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Piano del cibo della
provincia di Pisa
Laboratorio di studi rurali Sismondi (a cura di)
[ottobre 2011]
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Sommario
Introduzione ................................................................................................................................................................. 4
1. Le politiche alimentari locali: un ambito di integrazione delle politiche pubbliche
Vanessa Malandrin ........................................................................................................................................... 5
1.1. La multidimensionalità del cibo e la necessità di un coordinamento delle
politiche ................................................................................................................................................................... 5
1.2. I principi per una politica alimentare sostenibile: le premesse ....................................... 5
1.3. Gli ambiti delle politiche alimentari locali................................................................................... 7
1.4. Politiche alimentari locali ..................................................................................................................... 9
1.5. Evoluzione dei percorsi ed esperienze pioniere ..................................................................... 11
1.6. Un'analisi comparativa delle 'carte del cibo' nel mondo .................................................... 12
1.7. Gli indicatori in base a cui valutare l'efficacia delle politiche ....................................... 16
2. Il contesto in cui operiamo
Laura Fastelli ................................................................................................................................................................ 18
2.1. Profilo Territoriale ................................................................................................................................. 19
2.2. Profilo Demografico ............................................................................................................................... 22
2.3. Profilo Economico ................................................................................................................................... 23
2.4. Consumi e Stili alimentari ................................................................................................................... 26
2.5. Profilo di Salute: le malattie legate all’alimentazione e l’incidenza dell’obesità .. 27
3. I soggetti
Silvia Innocenti ............................................................................................................................................................. 29
3.1. Amministrazioni locali: ........................................................................................................................ 29
3.2. Operatori della salute: .......................................................................................................................... 29
3.3 Soggetti economici: .................................................................................................................................. 29
3.4. Educatori, ricercatori e studenti ..................................................................................................... 30
3.5. Società civile ............................................................................................................................................... 30
3.6. Famiglie......................................................................................................................................................... 30
4. Gli strumenti
Silvia Innocenti ............................................................................................................................................................. 31
4.1 Introduzione ................................................................................................................................................ 31
4.2. Le relazioni .................................................................................................................................................. 32
4.3. Il blog .............................................................................................................................................................. 33
4.4. Il social network “Piano del cibo web” ......................................................................................... 34
4.5. Le interazioni delle tre dimensioni di relazione nelle dinamiche legate alla
refezione scolastica ......................................................................................................................................... 36
4.6. Verso il Piano del Cibo: le persone ................................................................................................. 38
5. La carta del cibo
Gianluca Brunori .......................................................................................................................................................... 39
5.1. Un modello di città .................................................................................................................................. 39
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5.2. La sicurezza alimentare ....................................................................................................................... 39
5.3. Una dieta sostenibile ............................................................................................................................. 39
5.4. Gli ostacoli ad una dieta sostenibile .............................................................................................. 40
5.5. La democrazia alimentare .................................................................................................................. 40
5.6. Gli obiettivi del piano del cibo .......................................................................................................... 41
5.7. Gli strumenti del piano del cibo ....................................................................................................... 41
6. Una strategia per il cibo
Francesco Di Iacovo ..................................................................................................................................................... 43
6.1. Il significato di una strategia per il cibo ...................................................................................... 43
6.2. Alcuni obiettivi per una strategia per il cibo ............................................................................ 44
6.3. Le azioni di una strategia per il cibo .............................................................................................. 44
6.4. Le fasi di lavoro: dalla carta, alla strategia al Piano del cibo ............................................ 46
6.5. Gli impegni dei sottoscrittori del piano del cibo ..................................................................... 47
6.6. Parole ed azioni chiave per una nuova condotta sul cibo .................................................. 49
Conclusioni ................................................................................................................................................................ 52
ALLEGATI
ALL1: Atto politico di indirizzo
ALL 2: Verbali degli incontri
- Incontro con i tecnici delle amministrazioni locali
- Incontro con gli operatori della salute
- Incontro con il mondo della ricerca
- Incontro con il mondo delle associazioni
- Incontro con i soggetti economici
ALL 3: Free Mind
- La mappa del cibo
- Le dimensioni della salute
ALL 4: Manuale d’uso Ning
ALL 5: Programma del convegno “Presentazione della Carta e della Strategia del Cibo –
15 ottobre 2011”
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Introduzione
Questo rapporto nasce a conclusione delle attività del progetto “Piano del cibo della provincia di Pisa”,
svolto dal Laboratorio di studi rurali Sismondi e finanziato dalla Regione Toscana.
Il progetto è inserito nel percorso di realizzazione di un Piano del cibo promosso dall’Amministrazione
provinciale e che riguarda tutto il territorio della Provincia di Pisa.
Il Piano del cibo, la cui attività non termina con la conclusione di questo primo anno, ha come obiettivo
il coordinamento delle politiche pubbliche, delle iniziative della società civile e delle attività delle
imprese in funzione dell’accesso ad un’alimentazione salutare e sostenibile per tutti.
Con questa finalità, il gruppo di lavoro del Laboratorio Sismondi ha strutturato il proprio lavoro a
partire dalla conoscenza della realtà esistente, intrecciando una fitta rete di rapporti e connessioni con
altri soggetti presenti sul territorio provinciale e attivi nel mondo della produzione, della ricerca
scientifica, della tutela e promozione della salute e della società civile.
Il percorso ha previsto momenti di incontro e di approfondimento, oltre alla predisposizione di
strumenti web 2.0 per creare un network virtuale, grazie al quale è stato possibile giungere alla
definizione di una Carta di principi e di una Strategia del cibo, punto di conclusione del primo anno di
attività e di apertura della seconda fase del progetto.
Questo rapporto illustra il percorso compiuto, a partire dal significato delle politiche alimentari locali,
con riferimento anche alla iniziative già in atto in Europa e negli Stati Uniti, passando poi alla
descrizione del contesto locale e al dettaglio delle iniziative realizzate nella provincia di Pisa.
Nell’ultima parte sono inserite la Carta e la Strategia del cibo, presentate nel convegno svolto nel Parco
di San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli, il 15 ottobre scorso.
In quella occasione sono state raccolte le adesioni delle Amministrazioni locali presenti, attraverso la
firma e la sottoscrizione della Carta, che apre le attività e le prospettive per la realizzazione dei
prossimi passi verso il Piano del cibo: la definizione di un accordo di programma che dia forza ai
principi contenuti nella Carta e nella Strategia e la nascita di un’Alleanza per il cibo, che raccolga e
coordini le istanze provenienti dai diversi soggetti presenti sul territorio.
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1. Le politiche alimentari locali: un ambito di integrazione delle
politiche pubbliche
Vanessa Malandrin
1.1. La multidimensionalità del cibo e la necessità di un coordinamento delle politiche
Il tema del cibo, spesso dato per scontato nella nostra quotidianità, ad un’analisi più approfondita si
rivela estremamente complesso, per via dei numerosi legami che esso instaura - tra le fasi di
produzione e consumo - con altri ambiti importanti come l’ambiente e il territorio, la salute pubblica,
l’etica, l’economia e la società. Attorno al cibo, infatti, orbitano numerosissime sfere d’interesse già
oggetto di politiche mirate, che necessitano ora di forme avanzate e specifiche di coordinamento.
L’attenzione va soprattutto alle aree urbane e metropolitane, in cui già oggi si concentra più della metà
della popolazione mondiale e che per questo richiedono la diffusione di nuovi approcci culturali e
tecnico-operativi nelle politiche, capaci di integrare i diversi aspetti correlati al tema del cibo, tra cui i
trasporti, l’uso del territorio e delle risorse disponibili, il divario tra le condizioni socio-economiche
degli abitanti nelle città.
Le città si possono pensare come dotate di un "processo metabolico", chiamato metabolismo urbano;
esso è definito come “l'insieme dei procedimenti tecnici e socio-economici che hanno luogo in città con
conseguente crescita, produzione di energia ed eliminazione dei rifiuti”1. Lo studio del metabolismo
urbano richiede una quantificazione dei flussi di input e output (energia, acqua, alimenti e rifiuti) a
livello urbano, sollevando quindi il tema della sostenibilità; strumenti di valutazione quantitativa come
l'analisi del flusso dei materiali, la valutazione del ciclo di vita e l'impronta ecologica2 sono diventati
così indicatori della sostenibilità in varie città del mondo.
In questa prospettiva alle amministrazioni pubbliche spetta il compito di regolare il metabolismo delle
città, individuando e integrando quelle politiche (ambientali, energetiche, alimentari, territoriali e dei
trasporti) tese a garantire l’efficienza dell’uso delle risorse per il benessere dei cittadini e la tutela
dell’ambiente, limitando il più possibile le esternalità negative dello sviluppo. Le competenze della
politica alimentare riguardano: i modi di produzione del cibo, come esso viene trasformato nonché
distribuito e consumato; le tipologie di strutture di approvvigionamento e le azioni a tutela della salute
e l'ambiente; le ricerche scientifiche per l’innovazione alimentare e la governance formale negli ambiti
inerenti i processi di produzione-consumo e relative implicazioni; l’educazione alimentare nelle
diverse fasce sociali; l'impatto che le dinamiche del sistema alimentare hanno sulla società e il modo in
cui esse sono prese in considerazione dalle stesse politiche.
Concentrandosi su tali dinamiche (spaziali, economiche, politiche, sociali e culturali), è evidente che
nella progettazione delle strategie alimentari non si può prescindere dalla multidimensionalità e
territorialità connesse al tema del cibo.
1.2. I principi per una politica alimentare sostenibile: le premesse
La Comunità Europea, accogliendo i principi espressi nella “Dichiarazione di Rio de Janeiro
sull’ambiente e lo sviluppo” del 1992, ha definito lo sviluppo sostenibile come “una politica e una
1 Kennedy C.A., J. Cuddihy, and J. Engel Yan, 2007 - The changing metabolism of cities, Journal of Industrial Ecology. 2 Ecological footprint, affiancata anche dalla Carbon footprint e dalla Water footprint, due indicatori dell’impatto ambientale delle attività umane.
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strategia per perseguire lo sviluppo economico e sociale che non rechi danno all’ambiente e alle risorse
naturali dalle quali dipendono il proseguimento dell’attività umana e lo sviluppo futuro”.
Analizzando le forme d’impatto ambientale umano sul pianeta, la maggiore in assoluto risulta il
consumo di acqua, che da solo rappresenta il 41-46% dell'impatto totale. Poiché il 70% dell’acqua è
utilizzato in agricoltura (nello specifico nel settore della zootecnia), da questi pochi dati è facile
comprendere quanto la produzione di cibo sia un’attività in grado di esercitare una forte pressione
sull’ambiente. Tale pressione varia poi secondo i sistemi produttivi adottati (come si produce?), ma
varia considerevolmente anche in funzione delle abitudini alimentari delle popolazioni (cosa si
mangia?), cioè di quelle diete che per tradizione e cultura sono radicate e vanno tutt’ora affermandosi
nei vari Paesi.
La definizione di dieta sostenibile fornita recentemente dalla FAO (Symposium on Biodiversity and
Sustainable Diets - Novembre 2010, Roma) afferma che “per diete sostenibili s’intendono quelle diete
con basso impatto ambientale, che contribuiscono a un accesso sicuro al cibo e alla nutrizione e a una
vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili proteggono e rispettano la biodiversità e
gli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, raggiungibili, economicamente giuste e accessibili;
adeguate dal punto di vista nutrizionale, sicure e sane – mentre allo stesso tempo ottimizzano le risorse
naturali e umane”.
È interessante notale come in questa definizione sia stato incluso anche il concetto di “accesso sicuro al
cibo”, perché non è sufficiente che venga prodotto cibo sano e in abbondanza, ma esso deve essere
anche disponibile a prezzi ragionevoli e facilmente reperibile. Questi requisiti non sempre però
vengono soddisfatti neanche nelle più moderne e sviluppate città del mondo, e per questo è nato il
concetto di Community Food Security: “Community Food Security è la condizione in cui tutti i cittadini
hanno una dieta sana, culturalmente appropriata e nutrizionalmente corretta, attraverso un sistema
alimentare sostenibile dal punto di vista economico e ambientale, che promuove la capacità di affidarsi
alle risorse locali comuni e la giustizia sociale”3.
Per raggiungere questi obiettivi, negli Stati Uniti è nata la Coalizione per la Community Food Security
(CFSC), un’associazione no-profit di cui sono già membri 300 organizzazioni. Il suo operato mira a
garantire a tutti i cittadini cibo sano, sostenibile, giusto e democratico; per fare ciò cerca di
rivitalizzare le comunità e le economie locali, in particolare sostenendo la produzione sostenibile di
cibo locale in aziende agricole a conduzione familiare.
Questo diffuso approccio al tema del cibo, che fa riferimento all’autonomia delle comunità nella
gestione e nell’accesso alle proprie risorse, si lega strettamente ai concetti di democrazia alimentare e
di Sovranità Alimentare.
Sovranità Alimentare è un termine coniato nel 1996 dai membri di Via Campesina4. Secondo la più
recente definizione approvata nella dichiarazione del 2007 del Forum di Nyéléni, “Sovranità
Alimentare è il diritto delle persone ad un cibo appropriato sia dal punto vista della salute che della
propria cultura, prodotto con metodi ecologicamente sicuri e sostenibili, e il diritto di determinare il
proprio cibo e i propri sistemi agricoli”.
3 http://www.whyhunger.org 4 Via Campesina nasce nel 1993 e si autodefinisce come un movimento internazionale che coordina le organizzazioni contadine dei piccoli e medi produttori, dei lavoratori agricoli, delle donne rurali e delle comunità indigene di 70 Paesi in Asia, Africa, America ed Europa (http://viacampesina.org).
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L’idea di Sovranità Alimentare mette al centro dei sistemi alimentari le aspirazioni, i bisogni e il
sostentamento di chi produce, distribuisce e consuma il cibo, piuttosto che le richieste del mercato e
delle multinazionali; dà priorità alla produzione e al consumo locale di cibo; si assicura che i diritti per
l’uso e la gestione di risorse come suolo, territorio, acqua, sementi, bestiame e biodiversità siano nelle
mani di coloro che producono il cibo e non di altri gruppi di interesse economico o politico.
Mentre le rivendicazioni dei sostenitori della Sovranità Alimentare ben si adattano ad un contesto di
relazioni politiche e di mercato internazionali, lo strumento di lavoro e di riflessione più funzionale a
livello locale è forse il concetto di democrazia alimentare. Questo termine è stato coniato da Tim Lang5
a metà degli anni ’90 e afferma che i cittadini hanno il potere di determinare le politiche e le pratiche
riguardanti il cibo sia a livello locale, regionale e nazionale che globale. È un diritto e una
responsabilità dei cittadini partecipare a decisioni riguardanti il proprio sistema alimentare, inoltre
questo processo può trasformare le singole persone da “consumatori passivi a cittadini attivi”. La
democrazia alimentare pone molta enfasi sul principio della giustizia sociale, in cui il cibo è visto come
il centro di processi democratici; ciò va ben oltre l’ideologia di poter cambiare il sistema considerando
le proprie scelte d’acquisto alla stregua di un voto, perché in questa visione chi ha più potere
d’acquisto ha anche più diritto di voto, mentre le opinioni di chi spende meno non avranno abbastanza
peso per farsi sentire. La democrazia alimentare si propone invece di decentralizzare il potere a favore
dell’intera popolazione, sottraendolo al controllo delle grandi imprese. Non basta quindi rendere
accessibile il cibo anche alle fasce della società a basso reddito, o ai gruppi etnici emarginati, ma è
soprattutto importante investire tutte le persone del potere di prendere decisioni nell’ambito del
proprio sistema alimentare.
1.3. Gli ambiti delle politiche alimentari locali
Come abbiamo accennato nell’introduzione, il tema del cibo è per eccellenza multidimensionale.
Ambiti come la salute pubblica, l’ambiente e il territorio, l’etica, l’economia e la società sono
strettamente connessi alla produzione, al consumo e allo smaltimento del cibo; pertanto le strategie
alimentari dovranno tenere fortemente in conto di questi legami e renderne il più possibile
consapevoli e partecipi anche i cittadini.
Prevenzione ed educazione alimentare
Nel settore della salute pubblica, sarà fondamentale far comprendere l’importanza di una dieta sana
nella prevenzione di patologie legate al cibo in rapida diffusione, come obesità, diabete e malattie
cardiovascolari; in particolare quest’ultime da sole rappresentano la principale causa di morte nei
Paesi dell’Unione Europea ed è riconosciuto che la loro insorgenza dipende fortemente da
alimentazione e stili di vita. I programmi di educazione alimentare e di educazione a uno stile di vita
sano - fin dalla prima infanzia - saranno quindi un punto chiave delle politiche alimentari, con lo scopo
di diffondere tra i cittadini la cultura della prevenzione e le conoscenze utili a mantenere una buona
salute. Più in generale, importanti strumenti per il raggiungimento di obiettivi di crescita di
consapevolezza e di educazione sono tutte le azioni di comunicazione e rivolte a diffondere
5 Tim Lang è Professore di politiche del cibo alla City University di Londra e co-autore con Erik Millstone dell’Atlante del Cibo.
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informazione, affinché le conoscenze possano circolare e non rimangano confinate a pochi esperti del
settore.
Acquisti pubblici
Non vi sono però solo scelte individuali in campo alimentare, bensì anche molte circostanze in cui le
scelte sono fatte da alcune persone che hanno il potere di decidere per molte altre; è questo il caso
forniture degli approvvigionamenti pubblici, come per le mense scolastiche e le mense aziendali.
Grazie alla recente diffusione della pratica degli Acquisti Pubblici Verdi (Green Public Procurement,
GPP) è oggi possibile basare anche questo tipo di scelte su criteri di sostenibilità ambientale. Il GPP
può essere considerato uno strumento di politica ambientale volontario, che intende favorire lo
sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della
domanda pubblica. Le autorità pubbliche che intraprendono azioni di GPP s’impegnano sia a
razionalizzare acquisti e consumi che a incrementare la qualità ambientale delle proprie forniture e
affidamenti. Già dal 2003 la Commissione Europea ha invitato gli stati membri ad adottare dei Piani
d’azione nazionali sul GPP per assicurarne la massima diffusione e nel 2005 ha pubblicato un manuale
sugli acquisti verdi6. Basare gli acquisti pubblici su criteri di efficienza energetica e sostenibilità
ambientale può consentire infatti un risparmio economico non indifferente. Il mercato di prodotti
ecocompatibili comprende attualmente gli elettrodomestici, l’hardware, l’edilizia, gli arredi per uffici,
la carta, i mezzi di trasporto, i servizi di pulizia e il cibo per le mense; nel caso del cibo GPP significa
orientarsi verso una dieta sana e sostenibile, basata su prodotti locali che rispettano la stagionalità e
ottenuti con metodi di produzione rispettosi dell’ambiente.
Riduzione degli sprechi
Razionalizzare i consumi è fondamentale anche per rendere minimo lo spreco, e ciò è tanto più vero
quando si parla di prodotti alimentari, spesso facilmente deperibili e quindi facilmente soggetti a
diventare dei rifiuti. Pochi sanno quanto siano vaste le proporzioni dello spreco alimentare ed è questo
uno dei punti sui quali è necessario informare e sensibilizzare sia i cittadini che le istituzioni. Il sistema
alimentare attuale “può permettersi” di sprecare a livello mondiale 40 milioni di tonnellate di cibo
all’anno. Una parte di questa enorme quantità cibo, come frutta e verdura, viene scartata ancora prima
di raggiungere i luoghi di acquisto e di consumo, per il solo fatto di non rispondere a rigidi standard
che vengono imposti per misura, forma, peso e canoni estetici. Tutto ciò è contrario ad ogni logica
economica, ambientale e soprattutto etica, se si considera che il cibo sprecato globalmente sarebbe più
che sufficiente a nutrire quel miliardo di persone che al mondo oggi soffrono la fame e la
malnutrizione, mentre il suo smaltimento in qualità di rifiuto comporta una serie di problemi
ambientali non trascurabili.
Pianificazione territoriale
È importante considerare anche il ruolo delle politiche alimentari locali nell’armonizzare la domanda
di cibo con la gestione delle risorse del territorio. Poter con disporre di prodotti alimentari locali e
stagionali, presuppone anche: regolare adeguatamente gli usi del suolo, in relazione alle sue diverse
6 Acquistare verde! Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili - Commissione europea http://www.dsa.minambiente.it/gpp/file/buying_green_handbook_it.pdf
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destinazioni (residenzialità, strutture commerciali, viabilità e infrastrutture, insediamenti produttivi,
etc.), ponendo particolare attenzione alla salvaguardia del suolo agricolo; permettere le pratiche di
coltivazione anche all’interno delle città, salvaguardando spazi idonei (orti urbani). Tutto questo in
coerenza con la necessità di mantenere territori agricoli vitali e produttivi intorno alle aree urbane;
consentire un adeguato accesso alla terra e il ricambio generazionale tra gli agricoltori; garantire spazi
di mercato alle produzioni locali. E’ evidente l’importanza di mettere in atto politiche di pianificazione
territoriale che tengano in conto di tutte queste implicazioni, e sappiano integrarsi con gli altri ambiti
di competenza politica (es. politiche rurali, commerciali, delle infrastrutture).
Forme di commercializzazione
Un grande impulso verso cambiamenti positivi può derivare dalla capacità di introdurre innovazione
anche nelle modalità con cui il cibo è distribuito, nei modi in cui produzione e consumo si connettono,
per l’importanza che questi rivestono nel condizionare il rapporto con il cibo, nel modo in cui esso è
percepito e conosciuto e nelle pratiche alimentari. E’ questa un’area dove in tempi recenti si è
sviluppata una grande capacità di cambiamento, per iniziativa dei soggetti che per lungo tempo hanno
avuto un ruolo meno attivo o comunque progressivamente meno importante nel condizionare gli stili
alimentari, i produttori agricoli e i consumatori. Sono espressione nota di tale mobilizzazione la
comparsa e l’affermazione di forme di relazione diretta, auto-organizzate e in massima parte su scala
locale, come i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), i mercati contadini, i punti vendita gestiti in forma
collettiva (che vanno ad aggiungersi alla tradizionale vendita diretta gestita dalle singole aziende).
Queste esperienze innovative assumono una dimensione che va al di là del semplice scambio
economico, favorendo la circolazione di nuova conoscenza e innescando veri e propri processi di
apprendimento sociale, particolarmente importanti per i consumatori. In forte diffusione su tutto il
territorio nazionale, esse stanno coinvolgendo attorno all’obiettivo di diversificare i modelli
organizzativi del sistema agroalimentare anche altri soggetti, come amministrazioni locali,
organizzazioni professionali agricole, associazioni di consumatori, associazioni culturali e
ambientaliste, etc.. La presenza di tali alternative rispetto ad un sistema tendenzialmente unico crea
già di per sé condizioni più favorevoli in un’ottica di democrazia alimentare; a ciò si aggiungono i
vantaggi in termini di sostenibilità sociale, economica e ambientale che, a diverso titolo, vengono
attribuiti a tali diverse tipologie di relazione tra produzione e consumo. Inoltre, la volontà di gestire in
forma diretta questa relazione, ma anche la conoscenza più approfondita delle esigenze delle due parti
stanno generando ulteriori interessanti esperienze di innovazione, sulla spinta della necessità di
individuare forme organizzative più efficienti, che possano superare i limiti che talvolta le modalità di
relazione diretta tra produttori e consumatori incontrano. Ne sono un esempio le iniziative di gestione
della fase distributiva in forma collettiva/cooperativa o quelle che vedono la presenza di soggetti terzi
come intermediari.
1.4. Politiche alimentari locali
Nonostante l'interesse politico, della società civile e accademico per le politiche alimentari locali stia
rapidamente aumentando, le tematiche legate al cibo restano ancora in gran parte estranee ai campi
della pianificazione urbana e regionale, alle politiche di pianificazione degli spazi e agli studi sulla
pianificazione in generale. Soltanto recentemente infatti è stata riconosciuta l’importanza del
“Sustainable Food Planning” (SFP), un settore della pianificazione orientato verso la ricerca di nuovi
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paradigmi per la pianificazione urbana e rurale, in grado di supportare sistemi alimentari sostenibili
ed equi. È nel 2007 che, con la pubblicazione della “Guida alle politiche sulla pianificazione alimentare
a livello locale e regionale” (Policy Guide on Community and Regional Food Planning) da parte
dell’Associazione Americana di Pianificazione (APA), si assiste ad un ingresso più ufficiale delle
tematiche del cibo nel campo della pianificazione. Si è giunti a questo stadio con la consapevolezza che
è importante non solamente disporre di politiche alimentari appropriate e innovative a livello locale,
ma anche e soprattutto mettere in atto uno sforzo più ampio di coordinamento delle varie iniziative
presenti sul territorio.
Di seguito vengono prese in considerazione le esperienze più avanzate in questo campo, facendo
specifico riferimento sia agli strumenti utilizzati che alle iniziative attivate.
I Food Policy Councils
Tra i principali strumenti di coordinamento e integrazione delle politiche alimentari locali ad oggi
messi a punto e adottati, troviamo i Food Policy Councils (FPC), una forma innovativa di governance
comparsa circa trent’anni fa negli Stati Uniti, che ha guadagnato nell’ultimi dieci anni rilievo e
influenza - come dimostrato dalla nascita di più di cento FPC in tutto il Paese.
I Food Policy Councils (FPCs) sono forme innovative di collaborazione tra cittadini e soggetti pubblici
e imprese, che danno voce alle preoccupazioni e agli interessi di soggetti generalmente sotto-
rappresentati dalle istituzioni. L’obiettivo principale dei FPCs è esaminare il funzionamento di un
sistema alimentare locale per poi fornire idee e raccomandazioni per migliorarlo apportando
cambiamenti nelle politiche pubbliche. I FPCs sono generalmente riconosciuti da un atto del governo
(un Ordine Esecutivo, un Atto Pubblico o una Risoluzione Comune), tuttavia molti si sono formati per
iniziative sorte dal basso e svolgono le loro attività senza un documento ufficiale che li riconosca.
Essendo spesso avviati da attori governativi, i FPCs tendono ad avere delle relazioni di tipo formale
con i soggetti pubblici e privati.
I FPCs possono essere amministrati dal soggetto pubblico o attraverso istituzioni no-profit e . alcuni
esempi di gestione negli Stati Uniti ci dimostrano come vi siano molte diverse possibilità: A Portland
in Oregon, il FPC locale è amministrato dall’ufficio cittadino per lo Sviluppo Sostenibile; in Iowa se ne
occupa un’istituzione accademica universitaria; in New Mexico invece un’organizzazione no-profit
chiamata “Farm to Table”. In quest’ultimo caso è stato il FPC a creare attorno a sé un movimento dal
basso, che successivamente è stato riconosciuto dal governo. Ci sono vantaggi e svantaggi per ognuno
di questi diverse modalità di gestione e non è immediato stabilire quale sia quella più vantaggiosa;
saranno la cultura, il clima politico e i bisogni specifici delle politiche del cibo e dell’agricoltura oggetto
dello specifico FPC a determinarla.
Nella sua composizione ideale, un FPC comprende esponenti di tutti e cinque i settori del sistema
alimentare (produzione, consumo, trasformazione, distribuzione e gestione degli scarti e dei rifiuti).
Spesso include anche persone impegnate in progetti per la giustizia alimentare e contro la fame,
educatori, organizzazioni no-profit, cittadini interessati, soggetti istituzionali. Tutti i membri dei FPCs
svolgono un’attività volontaria e prestano giuramento, dichiarando di agire sempre nell’interesse
pubblico, senza seguire gli interessi di alcuna organizzazione o attività commerciale privata.
I FPCs assolvono a quattro funzioni principali:
• consentono di creare momenti di confronto, socializzazione e mobilizzazione attorno alle
tematiche del cibo;
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• facilitano un’azione di coordinamento delle diverse letture del cibo;
• creano le condizioni per poter mettere in atto un’azione di valutazione e quindi di
orientamento delle politiche sul cibo;
• favoriscono l’avvio e il supporto di specifici progetti e programmi sul territorio.
Il loro scopo primario è quello di identificare e proporre soluzioni innovative con cui migliorare i
sistemi alimentari locali o statali, stimolando lo sviluppo economico locale e rendendo i sistemi
alimentari più sostenibili e giusti da un punto di vista ambientale e sociale.
L’importanza dei FPC è evidente, soprattutto se consideriamo che nessuna entità di governo
negli Stati Uniti è dotata di un “Dipartimento del cibo”, per cui le problematiche legate al cibo
sono affrontate da diverse organizzazioni; ciò limita fortemente le potenzialità di
coordinamento e l’efficienza stessa delle azioni del governo nel cercare di raggiungere vasti
obiettivi, come il miglioramento dell’accesso ad un cibo più sano. I FPC quindi, riunendo un
gruppo multi-disciplinare di attori locali, aiutano a saldare questa frattura e a identificare
nuovi modi per migliorare il sistema alimentare. È sul modello di esperienze simili che parte il
percorso del Piano del Cibo della provincia di Pisa.
1.5. Evoluzione dei percorsi ed esperienze pioniere
La città di Hartford in Connecticut (USA) è stata una delle prime ad integrare la pianificazione del
sistema alimentare nella più ampia agenda delle politiche locali, fornendo così un importante esempio
e un modello d’azione per tutti gli Stati Uniti. Il Capitol Region Council of Governments (CRCOG) -
l’agenzia regionale di pianificazione per le 32 città dell’area di Hartford - è stata probabilmente uno dei
primi dipartimenti a integrare il food system planning nel suo Piano Regionale di Sviluppo.
La Commissione Consiliare di Hartford sulle Politiche del Cibo fu istituita nel 1991 dal Consiglio di
Hartford, per implementare le raccomandazioni della task force stabilita dal Sindaco sulla fame
proprio in quell’anno. L’ordinanza dichiarava: “lo scopo della politica dovrebbe essere quello di
integrare tutti i dipartimenti della città in uno sforzo comune per migliorare la disponibilità di cibo sano
e nutriente, a prezzi ragionevoli per tutti i cittadini, particolarmente per quelli in condizioni di maggior
bisogno”.
La stessa ordinanza stabilì anche quattro obiettivi per la politica del cibo cittadina:
� eliminare la fame come ostacolo a una vita felice, sana e produttiva;
� assicurare che sia disponibile un’ampia varietà di cibi sani e nutrienti per i cittadini;
� assicurare che l’accesso al cibo non sia limitato dallo status economico, dalla zona di residenza o da
altri fattori che non dipendono dal controllo dei cittadini;
� assicurare che i prezzi del cibo in città rimangano ad un livello che si avvicina a quello dello stato.
Questi obiettivi iniziali sono validi ancora oggi, anzi la loro importanza risulta accentuata dall’attuale
recessione economica, che ha creato grosse difficoltà ai residenti di Hartford a basso reddito.
Nel documento iniziale vengono anche identificate quattordici funzioni che il governo cittadino può
utilizzare per migliorare questa politica, tra cui il trasporto, l’uso del territorio, i servizi diretti (come il
programma WIC7), l’educazione, il controllo della salute e lo sviluppo delle attività economiche.
7 Il programma WIC fornisce supplementi nutritivi a donne, neonati e bambini (The Special Supplemental Nutrition Program for Women, Infants, and Children).
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Esempi di attività della Commissione includono: cambiamenti nella gestione del programma WIC
(condotti dal Dipartimento di Hartford per i Servizi alla Salute e alla Persona), che hanno portato a una
maggiore partecipazione delle madri a basso reddito; interviste sugli schemi di acquisto nei
supermercati e i tragitti dei trasporti pubblici, che hanno portato a creare nuovi percorsi degli autobus
migliorando l’accesso ai supermercati; sforzi di pianificazione e coordinamento con le agenzie
cittadine per far fronte agli alti tassi d’incidenza di diabete e obesità.
1.6. Un'analisi comparativa delle 'carte del cibo' nel mondo
Una “Carta del Cibo” è un documento che afferma i valori e i principi che guidano le politiche
del cibo in una comunità. Si giunge alla stesura di un documento di questo tipo attraverso un
processo partecipativo, in cui persone e organizzazioni appartenenti a diversi ambiti si
incontrano per discutere le loro preoccupazioni e i loro desideri sul tema del cibo e delle
politiche agricole, per arrivare infine ad esprimere una visione comune e una serie di principi,
che formeranno la base della loro Carta del Cibo, che quindi risulta specifica per quella
comunità e per quel luogo. Una volta che la Carta viene adottata dal consiglio municipale
locale, diventa un documento pubblico e in accordo ad essa e ai principi che esprime verranno
prese le decisioni politiche in ambito alimentare.
Dalla comparazione di diverse carte del cibo è possibile notare quali siano i principi più
largamente diffusi. L'accesso al cibo come diritto dei cittadini è quasi sempre alla base di
questi documenti, in cui spesso si specifica anche che tale cibo deve essere sano e sicuro; ciò si
ritiene fondamentale per garantire un buon livello di salute pubblica. Per far si che le persone
possano fare scelte alimentari appropriate è anche necessario da un lato che sia disponibile e
facilmente accessibile cibo fresco e nutriente, e dall'altro che nella comunità vi sia
un'educazione diffusa a sostegno di queste scelte. Molta importanza viene accordata alla
produzione locale di cibo, allo sviluppo sostenibile di piccoli produttori agricoli e alle
opportunità di mercato come i mercati contadini. Quando la produzione è locale, è anche più
facile stabilire dei nessi tra produzione di cibo e ambiente, o tra diete sostenibili e ambiente;
molti documenti sottolineano la necessità di tutelare le risorse naturali, di proporre metodi di
produzione agricola sempre meno impattanti e di salvare i territori agricoli da cambiamenti
verso altre destinazioni d'uso.
Nella seguente tabella sono riassunti per parole chiave i principi enunciati in varie carte del
cibo di alcune città degli Stati Uniti e dell'Inghilterra.
13
Carta del Cibo per
città/regione e
stato
Parole chiave delle cinque dimensioni del cibo
Salute Territorio e ambiente Etica Economia Società
Philadelphia,
Pennsylvania - USA
Accesso a cibi sani; Prezzi accessibili per i terreni
agricoli; protezione delle
risorse naturali
Equità,
rispetto di
principi etici
Sviluppo di imprese
agricole; micro-
credito, credito a
interessi bassi
educazione ai cibi
sani; educazione nelle
scuole;
collaborazione;
comunicazione
Hartford, Connecticut -
USA
Accesso a cibi sani. Agricoltura urbana e orti
comuni
Dignità per chi
chiede cibo
Mercati contadini;
prezzi accessibili per
il cibo
Programmi alimentari
Sacramento, California
- USA
Salute, obesità,
fame, accesso a cibi
locali sani.
Urban sprawl; emissioni di
CO2; tutela dei terreni agricoli
locali; compost; orti urbani
Diritto a un
cibo sano e
nutriente
Impatto economico di
malattie legate alla
dieta; lavori
sostenibili nella filiera
alimentare; mercati
contadini, economia
locale
trasporto pubblico e
uso del territorio che
favoriscano accesso a
cibo; educazione;
multiculturalità
alimentare; sviluppo
della comunità
San Francisco,
California - USA
Accesso a cibi sani;
fame; malattie
legate alla dieta
alimentare
Sostenibilità ambientale; orti
urbani; incubatori di progetti
agricoli; terreni agricoli da
conservare; compost;
eliminare sostanze chimiche in
agricoltura
Responsabilità
sociale
Opportunità
economiche nel
settore alimentare;
opportunità di
mercato per i prodotti
locali
educazione
Oakland, California -
USA
Fame; ridurre le
cause ambientali
per le malattie
legate al cibo; poter
fare scelte sane
agricoltura locale sostenibile;
efficienza energetica; compost;
riciclo; tutela delle risorse
ambientali
Responsabilità
sociale
Salari adeguati;
proprietà locale delle
imprese
condivisione
conoscenze
14
Carta del Cibo per
città/regione e
stato
Parole chiave delle cinque dimensioni del cibo
Salute Territorio e ambiente Etica Economia Società
New Mexico - USA Insicurezza
alimentare; accesso
a cibi nutrienti
conservazione di terre, acqua e
risorse
Maggior
attenzione alle
persone più
bisognose
Mercati locali per
prodotti agricoli;
economia agricola;
sostenibilità
dell’agricoltura locale;
piccoli agricoltori;
prezzi ragionevoli
Discussione, forum;
educazione;
preferenze alimentari
culturali;
Iowa - USA Monitorare
l’impatto delle
politiche del cibo
sulla salute;
accesso al cibo
Risorse naturali e terreni
agricoli; resilienza
che i sistemi
alimentare e
agricolo siano
giusti
promuovere il
mercato dei prodotti
locali.
Coinvolgimento;
educazione;
cooperazione; dialogo
Chicago, Illinois - USA Salute pubblica compost; agricoltura urbana Mercati contadini in
luoghi accessibili;
mercati permanenti;
piccoli negozi;
incubator kitchens.
Educazione;
campagna per il
consumo di cibi sani;
sostegno ai contadini
locali;
Baltimore, Maryland -
USA
Malattie legate alla
dieta
Programmi
alimentari che
offrano cibi
sani
Opportunità
commerciali per cibi
sani e convenienti.
comunicazione su cibi
sani;
New York, USA Orti urbani; recupero acqua
piovana; compost; riciclo dei
rifiuti solidi
Londra, UK Accesso al cibo Legami con il territorio; spreco
alimentare
Mercato vivace dei
prodotti freschi, green
Scuola ed educazione
alimentare
15
Carta del Cibo per
città/regione e
stato
Parole chiave delle cinque dimensioni del cibo
Salute Territorio e ambiente Etica Economia Società
public procurement.
Bristol, UK Accesso al cibo
sano
Spreco alimentare; agricoltura
urbana
Orgoglio di
essere
d’esempio;
impatto delle
scelte;
responsabilità
sociale
Piccole imprese locali;
green public
procurement.
Conoscere
provenienza del cibo;
diversità culturale;
sviluppo delle
comunità locali;
capacità culinarie
16
1.7. Gli indicatori in base a cui valutare l'efficacia delle politiche
Per valutare i progressi e le implementazioni delle politiche di un Piano del Cibo, è necessario stabilire
degli indicatori in base ai quali poter fare periodicamente delle misurazioni. Un esempio ci è fornito
dal Piano del Cibo di Philadelphia in Pennsylvania, che basandosi sui suoi valori chiave (agricoltura
sostenibile, responsabilità ecologica e conservazione delle risorse, sviluppo economico, salute, equità,
collaborazione) ha stabilito degli indicatori con cui poter valutare il grado di raggiungimento
dell’obiettivo prefissato di un sistema alimentare regionale più sostenibile, resiliente ed equo.
L’analisi degli indicatori ha permesso di accertare quali sono attualmente i punti di forza e di
debolezza nell’ambito dei sei valori identificati dal Piano:
� i terreni agricoli intorno alla città sono sotto pressione perché ci sono pochi ettari in coltura e
molte aziende sono in deficit;
� è necessario un maggior impegno per migliorare la responsabilità ecologica e la conservazione
delle risorse, la qualità delle acque continua a peggiorare;
� i movimenti per il “cibo locale” e il “cibo sano” sono riconosciuti come strategie di sviluppo
economico, sia a livello nazionale che locale. Anche se i cibi sani continuano ad essere più costosi
degli altri, la gente continua ad acquistarli se ha un accesso sicuro e affidabile a questi prodotti;
� la salute generale della regione continua a diminuire, sebbene ci sia una crescente consapevolezza
pubblica delle patologie legate all’alimentazione;
� gli sforzi per limitare la fame e migliorare l’equità nel sistema alimentare stanno avendo un
impatto positivo, tuttavia un numero crescente di famiglie soffrono di insicurezza alimentare e i
salari dei lavoratori del settore alimentare continuano ad essere ben al di sotto la soglia degli
standard di autosufficienza;
� benché sia un parametro difficile da misurare, gli stakeholders riportano un aumento di
collaborazione tra molte organizzazioni e tra i poteri politici. Molte persone stanno riconoscendo
l’importanza di lavorare assieme per rendere la regione più competitiva.
Riportiamo di seguito come esempio la tabella inclusa nel report “Eating here. Greater
Philadelphia food system plan” che comprende tutti gli indicatori presi in esame e una
semplice rappresentazione grafica del loro stato attuale.
17
18
2. Il contesto in cui operiamo
Laura Fastelli
Il territorio regionale in cui ci troviamo, la Toscana, è il contesto ideale in cui intraprendere una
riflessione coordinata sul cibo, qui infatti è divenuto leva di sviluppo8 economico e culturale sia per le
aree urbane che le aree rurali. L’Amministrazione Provinciale ha ritenuto pertanto importante avviare
un percorso di pianificazione sul tema del cibo con l’intento di comprendere e orientare il sistema
alimentare dell’area arrivando a “coordinare politiche pubbliche, iniziative della società civile e attività
delle imprese in funzione dell'accesso ad un'alimentazione salutare e sostenibile per tutti”.
Al fine di mostrare le molteplici connessioni è stata realizzare una mappa concettuale per il Piano del
Cibo, qui schematizzata in modo sintetico e presentata in forma completa in allegato.
Proprio per la complessità delle intersezioni della tematica con i molteplici campi d’azione, la
redazione del Piano del Cibo non può prescindere dal coinvolgimento di quei soggetti che già
mostrano interesse attivo sul tema. Per il coordinamento delle diverse sfere interessate è necessario
effettuare una serie di passaggi irrinunciabili, quali: la condivisione delle informazioni, l’attivazione di
discussioni pubbliche, l’organizzazione di iniziative congiunte, la definizione di linee guida e di principi
condivisi.
In questa sezione, proprio per rispondere al primo dei suddetti passaggi, proponiamo una
ricostruzione sintetica9 degli aspetti territoriali più rilevanti per le interazioni con le tematiche
affrontate, al fine di contestualizzare il progetto nell’area delimitata dai comuni aderenti al Piano.
I primi comuni aderenti al Piano del Cibo sono 2010 sui 39 facenti parte dell’intera Provincia di Pisa, la
composizione dell’area da essi definita risulta essere fortemente influenzata dalla presenza di un’area
già coesa come la Valdera11 che rappresenta da sola il 75%12 dei comuni coinvolti.
8 Negli ultimi 15 anni sono molti i circuiti economici attivati intorno al sistema alimentare, dal settore agrituristico alle produzioni legate a marchi di qualità certificata legati al territorio (IGP, DOP,..). 9 Con il supporto di dati indicativi temporalmente non omogenei a causa delle diverse fonti utilizzate per ovviare alla mancanza di una fonte censimentaria recente (ultimo Censimento ISTAT 2001). 10 I 20 Comuni sottoscrittori: Bientina, Buti, Calci, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Fauglia, Lajatico, Lari, Montecatini Val di Cecina, Palaia, Peccioli, Pisa, Ponsacco, Pontedera, San Giuliano Terme, Santa Maria a Monte, Terricciola. 11 L’area, afferente all’Unione dei Comuni della Valdera, a differenza degli altri comuni aderenti presenta infatti una serie di esperienze di politiche coordinate. 12 Sui 20 comuni aderenti 15 fanno parte della Valdera.
19
Il contesto territoriale in cui operiamo è dunque costituito da un’area più compatta (15 comuni della
valdera) e da 5 comuni tra loro molto differenti, che rappresentano nel complesso il 46,2% della
superficie provinciale, come mostra la seguente immagine.
L’obiettivo cui il progetto aspira, è di coprire l’intera area provinciale coinvolgendo tutti i comuni che
di essa fanno parte.
Per comprendere al meglio il contesto di riferimento nella molteplicità degli aspetti che lo
caratterizzano, abbiamo analizzato l’area interessata sotto diversi profili, quali: territorio, demografia,
economia, distribuzione e somministrazione, consumi e profilo di salute.
2.1. Profilo Territoriale
Al fine di comprendere le criticità nonché le attitudini proprie del territorio in cui operiamo, è
fondamentale conoscere dati che vanno dall’estensione superficiale alle caratteristiche morfologiche,
dal grado di ruralità al consumo di suolo.
Area Piano del Cibo Confine provinciale (PI )
20
Osservando nel dettaglio l’area dei 20 comuni su cui il piano attualmente interviene si riscontrano, a
livello comunale, caratteristiche dimensionali e morfologiche molto varie; si passa infatti da un
comune pianeggiante di piccolissime dimensioni come Calcinaia (15 Kmq) densamente abitato (760,2
ab./Kmq), a un comune localizzato nelle colline interne come Montecatini Val di Cecina con superficie
molto estesa (155,1 Kmq) e bassissima densità abitativa (12 ab./Kmq). Tale varietà rende necessaria
una particolare cautela nell’ideazione e proposizione delle linee guida generali.
COMUNI della Provincia di
Pisa aderenti al progetto del
Piano del Cibo
Superficie
Kmq
Densità
ab./Kmq
Altimetria
mt. sul mare
Zone
Altimetriche
Bientina 29,3 256,2 10 Pianura
Buti 23,1 251,7 85 Collina litoranea
Calci 25,2 259,0 50 Collina litoranea
Calcinaia 15,0 760,2 16 Pianura
Capannoli 22,7 266,0 51 Collina interna
Casciana Terme 36,4 101,6 125 Collina interna
Chianni 62,1 24,7 284 Collina interna
Crespina 30,0 154,2 86 Collina interna
Fauglia 42,4 85,0 91 Collina interna
Lajatico 72,4 19,1 205 Collina interna
Lari 45,1 193,2 130 Collina interna
Montecatini Val di Cecina 155,1 12,0 416 Collina interna
Palaia 53,5 62,7 240 Collina interna
Peccioli 92,6 53,9 144 Collina interna
Pisa 185,1 477,0 4 Pianura
Ponsacco 19,9 776,6 24 Pianura
Pontedera 45,9 614,5 14 Pianura
San Giuliano Terme 91,8 347,0 6 Pianura
Santa Maria a Monte 38,3 331,3 56 Pianura
Terricciola 43,4 103,2 180 Collina interna
TOT. AREA PdC 1.129,1 257,5
TOT. PROVINCIA (PI) 2.444,4 170,9
TOT. TOSCANA 22.990,2 163,1
A fronte di una situazione complessa13 dal punto di vista morfologico, che identifica il territorio come
particolarmente versatile per la coltivazione di diverse varietà colturali, individuiamo però un grado
di ruralità contenuto. Infatti, benché il territorio presenti in generale una vocazione agricola
significativa, soltanto il 7% della popolazione risiede in comunità rurali14 risultando così classificabile
come urbano predominante15. A rafforzare tale definizione sarebbe necessario analizzare anche altri
due indicatori, quali l’indice di vecchiaia e il tasso di occupati in agricoltura, ma per una ricostruzione
sintetica l’aspetto analizzato risulta sufficientemente indicativo.
Salendo di livello, prima provinciale e poi regionale, in merito all’uso del suolo ci soffermeremo sui dati
relativi al suo consumo avvenuto tra il 1995 e il 2005 in Provincia di Pisa i quali testimoniano un
progressivo disallineamento tra il consumo di suolo a fini edificatori e la crescita della popolazione
13 Presenza di pianura (35%), collina litoranea (10%) e collina interna (55%). 14 In base alla definizione UE una comunità per essere definita rurale non deve superare i 100 ab./Kmq. 15 In base alla definizione un territorio è definibile come urbano predominante laddove meno del 15% della popolazione risiede in comunità rurali, sono 6 i comuni (30% del totale) in cui la densità abitativa risulta inferiore al limite stabilito a livello comunitario la popolazione in essi residente rappresenta solo 7% di quella totale.
21
residente nonché dell'occupazione industriale. A fronte di una crescita della popolazione (+3,18%) nel
decennio analizzato sono stati registrati una stabilità dell'occupazione industriale e un aumento di
suolo urbanizzato (+20,46%) sia a fini produttivi che a fini residenziali. La ovvia conseguenza è
l'erosione del territorio rurale in modo diretto e indiretto, con impatti sui consumi di energia e di
risorse territoriali, conseguenze sulle emissioni di gas serra e, quindi, sui cambiamenti climatici.
Passando più in generale al livello regionale, la distribuzione territoriale della popolazione non si
esaurisce all’interno del dualismo città-campagna ma coinvolge anche i centri urbano-rurali di piccola
e media dimensione che gradualmente sempre più esercitano una forte attrazione in quanto tappe
intermedie tra le due realtà; ed è proprio l’attrattività della campagna urbanizzata nei confronti dei
flussi migratori che sta infatti diluendo, nello spazio e nel tempo, i processi di crescita16 concentrata
della popolazione nelle città principali della regione, di cui di seguito proponiamo una fotografia
complessiva.
In linea generale possiamo affermare che le trasformazioni macroscopiche del mosaico territoriale
toscano, indicano una tendenza alla crescita dei territori urbanizzati, attribuibile in larga parte ad un
aumento delle aree industriali e commerciali ed ai tessuti residenziali radi, localizzata nei territori
pianeggianti e pedecollinari della regione ed in particolare lungo la Valle dell’Arno; parallelamente è
rilevabile una perdita dei territori agricoli anche in favore delle formazioni forestali e un forte
ricambio all’interno della stessa categoria in direzione delle colture più specializzate.
Quanto appena esposto ci consente di ottenere una visione più completa per il compimento di scelte
più consapevoli e idonee al contesto.
16 La crescita insediativa toscana è stata condizionata nelle modalità e nei tempi dalla tradizione mezzadrile e dal suo progressivo declino.
22
2.2. Profilo Demografico
L’analisi dell’assetto demografico rappresenta non solo un indispensabile elemento di contesto per
molte dinamiche territoriali ma anche un determinante costitutivo delle stesse; i fenomeni demografici
ci consentono infatti di interpretare meglio sia il profilo socio sanitario che lo sviluppo economico
della comunità. Tra le tendenze comuni del territorio osservato è opportuno soffermarsi sul basso
ricambio naturale17, sull’età della popolazione mediamente elevata18 e dunque sull’indice di vecchiaia
che indica19, per tutti i comuni analizzati, una sproporzione della presenza di anziani rispetto ai
giovani. Il quadro che emerge è quello di un territorio maturo in linea con l’assetto provinciale e
tendenzialmente migliore di quello regionale. Ad affiancare gli aspetti più propriamente anagrafici
troviamo anche indicatori dell’assetto sociale come il numero di famiglie e l’incidenza della presenza di
cittadini stranieri20 sul totale dei residenti, che indicano una maggiore apertura delle aree più
economicamente forti (Pisa, Ponsacco e Pontedera) e un considerevole peso dei nuclei familiari
minimi diffusi piuttosto omogeneamente21 in tutti i comuni dell’area.
COMUNI della Provincia di
Pisa aderenti al progetto del
Piano del Cibo
Tot.
residenti
Numero
famiglie
Età media
(anni)
Indice
vecchiaia
Saldo
naturale
Saldo
migratorio
Incidenza %
stranieri su
tot. Residenti
Bientina 7709 3084 41,8 1,19 25 189 4,3
Buti 5856 2369 44,1 1,69 -11 4 5,7Calci 6513 2851 43,9 1,55 -1 5 4,5
Calcinaia 11692 4725 41,4 1,19 64 232 5,7
Capannoli 6145 2401 42,4 1,38 19 96 6,5Casciana Terme 3676 1527 45,3 1,84 -29 3 5,9
Chianni 1505 704 48 2,49 -10 -16 6,4Crespina 4131 1597 43,2 1,35 -10 -19 4,9
Fauglia 3601 1429 44,4 1,63 -11 96 5,7Lajatico 1376 588 48,2 2,45 -9 0 4,8
Lari 8841 3516 43,9 1,63 -8 131 5,5
Montecatini Val di Cecina 1883 851 49,4 1,86 -2 26 7,4Palaia 4622 1859 45 1,78 -23 36 5,6
Peccioli 4966 2027 45,4 1,91 -21 -4 6Pisa 88217 43302 46,6 2,23 -321 1.098 11
Ponsacco 15511 6335 41,6 1,25 53 3 9,1Pontedera 28350 11812 44,7 1,83 -84 236 11,9
San Giuliano Terme 31822 12770 44,6 1,75 -39 240 4,8
Santa Maria a Monte 12813 4937 41,8 1,28 26 105 7,3Terricciola 4556 1854 43,4 1,49 0 80 5,5
TOT. AREA PdC 253785 110538 44,455 1,69 -20 127 8,3
TOT. PROVINCIA (PI) 417782 176474 44,455 1,73 -18 1.076 8,1
TOT. TOSCANA 3749813 1617973 45 1,84 -8.885 28.568 9,1
Dal bilancio demografico dell’area si profila un quadro le cui diverse esigenze da soddisfare richiedono
particolare attenzione soprattutto considerando aspetti ulteriori che come il pendolarismo incidono in
17 Per la quasi totalità dei comuni il saldo naturale risulta essere negativo. 18 Da un valere medio minimo di 41,4 anni per Calcinaia a un valore medio massimo di 49,4 anni per Montecatini Val di Cecina. 19 � All’interno della comune tendenza è presente una spiccata varietà data da comuni relativamente più giovani come Bientina e Calcinaia con indice di vecchiaia pari a 1,19 e comuni molto anziani come Pisa con un indice di vecchiaia pari a 2,23. 20 L’apporto dei flussi migratori consiste sia nell’indurre mutamenti strutturali della popolazione (abbassamento età media) sia un incremento 21 L’incidenza degli stessi sulla popolazione per tutti i comuni oscilla intorno al 41,5%, ciò presuppone un basso numero dei componenti per nucleo familiare in media da un minimo di 2 a un massimo di 2,6.
23
modo determinante sulle politiche territoriali. Pensare dunque alla pianificazione di un’area “isolata”22
e contemporaneamente rispondere alle esigenze di un’area caratterizzata da una forte mobilità che
deve fornire servizi al doppio della popolazione in essa residente (area comunale di Pisa), è un
compito molto ostico che richiede una profonda conoscenza complessiva.
MOTIVO DELLO
SPOSTAMENTO
Luogo di destinazione (ISTAT, 2001)
Nello stesso comune
di dimora abituale
Fuori del
comune Totale
Studio 41.446 19.938 61.384
Lavoro 64.297 66.250 130.547
Totale 105.743 86.188 191.931
A completamento del quadro conoscitivo sulla popolazione residente e in connessione al seguente
quadro economico, menzioniamo come ulteriori aspetti caratteristici di fondamentale importanza per
la crescita dell’area analizzata: il reddito medio23 e il grado d’istruzione24.
2.3. Profilo Economico
L’agricoltura, con l’industria e il commercio, rappresenta una delle principali attività della provincia
pisana. L’assetto settoriale della Provincia evidenzia una ripartizione in linea con quella regionale e
presenta fenomeni socio-economici tipici delle aree urbanizzate con un’elevata ricchezza pro-capite e
una positiva dinamica imprenditoriale.
Pisa all’interno della Toscana è una delle province che è stata sottoposta alle maggiori pressioni
selettive in quanto territorio ampiamente specializzato nei settori manifatturieri - in particolare in
settori tradizionali quali le pelli, cuoio e calzature - piuttosto che nel terziario, ed essendo una realtà
molto aperta sui mercati internazionali, la provincia di Pisa è si è trovata sottoposta a maggiori
pressioni competitive nella fase di rallentamento dell’economia regionale.
22 Chiusa da flussi esterni e con scarsa mobilità interna . 23 I dati qui riportati si riferiscono al valore medio registrato nel 2009, espresso in euro: Bientina 11.698; Buti 11.516; Calci 14.503; Calcinaia 12.134; Capannoli 10.994; Casciana Terme 11.337; Chianni 9.978; Crespina 11.417; Fauglia 11.918; Lajatico 17.712; Lari 11.312; Montecatini Val di Cecina 10.785; Palaia 11.326; Peccioli 11.063; Pisa 16.703; Ponsacco 10.883; Pontedera 12.904; San Giuliano Terme 14.747; Santa Maria a Monte 10.813; Terricciola 10.371; valore medio area PdC 12.206; valore medio provinciale 13.142; valore medio Toscana 12.980. 24 I dati provinciali registrati dal Censimento ISTAT de 2001 indicano la seguente ripartizione percentuale della popolazione residente: 8,5% in possesso di laurea, 25,3% con formazione secondaria superiore, 27,3% con formazione media inferiore, 29,1% con formazione elementare;9,8% analfabeta.
24
Produzione e risorse alimentari
Dal punto di vista dei prodotti agroalimentari sono la Val di Cecina, la Valdera, la pianura del Valdarno
sono le aree in cui si concentrano le coltivazioni tipiche dell’area: l'olivo, la vite, l’ortofrutta. Anche il
settore vitivinicolo vanta produzioni prestigiose di antica tradizione, le quali negli anni hanno
conquistato mercati internazionali acquisendo riconoscimenti qualitativi tra cui spiccano il Chianti
delle Colline Pisane Docg, il Vinsanto del Chianti Doc, il Bianco Pisano di San Torpè, il Montescudaio
Doc, il Colli Etruria Centrale Doc. Apprezzato è anche l’olio che si spreme in questa provincia: una
tradizione antica e consolidata, diffusa su tutto il territorio ma che raggiunge punte di eccellenza
nell’area del Monte Pisano. Tra i fiori all’occhiello della produzione provinciale è possibile mensionare
il tartufo di Volterra e di San Miniato che, nei mesi invernali, diviene protagonista di sagre e fiere di
grande richiamo attivando così circuiti virtuosi come il turismo gastronomico.
Il territorio è apprezzato anche per le sue colture cerealicole, foraggiere, industriali, ortive e frutticole.
La produzione zootecnica, che, fino agli anni ‘70, ha rappresentato una importante fonte di reddito, si è
sensibilmente ridimensionata; in calo soprattutto gli allevamenti bovini e suini, solo parzialmente
compensati dalla crescita degli allevamenti ovini.
Al fine di valorizzare le risorse locali è necessario favorire circuiti di filiera corta mediante approcci
integrati.
Distribuzione alimentare
Il territorio provinciale presenta una rete distributiva piuttosto evoluta per ciascuna tipologia di
soggetto (GDA, piccolo dettaglio in sede fissa e ambulanti), solo la copertura non risulta essere
omogenea lasciando aree relativamente isolate.
DETTAGLIO ALIMENTARE SPECIALIZZATO E NON SPECIALIZZATO - PROVINCIA DI PISA
TIPOLOGIA Nr. P.V. Alimentari Sup. vendita TOT (Mq)
Dettaglio alimentare di
piccola e media dimensione 1.301 145.560
GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA - PROVINCIA DI PISA
TIPOLOGIA Nr. P.V. Sup vend alim. Sup vend non alim. Sup TOT Addetti
SUPERMERCATI 67 61.343 0 93.343 1.548
IPERMERCATI 5 16.167 12.800 37.915 855
25
MINIMERCATI 25 7.609 0 11.767 154
TOT. PROVINCIALE 97 85.119 12.800 143.025 2.557
La rinnovata importanza del localismo e l’attenzione crescente alle componenti etiche dei processi di
produzione consumo ha portato anche sul territorio alla nascita e alla diffusione di esperienze
innovative di “filiera corta” (in aggiunta alla tradizionale vendita diretta in azienda, ancora molto
praticata, come in tutto il territorio regionale), quali i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), i mercati
contadini e gli spacci gestiti in forma collettiva.
I GAS sono gruppi auto-organizzati di consumatori che acquistano collettivamente attraverso una
relazione diretta con i produttori, con riferimento a principi etici condivisi (il concetto di “solidarietà”,
che trova espressione nel rispetto di principi di sostenibilità ambientale e di equità sociale)25. Il loro
sviluppo è stato molto intenso negli ultimi anni portando il loro numero, nel territorio interessato, a
circa 25 unità, numero che cresce ulteriormente considerando tutta l’area provinciale26. Queste
esperienze di autorganizzazione da parte dei consumatori stanno esercitando una forte azione di
stimolo nei confronti dei produttori agricoli locali, sollecitandone processi di riorganizzazione, sia
relativamente alle attività produttive (diversificazione produttiva, introduzione di processi di
trasformazione, conversione al biologico) che alle modalità di relazione con l’esterno.
Altrettanto significativo è lo sviluppo dei farmer's market , spazi di vendita diretta all’aperto, gestiti in
forma collettiva, dove è possibile acquistare una grande varietà di prodotti locali (ortaggi e frutta di
stagione, formaggi, olio, vino, confetture varie, salumi, dolci tradizionali, miele, pane e pasta, etc.).
Anche sul territorio pisano, così come su quello regionale, i mercati degli agricoltori sono entrati nelle
routine di acquisto in molti centri urbani, anche grazie alla diversificazione delle forme presenti.
Accanto ai “mercati contadini” storici (ad esempio quello di Pisa) si sono infatti affiancati altri mercati,
promossi da partenariati tra organizzazioni dei produttori agricoli (es. Coldiretti), amministrazioni
pubbliche e altre organizzazioni (es. Slow Food), in alcuni casi con il supporto finanziario previsto
dallo specifico progetto regionale per la filiera corta.
L’obiettivo del piano in questo contesto è quello di sostenere lo sviluppo di queste e di altre forme
innovative di distribuzione, ampliando le reti già presenti e attivandone altre, nella direzione della
creazione di relazioni sempre più strette e mutualmente vantaggiose tra momenti della produzione,
della distribuzione e del consumo locale, e in generale di condizioni di maggior benessere sociale.
Somministrazione
Oltre al tradizionale segmento della ristorazione è possibile individuare altre tipologie di
somministrazione alimentare come sagre e iniziative tematiche volte a diffondere la cultura del cibo
sano e della dieta equilibrata.
25 Dietro lo sviluppo dei GAS sta una molteplicità di aspetti che compongono un atteggiamento generale di insoddisfazione e critica verso il modello di produzione-consumo. Tra questi: la volontà di accedere a cibo di qualità (nelle sue varie accezioni) e di ristabilire una relazione diretta con il mondo della produzione, il desiderio di riacquisire autonomia e possibilità di controllo sulla propria alimentazione, il vedere in tale autonomia e nella capacità di costruzione di un’alternativa una forma di cittadinanza e un’azione politica. 26 A livello regionale si stima la presenza di più di 180 gruppi, mentre sul territorio nazionale, a fronte di più di 800 gruppi iscritti alla rete nazionale, i gruppi stimati sono più di 2000 (Rossi et al., 2011).
26
Da qui una serie di buone pratiche27 attivate nel contesto provinciale nonché regionale, già orientate
nella giusta direzione e atte a instaurare reti collaborative. Menzioniamo solo alcune iniziative salienti
iniziative regionali come Vetrina Toscana e Pranzo sano fuori casa:
� La Toscana si mette in vetrina con questo primo progetto che prevede l’esposizione e la
promozione dei saperi e dei sapori, delle produzioni tipiche e caratteristiche di una regione cha ha
dato e sta dando molto all’arte, all’artigianato, al design e al gusto italiano. Nello specifico del
panorama alimentare il progetto Vetrina Toscana a tavola28, per pensare alle specifiche esigenze
dei ristoratori e realizzare reti territoriali di qualità-tipicità, raccoglie una rete di esercizi che
hanno sposato la filosofia del giusto rapporto tra qualità e prezzo, mettendo al centro della loro
attività il rispetto per la tradizione e per il cliente. Nell’area osservata sono 40 gli esercizi che
hanno aderito, mentre a livello provinciale gli esercizi sono 65.
� La seconda nasce partendo da due dati principali: il numero elevato di persone (almeno 600.000) -
concentrate per la maggior parte nei centri urbani - che consumano abitualmente il pranzo fuori
casa, e l’importanza di un’alimentazione sana per mantenere una buona forma fisica e uno stile di
vita salutare. Pranzo sano fuori casa29 è un'iniziativa regionale per aumentare la possibilità per chi
mangia fuori casa di consumare un pasto gustoso, bilanciato dal punto di vista nutrizionale e di
qualità; essa prevede sia il coinvolgimento degli esercizi di ristorazione (bar, pizzerie, tavole calde,
ecc.), attraverso l’adesione a linee guida30 per ampliare l’offerta di un pasto sano consumato fuori
casa, sia il coinvolgimento dei consumatori verso la scelta di pasti salutari. Nell’area osservata sono
64 gli esercizi che hanno aderito, mentre a livello provinciale gli esercizi sono 75.
2.4. Consumi e Stili alimentari
La quota di consumi alimentari sul totale consumi finali interni, in provincia di Pisa (17,7%) risultava
nel 2008 più elevata rispetto alla media regionale (16,2%) e, in misura minore, rispetto a quella
nazionale (17,3%); nel 2008 risulta essere la quota più elevata tra le province toscane.
SPESA MEDIA ANNUA DELLE FAMIGLIE (2008)
valori ass. in euro e incidenza percentuale del capitolo alimentare
AMBITO
TERRITORIALE
spesa alimentare
media in val.ass.
spesa media tot. in
val. ass. (euro)
incidenza % spesa
alimentare sul tot.
Toscana 460,26 2.557 18,0
Italia 466,07 2.453 19,0
Tendenzialmente si è registrato negli ultimi anni un l’incremento del costo opportunità del lavoro
familiare principalmente imputabile al crescente valore del tempo libero - data la sua scarsità - che si
27 Azioni, esportabili in altre realtà, che permettono ad un Comune, ad una comunità o ad una qualsiasi amministrazione locale, di muoversi verso forme di gestione sostenibile a livello locale. 28 Declinazione del programma regionale Vetrina Toscana (approvato con delibera della Giunta regionale n. 1297/2000). 29 Il progetto è realizzato in collaborazione con le Aziende USL toscane, Unioncamere Toscana, Fipe Confcommercio Toscana, Fiepet Confesercenti Toscana, Comitato regionale dei Consumatori e degli Utenti, Centro tecnico per il consumo e prevede un’attività di monitoraggio da parte delle associazioni dei consumatori aderenti al Centro tecnico per il consumo. 30 Linee guida realizzate da esperti nutrizionisti che seguono criteri di corretta alimentazione, filiera corta, stagionalità e tipicità del prodotto
27
è tradotto nel ricorso sempre più frequente a formule distributive time saving (discount e
supermercati).
Per quanto riguarda la tipologia di spesa alimentare effettuata, le influenze maggiori sono imputabili
alla numerosità del nucleo familiare, in base ad essa infatti viene definita sia la spesa che la
composizione della dieta che in Toscana è prevalentemente composta da carne, pane e cereali che da
soli costituiscono oltre la metà degli alimenti acquistati31.
Come precedentemente accennato, a incidere fortemente sulle abitudini alimentari del nostro contesto
di riferimento, individuiamo la presenza di individui che non sono rilevabili da statistiche sui residenti
– in quanto domiciliati – ma che incidono sulle abitudini alimentari (prevalenza di pasti fuori casa) e
gravano su un sistema che quotidianamente li supporta per ragioni di lavoro o di studio. È questo il
caso dei comuni di Pisa e Pontedera che arrivano quasi a raddoppiare la propria popolazione per i
servizi che essi stessi forniscono.
Il problema dell’omologazione dei consumi e della generale assenza di equilibrio nelle diete
quotidiane, diviene un nodo centrale per le linee guida che orientano la nuova educazione alimentare.
2.5. Profilo di Salute: le malattie legate all’alimentazione e l’incidenza dell’obesità
A rappresentare una sfera particolarmente connessa al tema dell’alimentazione è quella della salute,
sulla quale si riflettono tutte le problematiche derivanti dagli stili di vita nonché dalle abitudini
alimentari. Ad esse sono riconducibili sia malattie croniche – obesità, diabete, malattie cardiovascolari
e ictus, ipertensione ed alcuni tipi di cancro – sia patologie cliniche legate a disordini alimentari con
componente psicologica (es. anoressia).
Nell’ultimo ventennio la crescita degli studi e delle rilevazioni epidemiologiche sulla popolazione
hanno aiutato a chiarire il ruolo della dieta nel prevenire e controllare gli stati patologici e la mortalità
prematura derivata da malattie di questa origine.
A livello regionale, prendendo ad esempio una delle malattie più evidentemente connesse alla corretta
alimentazione, vediamo che secondo i dati Istat rielaborati da Ars dal 2001 al 2009 sull’obesità adulta
risultano stabili mentre la prevalenza di sovrappeso ha mostrato un trend in lieve aumento. Nel 2009,
in Toscana, i soggetti in sovrappeso risultano pari al 36,2%, mentre gli obesi sono l’8%, una
percentuale quest’ultima leggermente inferiore rispetto al dato nazionale (10,1%). Il sovrappeso negli
31 In base al numero medio dei componenti per nucleo familiare in provincia di Pisa la dieta si compone tra il 22% e il 25% di carne, tra il 17% e il 20% di pane e cereali e per circa il 20% di frutta e ortaggi.
28
adulti, in Toscana come in Italia, interessa maggiormente la popolazione maschile, mentre l’obesità è
analogamente rappresentata nei due generi ma è più diffusa tra i soggetti con minor livello di
istruzione familiare. Tra i bambini toscani (8-9 anni) invece la condizione di sovrappeso (21%) o
obesità (7%) interessa il 28% , inferiore in modo sensibile al dato medio nazionale (34%). La
letteratura scientifica indica che i bambini con almeno un genitore obeso hanno una probabilità 3-4
volte maggiore di essere obesi.
Salendo a livello nazionale notiamo un andamento peggiore che registra dal 1994 al 2007 un
progressivo incremento del tasso medio dell’obesità dal 7,3% al 9,9%, quest’ultimo dato corrisponde a
4.898.496 persone adulte per un costo sociale annuo stimato dell’obesità che risulterebbe essere di 8,3
miliardi di Euro, pari a circa il 6,7% della spesa sanitaria pubblica. Ipotizzando una vita media attesa
della persona obesa di 75 anni, è stimabile in circa 100.000 Euro aggiuntivi il costo sociale totale di un
diciottenne obeso rispetto ad un coetaneo normopeso.
Pertanto, la diffusione dell’obesità e sovrappeso in Toscana32 e in Provincia di Pisa, sebbene non
ancora epidemica, rappresenta già un chiaro problema sia economico che sociale da affrontare
nell’immediato con politiche preventive33.
32 La Provincia di Pisa in questo contesto non si distingue negativamente a differenza di Livorno, Pistoia e Siena. 33 L’approccio di prevenzione primaria è considerato essere il meno dispendioso e più sostenibile per far fronte all’avanzamento epidemico delle malattie legate all’alimentazione.
29
3. I soggetti
Silvia Innocenti
Quali sono i soggetti coinvolti o potenzialmente interessati dalla progettualità del Piano del cibo sul
territorio? Quale potrebbe essere il loro apporto al coordinamento delle politiche sul cibo?
Di seguito una breve rassegna per illustrare quali sfere di interesse possono essere affrontate dai
diversi soggetti.
3.1. Amministrazioni locali:
I Comuni sono potenzialmente coinvolti in un processo di pianificazione del cibo attraverso le
tematiche di loro esclusiva competenza.
Sempre di più, la gestione del territorio e dei servizi negli ultimi anni è andata verso l’integrazione
territoriale, con il coordinamento di azioni e strumenti. In questo nuovo quadro organizzativo gli Enti
locali possono intervenire direttamente regolamentando:
- la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, attraverso la gestione dell’ATO;
- la pianificazione territoriale, attraverso il Piano strutturale;
- il commercio al dettaglio, ambulante e in forma itinerante, attraverso i Piani del commercio;
- l’erogazione dei servizi di refezione scolastica, attraverso i bandi pubblici o la gestione delle aziende
partecipate;
- i percorsi di educazione, attraverso i Piani integrati d’area, i Nodi di educazione ambientale, i Piani di
zona;
- altre relazioni, accordi, protocolli con il mondo del terzo settore e dell’associazionismo.
3.2. Operatori della salute:
La sicurezza alimentare (igiene degli alimenti e della nutrizione), l’educazione alla salute (corretti stili
di vita, educazione ambientale e alimentare), la cura delle patologie con componenti alimentari sono
alcuni degli ambiti di intervento degli operatori che, all’interno di strutture diverse, intervengono sugli
aspetti legati alla salute e alla qualità della vita.
Le Aziende USL, le Società della salute e le Aziende ospedaliere, possono intervenire, ognuno per le
proprie competenze, attraverso azioni di cura, ma soprattutto attraverso la prevenzione, l’educazione
e la pianificazione socio sanitaria.
3.3 Soggetti economici:
Il tessuto produttivo di un territorio è caratterizzato da numerosi soggetti che intervengono nella
filiera agroalimentare e distributiva, con impatti differenti e diversi rapporti con altri attori del
territorio.
In un progetto di coordinamento delle politiche e delle azioni legate al cibo è fondamentale l’apporto
dei produttori agricoli e dei trasformatori, senza dimenticare l’importanza dei commercianti e dei
ristoratori, che possono favorire il consumo dei prodotti nel circuito locale.
Un’importanza molto rilevante è rivestita anche dai settori della logistica, specialmente nella gestione
della ristorazione collettiva, per la capacità di ottimizzare i trasporti e le forniture di prodotto, e lo
30
smaltimento dei rifiuti, da cui dipenderà sempre di più l’effettiva sostenibilità ambientale ed
economica dei processi locali.
3.4. Educatori, ricercatori e studenti
La dimensione educativa riveste un ruolo fondamentale nella costruzione di un progetto durevole di
pianificazione del cibo. In tutte le esperienze descritte in precedenza, infatti, la possibilità di attivare
circuiti di formazione e di educazione per le diverse fasce di età è parte integrante delle azioni dei
Food councils, sia per le potenzialità di approfondimento, sia per garantire un’informazione capillare
per tutte le sfere di interesse: ambientale, economica, produttiva, sociale.
Un’altra dimensione fondamentale risiede nel rapporto con i ricercatori che, attraverso le diverse
chiavi di lettura, possono contribuire alla creazione di nuove connessioni tra le sfere di interesse ed
esplorare nuove tendenze, sia sul piano tecnico/tecnologico che sociologico.
3.5. Società civile
La presenza di una società civile attiva e dinamica è un aspetto di prioritaria importanza
nell’attuazione di percorsi sulle politiche del cibo partecipati e condivisi.
Le associazioni e gli operatori del terzo settore hanno una potenzialità indiscussa nell’intercettare e
sviluppare connessioni tra i diversi attori, grazie alla conoscenza approfondita del territorio e delle sue
dinamiche.
La possibilità di azione più fluida rispetto al livello istituzionale, la maggiore capacità di permeare il
tessuto sociale e l’opportunità di intercettare in modo repentino le potenziali innovazioni sociali di un
contesto locale sono caratteristiche positive possono notevolmente influenzare il successo e la
sostenibilità di un progetto.
D’altra parte la crucialità dell’apporto della società civile può anche influenzare negativamente i
processi, nel caso in cui non si sviluppi una rete di soggetti basata sulla collaborazione e sulla fiducia
reciproca.
3.6. Famiglie
I nuclei familiari hanno un’importanza centrale perché sono nodo di tutte le relazioni che ruotano
intorno al cibo e, insieme, destinatari della maggior parte delle azioni che potrebbero essere previste e
messe in atto da un Piano del cibo.
Attraverso le dinamiche familiari, infatti, si amplifica - in senso positivo o meno - l’impatto delle azioni
educative, di promozione della salute e dei corretti stili di vita. Inoltre le famiglie sono il primo attore
delle scelte di consumo, potendo così influenzare lo sviluppo di interazioni virtuose tra soggetti
economici di un territorio.
31
4. Gli strumenti
Silvia Innocenti
4.1 Introduzione
Il percorso che sta portando verso la realizzazione del Piano del cibo della provincia di Pisa ha visto
coinvolti numerosi soggetti, in una rete di relazioni, contatti e collaborazioni caratterizzata da una
grande dinamicità e in continua evoluzione.
L’adozione da parte del Coonsiglio provinciale dell’Atto politico di indirizzo per il Piano del cibo, ha
costituito la prima azione formale del progetto. L’atto contiene l’enunciazione dei suoi primi obiettivi,
scaturiti nel corso degli anni anche dalle suggestioni provenienti dal mondo della produzione, dai
soggetti economici, dal mondo della ricerca e, in massima parte, dalle istanze della società civile. Ogni
soggetto ha, attraverso occasioni di confronto che si sono susseguite negli ultimi anni, potuto
contribuire alla definizione di un quadro di opportunità, di criticità e di vincoli che ha stimolato una
risposta da parte della rete presente sul territorio, dalle istituzioni e le cui attività sono state
coordinate dell’equipe del “Laboratorio di Studi Rurali Sismondi”.
La riflessione sui temi chiave che ruotano intorno al cibo è iniziata a concretizzarsi già dal 2008, con il
primo evento “Cibo in città”, svoltosi a Pontedera, e seguito, nel 2010, dal ciclo di workshop all’interno
dell’evento “Coltano. Cultura, Cibo, Cinema”.
Queste due occasioni hanno permesso di raccogliere il contributo di oltre 100 partecipanti,
appartenenti al mondo della ricerca, della produzione, della distribuzione, del terzo settore, con
importanti contributi anche dalle professionalità della pianificazione territoriale.
Oltre a questi momenti di riflessione coordinati e organizzati, è importante sottolineare il ruolo chiave
che hanno giocato, e tutt’ora stanno giocando, le relazioni tra i diversi soggetti presenti sul territorio.
Questo ha reso possibile la crescita di conoscenze e di riflessioni legate all’osservazione di tutto ciò che
si è sviluppato nella provincia di Pisa, anche in termini di iniziative di auto-organizzazione di cittadini
consumatori, di produttori agricoli, di comitati spontanei e di gruppi di associazioni.
Il Piano del cibo, in questo senso, non è una progettualità che si cala in un contesto sterile o inerte, ma
anzi, si colloca in un quadro sociale e tecnico molto ricco di esperienze e di sperimentazioni a cui,
spesso, è mancata la possibilità di entrare in una relazione di conoscenza e di collaborazione più
approfondita, con l’obiettivo di realizzare un approccio di sistema che potesse coordinare le politiche,
le iniziative e le azioni intorno al cibo anche a partire dalla creazione di un linguaggio comune.
A partire dal mese di ottobre 2010 e nel corso di questo primo anno di attività sono stati organizzati
momenti di incontro con la partecipazione di numerosi soggetti, che hanno reso possibile la
composizione del quadro delle competenze, per ciò che riguarda la sfera di interesse e di azione delle
diverse istituzioni pubbliche (Comuni o organizzazioni sovra comunali, Società delle salute, USL,
Aziende ospedaliere), del mondo delle associazioni e della società civile, dei soggetti economici, con
l’apporto della rete della ricerca, nata per il supporto scientifico alle riflessioni e alle azioni intorno alle
politiche del cibo.
Da subito si è resa necessaria anche la creazione di un luogo di confronto e di lavoro virtuale, che
permettesse di condividere contenuti e riflessioni non solo all’interno di un gruppo di soggetti con
competenze simili, ma soprattutto che rendesse possibile il confronto su temi comuni, da sviluppare
con ottiche e punti di vista differenti.
32
A questo proposito il progetto si è arricchito di due strumenti del web con finalità complementari: il
primo è il blog del Piano del Cibo, in cui il gruppo di autori e altri attori coinvolti condividono notizie e
appuntamenti ; il secondo invece è uno strumento web 2.0 chiamato “Piano del cibo web”.
Questo secondo strumento ha permesso una maggiore continuità e un diverso livello di condivisione e
discussione, permettendo ai soggetti di incontrarsi virtualmente per portare il proprio contributo su
tematiche specifiche.
Le tre modalità di incontro e di condivisione (le relazioni, il web 2.0 e il blog) hanno avuto un ruolo
centrale nella vita del progetto e, pur con ruoli differenti, hanno permesso di migliorarne la capacità
d’azione nel tempo. Per questo riteniamo fondamentale approfondirne la descrizione.
4.2. Le relazioni
Creare relazioni di prossimità e di collaborazione con i soggetti presenti sul territorio è stato un nodo
fondamentale per l’inizio e in seguito per il rafforzamento delle attività del Piano del cibo.
Come primo approccio di divulgazione del progetto e dei suoi obiettivi, sono stati organizzati alcuni
incontri in presenza, coinvolgendo gruppi omogenei di soggetti.
Queste occasioni hanno reso possibile anche la raccolta di informazioni puntuali e di punti di vista
rispetto ad alcuni aspetti fondamentali della strutturazione del progetto.
Attraverso gli incontri sono stati coinvolti i tecnici di 5 amministrazioni comunali e di 1 unione di
comuni, gli operatori delle aziende USL e delle Società della salute, i ricercatori, i docenti e gli studenti
degli Atenei pisani, i rappresentanti delle associazioni di produttori agricoli e degli altri soggetti
economici, le associazioni e altre espressioni della società civile.
L’importanza centrale di questi momenti di riflessione e confronto è stata proprio la possibilità di
raccogliere informazioni più approfondite e di capire i punti critici della necessità - riconosciuta da
ogni soggetto - di creare connessioni e collaborazioni tra soggetti affini e con altri attori del territorio.
Nel tempo la rete di relazioni creata ha permesso una ulteriore divulgazione capillare del progetto ed
ha aperto nuove possibilità di collaborazione, anche con soggetti che, ad una prima analisi del
contesto, potevano apparire distanti.
È stato il caso del coinvolgimento nel percorso della commissione mensa del comune di Pisa, che ha
rappresentato un’importante prospettiva di osservazione delle dinamiche e delle relazioni che
coinvolgono i vari soggetti coinvolti nella gestione della refezione scolastica.
Le mense scolastiche, infatti, sono risultate un punto di osservazione privilegiato per poter analizzare
le dinamiche e le interazioni tra soggetti, - pubblici e privati - portatori di interessi diversi: i genitori e i
bambini, i gestori del servizio, le professionalità tecniche (dietisti/e, nutrizionisti/e), le istituzioni
pubbliche (enti locali e autorità sanitarie), altre associazioni.
Le dinamiche osservate, non sempre con risvolti positivi e costruttivi, sono state oggetto di un
particolare approfondimento e si sono dimostrate particolarmente importanti per l’introduzione di
linguaggi condivisi, di meccanismi di partecipazione e di tentativi di mediazione tra atteggiamenti e
punti di vista potenzialmente configgenti, nel tentativo di raggiungere una sintesi di obiettivi, per la
costruzione di un progetto e di un’azione condivisa.
In queste situazioni le relazioni personali hanno avuto un’importanza fondamentale e difficilmente
sostituibile con altri strumenti multimediali. In questo senso è importante sottolineare come sia
impossibile sostituirle del tutto, mantenendo invece, con forza, l’opportunità di creare momenti di
33
incontro, assemblee, workshop o seminari, anche con la semplice disponibilità al confronto e alla
divulgazione del progetto e delle sue principali caratteristiche.
Questo atteggiamento di apertura ha permesso il contatto anche con realtà in evoluzione, ad esempio
con esperienze di ricerca e di formazione in campo medico, per cui il Piano del cibo si è rivelato un
interessante strumento per uscire dalle dinamiche esclusivamente legate alla dimensione della cura o
della tutela della salute pubblica, entrando in contatto con altri soggetti che hanno potuto dare nuovo
slancio e maggiore forza ai programmi, già presenti e/o realizzati, di promozione della salute.
4.3. Il blog
Il blog (pianodelcibo.wordpress.com) è stato il primo strumento di divulgazione individuato allo scopo
di rendere visibile il progetto on line, attraverso la pubblicazione dei risultati degli incontri, di articoli
e altro materiale di approfondimento presente in rete.
Il gruppo di autori, formato da ricercatori, docenti, esperti, produttori, ha fornito agli utenti un’ampia
gamma di spunti di riflessione.
L’implementazione dei contenuti nel tempo ha permesso la creazione di un archivio di quasi 400
articoli, organizzati in 32 categorie e 161 tags.
Questo strumento, molto semplice nella gestione e nell’aggiornamento, ha mostrato alcuni limiti nel
momento in cui la rete di relazioni ha iniziato a strutturarsi e si è reso necessario garantire lo scambio
di informazioni e la discussione più approfondita di argomenti.
Anche se questo aspetto è, in parte, garantito dalla possibilità di commentare i singoli post, la
complessa realtà che si stava presentando ha reso necessaria l’adozione di sistemi più complessi, ma
con potenzialità molto maggiori, come gli strumenti del web 2.0.
34
Gli strumenti informatici 2.0, rispetto ad un semplice blog permettono un livello di interazione molto
più forte tra il singolo utente e la piattaforma, diventando parte attiva responsabile, attraverso
l'impegno personale, del buon andamento del progetto collettivo.
Il fatto che il blog non si accordasse completamente con le esigenze del progetto, è stato segno della
volontà di maturazione delle relazioni. Infatti, è in risposta a specifiche richieste espresse nel corso del
tempo che si è creato un mezzo ancora più coerente con i fini stabiliti, quindi utile al lavoro di gruppo e
alla creazione di “vocabolari condivisi”. Inoltre, tali strumenti permettono una democraticità
orizzontale fortissima e una partecipazione diffusa, tutte peculiarità che favoriscono la creazione di
vincoli di fiducia indispensabili e funzionali all’attività comune, economici e temporalmente
convenienti.
Da questa consapevolezza è nata anche l’opportunità di adottare un social network dedicato e, tra gli
strumenti disponibili, è stato scelto di sviluppare un Ning 34: il Piano del cibo Web
(http://pianodelcibo.ning.com).
La nascita del social network non ha, comunque, ridotto le attività di ricerca e di divulgazione del blog,
che ha ricevuto più di 3000 visite nel corso dei primi nove mesi di vita, mantenendo poi costantemente
nel tempo la sua funzione di strumento di informazione complementare rispetto al Ning.
Fonte: http://pianodelcibo.wordpress.com
4.4. Il social network “Piano del cibo web”
Attraverso la tecnologia web 2.0 è stato possibile attivare lo scambio di informazioni e documenti e di
organizzare gruppi di discussione e forum tematici.
Il Ning realizzato ha preso il nome di “Piano del Cibo Web: per la creazione interattiva di tragitti di
Inter-Azione del cibo volti ad un'alimentazione salutare e sostenibile” .
L’utilizzo di strumenti informatici 2.0 si pone in continuità con gli intenti del Progetto Piano del Cibo e
soddisfa la coerenza tra mezzi e fini, visto che vi è un livello di interazione molto forte sia tra utenti,
che tra il singolo utente e la piattaforma, per cui non si resta solo spettatori, ma si diviene parte attiva
responsabile, attraverso l'impegno personale, del buon andamento del progetto collettivo, che resta a
tutti gli effetti un servizio.
34 Ning è un'applicazione web multilingua che permette di creare siti web sociali o reti sociali (social network) senza avere cognizioni di programmazione (fonte: Wikipedia Italia).
35
Piano del Cibo Web ha voluto rispondere alle esigenze di partecipazione, contatto e condivisione sul
lungo periodo di membri di contesti differenti (ricercatori, della società civile, operatori della salute e
delle scuole, soggetti economici) con conoscenze distinte, utilizzando proprio gli strumenti del social
network.
Con l’obiettivo di realizzare una comunicazione più semplice, democratica ed efficace, Piano del Cibo
Web si propone di rafforzare i legami di fiducia e cooperazione con l'obiettivo di una costruzione
partecipata del Piano. Gli strumenti Web 2.0 aiutano a semplificare poi la questione temporale,
valicando le frontiere spaziali e sforzandosi di superare quelle settoriali.
Inoltre, Piano del Cibo Web mette a disposizione documenti strategici in archivi argomentativi,
attraverso pagine che saranno costantemente aggiornate dall'equipe di gestione della piattaforma.
Per l’utilizzo della piattaforma si è resa necessaria la redazione di un manuale d’uso, che potesse
introdurre alla navigazione tutti gli utenti interessati e che potesse chiarire gli obiettivi e le finalità dei
diversi strumenti messi a disposizione dei membri del network.
Come riportato nello schema seguente, attraverso una breve descrizione è stato possibile guidare le
persone nell’uso dei principali strumenti, in modo da realizzare una comunità virtuale che potesse
utilizzare Ning come prolungamento ideale di una relazione reale.
Aree del sito, cosa sono e come usarle:
La Mia Pagina, uno spazio dove è possibile visualizzare in sintesi le proprie attività sulla
piattaforma, crearne direttamente e velocemente di nuove, gestire le comunicazioni
private (non visibili ad altri) con altri membri del social network e organizzare altre
attività secondarie (personalizzazione visiva, aggiornamento dello status, rss ...)
Eventi, per la diffusione e pubblicizzazione di iniziative, assemblee, incontri, dibattiti ... La
risultante è un calendario sociale condiviso che permette di visualizzare immediatamente
le date utili e ricevere anche note promemoria.
Libri Utili, per condividere materiale bibliografico sugli argomenti del cibo, creando una
sorta di biblioteca multimediale.
Gruppi, per passare dalla discussione all'azione e sviluppare iniziative, campagne, gruppi
di studio, in laboratori permanenti di progettazione e coordinamento su base settoriale. La
creazione dei gruppi è gestita dallo staff di gestione della piattaforma, mentre la
moderazione interna sarà mano a mano affidata a singoli membri attivi.
Forum, per aprire o per prendere parte a discussioni intersettoriali su temi cruciali, che si
sviluppino nel tempo coinvolgendo persone direttamente coinvolte (ricercatori sul tema,
operatori della salute, soggetti economici, del mondo della scuola, membri della società
civile...) creando un'analisi comune e un “vocabolario minimo condiviso”. Al momento
abbiamo deciso di ordinare i forum in tre categorie (distribuzione e consumo sostenibile,
strategie urbane, scuola). Nel caso in cui possa essere utile creare altre categorie in futuro,
sarà sempre possibile farlo; al momento però si è ritenuto opportuno limitare gli ambiti
per non disperdere le forze.
Il blog di Wordpress, utile per segnalare notizie d'attualità rilevante, informazioni,
tematiche sull'alimentare. Il blog è stato conservato e inglobato nella piattaforma. Lo
36
spazio utilizza il classico criterio cronologico, per cui le informazioni si susseguono l'una
all'altra temporalmente.
La pagina statica Documentazione racchiude i documenti strategici utili al Piano del Cibo,
i verbali e altri materiali informativi, tutti scaricabili in formato pdf.
Chat, presente anche in fondo nella barra a destra, per la comunicazione immediata tra
coloro che contemporaneamente accedono alla piattaforma.
Foto e Video per la condivisione di immagini o documenti audiovisivi da Pisa e dal mondo,
come testimonianze delle attività svolte o come materiale informativo generale.
Il ning è riuscito, nei primi mesi di vita, a coinvolgere circa 200 persone, che hanno articolato le loro
attività in sei gruppi e 4 categorie di forum, dentro cui si sono articolate 14 discussioni specifiche.
Il risultato principale portato dallo sviluppo del network, oltre all’indiscussa maggiore visibilità del
progetto, si è ottenuto attraverso la discussione sui contenuti con il potenziale coinvolgimento di tutti i
soggetti presenti nella rete.
Gli strumenti messi a disposizione dall’applicazione, infatti, hanno permesso il continuo
aggiornamento di tutti gli utenti, che hanno ricevuto continue informazioni di aggiornamento rispetto
alle attività del network.
In particolare, il Ning ha dato ottimi risultati nella discussione di temi specifici legati ai public
procurement (nell’ambito delle mense scolastiche) e alla filiera corta: attorno a questi due esempi si
sono confrontati produttori agricoli, nutrizionisti, medici, consumatori, membri di GAS, genitori,
rappresentanti di associazioni, ricercatori e studenti, portando punti di vista diversi e fornendo
informazioni utili al confronto.
Il sistema creato attraverso questi tre strumenti di coordinamento, condivisione e comunicazione ha
permesso di conoscere e di raccogliere la visione dei diversi soggetti e delle persone che hanno
interagito durante questo primo anno di lavoro, mettendo a fuoco soprattutto i bisogni, gli obiettivi, le
aspettative e il potenziale ruolo che ognuno potrebbe ricoprire nella realizzazione del Piano del cibo.
4.5. Le interazioni delle tre dimensioni di relazione nelle dinamiche legate alla
refezione scolastica
L’importanza dell’integrazione fra le tre dimensioni di comunicazione comprese nel progetto è stata
osservata con chiarezza in alcuni ambiti di intervento. L’esempio più completo si è realizzato senza
dubbio nell’osservazione delle dinamiche intorno al servizio di refezione scolastica, in particolare
quello fornito dal Comune di Pisa.
L’amministrazione comunale ha previsto la presenza, con compiti di organo consultivo e propositivo,
di una commissione formata da rappresentanti dei genitori e docenti, a cui si possono aggiungere,
quando necessario, una rappresentanza del gestore del servizio e di altre realtà che possono
contribuire alla qualità della riflessione. In questo caso la commissione è stata affiancata da alcune
realtà associative (Slow Food, Giovani Diabetici, Libera) e dalle autorità sanitarie del territorio, ovvero
dal servizio Igiene degli alimenti della USL locale.
L’accompagnamento delle attività ha permesso la ricostruzione di alcune delle dinamiche più
complesse e interessanti legate alle diverse dimensioni del cibo.
37
Dai primi incontri è emersa forte conflittualità e scarsa partecipazione, dovuta alla mancanza di una
strutturazione che potesse rendere chiari e condivisivi gli ambiti di competenza e i ruoli delle
categorie presenti.
Tuttavia, nel tempo è stato possibile raccogliere molte osservazioni sulla qualità del servizio e sulla
composizione dei menu, elementi utili alla comprensione delle relazioni - positive e negative - che
legano i diversi soggetti, e tentare di avviare un confronto che tenesse in considerazione i diversi punti
di vista e le chiavi di lettura, a volte divergenti.
Si è osservata una crescente attenzione verso aspetti non direttamente legati al pasto, ma piuttosto
all’ambiente in cui viene consumato, alle modalità di presentazione del cibo e alla comunicazione tra
istituzione scolastica e famiglia, per migliorare la strutturazione della giornata alimentare degli
studenti e per chiarire alcuni aspetti legati alle scelte di approvvigionamento da parte del soggetto
gestore del servizio.
È indubbio che una delle minacce alla collaborazione è la potenziale conflittualità tra i soggetti
coinvolti, dovuta alla poca attenzione verso la comunicazione, che può lasciare ampi spazi di “grigio”,
ovvero di scarsa comprensione delle scelte operate da parte dell’Amministrazione pubblica, delle
esigenze operative a carico del soggetto gestore del servizio, delle richieste da parte degli utenti.
È stato proprio in questo ambito di potenziale conflittualità che ha giocato un ruolo importante
l’integrazione dei tre strumenti messi in campo: il blog ha dato la possibilità di scambiare informazioni
su esperienze in atto in altri territori, mentre il social network ha reso possibile il confronto
approfondito tra i diversi soggetti in occasioni diverse rispetto alla convocazione delle commissioni,
momento in cui normalmente si presentavano tutte le problematiche di relazione e si manifestava la
conflittualità.
A dimostrazione dell’interesse su questo tema, la categoria di forum “Cibo e…scuola” creata su ning è
stata la più frequentata e dibattuta, con 6 discussioni che hanno promosso la riflessione su temi molto
diversi: dal tema dell’acqua a scuola, alla discussione su come strutturare un percorso formativo sui
temi legati al cibo sia per i ragazzi in età scolare sia per i genitori che, sempre di più, chiedono di
acquisire strumenti utili alla crescita della propria capacità di giudizio.
A questo proposito è stata proposta la composizione di un’equipe di esperti che possa accompagnare
le attività della commissione, intervenire nella formazione dei diversi soggetti partecipanti e che abbia
anche funzione di “garante” nel proporre letture diverse ed equidistanti, specialmente nei momenti di
maggiore conflittualità.
Al termine dell’anno scolastico e con l’indizione della nuova gara di appalto, l’amministrazione si è
resa disponibile ad accogliere parte delle richieste avanzate dai genitori, in un percorso che possa
essere gradualmente attuato dal soggetto gestore.
Allo stesso tempo gli altri soggetti coinvolti, non completamente soddisfatti nelle proprie richieste,
hanno proposto l’adozione di una carta di principi condivisa, in cui sia anche precisato il ruolo della
Commissione e dei suoi componenti.
Nonostante la forte conflittualità sia ancora presente, attraverso la gestione delle relazioni e la
definizione di spazi di partecipazione potrebbe essere possibile promuovere percorsi di
collaborazione e di integrazione delle diverse istanze.
Per le dinamiche osservate e per la complessità delle componenti e delle relazioni, è possibile
assimilare questa esperienza ad un primo nucleo di Food Policy Council, sia per composizione che per
38
funzione (forum di discussione, coordinamento delle diverse letture del cibo, valutazione e
orientamento delle politiche, azione di supporto a programmi che rispondano ai bisogni del territorio).
4.6. Verso il Piano del Cibo
Attraverso il percorso tracciato in questo primo anno di attività è stato coinvolto un notevole numero
di persone, compresi gli utenti del social network e i visitatori del blog: produttori agricoli, cittadini
membri di associazioni o di soggetti del terzo settore, amministratori locali, professionisti, tecnici,
ricercatori e molti studenti, che hanno utilizzato gli strumenti messi a disposizione per scambiarsi
opinioni, reperire materiale utile alle ricerche, mettere in rete i loro approfondimenti.
Dal contributo di ognuno è stato possibile elaborare alcuni elementi comuni, esigenze condivise per la
creazione della rete, idee e proposte per costruire gli strumenti di pianificazione.
Da questo lavoro di osservazione e di animazione è scaturita la prima versione della Carta del cibo, qui
contenuta. Questo documento contiene l’enunciazione di principi condivisi, di obiettivi e di impegni
che tutti i soggetti hanno contribuito a definire e di cui la Rete si fa carico, per poter continuare nel
percorso verso la strutturazione del Piano del cibo per la provincia di Pisa.
La Carta rimane aperta alla partecipazione e alle modifiche, che i diversi soggetti hanno potuto
proporre attraverso un forum dedicato sul social network, nell’ottica della redazione di un documento
che possa essere continuamente influenzato e arricchito dai contributi di coloro che si avvicineranno
al progetto nel futuro.
39
5. La carta del cibo
Gianluca Brunori
5.1. Un modello di città
Il nostro obiettivo è quello di contribuire alla costruzione di un modello di città in grado di dare a tutti
i componenti della nostra comunità la possibilità di alimentarsi in modo salutare e sostenibile senza
compromettere il benessere di altri, delle future generazioni e dell’ambiente.
Le città sono il luogo naturale per l’esercizio della democrazia alimentare. Le città sono il luogo del
consumo e della distribuzione. Da sempre nelle città si regola e organizza la produzione e la
distribuzione del cibo per la cittadinanza. Le città gestiscono il territorio, le attività produttive, la
prevenzione e la cura, l’ambiente. Le città ospitano la ristorazione per importanti collettività, così
come nelle città si gestisce il ciclo dei rifiuti. Le città sono anche il luogo delle istituzioni educative.
Una città sostenibile è una città che interviene sulle regole e sull’organizzazione del cibo per garantire
la sicurezza alimentare dei propri cittadini in un quadro di democrazia alimentare.
5.2. La sicurezza alimentare
Il cibo è una componente fondamentale della qualità della vita delle nostre città, in quanto investe
l’ambito della salute, quello economico, sociale, ambientale, etico. Di fronte alla crisi economica ed
ambientale, dobbiamo essere sufficientemente lungimiranti da pensare al cibo come componente
fondamentale della nostra sicurezza.
La sicurezza alimentare è solo sicurezza di mangiare, ma anche sicurezza di nutrirsi con prodotti sani e
di qualità. Essa è messa in pericolo da una parte dall’aumento dei prezzi, dalla compressione dei
redditi e dalla precarietà dell’occupazione,che impediscono alle categorie più deboli di accedere ad
una nutrizione sana e sottopone tutte le famiglie ad un aumentato stress sulle scelte di consumo, e
dall’altra dalla costante riduzione del suolo agricolo, dall’abbandono delle campagne da parte degli
agricoltori, da meccanismi del sistema agro-alimentare industriale che producono inquinamento,
spreco e ingiustizia sociale. Ripensare il sistema alimentare urbano aumentando la capacità del
territorio di fornire i beni alimentari essenziali e assicurando a tutti un’adeguata nutrizione a prezzi
accessibili è un obiettivo fondamentale del piano del cibo.
Il cibo è anche fonte di benessere individuale e di socialità e, in quanto tale, vettore di pace e stabilità
sociale. Il nostro concetto di sicurezza alimentare incorpora anche la dimensione del benessere
attraverso il nesso tra conoscenza, libertà e piacere.
5.3. Una dieta sostenibile
Oggi la nostra dieta – e, ancor più grave, quella dei nostri bambini - non è sostenibile. Mediamente
consumiamo troppi zuccheri, troppe proteine animali, troppi grassi, troppo sale, consumiamo troppe
poche verdure e frutta, sprechiamo molto di quello che compriamo. Tutto questo aumenta l’incidenza
di malattie come l’obesità, il diabete, le malattie coronariche, e causa una pressione eccessiva su
risorse sempre più scarse come l’acqua, il suolo.
La nostra dieta attuale si basa su una gamma di cibi sempre più ristretta, spesso provenienti da
lontano, con sapori standardizzati e senza carattere. Abbiamo perso la conoscenza della varietà dei
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cibi, della loro stagionalità, del loro valore nutrizionale. Abbiamo perso l’abitudine e le abilità per la
preparazione dei cibi.
Una dieta sostenibile – basata su cibi naturali, locali e rispettosa della diversità culturale - può
migliorare in modo significativo la nostra salute e il nostro ambiente migliorando il nostro benessere e
il gusto di mangiare.
Una dieta sostenibile è un diritto: tutti devono poter disporre dei mezzi economici e le conoscenze
necessarie per adottarla. E questo diritto va fatto valere nei confronti tanto dello Stato che nei
confronti degli operatori privati.
Anche se non si può pensare alla dieta sostenibile come un dovere individuale – la libertà individuale è
un diritto altrettanto inalienabile – è dovere delle istituzioni agire per facilitare una scelta consapevole
coerente con il diritto alla salute e ad un ambiente sano.
5.4. Gli ostacoli ad una dieta sostenibile
Il percorso per una dieta sostenibile come regola condivisa e come diritto è disseminato di tanti
ostacoli.
Le nostre abitudini alimentari sono regole di comportamento – apprese nel tempo e consolidate nelle
pratiche- che ci fanno distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è, ciò che fa bene da ciò che fa male.
Le abitudini possono essere modificate, ma lentamente e, soprattutto, non possono essere imposte per
legge o in via coercitiva.Un percorso in direzione di una dieta sostenibile passa pertanto attraverso
una profonda comprensione dei meccanismi che guidano la formazione delle abitudini alimentari e
dipende da diversi fattori.
Il primo fattore è l’educazione, e prima di tutto quella ricevuta in età giovanile: quello che abbiamo
imparato – o quello che non abbiamo imparato - da bambini lascia un segno indelebile su di noi. Una
buona educazione è il presupposto fondamentale di una vera capacità di scelta.
Il secondo fattore sono le condizioni di vita e di lavoro: il nostro reddito, i nostri tempi, i nostri
tragitti quotidiani. Molti amerebbero dedicare tempo all’orto, alla cucina e ai pasti in famiglia, ma sono
costretti a mangiare male e in fretta.
Il terzo fattore è l’informazione: spesso facciamo delle scelte che non faremmo se avessimo una
informazione più adeguata sui nostri alimenti e sulle conseguenze dei nostri comportamenti
alimentari. Al contrario, molte delle scelte che facciamo sono condizionate da una continua
esposizione a messaggi pubblicitari.
Il quarto fattore sono le strutture commerciali: le nostre scelte dipendono da quello che troviamo nei
negozi. Spesso sono i negozi a scegliere per noi, perché hanno un grande potere di includere o
escludere i prodotti dalle nostre scelte.
Il quinto fattore sono le strutture produttivee le risorse naturali su cui esse poggiano: se è vero che la
domanda orienta la produzione, la disponibilità di prodotti di un’area orienta le scelte dei
consumatori.
5.5. La democrazia alimentare
Il mezzo diuna politica alimentare sostenibile è il coordinamento delle attività di un grande numero di
soggettifinalizzato a ripensare le regole, scritte e non scritte, che agiscono o influenzano la nostra
alimentazione, e in questo modo rimuovere le barriere che si oppongono ad una dieta sostenibile.
41
Per fare questo è necessario stabilire le basi di una democrazia alimentare, ovvero di un contesto in cui
i cittadini possano partecipare alle decisioni riguardanti la propria alimentazione ed essere informati e
controllare la loro applicazione.
Chi sono i soggetti della democrazia alimentare?
Prima di tutto le istituzioni locali, che esercitano le competenze negli ambiti legati al cibo e che
promuovono attivamente l’integrazione delle politiche finalizzate a una dieta sostenibile.
La seconda componente è rappresentata dai cittadini/consumatori, coinvolti in quanto acquirenti,
utenti, organizzatori di gruppi di acquisto solidale, genitori, componenti di associazioni della società
civile.
La terza componente è rappresentata dai produttori agricoli locali, animatori di aziende ‘civiche’ in
grado di sviluppare e comunicare le molteplici funzioni che svolge l’agricoltura.
La quarta componente sono le istituzioni scientifiche, gli educatori, gli esperti. Il cibo è un tema
unificante, che stimola integrazione e interdisciplinarità, è un linguaggio che tutti possono capire con il
quale è possibile parlare del bene comune.
5.6. Gli obiettivi del piano del cibo
Se i principi generali di una politica alimentare locale sono la sicurezza alimentare, la dieta sostenibile
e la democrazia alimentare, il piano del cibo è un processo di coordinamento e integrazione tra
iniziative di soggetti diversi finalizzato ad ottenere, ispirato dai suddetti principi, i seguenti obiettivi:
• Promuovere una cultura alimentare locale basata sul concetto di dieta sostenibile;
• Migliorare la comprensione tra i cittadini dei nessi tra la dieta, la salute e l’ambiente;
• Sviluppare percorsi di innovazione civica in grado di migliorare le abitudini alimentari e
ridurre gli sprechi;
• Rafforzare la capacità del territorio – e degli agricoltori locali - di fornire cibo sostenibile a
prezzi accessibili.
• Favorire l’innovazione istituzionale per un’integrazione delle politiche in grado di perseguire
con coerenza la sicurezza alimentare locale
5.7. Gli strumenti del piano del cibo
Il piano del cibo non è un nuovo strumento di pianificazione, ma un processo di crescita culturale e
istituzionale che consenta di coordinare e integrare intorno a principi comuni e condivisi strumenti già
a disposizione delle comunità locali come:
• La pianificazione del territorio per la qualificazione e la difesa delle aree agricole urbane ed
extraurbane;
• L’organizzazione del commercio, con lo scopo di ampliare la libertà di scelta dei consumatori e
favorire processi di comunicazione diretta tra produttori locali e consumatori;
• L’educazione alimentare;
• La prevenzione delle patologie legate all’alimentazione;
• Le politiche ambientali;
• La gestione dei rifiuti;
• I pubblici acquisti, a partire da quelli delle scuole;
• La formazione, l’informazione e la comunicazione
• Il sostegno alle fasce più deboli della popolazione;
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• Le politiche di supporto alle attività produttive agro-alimentari
43
6. Una strategia per il cibo
Francesco Di Iacovo
6.1. Il significato di una strategia per il cibo
Una strategia per il cibo fornisce indicazioni e linee guida, a livello locale e regionale, per orientare i
soggetti pubblici e privati nelle azioni intraprese sui temi del cibo ed orientarli verso una logica
condivisa di democrazia alimentare e di sostenibilità, come individuata nella carta del cibo. La
strategia per il cibo quindi, rappresenta un documento a partire dal quale realizzare una coalizione
attiva tra soggetti dotati di diversa competenza e capacità di azione con l’intento di costruire interventi
efficaci in una prospettiva di sostenibilità, accessibilità e correttezza di scelte, azioni e politiche, tutte,
che ruotano intorno alla produzione, trasformazione, distribuzione consumo del cibo e alla relativa
gestione dei rifiuti.
La carta del cibo racchiude i principi condivisi sui quali procedere verso la costruzione di nuove visioni
ed obiettivi di lavoro da parte di una pluralità di attori locali riguardo il cibo e le tematiche ad esso
collegate in un’ottica di democrazia alimentare.
La strategia per il cibo individua percorsi, azioni, modalità organizzative, attraverso cui consentire una
concreta e progressiva affermazione dei principi contenuti nella carta, in un processo che porta alla
definizione di un piano per il cibo.
Il Piano del cibo, infine, organizza interventi, azioni e politiche che i soggetti locali e le coalizioni
formate per facilitare interventi organici sul cibo decidono di attivare come modalità integrate per
concepire la loro azione individuale in una formula condivisa e più incisiva. Il piano, quindi,
rappresenta il dettaglio operativo con il quale si prospetta una scansione, anche temporale, degli
interventi che consentono di dare contenuto operativo alla strategia per il cibo.
La strategia per il cibo mira a:
• mettere in atto iniziative finalizzate all’educazione al consumo responsabile e critico – con
riferimento sia ai profili economici ed etici sia ai profili salutistici - agendo sia al livello scolare
sia in contesti informali ;
• fare crescere la conoscenza e la consapevolezza dei molteplici aspetti connessi alla gestione del
cibo a livello individuale e collettivo, su scala locale e non, coinvolgendo tutti i soggetti –
pubblici e privati- che, nel campo della ricerca, della prevenzione, dell’educazione, della
formazione e della comunicazione, della programmazione, della produzione, operano
attivamente;
• promuovere iniziative volte ad abbattere le barriere che ostacolano l’accesso ad una
alimentazione salutare, stimolando azioni capaci di rafforzare l’accessibilità e la disponibilità
ad un cibo di qualità;
• stimolare ed integrare progetti volti ad aggredire e ridurre gli aspetti problematici connessi ad
una inadeguata gestione dell’accesso quali-quantitativo al cibo con riferimento a specifici
target di popolazione vulnerabili (minori, adolescenti, anziani, adulti in specifici momenti di
vita e della giornata, etc);
• assicurare una corretta integrazione tra i molteplici aspetti, sociali, economici, ambientali,
legati alle scelte – tecniche, procedurali, politiche - che riguardano in modo diretto ed indiretto
le scelte che hanno rilevanza per la gestione e le politiche del cibo;
44
• predisporre un piano del cibo capace di raccogliere, descrivere e dare concreta visibilità ad
obiettivi, azioni e sistemi di monitoraggio e valutazione capaci di assicurare la traduzione del
piano e della strategia per il cibo sul territorio locale;
6.2. Alcuni obiettivi per una strategia per il cibo
Una strategia per il cibo mira a raggiungere alcuni obiettivi puntuali che dovranno trovare descrizione
nel piano del cibo. Gli obiettivi potranno riguardare:
1. Obiettivi di salute: il miglioramento di specifici indicatori di salute legati al consumo di cibo;
2. Obiettivi di conoscenza: il miglioramento della consapevolezza della popolazione locale
rispetto ai temi definiti nella carta del cibo;
3. Obiettivi di equità: il miglioramento di specifici indicatori di accessibilità al consumo di cibo
di qualità (disponibilità, prezzo, logistica di acquisto per gruppi target vulnerabili, etc)
4. Obiettivi di sostenibilità: il livello di organizzazione quali-quantitativa degli
approvvigionamenti locali attesi (disponibilità/consumo di suolo, rete di aziende civiche,
numero di aderenti alla strategia, volumi di cibo assicurati, tassi di spreco, livelli di riciclaggio
dei rifiuti attesi, livelli di impatto ambientale/energetico dei processi di produzione e
distribuzione, etc)
5. Obiettivi di innovazione: l’entità e il tipo di pratiche innovative da promuovere (nel campo
dell’educazione, della promozione di salute, di politiche pubbliche, di scelte di consumo, di
pratiche produttive, etc)
6. Obiettivi di organizzazione: la definizione di pratiche organizzative capaci di incidere
sull’effettività delle politiche che hanno riflessi sul cibo (accordi di programma, organismi di
coordinamento, etc);
La strategia per il cibo può solo enunciare gli obiettivi dal punto di vista logico, spetterà poi ai soggetti
sottoscrittori della carta del cibo e della strategia per il cibo il compito di procedere, attraverso il piano
del cibo, alla definizione degli obiettivi puntuali e quantificati da raggiungere, nei tempi e nei modi
concordati.
6.3. Le azioni di una strategia per il cibo
Il raggiungimento dei singoli obiettivi individuati nella strategia per il cibo può avvenire tramite la
messa in campo di azioni puntuali, nel tempo e nello spazio. Molte di queste azioni sono già praticate
sui territori da una pluralità di attori, sebbene, talvolta, in una logica discontinua e poco organica. La
strategia per il cibo mira a generare coerenza ed organizzazione tra principi, obiettivi ed azioni
praticate da quanti sottoscrivono accordi comuni e entrano a fare parte di una coalizione per la
gestione del cibo. In questa prospettiva, rispetto agli obiettivi generali indicati nel paragrafo
precedente sono elencate di seguito alcune azioni specifiche, in taluni casi già in essere sui territori e
nella gestione quotidiana delle pratiche di intervento degli attori locali. La specificità dell’intervento
strategico risiede proprio nello sforzo di coordinamento e migliore finalizzazione delle risorse umane,
finanziarie e culturali investite sul medesimo territorio.
Azioni volte a raggiungere obiettivi di salute:
• Politiche per l’educazione alimentare
1. armonizzazione dei capitolati delle mense;
45
2. rafforzamento ed armonizzazione del ruolo delle commissioni mensa;
3. PIGI adulti e minori
• Politiche della prevenzione:
1. Iniziative puntuali per specifici target (anziani,minori, adolescenti)
2. Educazione alimentare, educazione ambientale, educazione agli stili di vita
3. Prevenzione sanitaria, igiene degli alimenti, indicazioni nutrizionali
• Politiche socio-sanitarie:
1. Piano integrato per la salute
2. Azioni sulle patologie legate all’alimentazione
3. Organizzazione di un sistema informativo dedicato sul tema
Azioni volte a raggiungere obiettivi di conoscenza:
1. Politiche della formazione
� Interna alle ASL (CERERE)
� Dei piani provinciali
� Dei comuni
2. Piano di comunicazione volto ad una pluralità di obiettivi e affidato a diversi strumenti
di comunicazione
� Organizzazione Forum specifici per la cittadinanza con il coinvolgimento delle
Società della salute
� Informazione tecnica delle ASL
� Politiche informative e Sistemi informativi degli Enti Locali
� Organizzazione spazi web
� Newsletter sul cibo
� Formazione continua adulti
� Concorsi
Azioni volte a raggiungere obiettivi di equità:
1. Politiche sociali:
� Interventi per indigenti:
� Mense di solidarietà
� Buoni pasto
� Interventi per anziani:
� Assistiti: case di riposo, centri diurni
� Autonomi: centri di socializzazione, turismo sociale, etc
2. Politiche di integrazione tra etnie
� Iniziative culturali
� Interventi su produzione e distribuzione cibi specifici
3. Politiche del commercio:
� Stimolo a forme innovative e prossime di dettaglio;
� Supporto a forme collettive di acquisto (gas, mercati)
� Accordi con sistemi distributivi in chiave locale
� Politiche di supporto ad iniziative di filiera corta
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Azioni volte a raggiungere obiettivi di sostenibilità:
1. Politiche di pianificazione territoriale (definizione spazi agricoli, politiche e scelte per
la conservazione suolo agricolo e riduzione/contenimento del consumo di suolo,
promozione dell'agricoltura urbana, semplificazioni per agricoltura multifunzionale e
civica nei processi autorizzativi)
� Revisione PTC;
� Revisione Piani strutturali dei comuni.
2. Politiche di incentivazione
� Orientamento strumenti PoR CREO e politiche del FESR;
� Orientamento scelte di PSRL;
� Azioni di informazione e animazione per sistemi di imprese civiche dell’agro-
alimentare.
� Azioni di assistenza tecnica in campo agricolo
� Politiche di accesso alle risorse pubbliche (aziende e terre pubbliche e poco
usate)
3. Politiche di lotta allo spreco
� Nella gestione delle mense pubbliche;
� Nelle scelte private di consumo;
� All’interno dei sistemi della produzione e della distribuzione (operazioni “last
minute”).
4. Politiche di sostenibilità ambientale
� Iniziative di sostegno al consumo di prodotti locali;
� Promozione di sistemi di produzione a basso consumo energetico;
� Promozione di sistemi di produzione a basso inquinamento ambientale;
� Promozione del riuso da parte pubblica e privata;
� Riduzione dell’impatto dei packaging;
� Politiche mirate di gestione dei rifiuti.
Azioni volte a raggiungere obiettivi di innovazione:
• nei campi dell’informazione/educazione/formazione, della produzione, del consumo, delle
politiche integrate mediante:
1. Azioni di scouting di soluzioni innovative, a livello locale e non;
2. Azioni di supporto per pratiche pilota, innovative e trasferibili;
3. Azioni di informazione e formazione legate all’attività dei centri di ricerca
Azioni volte a raggiungere obiettivi di organizzazione:
1. Accordi di programma tra enti locali;
2. Creazione di coalizioni per il cibo (Alleanza per il cibo sul modello dei Food Council).
6.4. Le fasi di lavoro: dalla carta, alla strategia al Piano del cibo
La carta del cibo racchiude i principi generali a partire dai quali può essere costruita una strategia
condivisa per il cibo. Questa ha necessità di essere condivisa da una pluralità di attori locali che si
impegnano nella conduzione di atti concreti nel proprio ambito di competenza.
47
La firma della carta e della strategia per il cibo, quindi, rappresenta il primo passo con il quale gli attori
pubblici e privati si impegnano ad operare con continuità lungo un sentiero di lavoro comune.
Per quanto riguarda i soggetti pubblici, l’impegno principale riguarda il coordinamento delle singole
azioni. Il tema del cibo, infatti, per la sua pluridimensionalità presuppone un ingente sforzo di
coordinamento di politiche ed azioni. Da questo punto di vista, l’impegno alla realizzazione di un
accordo di programma sul cibo tra Enti locali e altri soggetti pubblici costituisce un primo passo
verso la concreta attuazione di una sperimentazione di politiche integrate sul cibo.
Nel caso della provincia di Pisa, la firma da parte dei Comuni che hanno già dato adesione all’atto di
indirizzo del Consiglio Provinciale per una politica integrata sulla gestione del cibo e delle
problematiche ad esso collegate, avrà un seguito nella firma della Carta del cibo e della Strategia per il
cibo. I Comuni e le Unioni di Comuni firmatari daranno vita ad un accordo di programma insieme alla
Amministrazione Provinciale di Pisa. L’accordo di programma verrà progressivamente esteso alle
Società della Salute che operano sui territori dei comuni firmatari e alle strutture delle ASL competenti
per gli interventi sulla salute e sulla prevenzione socio-sanitaria.
L’accordo di programma si realizza con riferimento agli obiettivi della strategia, assegnando ai diversi
soggetti firmatari – uno per volta - il ruolo di capofila e di coordinamento di un gruppo di azioni volte a
facilitare il raggiungimento di uno degli obiettivi indicati nella strategia stessa.
Sarà compito del soggetto coordinatore condividere con gli altri firmatari gli obiettivi quantificati e le
azioni da realizzare all’interno di una scala temporale definita. Il coordinatore si occuperà di verificare
l’andamento delle iniziative per stati di avanzamento e di favorirne attivamente l’attuazione coerente.
La declinazione di obiettivi ed azioni sui diversi aspetti sui quali i coordinatori e i sottoscrittori
dell’accordo di programma saranno chiamati ad operare verrà realizzata all’interno del piano del
cibo.
L’azione dei soggetti privati non può essere formalizzata all’interno dell’accordo di programma. D’altra
parte, il Piano non costituisce azione della sola pubblica amministrazione, ma ha necessità di essere
condiviso, mediato e portato in attuazione, anche mediante il contributo di soggetti del privato sociale
e delle imprese. Per questo motivo è prevista la realizzazione di una “Alleanza per il cibo”, una
coalizione che vede la presenza attiva e la partecipazione degli attori individuati nella Carta per il cibo
aventi un ruolo nel coordinamento di una politica integrata sul cibo sul territorio provinciale.
L’Alleanza per il cibo ha il compito di fare propria, fare evolvere e verificare l’applicazione degli
strumenti adottati (Carta, Strategia e Piano del cibo) dando forma alle preoccupazioni, alle idee, ai
suggerimenti dei portatori di interesse aderenti all’Alleanza. L’Alleanza ha una funzione di raccordo
tra area pubblica e privata e svolge il ruolo di autorità rispetto alle azioni da sviluppare e alle
controversie applicative che si dovessero realizzare. L’Alleanza ha una funzione ed un ruolo
riconosciuto dagli stessi soggetti pubblici firmatari della strategia. Le modalità e le procedure di azione
dell’Alleanza vengono formalizzate e sottoposte ad approvazione all’interno dell’Alleanza stessa.
6.5. Gli impegni dei sottoscrittori del piano del cibo
L’impegno formalizzato degli attori coinvolti è destinato a realizzarsi nell’ambito di un processo aperto
di convergenza di obiettivi, strumenti, azioni, valutazione degli esiti. Al fine di promuovere
l’affermazione dei diritti di cittadinanza e il consolidamento della democrazia alimentare, i
sottoscrittori di questa carta ,
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L’Amministrazione Provinciale di Pisa, le Amministrazioni Comunali e le Unioni dei Comuni
firmatarie si impegnano a :
1. Sottoscrivere la Carta e la Strategia per il cibo ed i suoi contenuti introducendone i principi
nelle azioni e nella pratica corrente nonché nella formulazione di specifici atti e in generale
nelle scelte politiche di propria competenza.
2. Dare vita ad un accordo di programma sul cibo nel quale sono precisati gli obiettivi e le azioni
di competenza municipale coerenti con quanto indicato nella strategia per il cibo.
3. Coinvolgere le Società della Salute nelle cui giunte siedono per assicurare la loro adesione
all’accordo di programma.
4. Facilitare il coinvolgimento delle strutture competenti delle ASL nell’accordo di programma.
5. Entrare a fare parte di un’Alleanza per il cibo, insieme a soggetti e rappresentanti del mondo
economico e della società civile al fine di condividere obiettivi ed azioni della Carta e della
Strategia per il cibo, definire le coordinate per il Piano del cibo promosso dalla
Amministrazione Provinciale di Pisa, sottoporsi ad azioni di monitoraggio e valutazione del
proprio operato in accordo con gli impegni assunti nella sottoscrizione dei propri impegni.
I cittadini consumatori aderenti in forma associata si impegnano a:
1. A sottoscrivere la carta e la strategia per il cibo ed i suoi contenuti introducendone i principi
nelle azioni e nel proprio operato corrente e nella formulazione di specifici atti, scelte e
iniziative.
2. Entrare a fare parte di un’Alleanza per il cibo, insieme a soggetti e rappresentanti del mondo
economico e delle istituzioni, in modo da condividere obiettivi ed azioni della Carta e della
Strategia per il cibo, definire le coordinate per il Piano del cibo promosso dall’Amministrazione
Provinciale di Pisa, offrire idee, raccomandazioni e pareri riguardo alla coerenza degli atti
pubblici rispetto a quanto sottoscritto nella Carta e nella Strategia per il cibo.
3. Coordinare iniziative di comunicazione e informazione utili per rafforzare la Strategia per il
cibo nei confronti dei propri associati e della società civile più in generale.
I produttori locali aderenti si impegnano a:
1. Sottoscrivere la Carta e la Strategia per il cibo ed i suoi contenuti introducendone i principi
nelle azioni e nella pratica corrente e nella formulazione di specifici azioni, scelte e iniziative.
2. Entrare a fare parte di un’Alleanza per il cibo, insieme a soggetti e rappresentanti della
società civile e delle istituzioni, al fine di condividere obiettivi ed azioni della Carta e della
Strategia per il cibo, definire le coordinate per il Piano del cibo promosso dall’Amministrazione
Provinciale di Pisa, offrire idee, raccomandazioni e pareri riguardo alla coerenza degli atti
pubblici rispetto a quanto sottoscritto nella Carta e nella Strategia per il cibo.
3. Coordinare iniziative di comunicazione e informazione utili per rafforzare la Strategia per il
cibo nei confronti di altre imprese e del mondo economico più in generale.
4. Orientare le proprie scelte di produzione a sostegno dell’economia civile ed a supporto della
qualità e del benessere delle popolazioni locali e della sostenibilità ambientale dei processi
produttivi adottando procedure trasparenti e verificabili.
Le istituzioni scientifiche aderenti si impegnano a:
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1. Sottoscrivere la Carta e la Strategia per il cibo ed i suoi contenuti introducendone i principi
nelle azioni e nel proprio operato corrente e nella formulazione di specifici azioni, scelte e
iniziative.
2. Entrare a fare parte di un’Alleanza per il cibo, insieme a soggetti economici, rappresentanti
della società civile e delle istituzioni al fine di condividere obiettivi ed azioni della Carta e della
Strategia per il cibo, definire le coordinate per il Piano del cibo promosso dall’Amministrazione
Provinciale di Pisa, offrire idee, raccomandazioni e pareri riguardo alla coerenza degli atti
pubblici rispetto a quanto sottoscritto nella Carta e nella Strategia per il cibo, fornire
aggiornate acquisizioni scientifiche connesse ai temi della carta per il cibo.
3. Coordinare iniziative di comunicazione e informazione utili per rafforzare la Strategia per il
cibo nei confronti del mondo scientifico e della formazione/educazione.
4. Orientare il proprio impegno di ricerca nell’intento di rafforzare le conoscenze, i metodi di
lavoro ed i principi che possono dare luogo ad un rafforzamento dei principi contenuti nella
Carta e degli obiettivi e delle azioni previste nella Strategia per il cibo facilitando l’accesso ai
risultati della propria ricerca e la trasferibilità in processi di formazione della conoscenza e il
rafforzamento di principi e linee di azione da parte dei firmatari dei sottoscrittori di questo
accordo.
6.6. Parole ed azioni chiave per una nuova condotta sul cibo
Dall’analisi delle scelte inerenti la pianificazione sul cibo da parte di diverse esperienze internazionali
emerge una serie di parole chiave che è utile indicare per rafforzare e stimolare iniziative, dibattito e
confronto in fase di definizione delle azioni sul tema in ambito locale e che vengono di seguito
elencate.
Le parole della salute Le parole della economia e
della società civile
Le parole della salvaguardia
ambientale
Alimentazione salutare
appropriatezza alimentare
Igiene del cibo
Etichettatura
Sicurezza alimentare
Benessere alimentare
Catering Salutare
Conoscenze culinarie
Coerenza con la legislazione sul
cibo
Controllo e attenzione al peso
Salute
Prevenzione
Educazione alimentare
Stili di consumo
Disponibilità di cibo
Disponibilità di cibo fresco
Accessibilità al cibo
Prossimità dei luoghi di
acquisto
Disponibilità di strutture che
propongano prodotti locali.
Informazione
Collaborazione sul cibo
Premi e concorsi sul cibo
Diffusione di iniziative sul cibo
Multiculturalità alimentare
Economia locale
Responsabilità sociale
Collaborazione e alleanze sul
Scelte di sostenibilità nel cibo
Produzione agricola sostenibile
Efficienza energetica
Conservazione dei terreni
agricoli
Cibo prodotto localmente
Consolidamento
dell’agricoltura locale
Attenzione alle risorse naturali
Riduzione dei rifiuti prodotti
Riciclaggio
Compostaggio materiali
organici
Riduzione dell’impatto
ambientale del cibo
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cibo
Prezzi
Riduzione degli sprechi
alimentari
Dall’analisi dei documenti relativi ad altri atti di indirizzo prodotti in altri Paesi dell’Unione Europea ed
extra comunitari, è stato estratto un elenco di possibili azioni per il consolidamento di una politica per
il cibo, come di seguito elencate.
Le azioni della salute Le azioni della economia e
della società civile
Le azioni della salvaguardia
ambientale
Accrescere la consapevolezza
sulle caratteristiche di una
dieta bilanciata
Diffondere la conoscenza di stili
alimentari improntati alla
gestione di una dieta bilanciata
Dare supporto ad azioni che
introducono diete bilanciate
nelle diete dei lavoratori e nei
pasti fuori casa
Assistere le imprese di catering
e mense pubbliche nella
formulazione di diete bilanciate
e nell’accesso ad alimenti di
qualità elevata
Promuovere la diffusione di
cibo salutare a scuola
Assicurare una pluralità di
iniziative e piani di azione sul
controllo del peso e dello
sviluppo della popolazione più
giovane
Organizzare kit informativi,
piani e protocolli di lavoro per
medici e operatori pubblici per
assicurare corrette
informazioni sul cibo
Assicurare standard igienici
elevati nel cibo
Organizzare azioni educative
mirate
Lanciare una 5 giorni sul cibo
sul territorio
Adottare specifici messaggi per
raggiungere gruppi mirati di
persone (giovani, bambini,
anziani, etc)
Promuovere settimane
regionali/locali sul cibo di
qualità e salutare
Diffondere informazioni sui
contenuti della strategia per il
cibo
Organizzare un bollettino locale
di informazione sul cibo di
qualità da rivolgere a categorie
mirate (gestori di comunità,
scuole, asili, preparatori di
alimenti, etc)
Dare supporto a mercati e
forme innovative di acquisto e
distribuzione di prossimità
Riorganizzare e incentivare la
distribuzione degli alimenti al
piccolo dettaglio e ai mercati
rionali
Diffondere la conoscenza e
facilitare l’applicazione di
metodi di produzione agricola
meno impattanti
Favorire l’accesso alla terra e il
ricambio generazionale
Tutelare i terreni agricoli
dall’urban sprawl con
strumenti di pianificazione
territoriale
Attivare esperienze cittadine di
compostaggio
Attivare esperienze di orti
condivisi e agricoltura urbana
Razionalizzare la logistica dei
trasporti del cibo
Ricollegare i cittadini
consumatori con i luoghi di
provenienza e di produzione
del cibo locale
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Le azioni della salute Le azioni della economia e
della società civile
Le azioni della salvaguardia
ambientale
Definire standard minimi, linee
guida e procedure per l’accesso
al cibo di qualità
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Conclusioni
La Carta e la Strategia del Cibo sono state presentate durante il convegno svolto lo scorso 15 ottobre
presso il Parco Regionale di San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli.
Durante questa occasione sono state raccolte le riflessioni provenienti dal mondo accademico, dalle
amministrazioni locali, dalle associazioni e dai soggetti che hanno condiviso il percorso del primo anno
di progetto.
La presenza di oltre 70 persone ha permesso di raccogliere nuovi stimoli per approfondire e
implementare quanto espresso nel documenti finali, aprendo la strada al nuovo anno di attività e di
formalizzare, attraverso la loro firma, l’impegno da parte delle Amministrazioni locali presenti alla
costruzione degli strumenti necessari alla realizzazione del Piano.
In modo particolare, dalle sollecitazioni raccolte è emersa la necessità di mantenere e far crescere
l’approccio di rete e di sistema, integrando non solo le sfere tematiche che interessano il cibo e la sua
multidimensionalità, ma anche le diverse professionalità e competenze.
Dalla discussione è stata rimarcata in modo forte il ruolo chiave svolto dalle amministrazioni
pubbliche attraverso la gestione della ristorazione collettiva (mense scolastiche, ospedali, mense
universitarie, residenze assistite per anziani) e l’importanza di coordinare e promuovere, con
l’apporto delle associazioni e di tutti i soggetti interessati, le politiche educative e le azioni di
educazione alimentare, a partire dai bambini, fino a raggiungere l’altra fascia critica di popolazione: gli
anziani.
Le implicazioni con la promozione della salute e l’educazione alimentare si connettono alla necessità di
rendere operative queste scelte con l’apporto dei produttori agricoli, presenti al convegno anche
attraverso le associazioni di categoria.
Dalle impressioni e dagli ulteriori approfondimenti portati durante la presentazione dei documenti
finali si apre il percorso futuro della costruzione del Piano di cibo, a partire dalla precisazione degli
strumenti elencati nella Strategia, l’Alleanza e l’accordo di programma, e dal supporto agli ambiti
chiave individuati: le filiere corte e il ruolo dei produttori agricoli e la ristorazione collettiva
sostenibile.
A questo scopo restano fondamentali gli strumenti web realizzati, per la condivisione e l’ulteriore
implementazione dei documenti proposti e per la diffusione dell’esperienza pisana in altri contesti
regionali e nazionali.