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PINOCCHIO COLLODIANO/PINOCCHIO DISNEYANO:

CONFRONTO TRA DUE TESTI.

EMILIO AUDISSINO

(©2004)

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1. INTRODUZIONE

Nelle pagine che seguono tenteremo un’analisi del cartoon disneyano Pinoc-

chio partendo dalla problematica dell’adattamento per il cinema.

Il romanzo da cui è tratto il film è il celeberrimo Le avventure di Pinocchio,

di Carlo Collodi, pubblicato prima a puntate1 e poi in volume nel 1883.

Disney realizza questo cartoon, che esce nella sale statunitensi nel 1940, su-

bito dopo Bancaneve e i sette nani (1937), e contemporaneamente a Fantasia

(1940): è il momento in cui lo studio abbraccia il modello del cinema hollywoodia-

no classico live action, cioè abbandona lo stile mostrativo-attrattivo che caratteriz-

za/va i cortometraggi animati e si dedica al lungometraggio basato sulle regole isti-

tuzionali della verosimiglianza e della narrazione logica. Non a caso per questi primi

lungometraggi animati si cercano soggetti “colti” e nobilitanti (fino al compendio di

musica classica “for dummies” di Fantasia), magari soggetti della tradizione della

vecchia Europa: ecco che dopo l’adattamento dei Grimm per Biancaneve e i sette

nani, viene quello del romanzo di Collodi. Ad apparentare ulteriormente i due film

c’è un prologo simile che prevede in scena il libro stesso da cui è tratta la sceneggia-

tura, che, aperto e sfogliato, dà inizio al film: una ulteriore patente di letterarietà.

<<La presenza di un libro nei titoli di testa è estremamente diffusa nel cinema hol-

lywoodiano classico: in questo modo si esalta implicitamente il valore del film stes-

so, che può presentarsi come arte, anziché semplice merce.>>2.

Ogni adattamento presenta dei problemi e delle scelte preliminari da compie-

re: <<Da una parte si hanno delle costrizioni, dall’altra delle scelte. […] una fedeltà

assoluta nel passaggio da un’opera scritta a una audiovisiva non può esistere.>>3.

Il romanzo di Collodi consta di circa 122 pagine, il film Disney dura circa 80

minuti. <<Una delle prime regole è ben riassunta da Dwight Swain: - Cut. Cut.

Cut.– ( - Tagliate. Tagliate. Tagliate. - ). Il che sottolinea immediatamente la limita-

1 Nel 1881, sul Giornale per i bambini di Roma. 2 G. Alonge – A. Amaducci, Passo Uno. L’immagine animata dal cinema al digitale., Lindau,

Torino, 2003, p. 3 D. Tomasi – S. Cortellazzo, Letteratura e Cinema, Laterza, Roma-Bari, 1998, p.

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zione temporale cui l’adattamento deve far fronte.>>4. <<Un imperativo che si pone

a uno sceneggiatore ogniqualvolta si trovi ad adattare un romanzo […] è quello del

taglio, dal momento che l’insieme degli elementi che compongono un romanzo ec-

cedono sempre, se li si trasponesse integralmente, quella che viene comunemente

considerata una durata filmica accettabile.>>5.

Altri passaggi “tecnici” dell’adattamento riguardano la soppressione di per-

sonaggi e l’aggiunta di nuovi non presenti nell’opera letteraria, la condensazione di

più personaggi in uno, la sintesi drammatica6, variazioni7, spostamenti8. I problemi

si possono racchiudere in tre categorie: <<problemi tecnici, scelte estetiche e proce-

dimenti di appropriazione9>>10.

Il percorso che intraprenderemo sarà un confronto tra i due testi, prima sotto

forma di elenco dei rispettivi snodi narrativi principali, poi di elenco delle variazio-

ni/differenze riscontrate, motivabili come scelte tecniche, estetiche o contestuali. In-

fine daremo una possibile chiave di lettura alla luce della quale interpretare la tra-

sposizione che Disney fa di Collodi. <<…di fronte a un’analisi che potremo definire

“bi-testuale”, l’inevitabile logica del confronto ci porta a una maggiore conoscenza

dei due testi: l’uno può infatti servire a far maggiore luce sull’altro, a rimettere in di-

scussione quel che credevamo assodato.>>11.

4 F. Vanoye, La sceneggiatura. Forme, dispositivi, modelli., trad. italiana di D. Buzzolan, Lin-

dau, Torino, 1998, p. 5 D. Tomasi – S. Cortellazzo, op. cit., p. 21 6 <<Per quel che riguarda la sintesi drammatica, essa si dà quando il processo di condensazione

arriva a porre in immediata successione due eventi drammatici forti e, solitamente, di natura oppo-sta….>>, Ivi, p. 23

7 <<La variazione si dà ogniqualvolta un certo elemento del romanzo è sì presente nel film, ma con caratteristiche diverse…>>, Ivi, p. 24

8 <<Per quel che riguarda lo spostamento, lo ritroviamo nei casi in cui un certo evento o situa-zione è presente tanto nel film che nell’opera letteraria ma in momenti diversi dell’intrecci, con tutto ciò che ne può conseguire in relazione alla sua funzionalità nell’economia narrativa del testo.>>, Ivi, p. 24

9 << L’appropriazione indica […] il processo di integrazione, di assimilazione dell’opera (o di certi aspetti dell’opera) adattata al punto di vista, allo sguardo, all’estetica, all’ideologia del contesto di adattamento e degli adattatori.>>, F. Vanoye, op.cit., p. 151

10 Ivi, p. 132 11 D. Tomasi – S. Cortellazzo, op. cit., p. 18

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2. Confronto tra Pinocchio collodiano e Pinocchio disneyano: l’adattamento

cinematografico.

Affrontiamo ora da vicino l’adattamento che Disney e i suoi collaboratori

hanno fatto a partire dal romanzo di Collodi. Per meglio cogliere gli scarti, le sop-

pressioni e le aggiunte, mi sembra utile fornire una visione d’insieme del testo lette-

rario e di quello cinematografico, in modo da avere sott’occhio gli snodi principali

delle due opere. Del romanzo viene riportato l’indice dei capitoli redatto dallo stesso

Collodi per le “puntate” del suo racconto; per il film Disney ho redatto un elenco

sintetico delle sequenze principali.

PINOCCHIO, Collodi, 1883.

Indice dei capitoli

1. Come andò che Mastro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di le-

gno, che piangeva e rideva come un bambino.

2. Mastro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il

quale lo prende per fabbricarsi un burattino meraviglioso, che sappia ballare, ti-

rar di scherma e far i salti.

3. Geppetto, tornato a casa, comincia subito a fabbricarsi il burattino

e gli mette il nome di Pinocchio. Prime monellerie del burattino.

4. La storia di Pinocchio col Grillo-parlante, dove si vede come i ra-

gazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro.

5. Pinocchio ha fame e cerca un uovo per farsi una frittata; ma sul

più bello, la frittata gli vola via dalla finestra.

6. Pinocchio si addormenta coi piedi sul caldano, e la mattina dopo

si sveglia coi piedi tutti bruciati.

7. Geppetto torna a casa e dà al burattino la colazione che il po-

ver’uomo aveva portata per sé.

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8. Geppetto rifà i piedi a Pinocchio e vende la propria casacca per

comprargli l’Abbecedario.

9. Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei

burattini.

10. I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una

grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinaio Mangiafoco e Pi-

nocchio corre il pericolo di fare una brutta fine.

11. Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio, il quale poi difen-

de dalla morte il suo amico Arlecchino.

12. Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a Pinoc-

chio, perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbin-

dolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro.

13. L’Osteria del Gambero Rosso.

14. Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-

parlante, s’imbatte negli assassini.

15. Gli assassini inseguono Pinocchio; e dopo averlo raggiunto, lo

impiccano a un ramo della Quercia grande.

16. La bella bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino: lo

mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto.

17. Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi: però quan-

do vede i becchini che vengono a portarlo via, allora si purga. Poi dice una bugia

e per castigo gli cresce il naso.

18. Pinocchio ritrova la Volpe e il Gatto, e va con loro a seminare le

quattro monete d’oro nel Campo de’ miracoli.

19. Pinocchio è derubato delle sue monete d’oro e, per castigo, si bu-

sca quattro mesi di prigione.

20. Liberato dalla prigione, si avvia per tornare a casa della Fata; a

lungo la strada trova un serpente orribile, e poi rimane preso alla tagliuola.

21. Pinocchio è preso da un contadino, il quale lo costringe a far da

can di guardia a un pollaio.

22. Pinocchio scopre i ladri e, in ricompensa di essere stato fedele,

vien posto in libertà.

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23. Pinocchio piange la morte della bella Bambina dai capelli Turchi-

ni: poi trova un Colombo, che lo porta sulla riva del mare e lì si getta nell’acqua

per andare in aiuto del suo babbo Geppetto.

24. Pinocchio arriva all’isola delle <<Api industriose>> e ritrova la

Fata.

25. Pinocchio promette alla Fata di essere buono e di studiare, perché

è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo.

26. Pinocchio va co’ suoi compagni di scuola in riva al mare, per ve-

dere il terribile Pesce-cane.

27. Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’

quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai Carabinieri.

28. Pinocchio corre pericolo di essere fritto in padella, come un pe-

sce.

29. Ritorna a casa dalla Fata, la quale gli promette che il giorno dopo

non sarà più un burattino, ma diventerà un ragazzo. Gran colazione di caffè-e-

latte per festeggiare questo grande avvenimento.

30. Pinocchio, invece di diventare un ragazzo, parte di nascosto col

suo amico Lucignolo per il <<Paese dei balocchi>>.

31. Dopo cinque mesi di cuccagna Pinocchio, con sua gran meravi-

glia, sente spuntarsi un bel paio d’orecchie asinine, e diventa un ciuchino, con la

coda e tutto.

32. A Pinocchio gli vengono gli orecchi dai ciuco, e poi diventa un

ciuchino vero e comincia a ragliare.

33. Diventato un ciuchino ver, è portato a vendere, e lo compra il di-

rettore di una compagnia di pagliacci per insegnargli a ballare a saltare i cerchi:

ma una sera azzoppisce e allora lo ricompra un altro, per far con la sua pelle un

tamburo.

34. Pinocchio, gettato in mare, è mangiato dai pesci e ritorna ad esse-

re burattino come prima: ma mentre nuota per salvarsi, è ingoiato dal terribile

Pesce-cane.

35. Pinocchio ritrova in corpo al Pesce-cane… chi ritrova? Leggete

questo capitolo e lo saprete.

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36. Finalmente Pinocchio cessa d’essere un burattino e diventa un ra-

gazzo.

PINOCCHIO, Disney, 1940

Sequenze del film.

1. Prologo con libro e narratore: il Grillo-parlante. Credere che le

stelle possono esaudire i desideri.

2. Inizio del racconto: il Grillo entra una sera in una casetta di un

piccolo villaggio. Dentro trova Geppetto, artigiano/artista del legno, il gattino

Figaro e il pesciolino Cleo.

3. Sulla mensola c’è un burattino: Geppetto si mette al lavoro e gli

dà il tocco finale, disegnandogli la bocca. Accende tutti i carrilons e fa danza-

re il burattino.

4. Andato a letto, Geppetto vede attraverso la finestra la Stella dei

Desideri: si inginocchia presso il davanzale e prega la Stella di trasformare il

burattino in un bambino vero.

5. Mentre tutti dormono (tranne il Grillo), arriva la Fata-Stella dei

desideri e dona la vita a Pinocchio. Il Grillo viene eletto sua coscienza e se

Pinocchio sarà <<…buono, coraggioso, disinteressato>> e saprà

<<…imparare a distinguere il Bene dal Male>>, diventerà un giorno un bam-

bino vero.

6. Il Grillo istruisce Pinocchio. Un rumore sveglia Geppetto che, con

grande meraviglia, scopre il miracolo. Pinocchio, curioso, è attratto dal fuoco:

lo tocca e si brucia un dito.

7. Primo giorno di scuola: Pinocchio è contento di andare a lezione,

ma incontra il Gatto e la Volpe. I due tipacci pensano di ricavare un bel gruz-

zolo vendendo il burattino vivente al mastro burattinaio Mangiafuoco. Con-

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vincono Pinocchio che il teatro è la sua vocazione e lo trascinano letteralmen-

te via.

8. Mentre Pinocchio riscuote, da monstrum qual è, un enorme suc-

cesso, Geppetto, preoccupato dalla sua assenza, esce a cercarlo.

9. Dopo lo spettacolo Pinocchio dice a Mangiafuoco di voler tornare

dal proprio babbo, ma il burattinaio lo rinchiude in una gabbia, dicendo che

ora appartiene a lui. Il Grillo, venuto per salutare Pinocchio, lo vede intrappo-

lato e cerca di liberarlo, ma invano.

10. Arriva la Fata. Interrogato sul perché si trovi in gabbia, Pinocchio

mente e il naso gli cresce a dismisura. Pentito, il burattino chiede perdono e la

Fata lo libera, ma gli ricorda <<Se del perdono non sarai degno, per tutta la

vita sarai di legno!>>.

11. Alla locanda del Gambero Rosso il Gatto e la Volpe ricevono

“un’offerta di lavoro” dall’Omino di Burro: trovare ragazzi svogliati da con-

durre al Paese dei Balocchi.

12. Pinocchio sta tornando a casa dal babbo, quando incappa nuova-

mente nel Gatto e la Volpe, che lo convincono di essere stressato e di aver bi-

sogno di una vacanza: quale posto migliore del Paese dei Balocchi? Come

prima, lo trascinano via con sé.

13. Pinocchio incontra Lucignolo e con lui si dà alla pazza gioia nel

Paese dei Balocchi; il Grillo, che cerca di avvertirli del loro sbaglio, viene

scacciato da Lucignolo.

14. Il Grillo scopre la terribile verità: il Paese dei Balocchi trasforma i

ragazzi in asini, che l’Omino di Burro rivende. Corre da Pinocchio e trova

Lucignolo già completamente trasformato, e Pinocchio con orecchi e coda a-

sinini. Pinocchio e il Grillo riescono a fuggire gettandosi in mare.

15. tornati a casa, la trovano vuota: una Colomba, emissario della Fa-

ta, porta loro una lettera in cui si dice che Geppetto, in cerca di Pinocchio, è

stato inghiottito in mare dalla terribile Balena.

16. Pinocchio corre verso il mare, si tuffa e cerca Geppetto. La Bale-

na si desta e ingoia Pinocchio.

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17. Nel ventre del mostro, avviene l’incontro tra Pinocchio e Geppet-

to. Il vecchio è rassegnato alla ormai vicina fine, invece Pinocchio gli fra co-

raggio e architetta la fuga.

18. Riescono a fuggire dalla Balena facendola starnutire, e, inseguiti

dal mostro inferocito, nuotano a perdifiato. Geppetto, esausto, affonda, ma Pi-

nocchio lo afferra e lo trascina con sé. Il vecchio si risveglia a riva e scopre

Pinocchio morto, che giace a faccia in giù in una pozza.

19. Geppetto, Figaro e Cleo piangono la coraggiosa morte di Pinoc-

chio, quando avviene il miracolo: Pinocchio risorge, e risorge bambino, non

più di legno. Festa generale.

Ovviamente il primo passo dell’adattamento cinematografico consiste nella ri-

duzione dell’intreccio del romanzo: nel cartoon non compaiono la scena del Campo dei

miracoli, quella della tagliola, quella della notte passata al freddo aspettando che la Lu-

maca venisse ad aprire la porta della Fata, la fuga dagli assassini, l’incidente al compa-

gno di scuola Eugenio, la morte della Fata… solo per citare alcuni esempi.

Di tutte le peripezie che Pinocchio si trova a subire (si brucia i piedi, viene im-

piccato, derubato, incarcerato, ridotto a cane da guardia, piange la morte della Fata, vie-

ne quasi fritto dal Pescatore Verde, è costretto a lavorare in un circo come asino-clown,

è costretto a girare la macina per procurare il latte al babbo malato), nel cartoon è

presente solamente l’incarcerazione (però ad opera di Mangiafuoco), e l’umiliazione

della trasformazione in asino. Questi due nuclei, poi, sono modificati rispetto al

romanzo: nel romanzo la “somarità” di Pinocchio è assai più evidenziata, dura più a

lungo e passa anche attraverso l’umiliazione pubblica e agli occhi della Fata, ma

soprattutto l’episodio di Mangiafuoco è del tutto diverso.

Esaminiamo brevemente la trasformazione subita dai personaggi.

Nel romanzo Mangiafuoco non è un personaggio negativo: alla fine del capitolo

si commuove e regala a Pinocchio le monete d’oro. Nel film, invece, si condensano in

lui la maggior parte dei personaggi rimossi che nel libro sono gli agenti dell’umiliazione

e dello sfruttamento del burattino (il contadino Giangio, il proprietario del pollaio, il

giudice, il Pescatore Verde, il proprietario del circo). Mangiafuoco compra Pinocchio

dal Gatto e la Volpe e decide di sfruttare questa meraviglia semovente nel suo teatrino,

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facendo soldi a palate con la sua <<gallinella dalle uova d’oro>>: è un uomo avido e

nulla può commuoverlo. Se nel libro all’udire di Pinocchio che voleva tornare dal suo

povero babbo si commuoveva fino a regalargli cinque monete d’oro, questo Mangiafuo-

co, invece, sentita l’intenzione di tornare a casa, lo rinchiude in una gabbia per uccelli –

avendo ricompensato la sua performance teatrale, poco prima, con un soldo bucato,

sfruttando la sua ingenuità. In Mangiafuoco, dunque vengono condensati tutti i “cattivi”

minori del romanzo.

Anche il Gatto e la Volpe sono trasformati nel film: nel libro sono ben più catti-

vi, impiccano addirittura Pinocchio per poter avere le sue monete. In Disney, ovviamen-

te, si trasformano in “simpatiche” canaglie, in un duo decisamente comico, che si arra-

batta e non sembra capace di uccidere: basti pensare a come inorridiscono al sentire

nominare il famigerato Paese dei Balocchi dall’Omino di Burro (poi accettano lo sporco

lavoro, è vero, ma inizialmente inorridiscono).

L’Omino di Burro è forse il personaggio più fedele al romanzo, perché rimane

viscido e diabolico anche nella trasposizione. Nel libro, conducendo i bambini alla per-

dizione, canta: <<Tutti la notte dormono, ma io non dormo mai…>>. E’ il Diavolo,

sempre all’erta12. E così viene disegnato nella scena al Gambero Rosso, in cui prorom-

pendo in un ghigno satanico, dice del Paese dei Balocchi <<…là dove essi vanno e non

tornano mai più!>>.

Passiamo ora ai personaggi positivi, ossia a quelli che vengono chiamati aiutanti

dell’eroe. Nel romanzo c’è una folta schiera di animali che giunge in aiuto a Pinocchio,

talvolta aiutandolo materialmente (il cane Alidoro, a cui Pinocchio salva la vita, gli re-

stituisce il favore salvandolo dal Pescatore Verde; il Tonno che porta a riva Pinocchio e

Geppetto), talaltra dando consigli e ammonimenti (il Grillo, il Pappagallo), o ancora

portando notizie che fanno proseguire il racconto (il Colombo, la Lumaca). Nel film tut-

ti questi aiutanti vengono condensati nel Grillo-parlante, il quale è il risultato anche di

una operazione di espansione: <<Rinveniamo, invece, l’espansione in quei momenti in

cui possiamo rintracciare degli elementi dell’opera adattata che vengono dilatati nel

12 <<E’ il personaggio più negativo del libro. Apparentemente bonario e mellifluo, in realtà è un

essere infernale, è il Male per definizione. […] Ma chi è questo personaggio? C’è un passaggio rivelatore: mentre tutti i bambini dormono sul carro, l’Omino di Burro canticchia una canzone : - Tutti la notte dor-mono/ E io non dormo mai… - . Ecco chi è: L’Omino di Burro è il diavolo!>>, E. Trevi, introduzione, in C. Collodi,Le avventure di Pinocchio, Newton & Compton, Roma, 2002.

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film.>>13. Il Grillo compare nel romanzo tre volte: all’inizio del racconto (e viene subito

ucciso da Pinocchio), nella notte alla locanda (in forma di spettro), nel finale (ospita in

casa propria Geppetto e il burattino). Il suo ruolo è quello di un severo Superego che

ammonisce e rimprovera Pinocchio. Nel film, invece, il Grillo è tra i protagonisti, ha più

scene che la Fata, è il primo personaggio che vediamo, è addirittura il narratore della

storia: ha una importanza smisuratamente più grande. Il suo ruolo è esplicitato dai dia-

loghi stessi: egli è la coscienza di Pinocchio, quindi meno severo, più amichevole e dia-

logico del Superego. Nel film è un simpatico compagno di avventure, la spalla su cui

piangere e il consigliere fidato, mentre nel libro risulta una figura di “vecchio barbogio

criticone”.

Vediamo adesso i protagonisti: Geppetto, la Fata Turchina e Pinocchio.

Geppetto rimane lo stesso padre affettuoso e pronto al sacrificio che ritroviamo

in Collodi, ma viene rimossa la sua grave condizione di indigenza: nel romanzo Man-

giafuoco chiede notizie di Geppetto. Ecco il dialogo:

<<Come si chiama tuo padre>>

<<Geppetto>>

<<E che mestiere fa?>>

<<Il povero.>>14

L’estrema miseria è un tratto fondamentale del personaggio Collodiano di Gep-

petto: basti ricordare il patetismo della vendita dell’unica giacca rattoppata per compra-

re l’Abbecedario, la dispensa desolatamente vuota…

In Disney Geppetto non è Re Mida, ma non si può neppure dire che sia ridotto

alla fame: abita in una bella casetta in stile tedesco, ha una ricca bottega di orologi e ca-

rillons e in una scena si vede la tavola generosamente imbandita. Questo si spiega con

quello che Vanoye chiama appropriazione: <<L’appropriazione non è un processo scel-

to, ma la conseguenza di una limitazione esistenziale dell’adattamento che si potrebbe

chiamare transfert […], transfert storico-culturale […]. L’opera adattata, infatti, si trova

sempre in un contesto storico e culturale diverso da quello in cui è stata prodotta. […] Il

transfert […] tocca immancabilmente il punto di vista, lo sguardo, perché riguarda la

13 D. Tomasi – S. Cortellazzo, op. cit., p. 23 14 C. Collodi, Le Avventure di Pinocchio, op. cit., p. 56-57

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sensibilità, il modo di un’epoca di intendere le cose, perché è un cambiamento obbligato

di prospettiva.>>15. Il contesto di produzione delle due opere è ben diverso: dall’Italia

post-unitaria e dal clima letterario verista, al post-new deal e alla Hollywood classica,

con quelle linee programmatiche ben note e ben distanti dal crudo realismo, tanto più

tenendo conto che siamo nell’ambito del cinema animato disneyano, che abbraccia te-

nacemente tali principi. Oltre che benestante, Geppetto ha nel cartoon un lato buffo,

comico: è un personaggio un po’ trasognato, svampito, sul modello del geniale artista-

inventore con la testa tra le nuvole.

La Fata Turchina di Disney (specularmene al Grillo) è una presenza contratta ri-

spetto a quella originale: appare all’inizio, dopo la scena di Mangiafuoco (per liberare

Pinocchio), dopo il Paese dei Balocchi (metonimicamente nella figura della Colomba

latrice di notizie) e infine nell’happy ending (per resuscitare Pinocchio e encomiare il

Grillo). Non è un personaggio forte, ma piuttosto una presenza superiore, divina, che c’è

ma si nasconde alla vista . Nel libro è prima una bella bambina dai capelli turchini, poi

una sorellina, poi una mammina, e infine una fata miracolosa: in tutti questi ruoli riveste

comunque la funzione di educatrice, spesso esercitando una pedagogia piuttosto sadica16

(fingendosi morta per far sentire in colpa Pinocchio, o minacciandolo con i becchini per

fargli prendere la medicina, per esempio). Da mamma-maestrina diventa in Disney la

Stella dei Desideri, colei a cui bisogna rivolgere le preghiere per ottenere i miracoli: la

Divinità, appunto (ecco l’eliminazione della scena della morte della Fata: Dio è fuori dal

tempo).

Pinocchio, infine, è profondamente diverso: non quel discolo testardo, svogliato,

impertinente e capriccioso che ci dipinge Collodi, ma un ingenuo, un puro che non cade

in errore per la propria sfrenata voglia di piacere, ma perché viene circuito, non cono-

scendo la differenza tra il Bene e il Male.

E’ significativo che nel romanzo si ribadisca più volte l’etica del lavoro e la ne-

cessità della fatica. Dice il Pappagallo: <<…mi son dovuto persuadere che per mettere

insieme onestamente pochi soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie

15 F. Vanoye, op. cit. p. 149 16 <<Pietro Citati identificando splendidamente in una “pedagogia dell’errore” il metodo seguito

dalla Fata con Pinocchio […]. [La finta lapide della Fata] è forse il più sublime degli espedienti pedago-gici a cui ricorre […] Il vero abbecedario di Pinocchio è quello della lapide, la sua vera scuola è quella fatica durata a compitarla alla peggio […] Attraverso quelle lacrime, Pinocchio scorge un aspetto del mondo che nessuno, né il Grillo, né il futuro maestro di scuola, avrebbe potuto insegnargli. Tra il “meto-do” e l’ “errore”, ricordiamolo, Pinocchio ha preferito l’ “errore”.>>, E. Trevi, op. cit., pp. 10,14,15.

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mani o coll’ingegno della propria testa!>>17; <<I veri poveri, in questo mondo, merite-

voli di assistenza e di compassione, non sono altro che quelli che, per ragioni di età o di

malattia, si trovano condannati a non potersi più guadagnare il pane col lavoro delle

proprie mani. Tutti gli altri hanno l’obbligo di lavorare; e se non lavorano e patiscono la

fame, tanto peggio per loro.>>18 ; << Non ti vergogni? Invece di fare il bighellone per la

strada, vai piuttosto a cercarti un po’ di lavoro, e impara a guadagnarti il pane! >>19;

<<…tutti quei ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passa-

no le loro giornate in balocchi, in giochi e in divertimenti, debbano finire prima o poi

col trasformarsi in tanti piccoli somari.>>20. Questi sono solo alcuni dei passaggi rin-

tracciabili nel romanzo, ai quali Pinocchio risponde: <<… e io, a dirtela in confidenza,

di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire

su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.>>21; <<Fra i mestieri del mondo non ce

n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio […] Quello di mangiare, bere, dormi-

re, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.>>22. Pinocchio sa bene

cos’è la scuola e non vuole andarci: ogni occasione è buona per marinarla ed è lui stesso

a decidere di andare al teatro delle marionette. Il Pinocchio di Collodi non appena ha la

bocca fa una pernacchia a Geppetto, non appena ha i piedi gli tira un calcio e scappa

via.

Il Pinocchio disneyano, invece, quando sente Geppetto dirgli che il giorno dopo

deve andare a scuola, è curiosissimo, gli chiede perché, a cosa serve la scuola; la matti-

na dopo si reca a lezione saltellando felice: saranno il Gatto e la Volpe a distoglierlo dal

suo proposito e a trascinarlo da Mangiafuoco. I suoi errori non dipendono mai da scelte

proprie e dettate dallo spirito dionisiaco, ma dal fatto che è sprovveduto, ingenuo, non

sa distinguere chi vuol fargli del male.

Prima di tirare le conclusioni, ci sono ancora delle curiose variazioni da segnala-

re.

Il romanzo inizia con <<C’era una volta…>>, con un narratore extra-diegetico

onniscente (Collodi stesso) che ci accompagna lungo tutto il racconto, intervenendo pe-

17 C. Collodi, op. cit., p. 81 18 Ivi, p. 95 19 Ivi, p. 96 20 Ivi, p. 125 21 Ivi, p. 40 22 Ivi, p. 41

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santemente a livello assiologico; nel film il ruolo del narratore è affidato al Grillo (che è

anche un personaggio intra-diegetico), che apre il racconto aprendo letteralmente il li-

bro: da questo momento la storia non ha alcun tipo di voice over e il ruolo narratoriale

del Grillo in sporadiche si intravede interpellazioni in cui si rivolge al pubblico (sguardi

in macchina, commenti a parte); nel finale il Grillo torna in pieno possesso del suo ruo-

lo ed è lui a chiudere il film. Nel film i giudizi di valore che il narratore Collodi semina

nel romanzo non ci sono, e vedremo perché.

Oltre alla soppressione di alcuni personaggi già menzionati, nel film ne vengono

introdotti altri: il gatto Figaro e la pesciolina Cleo. Sono tipiche figure disneyane di a-

nimali antropomorfi a cui manca solo la parola, affettuosi e cari compagni riscontrabili

in tutta la produzione Disney (gli animali del bosco in Biancaneve e i sette nani; Il gatto

Oreste in Alice nel paese delle meraviglie; la cagna Nana in Le avventure di Peter Pan).

Curiosamente il Pesce-cane diventa una strana balena con un’acuminata dentatura al po-

sto dei fanoni, forse per citare l’episodio di Giona, forse perché visivamente essere in-

ghiottiti vivi da una balena è più plausibile che da uno squalo.

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3. CONCLUSIONI

Abbiamo visto come l’adattamento abbia risposto ad esigenze di medium diverso

(è necessario tagliare un romanzo perché il cinema richiede intrecci più concentrati), ad

esigenze di contesto o transfert storico-culturale (dall’Italia del tardo Ottocento a Hol-

lywood della fine degli anni trenta del Novecento): è il momento di entrare finalmente

nell’ottica ideologica ed estetica del film, di capire quale può essere la ragione delle dif-

ferenze elencate genericamente nel capitolo presedente.

Dice Tomasi: <<Sottrarre qualcosa ad un romanzo – per quanto questa possa es-

sere in alcuni casi una scelta obbligata – è già evidentemente un modo di proporre una

lettura del romanzo: eliminare un dato elemento significa infatti considerare altri suoi

elementi più significativi.>>23.

Una prima fondamentale decisione presa dallo studio di Burbank è stata di tra-

sformare Pinocchio da favola in fiaba. Per favola si intende il racconto simbolico a sco-

po esemplare e pedagogico, in cui più che il filo del racconto, l’intreccio, importa la le-

zione: tipici esempi sono la produzione di Esopo, Fedro e La Fontaine.

Per fiaba si intende, invece, il tipo di racconto studiato da Propp, in cui

l’intreccio e le funzioni narrative e attanziali sono alla base della sue esistenza: anche la

fiaba contiene spesso una lezione, ma in questa prevale il gusto del racconto, piuttosto

che il gusto dell’insegnamento.

Pinocchio di Collodi è una favola, Pinocchio di Disney è una fiaba. Si spiegano

così le numerose presenze, nel romanzo, di animali che parlano (anzi che predicano), e

parlano per frasi fatte, snocciolando aforismi di stampo morale e pedagogico: <<Guai a

quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la ca-

sa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo, e prima o poi dovranno pentirsene

amaramente.>>24; <<Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco

dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!…>>25; <<Vergogna! I

ragazzi dovrebbero sapere che un buon medicamento preso a tempo può salvarli da una

23 D. Tomasi – S. Cortellazzo, op. cit., p. 22 24 C. Collodi, op. cit., p. 40 25 Ivi, p. 63

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grave malattia e fors’anche dalla morte…>>26; <<La fame, ragazzo mio, non è una

buona ragione per potere appropriarsi della roba che non è nostra…>>27, oltre alle mas-

sime sull’etica del duro lavoro già citate prima. La soppressione della maggior parte di

questi personaggi nel cartoon indica la volontà di abbandonare l’impostazione esempla-

re e precettistica.

Si spiegano alla stessa luce tutte le peripezie che Pinocchio deve affrontare nel

libro: non sono tanto le prove della fiaba, che l’eroe deve affrontare per crescere e con-

quistare il Tesoro, quanto piccoli episodi dimostrativi della conseguenza della disubbi-

dienza. Le batoste che Pinocchio subisce a causa dei suoi sbagli servono a fargli capire,

alla fine, che il suo comportamento è sbagliato, ma servono soprattutto come esempi

pratici per i piccoli lettori del libro: “se sarete cattivi, bambini, farete la fine di Pinoc-

chio”. Tutte le disgrazie di Pinocchio, infatti, sono chiosate da un commento moralistico

dell’autore o di qualche personaggio che ne fa le veci. Abbiamo visto che Disney con-

serva solo tre delle tante prove che il burattino deve subire (Mangiafuoco, il Paese dei

Balocchi, il mostro marino).

Abbiamo tralasciato, finora, l’analisi della prima scena del film, quella della pre-

sentazione di Pinocchio, che è tutt’altra cosa rispetto al romanzo ed è quella che più di

tutte ci aiuta a comprendere qual è l’interpretazione di Disney. Confrontiamo l’inizio

delle due opere.

Collodi racconta che mastro Ciliegia regala a Geppetto, per potersene disfare,

un pezzo di legno parlante e Geppetto realizza con questo un burattino, che si rivelerà

subito discolo e cocciuto e persevererà nei suoi errori, nonostante le emblematiche brut-

te avventure che va a cercarsi.

Disney attua da principio un cambiamento fondamentale: Geppetto scolpisce il

burattino in comunissimo legno e la sera, affacciandosi al cielo stellato, rivolge una pre-

ghiera alla “Stella dei desideri”, perché trasformi il burattino in un bambino e dia così a

lui, ormai vecchio, un figlio. Pinocchio burattino vivente è in Disney un vero e proprio

miracolo: Mangiafuoco lo compra proprio perché è unico nel suo teatro di inermi pezzi

di legno (nel romanzo tutti i burattini di Mangiafuoco, invece, sono vivi e parlano, sono

del tutto simili a Pinocchio, come se la cosa naturale per ogni burattino fosse questa: il

26 Ivi, p. 74 27 Ivi, p. 86

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fosse questa: il fatto ci segnala ancora una volta che a Collodi non interessa la logica

del racconto tipica della fiaba, ma la giustapposizione di scene istruttive28).

L’attenzione è spostata dal piano pedagogico-esemplare ad uno “religioso”: il

Pinocchio Disney non è un discolo bizzoso, ma un ingenuo, che marina la scuola per-

ché ingannato e trascinato, non perché svogliato. Pinocchio è come Adamo: gli viene

data la vita ma è sprovveduto, non conosce la differenza tra Bene e Male (ecco la scena

del dito bruciato: Pinocchio non conosce il fuoco, ne è attratto lo tocca, non sapendo

che è “male”); incontra sulla sua strada le Tentazioni (proprio di tentazioni gli parla il

Grillo, avvertendolo sin dall’inizio) che lo conducono al Peccato; addirittura si imbatte

in quella figura mefistofelica che è l’Omino di Burro e porta i bambini all’infernale Pa-

ese dei Balocchi; Pinocchio si salva in estremis proprio grazie al Grillo-coscienza, ma

porta con sé la traccia della colpa: le orecchie e la coda d’asino.

Come si diventa, allora, un “bambino vero”, come si accede alla forma superio-

re di vita? La Fata, nella sua prima apparizione, gli spiega che diverrà un bambino vero

se <<sarai bravo, coraggioso, disinteressato>> e se <<imparerai a distinguere tra il Be-

ne e il Male>>. Pinocchio diventa vero morendo, donando la sua vita per salvare quella

paterna, dimostrando col sacrificio estremo di essere coraggioso, disinteressato e di a-

vere capito cosa è il Male e soprattutto cosa è il Bene: nella scena finale il miracolo è

una vera e propria resurrezione e trasfigurazione, il premio del giusto.

La Fata, lo abbiamo già detto, è una figura religiosa e cristiana soprattutto, che

viene in aiuto a chi crede in lei e le rivolge preghiere29. In una delle scene più umilianti

per il Pinocchio disneyano, quando è chiuso nella gabbietta di Mangiafuoco, la Fata

viene in suo soccorso e Pinocchio, vedendola arrivare, si nasconde, come Adamo dopo

aver mangiato il frutto proibito. Vergognandosi del suo errore, poi, mente alla Fata e il

naso si allunga: resosi conto dell’ulteriore errore, su suggerimento del Grillo (coscien-

za) chiede perdono e la Fata glielo accorda. Prima di lasciarlo, però, gli ricorda: <<se

28 <<Uno dei più drammatici conflitti presenti in Pinocchio è quello che oppone diverse pedago-

gie nel tentativo di assicurarsi l’egemonia sugli “anni d’apprendistato” dell’eroe. Geppetto è l’esemplare perfetto di una pedagogia del patetico, dove più che i precetti e le minacce conta il gesto esemplare d’amore […]. Il Grillo-parlante, assieme ai suoi più sbiaditi emissari […] rappresenta certamente un livel-lo più evoluto del logos pedagogico.[…] ha scritto pagine insuperabili Giorgio manganelli nel suo Pinoc-chio: libro parallelo […]: - Animale innocentemente sinistro – il Grillo considera i suoi interlocutori – essere i piccoli da educare, da fare agire come fossero vecchi, saggi, stremati, sedentari, morituri - >>, E. Trevi, op.cit., p.10

29 Non a caso, quindi, il Colombo del libro viene trasformato in una bianca Colomba che magi-camente appare e scende dal cielo.

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del perdono non sarai degno, per tutta la vita sarai di legno!>>. Il peccato è una condi-

zione ineliminabile della vita umana: quello che conta, per salvarsi, è chiedere perdono

con cuore, credere e affidarsi.

Torniamo ora alla Fata collodiana, per vedere la differenza. Cosa bisogna fare

per essere un bambino vero?

<<Oh! sono stufo di far sempre il burattino!», gridò Pinocchio, dandosi

uno scappellotto. «Sarebbe ora che diventassi anch'io un uomo...»

«E lo diventerai, se saprai meritartelo...»

«Davvero? E che posso fare per meritarmelo?»

«Una cosa facilissima: avvezzarti a essere un ragazzino perbene.»

«O che forse non sono?»

«Tutt'altro! I ragazzi perbene sono ubbidienti, e tu invece...»

«E io non ubbidisco mai.»

«I ragazzi perbene prendono amore allo studio e al lavoro, e tu...»

«E io, invece, faccio il bighellone e il vagabondo tutto l'anno.»

«I ragazzi perbene dicono sempre la verità...»

«E io sempre le bugie.»

«I ragazzi perbene vanno volentieri alla scuola...»

«E a me la scuola mi fa venire i dolori di corpo. Ma da oggi in poi voglio

mutar vita.»

«Me lo prometti?»

«Lo prometto. Voglio diventare un ragazzino perbene e voglio essere la

consolazione del mio babbo...>> […]

<<…è per questo che ti ho perdonato. La sincerità del tuo dolore mi fece

conoscere che tu avevi il cuore buono: e dai ragazzi buoni di cuore, anche se so-

no un po' monelli e avvezzati male, c'è sempre da sperar qualcosa: ossia, c'è sem-

pre da sperare che rientrino sulla vera strada. Ecco perché son venuta a cercarti

fin qui. Io sarò la tua mamma...»

«Oh! che bella cosa!», gridò Pinocchio saltando dall'allegrezza.

«Tu mi ubbidirai e farai sempre quello che ti dirò io.»

«Volentieri, volentieri, volentieri!»

«Fino da domani», soggiunse la Fata, «tu comincerai coll’andare a scuo-

la.»

Pinocchio diventò subito un po' meno allegro.

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«Poi sceglierai a tuo piacere un'arte o un mestiere...»

Pinocchio diventò serio.

«Che cosa brontoli fra i denti?», domandò la Fata con accento risentito.

«Dicevo...», mugolò il burattino a mezza voce, «che oramai per andare a

scuola mi pare un po' tardi...»

«Nossignore. Tieni a mente che per istruirsi e per imparare non è mai tar-

di.»

«Ma io non voglio fare ne arti ne mestieri...»

«Perché?»

«Perché a lavorare mi par fatica.»

«Ragazzo mio», disse la Fata, «quelli che dicono così, finiscono quasi

sempre o in carcere o allo spedale. L'uomo, per tua regola, nasca ricco o povero,

è obbligato in questo mondo a far qualcosa, a occuparsi, a lavorare. Guai a la-

sciarsi prendere dall'ozio! L'ozio è una bruttissima malattia, e bisogna guarirla

subito, fin da ragazzi: se no, quando siamo grandi, non si guarisce più.»

Queste parole toccarono l'animo di Pinocchio, il quale rialzando vivace-

mente la testa disse alla Fata:

«Io studierò, io lavorerò, io farò tutto quello che mi dirai, perché, in-

somma, la vita del burattino mi è venuta a noia, e voglio diventare un ragazzo a

tutti i costi. Me l'hai promesso, non è vero?».

«Te l’ho promesso, e ora dipende da te.>>30

Il Pinocchio di Collodi conquista la sua nuova condizione con la scoperta della

fatica, della responsabilità, del duro lavoro: si sveglia cambiato dopo aver passato i

peggiori guai e aver lavorato duramente per il babbo malato e la Fata indigente (il Pi-

nocchio collodiano non muore, non dona la vita, ma dona il suo tempo, la sua fatica).

Diventato un bambino vero, osserva il suo vecchio io di legno: non si trasfigura come

quello disneyano (non c’è più traccia del burattino), ma esce dal guscio, cresce: guarda

il burattino come un uomo adulto può guardare le vecchie foto della sua infanzia.

Più che l’aspetto religioso (che è una lettura comunque praticata: basti pensare

all’Omino di Burro = Diavolo) sembra di cogliere in Collodi quello formativo: si diven-

ta veri quando si cresce e si accettano le responsabilità della vita e se ne scoprono i do-

lori.

30 C. Collodi, op. Cit., pp. 98-99

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Disney, dunque, adatta il romanzo da un’angolazione decisamente “religiosa”,

trasferendo il viaggio di Pinocchio nell’interiorità, nella scoperta e nel dialogo con la

sua coscienza (ecco spiegata l’espansione del ruolo del Grillo), laddove in Collodi il

viaggio è tutto esterno, fatto di azioni e doveri sociali.

<<A grandi linee, secondo Dwight V. Swain, possiamo immaginare tre grandi

forme di adattamento: 1) quello che segue il più da vicino possibile l’articolazione nar-

rativa dell’opera di partenza; 2) quello che si struttura in relazione alle scene chiave del

libro; 3) quello che elabora una sceneggiatura sostanzialmente originale a partire da al-

cuni elementi del testo ispiratore.>>31. L’approccio di Disney è il secondo: porta sullo

schermo alcune scene principali, piegandole alla sua interpretazione “religiosa” del ro-

manzo.

31 D. Tomasi – S. Cortellazzo, op. cit., p. 17

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BIBLIOGRAFIA

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nocchio, Newton & Compton, Roma, 2002.

− F. VANOYE, La sceneggiatura. Forme. Dispositivi. Modelli.,

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