farina acqua lievito salepassionevera pizza napoletana
foto Vittorio Sciosia
indi
ce
prefazione carlo petrini 8
prefazione tommaso esposito 9
introduzione AVPN 10
pochi semplici ingredienti 14
la farina 16
l’acqua 20
il lievito 22
il sale 28
il pomodoro 30
la mozzarella 34
l’olio 38
il forno e la cottura 42
l’impasto 50
i segreti per un buon impasto 52
lievitazione e maturazione dell’impasto 54
lo staglio 56
la stesura 60
il condimento 62
1.
2.
i grandi classici 70
margherita verace 72
margherita 76
marinara 78
ripieno al forno con salame 82
quattro stagioni 84
romana (marinara con alici) 86
con i cicinielli 90
mastunicola 92
ripieno di scarola 96
cosacca (con formaggio e pomodoro) 98
pizza fritta 100
pizze rosse 102
pescatora 104
scarpariello 106
capricciosa 108
stromboli 112
margherita piennolo e bufala 114
parmigiana 116
diavola 120
marinara con il piennolo 122
bresaola e rucola 124
margherita con i funghi 128
marinara con i frutti di mare 130
carnevale 134
meravigliao 136
caprese 140
cornicione ripieno 142
margherita alla cocca 146
marinara con scarole 148
nduja 152
marinara piennolo e alici 154
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pizze bianche 158
ripieno fritto 160
quattro formaggi 162
crudo e rucola 166
montanara fritta 168
montanara fritta al forno 172
‘a vocc’ d’ ‘o vesuvio 174
ricotta e cipolla 176
sole nel piatto 178
cannolo 182
zucca e porcini 184
posillipo 188
ripieno al forno con funghi 190
allo stocco 194
alleanza 196
genovese 198
croccopizza 202
martina franca 206
ripieno bianco 210
cotto 212
pizze verdi 214
carcioffola 216
peperoncina 220
carrettiera (con salsiccia e friarielli) 222
ortolana 226
pizza fritta salsiccia e friarielli 228
orchidea 230
pizza bianca con i peperoni 234
pizza degli appennini 236
giardiniera 240
pizza con le scarole (aperta) 242
pizza con i fi orilli 246
pizza alla crema di carciofi 248
fi gone 252
fi ori di zucca e ricotta 254
scapricciatella 258
carciofi e pancetta 260
veraci per passione 264
O’ sciore 17Domenico Rea e Fafele il pizzaiuolo 27La menestella 31L’iter dei pizzaioli 43I piatti dei pizzaioli 44Misure della pizza 46La Pizzaria 49L’abilità di stesura della pasta 53Nomen omen 59Le graffe dei pizzaioli 61Lo spessore della pizza 63La regina Margherita 77Le prime forme di take away 81Calzone ripieno 83Quattro stagioni 85Il pizzaiuolo di Palazzo 89La pizza con i cicinielli 91Il recupero dei cornicioni 95Un trucco per stendere la pizza fritta 101Vestito su misura 111Le dimensioni della pizza 118I costi della pizza 126Domenico Modugno 133Famme la pizza quanno fai lo pane! La più antica canzone 139Il giorno di sant’Antonio 145La corsa dei camerieri 150I francesi non trovavano il Gragnano? E allora sulla pizza bevevano il Bordeaux! 157Pizza “’a oggi a otto” 171La pizza diventa pietanza di corte 181Pellegrino Artusi, la Scienza in cucina e la pizza alla napoletana 187Pulcinella e la pizza 193Stufa per il trasporto a domicilio 200La pizza di Napoli a Roma trionfa 208Ne lo cunto de li cunti, pizza è anche un modo di dire 224Tu appunisci ‘a parlesia? 233I vini abbinati alla pizza 239Pizzeria volante 244Gara delle pizze 250La pizza conquista l’Italia 257Totò 262
sto
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di p
izza
Non esiste forse alcun prodotto
al mondo che sia in grado
di suscitare simili emozioni
gastronomiche. E non è un
caso che sia Napoli il luogo
dove meglio si combinano i
cinque elementi che rendono
possibile la magia alchemica
della pizza. Per Antonio Pace e la
sua Associazione Verace Pizza
Napoletana, la farina, l’acqua,
il lievito e il sale sono le parole
chiave con le quali declinare il
segno distintivo della Comunità
del Cibo partenopea, un prodotto
nato per le classi popolari e
che oggi conserva, anche nelle
interpretazioni gourmet, la
sua intrinseca vocazione alla
semplicità. Semplice sì ma mai
banale, perché intrisa di quella
sapienza artigiana che Slow Food
difende, promuove e porta nel
mondo attraverso Terra Madre.
Ecco: farina, lievito, sale, acqua.
Come il pane!
Nulla di più semplice.
Così nasce la Pizza, chissà
quando, chissà dove.
Ma a Napoli si diffonde. Trionfa.
È cibo di strada atteso dalle
sartine, dice Serao, sull’uscio
di casa per tutto l’Ottocento:
aspettavano, chiacchierando,
che passasse il pizzaiuolo e
l’offrisse coperta di pomodoro,
olio, aglio e di origano. Cotta nel
forno.
Ma è anche vivanda regale.
Amata dal Re più dei
maccheroni, diventa Regina una
sera di festa lassù, nel parco
di Capodimonte. Si suonava,
si ballava e il pizzaiuolo di
Palazzo, ricoprendola di candida
mozzarella e di verde basilico, la
porgeva alla Sovrana: «È per te
Margherita».
E fu subito il Mito.
Che travalica i monti e i mari.
Raggiunge terre lontane a
Oriente come a Occidente.
Sfi da le mode e i gusti. Si plasma,
si fonde.
Rinasce.
Altrove.
È sempre viva, la Pizza!
È senza tempo: ieri, oggi, domani.
Sta nel suo regno, la Pizzeria, il
luogo del convivio e dell’amicizia.
Mi è impossibile non ricordare
che la nascita di Terra
Madre è avvenuta proprio a
Napoli, durante il Congresso
Internazionale di Slow Food
del 2003. Perché Napoli - si
sa - non è solo una capitale
culturale, crocevia dei popoli del
Mediterraneo ma è soprattutto
uno stato dell’anima. E se è vero
che, per Slow Food, le parole con
le quali interpretare la ricchezza
della Terra sono Buono, Pulito
e Giusto, tanto per noi quanto
per l’Associazione Verace Pizza
Napoletana la prima lettera
dell’alfabeto gastronomico è
tuttavia un’altra, una senza la
quale nulla di ciò che facciamo
sarebbe possibile: Passione!
Auguri dunque ad Antonio e alla
“sua” Associazione per i primi 30
anni di passione ma soprattutto
auguri alla Pizza Napoletana
che di anni ne ha “qualcuno”
in più ma che non li dimostra...
sicuramente proprio perché
“verace”.
Carlo Petrini
Presidente Slow Food
Internazionale
Della scena incantata, quasi un
presepio, dove il cibo è cibo; il
vino è vino; la vita è vita. Non è
fi nzione.
È celebrata la Pizza di Napoli,
raccontata, fi nanche cantata
come villanella e poi tarantella.
Diventa swing, cha–cha, twist,
calipso, blues, rock and roll,
pop, soul.
«Fatte ‘na pizza c’a pummarola
‘ncoppa, vedrai che il mondo poi
ti sorriderà», sussura, infatti,
Pino Daniele.
Ed è così.
Mani polverose di farina; dita
che vibrano e distendono il
disco di pasta, l’accarezzano, lo
coccolano.
Lo colorano: di rosso, di bianco, di
verde, d’argento.
Gocce d’olio, dorate, ricadono
come stille luccicanti sul
vermiglio.
E poi il fuoco che arde. Mormora
e borbotta.
Come la lava del Vesuvio: l’ha
detto un poeta.
Finalmente odorosa, soffi ce,
suadente ti giunge dinnanzi.
Voluttuosa.
Ti illumina, come il sole di giorno
e la luna di notte.
Vedrai, davvero il mondo ti
sorriderà!
Tommaso Esposito
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Solare, imitazione del sole, sole fatto piatto per le tue illuminazioni notturne, la pizza!Gino Veronelli
Cibo prediletto di re e di
mendicanti, di intellettuali e
di artisti, la pizza costituisce
l’emblema dello spirito
partenopeo e della sua
ineguagliabile inventiva. Parlare
di Vera Pizza Napoletana signifi ca
andare oltre il gusto, entrare nel
vivo di una cultura, ripercorrere
la storia e condividere usanze
radicate nel tempo, rendendo
omaggio a uno dei simboli della
città di Napoli.
Da dove, se non da Napoli, poteva
cominciare la nostra avventura?
Nel 1984, anno di fondazione
dell’Associazione Verace Pizza
Napoletana, abbiamo condiviso
la storia e l’esperienza delle
nostre famiglie per tutelare
la tradizione, portando avanti
l’idea che “il segreto per fare
la Vera Pizza Napoletana è
farla come si è sempre fatta”.
L’obiettivo di difendere e
rendere immediatamente
riconoscibile l’identità di questa
pietanza, salvaguardandola
dalle imitazioni, ci ha condotto a
scrivere poche e semplici regole
da rispettare per ottenere una
Pizza Napoletana conforme alla
tradizione.
Un Disciplinare, quello nato nel
1984, che tutt’oggi rappresenta
uno sprone a migliorarsi nella
preparazione della Pizza
Napoletana e un punto di
riferimento per quanti si sono
avvicinati e si avvicinano alla
nostra cultura gastronomica.
Oggi l’Associazione è una famiglia
estesa e radicata nel mondo, che
continua a lavorare in maniera
unita per ribadire il concetto che
la pizza ha origini napoletane
e che le sue varianti non sono
altro che interpretazioni della
ricetta originale. Questo semplice
messaggio è stato portato nel
mondo attraverso numerosi
eventi e manifestazioni, in cui
tante persone hanno imparato
a conoscere e a riconoscere la
Pizza Napoletana.
intr
oduz
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PN
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Sono passati trent’anni dall’inizio
del nostro cammino e con
immutata determinazione
vogliamo condividere con voi le
storie e i segreti di quest’arte.
Farina, acqua, lievito, sale e…
passione: questi gli ingredienti
semplici che danno vita a quella
magica alchimia chiamata
Vera Pizza Napoletana. Con
il medesimo spirito di allora,
vogliamo proporvi un viaggio
nel tempo e nel gusto, alla
scoperta di ricette variegate,
dagli intramontabili classici alle
proposte più innovative, e di
aneddoti inediti, che evidenziano
il felice incontro di tradizione e
creatività su cui ancor oggi si
fonda il nostro lavoro.
Associazione Verace Pizza
Napoletana
La pizza napoletana non ha inventori, non ha padri, non ha padroni, ma è frutto della genialità del popolo napoletano.Antonio Pace
La magia del gusto ha origine dall’essenziale. Farina, acqua, lievito, sale… elementi in apparenza semplici celano una ricchezza spettacolare, che si svela in un affascinante gioco di combinazioni. Una conoscenza millenaria guida la gestione dei delicati equilibri su cui si fonda quest’alchimia. Scopriamo insieme i segreti e le potenzialità di questi ingredienti.
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«La pizza non si trova nel vocabolario della Crusca, perché si fa col fiore, e perché è una specialità dei napoletani, anzi della città di Napoli»¹. Il fi lologo Emmanuele Rocco descrisse così uno degli alimenti più rappresentativi della cucina e della cultura partenopea. Il fi ore, la farina prodotta dal cuore del chicco di grano, fu elevato a tratto distintivo della pizza. Una buona conoscenza di questo prodotto era ed è ancor oggi di fondamentale importanza per scegliere con consapevolezza la tipologia più adatta a realizzare una Vera Pizza Napoletana.
Frutto della macinazione dei cereali, la farina presenta un ampio ventaglio di varietà, ciascuna delle quali si presta a specifi ci utilizzi. Nell’uso comune della parola si fa riferimento ai prodotti della lavorazione del grano. Quest’ultimo può essere duro o tenero. Il grano duro dà luogo a una farina di colore giallino utilizzata in larga misura per la produzione della pasta. Dal grano tenero, invece, è ricavata una farina caratterizzata da una consistenza fi ne e da un colore bianco latte, la quale risulta particolarmente adatta alla panifi cazione e alla pizza.
Ogni farina è costituita da una miscela di grani diversi, le cui proprietà variano in base alle aree geografi che in cui sono stati coltivati. Ciascun molino stabilisce la combinazione di grani selezionati, al fi ne di ottenere una farina che presenti le caratteristiche desiderate. La lavorazione del grano prevede due processi principali, che si ripetono più volte: una prima fase di macina vera e propria, che avviene grazie al passaggio dei chicchi di grano attraverso rulli rigati, e una successiva fase, detta di abburattamento, durante la quale i frammenti più piccoli sono separati dai residui più grossi. Ogni molino adotta un diverso numero di passaggi e può scegliere se macinare i grani che compongono la miscela tutti insieme, oppure se lavorare ciascun tipo di grano singolarmente e unire solo alla fi ne le farine ricavate. Per questo motivo è importante non mescolare farine prodotte da mulini diversi: le loro specifi che caratteristiche potrebbero creare diffi coltà di gestione dell’impasto.
¹ E. ROCCO, Il pizzajuolo, in Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti, opera diretta da Francesco De Bourcard, Napoli 1857, vol. II, pp. 123-127.
O’ sciore
Di consistenza candida ed eterea, la farina è chiamata a Napoli anche o’ sciore, il fi ore. La sua forza è un elemento fondamentale per la buona riuscita della pizza napoletana. In passato i pizzaioli testavano con le mani la qualità della farina e, in base alle
stagioni, decidevano se rinforzarla o meno con l’aggiunta di manitoba, detta ‘a farina americana. Nel tempo, tuttavia, i molini sono andati incontro alle esigenze dei pizzaioli, producendo farine adatte alle diverse lavorazioni.
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Una farina di buona qualità è il frutto di una macinazione lenta, che prevede una lunga successione dei due processi sopra descritti. Passando da una fase all’altra, diminuisce la distanza tra i rulli e cambiano le loro rigature, mentre i setacci si fanno sempre più fi tti. Il diverso grado di macinazione porta a ottenere prodotti più o meno raffi nati, dalla farina integrale alla farina di tipo 00. Per la pizza napoletana è indicato l’utilizzo di farina di grano tenero di tipo 00, che ha una consistenza fi ne e una bassa percentuale di residui di macinazione.
Il comportamento della farina durante l’impasto è determinato da tre dei suoi principali componenti: gli amidi, zuccheri complessi presenti nel grano, gli enzimi, che scindono le lunghe catene degli amidi trasformandole in zuccheri semplici, e le proteine, che al contatto della farina con l’acqua formano un complesso proteico chiamato glutine. Quest’ultimo assume la forma di una rete capace di trattenere i gas che si formano durante la lievitazione.
La struttura di ogni maglia glutinica deriva dalle proteine che la formano. La loro diversa composizione determina la tenacia dell’impasto, ossia la resistenza allo stiramento, indicata dal fattore P, e la sua capacità di estensione, indicata dal fattore L. Il rapporto dei due fattori, P/L, rappresenta l’elasticità dell’impasto. La maglia glutinica è responsabile anche della capacità di panifi cazione di ciascuna farina. Quest’ultima è comunemente detta forza ed è determinata dal volume che l’impasto può raggiungere. Il grado di forza della farina è indicato con il fattore W. Il suo valore consente di distinguere tra farine deboli, medie, forti e speciali. Per realizzare una buona pizza napoletana è raccomandato l’uso di una farina medio-forte, con un valore di W compreso tra 250 e 320. Nel caso vengano utilizzate farine più forti si otterrà un impasto più resistente, capace di assorbire una maggiore quantità di acqua, e con una lievitazione più lenta, a causa di una maglia glutinica più fi tta. Al contrario, utilizzando una farina più debole si otterrà una maglia glutinica più larga. L’impasto risulterà più morbido e avrà una lievitazione più veloce.
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È convinzione comune che una buona pizza e un buon caffè possano essere realizzati solo a Napoli. Il motivo risiederebbe nell’acqua della città, che con le sue speciali proprietà esalterebbe gli aromi di questi prodotti. Il pregiudizio partenopeo trova almeno in parte una spiegazione nella scienza, che aiuta a comprendere il comportamento dell’acqua sulla base della sua composizione chimica.
Una delle caratteristiche fondamentali dell’acqua è la durezza. Quest’ultima indica la percentuale di sali di calcio e di magnesio disciolti nel liquido ed è misurata in gradi francesi. Il valore assunto da questo fattore consente di distinguere le diverse acque in dolci, moderatamente dure e dure.
Per la pizza si consiglia di utilizzare un’acqua moderatamente dura. Le caratteristiche di questo tipo d’acqua, disponibile in larga misura nella città di Napoli, infl uiscono sulla maglia glutinica, rafforzandola in maniera adeguata, e consentono di raggiungere un pH ottimale per l’impasto, tra 5 e i 6 gradi.
In queste condizioni i lieviti hanno modo di svolgere la propria azione in maniera corretta, assicurando una buona crescita dell’impasto. L’uso di un’acqua troppo dura porterebbe alla formazione di una maglia glutinica eccessivamente tenace, che renderebbe l’impasto più duro e allungherebbe i tempi di lievitazione. Al contrario, un’acqua più dolce indebolirebbe la maglia glutinica. In tal caso occorrerebbe intervenire con una piccola aggiunta di sale o con l’uso di una farina un po’ più forte, per evitare di produrre un impasto poco elastico e colloso.
Anche la temperatura infl uisce in maniera decisiva sulla resa del prodotto. Un’acqua troppo fredda, infatti, fa sì che la lievitazione rallenti e che la pasta s’indurisca. Al contrario, un’acqua troppo calda danneggia la maglia glutinica, rendendo l’impasto appiccicoso. Per ottenere un buon risultato si consiglia di lavorare con un’acqua alla temperatura di circa 20 °C durante l’inverno e intorno ai 16 °C in estate. Nel caso in cui, specie nel periodo estivo, l’acqua del rubinetto dovesse risultare troppo calda, è possibile abbassarne la temperatura riponendola in frigo o aggiungendovi qualche cubetto di ghiaccio un po’ prima della lavorazione.
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La scoperta della lievitazione affonda le sue radici in un tempo remoto, in cui la storia s’intreccia con la leggenda. Molto probabilmente furono gli Egizi a rendersi conto per primi che, lasciando riposare un composto di acqua e farina per alcune ore, si otteneva un impasto morbido e gonfi o, che in seguito alla cottura dava origine a un pane molto più digeribile delle gallette di solito consumate a quei tempi.
La lievitazione ha inizio già nel momento in cui l’acqua e la farina vengono unite. I microrganismi presenti nell’ambiente in cui è stato realizzato l’impasto si nutrono degli zuccheri presenti nella farina e producono anidride carbonica, responsabile del rigonfi amento della pasta. L’aggiunta di lievito nell’impasto ha, dunque, la funzione di accelerare questo processo spontaneo.
Per la pizza napoletana è riconosciuto l’utilizzo a scelta del lievito madre, detto anche lievito naturale, oppure del lievito di birra. Le discussioni sull’alternativa tra queste due tipologie, alimentate negli ultimi anni sulla scorta di una rinnovata attenzione verso i prodotti naturali, induce a esaminarne più da vicino le caratteristiche.
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Lievito di birraCosì chiamato perché scoperto dai residui della lavorazione della birra, questo lievito viene oggi ricavato dalla melassa della barbabietola. A differenza del lievito madre, è costituito da una sola specie di agenti lievitanti, che vengono selezionati e compressi nei classici panetti che troviamo in commercio. La sua azione è soggetta a un numero di variabili inferiore rispetto al lievito madre, il che agevola la sua gestione e consente di defi nire un processo di produzione dell’impasto standardizzato. Per questo motivo, pur riconoscendo le indubbie qualità del lievito madre, il Disciplinare Internazionale dell’Associazione Verace Pizza Napoletana consiglia l’utilizzo del lievito di birra.
Il lievito madreSi tratta di un impasto di acqua e farina lasciato fermentare naturalmente. Per accelerare la fermentazione si possono aggiungere all’impasto anche altri ingredienti che fungono da starter, come i batteri lattici esogeni e gli zuccheri, che sono il nutrimento dei lieviti. Tra questi ultimi i più utilizzati sono quelli contenuti nella buccia della mela, nel miele, nello yogurt e nella crusca. Il processo consente di ottenere una colonia naturale di agenti lievitanti che va alimentata, o rinfrescata, attraverso l’aggiunta periodica di farina e acqua. Il lievito madre si presta molto bene ai prodotti della panifi cazione, poiché la varietà dei suoi agenti è in grado di trasformare tutti i componenti della farina, anche di quella integrale, assicurando pani ben lievitati e facilmente digeribili. La sua azione diversifi cata fa sì che vengano sprigionati molti aromi, a vantaggio del profumo e del sapore del risultato fi nale. D’altro canto, il lievito madre comporta numerosi problemi di gestione. La sua conservazione rappresenta un impegno delicato e laborioso, mentre il suo comportamento poco prevedibile rende la lavorazione dell’impasto diffi cilmente controllabile.
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Domenico Rea e Fafele il pizzaiuolo
Non solo poesia, ma anche letteratura. Domenico, Mimì, Rea ha pubblicato Ninfa Plebea nel 1992. Miluzza, la protagonista, ha il nonno Fafele che è il miglior pizzaiuolo a sud di Napoli:La pizza di Fafele era leggendaria. Lo avevano chiamato a Cava e a Salerno, ma il vecchio non ne aveva mai voluto sapere. Cava o Salerno gli sembravano lontane come la Francia. E non aveva accolto nemmeno la richiesta della clientela nofi nese, perché le sue cinquanta pizze giornaliere diventassero centinaia.
Si difendeva, dicendo che fare una pizza non era come fare un piatto di spaghetti. La pizza non è che un’enorme polpetta di 200 grammi di farina lasciata lievitare. Bisogna intuire il momento propizio per cominciare a distenderla sul marmo incipriato di farina, batterla e rivoltarla e poi aggiustarla fi no a farne una sfoglia circolare come il Golfo di Napoli, sottile e trasparente al centro, frastagliata come una costiera sul bordo. A dirlo sembra facile. A farlo è come addomesticare una creatura selvaggia e renderla adatta a ricevere i pezzetti di mozzarella, che sono le vele bianche, quelli di pomodoro, che sono le vele turche, e le foglie di basilico simili a spume sorridenti del mare.
Napoli, Natività nel presepe napoletano
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In questo delicato equilibrio di elementi il sale non svolge di certo un ruolo secondario. Le sue molteplici proprietà infl uenzano il gusto della pizza e agiscono sulla resa dell’impasto. Una conoscenza più approfondita di questo prezioso alimento prevede una prima distinzione tra il sale marino, ricavato dall’evaporazione dell’acqua di mare all’aria aperta, e il salgemma, estratto, invece, dalle miniere naturali, come quelle dell’Himalaya. Per la preparazione dell’impasto l’Associazione Verace Pizza Napoletana raccomanda l’uso di sale marino fi no. L’indicazione trova ragioni nelle notevoli proprietà benefi che di questo tipo di sale, specie se integrale. La sua alta concentrazione di iodio agevola il corretto funzionamento della tiroide, bilanciando il metabolismo.
Oltre a conferire sapidità all’impasto, il sale infl uenza le complesse dinamiche che avvengono durante la lievitazione. Le sue proprietà antibatteriche preservano la pasta dagli effetti di agenti nocivi. La sua presenza, inoltre, rafforza la maglia glutinica, rendendo l’impasto più tenace. Un corretto dosaggio di questo alimento risulta pertanto fondamentale. Un impasto con un’eccessiva quantità di sale risulterebbe troppo duro e avrebbe tempi di lievitazione molto più lunghi. Un impasto con poco sale, invece, risulterebbe colloso e poco elastico.
L’azione del sale prosegue in fase di cottura, dove, insieme al processo di caramellizzazione degli zuccheri contenuti nell’impasto, dà luogo all’inconfondibile colorazione dorata assunta dalla pizza.
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Originario dell’America meridionale, il pomodoro giunse nel XVI secolo nel Regno di Napoli, dove fu introdotto dagli Spagnoli. La pianta incontrò nel Sud d’Italia le condizioni climatiche ideali per il suo insediamento, ma inizialmente fu coltivata per soli fi ni ornamentali, data l’erronea convinzione che i suoi frutti potessero essere nocivi. Soltanto a partire dal XVII secolo i pomodori fecero capolino in cucina e nella letteratura gastronomica. Tra le prime testimonianze, emblematica è quella di Vincenzo Corrado, che nel suo Il cuoco galante, edito per la prima volta a Napoli nel 1773, riportava i primi metodi di preparazione dell’alimento. Di lì a breve il pomodoro incontrò i maccheroni e la pizza, instaurando quel felice connubio che perdura ancora oggi.
Contrariamente alle superstizioni del passato, oggi si è ben consapevoli delle notevoli proprietà nutritive di questo alimento. Il pomodoro contiene vitamine e sali minerali ed è ricco di antiossidanti, preziosi alleati della salute. L’assimilazione di questi principi non è impedita dalla cottura, anzi, le alte temperature e l’aggiunta di olio extra vergine di oliva potenziano il loro assorbimento da parte dell’organismo. Questo fa della pizza uno dei modi più gustosi e salutari di consumare il pomodoro.
Il Disciplinare dell’Associazione Verace Pizza Napoletana raccomanda l’utilizzo di pomodori pelati o freschi. Tra i pelati sono consigliati gli esemplari tipici della tradizione agricola campana, quali i pomodori San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P., o, in alternativa, i pomodori lunghi tipo Roma. Tra i pomodori da utilizzare freschi, oltre ai San Marzano, sono da preferire i Pomodorini del Piennolo del Vesuvio D.O.P. e i pomodorini di Corbara.
La menestella
All’epoca in cui le pizzerie si attrezzavano anche per la ristorazione, le ditte produttrici di pelati recuperavano le pellicine scartate dai pomodori inscatolandole e rivendendole ai pizzaioli napoletani col nome di “menestella”.
I pizzaioli erano soliti usare questo prodotto mescolandone una manciata ai pomodori frantumati, per conferire loro un aspetto più rustico.
Il trucco estetico contribuiva anche ad apportare una maggiore quantità di ferro all’alimentazione dei clienti.
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Un accorgimento per riconoscere i pelati di buona qualità
Per valutare la qualità dei pelati in scatola basta sciacquare un pomodoro intero sotto l’acqua corrente. Se in seguito all’operazione il pomodoro continua a presentare un bel colore rosso, possiamo dire di aver acquistato dei pelati di prima scelta. Il frutto, infatti, è stato raccolto nella sua fase di piena maturazione. Se, invece, al termine del risciacquo, il pelato assume un colore rosa pallido, ci troviamo di fronte a un prodotto di bassa qualità. In questo caso il pomodoro è stato prelevato quando era ancora acerbo ed è stato successivamente salsato, ossia è stato intinto nel sugo di conserva, assumendo un colore rosso che non gli appartiene naturalmente.
Il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P.Uno dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura campana, il pomodoro San Marzano vanta una storia lunga secoli. Secondo alcune fonti orali l’origine della coltivazione risalirebbe al 1770, anno in cui il Regno del Perù avrebbe donato al Regno di Napoli il seme della pianta. Quest’ultimo sarebbe stato piantato proprio a San Marzano, dove si sarebbe sviluppato nel tempo, raggiungendo le caratteristiche dell’ecotipo attuale.
Il Pomodoro San Marzano si contraddistingue per la sua forma allungata e per il suo colore rosso vivo, ha un sapore tipicamente agrodolce e presenta una scarsa quantità di semi e di fi bre placentari. La facilità con cui, nei frutti maturi, si stacca la buccia, rende quest’esemplare particolarmente adatto alla produzione dei pelati.
Tipica produzione Campana, il Pomodoro San Marzano è coltivato ancora oggi secondo la tradizione, con un allevamento di tipo verticale che si avvale di appositi sostegni.
Il pomodoro lungo tipo RomaCon la sua forma allungata e la sua polpa compatta, il pomodoro lungo tipo Roma costituisce un valido prodotto da sugo. Il gusto dolce di questo esemplare prevale sulla sua componente acida. La buccia spessa, facilmente rimuovibile, fa sì che questo pomodoro si presti molto bene alla realizzazione dei pelati. Giunto a completa maturazione, il frutto presenta un colore rosso vivo, privo di sfumature verdi. Solo allora potrà essere raccolto e lavorato, garantendo un risultato ottimale.
Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio D.O.P. Le antiche radici di questo prodotto ne fanno uno dei protagonisti della cucina partenopea. Il Pomodorino del Piennolo racchiude un ampio ventaglio di biotipi coltivati nell’area vesuviana, i quali hanno assunto le denominazioni popolari attribuite loro dai produttori locali: Fiaschella, Lampadina, Patanara, Principe Borghese e Re Umberto. Gli esemplari si contraddistinguono per la pezzatura ridotta, che in genere non supera i 25 g, la forma ovale con l’apice appuntito, detto pizzo, la buccia spessa, quasi croccante al morso, dal colore rosso vermiglio, e il sapore intenso e vivace. Oltre alle caratteristiche fi siche, ad accomunare i Pomodorini del Vesuvio è l’antica tecnica di coltivazione e conservazione alla quale sono sottoposti, di cui si ritrovano notizie dettagliate già in testi risalenti al XIX secolo. La coltivazione è praticata in asciutto sui terreni vulcanici dell’area vesuviana, le cui caratteristiche infl uenzano le inconfondibili proprietà organolettiche del prodotto. La raccolta viene eseguita a mano tra la fi ne di giugno e la terza settimana di agosto. I grappoli di pomodori maturi, detti schiocche, sono disposti su un fi lo di fi bra vegetale legato a cerchio e formano un unico grappolo più grande, il piennolo, che viene posto in locali asciutti e ventilati per l’essiccazione. Il prodotto così lavorato si conserva fi no alla fi ne dell’inverno. La buccia si scurisce e il sapore diventa molto più intenso, facendo di questo pomodoro l’ingrediente ideale per molti piatti tipici della tradizione napoletana.
Il pomodorino di Corbara Originario dell’area dei Monti Lattari, il pomodorino di Corbara si contraddistingue per la sua forma allungata a pera e per le dimensioni ridotte, con un peso che in genere non supera i 20 g. Questi esemplari hanno una polpa consistente e saporita, connotata da un gusto agrodolce.
Indicazioni per l’utilizzo sulla pizzaPer una corretta disposizione del pomodoro sulla pizza è utile seguire alcune preziose indicazioni. I pomodori pelati dovranno essere frantumati a mano, per evitare una loro ossidazione a contatto con metalli e per preservare il loro grado di umidità. Il prodotto così ottenuto va, poi, salato prima di disporlo sulla pizza. In media si utilizzano 10 g di sale per ogni kg di pomodori pelati.
Non è ammesso l’utilizzo di cubettato o di passato di pomodoro. Quest’ultimo, oltre a nascondere eventuali difetti del pomodoro, risulta troppo denso per le alte temperature raggiunte dalla pizza in fase di cottura.
I pomodori freschi saranno disposti sulla pizza a pacchetelle, tagliati, cioè, in spicchi longitudinalmente, seguendo le costolature naturali del prodotto.
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Elemento cardine della pizza napoletana, la mozzarella è stata fi no agli anni Ottanta il termine cui ci si riferiva per distinguere le due varianti più famose: la margherita e la marinara. Le due pizze, infatti, erano di solito indicate con i nomi generici di “pizza con mozzarella” e “pizza senza mozzarella”, oppure “olio e pomodoro”.
Fino a pochi anni fa i pizzaioli attribuivano il nome “mozzarella” a un ampio ventaglio di latticini, senza fare distinzioni tra fi ordilatte, mozzarella di latte vaccino e mozzarella di latte di bufala. La maggior parte di questi prodotti, inoltre, mancava di certifi cazioni che garantissero la loro qualità.
Con la pubblicazione del primo Disciplinare internazionale della Pizza Napoletana, avvenuta nel 1996 a opera dell’Associazione Verace Pizza Napoletana e del Comune di Napoli, la necessità di far riferimento a ingredienti la cui produzione fosse tracciata portò a optare per la Mozzarella di Bufala Campana, il cui pregio veniva tutelato dal marchio D.O.P. nello stesso anno.
La scelta incontrò le resistenze di molti pizzaioli che ritenevano il fi ordilatte più idoneo all’uso sulla pizza, perché più asciutto. Ben presto tale convinzione fu superata dal gusto personale, che spingeva i pizzaioli stessi a usare la mozzarella sulle proprie pizze e di lì a poco anche i consumatori incominciarono a richiedere espressamente la Margherita con Mozzarella di Bufala.
L’attuale introduzione della protezione transitoria della denominazione “Fior di Latte Appennino Meridionale” ha assicurato un’alternativa alla Mozzarella di Bufala Campana improntata sugli stessi principi dell’ottima qualità. Le speciali prerogative dei due prodotti e l’infl uenza che ciascuno esercita sul gusto della pizza napoletana ci induce a osservarli più da vicino.
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La Mozzarella di Bufala Campana D.O.P.Prodotta con latte di bufalo italiano, razza bovina originaria dell’India Orientale, la Mozzarella di Bufala Campana vanta una storia lunghissima. Le prime testimonianze sulla sua produzione risalgono al XII secolo. Alcuni documenti attestano, infatti, che i monaci del Monastero di San Lorenzo in Capua offrivano un formaggio chiamato mozza o, se affumicato, provatura, accompagnato da un pezzo di pane ai pellegrini che ogni anno giungevano in processione alla chiesa del convento. Per lungo tempo il latticino fu prodotto in modeste quantità a causa della sua facile deperibilità, rimanendo di appannaggio esclusivo di ricchi consumatori napoletani e casertani che lo gustavano direttamente presso il luogo di produzione. Nel XVIII secolo i Borbone contribuirono a una più capillare diffusione del prodotto, allestendo nella Tenuta Reale di Carditello un grande allevamento di bufali e un caseifi cio sperimentale che agevolò la realizzazione e la commercializzazione della mozzarella.
Di colore bianco porcellanato e di consistenza leggermente elastica, la Mozzarella di Bufala Campana è soggetta a un processo di produzione regolato nei minimi particolari dal Disciplinare che ne tutela la qualità. Di cruciale importanza nella lavorazione è l’operazione della fi latura, che fa seguito al fi ltraggio del latte, alla coagulazione e alla rottura della cagliata. La fi latura è responsabile della peculiare consistenza della mozzarella ed è eseguita con l’aiuto di una ciotola e di uno speciale mestolo di legno con cui si tira la pasta fi no a farle assumere un aspetto lucido e omogeneo. La lavorazione termina con la salatura e la formatura del prodotto, chiamata “mozzatura”, termine da cui deriva il nome del latticino. La pasta è staccata manualmente dai casari con un peculiare movimento di pollice e indice che consente di ottenere la tipica forma tonda. Altre forme ammesse dal Disciplinare della Mozzarella di Bufala sono le ciliegine, i bocconcini, le trecce, le perline e i nodini.
Il Fior di Latte Appennino MeridionaleProdotto con latte di mucche di razza pregiata, il Fior di Latte Appennino Meridionale trova il suo principale centro di produzione della città di Agerola. Il prodotto si distingue per il suo sapore delicato e leggermente acidulo. Il colore è bianco latte con sfumature paglierine e la tipica forma è quella di un parallelepipedo, ma è possibile trovarlo anche in forma tondeggiante, magari con testina o nodino e in forma di treccia. Come per la Mozzarella di Bufala Campana, la fi latura costituisce un momento cruciale nella lavorazione del prodotto, determinando le sue principali caratteristiche.
Indicazioni per l’utilizzo sulla pizzaLa differenza che sussiste tra i due latticini impone alcuni accorgimenti per la loro corretta disposizione sulla pizza. Il Fior di latte, per esempio, essendo più compatto, va tagliato in listelli dello spessore di circa 2-3 mm. La Mozzarella di Bufala, invece, va disposta in fette spesse circa 5-6 mm, per evitare che possa sciogliersi completamente in fase di cottura. Entrambi i latticini andrebbero tagliati un po’ prima, per essere messi a sgocciolare, al fi ne di evitare che rilascino troppo latticello sulla pizza.
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Acqua, farina, sale, lievito e tanta passione… nient’altro serve a realizzare il perfetto impasto di una Vera Pizza Napoletana. Il Disciplinare Internazionale esclude l’aggiunta di altri ingredienti nell’impasto come l’olio, spesso presente nelle varianti della ricetta, così come il latte o lo zucchero. Sebbene estraneo alle componenti dell’impasto, l’olio è un condimento della pizza che dona un prezioso contributo al gusto e alle sue proprietà nutrizionali.
La scelta di un olio di prima qualità rappresenta un fattore decisivo. Con i suoi profumi, capaci di esaltare gli aromi della pizza senza coprirli, l’olio extravergine d’oliva s’impone tra le diverse tipologie esistenti in commercio, rinnovando una tradizione lunga secoli. Agli inizi della sua diffusione, nel corso del XVIII secolo, la pizza napoletana era realizzata con quest’olio, l’unico che esisteva a quei tempi.
Grazie alle sue proprietà, come la maggiore resistenza all’ossidazione e la buona stabilità alle alte temperature, l’olio extravergine d’oliva ha confermato il suo ruolo da protagonista nel mondo della pizza. Il Disciplinare della Verace Pizza Napoletana ne raccomanda l’utilizzo e, in risposta alle riserve di alcuni pizzaioli, che ne evitano l’uso ritenendolo troppo pesante al gusto, invita a conoscerne le caratteristiche e a non esagerare con le quantità.
Le varietà dell’olio extravergine d’oliva consentono di conferire di volta in volta una caratterizzazione unica alla pizza. Ogni pizzaiolo ha modo di scegliere quale olio abbinare alle sue creazioni, in base ai suoi gusti, agli ingredienti che compongono la pietanza e al risultato fi nale che intende conseguire.
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Che sia versato prima della cottura, come da tradizione, o aggiunto a crudo, l’olio extra vergine di oliva apporta numerosi benefi ci. Aggiunto prima della cottura l’olio si amalgama bene con il pomodoro, amplifi cando in cottura l’effetto degli antiradicali liberi, agevolando l’assorbimento delle sue proprietà nutritive e proteggendo la pizza dalle alte temperature. Utilizzato a crudo, invece, l’olio sprigiona i suoi profumi.
Indicazioni per l’utilizzo sulla pizzaÈ importante disporre l’olio sulla pizza con un movimento a spirale, realizzando la forma di un “6”, per consentire una distribuzione uniforme del prodotto, per un quantitativo pari a 7 g. Ancor oggi i pizzaioli napoletani versano l’olio con l’agliara, tradizionale oliera in rame dal becco stretto e provvista di manico, che da utile strumento di lavoro si è elevata nel tempo a emblema della tradizionale pizzeria partenopea.
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Come si cucina la pizza. Le tecniche e gli strumentiLa Vera Pizza Napoletana forma un binomio indissolubile con il forno a legna. Nel corso della storia la pietanza e il suo tipico strumento di cottura hanno camminato insieme, identifi candosi l’una nell’altro. La ragione di questa speciale unione risiede nella specifi ca modalità di preparazione della pizza che, in virtù delle sue caratteristiche, richiede una cottura dinamica. Per raggiungere un risultato ottimale non bastano alte temperature, tra i 450 e i 485 °C, e tempi rapidi di permanenza nel forno, dai 60 ai 90 secondi, è necessario disporre anche di una fonte di calore dal basso, che assicuri una doratura del disco di pasta, e di una dall’alto, per gli ingredienti posti in superfi cie. Una buona circolazione dell’aria, infi ne, consente di asciugare il prodotto dai liquidi in eccesso senza seccarlo. La delicata gestione di tutte queste variabili fa sì che la pizza non vada semplicemente cotta, bensì cucinata.
Con la sua particolare struttura, il forno a legna fornisce le tre fonti di calore di cui ha bisogno la pizza, grazie all’intervento di tre meccanismi:
conduzione: la base del forno, realizzata in cotto di Sorrento, assorbe il calore rilasciato dalla legna e lo trasmette alla pizza. La porosità del materiale utilizzato garantisce un passaggio graduale del calore dal piano di cottura al disco di pasta, che può cuocersi senza bruciarsi;
irraggiamento: il calore sprigionato dalla fi amma, rifl ettendosi sulla volta del forno, colpisce la pizza dall’alto, portando a cottura gli ingredienti in superfi cie. Un leggero schiacciamento della cupola assicura una diffusione del calore più omogenea;
convezione: l’elevato calore sviluppato dal forno crea una notevole differenza di temperatura con l’ambiente esterno. L’aria caldissima presente nella camera interna tende a uscire ma, arrivata alla bocca del forno, incontra il condotto di areazione, dove viene risucchiata. Allo stesso tempo, l’aria più fredda proveniente dall’esterno tende a entrare nel forno. Questa circolazione dell’aria crea un movimento di convezione che gli abili pizzaioli sfruttano per ottenere una buona asciugatura della pizza. In prossimità della bocca del forno si verifi ca il maggiore movimento d’aria, mentre il calore prodotto da conduzione e irraggiamento risulta più basso. Sarà proprio in questo punto che verranno posizionate le pizze che richiedono una maggiore asciugatura, come quelle con le verdure o i ripieni chiusi. La loro cottura avverrà in un tempo leggermente più lungo, sui 2-3 minuti. Tale tecnica di cottura viene comunemente defi nita “a bocca di forno”.
L’iter dei pizzaioli
La pizza è da sempre stata un’arte tramandata di generazione in generazione e, almeno in passato, custodita gelosamente dalle famiglie dei pizzaioli. Un tempo per apprendere il mestiere bisognava avere grande spirito di osservazione, perché era molto improbabile
che qualcuno rivelasse i propri segreti. L’iter per diventare pizzaiolo professionista prevedeva più fasi, la prima delle quali consisteva nel trasporto delle pizze a domicilio. Si passava, poi, alla mansione di fornaio per arrivare, forse e in età avanzata, al banco per le pizze. Quella del fornaio era erroneamente
ritenuta una mansione secondaria. Con gli anni, invece, si è acquisita piena consapevolezza del ruolo centrale di questa fi gura: una buona cottura della pizza, infatti, può anche risolvere qualche problema iniziale. Una pessima cottura, al contrario, è capace di rovinare anche il miglior impasto.
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Il forno a legna: storia e caratteristicheUn’abilità tecnica sviluppata in millenni di storia ha condotto a questo strumento prezioso così come lo conosciamo oggi. I primi esemplari di forno a legna risalgono ai tempi dell’antico Egitto. Tra i resti archeologici è ancora possibile ammirare strutture in forma conica realizzate con mattoni di argilla. I greci svilupparono il forno egiziano introducendo la cupola e lasciarono il modello in eredità ai romani. Questi ultimi, sfruttando la loro abilità nella costruzione degli archi, realizzarono una prima forma di camera d’isolamento. Da allora il forno a legna è andato incontro a poche trasformazioni. Una solida tradizione guida le operazioni necessarie alla sua costruzione.
Il primo passo per la fabbricazione del forno consiste nella realizzazione della base. Quest’ultima è costituita da quattro strati di materiali diversi, ognuno dei quali ricopre un ruolo preciso:
terreno: svolge una funzione di isolante e contribuisce ad ammortizzare il peso dell’intera struttura;
argilla: disposta in modo disomogeneo, a pallini, fa da isolante;
sabbia: livella la superfi cie dell’argilla e ne amplifi ca il potere d’isolamento;
sale grosso: grazie alla sua conducibilità, contribuisce a diffondere il calore in maniera omogenea.
In cima all’ultimo strato di sale sono posizionate quattro lastre di cotto di Sorrento, tagliate in spicchi. La forma della pietra consente una sua più agevole sostituzione e offre alla pizza una superfi cie di cottura più uniforme. La tradizione scaramantica napoletana vuole che venga posta una moneta di metallo prima dell’ultimo strato, in segno di buon auspicio e di fortuna nel lavoro.
Ultimato il piano di cottura, s’inizia a costruire la base della cupola, costituita da mattoncini di pietra refrattaria posti in verticale lungo il perimetro del forno. Il cerchio così ottenuto viene riempito di terreno, che servirà a sagomare la cupola. Lungo la sua superfi cie vengono disposti mattoni di pietra refrattaria divisi a metà. I mattoncini sono tenuti insieme da uno strato di malta, la cui fl essibilità consente alla struttura di resistere alle alte temperature. Realizzata la cupola, non resterà che svuotare il forno dal terreno.
L’ultimo passo consiste nella costruzione della bocca del forno, un’apertura in ghisa sormontata da una cupola detta camera di areazione esterna. Quest’ultima culmina nella canna fumaria, che consente la fuoriuscita dei fumi. La posizione della canna fumaria varia in base alla capacità del forno di trattenere calore.
Le misure del forno secondo tradizioneLe dimensioni del forno a legna sono legate tra loro da un rapporto di 2:1, secondo il quale ogni dimensione è doppia dell’altra. L’altezza della cupola varia in base al diametro interno del forno, con misure che vanno dai 40 ai 45 cm. Lo stesso vale per la bocca del forno, con un’altezza compresa tra i 22 e i 25 cm e una base tra i 45 e i 50 cm. Il diametro interno del forno è ancor oggi misurato in palmi napoletani, secondo la tradizione. Quest’antica unità di misura partenopea è stata adottata in via uffi ciale per tutta la durata del Regno di Napoli e fa riferimento alla distanza media tra la punta del pollice e quella del mignolo della mano aperta di un adulto. Il suo valore corrisponde a 26,45 cm. L’antico sistema di misurazione napoletano consente di distinguere le diverse versioni del forno in base alle dimensioni del loro diametro interno. I modelli possono variare da quelli con diametro a tre palmi, circa 800 mm, a quelli con diametro a cinque palmi e mezzo, 1400 mm.
I piatti dei pizzaioli
In origine i ristoranti e le pizzerie erano due attività distinte. I pizzaioli non avevano altro fuoco nei loro locali se non quello del forno a legna. Questo non frenò la loro creatività, che li portò a inventare piatti che si
prestavano molto bene alla cottura nel forno delle pizze. Tra questi c’è la celebre carne alla pizzaiola, preparata con pomodoro, origano e aglio, la pasta e patate con la provola, cotta in un tegame di coccio, e la pasta e fagioli.
Le bistecche potevano essere cotte sulla pala rovente della pizza e i maccheroni diventavano una specialità se preparati a crudo con patate, pomodori, olio e spezie varie e cotti direttamente nel forno con l’aggiunta di acqua.
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Misure della pizza
Le dimensioni della pizza si adattavano un tempo alla fame dei clienti. Chi desiderava una pizza più grande di quella standard richiedeva la classica rota e’ carretta, che raggiungeva il diametro di circa 35 cm. Per infornare quel tipo di pizza si ricorreva a una pala particolare, chiamata capotesta.
Le sue dimensioni le consentivano appena di entrare nella bocca del forno. Per riempire un capotesta si disponevano due panetti d’impasto uno sull’altro e si schiacciavano per realizzare la pizza.
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La cottura della pizzaL’immutata struttura del forno a legna ben si sposa con una tecnica di gestione della cottura che è frutto di un’antica esperienza. Seguiamo i passi che portano a una buona cottura della pizza.
Disponete la legna a piramide su un lato del forno. Tenetela sollevata, aiutandovi con un mattone o con una base in metallo chiamata alare. È importante usare legname che non dia fumo o sprigioni odori particolari, che potrebbero alterare l’aroma della pizza. Tra quelli consigliati ci sono la quercia, il frassino, l’abete, il faggio e l’ulivo.
Acceso il fuoco, occorrerà attendere che venga raggiunta la temperatura ottimale. A tal proposito, il colore delle pareti del forno vi fornirà preziose indicazioni. Subito dopo l’accensione, infatti, queste ultime diventeranno nere a causa della fuliggine che si solleva, per poi schiarirsi con l’aumento del calore, per effetto della combustione della fuliggine stessa. Quando le pareti appariranno del tutto bianche, sarà raggiunta la giusta temperatura. Un altro metodo per stabilire se siete pronti per infornare le pizze è quella di porre il dorso della mano davanti alla bocca del forno. Se avvertite immediatamente una sensazione di calore intenso, quasi insopportabile, il forno è pronto.
A questo punto potete procedere con la cottura. Un abile pizzaiolo riesce a cuocere in media tre pizze da solo, quattro se lavora in team con un fornaio. La gestione di questa fase è scandita da un preciso ordine:
- posizionate la prima pizza in prossimità della bocca del forno, sul lato opposto alla fi amma. La temperatura più bassa di questa zona agevolerà il controllo della cottura; - disponete la seconda pizza dietro la prima, sempre lontano dalla legna che arde. Ultimata l’operazione, ruotate la prima pizza di 180°, per permettere una cottura uniforme. È importante, quando si solleva la pizza per ruotarla, riposizionarla di nuovo nella stessa posizione di partenza. Il forno al suo interno presenta temperature variabili e una collocazione diversa della pizza porterebbe a una cottura disomogenea;
- infornate la terza pizza, posizionandola dietro la seconda. Subito dopo estraete la prima pizza, che intanto sarà cotta, e ruotate la seconda di 180°.
Lo stesso tipo di ordine viene seguito anche per la cottura di quattro pizze. In questo caso, però, la rotazione sarà più frequente e le pizze eseguiranno un quarto di giro a ogni passo.
In questa fase così delicata del lavoro è importante disporre di strumenti adeguati. Non potrete fare a meno di un set di pale abbastanza lunghe da permettervi di pulire il forno, infornare e gestire la pizza in tutta sicurezza.
La Pizzaria
Necessità o casualità? A Napoli fare la pizza è diventata un’arte ben diversa da quella del fornaio.
Già sul fi nire del 1700 il pizzaiuolo si distaccò dal panettiere e si ritagliò il suo laboratorio: ‘a pizzaria.
Una madia dove impastare, le cassette dove poggiare i panetti, un bancone dove tenere sotto mano gli ingredienti, schiacciare e condire la pizza, un forno dove infornare. Tutto qua, sì e no una ventina di metri quadrati per servire i clienti alla spicciolata e rifornire il garzone che con la stufa andava in giro a vendere porta a porta gridando: «Tengo ‘e pizze ohi ne’! Signò calate ‘o panaro».
In qualche pizzaria ci si poteva pure accomodare: due o tre tavolini. In qualche altra, a mo’ di locanda, c’era qualche stanzino per alloggiare e riposare. Nell’Ottocento Napoli ne era piena e a frequentarle erano soprattutto letterati, artisti e studenti: un po’ per rifocillarsi, un po’ per passare il tempo in allegria.
Sin dai primi passi, la realizzazione di una buona pizza è una magica alchimia: ingredienti semplici incontrano la passione e l’abilità manuale dei pizzaioli, trasformandosi in un impasto morbido e leggero. Una serie ben scandita di passaggi, frutto di secoli di esperienza, porta al risultato perfetto che oggi conosciamo e apprezziamo. Vediamo insieme le operazioni che ci permettono di realizzare una Vera Pizza Napoletana.
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Un gioco di equilibri, che tiene
conto di una molteplicità di
variabili, dalla temperatura
all’umidità dell’ambiente in cui
si lavora, guida il dosaggio degli
ingredienti. Di seguito troverete
le dosi cui far riferimento per
realizzare un buon impasto:
- 1 l d’acqua;
- 50-55 g di sale;
- 1-3 g di lievito;
- 1,7 - 1,8 kg di farina.
Gli attrezzi
- 1 madia (recipiente di legno
a forma di piramide tronca
rovesciata);
- 1 spatola (attrezzo metallico di
forma triangolare con manico,
usato per prelevare porzioni
d’impasto o panetti lievitati);
- 1 cassetta per alimenti dove
saranno disposti i panetti in fase
di lievitazione.
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Dopo aver lavorato per qualche secondo il composto, aggiungete il lievito, che andrete ad amalgamare con cura.
Versate l’acqua nella madia e scioglietevi il sale, avendo cura di mescolare bene con una mano.
Con la mano asciutta, unite al composto di acqua e sale circa il 10% della farina, versandola a pioggia. È importante eseguire quest’operazione prima di aggiungere il lievito. Il contatto diretto di quest’ultimo con il sale, infatti, lo disattiverebbe.
L’impasto a mano
Le dosi
L’abilità di stesura della pasta
“La pizza è come la donna: non bisogna maltrattarla”: la maestria dei pizzaioli si misura dalla loro capacità di lavorare l’impasto in tempi brevissimi, per evitare che perda la lievitazione acquisita.
Lo sa bene Antonio Pace, il presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, forte dell’esperienza che ha acquisito durante la sua carriera e quella delle generazioni che lo hanno preceduto. Suo padre era capace di stendere anche due pizze contemporaneamente.
Il suo lavoro al banco diventava un vero e proprio spettacolo, capace di intrattenere fi le di passanti che si fermavano incuriositi dal suo talento e non potevano fare a meno di provare le sue prelibatezze.
La tecnologia è andata incontro
alle esigenze dei pizzaioli con
strumenti che, realizzando
impasti ben lavorati, hanno
portato un prezioso contributo a
questa delicata e faticosa fase di
produzione.
A seconda della loro struttura
e della loro modalità di
funzionamento, possiamo
distinguere tre tipi di impastatrici:
a bracci tuffanti: questa tipologia
di macchina rappresenta la
categoria più costosa. Il suo
funzionamento riproduce il tipico
movimento delle braccia umane,
assicurando un impasto ben
ossigenato e non surriscaldato;
a forcella: dotata di una forcina
ruotante, questo strumento si
distingue per la sua robustezza,
che lo rende capace di lavorare
gli impasti più resistenti,
mantenendoli freschi;
a spirale: la più economica tra le
tre, questo tipo di impastatrice
amalgama gli ingredienti
mediante un movimento
rotatorio di un braccio a forma di
spirale. Richiede una maggiore
perizia nell’utilizzo, poiché il suo
funzionamento prolungato tende
a surriscaldare l’impasto.
Le impastatrici
Nello stesso momento in cui
sono unite acqua e farina,
si attivano due processi, la
lievitazione e la maturazione
della pasta. La loro conoscenza è
fondamentale per comprendere
il comportamento dell’impasto e
per gestire al meglio i tempi del
suo riposo.
La lievitazione è messa in atto
dagli agenti lievitanti, i quali,
nutrendosi degli zuccheri
presenti negli amidi della farina,
rilasciano l’anidride carbonica
che genera l’aumento di volume
dell’impasto.
La maturazione della pasta,
invece, è un processo innescato
da batteri presenti nel composto,
che scindono le lunghe catene
degli amidi in zuccheri semplici
attraverso un processo chiamato
idrolisi. I due processi partono
contemporaneamente, ma i
loro tempi di azione sono molto
diversi.
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Una corretta maturazione
della pasta si svolge in intervalli
molto più lunghi rispetto alla
lievitazione. Rispettare questi
tempi assicura un prodotto molto
più digeribile, in cui gran parte
degli amidi sono stati soggetti a
una semplifi cazione.
I tempi necessari perché
l’impasto possa avere una buona
lievitazione e una maturazione
adeguata sono di almeno otto
ore di riposo. L’importanza di
questi processi risulta ben chiara
quando ci capita di consumare
una pizza non maturata al punto
giusto, caso in cui avvertiamo
molta sete dopo averla mangiata.
Infatti, contrariamente a
quanto comunemente si pensa,
l’attività dei lieviti termina con
la cottura, mentre il processo
di semplifi cazione degli amidi,
se non è completo, prosegue
nel nostro organismo, grazie
alla presenza di specifi ci enzimi
che, per svolgere il loro lavoro,
richiedono l’assunzione di
ulteriore acqua.
Continuate a incorporare la restante farina a pioggia, amalgamandola all’impasto con un movimento rotatorio del pugno all’interno della madia.
Con un coltello fate un taglio nella pasta per verificare il punto di lavorazione. Osservatene i giri d’impasto e l’eventuale presenza di nodi di farina. Questi ultimi indicheranno che l’impasto dovrà essere ancora lavorato.
Ultimate la lavorazione dell’impasto e lasciatelo riposare per due ore coperto da un panno umido. Questo accorgimento vi consentirà di evitare l’indurimento della pasta per effetto dell’evaporazione dell’acqua. Abbiate cura di controllare che il panno non sia eccessivamente bagnato: l’acqua in eccesso verrebbe assorbita dall’impasto rovinandone la consistenza. Fate attenzione anche a non esporre l’impasto in zone ventilate, perché il vento lo seccherebbe.
Richiudete con le mani e continuate a lavorare finché non avrete raggiunto il punto di pasta. In quel momento l’impasto avrà un aspetto grasso e risulterà liscio e non appiccicoso al tatto.
Una volta che tutta la farina sarà assorbita, rovesciate l’impasto sul banco e continuate a lavorarlo, ripiegandolo su se stesso. Fate attenzione a non tirare troppo la pasta, altrimenti danneggerete la maglia glutinica appena formata.
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Trascorso il tempo di riposo della pasta, rimuovete il panno umido e, aiutandovi con la spatola, staccate una striscia di pasta. Partendo da un’estremità, ripiegate con le dita i bordi della pasta verso il basso.
Stringete la pallina di pasta così ottenuta tra il pollice e l’indice, esercitando una pressione che vi consentirà di mozzare la pasta, ottenendo un panetto che dovrà pesare all’incirca tra i 180 e i 250 g.
Modellate il panetto sul piano di lavoro aiutandovi con la mano. Fate in modo che il polso, il pollice e il mignolo poggino sul banco.
Questa posizione vi consentirà di rifinire la pallina direttamente sulla superficie di lavoro. Abbiate cura di non prolungare troppo i tempi di quest’operazione, altrimenti surriscalderete la pasta.
Riponete i panetti così realizzati nella mattarella, ben distanziati tra loro. Coprite con l’apposito coperchio e lasciate riposare per almeno altre sei ore.
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Nomen omen
Il nome è presagio. Così è per la pizza, secondo qualche erudito linguista.
Pizza dal greco pièzo, che vuol dire premere, schiacciare. Ma anche dal latino pinso, che signifi ca la stessa cosa e fa dire pista, cioè schiacciata. E pinza, pitta, pizza nascono tutte così: dall’impasto di acqua, sale, lievito e farina, schiacciato e cotto nel forno proprio quando si fa il pane.Fu Benedetto Di Falco, un grammatico partenopeo vissuto nel Cinquecento che, per primo, attestò l’uso che a Napoli si faceva della parola.
Nel suo Rimario del 1535 accanto a focaccia scrive: «in Napoletano è detta pizza. E al contrario accanto a pizza, vocabolo napoletano, scrive focaccia».
Fare le pizze in principio fu mestiere dei fornai. Tommaso Garzoni nella sua Piazza Universale di tutte le professioni del mondo del 1585 lo dice chiaramente: «Et al mestiere del fornaio s’appartengono il pane, le fugazze, le pizze, le torte, le ciambelle».
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Trascorso il tempo di lievitazione, estraete un panetto dalla mattarella, aiutandovi con colpi netti e decisi di spatola. Intingete con delicatezza la pasta nella farina, per evitare che possa appiccicarsi alle mani.
Fate attenzione a non usare troppa farina, che potrebbe restare legata all’impasto e, in fase di cottura, potrebbe conferire un sapore amaro alla pizza.
Unite entrambe le mani ed esercitate una pressione sul panetto con un movimento ondulatorio delle dita. Quest’operazione vi consentirà di spostare l’aria contenuta nel panetto dal centro verso l’esterno. Fate attenzione a non schiacciare i bordi del panetto, altrimenti avreste una completa fuoriuscita dell’aria, che impedirebbe il sollevamento del cornicione. Ripetete l’operazione alcune volte, avendo cura in ogni passaggio di imprimere alla pasta un quarto di giro.
Tenete la mano sinistra sotto il disco di pasta e, aiutandovi con il pollice, stendetene un lembo. Capovolgete il disco sul palmo della mano destra ben aperto.
Le graffe dei pizzaioli
L’impasto avanzato dalla lavorazione delle pizze, ormai uscito fuori lievitazione, incontrò ben presto l’inventiva gastronomica
dei pizzaioli, che lo trasformarono in un dolce delizioso nella sua semplicità: le graffe, soffici ciambelline fritte e passate nello zucchero.
Questo passaggio vi permetterà di allargare ulteriormente la pasta e di scrollare via la farina in eccesso. Ritornate alla posizione iniziale, facendo in modo che il disco di pasta effettui un quarto di giro. Ripetete l’operazione fino alla stesura completa della pasta.
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Pizza marinara
Spostate la pizza sulla pala e sistematene i bordi prima d’infornare.
Dopo aver disposto il pomodoro al centro del disco di pasta, tagliate l’aglio a fettine sottili e distribuitelo sulla superficie della pizza.
Completate con una spolverata di origano e un abbondante giro d’olio.
Pizza margheritaDisponete il pomodoro al centro del disco di pasta e, aiutandovi col dorso del cucchiaio, stendetelo con un movimento rotatorio del polso, arrivando a un centimetro dal bordo, che va lasciato libero per la formazione del cornicione.
Distribuite la mozzarella al centro della pizza.
Completate con qualche foglia di basilico e un giro d’olio.
Con un movimento deciso, trasportate la pizza sulla pala e sistematene i bordi prima d’infornare.
Lo spessore della pizza
Sfoglia morbida e sottile e cornicione alto e soffi ce: questi i tratti distintivi di una buona pizza napoletana.
Ai primi del Novecento, quando un cameriere raccomandava un particolare cliente chiedeva al pizzaiolo
di realizzare una pizza fi ne ‘e pasta, con una sfoglia stesa al limite. Si tratta di una manovra che richiede una grande attenzione, perché è facile che la pizza possa rompersi durante la stesura o in fase di cottura.
L’eventualità costituiva una vergogna per il pizzaiolo.
Un po’ per gioco, un po’ per monito, i pizzaioli della famiglia Pace avevano l’abitudine di tenere un chiodo sulla parete accanto al forno, al quale venivano appese le pizze danneggiate.
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La storia, le radici, la cultura dello spirito napoletano trova espressione nei grandi classici della pizza napoletana. Gelosamente custoditi nella memoria della città, questi esemplari racchiudono le molteplici sfaccettature del gusto napoletano. La loro costante attualità fa da motore al lavoro dei pizzaioli alimentando nuove ispirazioni e facendosi precorritrice di nuovi gusti.
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3
Formate il disco di pasta, cospargetelo con i pomodori pelati quindi distribuite uniformemente i pomodorini, la mozzarella e l’olio d’oliva.
Aggiungete le foglie di basilico, infornate per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Pomodori pelati
Foglie di basilico
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100 g
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Stendete il disco di pasta e deponete il pomodoro, unite la mozzarella e il formaggio grattugiato.
Aggiungete il basilico, l’olio extravergine d’oliva e cuocete in forno per 60/90 secondi.Impasto base
Pomodori Pelati
S. Marzano dell’Agro
Sarnese-Nocerino D.O.P.
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Parmigiano Reggiano D.O.P.
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La regina Margherita
Mozzarella, pomodoro e basilico già stavano sulla pizza da un bel po’ di tempo, quando Raffaele Esposito, il pizzaiuolo che ereditò la bottega di Pietro Colicchio, fu chiamato sopra Capodimonte per curare lo spuntino della corte.
Era l’inizio di giugno del 1889 e il Re Umberto I, insieme alla Regina Margherita, stava a Napoli.
Con la pala e il forno, Raffaele il pizzaiuolo si sbizzarrì a più non posso. Fece prima la pizza con i cecinielli e poi la Mastu Nicola, ‘nzogna, cacio grattugiato, pepe e basilico.
Quando offrì alla Regina la pizza con la mozzarella, il pomodoro e il basilico disse: «Maestà questa è per Voi e si chiama Margherita». Una battuta geniale più che cortese. E così nacque la pizza più famosa nel mondo.
3
Formate il disco di pasta e deponete il pomodoro e l’aglio tagliato a fettine sottili.
Aggiungete l’origano in modo uniforme, l’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Pomodori Pelati
S. Marzano dell’Agro
Sarnese-Nocerino D.O.P.
Spicchio d’aglio
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di take away
Oggi pratica estremamente diffusa nel campo della ristorazione, il take away trova nella pizzeria una delle sue espressioni storiche.
In origine, infatti, le pizzerie, erano concepite come laboratori e le strutture non erano attrezzate con tavoli per il consumo in loco.
Le prime forme di take away
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I clienti acquistavano i prodotti per consumarli direttamente in strada.
Spesso i laboratori di pizzerie venivano aperti in posizioni strategiche, nei pressi di qualche osteria.
In tal modo i clienti avevano l’opportunità di gustare i prodotti nei locali delle cantine, dove avevano modo di acquistare anche da bere.
Stendete il disco di pasta e su una metà distribuite la ricotta stemperata con un cucchiaio e un po’ d’acqua, se è necessario.
Aggiungete il salame privato della pelle esterna e tagliato a julienne, una spolverata di pepe, una di formaggio, un fi lo d’olio e richiudete la pizza con la metà rimasta vuota.
Sulla parte esterna deponete il pomodoro, ancora una spolverata di formaggio, il basilico e cuocete a bocca di forno per 2/3 minuti.
Impasto base
Salame Napoli
Ricotta Romana D.O.P.
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Cucchiaio di pomodori pelati
Foglie di basilico
Parmigiano Reggiano D.O.P.
e Pecorino Romano D.O.P.
Olio evo
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Calzone ripieno
La tradizione vuole che, prima della sua cottura in forno, il calzone fosse cosparso di un leggerissimo velo di sugna.
Si trattava di una vera e propria regola di lavorazione, riconosciuta sia dai pizzaioli, sia dai clienti. Chi non gradiva l’aggiunta di questo ingrediente doveva comunicarlo.
3
Stendete il disco di pasta e dividetelo in quattro parti con delle striscioline sottili ottenute dall’impasto di base.
Sul primo spicchio distribuite la mozzarella e i pomodorini, sul secondo mezzo cucchiaio di pelati, il prosciutto e il salame tagliati a listarelle e 10 g di fi or di latte.
Impasto base
Prosciutto cotto
Salame Napoli
Spicchi di carciofi ni
Funghi champignon trifolati
Olive nere di Gaeta denocciolate
Mozzarella di Bufala Campana
D.O.P.
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Cucchiaio di pomodori pelati
Foglie di basilico
Olio evo
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Quattro stagioni
La quattro stagioni è nata per appagare il gusto di quattro persone contemporaneamente.
La superfi cie della pizza era suddivisa in quattro spicchi con delle strisce
Condite il terzo spicchio con i pelati rimasti, i carciofi ni e 10 g di fi or di latte.
Sull’ultimo spicchio deponete i funghi, il fi or di latte rimanente e un fi lo d’olio.
Guarnite il centro della pizza con le olive nere e il basilico e infornate per 60/90 secondi.
di pasta disposte in maniera incrociata.
Ciascuna parte veniva poi condita con ingredienti diversi, assicurando in un unico prodotto una molteplicità di sapori.
3
Formate il disco di pasta e deponete il pomodoro al centro, disponete le alici crude a raggiera, dopo averle tagliate e spinate.
Unite l’aglio a fettine, un pizzico di origano, l’olio e il pomodorino fresco tagliato a spicchi al centro.
Cuocete in forno per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Alici spinate
Pomodori pelati
Pomodorino del Piennolo
del Vesuvio D.O.P. o
pomodoro datterino
Spicchio d’aglio
Origano q.b.
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Il pizzaiuolo di Palazzo
Pietro Colicchio ebbe la fortuna di aprire la sua pizzaria nel vicolo di Sant’Anna, all’ombra del Palazzo, il grande edifi cio che ospitava il Governo e i deputati del Parlamento borbonico, costruito sulla Piazza del Plebiscito.
Siamo intorno al 1850 e la fama di questo pizzaiuolo è già grande. Si fa la fi la per mangiare da lui e in coda ci sono dignitari di corte, funzionari di prefettura, avvocati, ma anche la gente comune.
«È na brioscia, nun jate ‘e pressa!», gridava ogni tanto affacciandosi sull’uscio per dar voce e rincuorare i clienti: «È una brioche, non andate di fretta!». E poi al suo garzone gridava: «mena ‘a pala ca ‘o furno è vullente», «dai con la pala ché il forno è ardente».
Fu chiamato ‘o Pizzaiuolo de Palazzo non soltanto per la sua vicinanza al luogo del potere, ma anche perché ogni tanto qualche pizza la faceva giungere proprio sulla tavola di Re Ferdinando che ne era ghiotto al pari dei maccheroni.
Napoli, il Chiostro di Santa Chiara
Formate il disco di pasta, distribuite uniformemente i cicinielli e aggiungete l’aglio tagliato a fettine sottili.
A questo punto unite l’olio, un po’ di pecorino grattugiato e un ciuffetto di prezzemolo.
Cuocete in forno per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Cicinielli (bianchetti)
Spicchio d’aglio
Spolverata di pecorino dolce
Prezzemolo fresco q.b.
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La pizza con i cicinielli
La margherita e la marinara sono state negli anni le pizze più consumate dai napoletani.
Esse, tuttavia, non erano le uniche versioni che venivano realizzate in città.
Sin dal passato più lontano si vantavano almeno una ventina di pizze diverse.
Molte erano impreziosite dalle primizie di stagione.
Un esempio è la celebre pizza con pecorino e cicinielli, o bianchetti, un prototipo di
successo dell’odierno abbinamento mare e monti, che godeva di un ampio seguito nei mesi di febbraio e marzo, periodo ottimale per la pesca di questi gustosi pesciolini.
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Formate il disco di pasta, aggiungete lo strutto a ciuffetti in modo uniforme, unite un pizzico di pepe e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno distribuite sulla pizza il pecorino tagliato a scaglie, le foglie di basilico fresche e servite.
Impasto base
Cucchiaio di strutto
Pecorino Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Pepe q.b.
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cornicioniIl recupero dei cornicioni
Napoli, Pulcinella nel Teatrino di Corte a Palazzo Reale
Alimento in grado di sfamare le classi più povere della popolazione, la pizza è stata tristemente testimone delle differenze sociali del Dopoguerra.
A quei tempi nei locali delle pizzerie c’era l’abitudine di disporre accanto a ogni tavolo una scatola di latta nella quale i clienti riponevano i cornicioni scartati delle pizze. Le persone più povere erano a conoscenza dell’abitudine e a fi ne serata andavano a ritirare le scatole di avanzi con i quali si alimentavano.
Formate il disco di pasta e su un solo lato distribuite la scarola leggermente salata, le olive denocciolate e i fi letti d’acciuga spezzettati.
Aggiungete una spolverata di pepe e richiudete la pizza.
Cospargete il lato superiore con un fi lo d’olio e cuocete a bocca di forno per 2/3 minuti.
Impasto base
Scarola cotta al vapore
Filetti d’acciuga
Olive nere di Gaeta
Olio evo
Sale e pepe q.b.
150 g
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Formate il disco di pasta e deponete il pomodoro al centro.
Spargete il formaggio in modo uniforme.
Aggiungete un paio di foglie di basilico, l’olio e infornate per 60/90 secondi.
Una volta cotta la pizza potete aggiungere ancora un po’ di basilico fresco e servire.
Impasto base
Pomodori pelati
Parmigiano Reggiano D.O.P.
o Grana Padano D.O.P.
Foglie di basilico
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Stendete il disco di pasta con la tecnica consueta, ma in modo che l’aria si distribuisca uniformemente, così da evitare la formazione del cornicione.
Stendete, poi, la ricotta con una spatola o con l’aiuto di un coltello dal lato senza lama.
Impasto base
Ricotta di Bufala Campana D.O.P.
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Cicoli (ciccioli)
Pepe nero q.b.
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itta Un trucco per
stendere la pizza fritta
Un’autentica pizza napoletana è frutto di una serie di tanti piccoli accorgimenti che insieme contribuiscono a realizzare un risultato impeccabile.
Alfonso Lombardi, per esempio, stendeva l’impasto per la pizza fritta nell’olio.
In questo modo il prodotto non si impregnava di farina e al momento della cottura acquisiva quel colore dorato che ne anticipava il gusto inconfondibile.
Aggiungete il fi or di latte, i cicoli tagliati a cubetti molto piccoli, una manciata di pepe e ripiegate un lato della pizza sull’altro, fi no a formare una mezza luna.
Lasciate uscire l’aria in eccesso e stendete i bordi in modo da sigillare il ripieno.
Friggete a immersione in olio molto caldo fi nché la pizza non sia cotta e servite.
3
Terra di fuoco, terra di passione. Terra dalle mille sfaccettature, patria di fede e superstizione, di lotta e di convivialità, di ritmi atavici e di danze frenetiche. Terra di creatività. Il rosso non poteva mancare sulla pizza napoletana, facendo da sfondo a speciali accostamenti. Punta di diamante della produzione agricola campana, ilpomodoro ispira un ampio e diversifi cato ventaglio di proposte. Ripieni ricchi e golosi affi ancano pizze dal gusto più delicato. Accenti piccanti danno un tocco di vivacità al tutto. Nuove idee nascono senza sosta per soddisfare ogni palato.
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Lessate il polpo, il calamaro e il gambero, poi tagliateli e metteteli in una ciotola con i pomodorini, l’aglio, l’origano, l’olio e il basilico.
Disponete il tutto sul disco di pasta, aggiungete il sauté di frutti di mare e formate delle striscioline sottili con una parte dell’impasto.
Impasto base
Piccolo polpo
Calamaro
Gambero
Sauté di frutti di mare
(cozze e vongole)
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Pizzico di origano
Prezzemolo e basilico q.b.
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Sistemate le strisce sulla pizza, così che ricordino la rete di un pescatore e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno aggiungete un po’ di prezzemolo fresco e servite.
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Formate il disco di pasta e deponete i pelati e lo spicchio d’aglio tagliato a fettine con un pizzico di pepe.
Cospargete con il pecorino grattugiato, l’olio, le foglie di basilico e infornate per 60/90 secondi.
A metà cottura aggiungete i pomodori secchi tagliati a striscioline, terminate la cottura e servite.
Impasto base
Pomodori secchi
Pomodori pelati
Spicchio d’aglio
Pecorino Romano D.O.P.
o Pecorino Sardo D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Pepe q.b.
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In una padella fate rosolare l’aglio in un cucchiaio d’olio e saltate i funghi già puliti e affettati.
Quando saranno cotti, aggiungete un pizzico di sale, teneteli da parte e intanto formate il disco di pasta e cospargetelo con il pomodoro.
Impasto base
Funghi champignon
Carciofi ni
Fette di prosciutto cotto
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Pomodori pelati
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Olio evo
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Disponete le due fette di prosciutto cotto intere, i funghi e coprite con il fi or di latte.
Aggiungete i carciofi ni sgocciolati e tagliati a metà, il parmigiano e il basilico e terminate con l’olio d’oliva.
Cuocete in forno per 60/90 secondi e servite.
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4
Vestito su misuraSpecchio delle possibilità economiche dei diversi strati sociali di Napoli, la pizza costituiva in passato un vero e proprio“vestito su misura”.
Vestito su misura
Napoli, statua di Pulcinella nelle strade del centro antico Napoli, matrimonio nei vicoli della città
Chi poteva permetterselo acquistava gli ingredienti direttamente dal salumiere, chiamato a Napoli ‘o casadduoglio, e li portava dal pizzaiolo, facendosi preparare la pizza che desiderava.
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Pulite le melanzane e tagliatele a tocchetti, soffriggetele in una padella con l’olio, i pomodorini e un pizzico di sale.
Non appena saranno cotte, mettetele da parte e preparate il primo disco di pasta.
Distribuite al centro le melanzane, il parmigiano grattugiato e la provola e formate un secondo disco di
Impasto base
Melanzane campane
(violetta lunga napoletana)
Pomodori ciliegini o Pomodorini
del Piennolo del Vesuvio D.O.P.
Provola affumicata
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Pomodori pelati
Foglie di basilico
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Olio evo
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pasta con un diametro che sia circa la metà del primo.
Adagiatelo sul ripieno e fate in modo che i bordi siano ben sigillati, poi procedete a farcire anche questo secondo disco.
Disponete i pomodori pelati in modo uniforme, unite il fi or di latte, un fi lo d’olio, il basilico e cuocete a bocca di forno per circa 2/3 minuti.
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Stendete il disco di pasta, distribuite i pomodorini tagliati e leggermente salati e unite la mozzarella.
Aggiungete il basilico, un fi lo d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
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Preparate una parmigiana di melanzane piuttosto leggera e disponetela sul disco di pasta con un cucchiaio.
Unite il fi or di latte, il parmigiano grattugiato e le foglie di basilico.
Cuocete a bocca di forno per 90 secondi e servite.
Impasto base
Parmigiana di melanzane
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
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Le dimensioni della pizza
La misura standard della pizza napoletana era un tempo di 24 cm.
Le sue dimensioni, tuttavia, potevano variare in base alle diverse aree della città, rifl ettendo i gusti e le possibilità economiche dei suoi abitanti.
Nei ristoranti dei quartieri più rinomati si serviva una pizza di dimensioni più ridotte e più ricca, mentre in periferia la pizza era un po’ più larga e più scondita.
C’era poi la pizza di bancarella, che poteva essere acquistata intera o a spicchi.
Per le signore dell’alta società che non desideravano appesantirsi troppo c’era, infi ne, la rosellina, una margherita dalle dimensioni corrispondenti a quelle di un piatto da dessert.
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Napoli, la cupola della Galleria Umberto I
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Formate il disco di pasta e deponete il pomodoro.
Aggiungete il salame tagliato a rondelle e il peperoncino tritato, quindi unite il fi or di latte, il formaggio grattugiato e le foglie di basilico.
Terminate con l’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Salame Napoli
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Pomodori pelati
Spolverata di peperoncino tritato
Foglie di basilico
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Olio evo
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Formate il disco di pasta, distribuite uniformemente i pomodorini tagliati e aggiungete un pizzico di sale.
Unite l’aglio a fettine, una spolverata di origano e l’olio.
Cuocete per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Spolverata di origano
Olio evo
Sale q.b.
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Lasciate riposare la bresaola tagliata a fette sottili in olio di girasole per un po’ di tempo e intanto preparate il disco di pasta.
Cospargete il disco con i pelati e distribuite uniformemente i pomodori ciliegini tagliati in quattro parti e conditi con un pizzico di sale.
Infornate per 60/90 secondi e dopo la cottura aggiungete le fette di bresaola, la rucola e le ciliegine di mozzarella intere.
Terminate con le scaglie di grana e servite.
Impasto base
Bresaola della Valtellina I.G.P.
Cucchiaio di pomodori pelati
Pomodori ciliegini
Ciliegine di Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Rucola
Grana Padano D.O.P.
Olio di girasole q.b.
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I costi della pizza
Il Dopoguerra era un’epoca probabilmente più felice, ma di sicuro molto più povera.
Le difficoltà economiche si riflettevano anche nel consumo della pizza da parte delle famiglie.
All’epoca la margherita costava circa 40 lire, mentre la marinara 30 lire.
L’ordine tipico delle famiglie era di due marinare per gli adulti e le margherite per i bambini.
In questo modo si tentava di fare economia, riservando, tuttavia, un pasto migliore ai ragazzi.
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Napoli, Cimitero delle Fontanelle
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Deponete al centro del disco di pasta i pomodori pelati e distribuite uniformemente la mozzarella tagliata a listelli.
Aggiungete i funghi precedentemente saltati in padella con l’aglio, un cucchiaio d’olio e un pizzico di sale.
Unite i pomodorini tagliati, una spruzzata di parmigiano grattugiato, il basilico e l’olio, quindi infornate per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Funghi chiodini o champignon
Pomodori pelati
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
80/100 g
60 g
70 g
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5 g
3/4
10 g
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con il pomodoro, poi aggiungete il sauté.
Le cozze vanno sgusciate completamente, mentre agli altri molluschi va tolto solo il guscio superiore. Impasto base
Sauté di frutti di mare (vongole,
cozze, fasolari, tartufi di mare)
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Pomodori pelati
Spicchio d’aglio
Prezzemolo q.b.
Olio evo
250 g
2/3
80 g
1
8 g
mar
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frut
ti di
mar
e
Aggiungete l’aglio affettato sottilmente, i pomodorini, l’olio e infornate per 60/90 secondi.
A cottura ultimata potete guarnire la pizza con un po’ di prezzemolo fresco.
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4
Domenico Modugno
Per alcuni un pasto completo, per altri un vero e proprio vezzo, la pizza napoletana accontenta tutti i palati e tutte le esigenze. Così è stato anche per Domenico Modugno.
Durante i suoi soggiorni a Napoli, il celebre cantante era solito iniziare le sue cene al ristorante visitando l’angolo della pizzeria. Qui richiedeva una pizza da piegare in quattro che mangiava in piedi, prima di sedersi e ordinare dal menù del ristorante.
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Napoli, veduta aerea
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e ro
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23
Formate il disco di pasta e tagliatene i bordi in modo da formare otto punte che abbiano più o meno la stessa grandezza.
Stendete su ogni punta circa 15 g di ricotta stemperata con un cucchiaio e ripiegate le punte in modo che la ricotta non fuoriesca.
Distribuite il pomodoro e la mozzarella e unite la salsiccia
Impasto base
Ricotta vaccina
Salsiccia di maiale
Pomodori pelati
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
120 g
50 g
70 g
80/90 g
1
1
2/3
6 g
carn
eval
e
precedentemente cotta alla brace e sbriciolata con le mani.
Aggiungete le foglie di basilico e, dopo aver spolverizzato con un mix di parmigiano e pecorino, fi nite con l’olio e infornate per 90 secondi.
A cottura ultimata potete aggiungere ancora un fi lo d’olio prima di servire.
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4
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Formate il disco di pasta e su un lato distribuite la ricotta stemperata con un cucchiaio, il salame Napoli tagliato a pezzetti e 30 g di mozzarella.
Richiudete questa parte su se stessa lasciando l’altro lato libero.
Sulla parte rimasta deponete il pomodoro, il resto della mozzarella e i funghi precedentemente saltati in padella con olio, aglio, peperoncino e un pizzico di sale.
Impasto base
Salame Napoli
Funghi champignon
Ricotta vaccina
Olive nere di Gaeta
Pomodori pelati
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Peperoncino
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
30 g
50 g
50 g
2
50 g
80 g
1
1
2/3
5 g
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Disponete le olive nere e il basilico in modo da formare un volto, del quale le olive saranno gli occhi!
A questo punto infornate per 90 secondi sul lato destro del forno per consentire una cottura un po’ più lenta.
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4
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Famme la pizza quanno fai lo pane! La più antica canzone
Fin quando non se ne troverà una più antica, resta questa la prima canzone scritta sulla pizza.
O bella, bella de le maioranefamme la pizza quanno fai lo pane! Non me la fare troppo tostarella,c’aggio li diente comme a becchiarella!
O bella, mia bella profumata di maggioranafammi la pizza quando fai il pane.E non me la fare troppo croccantegiacché ho i denti da vecchietta!
È una villanella a la napoletana conosciuta da sempre. Felippo Sgruttendio de Scafato, vissuto nella prima metà del 1600, la ripropone in un suo sonetto, A cecca che cantava a la marchetta, raccolto nella Tiorba a taccone. Melodia e ritmo di barcarola, la marchetta. È il canto suadente di una giovinetta, forse una vaiassa, esperta di spezie e di essenze con cui rendeva il pane odoroso. Questa canzone diventerà un’aria cantata da don Simplicio nell’opera La Gismonda, scritta da Antonio Palomba (1705 – 1764) e musicata da Gioacchino Cocchi (1715? – 1789?). Fu rappresentata a Napoli nel Teatro de’ Fiorentini nella primavera del 1750.
Napoli, vicoli del centro antico
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Formate il disco di pasta, cospargetelo con un po’ d’olio e cuocetelo in forno per circa 60 secondi.
Tagliate il pomodoro a fette piuttosto spesse e disponetele sul disco di pasta già cotto, in modo che siano una di fi anco all’altra.
Impasto base
Pomodori grandi
(da insalata)
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Basilico q.b.
Origano q.b.
Olio evo
Sale q.b.
200 g
200/220 g
10 g
capr
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Tagliate la mozzarella allo stesso modo e mettetene una fetta su ogni pomodoro.
Aggiungete una foglia di basilico su ogni piccola caprese, unite una spolverata di origano, un fi lo d’olio e servite.
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4
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Formate il disco di pasta e, sulla parte esterna, distribuite la ricotta dopo averla stemperata con un po’ d’acqua.
Ripiegate i bordi fi no a chiuderli, in modo da non farla fuoriuscire.
Impasto base
Ricotta di pecora
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Provola affumicata
Spolverata di Grana
Padano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo q.b.
100 g
50 g
50 g
1
5/6
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Cospargete il disco con i pomodorini e la provola, aggiungete il grana padano, un giro d’olio e cuocete in forno per 60/90 secondi.
A cottura ultimata distribuite il basilico fresco e servite.
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4
Il giorno di sant’Antonio
Fino al 1930 le famiglie dei pizzaioli napoletani erano circa quindici ed erano legate tra loro da tradizioni, conoscenze comuni e, molto spesso, da vincoli di parentela.
Erano molte le circostanze il cui la comunità si riuniva. Una di queste era senz’altro la festa di sant’Antuono, sant’Antonio Abate, patrono del fuoco e protettore dei fornai, celebrata il 17 gennaio.
In occasione della ricorrenza, mentre nelle case napoletane si toglievano gli alberi di Natale per accendere un grande falò, le famiglie dei pizzaioli s’incontravano alla periferia della città, ‘n campagna, per una gita fuori porta.
Ancor oggi molti pizzaioli devoti al santo ne custodiscono un’immagine accanto al forno.
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Napoli, piazza San Gaetano
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Formate il disco di pasta e disponete la passata, il fi or di latte e il pecorino.
Aprite l’uovo al centro della pizza e, dopo averlo salato leggermente, infornate per 60/90 secondi.
A fi ne cottura aggiungete il basilico e servite.
Impasto base
Uovo
Passata di pomodoro
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Pecorino Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Sale q.b.
1
50 g
50 g
30 g
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con i pomodorini leggermente salati.
Cuocete al vapore la scarola e scolatela quando è appena un po’ morbida.
Aggiungetela alla base e unite i capperi dissalati e le olive denocciolate.
Impasto base
Foglie di scarola
Filetti di acciughe di Cetara
Capperi di Salina
Olive taggiasche
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Olio evo q.b.
Sale q.b.
7/8
4
3/4
7/8
100 g
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Terminate con l’aglio tagliato a fettine sottili, un giro d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno disponete a raggiera i fi letti d’acciuga, ancora un giro d’olio e servite.
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4
La corsa dei camerieri
Negli anni Settanta le doti atletiche dei camerieri erano testate in una gara organizzata dalle pizzerie sul lungomare di Napoli in collaborazione con la birreria Peroni.
Gli intraprendenti partecipanti dovevano correre sulla spiaggia portando in un’unica mano un vassoio con sopra un bicchiere e una bottiglia della birra sponsorizzata.
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Napoli, la spiaggia e il lungomare
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Formate il disco di pasta e deponete i pomodori frantumati a mano, aggiungete il fi or di latte e, infi ne, distribuite la nduja uniformemente.
Terminate con il basilico, un fi lo d’olio e cuocete in forno per 60/90 secondi.
Impasto base
Nduja
Pomodori S. Marzano dell’Agro
Sarnese-Nocerino D.O.P.
Fior di latte di Agerola
Foglie di basilico
Olio Extravergine di Oliva Colline
Salernitane D.O.P. q.b.
25 g
60 g
80 g
6/7
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4
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con i pomodorini tagliati a metà e precedentemente salati.
Aggiungete le alici disponendole a raggiera, lo spicchio d’aglio tagliato a fettine sottili, l’olio e una spolverata d’origano.
Cuocete in forno per 60/90 secondi e, a cottura ultimata, guarnite con delle foglie di prezzemolo fresco.
Impasto base
Alici fresche spinate a libretto
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Prezzemolo q.b.
Origano q.b.
Olio evo
Sale q.b.
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4
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I francesi non trovavano il Gragnano? E allora sulla pizza bevevano il Bordeaux!
Marc Monnier (1829-1885), scrittore di lingua francese sebbene nato a Firenze, fu preso dal Meridione d’Italia e da Napoli. Sono sue le Nouvelles napolitaines del 1879. Descrisse i napoletani e il loro buon mangiare, dilungandosi su pizza e maccheroni. Sulla pizza preferiva il rosso frizzante Gragnano:
C’è anche il pizzaiolo, che prepara davanti a tutti la sua cucina appetitosa: un enorme disco di pasta molto
ricco, condito con molto olio e farcito con ingredienti che non riesco a enumerare, maggiormente perché essi variano a seconda della stagione e il capriccio del cuoco fantasioso. Sulle pizze che ho qui sotto gli occhi, c’è dell’aglio che attirerebbe tutta la Provenza, ci sono erbe, alici, prosciutto, mozzarella (un formaggio sciolto, fi lante, bianco) e spezie di cui non conosco nemmeno i nomi. Questa combinazione è un piacere, non solo per le persone del popolo. Ci sono pizzaioli borghesi nella strada di Toledo, che hanno un retro-bottega frequentato da crinoline e abiti neri. E se avete sete a Napoli, provate a bere il vino di Gragnano, che è il migliore. E se voi non lo trovate, bevete patriotticamente vino di Bordeaux.
4
Come un riverbero del sole, la luminosità del bianco diventa protagonista di questa sezione, portando con sé il gusto inconfondibile del Mediterraneo. La creatività si sposa con l’eccellenza. Pregiati prodotti caseari, frutto di un’abilità di lavorazione sviluppata nei secoli, arricchiscono inedite proposte. La generosità del mare offre preziosa materia prima al talento dei pizzaioli. Sapori freschi e genuini danno nuova linfa alla pizza partenopea.
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5
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Stendete il disco di pasta e, su un lato, distribuite la ricotta stemperata e disponete i cicoli tagliati a dadini e conditi con un po’ di sale.
Aggiungete il fi or di latte o la provola, il pomodoro, una spolverata di
Impasto base
Cicoli (ciccioli)
Ricotta Romana D.O.P.
Fior di Latte Appennino
Meridionale o provola affumicata
Cucchiaio di pomodori pelati
Parmigiano Reggiano D.O.P.
o Pecorino Romano D.O.P.
Sale q.b.
40 g
120 g
70 g
½
7 g
ripi
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fritt
o
formaggio e richiudete bene i bordi lasciando uscire l’aria in eccesso, in modo che il ripieno non fuoriesca durante la cottura.
Friggete a immersione in abbondante olio e servite la pizza quando sarà dorata, dopo aver tamponato l’eventuale olio in eccesso.
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Formate il disco di pasta e distribuite i formaggi tagliati a striscioline.
Aggiungete il gorgonzola sbriciolato, la provola tagliata a julienne e le foglie di basilico.
Terminate con un fi lo d’olio e posizionate la pizza subito dopo la bocca del forno.
Cuocete per 60/90 secondi e servite.
Impasto base
Fontina D.O.P.
Emmenthal
Scamorza o Caciocavallo
Silano D.O.P. affumicato
Gorgonzola D.O.P.
Provola affumicata
Foglie di basilico
Olio evo
30 g
30 g
30 g
10 g
60 g
2
8 g
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il profano ”“ sacro ”
Napoli, Chiesa di San Gregorio Armeno
“ profano ”
Napoli, San Gregorio Armeno, arte presepiale
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Formate il disco di pasta e distribuite uniformemente il fi or di latte, poi cuocete in forno per 60 secondi.
Fuori dal forno aggiungete la rucola e le fette di prosciutto crudo, mentre al centro disponete le ciliegine di mozzarella intere e il pomodoro per guarnire.
Terminate con le scaglie di grana e servite.
Impasto base
Prosciutto crudo
di Parma D.O.P.
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Rucola
Pomodoro ciliegino
Grana Padano D.O.P.
Ciliegine di Mozzarella
di Bufala Campana D.O.P.
80 g
80 g
30 g
1
15 g
3
crud
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ruco
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5
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Preparate un sugo fresco. In una padella cuocete i pelati con l’aglio e l’olio d’oliva, poi preparate la pasta.
Fate in modo da avere dei panetti piuttosto piccoli, poi appiattiteli leggermente e friggeteli in abbondante olio.
Quando saranno dorati, adagiateli su della carta assorbente e cospargeteli con il sugo di pomodori, la mozzarella, una spolverata di parmigiano grattugiato e le foglie di basilico.
Impasto base
Cucchiaio di pomodori pelati
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
½
30 g
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5
“’a oggi a otto171
La pizza ha ispirato uno dei primi metodi di fi delizzazione del cliente, probabilmente praticato a Napoli già dalla seconda metà dell’Ottocento.
A quei tempi gli operai partenopei sfruttavano il proprio giorno libero cercando di arrotondare i loro magri guadagni.
Molti allestivano nel proprio basso, classica abitazione napoletana che dà su strada, banchetti da lavoro e fornelli per preparare pizze fritte.
Ai clienti veniva offerta una speciale agevolazione: il pagamento non era previsto al momento
del consumo, bensì otto giorni dopo, al successivo turno libero dell’operaio.
In questo modo gli improvvisati imprenditori si assicuravano che il cliente tornasse per saldare il conto e coglievano l’occasione per sedurlo di nuovo con le proprie leccornie.
Di qui nasce l’espressione pizza ‘a oggi a otto, fraintesa da Alexandre Dumas, che ne venne a conoscenza durante uno dei suoi viaggi in Italia.
Lo scrittore ne dedusse erroneamente che la pizza napoletana potesse essere mangiata nell’arco di otto giorni.
Pizza “’a oggi a otto”
Napoli, San Gregorio Armeno, arte presepiale
Napoli, San Gregorio Armeno, arte presepiale
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In una padella cuocete i pelati con l’aglio e l’olio d’oliva, poi preparate la pasta.
Fate in modo da avere dei panetti piuttosto piccoli, poi appiattiteli leggermente e friggeteli in abbondante olio.
Impasto base
Cucchiaio di pomodori pelati
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
½
30 g
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2
5 g
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Quando saranno dorati, adagiateli su della carta assorbente e cospargeteli con il sugo di pomodori, la mozzarella, una spolverata di parmigiano grattugiato e le foglie di basilico.
A questo punto cuocete in forno per circa 30 secondi e servite.
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Formate il disco di pasta e sul bordo esterno distribuite uniformemente il prosciutto cotto tagliato a julienne e il fi or di latte.
Richiudete la pizza e al centro tagliatela a forma di croce.
Sollevate i lembi derivanti dal taglio e farcite i quattro lati della pizza corrispondenti.
Sul primo e sul secondo lato mettete la ricotta e il salame tagliato a fi ammiferi.
I due lati devono essere l’uno di fronte all’altro,
Impasto base
Prosciutto cotto
Salame Napoli
Salsicce di maiale
Friarielli (friggiarelli)
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Mozzarella di Bufala
Campana D.O.P.
Ricotta Romana D.O.P.
Cucchiaio di pomodori pelati
Olive nere di Gaeta
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
20 g
20 g
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20 g
20 g
20 g
20 g
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2/3
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quindi ricoprite la farcitura con i primi due lembi di pasta.
Arrostite le salsicce in forno e soffriggete i friarielli in una padella con un po’ d’olio e un pizzico di sale, poi tagliate a metà le salsicce, unite il tutto e distribuite sui due lati rimanenti, ricoprendo con i lembi di pasta.
Al centro disponete i pelati, la mozzarella e le olive nere denocciolate.
Aggiungete un fi lo d’olio, il basilico e cuocete a bocca di forno per 2/3 minuti.
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Formate il disco di pasta, stendete la ricotta stemperata e ricoprite con il fi or di latte.
Aggiungete le cipolle tagliate a fettine molto sottili e un pizzico di sale e pepe.
Unite un mix di parmigiano e pecorino romano, l’olio d’oliva e le foglie di basilico.
Cuocete in forno per 60/90 secondi e, una volta cotta la pizza, aggiungete ancora un fi lo d’olio.
Impasto base
Cipolla ramata campana
Ricotta vaccina
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Sale e pepe q.b.
60 g
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120 g
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3/4
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Formate il disco di pasta e tagliatene i bordi in modo da formare otto punte che abbiano più o meno la stessa grandezza.
Stendete su ogni punta circa 15 g di ricotta stemperata con un cucchiaio e ripiegate le punte in modo che la ricotta non fuoriesca.
Deponete al centro del disco di pasta il pomodoro, distribuite il fi or di latte in
Impasto base
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Funghi porcini
Ricotta vaccina
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
60 g
90 g
120 g
70/80 g
1
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2/3
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179
modo uniforme e aggiungete i funghi precedentemente saltati in padella con un cucchiaio d’olio, uno spicchio d’aglio e un pizzico di sale.
Spolverizzate con un po’ di parmigiano e pecorino, terminate con l’olio e infornate per 90 secondi.
A cottura ultimata potete aggiungere ancora un fi lo d’olio prima di servire.
5
di corte
Da piatto del popolo la pizza guadagnò ben presto le grazie della nobiltà.
Si narra che Ferdinando di Borbone, re di Napoli dal 1751 al 1825, si fosse recato personalmente dal celebre pizzaiolo napoletano Antonio Testa, detto ‘Ntuono, per assaggiare le sue prelibatezze.
Folgorato dal gusto della pizza, il sovrano cercò di diffonderla anche tra i nobili, ma incontrò le resistenze della consorte, Caterina d’Asburgo, che vietò di elevare la pizza a piatto di corte.
L’infl uenza della regina fu tuttavia arginata da suo fi glio, il successore al trono Ferdinando II.
Amante dei costumi e della cucina del popolo, il nuovo sovrano non volle rinunciare alla pizza.
Ritirandosi nella reggia di Capodimonte, il re era solito rifocillarsi con le pizze preparate a regola d’arte da Domenico Testa, fi glio di ‘Ntuono.
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La pizza diventa pietanza di corte
Napoli, Maschio Angioino
Napoli, Arco Trionfale al Maschio Angioino
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Saltate i funghi in padella con un cucchiaio d’olio, lo spicchio d’aglio e un pizzico di sale.
Stendete la pasta in modo da ottenere un ovale, cospargete con la ricotta stemperata e il fi or di latte e aggiungete la salsiccia cotta alla brace e sbriciolata.
Impasto base
Salsiccia di maiale
Funghi porcini
Ricotta vaccina
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Spicchio d’aglio
Olio evo
Sale q.b.
70 g
70 g
10 g
60/70 g
1
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olo
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Unite ancora un pizzico di sale, pochissimo olio e richiudete la pizza in modo che i due lembi esterni più grandi s’incrocino proprio come se voleste formare un cannolo.
Cuocete a bocca di forno per 90 secondi e servite.
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Pulite la zucca e tagliatela a pezzetti, cuocetela in padella con olio, aglio e un po’ di sale, fi nché non risulterà morbida, quasi cremosa.
In un’altra padella saltate i funghi puliti e tagliati a fette con uno spicchio d’aglio sbucciato e schiacciato, l’olio e un pizzico di sale.
Impasto base
Zucca
Funghi porcini
Provola affumicata
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Spicchi d’aglio
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
80 g
90 g
80/90 g
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2/3
8 g
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porc
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Formate il disco di pasta, distribuite la zucca già cotta, aggiungete la provola affumicata tagliata in piccoli rettangoli sottili.
Unite i funghi in modo uniforme e il basilico, quindi infornate per 60/90 secondi.
Prima di servire, distribuite sulla pizza del parmigiano a scaglie.
5
pizza alla napole
Sì, è proprio così, per il grande gastronomo italiano, che resta ancora il più moderno tra i divulgatori della tradizione italiana a tavola, la Pizza alla Napoletana, come per il suo antenato Bartolomeo Scappi, è la pizza doce.
Questa è la ricetta:Pasta frolla con 250 grammi di farina, 125 grammi di burro, 110 grammi di zucchero, 1 uovo intero e un tuorlo Ricotta, grammi 150Mandorle dolci con tre amare, grammi 70Zucchero, grammi 50Farina, grammi 20Uova, n. 1 e un rossoOdore di scorza di limone o di vainigliaLatte, mezzo bicchiere
Fate una crema col latte, collo zucchero, colla farina, con l’uovo intero sopraindicato e quando è cotta ed ancor bollente aggiungete il rosso e datele l’odore.Unite quindi alla crema la ricotta e le mandorle sbucciate e pestate fi ni.
Mescolate il tutto e riempite con questo composto la pasta frolla disposta a guisa di torta, e cioè fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e dorata col rosso d’uovo. S’intende già che dev’essere cotta in forno, servita fredda e spolverizzata di zucchero a velo.
A me sembra che questo riesca un dolce di gusto squisito.
Pellegrino Artusi, la Scienza in cucina e la pizza alla napoletana
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Napoli, via San Gregorio Armeno
Napoli, Campanile della Chiesa di San Gregorio Armeno
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Pulite bene le vongole eliminando ogni residuo di sabbia, poi stendete il disco di pasta e distribuite i molluschi crudi in modo uniforme.
Aggiungete l’aglio tagliato a fettine, una spolverata di origano e l’olio, quindi infornate per 60/90 secondi.
Prima di servire guarnite con del prezzemolo fresco tritato.
Impasto base
Vongole
Spicchio d’aglio
Spruzzata di origano
Prezzemolo fresco q.b.
Olio evo
200 g
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1
7 g
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llipo
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Pulite e tagliate i funghi, poi saltateli in padella con un cucchiaio d’olio e un pizzico di sale.
Formate il disco di pasta e cospargetene metà con 90/100 g di fi or di latte.
Aggiungete 90 g di funghi, quindi con la metà del disco rimasto vuoto chiudete la pizza.
Impasto base
Funghi champignon
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Sale q.b.
120 g
140/150 g
8 g
2/3
10 g
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al fo
rno
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Sullo strato esterno distribuite il parmigiano grattugiato, i funghi rimasti, 50 g di fi or di latte, il basilico e un fi lo d’olio.
Cuocete a bocca di forno per 2/3 minuti e servite.
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Pulcinella e la pizza
La maschera più famosa al mondo aveva l’ossessione della fame. A suo modo rappresentava, così, la moltitudine della povera gente che non aveva nulla da mangiare ogni giorno.
I maccheroni e la pizza apparivano nei suoi sogni e lo nutrivano fi no alla sazietà.
Celebri sono le sue battute portate in scena con le commedie dei più grandi autori di teatro popolare, fra cui Francesco Cerlone nel 1700: «Sulo pe’ suppunnà lo stommaco me mangiaje dicennove piatte de maccarune, de no rano l’uno, dudece pizze de no tornese l’una, vintisei piezze de baccalà e quattuordece cape de sausicce».
E ancora: «Jersera me mangiaje na pezzella co l’uoglio, arecheta e aglie de cinco rotola de pasta bruna, nu miezo presutto e decedotto spuonnole arrustute».
Insomma, questa di Pulcinella, dirà più tardi il grande Eduardo, è fame insaziabile: «Figlio mio, chesta nun è famma, è sfunnolo».
Napoli, Pulcinella
pizz
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anch
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Preparate il sugo di stocco.
Mettete un fi lo d’olio in una padella e fate rosolare l’aglio, con i capperi dissalati, le olive denocciolate e i pomodorini del piennolo.
Fate restringere il sugo per 15 minuti, poi aggiungete lo stocco sbriciolato, anche per ripulirlo dalle eventuali spine, e proseguite la cottura per altri 10-15 minuti.
Impasto base
Sugo di stocco (stoccafi sso)
Provola affumicata
Passato di pomodoro
Prezzemolo q.b.
Olio evo q.b.
Per il sugo di stocco:
Stocco (stoccafi sso)
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Spicchio d’aglio
Olive nere di Gaeta
Capperi sotto sale
Prezzemolo fresco q.b.
Olio evo q.b.
200 g
50 g
50 g
300 g
50 g
1
5/6
3/4
allo
sto
cco
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Quando il sugo sarà pronto, formate il disco di pasta e cospargetelo con il passato di pomodoro.
Aggiungete il sugo di stocco e la provola e cuocete in forno per 60/90 secondi.
Una volta cotta la pizza, unite l’olio, una spolverata di prezzemolo spezzettato e servite.
5
pizz
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anch
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con il fi or di latte.
Tagliate il lardo di Colonnata a pezzetti molto piccoli e distribuitelo in modo uniforme, poi unite il cipollotto affettato sottilmente e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno aggiungete poche scaglie di conciato romano, terminate con un fi lo d’olio e servite.
Impasto base
Lardo di Colonnata I.G.P.
Cipollotto ramato di Montoro
o mezza cipolla grande
Conciato romano q.b.
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Olio Extravergine di Oliva
Colline Salernitane D.O.P. q.b.
40 g
1
70 g
alle
anza
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5
pizz
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anch
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45
Preparate la genovese.
Formate uno strato di cipolle nella pentola, sopra aggiungete la carne, il prosciutto, il trito di sedano e carote, 2-3 cucchiai di pomodori pelati, sale e un giro d’olio.
Cuocete con il coperchio a fi amma non troppo alta.
Dopo due ore bagnate con il vino bianco.
Impasto base
Genovese
Provola affumicata
Foglie di radicchio
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Olio evo denocciolato q.b.
Per la genovese:
Carota
Costa di sedano
Spezzatino di maiale
Prosciutto crudo a dadini
Cipolle
Pomodori pelati
Vino bianco
200 g
50 g
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1
1
1
500 g
30 g
2 kg
40 g
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geno
vese
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Coprite di nuovo e cuocete per altre 3 ore.
Stendete il disco di pasta e cospargetelo con abbondante genovese, unite la provola e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno aggiungete il radicchio tagliato a julienne, una spolverata di parmigiano e servite.
5
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pizz
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anch
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Stufa per il trasporto a domicilio
l trasporto delle pizze a domicilio era agevolato dall’utilizzo di apposite stufe che tenevano in caldo i prodotti e conferivano loro un aroma particolare. Le pizze si mettevano
piegate l’una sull’altra dentro la stufa.
Un ingegnoso coperchio era provvisto di sfi atatoi coperti che consentivano la fuoriuscita del vapore impedendo al contempo infi ltrazioni di acqua in caso di pioggia.
pizz
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anch
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Stendete il disco di pasta e cospargetelo con la provola.
Tagliate a pezzetti il crocchè e distribuitelo uniformemente sulla base, aggiungete il salame tagliato a listarelle, il pecorino, un giro d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Dopo la cottura guarnite con le foglioline di basilico fresco e servite.
Impasto base
Crocchè di patate fritto
Salame Napoli
Provola affumicata
Pecorino Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo q.b.
1
40 g
70 g
30 g
5/6
croc
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con la ricotta e il fi or di latte, poi infornate per circa 60/90 secondi.
Fuori dal forno distribuite il capocollo tagliato a fette sottili, un giro d’olio e servite.
Impasto base
Capocollo di Martina Franca
Ricotta di Bufala
Campana D.O.P.
Fior di latte di Agerola
Olio evo q.b.
60 g
70 g
60 g
mar
tina
fran
ca
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5
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La pizza di Napoli a Roma trionfa
Matilde Serao aveva certezza che non fosse possibile mangiare fuori Napoli la pizza. Lo aveva scritto ne Il Ventre di Napoli del 1884:
Un giorno, un industriale napoletano ebbe un’idea. Sapendo che la pizza è una delle adorazioni cucinarie napoletane, sapendo che la colonia napoletana in Roma è larghissima, pensò di aprire una pizzeria in Roma. Il rame delle casseruole e dei ruoti vi luccicava, il forno vi ardeva sempre; tutte le pizze vi si trovavano: pizza al pomidoro, pizza con mozzarella e formaggio, pizza
con alici e olio, pizza con olio, origano e aglio. Sulle prime la folla vi accorse; poi andò scemando. La pizza tolta dal suo ambiente napoletano, pareva una stonatura e rappresentava una indigestione; il suo estro impallidì e tramontò in Roma; pianta esotica, morì in questa solennità romana.
Quaranta anni dopo, invece, le cose cambiarono. Radicalmente.
La pizza napoletana nella capitale del Regno trionfava. Ecco cosa scrive un giornalista nel 1935 sulla rivista del Touring Club d’Italia:
Oggi Roma, tra eleganti e popolari, ha già centinaia di pizzerie. Non c’è via popolosa che non abbia la sua, ed ogni giorno ne spunta una nuova. Da un lato, la più elegante vede le sue pizze ascendere da piazza Sant’Ignazio al Quirinale, per i pranzi di Corte: dall’altro, le umili accolgono ogni sera migliaia di clienti che trovano il modo di fare, con un paio di lire, una cenetta saporosa. La pizza ha insomma conquistato Roma tanto dal Quirinale quanto dalla Suburra; e appartiene ormai al pranzo del Re Imperatore, non meno che alla cena del povero. E si diffonde, ogni giorno più anche nelle classi intermedie.
Napoli, Castel dell’Ovo
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Formate il disco di pasta e su un lato distribuite la ricotta, i cicoli tagliati a dadini e leggermente salati, il salame a listarelle e un pizzico di pepe.
Ripiegate l’impasto, richiudendo bene i bordi in modo che il ripieno non fuoriesca durante la cottura.
Impasto base
Cicoli (ciccioli)
Salame Napoli
Ricotta di Bufala
Campana D.O.P.
Provola di Agerola
Pecorino Sardo D.O.P. q.b.
Olio evo q.b.
Sale e pepe q.b.
40 g
40 g
70 g
50 g
ripi
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bian
co
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Cospargete la parte superiore della pizza con la provola, una spruzzata di pecorino grattugiato e ancora un po’ di pepe.
Terminate con un giro d’olio e cuocete a bocca di forno per 2/3 minuti.
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pizz
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Formate il disco di pasta e disponete in modo uniforme il prosciutto cotto tagliato a fette sottili e il fi or di latte.
Cospargete con un fi lo d’olio, il parmigiano a scagliette e infornate per 60/90 secondi.Impasto base
Prosciutto cotto di coscia di
suino italiano senza additivi
Fior di latte di Agerola
Parmigiano Reggiano D.O.P.
stagionato per 24 mesi
Olio evo q.b.
70 g
70 g
10/15 g
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5
L’inventiva dei pizzaioli napoletani non ha fi ne. La ricerca di nuove proposte spinge a una costante sperimentazione, che ha luogo nel pieno rispetto delle regole della gastronomia. La fecondità della terra fa il resto, mettendo a disposizione nuovi colori e nuovi profumi per arricchire la pizza. La varietà delle verdure offre nuovi spunti creativi. Gusti decisi s’intrecciano a sapori più delicati, dando luogo a superbe interpretazioni della pizza.
pizz
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6
pizz
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6
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50217
Pulite i carciofi e tagliateli a spicchi.
Saltateli in padella con un cucchiaio d’olio, l’aglio, le olive denocciolate e i capperi precedentemente dissalati.
Impasto base
Carciofi
Olive nere di Gaeta
Capperi sottosale
Provola affumicata
Spicchio d’aglio
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
2
2/3
5
80 g
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8 g
3/4
10 g
Dopo aver steso il disco di pasta, disponete i carciofi e le olive in modo uniforme e coprite con la provola tagliata a listelli non troppo spessi.
Aggiungete il formaggio, l’olio e il basilico e infornate per 60/90 secondi.
pizz
e ve
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pepe
ronc
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Friggete molto brevemente i peperoncini in abbondante olio evo, asciugateli e disponeteli sul disco di pasta.
Aggiungete i pomodorini tagliati a metà, la provola, un fi lo d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno aggiungete il provolone tagliato a scagliette, il basilico e servite.
Impasto base
Peperoncini verdi
Provolone del Monaco D.O.P.
Pomodorini del Piennolo del
Vesuvio D.O.P. o pomodori
datterini
Provola affumicata
Foglie di basilico
Olio evo q.b.
100 g
60 g
60 g
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Lavate i friarielli e saltateli in padella con un cucchiaio d’olio, un pizzico di sale e il peperoncino.
Arrostite le salsicce in forno e spezzettatele grossolanamente con le mani, poi formate il disco di pasta e distribuite uniformemente le salsicce e i friarielli.
Aggiungete il fi or di latte, il formaggio grattugiato e un fi lo d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Friarielli (friggiarelli)
Salsiccia di maiale
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Peperoncino
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Olio evo q.b.
Sale q.b.
150 g
60 g
60 g
1
10 /15 g
6
Ne lo cunto de li cunti, pizza è anche un modo di dire
Giambattista Basile scrive Lo Cunto de li cunti intorno al 1635. Nel libro c’è la storia de Le doie pizzelle che due fanciulle donano a una maga. L’una è buona, l’altra no. E così la megera premia la fanciulla che è stata cortese con lei. Si tratta di: «due piccole schiacciatine – commenterà Benedetto Croce nelle sue note al testo nel 1925 – ma è conveniente serbare il nome napoletano, tanto più che ora si va diffondendo in altri paesi d’Italia con le pizzerie e le pizze alla napoletana».
E ci sono pure tanti modi di dire che mettono in gioco la pizza: «e fu resa pizza pe tortano e foro pagate de la stessa moneta», per dire che fu preso un abbaglio, un qui pro quo. E ancora: «aveva no fi glio lo quale era lo chiù sciaurato; si ieva a la taverna si ioquava per le varattarie, le facevano la pizza, lo mettevano miezo e…», per dire gli davano tanti schiaffoni da lasciarlo ammaccato.
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Napoli, via Parthenope
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orto
lana
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Saltate la scarola pulita e tagliata in una padella con un cucchiaio d’olio, metà delle olive senza nocciolo, i capperi dissalati e un pizzico di sale.
Cuocete i friarielli in olio e peperoncino e i carciofi tagliati a spicchi con il resto delle olive nere denocciolate.
Soffriggete brevemente i peperoni con un po’ d’olio e sale e poi preparate le melanzane.
Impasto base
Friarielli (friggiarelli)
Melanzane campane
(violetta lunga napoletana)
Carciofi
Peperoni
Funghi chiodini o
champignon trifolati
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Peperoncino
Olive nere di Gaeta
Capperi sotto sale
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio di semi q.b.
Olio evo q.b.
Sale q.b.
70 g
70 g
70 g
70 g
70 g
70 g
1
10
3/4
7 g
2/3
Dopo averle pulite e asciugate bene, tagliatele a cubetti e friggetele in abbondante olio di semi, eliminate l’olio in eccesso e intanto formate il disco di pasta.
Disponete l’uno di fi anco all’altro la scarola, i friarielli, le melanzane, i carciofi , i funghi e i peperoni.
Aggiungete il fi or di latte e cuocete in forno per 60/90 secondi.
Quando la cottura sarà ultimata, guarnite con il basilico fresco e servite.
6
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sals
icci
a e
fria
riel
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Pulite i friarielli e soffriggeteli in una padella con un po’ d’olio, l’aglio, il peperoncino e un pizzico di sale, quindi, in un’altra padella con l’olio, rosolate brevemente la salsiccia.
Stendete il disco di pasta con la tecnica consueta, ma in modo che l’aria si distribuisca uniformemente, così da evitare la formazione del cornicione.
Impasto base
Friarielli (friggiarelli)
Salsiccia di maiale (circa 40 g)
Provola affumicata
Spicchio d’aglio
Peperoncino
Olio evo q.b.
Sale q.b.
120 g
1
40 g
1
1
Disponete i friarielli in modo omogeneo, poi dividete la salsiccia a metà, tagliatela a tocchetti e aggiungetela.
Terminate con la provola e ripiegate un lato della pizza sull’altro fi no a formare una mezza luna, lasciate uscire l’aria in eccesso e stendete i bordi in modo da sigillare il ripieno.
Friggete a immersione in olio molto caldo fi nché la pizza non sia cotta e servite.
6
pizz
e ve
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orch
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Lavate, asciugate le melanzane, tagliatele a rondelle e cuocetele su una piastra ben calda, poi lasciatele riposare in un contenitore con l’olio evo, l’aglio, il peperoncino e un pizzico di sale.
Preparate il disco di pasta, cospargetelo con il parmigiano grattugiato, aggiungete
Impasto base
Melanzane grigliate sott’olio
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Provola affumicata
Ricotta di Bufala Campana D.O.P.
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Oliva nera di Gaeta
Radicchio
Foglie di basilico
Olio evo
Per le melanzane grigliate:
Melanzane campane
(violetta lunga napoletana)
Spicchio d’aglio
Peperoncino
Olio evo q.b.
Sale q.b.
50 g
70 g
80 g
70 g
1
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65 g
2
10 g
50 g
1
1
i pomodorini tagliati a fi letti, la provola e l’olio e cuocete in forno per 60/90 secondi.
A cottura ultimata, disponete le melanzane a raggiera e al centro mettete la ricotta, il basilico e l’oliva nera denocciolata.
Terminate con un fi lo d’olio e servite.
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‘a parlesiaNapoli, piazza San Domenico Maggiore
I camerieri, così come i musicisti, erano soliti ricorrere a un linguaggio segreto, la parlesia, per comunicare tra loro senza farsi capire tra i clienti.
In questo modo avevano l’opportunità di classifi care le diverse tipologie di avventori.
Con il termine scatà, per esempio, si indicava un cliente cattivo, bacherò era invece colui che non dava mance, pinguino era l’appellativo riservato ai clienti che lasciavano 50 lire di mancia, mentre calò era il titolo conquistato dai clienti più generosi.
Tu appunisci ‘a parlesia?
Napoli, l’Obelisco di piazza San Domenico Maggiore
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pizz
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Pulite e tagliate i peperoni non spellati e saltateli in padella con l’olio, le olive nere denocciolate e i capperi dissalati, poi preparate il disco di pasta e cospargetelo con il parmigiano grattugiato.
Unite i peperoni, il fi or di latte e il basilico e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Peperoni
Olive nere di Gaeta
Capperi sotto sale
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Parmigiano Reggiano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
60 /70 g
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100 g
7 g
4/5
6 g
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Formate il disco di pasta e tagliatene i bordi in modo da formare otto punte che abbiano più o meno la stessa grandezza.
Stendete su ogni punta circa 15 g di ricotta stemperata con un cucchiaio e ripiegate le punte in modo che la ricotta non fuoriesca.
Al centro del disco distribuite le zucchine tagliate a rondelle e precedentemente
Impasto base
Zucchine
Funghi porcini
Pancetta arrotolata o stesa
Ricotta vaccina
Provola affumicata
Foglie di basilico
Spicchi d’aglio
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Olio evo
Sale q.b.
60 g
70/90 g
10 g
120 g
70/90 g
2/3
2
1
1
10 g
saltate in padella con un cucchiaio d’olio, l’aglio e la pancetta tagliata a dadini.
Coprite con la provola tagliata a listelli non molto spessi e aggiungete i funghi che avrete già saltato in padella con un po’ d’olio, l’aglio e un pizzico di sale.
Spolverate con un mix di parmigiano e pecorino romano, cospargete con olio e basilico e cuocete in forno per 90 secondi.
pizz
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6
I vini abbinati alla pizza
Il primo incontro della pizza è stato col vino, non a caso in origine i laboratori di pizzerie venivano aperti accanto alle osterie. Già ai primi del Novecento c’era chi offriva in omaggio a chi acquistava un quarto di pizza un bicchiere di marsala secco o di vino bianco carta di Sicilia. Quest’ultimo era prediletto in abbinamento alla pizza, specie in inverno. D’estate, invece, si preferiva l’asprinio servito ghiacciato.
Si trattava di un vino che all’epoca era diffi cilmente commerciabile, perché raramente raggiungeva i 10 gradi. Solo successivamente si comprese che l’uva asprinia aveva bisogno di trattamenti particolari e che a certe condizioni si presta alla produzione di spumanti pregiati.
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Napoli, veduta aerea
giar
dini
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Tagliate circa 40 g di melanzane a cubetti e friggetele in olio di semi.
In una padella cuocete i peperoni puliti e tagliati a listarelle spesse circa due centimetri con un po’ d’olio evo, uno spicchio d’aglio, le olive nere denocciolate e i capperi dissalati.
In un’altra padella fate soffriggere l’aglio e il peperoncino con un cucchiaio d’olio e unite i friarielli. Preparate, poi, le zucchine alla scapece.
Tagliate le zucchine a rondelle, asciugatele un po’ e poi friggetele in abbondante olio di semi.
Quando saranno dorate scolatele e togliete l’olio in eccesso con della carta assorbente.
Impasto base
Melanzane campane
(violetta lunga napoletana)
Peperoni
Friarielli (friggiarelli)
Zucchine
Funghi champignon
Ricotta vaccina
Mozzarella di Bufala Campana
D.O.P. (un bocconcino intero)
Olive nere di Gaeta
Capperi sotto sale
Peperoncino
Spicchi d’aglio
Ciuffo di rucola
Foglie di menta
Cucchiaio di aceto
di vino biologico
Olio di semi q.b.
Olio evo
Sale q.b.
65 g
40 g
50 g
40 g
40 g
120 g
60 g
3/4
5 g
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2/3
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15 g
Mettetele in un piatto fondo, salatele e cospargetele con un po’ d’aglio tritato, le foglie di menta, un po’ d’olio e l’aceto di vino.
Lasciate riposare e arrostite in forno le restanti melanzane tagliate a rondelle, poi saltate i funghi precedentemente puliti e tagliati con un cucchiaio d’olio, uno spicchio d’aglio e un pizzico di sale.
Tenete da parte le verdure già cotte e passate a stendere l’impasto.
Formate il disco di pasta e tagliatene i bordi in modo da formare otto punte che abbiano più o meno la stessa grandezza. pi
zze
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Stendete su ogni punta circa 15 g di ricotta stemperata con un cucchiaio e ripiegate le punte in modo che la ricotta non fuoriesca.
Tagliate il centro del disco e infornate per circa 90 secondi.
A cottura ultimata, disponete al centro, dove avete creato il foro, la rucola e la mozzarella intera, poi procedete a farcire i lati della stella con le verdure.
Cominciate con le melanzane a tocchetti e di fi anco unite i peperoni, i friarielli, le zucchine e i funghi. Terminate con le melanzane arrostite e servite.
6
pizz
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Fate cuocere brevemente la scarola pulita e tagliata grossolanamente in una padella con l’aglio e un po’ d’olio.
Aggiungete le acciughe spezzettate, le olive denocciolate e i capperi precedentemente sciacquati.
Formate il disco di pasta, distribuite la scarola e coprite con la provola e l’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Mezza scarola
Olive nere di Gaeta
Provola affumicata
Acciughe
Capperi sotto sale
Peperoncino
Spicchio d’aglio
Olio evo
½
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80/90 g
2/3
5 g
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10 g
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ria volanteNapoli, panni stesi nel centro antico
Durante il secondo Dopoguerra, i vicoli di Napoli risuonavano al fi schiettìo della Pizzeria Volante.
Si trattava dell’allegra melodia intonata da un signore napoletano che aveva messo in atto una redditizia forma di vendita a domicilio, stipulando convenzioni con buona parte delle pizzerie della città.
Questo intraprendente commerciante acquistava pizze e andava in giro in bici, trasportando i prodotti in una speciale stufa che li teneva in caldo e ne conservava l’aroma.
Attirate dal richiamo del venditore e dal profumo della sua merce, le persone acquistavano direttamente dalle proprie case le irresistibili prelibatezze.
Pizzeria volante
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Napoli, vicoli del centro antico
pizz
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Dopo aver formato il disco di pasta, cospargetelo con i pomodori pelati, quindi disponete i pomodorini.
Aggiungete il fi or di latte e i fi orilli precedentemente saltati in padella con olio, aglio e un pizzico di sale.
Impasto base
Fiorilli piccoli
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Pomodori pelati
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Spicchio d’aglio
Foglie di basilico
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Olio evo
Sale q.b.
40/50
60 g
20 g
70/80 g
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2/3
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1
7 g
Spolverizzate con un po’ di parmigiano e pecorino romano, unite il basilico e l’olio e infornate per 60/90 secondi.
Terminata la cottura, aggiungete ancora un fi lo d’olio e servite.
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pizz
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Pulite i carciofi e tagliateli a spicchi, soffriggeteli in padella con l’olio, lo spicchio d’aglio sbucciato e un pizzico di sale.
Aggiungete un po’ d’acqua, abbassate la fi amma e lasciateli cuocere fi nché non diventano morbidi, a questo punto frullateli fi no a ottenere una crema omogenea.
Formate il disco di pasta, cospargetelo con la crema di carciofi , distribuite
Impasto base
Crema di carciofi
Fior di Latte Appennino
Meridionale
Olive nere di Gaeta
Spolverata di Parmigiano
Reggiano D.O.P.
Spolverata di Pecorino
Romano D.O.P.
Foglie di basilico
Olio evo
Per la crema di carciofi :
Carciofi
Spicchio d’aglio
Cucchiaio di olio evo
Acqua q.b.
Sale q.b.
80 g
80 g
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8 g
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uniformemente il fi or di latte e aggiungete le olive nere denocciolate.
Mischiate pecorino e parmigiano e spolverizzate il tutto.
Unite il basilico e l’olio con movimento a spirale, partendo dal centro verso l’esterno.
Infornate per 60/90 secondi e, prima di servire, aggiungete un altro cucchiaio d’olio, come già descritto in precedenza.
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Gara delle pizze
Pietanza gustosa e prelibata, la pizza diventava in alcuni casi un metro di paragone per saggiare l’appetito dei clienti più voraci.
C’erano un tempo alcuni pizzaioli che lanciavano vere e proprie sfi de ai clienti:
chi riusciva a mangiare fi no a dieci pizze non avrebbe pagato il conto.
Pare che nessuno sia riuscito nell’impresa, anche perché, man mano che si susseguivano, le pizze diventavano sempre più grandi e condite.
Napoli, Palazzo Reale
fi gon
e
62
Preparate il pesto alla genovese e aggiungete un po’ di rucola.
Formate il disco di pasta e cospargetelo con il pesto.
Aggiungete la provola, i pomodorini tagliati a fi letti e infornate per 60/90 secondi.
Fuori dal forno disponete le fette di prosciutto arrotolate al centro della pizza, il parmigiano e il basilico.
Impasto base
Pesto genovese
Fette di Prosciutto crudo
di Parma D.O.P.
Pomodorini del Piennolo
del Vesuvio D.O.P.
Provola affumicata
Parmigiano Reggiano D.O.P. q.b.
Foglie di basilico
Ciuffetto di rucola
20 g
3
50 g
60/70 g
2/3
1
pizz
e ve
rdi
253
6
fi ori
di z
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Formate il disco di pasta e cospargetelo con la ricotta e una spolverata di pepe.
Disponete uniformemente la provola e sei fi ori di zucca crudi a raggiera.
Tagliate a listarelle sottili l’ultimo fi ore e mettetelo al centro della pizza, salate leggermente e infornate per 60/90 secondi.
Impasto base
Fiori di zucca
Ricotta
Provola di Agerola
Sale q.b.
Pepe q.b.
7
100 g
50/60
pizz
e ve
rdi
255
6
257
Prima degli anni Sessanta la pizza era poco diffusa nel resto d’Italia e nei pochi casi in cui era possibile trovare una pizzeria, vi si serviva un prodotto inventato, per nulla fedele alla tradizione partenopea.
A partire da quegli anni, però, la pizza cominciò a diffondersi in tutto il territorio, incontrando un successo che ancora adesso continua a crescere.
Nel 1984 lungo tutto lo stivale si contavano 2.500 pizzerie, di cui circa 400 erano collocate a Napoli.
Oggi ce ne sono 33.000 e molte di esse vantano un prodotto che risponde in pieno ai canoni della pizza napoletana.
conquista l’ItaliaLa pizza conquista l’Italia
Napoli, vico Panettieri
Napoli, Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco (conosciuta come Chiesa delle Capuzzelle)
pizz
e ve
rdi
259
6
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64
Formate il disco di pasta e disponete uniformemente le foglie di scarola crude.
Unite le acciughe spezzettate, le olive denocciolate e la provola.
Terminate con i fi ori di zucca disposti a raggiera, un giro d’olio e infornate per 60/90 secondi.
Impasto baseFoglie di scarola ricciaFiori di zuccaAcciughe salateOlive nere di GaetaProvola affumicataOlio evo q.b.
5/666
1050 g
pizz
e ve
rdi
261
6
carc
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e pa
ncet
ta
65
Formate il disco di pasta e distribuite il fi or di latte in modo uniforme.
Unite i cubetti di pancetta, i carciofi , un fi lo d’olio e cuocete in forno per 60/90 secondi.
Impasto basePancetta fi orentina a cubettiCuori di carciofo pugliesi sott’olio tagliati a spicchi Fior di latte di Agerola Olio evo q.b.
40 g2
80 g
263
Totò
Artista eclettico e personaggio d’indubbio carisma, Antonio de Curtis, in arte Totò, era un grande estimatore della pizza napoletana. Assiduo frequentatore della pizzeria della famiglia Pace, situata nei pressi del cinema Partenope, il Principe della risata non rinunciava alle sue specialità neanche in periodi di magra.
In quelle occasioni era solito inviare una maschera a ritirare la pizza che la famiglia gli offriva in omaggio. Negli anni successivi, quando ormai il suo successo si era consolidato, l’attore era solito ricordare con un misto di gratitudine e di nostalgia le manifestazioni di stima che trasparivano dai doni golosi.
Napoli, arte presepiale
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raci
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L’Associazione è lieta di ringraziare tutti gli amici che hanno reso possibile la realizzazione di questo libro. In rigoroso ordine alfabetico:
Giulio Abussi, Luigi Addio, Stefano Auricchio, Attilio Bachetti, Anna Baldini, Maria Cacialli, Veronica Di Grazia, Gaetano Di Lorenzo, Massimo Di Porzio, Edizioni Malvarosa, Tommaso Esposito, Giovanni Improta, Gianluca Liccardo, Carlo Alberto Lombardi, Enrico Lombardi, Gennaro Luciano, Vincenzo Mariniello, Felice Messina, Antonio Pace, Carlo Petrini, Ciro Salvo, Salvatore Santucci, Lello e Paolo Surace, Rita Squeglia, Guglielmo e Valerio Vuolo.
Inoltre vogliamo ringraziare tutte le pizzerie e i pizzaioli che, in Italia e nel mondo, hanno valorizzato in questi anni di attività la “Vera Pizza Napoletana”. In particolare per l’impegno avuto si ringraziano Peppe Miele della delegazione degli Stati Uniti, Akio Nishikawa e Yoichi Watanabe della delegazione Giapponese, i rappresentanti Johnny Di Francesco per l’Australia, Andrè Guidon per il Brasile, Carmine D’Elia per la Germania, Doowon Chung per la Corea, i Fiduciari nazionali ed internazionali, i membri del Direttivo e della Giunta esecutiva e tutti coloro che hanno dato forza a questo movimento e che non sono più tra noi.
Direzione EditorialeRossella Guarracino
Foto Vittorio Sciosia
Progettazione Grafi ca Raffaele Costigliola
RedazioneAnna Baldini
Stampa e RilegaturaPrinter Trento SRL- Trento
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ISBN 978 88 97564 11 9
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