Dott. Geol. Pietro Giubbini – Via Filzi, 45 – 25128 Brescia – tel 335.8250095 – fax 030.5232020 e.mail: [email protected]
Dott. Geol. Angelo De Pascalis – Via Filzi, 45 – 25128 Brescia – tel 338.4512564 – fax 030.5232020 e.mail: [email protected]
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IA COMUNE DI BAGOLINO
PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO
CONSULENZA OPERATIVA COMPONENTE GEOLOGICA
dott. Pietro GIUBBINI geologo dott. Angelo DE PASCALIS geologo IL SINDACO
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
DELIBERA DI ADOZIONE
DELIBERA DI APPROVAZIONE DEFINITIVA
COMPONENTE GEOLOGICA, IDROGEOLOGICA E SISMICA D.G.R. n. 8/1566 del 22.12.2005 D.G.R. n. 8/7374 del 28.05.2008
TAVOLA
TITOLO
RELAZIONE GEOLOGICA
COMMITTENTE
AMM. COMUNALE DI BAGOLINO
FASE
DATA
DICEMBRE 2011
- COMPONENTE GEOLOGICA, IDROGEOLOGICA E SISMICA DEL PGT – COMUNE DI BAGOLINO pag. 1
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1
INDICE
pag
1. PREMESSA _______________________________________________________________ 2
2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ___________________________________________________ 3
3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE ________________________________________ 4
3.1. INQUADRAMENTO STRUTTURALE ______________________________________________________ 4
3.2. SUCCESSIONE STRATIGRAFICA _________________________________________________________ 4
3.3 ELEMENTI GEOLITOLOGICI E PRIMA CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA – TECNICA DEI DEPOSITI INCOERENTI ____________________________________________________________________________ 6
4. QUADRO GEOMORFOLOGICO _____________________________________________________ 12
4.1. Forme di versante legate alla gravità ___________________________________________________ 12
4.2. Fenomeni valanghivi ________________________________________________________________ 17
4.3. Forme legate all’azione delle acque ____________________________________________________ 17
4.4. Forme legate all’azione dei ghiacciai ___________________________________________________ 18
5. QUADRO IDROGEOLOGICO _______________________________________________________ 20
5.1. RETE IDROGRAFICA PRINCIPALE E SECONDARIA - BACINI E SOTTOBACINI ______________________ 20
5.2. RETICOLO IDRICO PRINCIPALE E MINORE ________________________________________________ 22
5.3. AREE A RISCHIO IDROGEOLOGICO _____________________________________________________ 27
6. CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE – TAVOLA 4 ________________________ 31
6.1 Valutazione amplificazione sismica locale ________________________________________________ 34
7. RACCORDO CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA ___________________ 46
7.1. PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL BACINO DEL FIUME PO (PAI) _____________ 46
7.2. PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI BRESCIA ____________________ 46
8. CARTA DEI VINCOLI (TAVOLA 5.1) ____________________________________________ 47
9. CARTA DI SINTESI (TAVOLA 6) ____________________________________________________ 49
10. DESCRIZIONE DELLE CLASSI DI FATTIBILITÀ E NORME GEOLOGICHE DI ATTUAZIONE (TAVOLA 7) ______________________________________________________________________ 50
ALLEGATI RIFERITI ALLA VALUTAZIONE ______________________________________________________ 60
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1. PREMESSA
Su incarico dell’Amministrazione Comunale di Bagolino è stato effettuato lo Studio Geologico
Idrogeologico e Sismico dell’intero territorio comunale. I criteri utilizzati per la stesura di tale studio,
fanno riferimento alle direttive emanate dalla Giunta Regionale Lombardia con deliberazione ai sensi
della D.G.R. N. 8/1566 del 22.12.2005, “Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica,
idrogeologica e sismica del Piano del Governo del Territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della
L.R. 11.03.2005, n. 12” aggiornata con la D.G.R. 28 maggio 2008 n.8/7374.
Lo studio ha inizialmente riguardato la raccolta e l’analisi dei dati già presenti in letteratura e di quelli
riguardanti precedenti indagini geologiche, geomorfologiche ed idrogeologiche.
Si è quindi passati all’analisi attenta ed approfondita del materiale aerofotogrammetrico presente negli
uffici provinciali di Brescia per passare quindi all’analisi diretta del territorio, approfondendo gli aspetti
legati alla geologia, alla geomorfologia, all’idrogeologia e idrografia superficiale
Particolare attenzione è stata posta nell'individuare e nel classificare le principali situazioni di dissesto
del territorio, viste nell’ottica della prevenzione e della messa in sicurezza nei confronti delle aree
antropizzate.
Si sono inoltre individuate le principali aree a rischio idrogeologico, dovute alla mancanza o
all’inadeguatezza delle opere di difesa idraulica, proponendo interventi per la loro soluzione.
Quindi per l’inquadramento del territorio sono stati utilizzati i dati già contenuti nello Studio geologico
del territorio comunale opportunamente aggiornati e integrati secondo le direttive allegate alle D.G.R.
N. 8/1566 del 22.12.2005 - D.G.R. 28 maggio 2008 n.8/7374.
Pertanto è stata effettuata una analisi dell’amplificazione sismica locale secondo la metodologia
contenuta nell’Allegato 5 della D.G.R. N. 8/1566 del 22.12.2005 e succ. , considerato che il Comune di
Bagolino risulta in zona sismica 3, secondo l’O.P.C.M. n. 3274 del 20.03.2003.
La sovrapposizione dei vari “caratteri” territoriali emersi dallo studio, ha portato alla stesura finale di
una carta di fattibilità geologica estesa a tutto il territorio comunale che ha lo scopo di mettere in
immediata evidenza le aree dove si concentrano i maggiori rischi.
Tale lavoro rappresenta per questo, un valido ed insostituibile strumento in possesso
dell’amministratore per tutelare e prevenire dai rischi il territorio in esame.
Di seguito vengono elencate le carte redatte ed allegate al seguente Studio Geologico:
Tavola 1.1/ 1.2: Carta geologica (scala 1:10.000)
Tavola 2.1/2.2: Carta geomorfologia e della dinamica geomorfologica (scala 1:10.000)
Tavola 3.1/3.2: Carta idrogeologica (scala 1:10.000)
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Tavola 4.1/4.2: Carta della pericolosità sismica locale (scala 1:10.000)
Tavola 5.1: Carta dei Vincoli esistenti (scala 1:10.000)
Tavola 5.2: Proposta carta dei dissesti con legenda uniformata PAI (scala 1:10.000)
Tavola 6.1/6.2: Carta di sintesi (scala 1:10.000)
Tavola 7.1: Carta di fattibilità e delle azioni di Piano (scala 1:5.000)
Tavola 7.2: Carta di fattibilità e delle azioni di Piano (scala 1:10.000)
2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Il territorio comunale di Bagolino si estende su un’area comprendente la quasi totalità del corso del Fiume
Caffaro fino al suo sbocco nelle Valli Giudicarie in corrispondenza della testata del Lago d’Idro.
I limiti altimetrici sono rappresentati dalla Cima di Bondolo (2582 m s.l.m.) geneticamente legata al
Massiccio intrusivo dell’Adamello, e la Piana alluvionale prospiciente l’abitato di Ponte Caffaro (370 m
s.l.m.).
Partendo dalle aree altimetricamente meno elevate, il limite comunale si muove in senso E-W a partire dal
Lago d’Idro toccando il Monte Breda (1504 m s.l.m.), la Corna Pagana (1446 m s.l.m.), la Cima Baremone
(1760 m s.l.m.), il Dosso Alto (1946 m s.l.m.) per poi scendere al passo del Maniva (2582 m s.l.m.). Il confine
percorre quindi in senso N-S lo spartiacque tra Val Camonica e Val Caffaro attraverso il Monte Maniva
(1853 m s.l.m.), il Monte Dasdana (2180 m s.l.m.), il Dosso dei Galli (2188 m s.l.m.), la Punta Auccia (2582 m
s.l.m.) per poi scendere e percorrere la Valle Rondenina, La valle di Codino e giungere in Val Caffaro tra Val
Dorizzo e il Gaver (poco a N di Malga Vaimane). Da qui il confine si muove con direzione SW-NE fino alla
Cima di Bondolo limite settentrionale e massima elevazione (2582 m s.l.m.) del comune di Bagolino.
Il limite percorre quindi lo spartiacque che separa La valle del Caffaro con le valli Giudicarie attraverso la
Cima Doie (2383 m s.l.m.), il Monte Brealone (2265 m s.l.m.), per poi percorrere il Rio Riccomassimo, fino al
suo sbocco nel Fiume Caffaro . Quest’ultimo viene quindi seguito fino al suo sbocco nel fondovalle a Ponte
Caffaro fino al alla foce nel Lago d’Idro.
Il territorio sopra delimitato si estende per circa 108 kmq con dislivelli ragguardevoli comprendendo diverse
fasce climatiche, da quelle di fondo valle antropizzate e coltivate a quelle tipicamente montane oltre il
limite della vegetazione.
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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE
Sulla la zona è stato effettuato un rilevamento geologico, che ha portato alla stesura della carta geologico-
strutturale alla scala 1:10.000 (v. tavola 1).
3.1. INQUADRAMENTO STRUTTURALE
Il comune di Bagolino, vista la sua notevole estensione, comprende situazioni geologiche estremamente
diversificate sia dal punto di vista litologico, sia dal punto di vista strutturale.
Partendo dalla parte meridionale del comune, il lineamento strutturale di maggiore importanza è
rappresentato dalla Linea della Val Trompia che percorre il territorio in senso EW all’altezza dell’abitato di
Bagolino; questa struttura ha realizzato il sollevamento della porzione di crosta presente a N portando ad
affiorare il basamento cristallino metamorfico costituito dai Micascisti del Maniva che costituiscono lo
“zoccolo” di tutta la successione sedimentaria post-ercinica dal permiano al terziario. A sud della faglia è
presente invece una successione carbonatica triassica stratificata che la faglia stessa, con il suo movimento,
ha posto in posizione pressoché verticale (la Cima Baremone e il Dosso Alto sono inserite all’interno di tale
serie). La parte meridionale del comune a sud della Valle della Berga e della Val Caffaro (a E di Bagolino)
sono invece occupati dalla formazione triassica della Dolomia Principale (norico – trias sup.)
3.2. SUCCESSIONE STRATIGRAFICA
Come già accennato l’area considerata è interessata da una successione permo-triassica poggiante su un
basamento cristallino-metamorfico pre-ercinico.
La base della serie in esame, comprende termini permiani tipicamente terrigeni e continentali (Verrucano
lombardo) ai quali sin dall’inizio del triassico si sostituiscono terreni di transizione (Formazione del Servino
e formazione della Carniola di Bovegno).
La serie prosegue con formazioni carbonatiche sia di ambiente bacinale (Calcari di Angolo, Prezzo,
Buchenstein, e formazione di Wengen) che di ambiente di piattaforma carbonatica (Calcare di Esino).
Di seguito vengono sinteticamente elencati i caratteri litologici delle formazioni presenti:
Serie stratigrafica del substrato pre-orogenesi alpina
Micascisti del Maniva (basamento cristallino metamorfico ercinico): scisti grigio-scuri, cloritici e talora
biotitici, con letti e vene di quarzo, oppure filladi e scisti argentei con porfiroblasti di granato. Il basamento
cristallino affiora nell’area compresa tra l’abitato di Bagolino e il Passo del Maniva delimitato verso S dalla
Linea della Val Trompia e verso N Dalla Valle del Dasdana – Valle del Torrente Vaia.
Verrucano Lombardo (Permiano superiore): conglomerati rossastri e violacei, talora verdognoli, alternati
con arenarie rosse, localmente molto micacee, facenti transizione talora a siltiti ed argilliti finemente
laminate; la stratificazione è poco distinta, in grossi banchi.
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Serie triassica verticalizzata (Scitico - Ladinico)
Si tratta di una serie a calcari, calcari marnosi marne e argille ed argilliti, spesso sottilmente stratificate. La
serie affiora in modo esteso e continuo tra la località Riccomassimo, l’abitato di Bagolino fino al Dosso Alto.
La serie si trova in giacitura verticalizzata per l’azione esercitata dalla Line a della Val Trompia che decorre
;con direzione EW; immediatamente a N.
Di questa seria fanno parte:
Formazione del Servino (Scitico): marne arenacee e micacee, arenarie e siltiti micacee laminate, marne
spesso zonate e calcari marnoso-arenacei grigio-verdi e violacei. Il Servino segue, in concordanza alla
formazione del Verrucano Lombardo .
Formazione della Carniola di Bovegno (Scitico sup.): complesso evaporitico costituito alla base da calcari
dolomitici, perlopiù gessosi e vacuolari a stratificazione indistinta, passanti spesso a brecce generalmente
minute; quest'ultime contengono talora elementi esotici (per esempio frammenti di rocce filoniane
triassiche inglobati durante le deformazioni plastiche derivate dagli intensi ripiegamenti cui la formazione è
andata soggetta. Sono presenti delle intercalazioni lentiformi di grosse dimensioni di materiali evaporitici
(anidriti e gesso). La Carniola di Bovegno in corrispondenza della casa di riposo a Bagolino.
Calcare di Angolo (Anisico inf.-med.): questa formazione è rappresentata dalla litozona superiore che affiora
con una potenza di circa 300 m; il Calcare di Angolo ed è costituito da calcari e calcari marnosi di colore
grigio scuro o nero, a stratificazione molto sottile, con sottili interstrati di marne e argilliti nere a cui si
intercalano locali banchi calcarei. Questa formazione costituisce il substrato di parte dell’abitato di
Bagolino.
Calcare di Prezzo (Anisico sup.): calcari marnosi da grigi a neri, con stratificazione per lo più media, alternati
ritmicamente con marne e argilliti carboniose e nerastre; lo spessore della formazione varia da 10 a 100
metri.
Calcare di Buchenstein (Ladinico inf.): calcari da grigi a nerastri, compatti, talora bernoccoluti ed a rari
noduli di selce, in strati ben marcati; locali intercalazioni di arenarie, siltiti e marne. Lo spessore varia tra 20
e 60 metri a seconda dei luoghi.
Formazione di Wengen (Ladinico): marne e calcari marnosi nerastri, arenarie, siltiti grigio verdastre, talora
tufacee; presentano localmente intercalazioni di argilliti scure. La stratificazione presenta spessore vario.
Questa formazione appare spesso eteropica con il Calcare di Esino.
Calcare di Esino (Ladinico sup.- Carnico inf.): calcari, calcari dolomitici e dolomie da grigio-chiari a grigio-
scuri, nocciola, bianchi, talora rosati a stratificazione mal distinta. La formazione é un tipico esempio di
scogliera fossile il cui spessore, in virtù della sua modalità di deposizione, varia anche sensibilmente in spazi
ridotti, determinando, sul terreno, frequenti chiusure e riduzioni di spessore (rapporti eteropici soprattutto
con il Calcare di Wengen); Il Calcare di Esino affiora estesamente in corrispondenza del Dosso Alto fino
all’abitato di Bagolino (eremo di San Gervasio).
Dolomia Principale (Norico): la Dolomia Principale affiora lungo una estesa fascia di territorio disposta in
senso EW a partire dal Passo delle Portole (a S del Dosso Alto) fino al Lago d’Idro costituendo il versante
destro della valle della Berga e della Val Caffaro .
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3.3 ELEMENTI GEOLITOLOGICI E PRIMA CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA – TECNICA DEI
DEPOSITI INCOERENTI
In seguito all’analisi dei terreni, sia lapidei che incoerenti, presenti nell’area in esame, è stata eseguita una
prima caratterizzazione litologica e geotecnica.
Questo lavoro è stato eseguito esclusivamente per le aree urbanizzate ed un intorno significativo.
I risultati sono illustrati di seguito:
Alluvioni recenti ed attuali del Fiume Caffaro :
depositi terrigeni confinati sul fondo valle all’interno della fascia dei terrazzi costruiti dal fiume stesso a
spese dei conoidi presenti nella zona, sia in sponda destra che sinistra.
Localmente il corso d’acqua ha terrazzato i suoi stessi depositi raggiungendo il substrato roccioso (val
Dorizzo).
L’analisi di alcune sezioni rappresentative di questi terreni evidenzia la presenza di un’ampia gamma di
granulometrie a partire dai limi fino ai blocchi, spesso organizzati in livelli omogenei con continuità laterale
in genere poco sviluppata (chiusure e assottigliamenti anche rilevanti alla scala dell’affioramento); queste
caratteristiche rispecchiano a pieno le modalità di deposizione del corso d’acqua che ha carattere
tipicamente torrentizio e dove si individuano quindi aree ad energia estremamente diversa.
Essendo quindi rappresentate tutte le classi granulometriche, risulta difficile dare una classificazione
univoca. Le caratteristiche geotecniche sono estremamente variabili e da definire caso per caso; Si rileva
tuttavia che le granulometrie prevalenti sono quelle grossolane con buone caratteristiche geotecniche;
Nelle aree occupate da questi litotipi rimangono tuttavia ovvi problemi relativi all’esondabilità dei corsi
d’acqua.
Conoidi alluvionali di fondo valle:
− (cdd1) Conoidi alluvionali di fondo valle dei tributari del Fiume Caffaro.
Si tratta di un’unità deposizionali continentali quaternarie post-glaciali di forma lenticolare che si
interdigitano a valle con i depositi alluvionali del Fiume Caffaro stesso.
Fa eccezione il conoide del torrente Riosecco che assume le caratteristiche di “conoide sospeso” a
causa del ringiovanimento post-glaciale di questa porzione di valle. Esso appare infatti
profondamente terrazzato e ringiovanito a sua volta e quasi del tutto inattivo. Sono stati tuttavia
evidenziati alcuni paleo-alvei tuttora riattivabili (vedi scheda relativa al rischio idrogeologico ID.01)
Dal punto di vista litologico prevalgono in senso assoluto le ghiaie, i ciottoli ed i blocchi, quest’ultimi
particolarmente abbondanti nella parte apicale dei conoidi stessi mentre nella parte distale si
rinvengono orizzonti di sabbie grossolane in livelli discontinui.
Le ghiaie, i ciottoli ed i blocchi presentano sempre un discreto arrotondamento.
Non si rinvengono, ne in superficie, ne in corrispondenza di sbancamenti, terreni limosi o argillosi.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a, localmente A-1-b
Si tratta di terreni con buone caratteristiche geotecniche sia per quanto concerne i valori di carico a
rottura che per i cedimenti. Permangono tuttavia problemi relativi alla possibile azione delle acque
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circolanti nel sottosuolo, alla stabilità dei fronti di scavo, alla stabilità delle aree adiacenti ai
terrazzamenti fluviali maggiormente sviluppati ed alle problematiche relative possibili esondazioni
con trasporto solido.
− (cdd2): conoide alluvionale di fondo valle del Fiume Caffaro al suo sbocco nella valle principale (Valli
Giudicarie - Fiume Chiese).
Si tratta, nella sua parte apicale, di un’unità deposizionale continentale che si interdigita verso E con
i depositi alluvionali del Fiume Chiese e che passa a depositi fluvio-lacustri di delta verso S.
Dal punto di vista litologico prevalgono, nella parte apicale del conoide, le ghiaie, i ciottoli ed i blocchi
delle litologie affioranti nel bacino drenato dal Fiume Caffaro . Il grado di arrotondamento è alto e
dovuto al lungo trasporto l’ungo l’asta torrentizia.
I depositi grossolani lasciano gradualmente spazio, nella parte distale del conoide ed in prossimità del
Lago d’Idro, a depositi più fini costituiti principalmente da sabbie grossolane con ciottoli immersi e
livelli a ghiaie.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a, A-1-b, A-2-4.
Si tratta di terreni con buone caratteristiche geotecniche sia per quanto concerne i valori di carico a
rottura che per i cedimenti. Si possono verificare problemi relativi alla presenza dell’acqua di falda
legati alla diminuzione del valori di capacità portante, alla scarsa stabilità dei fronti di scavo ed alla
stabilità delle aree adiacenti ai terrazzamenti fluviali maggiormente sviluppati.
Detrito di versante
Si tratta di depositi incoerenti perlopiù grossolani come ghiaie, ciottoli e blocchi staccatisi da pareti rocciose
e accumulatisi in forma di coni lungo i versanti;
Sono stati rilevate numerose aree dove prevale l’affioramento del detrito di falda sia attivo che quiescente
che inattivo.
− Falde di detrito e falde di detrito colonizzate dalla vegetazione affioranti a monte dell’abitato di
Ponte Caffaro (fdt – fdtc):
depositi di versante di spessore variabile da pochi decimetri a 5-6 metri, costituiti da elementi
provenienti dagli affioramenti appartenenti alla Formazione della Dolomia Principale (norico).
Le coltri in oggetto sovrastano il substrato roccioso con spessori via via crescenti verso il basso e, in
corrispondenza del fondo valle, ricoprono i terreni morenici e localmente i depositi alluvionali del
Fiume Caffaro . La giacitura, benché poco evidente, segue l’andamento del versante. La circolazione
idrica ha localmente determinato la cementazione dell’ammasso con conseguente formazione di
erosione differenziale tra gli strati più competenti e quelli invece maggiormente erodibili. Dove ciò
avviene, ed in corrispondenza degli sbancamenti, si verifica sovente il distacco per sottoescavazione
di blocchi di detrito di versante cementato .
Il grado di arrotondamento dei singoli clasti, visto il limitato rotolamento, è pressoché assente.
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Dal punto di vista litologico prevalgono le ghiaie, i ciottoli ed i blocchi a cui si alternano intervalli
sabbiosi limitati sia nello spessore che nella continuità laterale.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a, localmente A-1-b.
Trattandosi di depositi prevalentemente incoerenti, ubicati sul versante ed in equilibrio limite, si
prevedono problemi di stabilità durante l'esecuzione di sbancamenti o in seguito all'applicazione di
carichi (manufatti o ripiene); questi problemi possono accentuarsi con l'aumento dell'acclività del
versante o per l'eventuale presenza d'acqua circolante all'interno dell'ammasso. L’edificazione su
questi tipi di terreni è sconsigliata soprattutto a causa dei ripetuti e frequenti distacchi di materiale
lapideo, anche in massa, dalle pareti rocciose soprastanti.
Detrito di falda affiorante sponda destra del Lago d’Idro (fdt1 – fdtc1)
Lungo una ristretta fascia compresa tra la sponda destra del Lago d’Idro e la strada statale N. 237,
affiorano alcuni litotipi riconducibili alle falde di detrito precedentemente descritte, ma d’età più
antica. Affiorano indizi di una loro erosione ed asportazione durante l’ultima glaciazione; al loro
interno sono presenti depositi morenici pre-wurmiani evidentemente rimaneggiati. Attualmente
rappresentano il substrato per i depositi morenici wurmiani e per parte delle falde di detrito recenti.
Il loro grado di cementazione è buono e formano pareti rocciose naturali d’altezza variabile fino 10-
15 metri.
− falde di detrito attive e falde di detrito colonizzate dalla vegetazione affioranti a monte degli abitati
di Val Dorizzo e Cerreto:
depositi di versante di spessore variabile , costituiti da elementi provenienti dagli affioramenti
appartenenti alla Formazione di Collio (Val Dorizzo) e dei porfidi quarziferi (Cerreto).
I porfidi quarziferi a monte di Cerreto danno origine a falde di detrito molto estese e caratterizzate
da granulometrie estremamente grossolane. I blocchi che si staccano delle pareti appartenenti a
questa formazione, sono talvolta di dimensioni ciclopiche (vedi scheda 23CRRar)
In corrispondenza del fondo valle, ricoprono i terreni morenici e localmente i depositi alluvionali del
Fiume Caffaro . Il grado di arrotondamento, visto la quasi totale mancanza di trasporto e
rotolamento, è assai limitato o assente.
Dal punto di vista granulometrico prevalgono ghiaie, ciottoli e blocchi; i rappresentanti delle
granulometrie più grossolane sono concentrati nella parte bassa degli accumuli.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a.
Trattandosi di depositi prevalentemente incoerenti, ubicati sul versante ed in equilibrio limite, si
prevedono problemi di stabilità durante l'esecuzione di sbancamenti o in seguito all'applicazione di
carichi (manufatti o ripiene); questi problemi possono accentuarsi con l'aumento dell'acclività del
versante o per l'eventuale presenza d'acqua circolante all'interno dell'ammasso. L’edificazione su
questi tipi di terreni è sconsigliata soprattutto a causa dei ripetuti e frequenti distacchi di materiale
lapideo, anche in massa, dalle pareti rocciose soprastanti.
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Depositi di origine morenica:
In corrispondenza della Valle del Fiume Caffaro , localmente sia in sponda destra che in sponda sinistra, e le
valli dei suoi tributari, il substrato roccioso risulta quasi sempre coperto da una coltre di depositi superficiali
soprattutto di origine glaciale, depositati nel corso delle glaciazioni che hanno interessato durante il
quaternario l'intero bacino. I depositi variano da conglomerati ad arenarie sino ad argilliti; essi contengono
la litologie sedimentarie, intrusive e metamorfiche come: Calcari, Dolomie, Porfidi, Graniti, Vulcaniti e
micascisti. La presenza di queste rocce, anche in grossi massi erratici, è sicuramente da attribuire ad eventi
glaciali come depositi morenici e depositi fluvio-glaciali.
In base ai rapporti stratigrafici rilevati è stato possibile distinguere nell'ambito dei depositi superficiali
differenti unità.
Spessori rilevanti si rilevano proprio in corrispondenza dell’abitato di Bagolino e di un intorno significativo.
Ponte Caffaro :
Depositi di origine morenica estesamente affioranti nelle aree a minore acclività lungo il versante a
monte dell’abitato di Ponte Caffaro ed lungo il tratto della Statale n. 237 a S-SE dell’abitato; si tratta
di ampie placche che sovrastano direttamente il sustrato roccioso dolomitico e parzialmente i deposi
di versante quaternari pre-wurmiani descritti in precedenza. Gli spessori sono molto variabili da
pochi decimetri ad alcuni metri nelle depressioni.
Dal punto di vista litologico, si tratta di depositi detritici costituiti da ghiaie ciottoli e blocchi a spigoli
vivi prevalenti su una matrice fine costituita da sabbie grossolane; la matrice prevale in percentuale
solo localmente, andando a costituire livelli e banchi spesso lenticolari alla scala dell’affioramento. Le
porzioni a granulometria più grossolana si presentano localmente cementate formando veri e propri
banchi conglomeratici; ghiaie, ciottoli e blocchi sono rappresentativi delle diverse formazioni presenti
lungo il bacino del Fiume Caffaro e del Fiume Chiese compresi i litotipi riferibili alle formazioni
magmatiche dell’Adamello-Presanella e del basamento cristallo metamorfico. Localmente sono
presenti trovanti anche di notevoli dimensioni (masso del Pernico)
La circolazione idrica all’interno della dei depositi in oggetto è presente anche se poco sviluppata.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a e A-1-b
I terreni in oggetto possiedono discrete caratteristiche geotecniche, tuttavia, trattandosi di depositi
prevalentemente incoerenti, si prevedono problemi di stabilità durante l’esecuzione di sbancamenti
o in seguito all’applicazione di carichi; questi problemi possono accentuarsi a causa dell’acclività del
versante o dell’eventuale presenza d’acqua circolante
− Bagolino:
Depositi di origine morenica estesamente affioranti in corrispondenza e nei dintorni dell’abitato di
Bagolino e delle frazioni di Val Dorizzo e Cerreto; si tratta di ampie placche che sovrastano
direttamente il substrato roccioso e che sovente vengono ricoperti, in corrispondenza del fondovalle,
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dai depositi alluvionali del Fiume Caffaro e dei suoi tributari. Gli spessori sono molto variabili da
pochi metri ad alcune decine di metri (soprattutto in corrispondenza dell’abitato di Bagolino).
Dal punto di vista litologico, si tratta di depositi detritici costituiti da ghiaie ciottoli e blocchi a spigoli
vivi con una matrice fine costituita da sabbie grossolane; la matrice aumenta localmente, andando a
costituire livelli e banchi spesso lenticolari alla scala dell’affioramento. Le porzioni a granulometria
più grossolana si presentano localmente cementate formando veri e propri banchi conglomeratici;
ghiaie, ciottoli e blocchi sono rappresentativi delle diverse formazioni presenti lungo il bacino del
Fiume Caffaro comprese quelle riferibili al plutone Adamello-Presanella e al basamento cristallo
metamorfico; quest’ultimi si presentano spesso fortemente alterati.
Localmente sono presenti trovanti anche di notevoli dimensioni successivamente anche
rimobilizzati ad opera dei corsi d’acqua o delle dinamiche di versante.
La circolazione idrica all’interno di tali depositi, è presente e localmente anche piuttosto sviluppata
per la presenza di numerose sorgenti lungo i versanti che determinano lo sviluppo di una limita falda
al contatto con il substrato roccioso.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a e A-1-b; Classificazione USCS: GM - SM
I terreni in oggetto possiedono discrete caratteristiche geotecniche, tuttavia, trattandosi di depositi
prevalentemente incoerenti, si prevedono problemi di stabilità durante l’esecuzione di sbancamenti
o in seguito all’applicazione di carichi in prossimità dei terrazzamenti; questi problemi possono
accentuarsi per l’eventuale presenza d’acqua circolante.
Infine, anche a causa dell’acclività dei versanti e soprattutto a monte dell’abitato di Bagolino, si sono
spesso manifestati fenomeni di instabilità di porzioni di versante e/o di rotolamento di singoli o
gruppi di blocchi con danni agli edifici.
Depositi morenici rimaneggiati (mor) affioranti alla base del terrazzamento sul quale insiste l’abitato
di Bagolino e di parte della piana posta a N dell’abitato stesso. Il rimaneggiamento è avvenuto ad
opera sia delle acque dilavanti sul versante sia per locali fenomeni di instabilità superficiali.
Si tratta di ghiaie, ciottoli e blocchi immersi in una matrice sabbiosa scarsamente organizzati in livelli
continui.
Geometricamente sovrastano sia i depositi alluvionali di fondo valle del Fiume Caffaro che il
substrato roccioso calcareo o metamorfico.
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a e A-1-b; Classificazione USCS: GM - SM;
- mo – lcs - flg
I depositi quaternari in oggetto occupano la parte settentrionale dell’abitato antico di Bagolino e
costituiscono un insieme difficilmente cartografabile di depositi morenici (mo), lacustri (lcs) e fluvio-
glaciali (flg) in successione non sempre costante e prevedibile.
In particolare:
(mo) i depositi morenici sono sostanzialmente simili a quelli precedentemente decritti -
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a e A-1-b; Classificazione USCS: GM - SM;
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(lcs) depositi fluvio-lacustri o deltizio-lacustri costituiti da un’alternanza di limi sabbiosi e limi argillosi
saturi - Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-4; Classificazione USCS: ML / ML - CL
(flg) depositi fluvioglaciali costituiti da ghiaie con sabbia, sabbie sabbie e ghiaie limose -
Classificazione C.N.R. - U.N.I. - 10006: A-1-a, A-2-4, ; Classificazione USCS: GW - SM - GM
I terreni in oggetto, vista la loro natura estremamente eterogenea, richiedono indagini puntuali che
definiscano la loro reciproca geometria oltre che le loro caratteristiche geotecniche puntuali, anche
in relazione alla presenza della falda.
Depositi di paleofrana
I terreni di paleofrana si sono formati durante la fasi regressive dell’ultima glaciazione quando, a causa del
rilascio pensionale seguito dallo scioglimento del ghiaccio, grosse masse litoidi si sono staccate dai versanti.
I casi più eclatanti di paleofrane all’interno del territorio comunale di Bagolino sono i dissesti 03.CRRsa e
19.CXMqa presenti entrambi a W dell’abitato e numerosi altri cartografati in TAV. 2
Substrato roccioso: zona di Ponte Caffaro
Il substrato è costituito, in tutta l’area interessata dalla carta, dalla Formazione della Dolomia Principale;
essa affiora estesamente lungo tutto il versante destro del Lago d’Idro a sud di Ponte Caffaro ed è
costituita da dolomie e calcari dolomitici da grigio-chiari a grigio-scuri, o nocciola brunastri, a stratificazione
per lo più indistinta o in grossi banchi. La simultanea presenza della stratificazione e delle litoclasi legate ai
movimenti compressivi alpini, determina localmente un’intensa fratturazione dell’ammasso roccioso;
L’intensa fratturazione è particolarmente evidente e visibile lungo la S.P. 7 per Bagolino oltre la località S.
Antonio; Il materiale prodotto dalla disgregazione del substrato interessa anche parte dall’abitato di Ponte
Caffaro. La naturale fratturazione dell’ammasso roccioso in concomitanza con la forte acclività del versante,
rende necessaria un’analisi puntuale della situazione di rischio da distacco di blocchi qualora si renda
necessario eseguire delle opere.
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4. QUADRO GEOMORFOLOGICO
4.1. Forme di versante legate alla gravità
Le forme in esame sono determinate in maniera preponderante dall’azione della forza di gravità, unite
all’azione combinata e spesso preparatoria della tettonica, della circolazione idrica sotterranea, di quella
superficiale dilavante e all’azione del gelo e disgelo. Un ruolo estremamente importante è stato anche
svolto dal progressivo ritiro della coltre glaciale che ha provocato in epoca post-glaciale un notevole rilascio
tensionale sui fianchi vallivi, e conseguente distacco di frane di crollo anche di notevoli dimensioni
localmente riattivate.
Falde di detrito e detrito di versante
Sono costituiti da depositi grossolani come ghiaie, ciottoli e blocchi staccatisi da pareti rocciose e
accumulatisi in forma di coni lungo i versanti; nella zona indagata questi processi hanno agito con
particolare vigore, trovando rocce localmente molto fratturate per l’intensa tettonizzazione alpina.
Sono stati rilevati numerose aree dove prevale l’affioramento del detrito di falda sia attivo che quiescente
che inattivo.
Le aree dove affiorano con maggiore frequenza i detriti di falda attivi sono state riscontrate in
corrispondenza delle quote più elevate intorno alle cime; tuttavia se ne rilevano anche a quote minori ed in
prossimità di zone antropizzate.
In particolare:
a monte dell’abitato di Val Dorizzo;
in vari punti lungo la strada che collega Val Dorizzo a Bagolino;
A monte della Località Colegna e a monte dell’abitato di Cerreto;
Estesamente lungo il versante destro sia della Valle della Berga che del Rio Levras;
A monte dell’abitato di Ponte Caffaro e nel tratto di strada che collega Bagolino con la Località S. Antonio.
Fenomeni franosi
Sulla carta geomorfologica, su quella di sintesi e su quella geomorfologica a scala di piano, è stato utilizzato
il codice alfanumerico in uso l'Atlante dei Dissesti, secondo il seguente schema:
Esempio: 554.CODar 1 NUMERAZIONE PROGRESSIVA DEL DISSESTO (554.CODar) 2 TIPOLOGIA DEI MOVIMENTI DI VERSANTE (554.CODar)
CR Crollo. SR-ST Scivolamento. SR) rotazionale, ST) traslazionale. CO Colata. SP Sprofondamento. CX Complessa. NC Frana non classificata.
3 TIPO DI MATERIALE (prima del movimento) (554.CODar)
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R Roccia. D Detrito. (materiale prevalentemente grossolano) T Terra. (materiale prevalentemente fine) M Misto.
4 STATO DI ATTIVITÀ DEL FENOMENO FRANOSO (554.CODar)
a Attivo. Corpo franoso attualmente soggetto a movimenti o interessato da movimenti durante gli ultimi 30 anni.
q Quiescente. Frana non soggetta a movimenti durante gli ultimi 30 anni. s Stabilizzato. Frana le cui cause sono state naturalmente o artificialmente rimosse.
5 ETÀ DEL FENOMENO FRANOSO (554.CODar)
r Recente. Fenomeno verificatosi negli ultimi decenni. s Storico. Fenomeno di cui si ha memoria storica. a Antico. Fenomeno di cui non si ha memoria storica.
I fenomeni franosi, oltre ad avere un identificativo, sono stati censiti e classificati secondo la “Scheda per il
censimento delle frane” fornita dal Servizio Geologico della Regione Lombardia.
Nel presente paragrafo si mettono in evidenza i dissesti più estesi o quelli che interessano direttamente o
indirettamente aree urbanizzate.
I dissesti presenti sul territorio di Bagolino sono numerosi ma di dimensioni tutto sommano poco rilevanti.
Essi, nella maggior parte dei casi, appaiono difficilmente cartografabili alla scala 1:10.000 e interessano le
coltri superficiali quaternarie moreniche o i depositi di versante (falde di detrito e depositi colluviali).
Tali fenomeni hanno in genere carattere di scivolamento traslativo (talvolta anche rotazionale) con piani di
scorrimento ubicati al contatto copertura-substrato.
Le cause sono da ricercarsi principalmente nello stato di equilibrio limite in cui tali depositi vengono a
trovarsi lungo i versanti, nell’azione scalzante dei corsi d’acqua sui fondovalle od infine nell’azione
destabilizzante di alcuni interventi antropici (essenzialmente scavi lungo i versanti)
Esistono poi alcuni fenomeni franosi di grandi dimensioni legati principalmente al rilascio tensionale seguito
al ritiro della coltre glaciale (dissesti 03.CRRsa, 19.CXMqa, 12.CRRqa, 13.CRRqa, 14.CRRqa, 20.CRRqa,
Dissesto 01.CRRar Tipo di movimento: Nicchia: crolli diffusi, sia in massa che in singoli blocchi da due pareti
verticali in roccia. Accumulo: rotolamento continuo di ciottoli e blocchi, colate di detrito in occasione di forti precipitazioni. L’unghia dell’accumulo è posta in corrispondenza del Fiume Caffaro
Tipo di materiale: Nicchia: successione stratigrafica triassica di cui fanno parte le formazioni del Calcare di Esino, delle Arenarie della Val Sabbia e della Dolomia Principale. Accumulo: ghiaie, ciottoli e blocchi.
Presenza d’acqua: Sono presenti due sorgenti perenni che attualmente scaturiscono
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dall’accumulo; esse tuttavia sono probabilmente state la causa scatenante del dissesto;
Stato di attività: Attivo: cedimenti di blocchi, superfici di movimento non alterate, vegetazione assente, colate di detrito, distacco continuo di blocchi sia nella nicchia che nell’accumulo.
Probabile evoluzione: Nicchia: arretramento ed espansione laterale. Accumulo: avanzamento rotolamento per colate successive. Il Fiume Caffaro asporta naturalmente l’accumulo.
Danni a elementi del territorio e a persone:
Il rischio consiste in improvvisi crolli di materiale lapideo in massa che poterebbe ostruire parzialmente l’alveo del Fiume Caffaro .
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
(e) Nessuna opera eseguita, (p) si consiglia il monitoraggio
Dissesto 02.STMar Tipo di movimento: Si tratta di un’ampia area posta lungo il versante destro del Caffaro
occupata da ampio e diffuso affioramento delle coperture quaternarie moreniche; le cause del movimento sono da ricercarsi principalmente nella presenza di un substrato poco permeabile (Micascisti del Maniva) unito ad un’acclività localmente marcata ed alla diffusa presenza di venute d’acqua e circolazione idrica sotterranea e superficiale. Il movimento prevalente è quello dello scivolamento traslazionale che si verifica probabilmente al contatto copertura quaternaria-substrato.
Tipo di materiale: Il materiale coinvolto è quello riferibile alle coltri moreniche costituite da sabbie, ghiaie, ciottoli e blocchi in proporzioni estremamente variabili.
Presenza d’acqua: Tutto il versante è interessato da sorgenti perenni alcune delle quali captate per uso umano; sono presenti numerosi corsi d’acqua che drenano il versante alimentati in parte anche dalle sorgenti sopra citate; anche la circolazione sotterranea è sviluppata a causa delle presenza di vie preferenziali d’infiltrazione nei depositi quaternari .
Stato di attività: Il dissesto è complessivamente quiescente, tuttavia si rilevano limitate porzioni dove sono presenti rigonfiamenti del terreno visibili soprattutto lungo alcuni tratti della strada Bagolino – Passo del Maniva e danneggiamenti al fondo stradale e ai muri di contenimento. Sono stati inoltre danneggiati alcuni edifici che presentano crepe.
Probabile evoluzione: Il movimento è lento e localizzato e non si prevedono evoluzioni improvvise con fenomeni tipo colata. Tuttavia, essendo l’area potenzialmente instabile estremamente ampia, si ritiene difficile stabilire quali saranno le zone in grado di riattivarsi in futuro.
Danni a elementi del territorio e a persone:
Danni alla strada Bagolino – Passo del Maniva e ad alcuni edifici sotto forma di crepe e rigonfiamenti.
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
(e) Nessuna, (p) Si consigliano interventi complessivi che prevedano un monitoraggio continuo dalla situazione al fine di quantificare e localizzare i movimenti, ed un efficace intervento di regimazione delle acque superficiali al fine di limitare quanto più possibile le infiltrazioni.
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Dissesti 04.STDar, 05.STDar, 06.STDar, 07.SRar, 08.STDar, 09.STDar, 10.STDar Tipo di movimento: Si tratta dissesti di dimensioni limitate e quindi difficilmente cartografabili;
La causa scatenante è in genere riconducibile all’azione scalzante dei torrenti Berga e Levras e dei loro tributari sul piede del detrito di falda e localmente dei depositi morenici presenti nella parte bassa dei versanti. Il movimento avviene per scivolamenti traslazionali successivi con conseguente arretramento della nicchia; l’accumulo viene progressivamente portato in alveo ed asportato durante le piene
Tipo di materiale: Sabbie ciottoli e blocchi calcarei facenti parte della formazione della Dolomia Principale e localmente dei depositi morenici.
Presenza d’acqua: In genere assente nella nicchia e nell’accumulo. Sempre presente al piede dall’accumulo in corrispondenza dei corsi d’acqua.
Stato di attività: Attivi: scivolamento lungo superfici planari e cedimenti di singoli blocchi, superfici di movimento non alterate, vegetazione assente, colate di detrito in occasione di precipitazioni intense. Ruscellamento sia nella nicchia che nell’accumulo durante le precipitazioni
Probabile evoluzione: Nicchia: arretramento ed espansione laterale. Accumulo: avanzamento per colate successive.
Danni a elementi del territorio e a persone:
Nessuno
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
(e) su alcune sono state effettuate opere di bioingegneria naturalistica (p) opere di protezione dell’unghia e piantumazione.
Dissesto 04.CXMar Tipo di movimento: Nicchia: crolli diffusi, sia in massa che in singoli blocchi.
Accumulo: rimobilitazione in seguito alle condizioni di equilibrio limite dell’accumulo stesso; colate di detrito in occasione di forti precipitazioni.
Tipo di materiale: Nicchia: spessori rilevanti di depositi morenici anche parzialmente cementati ed in uguale misura roccia stratificata e fratturata appartenente alla serie anisico-ladinica. Accumulo: sabbie, ghiaie, ciottoli e blocchi
Presenza d’acqua: Acqua assente nella nicchia (sopralluogo a fine inverno) e presente nell'accumulo.
Stato di attività: Attivo: cedimenti di blocchi, superfici di movimento non alterate, vegetazione assente, colate di detrito.
Probabile evoluzione: Nicchia: arretramento ed espansione laterale. Accumulo: avanzamento per colate successive.
Danni a elementi del territorio e a persone:
Accertati a strada comunale
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
esecuzione di gabbionate e n° 3 briglie
Dissesto 05.CRRar Tipo di movimento: Crollo di singoli blocchi in corrispondenza di pareti verticali o sub-verticali
Tipo di materiale: Rocce calcaree fortemente fratturate appartenenti al calcare di Esino, Il materiale prodotto ha dimensione variabile ed è costituito in prevalenza da ghiaie ciottoli e blocchi a spigoli vivi. Il dissesto interessa anche un ridotto spessore di depositi morenici nella parte alta della nicchia
Presenza d’acqua: Assenza di venute d'acqua, anche nell'accumulo.
Stato di attività: Il dissesto è attivo (cedimenti di blocchi, superfici di movimento non alterate, rotolamento di materiale in condizione d'equilibrio instabile nell'accumulo.
Probabile evoluzione: Per la nicchia: arretramento ed estensione laterale; Per l’accumulo: avanzamenti successivi.
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Danni a elementi del territorio e a persone:
A terreni agricoli e boschi. In caso di consistenti ed improvvisi distacchi di roccia, potrebbero essere interessate le prime abitazioni del paese.
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
Nessuna opera di intervento eseguite (e) Posizionamento di reti paramassi a difesa del centro abitato
Dissesto 08.SPRar Tipo di movimento: probabile sprofondamento del substrato per la presenza di gessi triassici
carsificati appartenenti alla Carniola di Bovegno; il fenomeno potrebbe anche essere ricondotto all’instabilità generata in corrispondenza dell’orlo del terrazzo morfologico e combinata alla presenza del substrato gessoso alterato o carsificato. Recentemente, prima dell’evoluzione del movimento, è stata aggiunta una porzione di edificio con conseguente aumento del carico in corrispondenza dell’orlo della scarpata.
Tipo di materiale: Gessi di colore bianco panna con striature grigio nere.
Presenza d’acqua: Assenza di acque superficiali; è tuttavia probabile che l’area in oggetto rappresenti una via preferenziale per il deflusso verso valle delle acque sotterranee; é inoltre presente una fontana che a causa dei movimenti avvenuti, continua ad immettere acqua nel substrato.
Stato di attività: Attivo
Probabile evoluzione: è probabile che l’abbassamento continui, compromettendo la stabilità degli edifici circostanti.
Danni a elementi del territorio e a persone:
il massimo dello sprofondamento è avvenuto al centro della vallecola in corrispondenza della fontana; qui lo sprofondamento è valutabile in 10-15 cm; la fontana è ormai senza basamento ed immette acqua nel sottosuolo. L’asfalto della strada a monte della fontana è crepato e appare staccato di alcuni centimetri rispetto al marciapiede della prima casa di S. Pietro; Quest’ultima ha subito lavori ed una aggiunta circa quattro anni fa e attualmente i muri si sono lesionati. Vari muri di ritenuta di terrapieni sia a monte che a valle della strada appaiono crepati in più punti
Opere di intervento eseguite (e) o proposte (p):
Nessuna opera è stata eseguita se non interventi ti chiusura delle crepe. Si propone un approfondimento d’indagine con il posizionamento di estensimetri in corrispondenza delle lesioni e di indagini geognostiche per la determinazione della profondità e della qualità del substrato; si consiglia inoltre un’indagine idrogeologica e la verifica dello stato delle fondazioni dell’edificio che ha recentemente subito l’aggiunta, in quanto potrebbero essere danneggiate dalle acque sulfuree. In base alle risultanze degli studi, si potrà inquadrare il tipo e la dimensione del dissesto, effettuare analisi di stabilità e pensare a dimensionare gli interventi di stabilizzazione ed arresto del fenomeno.
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4.2. Fenomeni valanghivi
Questi fenomeni sono frequenti e spesso di notevoli dimensioni.
Il trasporto verso valle viene favorito dalle pendenze notevoli soprattutto in corrispondenza dei fianchi
vallivi destro e sinistro del torrente Caffaro a monte dell’abitato di Bagolino e dalla presenza di canaloni ad
andamento rettilineo.
Durante la discesa, le masse nevose tendono a caricarsi di materiale incoerente sui coni e sulle falde di
detrito e a trasportarlo verso valle.
Questo tipo di apporto costituisce una percentuale rilevante di tutti gli apporti solidi convogliati negli alvei
aumentandone notevolmente il grado di rischio nei confronti del trasporto solido in massa durante gli
eventi meteorici intensi.
Le zone di origine, di transito ed accumulo delle valanghe sono state ubicate e delimitate sulla tavola 3
allegata al presente Studio.
4.3. Forme legate all’azione delle acque 4.3.1. Conoidi di fondovalle:
I conoidi di fondovalle formatisi ad opera dei corsi d’acqua in corrispondenza della loro confluenza con il T.
Caffaro sono in genere di limitate dimensioni;
Le ragioni di tale fatto sono da imputarsi probabilmente alle seguenti ragioni:
• alcuni dei bacini che alimentano i conoidi sono di piccole dimensioni e quindi non sono in grado di
produrre sufficiente materiale da scaricare in alveo; si fa in particolare riferimento a quei bacini che
drenano direttamente i due versanti del solco vallivo principale (vedi bacini di tipo “A” della carta
idrogeologica);
• i bacini maggiori come quello della Valle di Bruffione-Valle dei Laghi, sono bacini post-glaciali sospesi
con numerose conche di sovraescavazione; queste ultime hanno sicuramente funzionato nel tempo
come aree di accumulo per il materiale trasportato; le numerose piane alluvionali così formatesi hanno
diminuito la capacità di trasporto dei corsi d’acqua favorendo lo stazionamento del materiale
alluvionale in aree “alte” rispetto al fondovalle del T. Caffaro .
• Lo stesso meccanismo di “trattenimento” del materiale avviene laddove prevale la morfologia “a
gradini” tipica delle rocce permiane con giacitura orizzontale (Valle Rondenina con le sue valli
tributarie, parte alta della valle del T. Vaia e parte alta della Valle del T. Dasdana, area del Passo delle
Cornelle); qui prevale nettamente il meccanismo gradino morfologico – cascata - gradino morfologico
che riproduce in modo naturale il principio di funzionamento dei sistemi artificiali di briglie.
Fa eccezione il conoide del Torrente Rio Secco; esso poggia sui depositi morenici e gladio-lacustri terrazzati
su cui si trova parte dell’abitato di Bagolino; esso è attualmente un conoide “sospeso” e per la maggior
parte della suo areale inattivo; l’attuale livello di base costituito dal T. Caffaro , diverso e più basso rispetto
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quello in epoca glaciale, ha determinato un forte ringiovanimento del conoide che appare quindi
profondamente terrazzato. Restano tuttavia alcuni paleo-alvei in sponda sinistra che potrebbero essere
riattivati in caso di forti piene del Rio Secco (vedi ID.01 e ID.02).
4.3.2. Conoide-delta lacustre del F. Caffaro
Il conoide del Fiume Caffaro al suo sbocco nella Valle Giudicarie è ampio e con pendenze molto limitate;
attualmente il Caffaro s’immette nel Fiume Chiese a poche decine di metri dell’immissione di quest’ultimo
nel Lago d’Idro.
l’osservazione diretta di alcuni scavi aperti nella zona dell’allevamento di trote dimostra come la
granulometria prevalente di questo corpo sedimentario sia costituito da sabbie grossolane e fini con locali
lenti siltose. Non si escludono lenti ghiaiose soprattutto nelle vicinanze dell’alveo attivo.
E’ tuttavia probabile che la parte apicale del conoide sia costituito da terreni a granulometria più
grossolana; questa considerazione viene avvalorata dalla maggiore pendenza del conoide stesso.
Le pendenze così limitate sono probabilmente da imputarsi anche alla presenza del Lago d’Idro che fa del
sistema sedimentario conoide del Caffaro – piana alluvionale del Fiume Chiese un sistema deltizio
progradante.
Si ricorda che parte della piana alluvionale tra Ponte Caffaro e la sponda del lago, è il risultato di un’opera
di bonifica; lo testimoniano l’aspetto così marcatamente geometrico dei campi, l’andamento delle strade e
dei canali di smaltimento delle acque superficiali.
4.4. Forme legate all’azione dei ghiacciai
Depositi Morenici
Sono il risultato dell’azione di erosione, trasporto e deposizione svolto dai ghiacciai presenti nell’area
durante le varie fasi glaciali succedutesi nel tempo. Attualmente che il limite delle nevi perenni si assesta
intorno a 3000 m s.l.m. In epoca glaciale tale limite si era trovava intorno ai 2100-2200 m s.l.m.; ne
consegue che gran parte delle montagne presenti all’interno del comune di Bagolino si trovava al di sopra
di tale limite.
Localmente la coltre glaciale ha assunto il carattere di calotta (come ad esempio nell’area compresa tra il
passo del Maniva e il Passo Crocedomini), calotta dalle quali emergevano isolate vette (Dosso dei Galli,
Monte Dasdana, Punta dell’Auccia, Monte Molter, ecc.)
In alcuni casi invece le coperture glaciali assumevano, nella loro parte più elevata, la conformazione di
circhi glaciali isolati; ne sono un esempio i circhi, ormai non più attivi, intorno alle cime poste in sponda
sinistra del Fiume Caffaro di cui le più rappresentative sono il Monte Brealone (2265 m. s.l.m.), il Dosso
Trabaccone (2208 m. s.l.m.), l’area di Passo delle Cornelle, i Corni di Groli (2193 m. s.l.m.) e di Monte
Telegrafo (2151 m. s.l.m.)
I depositi morenici derivati dal trasporto e dalla deposizione successiva da parte del ghiacciaio, affiorano
quindi estesamente in tutta l’area indagata.
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Lungo Val Caffaro i depositi morenici occupano estesamente il fondovalle antropizzato fino alla quota
massima raggiunta dal ghiacciaio collettore principale e che occupava la valle stessa.
Localmente i depositi morenici presentano spessori notevoli; ne è un esempio l’area di Bagolino; qui si è
riscontrata la presenza di un ostacolo naturale costituito dalla serie triassica verticalizzata che attraversa la
valle e che si è probabilmente opposto al normale deflusso del ghiacciaio Gli spessori anomali si rilevano
proprio a monte di tale soglia.
Per una caratterizzazione litologica e geotecnica di tali terreni si rimanda al paragrafo 3
I rapporti geometrici tra i depositi morenici e gli altri depositi quaternari sono da analizzarsi di volta in volta,
tuttavia in genere essi vengono sormontati sia dal detrito di versante che dai depositi alluvionali di
fondovalle e dai conoidi.
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5. QUADRO IDROGEOLOGICO
5.1. RETE IDROGRAFICA PRINCIPALE E SECONDARIA - BACINI E SOTTOBACINI
Il territorio comunale di Bagolino ricade quasi per intero all’interno del bacino del Fiume Caffaro affluente
di destra del Fiume Chiese.
L’abitato di Ponte Caffaro e i territori limitrofi si ubicano invece allo sbocco di tale torrente nelle Valli
Giudicarie in prossimità della foce del Chiese nel Lago d’Idro.
La zona di affioramento del Basamento cristallino si estende tra l’abitato di Bagolino e il Passo del Maniva;
questa fascia si caratterizza per la mancanza di veri e propri bacini idrografici. I corsi d’acqua sono numerosi
e con portate limitate garantite dalle numerose sorgenti presenti in tutta la zona.
Di seguito vengono descritti i bacini idrografici presenti sul territorio in esame:
Bacini impostati sui versanti destro e sinistro del Caffaro a monte di Bagolino
Si tratta di bacini di limitate dimensioni (0.5 – 4 Kmq) che drenano i versanti del solco vallivo principale; le
loro principali caratteristiche sono:
• Dislivello notevole tra la testata del bacino e la sua chiusura in corrispondenza del T. Caffaro
(mediamente 1000 – 1300 m di dislivello);
• Forte acclività del versante dovuto all’originaria azione del ghiacciaio sul fianco vallivo;
• Presenza della coltre morenica e del detrito di versante;
• Costante innevamento durante la stagione invernale primaverile.
Bacini di questo tipo sono spesso privi di portata liquida per lunghi periodi; diventano particolarmente
pericolosi in caso di prolungate ed intense precipitazioni; essi sono in grado di supportare un notevole
trasporto solido a causa della presenza delle coltri quaternarie moreniche unita alla forte energia del
rilievo.
Durante il periodo invernale-primaverile sono inoltre soggetti al passaggio di valanghe fino alla loro parte
terminale.
Il tratto stradale Bagolino-Val Dorizzo risulta protetto da tratti in galleria proprio in corrispondenza di tali
bacini.
Bacini di tipo dei principali corsi d’acqua
Si tratta bacini d’origine glaciale tributari del Caffaro con dimensioni maggiori rispetto ai precedenti, in
parte sospesi, le cui principali caratteristiche sono:
• la presenza di numerose conche di sovrescavazione glaciale occupate o da specchi d’acqua o già
completamente riempite da depositi fluvio-lacustri;
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• l’asportazione e la movimentazione dei depositi morenici e di versante è quasi totalmente limitata
all’interno del bacino in quanto le conche di sovraescavazione glaciale funzionano da bacini di
espansione e di accumulo del sedimento dove prevale la deposizione e la diminuzione della capacità di
trasporto.
• Il raccordo con la valle principale avviene attraverso un salto, in genere una cascata o comunque
mediante un tratto a forte pendenza. Fanno eccezione i due bacini più grandi (Torrente Sanguinera e
Torrente Vaia)
Bacini di questo tipo hanno portate liquida in ogni periodo dell’anno sia per la presenza di neve per lunghi
periodi che per la presenza di numerose sorgenti perenni. Il tratto terminale del bacino non è interessato
dalle valanghe in quanto la neve si accumula nelle conche a monte del salto finale. In caso di precipitazioni
intense si prevede un trasporto liquido notevole non supportato da un altrettanto notevole trasporto
solido; il materiale viene infatti trattenuto nelle parti “alte” dei bacini a causa di un naturale effetto briglia
svolto dalle piane alluvionali presenti a monte della confluenza.
Il Torrente Vaia supporta ugualmente un notevole trasporto solido in quanto la sua parte terminale è già il
risultato della confluenza di due bacini di tipo “B”.
I versanti lungo il tratto finale del corso d’acqua, lungo circa 2.5 km, sono sede di numerosi canaloni di
valanga e su di essi sono abbondanti sia i depositi di versante che quelli d’origine morenica (vedi scheda
ID.01 del rischio idrogeologico).
Bacini impostati su litotipi dolomitico-calcarei
Si tratta dei bacini del Rio Levras e della Valle della Berga; sono bacini allungati in senso E-W a causa del
particolare assetto tettonico dell’area. Si è in presenza infatti di una successione calcareo-dolomitica
verticalizzata in senzo E-W per la vicinanza della Linea della Val Trompia presente immediatamente a N.
La fratturazione dovuta all’intensa deformazione tettonica, ha generato estese placche di detrito di
versante lungo i fianchi vallivi, particolarmente potenti in corrispondenza del fondovalle;
I fenomeni carsici diffusi all’interno di tali bacini denotano uno sviluppato sistema di circolazione idrico
sotterraneo.
I corsi d’acqua hanno di conseguenza portata limitata; tuttavia, durante i periodi di intense precipitazioni,
essi tendono recuperare portate consistenti e a scalzare al piede le estese placche di depositi quaternari.
Questo fatto giustifica la presenza di numerosi dissesti non consistenti ma che tuttavia hanno interessato
anche alcune opere stradali (vedi carta dei dissesti).
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5.2. RETICOLO IDRICO PRINCIPALE E MINORE
Sulla Carta dei Vincoli e di Fattibilità è stato riportato, alla scala dello strumento urbanistico comunale:
a) il reticolo idrico principale individuato secondo l’Allegato A della la D.G.R. n° 7/7868 del 25.01.2002, sul
quale compete alla Regione Lombardia l'esercizio delle attività di polizia idraulica;
Gli affluenti del Fiume Caffaro (BS087) considerati principali nella nuova normativa regionale sono:
Torrente Riccomassimo (BS090 - sponda destra – confluenza a valle di Bagolino a quota 480 m. s.l.m.
Torrente Vaia (BS088 - sponda sinistra – confluenza con il Caffaro a monte della zona artigianale di
Bagolino a quota 730 m s.l.m.)
Torrente Sanguinera (BS089 – sponda destra – confluenza a valle di Val dirizzo a quota 1125 m s.l.m.)
num. Progr. denominazione comuni interessati foce o sbocco tratto classificato N° iscr. EI. AAPP
BS077 Fiume Chiese Bagolino + 20 comuni Oglio tutto il corso 218
BS087 Fiume Caffaro Bagolino, Breno Chiese tutto il corso 260
BS088 Valle Vaia Bagolino Caffaro tutto il corso 264
BS089 Sanguinera Bagolino Caffaro tutto il corso 266
BS090 Rio Riccomassimo
Bagolino Caffaro tutto il corso 273
b) il reticolo idrico minore di competenza comunale, individuato in base alla definizione del regolamento di
attuazione della legge 36/94, ossia il reticolo idrografico costituito da tutte le acque superficiali (art.1
comma 1 del regolamento) ad esclusione di tutte «le acque piovane non ancora convogliate in un corso
d'acqua. (art.1 comma 2 del regolamento). In particolare sono stati, in linea generale, inseriti i corsi d'acqua
rispondenti ad almeno uno dei seguenti criteri:
−sono indicati come demaniali nelle carte catastali o in base a normative vigenti
sono stati oggetto di interventi di sistemazione idraulica con finanziamenti pubblici
−sono interessati da derivazioni d'acqua
−sono rappresentati come corsi d'acqua nelle cartografie ufficiali (IGM, CTR, mappe catastali).
Sui seguenti bacini dei corsi d’acqua minori:
corso d’acqua Codice identificativo
Rio Secco BS087/Bagolino//019/Rio Secco
Rio Maniva BS087/Bagolino/005/Rio Maniva
Rio della Berga BS087/Bagolino/004/Rio della Berga
Rio Levras BS087/Bagolino/003/Rio di Levras
Valle di Bruffione BS087/Bagolino/092/Valle di Bruffione
Valle delle Scane BS087/Bagolino/087/Valle delle Scane
Valle del Costone Dolo BS087/Bagolino/083
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è stato eseguito uno studio per la definizione del tempo di corrivazione (tc) e della portata massima di piena
al colmo (Qmax).
Per il calcolo del tempo di corrivazione (tc) è stata utilizzata la formula di Turnon (1973) adatta anche a
bacini di piccole dimensioni:
t c=4��A�1. 5L
0 .8��hmr
dove: L = lunghezza dell’asta principale A = area del bacino a monte della sezione di chiusura hmr = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura
Sono state quindi calcolate le precipitazioni massime (hc) corrispondenti a tempi di ritorno di 50 - 100 - 200
anni.
Allo scopo sono stati considerati i dati del pluviometro del Gaver, elaborati secondo il metodo di Gumbel
(1941) per la regolarizzazione della portata di piena al colmo (con tp = tc) facendo uso della seguente
formula:
Qmax=Chc A
3 .6t c
dove: C = coefficiente di riduzione della portata meteorica A = area del bacino hc = precipitazioni in mm tc = tempo di corrivazione
Rio Secco (BS087/Bagolino//019/Rio Secco) - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 1,549 Kmq
Quota massima 1953 m
Quota minima 680 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 2,814 km
Altezza media 1373 m
Altezza media relativa 693 m
Perimetro 6,601 km
Fattore di forma 2,012
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,485
Indice di Melton 1,023
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,437 ore = 26 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 20,35 8,28
TR = 100 anni 22,02 8,96
TR = 200 anni 24,01 9,78
Rio Maniva (BS087/Bagolino/005/Rio Maniva) - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 3,989 Kmq
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Quota massima 2055 m
Quota minima 720 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 2,738 km
Altezza media 1416 m
Altezza media relativa 696 m
Perimetro 10,134 km
Fattore di forma 1,220
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,421
Indice di Melton 0,668
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,573 ore = 34 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 23,45 14,77
TR = 100 anni 25,66 16,16
TR = 200 anni 27,76 17,49
Valle della Berga (BS087/Bagolino/004/Rio della Berga) - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 7,261 Kmq
Quota massima 2061,2 m
Quota minima 640 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 6,196 km
Altezza media 1409 m
Altezza media relativa 769 m
Perimetro 14,125 km
Fattore di forma 2,046
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,468
Indice di Melton 0,527
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,904 ore = 54 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 30,23 28,32
TR = 100 anni 33,13 31,03
TR = 200 anni 35,85 33,58
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Rio di Levras (BS087/Bagolino/003/Rio di Levras - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 5,267 Kmq
Quota massima 1803 m
Quota minima 600 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 5,742 km
Altezza media 1322 m
Altezza media relativa 722 m
Perimetro 13,496 km
Fattore di forma 2,227
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,647
Indice di Melton 0,524
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,828 ore = 50 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 28,88 20,73
TR = 100 anni 31,70 22,75
TR = 200 anni 34,24 24,58
Valle di Bruffione (BS087/Bagolino/092/Valle di Bruffione) - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 9,108 Kmq
Quota massima 2582,4 m
Quota minima 1310 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 4,722 km
Altezza media 1977 m
Altezza media relativa 667 m
Perimetro 13,566 km
Fattore di forma 1,392
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,259
Indice di Melton 0,422
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,927 ore = 56 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 30,66 36,19
TR = 100 anni 33,71 39,79
TR = 200 anni 36,47 43,05
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Torrente Costone Dolo (BS087/Bagolino/083) - caratteristiche del bacino
Superficie bacino 2,055 Kmq
Quota massima 2193,6 m
Quota minima 970 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 2,796 km
Altezza media 1776 m
Altezza media relativa 806 m
Perimetro 6,661 km
Fattore di forma 1,736
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,301
Indice di Melton 0,854
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,437 ore = 26 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 20,35 11,55
TR = 100 anni 22,02 12,50
TR = 200 anni 24,01 13,63
Valle delle Scane (BS087/Bagolino/087/Valle delle Scane)- caratteristiche del bacino
Superficie bacino 4,077 Kmq
Quota massima 2251,8 m
Quota minima 1180 m
Lunghezza collettore principale allo spartiacque 4,565 km
Altezza media 1904 m
Altezza media relativa 724 m
Perimetro 9,980 km
Fattore di forma 2,012
Fattore di forma (Granvelius - 1914) 1,384
Indice di Melton 0,530
Tempo di corrivazione - Giandotti, 1934 0,693 ore = 42 min
Precipitazioni e portate di piena
Tempi di ritorno Precipitazioni - hc (mm) Portata di piena max. (mc/sec)
TR = 50 anni 26,19 18,39
TR = 100 anni 28,56 20,05
TR = 200 anni 30,91 21,70
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5.3. AREE A RISCHIO IDROGEOLOGICO
Le aree a rischio idrogeologico sono state identificate e classificate secondo una numerazione progressiva, ricavabile dalla Carta idrogeologica e del sistema idrografico a scala 1:10.000 posta in allegato. Ad ogni identificativo presente in carta, è stata associata una scheda esplicativa della situazione di rischio idrogeologico e/o idraulico. In particolare, per il Comune di Bagolino, si è posto l’accento si è posta l’attenzione su tre situazioni. In particolare:
ID.01: parte apicale del conoide del Rio Secco nella parte N dell’abitato di Bagolino
ID.02: confluenza tra il Fiume Caffaro e il Torrente Vaia.
ID.03: piana alluvionale in corrispondenza dell’abitato di Val Dorizzo
Attualmente il rischio si manifesta soprattutto all'apice del conoide ad una quota compresa tra 800 m e 750 m dove esiste la consistente possibilità di un disalveo in sponda sinistra.
Scheda ID.01 Corso/i d’acqua interessato/i
Fiume Caffaro e Torrente Vaia nel loro punto di confluenza a quota 729 m s.l.m.
Descrizione del problema
Bacino: il torrente Vaia è un affluente di destra del Fiume Caffaro e raccoglie le acque di un bacino idrografico di discrete dimensioni (21 Kmq circa) al cui interno è presente un sottobacino, la Valle Dasdana, di dimensioni paragonabili a quelle del bacino principale. I dislivelli sono ragguardevoli dai 2188 m del Dosso dei Galli fino alla confluenza (729 m). I due bacini in oggetto essendo stati interessati, in epoca glaciale, da flussi di ghiaccio imponenti, presentano fianchi vallivi assai ripidi e soggetti ad intensa azione da parte delle acque superficiali che asportano i depositi morenici che li ricoprono. A questo si aggiunge la presenza di rocce permiane intensamente fratturare e fogliettate (Formazione di Collio) sottoposte all’azione del gelo e disgelo invernali; all’interno della Valle dasdana è inoltre presente un corpo di paleo-frana post-glaciale di dimensioni ragguardevoli la cui unghia interessa il corso d’acqua. Particolare attenzione va infine rivolta ai fenomeni valanghivi che contribuiscono a rendere disponibile il materiale incoerente asportato dai versanti, direttamente in alveo. Si fa infine notare come la presenza di sorgenti perenni di notevole portata, contribuiscano a dare al corso d’acqua portate costanti ed abbondanti durante tutto l’anno; a questo si aggiunga la presenza di un substrato poco o per nulla permeabile. La situazione sopra descritta si traduce, durante i periodi di intense precipitazioni (soprattutto primaverili ed autunnali), in apporti liquidi notevoli in grado di supportare un altrettanto notevole trasporto solido soprattutto quando i due corsi d’acqua (T. Vaia e Valle Dasdana) si uniscono a quota 1100 m s.l.m. e si dirigono uniti verso la confluenza col T. Caffaro . Nel tempo, in quest’ultimo tratto, sono state realizzate alcune opere in alveo soprattutto briglie, per la riduzione delle pendenze e per favorire il deposito del materiale, e scogliere a protezione delle sponde. Gran parte di queste opere sono state danneggiate o completamente distrutte evidenziando vieppiù la pericolosità di questo bacino. Confluenza: in base alle considerazioni sopra effettuate, la confluenza tra Torrente Vaia e Fiume Caffaro è un punto a rischio idrogeologico sul quale non sono presenti opere di difesa di alcun tipo. Il fattore di rischio viene aggravato dalla presenza, in sponda sinistra in corrispondenza della confluenza ma anche a valle della stessa, della zona industriale di Bagolino e di alcuni insediamenti abitativi stabili. Poiché il Torrente Vaia è un affluente di destra del Caffaro , la confluenza determina uno spostamento del flusso verso la sponda sinistra (cioè verso la zona abitata) con conseguente erosione della sponda stessa.
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Si aggiunga inoltre che subito a valle della confluenza ed in sponda sinistra, è presente una stradina sterrata che raccorda la piana alluvionale abitata con l’alveo attivo del Caffaro . Essa ha funzionato in passato e tuttora funziona da ulteriore fattore di impedimento al regolare deflusso. Durante l’ultima piena nell’autunno 2000, in corrispondenza della stradina, l’acqua si è attestata a -50 cm dal limite della piana alluvionale.
Bacino: Si consiglia la ricostruzione delle briglie danneggiate e distrutte presenti nel tratto a monte del ponte della strada per il Passo Maniva a quota 770 m s.l.m. Confluenza: nell’ottica di una un primo intervento di sistemazione del tratto a rischio, si consiglia la protezione della sponda sinistra, dal punto di confluenza fino al ponte posto a valle a quota 730 m s.l.m., mediante scogliera in massi e cls. Particolare attenzione dovrà essere posta alla protezione della base della scogliera stessa in quanto il tratto in oggetto, nei periodi di piena, è interessato da forte turbolenza del flusso idrico e da correnti trasversali dovute alla confluenza. La stradina che attualmente occupa l’alveo a partire da quota 728 m s.l.m. dovrà essere tolta al fine di ristabilire l’andamento originale della sponda e contestualmente per riallargare la sezione di deflusso favorendo lo scorrimento.
Scheda ID.02 Corso/i d’acqua interessato/i
Torrente Rio Secco all’apice del suo conoide tra quota 820 m e quota 810 m
Descrizione del problema
Bacino: il bacino del Torrente Rio Secco è un bacino di limitate dimensioni (2 kmq circa) e l’asta torrentizia appare per la maggior parte dell’anno priva di portata liquida (almeno sul conoide); anche laddove il torrente scorre a contatto con il substrato e dove quindi non si verificano dispersioni, le portate non sono mai considerevoli. Le condizioni strutturali del bacino tuttavia fanno si che, al suo interno, venga prodotto abbondante detrito sciolto portato in alveo da movimenti franosi di crollo o detrito di falda o tramite i fenomeni valanghivi in inverni particolarmente nevosi. Si aggiunga il fatto che a quote relativamente prossime al fondovalle il torrente incide i depositi morenici. Il dislivello tra la quota massima del bacino e l’apice del conoide è di circa 1100 m con una lunghezza dell’asta torrentizia di circa 2.5 km; ne deriva una pendenza media di circa il 44 % L’elevata acclività unita alla presenza del detrito genera, in occasione di intense precipitazioni, trasporto solido almeno fino alla parte mediana del conoide. Conoide: attualmente il conoide del Rio Secco appare profondamente intagliato e terrazzato in seguito al ringiovanimento post-glaciale di questa porzione di valle. Su di esso sono state in passato realizzate 4 briglie di piccole dimensioni. Il corso d’acqua scorre all’interno di un alveo protetto da ampi terrazzamenti che tendono ridursi fino a scomparire nella parte alta del conoide; proprio nella parte alta del conoide due strade rurali attraversano l’alveo con due ponti la cui luce appare decisamente sottodimensionata rispetto alle portate di piena ed al trasporto solido del torrente. L’amministrazione comunale provvede periodicamente alla pulizia dell’alveo poiché, in corrispondenza dei due ponti si accumula oltre materiale lapideo anche abbondante materiale vegetale. L’effetto tappo ed il conseguente disalveo in corrispondenza di questi manufatti sarebbe in grado di riattivare un paleo-alveo presente in sponda sinistra e sul quale sono presenti alcune abitazioni.
Tipo di soluzione proposta
Risagomatura dell’alveo al fine di ottenere una luce sufficiente a permettere un regolare deflusso verso valle dell’acqua e contemporaneamente impedire la formazione di accumuli di materiale lapideo e tronchi;
rivestimento dell’alveo stesso e realizzazione di scogliere in cls e massi al fine di evitare fenomeni di erosione e scalzamento dei manufatti presenti.
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Scheda ID.03 Corso/i d’acqua interessato/i
Fiume Caffaro in corrispondenza dell’abitato di Val Dorizzo (1180 m s.l.m.)
Descrizione del problema
In questo tratto di valle il Fiume Caffaro scorre in una zona pressoché pianeggiante immediatamente a monte di un gradino glaciale. Viste le favorevoli caratteristiche morfologiche, sulla piana è presente l’abitato di Val Dorizzo; Le alluvioni del Caffaro appaiono terrazzate; sul piano più elevato ed in corrispondenza del terrazzamento sono concentrate la maggior parte delle abitazioni; Il piano alluvionale più basso è attraversato da alcuni pale-alvei e risulta facilmente alluvionabile in caso di intense precipitazioni a partire dal ponte presente a quota 1180 m L’alveo, in questo tratto, non è regimato e, visto l’andamento dei meandri, tende ad erodere proprio la piana in oggetto.
Tipo di soluzione proposta
Realizzazione di difese spondali tipo argini in massi e cls in sponda destra a partire dal ponte presente a quota 1180 m
Pertanto sulla carta idrogeologica sono state quindi individuate: le aree periodicamente allagate, le aree
potenzialmente esondabili, le aree interessate da scorrimento superficiale e trasporto di materiale solido in
occasione di forti precipitazioni, i tratti di fiume sottoposti a forti azioni dinamiche da parte delle acque
fluviali, nonché i tratti di fiume interessati da scalzamento della sponda artificiale dovuto ad erosione
laterale.
La sistemazione e la manutenzione delle opere di difesa e di regimazione fluviale è di primaria importanza
in quanto, in caso di rottura dell'argine, l'acqua si riverserebbe sui terreni circostanti.
Inoltre, su queste carte, sono stati indicati i bacini dei maggiori corsi d’acqua; la rete idrografica principale e
secondaria, le principali opere di regimazione e difesa idraulica, le opere di derivazione (da acque
sotterranee: pozzi e sorgenti; da acque superficiali: captazioni in lago e in alveo).
Sono state segnalate le aree di possibile esondazione dei corsi d’acqua e delle conoidi; con particolare
attenzione allo stato di dissesto del bacino a monte, allo stato dell’alveo del corso d’acqua, alla morfologia
dell’apice del conoide ed al suo stato di antropizzazzione. Sono stati indicati i possibili interventi definitivi
atti a mitigare il rischio di esondazione compresi gli interventi di ripulitura e risagomatura del tratto d’alveo.
Inoltre su questa Carta sono state indicate le opere di captazione per l’approvvigionamento della rete
acquedottistica e sono state indicate le aree di rispetto come definite dalla Normativa Vigente.
Le zone di rispetto delle captazioni comunali sono state definite mediante il criterio geometrico previsto
dalle “Direttive per l'individuazione delle aree di salvaguardia delle captazioni di acque sotterranee (pozzi e
sorgenti) destinate al consumo umano (art.9, punto 1, lett. f del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236)"
(Deliberazione della G.R. del 27 giugno 1996 n.6/15137). Al loro interno valgono le prescrizioni contenute al
comma 4 dell’art. 94 del D.L.vo. 3 aprile 2006, n.152.
L’attuazione degli interventi o delle attività elencate all’art.94 comma 5 del citato Decreto Legislativo (tra le
quali edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione, fognature, opere viarie, ferroviarie e in genere
infrastrutture di servizio) entro le zone di rispetto, è subordinata all’applicazione delle Direttive per la
disciplina delle attività all’interno delle zone di rispetto, contenute nella D.G.R. 10 aprile 2003 n.7/12693.
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Sono soggette alle seguenti restrizioni, tutte le aree che circondano le sorgenti captate per uso umano e
indicate nella “Carta idrogeologica” e nella “Carta dei Vincoli” con cerchi di colore viola (vedi “Zona di
rispetto”).
direttive nazionali e regionali riguardanti la qualità delle acque destinate a consumo umano secondo il D.P.R. del 24.05.88 n°236 e il successivo D.G.R. del 27.06.96 n°6/15137
Aree di salvaguardia delle risorse idriche
Per assicurare, mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque da destinare al consumo umano, sono stabilite aree di salvaguardia suddistinte in zone di tutela assoluta, zona di rispetto e zone di protezione. Le zone di tutela assoluta e le zone di rispetto si riferiscono alle sorgenti, ai pozzi ed ai punti di presa; le zone di protezione si riferiscono ai bacini imbriferi ed alle aree di ricarica delle falde.
Zona di tutela assoluta
La zona di tutela assoluta è adibita esclusivamente ad opere di presa ed a costruzioni di servizio; deve essere recintata e provvista di canalizzazione per le acque meteoriche e deve avere un'estensione di raggio non inferiore a 10 metri, ove possibile. L'estensione di tale zona è adeguatamente ampliata in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.
Zona di rispetto
Le zone di rispetto sono delimitate in relazione alle risorse idriche da tutelare e comunque devono avere un'estensione di raggio non inferiore a 200 metri rispetto al punto di captazione. Tale estensione può essere ridotta in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. Nelle zone di rispetto sono vietate le seguenti attività o destinazioni:
a) dispersione ovvero immissione in fossi non impermeabilizzati, di reflui, fanghi e liquami anche se depurati; b) accumulo di concimi organici; c) dispersione nel sottosuolo di acque bianche provenienti da piazzali e strade; d) aree cimiteriali; e) spargimento di pesticidi e fertilizzanti; f) apertura di cave e pozzi; g) discariche di qualsiasi tipo, anche se controllate; h) stoccaggio di rifiuti, reflui, prodotti, sostanze chimiche pericolose, sostanze radioattive; i) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; j) impianti di trattamento di rifiuti; k) pascolo e stazzo di bestiame; l) è vietato l'insediamento di fognature e pozzi perdenti; per quelle esistenti si adottano, dove possibile, le misure per il loro allontanamento.
Zone di protezione
Nelle zone di protezione possono essere adottate misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici.
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6. CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE – TAVOLA 4
Con l’O.P.C.M. n°3274 del 20.03.2003 sono state individuate sul territorio nazionale 4 zone sismiche.
Ciascuna zona è contrassegnata da un diverso valore del parametro ag = accelerazione orizzontale
massima, espresso come frazione dell’accelerazione di gravità g.
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Il Comune di Bagolino ricade in Zona Sismica 3, pertanto al suo interno il valore da adottare è ag = 0.15g.
La Regione Lombardia con D.G.R. n.7/14964 del 7 novembre 2003 ha recepito, in via transitoria e fino a
nuova determinazione, tale classificazione.
L’Ordinanza è in vigore, per gli aspetti inerenti la classificazione sismica, dal 23 ottobre 2005. Alla stessa
data sono entrate in vigore anche le “Norme tecniche per le costruzioni” (D.M. 14.09.2005 e succ. D.M.
14.01.2008). Durante il “periodo transitorio” si possono utilizzare per la progettazione sia le norme di cui
agli allegati tecnici dell’Ordinanza n. 3274/2003, sia le norme previgenti. In tal caso per i comuni in zona
3 si possono usare le specifiche di “sismicità bassa” (S=6).
La metodologia per la valutazione dell'amplificazione sismica locale, contenuta nell'Allegato 5 della
D.G.R. n.8/7374 del 28/05/2008, prevede un 1° livello di approfondimento che consiste nel
riconoscimento delle aree passibili di amplificazione sismica. Le diverse situazioni tipo (scenari) in grado
di determinare gli effetti sismici locali sono elencate nella seguente tabella:
Sigla Scenari di pericolosità sismica locale Effetti
Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi
instabilità Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti
Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana
Z2 Zona con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, terreni granulari fini con falda superficiale)
Cedimenti e/o liquefazioni
Z3a Zona di ciglio H>10 m (scarpata con parete subverticale, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica) Amplificazioni topografiche
Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cucuzzolo: appuntite - arrotondate
Z4a Zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluviolaciali granulari e/o coesivi
Amplificazioni geometriche
Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre
Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (comprese le coltri loessiche)
Z4d Zona con presenza di argille residuali e terre rosse di origine pluvio-colluviale
Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse
Comportamenti differenziali
Tabella 1 - Scenari di pericolosità sismica locale
In occasione di eventi sismici le particolari condizioni litologiche e geomorfologiche di una zona possono
produrre effetti di amplificazione locale o effetti di instabilità.
Gli scenari descritti possono produrre effetti di instabilità nei versanti più acclivi, cedimenti e/o
liquefazione dei terreni con scarse caratteristiche geotecniche, amplificazioni indotte dalla topografia
e/o litologia(danneggiamento e/o collasso di edifici), problemi di cedimenti differenziali.
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La carta della pericolosità sismica locale non identifica, all’interno del territorio comunale, le aree
maggiormente colpite, a livello di danni, in seguito ad un evento sismico. Fornisce invece informazioni
sulla tipologia degli effetti indotti sul terreno dal sisma.
All’interno del territorio esaminato potrebbero verificarsi fenomeni di amplificazione sismica locale
riferibili ai seguenti scenari, rappresentati sulla CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE (Tavola 4):
Nel territorio esaminato potrebbero verificarsi fenomeni di amplificazione sismica locale riferibili ai
seguenti scenari, rappresentati sulla CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE:
Z1 - Zona franosa, attiva, quiescente e potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana;
Z2 - Zona con terreni di fondazione particolarmente scadenti o terreni granulari con falda superficiale
Z3a – Orlo di scarpata con H>10 m (amplificazione topografica);
Z3b - Linea di cresta morfologica (amplificazione topografica);
Z4a - Zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali granulari e/o coesivi
Z4b - Zona pedemontana di falda di detrito e di conoide alluvionale (amplificazione litologica);
Z4c - Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (amplificazione litologica);
Z5 - Zona di contatto stratigrafico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto differenti
(comportamenti differenziali).
Il territorio comunale è stato suddiviso in una serie di aree (poligoni) caratterizzate dai tipi di scenario di
pericolosità sismica legata ad effetti di amplificazione litologica (Z4a, Z4b e Z4c). Nella carta della PSL è
inoltre indicata la linea di cresta sommitale (scenario Z3b) legata ad effetti di amplificazione
morfologica.
Nelle aree identificate come Z1 e Z2 è prevista l’applicazione diretta del 3° livello di approfondimento
previsto dalla normativa regionale necessario per la quantificazione dei fenomeni di instabilità.
Per le aree interessate dalla “Zona di contatto stratigrafico tra litotipi con caratteristiche fisico-
meccaniche molto differenti” non è previsto un approfondimento delle conoscenze dal punto di vista
sismico in quanto tale scenario esclude la possibilità di edificare a cavallo dei due litotipi. In fase
progettuale tale limitazione potrà essere superata qualora si operi in modo tale da ottenere un terreno
di fondazione omogeneo. Gli approfondimento di 2° e 3° livello non devono essere eseguiti in quelle
aree che, per situazioni geologiche, geomorfologiche e ambientali siano considerate inedificabili.
Per gli altri scenari di pericolosità sismica individuati si rende quindi necessaria l'applicazione del 2°
livello di approfondimento previsto dall'Allegato 5 della D.G:R. n.8/1566 del 22/12/2005 che consente
una caratterizzazione semi-quantitativa degli effetti di amplificazione attesi, in quanto fornisce una
stima della risposta sismica dei terreni in termini di valore di Fattore di Amplificazione (Fa).
L’applicazione del 2° livello di approfondimento richiede la conoscenza di alcuni parametri, tra i quali
l'andamento della velocità delle onde di taglio (Vs) con la profondità fino a valori pari o superiori a 800
m/s, nonché lo spessore e la velocità di ciascun sismostrato.
È stata quindi realizzata una campagna d’indagine geofisica di sismica a rifrazione al fine di ricostruire il
modello geofisico del sottosuolo.
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6.1 Valutazione amplificazione sismica locale
Z2 Cedimenti e/o liquefazioni:
Con il termine liquefazione si indica la situazione nella quale in un terreno saturo non coesivo si possono
avere deformazioni permanenti significative o l’annullamento degli sforzi efficaci a causa dell’aumento
della pressione interstiziale.
Deve essere verificata la suscettibilità alla liquefazione quando la falda freatica si trova in prossimità della
superficie ed il terreno di fondazione comprende strati estesi o lenti spesse di sabbie sciolte sotto falda,
anche se contenenti una frazione fine limo-argillosa.
Nel caso di edifici con fondazioni superficiali, la verifica della suscettibilità a liquefazione può essere omessa
se il terreno sabbioso saturo si trova a profondità superiore a 15 m dal piano campagna. Si può inoltre
trascurare il pericolo di liquefazione quando ag <0,15 g (valore non valido per il territorio di Bagolino).
Per quanto riguarda l’effetto di liquefazione, dai dati litostratigrafici del sottosuolo ricavati da indagini
effettuate sul territorio, il sottosuolo nella piana di Ponte Caffaro, in particolare lungo la fascia costiera del
Lago d’Idro è costituito da alternanze di terreni sabbioso limosi lacustri e terreni sabbioso-ghiaiosi
alluvionali. In considerazione del fatto che i dati raccolti sono da ritenersi puntuali e quindi non estendibili
all’intera area, non si esclude che in determinate zone siano presenti livelli sabbiosi sotto falda
potenzialmente liquefacibili, o la presenza di strati di terreni compressibili che possano generare cedimenti;
pertanto si rimanda alla fase di progetto (3° livello) per la determinazione del potenziale di liquefazione
attraverso l’esecuzione di prove geotecniche in situ. In alternativa è possibile utilizzare i parametri di
progetto previsti dalla normativa nazionale per la zona sismica superiore (Zona sismica 2).
Z3 Amplificazione morfologica:
L’allegato 5 della D.G.R. n.8/7374 del 28/05/2008 riporta la procedura per la valutazione qualitativa degli
scenari morfologici suscettibili di amplificazione sismica. Tali scenari sono costituiti da “Zona di ciglio H>10
m” e da “Zona di cresta rocciosa”.
Nel Comune di Bagolino si possono osservare, in corrispondenza dei rilievi montuosi lungo i due versanti
della Valle del Caffaro, in particolare, gli scenari di cresta rocciosa e di ciglio di scarpata con altezza
maggiore di 10 m. In tavola 4 (CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE) sono riportate le creste e le
scarpate individuate e anche le tracce delle sezioni utilizzate per l’analisi sismica.
Facendo riferimento alle relative schede per gli effetti morfologici riportate nell’allegato 5 sono stati
ottenuti i fattori di amplificazione (Fa) che dovranno essere utilizzati per valutare il grado di protezione
raggiunto al sito dall’applicazione della normativa sismica nazionale vigente.
Per gli effetti morfologici la procedura fornisce il valore di Fa solamente per l’intervallo di periodo 0.1-0.5 s.
I valori di Fa ottenuti dalle schede di valutazione (Fa abaco) devono essere confrontati con il valore di St
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delle Norme Tecniche per le Costruzioni (derivante dalla categoria topografica), che rappresenta il valore di
soglia oltre il quale lo spettro proposto dalla normativa nazionale non è sufficiente a tenere in
considerazione la reale amplificazione topografica presente nel sito. Rispetto al valore di soglia, viene
considerata una variabilità di + 0.1 che tiene conto della variabilità del valore di Fa ottenuto dalla procedura
semplificata.
SEZIONE SCENARIO Z3 Fa abaco Categoria topografica Soglia norma
S1 Cresta appuntita 1,5 t4 1,4±0.1
S2 cresta appuntita 1,3 t4 1,4±0.1
S3 cresta appuntita 1,5 t4 1,4±0.1
S4 cresta appuntita 1,5 t4 1,4±0.1
S5 scarpata 1,2 t1 1,2±0.1
S6 scarpata 1,2 t1 1,2±0.1
S7 scarpata 1,2 t1 1,2±0.1
S8 scarpata 1,1 t1 1,2±0.1
S9 scarpata 1,1 t1 1,2±0.1
S10 cresta appuntita 1,2 t4 1,4±0.1
S11 cresta appuntita 1,2 t4 1,4±0.1
Il confronto mostra come i valori di soglia siano superiori o uguali ai valori di Fa ottenuti dall’abaco.
Lungo alcune sezioni si osserva un valore calcolato di Fa superiore di 0.1 rispetto al valore di soglia, che
indica situazioni topografiche limite. In questi casi, in fase di progettazione, risulta quindi ancora più
importante la corretta applicazione della normativa nazionale (D.M. 14 gennaio 2008) e in particolare delle
tabelle 3.2.IV – Categorie topografiche e 3.2.VI – Valori massimi del coefficiente di amplificazione
topografica ST.
La procedura semiquantitativa di 2° livello evidenzia che per il territorio di Bagolino la possibile
amplificazione sismica di carattere topografico risulta contenuta e che quindi l’applicazione dello spettro
previsto dalla normativa (D.M. 14 gennaio 2008) risulta sufficiente a tenere in considerazione i reali effetti
di amplificazione topografica.
Z4 Amplificazione litologica
Per l’applicazione del 2° livello di approfondimento è necessario conoscere, oltre alla stratigrafia del sito,
l’andamento della velocità delle onde trasversali (Vs) con la profondità fino a valori pari o superiori a 800
m/s ed in particolare lo spessore e la velocità Vs di ciascuno strato.
Sulla base dei risultati del livello 1, illustrati sulla CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE (Tav. 4),
sono state scelte quattro aree campione dove realizzare indagini geofisiche per la ricostruzione di profili di
Vs che possano essere rappresentativi degli scenari individuati in tutto il territorio.
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METODOLOGIA D’INDAGINE
Le indagini geofisiche realizzate si sono avvalse di prove di caratterizzazione basate sulla propagazione di
onde sismiche superficiali mediante metodologia MASW (Multichannel Analysis of Surface Wawes). Tale
metodologia permette di ricavare le velocità delle onde di taglio verticali Vs dalla determinazione delle
velocità delle onde superficiali.
La misura delle velocità delle onde superficiali viene calcolata grazie all’utilizzo di stendimenti di sensori
posti in genere a distanze regolari sulla superficie del suolo da indagare.
La porzione che predomina nelle onde superficiali è costituita dalle onde di Rayleigh la cui velocità è
correlata alla rigidezza e ai parametri elastici dei suoli attraversati.
E’ importante tenere presente che nei mezzi stratificati le onde di Rayleigh sono dispersive cioè, le alte
frequenze e quindi con lunghezze d’onda corta, si propagano prevalentemente negli strati più superficiali
del terreno, invece le onde con lunghezze maggiori tendono a coinvolgere gli strati più profondi cosi come
di seguito illustrato.
Layer1 R1
Layer2 R2
Rayleigh Wave
La metodologia MASW può essere sia attiva che passiva o la combinazione di entrambe. Nel sistema attivo
le onde superficiali vengono generate in un punto noto in modo non casuale e vengono registrate da
stendimenti lineari di sensori. Nel metodo passivo lo stendimento di ricezione può essere sia lineare che
circolare e si misura il rumore di fondo ambientale esistente.
Il metodo attivo è quello che meglio permette la classificazione sismica dei suoli perché fornisce con un
miglior dettaglio il profilo delle velocità sismiche nei primi 30 metri da piano campagna. Infatti si ottiene
una curva dispersione per un range di frequenze normalmente comprese tra 5 e i 70 Hz la cui propagazione
avviene prevalentemente nella parte più superficiale del suolo in funzione anche delle sue caratteristiche
elastiche.
Dall’utilizzo del metodo passivo invece si ottiene una maggiore investigazione in termini di profondità ma
una minore risoluzione delle velocità degli strati, soprattutto quelli più superficiali.
La strumentazione geosismica utilizzata comprende:
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� Sismografo ECHO 12-24 consente la
rappresentazione degli impulsi sismici su PC tramite un apposito programma; le onde vengono registrate simultaneamente su 24 geofoni e risulta possibile sommare fra loro successivi impulsi sismici migliorando il rapporto fra segnale e rumore;
� geofoni del tipo elettromagnetico a bobina mobile che consentono di convertire in segnali elettrici gli spostamenti che si verificano nel terreno, e relativo cavo di collegamento a 24 fili;
� Energizzazione con mazza battente e cannoncino sismico
elaborazione dei dati acquisiti La procedura elaborativa, che prevede l’utilizzo del programma è sinteticamente descrivibile nei passi seguenti.
� Acquisizione dei dati � trasformazione in formato compatibile � Immissione delle geometrie di acquisizione dati (sorgente – ricettori)
(Encoding Field Geometry Field Setup) � Generazione dell’immagine di dispersione (Analysis Dispersion Overtone) � Estrazione della curva di dispersione (curve extraction) � Inversione (Analysis inversion) � Estrazione del profilo delle velocità in onde S (S-Velocity Vs Profile)
In generale i sistemi di elaborazione dati prevedono una prima azione in cui si esegue il calcolo delle
velocità di fase apparente sperimentale (curva di dispersione). Al termine della prima parte si passa al
calcolo della velocità di fase apparente numerica corrispondente al modello di suolo assegnato attraverso
una procedura manuale o automatica.
Infine si estrapola il profilo di velocità delle onde di taglio verticali Vs.
Dal modello stratigrafico espresso tramite il profilo di velocità Vs, Il programma da una ricostruzione del
modello stratigrafico presunto anche in onde P assumendo però che il rapporto di Poisson e la densità dei
terreni siano costanti (pari rispettivamente a 0.4 e a 2 ton/mc) per tutta la profondità investigata.
Geofono
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Per ottenere una migliore definizione delle velocità in onde P, si procede in genere ad acquisire, lungo la
stessa sezione MASW, una sezione sismica a rifrazione con geofoni verticali (più idonea a restituire un
modello stratigrafico reale in onde P del terreno).
Sismica a rifrazione con geofoni verticali
Il rilievo sismico a rifrazione consente di valutare la compattezza dei materiali sulla base della velocità di
propagazione delle onde elastiche compressionali. In sostanza il metodo si basa sulla misura dei tempi di
percorrenza, e sullo studio delle modalità di propagazione, di impulsi sismici generati artificialmente nel
terreno.
Operativamente si dispongono sul terreno dei sensori (geofoni) lungo i profili da indagare e si sollecita il
terreno in posizioni predeterminate lungo i profili stessi. La consistenza dei materiali e gli spessori dei
diversi orizzonti costituenti il sottosuolo è quindi determinata dalla misura dei tempi di arrivo degli impulsi
sismici ai geofoni.
E’ stato stato realizzato n. 1 profilo sismico di 115 m, costituiti da uno stendimento a 24 geofoni disposti a
intervalli regolari di 5 m.
La registrazione è stata effettuata con un sismografo digitale ECHO 12-24 2002, ad incremento di segnale.
L’energizzazione è stata ottenuta mediante colpi di massa battente su 7 punti: - una centrale, fra i geofoni 12 e 13; - due estreme, a 2 m dai geofoni 1 e 12; - due interne tra i geofoni 6/7 e 18/19; - due esterne a circa 25 m di distanza dai geofoni 1 e 24.
Tale tecnica operativa ha permesso di registrare con continuità, gli impulsi rifratti dalle varie unità
litologiche sottostanti i profili, consentendo, in tal modo, la ricostruzione dei diagrammi spazio-tempo
relativi (dromocrone sismiche).
Dall’interpretazione delle dromocrone, effettuata con il metodo delle intercette e delay-times, è stato
ricavato l’andamento morfologico delle superfici di separazione delle unità caratterizzate da differenti
valori di velocità sismica, visibili nelle sezioni sismiche riportate in allegato alla seguente relazione.
Quest’ultima procedura permette di confrontare il profilo stratigrafico ottenuto dalla prova MASW in onde
S con il profilo stratigrafico ottenuto dalla sismica a rifrazione in onde P. Dal confronto di questi due profili
di velocità è possibile estrapolare, attraverso la creazione di appositi grafici, l’andamento indicativo di
alcuni parametri elastici che scaturiscono delle correlazioni sotto riportate.
Correlazione tra le velocita' delle onde sismiche e i parametri elastici e geomeccanici
La liberazione istantanea di energia nel terreno genera un sistema di onde sismiche la cui propagazione è
regolata dalle classiche leggi della fisica.
Le deformazioni e le tensioni generate da una sollecitazione artificiale impulsiva sono abbastanza
complesse ma nell'ambito di cui si tratta in queste note è sufficiente fare riferimento ai due tipi principali di
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onde sismiche, (dette anche onde di volume - body waves): le onde sismiche di compressione (longitudinali,
onde prime) e le onde sismiche di taglio (trasversali, onde seconde).
Le onde di volume si propagano nel terreno in ogni direzione ed intercettando il piano topografico danno
origine sullo stesso ad onde di natura diversa (Rayleigh e Love) che si propagano esclusivamente in
superficie.
Nel loro complesso, le onde sismiche creano sollecitazioni e conseguenti deformazioni nel mezzo
attraversato che generalmente ricadono nel campo elastico del diagramma sforzi/deformazioni. Pertanto in
questo ambito sono applicabili le relazioni classiche della teoria dell'elasticità.
Le onde sismiche longitudinali sono deformazioni che si propagano in linea retta con un'alternanza
continua di compressioni e dilatazioni della materia lungo il percorso di propagazione.
Ogni particella di materia oscilla attorno al suo punto di quiete lungo un asse coincidente con il raggio di
propagazione dell'onda sismica.
Le onde sismiche di taglio sono invece deformazioni che si propagano nella stessa direzione delle
precedenti ma con movimento oscillatorio delle particelle ortogonale alla traiettoria dei raggi sismici.
Per la descrizione dettagliata di questi fenomeni è sufficiente far riferimento ai testi generali di geofisica.
La velocità di propagazione delle onde sismiche dipende dalle costanti elastiche e dalla densità del mezzo
attraversato, e pertanto risulta variabile in funzione delle caratteristiche geomeccaniche e fisiche del
terreno o delle rocce.
In uno stesso tipo di materiale le velocità di propagazione dei vari tipi di onde differiscono tra loro: le più
veloci sono le onde di compressione, a cui seguono le onde di taglio e successivamente le diverse onde
superficiali.
Poichè le tensioni e le deformazioni che si generano nel campo sismico sono di modestissima entità anche il
terreno e le rocce sollecitate in questo ambito possono essere considerati in prima approssimazione come
materiali omogenei, isotropi ed elastici. E' applicabile quindi la legge di Hooke (proporzionalità tra lo sforzo
applicato d e la deformazione prodotta e):
d = e× E
La costante E, definita come rapporto tra sollecitazione e conseguente deformazione longitudinale,
rappresenta il modulo elastico (o di Young) del materiale. E' importante sottolineare che in campo dinamico
si parla di modulo elastico dinamico (e non statico), ricavandosi tale modulo da prove dinamiche (o
sismiche). Il rapporto tra la sollecitazione ortogonale (trasversale o di taglio) e la deformazione definisce il
modulo di elasticità tangenziale (o di taglio) G.
Il rapporto tra la tensione idrostatica e la deformazione cubica (o di volume) definisce il modulo di
compressione cubica (o di Bulk) k.
Infine il modulo (o rapporto) di Poisson v è definito come il rapporto tra la deformazione trasversale e
quella longitudinale.
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Tale modulo varia da 0 a 0.5 con valore medio di 0.25 per molte rocce: i valori tendono a 0.05 per materiali
estremamente duri ed a 0.45 per i materiali incoerenti.
Per i fluidi il modulo assume il valore limite di 0.5.
In senso più generale possono ancora essere definite le costanti di Lamè l e m come caratteristiche
elastiche indipendenti dalle direzioni lungo cui vengono registrate le deformazioni. Queste due costanti
sono definite dalle relazioni:
I =�v× E�
[�1�v��1− 2v�] (1)
m=E
2�1�v� (2)
Analogamente i due moduli E e v possono essere espressi in funzione delle costanti di Lamè l e m:
E=m�3I�2m�
�I�m� (3)
v=I
[2�I�m�] 4)
La seconda costante di Lamè m ha lo stesso significato fisico del modulo di elasticità tangenziale G prima
definito.
Dimensionalmente il modulo elastico e le due costanti di Lamè esprimono il rapporto tra una forza ed una
superficie mentre il modulo di Poisson è adimensionale.
Un'ultima costante entra a far parte delle relazioni tra caratteristiche elastiche e velocità: si tratta della
densità r espressa come rapporto tra massa e volume.
Le velocità longitudinale Vp e trasversale Vs si correlano alle costanti elastiche con le relazioni:
V p= [I�2m
r ]1
2
(5)
V s= [m
r ]1
2
(6)
Pertanto, avendo determinato i valori di Vp e Vs con rilievi sismici ed il valore della densità con prove di
laboratorio, è possibile calcolare i valori delle costanti elastiche che caratterizzano i terreni esaminati con le
espressioni:
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v= 0 .5× [v p/v s
2
− 2][v p/v s
2
− 1] (7)
E= r× v p
2
× [�1�v��1− 2v�]�1− v�
= 2r× v s2�1�v�
(8)
L'analisi delle varie relazioni illustrate permette una serie di considerazioni assai interessanti che si
traducono in altrettanti comportamenti fisici riscontrabili nell'applicazione pratica.
Il confronto fra le espressioni (5) e (6) delle velocità conferma come per uno stesso materiale la velocità
longitudinale abbia sempre un valore superiore a quello trasversale.
Per i fluidi il modulo di Poisson vale 0.5 e la seconda costante di Lamè m = 0: ne risulta che nei fluidi non
possono essere trasmessi sforzi di taglio e quindi la velocità longitudinale ha sempre un valore superiore a
quello della velocità trasversale.
Il rapporto tra le velocità di propagazione Vs/Vp è solo funzione del modulo di Poisson: al variare del
modulo da 0 a 0.5, il rapporto varia da 0.7 a 0. Per il valore medio delle rocce (v = 0.25) il rapporto vale
Vs/Vp = 0.58.
Merita essere ricordato infine che i parametri ricavati per via dinamica hanno in genere valori superiori a
quelli ricavati da prove statiche in laboratorio proprio per il diverso campo di sollecitazione applicata e la
diversa deformazione raggiunta.
I valori di velocità di propagazione delle onde longitudinali variano da poche centinaia di metri al secondo
sino ad alcune migliaia (7-8) di metri al secondo.
Velocità inferiori alla velocità del suono nell'aria (344 m/s) sono misurabili in terreni soffici superficiali
anidri con elevato contenuto di materiali organici.
Gli stessi materiali, saturi d'acqua, incrementano i loro valori sino a 500-800 m/s.
I terreni incoerenti alluvionali presentano valori variabili tra 600 e 1800 m/s con prevalenza di velocità
superiori a 1400 m/s per quelli saturi d'acqua.
Si ricorda che il valore della velocità nell'acqua varia tra 1480 e 1520 m/s al variare della temperatura e
della salinità.
La velocità nelle rocce sedimentarie spazia tra valori di 2000 e 5000 m/s incrementandosi sia con la
profondità dei sedimenti che con la loro età geologica.
Le rocce metamorfiche si attestano tra i valori di 3000 e 5000 m/s mentre le rocce ignee intrusive ed
effusive salgono sino ai massimi valori di 8000 m/s.
Per l'anisotropia delle rocce tutti questi valori cambiano in funzione della direzione di propagazione rispetto
alla stratificazione con differenze variabili dal 5 al 25%.
Analogamente questi valori, che si riferiscono a rocce sane, compatte ed omogenee, tendono a decrescere
in funzione dell'alterazione dei loro componenti mineralogici, del grado di fratturazione e delle
discontinuità stratigrafiche.
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– RISULTATI OTTENUTI
Sulla Carta della Pericolosità Sismica Locale vengono riportate le tracce degli stendimenti utili alla
ricostruzione del profilo di velocità in onde S per la classificazione sismica dei suoli di progetto.
I risulti ottenuti sono illustrati nei grafici allegati. E’ esplicitato l’andamento indicativo di alcuni dei principali
parametri elastici estrapolati dalla determinazione indiretta delle velocità Vp e Vs alle varie profondità
d’indagine. Si tenga conto che i dati sono stati ricavati da prove di superficie ed il dettaglio e l’attendibilità
sono attribuibili in rapporto ai limiti della metodologia utilizzata.
Dai valori delle velocità sismiche delle onde di taglio calcolate e riportate è possibile valutare anche il valore
di Vs30 secondo la formula sotto esplicitata.
Il modello geofisico dell’area indagata evidenzia la presenza di 4 unità geofisiche principali, nelle rispettive
sezioni, dal punto di vista delle VS.
Di seguito si riporta il modello geofisico del terreno indagato dagli stendimenti
Modello geofisico stendimento 1
Unità geofisica Profondità interfaccia (m da p.c.) VS medio (m/s)
U1 0.00 -0,58 202
U2 0.58– 2.14 258
U3 2.14-3.70 247
U4 3.70-5.2 262
U5 5.20-6.53 385
U6 6.53-7.43 258
U7 7.43-9.21 373
U8 9.21-11.0 266
U9 11.0-12.9 485
U10 12.9-30.0 632
Possibile tipo di suolo B VS30 = 425 m/s
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Modello geofisico stendimento 2
Unità geofisica Profondità interfaccia (m da p.c.) VS medio (m/s) U1 0.00-0.42 277
U2 0.42-1.82 270
U3 1.82-3.22 265
U4 3.22-4.39 243
U5 4.39-5.53 296
U6 5.53-7.23 233
U7 7.23-8.46 280
U8 8.46-9.94 248
U9 9.94-12.0 411
U10 12.0-30.0 615
Possibile tipo di suolo B VS30 = 415 m/s
Modello geofisico stendimento 3
Unità geofisica Profondità interfaccia (m da p.c.) VS medio (m/s)
U1 0.0-3.55 289
U2 3.55-6.95 319
U3 6.95-10.35 322
U4 10.35-11.6 376
U5 11.6-13.6 393
U6 13.6-16.0 406
U7 16.0-30.0 533
Possibile tipo di suolo B VS30 = 459 m/s
Modello geofisico stendimento 4
Unità geofisica Profondità interfaccia (m da p.c.)
VS medio (m/s)
U1 0.0-0.2.51 136
U2 2.51-4.32 150
U3 4.32-5.78 160
U4 5.78-6.66 162
U5 6.66-8.50 175
U6 8.50-10.40 160
10.40-11.64 185
11.64-30.00 210
Possibile tipo di suolo D VS30 = 184 m/s
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Il modello geofisico del sottosuolo, in particolare l’andamento delle Vs con la profondità, permette, ai sensi
del D.M. 14.09.2005, di calcolare il valore di VS30 che rappresenta la velocità media di propagazione delle
onde di taglio entro 30 metri di profondità. Il valore di VS30 calcolato per ogni stendimento risulta:
• stendimenti S1, S2, S3 variabile da 415 m/s a 459 m/s, quindi in base a tali valori i litotipi presenti
nell’area appartengono alla Categoria di suolo di fondazione B – Depositi di sabbie e ghiaie molto
addensate o argille molto consistenti secondo la distinzione indicata dal O.P.C.M. 3274/03.
• Stendi mento S4 VS30 = 184 m/s, quindi in base a tali valori i litotipi presenti nell’area appartengono
alla Categoria di suolo di fondazione C – Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati
o terreni a grana fina mediamente consistenti secondo la distinzione indicata dal O.P.C.M. 3274/03
Il modello geofisico del sottosuolo ricavato (variazione delle onde di taglio Vs con la profondità) ha
permesso di calcolare il periodo proprio (T) mediante l’utilizzo della seguente formula:
T=
4×∑i= 1
n
h i
�∑i= 1
n
Vsi× h
i
∑i= 1
n
h i �
dei depositi presenti nell’area compreso tra 0,24 s e 0,28 s in riferimento agli stendi menti S1, S2, e S3.
Utilizzando la scheda relativa alla litologia ghiaiosa (Allegato 5 della D.G.R. n. 8/1566 del 22.12.2005),
facendo riferimento alla curva 3 (blu) e inserendo nell’abaco i periodi T ricavati, il fattore di amplificazione
risulta Fa = 1.37 ÷ 1.39 nell’intervallo 0.1-0.5 s e Fa = 1.11 ÷ 1.13 nell’intervallo 0.5-1.5 s. (questi due
intervalli di periodo si riferiscono a diverse tipologie edilizie e precisamente l’intervallo 0.1-0.5s si riferisce a
strutture relativamente basse, regolari e piuttosto rigide, mentre l’intervallo tra 0.5-1.5s si riferisce a
strutture più alte e più flessibili).
Questi valori di Fa devono essere confrontati con il valore soglia indicato dalla Regione per il Comune di
Bagolino per la categoria di suolo B-C-E.
Intervallo di periodo (T) 0.1-0.5 s Intervallo di periodo (T) 0.5-1.5 s
Fa abaco Soglia norma Fa abaco Soglia norma
1.37 ÷ 1.39 1.5 ±0.1 1.11 ÷ 1.13 1.7±0.1
Il confronto mostra come entrambi i valori di soglia forniti dalla Regione, siano superiori ai valori di Fa
ottenuti dall’abaco.
La procedura semiquantitativa di 2° livello evidenzia che per tutti gli scenari identificati nel territorio in
esame la possibile amplificazione sismica risulta inferiore ai valori soglia forniti dalla Regione Lombardia e
dalla normativa nazionale e che quindi l’applicazione dello spettro previsto dalla normativa (D.M.
14.01.2008) risulta sufficiente a tenere i reali effetti di amplificazione litologica.
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Per quanto riguarda la sezione sismica S4, effettuata nella piana di Ponte Caffaro Il modello geofisico del
sottosuolo ricavato ha permesso , mediante la formula sopra citata, di calcolare il periodo proprio (T) dei
depositi presenti nell’area T = 0.64 s. Utilizzando la scheda relativa alla litologia limoso-sabbiosa tipo 1
(Allegato 5 della D.G.R. n. 8/1566 del 22.12.2005), facendo riferimento alla curva 1 e inserendo nell’abaco il
periodo T ricavato, il fattore di amplificazione risulta Fa = 2.25 nell’intervallo 0.1-0.5 s e Fa = 1.32
nell’intervallo 0.5-1.5 s.
Questi valori di Fa devono essere confrontati con il valore soglia indicato dalla Regione per il Comune di
Bagolino per la categoria di suolo B-C-E.
Intervallo di periodo (T) 0.1-0.5 s Intervallo di periodo (T) 0.5-1.5 s
Fa abaco Soglia norma Fa abaco Soglia norma
2.25 1.9 ±0.1 1.32 2.4±0.1
Il confronto mostra che solo nel periodo 0.5-1.5s il valore di soglia fornito dalla Regione, sia superiore al
valore di Fa ottenuto dall’abaco, mentre per l’intervallo di periodo 0.1-0,5s il valore ottenuto dall’abaco è
superiore al valore di soglia corrispondente, pertanto la procedura semiquantitativa di 2° livello evidenzia
che per il territorio in esame la normativa è insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di
amplificazione litologica e quindi è necessario effettuare analisi più approfondite (3° livello) in fase di
progettazione edilizia. In alternativa è possibile utilizzare i parametri di progetto previsti dalla normativa
nazionale per la zona sismica superiore (Zona sismica 2).
Sulla CARTA DELLA FATTIBILITÀ GEOLOGICA PER LE AZIONI DI PIANO (Tavola 7) saranno riportate soltanto le
aree per le quali è previsto il terzo livello di approfondimento in fase progettuale, cioè le aree classificate
“Zona caratterizzata da terreni di fondazione granulari fini saturi”
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7. RACCORDO CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA
La Delibera di Giunta riportante i “Criteri per la redazione della componente geologica, idrogeologica e
sismica del P.G.T.” prevede che lo Studio Geologico comunale recepisca quanto riportato negli strumenti di
pianificazione sovracomunale esistenti in materia di rischio idrogeologico, consentendone anche la
modifica.
7.1. PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL BACINO DEL FIUME PO (PAI)
Il comune di Bagolino, compreso nell’elenco dei comuni riportato nella d.g.r. 11 dicembre 2001, non ha
concluso l’iter di cui all’art. 18 delle N.d.A. del PAI (Tabella 2, Allegato 13 alla D.G.R. 28 maggio 2008 n.
8/7374) in quanto “non avviato” che verrà per questo avviato all’atto dell’approvazione del presente
Studio Geologico.
Tale Studio è stato ritenuto conforme ai contenuti della verifica di compatibilità di cui all’art. 18 dalle N.d.A.
del PAI con nota del 03.03.2010 prot. N° Z1.2010.0003971 della Regione Lombardia.
Sulla Tavola 5.1 – Carta dei vincoli esistenti sono stati riportati i dissesti secondo la legenda unificata del
PAI, mentre sulla Tavola 5.2 Proposta di Carta del Dissesto con legenda uniformata PAI, sono stati riportati
sia i dissesti indicati sulla tavola 5, sia i dissesti individuati con il presente Studio. Pertanto tale Carta dovrà
essere sottoposta all’approvazione degli organi competenti.
7.2. PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI BRESCIA
Per quanto riguarda il PTCP l’analisi delle Tavole di interesse geologico-ambientale ad esso allegate
consente di effettuare le seguenti considerazioni:
Tavola Ambiente e Rischi - Atlante dei Rischi idraulici e idrogeologici
Per quanto riguarda i rischi idrogeologici la cartografia del PTCP riporta, le Fasce Fluviali e i dissesti PAI
precedenti agli aggiornamenti che invece sono recepiti nel presente lavoro.
Tavola Ambiente e Rischi - Carta Inventario dei dissesti
I dissesti riportati sulla tavola del P.T.C.P. sono stati meglio definiti e integrati sulla CARTA
GEOMORFOLOGICA allegata al presente studio.
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8. CARTA DEI VINCOLI (TAVOLA 5.1)
CARTA DEL DISSESTO CON LEGENDA UNIFORMATA AL P.A.I. (TAVOLA 5.2)
TAVOLA 5.1 – Carta dei Vincoli Esistenti
Su questa Carta sono state riportate le limitazioni d’uso del territorio di carattere prettamente geologico
derivanti da normative e piani sovraordinati in vigore. - VINCOLI DERIVANTI DALLA PIANIFICAZIONE DI BACINO AI SENSI DELLA L. 183/89
Quadro del dissesto ai sensi dell'art. 18 delle N.d.A. del PAI:
FRANE
- Area di frana attiva (Fa)
- Area di frana quiescente (Fq)
- Area di frana stabilizzata (Fs)
- Area di frana attiva non perimetrata (Fa)
ESONDAZIONI E DISSESTI MORFOLOGICI A CARATTERE TORRENTIZIO
- Aree allagate in passato da corsi d’acqua minori;
- Aree interessate da scorrimento superficiale e trasporto di materiale solido in occasione di forti
precipitazioni.
TRASPORTO DI MASSA SUI CONOIDI
- Area di conoide non recentemente riattivatosi o completamente protetta (Cn)
- Area di conoide attivo parzialmente protetta (Cp)
- Area di conoide attivo non protetta (Ca)
- AREE DI SALVAGUARDIA DELLE CAPTAZIONI AD USO IDROPOTABILE
Zona di tutela assoluta e Zona di rispetto delle captazioni ad uso idropotabile.
Le aree sono state individuate secondo le disposizioni contenute nel D.L.vo. 3 aprile2006, n.152 (art.
94). La zona di rispetto delle sorgenti ha un’estensione di almeno 200 metri di raggio rispetto al punto
di captazione.
Le attività consentite e vietate all’interno delle zona di rispetto sono normate da:
• D.g.r. 10 aprile 2003 n. 7/12693 “Direttive per la disciplina delle attività all’interno delle aree di
rispetto…”
• D.Lgs. n. 152 del 3 Aprile 2006 – Norme in materia ambientale – Art. 94 “Disciplina delle aree di
salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano”.
L’attuazione degli interventi o delle attività elencate all’art.94 comma 5 del citato Decreto
Legislativo (tra le quali edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione, fognature, opere
viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio) entro le zone di rispetto, è subordinata
all’applicazione delle Direttive per la disciplina delle attività all’interno delle zone di rispetto,
contenute nella D.G.R. 10 aprile 2003 n.7/12693. Di cui si allega un estratto:
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“Nelle zone di rispetto sono vietate le seguenti attività o destinazioni
- dispersione ovvero immissione in fossi non impermeabilizzati, di reflui, fanghi e liquami anche se
depurati;
- accumulo di concimi organici;
- dispersione nel sottosuolo di acque bianche provenienti da piazzali e strade;
- aree cimiteriali;
- spargimento di pesticidi e fertilizzanti;
- apertura di cave e pozzi;
- discariche di qualsiasi tipo, anche se controllate;
- stoccaggio di rifiuti, reflui, prodotti, sostanze chimiche pericolose, sostanze radioattive;
- centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
- impianti di trattamento di rifiuti;
- pascolo e stazzo di bestiame;
- è vietato l'insediamento di fognature e pozzi perdenti; per quelle esistenti si adottano, dove possibile, le
misure per il loro allontanamento.”
Le zone di tutela assoluta di opere di captazione ad uso idropotabile dovranno essere tutelate come
previsto dal D.L.vo. 3 aprile2006, n.152 (art. 94), di cui si allega un estratto: “la zona di tutela assoluta è adibita esclusivamente ad opere di presa ed a costruzioni di servizio; deve
essere recintata e provvista di canalizzazione per le acque meteoriche e deve avere un'estensione di
raggio non inferiore a 10 metri, ove possibile.
L'estensione di tale zona è adeguatamente ampliata in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e
rischio della risorsa”.
- VINCOLI DI POLIZIA IDRAULICA
Fasce di rispetto dei corsi d'acqua.
Sono riportate le fasce di rispetto dei corsi d’acqua tratte dallo “Studio per la determinazione del
reticolo idrico minore” R.I.M., redatto dagli scriventi (novembre 2004).
TAVOLA 5.2 Carta del Dissesto con Legenda uniformata al PAI aggiornata
Su questa carta è stato riportato il quadro del dissesto secondo la legenda uniformata PAI così come
rilevato dalle indagini di campagna nella fase di analisi del presente Studio Geologico.
Rispetto alla proposta di aggiornamento della Carta Pai presentata presso la struttura regionale ed in
seguito al parere dello stesso ente, emesso in data 03.03.2010, è stato effettuato un riesame di alcune aree
che sono state quindi riclassificate.
Tuttavia, tale scelta non va a modificare la classe di fattibilità di queste aree che restano in classe 4 – aree
con gravi limitazioni.
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9. CARTA DI SINTESI (TAVOLA 6)
Sulla CARTA DI SINTESI sono rappresentati gli elementi di fragilità individuati sul territorio.
Sono cartografate quindi tutte quelle situazioni areali o puntuali che sono caratterizzate da fragilità riferita
alle diverse componenti ambientali (suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee) e che di
conseguenza possono comportare delle limitazioni nell’uso del territorio, limitazioni delle quali è necessario
tener conto nella stesura del Piano di Governo del Territorio.
Di seguito vengono descritti ed analizzati tali ambiti:
AREE PERICOLOSE DAL PUNTO DI VISTA DELL’INSTABILITÁ DEI VERSANTI
Sono state riportate le frane attive e quelle quiescenti, nonché le aree interessate da franosità superficiale
diffusa, censite sulla Carta geomorfologica.
AREE VULNERABILI DAL PUNTO DI VISTA IDROGEOLOGICO
Sono state cartografate le zone di tutela assoluta e di rispetto delle captazioni ad uso idropotabile, previste
dal D.LGS. 258/2000.
AREE VULNERABILI DAL PUNTO DI VISTA IDRAULICO
Sono state riportate le aree potenzialmente allagabili ubicate lungo la rete idrografica.
Sono inoltre riportate le aree interessate da scorrimento superficiale e trasporto di materiale solido in
occasione di forti precipitazioni cartografate.
AREE CHE PRESENTANO SCADENTI CARATTERISTICHE GEOTECNICHE
La piana del Caffaro , in particolare verso il Lago d’Idro, è stata indicata come area caratterizzata da depositi
prevalentemente limoso-sabbiosi con bassa soggiacenza della superficie di falda.
La delimitazione dell'area è tuttavia indicativa, data la scarsità dei dati a disposizione, pertanto si dovranno
effettuare degli approfondimenti d’indagine nella fase progettuale di nuove opere.
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10. DESCRIZIONE DELLE CLASSI DI FATTIBILITÀ E NORME GEOLOGICHE DI ATTUAZIONE (TAVOLA 7)
Lo studio geologico, allegato al PGT, ha evidenziato la presenza nel territorio di Bagolino, di aree a
differente sensibilità nei confronti delle problematiche geologiche, geomorfologiche, sismiche e
idrogeologiche.
Queste aree, sulla base delle limitazioni di tipo geologico in esse riscontrate, sono state inserite nelle
quattro classi di fattibilità geologica previste dalla Normativa Vigente, quindi sono state rappresentate
nella CARTA DELLA FATTIBILITÀ GEOLOGICA PER LE AZIONI DI PIANO (TAVOLE 7.1 - 7.2 dello studio
geologico).
All’interno di ciascuna classe sono presenti differenti situazioni (sottoclassi) che sono state distinte sulla
carta in base al tipo di controindicazione o di limitazione alla modifica della destinazione d’uso. Laddove
si verifica una sovrapposizione di due o più classi o sottoclassi, questa è indicata in carta.
La descrizione delle classi, per maggiore chiarezza espositiva, è effettuata a partire dalla classe che
presenta maggiori limitazioni.
La classificazione fornisce indicazioni generali in ordine alle destinazioni d’uso, alle cautele da adottare
per gli interventi, agli studi e alle indagini da effettuare per gli approfondimenti del caso, alle opere di
riduzione del rischio, ed alla necessità di controllo dei fenomeni in atto.
CLASSE 2: FATTIBILITÀ CON MODESTE LIMITAZIONI
In questa classe ricadono aree dove sono state rilevate puntuali o ridotte condizioni limitative alla
modifica delle destinazioni d'uso dei terreni per la presenza di limitata acclività dei versanti, di spessori
discontinui delle coltri superficiali moreniche e/o colluviali e per la possibile presenza, a monte delle
opere, di fasce di instabilità ad elevata acclività o per la residua possibilità di rischio idrogeologico
dovuta a modesti flussi residui.
Le aree perimetrate secondo la legenda PAI con Fq, Fs, Eb, Em, Cp, Cn, Vm e ricadenti all'interno di questa classe, sono soggette alle norme dell'articolo 9 delle NTA del PAI secondo i rispettivi commi.
CLASSE 2A: nei casi contemplati, oltre alle indicazioni contenute nel D.M. 14/01/2008 inerenti le
caratteristiche geotecniche dei terreni di fondazione, per la realizzazione di nuovi edifici e per tutte le
opere che prevedano l'esecuzione di sterri e rilevati, per gli edifici esistenti dove sono previste
sostanziali modifiche dei carichi trasmessi al terreno, per tutte le opere che, all'interno del centro
abitato, pregiudichino la stabilità degli edifici limitrofi, si rendono necessari approfondimenti per la
definizione dello spessore e della stabilità delle coperture in genere (moreniche, colluviali o detrito di
versante e/o la definizione della qualità dell'ammasso roccioso, nonché l'eventuale presenza di aree
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instabili in roccia e nelle coperture a monte; si indichi inoltre l'eventuale presenza della falda idrica
sotterranea e la sua influenza sulle caratteristiche dei terreni. La relazione dovrà infine indicare le
migliori soluzioni progettuali per rendere compatibili i carichi previsti con le caratteristiche geotecniche
dei terreni, per la messa in sicurezza sia dei cantieri che delle opere una volta terminate e per quelle
presenti nel loro intorno.
CLASSE 2B: in questa classe ricadono le aree nelle quali è stato riscontrato un limitato rischio
idrogeologico per il possibile passaggio di flussi residui sui conoidi e piane alluvionali del Fiume Caffaro e
suoi tributari. La relazione del professionista, oltre alle indicazioni contenute nel D.M. 14/01/2008
inerenti le caratteristiche geotecniche dei terreni di fondazione, dovrà contenere una analisi storica dei
fenomeni alluvionali verificatesi nel passato o anche di semplici fenomeni di flussi idrici non catastrofici
sulla parte di conoide interessata dall'opera e in suo un intorno significativo. Lo studio dovrà verificare lo
stato di manutenzione delle opere idrauliche presenti sull'asta torrentizia nel tratto di conoide a monte
dell'opera, la loro funzionalità, la presenza in alveo di vegetazione e/o di materiale trasportato ed
eventualmente in grado di essere rimosso od in grado di creare fenomeni di tappo. Laddove non siano
presenti opere di difesa si verifichi la presenza di sponde in erosione. Si individui quindi la presenza,
lungo l'alveo, di eventuali sezioni critiche come ponti, restringimenti curve ecc.
Si verifichi infine la presenza di eventuali intubamenti di corsi d'acqua minori o di canali di raccolta delle
acque meteoriche drenate, ad esempio lungo il versante a monte, il loro dimensionamento ed il loro
stato di manutenzione. Si individuino eventuali percorsi preferenziali delle acque piovane (con
eventuale trasporto di materiale) incanalate in superficie durante violenti eventi meteorici e si indichino
le migliori soluzioni per minimizzare gli effetti negativi.
L'elevato grado di vulnerabilità dell'acquifero, dovuto alla presenza di granulometrie grossolane ed
all'assenza di orizzonti impermeabili in grado di tutelare le risorse idriche, richiede che vengano messe in
opera tutte le strategie per evitare dispersione di inquinanti sia durante l'esecuzione che durante il
successivo esercizio delle opere realizzate.
CLASSE 2C: in questa classe ricadono le aree a limitata soggiacenza della falda freatica ed indicate sulla
Carta della PSL con scenario Z2 e pertanto si rende necessario un approfondimento delle conoscenze di
tipo sismico (3° livello di analisi - All. 5 della D.G.R. n.8/7374 del 28 maggio 2008). In particolare aree
caratterizzate da terreni di fondazione granulari fini saturi.
Per la realizzazione di edifici in genere e opere infrastrutturali si prescrivono approfondimenti di tipo
geotecnico con l'esecuzione di prove geognostiche in sito e/o in laboratorio e di tipo idrogeologico con
l'eventuale posizionamento di piezometri, su tutta l'area oggetto di intervento. I dati raccolti serviranno,
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oltre alla caratterizzazione geotecnica dei terreni, anche a definire la possibilità del verificarsi di
fenomeni di cedimenti e/o liquefazioni dei terreni di fondazione indotti dal passaggio di onde sismiche.
Verranno quindi fornite le soluzioni più idonee ai fini della prevenzione sismica ed al dimensionamento
delle opere di fondazione in relazione ai valori di capacità portante e dei cedimenti differenziali.
CLASSE 3: FATTIBILITÀ CON CONSISTENTI LIMITAZIONI
La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni all'utilizzo a scopi
edificatori e/o alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni per l'entità e la natura dei rischi
individuati nell'area di studio o nell'immediato intorno.
L'utilizzo di queste zone sarà pertanto subordinato alla realizzazione di supplementi di indagine per
acquisire una migliore conoscenza geologico-tecnica dell'area e del suo intorno, mediante campagne
geognostiche, prove in sito e in laboratorio, nonché mediante studi specifici di varia natura
(idrogeologici, idraulici, ambientali, pedologici). Ciò dovrà consentire di precisare le idonee destinazioni
d'uso, le volumetrie ammissibili, le tipologie costruttive più opportune, nonché le opere di sistemazione
e bonifica. Per l'edificato esistente dovranno essere fornite indicazioni in merito alle indagini da eseguire
per la progettazione e realizzazione delle opere di difesa, sistemazione idrogeologica e degli eventuali
interventi di mitigazione degli effetti negativi indotti dall'edificato. Potranno inoltre essere predisposti
idonei sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l'evoluzione dei
fenomeni in atto o indotti dall'intervento.
Le aree perimetrate secondo la legenda PAI con Fq, Fs, Eb, Em, Cp, Cn, Vm e ricadenti all'interno di questa classe, sono soggette alle norme dell'articolo 9 delle NTA del PAI secondo i rispettivi commi.
CLASSE 3A: l'elevata acclività, la presenza di coperture moreniche o colluviali o del detrito di versante
anche in parte cementato, l'affioramento del substrato roccioso fratturato anche su pareti verticali o
subverticali (es. Val Dorizzo), la vicinanza di terrazzamenti di origine fluviale o glaciale anche di notevole
altezza, o la concomitante presenza dei fattori sopra indicati, rendono necessaria l'esecuzione di prove
geotecniche e/o di analisi strutturali sull'ammasso roccioso secondo le indicazioni contenute nel D.M.
14/01/2008 al fine di valutare i parametri geotecnici e/o geomeccanici. Si dovranno stimare gli spessori
delle coperture e l'eventuale presenza d'acqua al loro interno e al contatto con il substrato roccioso.
L’acquisizione di questi dati servirà a predisporre le migliori soluzioni per lo smaltimento delle acque
eventualmente presenti sia superficiali che sotterranee, per dimensionare le opere di fondazione, per
effettuare analisi di stabilità lungo il pendio o in corrispondenza dei terrazzamenti e a proporre le
migliori soluzioni per la sicurezza dei cantieri e delle opere in via di realizzazione.
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L'analisi dovrà inoltre definire la presenza di eventuali aree di instabilità a monte sia nelle coperture che
in roccia e valutare le traiettorie di eventuali distacchi, proponendo infine le soluzioni più idonee per
minimizzarne i rischi.
CLASSE 3B: in questa classe ricadono aree a rischio idrogeologico per possibile riattivazione di
paleoalvei e/o fenomeni di esondazione e/o possibile passaggio di colate in corrispondenza o nelle
vicinanze dell'alveo attivo dei corsi d’acqua presenti in carta.
La realizzazione di eventuali opere è vincolata ad una approfondita analisi idrogeologica che determini le
caratteristiche morfometriche del bacino e della conoide secondo le indicazioni contenute nell'allegato
4 dalla D.G.R. del 28 Maggio 2008 - N. 8/7374 che porteranno alla delimitazione di aree a pericolosità
omogenea che stimi inoltre i valori di portata di piena al colmo nel punto interessato dall'opera, per
piene con tempi di ritorno 50, 100 e 200 anni. Verranno valutate le portate solido-liquide conseguenti e
la possibilità che si verifichino fenomeni di colata, la loro consistenza e se possibile il loro punto di
arresto.
Verrà infine indicata la compatibilità tra tali portate e le caratteristiche geometriche dell'alveo e delle
opere di difesa presenti nonché delle opere in progetto, proponendo eventuali interventi di mitigazione
del rischio.
In base ai dati ottenuti, si dovrà indicare l’ubicazione e la tipologia delle opere di difesa idraulica per la
messa in sicurezza delle opere in via di realizzazione. Si dovranno inoltre indicare le migliori soluzioni
per lo smaltimento delle acque sia superficiali che sotterranee, per la messa in sicurezza dei cantieri e
per il mantenimento di tale sicurezza dell’area anche dopo la fine dei lavori.
Le opere in via di realizzazione dovranno essere infine conformi alle direttive contenute nel D.M.
14/01/2008 relativamente alle caratteristiche geotecniche dei terreni in relazione ai carichi previsti.
CLASSE 3C: nucleo storico di Bagolino: per la realizzazione di nuovi edifici e per tutte le opere in grado di
compromettere la stabilità degli edifici limitrofi, si rendono necessari approfondimenti per la
definizione delle caratteristiche geotecniche dei terreni e per la distribuzione dei carichi negli stessi
secondo le direttive indicate nel D.M. 14/01/2008; verranno fornite le soluzioni progettuali più idonee
per la tutela e la stabilità degli edifici esistenti nonché per la per la messa sicurezza dei cantieri.
CLASSE 4: FATTIBILITÀ CON GRAVI LIMITAZIONI
Questa classe comprende aree nelle quali sono state riscontrate gravi limitazioni per la modifica delle
destinazioni d’uso del territorio.
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L'alta pericolosità/vulnerabilità comporta gravi limitazioni all'utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica
della destinazione d'uso dell'area. Deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, se non opere tese al
consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. Si dovranno inoltre
fornire indicazioni in merito alle opere di sistemazione idrogeologica e, per i nuclei abitati esistenti,
quando non sarà strettamente necessario provvedere al loro trasferimento, dovranno essere
predisposti idonei piani di protezione civile ed inoltre dovrà essere valutata la necessità di predisporre
sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l'evoluzione dei fenomeni in
atto.
Eventuali opere pubbliche e di interesse pubblico che non prevedano la presenza continuativa e
temporanea di persone, dovranno essere valutate puntualmente. A tal fine, alle istanze per
l'approvazione da parte dell'autorità comunale, dovrà essere allegata apposita relazione geologica e
geotecnica che dimostri la compatibilità degli interventi previsti con la situazione di grave rischio
idrogeologico.
CLASSE 4A: in questa classe ricadono le aree classificate, secondo la legenda PAI, come frana attiva (Fa)
o frana quiescente (Fq), dove la coltre morenica, colluviale, il detrito di versante o l'ammasso roccioso
fratturato ed in pareti verticali o subverticali, si trovano in una situazione di equilibrio limite o
localmente instabile, dove l'instabilità viene accentuata dalla forte acclività e/o dalla presenza di un
substrato roccioso a bassa permeabilità e/o dalla circolazione idrica superficiale o sotterranea e dove è
infine possibile il passaggio di valanghe (Vm e Ve secondo la legenda PAI).
Per tutte le aree ricadenti all'interno della Classe 4A si applicano le norme previste dal PAI e
precisamente:
- per le aree indicate in carta con Fa (art. 9, comma 2 delle N.t.A. del PAI) sono esclusivamente
consentiti:
• gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
• gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro risanamento conservativo,
come definiti dall'art. 27, comma 1, lettere a) della l.r. 12/05;
• gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare
la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e di volume, senza cambiamenti
di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
• gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di
interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di
interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;
• le opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei movimenti franosi;
• le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;
• la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo stato
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di dissesto esistente validato dall’Autorità competente. Gli interventi devono comunque
garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto dello
stato di dissesto in essere.
Per le aree Fq (art. 9, comma 3 delle N.t.A. del PAI), oltre gli interventi previsti per le aree Fa, sono
esclusivamente consentiti:
• gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, così
come definiti dall'art. 27, comma 1, lettere b) c) della l.r. 12/05, senza aumento di superficie o
volume;
• gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-funzionale;
• gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti, nonché di nuova
costruzione, purché consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente piano ai sensi
e per gli effetti dell’art. 18 delle N.t.A. del PAI, fatto salvo quanto disposto dalle linee
successive;
• la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l’ampliamento di quelli
esistenti, previo studio di compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto esistente validato
dall'Autorità competente; sono comunque escluse la realizzazione di nuovi impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti, l’ampliamento degli stessi impianti esistenti, l’esercizio
delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D. Lgs. 5 febbraio
1997, n. 22. E’ consentito l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già
autorizzate ai sensi dello stesso D.Lgs. 22/1997 (o per le quali sia stata presentata
comunicazione di inizio attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati
all’art. 31 del D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata
dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della
capacità residua derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine
della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità
validato dall'Autorità competente. Alla scadenza devono essere effettuate le operazioni di
messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all’art. 6 del suddetto decreto
legislativo.
- per le aree indicate in carta con Ve - pericolosità molto elevata per valanga (art. 9, comma 10 delle
N.t.A. del PAI) sono esclusivamente consentiti:
• gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
• interventi di rimboschimento in terreni idonei;
• interventi di monitoraggio dei fenomeni.
• gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare
la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e di volume, senza cambiamenti
di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
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• per le aree indicate in carta con Vm - pericolosità media per valanga (art. 9, comma 11 delle
N.t.A. del PAI) sono esclusivamente consentiti:
• gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) della l.r. 12/05;
• gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
• gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di
interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
• La realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, nonché
l’ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti, purché compatibili con lo stato di dissesto
esistente;
• le opere di protezione dalle valanghe.
CLASSE 4B: in questa classe ricadono le aree occupate dall'alveo attivo dei torrenti presenti in carta e
dalle aree periodicamente allagate dalle acque del Lago d'Idro. Le uniche opere ammesse sono quelle di
sistemazione idrogeologica ed i lavori di manutenzione dell'alveo (ad esempio la pulizia); eventuali
opere di attraversamento dei corsi d'acqua dovranno essere attentamente valutate e dimensionate sulla
base di studi idraulici ed idrogeologici atti a individuare situazioni di rischio di vario tipo e a definire i
valori trasporto solido e liquido dei corsi d'acqua stessi.
All'interno delle aree così delimitate si applica la normativa prevista dal PAI per le aree Ee - pericolosità
molto elevata per esondazione e per le aree Ca – conoide attiva non protetta (art. 9, comma 5 e 7 delle
N.t.A. del PAI).
Nelle arenidicate con Ee e Ca sono esclusivamente consentiti:
• gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
• gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) della l.r. 12/05;
• gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
• gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di
interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
• i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di 4
m dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
• gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per
quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
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• le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
• la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità
dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli
interventi devono comunque garantire Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico 16 Autorità di
bacino del fiume Po la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto
conto delle condizioni idrauliche presenti;
• l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue;
• l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività,
nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs.
22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione
stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua
derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica
per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità
competente. Alla scadenza devono essere effettuate le operazioni di messa in sicurezza e
ripristino del sito, così come definite all’art. 6 del suddetto decreto legislativo.
CLASSE 4C: in questa classe vengono incluse: - Fascia di rispetto dei corsi d’acqua ad alto grado di tutela:
vengono recepite le fasce di rispetto individuate per il reticolo idrico minore R.I.M. (Reticolo Idrico
Minore - De Pascalis Giubbini, 2004). Al loro interno si applica il Regolamento di Polizia Idraulica allegato
allo studio citato.
Si precisa che le distanze dall'argine dal corso d'acqua, così come indicato nelle Norme Tecniche del
RIM, sono da verificare in sito.
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PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE
Con l’ OPCM n°3274 del 20 Marzo 2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la
classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona
sismica” vengono individuate le nuove zone sismiche sul territorio nazionale. L’Ordinanza è in vigore,
per gli aspetti inerenti la classificazione sismica, dal 23 ottobre 2005.
La Regione Lombardia con D.G.R. 7 novembre 2003 n.7/14964 recepisce, in via transitoria e fino a
nuova determinazione, la classificazione contenuta nella OPCM n°3274 del 20/03/2003.
Il Comune di Bagolino ricade in Zona Sismica 3.
Il 5 marzo 2008 è entrato in vigore il D.M. 14 gennaio 2008 contenente la nuova normativa tecnica
associata alla classificazione sismica. Tale decreto sostituisce il precedente D.M. 14 settembre 2005,
fatto salvo il periodo di monitoraggio di 18 mesi durante il quale si possono utilizzare per la
progettazione sia le norme del D.M. 14 gennaio 2008, sia le norme previgenti. In tal caso per i comuni
in zona 3, come Bagolino, si possono usare le specifiche di “sismicità bassa” (S=6).
Fanno eccezione le nuove progettazioni degli interventi relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali di
cui al decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile 21 ottobre 2003, per le quali si
applicano da subito le norme del D.M. 14 gennaio 2008.
A decorrere dal 1 luglio 2009 per le tutte costruzioni in zona sismica si applicano le normative tecniche
del D.M. 14 gennaio 2008.
La metodologia per la valutazione dell’amplificazione sismica locale, contenuta nell’Allegato 5 della
D.G.R. n.8/7374 del 28 maggio 2008, prevede tre livelli di approfondimento in funzione della zona
sismica di appartenenza e degli scenari di pericolosità sismica individuati sul territorio.
La procedura ha evidenziato che, per gli scenari identificati nel territorio di Bagolino, la possibile
amplificazione sismica, risulta contenuta e che quindi l’applicazione dello spettro previsto dalla
normativa (D.M. 14 gennaio 2008) risulta sufficiente a tenere in considerazione i reali effetti di
amplificazione litologica.
L’analisi della sismicità del territorio ha individuato le aree per le quali si rende necessario un
approfondimento delle conoscenze di tipo sismico (3° livello di analisi – All. 5 della D.G.R. n.8/7374 del
28 maggio 2008) che sono costituite dalle aree caratterizzate da terreni di fondazione granulari fini
saturi.
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PROCEDURE PER L’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA GEOLOGICA
1. Si specifica che le indagini e gli approfondimenti prescritti per le classi di fattibilità 3 e 4
(limitatamente ai casi consentiti) devono essere realizzati prima della progettazione degli
interventi in quanto propedeutici alla pianificazione dell’intervento e alla progettazione
stessa.
2. Copia della relazione geologica deve essere consegnata, congiuntamente alla restante
documentazione, in sede di presentazione dei Piani Attuativi (l.r. 12/2005, art. 14) o in sede
di richiesta del permesso di costruire (l.r. 12/2005, art. 38).
3. Si sottolinea che gli approfondimenti di cui sopra non sostituiscono, anche se possono
comprendere, le indagini previste nel testo unico sulle costruzioni (D.M. 14 gennaio
2008“Norme tecniche per le costruzioni”).
4. In osservanza ai contenuti di cui allo studio geologico allegato al PGT, il piano individua,
quali ambiti non soggetti a trasformazione urbanistica, gli ambiti territoriali aventi grado di
fattibilità geologica per le azioni di piano 4 “Fattibilità con gravi limitazioni”.
Brescia – aprile 2011
CONSULENTI COMPONENTE GEOLOGICA:
Dott. Pietro GIUBBINI - geologo Dott. Angelo DE PASCALIS - geologo
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ALLEGATI RIFERITI ALLA VALUTAZIONE
DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE
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SEZIONE SISMICA MASW 1
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Operativamente si dispongono sul terreno dei sensori (geofoni) lungo i profili da indagare e si sollecita il terreno in posizioni predeterminate lungo i profili stessi. La consistenza dei materiali e gli spessori dei diversi orizzonti costituenti il sottosuolo è quindi determinata dalla misura dei tempi di arrivo degli impulsi sismici ai geofoni. E’ stato stato realizzato n. 1 profilo sismico di 115 m, costituiti da uno stendimento a 24 geofoni disposti a intervalli regolari di 5 m. La registrazione è stata effettuata con un sismografo digitale ECHO 12-24 2002, ad incremento di segnale. L’energizzazione è stata ottenuta mediante colpi di massa battente su 7 punti: - una centrale, fra i geofoni 12 e 13; - due estreme, a 2,5 m dai geofoni 1 e 24; - due interne tra i geofoni 6/7 e 18/19; - due esterne a circa 25 m di distanza dai geofoni 1 e 24. Tale tecnica operativa ha permesso di registrare con continuità, gli impulsi rifratti dalle varie unità litologiche sottostanti i profili, consentendo, in tal modo, la ricostruzione dei diagrammi spazio-tempo relativi (dromocrone sismiche). Dall’interpretazione delle dromocrone, effettuata con il metodo delle intercette e delay-times, è stato ricavato l’andamento morfologico delle superfici di separazione delle unità caratterizzate da differenti valori di velocità sismica, visibili nelle sezioni sismiche riportate.
analisi dei risultati sezione sismica a rifrazione 1 La sezione sismica di cui sopra evidenzia, tramite la distribuzione dei valori di velocità Vp, la seguente successione :
• unità areata superficiale, caratterizzata da velocità sismica inferiore a 0.5 Km/sec e uno spessore medio di circa 1 m;
• unità di copertura, di consistenza bassa, con velocità sismica di circa 0.8 km/sec, sviluppata mediamente fino a circa 7-8 m di profondità;
• unità intermedia, caratterizzata da velocità sismica di 1.2 Km/sec, di consistenza medio-bassa, presente a profondità variabile, mediamente tra 20 e 25 m.
• unità di fondo, caratterizzata da velocità superiore a 1.6 Km/sec, di consistenza medio-alta.
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SEZIONE SISMICA MASW 2
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Operativamente si dispongono sul terreno dei sensori (geofoni) lungo i profili da indagare e si sollecita il terreno in posizioni predeterminate lungo i profili stessi. La consistenza dei materiali e gli spessori dei diversi orizzonti costituenti il sottosuolo è quindi determinata dalla misura dei tempi di arrivo degli impulsi sismici ai geofoni. E’ stato stato realizzato n. 1 profilo sismico di 115 m, costituiti da uno stendimento a 24 geofoni disposti a intervalli regolari di 5 m. La registrazione è stata effettuata con un sismografo digitale ECHO 12-24 2002, ad incremento di segnale. L’energizzazione è stata ottenuta mediante colpi di massa battente su 7 punti: - una centrale, fra i geofoni 12 e 13; - due estreme, a 2,5 m dai geofoni 1 e 24; - due interne tra i geofoni 6/7 e 18/19; - due esterne a circa 25 m di distanza dai geofoni 1 e 24. Tale tecnica operativa ha permesso di registrare con continuità, gli impulsi rifratti dalle varie unità litologiche sottostanti i profili, consentendo, in tal modo, la ricostruzione dei diagrammi spazio-tempo relativi (dromocrone sismiche). Dall’interpretazione delle dromocrone, effettuata con il metodo delle intercette e delay-times, è stato ricavato l’andamento morfologico delle superfici di separazione delle unità caratterizzate da differenti valori di velocità sismica, visibili nelle sezioni sismiche riportate.
analisi dei risultati sezione sismica a rifrazione 2 La sezione sismica allegata evidenzia, tramite la distribuzione dei valori di velocità Vp, la seguente successione :
• unità areata superficiale, caratterizzata da velocità sismica inferiore a 0.4 Km/sec e uno spessore medio di circa 2-3 m;
• unità di copertura, di consistenza bassa, con velocità sismica di circa 0.9 km/sec, sviluppata mediamente fino a circa 3-5 m di profondità;
• unità intermedia, caratterizzata da velocità sismica di 1.4 Km/sec, di consistenza medio-bassa, presente a profondità variabile, mediamente tra 5 e 15 m.
• unità di fondo, caratterizzata da velocità superiore a 1.7 Km/sec, di consistenza medio-alta.
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SEZIONE SISMICA MASW 3
- COMPONENTE GEOLOGICA, IDROGEOLOGICA E SISMICA DEL PGT – COMUNE DI BAGOLINO pag. 66
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Geologi Pietro Giubbini – Angelo De Pascalis - Via Filzi, 45 - 25128 Brescia - tel/fax 030.5032020 -
Operativamente si dispongono sul terreno dei sensori (geofoni) lungo i profili da indagare e si sollecita il terreno in posizioni predeterminate lungo i profili stessi. La consistenza dei materiali e gli spessori dei diversi orizzonti costituenti il sottosuolo è quindi determinata dalla misura dei tempi di arrivo degli impulsi sismici ai geofoni. E’ stato stato realizzato n. 1 profilo sismico di 115 m, costituiti da uno stendimento a 24 geofoni disposti a intervalli regolari di 5 m. La registrazione è stata effettuata con un sismografo digitale ECHO 12-24 2002, ad incremento di segnale. L’energizzazione è stata ottenuta mediante colpi di massa battente su 7 punti: - una centrale, fra i geofoni 12 e 13; - due estreme, a 2,5 m dai geofoni 1 e 24; - due interne tra i geofoni 6/7 e 18/19; - due esterne a circa 25 m di distanza dai geofoni 1 e 24. Tale tecnica operativa ha permesso di registrare con continuità, gli impulsi rifratti dalle varie unità litologiche sottostanti i profili, consentendo, in tal modo, la ricostruzione dei diagrammi spazio-tempo relativi (dromocrone sismiche). Dall’interpretazione delle dromocrone, effettuata con il metodo delle intercette e delay-times, è stato ricavato l’andamento morfologico delle superfici di separazione delle unità caratterizzate da differenti valori di velocità sismica, visibili nelle sezioni sismiche riportate.
analisi dei risultati sezione sismica a rifrazione 3 La sezione sismica allegata evidenzia, tramite la distribuzione dei valori di velocità Vp, la seguente successione :
• unità areata superficiale, caratterizzata da velocità sismica inferiore a 0.3 Km/sec e uno spessore medio di circa 2 m;
• unità di copertura, di consistenza bassa, con velocità sismica di circa 0.7 km/sec, sviluppata mediamente fino a circa 2-6 m di profondità;
• unità intermedia, caratterizzata da velocità sismica di 1.4 Km/sec, di consistenza medio-bassa, presente a profondità variabile, mediamente tra 6 e 15 m.
• unità di fondo, caratterizzata da velocità superiore a 1.7 Km/sec, di consistenza medio-alta.
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SEZIONE SISMICA MASW 4
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Operativamente si dispongono sul terreno dei sensori (geofoni) lungo i profili da indagare e si sollecita il terreno in posizioni predeterminate lungo i profili stessi. La consistenza dei materiali e gli spessori dei diversi orizzonti costituenti il sottosuolo è quindi determinata dalla misura dei tempi di arrivo degli impulsi sismici ai geofoni. E’ stato stato realizzato n. 1 profilo sismico di 115 m, costituiti da uno stendimento a 24 geofoni disposti a intervalli regolari di 5 m. La registrazione è stata effettuata con un sismografo digitale ECHO 12-24 2002, ad incremento di segnale. L’energizzazione è stata ottenuta mediante colpi di massa battente su 7 punti: - una centrale, fra i geofoni 12 e 13; - due estreme, a 2 m dai geofoni 1 e 12; - due interne tra i geofoni 6/7 e 18/19; - due esterne a circa 25 m di distanza dai geofoni 1 e 24. Tale tecnica operativa ha permesso di registrare con continuità, gli impulsi rifratti dalle varie unità litologiche sottostanti i profili, consentendo, in tal modo, la ricostruzione dei diagrammi spazio-tempo relativi (dromocrone sismiche). Dall’interpretazione delle dromocrone, effettuata con il metodo delle intercette e delay-times, è stato ricavato l’andamento morfologico delle superfici di separazione delle unità caratterizzate da differenti valori di velocità sismica, visibili nelle sezioni sismiche riportate.
analisi dei risultati sezione sismica a rifrazione 4 La sezione sismica allegata evidenzia, tramite la distribuzione dei valori di velocità Vp, la seguente successione :
• unità areata superficiale, caratterizzata da velocità sismica inferiore a 0.5 Km/sec e uno spessore medio di circa 1 m;
• unità di copertura, di consistenza medio-bassa, con velocità sismica di circa 0.8-0.9 km/sec, sviluppata mediamente fino a circa 5 m di profondità;
• unità intermedia, caratterizzata da velocità sismica di 1.4 – 1.6 Km/sec, di consistenza media, presente a profondità variabile, mediamente tra 15 e 20 m.
• unità di fondo, caratterizzata da velocità superiore a 1.8 Km/sec, di consistenza medio-alta.