centri prevedono la consulenza dello psicologo in sede e 11 centri si rivolgono allo psichiatra

in sede, ma solo 2 centri prevedono un contatto con il genetista nella stessa sede, mentre 9 centri richiedono

una consulenza genetica esterna.

Grafico 5.2. Percorsi diagnostico-terapeutici.

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Ogni centro che si occupa di epilessia per adulti possiede in media 2 elettroencefalografi per un totale di 36

apparecchiature EEG, mentre solo 8 centri posseggono almeno un Holter-EEG e 12 centri su 18

posseggono almeno un apparato per video-EEG (per un totale di 14 video-EEG).

5.3. CENSIMENTO DELL ’ ATTI VITÀ AM BUL ATORI ALE P ER P AZIE NTI PEDI ATRI CI

5.3.1. Aspetti gestionali dell’ambulatorio dedicato

La prenotazione delle prestazioni ambulatoriali avviene prevalentemente per via telefonica o è effettuata

personalmente dai genitori presso le segreterie dedicate o tramite consulenza o, infine, tramite CUP.

In tutti gli ambulatori è stabilito un calendario del servizio ambulatoriale, con un orario medio di apertura

settimanale pari a 20 ore.

Nel corso del 2008 i pazienti visitati in ogni ambulatorio sono in media 300.

In 2 ambulatori su 9 vengono seguiti pazienti con età superiore ai 18: tale quota di assistiti rappresenta il 5%

e l’8% rispettivamente dei pazienti afferenti ai 2 ambulatori.

Il questionario richiedeva inoltre di identificare il numero di pazienti afferenti all’ambulatorio per l’epilessia

delle NPI che eseguiva una visita successiva alla prima. Dai dati ottenuti è possibile osservare un’ampia

variabilità tra i centri: le percentuali dei pazienti che, dopo il primo accesso, venivano visitati nuovamente,

variano infatti dal 23% al 100%.

Il numero medio di giorni di attesa per la prima visita è pari a 11, con un range compreso tra 5 e 35 giorni;

il tempo di attesa medio per una visita di controllo è invece di 7. In nessun ambulatorio il numero di giorni

di attesa per una visita di controllo è superiore a un mese. In 7 centri sono previsti posti per l’urgenza.

Tutti gli ambulatori forniscono al paziente una continuità terapeutica e un contatto telefonico o personale col

medico di riferimento nel periodo che intercorre tra le visite ambulatoriali programmate.

In 8 centri vengono gestite le forme gravi di epilessia, in particolare le forme farmacoresistenti (n: 7), le forme

a eziologia tumorale (n: 4), le forme rare di epilessia (n: 7), mentre solo in 3 centri (33%) vengono selezionati

i pazienti con eventuale indicazione chirurgica (grafico 5.3).

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Grafico 5.3. Gestione delle forme gravi di epilessi a e dell’attività di diagnosi differenziale.

Nell’89% (n: 8) dei centri è possibile effettuare ricoveri non urgenti sia in regime ordinario sia in regime di

ospedale diurno. In 3 centri è possibile sottoporre il paziente a un ulteriore approfondimento diagnostico in

regime di Day Service.

5.3.2. Personale

Dal censimento è emerso che i neuropsichiatri infantili che si occupano dell’epilessia per ciascun

ambulatorio sono in media 4, per un totale di 35 neuropsichiatri assegnati agli ambulatori. L’attività svolta

riguarda visite ambulatoriali e refertazione di esami neurofisiologici; alcuni centri hanno risposto al

questionario includendo l’attività di reparto, le consulenze specialistiche, il counselling.

Il questionario richiedeva di indicare il numero complessivo di ore settimanali effettuate dal personale

medico della NPI destinate all’attività ambulatoriale per l’epilessia del bambino: in media il tempo dedicato è

di 38 ore per ciascun centro, con un’ampia variabilità tra i centri.

Gli infermieri sono in media 1 per ciascun servizio, svolgono attività di gestione ambulatoriale e di

segreteria con prenotazione delle visite e degli eventuali esami ematologici e/o strumentali, eseguono

prelievi ematici. Come per l’ambulatorio dei pazienti adulti, in un centro gli infermieri svolgono anche un ruolo

di educazione sanitaria rivolta al paziente. Le ore settimanali dedicate dal personale infermieristico all’attività

dei servizi per l’epilessia sono 31. Un centro non ha risposto al questionario, mentre un ambulatorio dichiara

di non disporre di infermieri in organico.

I TNFP complessivamente assegnati agli ambulatori per l’epilessia infantile sono 11; solo 4 centri

dispongono di TNFP; di questi uno ha disponibilità di 6 tecnici. Verosimilmente gli altri centri si avvalgono dei

TNFP afferenti alla Neurologia della stessa Azienda per eseguire le indagini neurofisiologiche. In un centro

un infermiere professionale svolge l’attività di neurofisiopatologia.

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Alcuni centri si avvalgono anche di altre figure professionali: psicologi (1 centro), vigilatrici d’infanzia (1

centro), operatore amministrativo (5 centri).

In un terzo dei centri vengono svolte sperimentazioni cliniche. I centri che si occupano di fornire una

formazione del personale sono 5 (4 centri la garantiscono al personale medico, 4 ai TNFP, 5 agli infermieri).

5.3.3. Percorso diagnostico del paziente pediatrico epilettico

I dati relativi alle prestazioni che i diversi centri di NPI sono in grado di offrire sono rappresentati nel grafico

5.4.

Gli esami ematologici vengono richiesti da tutti gli ambulatori e vengono eseguiti nel 93% dei casi presso la

stessa sede in cui è ubicato il servizio per l’epilessia. La valutazione neuropsicologica viene richiesta,

laddove necessaria, da tutti i centri e nel 93% dei casi è eseguita in sede. Le indagini genetiche vengono

richieste da 8 ambulatoriali, ma solo in 1 centro viene eseguita in sede. I centri prescrivono inoltre

l’esecuzioni di indagini neuroradiologiche quali la TC e la RMN richieste da tutti i centri e eseguite,

rispettivamente, in 8 e 3 centri in sede; la RMN funzionale viene richiesta da un solo centro e eseguita

presso una sede diversa; la SPECT viene prescritta da 2 centri ed eseguita in entrambi i centri presso la

stessa azienda sanitaria.

Per quanto concerne la valutazione neurofisiologica del bambino affetto da epilessia, l’EEG e l’EEG in

deprivazione di sonno vengono richiesti da tutti i centri e vengono eseguiti in sede in tutti i casi; il video-EEG

poligrafico viene eseguito da 8 centri in sede, mentre il video-EEG per i pazienti potenzialmente candidati

alla chirurgia viene richiesto da 6 centri su 9 (67%), e per l’ 82% viene eseguito in sede. Cinque centri

richiedono come esame di approfondimento diagnostico l’Holter-EEG, effettuato in sede in 3 centri, mentre 2

centri inviano i pazienti che necessitano dell’indagine neurofisiologica presso altre strutture. Diversamente

da ciò che accade per gli adulti, un terzo dei centri pone indicazione di metodiche invasive per ulteriore

approfondimento diagnostico della patologia epilettica.

In tutti i centri sono previsti percorsi diagnostico-terapeutici che coinvolgono altri specialisti. In particolare, 8

centri prevedono la consulenza dello psicologo in sede e 6 centri si rivolgono allo psichiatra in sede. In sede

è inoltre possibile attivare percorsi condivisi con altri specialisti, principalmente cardiologi (7 centri) e pediatri

(8 centri). Emerge, invece, che solo 2 centri prevedono un contatto nella stessa sede con il genetista; 4

centri richiedono una consulenza genetica esterna e 3 centri non si avvalgono della consulenza genetica.

Otto centri si avvalgono di un supporto psico-educazionale per i pazienti epilettici (7 centri in sede e un

centro fuori sede).

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Grafico 5.4. Percorsi diagnostico-terapeutici in NP I.

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6. IL “ PERCORSO IDEALE ”

Per “percorso ideale ” s’intende la definizione delle migliori pratiche cliniche disponibili in letteratura,

con le quali occorre confrontare i punti critici del percorso effettivo in studio (si vedano le linee guida

riportate nel Cap. 3).

7. IL “ PERCORSO DI RIFERIMENTO”

Per “percorso di riferimento ” si intende la pianificazione (a seguito dell’analisi delle linee guida e della

letteratura di riferimento) della sequenza logica e cronologica di tutti gli interventi assistenziali essenziali

per la valutazione iniziale, la presa in carico e il successivo follow-up del paziente affetto da epilessia.

La costruzione del “percorso di riferimento”, frutto del confronto fra realtà attuale e “percorso ideale”,

non disgiunta dal contesto sanitario regionale, è caratterizzata dall’obiettivo di appropriatezza degli

interventi essenziali e dalla ricerca di ottimizzazione dei processi.

Nella costruzione del “percorso di riferimento” sono state individuate diverse fasi del percorso clinico del

paziente epilettico:

1. Prima crisi

2. Stato di Male

3. Convulsioni febbrili

4. Valutazione neuropsicologica

5. Epilessia farmacoresistente

6. Problematiche femminili collegate alla specifica condizione di malattia

7.1. PRIM A CRISI

Il percorso diagnostico prevede innanzitutto la distinzione tra gli eventi critici di natura epilettica e quelli

di differente origine. Una volta appurato che si è trattato di un fenomeno epilettico occorre precisare il

tipo di crisi, l'eziologia, la diagnosi sindromica.

Le indagini e le possibili implicazioni terapeutiche differiscono a seconda che l’intervento medico

avvenga in un contesto di urgenza (crisi in atto o da poco terminata) o a distanza di tempo dall’evento

critico.

7.1.1. Diagnosi differenziale in caso di transitoria perdita di coscienza

Con il termine “transitoria perdita di coscienza ” (TLOC, transient loss of consciousness ) s’intende

una mancanza di coscienza che abbia un completo recupero.

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Nonostante l’alta prevalenza e i numerosi accessi in Pronto Soccorso, la mancanza di strutture dedicate

e algoritmi dedicati al percorso di diagnosi differenziale rende conto di terapie inappropriate e/o costose,

che possono mettere a repentaglio la vita del paziente o al contrario sottoporlo a indagini inappropriate

e terapie di lunga durata, ma non necessarie.

Il fenomeno è clinicamente rilevante (al punto che circa il 20% dei pazienti studiati, con registrazioni

video-EEG critiche, per epilessia farmacoresistente risulta affetto da crisi non epilettiche). Spesso gli

errori diagnostici consistono in una sovrastima della natura epilettica dei fenomeni parossistici, che può

essere causata da fattori culturali, difficoltà anamnestiche (specie negli anziani), errata interpretazione

di sintomi aspecifici (perdita di coscienza, incontinenza, mioclonie) e di anomalie EEG.

Due recenti linee guida (NICE 2010, ESC 2009, entrambe citate nel cap. 3) forniscono al personale

medico preziosi suggerimenti per condurre la diagnosi differenziale con la massima efficienza (nel

minor tempo possibile e col minor costo possibile).

Un’alterazione improvvisa e transitoria della coscienza, se preceduta da sensazione lipotimica

(debolezza, annebbiamento visivo, sensazione di “testa vuota”), può essere dovuta a una delle seguenti

cause:

• sincope neuromediata (paragrafo 7.1.3): si verifica spesso in ortostatismo e viene precipitata da

stimoli emozionali o dolorosi;

• attacco di panico: è preceduto da tachicardia e fame d’aria.

In assenza di sintomi prodromici invece la causa della perdita di coscienza può essere una delle

seguenti (figura 7.1, tabella 7.1):

• trauma cranico;

• sincope cardiogena: spesso sono concomitanti a esercizio fisico;

• patologia cerebrovascolare (emorragia subaracnoidea, TIA);

• crisi epilettiche di assenza: vi sono brevi e ripetuti episodi di rottura del contatto con l’ambiente;

• crisi epilettiche parziali complesse: sono precedute da aura, spesso vegetativa, e

accompagnate da fissità di sguardo, mimica inespressiva, automatismi semplici, spesso di

masticazione o di movimento di una o entrambe le mani;

• crisi psicogene;

• emicrania basilare (nel giovane, con anamnesi di emicrania).

Gli eventi epidemiologicamente più frequenti sono le sincopi (incidenza 7/1.000/anno) e le crisi

psicogene (20% degli accessi per epilessia ritenuta farmacoresistente), escludendo la patologia

traumatica e cerebrovascolare (poiché sono eventi facilmente identificabili e raramente causa di

problemi differenziali).

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Gli strumenti più potenti a disposizione del medico sono l’anamnesi e l’esame obiettivo .

Nella valutazione iniziale bisogna ricordare che nessun sintomo è di per sé specifico, ma l’associazione

di sintomi congrui porta alla diagnosi, chiedendo al paziente e a eventuali testimoni di descrivere quanto

accaduto prima, durante e dopo la perdita di coscienza. È buona norma telefonare ai testimoni

dell’evento, qualora costoro non siano presenti al momento della visita, soprattutto nel caso di pazienti

anziani in cui coesistano problemi cognitivi che rendono impossibile l’anamnesi.

Fig. 7.1. Algoritmo diagnostico in caso di perdita di coscienza.

coma arresto

cardiaco abortito

Transitoria perdita di coscienza (TLOC)

non traumatica traumatico

crisi epilettica psicogena cause rare

Transitoria? Inizio rapido? Durata breve? Ripresa spontanea?

altro

sincope

Perdita di coscienza

caduta coscienza alterata

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7.1.2 Sincope

La sincope è una perdita transitoria di coscienza dovuta a ipoperfus ione cerebrale, caratterizzata

da inizio rapido, breve durata (in genere inferiore a 20 secondi), remissione spontanea e completa.

La sincope vaso-vagale , che è la forma più comune, è in genere caratterizzata dalle tre condizioni

seguenti (memorizzabili come “3 P”):

• Postura (stazione eretta prolungata);

• Fattori provocatori (dolore, procedura medica…);

• Prodromi (nausea, sudorazione, sensazione di calore)

N.B. Talora nel paziente anziano questi sintomi pos sono mancare o essere sfumati!

Tab. 7.1. Classificazione delle cause di perdita tr ansitoria di coscienza non traumatiche.

SINCOPE

NEUROMEDIATA Legata a IPOTENSIONE ORTOSTATICA CARDIOVASCOLARE

Perdita di coscienza NON sincopale

Vaso-vagale

Farmaco-indotta Aritmica Crisi epilettica

Situazionale Per deplezione di volume Crisi psicogena

Seno-carotidea Disautonomia primaria

Strutturale cardiaca: ostruzione riduzione della portata Cataplessia

Forme atipiche Disautonomia secondaria Patologia cerebrovascolare (TIA vertebro-basilare)

I seguenti dati epidemiologici rendono conto dell’importanza di una adeguata diagnosi differenziale tra

sincope e crisi epilettica:

• il 2-3% delle visite in pronto soccorso (e dall’1 al 5% dei ricoveri ospedalieri) è dovuto a sincopi,

quelle motivate da una prima crisi epilettica sono dell’ordine dello 0,3%;

• la prevalenza dell’epilessia è dell’ordine di 5-10 casi ogni 1.000 persone, quella delle sincopi

raggiunge i 15 casi ogni cento persone;

• circa il 5% della popolazione presenta almeno una crisi epilettica non febbrile nell’arco

dell’esistenza, ma il 40% della popolazione ha una sincope almeno una volta nella vita;

• ogni anno 30 persone su 1.000 (popolazione generale) sperimentano un episodio sincopale;

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• l’incidenza annuale di nuove crisi epilettiche (incluse quelle sintomatiche acute) è dell’ordine di

un nuovo caso per 1.000 abitanti, mentre si riduce a 0,8 casi per 1.000 considerando solo le

crisi non provocate (criptogenetiche o sintomatiche remote, isolate o ripetute) e a 0,3-0,5 casi

per 1.000 per l’epilessia diagnosticata;

• ogni anno 10 persone su 100 vengono visitate dal medico di famiglia, 0.7 sono visitate in DEA;

• il 10% delle cadute a terra negli anziani è dovuto a sincope;

• il 6% delle persone che hanno un evento sincopale ha traumi maggiori, il 29% ha traumi minori;

• l’incidenza della sincope in base all’età è del 4% a 20 anni, 6% fino a 70 anni e fino al 20% oltre

gli 80 anni;

• l’incidenza delle sincopi, analogamente a quella delle crisi epilettiche, aumenta nell’anziano, in

cui sono maggiormente rappresentate quelle ortostatiche e quelle causate da aritmia, mentre

sono meno frequenti quelle neuromediate;

• in circa un terzo delle sincopi la causa resta ignota; la frequenza relativa di quelle con causa

nota è dell’ordine di 25% per le sincopi neuromediate, 10% per le ortostatiche (dovute a

disautonomia e farmaco-indotte), 15% per quelle causate da aritmie cardiache (bradicardia da

malattia del seno e da blocco atrio-ventricolare; tachicardia sopraventricolare e ventricolare;

sindrome del QT lungo), 5% per quelle dovute a patologie strutturali cardio-polmonari, 10% per

quelle da cause non cardiovascolari.

Ai diversi meccanismi patogenetici di sincope (riassunti brevemente nella tab. 7.1) si associano diversi

rischi di mortalità: i pazienti con sincope neuromediata hanno lo stesso rischio della popolazione

generale, mentre quelli con sincope a eziologia cardiaca hanno una elevata mortalità.

Per questo motivo occorre sempre stratificare, in base alla diagnosi eziologica, i pazienti in base al loro

rischio di morte e di ricorrenza dell’evento.

Esistono alcuni algoritmi diagnostici (linee guida ESC 2009, cap. 3) e alcune tabelle a punti che servono

per quantificare, in base alle caratteristiche anamnestiche e di presentazione della sincope, la

percentuale di rischio (di recidiva e di mortalità) dei pazienti che hanno sperimentato una perdita di

coscienza di natura sincopale: con un’attenta valutazione iniziale nel 25-50% dei casi è già possibile

distinguere la natura della perdita di coscienza. Gli algoritmi più utilizzati sono l'OESIL e l'EGSYS score.

Dal momento che la sincope cardiogena è quella gravata dalla maggior mortalità, questi algoritmi (come

quello riportato nella fig. 7.2) consigliano il ricovero quando le caratteristiche del paziente e la

presentazione dell'evento indicano un'eziologia cardiovascolare.

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Fig. 7.2. Percorso diagnostico nei pazienti con sos petta transitoria perdita di coscienza.

Transitoria perdita di coscienza

Valutazione iniziale

Sincope Cause non sincopali

Diagnosi incerta

Stratificazione del rischio (anche con esami di laboratorio)

Trattamento

Conferma con esami e

valutazione specialistica

Rischio elevato

Rischio basso, sincopi ricorrenti

Trattamento guidato dall’ECG

Appropriati test cardiaci e

neuromediati

Diagnosi certa

Rischio basso

Non ulteriori esami Valutazione precoce

e trattamento

Trattamento

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7.1.3. Elementi utili per la diagnosi differenziale

Oltre al caso della perdita di coscienza, il ragionamento diagnostico differenziale (tab. 7.2) risulta

particolarmente difficile in caso di movimenti convulsivi generalizzati, di segni e sintomi focali

parossistici, di attacchi di caduta.

Nel caso delle crisi epilettiche generalizzate i movimenti convulsivi bilaterali sono accompagnati da

perdita di coscienza, morsicatura laterale della lingua, scialorrea , incontinenza sfinterica (per altro

non specifica , riscontrandosi anche nelle sincopi) e sono seguiti da confusione e sonnolenza post-

critica, cefalea e mialgie diffuse.

Bisogna sottolineare però che movimenti convulsivi bilaterali accompagnano anche :

� sincopi convulsive. I sussulti mioclonici seguono, e non sono concomitanti, alla perdita di

coscienza, e sembrano originati a livello del tronco encefalico;

� crisi psicogene. I movimenti non consistono nella successione di irrigidimento tonico e di violente

clonie, ma in movimenti oscillatori ritmici, associati a un disturbo non profondo della coscienza, e

seguiti da scarsa sintomatologia post-critica;

� gravi stadi del coma (postura decorticata e postura decerebrata);

� convulsioni concessive. Sono episodi di rigidità tonica e clonie, associati a perdita di coscienza, che

si verificano subito dopo un trauma cranico.

Le crisi epilettiche parziali semplici possono presentarsi con segni motori focali e sintomi sensitivi

che hanno solitamente breve durata (pochi minuti) e possono essere seguiti da secondaria

generalizzazione. Nella diagnosi differenziale occorre ricordare che tale sintomatologia focale può

essere riscontrata anche in:

� emicrania classica (con aura): gli scotomi scintillanti e le allucinazioni visive semplici solitamente

lineari e non colorate, talora associati a parestesie focali o a nausea, precedono la cefalea;

� movimenti ticcosi: sono sequenze complesse di movimenti mono- o bilaterali, ripetuti

compulsivamente, che in qualche misura possono essere controllati;

� attacco ischemico transitorio: la sintomatologia motoria è deficitaria (solo raramente vi sono clonie

muscolari), associata a disfasia (se vi è interessamento dell’emisfero dominante) e a parestesie; vi

è completo ricupero entro 24 ore (ma i sintomi durano abitualmente pochi minuti);

� discinesie parossistiche, chinesigeniche e non chinesigeniche. Consistono in distonie unilaterali

parossistiche, scatenate rispettivamente dal movimento, o dalla fatica o dall’alcool.

Gli attacchi di caduta riconoscono tra le possibili cause, oltre alle crisi epilettiche:

� la malattia di Parkinson;

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� gli attacchi ischemici transitori del circolo vertebro-basilare;

� l’iperecplessia. Le cadute sono scatenate, in pazienti che abitualmente non hanno altri disturbi

neurologici, da stimoli sensitivi o sensoriali improvvisi;

� la cataplessia (uno dei quattro sintomi cardine della narcolessia). Le cadute sono scatenate da

emozioni improvvise;

� le crisi otolitiche: in pazienti con anamnesi di disturbi vertiginosi ricorrenti, spesso associati a

ipoacusia o acufeni.

Tab. 7.2. Diagnosi differenziale tr a crisi epilettica e sincope.

SINCOPE CRISI EPILETTICA

Eventi precipitanti possibili generalmente assenti

Prodromi

sì nella vaso-vagale:

sintomi vegetativi (sudorazione, nausea) e visione oscurata

sensazione epigastrica

déjà vu

versione del capo

automatismi

disturbi del linguaggio

Clino/ortostatismo ortostatismo indifferente

Durata < 5 min (pochi secondi) < 5 min

Allucinazioni rare olfattive, mnesiche, visive, acustiche

Automatismi no orali o gestuali, stereotipati

Caduta ipotonia ipertonia, distonia focale

Occhi aperti, breve deviazione in alto aperti, deviazione lateralizzata persistente (chiusi o deviazione in alto: crisi psicogena)

Morsus della lingua no laterale (se in punta: crisi psicogena)

Scialorrea no abbondante, con scolo ai lati

Sintomi vegetativi (tachicardia, orripilazione, midriasi)

rari sì

Clonie dopo la fase ipotonica, <15 sec

- dopo la fase ipertonica, >30 sec

- sincrone e simmetriche (se compaiono subito, sono asincrone, e si susseguono più volte con pause, occorre considerare una origine psicogena)

- bambini: prima e dopo la fase ipertonica

Incontinenza frequente frequente

Segni post-critici ripresa rapida o

nausea, vomito, malessere

confusione, agitazione

sonnolenza

cefalea

(catatonia, ipotonia, pianto: crisi psicogene)

Deficit neurologico transitorio raro possibile

Familiarità 50% neurovegetative 5%

Patologie associate cardiopatie traumi, infezioni cerebrali, eventi cerebrovascolari

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7.1.4. Crisi psicogene non epilettiche (PNES) o pseudocrisi

Con il termine “crisi psicogene non epilettiche” (PNES) s’intendono episodi di alterati movimenti,

sensazioni o esperienze simili all’epilessia ma causati da un processo psicologico e non associati ad

alterazioni elettriche nel cervello visualizzabili all’EEG in fase ictale o interictale (in una crisi epilettica

vera invece i sintomi sono legati a un’attività neuronale anomala ipersincrona).

Le crisi psicogene, denominate anche pseudocrisi , interessano in circa il 75% dei casi il sesso

femminile, specialmente in età adolescenziale. La loro incidenza è 1,5/100.000 per anno, mentre la loro

prevalenza è di circa 33 su 100.000. Dai dati ottenuti in reparti di neurologia dal 5% al 20% dei pazienti

con epilessia hanno anche pseudocrisi, con un intervallo medio tra il primo evento epilettico e la

pseudocrisi di più di 8 anni. È importante ricordare che il 10% di questi pazienti si presenta con una

modalità che può ricordare lo stato epilettico, con grave pericolo per il paziente se questa condizione

viene misconosciuta.

Per la distinzione tra crisi psicogene ed epilettiche, che è classicamente problematica (J.M. Charcot,

neurologo a Parigi nel XIX secolo, fu tra i primi a occuparsene), l’esame gold standard è il video-EEG

prolungato , perché permette di accertare l’assenza di anomalie elettriche durante l’episodio critico.

Poiché le crisi psicogene sono spesso inducibili con la suggestione, è anche possibile, nel corso della

registrazione video-EEG, l’effettuazione di un test di provocazione critica, che presenta sensibilità

elevata (induzione di crisi in oltre i due terzi di pazienti affetti da crisi psicogene) e specificità elevata, se

utilizzato e interpretato correttamente, ma che comporta problemi etici perché richiede implicitamente

un inganno nei confronti del paziente.

Le crisi psicogene sono clinicamente eterogenee, senza alcun sintomo patognomonico. Tuttavia, i

seguenti elementi caratteristici dovrebbero far indurre il sospetto che l’evento critico sia di natura

psicogena: lunga durata (>2 minuti); elevata frequenza critica, senza alcune risposta ai farmaci

antiepilettici; presenza e variabilità di situazioni scatenanti le crisi; concomitanza con periodo di veglia

(solo le crisi epilettiche possono avvenire nel sonno); comparsa degli episodi spesso in presenza di

testimoni (a esempio, nello studio medico); associazione di patologia psichiatrica, disagiata condizione

sociale o periodo di stress emotivo; drammatizzazione del racconto o, al contrario, eccessiva

indifferenza; anamnesi positiva per abuso sessuale; infortunio sul lavoro antecedente l’esordio delle

crisi.

I seguenti sintomi clinici sono significativamente più frequen ti nelle crisi psicogene :

� aura aspecifica o incongrua (palpitazioni, “testa leggera”, acroparestesie …);

� movimenti discontinui, irregolari, bilaterali e asincroni degli arti o movimenti latero-laterali della testa

(utili per distinguere le PNES dalle crisi generalizzate tonico-cloniche) e del corpo e antero-

posteriori della pelvi (“pelvic thrusting ”, che però si ritrova anche nelle crisi del lobo frontale);

� pianto critico o post-critico;

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� chiusura degli occhi con resistenza all’apertura (segno molto specifico, ma poco sensibile);

� ricordo di quanto avvenuto durante la crisi, senza confusione post-ictale;

� risposta allo stimolo doloroso (non obbligatoria);

� “teddy bear sign ” (molto specifico, molto poco sensibile): i pazienti adulti con PNES possono

arrivare in ambulatorio portando con sé un orsacchiotto, decisamente inappropriato per l’età.

Questo rilievo correla molto bene col sospetto di crisi psicogena o comunque con la presenza di un

disturbo psichiatrico;

� assenza di scialorrea e persistenza del riflesso corneale;

� vocalizzazione a tonalità emotiva (urlo);

� possibilità di induzione con la suggestione o il placebo.

L’incontinenza sfinterica è possibile, ma assolutamente non specifica (occorre anche nelle sincopi) e

non rare sono le lesioni autoprovocate, tra cui rientra anche la morsicatura della lingua.

Sono invece sintomi suggestivi di natura epilettica :

� sintomi autonomici , quali cianosi, midriasi, orripilazione, tachicardia o bradicardia. In particolare

una variazione della frequenza cardiaca maggiore del 30% rispetto al valore basale è altamente

predittiva di crisi epilettica; il respiro stertoroso è utile per distinguere PNES dalle crisi generalizzate

tonico-cloniche, ma non dalle crisi parziali (in cui il respiro è normale);

� esordio nel sonno . È raro che una crisi psicogena esordisca nel sonno, ma il dato va interpretato

con cautela poiché può invece esordire in pseudosonno (il paziente sembra dormire, ma l’EEG è

quello della veglia).

Una difficoltà diagnostica ulteriore deriva dalla comorbilità tra crisi psicogene ed epilettiche, presente in

una percentuale non trascurabile (anche se molto variabile nelle diverse casistiche) di pazienti, che

spesso hanno sofferto di epilessia, spesso non più attiva al momento in cui si manifestano le crisi

psicogene. Alcuni pazienti per gli attacchi psicogeni prendono a modello le proprie crisi epilettiche,

mentre altri copiano quelle di altri pazienti epilettici con cui sono stati a contatto.

7.1.5 Crisi epilettica in atto

I compiti del medico che in fase di urgenza assiste a una crisi epilettica sono: proteggere il paziente da

eventuali lesioni (non mettere mai nulla in bocca!), assicurare la pervietà delle vie aeree, monitorare la

durata dell’episodio critico:

� se superiore a 20 minuti si configura una condizione di stato di male (paragrafo 7.2), che richiede

un trattamento immediato, al fine di impedire l’instaurarsi di lesioni a carico del sistema nervoso

centrale;

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� nel caso in cui invece la crisi termini rapidamente nel corso dell’osservazione medica, si

attueranno, ove si tratti di un primo evento, le strategie diagnostiche riportate nel paragrafo 7.1.5.

Relativamente alla terapia non vi sono evidenze che nelle crisi non sintomatiche la terapia sintomatica

con benzodiazepine riduca il rischio di recidiva, mentre in caso di crisi sintomatica è necessario

provvedere alla terapia eziologica.

7.1.6. Gestione di una prima crisi epilettica da parte del medico ospedaliero

Quando il paziente viene osservato dopo una prima crisi epilettica e dopo aver superato la fase post-

critica, permane la necessità di effettuare una diagnosi differenziale con crisi di natura non epilettica e

una diagnosi eziologica relativa al tipo di disturbo epilettico.

Terminata la crisi occorre pertanto che il medico raccolga l’anamnesi , possibilmente interrogando un

testimone, per accertare la natura dell’evento e operare la diagnosi differenziale.

È importante focalizzare l’attenzione su:

• circostanze dell’evento (durante il sonno o in veglia o durante specifiche azioni come a esempio

la minzione, un prelievo di sangue o l’esercizio fisico);

• postura del paziente subito prima della perdita di coscienza;

• sintomi prodromici;

• colorito della persona (il pallore orienta verso cause cardiovascolari, mentre la cianosi per

un’origine epilettica) e apertura o chiusura degli occhi (importante per la distinzione tra crisi

epilettica e crisi psicogena);

• presenza e caratteristiche dei movimenti degli arti (durata, simmetria);

• morsicatura (morsus) della lingua;

• traumi occorsi a seguito della caduta;

• fattori potenzialmente scatenanti quali deprivazione di sonno, uso di farmaci o di sostanze,

astinenza da alcolici, fotostimolazione;

• durata dell’evento (tempo intercorso prima della ripresa di coscienza);

• presenza o assenza di confusione durante il periodo di ripresa;

• debolezza muscolare o ipotonia di un arto;

• farmaci assunti dal paziente.

Per i casi non urgenti è opportuno comunque l’invio a centri specialistici (ambulatori o centri per

l’epilessia; unità sincopi) prima dell’effettuazione di esami diagnostici.

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Gli autori del presente documento inoltre ribadiscono la necessità che le Direzioni Sanitarie di ASR

promuovano la costituzione di Unità dedicate alla perdita di coscienza , alle quali afferiscano i

paziente inviati sia dal DEA sia dai MMG per una diagnosi differenziale, e identifichino e rendano

operativi almeno due centri di secondo livello (uno per l’età adulta e uno per l’età pediatrica) dedicati ai

casi a eziologia sconosciuta anche dopo l’accesso alle unità sopradescritte, in cui effettuare indagini di

secondo livello quali video-EEG-poligrafia (per i casi a impronta neurologica) e inserimento di loop

recorder (per i casi a impronta cardiologica).

La definizione diagnostica e le successive decisioni sul trattamento (opportunità di iniziare una terapia

farmacologica, scelta del farmaco) richiedono l’effettuazione di ulteriori indagini strumentali.

Gli esami ematologici da eseguire di routine sono: glicemia; sodiemia; emocromo con formula;

azotemia; creatininemia; calcemia; potassiemia; transaminasi; creatinfosfochinasi (i cui valori sono

spesso elevati nelle crisi epilettiche). Lo screening tossicologico è indicato solo nel sospetto di

esposizione a sostanze tossiche.

Le altre indagini diagnostiche vanno effettuate in modo mirato e sulla base di un’ipotesi, tenendo conto

che le uniche situazioni di urgenza reale sono le crisi epilettiche sintomatiche acute, la patologia

cerebrovascolare e la sincope di origine cardiogena.

È opportuno eseguire un ECG a 12 derivazioni in tutti i pazienti che hanno avuto una perdita di

coscienza.

Si raccomanda di effettuare una visita cardiologica urgente (entro 24 ore) in tutti i pazienti con

anomalie elettrocardiografiche (difetti di conduzione, intervallo QT lungo o corto, anormalità dell’onda T

o del segmento ST), con scompenso cardiaco, con perdita di coscienza intercorsa sotto sforzo, con

storia familiare di morte improvvisa, con inspiegabile dispnea o soffi cardiaci, con età superiore a 65

anni se la perdita di coscienza non è preceduta da sintomi prodromici.

È opportuno inoltre effettuare una visita neurologica entro 15 giorni in tutti i pazienti con morsicatura

della lingua, torsione del capo verso un lato durante la perdita di coscienza, posture anomale, scosse

degli arti prolungate (quelle di breve durata possono occorrere anche nella sincope vaso-vagale),

confusione e/o amnesia dopo l’evento, prodromi come déjà-vu e jamais-vu.

L’EEG offre un contributo modesto alla diagnosi dif ferenziale tra epilessia e altre malattie , a

causa della elevata frequenza di falsi negativi: se la specificità dell'esame è elevata (è bassa la

percentuale di soggetti in cui si riscontrano anomalie epilettiformi intercritiche in assenza di epilessia,

dell'ordine del 2% dei pazienti psichiatrici e neurologici senza epilessia, dello 0.5% dei soggetti normali),

la sensibilità è invece limitata (il 50% dei pazienti epilettici ha un primo EEG intercritico, anche con le

attivazioni abitualmente praticate, negativo o con anomalie non significative). Poiché la normalità

elettroencefalografica non è in grado di escludere la patologia epilettica, nei soggetti con sincope

probabile non vi sono indicazioni all’esame EEG a causa della possibilità che questa indagine

contribuisca a formulare una diagnosi errata (sopravvalutazione di atipie aspecifiche).

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Il potere diagnostico dell’EEG è invece più rilevante ai fini dell’inquadramento sindromico della

epilessia , ossia per distinguere le forme parziali da quelle generalizzate nei pazienti (adulti o bambini)

in cui sia stato formulato il sospetto clinico di epilessia. La probabilità che l’EEG documenti anomalie

epilettiformi è maggiore se l’indagine viene effettuata entro 24 ore dalla crisi (specie nel bambino), se la

registrazione EEG viene effettuata durante sonno diurno preceduto da deprivazione (dal momento

che questa attivazione incrementa la probabilità di riscontrare anomalie significative), se l’esame è di

maggiore durata e ripetuto alcune volte, se vi è stata una crisi recente, se il paziente è giovane e con

epilessia generalizzata idiopatica.

Anche le indagini neuroradiologiche hanno un ruolo marginale nella diagnosi di epilessia, ma sono

fondamentali per documentare eventuali lesioni potenzialmente epilettogene e, di conseguenza,

orientare le scelte terapeutiche.

L’effettuazione di una TAC encefalica in urgenza in Pronto Soccorso è strettamente indicata

quando:

� la presenza di lesioni strutturali acute sia sospettata a causa di un deficit post-critico prolungato o di

una protratta alterazione della vigilanza o di febbre o di cefalea persistente (ma la cefalea

transitoria, un sintomo post-critico della durata di qualche ora, si riscontra in oltre un terzo dei

pazienti);

� la crisi non abbia una causa definita;

� in anamnesi vi siano: trauma cranico recente, tumori maligni, terapia anticoagulante in atto,

immunodepressione.

Secondo le evidenze scientifiche disponibili, i pazienti che accedono al Pronto Soccorso per una prima

crisi ma risultano normali all’esame obiettivo neurologico possono essere dimessi e avviati a un follow-

up ambulatoriale senza eseguire una TC encefalica.

La RMN encefalo in urgenza si rende necessaria solo in casi particolari quali, a esempio, una sospetta

trombosi venosa cerebrale.

Nel percorso diagnostico di una prima crisi epilettica successivo alla fase di urgenza è invece

opportuno preferire l’esecuzione di una RMN encefalo alla TC, perché più sensibile; la TC è da

riservare ai casi in cui la RM sia controindicata o non eseguibile. Indagini quali RM funzionale, SPECT,

PET, test neuropsicologici e EEG “dinamico” sono invece da evitare.

L’opportunità di trattare con farmaci antiepilettici i pazienti che hanno presentato una prima crisi dipende

dal rischio di recidiva. Di norma, per una diagnosi definita di epilessia devono occorrere almeno due

episodi critici, ma secondo dati pubblicati più recentemente dall’ILAE (si veda il cap. 3), è possibile

formulare tale diagnosi anche dopo una crisi unica, purché supportata da dati genetici, EEGrafici o

neuroradiologici.

Il rischio di recidiva è maggiore in presenza di un EEG patologico e di una lesione cerebrale ; il

rischio è elevato soprattutto nei primi sei mesi, tende a decrescere dopo un anno e ad azzerarsi dopo

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due anni. È comunque documentato che la prescrizione di una terapia dopo la prima crisi non provocata

tende a ridurre il rischio di recidiva nei primi anni, ma non modifica l’evoluzione a lungo termine sia negli

adulti sia nei bambini. Le linee guida LICE suggeriscono di prendere in considerazione la terapia in

presenza di elementi che indicano un rischio elevato di recidiva (crisi sintomatica di lesione cerebrale,

crisi a esordio parziale, EEG positivo).

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TC encefalo nel sospetto sia sintomatica

acuta

ECG+ visita cardiologica

TC cranio EEG

EEG basale (30 min,SLI,HPN) Tossicologici

Rachicentesi se febbre

Crisi sintomatica

acuta

Crisi sintomatica remota

Ricovero per RMN e altri accertamenti

Accesso centro epilessia

Rx torace (Massaggio seno

carotideo) Valutazione ipotensione

ortostatica

Accesso centro epilessia per

indagini particolari (video-EEG) e

consulenza psichiatrica

Rischio alto o medio

Ricovero e/o accesso urgente unità sincopi

Rischio basso o eziologia

non determinata

Accesso unità sincopi

Sincope (neuro mediata,

ortostatica…)

Correzione dei fattori predisponenti e follow-up

Diagnosi non possibile

Rivalutazione presso Unità Sincopi in caso di recidiva

CRISI EPILETTICA PROBABILE

SINCOPE

PROBABILE

CRISI PSICOGENA O ALTRI EVENTI NEUROLOGICI

Sospetta crisi epilettica

Visita (anamnesi e esame obiettivo) e esami ematochimici

Epilettico noto: necessaria rivalutazione terapeutica

Fig. 7.3. Algoritmo diagnostico-terapeutico di una sospetta crisi epilettica.

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7.1.7. Gestione della prima crisi epilettica da parte del medico di medicina generale

Il ruolo del medico di medicina generale (MMG) nella gestione di un paziente che abbia presentato una

prima crisi presuppone un contatto continuativo con il paziente e la sua famiglia.

In particolare, i compiti del MMG saranno:

� spiegare che spesso non è possibile ottenere una diagnosi definitiva almeno fino a quando non

siano disponibili i risultati di tutti gli esami;

� accertare, sulla base dell’anamnesi, che si sia trattato veramente di prima crisi e che questa non

sia stata preceduta da crisi “minori” (mioclonie o assenze), forse non riferite dal paziente e dalla

sua famiglia perché valutate di secondaria importanza o non correttamente riconosciute;

� escludere, sulla base dell’anamnesi e dei test di laboratorio, la presenza di fattori scatenanti una

crisi sintomatica acuta;

� organizzare l’effettuazione di EEG e RMN encefalo, qualora tali esami siano indicati;

� valutare nel singolo caso il rischio di ricorrenza critica e le conseguenze sul piano sociale e

psicologico;

� fornire istruzioni di comportamento come, a titolo di esempio, evitare la deprivazione di sonno e

l’uso di alcolici e astenersi da condotte potenzialmente pericolose (come la guida di veicoli a

motore, l’utilizzo di certe macchine da lavoro, alcuni tipi di attività sportiva);

� discutere col paziente sull’opportunità di effettuare una terapia antiepilettica nei casi di prima crisi

epilettica non sintomatica;

� inviare a consulenza specialistica tutti i pazienti per i quali non sia possibile, sulla base delle

indagini cliniche e strumentali, una diagnosi certa.

7.1.8. Aspetti peculiari dell’età infantile

Nella valutazione di una prima crisi epilettica in un bambino occorre porre attenzione particolare alla

diagnosi differenziale nei confronti di sincopi, cefalee vascolari e crisi psicogene. Nell’età infantile la

morsicatura della lingua possiede un valore predittivo positivo meno rilevante rispetto a uno stato

confusionale post-critico. Spesso la prima crisi non è realmente il primo evento parossistico, ma solo la

prima crisi osservata nell’ambito di sindromi come l’epilessia rolandica o le assenze.

Se la crisi risulta sintomatica di una patologia acuta (ipoglicemia, ingestione di sostanze tossiche,

infezione intratecale) e in particolare è associata a vomito, disidratazione o a prolungata difficoltà nel

recupero della vigilanza, occorre eseguire esami di laboratorio o tossicologici e, nel bambino con età

inferiore a 6 mesi, una rachicentesi per escludere una meningite.

La gestione dei neonati e dei lattanti è particolarmente complessa per la frequente comparsa di

movimenti involontari patologici spesso non epilettici (tremori, clonie) o, viceversa, per la possibile

comparsa di crisi epilettiche clinicamente silenti o con sintomi subdoli. La gestione dei pazienti di questa

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particolare fascia di età deve essere affidata ai neuropsichiatri infantili che possono avvalersi di

registrazioni video-poligrafiche prolungate.

7.2. STATO DI M ALE

7.2. Approccio al paziente con stato di male epilettico

Lo stato epilettico (SE) è un’emergenza medica e neurologica caratterizzata da una crisi di durata

prolungata (da 10 a 30 minuti) o da una serie di crisi subentranti, spesso senza ripresa completa dello

stato di coscienza.

Esso insorge comunemente nei pazienti già in terapia per l’epilessia, ma può costituire anche la

manifestazione d’esordio di tale patologia per cause cerebrovascolari, traumatiche, tumorali, infettive,

metaboliche e tossiche.

Lo SE ha un’incidenza annua compresa fra 10 e 40 per 100.000 abitanti e comporta un rischio di morte

del paziente variabile a seconda dell’età (dal 2% dei bambini al 40% degli anziani).

Lo SE viene abitualmente classificato in base alla sintomatologia clinica prevalente. In primo luogo,

viene distinto lo SE generalizzato da quello parziale ; la presenza o meno di manifestazioni cliniche

motorie unilaterali o bilaterali e l’aspetto focale o generalizzato dell’attività epilettica a livello cerebrale

rappresentano i punti nodali della classificazione. Lo SE si distingue inoltre in: convulsivo (es. stato di

grande male, stato di male jacksoniano) e non convulsivo (stato di assenza, stato di male

psicomotorio). Fattori prognostici negativi sono l’eziologia anossica, le crisi prolungate e l’età

avanzata.

Diagnosi e trattamento. In base alle fasi temporali e alla risposta terapeutica si suddividono tre tipi di

SE:

1. iniziale (primi 20-30 minuti)

2. definito (da 30 a 90 minuti)

3. refrattario (dopo 90 minuti)

Le linee guida riportate nella letteratura scientifica sono indirizzate in modo particolare al trattamento

dello stato epilettico generalizzato convulsivo, anche se applicabili allo stato epilettico parziale

confusionale. Tutte le altre forme (SE di assenza, stato mioclonico in epilessia mioclonica, SE focale

non associato ad alterazioni della coscienza, SE focale complesso in epilessia nota) devono essere

valutate dallo specialista neurologo per le difficoltà legate alla terapia.

Il percorso diagnostico-terapeutico che viene di seguito proposto vale per lo SE dell’adulto (fig. 7.4 ), ma

sarà compito del clinico valutare in ogni singolo paziente il rapporto rischio/beneficio delle terapie

applicate.

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1) SE iniziale

Misure generali. Il trattamento terapeutico deve essere tempestivo. Bisogna innanzitutto assicurare la

pervietà delle vie aeree superiori, il controllo cardiocircolatorio, un accesso venoso periferico, il

cateterismo urinario, un eventuale supporto di glucosio e tiamina (se il paziente può essere un

alcolista), la pronta disponibilità di dati di laboratorio sierici e urinari per dirimere eventuali cause

metaboliche, tossiche o infettive.

Trattamento farmacologico:

• lorazepam 0,05 – 0,1 mg/kg e.v. (velocità massima 2 mg/min) ripetibile dopo almeno 10 minuti

• oppure diazepam 0,1 mg/kg e.v.(in 60 secondi) ripetibile dopo non meno di 10 minuti.

N.B. La somministrazione di benzodiazepine può indurre insufficienza respiratoria e sedazione.

2) SE definito

Misure generali (in aggiunta a quelle già adottate nel punto precedente). In questa fase verrà coinvolto

precocemente lo specialista neurologo, in considerazione delle peculiarità di diagnosi, trattamento e

monitoraggio. Occorre infatti stabilire la causa dello SE, iniziare il monitoraggio EEG per confermare la

diagnosi e verificare l’efficacia della terapia, monitorare e trattare le modificazioni patologiche della

pressione arteriosa, correggere eventuali alterazioni metaboliche, programmare un possibile

trasferimento in terapia intensiva per proseguire il trattamento.

Trattamento farmacologico:

• fenitoina 15 - 18 mg/kg e.v.: deve essere somministrata a una velocità non superiore a 50 mg/min.

Ulteriori 5 mg/kg e.v. possono essere somministrati in caso di mancato controllo delle crisi.

N.B. Non deve essere assolutamente diluita in soluzione glucosata perché la soluzione precipita.

Deve essere infusa utilizzando un accesso venoso indipendente, che deve essere un grosso vaso

per ridurre il rischio di flebite. Deve essere monitorata la frequenza cardiaca e la pressione

arteriosa. Può indurre effetti collaterali quali sedazione, ipotensione, aritmie cardiache, “sindrome

del guanto viola”, reazioni cutanee di gravità variabile fino alla sindrome di Stevens-Johnson. È

controindicata in presenza di blocco atrio-ventricolare di II grado o grave ipotensione.

Altre soluzioni terapeutiche (da impiegare nel caso in cui la fenitoina risulti inefficace o controindicata):

• valproato di sodio 15 mg/kg in infusione endovenosa in almeno 5 minuti (alcuni protocolli

suggeriscono fino a 30 mg/kg) seguita da 1-2 mg/kg/h in infusione continua, secondo l’evoluzione

clinica.

3) SE refrattario

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Il trattamento è da effettuarsi in terapia intensiva.

Terapia farmacologica:

• thiopentale 5 - 7 mg/kg e.v. in 20 secondi seguiti da 50 mg ogni 2-3 minuti fino a controllo delle crisi

e raggiungimento della modificazione del tracciato EEG definita come “burst suppression”.

N.B. La successiva infusione continua (abitualmente 3 - 5 mg/kg/h) deve proseguire per 12 - 48 ore

mantenendo un tracciato EEG definito come “burst suppression”.

L’impiego del thiopentale necessita di controllo EEG e spesso è indispensabile sostenere

farmacologicamente la pressione arteriosa. Esiste il rischio di depressione respiratoria, ipotensione

e arresto cardiaco in pazienti con emorragie massive, ipovolemia, sepsi o tossiemia;

oppure:

• propofol 2 - 5 mg/kg in bolo (ripetibili) seguiti da infusione continua fino a 5 mg/kg/h per almeno

un’ora.

N.B. Necessita di controllo EEG. Possono verificarsi ipotensione, bradiaritmie, ipertrigliceridemia.

Esiste il rischio di “sindrome da propofol in ICU (intensive cure unit)” caratterizzata da: ipotensione,

bradiaritmie, insufficienza cardiaca, iperkaliemia, epatomegalia, acidosi metabolica e rabdomiolisi.

La terapia andrebbe monitorata ove possibile con il dosaggio plasmatico dei farmaci impiegati. Il

trattamento farmacologico di terza linea dovrebbe proseguire per 48 ore. Alla sospensione dei farmaci

di terzo livello occorre tornare a quelli di secondo livello.

Altre soluzioni terapeutiche (da impiegare nel caso in cui i farmaci precedentemente segnalati risultino

inefficaci o controindicati):

• midazolam:

- 5 - 10 mg i.m. o per via rettale (può essere ripetuto una volta dopo 15 minuti);

oppure in alternativa:

- 0,1 - 0,3 mg/kg in bolo e.v., a una velocità non superiore a 4 mg/min; può essere ripetuto una

volta dopo 15 minuti. In alternativa al bolo può essere somministrata un’infusione e.v. alla

velocità massima di 0,05 - 0,4 mg/kg/h;

oppure in alternativa:

- 10 mg per instillazione buccale, effettuata mediante siringa e catetere;

• fenobarbital 10 - 20 mg/kg e.v. infusi in 10 minuti o più (50 - 75 mg/min). Può indurre sedazione e

ipotensione e quindi richiedere assistenza respiratoria;

• isoflurano somministrato a 0,8 - 2 vol %, con eventuali variazioni sufficienti per mantenere un

quadro EEG definito come “burst suppression”. È indicato solo per lo SE refrattario. Può indurre

ipotensione, atelettasia polmonare, ileo paralitico e trombosi venosa profonda;

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• lidocaina 1,5 - 2 mg/kg in bolo e.v. (di solito 100 mg negli adulti), a una velocità non superiore a 50

mg/min. Il bolo può essere ripetuto una volta se necessario. Può indurre ipotonia, allucinazioni e

bradiaritmie. L’uso di lidocaina è consigliato solo a personale già esperto nell’uso di questo

farmaco.

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Fig. 7.4. Algoritmo diagnostico-terapeutico per lo stato di male.

Crisi epilettica continua o crisi ravvicinate per

tempo ≥30 minuti

Garantire pervietà vie aeree, accesso venoso periferico

Esami ematochimici

ed ECG

TERAPIA DI PRIMA LINEA

Scomparsa delle crisi entro 30 min: S.E. INIZIALE

Osservazione clinica per 24 ore, monitoraggio PAO e ECG

Persistenza delle crisi: S.E. DEFINITO.

Avvio di TERAPIA DI SECONDA LINEA

e monitoraggio EEG, ECG,PAO. TC encefalo per escludere cause

sintomatiche acute

Scomparsa delle crisi entro 90 min: SE DEFINITO

Persistenza delle crisi per 90 minuti: S.E. REFRATTARIO .

Avvio TERAPIA DI TERZA LINEA in

Rianimazione (ventilazione assistita

e/o intubazione)

Monitoraggio PAO e EEG. In caso di eventi cerebrali acuti necessario approfondimento diagnostico

Cause tossiche/metaboliche: se ipoglicemia dare glucoso, se alcolista dare tiamina

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7.3. CONVULSIONI FEBBRIL I

Le convulsioni febbrili rappresentano il disturbo neurologico più frequente nell’infanzia (incidenza pari a

2 - 5%) e nella maggioranza dei casi sono eventi benigni che hanno una prognosi eccellente.

In considerazione dell’elevata incidenza e prevalenza e della larga variabilità nelle modalità gestionali,

si reputa necessario sviluppare un percorso diagnostico-assistenziale che coinvolga in prima istanza i

pediatri (di base e ospedalieri) che rappresentano il primo interlocutore sanitario nei confronti dei

genitori di un bambino con sospetta convulsione febbrile.

7.3.1. Convulsioni febbrili semplici

Si definisce convulsione febbrile semplice (CFS) una crisi convulsiva generalizzata di breve durata

(da 30 secondi a pochi minuti nella maggior parte dei casi) e comunque non superiore a 15 minuti, non

ripetuta nelle 24 ore, che si presenta durante un episodio di febbre non dovuta a una affezione acuta

del sistema nervoso, in età compresa tra i sei mesi e cinque anni in soggetti senza precedenti

neurologici, ovvero senza fattori eziologici indicativi di danno cerebrale pre-, peri- o post- natale con

normale sviluppo psicomotorio e in assenza di precedenti crisi convulsive febbrili.

Un aumento della temperatura superiore a 37,5°C dev e essere presente almeno nell’immediato periodo

post-critico ed essere espressione di un’affezione pediatrica.

È compito del pediatra chiamato per una sospetta pr ima CFS:

• effettuare un’anamnesi accurata in relazione a semeiologia della crisi, durata, caratteri

dell’ipertermia, fase post-critica ed età del paziente;

• esame obiettivo completo.

In considerazione della breve durata dell’episodio convulsivo (2 - 3 minuti) la valutazione clinica viene

effettuata successivamente alla risoluzione spontanea.

In presenza di un bambino con età inferiore a 18 mesi va valutata l’opportunità di un ricovero e/o la

richiesta di accertamenti ematochimici volti all’identificazione della causa della febbre.

Non sono raccomandati: elettroencefalogramma di routine, esami neuroradiologici.

Si raccomanda, invece, l’osservazione e la valutazione clinica nel tempo per l’eventuale decisione di

eseguire una rachicentesi in quanto i segni e/o i sintomi clinici di meningite possono essere, in questa

fascia di età, sfumati (tabella 7.3).

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Tabella 7.3. Indicazioni all’esecuzione della punt ura lombare.

Puntura lombare

in presenza di segni meningei : deve essere eseguita

in soggetti in trattamento con antibiotici nei giorni precedenti la convulsione deve essere fortemente considerata per possibile mascheramento di sintomi e segni meningei

in pazienti di età <18 mesi è stata dimostrata l’inutilità dell’esecuzione della puntura lombare di routine; va tenuto però conto che i segni e i sintomi di meningite possono essere minimi o assenti in questa fascia di età per cui è necessaria un’attenta osservazione del paziente per almeno 24 ore

in pazienti di età >18 mesi non deve essere considerata di routine nelle CFS

È compito del pediatra decidere se e come trattare la causa dell’infezione in atto e fornire alla famiglia

elementi di educazione sanitaria (paragrafo 7.3.3), anche in base alla valutazione del rischio di recidive

(tabella 7.4).

In presenza di un bambino con età superiore a 18 mesi , se clinicamente stabile e senza segni o

sintomi che richiedano approfondimenti diagnostici, il ricovero non è necessario, ma vanno

adeguatamente istruiti i genitori.

Non sono raccomandati: elettroencefalogramma di routine, esami neuroradiologici.

È compito del pediatra decidere se e come trattare la causa dell’infezione in atto e fornire alla famiglia

elementi di educazione sanitaria per gestire eventuali recidive, anche in base alla valutazione del rischio

di ricadute (tabella 7.4).

Le convulsioni febbrili semplici sono pertanto in g enere gestite dal pediatra .

Il pediatra consiglierà una consulenza NPI per eventuale completamento dell’iter diagnostico e per una

eventuale terapia solo se sussistono le seguenti condizioni:

• CFS ripetute in un breve periodo di tempo (almeno 3 o più volte in sei mesi, o almeno 4 o più

volte in un anno);

• presenza di due o più fattori di recidiva (tabella 7.4).

È compito del neuropsichiatra infantile :

• rivalutare la situazione clinica, il contesto familiare e la presenza di indicatori di rischio di

recidiva (tabella 7.4).

In considerazione della prognosi benigna delle CFS, che non lasciano danni permanenti e tendono a

scomparire spontaneamente con l’età, e dei numerosi effetti collaterali potenzialmente legati alla terapia

anticonvulsivante sia continuativa (fenobarbitale, acido valproico) sia intermittente (diazepam), non è

raccomandato l’uso di alcuna terapia per le profilassi delle recidive delle CFS.

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Tuttavia, in un ristretto gruppo di pazienti per i quali le crisi sono considerate “inaccettabili” per la loro

frequenza, vi può essere indicazione alla terapia profilattica consistente in diazepam intermittente

rettale (come prima scelta) o orale (come seconda scelta), somministrato all’esordio della febbre, alla

dose consigliata di 0,4 - 0,5 mg/Kg sia per via orale che rettale. Tale dose è ripetibile una seconda

volta, dopo 8 ore, se la febbre persiste.

Tabella 7.4. Indicatori del rischio di recidiva di convulsioni febbrili semplici.

Rischio di recidiva

Età precoce d’insorgenza (< 15 mesi)

Epilessia in parenti di primo grado

Convulsioni febbrili in parenti di primo grado

Frequenti episodi febbrili

Bassa temperatura all’esordio delle convulsioni

7.3.2. Convulsioni febbrili complesse

Si definisce convulsione febbrile complessa (CFC) una crisi convulsiva (focale o generalizzata) in

occorrenza di un episodio febbrile, caratterizzata da una durata prolungata (superiore a 15 minuti) o

ripetuta entro le 24 ore, e/o associata ad anomalie neurologiche post-critiche, più frequentemente una

paresi post-critica (paresi di Todd), o a precedenti neurologici.

Il bambino che presenta una crisi prolungata interrotta con terapia anticonvulsivante (diazepam) prima

del 15° minuto deve essere classificato in questo g ruppo.

Se la convulsione febbrile è caratterizzata da una crisi di durata superiore a 30 minuti o da crisi seriate

più brevi senza il ripristino della coscienza a livello intercritico si configura uno stato di male febbrile .

È compito del pediatra, in presenza di CFC:

• effettuare l’anamnesi più precisa e puntuale possibile in relazione a semiologia della crisi,

durata, caratteri dell’ipertermia, fase post-critica ed età del paziente;

• effettuare l’esame obiettivo completo;

• richiedere il ricovero per accertamenti, data la grande variabilità di condizione sottese a questo

evento.

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Durante il ricovero e/o osservazione breve, sono raccomandati :

• anamnesi accurata per valutare l’esistenza di una predisposizione genetica;

• ricerca eziologica della febbre;

• possibile esecuzione di indagini ematochimiche in relazione alle condizioni cliniche;

• elettroencefalogramma: è raccomandato per diagnosi differenziale con encefalite;

• indagini di neuroimmagini (TAC e/o RMN): sono fortemente raccomandate;

• rachicentesi nel caso si sospetti patologia infettiva del sistema nervoso centrale (tabella 7.3);

• terapia in fase acuta (tabella 7.5);

• trattamento: dipende dalla patologia che ha determinato la CFC;

• richiesta di consulenza neuropsichiatrica.

Tabella 7.5. Terapia ospedaliera in caso di convuls ioni febbrili prolungate.

Disostruire le vie respiratorie.

Preparare un accesso venoso.

Monitorare i parametri vitali (frequenza cardiaca e respiratoria, pressione arteriosa, saturazione di

ossigeno).

Somministrare ossigeno se necessario (SpO2 90%).

Somministrare diazepam alla dose di 0,5 mg/Kg per via endovenosa in bolo alla velocità massima di

5 mg/minuto, sospendendolo appena la crisi cessa. La dose può essere ripetuta, se necessario, dopo

un intervallo di 10 minuti (si ricorda che il diazepam impiega circa 10 secondi a raggiungere una

concentrazione cerebrale efficace se somministrato e.v.). Anche altre benzodiazepine come il

lorazepam sono ugualmente efficaci.

Monitorare equilibrio acido-base e glicemia.

Se la crisi non cessa consultare lo specialista anestesista per il trattamento dello stato di male.

È compito del neuropsichiatra rivalutare la situazione clinica, il contesto familiare, la presenza di

indicatori di rischio di recidiva (tab. 7.4) ed effettuare un inquadramento sindromico corretto, laddove

possibile, anche sul piano genetico.

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In considerazione del fatto che le CFC possono essere dovute a una patologia acuta del sistema

nervoso centrale, oppure costituire l’esordio di particolari sindromi epilettiche (a es. sindrome di Dravet),

oppure essere semplicemente una convulsione febbrile prolungata con la stessa prognosi delle forme

semplici, il trattamento è condizionato dall’inquadramento eziologico e nosografico.

7.3.3. Educazione sanitaria

L’intervento di educazione sanitaria dovrebbe essere avviato precocemente. Esso consta di una serie di

raccomandazioni volte a orientare il comportamento della famiglia.

È compito del pediatra di libera scelta:

• descrivere le caratteristiche delle convulsioni febbrili (incidenza, relazioni con l’età, tasso di

ricorrenza, incidenza nei parenti, differenze con l’epilessia, durata breve, prognosi per l’esordio

di epilessia, prognosi per lo sviluppo socio-comportamentale);

• spiegare con chiarezza rischi e benefici legati sia all’uso dei farmaci sia alla possibile comparsa

di uno stato di male febbrile;

• verificare la comprensione delle indicazioni per il controllo della febbre informando i genitori che

non c’è relazione evidente tra il valore della temperatura e la frequenza della crisi convulsiva

(pertanto l’uso precoce e ripetuto degli antipiretici non ass icura la riduzione nella

frequenza degli episodi convulsivi );

• rassicurare sulla benignità dell’evento;

• suggerire ai genitori le seguenti misure, da adottare in caso di eventuale recidiva:

- mantenere la calma;

- sbottonare i vestiti per ridurre la compressione, in particolare intorno al collo;

- se il bambino è incosciente metterlo in decubito laterale per evitare l’inalazione di saliva ed

eventuale vomito;

- non forzare l’apertura della bocca;

- osservare il tipo e la durata delle crisi;

- non dare farmaci o liquidi per via orale;

- somministrare diazepam alla dose di 0,5 mg/Kg per via rettale in caso di convulsione

prolungata oltre 2-3 minuti. In modo indicativo si utilizzano formulazioni già pronte

(Micronoan soluzione rettale da 5 e 10 mg, alla dose indicativa di 5 mg prima dei tre anni e

10 al di sopra dei tre anni). La dose deve essere ripetuta nel caso in cui la prima

somministrazione sia espulsa o se la crisi non si arresta. In caso di ulteriore persistenza,

richiedere assistenza medica;

- contattare il pediatra curante;

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- in particolare l’intervento del medico si rende necessario nei seguenti casi: crisi di durata

>10 minuti o che non cessa con la terapia; crisi ripetute; crisi focali; presenza di prolungato

disturbo della coscienza e/o paralisi post-critica.

7.4. VALUTAZI ONE NE UROPSI COLOGIC A

I soggetti affetti da epilessia presentano in modo maggiore rispetto alla popolazione generale una

incidenza di disturbi di apprendimento e riduzione delle capacità intellettive e prestazionali, soprattutto a

livello delle funzioni esecutive

Nella maggior parte dei casi tali evenienze si verifica nelle epilessie secondarie o sintomatiche in

relazione a una concomitante sofferenza cerebrale o alla presenza di sindromi epilettiche specifiche

(sindrome di Lennox-Gastaut, epilessia mioclonica severa, stato epilettico elettrico durante il sonno,

sindrome di Landau-Kleffner). Deficit delle funzioni neuropsicologiche sono peraltro presenti anche nelle

epilessie idiopatiche; in queste ultime molta importanza viene attribuita all’età di esordio dell’epilessia, al

tipo di crisi, alla durata della malattia, al trattamento farmacologico, al quadro EEG nonché alle

condizioni fattori psico-socio-ambientali.

Quanto sopra è soprattutto evidente nei soggetti in età evolutiva.

È buona prassi e pertanto si raccomanda di associare alla diagnosi di epilessia, soprattutto e

principalmente per i casi di prima diagnosi e, laddove possibile, prima dell’inizio del trattamento

farmacologico, anche una valutazione (assessment ) delle funzioni neuropsicologiche .

7.4.1. Obiettivi e strumenti dell’assessment neuropsicologico

Il neuropsicologo effettua una valutazione allo scopo di stabilire il livello di funzionamento del paziente,

sulla base del quale confrontare un eventuale cambiamento legato sia a fattori inerenti la persona (età

cronologica, fase di sviluppo, livello di plasticità del sistema nervoso centrale al momento

dell’insorgenza dell’epilessia) sia all’epilessia (patologia sottostante, tipo, gravità e frequenza delle crisi,

definizione di un’encefalopatia epilettica, effetti della terapia). La valutazione ha inoltre lo scopo di

monitorare lo sviluppo delle principali funzioni neuropsicologiche, per identificarne eventuali ritardi e/o

arresti, in modo da poter intervenire tempestivamente per ridurre la disabilità.

A tale scopo l’assessment, oltre ai tempi prima definiti (prima diagnosi, inizio del trattamento) è bene

che venga ridefinito a 6 e a 12 mesi dall’inizio del trattamento e, per i soggetti in età evolutiva, ai

passaggi di ciclo scolastico (inizio ciclo elementare; passaggio scuola elementare / scuola media

inferiore; passaggio scuola media inferiore / scuola media superiore).

Obiettivi della valutazione sono l’esplorazione di:

• capacità cognitive e prestazionali

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• funzioni verbali e del linguaggio

• attenzione

• memoria

• funzioni frontali

• funzioni visuo-spaziali

• abilità prassico-costruttive

Laddove necessario, l’assessment deve essere esteso agli aspetti relativi al tono dell'umore, alla qualità

di vita del paziente e ai disturbi di ansia.

Per il raggiungimento di tali obiettivi si raccomanda l’utilizzo di prove standardizzate , flessibili e di

sensibilità diagnostica, con tempi di somministrazione relativamente brevi.

Nell’ambito del PDTA dell’epilessia, la valutazione neuropsicologica va pertanto prevista e distinta in tre

livelli:

1. valutazione di base o di primo livello

2. valutazione approfondita

3. valutazione di completamento

7.4.2. Valutazione di base o di primo livello

Va eseguita in tutti i casi di prima diagnosi e precede la prescrizione farmacologica (il tempo indicato

per l’esecuzione dei test è di 3-4 ore), mediante la determinazione di:

• livello cognitivo

• memoria verbale e visiva

• attenzione e pianificazione

• apprendimento scolastico (lettura, scrittura e calcolo)

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Tabella 7.6. Assessment neuropsicologico di primo livello.

Funzioni Test Età di riferimento*

Intelligenza

� Scale Griffiths

� Scala WPPSI

� Scala WISC-III

� Matrici progressive di Raven

� Scala Leiter versione breve

(soggetti stranieri, con disturbi del linguaggio o

ritardo mentale)

0-8 anni

4-6 anni

6-16 anni

Memoria:

verbale a breve termine

verbale a lungo termine

spaziale a breve termine

spaziale a lungo termine

Span di cifre diretto e inverso

Span di parole

Subtest della batteria TEMA

Test di Corsi

Figura complessa di Rey A e B

dai 4 anni

dai 4 anni

dai 4 anni

dai 4 anni

Attenzione/Pianificazione Test delle campanelle dai 4 anni

Lettura e scrittura

Prove MT di Cornoldi (velocità, correttezza e

comprensione del testo)

Dettato di parole/testo

dai 6 anni

dai 6 anni

Calcolo Subtest Batteria AC/MT (calcolo a mente e

scritto, enumerazione all’indietro, dettato di numeri,

fatti numerici)

Funzioni visuo-spaziali Figura complessa di Rey A e B dai 4 anni

Linguaggio Prove di comprensione: test di Rustioni da 3 anni e 6 mesi

* laddove non è stata specificata l’età, il test è valido per tutte le età

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7.4.3. Valutazione approfondita

Va eseguita laddove, a seguito della valutazione di primo livello, sono state individuate specifiche aree

deficitarie, mediante la determinazione di:

• funzioni frontali

• funzioni visuo-spaziali

• percezione visiva

Il tempo indicato per l’esecuzione è di 2-3 ore.

Tabella 7.7. Assessment neuropsicologico di secondo livello.

Funzioni Test Età di riferimento

Funzioni frontali Torre di Londra

Fluenza fonetica e categoriale

dai 4 anni

dai 4 anni

Funzioni visuo-spaziali Figura complessa di Rey A e B

VMI - Integrazione Visuo-Motoria

dai 4 anni

dai 3 anni

Attenzione / Pianificazione Attenzione selettiva uditiva

Attenzione selettiva visiva

dai 12 anni

dai 12 anni

Percezione visiva Test di Percezione Visiva - TPV

Coordinazione motoria della VMI

fino a 12 anni

dai 3 anni

7.4.4. Valutazione di completamento

Da eseguirsi laddove, a livello clinico anamnestico, siano emersi specifici deficit di funzionamento,

mediante la determinazione di:

• disturbi di apprendimento

• disturbi di linguaggio

• aspetti comportamentali

• qualità della vita

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Il tempo indicato per l’esecuzione è di 3-4 ore.

Tabella 7.8. Assessment neuropsicologico di completamento.

7.4.5. Valutazione neuropsicologica dell’adulto

La valutazione neuropsicologica dell’adulto ha un ruolo rilevante nella pianificazione della terapia

chirurgica dei pazienti epilettici farmacoresistenti e nel follow-up degli stessi.

In fase pre-operatoria, l'indagine è finalizzata:

• all’identificazione della corteccia sede di eventuale disfunzione: la concordanza dell’eventuale

deficit cognitivo con l’area epilettogena sospettata condiziona la necessità a ricorrere a indagini

invasive o la strategia chirurgica;

• alla valutazione della eventuale perdita di memoria nei casi di resezione del lobo temporale. Tra i

fattori che condizionano una migliore prognosi in questo tipo di intervento vi sono la giovane età, la

sede di intervento (nell’emisfero non dominante), una migliore performance cognitiva pre-

operatoria, che non si limita al quoziente intellettivo;

• alla determinazione della dominanza emisferica nei casi dubbi. Durante il test di Wada il

neuropsicologo può stabilire la sede del linguaggio e la riserva mnesica dopo l’intervento;

Funzioni Test Età di riferimento

Lettura e scrittura Batteria per la Dislessia, Disortografia, Discalculia dai 6-7 anni

Calcolo Completamento batteria AC/MT

Batteria Biancardi

WCST- Wisconsin Card Sorting Test

dai 6-7 anni

Funzioni visuo-spaziali VMI- Integrazione Visuo-Motoria dai 4 anni

Linguaggio Ripetizione di non parole

TROG- Test Reception of Grammar

dai 4 anni

dai 6-7 anni

Aspetti comportamentali

CBCL

Vineland Adaptive Behaviour Scale (se Ritardo Mentale)

MMPI-A - Minnesota Multiphasic Inventory - Adolescent

dai 4 anni

dai 4 anni

dai 6 anni

Qualità della Vita Epilepsy and Children Questionnaire

Epi.QoL

dai 7 anni

dai 16 anni

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• al follow-up dell’aspetto cognitivo del paziente dopo l’intervento neurochirurgico: l’outcome della

procedura chirurgica va quantificato non solo in base al controllo delle crisi, ma anche in base alla

conservazione (talora miglioramento) delle funzioni cognitive dell’individuo.

Tuttavia, pur essendo riconosciuto il ruolo dei test neuropsicologici in tale contesto, le metodiche da

applicare non sono oggetto di linee guida codificate e variano a seconda dei centri.

Le recenti tecniche di neuroimaging funzionale (risonanza magnetica funzionale, tomografia a

emissione di positroni, magnetoencefalografia) offrono promettenti risultati nella localizzazione pre-

operatoria del focus epilettogeno e stanno ridimensionando la necessità di utilizzare indagini invasive,

come il test di Wada (iniezione intracarotidea di amobarbital), impiegato dagli anni Sessanta per

stabilire la dominanza emisferica.

Ancora oggi, tuttavia, i test neuropsicologici tradizionali conservano una validità che va oltre la

localizzazione delle lesioni: sono infatti necessari per stabilire nei candidati all’intervento il livello di

partenza di linguaggio e comprensione del paziente, dal quale dipende l’affidabilità delle indagini

neuroradiologiche funzionali.

In letteratura viene consigliato di eseguire i test a distanza di almeno 12 settimane dall’ultima crisi

epilettica, senza sospendere i farmaci antiepilettici (a eccezione del topiramato, che influenza

specificamente le funzioni del lobo frontale) e considerando che la coesistenza della depressione può

influenzare i risultati.

7.5. EPILESSI A F ARM ACORESISTENTE

7.5.1. Definizione di farmacoresistenza

Nel trattamento dell’epilessia la prima monoterapia risulta efficace nel 50% dei pazienti. Un secondo

farmaco impiegato come alternativa al primo libera dalle crisi un ulteriore 10% dei pazienti. Associando

un secondo farmaco al primo si aumenta la percentuale di pazienti liberi da crisi di un ulteriore 5%,

mentre impiegando più farmaci in associazione un altro 5%.

Nonostante queste strategie terapeutiche (riassunte nella figura 7.5), nel 30% dei pazienti non è

possibile ottenere un completo controllo delle crisi con la terapia farmacologica e solo una minoranza di

costoro potrebbe beneficiare di un trattamento chirurgico. Poiché la politerapia accresce inevitabilmente

il rischio di tossicità, in alcune situazioni l’obiettivo corretto non è tanto la remissione completa delle

crisi, quanto un compromesso che preveda una diminuzione della frequenza e della gravità delle crisi

con un basso rischio di tossicità, impiegando in genere al massimo due farmaci.

Con il termine “farmacoresistenza ” s’intende invece il fallimento (per inefficacia o per eccesso di effetti

collaterali) nel raggiungimento di una duratura libertà da crisi dopo aver utilizzato in modo corretto due

farmaci correttamente selezionati e dosati. Tale periodo di assenza di crisi viene attualmente

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quantificato in almeno un anno senza crisi (in precedenza veniva utilizzato il termine di 2 anni) o, se più

prolungato, un tempo tre volte maggiore dell’intervallo intercritico prima dell’ultimo intervento

terapeutico.

In campo pediatrico invece non esiste una durata minima di malattia né un’età minima per definire un

paziente farmacoresistente. Un obiettivo fondamentale è ridurre l’impatto dell’epilessia sulle funzioni

cognitive e comportamentali.

La diagnosi di farmacoresistenza prevede necessariamente l’esclusione di una falsa farmacoresistenza

(per scarsa compliance o per errore diagnostico e/o terapeutico) e l’individuazione precoce di sindromi

epilettiche di per sé resistenti alla terapia medica. Bisogna inoltre considerare che la farmaco-

resistenza non ha caratteristiche costanti : circa il 20% dei pazienti è costantemente farmaco-

resistente, ma esistono altri differenti pattern temporali: farmacoresistenza iniziale, con remissione

successiva; risposta iniziale, con evoluzione successiva sfavorevole; epilessia con recidive intermittenti.

La gestione della farmacoresistenza implica le seguenti problematiche:

• riconsiderare la diagnosi e la scelta del farmaco, ossia escludere le condizioni di falsa

farmacoresistenza;

• considerare l'opportunità di ricorrere precocemente alla chirurgia ;

• provare i nuovi farmaci antiepilettici (o all’opposto utilizzare quelli classici se si è iniziata la

terapia con i farmaci di nuova generazione) e associazioni farmacologiche specifiche;

• considerare trattamenti non farmacologici (stimolazione del nervo vago, dieta chetogena) e

sperimentali;

• gestire la comorbilità;

• evitare la somministrazione eccessiva di farmaci, per attenuare almeno gli effetti collaterali.

La dieta chetogena è utilizzabile con discreti risultati in alcune forme di epilessia farmacoresistente

infantile (specialmente nel caso di malattie metaboliche).

7.5.2. Trattamento chirurgico dei pazienti farmacoresistenti

Il 20% dei pazienti con vera farmacoresistenza ottiene la guarigione definitiva con la terapia chirurgica,

consistente nell’ablazione dell’area epilettogena (lesionectomia, c ortectomia, lobectomia

temporale anteriore, lesione corticale selettiva ). I risultati sono soddisfacenti a condizione che i

pazienti siano accuratamente selezionati: nel complesso 2/3 dei pazienti diventano totalmente liberi da

crisi e migliorano la propria qualità di vita, ma tale percentuale raggiunge il 70-80% nel caso particolare

dell’epilessia temporo-mesiale (ed è dell’ordine del 50% nel caso delle lesioni corticali), mentre il 15%

dei pazienti non trae beneficio dall’approccio chirurgico.

Le complicanze chirurgiche si verificano nel 10% dei casi e nel 3% dei pazienti si hanno deficit

neurologici permanenti.

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I prerequisiti per un’eventuale indicazione chirurgica sono:

• epilessia parziale causata da una zona epilettogena unica e stabile;

• localizzazione della zona epilettogena in un’area la cui ablazione non provochi deficit

neurologici o neuropsicologici. Se al contrario essa è situata in aree eloquenti, come aree del

linguaggio e somatomotorie, l’approccio chirurgico è precluso, salvo nei casi in cui il deficit

neurologico corrispondente sia già presente;

• valida collaborazione nel corso dell’iter pre-chirurgico (con conseguente esclusione dei pazienti

affetti da grave encefalopatia o da gravi turbe psichiche).

Le indicazioni terapeutiche nei casi di crisi sintomatiche dipendenti da lesioni che necessitano

comunque di intervento chirurgico sono diverse. Lesioni quali tumori a rapida crescita, malformazioni

arterovenose, cavernomi sono da trattare di per sé, indipendentemente dall’associazione con crisi

epilettiche; al contrario lesioni tumorali a lenta crescita, displasie corticali, amartomi, lesioni conseguenti

a un trauma o a una lesione ischemica necessitano dell’approccio chirurgico solo in presenza di

sintomatologia critica non gestibile con i farmaci.

La valutazione pre-chirurgica ha l’obiettivo di stabilire la localizzazione della zona epilettogena

attraverso un iter complesso, da eseguire pertanto in centri specializzati.

Esami essenziali per la programmazione dell’intervento sono il monitoraggio video-EEG delle

manifestazioni critiche, l’analisi neuropsicologica sia in fase critica (comprendente la valutazione dei

disturbi del linguaggio e della coscienza) sia in fase intercritica (finalizzata a stabilire la dominanza

emisferica per il linguaggio), una valutazione psichiatrica e un’accurata e mirata indagine

neuroradiologica che comprenda RMN, RMN funzionale e in alcuni casi SPECT e/o PET.

Lo scopo del monitoraggio video-EEG è la registrazione di un numero di crisi epilettiche sufficiente per

ottenere una diagnosi di natura e/o localizzazione. Questa indagine neurofisiologica è complessa e

costosa e ha una durata poco prevedibile, in quanto dipendente dalla frequenza critica abituale.

Il monitoraggio video-EEG richiede il ricovero del paziente in un posto letto dedicato, per garantire

l’adeguata sicurezza durante la riduzione posologica della terapia e per accelerare l’esecuzione di altre

indagini (RMN, dosaggio dei farmaci, test neuropsicologici). Il laboratorio di neurofisiologia richiede un

ambiente dedicato per il monitoraggio video-EEG prolungato, in modo che risulti confortevole,

silenzioso, conforme alle norme di sicurezza e di privacy. Il personale (tecnico di neurofisiopatologia e

medico neurologo) deve essere specificamente formato per garantire efficienza.

Tali indagini spesso risultano sufficienti nei casi di epilessia del lobo temporale (specie delle strutture

mesiali), mentre nelle sindromi extra-temporali è spesso necessaria l’esplorazione con elettrodi

intracerebrali (stereo-EEG). La tecnica stereotassica consente di individuare con precisione l’area di

origine e le vie di propagazione della scarica critica, poiché stimolando le strutture profonde cerebrali si

possono riprodurre le crisi epilettiche con la semeiologia tipica del paziente.

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Poiché in genere si verifica un significativo ritardo tra la diagnosi di resistenza ai farmaci e la

valutazione chirurgica, il comitato redattore del PDTA sollecita la creazione di una lista regionale dei

pazienti candidati alla valutazione pre-chirugica (effettuata tramite esecuzione di video-EEG) e dei

pazienti di complesso inquadramento diagnostico-terapeutico, con percorsi distinti per i pazienti

pediatrici e per gli adulti.

Appare inoltre necessario individuare, a livello regionale, specifici DRG per il ricovero e adeguati codici

di prestazione diagnostica neurofisiologica per il paziente che si sottopone alla valutazione pre-

chirurgica (monitoraggio video-EEG-poligrafico a lungo termine).

Il follow-up successivo all’intervento dovrebbe durare almeno 5 anni e comprendere visite neurologiche

e valutazioni neuropsicologiche regolari (inizialmente ogni 6 mesi e poi ogni anno), EEG semestrali e

una RMN a 6 mesi dall’intervento.

È opportuno inoltre individuare a livello regionale i centri in cui sia possibile eseguire tale percorso pre-

chirurgico (concordato nei dettagli con il centro chirurgico di riferimento) comprendente una visita

chirurgica specialistica, una RMN encefalo mirata, un monitoraggio video-EEG a lungo termine e l’invio

alle strutture specializzate per la neurochirurgia dell’epilessia (attualmente non disponibili sul territorio

regionale).

Per i pazienti che invece non hanno indicazioni alla terapia chirurgica elettiva si procede con la terapia

medica, finalizzata alla maggior riduzione possibile della frequenza critica e della disabilità correlata

(evitando di associare più di tre farmaci e individuando possibili sinergismi farmacologici documentati in

letteratura) o, eventualmente, con altre terapie chirurgiche palliative come la emisferectomia e la

emisferotomia, le transezioni subpiali multiple, la callosotomia e la stimolazione vagale tramite un

pacemaker sottocutaneo.

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Fig. 7.5. Algoritmo gestionale dell’epilessia refra ttaria.

7.6. EPILESSI A NELL A DONNA

7.6.1. Fertilità

È ipotizzabile una fertilità lievemente ridotta tra le donne con epilessia, ma tale argomento è ancora

controverso e verosimilmente a eziologia multifattoriale (riduzione della libido, fattori genetici e sociali,

effetto dei farmaci). Tra i farmaci antiepilettici (FAE), negli anni passati, il più discusso è stato il

valproato. Tale farmaco avrebbe un’influenza negativa sulla fertilità sia direttamente, sia indirettamente

inducendo obesità e favorendo quindi insulino-resistenza, aumento dei livelli di testosterone, sindrome

dell’ovaio policistico.

7.6.2 Contraccezione

La contraccezione con i contraccettivi orali combinati (COC) si ottiene garantendo una dose sufficiente

di estrogeni per inibire l’ovulazione. Se una donna in terapia con farmaci antiepilettici desidera

assumere COC occorre ricordare che l’interazione a livello farmacocinetico è duplice: da un lato i FAE

che inducono l’enzima epatico citocromo P450 (“FAE induttori enzimatici”), aumentano la velocità di

metabolizzazione degli estrogeni e dei progestinici, abbassandone quindi la concentrazione plasmatica

e di conseguenza l’efficacia; dall’altro, anche i contraccettivi possono alterare le concentrazioni di

Epilessia di nuova diagnosi 1° - 2° farmaco

Invio a un Centro Epilessia per revisione diagnostica (video-EEG, RMN) e ottimizzazione terapeutica, comprendente eventuale valutazione prechirurgica

40% crisi persistenti

25% risultano crisi non epilettiche

Invio allo specialista di riferimento

Chirurgia curativa precoce

Non chirurgici Terapia medica o chirurgica palliativa Accesso a servizi sociali Prevenzione

Liberi da crisi: 60%

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farmaci antiepilettici, come a esempio la lamotrigina, che (specie se in monoterapia) può risultare ridotta

del 50%, con possibile compromissione del controllo delle crisi.

Per le donne che assumono farmaci antiepilettici (FAE) non induttori enzimatici (benzodiazepine,

gabapentin, levetiracetam, tiagabina, vigabatrin, pregabalin, valproato, zonisamide) sono realizzabili le

misure contraccettive adottate per la popolazione generale, con efficacia analoga.

Per le donne che assumono FAE induttori enzimatici (carbamazepina, oxcarbazepina, felbamato,

fenobarbital, primidone, fenitoina) e, per un meccanismo in parte diverso, topiramato a dosi superiori a

200 mg/dì e lamotrigina a dosi uguali o superiori a 300 mg/dì, occorre ricordare che:

• l’efficacia dei contraccettivi orali combinati non è garantita, anche a dosi superiori a quelle

normalmente prescritte: le evidenze disponibili riguardo all’impiego di particolari cautele

(vengono suggeriti 1 mg di noretindrone o 0,150 mg di levonorgestrel o 0,3 mg di norgestrel in

associazione a 50 µg di etinilestradiolo) non sono sufficienti, pertanto si suggerisce di preferire

metodi contraccettivi alternativi, tra cui l’uso del preservativo o di dispositivi intrauterini (IUD) sia

al progesterone, sia medicati al rame;

• i preparati di solo progestinico non sono raccomandati;

• la contraccezione d’emergenza (“pillola del giorno dopo”) è efficace, ma a dosaggi più elevati

(2,25 mg di levonorgestrel in singola dose);

• nella contraccezione post-partum si consiglia, se la donna allatta al seno, di evitare i COC

perché riducono la secrezione di latte. Se l’allattamento è artificiale è possibile utilizzare i COC

dopo 3 settimane, tenendo presenti le avvertenze riguardo all’efficacia già discusse in

precedenza.

7.6.3. Gravidanza

L’epilessia è il problema neurologico più comune in gravidanza (incidenza 3-4%); i rischi per il feto sono

legati sia all´occorrenza di crisi (che può aumentare, specie per l´assunzione irregolare della terapia) sia

all´effetto teratogeno di molti farmaci antiepilettici. Nonostante non esistano FAE sicuri e le donne con

epilessia trattate con questi farmaci abbiano un rischio tre volte maggiore rispetto alla popolazione

generale di dare alla luce un bambino con anomalie congenite (3-10 casi ogni 100, invece di 1-3 su

100); il medico dovrà comunque rassicurare le pazienti, poiché la probabilità di avere un bambino

normale resta comunque superiore al 90%. Le malformazioni sono in genere le stesse che vengono

osservate nella popolazione generale: cardiopatie congenite (fenobarbital), difetti di chiusura del tubo

neurale (DTN), schisi oro-faciali, ipospadia, ipogenesia o agenesia degli arti (acido valproico), labio-

palatoschisi (lamotrigina e fenobarbital).

Date le modificazioni fisiologiche della gravidanza la farmacocinetica dei farmaci antiepilettici è soggetta

a variazioni: nella maggior parte dei casi le concentrazioni plasmatiche di farmaco diminuiscono (ma

spesso tale riduzione è spontaneamente compensata da un aumento della quota di farmaco non legata

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alle proteine) per ritornare ai livelli pregravidici subito dopo il parto. La determinazione periodica del

livello plasmatico dei farmaci antiepilettici serve a valutare, rispetto al valore basale ottenuto prima della

gravidanza, se vi sia una significativa riduzione della concentrazione che richieda, specie nell’ultimo

trimestre (e già più precocemente per la lamotrigina), un aumento della dose dei farmaci.

Un´appropriata gestione clinica prevede un approccio multidisciplinare, frutto della collaborazione del

ginecologo e del neurologo di fiducia, in modo da programmare la gravidanza (effettuando una visita

preconcezionale ) con la paziente.

La terapia antiepilettica dovrebbe essere ottimizzata almeno 6 mesi prima del concepimento. La

migliore strategia consiste nello scegliere una monoterapia alla minima dose efficace per il controllo

delle crisi. Qualora siano disponibili farmaci con efficacia comparabile, è preferibile evitare l’impiego di

acido valproico (se la donna assume già il farmaco, valutare il cambio di terapia prima dell’inizio della

gravidanza) e ridurre i picchi di concentrazione plasmatica preferendo formulazioni a lento rilascio o

frazionando maggiormente la dose quotidiana di farmaco. La madre dovrebbe essere incoraggiata a

mantenere un’adeguata compliance alla terapia poiché la comparsa di crisi epilettiche in gravidanza

può essere molto pericolosa sia per lei sia per il feto.

L’iperemesi gravidica del primo trimestre può interferire con l’assorbimento dei FAE. Se nausea e

vomito sono gravi, si può assumere un antiemetico mezz’ora prima del FAE.

La riduzione o addirittura la sospensione della terapia a gravidanza iniziata è inutile perché eventuali

anomalie congenite si instaurano precocemente, entro i primi 3 mesi di gestazione. È invece possibile

valutare, prima del concepimento, un’eventuale sospensione della terapia in donne che siano libere da

crisi da almeno 2 anni o che presentino crisi epilettiche rare e non convulsive.

È raccomandata la supplementazione di acido folico al dosaggio di 5 mg/dì da almeno 3 mesi prima del

concepimento fino a 12 settimane di età gestazionale (EG) in tutte le donne che programmano la

gravidanza, per prevenire i difetti del tubo neurale. L’importanza di cominciare l’assunzione di acido

folico già prima del concepimento deriva dal fatto che i difetti cardiaci e del tubo neurale si determinano

nei primi 28 giorni dal concepimento.

Per quanto riguarda la diagnosi prenatale , la maggior parte delle malformazioni congenite gravi può

essere identificata mediante l’ecografia. Le donne che assumono FAE essendo a maggior rischio di

malformazioni dovrebbero effettuare routinariamente:

• una valutazione ecografica dei DTN a 13 settimane di EG (consente l’identificazione di tutti i

casi di anencefalia e mielomeningocele). Il rischio di malformazioni cardiache aumenta

esponenzialmente in relazione allo spessore della translucenza nucale condotta a 10-13

settimane di EG;

• un dosaggio (nel siero materno) dell’alfa-fetoproteina a 16 settimane di EG per la ricerca dei

DTN;

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• alla ventunesima settimana di EG un’ecografia ostetrica di secondo livello e un

ecocardiogramma fetale per uno studio più approfondito e mirato dell’anatomia fetale

(massiccio faciale, colonna vertebrale e cuore);

• un’ecografia ostetrica di secondo livello e un ecocardiogramma fetale a 32 settimane di EG per

la diagnosi delle malformazioni minori o a insorgenza tardiva;

• controlli mensili (fenobarbital, lamotrigina, levetiracetam) o trimestrali (per tutti gli altri) della

concentrazione plasmatica dei FAE, specie in caso di sospetta scarsa compliance, variazioni

rilevanti del quadro clinico o modificazioni della posologia.

I FAE, soprattutto se in politerapia, sembrano aumentare il rischio di ritardo di crescita intrauterino.

I dati relativi allo sviluppo psicomotorio dei bambini esposti a FAE (in particolare i dati disponibili sono

relativi all’acido valproico) in utero sono molto discordanti: alcuni autori hanno riportato una maggiore

incidenza di ritardo mentale, ma i disturbi cognitivi sono condizionati da fattori ambientali e/o genetici

che agiscono come fattori di confondimento.

7.6.4 Parto e puerperio

La terapia antiepilettica deve essere assunta regolarmente durante il travaglio e dopo il parto,

misurando se possibile le concentrazioni plasmatiche a 2, 4 e 12 settimane dal parto, soprattutto se la

dose dei farmaci era stata modificata nel corso della gravidanza.

Per il parto sono valide le indicazioni per la popolazione generale.

Il parto per via vaginale è sempre raccomandato; è opportuno ricorrere al taglio cesareo solo se esiste

un rischio elevato di crisi convulsive frequenti o crisi parziali complesse numerose e prolungate, tali da

compromettere la collaborazione della donna.

L’analgesia peridurale, sia in travaglio di parto, sia per un taglio cesareo, non è controindicata poiché

riducendo lo stress e il dolore può diminuire il rischio di convulsioni. Non ci sono controindicazioni

all’utilizzo di prostaglandine per l’induzione del travaglio di parto o in caso di aborto terapeutico.

Studi recenti mettono in discussione la reale necessità di somministrare vitamina K per via orale alle

donne al termine della gravidanza, dal momento che ormai la somministrazione di vitamina K al

neonato è praticata di routine.

Quando si renda necessario effettuare la profilassi dell’insufficienza respiratoria acuta con

betametasone (minaccia di parto prematuro), se la paziente assume FAE induttori enzimatici è

consigliabile somministrare il doppio della dose abituale (24 mg di betametasone 2 volte al dì).

L’allattamento al seno non è controindicato poiché la quantità di farmaco che passa nel latte materno è

molto bassa; in caso di terapia con barbiturici o lamotrigina è consigliabile però controllare l´eventuale

comparsa di segni di sedazione nel bambino e, in tal caso, valutare l’opportunità di un allattamento

misto.

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È opportuno inoltre fornire alla madre i seguenti consigli: evitare, per quanto possibile, alterazioni del

ritmo sonno-veglia, a esempio conservando in frigorifero il latte materno e richiedendo la collaborazione

del partner per il pasto notturno; adottare misure preventive per la cura e il trasporto del bambino,

soprattutto in caso di crisi frequenti e con perdita di coscienza; iscrivere quanto prima il bambino

all’asilo nido, in particolare quando emerga un ritardo psicomotorio che potrebbe derivare da cause

ambientali.

7.6.5 Menopausa

Esiste una relazione tra crisi epilettiche e ormoni sessuali: studi in vitro hanno dimostrato che gli

estrogeni possiedono un’attività eccitatoria a livello corticale, mentre i progestinici hanno un effetto

opposto. In alcune donne le crisi si presentano soprattutto o esclusivamente durante il ciclo mestruale o

all’ovulazione (epilessia catameniale).

La relazione tra menopausa e crisi epilettiche è reciproca.

L’effetto dell’avvicinarsi della menopausa sulle crisi si esplica nella maggior parte delle donne affette da

epilessia con variazioni della frequenza delle crisi, in miglioramento o in peggioramento (l’insonnia e i

frequenti risvegli notturni causati dalle manifestazioni vasomotorie tipiche della menopausa possono

scatenare le crisi).

Nelle donne con epilessia catameniale il rischio di crisi aumenta nel periodo che precede la

menopausa, per decrescere successivamente.

In questa fase della vita pertanto le donne affette da epilessia dovrebbero essere seguite con estrema

attenzione per valutare eventuali modifiche terapeutiche; diversi fattori (eventuali condizioni di

insufficienza epatica o renale; insorgenza di nuove patologie; assunzione di plurime terapie con le

conseguenti interazioni tra farmaci) possono alterare la farmacocinetica dei FAE, esponendo

maggiormente le pazienti epilettiche alla comparsa di effetti collaterali. Sarebbe quindi preferibile

impostare una terapia antiepilettica con un unico FAE possibilmente non induttore enzimatico.

L’effetto di frequenti crisi epilettiche invece sembra anticipare la menopausa, forse per un’insufficienza

ovarica precoce dovuta a un aumento, nel corso della vita delle donne epilettiche, della frequenza di

scariche di LH e FSH, con un maggiore reclutamento degli oociti in follicoli immaturi e quindi con una

deplezione anticipata dei follicoli.

Donne con esacerbazione delle crisi epilettiche di tipo catameniale potrebbero essere più suscettibili

all’insorgenza di insufficienza ovarica precoce rispetto alle altre donne epilettiche.

Non si può escludere che l’uso dei FAE giochi un ruolo nell’insorgenza della menopausa precoce, ma

non ci sono studi che confermino o smentiscano tale teoria.

Le donne affette da epilessia desiderose di prole, ormai prossime alla fine del periodo fertile, devono

essere informate sul rischio di insufficienza ovarica precoce, anche perché sono esposte a un più alto

rischio di osteoporosi e malattie cardiovascolari.

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I farmaci possono essere responsabili di un’accelerazione nel processo fisiologico di riduzione della

massa ossea; mentre è ormai accertato il ruolo di fenitoina, fenobarbital, carbamazepina e acido

valproico, non sono ancora disponibili evidenze sugli antiepilettici di nuova generazione (topiramato,

lamotrigina, levetiracetam).

Per prevenire l’osteoporosi nelle donne affette da epilessia si raccomanda l’assunzione quotidiana di

1500 mg di calcio e 400-800 UI di vitamina D; i bifosfonati sono consigliati in caso di osteoporosi

conclamata.

Per quanto riguarda la terapia ormonale sostitutiva, anche se non vi sono studi specifici l’uso del cerotto

è sconsigliato alle donne con epilessia, a causa delle proprietà proconvulsivanti degli estrogeni. La

terapia ormonale sostitutiva più diffusa, infatti, che prevede la combinazione di estrogeni equini

coniugati (0,625 mg) e medrossiprogesterone acetato (2,5 mg), sembra associarsi, in maniera dose-

correlata, a un incremento della frequenza delle crisi epilettiche.

Sarebbe auspicabile in futuro valutare l’efficacia e la sicurezza nelle donne epilettiche di una terapia

ormonale sostitutiva con progesterone naturale (che ha un sicuro effetto antiepilettogeno) associato a

un estrogeno quale il 17-beta-estradiolo.

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8. STRUTTURA PER L ’ ATTIVITÀ DEI CENTRI

Il tavolo di lavoro A.Re.S.S. sull’epilessia, nel corso del 2009 e del 2010, ha delineato i requisiti dei

Centri, individuando tre livelli, utilizzando criteri relativi all’andamento progressivo di indicatori di

organizzazione (multidisciplinare), di produttività (numero di pazienti visitati e indagini diagnostiche

eseguite), di attivazione e/o potenziamento di programmi di formazione e ricerca, attuabili in loco.

8.1. PRIMO L IVELLO

• Medico di famiglia o pediatra di base : devono garantire l’analisi clinica (familiare e

personale), un primo esame neurologico e l’eventuale corretto e tempestivo invio allo

specialista; devono informare adeguatamente il paziente

• Pronto soccorso : deve garantire l’accesso agli esami radiologici e di laboratorio urgenti, a una

visita specialistica urgente, a un EEG basale

8.2. SECONDO L IVELLO

• Strutture semplici e complesse di neurologia o neur opsichiatria infantile : oltre ai servizi

del primo livello devono garantire ambulatori specialistici per la diagnosi e cura dell’epilessia,

ambulatori di neurofisiopatologia ospedalieri, con esecuzione di EEG di base e con

deprivazione di sonno

8.3. TERZO L IVELLO

• Centri epilessia per la consulenza e/o la gestione dei casi più complessi, a indirizzo medico o

chirurgico (quest’ultimo servizio non è ancora presente in territorio regionale). In Piemonte

dovrebbero essere almeno tre, due dedicati agli adulti e uno ai bambini. Tra le attività garantite

dovrebbero esserci: la revisione diagnostica con ottimizzazione terapeutica; l’esecuzione di

RMN mirate; il monitoraggio video-EEG-poligrafico prolungato, anche invasivo (con elettrodi

intracerebrali, sub- o epidurali); l’esecuzione dei test neuropsicologici, di indagini neuro-

radiologiche con metodologia stereotassica e di complesse indagini neurofisiologiche

(mappatura funzionale e stimolazione elettrica delle strutture corticali).

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9. RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI NEL PERCORSO DI CURA

La qualità di vita e la piena partecipazione dei pazienti affetti da epilessia alla vita civile sono spesso

limitate, anche nei pazienti con buon controllo della patologia, da fattori di natura sociale, che

interferiscono con l'istruzione, l'attività lavorativa, la tutela assicurativa. Tali fattori sociali almeno in

parte derivano (in modo variabile nelle differenti aree geografiche) dal background culturale,

condizionato da un’insufficiente informazione sulla natura dei disturbi epilettici e sui bisogni delle

persone affette, con conseguente sviluppo di pregiudizi nei confronti della patologia e di chi ne soffre.

Numerose organizzazioni si occupano delle conseguenze non mediche dell'epilessia.

L'International Bureau for Epilepsy (IBE, www.ibe-epilepsy.org), fondato nel 1961, si propone di

coordinare le associazioni coinvolte nella gestione delle problematiche sociali a livello nazionale. In

Europa i membri dell'IBE sono 35, tra i quali l'Associazione Italiana contro l'Epilessia (AICE).

A livello nazionale opera anche la FIE (Federazione Italiana Epilessie) con sede a Milano.

A livello regionale piemontese è attiva, con altre associazioni, l'A.Pi.C.E. (Associazione Piemontese

contro l'Epilessia), ONLUS fondata a Torino nel 1987 (via Galluppi 12/F; telefono 011.3180623 o

011.3187798; www.apice.torino.it; e-mail: [email protected]), che ha partecipato ai lavori di

preparazione del presente P.D.T.A e che aderisce alla FIE.

L'attività principale delle associazioni consiste nell'assistenza gratuita alle persone con epilessia e alle

loro famiglie in ambito sanitario, formativo, lavorativo, sociale e giuridico, mediante:

• sostegno del soggetto con epilessia durante il percorso terapeutico, con segnalazione di

strutture mediche adatte in presenza di criticità, in modo da facilitare la costituzione di una

valida alleanza terapeutica tra medico e paziente;

• informazione al paziente sulla malattia e sulla terapia e sui suoi possibili effetti collaterali;

• informazione al paziente e al suo nucleo familiare sui diritti in tema di assistenza, integrazione

sociale, patente di guida;

• aiuto al paziente ad accettare con razionalità la propria situazione, anche offrendo la possibilità

di relazionarsi con altre persone gravate dallo stesso problema, al fine di minimizzare l'impatto

della condizione patologica sulla qualità di vita;

• sensibilizzazione delle autorità sanitarie sull'opportunità di offrire un approccio assistenziale

razionale e integrato;

• informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle problematiche connesse alla

patologia.

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ALLEGATO 1

LLAA GGEESSTTIIOONNEE DDEEII PPAAZZIIEENNTTII AAFFFFEETTTTII DDAA

EEPPIILLEESSSSIIAA::

CCEENNSSIIMMEENNTTOO OORRGGAANNIIZZZZAATTIIVVOO

DDEELLLLEE AATTTTIIVVIITTÀÀ,, DDEELLLLEE SSTTRRUUTTTTUURREE EE

DDEELLLLEE RRIISSOORRSSEE

PPRREESSEENNTTII NNEELLLLAA RREEGGIIOONNEE PPIIEEMMOONNTTEE

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SCHEDA QUESTIONARIO

Allegata alla nota prot. n. 0000913/2009 del 23/03/2009

Sezione 1: il Servizio

SI NO Esiste un Ambulatorio dedicato per l’Epilessia? Se sì, indicare: Denominazione della struttura

Data di attivazione

N° di ore settimanali di apertura all’utenza

Modalità di prenotazione delle visite per pazienti ambulatoriali Centro Unico di Prenotazione dell’Azienda (CUP)

l’ utente, di persona

e-mail in consulenza

telefono

Altro (specificare)

SI NO Sono previsti posti dedicati per l’urgenza? Indicare Tempo medio di attesa, in giorni lavorativi, per la 1° visita

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Indicare Tempo medio di attesa, in giorni lavorativi, per la visita di controllo

Se sì, indicare la modalità: Degenza ordinaria

Day Hospital

Altro (specificare)

Se sì, indicare quali : malattie rare diagnosi differenziale

farmacoresistenza epilessia ad eziologia tumorale

candidati alla chirurgia dell'epilessia Altro (specificare)

SI NO Esiste, per l'utente, una modalità di contatto, tel efonico o informatico, nei periodi intercorrenti tra le visite programmate?

SI NO E' prevista la possibilità di ricovero per pazienti , visitati presso la struttura e già noti per epilessia, in situazioni di non urge nza?

SI NO E' prevista la gestione di pazienti affetti da form e complesse/gravi di epilessia?

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Tipologia di pazienti che afferiscono al Servizio ( anno 2008) Indicare il numero di pazienti epilettici visitati nell'anno 2008, suddiviso tra adulti e bambini: Età inferiore a 18 anni

Età uguale o superiore a 18 anni

Indicare, di questi, quanti sono stati visitati più di 1 volta Età inferiore a 18 anni

Età uguale o superiore a 18 anni

Eventuali commenti:

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Sezione 2: i locali

Eventuali commenti:

SI NO E' prevista una sala d'attesa attigua alla/e sala-v isita?

SI NO Vi sono barriere architettoniche che impediscono l' accesso a pazienti portatori di handicap?

SI NO E' previsto un servizio di ristoro per i pazienti/a ccompagnatori in sala d'attesa?

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Indicare le figure professionali che attualmente op erano nella struttura, specificare la quantità, le ore settimanali dedicate e il tipo di attività svolta:

Professione N° di operatori Tipo di attività

N° ore settimanal

i Neurologo Neuropsichiatria infantile

infermiere TNFP Altro (specificare)

Eventuali commenti:

Sezione 3: il Personale

SI NO E' presente un operatore amministrativo con funzion i di supporto quali centralinista, prenotazioni esami ecc.?

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Se sì, indicare a quali professionisti è rivolta: Medici Infermieri Tecnici di Neurofisiopatologia Altro (specificare) Eventuali commenti:

Sezione 4: Ricerca e Formazione

SI NO La struttura svolge attività di sperimentazione cli nica ( trials farmacologici) nell'ambito dell'epilessia?

SI NO Viene svolta attività di formazione specifica per g li operatori sanitari che operano nella struttura?

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Specificare, in dettaglio, le indagini neurofisiologiche, neuroradiologiche e di laboratorio effettuate in loco o prescritte fuori sede, per il paziente epilettico seguito presso la struttura nell'anno 2008.

Metodica

si no Quantitativo % effettuato in

sede

Quantitativo % effettuato fuori

sede

Esami ematochimici/dosaggio farmacologico

Test neuropsicologici

Indagini genetiche

Indagini neuroradiologiche: TAC

RMN

SPECT

RMN funzionale

Altro (specificare)

Indagini neurofisiologiche: EEG

EEG con deprivazione di sonno

Video EEG-poligrafici

Monitoraggi Video EEG-poligrafici prolungati con finalità diagnostiche, di orientamento terapeutico e di identificazione dei candidati alla chirurgia dell'epilessia

Holter EEG ( monitoraggio ambulatoriale)

Sezione 5: Attività diagnostica multidisciplinare

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Registrazioni con metodiche invasive (elettrodi intracerebrali, subdurali, epidurali ecc.)

Altro (specificare):

Se sì, indicare quali

Indicare la dotazione strumentale di neurofisiologia presso la struttura:

SI NO Sono previsti percorsi codificati per ottimizzare l a gestione del paziente epilettico?

Professionista In sede Fuori sede Psicologico Pediatrico Cardiologico Psichiatrico Ostetrico-ginecologico Genetico Neurochirurgico Altre specialità mediche (specificare) ________________________________________________________

Supporto psicologico-educazionale Supporto socio-assistenziale

SI NO E' prevista la continuità terapeutica, ovvero il pa ziente viene rivisto dallo stesso medico ?

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EEG n° HOLTER EEG n°

Video- EEG n° Altro (specificare la tipologia) n°

Eventuali commenti:

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Denominazione dell’Azienda Sanitaria

Regionale

Codice anagrafica dell’Azienda Responsabile della raccolta dei dati riportati in q uesto censimento

Cognome e Nome Ruolo telefono cellulare telefono e-mail fax Eventuali commenti:

Il Responsabile del Servizio

(timbro e firma)


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