Download pdf - Procedura penale 1 e 2

Transcript

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi

COMPENDIO DI PROCEDURA PENALE

PRIMA EDIZIONE 2009A CURA DI

M@RcOnI1

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi

Indice Sommario Capitolo Primo

I Soggetti ...............pag. Atti

3

Capitolo Secondo Capitolo Terzo

pag. 41 ....pag. 70

Le Prove

Capitolo Quarto Capitolo Quinto Capitolo Sesto

Misure Cautelari ..pag. 92 Indagini Preliminari e Udienza Preliminare ..pag. 115

Procedimenti Speciali...pag. 143 Giudizio.pag. 166

Capitolo Settimo Capitolo Ottavo Capitolo Nono

Procedimento in Composizione Monocratica.pag. 183

Impugnazioni.pag. 190 Esecuzione...pag. 233

Capitolo Decimo

SCHEMI DI RIEPILOGO..pag. 250

2

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNiCAPITOLO I

I SOGGETTI1. Premessa. E opportuno distinguere, anche in considerazione della differente ampiezza dei poteri che in molti casi si ricollega a questa distinzione, tra soggetto e parte. Dovendosi riservare quest'ultima qualifica a chi vanta il diritto ad una decisione giurisdizionale in rapporto ad una pretesa fatta valere nel processo, ne consegue che la qualifica di parte non spetta alla totalit dei soggetti elencati nel libro I del codice. Dev'essere anzitutto escluso il giudice, visto che il suo ruolo istituzionale esige, come fondamentale requisito, quello dell'imparzialit. Neppure la polizia giudiziaria, la persona offesa e il difensore assumono la qualifica di parte, che, invece, compete ai rimanenti soggetti elencati nel libro I. 2. La giurisdizione penale. In piena sintonia con il disposto dell'art. 102 comma 1 Cost., che attribuisce la funzione giurisdizionale a magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario, l'art. 1 riserva l'esercizio della giurisdizione penale ai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario. Ci significa che soltanto il giudice, e non qualsiasi magistrato (quindi, non il pubblico ministero), pu essere titolare di funzioni giurisdizionali penali. La qualit di giudice il risultato di un atto di investitura di potere regolato dalla legge, e precisamente come stabilisce l'art. 1 dalle leggi di ordinamento giudiziario. Non pu sfuggire lo stretto raccordo intercorrente tra la normativa ordinamentale e quella codicistica, se vero che il valido esercizio della funzione giurisdizionale risulta fortemente condizionato dalla ritualit dell'investitura. Stabilisce, infatti, l'art. 178 che sempre prescritta a pena di nullit [assoluta] l'osservanza delle disposizioni concernenti: a) le condizioni di capacit del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario. Lart. 33, prevedere che le condizioni di capacit del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi giudicanti sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. Tuttavia la portata di questo enunciato normativo viene ad essere incisivamente circoscritta dai due commi successivi, che individuano una serie di ipotesi dichiarate processualmente irrileti Non vengono considerate attinenti alla capacit del giudice le disposizioni sulla su: destinazione agli uffici, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici. Anche per quanto concerne le disposizioni relative alla formazione dei collegi pu essere ribadito il rilievo di una non puntuale pertinenza rispetto al requisito della capacit del giudice. Escluso che rientrino in tale categoria le disposizioni inerenti al numero dei giudici necessari per costituire il collegio, la cui violazione inequivocabilmente sanzionata con una nullit assoluta (art. 179 comma 1) sembra doversi ritenete che la locuzione in esame riguardi: a) le disposizioni che regolano la composizione dell'organo giudicante nel caso di assegnazione di un numero di giudici; b) le disposizioni relative alle supplenze e alle applicazioni. Per quanto attiene infine alle disposizioni sulla destinazione del giudice all'ufficio si pensi ad un trasferimento o all'assegnazione di nuove funzioni giudicanti esse sono sicuramente riconducibili al concetto di capacit. L'unico attributo rilevante ai fini di un'eventuale incapacit del giudice sembra essere quello della qualifica richiesta per l'esercizio delle funzioni giudiziarie che chiamato a svolgere. 3. Profili ordinamentali. I precetti costituzionali dedicati sia alla magistratura nel suo complesso sono (artt. 104, 105, 106 comma 1, 107, 108 e 109 Cost.). Di primaria importanza risulta la distinzione tra giudici straordinari (istituiti successivamente al fatto da giudicare), giudici speciali (figure estranee alla legge di ordinamento giudiziario) e giudici ordinari, contrapponibili ai giudici speciali in quanto traggono la loro legittimazione dall'ordinamento giudiziario. La Costituzione vieta di istituire giudici straordinari o speciali, mentre ammette l'istituzione di giudici specializzati tipico esempio: il tribunale per i minorenni in ragione dello specifico oggetto della loro giurisdizione (art. 102 comma 2 Cost.). Restano esclusi dal divieto, conformemente a quanto desumibile dagli artt. 103 comma 3 e 134 Cost., solo due giudici speciali: i tribunali militari (e gli altri organi giudicanti della giustizia militare) in relazione ai reati militari commessi da appartenenti alle forze armate; la Corte costituzionale, nella particolare composizione risultante dall'art. 135 3

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi comma 7 Cost., con riferimento alle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. La categoria dei giudici ordinari, ricomprende i seguenti organi giudicanti: a) giudice di pace: giudice onorario e monocratico, che si contrappone, per un verso, al giudice professionale e, per l'altro verso, al giudice collegiale, il quale risulta composto da una pluralit di magistrati. b) giudice per le indagini preliminari: monocratico. c) giudice dell'udienza preliminare: monocratico. Lart. 6 d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, stabilisce che il giudice dell'udienza preliminare debba essere diverso da quello che, nel medesimo procedimento, ha svolto le funzioni di giudice per le indagini preliminari. I commi 2-bis e 2-ter dell'art. 7-bis ord. giud.: la loro introduzione, risalente all'art. 57 comma 11. 16 dicembre 1999, n. 479, va ricollegata, da un lato, all'esigenza di assicurare un'elevata qualificazione professionale dei giudici de quibus (il comma 2-bis, integrato dall'art. 24 1. 1 marzo 2001, n. 63, esige che essi abbiano precedentemente svolto per almeno due anni la funzione di giudice del dibattimento o quella di giudice dell'udienza preliminare) C), dall'altro, all'intento di creare le migliori premesse per la terziet di questi giudici. A tal fine stata fissata la regola della temporaneit delle funzioni (il comma 2-ter esclude che le medesime possano essere esercitate per pi di dieci anni consecutivi). d) tribunale ordinario: a seconda della gravit del reato o delle caratteristiche dello stesso come emerger meglio in seguito quando si esaminer il suo doppio ordine di attribuzioni (infra, 7) tale organo giudica in composizione monocratica oppure in composizione collegiale, decidendo, in quest'ultimo caso, con il numero invariabile di tre componenti. L'art. 7-bis comma 2 quarter. ord. giud. (introdotto dall'art. 57 comma 101. 16 dicembre 1999, n. 479) stabilisce che il tribunale in composizione monocratica sia costituito da un magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di tre anni. Vi possibilit di una deroga per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio (art. 7-bis comma 2-quinquies ord. giud.). e) corte d'assise: giudice collegiale composto da otto magistrati, di cui due togati (magistrati professionali, stabilmente appartenenti all'ordine giudiziario come magistrati di carriera) e sei laici (magistrati onorari, che solo temporaneamente fanno parte dell'ordine giudiziario e sono scelti fra i cittadini in possesso di determinati requisiti), la cui partecipazione all'amministrazione della giustizia va ricollegata al disposto dell'art. 106 comma 2 Cost. f) corte d'appello: giudice collegiale composto da tre magistrati. g) corte d'assise d'appello: giudice collegiale, la cui composizione mista (ai due magistrati togati si vanno ad aggiungere sei giudici onorari o popolari) ricalca quella della corte d'assise. h) magistrato di sorveglianza: monocratico. i) il tribunale di sorveglianza: giudice collegiale composto da quattro magistrati, di cui due togati e due laici. Al vertice di questo organigramma si colloca la corte di cassazione. La corte di cassazione divisa in sette sezioni, ciascuna delle quali giudica con cinque componenti, che diventano nove quando tale organo chiamato a pronunciarsi nella composizione a sezioni unite. Anche i giudici minorili (in relazione ai quali v. diffusamente infra, cap. XII) sono regolati dalla legge di ordinamento giudiziario (artt. 49 ss.): rispetto ad essi, come si anticipato, quindi corretta la definizione di giudici ordinari specializzati. 4. Le questioni pregiudiziali. La giurisdizione penale una giurisdizione autosufficiente, nel senso che ha cognizione autonoma su tutte le questioni strumentali alla pronuncia finale. Lart. 2 stabilisce il dovere del giudice penale di risolvere ogni questione che si ponga come antecedente logicogiuridico della decisione di cui investito. Quella con cui viene risolta non a caso il legislatore non parla di decisione la questione logicamente prioritaria una semplice pronuncia incidentale che pu avere natura civile, amministrativa o penale, e che ha rilevanza solo all'interno del procedimento in cui inserita (cognitio incidenter tantum), senza alcuna efficacia vincolante in nessun altro processo (art. 2 comma 20). Le deroghe alla regola della cognizione incidentale stabilita dall'art. 2 vanno fatte risalire a talune disposizioni del codice che opportuno suddividere in due categorie. 4

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Da un lato, si collocano quelle disposizioni che, in caso di controversia sulla propriet delle cose sequestrate (artt. 263 comma 3 e 324 comma 8) o confiscate (art. 676 comma 2), si limitano a devolvere la relativa risoluzione al giudice civile. Quanto appena osservato vale in particolar modo per le questioni pregiudiziali relative allo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3). In presenza di una controversia rientrante in una ditali categorie, il giudice penale pu sospendere il processo si presuppone, quindi, superato lo stadio procedimentale, in seguito all'avvenuta formulazione dell'imputazione allorch ricorrano le tre seguenti condizioni: a) deve effettivamente sussistere un rapporto di pregiudizialit tra la risoluzione della controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza e la decisione della regiudicanda penale. Ci non implica necessariamente un condizionamento sulla decisione circa l'esistenza del reato, essendo da riconnettere l'effetto devolutivo anche a quelle controversie la cui risoluzione influisce sull'esistenza di una condizione di punibilit odi una circostanza aggravante; b) necessario che la questione pregiudiziale sia seria, vale a dire non mani-lestamente infondata o artificiosa; c) dev'essere gi stata proposta l'azione a norma delle leggi civili. Sar il giudice a stabilire, di volta in volta, se, nonostante la ricorrenza dei presupposti stabiliti dall'art. 3 comma 1, non sia preferibile risolvere autonomamente la questione pregiudiziale. Nel caso di sospensione (e di conseguente devoluzione della controversia al giudice naturale) prevista la pronuncia di un'ordinanza, che pu essere impugnata senza che si produca l'effetto sospensivo di cui all'art. 588 in Cassazione (art. 3 comma 2): nel silenzio della legge si deve ritenere ehe, in conformit con quanto stabilito nel secondo periodo dell'art. 568 comma 3, siano legittimate al ricorso tutte le parti in quel momento presenti nel processo. Finch dura la sospensione, ammesso soltanto il compimento degli atti urgenti (art. 3 comma 3) In tema di status, alla sentenza irrevocabile intervenuta in sede extrapenale viene riconosciuta efficacia di giudicato (art. 3 comma 4). A questo proposito vale anzi la pena di aggiungere che il giudicato civile o amministrativo ha un'identica efficacia vincolante sia se si formato anteriormente all'inizio del processo penale, sia se, risolta incidenter tantum la questione pregiudiziale nell'ambito del processo penale, sopraggiunto mentre il medesimo ancora in corso. Per quanto concerne, infine, l'ulteriore eventualit della decisione extrapenale divenuta irrevocabile dopo la definitiva conclusione del processo penale, soccorre la previsione di cui all'art. 630 lett. c ove la sentenza di condanna dipenda da un accertamento incidentale sconfessato dal giudice civile o amministrativo, potr essere percorsa la strada della revisione (infra, cap. IX, 47). La seconda ipotesi di sospensione del processo penale a causa di una questione pregiudiziale quella prevista dall'art. 479. Qui la controversia da risolvere in via prioritaria non verte su uno status ma su una qualsiasi altra questione di competenza del giudice civile o amministrativo. La sospensione ex art. 479 pu essere disposta solo nel corso del dibattimento. L'impronta restrittiva si pu cogliere anche nella determinazione dei requisiti inerenti alla questione pregiudiziale: a) la risoluzione della controversia deve condizionare la decisione sull'esistenza del reato; b) lattributo della seriet non sufficiente, dal momento che la controversia deve risultare di particolare complessit; c) dev'essere gi in corso il relative procedimento presso il giudice civile o amministrativo. Ulteriore condizione stabilita dall'art. 193 che la legge civile o amministrativa non ponga limitazioni alla prova della situazione soggettiva. Limitazioni che il giudice penale non incontra, con migliori prospettive per la pienezza del suo accertamento, se risolve la controversia in via incidentale. Le divergenze rispetto alla normativa dettata per le questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia e di cittadinanza risultano nuovamente marcate. Si consente al giudice di revocare, anche di ufficio, l'ordinanza di sospensione qualora il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso nel termine di un anno. Dall'altro, non avendo il legislatore ribadito la prescrizione contenuta nel comma dell'art. 3, risulta precluso il riconoscimento di un'efficacia vincolante della sentenza extrapenale. Quest'ultima viene a far parte del materiale probatorio destinato a costituire la base per la formazione del convincimento del giudice, il quale, in ipotesi, la pu anche disattendere, Con l'unico limite di dover esporre in motivazione le ragioni della divergenza. 5. La competenza: per materia, per territorio e per connessione. Il capo II del titolo relativo al giudice dedicato al tema della competenza: vale a dire all'insieme di regole giuridiche che consentono di attuare una distribuzione, in senso orizzontale e verticale, delle regiudicande penali, 5

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi in modo che risulti predeterminato il giudice legittimato a conoscere di ogni 1)1 alimento, come impone il 1 comma dell'art. 25 Cost. Prima di esaminare la normativa sulla competenza, va detto che alle due tradizionali figure (competenza per materia e per territorio) il codice ne ha aggiunta una terza (competenza per connessione). A proposito della competenza per materia, anzitutto opportuno precisare che il codice, uniformandosi alle indicazioni contenute nella legge delega (art. 2 n. 12), ha tracciato la suddivisione tenendo conto sia del tipo di reato (criterio qualitativo, orientabile su vari parametri quali, ad esempio, la natura o, talora, addirittura la frequenza statistica dell'illecito o la maggiore professionalit del giudice), sia del livello della pena edittale (criterio quantitativo), per il cui calcolo lo stesso legislatore delegante ha fornito taluni criteri puntualmente recepiti dall'art. 4. Quest'articolo dispone che bisogna tenere conto della pena o, meglio, del massimo della pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato, per cui, nella seconda ipotesi, la pena edittale deve essere diminuita di un terzo (art. 56 comma 2 c.p.). Viene contestualmente esclusa l'incidenza della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, salvo che si tratti delle aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa (come quando, per esempio, si passa dalla reclusione all'ergastolo) o di quelle ad effetto special. Pi specificamente risultano affidati alla corte d'assise (art. 5): a) i delitti puniti con l'ergastolo o con la reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, fatta eccezione per i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, non-ch per i delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione (sempre che non ne sia conseguita la morte della persona offesa, nel qual caso si rientra nell'ipotesi sub c) , e per quelli previsti dal d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in materia di sostanze stupefacenti; b) i delitti consumati - esclusi, dunque, quelli rimasti allo stadio del tentativo- di omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.); c) ogni delitto doloso, qualora dal fatto sia derivata la morte di una o pi persone, escluse le ipotesi di morte come conseguenza non voluta di altro reato (art. 586 c.p.), di morte avvenuta in seguito a rissa (art. 588 c.p.) e di morte derivante da omissione di soccorso (art. 593 c.p.); d) i delitti di riorganizzazione del partito fascista, i delitti di genocidio e i delitti contro la personalit dello Stato puniti con pena edittale non inferiore nel massimo a dieci anni. Quanto al tribunale, la sua competenza si ricava per sottrazione, come risulta dall'art. 6 che, dopo l'aggiornamento operato dall'art. 47 d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274, lo investe dei reali non appartenenti alla competenza della corte di assise o del giudice di pace. Per quanto riguarda la competenza per territorio, la regola fondamentale quella del luogo in cui il reato stato consumato (art. 8 comma 1). Ad essa il legislatore fa seguire: a) altre regole di carattere generale che derogano al criterio del locus commissi delictii in ragione della particolare configurazione della fattispecie delittuosa; b)talune regole suppletive, che consentono l'individuazione del giudice territorialmente competente quando non possibile applicare le regole generali. Le ipotesi che giustificano una deviazione dalla regola base sono quelle del fatto che abbia cagionato la morte di una o pi persone, del reato permanente e del delitto tentato (art. 8 commi 2, 3 e 4). Nel primo caso, parso preferibile radicare la competenza nel luogo in cui avvenuta l'azione o l'omissione: in tale luogo, infatti, si creato l'allarme sociale ed pi agevole la ricerca delle prove. Nelle altre due ipotesi si optato, rispettivamente, per il criterio del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto derivata la morte di una o pi persone (essendo ne della permanenza), e per il criterio del luogo in cui stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto. Quanto alle regole suppletive, occorre rispettare la gerarchia interna risultante dall'art. 9. Con la conseguenza che prioritario il criterio del luogo o dell'ultimo, se i luoghi sono pi di uno in cui avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione; seguono, in successione, il criterio della residenza, della dimora, del domicilio dell'imputato; ed, infine, quello del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'art.. 335 (art. 9 comma 3). La normativa esaminata si applica anche quando il reato stato commesso in parte all'estero (art. 10 comma 3), mentre in caso di reato commesso interamente all'estero risultano indispensabili taluni adeguamenti. La competenza viene pertanto ad essere consecutivamente determinata dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato, con prevalenza se pi sono gli imputati - del giudice competente per il maggior numero di essi (art. 10 comma 1). Vale anche qui, come ultima regola, quella che privilegia il giudice del luogo in cui avvenuta la prima iscrizione nel registro contemplato dall'art. 335 (art. 10 comma 2). 6

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Numerose deroghe alla regola del locus commissi delicti traggono la loro legittimazione dall'art. 210 disp. att., il quale stabilisce che continuano ad osservarsi le disposizioni di leggi o decreti disciplinanti la competenza per territorio sulla base di criteri non coincidenti con quello fissato dall'art. 8 comma 1. Altre deroghe sono, inoltre, riconducibili a leggi successive alla pubblicazione del codice. Tra le varie ipotesi si possono menzionare: i reati commessi dal presidente del Consiglio dei ministri o dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni, rispetto ai quali competente il tribunale ubicato nel capoluogo del distretto di corte d'appello (art. 11 1. cost. 16 gennaio 1989, n. 1); la diffamazione commessa attraverso trasmissioni radiofoniche o televisive, che implica la competenza del giudice del luogo in cui ha la residenza la persona offesa (art. 30 comma 51. 6 agosto 1990, n. 223). In due situazioni, lo stesso codice che crea regole ad hoc. Una prima deroga quella risultante dall'art. 328 commi 1-bis e 1-ter, che riguardano, rispettivamente, i procedimenti relativi ai delitti elencati nell'art. 51 comma 3-bis e a quelli, caratterizzati da finalit di terrorismo, di cui all'art. 51 comma 3-quater. In tal caso le funzioni di giudice per le indagini preliminari nonch quelle di giudice dell'udienza preliminare come precisato dall'art. 4-bis d.l. 7 aprile 2000, n. 82 (convertito con 1. 5 giugno 2000, n. 144) sono esercitate da un magistrato appartenente al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice. Del tutto particolare poi la seconda situazione, che riposa su un duplice presupposto (art. 11): a) l'esistenza di un procedimento penale in cui un magistrato (giudice o pubblico ministero, anche se, come precisato il cui incarico sia caratterizzato dalla stabilit) assuma la qualit di imputato ovvero quella di persona offesa o danneggiata dal reato; b) la competenza, in relazione al fatto per il quale si procede, di un ufficio giudiziario ricompreso nel distretto di corte di appello in cui lo stesso magistrato esercita le proprie funzioni, ovvero le esercitava al momento del fatto. La competenza per i procedimenti previsti dall'art. 11 spetta ora al giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge, sulla scorta di una tabella allegata alle disposizioni di attuazione incentrata sul criterio della circolarit La connessione criterio autonomo di attribuzione di competenza. Una scelta che comporta l'automatico confluire davanti ad un unito giudice di procedimenti, riservati in base alle regole sulla competenza per materia e per territorio, a giudici diversi. Attualmente, dopo i vari interventi a cui si accennato, l'art. 12 dispone che si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede stato commesso da pi persone in concorso o trattandosi di reato colposo in cooperazione tra loro, ovvero se pi persone, con condotte indipendenti, hanno determinato l'evento; b) se una persona imputata di pi reati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale) ovvero con pi azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (reato continuato); c) se dei reati per cui si procede taluni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri. Anche i criteri dettati per la determinazione del giudice competente nel caso di procedimenti connessi riflettono l'esigenza di non concedere spazio a scelte discrezionali. prioritario il criterio del giudice superiore, dal quale discende che i procedimenti di competenza del tribunale risulta-no automaticamente attribuiti alla corte d'assise (art. 15); quando invece ci si muove esclusivamente sul versante della competenza territoriale coinvolgendo i procedimenti connessi pi giudici ugualmente competenti per materia prevale il giudice competente per il reato pi grave (alla stregua dei parametri forniti dall'art. 16 comma 3) o, in caso di pari gravit, quello_ competente per il primo reato (art. 16 comma 1). Nel caso di concorso di persone o di condotte indipendenti, le azioni o le omissioni sono state commesse in luoghi diversi e dal fatto derivata la morte di una persona: in deroga al criterio generale stabilito dall'art. 8 comma 2, si attribuisce la competenza al giudice del luogo in cui si verificato l'evento (art. 16 comma 2). Criteri particolari sono, inoltre, dettati per la connessione di procedi-menti di competenza di giudici ordinari e speciali. Nell'ipotesi di competenza concorrente tra Corte costituzionale e giudice ordinario, prevale la prima (art. 13 comma 1), mentre nel rapporto tra giudice militare e giudice ordinario vale la regola opposta, fermo restando, tuttavia, che la connessione opera solo quando il reato comune pi grave di quello militare (art 13 comma 2). Per i procedimenti relativi ad imputati che, al momento del fatto, erano minorenni, e procedimenti relativi ad imputati maggiorenni, la connessione non opera.

7

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi 6. La competenza funzionale. La competenza funzionale ha a riguardo varie figure di giudici che si differenziano non gi in base a coordinate esterne (tipo di reato, collocazione spaziale), ma in ragione della funzione che gli stessi svolgono nellambito di un medesimo procedimento. Partendo dalla suddivisione per gradi, possibile distinguere tra giudice di pace, tribunale ordinario e corte d'assise (giudici di primo grado), tribunale (in composizione monocratica), corte d'appello e corte d'assise d'appello (giudici di secondo grado) corte di cassazione, cui demandato il controllo di legittimit sulle decisioni assunte nei gradi precedenti. Progredendo nella suddivisione, viene in rilievo l'articolazione in fasi, a cominciare dalla fase anteriore al giudizio, nella quale si collocano l'attivit del giudice per le indagini preliminari e, successivamente, quella del giudice dell'udienza preliminare. Seguono la fase del giudizio, con riferimento alla quale sono funzionalmente competenti il tribunale, la corte d'assise, la corte d'appello, la corte d'assise d'appello, la corte di cassazione, e, quindi, la fase dell'esecuzione. Rispetto ad essa vanno distinte le funzioni del giudice di esecuzione da quelle della magistratura di sorveglianza, al cui interno emerge l'ulteriore ripartizione tra le funzioni del magistrato di sorveglianza (giudice di primo grado) e quelle del tribunale di sorveglianza. Per quanto concerne, infine, la competenza funzionale che si incentra sulla specifiche attribuzioni di un determinato giudice, non si pu andare al di l di un'esemplificazione. Ci si limita, pertanto, a ricordare le funzioni espressamente riservate al presidente del collegio giudicante (artt. 465, 467 e 468), quelle espletate dal tribunale in composizione collegiale (artt. 309 comma 7 e 310 comma 2) quale giudice del riesame o dell'appello. 7. Le attribuzioni del tribunale. L'appurato che in relazione ad un certo reato deve giudicare il tribunale, s'impone un ulteriore passaggio logico che permetta di stabilire se sia richiesta la composizione monocratica ovvero quella collegiale. In questo caso il criterio di ripartizione non pi basato sul concetto di competenza, che regola la distribuzione fra i diversi uffici giudicanti, ma su una sua sottocategoria che il legislatore ha indicato con il termine attribuzione. L'attribuzione al tribunale in composizione monocratica dei delitti puniti con pena uguale od inferiore nel massimo a venti anni. Nelle sezioni distaccate sono trattati unicamente gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica (per una possibile deroga, v. per il disposto dell'art. 48-quinquies ord. giud.). Lo stesso art. 48-quater comma l ord. giud. chiarisce, inoltre, che giudica in composizione monocratica il tribunale della sezione distaccata, anzich quello ubicato nella sede principale, quando il luogo in base al quale si determina la competenza per territorio ai sensi degli artt. 8 e 9 rientra nella circoscrizione della sezione. La riformulazione degli artt. 33-bis e 33-ter stata determinata dal proposito di ridimensionare le attribuzioni originariamente previste per il giudice monocratico, come si ricava senza possibilit di equivoci dalla correzione apportata al criterio quantitativo, che attualmente consente di devolvere al tribunale "collegiale" i delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a dieci anni, anche nell'ipotesi del tentative. Il limite dei dieci anni va calcolato applicando le regole dettate dall'art. 4 (art. 33-bis comma 2). Il criterio quantitativo va tuttavia coordinato con quello qualitativo, che implica deroghe di non trascurabile portata: per un verso, risultano sottratti al tribunale "collegiale" taluni delitti puniti con la reclusione superiore talora, anche ampiamente a dieci anni, e, per un altro verso, gli vengono attribuiti reati che, in base al suddetto criterio quantitativo, dovrebbero essere giudicati dal tribunale in composizione monocratica. Per quanto concerne la prima della due deroghe vengono in rilievo i delitti previsti dall'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in materia di sostanze stupefacenti, fermo restando che su di essi giudica comunque il tribunale in composizione collegiale quando siano contestate le aggravanti di cui all'art. 80 del medesimo testo unico (art. 33-ter comma 1). Relativamente alla seconda situazione, riguardante i reati puniti con la reclusione non superiore a dieci anni, bisogna far capo all'elenco risultante dal 1 comma dell'art. 33- bis. Quanto alle attribuzioni del tribunale in composizione monocratica, vile la regola della complementariet. Oltre che sui delitti previsti dall'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (purch non aggravati ai sensi del successivo art. 80), il tribunale "monocratico" giudica, pertanto, sui reati non attribuiti al tribunale "collegiale" dall'art. 33-bis o da altre disposizioni di legge (art. 33-ter). 8

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Precisata la sfera cognitiva delle due diverse composizioni del tribunale, resta da stabilire l'incidenza di un eventuale vincolo connettivo. Quando il vincolo riconducibile a taluna delle ipotesi previste dall'art. 12 (retro, 5) intercorre tra procedimenti dei quali alcuni appartengono alla cognizione del tribunale "collegiale" e altri a quella del tribunale "monocratico", si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti al giudice collegiale, cui sono attribuiti tutti i procedimenti connessi. Non pu essere considerato casuale che il legislatore abbia sancito l'applicabilit delle disposizioni relative al procedimento da-vanti al giudice collegiale: se ne deve dedurre che l'incidenza della connessione non circoscritta alla fase dibattimentale, ma opera anche in rapporto alle indagini preliminari. 8. La disciplina della riunione e della separazione dei processi. La riunione e la separazione sono istituti che operano a partire dal momento in cui, in seguito all'esercizio dell'azione penale, il procedimento si evoluto in processo. La riunione dei processi produce come risultato la trattazione congiunta di processi in precedenza pendenti davanti a diversi giudici, sezioni (o anche composizioni, nel caso del tribunale) dello stesso ufficio giudiziario, Dall'art. 17 comma 1 si ricava che per la riunione dei processi devono sussistere i seguenti presupposti: 1) la pendenza davanti al medesimo ufficio giudiziario dei processi da riunire; 2) uno sviluppo omogeneo di questi ultimi, che devono trovarsi nello stesso stato e grado; 3) una prognosi negativa circa un possibile ritardo nella definizione delle singole vicende processuali; 4) la sussistenza di uno dei casi tassativamente indicati dalla legge. Relativamente alla trattazione separate dei singoli processi di ostacolo alla riunione la prospettiva di un (semplice) ritardo nella loro definizione. La riunione pu essere disposta quando i processi pendenti siano connessi ai sensi dell'art. 12 (art. 17 comma 1 lett. a), nonch in seguito quando siano relativi ai reati dei quali taluni siano stati commessi in occasione di altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunit, o che sono stati commessi da pi persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla provo di un altro reato o di un'altra circostanza. Qualora venga esclusa la sussistenza di un pregiudizio, in termini di ritardo nella definizione, per i processi pendenti, la riunione costituisca un atto dovuto. Negli stessi casi e alle stesse condizioni risultanti dall'art. 17 comma 1 si procede alla riunione configurata dal comma successivo, in cui si stabilisce che se alcuni dei processi pendono davanti alle due diverse composizioni di un medesimo tribunale, viene disposto l'accorpamento in capo al tribunale in composizione collegiale, il quale si pronuncer su tutte le regiudicande anche nell'eventualit in cui esse siano oggetto di un successivo provvedimento di separazione (art. 17 comma 1-bis). La separazione disciplinata dall'art. 18, che, nel 1 comma. Si tratta di ipotesi accomunate dal fatto che per taluni imputati o talune imputazioni si versa in una situazione di attesa, mentre per altri imputati o per altre imputazioni possibile l'immediata trattazione. E stata introdotta un'ulteriore ipotesi di separazione, da disporre quando il processo abbia come protagonisti uno o pi imputati chiamati a rispondere di reati di elevata gravit quelli previsti dall'art. 407 comma 2 lett. a sempre che tali imputati siano prossimi ad essere rimessi in libert per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare (infra, cap. IV, 19), data la mancanza di altri titoli di detenzione. Alla base della separazione vi sono dunque esigenze di celerit che, tuttavia, soccombono di fronte alle esigenze di accertamento. La separazione infatti esclusa qualora il giudice ritenga che la riunione sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti (art. 18 comma 1). Al di fuori delle ipotesi di cui si parlato, la separazione dei processi pu essere altres disposta sulla base di un accordo tra le parti, sempre che il giudice la reputi utile sotto il profilo della speditezza (art. 18 comma 2). Per i provvedimenti in tema di riunione e di separazione dei processi prescritta la forma dell'ordinanza, che pu essere emessa anche d'ufficio, sentite le parti (art. 19). 9. I procedimenti di verifica della giurisdizione e della competenza. In questa direzione gli artt. 20 e 21 indicano i momenti in cui pu esse-re sollevata la relativa questione. Quanto al difetto di giurisdizione si prevede che lo stesso possa essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (art. 20 comma 1): quindi, a cominciare dalla fase delle indagini preliminari. 9

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Se il difetto di giurisdizione rilevato nel corso delle indagini preliminari, il giudice provvede con ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo, il giudice pronuncia, invece sentenza e ordina, eccettuata l'ipotesi di un difetto assoluto di giurisdizione, che gli atti vengano trasmessi all'autorit competente (art. 20 comma 2). L'incompetenza per materia, pu essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo (non prima, quindi, che sia stata esercitata l'azione penale). L'incompetenza per territorio e per connessione, invece, deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa man-chi, ovvero se l'eccezione venga respinta in sede di udienza preliminare, entro, il termine previsto dall'art. 491 comma 1 per la trattazione delle questioni preliminari (art. 21 commi 2 e 3). Si accennato a due situazioni che comportano una deroga all'ordinario regime dell'incompetenza per materia: la prima ricorre quando il giudice conosce di un reato che appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore. L'incompetenza deve essere rilevata d'ufficio o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'art. 491 comma 1 (art. 23 comma 2). La seconda deroga concerne l'ipotesi dell'incompetenza per materia derivante da connessione, che, in base all'art. 21 comma 3, deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini stabiliti per l'incompetenza per territorio. Pi precisamente: al nel corso delle indagini preliminari, il giudice che riconosca la propria incompetenza pronuncia ordinanza (con effetti circoscritti al provvedimento richiesto) e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero (art. 22 commi 1 e 2); b) dopo la chiusura delle indagini preliminari e in sede di dibattimento di primo grado, il giudice dichiara con sentenza la propria incompetenza e ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente; c) in grado di appello si pronuncia la sentenza di annullamento si ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado (art. 24 comma 1). Nel giudizio davanti alla corte di cassazione, quest'ultima tenuta a dichiarare, anche d'ufficio, l'incompetenza per materia derivante dall'avere il tribunale giudicato un reato di competenza della corte d'assise; pu essere eventualmente dichiarata anche l'incompetenza per territorio o per connessione, purch la relativa eccezione, tempestivamente proposta in primo grado e riproposta nei motivi di appello, sia stata ulteriormente riproposta nei motivi del ricorso per cassazione. Da notare che la decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza vincolante nel corso del processo: pu essere superata nella sola ipotesi in cui risultino nuovi fatti. Il mancato rispetto delle norme sulla competenza non determina l'inefficacia delle prove acquisite, con la sola parziale eccezione delle dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia che, se ripetibili, possono essere utilizzate soltanto in sede di udienza preliminare e per le contestazioni regolate dagli artt. 500 e 503. La seconda prevede che le misure cautelari (personali e reali), disposte da un giudice dichiaratosi incompetente contestualmente o successivamente alla loro pronuncia, cessino di avere efficacia qualora entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti al giudice competente non siano confermate da quest'ultimo ai sensi degli artt. 292, 317 e 321. Gli artt. 28-32, che si occupano dei conflitti tra giudici. Il conflitto una situazione che si determina quando, in qualsiasi stato e grado del processo, due o pi giudici contemporaneamente prendono (conflitto positivo) o rifiutano di prendere (conflitto negativo) cognizione del medesimo fatto quale che sia la sua qualificazione giuridica attribuito alla stessa persona. Ad originare il procedimento di conflitto una denuncia di parte, privata o pubblica, o una rilevazione d'ufficio del giudice. L'elevazione del conflitto non ha effetti sospensivi sul processo in corso. Lo sviluppo del procedimento incidentale scandito dagli artt. 30, 31 e 32, i quali, oltre ad indicare l'organo cui spettala risoluzione del conflitto - la corte di cassazione -- delineano un meccanismo di comunicazione, notificazione e trasmissione di copie di atti tale da garantire la partecipazione al procedi-mento di tutti i soggetti interessati ai processi coinvolti nel conflitto. La corte di cassazione decide con sentenza in camera di consiglio, secondo a procedura stabilita dall'art. 127 (art. 32 comma 1). Il conflitto cessa anzitutto per effetto dell'iniziativa di uno dei giudici che dichiari, anche di ufficio, la propria competenza, m caso di conflitto negativo, o la propria incompetenza, in caso di conflitto positivo (art. 29). Se ci non si verifica, bisogna attendere la sentenza della corte di cassazione , che produce gli effetti previsti dall'art. 25: vincolante, tranne che nell'ipotesi delle modificazioni ivi contemplate, derivanti da fatti nuovi. Quanto agli atti compiuti dal giudice risultato incompetente, bisogna rifarsi al disposto degli artt. 26 e 27, con un unico 10

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi adeguamento: relativamente ai provvedimenti cautelari, il termine diventi giorni di cui all'art. 27 decorre, in questo caso, dalla comunicazione della sentenza della corte al giudice che ha disposto la misura cautelare. 10. Il controllo sul corretto riparto di attribuzioni fra tribunale "monocratico" e tribunale "collegiale". L'inosservanza delle disposizioni concernenti l'attribuzione di un reato ad una determinata composizione del tribunale e delle disposizioni processuali collegate alla suddetta attribuzione, deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare ovvero, nei processi in cui si prescinde da tale udienza, entro il termine previsto per la trattazione delle questioni preliminari dall'art. 491 comma 1. In sede di udienza preliminare, il giudice dell'udienza preliminare dispone con ordinanza che gli atti vengano trasmessi al pubblico ministero, affinch il medesimo provveda ad emettere il decreto di citazione a giudizio contemplato dall'art. 552 (art. 33-sexies comma 1). Qualora, invece, l'inosservanza delle regole sull'attribuzione del reato venga rilevata nel corso del dibattimento di primo grado, il giudice procede diversamente a seconda che il dibattimento sia stato instaurato in seguito ad udienza preliminare oppure a decreto di citazione diretta a giudizio. Nel primo caso, tanto se emerge che il reato rientra fra le attribuzioni del giudice collegiale, anzich fra quelle del giudice monocratico, quanto nell'ipotesi opposta, sufficiente trasmettere gli atti, con ordinanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato (circa l'eventualit di un conflitto analogo, retro, 9). Nel secondo, essendo stato l'imputato indebitamente privato dell'udienza preliminare, l'error in procedendo pu essere invece corretto solo mediante una regressione del processo. La questione relativa alla violazione delle regole sulle attribuzioni pu essere affrontata anche nel giudizio di appello e in quello di cassazione. Dall'art. 33-octies si desume che: a) quanto al giudice di appello, qualora lo stesso ritenga che dovesse giudicare il tribunale in composizione collegiale, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado; b) quanto alla corte di cassazione opportuno distinguere tra attribuzione viziata per difetto o per eccesso: nel primo caso, la corte procede come il giudice di appello sentenza di annullamento e trasmissione degli atti al pubblico ministero; nel secondo vale la stessa regola, purch il ricorso riguardi una sentenza inappellabile o si tratti di un ricorso ai sensi dell'art. 569 comma 1. Al di fuori di queste ipotesi, l'errore di attribuzione risulta irrilevante. L'art. 26, l'art. 33-nonies stabilisce che in tal caso sono pienamente utilizzabili le prove acquisite. Il medesimo articolo, caratterizzandosi sotto questo profilo rispetto all'art. 26, precisa altres che non neppure inficiata la validit degli atti compiuti. Oltre alle disposizioni relative al riparto di attribuzioni fra le due composizioni del tribunale, pu essere violata la normativa di ordinamento giudiziario (artt. 48-quater ord. giud.) che consente di ripartire tra sede principale e sezioni distaccate o tra diverse sezioni distaccate i procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione monocratica (retro, 7). Tale violazione pu essere rilevata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (art. 163-bis comma 1 disp. att.). Il giudice che la ritenga sussistente, o che ritenga anche solo non manifestamente infondata la relativa questione, rimette gli atti al presidente del tribunale, affinch quest'ultimo si pronunci in proposito con un decreto non motivato e non soggetto ad impugnazione (art. 163-bis comma 2 disp. att.). 11. Le cause personali di estromissione del giudice: incompatibilit, astensione e ricusazione. Nel capo VII del libro I sono regolate le ipotesi in cui il giudice ha l'obbligo di non esercitare la sua funzione giurisdizionale (astensione) e le parti hanno diritto di chiederne l'estromissione (ricusazione). Per quanto riguarda, in particolare, le cause d'incompatibilit, esse sono previste autonomamente negli artt. 34 e 35, nonch negli artt. 18 e 19 ord. giud.; ma, nonostante la configurazione autonoma, risultano ricomprese, in forza di esplicito richiamo, nella stessa disciplina delle ipotesi di astensione e di ricusazione (art. 36 comma 1 lett. g). Per la giurisprudenza l'esistenza di una situazione di incompatibilit costituisce esclusivamente un motivo di ricusazione, che la parte interessata deve far valere tempestivamente (art. 38) qualora il giudice sospetto non abbia ottemperato all'obbligo di astenersi. Come si anticipato, le cause d'incompatibilit sono stabilite, in parte, dalle leggi di ordinamento giudiziario (in particolare, dagli artt. 18 e 19 ord. giud.) e, in parte, dal codice di rito (artt. 34 e 35). Le prime attengono 11

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi esclusivamente alla costituzione dell'organo giudicante e prefigurano alcune condizioni dirette ad assicurare che la persona chiamata ad esercitare la funzione giurisdizionale non solo sia, ma anche appaia imparziale. Bisogna preliminarmente distinguere tra l'incompatibilit per ragioni di parentela, affinit o coniugio, regolata dall'art. 35 (nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo grado) e l'incompatibilit determinata da atti compiuti nel procedimento. Quest'ultima species di incompatibilit disciplinata dall'art. 34, il quale, dopo l'ampliamento operato dall'art. 171 del decreto attuativo della legge delega in tema di giudice unico (d. lgs. n. 51 del 1998), contempla quattro diversi gruppi di situazioni: a) il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non pu esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, n partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento; non pu partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna, n quello che ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedure. Chi aveva funzioni di giudice per le indagini preliminari non pu in quello stesso procedimento emettere il decreto penale di condanna, n partecipare al giudizio; inoltre, incompatibile alla funzione di giudice dell'udienza preliminare (art. 34comma 2-bis). Questa disposizione, introdotta dall'art. 171 d. lgs. n. 51 del 1998, stata successivamente precisata, nella sua portata, dal comma 2-ter (aggiunto dall'art. 11 1. 16 dicembre 1999, n. 479), il quale, in deroga alla previsione del comma precedente, esclude la ricorrenza di una situazione di incompatibilit allorch il giudice per le indagini preliminari si sia limitato ad adottare, nell'ambito del medesimo procedimento, taluno dei seguenti provvedimenti, ritenuti inidonei a de-terminare una situazione di pregiudizio: a) il provvedimento con cui si autorizza il trasferimento in un luogo esterno di cura dell'indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere e quello con cui si autorizza il medesimo ad essere visitato da un sanitario di fiducia (art. 11 commi 2 e 11 ord. penit.); b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, concernenti l'indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere (art. 18 comma 8 ord. penit.); c) il provvedimento con cui si accoglie o si rigetta la richiesta di un permesso di uscita dal carcere in presenza dell'imminente peri-colo di vita di un familiare o del_ convivente della persona sottoposta ad indagini, ovvero in presenza di altri eventi di particolare gravit inerenti alla sua famiglia (art. 30 commi 1 e 2 ord. penit.); d) il provvedimento con cui una parte o un difensore vengono restituiti in un termine stabilito a pena di decadenza (art. 175); e) il provvedimento con cui viene dichiarata la latitanza dell'indagato (art. 296). Per completare l'elenco, bisogna aggiungere che l'art. 2-quater d.l. 7 aprile 2000, n. 82 (convertito con 1. 5 giugno 2000, n. 144) ha inserito nell'articolo in esame il comma 2-quater, il quale prende in considerazione l'ipotesi in cui il giudice abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto , titolo dedicato, per l'appunto, all'incidente probatorio - escludendo che ci basti a configurare a suo carico una situazione di incompatibilit. Dato atto del carattere tutto sommato marginale delle ipotesi derogatorie, bisogna riconoscere che il disposto di cui all'art 34 comma 2-bis risulta innovativo sotto due diversi profili: da un lato, sancendo un'incondizionata incompatibilit al giudizio, assorbe (e supera) sia quella parte dell'art. 34 comma 2 in cui si fa riferimento al giudice che ha disposto il giudizio immediato o ha emesso il decreto penale di condanna, sia quell'ampio ventaglio delle succitate sentenze della Corte costituzionale che hanno ricollegato l'incompatibilit algiudizio del giudice per le indagini preliminari a specifiche situazioni "pregiudicanti"; dall'altro, escludendo che il giudice per le indagini preliminari possa tenere l'udienza preliminare, capovolge, come emerge inequivocabilmente dalla riformulazione del secondo periodo dell'art. 7-ter comma 1 ord. giud. (art. 6 lett. a d. lgs. n. 51 del 1998), l'originaria impostazione. e) non pu, infine, esercitare l'ufficio di giudice in un determinato procedimento chi, in quello stesso procedimento, ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria ovvero un altro ruolo (difensore o procuratore speciale di una parte, testimone, perito, consulente tecnico) idoneo a comprometterne l'imparzialit. Per quanto concerne le cause di astensione e di ricusazione, esse sono disciplinate unitariamente nella disposizione relativa all'astensione (art. 36). Non si pu parlare, per, di una totale coincidenza: non costituisce, infatti, motivo di ricusazione l'ipotesi non richiamata dall'art. 37 in cui sussistono non meglio specificate gravi ragioni di convenienza (art. 36 lett. h); e, viceversa, non costituisce motivo di 12

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi astensione (a meno di non far ricorso alla generica previsione di cui al citato art. 36 lett. h) la manifestazione indebita da parte del giudice, nell'esercizio delle sue funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, del proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione, essendo tale ipotesi contemplata soltanto nella disposizione relativa alla ricusazione (art. 37) ("). Per il resto tutti i motivi sono comuni. Va comunque precisato che, per intuitive ragioni di opportunit, stata fissata la regola secondo cui, concorrendo la dichiarazione di astensione con quella di ricusazione, quest'ultima si considera come non proposta, ove l'astensione venga accolta (art. 39). Il catalogo risultante dagli artt 36 e 37 tassativo, ed i casi considerati riguardano in linea generale i rapporti del giudice con le parti ovvero con la situazione dedotta in giudizio. Oltre che nell'ipotesi precedentemente richiamata (art. 36 lett. h), ha pertanto l'obbligo di astenersi (e pu essere ricusato dalle parti) il giudice che abbia interesse nel procedimento; che sia tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero che sia prossimo congiunto e lo stesso dicasi per il suo coniuge del difensore, procuratore o curatore di una delle parti; che abbia dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie; che sia egli stesso o un suo prossimo congiunto in rapporto di grave inimicizia con una delle parti private (art. 36 lett. a, b, c, d). E ulteriormente previsto l'obbligo di astensione (e, parallelamente, la ricusabilit del giudice) quando alcuno dei prossimi congiunti del giudice o del coniuge offeso, danneggiato dal reato o parte privata; quando un prossimo congiunto, suo o del coniuge, svolge o ha svolto nello stesso procedimento funzioni di pubblico ministero; ed, infine, quando, il giudice si trova in taluna delle situazioni di incompatibilit stabilite dagli artt. 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario (art. 36 lett. e, f, g). Dal punto di vista del procedimento, la divaricazione tra astensione e ricusazione marcata: mentre per l'astensione prevista la procedura semplificata di cui all'art. 36 comma 3 (la dichiarazione di astensione presentata al presidente della corte o del tribunale che decide con decreto senza formalit di procedura), per la ricusazione si in presenza di un impianto normativo che persegue. un triplice obiettivo: 1) accentuare il carattere giurisdizionale della procedura incidentale; 2) escludere un'automatica sospensione dell'attivit processuale in seguito alla semplice presentazione della domanda di ricusazione; 3) assicurare criteri oggettivi per l'individuazione del giudice che sostituisce quello ricusato. Il procedimento di ricusazione inizia con la presentazione della dichiarazione nella cancelleria del giudice competente e con il deposito di un; copia di questa nella cancelleria del giudice ricusato. Dalla presentazione della dichiarazione scatta il divieto per il giudice ricusato di pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza d'inammissibilit o di rigetto della dichiarazione stessa (art. 37 comma 2). Dal canto suo, l'art. 38 fissa i termini entro cui va presentata la domanda di ricusazione e le modalit con le quali essa va proposta: si tratta di termini e di modalit sanciti a pena d'inammissibilit (art. 41). L'art. 40 indica gli organi competenti a decidere sull'istanza di ricusazione (per la riscusazione di un giudice del tribunale , della corte di assise o della corte di assise di appello ; per la ricusazione di un giudice della corte di appello o della corte di cassazione, una sezione diversa della stessa corte a cui appartiene il giudice ricusato), precludendo opportunamente nel 3 comma la ricusazione dei giudici appartenenti a tali organi. Nell'intento di scoraggiare un uso dilatorio dell'istituto, il legislatore ha potenziato la funzione di filtro della dichiarazione d'inammissibilit: il tribunale, o la corte, competente a decidere sulla ricusazione pronuncia, infatti, ordinanza d'inammissibilit, oltre che per mancanza di legittimazione soggettiva e per inosservanza di forme e termini, anche per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Si tratta di una scelta non indolore sul piano delle garanzie, dato che la decisione consegue ad una procedura de plano senza avvisi alle parti e nell'assenza di contraddittorio. previsto per un controllo successivo, realizzabile mediante ricorso per cassazione. Superata la fase dell'ammissibilit, la corte d'appello o di cassazione decide, in camera di consiglio, sul merito della ricusazione con le forme previste dall'art. 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni (art. 41 comma 3). La stessa corte pu anche disporre, con ne. In caso di ricorso, la corte di cassazione decide con le stesse modalit di procedura stabilite dall'art. 611 per i procedimenti in camera di consiglio. Quanto agli effetti della dichiarazione di ricusazione, risulta evidente che la semplice presentazione di tale dichiarazione non comporta per il giudice ricusato alcuna limitazione di poteri nello svolgimento dei compiti istituzionali, n tanto meno l'insorgere di un obbligo di astensione. L'unico divieto imposto dalla legge a carico del giudice ricusato, al fine di non pregiudicare irreparabilmente le ragioni della parte istante, quello contemplato dal 2 comma dell'art. 37, nel senso che non gli consentito pronunciare, n concorrere a pronunciare, sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, salvo il temperamento recentemente introdotto dalla Corte costituzionale. 13

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Sennonch, per la violazione del divieto la legge non stabilisce espressamente alcuna sanzione. Ne consegue che l'unico presidio posto a garanzia dell'esigenza di non vanificare le legittime aspettative collegate alla dichiarazione di ricusazione quello offerto dal 2 comma dell'art. 42, il quale attribuisce al giudice chiamato a decidere sull'astensione o sulla ricusazione il potere discrezionale di dichiarare, in caso di accoglimento dell'istanza, quali atti precedentemente compiuti dal giudice astenutosi o ricusato conservino efficacia. Resta sempre ferma, comunque, la rilevanza della violazione dell'obbligo di cui all'art. 124 ai fini della responsabilit disciplinare, a carico del giudice che non abbia osservato il suddetto divieto. L'accoglimento della dichiarazione di astensione o di ricusazione segna un effetto automatico di divieto assoluto, per tale giudice, di compiere qualsiasi allo del procedimento (art. 42 comma 1). Non solo: come si ricava dall'art. 43, alla pronuncia di accoglimento consegue, altres, la sostituzione del giudice astenuto o ricusato. Tutte le ordinanze che si pronunciano sul merito, emesse dal giudice competente a decidere sulla ricusazione, sono immediatamente eseguibili. Diversamente dal codice abrogato (art. 71 c.p.p. abr.) che imponeva la condanna a pena pecuniaria come contenuto necessario dell'ordinanza d'inammissibilit o di rigetto dell'istanza di ricusazione, l'art. 44 prevede tale condanna come facoltativa (pu essere condannata). 12. La rimessione del processo. Gli artt. 45-49 disciplinano la rimessione del processo, cio il suo spostamento da una sede ad un'altra in presenza di turbative ambientali che possono compromettere il suo regolare svolgi-mento. Anche in questo caso si vuole salvaguardare l'imparzialit di chi giudica: diversamente dall'astensione e dalla ricusazione, ad essere messa in dubbio non e per l'imparzialit del magistrato in quanto persona fisica, ma quella dell'organo giudicante nel suo complesso. D'altra parte, la rimessione del processo, sia pure al fine di tutelare un valore di sicura rilevanza costituzionale, recentemente riaffermato dall'art. 111 comma 2 Cost., interferisce con il principio del giudice naturale garantito dall'art. 25 comma 1 Cost. Da qui l'esigenza scarsamente rispettata dalla corrispondente normativa del codice abrogato che vengano tassativamente disciplinate dal legislatore le situazioni idonee a determinare lo spostamento del processo. Deve intercorrere il nesso causale tra le gravi situazioni locali, tali da turbare Io svolgimento del processo e non altrimenti eliminatili, e il conseguente pregiudizio alla libera determinazione delle persone che partercipano al processo (giudice, parti, difensori, testimoni, ecc.) ovvero alla sicurezza o all'incolumit pubblica. Il riferimento al carattere locale del fattore inquinante sta a significare non solo che il medesimo non deve essere di dimensioni estese, perch in tal caso lo spostamento di sede risulterebbe improduttivo, ma anche che deve trattarsi di un agente esterno al processo (con esclusione, quindi, delle situazioni endoprocessuali); si richiede inoltre che la turbativa non sia eliminabile altrimenti, ricorrendo cio ad adeguati interventi di carattere anche amministrativo. Per un altro verso si , tuttavia, ampliata la precedente casistica, essendosi ammessa la rimessione del processo anche nell'ipotesi in cui le suddette gravi situazioni locali determinino motivi di legittimo sospetto. Per legittimo sospetto consentito, anche secondo la pi recente interpretazione fornita dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, lo spostamento del processo quando sussiste il ragionevole dubbio che la gravit della situazione locale possa portare il giudice a non essere, comunque, imparziale o sereno. Dall'art. 45 rimasto sul punto invariato si ricava altres che la rimessione pu essere richiesta in ogni stato e grado del processo di merito dall'imputato, dal procuratore generale presso la corte d'appello e dal pubblico ministero presso il giudice procedente. Se sono ovvie le ragioni che inducono ad escludere l'operativit dell'istituto quando il processo pende davanti alla corte di cassazione, assai meno scontata, in considerazione degli importanti provvedimenti che il giudice pu assumere durante le indagini preliminari (archiviazione, restrizione della libert personale dell'indagato), risulta la scelta di subordinare la richiesta di rimessione all'avvenuto esercizio dell'azione penale (in ogni stato e grado del processo). Ai sensi dell'art. 46 unico articolo non modificato dalla novella del 2002 la richiesta di rimessione proveniente dall'imputato deve essere, a pena di inammissibilit, sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale e, sempre a pena di inammissibilit, dopo essere stata depositata nella cancelleria del giudice unitamente ai documenti che la giustificano, va notificata, entro sette giorni, a cura del richiedente alle altre parti. Una volta depositate, la richiesta e la relativa documentazione sono immediatamente trasmesse alla corte di cassazione ad opera del giudice procedente, al quale consentito formulare proprie osservazioni aggiuntive (art. 46 comma 3). 14

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi In base all'odierna formulazione dell'art. 47 comma 1, lo stesso giudice procedente che, in seguito alla presentazione della richiesta, pu disporre con ordinanza (inoppugnabile) la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza di inammissibilit o di rigetto. Analogamente, dopo essere stata investita della richiesta, la corte di cassazione pu disporre la sospensione. Quanto ai presupposti delle due ipotesi di sospensione facoltativa appena ricordate sono ancorate ai principi del fumus boni iuris e delpericulum in mora. La sospensione pu essere obbligatoria, rospetto alla stessa, funge da necessaria premessa la comunicazione, da parte della corte di cassazione, che, non avendo il presidente della medesima corte rilevato, nell'ambito del suo esame preliminare, alcuna causa di inammissibilit tale da giustificare l'investitura della sezione-filtro di cui all'art. 610 comma 1, avvenuta l'assegnazione della richiesta ad una delle altre sezioni della corte oppure alle sezioni unite (art. 48 comma 3). In seguito a tale comunicazione, il giudice procedente deve sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni (in sede di udienza preliminare) o della discussione (in sede dibattimentale), e resta preclusa la pronuncia sia del decreto che dispone il giudizio, sia della sentenza. Anche in questo caso la sospensione dura fino a che non venga pronunciata l'ordinanza della corte che dichiari inammissibile o rigetti la richiesta (art. 47 commi 2 e 3). E' da escludere la sospensione quando la richiesta non fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di una precedente richiesta rigettata o dichiarata inammissibile (art. 47 comma 2). Finch dura la sospensione, restano sospesi i termini della prescrizione del reato e, se la richiesta di rimessione proviene dall'imputato, anche i termini di durata massima della custodia cautelare previsti dall'art. 303 comma 1 (infra, cap. IV, 19-20). La sospensione consente comunque il compimento degliatti urgenti (art. 47 comma 3). La decisione della corte di cassazione, che procede in camera di consiglio ex art. 127 dopo aver eventualmente acquisito le necessarie informazioni (art 48 comma 1), assume la forma dell'ordinanza. Che potr essere di inammissibilit, di rigetto o di accoglimento: in quest'ultima ipotesi l'ordinanza contenente l'indicazione del nuovo giudice, da individuare ai sensi dell'art 11 (retro, 5) immediatamente comunicata al giudice designato e al giudice originariamente competente. Da notare che, quando la corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta di rimessione, pu condannare l'imputato cos deve essere inteso l'inesatto riferimento alle parti private risultante dall'art. 48 comma 6 al pagamento di una somma (da 1000 a 5000 euro) a favore della cassa delle ammende. Quanto alla conservazione degli atti del processo oggetto di rimessione, (ferma restando l'utilizzabilit degli atti validamente compiuti dinanzi al giudice a quo, in quanto inseriti nel fascicolo dibattimentale), vale ora la regola, secondo cui il giudice designato procede alla rinnovazione degli atti quando una (qualsiasi) delle parti ne faccia richiesta. Con due sole eccezioni concernenti, da un lato, l'ipotesi che si tratti di atti di cui divenuta impossibile la ripetizione e, dall'altro, l'eventualit che si versi in una delle due situazioni rispettivamente contemplate dal comma comma 1-bis dellart. 190-bis. L'ipotesi di una nuova richiesta di rimessione regolata dall'art. 49, che consente l'iterazione sia nel caso in cui la richiesta sia diretta ad ottenere un ulteriore spostamento del processo, sia nel caso in cui essa miri ottenere per la prima volta il relativo provvedimento, gi negato da unordinanza di rigetto o dinammissibilit. Lulteriore spostamento del processo pu essere richiesto quando nella sede designata si ripresenta una situazione riconducibile al disposto dell'art.45 ovvero quando, essendo venute meno nella sede originaria le ragioni che avevano indotto a sollecitare l'intervento della corte di cassazione, si creano le premesse per una revoca del provvedimento di rimessione. Nel caso in cui, invece, sia intervenuto un provvedimento negativo della corte di cassazione, bisogna distinguere: in presenza di un'ordinanza che abbia rigettato la precedente richiesta o abbia dichiarato l'inammissibilit della stessa per manifesta infondatezza, l'ulteriore richiesta, per non essere dichiarata inammissibile, deve essere fondata su elementi nuovi (art. 49 comma 2). La richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi dalla manifesta infondatezza si consideri il disposto dell'art. 46 comma 4 pu essere sempre riproposta (art. 49 comma 4). 13. La posizione di parte del pubblico ministero e la sua funzione tipica. Il pubblico ministero, pur rivestendo la qualit di parte nel processo, anzi fin dalla fase delle indagini preliminari, costituisce, al tempo stesso, un organo dell'apparato statale incaricato di vegliare all'osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, nonch, tra l'altro, di iniziare ed esercitare l'azione penale (artt. 73 e 74 ord. giud.). 15

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Ma il pubblico ministero non solo affrancato dal potere esecutivo, ma gode di una posizione di indipendenza (c.d. esterna) rispetto a tutti gli altri poteri costituzionali. A riguardo rilevanti sono lart. 101 comma 2 Cost e l'art. 107 comma 4 Cost. Anzitutto, l'art. 104, si riferisce pure alla magistratura requirente che gode, del resto, dell'elettorato attivo e passivo rispetto all'organo di autogoverno (Consiglio superiore della magistratura). Ancora, l'art. 108 comma 2 Cost., laddove demanda alla legge il compito di assicurare lindipendenza del pubblico ministero presso le giurisdizioni speciali, non pu che valere, a maggior ragione, per il pubblico ministero istituito pressi) gli organi di giurisdizione ordinaria. Inoltre, l'art 109 Cost. statuendo e che l'autorit giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria, indica un obiettivo il cui raggiungimento sarebbe in maniera inevitabile compromesso se al potere esecutivo fosse dato interferire, grazie alla sopraordinazione goduta sugli apparati di polizia, nell'attivit investigativa del pubblico ministero. Un peso assorbente riveste, infine, il canone dell'obbligatoriet dell'azione penale (art. 112 Cost.). Non solo, la Corte ha riaffermato (sentenza n. 420 del 1995) che l'indipendenza non tollera interferenze esterne non solo nel momento in cui il pubblico ministero decide in ordine all'esercizio dell'azione penale, ma pure nel corso dell'intera fase anteriore delle indagini preliminari. Allo stato, il pubblico ministero risponde del suo operato solo di fronte alla legge, godendo delle stesse garanzie attribuite al giudice circa il reclulamento, l'inamovibilit dalla sede e la soggezione al potere di controllo del Consiglio superiore della magistratura. L'aspirazione in senso accusatorio del sistema e la parit tra accusa e difesa trovano un primo sviluppo nel titolo II del libro I dedicato al pubblico ministero colto quale soggetto del procedimento (artt. 50-54-quater). Vi trovano posto disposizioni che regolano i rapporti tra i diversi uffici _ed all'interno di ogni ufficio in modo tale da evidenziare l'acquisita natura di parte del titolare dell'accusa e l'autonomia delle soluzioni rispetto aquelledettate per il giudice. L'art. 50 comma 1 conferisce, anzitutto, al pubblico ministero la titolarit dell'azione penale. Pertanto, nel sistema codicistico non trova spazio n l'azione penale privata, conferita cio alla persona offesa dal reato, n l'azione penale popolare, attribuita cio al quisque de populo. Si tenga presente, per, che l'art. 21 d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274, prevede che per i reati procedibili a querela ammessa la citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il reato attribuito su ricorso della persona offesa (infra, cap. XIII 10). Sempre l'art. 50 comma 1 enuncia, poi, il principio dell'obbligatoriet dell'azione penale, in piena aderenza all'art. 112 Cost.: il doveroso esercizio dell'azione rinviene quale suo unico limite la richiesta di archiviazione . Si noti, tuttavia, come le sole attivit riportabli allinizio dell'azione penale, e non gi al suo proseguimento,siano presidiate dalla previsione di una nullit assoluta (art. 179 comma 1). La lettura coordinata con l'art. 405 che elenca gli atti tipici di esercizio dell'azione penale, contenenti tutti la formulazione dell'imputazione permette di individuare il momento di inizio del processo penale in senso proprio, riservando la fase delle indagini preliminari al mero procedimento. Al contempo, lettura coordinata con l'art. 60 dedicato all'assunzio ne della qualit di imputato, chiarisce come quest'ultima discenda unicamente da un atto la formulazione dell'imputazione che segna l'avvenuto esercizio dellazione penale (infra, 21). Trattandosi di fatti in mancanza dei quali il pubblico ministero non pu agire validamente, le condizioni di procedibilit sono suscettibili, in concretp, di collidere con principio dell'obbligatoriet dell'azione penale. Non trova, invece, posto nel codice un altro consueto principio quello della pubblicit dell'azione penale perch la sua enunciazione parsa superflua: i poteri attribuiti alla persona offesa, specie l dove consentono di opporsi alla richiesta di archiviazione (art. 410), non sono assimilabili all'esercizio di un'azione penale privata. Il 3 comma esprime, poi, il tradizionale principio della irretrattabilit dell'azione penale: questa, una volta esercitata, esce dalla sfera del suo autore e comporta l'insorgere di un dovere decisorio in capo al giudice: ci equivale a dire che l'oggetto del processo penale indisponibile. Naturale, a tal punto, sottoporre le cause di sospensione o di interruzione dell'azione penale al principio di tassativit. 14. L'organizzazione e la distribuzione del lavoro tra gli uffici: loro rapporti. In forza dell'art. 51 comma 1 lett. a le funzioni di pubblico ministero nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono esercitate dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale. In virt dell'art. 71 ord. giud., alle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere addetti magistrati onorari in qualit di vice procuratori per l'espletamento delle funzioni indicate dall'art. 72. 16

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi Una deroga all'art. 51 comma 1 lett. a, con il consentire al procuratore della Repubblica presso il tribunale di delegare nominativamente determinate funzioni, da precisarsi di volta in volta, ad uditori giudiziari, a vice procuratori onorari addetti all'ufficio, a personale in quiescenza da non pi di due anni che nei cinque anni precedenti abbia svolto le funzioni di polizia giudiziaria, ovvero a laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'art. 16 d. lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Dal comma lett. b dell'art. 51 si desume, invece, che i magistrati della procura della Repubblica presso la corte d'appello esercitano, per regola, le funzioni di pubblico ministero nei soli giudizi di impugnazione, cos come accade sempre per i magistrati della procura generale presso la corte di cassazione relativamente a tale giudizio. Merita evidenziare, in proposito, come la partecipazione al giudizio d'appello del rappresentante dell'ufficio presso il giudice di primo grado, che abbia presentato le conclusioni e ne abbia fatta richiesta nell'atto di appello, non si configuri alla stregua di una deroga in senso proprio. In tal caso la sostituzione, atteggiandosi a delega nominativa, disposta, sulla base di una valutazione di mera opportunit, dallo stesso procuratore generale presso la corte d'appello al quale continuano a spettare i relativi avvisi (art. 570 comma 3). Al procuratore generale non sono neppure forniti mezzi per controllare la mancata attivazione dei procuratori della Repubblica del suo distretto nei riguardi di informazioni che non assurgano al ramo di notizia di reato: esse, infatti, non impongono di richiedere il decreto di archiviazione, allorch non siano state neppure iscritte, per la loro indeterminatezza, nell'apposito registro ex art. 335 (art. 109 disp. att.). Durante la fase delle indagini preliminari si apre una serie di canali informativi tra procure della Repubblica e relative procure generali presso la corte d'appello, e viceversa. Si considerino le notizie e le segnalazioni di cui all'art. 118-bis disp. att. che preludono, quando il coordinamento investigativo non sia stato promosso o non risulti effettivo, al potere del procuratore generale presso la corte d'appello di riunirei procuratori della Repubblica che procedono ad indagini collegate (infra, cap. V, 28). L'unico strumento mediante il quale il procuratore generale presso la corte d'appello subentra, nella titolarit delle indagini preliminari, al procuratore della Repubblica del sua distretto l'avocazione. Il relativo potere non generalizzato, ma sempre subordinato a tassative previsioni legislalive cos da caratterizzarsi come istituto di natura eccezionale (cfr. 2 n. 42 della legge delega). L'avocazione scatta in maniera, per cos dire, automatica quando ricornano le situazioni qui di seguito descritte (infra, cap. V, 32). In primo luogo, nel caso di impossibilit di provvedere, nell'ambito dell'ufficio della procura della Repubblica, alla tempestiva sostituzione del magistrato designato a seguito di astensione o di incompatibilit (art. 372 comma 1 let. A); in secondo luogo, nel caso di omessa tempestiva sostituzione del magistrato da parte del capo dell'ufficio, ricorrendo alcune tra le fattispecie che avrebbero imposto al giudice di astenersi e consentito alle parti di ricusarlo (art. 372 comma 1 lett. b.); infine, in un diverso contesto, nel caso di omessa presentazione, nei termini prefissati, della richiesta di archiviazione ovvero di omesso esercizio, sempre nei medesimi termini, dellazione penale (art. 412 comma 1). Meno solido il collegamento con il presupposto dell'inerzia rispetto al caso di avocazione (facoltativa) che si configura, nel procedimento per reati di competenza del tribunale o della corte d'assise (infra, cap. V, 35), quando il giudice per le indagini preliminari fissa l'udienza in camera di consiglio, non avendo accolto in prima battuta la richiesta di archiviazione (art. 412 comma 2 in rapporto all'art. 409 comma 3), oppure quando ritiene ammissibile l'opposizione all'archiviazione proposta dalla persona offesa (art. 410 comma 3). Nella medesima prospettiva si colloca l'avocazione consentita al procuratore generale nell'ipotesi in cui il giudice dell'udienza preliminare abbia indicato al pubblico ministero le ulteriori indagini da svolgersi ad integrazione di quelle gi svolte, ma ritenute incomplete (art. 421-bis comma 2). Investe una valutazione complessa, poi, l'ipotesi delineata dall'art. 372 comma 1- bis. Qui il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, dispone, sempre con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari per una serie di delitti di criminalit organizzata, allorquando, trattandosi di indagni collegate, non risulti effettivo il coordinamento prescritto ex art. 371 comma 1 e non abbiano dato esito le riunioni disposte o promosse dal procuratore generale, anche d'intesa con gli altri procuratori generali interessati (in-fra, cap. V, 35). In aggiunta al vincolo del decreto motivato, si prevede, inoltre, che copia del provvedimento con cui il procuratore generale presso la corte appello (al pari del procuratore nazionale antimafia nelle ipotesi appena ricordate) dispone l'avocazione delle indagini preliminari sempre trasmessa al Consiglio superiore della magistratura ed ai procuratori della Repubblica interessati. Ci consente a questi ultimi di proporre reclamo al procuratore generale 17

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi presso la corte di cassazione. Per assicurare incisivit ed efficienza all'ufficio dell'accusa, gli effetti dell'avocazione disposta nel corso delle indagini preliminari perdurano al di l di tale fase. Anche se il codice non usa il termine competenza, per regolare la distribuzione dei lavori tra i vari uffici del pubblico ministero, il parametro adottato il medesimo, posto che il pubblico ministero trae la propria titolarit alle funzioni (c.d. legittimazione) in modo riflesso dalla competenza del giudice del dibattimento presso il quale istituito. La legittimazione spetta al procuratore della Repubblica territorialmente competente secondo i criteri stabiliti dagli agli art. 8, 9, 10 e 16, ancorch nel relativo circondario non abbia sede la corte d'assise. Se il pubblico ministero ritiene che la competenza a conoscere il reato spetti ad un giudice diverso da quello presso cui esercita le sue funzioni, trasmette tempestivamente gli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. Lufficio che ha ricevuto gli atti, ove dissenta - non potendo ritrasmetterli al mittente, perch ne deriverebbe una stasi non altrimenti superabile - demanda la risoluzione di tale contrasto negativo al procuratore generale presso la corte d'appello o a quello presso la corte di cassazione, qualora appartenga ad un diverso distretto. Il procuratore della Repubblica dissenziente trasmette all'organo risolutore del contrasto tutti gli atti del procedimento in originale o in copia. La risoluzione del contrasto non in ogni caso parificabile agli effetti che scaturiscono dal provvedimento con cui la corte di cassazione risolve un conflitto di competenza. La statuizione del procuratore generale estrinseca la sua portata solo all'interno della fase delle indagini preliminari ed unicamente nei confronti degli appartenenti all'ufficio del pubblico ministero. Anche la sorte degli atti diverge da quella delle prove acquisite dal giudice incompetente (art. 26). Il carattere tendenzialmente investigativo degli atti effettuati dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero, insieme ai ritmi accelerati impressi alla fase delle indagini preliminari, hanno suggerito di conservare agli atti compiuti prima della trasmissione o della designazione l'efficacia che loro propria (art. 54 comma 3). In parte analoghe sono le cadenze del contrasto positivo. In questo caso, tuttavia, il presupposto duplice, poich non basta che le indagini preliminari abbiano ad oggetto il medesimo fatto storico, seppure, magari, diversamente qualificato, ma occorre, al pari di quanto contemplato per i conflitti di competenza tra giudici (art. 28), che esse siano a carico della stessa persona. Pi precisamente, allorquando il pubblico ministero procedente riceva notizia che presso un altro ufficio sono in corso indagini preliminari cos caratterizzate, ne informa senza ritardo il pubblico ministero presso quell'ufficio, richiedendogli la trasmissione degli atti (art. 54-bis comma 1). A sua volta, il pubblico ministero che ha ricevuto la richiesta, ove non ritenga di aderirvi, ne informa il procuratore generale presso la corte d'appello ovvero, qualora appartenga ad un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Assunte le necessarie informazioni, il procuratore generale determina con decreto motivato, secondo le regole dettate per la competenza del giudice, quale ufficio debba procedere, dandone comunicazione agli uffici interessati. A proposito dei contrasti positivi, il legislatore si preoccupato di contemplarne la risoluzione anticipata, prevedendo l'ipotesi in cui, prima della designazione operata dal procuratore generale, uno degli uffici procedenti desista, trasmettendo gli atti all'altro (art. 54-bis comma 3). Quando, invece, due giudici per le indagini preliminari siano investiti contemporaneamente di una richiesta relativa al medesimo fatto, si verifica un conflitto positivo di competenza che sar risolto dalla corte di cassazione (art. 25). L'art. 54-quater prevede poi un controllo sulla legittimazione del pubblico ministero a svolgere le indagini preliminari con riguardo ai parametri della competenza per territorio e per connessione. Titolari del potere di promuovere l'incidente sono, infatti, la persona sottoposta alle indagini che abbia avuto conoscenza delle indagini a suo carico nonch la comunicazione dell'iscrizione del, suo nominativo nel registro delle notizie di reato o l'invio dell'informazione di garanzia e (ma, poco comprensibilmente, solo in questo secondo caso) la persona offesa, nonch i rispettivi difensori. L'elenco dei presupposti pu dirsi tassativo, tuttavia non appare dubbio, ad esempio, che la procedura in discorso sia innescabile a seguito un decreto di perquisizione del pubblico ministero. La richiesta di trasmettere gli atti al corrispondente ufficio istituito presso il giudice competente depositata presso la segreteria del pubblico ministero procedente, a pena di inammissibilit, corredata delle ragioni poste a sostegno dell'indicazione del diverso giudice ritenuto competente. Il pubblico ministero, nel termine non perentorio di dieci giorni, posto di fronte all'alternativa o di accogliere la richiesta, trasmettendo gli atti al pubblico ministero istituito presso il giudice ritenuto competente (anche diverso 18

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi da quello indicato) o di rigettarla. In tale ultimo caso, e cos pure quando non ottenga risposta nel termine prescritto, al richiedente a cui la decisione deve essere, evidentemente, comunicata resta il potere di investire, nei successivi dieci giorni, della questione il procuratore generale presso la corte d'appello o quello presso la corte di cassazione, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto. Nel termine, al pari del precedente, non perentorio di venti giorni dal deposito della richiesta il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni e, se del caso, ottenuta la trasmissione di copia degli atti del procedimento (art. 4-bis, comma 2 disp. att. cos come introdotto dall'art. 48 1. 16 dicembre 1999, n. 479), provvede con decreto motivato dandone comunicazione al richiedente e agli uffici interessati. La richiesta non pu essere riproposta, a pena di inammissibilit, salvo che si fondi su fatti nuovi e diversi. La formula legislativa si limita qui ad esplicitare un principio generale: la decisione, almeno per l'organizzazione degli uffici del pubblico ministero, resa rebus sic stantibus sicch a superare la clausola non vale, di per s, la mera indicazione di un diverso giudice ritenuto competente. Chiarito che i termini di durata delle indagini preliminari continuano a decorrere dal momento che non si profila alcuna paralisi nel relativo svolgimento. 15. L'astensione. L'astensione - e la conseguente necessit di sostituire il magistrato designato con un altro - trova nell'art. 52 un'agile disciplina. Essa resta - almeno stando alla lettera - non obbligatoria sotto il profilo processuale, si fonda genericamente su gravi ragioni di convenienza, presuppone una dichiarazione motivata, decisa dal capo dell'ufficio o dal procuratore generale presso la corte d'appello o presso la corte di cassazione, se riguarda i capi degli uffici (art. 52 commi 2 e 3). La sostituzione effettuata con un magistrato appartenente al medesimo ufficio, ma la regola derogabile allorch si tratti del capo dell'ufficio. Stante la sua qualit di parte, il pubblico ministero non pu essere ricusato. Qualche difficolt interpretativa pu insorgere dal riferimento normativo al magistrato - e non gi al rappresentante del pubblico ministero - per quanto riguarda le figure dell'uditore giudiziario, del vice procuratore onorario e dell'ufficiale di polizia giudiziaria (nonch del laureato in giurisprudenza che frequenti il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali) occasionalmente delegati all'esercizio di funzioni requirenti. L'istituto estende il suo ambito ai primi due soffietti in forza della qualifica di magistrato e dell'equiparazione al magibre 1988, n. 449). La stessa conclusione non vale, invece, per _gli ultimi due soggetti: qui soccorre la revocabilit della delega, consentita nelle so-le ipotesi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero (art. 22 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449). 16. I rapporti all'interno dell'ufficio. Ciascun ufficio del pubblico ministero si compone del titolare (procuratore generale presso la corte di cassazione o presso la corte d'appello; procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario) e di uno o pi magistrati addetti all'ufficio (sostituti procuratori). Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in proporzione all'organico dell'ufficio (art. 70 comma 1 ord. giud., cos come modificato dall'art. 4 d. lgs. 4 maggio 1999, n. 138). Alle procure collocate presso le sezioni distaccate delle corti d'appello sono preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale (art. 59 comma 3 ord. giud.). I titolari dirigono l'ufficio a cui sono preposti e ne organizzano l'attivit, secondo quei criteri di buon andamento ed imparzialit che ispirano il funzionamento della pubblica amministrazione. Il titolare pu anche procedere ad una designazione congiunta. La piena autonomia del magistrato del pubblico ministero, rispetto al titolare dell'ufficio, tutelata dagli artt. 70 comma 4 ord. giud. e 53 comma 1, che attuano la legge delega (art. 2 n. 68) l dove prescrive clic le funzioni di pubblico ministero in udienza siano esercitate in piena auonomia. Il riferimento al termine udienza nel quale riecheggia l'anteo adagio francese secondo cui la penna serva, ma la parola libera consente, pertanto, di assicurare l'autonomia del pubblico mini- stero nell'udienza preliminare oppure nell'udienza per l'applicazione della pena nella fase delle indagini preliminari (art. 447) o per il giudizio abbreviato (art. 441), investendo, addirittura, il potere di rinunciare all'impugnazione, anche se la stessa stata proposta da altro pubblico ministero (art. 589 comma 4). Per conseguenza, si deve ritenere che, nell'intera fase delle indagini, la sostituzione operata dal titolare dell'ufficio non incontri i limiti rigo-rosi stabiliti dall'art. 53 comma 2. 19

Riassunti di Procedura Penale a cura di M@rCoNi La ratio sottostante al riconoscimento codicistico dell'autonomia sta nel consentire che la condotta del magistrato possa adeguarsi all'oralit dell'udienza. Ci non toglie che il capo dell'ufficio possa impartire direttive sulle premesse dell'udienza. L'autonomia del magistrato del pubblico ministero nell'udienza comporta che le cause di sostituzione restino circoscritte perch non si risolva-no in un espediente volto ad aggirare quel principio. L'art. 53 commi 2 e 3 fornisce, al riguardo, un elenco assai articolato. Un primo gruppo si riferisce a cause che consentono una valutazione discrezionale da parte del capo dell'ufficio come il grave impedimento e le rilevanti esigenze di servizio. Un secondo definibile in termini di obbligatoriet concerne alcune fra le situazio


Recommended