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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ
UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI
RASSEGNA STAMPA
SETTIMANALE MONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO
DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB
Anno IV - Roma, 16-20 Settembre 2013
A cura di
Fernando FRACASSI Resp. Comunicazione
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Collaborazione
Monica D’Arcangelis,
Alessandro Tudino
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Omofobia, c'è il 'sì' alla legge. Ma è
bufera in maggioranza
(20 settembre 2013
ROMA - Dopo 20 anni di tentativi, il parlamento riesce a dare un primo si' alla legge
contro l'omofobia e la transfobia. Ma non sono mancate le polemiche dentro la
maggioranza (tra Pd e Pdl e Scelta civica), e dal fronte delle opposizioni. In ogni caso, per
la prima volta dopo varie legislature, l'asse laico nell'aula della Camera ha battuto l'asse
cattolico con 228 voti a favore delle nuove norme, 57 contrari e 108 astenuti. Il voto finale
è avvenuto, come per la maggior parte degli emendamenti, a scrutinio segreto.
A votare 'sì' sono stati Pd, Scelta civica e Psi. Per il 'no' si sono espressi Pdl (con il si' in
dissenso di Giancarlo Galan), Lega e Fdi. Sel e M5s si sono astenuti a causa
dell'emendamento di Gregorio Gitti (Sc), già ribattezzata 'salva partiti e associazioni' o
'salva-vescovi'. Il testo passa ora al Senato. L'esame della proposta di legge (un unico
articolo) ha provocato una vistosa spaccatura all'interno della maggioranza a causa
dell'emendamento di Walter Verini (Pd) sulle aggravanti della Legge Mancino che ora
varranno anche per le discriminazioni contro i gay.
A surriscaldare ulteriormente gli animi è stata inoltre la norma Gitti, appoggiata dal Pd e
dal relatore Ivan Scalfarotto, che mette al riparo da tutte le sanzioni della Legge Mancino le
"libere espressioni" e le manifestazioni di convincimenti o opinioni" purchè "non istighino
all'odio o alla violenza", gli appartenenti ad organizzazioni di natura politica, sindacale,
culturale, religiosa, sanitaria, di istruzione.
Il testo contro l'omofobia e la transfobia estende tutta la Legge Mancino ai reati legati
all'orientamento sessuale, quindi anche le sanzioni piu' dure previste dalle aggravanti
(carcere fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro) Nonostante il si' dell'aula della
Camera (una svolta rispetto alle bocciature del 2009 e del 2011), a Palazzo Madama pero',
dove i numeri sono diversi, la legge potrebbe subire una 'frenata' visti i contrasti in
maggioranza.
Il capogruppo Pdl in commissione Giustizia alla Camera, Enrico Costa, ha ricordato che il
suo partito non "è pregiudizialmente contrario a una legge" contro l'omofobia e che aveva
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proposto "una mediazione" in Comitato dei 9 che poi non è stata accettata. Tanto che, per
protesta, il relatore del Pdl Antonio Leone ha rimesso l'incarico. Il testo uscito da
Montecitorio, ha concluso Costa, "è un manifesto buono per gli archivi parlamentari ma
che non vedrà mai la luce normativamente perchè, per avere l'aggravante, si sono svendute
alcune norme allo scambio con Scelta civica che inizialmente non era favorevole alla
norma. Noi lasciamo una porta aperta al Senato e se il testo tornerà alla Camera con le
limature necessarie allora saremo favorevoli".
(fonte http://www.dire.it/)
Lo striscione che insulta Cécile Kyenge
(20 settembre 2013
Anthony Armstrong Emery, mega-riccone inglese che ha fatto fortuna in Brasile, per
qualche inesplicabile mistero qualche mese fa ha deciso di diventare presidente del Monza
Football Club, ovvero dell’A.C. Monza Brianza, che milita nella Lega Pro, che non è la
Serie Zeta ma nemmeno la prima divisione. Gli è apparsa in sogno la regina Teodolinda?
Innamorato fin da piccolo della celeberrima Monaca manzoniana? Botta in testa? Chi lo sa.
Era stufo di Copacabana e voleva finalmente passare del tempo sulle rive del Lambro?
Comprensibile. Qualsiasi sia il motivo, questo è quello che Il fanta-plutocrate ha fatto lo
scorso maggio.
STOP AL QATAR - Poi a fine luglio, a seguito di quell’episodio imbarazzante accaduto a
Cervia, quello delle banane gettate al Ministro Kyenge da qualche scimmia macaco con il
cervello marcio, il Monza ha deciso che la nuova maglietta, al posto della pubblicità,
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avrebbe avuto la scritta Stop Racism. Il Monza come il Barcellona, che prima di avere la
pubblicità della Qatar Airways sponsorizzava l’Unicef. Veramente un bel gesto. Meno male
che il Monza non ha la stessa pubblicità del Barcellona, perché altrimenti, leggendo Qatar,
qualcuno avrebbe pensato a uno sciroppo contro la tosse grassa. Stop Racism non è che
penseranno sia la pubblicità di un nuovo inserto dell’omonimo giornale di gossip o una
specie di veleno contro i sorci giganti che popolano il marrone fiume cittadino? Vedremo.
CINEMA HORROR - Quando mercoledì la Signora Kyenge è andata a Monza, nel
Teatro Villoresi che sta vicino alla chiesa dei barnabiti, al convegno del Pime dal titolo “Le
Frontiere dell’Interculturalità” (poveretta, speriamo non fosse troppo soporifero o che
almeno le abbiano offerto qualche caffè), il sindaco Scanagatti (Kilcats per gli amici) e il
nostro English Creso le hanno fatto dono della suddetta maglia, che aveva davanti la scritta
antirazzista e dietro il numero 10 e il cognome Kyenge. Lei, con il suo solito spirito arguto,
ha detto: “Vedete che le banane servono a qualcosa?” Mitica. All’uscita dal convegno ad
attendere il ministro c’era un gruppuscolo di buontemponi di estrazione leghista (Era un
manipolo, composto in prevalenza da ultrasessantenni, di esponenti dell’MGP, Movimento
Giovani Padani), che, siccome la trovata delle banane era già stata usata e quindi la brillante
idea era bruciata, ha fatto un po’ di cinema (anzi di stadio) ed esposto uno striscione con
l’esilarante scritta “Fatti mandare dal genitore 1 a prendere il latte.” A proposito di cinema,
si dice che tra loro ci fosse l’ex-assessore alle Culture, Identità, Autonomie della Lombardia
nonché ex-Sottosegretario del Presidente della Regione Lombardia con delega al cinema.
Speriamo di scoprire che non c’era. Comunque, per quanto trombato alle scorse elezioni,
se c’era vuol dire che intende ancora onorare la sua delega al cinema, avendo dimenticato i
suoi trascorsi a culture e identità.
CIAO, MAMMA, SONO ARRIVATO UNO – La spassosa boutade si riferiva a una
presunta proposta del ministro di numerare i genitori, chiamandoli genitore 1 e genitore 2
invece che madre e padre. A parte che fa piacere sapere che la madre è stata promossa dai
leghisti, dopo millenni di duro lavoro gregario, da una posizione di sottomissione al ruolo
di genitore 1, che sta a significare quello striscione? Perché scomodare il capolavoro di
Gianni Morandi per esprimere la propria protesta in modo così poco efficace, e per giunta
in una città voluta da una donna? Ma cosa c’entra il latte? C’è una volontà razzista nella
scelta di una sostanza bianca o è solo che i giovani padani hanno meno creatività di una
mucca, con tutto il rispetto per questo utile animale? Cosa bisognerebbe replicare a una
provocazione così intelligente? La bocca non è mai stracca se non sa di vacca? Oppure
s’attaglia maggiormente T’amo pio bove? Ha fatto bene la Signora Kyenge a non curarsi di
loro e ad andare spedita in Duomo a vedere la Corona Ferrea e i magnifici affreschi (ora in
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fase di restauro) sulla vita di Teodolinda, la femmina non italiana che appunto in epoca
longobarda fondò la città. I monzesi sono tutti figli di una donna straniera che è diventata
italiana senza che nessuno si stupisse più di tanto. Perdoni, signora ministro, i pochi che
qualche volta non se lo ricordano.
(fonte http://www.giornalettismo.com)
Sindacato pediatri di famiglia: "Ogni
bambino va curato, che sia italiano o
straniero"
(20 settembre 2013
“Siamo pronti a rinunciare alla quota di compenso che ci spetta”
Roma - “Ogni bambino va curato, al di là della
situazione giuridica dei genitori, che sia italiano o
straniero. È una questione di principio e una
necessità”. Sono le parole di Rinaldo Missaglia,
segretario del Sindacato medici pediatri di famiglia
(Simpef). Missaglia propone di rinunciare alla quota di
compenso che spetta ai medici pediatri se questi
bambini vengono inseriti fra i loro assistiti. Secondo Simpef "è nell’interesse di tutti che
ogni persona sia assistita, si evita che questi bambini crescano con patologie, che poi
dovremo curare con una spesa maggiore del sistema sanitario, visto che prima o poi si
regolarizzeranno”. La presa di posizione arriva mentre il Consiglio regionale della
Lombardia si accinge a discutere una nuova mozione sulla cure pediatriche per i figli degli
immigrati senza permesso di soggiorno, questa volta presentata da Stefano Carugo (Pdl).
(fonte http://www.stranieriinitalia.it)
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Accademia di Belle Arti di Roma: tassa
accademica aggiuntiva per i soli studenti
extracomunitari
ASGI: "Trattamento discriminatorio contrario al
T.U.immigrazione e alla normativa europea"
(20 settembre 2013
Il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI ha esaminato la delibera del Consiglio di
Amministrazione dell’Accademia di Belle Arti di Roma del 4 dicembre 2012 relativamente
alle tasse e contributi per l’anno accademico 2013/2014 che prevede importi differenziati
a seconda della cittadinanza degli studenti, con un trattamento sfavorevole, a parità di altre
condizioni, nei confronti dei cittadini di Paesi terzi non appartenenti all’Unione europea
rispetto ai cittadini nazionali e di Stati membri dell’Unione europea (la regolamentazione
in materia di tasse e contributi per l’anno accademico 2013/2014 è accessibile al pubblico
alla pagina web dell'Accademia.
Ne è risultato che effettivamente l’Accademia viene ad applicare un trattamento
differenziato e sfavorevole per gli studenti appartenenti a Paesi terzi non membri
dell’Unione europea, in ragione soltanto della loro nazionalità e a parità di altre condizioni.
Infatti, per i soli studenti di nazionalità extracomunitaria, e dunque sulla base
esclusivamente della loro appartenenza ad un Paese terzo non membro UE, viene previsto
un contributo universitario fisso pari a 1,000 euro, suddiviso di due rate di 500 euro
ciascuna, aggiuntivo ed ulteriore rispetto al contributo accademico ordinario, previsto per
tutti, e suddiviso in tre rate, la prima fissa pari a 200 euro e la seconda e la terza variabile a
seconda degli importi dell’attestazione/autocertificazione reddittuale ISEE/ISEEU .
Il servizio antidiscriminazioni dell’ASGI ritiene che tale condotta dell’Accademia di Belle
Arti di Roma sia illegittima e venga in contrasto con norme di legge nazionali ed europee.
L’art. 39 c. 1 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero (d.lgs. n. 286/98), intitolato “Accesso ai corsi delle
università” così prevede: “In materia di accesso all’istruzione universitaria e di relativi
interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il
cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo”.
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Il successivo comma 3 lettera d) rimanda al regolamento attuativo della disciplina
sull’immigrazione per la definizione dei “criteri per la valutazione della condizione
economica dello straniero ai fini dell’uniformità di trattamento richiesta ai fini di accesso
all’istruzione universitaria e relativi strumenti per il diritto allo studio”. Tali criteri valutativi
sono stati definiti con l’art. 46 c. 5 del d.P.R. n. 394/99 e successive modifiche, per cui il
legislatore ha definito puntualmente le modalità con le quali gli atenei e gli istituti di
istruzione superiore debbano valutare la condizione patrimoniale ed economica degli
studenti stranieri direttamente provenienti dai Paesi di origine al fine di implementare il
principio di parità di trattamento richiesto, in ossequio a criteri di equità e ragionevolezza
Il principio di parità di trattamento nell’accesso agli studi universitari è ulteriormente
ribadito al successivo comma 5 dell’art. 39 del d.lgs. n. 286/98, con particolare riferimento
a quei cittadini stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia con un permesso di
soggiorno non temporaneo, ovvero per i quali l’accesso all’università non costituisce il
motivo per richiedere un primo ingresso in Italia: “E’ comunque consentito l’accesso ai
corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con
gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di
soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo
politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente
soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in
Italia, nonché agli stranieri , ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle
scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o
all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli
di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio”
Non si vede, pertanto, alcun motivo ragionevole per distinguere gli studenti di Paesi terzi
non membri dell’Unione europea da quelli nazionali e comunitari e stabilire una preferenza
per i secondi rispetto ai primi nell’accesso agli studi universitari, assoggettando i primi ad
un’imposizione contributiva maggiore rispetto ai secondi e dettata unicamente dalla loro
nazionalità.
Nel caso di studenti stranieri provenienti direttamente dai loro Paesi di origine e giunti in
Italia per motivi di studio universitario, la legislazione italiana già prevede i meccanismi e
le modalità attraverso le quali valutare la loro condizione economica e patrimoniale nei
Paesi di origine, effettuando le conseguenti comparazioni e bilanciamenti mediante
l’utilizzo delle apposite tabelle ministeriali, mentre nei casi di studenti universitari stranieri
appartenenti alle seconde generazioni di immigrati, nati o giunti in Italia durante la minore
età per motivi di riunificazione familiare, i cui nuclei familiari di appartenenza, residendo in
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Italia, sono assoggettati all’assolvimento dei medesimi doveri fiscali previsti per i cittadini
italiani, l’assoggettamento alla contribuzione accademica dovrebbe sottostare alle
medesime condizioni previste per gli altri studenti italiani e comunitari, modulata sulla
base del requisito reddittuale previsto dalla dichiarazione ISEE/ISEEU.
La disparità di trattamento tra italiani e stranieri, pertanto, costituisce, ad avviso del
servizio antidiscriminazioni dell’ASGI, una violazione della legislazione nazionale in
materia di immigrazione e status del cittadino straniero, nonchè dei principi costituzionali
di eguaglianza e ragionevolezza richiamati anche dalla giurisprudenza costituzionale (sent.
Corte Cost. n. 432/2005).
L’ASGI ritiene, pertanto, che il trattamento differenziato previsto per gli studenti di Paesi
terzi non membri dell’Unione europea nell’accesso agli studi universitari presso
l’Accademia di Belle Arti di Roma con l’assoggettamento al pagamento di tasse e contributi
di importo superiore e aggiuntivo a quello previsto per gli studenti nazionali e comunitari,
costituisca una discriminazione vietata dall’art. 43 del d.lgs. n. 286/98. Tali considerazioni
sono state opportunamente richiamate anche in un caso di giurisprudenza, attinente ad una
fattispecie analoga a quella qui in esame, ovvero l’ordinanza dd 23.12.2006 con la quale il
Tribunale di Bologna ha dichiarato quale discriminatorio e illegittimo il comportamento
dell’Università privata Bocconi di Milano che applicava tariffe più svantaggiose per i
cittadini extracomunitari per quanto concerne i contributi di immatricolazione
collocandoli, per il solo fatto della loro nazionalità, nella fascia più elevata, a prescindere
dal reddito familiare dello studente e della sua famiglia di appartenenza. La questione dei
profili discriminatori contrari al diritto dell’Unione europea della condotta dell’Accademia
di Belle Arti consistente nel prevedere un trattamento sfavorevole agli studenti di
nazionalità extracomunitaria nella fissazione dei livelli delle tasse e dei contributi
universitari rileva anche riguardo a talune categorie di cittadini di Paesi terzi non membri
dell’Unione europea tutelati dal diritto UE.
La condizione di piena e perfetta parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e
comunitari nell’accesso agli studi universitari deve essere assicurata ai familiari
extracomunitari di cittadini italiani o comunitari, anche per effetto delle norme del diritto
europeo sulla libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini di Stati membri dell’Unione
europea e dei loro familiari, indipendentemente dalla cittadinanza di questi ultimi.
L’art. 24 della direttiva n. 2004/38/CE sulla libera circolazione e soggiorno dei cittadini di
Stati membri dell’Unione europea infatti sancisce che “ogni cittadino dell’Unione che
risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di
pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il
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beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato
membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.
Ulteriormente, l’art. 12 del regolamento comunitario n. 1612/68 (ora Regolamento UE n.
492/2011 dd. 05.04.2011) dispone che i figli di un lavoratore comunitario,
indipendentemente dalla cittadinanza posseduta, hanno accesso, alle stesse condizioni dei
cittadini del Paese ospitante, ai corsi di istruzione, qualora risiedano nel territorio dello
stesso Stato e tale condizione di parità di trattamento deve estendersi a tutti i
provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dei corsi di insegnamento, ivi compresi gli
aiuti, i sussidi e le borse di studio (vedi sentenze CGE 15.03.1989, causa Echternach e
Moritz, cause 389/87 e 390/87 e CGE, sentenza dd. 13.11.1990, causa C-308/89, caso Di
Leo contro Germania ). Oltre ai familiari extracomunitari di cittadini di Paesi membri UE,
ha rilievo pure la normativa europea in materia di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di
lungo periodo. L’art 11 (rubricato appunto “parità di trattamento”) comma 1 lettera b)
della direttiva 2003/109/CE , relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo (d’ora in poi, per brevità, “lungo soggiornanti”) e recepita in
Italia con il d.lgs. n. 3/2007, prevede quanto segue:
“"Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento del cittadino nazionale
per quanto riguarda…l’istruzione e la formazione professionale, compresi gli assegni
scolastici e le borse di studio secondo il diritto nazionale”. L’art. 11 c. 3 lett. b) della
direttiva medesima ha previsto quali uniche limitazioni consentite agli Stati membri
riguardo al principio di parità di trattamento dei lungo soggiornanti rispetto ai cittadini
nazionali nell’accesso all’istruzione, quelle della prova del possesso delle adeguate
conoscenze linguistiche e di specifiche condizioni riguardanti la formazione scolastica.
Alla luce di quanto sopra, il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI ha chiesto agli organi
direttivi dell’Accademia di Belle Arti di Roma di far cessare il comportamento
discriminatorio messo in atto nei confronti degli studenti appartenenti a Paesi terzi non
membri dell’Unione europea e di rimuovere gli effetti della discriminazione, cancellando il
contributo accademico aggiuntivo fisso e restituendo agli studenti extracomunitari le
somme che essi avessero già eventualmente versato in occasione del pagamento della
prima rata, la cui scadenza è prevista per il giorno 10 ottobre prossimo. La segnalazione è
stata trasmessa pure all’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni), presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per i Diritti e le Pari
Opportunità e alla Commissione europea.
(fonte www.asgi.it)
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Rom: Associazione, commissione
inchiesta su sgombri in Toscana e
Liguria
(20 settembre 2013
Roma - L'associazione 'Nazione Rom' ''chiede all' Ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali (Unar) l'istituzione di una commissione di inchiesta'' in merito a quelle che
definisce ''politiche di deportazione e di pulizia etnica'' effettuate in Toscana e Liguria. E
chiede ''il rispetto della Strategia nazionale di inclusione varata nel febbraio 2012''. Nello
specifico, come si legge in una nota, l'associazione punta il dito contro ''l'ennesima
operazione ordinata dalla questura di Lucca contro le famiglie rom presenti nel territorio
della Versilia: sei cittadini europei di etnia rom sono stati prelevati all'interno dell'ex
Camping internazionale Versilia nel comune di Seravezza (Lu) dove vivono dal mese di
ottobre 2012 a seguito del completo fallimento del progetto di 'rimpatrio assistito'
promosso dalla regione Toscana''. Stando, infatti, a quanto denuncia l'associazione ''in
Toscana ed in Versilia si stanno consumando gravi violazioni degli accordi e dei Diritti
umani fondamentali''. In tale quadro, secondo 'Nazione Rom', ''cittadini rom, tutti
possessori di regolare carta di identita' emessa dallo Stato della Romania, vengono
fotosegnalti costantemente e sottoposti a misure quali la presa delle impronte digitali. Sono
stati gli stessi cittadini rom a telefonare oggi al contact center di Unar denunciando la grave
violazione e discriminazione subita''. ''Negli ultimi cinque mesi - si legge ancora nella nota -
sei cittadini europei sono stati allontanati dal territorio, portati a Roma ed imbarcati su di
un aereo alla volta di Bucarest. Le deportazioni sono state costantemente segnalate alla
Commissione europea, al Consiglio d'Europa ed allo stesso governo italiano - ministero
per l'Integrazione''. Inoltre ''provvedimenti anti-rom analoghi alla Toscana'', secondo
l'associazione, sarebbero ''in corso all'interno del comune di La Spezia''. Dopo aver ''potuto
denunciare le operazioni di pulizia etnica in atto nelle regioni Toscana e Liguria
consegnando nelle mani del ministro Cecile Kyenge un fascicolo provante le accuse
durante il recente convegno sul riconoscimento giuridico di Rom, Sinti e Caminanti tenuto
al Senato'', l'associazione 'Nazione rom' chiede ''al governo italiano il rispetto della Strategia
nazionale di inclusione varata nel febbraio 2012: gli accordi siglati dallo Stato italiano con il
Consiglio d'Europa prevedono l'avvio di politiche di inclusione con inserimenti abitativi,
lavorativi, scolastici e di protezione sanitaria''. Infine, con riferimento ai fatti contestati ''si
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chiede all' Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) l'istituzione di una
commissione di inchiesta'', conclude la nota di 'Nazione rom'.
(Fonte ASCA)
Opera Nomadi contro l’Associazione 21
luglio: “Il problema è il lavoro, non
l’etnia”
(20 settembre 2013
Converso critica le due proposte di legge avanzate dall’Associazione 21 Luglio per
rom e sinti, che, secondo lui, pongono l’accento sulla tutela delle minoranze
anziché sui diritti costituzionali dei cittadini
ROMA - Massimo Converso, presidente dell’Opera Nomadi, è fortemente critico verso le
proposte di legge per la tutela delle minoranze rom e sinti, avanzate dall’ Associazione 21
luglio e Commissione diritti umani del Senato. “L'ennesima proposta di legge
discriminatoria malgrado le intenzioni totalmente differenti”. La prima propone di
includere la minoranza rom e sinta tra quelle da tutelare dal punto di vista linguistico e
culturale, la seconda riguarda la salvaguardia dei pari diritti delle due minoranze. Secondo
Converso, queste proposte di legge, “per inesperienza e soprattutto per una ampia
disinformazione” spostano la questione sull’aspetto etnico, mentre la principale
preoccupazione di 70 mila Rom/Sinti già cittadini italiani è quella del diritto costituzionale
al lavoro piuttosto che quella di farsi riconoscere come minoranza”. “La stragrande
maggioranza di questi 200 mila nostri concittadini vive in casa o microaree residenziali, al
contrario di quanto sostengono i relatori della odierna legge-scorciatoia”, spiega il
presidente dell’Opera Nomadi, e quindi sarebbe meglio “dare pieno riconoscimento legale
ai loro lavori fondanti, come quelli della raccolta differenziata, del commercio ambulante e
dello spettacolo viaggiante, così come trovare soluzione allo sfruttamento sul lavoro dei
100 mila rom balcanici comunitari (rumeni e bulgari) da parte di imprenditori agricoli ed
edili, che genera devianza”. Gli unici interessati, secondo Converso, potrebbero essere i
rom non comunitari, “che però devono trovare una soluzione alla propria condizione
amministrativa come qualunque altro straniero che si trovi nello stesso stato, secondo le
proposte del Dipartimento Immigrazione del Ministero degli Interni”.
(fonte www.redattoresociale.it)
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Momenti di tensione all'Olimpico:
dalla Nord cori razzisti verso la Roma
(20 settembre 2013 Tensione all"Olimpico. I tifosi del Legia Varsavia
radunati ai tornelli del settore distinti sud dello stadio
Olimpico hanno tentato di sfondare gli ingressi
lanciando anche qualche torcia di segnalamento
all"indirizzo di forze dell"ordine e steward. Immediata
risposta degli agenti con una leggera carica che ha
riportato la situazione alla normalità. Al momento si segnala un solo tifoso leggermente
contuso e nessun agente ferito, mentre sono tre gli ospiti fermati. Momenti di tensione
all'Olimpico poco dopo la mezzora di gioco quando, dalla Curva Nord, gli ultras
biancocelesti hanno intonato, in direzione della squadra giallorossa che incontreranno
domenica prossima in occasione del derby, cori razzisti: "giallorosso ebreo, giallorosso
ebreo". Sintomo, evidentemente, della tensione tra tifoserie che si respira in attesa della
Stracittadina. Tensione anche nella curva riservata ai tifosi del Legia Varsavia. Alcuni
supporter polacchi si sono schierati davanti alla polizia con i cappucci sulla testa,
provocando le forze dell'ordione.
Una ventina di loro sono stati fermati dalle forze dell'ordine. Disordini si erano già
registrati prima dell'inizio della partita. I tifosi del Legia Varsavia, infatti, radunati ai tornelli
del settore distinti sud dello stadio Olimpico avevano tentato di sfondare gli ingressi
lanciando anche qualche torcia di segnalamento all"indirizzo di forze dell"ordine e steward.
Immediata la risposta degli agenti con una leggera carica che ha riportato la situazione alla
normalità. Al momento si segnala un solo tifoso leggermente contuso e nessun agente
ferito, mentre sono tre gli ospiti fermati
( fonte http://www.ilmessaggero.it)
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Donne migranti vulnerabili a violenze
fisiche e morali: la ricerca di Halima
(20 settembre 2013
Halima è una ragazza italo-marocchina che sta facendo una ricerca sulla percezione della
violenza nelle donne marocchine in Italia. Si trova a contatto con donne che hanno subito
violenza dal proprio partner e sfruttamento al lavoro. "Le donne immigrate in Italia non si
sentono cittadine, non conoscono la Costituzione italiana" afferma una sua collega. Una
strada per rendere le donne immigrate più consapevoli e quindi meno soggette a violenza
fisica e morale è quella di sopportarle nel percorso di migrazione attraverso politiche di
accoglienza e integrazione. Le seconde generazioni hanno un ruolo fondamentale di
mediazione... Il corto "Nuove cittadine" di Sara Zavarise è una scheggia di Zalab, prodotta
con il sostegno di Anna Lindh Foundation in collaborazione con Differenza Donna. E'
stato presentato in concomitanza con il lancio dell'azione di comunicazione
#COSACHIEDI per una maggiore presenza delle donne nelle politiche di integrazione, il
18 settembre 2013 a Roma.
(fonte http://www.redattoresociale.it)
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Un'aula su quattro ha barriere
architettoniche
(20 settembre 2013
Il rapporto ha preso in esame 165 scuole di 18
regioni ed è stata condotta da 155 cittadini
monitori. In sintesi gli edifici scolastici
presentano lesioni strutturali in un caso su sette,
distacchi di intonaco in un caso su cinque e, nel
corso dell’ultimo anno scolastico, ben 29 episodi
di tragedie sfiorate a causa di crolli di diversa
entità nelle scuole. Nel 39% dei casi lo stato di manutenzione è del tutto inadeguato, così
come la qualità di vita all’interno degli ambienti scolastici. Un terzo delle scuole ha subito
atti di vandalismo. Un’aula su quattro ha barriere architettoniche che impediscono a chi ha
problemi di mobilità un accesso libero e in tutta sicurezza. Secondo gli ultimi dati sono
oltre 200mila gli studenti disabili.
«Per la UILDM, accendere i riflettori e sensibilizzare l’opinione pubblica su temi quali
l’accessibilità e la fruibilità degli edifici scolastici, in stretta collaborazione con un partner
autorevole come Cittadinanzattiva, significa promuovere quella svolta culturale, non più
rinviabile, che affermi la centralità della persona con disabilità come soggetto che rivendica
i propri diritti, non che esprime dei bisogni -spiega Luigi Querini, presidente nazionale
UILDM. Con la campagna nazionale Assente Ingiustificato -. La nostra associazione non
intende sostituirsi allo Stato. Al contrario, desideriamo mettere in pratica l’articolo 118
della Costituzione e favorire azioni concrete di sussidiarietà, stanziando i fondi raccolti in
attività condivise con le istituzioni preposte e fornendo a queste ultime esempi di buone
pratiche».
Il 64% delle scuole monitorate ha posti auto per disabili nel cortile o nel parcheggio
interno. Scalini all’ingresso nel 27% delle scuole, ascensore assente nel 35% degli edifici e
non funzionante nell’11% di quelli che ne sono dotati; barriere architettoniche nel 19% dei
laboratori, nel 18% delle palestre, nel 15% dei cortili, nel 13% delle aule. Nel 23% delle
scuole non esistono bagni per disabili, e il 15% di essi presenta barriere architettoniche.
Il 26% delle scuole, nella gran parte delle aule, non ha sufficiente spazio per la presenza di
una carrozzina; il 44% delle aule non ha banchi adatti o adattabili per una persona in
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carrozzina; nel 57% dei casi, non ci sono in aula attrezzature didattiche o tecnologiche per
facilitare la partecipazione alle lezioni degli studenti con disabilità. Non ci sono tavoli o
postazioni adatte ai disabili in carrozzina nel 28% dei laboratori, nel 18% delle biblioteche
e nel 17% delle mense. In una scuola su quattro, sarebbe un problema gestire l’evacuazione
dall’edificio degli studenti con disabilità motoria in caso di emergenza, perché nel 24% non
esistono percorsi sicuri e praticabili che non comportino l’uso dell’ascensore o del
servoscala. Inoltre, nel 27% degli edifici monitorati, le piantine dei percorsi di evacuazione
non sono visibili da persone in carrozzina.
Il rapporto-scaricabile a lato-, come ogni anno prende in esame anche altri indicatori, come
il sovraffollamento, la sicurezza dei più piccoli, l’igiene. Ecco qualche dato. Una classe su
cinque ha più di 25 alunni e non è adeguata alla normativa antincendio. Per quanto
riguarda le scuole dell’infanzia e primarie, è stato rilevato nel 64% dei casi l’apertura dei
cancelli d’ingressi non presidiati durante le ore di lezione. Infine per l’igiene, i bagni sono
l’ambiente più sporco: la metà senza carta igienica e senza asciugamani.
«Pur apprezzando il grande sforzo compiuto dall’attuale Governo con lo stanziamento di
fondi (150 milioni subito, 300 nel prossimo triennio), è poca cosa rispetto al reale
fabbisogno. Basti pensare che il costo di un edificio scolastico di media dimensioni,
antisismico, energetico, a norma costa 5 milioni di euro - afferma Adriana Bizzarri,
coordinatrice nazionale della scuola di Cittadinanzattiva-. E poi basta con l’Anagrafe
scolastica eterna incompiuta e fantasma, che invece è’ indispensabile alle istituzioni per una
programmazione seria e attendibile sulle scuole da sistemare e su quali priorità investire i
fondi del Decreto del Fare, ed è indispensabile alle famiglie per sapere in quali scuole si
recano ogni giorno i nostri figli. Per questo siamo ricorsi alla procedura di accesso civico
agli atti nei confronti del Ministero dell’Istruzione che, entro 30 giorni, come previsto dal
decreto 33/2013 sulla trasparenza dovrà risponderci in merito alla Anagrafe. A tutela
soprattutto dei più piccoli e degli studenti con disabilità, penalizzati più degli altri dalle
pessime condizioni degli edifici scolastici».
(fonte http://www.vita.it)
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Asti: conto alla rovescia per la rassegna
cinematografica SLAFF – Social Lab
Film Festival
Ultime fasi organizzative per la seconda edizione di “Social Lab Film Festival –
SLAFF” in programma per il 27-28-29 settembre ad Asti, dedicato al “Cinema
madre”.
(20 settembre 2013)
SLAFF è una rassegna cinematografica sul tema delle migrazioni proposta da due
associazioni astigiane: Arthesis, associazione culturale che promuove e sostiene iniziative in
ambito culturale ed artistico, e Noix de Kola, associazione di volontariato che si occupa di
diritti ed integrazione dei migranti. L'edizione 2013 è dedicata al “CINEMA MADRE”,
alla produzione cinematografica dei paesi “altri”. In particolare, saranno presentati film di
registi nativi dei paesi interessati dalla rassegna. Per creare una sinergia con il contesto di
immigrazione (l’Italia, ed in particolare, con il territorio dell'astigiano), si focalizzerà
l’attenzione sui paesi da cui provengono le comunità migranti più consistenti: Africa sub
sahariana, Sud America, est Europa.Obiettivo di questo disegno artistico è duplice: fare
conoscere, attraverso il cinema e valorizzare le culture di origine, i contesti culturali di
partenza, le lingue madri. Le associazioni astigiane Noix de Kola e Arthesis stanno
definendo gli ultimi dettagli, ma il programma è già disponibile ed è ricco di appuntamenti.
Si inizia venerdì 27 settembre alle 18 con l'inaugurazione della rassegna cinematografica e
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della mostra d'arte colletiva “Lo straniero” curata da Arthesis, Ivan Fassio e Marco
Memeo. La mostra indaga il rapporto delle arti figurative contemporanee – pittura,
scultura, fotografia –, della video art e del documentario sociale con le tematiche
dell’estraneità, della diversità e della migrazione. Esporranno le loro opere Fabrizio Bonci,
Sarah Bowyer, Jean-Paul Charles, Roberta Corregia, Carlo D’Oria, Enzo Gagliardino,
Giovanna “Giogia” Giachetti, Paolo “JINS©” Gillone, Carlo Gloria, Marco Memeo,
Riccarda Montenero, Marco Seveso, Gosia Turzeniecka
All'inaugurazione saranno presenti, insieme agli organizzatori, Gianluca e Massimiliano De
Serio, videoartisti e registi di cortometraggi e documentari, Maurizio del Bufalo, ideatore e
coordinatore del Cine Festival dei Diritti Umani di Napoli, Elvira Mujcic scrittrice
bosniaca, Piero Vercelli, assessore ai Servizi Sociali del Comune di Asti, Mamadou Seck,
presidente di Asiap, associazione italosenegalese di Asti e provincia.
Il primo appuntamento con il cinema è alle 19,30. Saranno proiettati i cortometraggi:
“Lamgen Mapu-Sorelle della Terra” di Rami Gonzalez, “Giorni” di Cristina K. Casini, “Il
morso della montagna” di Laura Cini, Laura Di Pasquale e Yuri Parrettini, prodotto da
Piemonte Documenteur FilmFest e “La Mangue” di Idrissa Ouedraogo.
Alle 21.30 presentazione del concorso “Lingua madre”. Interverranno Paola Marchi e
Loreta Ndoci vincitrice del Premio Speciale Torino Film Festival del V Concorso Lingua
Madre.
Alle 23 saranno ancora proposti il cortometraggio brasiliano “Carnaval dos deuses” di Tata
Amaral e il film “A Mao e a Luva “di Roberto Orazi che racconta la storia di un trafficante
di libri.
Sabato 28 saranno proposti eventi collaterali. Alle 11 tavola rotonda "Se è ancora
primavera: rivoluzioni o involuzioni democratiche e nuovi flussi migratori tra Mediterrano
e Africa sub-sahariana". Partecipano Marco Demichelis, docente di Storia dei Paesi Arabi
all'Università Cattolica di Milano, Andrea Menegatti, docente di Storia dell'Africa
all'Università di Genova, Andrea Boutros, rappresentante del blog delle seconde
generazioni Yalla Italia e Alberto Mossino presidente dell'sociazione Piam. Modera Enrico
Vigna del Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia.
Alle 16 altra tavola rotonda: "Patrimonio di conoscenze e Reti di alternative alla crisi
artistico culturale". Interventi di: Alessandro Gaido (Piemonte Movie). Giuseppe Selva
(MonFilm Fest), Daniele d'Antonio (Tribù del Badnightcafè), Marco d'Acri (Assessoree
alla Cultura del Comune di Torino), Paolo Casalis (regista), Riccardo Costa (associazione
Sciarada). Modera Maurizio Del Bufalo.
In concomitanza, dalle 17 alle 19, workshop di lingua wolof, romeno e arabo.
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Appuntamento con il cinema a partire dalle 18,30. Saranno proposti il documentario
"Langhe Doc" di Paolo Casalis e "Il passo dell'elefante" di Paolo Casalis, Pino Pace,
Stefano Scarafia, prodotto da Piemonte Documenteur FilmFest . A seguire il
cortometraggio palestinese "A boy, a wall and a donkey" e "Minotawra-Exporting
Change".
Alle 21,30 "La longue marche du Camaléon" di Idrissa Ouedraogo, "Tey-Aujourd'hui" di
Alain Gomis e "Impasse" di Bram Schouw. Conclude "Prima della pioggia" film macedone
di Milcho Manchevski.
Domenica 29 alle 9 laboratorio di cinema per adulti "Tutto in un giorno" a cura
dell'associazione Immagina (per info e prenotazione [email protected] oppure via
sms al 339.1052708).
Alle 15 laboratorio di animazione multimediale per bambini a cura di Progetto Radis
([email protected]) e "Il raccolta fiabe africane" a cura di Asiap (iscrizioni
Le proiezioni iniziano alle 16.30 con i cortometraggi "The Accordion" di Jafar Panahi,
"N'dimagou-La dignité" di Abderrahmane Sissako, "What about me" di Etgar Keret e
Shira Geffen e "The Final match" di Saman Salour. Segue alle 17,15 il film franco-algerino
"Barakat!" di Djamila Sahraoui. Alle 19 "La Nana-Affetti e Dispetti" di Sebastian Silva.
Alle 21,30 due cortometraggi "Baiano" di Elisabetta Bernardini e "Mangia il tuo riso, al
resto ci pensa il cielo" di Marcella Piccinini. Conclude la rassegna il film greco "Delta oil's
dirty businness" di Yorgos Avgeropoulos.
A fine manifestazione, alle 23,30, ci sarà l'estrazione dei biglietti della lotteria SLAFF:
primo premio in palio un weekend per 2 persone offerto dall'agenzia di viaggio Cala Major.
Per tutta la durata del festival sarà attivo un servizio catering a cura della pro loco di San
Bartolomeo di Castagnole delle Lanze.
SLAFF è un'iniziativa patrocinata dal Comune e della Provincia di Asti, dalla
Circoscrizione 7 della Città di Torino, dal Comune di Torino e dall'UNAR (Ufficio
Nazionale Antisidcriminazioni Razziali) e sostenuta, tra gli altri, dalla Banca d'Alba.
SLAFF vanta collaborazioni con diverse realtà a livello nazionale e regionale: Piemonte
Film Commission, Piemonte Movie, Piemonte Documenteur Film Fest, Monfilm fest,
Festival del Cinema dell'Africa, Asia e America Latina. Inoltre, Slaff è membro della Rete
de Caffè sospeso, che annovera tra i suoi fondatori Il Festival del Cinema dei Diritti Umani
di Napoli, il Lampedusa Film festival ed altri importanti festival indipendenti. Molti dei
film proposti saranno presentati dai registi. (fonte http://www.atnews.it)
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Il gatto con la svastica: lo rasano per
disegnare il simbolo nazista
(20 settembre 2013)
Nuova Zelanda - Il gatto Turbo è stato vittima di un insolito attacco: parte del suo pelo è
stato rasato per fare spazio al disegno di una svastica. I padroni del gatto, James and Jess
McGiffin di Christchurch, in Nuova Zelanda, erano in casa quando si sono accorti
dell'accaduto. Inizialmente hanno pensato a un attacco razzista poiché Mr McGiffin è di
origini filippine, ma poi si sono convinti che si tratti solo di uno scherzo crudele dei
bambini del circondar io.
(fonte http://video.leggo.it)
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A ministro Kyenge maglietta Monza
calcio "Stop Racism"
Consegnata da sindaco Monza Roberto Scanagatti
(19 settembre 2013)
Monza - Il sindaco di Monza Roberto Scanagatti e il presidente del Monza Calcio,
Anthony Emery Armstrong, hanno consegnato al ministro per l'Integrazione, Cecile
Kyenge, la maglietta del Monza calcio con la scritta "Stop Racism" e sul retro il numero 10
con il nome del ministro.
"Sono molto contenta, ho saputo che tutto sia nato dalla vicenda del lancio delle banane
(in occasione di una contestazione a Cervia ndr). Vedete che le banane servono a
qualcosa?" ha commentato in tono scherzoso il ministro a Monza per un convegno. Il
presidente del Monza Calcio, Armstrong, ha dichiarato di essere "contento di aderire a
questa iniziativa perchè il razzismo non porta da nessuna parte", mentre il sindaco
Scanagatti, nel ringraziare il ministro "per aver accettato l'invito" ha elogiato la decisione
del Monza calcio "perché rinunciare allo sponsor vuol dire rinunciare a dei soldi per
lanciare un messaggio contro il razzismo".(TMNews)
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CALCIO: RAZZISMO. MASSUCCI, TOLLERANZA ZERO MA RISCHIO RICATTI
(19 settembre 2013)
Roma - "La tolleranza zero sul razzismo era necessaria, ma siamo preoccupati che possa
innescarsi un meccanismo di debolezza dei club nei confronti degli ultras". In un'intervista
a Panorama.it, il numero due dell'Osservatorio del Viminale sulle manifestazioni sportive,
Roberto Massucci, parla della svolta nelle norme Figc che hanno portato alla chiusura delle
curve di Lazio e Inter alla prima violazione delle norme anti discriminatorie: "Presidenti
ricattabili? E' un terreno minato e la giustizia sportiva e' autonoma. Noi stiamo agendo con
ogni intervento che punti alla legalita', ma il rischio esiste - ha spiegato Massucci che e'
anche il responsabile della sicurezza della Nazionale azzurra -. Ora serve un segnale ma poi
le norme andranno corrette? Si',la sintesi e' questa".Le societa', pero', devono denunciare
ogni pressione: "Esistono spazi di confronto quotidiano con noi. Se ricattate lo segnalino".
Sulla rissa di San Siro nel corso di Inter-Juventus, le cui immagini hanno fatto il giro dei siti
internet e dei giornali, Massucci sottolinea come "qualche anno fa sarebbe stata
impensabile una reazione della gente perbene di quel settore contiguo a quello degli ultras".
Pochi steward a presidio? "Ci sono cose che vanno migliorate, ma a San Siro sono stati
capaci di risolvere la situazione senza l'intervento delle forze dell'ordine, in quel contesto
sarebbe stato un disastro".
(AGI/ITALPRESS)
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Alunni stranieri. Carrozza: "Metà sono
nati qui, sono davvero stranieri?"
Il ministro dell’Istruzione: “Il tetto del 30% è un’indicazione generale che in casi
particolari può non essere rispettata. Investiamo nella formazione degli
insegnanti”
(19 settembre 2013)
Roma – “Il diritto allo studio è universale, che spetta a tutti i bambini, che provenienze
diverse, lingue diverse, culture diverse sono un'opportunità, non un disvalore,
rappresentano una ricchezza”.
Ne è convinta il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Che aggiunge: “è ovvio
che quando ci sono eccessivi squilibri bisogna intervenire. Ma non sarà il ministero a
farlo con provvedimenti generali, si interverrà caso per caso”.
Il tetto del 30% di alunni stranieri fissato dalla circolare Gelmini, spiega oggi al Corriere
della Sera, per il momento non verrà eliminato. “È un'indicazione generale – sottolinea
però il ministro - che nei casi particolari, e già succede, può non essere rispettata date le
oggettive condizioni socio-territoriali”. Bisogna però fare una distinzione: “Non
possiamo considerare allo stesso modo degli altri i figli di immigrati che nascono in Italia
o che sono arrivati piccolissimi da noi e conoscono la lingua quando cominciano le
primarie”.
“I nostri istituti di valutazione – ricorda Carrozza - hanno verificato che spesso le
performance degli allievi con cittadinanza non italiana sono simili a quelle degli italiani.
Nella scuola italiana ci sono 736 mila alunni con cittadinanza straniera ma la metà sono
nati in Italia. Sono stranieri?”.
“Posso capire le preoccupazioni dei genitori, è chiaro – ribadisce il ministro - che le
classi vanno formate con equilibrio, non ci possono essere classi con troppi stranieri o
con zero stranieri ma ripeto che i casi singoli vanno trattati singolarmente, resta alla
scuola e al ministero il compito di investire nella formazione degli insegnanti perché
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possano dare un supporto ai ragazzi e alle famiglie e continuare il cammino verso
l'integrazione”. “Una parte dei fondi che il decreto scuola votato dal governo destinerà
alla formazione degli insegnanti andrà speso in questa direzione. L'Italia – conclude -
deve avere il coraggio di imparare dalla nostra scuola, i Paesi che vincono sono quelli che
stanno vincendo la sfida dell'integrazione e della multiculturalità a partire dalla
formazione scolastica”.
(fonte http://www.stranieriinitalia.it)
SCUOLA: BOLOGNA,CLIMA TESO-
CAPOGRUPPO SEL DENUNCIA
INSULTI OMOFOFI (19 settembre 2013)
(AGI) - Bologna, 18 set. - Clima rovente a
Bologna dopo la proposta lanciata da Sel e
condivisa anche dall'assessore comunale
all'Istruzione di eliminare dai moduli di
iscrizione alla scuola d'infanzia ogni riferimento
a "madre" e "padre" per sostituirli con un piu' generico "genitore. La capogruppo di Sel,
Cathy La Torre, la prima ad elaborare la proposta 'nel mirino', ha denunciato di aver
ricevuto oggi "minacce ed insulti" di carattere omofobico in forma anonima e per lettera.
"Se avessimo oggi in Italia una legge contro l'omofobia - dichiara l'esponente di Sel - la
mia denuncia avrebbe un peso e il reato un nome: crimine d'odio omofobo".
Immediata la solidarieta' incassata dal Pd. "Voglio esprimere - ha detto il segretario
bolognese, Raffaele Donini - la solidarieta' umana e politica mia personale e del Pd di
Bologna a Cathy La Torre per le minacce ricevute in modo anonimo, nella lettera a lei
recapitata, di chiara impronta omofobica. Cio' mi spinge a pensare quanto sia urgente
approvare nel nostro Paese una legge severa contro l'omofobia. Nel merito della vicenda
- conclude l'esponente del Pd - ritengo che la discussione sia la solita 'bagarre alla
bolognese' di cui farei volentieri a meno". Intanto, il centro destra e' 'in trincea' contro la
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linea della Giunta bolognese e contro l'idea di cancellare i termini "madre" e "padre" dai
moduli per iscrivere i figli al nido o alla materna. Per il capogruppo comunale della Lega
Nord, Manes Bernardini, si tratta di "cavolate improduttive per coprire l'immobilismo
della giunta". Piovono critiche anche da Fratelli d'Italia. "Bologna - lamenta Fabrizio
Nofori, responsabile provinciale Fli - e' sempre piu' rossa di vergogna". Infine la dura
reazione del Pdl, da parte del portavoce bolognese del partito e consigliere comunale
Marco Lisei. Ora basta. "Grazie all'idiozia di pochi Bologna e' sulla bocca di molti per
questa pagliacciata di modificare la parola padre e madre- dichiara Lisei - Spero che alla
fine prevarra' il buon senso perche' come PdL non siamo intenzionati a consentire che
per accontentare una minoranza capricciosa si sacrifichi cio' che abbiamo di piu' caro:la
famiglia. Questa modifica non deve passare, non si puo' consentire che venga stuprata la
nostra costituzione"."Su questo tema siamo pronti alle barricate- conclude Lisei - Su
questo tema chiediamo una moratoria fino al parere del Ministero". (AGI)
PAVIA - Conferenza contro la legge
sull’omotransfobia. Arcigay: “La
Provincia tolga il patrocinio”
(19 settembre 2013)
PAVIA – Arcigay Pavia Coming Aut critica la Provincia
per il patrocinio dato alla conferenza in programma per
lunedì 30 settembre presso il collegio universitario Santa
Caterina di Pavia. Si tratta di un incontro dal titolo “La
legge sull’omofobia: fattispecie e conseguenze pratiche”
organizzata dall’Unione Giuristi Cattolici.
Ecco cosa scrive Arcigay.
“Apprendiamo con stupore che lunedì 30 settembre, presso il collegio universitario
Santa Caterina di Pavia, si terrà una conferenza dal titolo: “La legge sull’omofobia:
fattispecie e conseguenze pratiche” con il patrocinio della Provincia di Pavia. Ad
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organizzarla è l’Unione Giuristi Cattolici: un’associazione che ha raccolto firme e
fondato l’“Alleanza eucaristica contro la legge sull’omotransfobia”, nonché promotrice
di una conferenza sulle c.d. “teorie riparative”, in cui si è affermato che l’omosessualità è
una malattia dalla quale si può guarire frequentando gruppi di conversione. Il Presidente,
Marco Ferraresi, è stato segnalato da Universigay e Arcigay Pavia al Rettore per alcuni
post sul proprio blog (leggenaturale.blogspot.it) in cui sosteneva che i gay devono andare
all’inferno.
Niccolò Angelini, presidente presidente di Arcigay Pavia e portavoce della comunità
LGBTQI dichiara: “Non riusciamo a comprendere come la Provincia di Pavia, che ha
siglato il protocollo UNAR e ha votato una mozione contro l’omo e transfobia, abbia
potuto concedere il patrocinio a una associazione del genere. Da Arcigay Pavia parte
forte il grido alla mobilitazione. Chiediamo alla Provincia l’immediato ritiro del
patrocinio”.
(fonte http://www.vogheranews.it
Omofobia: Amnesty, Italia e altri paesi Ue non fanno abbastanza
(19 settembre 2013)
Roma L'Unione Europea e alcuni suoi stati membri non stanno contrastando i crimini
d'odio omofobico e transfobico ne' proteggono le persone dalla discriminazione, dalla
persecuzione e dalla violenza. E' quanto emerge da un rapporto pubblicato oggi da
Amnesty International, che punta il dito anche contro l'Italia.
Il documento, intitolato ''A causa di cio' che sono: omofobia, transfobia e crimini d'odio
in Europa'', mette in luce le lacune esistenti nella legislazione di molti paesi europei in cui
l'orientamento sessuale e l'identita' di genere non sono espressamente compresi nei
motivi per cui i crimini d'odio possono essere perpetrati. Il rapporto evidenzia, inoltre,
l'inadeguatezza degli standard dell'Ue sui crimini d'odio in materia di contrasto della
violenza omofobica e transfobica. Secondo un recente sondaggio all'interno dell'Ue, l'80
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per cento dei casi di violenza omofobica e transfobica non viene denunciato alla polizia,
spesso per timore di un'ulteriore vittimizzazione a causa di un'omofobia e transfobia
istituzionalizzate. In altri casi, i gay non apertamente tali non segnalano gli attacchi subiti
perche' hanno paura di essere scoperti da coetanei e parenti.
In paesi come Bulgaria, Germania, Italia, Lettonia e Repubblica Ceca - prosegue il
rapporto di Amnesty -non esiste una normativa completa sui crimini d'odio in quanto
non sono compresi i reati contro le persone a causa del loro reale o percepito
orientamento sessuale e dell'identita' di genere. In altri paesi, come Croazia e Grecia, le
leggi contro i crimini d'odio omofobico e transfobico non vengono adeguatamente
applicate, col risultato che talvolta i motivi omofobici e transfobici non vengono
registrati dalla polizia o indagati in modo approfondito.
Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto di Amnesty International segnala il caso di
Michelle, una giovane transgender di Catania che nel febbraio 2012 e' stata picchiata da
numerose persone a causa della sua identita' di genere. Tuttavia, a causa delle lacune
nella legislazione penale italiana l'odio transfobico non sara' esplicitamente preso in
considerazione come movente nel perseguimento di questo crimine o nella
determinazione della condanna e della pena.
Amnesty ha fatto appello ai parlamentari di Montecitorio, dove e' ripresa la discussione
del disegno di legge sul contrasto dell'omofobia e della transfobia, di adoperarsi affinche'
l'Italia introduca senza ulteriori ritardi una legge per contrastare i crimini d'odio basati
sull'orientamento sessuale e sull'identita' di genere. (ASCA)
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Roma, mercoledì 25 settembre, ore 10.30
Fondazione Basso, via della Dogana Vecchia 5 Roma
Berenice, Compare, Lunaria e OsservAzione
ti invitano alla presentazione di
“Segregare costa. La spesa per i ‘campi nomadi’ a Napoli, Roma e Milano”
Campi sosta, autorizzati o tollerati, villaggi attrezzati o della solidarietà o più genericamente “campi nomadi”: sono questi gli spazi che le politiche istituzionali hanno privilegiato in Italia per “ospitare” i rom, sinti e camminanti nelle nostre città. Cambiano le denominazioni ma il risultato è comune: la segregazione non solospaziale e abitativa, ma anche sociale e culturale delle persone che vi risiedono.
Le risorse pubbliche investite nei campi sono ingenti. Il rapporto ne propone una ricognizione analizzando la realtà di tre grandi città italiane: Napoli, Roma e Milano.
Le informazioni raccolte possono offrire argomentazioni di supporto a chi tra le comunità rom, nella società civile e nelle amministrazioni pubbliche denuncia l’urgenza di ripensare completamente le politiche di inclusione sociale e abitativa delle popolazioni rom, cancellando dalle nostre città la vergogna dei “campi nomadi”.
Partecipano: Antonio Ardolino, Ulderico Daniele, Donatella De Vito, Claudio Graziano, Caterina Miele, Grazia Naletto, Annamaria Pasquali, Cristina Santilli, Francesca Saudino, Manuela Tassan.
I partecipanti riceveranno una copia del rapporto.
Per partecipare alla presentazione è necessario iscriversi entro il 24 settembre inviando una mail a: [email protected]
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Kyenge e Guerra convocano tavolo
integrazione rom e sinti
Per attuazione strategia nazionale per il periodo 2012/2020
(18 settembre 2013)
ROMA - Il ministro per l'integrazione e le politiche giovanili Cecile Kyenge e il
viceministro con delega alle pari opportunita' Maria Cecilia Guerra hanno avviato ier 17
SETTEMBRE i lavori della Cabina di regia politica che, con le competenze di tutte le
Amministrazioni, intende dare impulso all'attuazione della Strategia nazionale per
l'integrazione di Rom, Sinti e Caminanti 2012-2020. L'incontro si e' svolto presso la Sala
Monumentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L'obiettivo, spiega una nota, e' quello di individuare nuove linee di indirizzo delle politiche
di inclusione delle comunita' rom e sinte: il Tavolo interministeriale ha visto la
partecipazione, fra gli altri, del ministro per gli Affari Esteri Emma Bonino, del
sottosegretario all'Interno Domenico Manzione, del sottosegretario all'Istruzione, Marco
Rossi Doria, del sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Beretta e del sottosegretario alle
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Giuseppe Castiglione. Nel corso della riunione,
Kyenge ha sottolineato come persiste ancora oggi "un'immagine stereotipata delle
Comunita' di Rom, Sinti e Caminanti presenti in Italia perche' troppo spesso continuano ad
essere alimentati stereotipi ed ansie collettive per i quali deve ammettersi una responsabilita'
della politica, dei media e, in particolare dei new social media che, come dimostrano i
recenti casi di cronaca, impattano direttamente in ambiti strategici come quello della
scuola". Il ministro ha quindi ribadito la necessita' di "unire le forze, al fine di assicurare
l'adeguatezza delle risorse rispetto agli obiettivi prefissati, di colmare i gaps esistenti,
integrando, di volta in volta, le politiche scelte in base alle esperienze e ai bisogni manifesti
e, infine, di continuare a garantire un confronto serrato tra tutte le istituzioni su
metodologie, priorita' e risorse, per l'inclusione sociale delle comunita' rom e sinte". E' stato
inoltre evidenziata l'esigenza di promuovere, in collaborazione con l'Unar-Punto di
Contatto Nazionale per l'attuazione della Strategia, "un maggiore coordinamento delle
politiche di inclusione di Rom e Sinti in ambito regionale e di favorire lo sviluppo di piani
locali di integrazione sociale, d' intesa con i comuni, oltre allo sviluppo di linee di indirizzo
tematico a livello nazionale sui fronti dell'occupazione, della salute, dell'educazione e delle
politiche abitative".I quattro assi primari d'intervento sono stati richiamati anche dal
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viceministro Guerra la quale, intervenendo anche sulla difficile condizione di marginalita'
in cui versano le donne Rom, ha affermato che "la prospettiva di genere, inserita ormai in
quasi tutti i programmi in materia di pari opportunita', impone l'individuazione dei fattori
discriminatori tra uomo e donna, l'analisi delle disparita' anche culturali e la formulazione di
specifici obiettivi che, nel caso delle donne e delle fanciulle rom richiede un sforzo
aggiuntivo in considerazione della loro esposizione alle forme multiple di discriminazione,
in quanto donne ed in quanto membri di una minoranza". Proprio oggi infatti si apre a
Helsinki - ha ricordato la Guerra- la quarta conferenza internazionale delle donne Rom
organizzata dal Consiglio di Europa per discutere di questi temi.
(ANSA).
"Nessuno stupra Kyenge?" I giudici:
"Razzismo evidente"
Depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex legista
Dolores Valandro. “Ministra presa di mira perché nera e africana”
(18 settembre 2013)
Roma – 18 settembre 2013 - Quando l’ex leghista Dolores Valandro ha auspicato su
Facebook lo stupro di Cècile Kyenge era mossa da razzismo. La ministra è diventata il suo
obiettivo perché è nera e africana. È con questa convinzione che il 17 luglio i giudici del
tribunale di Padova hanno condannato Valandro in primo grado per “istigazione alla
violenza (sessuale) per motivi razziali”. Punendola con tredici mesi di reclusione (ma la
pena è sospesa), il divieto di fare comizi e propaganda elettorale per tre anni e tredicimila
euro di risarcimento per le parti civili. “È evidente che alla base del comportamento
tenuto dall’imputata vi è proprio il pregiudizio razzista per cui una persona andrebbe
valutata per alcune caratteristiche che si presumono fondamentali, quali appunto il colore
della pelle o la mera provenienza geografica, e per quello che essa rappresenterebbe e non
invece per quello che fa...” si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate pochi giorni
fa. “Non è possibile – insistono il giudici - alcuna interpretazione alternativa a quella di un
preciso pregiudizio razzista estrinsecatosi in un invito esplicito allo stupro nei confronti
della ministra in quanto meritevole di ciò per le sole circostanze... di provenienza
geografica e di colore della pelle”. Secondo la corte “l’incitamento allo stupro e la
provocazione alla violenza sono indiscutibili” e “la frase di incitamento della Valandro non
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può neppure essere ritenuta priva di ogni possibilità di effetto pratico”.Facebook, per la
sua “capillare diffusione”, ne amplifica gli effetti. Lo dimostrano i “messaggi di altre
persone, provocati dall’intervento di Valandro, nessuno dei quali... pone in dubbio il
collegamento e l’interpretazione appena esaminati, mentre quelli di adesione esprimono
“auspici e intendimenti” di tenore analogo a quello espresso dall’imputata”. Valandro
scrisse quella frase commentando la notizia di tentato stupro da parte di un immigrato
africano, sostenendo in aula che sua figlia era stata vittima di un’aggressione simile. Un
racconto che i giudici definiscono “privo di plausibilità e del tutto carente”. Negate anche
le attenuanti generiche, “visto il suo ruolo pubblico ancorché strettamente locale
[l’imputata era consigliera di quartiere n.d.r.] e il comportamento successivo”. (fonte
http://www.stranieriinitalia.it)
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Servizio Civile. Bando in arrivo, di nuovo esclusi i
figli degli immigrati
Nonostante la sentenza di Milano, anche stavolta c’è il requisito della cittadinanza
italiana. Le “piste” battute da Kyenge erano vicoli ciechi: “Bisogna prima
modificare la legge”
(18 settembre 2013)
Roma – Quindicimila giovani volontari impegnati in attività di utilità sociale, tra disabili e
anziani, nei musei, nelle scuole, nei parchi nazionali. Anche stavolta, però, dovranno
essere tutti italiani doc: i figli degli immigrati, anche se sono nati e cresciuti qui, se per la
legge sono ancora stranieri dovranno rimanere a casa. Il nuovo bando per il Servizio Civile
Nazionale, atteso a giorni, è un muro di gomma sul quale rimbalzano le aspirazioni delle
seconde generazioni. Secondo le anticipazioni raccolte da Stranieriinitalia.it, tra i requisiti ci
sarà di nuovo la cittadinanza italiana, come recita l’articolo 3 della legge che disciplina il
SNC (d.lgsl. 77/2002). E con buona pace dell’ormai famosa sentenza del giudice di
Milano , confermata in secondo grado, che ha definito quel requisito una
“discriminazione” nei confronti dei ragazzi stranieri. Il problema è che per l’avvocatura
dello Stato quella sentenza non fa testo, anche perché ce n’è almeno un’altra di segno
opposto. Quel che vale è la legge e finchè questa non cambia i bandi saranno solo per
italiani. Una "linea" che ha dovuto digerire anche la ministra dell’Integrazione Cècile
Kyenge, che dopo le dimissioni di Josepha Idem ha ereditato la delega al Servizio Civile
Nazionale. Eppure, a fine luglio, parlando proprio di un’eventuale apertura alle seconde
generazioni, Kyenge era stata possibilista. “La discussione è in corso – aveva detto la
ministra- il nodo centrale è che dobbiamo iniziare a parlare di persone residenti in Italia, di
cittadini residenti che vogliono dare un contributo di volontariato a un servizio che esiste
già. Qualunque ragionamento deve partire da questo. Stiamo esaminando tutte le piste,
tutte le vie”.Tutte quelle strade, a quanto pare, erano vicoli ciechi. “Nel nuovo bando sarà
richiesta ancora la cittadinanza italiana. Nonostante la volontà della ministra di ammettere
anche i ragazzi stranieri cresciuti in Italia non è possibile eliminare quella clausola,
bisognerebbe prima cambiare la legge” confermano a Stranieriinitalia.it dall’entourage di
Kyenge. Il passaggio per il Parlamento viene quindi considerato obbligatorio. E le
speranze, a breve termine, sono poche. Alla Camera i deputati del Pd Marina Sereni,
Khalid Chaouki e Francesca La Marca hanno presentato due proposte di legge per aprire il
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Servizio Civile alle seconde generazioni, ma mentre ci si interroga sul futuro della
legislatura, l’esame di quei testi non è neanche iniziato. (Elvio Pasca)
(fonte http://www.stranieriinitalia.it/)
BOLOGNA. COMUNE CANCELLA 'PADRE'
E 'MADRE', MA NIENTE 1 E 2
PILLATI: MAI PENSATO DI PORCI FUORI
DELL'ORDINAMENTO ITALIANO
(18 settembre 2013)
Bologna - Presto sui moduli del Comune di Bologna non ci sara' piu' alcun riferimento a
"padre" e "madre". Ma Palazzo D'Accursio non adottera' nemmeno la distinzione tra
"genitore 1" e "genitore 2", che ha infiammato il dibattito nelle ultime settimane. Anzi,
come assicura l'assessore comunale all'Istruzione Marilena Pillati, esponente Pd, quella
soluzione non e' mai stata presa nemmeno lontanamente in considerazione. "Non
abbiamo mai pensato di inserire 'genitore 1' e 'genitore 2' o altri termini che possano
stabilire una gerarchia tra i genitori, ponendoci al di fuori di quanto prevede
l'ordinamento italiano sulle responsabilita' dei genitori. Non ci e' mai prevenuta una
richiesta in tal senso ne' la cosa e' mai stata presa in considerazione". Cio' che il Comune
fara' sara' uniformare la modulistica dei servizi per l'infanzia alle diciture "genitore
richiedente" e "altro genitore".
L'assessore, parlando con la 'Dire', ha voluto fare chiarezza sul dibattito divampato anche
sotto le Due torri dopo i suggerimenti del ministro all'Integrazione Cecile Kyenge per
rendere meno discriminatoria la modulistica che riguarda i servizi all'infanzia. "La
premessa- spiega Pillati- e' che i moduli per la richiesta di qualsiasi servizio educativo e
scolastico contengono gia' la parola 'genitore', visto che formalmente a fare richiesta dei
servizi e' un solo genitore", che puo' essere indifferentemente il padre o la madre. Dunque
i moduli di Palazzo D'Accursio parlano di "genitore richiedente" e dell'eventuale "altro
genitore", che non intrattiene direttamente il rapporto con l'amministrazione comunale
ma che e' comunque tenuto a fornire una serie di dati, ad esempio sul reddito.
(Fonte DIRE)
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Sanremo: proposta shock di Sonia Viale "La
Kyenge era una clandestina, altro che incarico
ministeriale!"
(18 settembre 2013)
Il Segretario Nazionale ligure della Lega Nord preannuncia una proposta di legge
di interdizione ai pubblici uffici per chi viene condannato per il reato di
clandestinità che verrà avanzata a Venezia
“Oggi un ex clandestino extra-comunitario può diventare Ministro della Repubblica perché
i giudici della Corte Costituzionale nel 2011 hanno bocciato la norma del pacchetto
sicurezza che impediva agli immigrati irregolari di sposarsi e di diventare cittadini italiani
dopo due anni: mi sembra giusto che almeno non diventino Ministri. Chiediamo pertanto
l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per chi ha commesso il reato di immigrazione
clandestina”: in questi feroci termini si è espressa ieri pomeriggio a Sanremo, in occasione
dell’inaugurazione della sede cittadina della Lega Nord a due passi dal celebre Teatro
Ariston tempio del Festival della Canzone italiana, l’onorevole Sonia Viale, segretario
nazionale della Lega Nord Liguria.
All’incontro erano presenti sia il Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota che il
Sindaco di Sanremo Maurizio Zoccarato. Ovviamente Sonia Viale, che da Sottosegretario
agli Interni dell’ultimo governo Berlusconi firmò molte di quelle norme contenute nel
'pacchetto sicurezza', si riferiva all’attuale Ministro all’Integrazione Cecile Kyenge ed alla
sua storia privata. Pare infatti, come riferito nella riunione leghista di ieri, che l’oculista
modenese, è cittadina italiana dal 1994 a seguito di matrimonio contratto con un nostro
connazionale, fosse giunta nel 'Bel Paese' dal Congo, con una borsa di studio, per
proseguire gli studi di medicina e specializzarsi in oculistica ma che, forse per una delle
tante gabole burocratiche che caratterizzano l’Italia, per un certo periodo si trovò in
condizione di irregolarità. Condizione superata con la successiva sanatoria ma che per la
Lega Nord dovrebbe macchiare per tutta la vita il Ministro italo- congolese, impedendole
non solo di esercitare funzioni di Governo ma anche di medico presso il Servizio Sanitario
Nazionale.
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Sonia Viale ha preannunciato che nel prossimo week-end a Venezia, presente il Segretario
federale Roberto Maroni di cui è fedelissima e tutti i maggiorenti del partito, verrà
presentata una proposta di legge popolare che modifichi l’attuale normativa penale italiana
al fine di introdurre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per chi viene condannato per
il reato di clandestinità. A proposito però è ben precisare come il Ministro Kyenge sia stata
in una condizione di irregolarità in un momento storico in cui tale circostanza non
costituiva reato: il reato di clandestinità fu infatti introdotto dalla Legge Bossi-Fini nel 2002
e, quindi, stante il divieto di retroattività della Legge penale non possa eventualmente
applicarsi al Ministro dell’Integrazione del governo Letta. Vi è piuttosto da rimarcare,
invece, come probabilmente quella della Viale sia da intendersi come una pesante
provocazione ed intimidazione nei confronti del Partito Democratico in un momento in
cui la Commissione per le elezioni del Senato della Repubblica è chiamata a pronunciarsi in
ordine alla decadenza del Senatore Silvio Berlusconi, alleato ed amico storico dei leghisti,
condannato in via definitiva per frode fiscale.
A Silvio Berlusconi la maggioranza, Pd e Movimento cinque stelle, della Commissione è
intenzionata ad applicare i rigori della recente Legge Severino che prevede per l’appunto la
decadenza del condannato in questi casi. Secondo il Pdl, di cui Berlusconi è lo storico
capo, invece non si potrebbe applicare la Legge Severino, nel centro-destra equiparata ad
una norma di natura penalistica, in quanto vigerebbe il principio di irretroattività della
Legge penale. Ecco allora profilarsi all’orizzonte la perfida e feroce vendetta dell’amica
Lega che sostanzialmente manda ai 'democratici' questo messaggio: “Se applicherete
retroattivamente la decadenza del Cavaliere di Arcore faremo di tutto per colpire
definitivamente anche il vostro Ministro”.
(fonte http://www.sanremonews.it/)
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SHOAH: SENATO, COMMISSIONE
GIUSTIZIA AVVIA ESAME DDL SU
NEGAZIONISMO
CARCERE FINO A TRE ANNI PER CHI MINIMIZZA GENOCIDIO O
PROPAGANDA RAZZISMO
(18 settembre 2013)
Roma, - Primo passo al Senato per il ddl che introduce il reato di negazionismo,
prevedendo la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 10.000 euro per chiunque se ne
renda responsabile. Il ddl, di iniziativa di Silvana Amati e di cui e' relatrice Rosaria
Capacchione (entrambe Pd), ha avuto numerose firme 'trasversali' di esponenti democrat,
Pdl, M5S, Sc, Gal, Misto-Sel.
Il provvedimento, composto da un solo articolo, modifica la legge 654 del 1975, come
modificato dalla legge Mancino, e prevede la reclusione fino a tre anni e con la multa fino
a 10.000 euro per chiunque ponga in essere attivita' di apologia, negazione, minimizzazione
dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanita'e dei crimini di guerra, cosi' come
definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai
sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.
Ma anche per chi "propaganda idee, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale o
informazioni, con qualsiasi mezzo, anche telematico, fondato sulla superiorita' o sull'odio
razziale, etnico o religioso, ovvero, con particolare riferimento alla violenza e al terrorismo
se non punibili come piu' gravi reati, fa apologia o incita a commettere o commette atti di
discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche mediante l'impiego
diretto od interconnesso di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica
ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili".
(Adnkronos)
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Cori razzisti: curva Inter chiusa Viola al
veleno (18 settembre 2013)
Nel match infrasettimanale contro la Fiorentina del prossimo 26 settembre, l'Inter dovrà
fare a meno dell'apporto della Curva Nord, cuore del tifo nerazzurro. Lo ha stabilito il
giudice sportivo Tosel che ha deciso di chiudere il secondo anello verde di S.Siro per via
dei cori razzisti che erano stati intonati da alcuni tifosi del Biscione ai danni di Pogba ed
Asamoah durante la partita contro la Juventus.
Non solo: la società è stata anche multata per l'uso di laser contro i giocatori della squadra
avversaria e uno striscione offensivo nei confronti di Conte e dovrà versare 15mila euro. È
ancora tolleranza zero, dunque, verso gli episodi di razzismo dopo che l'Italia si è adeguata
alle norme imposte dalla Uefa per gli episodi di discriminazione territoriale e razziale.
Questo è il terzo caso di chiusura di una curva dopo quelli che avevano visto come
protagoniste le squadre della Capitale. La curva dell'Inter non è nuova ad episodi di questo
tipo. La scorsa stagione il club pagò 150mila euro di multe per gli atteggiamenti razzisti
della propria curva. Senza considerare gli striscioni molto offensivi esposti in passato nei
confronti dei tifosi del Napoli e della loro città. La reazione della Nord, però non si è fatta
attendere. Franco Caravita, leader storico degli ultras nerazzurri, giura che la curva non è
razzista. ½Ma quale razzismo? Tante curve fanno i buu razzisti per lanciare un messaggio,
per farsi riconoscere. Non è il nostro caso, allo stadio e in curva Nord abbiamo anche un
sacco di ragazzi di colore con cui facciamo anche le trasferte.
Questa polemica e questa decisione non hanno senso d'esistere». Inter-Fiorentina però sarà
un match sotto osservazione anche per via delle recenti polemiche arbitrali a cui ha dato
vita la squadra viola dopo i presunti torti subiti contro il Cagliari. Un rigore mancato e la
successiva espulsione di Pizzarro per proteste(due giornate di squalifica per lui, diffidato il
tecnico Montella ). Alla dirigenza non va ancora giù il mancato raggiungimento della
Champions League dello scorso anno e sta cercando alleanze in Lega affinché le regole
valgano per tutti». Insomma, luci e ombre a S.Siro.
(fonte http://www.ilgiornale.it)
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(18 settembre 2013)
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Napoli. I reali del Belgio al San Carlo per
«Il lago dei cigni» (18 settembre 2013)
In occasione del loro soggiorno napoletano, i membri della famiglia reale del Belgio
Alberto II e Paola Ruffo di Calabria hanno voluto visitare il Teatro di San Carlo.
Guidati dalla sovrintendente Rosanna Purchia e incredibilmente colpiti dalla bellezza del
Massimo, che hanno visitato per la prima volta, i reali ne hanno approfittato per godere di
una prova de 'Il Lago dei cigni", spettacolo che debutta il 17 settembre alle 20.30 e che
vede impegnati la Compagnia di Balletto del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo e
l'Orchestra del Teatro di San Carlo.
La coppia reale, rapita dall'atmosfera del Lirico, ha cambiato i propri programmi decidendo
di assistere alla replica dello spettacolo di mercoledì 18 settembre alle ore 20.30 e ha
espresso il desiderio di tornare in futuro per altri appuntamenti della stagione lirico-
sinfonica del Teatro.
Ad accoglierli al San Carlo per la prima de "Il lago dei cigni" l'assessore comunale Pina
Tommasielli, delegata del sindaco, che è impegnato in consiglio comunale per l'
approvazione del bilancio.
La Tommasielli ha mostrato sul petto la spillina dell'Unar (Ufficio nazionale
dipartimento pari opportunità) in segno di protesta contro le leggi della Russia sugli
omosessuali. L'assessore ha comunicato che il sindaco De Magistris parteciperà alla
prossima tournée del Massimo a San Pietroburgo.
(fonte http://www.ilmattino.it)
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Dal 2009 nessuna Associazione è stata
legittimata ad agire
(18 settembre 2013)
Lo aveva stabilito la Legge 67/06, il riconoscimento alle Associazioni della legittimazione
ad agire e nome delle persone con disabilità vittime di discriminazioni. Un successivo
Decreto aveva poi sancito che una Commissione di Valutazione aggiornasse ogni sei mesi
l’elenco delle Associazioni stesse. E invece, come denuncia l’ANFFAS, quella
Commissione non si riunisce più ormai da anni
Il riconoscimento della legittimazione ad agire, come da Legge 67/06[“Misure per la
tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”,
articolo 4, comma 1, N.d.R.], per le Associazioni che fanno richiesta, è ancora in fase
di stallo e questo nonostante le numerose richieste di intervento da noi fatte alle
Istituzioni competenti e rimaste evidentemente senza risposta»: lo denuncia Roberto
Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone
con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), descrivendo la situazione attuale, con la
Commissione di Valutazione – che di regola dovrebbe esaminare le istanze di
riconoscimento – la quale non si riunisce più da anni, nonostante per legge sia stata
fissata una cadenza semestrale.
Com’è noto, la Legge 67/06 risponde ai princìpi dell’Unione Europea, promuovendo,
nell’articolo 1, la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari
opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui all’articolo 3 della
Legge 104/92, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili,
politici, economici e sociali.
Il successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 21 giugno
2007aveva poi previsto un aggiornamento semestrale dell’elenco delle Associazioni
(articolo 4, comma 2) e una conferma biennale (articolo 5) della legittimazione ad agire per
conto delle persone vittime di discriminazione. Disposizioni, però, non rispettate.
«Al momento – sottolinea ancora Speziale – sono state esaminate solo le istanze
prodottefino al 30 aprile 2009 e l’ultimo elenco aggiornato delle Associazioni legittimate
ad agire risale al Decreto del 5 marzo 2010. Questo non solo è indice di un palese mal
funzionamento della Pubblica Amministrazione, ma rappresenta anche un ostacolo per
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tutte quelle Associazioni che ogni anno si trovano obbligate a presentare nuovamente le
proprie istanze e soprattutto una grave violazione dei diritti delle persone con disabilità
stesse che vedono negato il loro diritto ad essere tutelate».
Non essendo infatti mai stati pubblicati gli esiti delle istanze presentate nelle varie scadenze
successive al 30 aprile 2009, in prossimità dell’annuale scadenza del 30 ottobre, molte
Associazioni – compresa l’ANFFAS e le sue Sezioni locali – stanno presentando per
l’ennesima volta la richiesta di riconoscimento, andando così a creare un aggravio di
documentazione per il Ministero e la Commissione e una nuova lunga attesa per tutte
quelle persone che hanno bisogno di supporto legale e giuridico.
«È necessario – conclude Speziale – risolvere questa problematica e colmare questo vuoto
attraverso l’immediata convocazione della Commissione di Valutazione,
formalmente ricostituita con Decreto del 31 ottobre 2008, a firma dell’allora ministro
Carfagna, per consentire la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle
pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità».
In tal senso, dunque, l’ANFFAS si è rivolta nuovamente alle Istituzioni, e in particolare
al Presidente del Consiglio, al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, al Segretario
del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle Pari Opportunità, dello Sport e delle Politiche
Giovanili, a quello del Lavoro e delle Politiche Sociali e a quello delle Pubblica
Amministrazione e della Semplificazione, oltreché ai Presidenti di Camera e Senato,
segnalando la questione e auspicando una rapida soluzione del problema. (S.B.)
(fonte http://www.superando.it/)
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Lancio al Consiglio d’Europa del movimento contro il discorso dell’odio
(18 settembre 2013)
Strasburgo – La xenofobia, l’intolleranza e la discriminazione stanno inondando il
cyberspazio: i discorsi dell’odio che circolano su Internet sono recentemente diventati una
delle principali forme di violazione dei diritti umani, con gravi conseguenze online e
offline. La diffusione tra i giovani su Internet di espressioni che incitano, giustificano o
promuovono l’odio rappresenta un problema estremamente preoccupante per le società
odierne. Si assiste alla crescente diffusione di pregiudizi basati sul nazionalismo aggressivo
e l’etnocentrismo, ostilità nei confronti delle minoranze, spirito settario in materia di
orientamento sessuale e di identità di genere, antisemitismo, misoginia, cristianofobia,
molestie online, antiziganismo e islamofobia: questo potenziale impatto negativo della
comunicazione online sull’evoluzione democratica delle nostre società provoca gravi
inquietudini. La campagna giovanile contro il discorso dell'odio su Internet è la risposta
fornita dal Consiglio d’Europa a tali allarmanti minacce. L’iniziativa mira infatti a
combattere il razzismo e la discriminazione che si manifestano sotto forma di discorso
dell’odio su Internet, dotando i giovani e le organizzazioni giovanili delle necessarie
competenze per riconoscere e combattere tali violazioni dei diritti umani. Giovani blogger
e attivisti saranno formati presso i Centri europei della gioventù a Strasburgo e a Budapest,
con un approccio innovativo di rafforzamento delle capacità, teso a sviluppare sane
comunità di social network.. Il Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn
Jagland sarà il primo a lanciare il Movimento contro il discorso dell’odio,venerdì 22
marzo al Palais de l’Europe (nel foyer dell’Emiciclo). La manifestazione sarà aperta alla
stampa accreditata (Trasmissione in diretta sul sito Internet). Questa iniziativa, che si
propone di sensibilizzare e stimolare l’opinione pubblica alla necessità di cambiare i
comportamenti e di difendere i diritti umani su Internet sarà associata a campagne
nazionali per la gioventù, avviate in 33 Stati membri del Consiglio d’Europa, grazie alla
cooperazione del partner strategico EEA Norway Grants e a contributi volontari della
Finlandia e della comunità francofona del Belgio.
(FONTE HTTPS://WCD.COE.INT/)
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Europa, la battaglia del velo La Gran Bretagna inaugura la "via di mezzo" "A processo con il niqab, volto scoperto per deporre". Ed è subito polemica. È
un precedente su una questione delicata in uno dei paesi più multietnici della Ue
(18 settembre 2013)
Donne islamiche con il niqab LONDRA - Una donna di fede musulmana deve togliersi il
velo per deporre in un'aula di giustizia, ma può indossarlo durante ogni altro momento del
processo. È la decisione salomonica presa da un giudice inglese che ha stabilito un
precedente su come affrontare una questione delicata e controversa nella più multietnica
nazione d'Europa. Generalmente più tollerante di altri paesi del continente, la Gran
Bretagna indica così una soluzione a metà strada tra il bando totale e il relativismo
assoluto, con una scelta improntata al desiderio di proteggere sia lo stato di diritto che la
libertà di religione.
Pronunciato davanti al tribunale londinese di Blackfriars (non lontano dal ponte "dei frati
neri" dove fu ritrovato impiccato il "banchiere di Dio" Roberto Calvi), il compromesso
architettato dal giudice Peter Murphy riguarda una donna identificata pubblicamente
soltanto come "D": una musulmana britannica di 22 anni residente a Londra, imputata di
intimidazione di un testimone in un altro procedimento. Il suo avvocato ha fatto presente al
magistrato che, in base all'Islam, la donna non può mostrare il volto in pubblico e perciò
chiede di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti soltanto gli occhi (a differenza del
burqa, che copre anche quelli), per tutto il processo. Il giudice ha obiettato che vedere il
volto di un imputato mentre depone è un fattore importante per valutarne la credibilità, ma
si è anche detto favorevole a rispettare il più possibile "ogni manifestazione di convinzioni
religiose".
Dunque come armonizzare l'articolo 9 della Convenzione europea sui diritti umani con
l'interesse pubblico a condurre un processo secondo lo stato di diritto? Il giudice ha deciso
che la donna dovrà mostrare il volto a lui stesso, agli avvocati dell'accusa e della difesa, e
alla giuria, mentre viene interrogata; ma potrà rimettersi il niqab per ogni altra fase del
processo. Inoltre ha vietato ai disegnatori che fanno i ritratti degli imputati per conto dei
giornali (nel Regno Unito fotografi e cameramen non sono ammessi in aula) di ritrarre la
donna a volto scoperto. Lo stesso giudice due giorni prima aveva risolto salomonicamente
un altro problema: come identificare l'imputata. Soluzione: una donna poliziotto ne ha
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verificata l'identità (senza il velo) in una saletta attigua e poi ha giurato in aula che la
donna con il velo era la persona messa sotto processo.
Complicato? Un po': ma l'era del multiculturalismo richiede talvolta soluzioni di complesse.
I tabloid della destra xenofoba festeggiano comunque l'obbligo di deporre senza niqab e
vogliono di più: il Sun chiede che il velo sia bandito non solo nei processi ma pure in
scuole, ospedali, aeroporti e banche. Perfino l'ex-ministro degli Esteri laburista Jack Straw
domanda norme più severe contro niqab e burqa. Il Muslim Council of Britain,
l'associazione che rappresenta 2 milioni di islamici britannici, si augura invece un dibattito
nazionale sull'argomento "senza isterismi". E la questione spacca il governo: il premier
conservatore David Cameron metterebbe il bando al velo nelle scuole frequentate dalle
sue figlie, il vicepremier liberaldemocratico Nick Clegg è contrario "a dire alla gente come
deve vestirsi". Commenta un columnist del Times: "Il niqab sarà anche una barriera anti-
britannica, ma il divieto di portare il velo sarebbe altrettanto anti-britannico".
(fonte http://www.repubblica.it)
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in collaborazione con
con i patrocinio di
Ordine nazionale giornalisti - Federazione nazionale stampa italiana
Seminari di formazione per giornalisti sui temi del genere dell'orientamento
sessuale
MILANO, 15 ottobre 2013 Acquario civico
Sala Vitman
ROMA, 16 ottobre 2013 Musei Capitolini
Sala Pietro Da Cortona
NAPOLI, 18 ottobre 2013 Maschio Angioino Antisala dei Baroni
PALERMO, 22 ottobre 2013
Villa Niscemi Sala delle Carrozze
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Ogni volta che i riflettori della cronaca si accendono su "ambienti gay" torbidi e devianti, o l'omosessualità di qualcuno è usata come un'arma di dileggio, ogni volta che transessualità diviene sinonimo di prostituzione e l'orgoglio è trasformato in "esibizionismo", i media italiani allontanano di un passo la conoscenza delle persone LGBT, delle loro lotte, delle loro vite, dei loro diritti. Talvolta è per imbarazzo, talaltra per incompetenza. In molti casi è per pregiudizio, più o meno consapevole.Così i mezzi di informazione possono rendersi complici di una cultura omofobica che esclude e discrimina le persone LGBT. Omofobia, lesbofobia, transfobia sono forme di avversione irrazionali, "analoghe al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo", secondo la definizione del Parlamento Europeo. Possono esprimersi attraverso discorsi intrisi d'odio e istigazione alla discriminazione, ma anche con l'occultamento e la cancellazione delle identità sessuali e di genere che si discostano da una presunta "norma" eterosessuale. Organizzazioni della società civile, intellettuali, giornalisti, insieme a enti come l'UNAR, promuovono da anni un cambiamento che parta dalla cultura e dal linguaggio. Sono lontani oggi i tempi in cui mancava persino un lessico per nominare senza disprezzo la diversità, ma ancora è scarsa o troppo fragile tra gli operatori della comunicazione la conoscenza e la consapevolezza delle "parole per dirlo". Per questo è necessaria un'azione continua di formazione e dialogo che, senza scadere in atteggiamenti prescrittivi o censori, metta in guardia dai rischi di un cattivo uso delle parole e indichi la via per un'informazione corretta sulle persone LGBT. E' questo l'obiettivo dei seminari, rivolti a tutti i comunicatori e in particolare ai giornalisti, sia a chi è ancora in formazione sia a coloro che svolgono già la professione, soprattutto con ruoli di responsabilità nella selezione delle notizie e nell'impostazione di titoli e gerarchie.
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Destinatari I seminari sono diretti a: giornalisti impiegati a tempo pieno in una testata, giornalisti collaboratori di una o più testate, giornalisti free lance, allievi delle scuole di giornalismo, allievi delle facoltà di scienze della comunicazione, addetti stampa e comunicazione di organizzazioni e istituzioni pubbliche e private. La partecipazione è gratuita. Iscrizione L'iscrizione è obbligatoria. I posti disponibili sono limitati. Si prega di avvisare per tempo in caso di annullamento dell'iscrizione. Segreteria e informazioni Tel. 0734 681001 - 347 4417116 - 348 3027434. E-mail: [email protected] web: www.giornalisti.redattoresociale.it
Seminari realizzati con il contributo del Consiglio d'Europa nell'ambito della "Strategia nazionale 2013-2015 per la prevenzione e il contrasto delle
discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere"
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ROM, SINTI E CAMINANTI INCONTRANO
LA COMMISSIONE DIRITTI UMANI DEL
SENATO ED IL MINISTRO CECILE KYENGE
(17 settembre 2013)
Con lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Enrico Letta ed al Ministero per
l’Integrazione la rappresentanza della società civile organizzata nell’Associazione Nazione
Rom ha chiesto un incontro con carattere di urgenza al GOVERNO al fine di avviare una
corretta implementazione della Strategia Nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei
Caminanti all’interno dello Stato italiano. Come è noto, la Strategia Nazionale risponde a
precisi impegni assunti dallo Stato in sede di Consiglio Europeo nel giugno 2011, accordi
strutturali per garantire accesso alla casa, al lavoro, alla scuola ed alla protezione sanitaria
per la prima minoranza etnica dell’Ue: il popolo Rom.
Il Governo ha nominato UNAR come punto di contatto nazionale nell’elaborazione ed
attuazione della Strategia. Le scelte operate dalle Regioni e dai Comuni, negli ultimi mesi,
hanno invece profondamente violato l’essenza stessa degli accordi europei e nazionali,
continuando nei fatti, le strade dell’esclusione, degli sgomberi forzati, delle deportazioni
anti-Rom voluta dal Ministro degli Interni Roberto Maroni e dall’esecutivo diretto dall’ex
Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel maggio del 2008. Negli ultimi giorni sono
avvenuti contemporaneamente sgomberi forzosi di famiglie appartenenti alla Comunità
Rom nelle città di Torino, Milano, La Spezia, Lecco, Firenze, Sesto Fiorentino, Roma. Il
carattere delle operazioni condotte dalle Amministrazioni locali sta assumendo i connotati
di una vera e propria PULIZIA ETNICA.
Al centro delle violazioni ed illeciti istituzionali le città di Firenze e Bologna dove si sono
consumate vere e proprie illegalità istituzionali da parte dei decisori politici Regionali e
Locali che stanno interessando le stesse Procure della Repubblica dopo le denunce alla
Magistratura da parte della rappresentanza Rom.
Particolare riscontro mediatico ha assunto la situazione delle famiglie rom di Via Salviati
che da mesi si sono sottratte alla vita all’interno dei Campi dell’Apartheid. Scappate dal
Campo di Castel Romano sono state violentemente private delle umili abitazioni dalle
ruspe inviate dal Sindaco Ignazio Marino nei giorni scorsi. É emblematico l’incontro
avvenuto pochi giorni fa tra lo stesso Sindaco della capitale ed il Sindaco Matteo Renzi. É
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infatti a Firenze che la rappresentanza Rom ha registrato il concentrato più odioso di
discriminazione razziale anti Rom.
Nel gennaio 2011 la Commissione Europea apri indagini contro lo Stato Italiano per
aperte violazione delle direttive europee sulla libera circolazione e sull’anti-discriminazione.
Le indagini durate oltre un anno e mezzo furono chiuse soltanto dopo la consegna della
Strategia Nazionale di inclusione consegnata dal Governo ai Commissari Europei.
Oggi convocato dalla Commissione Straordinaria per la tutela dei Diritti Umani, presieduta
dall’On Luigi Manconi, dall’Associazione 21 luglio si terrà un Convegno Nazionale dal
titolo: Rom, Sinti e Caminanti in Italia: una proposta di legge per il riconoscimento, la
tutela e la promozione sociale. I lavori saranno chiusi dal Ministro per l’Integrazione Cecile
Kyenge e vedranno la partecipazione diretta della società civile rom, dei rappresentanti
delle famiglie recentemente sgombrate dal Comune di Roma e di Firenze.
La richiesta al Governo Italiano ed al Ministero per l’Integrazione è la convocazione di un
incontro con carattere di urgenza che veda la presenza della Conferenza delle Regioni e
delle Province, dell’Anci, dell’UNAR e della rappresentanza dei Rom, dei Sinti e dei
Caminanti al fine di rispettare la STRATEGIA e procedere ad una sua rapida attuazione
territoriale
Associazione Nazione Rom
(fonte http://www.romadailynews.it)
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“Landiona: quella scuola salvata dai
sinti, ora è esempio di integrazione” (17 settembre 2013)
La storica maestra del paese finito sotto accusa per una bufala in tivù
Novara - In trent’anni di insegnamento
alle elementari di Landiona, la maestra
Graziana Castagno è stata tra quelli che
hanno contribuito a plasmare la scuola
simbolo di integrazione. Il rischio che
la struttura di via XI febbraio 1929 -
finita ingiustamente sotto accusa per la
falsa notizia dei bimbi italiani ritirati da scuola, rilanciata da alcuni media il 10 settembre
scorso - possa essere smantellata per carenza di iscritti toglie il sonno alla maestra più
anziana del paese, in pensione dal 2000. «Già nel 1995 ci dovemmo confrontare con la
logica dei numeri - dice Graziana Castagno Valmacco - il ridotto numero di iscritti avrebbe
condannato alla chiusura la scuola».
L’esigenza di portare in paese dei nuovi scolari fu risolta andando a proporre ai sinti
residenti nel campo nomadi di Ghislarengo (Vercelli) di seguire le lezioni a Landiona: «Con
Giuseppe Rubin e Rocco Ilaria ci recammo al campo nomadi a ridosso del ponte sul Sesia
- dice la maestra Graziana - presentati dal vigile di Ghislarengo. Le famiglie accettarono
l’invito confortate dal fatto che l’amministrazione comunale avrebbe contribuito alle spese
per la mensa. Da quell’anno scolastico si è avviato un proficuo processo di integrazione.
Oltre alla elementare la frequenza si è estesa gradualmente anche alla materna. Se all’inizio i
sinti erano restii a fare partecipare i figli alle gite anche quella rigidità si ridusse
progressivamente».
La maestra ha una memoria di ferro: «Ricordo i nomi di tutti i miei scolari. Per dimostrare
il rapporto che con l’andare del tempo si è creato con le persone che arrivano da fuori, è
bello ricordare quella bambina, oggi mamma e sposa, che in quinta piangendo mi implorò
di bocciarla così non avrebbe lasciato la scuola in cui si trovava tanto bene». La solidarietà
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si è allargata non solo ai sinti: «Nel 1999 arrivarono nell’Est Sesia quattro bimbi albanesi -
ricorda Graziana Castagno -. Furono anche loro inseriti nella elementare con l’assistenza di
una mediatrice culturale».
Prima della pensione la maestra Graziana (vedova di Costantino, già sindaco di Landiona e
madre di Cristiana Valmacco, pure lei primo cittadino), ha fatto in tempo a insegnare nella
pluriclasse: «Il disegno più bello lo fece una bambina. Immaginò un ponte che univa il
Sesia alla scuola. E’ questo il collegamento didattico e umano ormai consolidato che da 18
anni unisce Landiona agli scolari di origini sinti. Chiudere questo simbolo di convivenza
significa disperdere anni di fiducia e collaborazione».
(fonte http://www.lastampa.it)
Sgomberi forzati, il 'Centro
antidiscriminazione' ai sindaci della
provincia: "Servono soluzioni abitative"
(17 settembre 2013)
Il Centro antidiscrminazione della Provincia di Prato, da poco istituito e che lavora in
collaborazione con l'Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, accende i riflettori sulle
problematiche legate agli sgomberi forzati con una lettera aperta inviata a tutti i sindaci dei
Comuni della provincia di Prato, per sottolineare anzitutto come sia necessario evitare che
una grave condizione di precarietà abitativa possa innescare il rischio di discriminazioni.
“Alla base di queste situazioni vi è a volte la mancanza di conoscenza dei percorsi di vita
delle persone che vivono in contesti di precarietà – dice in proposito l'assessore alle
Politiche sociali della Provincia Loredana Ferrara - sia da parte delle Istituzioni che dei
cittadini. Un maggiore dialogo e il rigoroso rispetto dei diritti fondamentali sono
fondamentali per non aggiungere ulteriore disagio”.
Nella lettera inviata ai sindaci gli operatori del Centro spiegano che gli sgomberi forzati
delle persone che vivono in condizioni di precarietà abitativa, per le quali esso rappresenta
un evento drammatico, sono una delle prime tematiche di cui si sono occupati.
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“E' inevitabile che, per motivi di ordine pubblico, ovunque persone in condizione di grave
precarietà abitativa subiscano tali sgomberi – sottolinea il Centro antidisciminazione – Ma,
secondo la normativa internazionale e interna a ciascun Paese, gli sgomberi forzati, qualora
inderogabili, devono avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non
discriminazione, ad esempio attraverso il confronto su eventuali soluzioni abitative,
tutelando le categorie maggiormente vulnerabili come donne, bambini e anziani e senza
sottrarre o distruggere proprietà e beni personali. Oltre a rappresentare un costo
economico non irrilevante per le amministrazioni – conclude la lettera - gli sgomberi
forzati, se non sono accompagnati da soluzioni abitative alternative, hanno inoltre come
conseguenza pressoché automatica la nascita di altri insediamenti abusivi”.
Il Centro antidiscriminazione si occupa di rilevare, combattere e prevenire ogni forma di
discriminazione (per motivi di genere, religione, orientamento sessuale e identità di genere,
colore della pelle, disabilità, provenienza e altro) anche attraverso l'affermazione di buone
prassi in materia di lotta alla discriminazione e tutela della dignità personale e sociale dei
cittadini. Ha sede presso la Provincia di Prato, via Ricasoli 25. Telefono: 0574/534579
oppure 0574 534567, [email protected]
Fonte: Provincia di Prato
(fonte http://www.gonews.it)
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Razzismo. Gli ebrei italiani: "Tenere alta
la guardia"
(17 settembre 2013)
Il presidente dell’Ucei Gattegna commemora le leggi razziali: “Queste
degenerazioni non sono mai sconfitte, bisogna creare gli anticorpi nella società”
Roma – "Le frequenti manifestazioni di razzismo alle
quali ancora oggi assistiamo con sgomento in diversi
paesi ci impongono di ricordare che queste
degenerazioni non sono mai sconfitte per sempre, che
occorre tenere alto il livello di vigilanza, che occorre
creare nella societa' gli anticorpi contro ogni forma di
razzismo, xenofobia, sciovinismo e revisionismo
storico".
Lo ha detto ieri pomeriggio il presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane,
Renzo Gattegna, nella sala del Consiglio comunale di Trieste. Un monito lanciato in
occasione dell’apertura della commemorazione dell'annuncio delle leggi antiebraiche da
parte di Mussolini il 18 settembre 1938 in Piazza Unita'.
"Le leggi del '38, chiamate con un inaccettabile eufemismo 'razziali', ma che in realta'
furono 'razziste' e come tali intendo definirle -ha ricordato Gattegna - colsero gli ebrei,
salvo poche eccezioni, sorpresi, increduli e impreparati tanto e' vero che molti pagarono
con la vita il ritardo con il quale compresero la gravita' del pericolo".
"Pochi -ha proseguito il presidente dell'Ucei- ebbero la lucidita' di comprendere che lo
Stato italiano stava pianificando e attuando un processo che, partendo dalla negazione dei
diritti fondamentali, sarebbe arrivato alla negazione del diritto a vivere, come puntualmente
avvenne pochi anni dopo quando, indissolubilmente legato alla Germania nazista, e al
fianco delle SS hitleriane, prese parte con i propri uomini alla cattura di migliaia di famiglie
che furono deportate nei campi di sterminio per attuare quel tentativo di genocidio che essi
stessi denominarono la soluzione finale".
(fonte http://www.stranieriinitalia.it/)
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Berretta (Giustizia): "La legge Bossi-Fini
va abrogata"
(17 settembre 2013)
Il sottosegretario: “Per andare avanti bisogna cambiare. Sbarchi aumentano, non
smantellare il sistema dell’Emergenza Nordafrica”
Roma - ''Spesso nelle carceri si sono relegati i problemi che la società non riesce ad
affrontare o preferisce rimuovere, l'immigrazione e' uno di questi. Il carcere non può
essere uno strumento per governare l'immigrazione''.
Lo ha detto ieri a Catania Giuseppe Berretta (Pd), sottosegretario alla Giustizia, nel corso
della tavola rotonda conclusiva di Etnika, la summer school sui temi dell'accoglienza,
organizzata dalla Fondazione Xenagos
''Il Governo - ha aggiunto Berretta - ha inserito fra le proprie priorita' quella di affrontare
significativamente il drammatico sovraffollamento carcerario. Abbiamo dato una prima
risposta a questo problema con il decreto sull'esecuzione della pena, che ha gia' dato i
primi risultati positivi e, in prospettiva, potrebbe incidere in maniera significativa'', ha
proseguito il sottosegretario. '
“Per andare avanti, come ci viene chiesto dall'Europa, bisogna cambiare, o meglio
abrogare, la Bossi-Fini sull'immigrazione e giungere ad un quadro normativo per i rifugiati
e richiedenti asilo degno di un paese civile e democratico'' ha sottolineato il sottosegretario
alla Giustizia.
Secondo Beretta, ''siamo, probabilmente, alla vigilia di una nuova emergenza immigrazione,
che rischia di diventare persino piu' grande di quella che fu scatenata dalla primavera araba
del 2011''.
''Su questa nuova emergenza e sulla questione immigrazione in generale il Governo deve
dire subito e con fermezza due cose chiare: saranno rispettati i diritti dei migranti, quindi
non ci saranno respingimenti in mare, e non ci dovrà essere un'altra Lampedusa”, ha
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proseguito il sottosegretario, per il quale ''la responsabilita' dell'accoglienza non puo' essere
cinicamente delegata al posto in cui i migranti giungono: il Paese, nel suo complesso, deve
prendersi carico dell'accoglienza e dobbiamo anche porre il problema in sede europea,
perche' l'immigrazione e' una questione continentale, non solo italiana''.
''Negli ultimi tre mesi sono sbarcati in Sicilia oltre 3 mila migranti – ha ricordato Beretta -
soprattutto siriani ed egiziani e le previsioni dicono che entro l'anno arriveranno in Sicilia
10 mila migranti, la maggior parte siriani: l'Emergenza Nord Africa ci ha consegnato
novita' importanti, che potrebbero rappresentare delle buone pratiche da valorizzare e
rafforzare, per essere pronti a nuove ondate migratorie''.
''Alla luce dalle previsioni che ci arrivano sarebbe forse piu' opportuno soprassedere sulla
decisione di smantellare il sistema dell'emergenza Nord Africa – ha concluso l’esponente
del Pd - perche' i nuovi enti gestori diffusi sul territorio e la sperimentazione di nuove
modalita' di fare accoglienza rappresentano un patrimonio che non va disperso''.
'Le strutture di media dimensione, intorno a i 50 ospiti, si sono rilevate piu' efficaci e piu'
efficienti delle mega strutture come quella del Cara di Mineo che hanno anche un deficit di
trasparenza negli affidamenti, anche a causa dei ricorsi e contro ricorsi sulle procedure''.
(FONTE http://www.stranieriinitalia.it)
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Premier League - Lacci multicolore contro l’omofobia
(17 settembre 2013)
Le star della Premier League potranno decidere se schierarsi o meno a favore per la
battaglia anti-discriminazione sessuale. Ai 134 club del calcio inglese e scozzese sono stati
consegnati dei kit contenenti lacci multicolore per gli scarpini. Joey Barton ha già deciso di
aderire. La battaglia a favore dei diritti degli omosessuali fa un passo in avanti nel calcio
inglese: le 134 squadre che compongono le leghe britanniche (Inghilterra e Scozia) si sono
viste recapitare un kit da indossare per favorire la campagna di sensibilizzazione iniziata
negli ultimi mesi. Stonewall e Paddy Power già da qualche tempo avevano fatto squadra
con una serie di pubblicità in questo senso: ora arrivano dei lacci di scarpi multicolore, per
“dimostrare che i club e i giocatori vogliono fare un passo in avanti contro l’omofobia
nelle partite dei nostri campionati”, dice Laura Doughty, a capo della campagna anti-
discriminazione. “Si tratta di un bel messaggio in supporto dei calciatori omosessuali: un
messaggio doveroso ora che ci troviamo nel 21° secolo”.
A quanto pare c’è qualcuno che ha deciso di aderire, come dimostra il tweet di Joey
Barton.
(fonte http://it.eurosport.yahoo.com)
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Trasporto alunni disabili: a Roma è un
disastro
di Fabiana Gianni
(17 settembre 2013)
La scorsa settimana ho assistito un paio di volte ad alunni disabili presi all’uscita da
scuola in giorni sbagliati. Una mamma ha protestato con energia facendo scendere il
proprio figlio dal mezzo.
Spesso, anzi troppo spesso non ci si rende conto del male che si infligge a questi bambini.
Si litiga e si possono dire parole non sempre adatte. Irritati e sfiniti dalla guerra contro lo
Stato sociale che non c’è, alla fine pagano comunque loro: i bambini.
Cosa accadrebbe se un bambino non disabile che va a scuola con lo scuolabus fosse
portato via per sbaglio? Ne parlerebbero tutti i Tg. Invece di un bambino disabile preso
dalla classe e caricato (perché li caricano…questi sono i vocaboli che si sentono dire) nel
giuorno sbagliato: nessuno dice nulla. Tutto silenzio. Ssshhhh facciamo ancora un po’
i finti moralisti che ci fa bene! Provo una rabbia feroce.
Non possiamo permetterci di mollare. Moltissimi di noi non mollano. Ma alcuni altri si.
Quest’anno insieme all’Isee, che stabilisce che più hai bisogno dei servizi e più sei ricco,
nasce la guerra al taglio dell’assistenza. Baratro in libere interpretazioni da circo della
peggiore qualità.
Le ore sono poche, assistenti scolastici con la calcolatrice in mano a fare i conti dei 7
euro orari per il numero delle ore circa due o tre al giorno nella maggior parte dei casi.
Coperture dove le due figure di insegnate e assistente si miscelano davvero troppo oltre. E’
così difficile capire se un disabile non ha l’uso delle mani, qualcuno dovrà fungere da mani
per l’intero orario?
Paghiamo valanghe di soldi alle cooperative, bandi, gare ecc. tutto uno spreco che non ha
senso. Poi ti arriva un sindaco nuovo che di disabilità non ne sa davvero nulla se ha
permesso una roba del genere. Di seguito la e-mail di papà Andrea. Con il suo consenso
voglio trascriverla integralmente, affinchè l’applauso sia corale e numeroso. E vi prego,
tutti coloro che mi leggono, aiutiamo questo bimbo e la sua famiglia e tutti i piccoli alunni
di Roma a gridare lo schifo di assurdo disservizio:
Cara Fabiana,
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ho trovato il tuo indirizzo email su internet e spero tu sia la stessa che scrive sul blog del Fatto. Sono il
papà di un bimbo disabile gravissimo, al quale i medici hanno negato durante il parto, una vita da
bambino normale..
Con mille difficoltà essendo noi anche una famiglia numerosa, riusciamo ad organizzare tutto il mondo che
ruota attorno a lui (dall’Assistente Educativo, all’infermiera della ASL che è necessaria a Scuola per la
sua alimentazione, al cibo appositamente da noi preparato ogni mattina, fino ai pannolini e addirittura
alla bottiglietta d’acqua non fornita dalla mensa) per permettergli di frequentare, come da Diritto sancito
dalla Costituzione, la Scuola Materna.
Quest’anno, il trasporto Disabili è passato come organizzazione dal Municipio al Comune di Roma che
ha attrezzato direttamente tutto il trasporto in tutta Roma, gestendolo in modo scandaloso con autisti e
assistenti sempre diversi, creando gravi problemi di interazione con i bimbi disabili che, come è facile
immaginare, hanno bisogno di punti di riferimento fissi ai quali affidarsi e sentirsi sicuri. Peccato però che
oltre ad essere stato pianificato tale trasporto per gestirli come i ‘pacchi’ di un corriere, i risultati rasentano
la denuncia penale (Interruzione di Pubblico Servizio) in quanto il bimbo anche questa mattina non ha
potuto frequentare la scuola per la mancanza del pulmino in oggetto.
Siamo disperati e oramai non ci resta che passare alle Denuncie, ma possibile mai che una famiglia già
martoriata deve andare in Prefettura per veder riconoscere i diritti basilari ad un bimbo malato?
La civiltà di una Nazione si vede dal rispetto dei più deboli.
Lasciatemi precisare una piccola ultima cosa.
Su questi pulmini salgono alunni di 3-4, anni e poi a salire fino alla terza media.
Immaginate ora il vostro figli/nipote/amichetto…disabile e quindi non
autonomo completamente (e spesso per nulla) salire sul pulmino. Per quel bimbo è
fondamentale trovare la stessa assistente di bordo. Se piange perché manca la mamma lei
sa come si fa…se un bisognino scappa durante il tragitto…lei lo conosce e sa come gestire.
Se c’è uno starnuto, o piove, lei sa come muovere quel determinato bambino per agevolare
il sali e scendi di sciarpe cappelli e piumini…è l’angelo custode di ogni alunno.
Ma questo manipolo di gentaglia che punta solo alla carta moneta che cosa ne sa? Nulla.
Tornerò presto a parlare di cosa accade su questi pulmini. Intanto chiediamo al
Comune che la gestione torni ai municipi. Ogni alunno deve vedere assegnata la sua
assistente. Altrimenti i genitori inizieranno a denunciare ogni singola incompetenza con
una quotidiana costanza. Immaginate di dover togliere il cappottino ad un bimbo spastico
in carrozzina mai visto prima. Ne sareste capaci? no. Non lo sono neanche io se voglio
aiutare un amico e sono alle prime volte. E dobbiamo fargli fare da cavie a questi figli
anche sul bus per la scuola? A presto, grazie per quanti ci aiuteranno.
(FONTE http://www.ilfattoquotidiano.it)
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Istruzione. Ministro Carrozza: gli alunni
stranieri sono un’opportunità.
Il Ministro commenta dopo l’ennesimo caso di “classe ghetto” che, dopo la
decisione di alcuni genitori, ha portato alla soppressione di una classe elementare.
(16 settembre 2013)
“L’integrazione è una delle sfide della scuola italiana ed io non la vedo come un problema
ma come un’opportunità”. Così si è espresso il ministro dell’istruzione Maria Chiara
Carrozza sui casi di genitori italiani che ritirano i figli dalle classi dove, secondo loro, ci
sono “troppi” figli di immigrati. L’allusione è al caso di una scuola elementare di Costa
Volpino, in provincia di Bergamo, che ha solo una prima classe, alla quale quest’anno
risultavano iscritti 21 bambini, 14 dei quali figli di immigrati. La maggior parte sono di
origine marocchina, albanese, bosniaca e romena, ma quasi tutti nati in Italia. I genitori dei
7 bambini italiani, tuttavia, non hanno voluto che i loro figli condividessero i banchi di
scuola con così tanti immigrati che, a loro detta, rischiavano di rallentare l’attività didattica,
e li hanno disiscritti dall’Istituto. Per evitare una “classe ghetto”, il direttore dell’Ufficio
scolastico regionale Francesco De Sanctis e il provveditore agli studi di Bergamo Patrizia
Graziani hanno deciso di cancellare quella prima elementare. “È chiaro – ha commentato il
ministro Carrozza - che nel comporre tante classi sul territorio ci sono casi che saltano agli
occhi e giustamente vengono messi in evidenza. Dobbiamo comporre le classi in modo
equilibrato, non classi con troppi stranieri o con zero stranieri”. Sulla parola “stranieri”,
comunque, bisogna precisare che tra i banchi delle nostre scuole siedono 736 mila alunni
con la cittadinanza straniera, “ma il 50% - ha sottolineato Carrozza - è nato in Italia e parla
italiano”. Non rientrerebbe, quindi, nella quota massima del 30% di stranieri per classe
introdotta dalla famosa circolare Gelmini. Anche il deputato del Partito Democratico
Khalid Chaouki ha sottolinea che: “A volte è controproducente pensare già, per quanto
riguarda la scuola primaria, di dividere i bambini da piccoli, anzi può essere più negativo.
Va spiegato ai genitori che non c’è da aver paura della diversità ma, anzi, se c’è una
direzione intelligente, queste scuole [ad alto tasso di studenti stranieri] possono diventare
di eccellenza”. (Fonte www.immigrazioneoggi.it)
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Bimbi immigrati a scuola
Telgate: "Pronti a testare classi ponte
solo per loro"
(16 settembre 2013)
Ora che gli alunni della prima elementare,
composta solamente di figli di immigrati a Costa
Volpino, è stata smembrata per inserirli con gli altri
bambini italiani sembra che il caso sia chiuso.
Invece rimane un problema di grande attualità. Lo
sanno bene gli insegnanti, gli assistenti sociali, le
amministrazioni comunali. Inutile negarlo. Ci sono
paesi come Ciserano dove nei primi quindici giorni di scuola per i bambini si fa solamente
italiano per poi permettere loro di seguire le lezioni e i programmi del ministero. A Telgate
lo scorso anno si propose di istituire delle classi ponte: i bambini figli di immigrati con
problemi di lingua l’amministrazione comunale avrebbe messo a disposizione fondi per
istituire durante le ore di lezione corsi per insegnare e perfezionare l’italiano. Il progetto
non andò in porto. La scuola non accettò l’intrusione dell’amministrazione comunale nel
proprio piano formativo. A riproporlo ora è il vicesindaco di Telgate, Fabrizio Sala della
Lega Nord. “Gli alunni della prima elementare quest’anno sono quarantanove. Di questi
22 sono stranieri – afferma Sala – Lo scorso anno, su 45 alunni di prima elementare, 17
erano stranieri a cui si aggiunsero due bocciati. In realtà come le nostre dove il 50% degli
alunni è figlio di immigrati è necessario intervenire per supportare le carenze di questi
bambini”.
LE CLASSI PONTE
L’idea delle classi ponte non è nuova. Già nel 2008 la Lega Nord presentò una proposta di
legge in tal senso. Il primo firmatario era Davide Caparini, bresciano, deputato del
Carroccio. ''Se la nostra proposta di legge sull'istituzione delle classi d'inserimento per gli
studenti stranieri alla scuola dell'obbligo fosse stata accolta allora, oggi non faremmo i
conti con situazioni come quella avvenuta nella scuola elementare di Costa Volpino. Non è
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concepibile una classe in cui ci siano allievi che non parlano la nostra lingua. E’ necessario
istituire le classi d'inserimento alla scuola dell'obbligo – insiste Caparini - che prevedano un
percorso didattico per l'apprendimento della lingua italiana funzionale all'ingresso nelle
classi permanenti. Questo per garantire uno standard adeguato che favorisca il processo di
apprendimento degli studenti stranieri e non penalizzando gli italiani anche per scongiurare
l'esodo di quest'ultimi come spesso accade”.
IL VICESINDACO DI TELGATE
“Ogni bambino porta con sé la sua realtà quotidiana e le convinzioni della società da cui
proviene, pensare che solo mettendolo in classe con italiani diventi italiano significa
banalizzare tutto – rimarca il vicesindaco Sala -. Umanamente può essere un arricchimento
conoscere il ramdan o le abitudini che ci sono in India, ma se poi non si riesce ad andare
avanti nel programma ministeriale perché magari 10-12 compagni non parlano o quasi
l'italiano sono gli studenti italiani a non aver garantito il loro diritto ad apprendere previsto
dalla Costituzione”. Sala da amministratore locale chiede di mettere da parte i colori e le
posizioni politiche. “Vorrei che si facesse un discorso onesto – prosegue – perché a volte
sono gli insegnanti stessi che non hanno ben chiaro come intendono integrare questi
bambini, chiedono mezzi e personale dedicato solo agli alunni stranieri, ma poi al dunque
non li utilizzano perché ideologicamente lo ritengono discriminatorio. E' facile scrivere
pagine e pagine di requisitorie contro quei genitori che scelgono liberamente di iscrivere i
loro figli in classi con pochi immigrati o che, a costo di grandissimi sacrifici, li mandano in
scuola private o paritarie. Se questo succede sempre più spesso però significa che il
problema esiste. Etichettarlo solo come "razzismo" non risolve nulla. Reputare più
importanti le proprie convinzioni ideologiche si diventa sordi e ciechi di fronte a un disagio
delle famiglie”.
(fonte http://www.bergamonews.it)
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Il muro della vergogna
(16 settembre 2013)
Treviso - Un anonimo cittadino scrive al sindaco Pd, Giovanni Manildo, per chiedere la
rimozione immediata di una grande scritta razzista che ormai, da tempo, campeggia lunga
la Restera, sul muro dell’ex mulino abbandonato. “Zingari ai forni, bravo Hitler, grazie”,
vergata con vernice nera e senza firma.
E’ inaccettabile che una tale scritta resti così tanto tempo senza essere cancellata, in una
zona, poi, di interesse naturale (parco del fiume Sile) e turistico.
L’anonimo cittadino sostiene di aver già segnalato, più di un mese fa, la cosa alla polizia
locale, chiedendone la cancellazione, ma senza ottenere alcun risultato. La notizia,
segnalata dal quotidiano
Il Gazzettino di Treviso, è per noi un invito ad agire. Visti i numerosi appelli caduti nel
vuoto, e data la gravità del fatto, chiediamo anche ai nostri lettori di scrivere al sindaco
Manildo per chiedere di cancellare questa vergogna ([email protected] oppure
(Fonte http://www.cronachediordinariorazzismo.org)
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IL MESSAGGIO RAZZISTA IN VIA
BANDELLO: "ATTENTI, QUARTIERE
INVASO DAGLI ZINGARI
(16 settembre 2013)
Il cartello è stato affisso all'ingresso di un palazzo a Cagliari: messaggio contro
alcune famiglie di etnia rom che avrebbero occupato una casupola in via Chiabrera.
Un messaggio razzista scritto su un cartello che rischia di finire nel mirino degli inquirenti
per il suo contenuto: "Fate attenzione, il quartiere è stato invaso dagli zingari". Accade in
via Bandello, tra Cep e Fonsarda. La denuncia (se così si può definire) all'ingresso di una
palazzina per segnalare la presenza di alcune famiglie di etnia Rom che avrebbero occupato
abusivamente una casupola in via Chiabrera.
I particolari nell'articolo sull'Unione Sarda in edicola oggi
(http://www.unionesarda.it/)
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RADIO ISLAM RIPUBBLICA LE LISTE
ANTISEMITE
Tra i nomi ripresi da Stormfront anche docenti di
Ferrara
(16 settembre 2013)
È ricomparsa su internet l’inquietante lista antisemita pubblicata nel 2009 dal sito
neonazista Stormfront, oggi chiuso. A mettere nuovamente all’indice personaggi della
cultura, dello spettacolo e del giornalismo ‘rei’ di essere ebrei o bollati come “filosemiti” è
questa volta Radio Islam.
Radio Islam (da non confondere con Radioislam.com, media americano) nasce nel 1987
come programma radio. Il fondatore è Ahmed Rami, ex militare marocchino fuggito dal
suo paese dopo aver preso parte a un tentativo di golpe contro il re Hassan II. Rami trova
rifugio in Svezia. Nel 1996 nasce il sito radioislam.org, più volte sotto accusa in Francia e
Svezia per istigazione all’odio razziale.
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Nella pagina di presentazione Radio Islam si definisce un’associazione apolitica, “che
agisce per promuovere maggiori e migliori relazioni tra l’”occidente” e il mondo arabo e
islamico”. In che modo? Schierandosi contro “tutti i tipi e forme di razzismo, contro ogni
discriminazione basata sul colore della pelle, la fede religiosa e il gruppo etnico”. E il
primo razzismo da combattere, secondo i seguaci di Rami, è quello “ebraico verso i non-
ebrei”, che persegue “gli obiettivi del sionismo internazionale, l’ultima ideologia razzista
ancora vivente”.
Di qui la guerra santa telematica contro Israele, che “costituisce, per la sua sola esistenza,
una completa provocazione ad ogni principio, regola e legge internazionale, e il razzismo
ebraico una violazione di ogni etica e morale conosciuta dall’uomo”. Un ‘jihad’ sui generis
che vede il sito ufficiale di Radio Islam (www.radioislam.org) tradotto in 33 lingue. Tra le
sezioni nazionali c’è quella in italiano che accoglie le categorie potere ebraico, razzismo
ebraico, sionismo, terrorismo, revisionismo, protocolli di Sion e gli interventi di noti
negazionisti dell’Olocausto, da Robert Faurisson a Mark Weber. Nel pantheon delle
letture consigliate rientra anche Mein Kampf.
In questo florilegio di interventi e discussioni è spuntata di recente anche la “Lista degli
ebrei influenti italiani” (http://www.radioislam.org/islam/italiano/potere/lista-
ebraice.htm). Sotto il titolo de “Il monopolio ebraico nei mass media in Italia” campeggia
una lunga serie di nomi messi all’indice perché ebrei o filosemiti. Si va da Alain Elkann a
Fiamma Nirenstein, da Gad Lerner a Clemente Mimun, da Enrico Mentana a Paolo Mieli,
da Monica Setta a Corrado Augias, per citare i più noti. È la stessa lista che venne
pubblicata anni fa da siti come Stormfront e Holywar, oggi oscurata e non più
rintracciabile in rete. Salvo che su radio Islam.
La lista chiude glossando sul mistero di come sia possibile “che gli ebrei che
rappresentano lo 0,1 percento della popolazione occupano non solo i trust economici
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(maggiori banche, assicurazioni e aziende trust) ma pure tutte le maggiori testate
giornalistiche e televisive”.
Il malleus maleficarum di Radio Islam prosegue con scrittori, attori e registi (dove
compare il ferrarese Arnoldo Foa) e i docenti universitari. Tra questi vengono messi
all’indice quattro docenti dell’Università di Ferrara: Anita Gramigna, del dipartimento di
studi umanistici di Unife; Carlo Pancera, docente di storia della pedagogia; Annalisa
Pinter, professoressa di educazione comparata; e Marco Righetti, già docente a contratto
di Educazione degli adulti e di Didattica generale presso l’Università di Ferrara.Il motivo?
“Nelle nostre università – si legge nel testo copiato e incollato da Stormfront -, non
mancano i devoti “Sayanim” [gli ‘agenti dormienti’ al sevizio di Israele]. I sayanim nelle
nostre università collaborano con l’intelligence israeliana, che ha, proprio nella più grande
università dello “stato ebraico”, il centro nevralgico della raccolta dati. Pochi sanno che,
nell’Università di Tel-Aviv vi è un immenso database, nel quale vengono, in eterno,
schedati coloro i quali hanno parlato in modo non ossequioso delle “Stato” nazista di
Israele. Se loro fanno le loro liste, perché noi non dovremmo fare le nostre?”. E la
risposta si dipana di seguito con decine e decine di nomi di “persone potenzialmente
pericolose”.
(fonte http://www.estense.com)
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TORTOLÌ, DISABILE PRIGIONIERO IN CASA "IMPOSSIBILE ATTRAVERSARE LO STERRATO"
Trentaquattro anni, da 12 convive con la sclerosi multipla e da altrettanti è
"prigioniero" in casa. Succede a Tortolì.
(16 settembre 2013)
Pierpaolo Loddo (nella foto) ha 34 anni e da 12 la sclerosi che lo tiene fermo su una sedia a
rotelle. Fuori dalla sua abitazione nel quartiere Is Murdegus, a Tortolì, c'è una lunga strada
sterrata, piena di buche impossibile da attraversare.
Basterebbero 60 mq d'asfalto per restituire la libertà a Pierpaolo.
I dettagli della notizia oggi in edicola con L'Unione Sarda nell'articolo di Mariella Careddu.
(fonte http://www.unionesarda.it/)
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Disabili, accuse alle terme di Salice e
Rivanazzano
L’associazione Acod presenta un esposto a Regione e
Asl di Pavia «Problemi per l’accesso a chi ha un
handicap». La replica delle strutture
(16 settembre 2013)
SALICE/RIVANAZZANO. Le Terme di Salice e di Rivanazzano “negate” ai disabili?
Una denuncia in questo senso arriva dalla Acod, l’Associazione Consumatori Disabili
presieduta dal pavese Lorenzo Pernetti. Nei giorni scorsi l’Acod ha inviato un esposto alla
Regione Lombardia, all’Asl di Pavia e allo Sportello antidiscriminazioni che ha sede nel
Comune di Pavia.
Pernetti, che è portatore di una grave disabilità che lo costringe sulla carrozzina da ormai
trent’anni, racconta una sua esperienza personale «ma rappresentativa» dei disagi e dei
problemi che, secondo il suo esposto, potrebbero subite o hanno subito altre persone
disabili. Importante una premessa: «Entrambi gli stabilimenti termali - sottolinea Pernetti -
sono stati sottoposti a ristrutturazione grazie all’erogazione di significativi finanziamenti
pubblici; prima delle rispettive ristrutturazioni risultavano inaccessibili e non fruibili da
soggetti nelle condizioni del sottoscritto». Insomma, ora dovrebbero essere in regola.
Invece, quando Pernetti si presenta alle due Terme (nel mese di agosto), si trova subito in
difficoltà. Nell’esposto denuncia «gravi carenze strutturali nell’accessibilià e visibilità delle
piscine termali, delle “zone vapori” e di altre parti destinate all’erogazione di servizi”, e
significative carenze relazionali da parte delle rispettive direzioni e del personale
interpellate». In un caso, a Rivanazzano Terme, «mi è stato persino negato l’accesso alla
piscina in ragione della presenza di alcuni bagnanti». In buona sostanza, Pernetti chiede un
intervento delle autorità per evitare «il verificarsi di situazioni o comportamenti idonei a
determinare discriminazione diretta o indiretta nei confronti di soggetti disabili».
Le direzioni delle due società che gestiscono le Terme hanno subito replicato. Da
Rivanazzano, il responsabile Giorgio Matto precisa: «Escludo ogni discriminazione e la
struttura è perfettamente agibile ai disabili. Ricordo il problema che si era verificato con il
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dottor Pernetti. Il fatto è che il nostro è un piccolo stabilimento termale e accettiamo
clienti solo su prenotazione, proprio per fornire un servizio accurato. Una scelta, la nostra,
ancor più ragionevole se il cliente è una persona con disabilità. Secondo il presidente
dell’Acod noi dovremmo aver un elevatore per la piscina, ma è un impianto che non è
richiesto dalla normativa che abbiamo sempre rispettato. D’altro canto, è interesse di una
struttura come la nostra fornire alle persone con disabilità il miglior servizio possibile e
un’accoglienza accurata».
La direzione delle Terme di Salice, invece, è meno precisa nella replica per ovvie ragioni: da
poco tempo la proprietà è cambiata (il socio di maggioranza è Elio Rosada, ex assessore a
Voghera): «Non siamo in grado di dare una risposta precisa - spiegano da Salice - perché
all’epoca non eravamo noi alla guida della struttura, ma evidentemente escludiamo,
conoscendo il personale, qualsiasi atteggiamento discriminatorio nei confronti dei disabili.
Disabili che siamo in grando di accogliere e di assistere». Esiste però un problema - viene
ammesso - per la piscina termale che ha un muretto che provoca qualche disagio per
l’accesso, ma «si può utilizzare un’altra piscina termale ed il personale è sempre disponibile
per aiutare i clienti».
(fonte http://laprovinciapavese.gelocal.it)
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La storia - «Offende il Corano». «No, è romantico».
Dibattito aperto in Egitto
Lo scatto pubblicato su Facebook
accende una disputa fra tradizionalisti
indignati e giovani stanchi di subire i
diktat familiari e i pregiudizi sociali
(16 settembre 2013)
Si baciano per strada sullo sfondo dei graffiti dell'Egitto rivoluzionario: lui con i capelli
ricci e la felpa col cappuccio, lei col volto incorniciato dallo hijab, il velo islamico. Chissà se
la foto di questi giovani egiziani diventerà un simbolo, come il bacio romantico davanti
all'Hôtel de Ville fotografato da Robert Doisneau nella Parigi del 1950, o come quello tra il
marinaio e l'infermiera a Times Square, di Alfred Eisenstaedt, icona della fine della
Seconda guerra mondiale. Una cosa è certa: da quando l'attivista Ahmad El Gohary ha
pubblicato l'immagine (anonima) su Facebook, oltre a ricevere decine di «mi piace», è stato
bombardato da commenti furiosi: «È contro l'Islam!», «Andranno all'inferno», «Sono atei».
In Egitto ci sono leggi sulla pubblica decenza contro questo genere di effusioni, anche se
non sempre vengono applicate. «Ma potevano essere picchiati, e la ragazza poteva subire
molestie sessuali», spiega al Corriere Ghada Abdel Aal, autrice del bestseller Che il velo sia
da sposa (Epoché). «La cosa assurda è che, quando le donne subiscono molestie, nessuno
interviene, ma se una coppia si bacia, allora è scandaloso». A risultare ancora più
scandaloso è il fatto che la ragazza sia velata, perché «il velo si accompagna all'immagine di
una donna modesta che non cerca di attirare l'attenzione degli uomini».
«Anche questa foto è un'icona di un'era, ma credo che sia ancora più rivoluzionaria di
quelle occidentali», commenta Mansoura Ez Eldin, autrice del romanzo Oltre il Paradiso
(Piemme). «È un bacio tra due ragazzi che sono stufi di tutte le restrizioni ed esprimono il
proprio amore in pubblico. Dimostra che la gioventù della rivoluzione è diversa. E che il
velo oggi può indicare molte cose: classe sociale, consuetudine, obbligo della famiglia. Non
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per forza una ragazza con lo hijab è conservatrice: e un giorno potrebbe trovare il coraggio
di toglierlo».
Togliersi il velo è un fenomeno sempre più diffuso in Egitto, nota Ghada, che ha iniziato a
indossarlo al primo anno di università, perché altrimenti le dicevano che era «una ragazza
facile». «Molte delle mie amiche adesso lo stanno togliendo, e molte ne parlano. Ci sto
pensando anch'io. E mentre baciarsi in pubblico - spiega - difficilmente diventerà "una
moda" in Egitto, molte donne stanno sfidando le tradizioni in altri modi. Non tutte vanno
in piazza a reclamare i propri diritti, lo fanno solo le più istruite. Ma ci sono studentesse e
casalinghe di diverse classi sociali che sfidano le tradizioni andando all'università in un'altra
città, oppure affittando un appartamento da sole, scegliendo mestieri considerati maschili,
o togliendosi il velo. Anche se non abbiamo una portavoce né un movimento che ci
riunisca, questi cambiamenti sono reali».
Sono fenomeni alimentati anche dalla delusione nei confronti dei Fratelli musulmani,
concordano le due scrittrici. «Non erano solo un partito politico: si presentavano anche
come interpreti del corretto significato dell'Islam - spiega Ghada -. Dopo averli visti
governare in modo inetto e corrotto, liberare miliziani islamici dalle carceri, bandire le
immagini di donne non velate dai libri di scuola, molti egiziani, i più giovani in particolare,
hanno cominciato a non crederci più e ad ascoltare altre interpretazioni. Non vuol dire che
siamo meno religiosi, ma che cerchiamo la verità dell'Islam. E se in passato, in moschea, le
persone ascoltavano i predicatori senza fiatare, adesso trovi gente che interviene, li
corregge, e si mette pure a litigare con loro». (Viviana Mazza)
fonte www.corriere.it)
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STAMPA ESTERA Estrasburgo investiga el caso de la letrada expulsada de la Audiencia por llevar hiyab
(19 settembre 2013)
La letrada Zoubida Barik sostiene que el presidente del
tribunal, Gómez Bermúdez, la discriminó y atentó contra
la libertad religiosa Manuel Altozano
El Tribunal Europeo de Derechos Humanos (TEDH), con sede en Estrasburgo (Francia) ha
admitido a trámite la demanda presentada por la abogada Zoubida Barik por haber sido
expulsada de un juicio en la Audiencia Nacional al negarse a quitarse el pañuelo islámico o
hiyab. La letrada, a la que ni el Consejo General del Poder Judicial ni el Tribunal Supremo
dieron la razón, asegura que, con esa decisión, el entonces presidente de la Sala de lo Penal
de ese tribunal, Javier Gómez Bermúdez, la habría discriminado respecto al resto de
abogados personados en el juicio y habría atentado contra su derecho a la libertad religiosa.
En una vista por delitos de terrorismo islamista, celebrada el 29 de octubre de 2009,
Gómez Bermúdez -ahora titular del Juzgado Central de Instrucción 3-, presidente
entonces del tribunal al que correspondió el caso, no permitió que Barik permaneciera
en estrados con su pañuelo en la cabeza. La abogada alegó que había asistido a otros
muchos juicios sin que se hubiera producido ningún problema. Sin embargo, al no
obedecer al magistrado, tuvo que seguir el juicio desde los bancos reservados al
público. La abogada de religión musulmana no representaba a ninguna de las partes,
sino que prestaba apoyo a un compañero.
La letrada recurrió la decisión del expresidente de la Sala de lo Penal ante la Sala de
Gobierno de la Audiencia Nacional, pero esta última envió su petición al Consejo
General del Poder Judicial al considerar que no era competente para resolver el recurso.
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Ante la falta de respuesta del órgano de Gobierno de los jueces, Barik presentó otro
recurso de protección de derechos fundamentales ante la Sala de lo Contencioso del
Supremo, que también denegó su petición por cuestiones formales. Por último, el
Constitucional rechazó de plano el recurso de amparo que presentó. Sus magistrados
consideraron que no se había vulnerado ningún derecho fundamental.
Ahora, sin embargo, Estrasburgo sí admite a trámite el caso y da traslado al Gobierno
español para que presente las alegaciones que considere pertinentes. Barik, defendida
por el abogado murciano José Luis Mazón, considera que la normativa sobre la
indumentaria que los letrados deben llevar en los procesos no prohíbe expresamente el
hiyab. La abogada alega también ante el TEDH que Gómez-Bermúdez la discriminó
respecto al resto de los letrados presentes en el juicio que, vestidos con la toga, como
ella, pero sin pañuelo islámico, sí pudieron asistir al juicio.
"Aunque todavía no hay sentencia, la decisión del tribunal de Estrasburgo es importante
por si sirve para el resto de mujeres musulmanas que se encuentren en la misma
situación", explica por teléfono Barik. "Esto demuestra que hay jueces que ven cosas de
otra manera, jueces multiculturales a los que les importa el comportamiento y el trabajo
de las personas y no como vayan vestidas; ¿qué más da si llevo pañuelo? Lo importante
es que pueda hacer mi trabajo y defender a mi cliente.
En su escrito de alegaciones al Consejo General del Poder Judicial, Gómez Bermúdez
justificó la expulsión de Barik invocando el artículo 37 de Estatuto General de la
Abogacía. Ese precepto, obliga a los abogados a vestir toga en los juicios y
“potestativamente” birrete. De esa norma, el magistrado deducía que “la regla es que no
pueden llevarse prendas en la cabeza, de ahí que tenga que mencionar expresamente el
birrete”. “La ley no puede definir en negativo lo que no se puede llevar, no se puede
decir: no se podrá llevar mantilla, sombrero cordobés, barretina catalana, txapela vasca,
etcétera”, defendía en su escrito.
Ante el Tribunal Supremo, Barik alegó que los jueces de Ceuta y Melilla, al contrario
que Gómez Bermúdez, sí permitían el uso del hiyab en estrados. También se refirió a
los ordenamientos jurídicos de otros países de nuestro entorno. Así, aseguró que los
jueces británicos autorizan el turbante para los abogados de religión sij y los de Estados
Unidos permiten usar kipa a los letrados judíos. La abogada también consideraba
vulnerado su derecho al honor, la intimidad y la propia imagen porque "iba vestida en
consonancia con sus convicciones religiosas o culturales" sin molestar o dañar a nadie
por ello.
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Tras el incidente, el Ministerio de Justicia ofreció a Barik un puesto como gestora
procesal con funciones de secretaria judicial en el Juzgado de Paz de Arroyomolinos
(Madrid). "He adquirido muchísima experiencia", explica la abogada, que tras dos años
en ese puesto, acaba de volver a ejercer su profesión. "Durante todo ese tiempo era la
que daba fe en el juzgado y he tenido que casar a un montón de parejas y celebrar
juicios de faltas", cuenta entre risas. En ninguno de esos actos, ni en los juicios
laborales que ha tenido desde que volvió a la abogacía el hiyab ha sido un problema.
Lo que Lo que Lo que Lo que dice la leydice la leydice la leydice la ley
El expresidente de la Sala de lo Penal y actual titular del juzgado
central de Instrucción 3 de la Audiencia Nacional Javier Gómez
Bermúdez. / SAMUEL SÁNCHEZ
Estatuto de la Abogacía Española (2001). Artículo 3 7.
- 1. Los abogados comparecerán ante los Tribunales vistiendo toga y,
potestativamente, birrete, sin distintivo de ninguna clase, salvo el colegial,
y adecuarán su indumentaria a la dignidad y prestigio de la toga que
visten y al respeto a la Justicia.
- 2. Los abogados no estarán obligados a descubrirse más que a la entrada y
salida de las Salas a que concurran para las vistas y en el momento de
solicitar la venia para informar.
Reglamento 2/2005 de Honores, Tratamiento y protoco lo en la Actos
judiciales solemnes. Artículo 33.
- (...) Fiscales, Secretarios, Abogados del Estado, Abogados y Procuradores
en actos solemnes judiciales y actos jurisdiccionales que tengan lugar en los
estrados, usarán toga y, en su caso, placa y medalla. En todo acto
jurisdiccional llevarán traje o vestimenta acorde con la solemnidad del acto.
(fonte http://elpais.com/)
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Secret ban on face veils for staff at 17
hospitals
(19 settembre 2013)
At least 17 NHS hospitals have banned front line staff from wearing
the veil, The Telegraph has learned, as ministers called for new
guidelines to ensure all patients can have “face to face” contact with
those who care for them.
An investigation by The Telegraph has found 17 NHS hospitals across five NHS trusts
which have already quietly instituted a ban on front line staff wearing the niqab Photo:
REX FEATURES
By Laura Donnelly and Rhiannon Williams
The Government last night ordered a
review of all health service policies on
workers’ uniforms. It will ask
professional regulators to draw up
clear rules so that communication with
patients is always given priority over
the right of a nurse or doctor to wear a
veil.
It follows indications from David Cameron that he would support public sector bodies
wishing to ban staff from covering their faces. MPs have called for a national debate
on the issue.
An investigation by The Telegraph has found 17 NHS hospitals across five NHS trusts
which have already quietly instituted a ban on front line staff wearing the niqab — a full
veil which covers the face — while in contact with patients.
There are 160 NHS trusts in England. With no national guidance, the vast majority
make no such ruling, leaving decisions to the discretion of local managers. In some
cases, uniform policies specifically state that the veil can be worn by front line staff for
religious reasons.
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Dr Dan Poulter, the health minister, has ordered a review of all current health care
guidance on the issue and asked clinical regulators to draw up clear rules to ban the
wearing of the face veil by health care staff while they are in contact with patients
He told The Telegraph: “I am proud of the rich ethnic diversity of our health care
workforce and support appropriate religious and cultural freedoms, but a vital part of
good patient care is effective verbal and non-verbal communication.
“Being unable to see a health care professional’s face can be a barrier to good and
empathetic communication with patients and their families. That is why I am writing to
all health care regulators to ask them to look into this matter and to review their
professional regulations, to ensure that there is always appropriate face to face contact
between health care professionals and their patients.”
Earlier this week, Jeremy Browne, the Home Office Minister, called for a national
debate on the issue, but on Tuesday, Theresa May, the Home Secretary, said it was
not the role of the state to tell women what to wear. Their interventions came after a
district judge ruled that a Muslim woman must remove her veil while giving evidence,
saying that the issue had the potential to drive a “coach and horses” through centuries
of justice. The Telegraph investigation found that the 17 NHS hospitals had clear
policies stating that front line staff should not be allowed to cover their faces while in
direct contact with patients. Some went further, to say that face veils should not be
worn in situations where communication is essential, such as training.
Many of the hospitals which have introduced explicit restrictions are in parts of the
country that have high Muslim populations, such as East London, and Bradford and
Dewsbury in Yorkshire. The policy drawn up by Bradford Teaching Hospitals NHS
Foundation trust, which runs Bradford Royal Infirmary and St Luke’s Hospital, states:
“To ensure effective communication, clothing which covers the face (veil/niqab) is not
permitted for any staff in contact with patients, carers or visitors or for staff in other
roles where clear face to face communication is essential, for example, training.”
Staff who wish to wear a veil when they are not working, such as in breaks, or during
their lunch, or walking around the buildings, are told they may do so, but should be
prepared to remove their veil if asked to check their identity against their ID badge,
according to the guidance drawn up last year. Similar rules were introduced last year
by Mid Yorkshire Hospitals NHS Trust, which operates Pinderfields Hospital,
Pontefract Hospital and Dewsbury and District Hospital.
At Barts Health NHS trust, which runs Mile End Hospital, Newham University Hospital,
The London Chest Hospital, The Royal London Hospital, St Bartholomew’s Hospital
and Whipps Cross University Hospital, the policy is that faces must not be covered
while staff are treating patients. Wrightington, Wigan and Leigh NHS trust, which runs
three hospitals in Greater Manchester and Lancashire, says face coverings should not
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be worn when delivering patient care in order to aid communication and minimise
infection risks.
The rules drawn up by Northern Lincolnshire and Goole Hospitals NHS Foundation
Trust, which runs Diana, Princess Of Wales Hospital, Goole and District Hospital, and
Scunthorpe General Hospital state that during interactions with patients or clients, the
face should not be covered.
However, the vast majority of uniform and appearance policies drawn up by the 160
NHS trusts make no reference to the veil, leaving decisions to local managers.
Wirral University Teaching Hospital Foundation trust, which runs Arrowe Park Hospital
and Clatterbridge Hospital, specifically states that veils may be worn if required for
religious reasons. Dr Sarah Wollaston, the Conservative MP for Totnes in Devon and a
former GP, said: “I think the same rules should apply to everyone: if I chose to wear a
balaclava to work that would not be acceptable.
“There are many areas — the courts, schools and hospitals — where the veil is simply
not appropriate because you need clear communication.
“I’m surprised that there aren’t more female politicians making a stand on this; making
it clear that women need to be seen and heard in our society.”
(fonte The Telegraph)
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Jeremy Browne: Ban Muslim women
from wearing veils in schools and public
places
(16 settembre 2013)
Britain should consider banning Muslim girls and young women from wearing veils in
schools and public places, a Home Office minister has said.
Jeremy Browne, a Liberal Democrat, said there needs to be a national debate about
whether the state should step in to protect young women from having the veil “imposed” on
them.
Mr Browne said he is “instinctively uneasy” about banning behaviour, but suggested the
measure may still be necessary to ensure freedom of choice for girls in Muslim
communities.
The Home Office minister is the first senior Liberal Democrat to raise such deep concerns
about Islamic dress in public places. A growing number of Conservative MPs also want the
Government to consider a ban.
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Nick Clegg, the Deputy Prime Minister, has suggested he may support banning the veil in
classrooms, but downplayed the chances of wider restrictions.
He said: “My own view, I don’t think we should end up like different countries where we tell
people how they go about their business. I do think there is an issue with teachers in the
classroom…that might be an area where a full veil might be inappropriate.”
Tory MPs, including a vice-chairman of the party, have now voiced support for Mr Browne.
Mr Browne told The Telegraph: “I think this is a good topic for national debate. People of
liberal instincts will have competing notions of how to protect and promote freedom of
choice.”
He added: “I am instinctively uneasy about restricting the freedom of individuals to observe
the religion of their choice. That would apply to Christian minorities in the Middle East just
as much as religious minorities here in Britain.
“But there is genuine debate about whether girls should feel a compulsion to wear a veil
when society deems children to be unable to express personal choices about other areas
like buying alcohol, smoking or getting married.
“We should be very cautious about imposing religious conformity on a society which has
always valued freedom of expression.”
His comments follow a political row last week over a decision by Birmingham Metropolitan
College to ban veils.
The college was accused of discriminating against Muslims when it ordered all students,
staff and visitors to remove face coverings so individuals are “easily identifiable at all
times”. It then backtracked after a petition attracted 8,000 signatures in 48 hours and the
policy drew criticism from politicians.
Under the current guidance, schools are entitled to set their own uniform policy.
Mr Cameron has so far declined to revisit the rules on veils in schools, but his position is
coming under pressure as MPs from across the political spectrum speak out.
Downing Street has said the Prime Minister would support a ban on full-face veils in his
children’s schools, but insisted the final decision should rest with head teachers.
However, back-bench Tory MPs yesterday suggested that the rules should be changed to
instruct schools to enforce a ban on face coverings.
Dr Sarah Wollaston, the MP for Totnes, said the veils are “deeply offensive” and are
“making women invisible”. She suggested that the niqab should be banned in schools and
colleges.
Writing for The Telegraph, she said: “It would be a perverse distortion of freedom if we
knowingly allowed the restriction of communication in the very schools and colleges which
should be equipping girls with skills for the modern world. We must not abandon our
cultural belief that women should fully and equally participate in society.”
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Bob Neill, a vice-chairman of the Conservative Party, backed Mr Browne’s call for a
national debate about a ban. “I do think we need to have a serious conversation about it,”
he said.
He said that schools should be able to ban children who persist in covering their faces in
lessons.
“Schools should be allowed to say if you want to go into lessons in our schools you have
got to comply with the rules,” he said. “You can’t allow the teaching of the majority to be
undermined, to be disrupted by that.”
Schools and colleges are given the freedom to set their own policies on uniform covering
areas such as the length of skirts and suitable haircuts.
Guidance from the Department for Education states that it should be possible for various
religious beliefs to be accommodated within individual institutions’ policies.
The right to a particular religious dress code is safeguarded by the Human Rights Act 1998
and must be followed by schools and colleges, it is claimed.
But the guidance says that teachers can lawfully impose policies that “restrict the freedom
of pupils to manifest their religion” – for example, by covering their face or carrying the
traditional Sikh kirpan dagger – on various grounds.
The DfE guidance, last issued in 2012, says: “Where a school has good reason for
restricting an individual’s freedoms, for example, to ensure effective teaching, the
promotion of cohesion and good order in the school, the prevention of bullying, or genuine
health and safety or security considerations, then the restriction of an individual’s rights to
manifest their religion or belief may be justified.”
Peter Bone, the Tory MP for Wellingborough, said: “From a security point of view you need
to be able to see the faces of people – in the House of Commons when we go through a
division [to vote] we are not allowed to cover our face. There is a security issue here that is
worth debating.”
Last week a judge allowed a defendant to enter a plea in a Crown Court case while
wearing a full niqab. He is expected to give a ruling on whether she will be allowed to wear
the veil throughout her trial, which is due to take place at Blackfriars Crown Court in
November.
(fonte http://www.telegraph.co.uk)
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Francia prohíbe un matrimonio gay por
un convenio con Marruecos
(16 settembre 2013)
Dominique y Mohamed, una pareja homosexual franco-marroquí residente en Chambéry
(este de Francia), tuvo que renunciar a su boda el sábado porque la Fiscalía les comunicó,
con 48 horas de antelación, que un convenio bilateral entre Francia y Marruecos prohíbe a
los marroquíes casarse con personas de su mismo sexo.
La pareja ha decidido acudir a los tribunales para ver reconocido su derecho al
matrimonio. Su abogado, Didier Besson, ha dicho que recurrirá la decisión del fiscal, quien
ha achacado su negativa a las instrucciones recibidas del ministerio de Justicia, que
considera que el acuerdo internacional entre París y Rabat “prevalece sobre el código civil”
francés.
Una circular del ministerio precisó en mayo, poco después de la promulgación de la ley
conocida como “Matrimonio para todos”, que la norma no será exactamente para todos
porque los ciudadanos de once países -Marruecos, Polonia, Bosnia, Montenegro, Serbia,
Kosovo, Eslovenia, Túnez, Argelia, Camboya y Laos- no pueden contraer matrimonio con
personas del mismo sexo.
El abogado Besson alega que el acuerdo franco-marroquí firmado en 1981 no debe
aplicarse en derecho interno, puesto que Marruecos también prohíbe el matrimonio entre
musulmanes y no musulmanes y esa norma no se aplica en Francia. Los colectivos gais
reclaman al ministerio que inscriba la ley como “principio superior” para elevarla sobre las
leyes extranjeras.
(fonte http://sociedad.elpais.com)
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