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UN NUOVO ANNO PER UN NUOVO ESERCITO

Nei quindici mesi dall’assunzione dell’incarico alVertice dell’Esercito, ho avuto modo di intraprendere, inPatria, un intenso ciclo di visite a Comandi, Enti, Istitutied unità, che mi ha permesso di prendere piena coscien-za dello «stato di salute» della Forza Armata. Dalle visi-te nei principali Teatri Operativi in cui siamo schieratiall’estero, ho potuto, inoltre, trarre alcune preziose indi-cazioni che attestano, inequivocabilmente, la confermadi eccellenti capacità professionali complessive nonchédi una sempre crescente maturazione di quelle capacitàche una volta potevamo definire «di nicchia», ma cheoggi sono divenute affermate realtà. I lusinghieri risultati che l’Esercito ha, fino ad oggi, con-seguito sono, di certo, ascrivibili all’incondizionato spiri-to di servizio di ciascuno, ma sono altresì il prodotto dellescelte coraggiose operate in passato, che possiamo trat-teggiare come un «percorso virtuoso», iniziato con laprima missione di pace in Libano – primo vero impiego«intensivo» di unità dell’Esercito oltremare, di cui abbia-mo recentemente celebrato il trentennale – e proseguitoincessantemente nel corso di questi ultimi sei lustri. Oggi però una nuova sfida attende l’Esercito: si tratta diuna profonda riorganizzazione, in chiave riduttiva, checi è imposta dallo sfavorevole quadro economico del

Paese, ma anche dal mutato ruolo richiesto agli odiernistrumenti militari e che segue a poco più di dieci anni lagrande trasformazione dai primi anni duemila cheportò al modello professionale.Come sapete, infatti, lo squilibrio in cui versa l’attualemodello di Difesa – cosiddetto «Modello a 190 000» –unitamente alla gravissima crisi economica che ha colpi-to tutte le economie mondiali, hanno imposto di ricali-brare lo Strumento Militare nazionale, che dovrà peral-tro continuare a «produrre» un output operativo perquanto possibile invariato, in grado di fronteggiare conefficacia le minacce alla pace e sicurezza, nonché garan-tire il mantenimento del livello di ambizione nazionalee il ruolo da protagonista svolto dal nostro Paese inambito internazionale. Appurata, dunque, l’insostenibi-lità del Modello precedente (che prevedeva perl’Esercito un livello di forza di 112 000 unità) e stantel’esigenza anche per la Difesa, al pari delle altreAmministrazioni dello Stato, di contribuire a contrarrela spesa pubblica, si è imposta l’urgenza di una revisio-ne dell’intero comparto.Non siamo, pertanto, di fronte a una semplice trasforma-zione, bensì ad un vero e proprio cambiamento radicale,ad una svolta «epocale» e culturale, tanto nell’ambito

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Nel leggere l’ultimo numerodi «Rivista Militare», è matu-rato in me il convincimentodi utilizzare questa prestigio-sa e seguitissima «vetrina»per tracciare, da Capo di Sta-to Maggiore dell’Esercito,l’impegnativo «percorso» chedovremo, tutti insieme, af-frontare nel breve-medio ter-mine. È dunque questo l’in-tento delle pagine che seguo-no, nella consapevolezza chei provvedimenti di riorganiz-zazione, che saranno varatiprossimamente, richiedonoun più incisivo impegno co-municativo da parte dellaForza Armata, in virtù dellaloro rilevanza e portata.

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dell’organizzazione quanto, per ciò che sarà richiesto a tutti noi, sul piano strettamente individuale. La revisione si presenta, quindi, non soltanto come una sfida impegnativa, ma anche come un’imperdibile oppor-tunità che, prevedendo una riorganizzazione complessiva, ci permetterà non solo di varare uno Strumento piùsnello e flessibile, ma anche, e soprattutto, equilibrato e sostenibile. Infatti, l’odierno bilancio dell’Esercito dedicaben il 70% delle risorse al settore Personale, il 18% all’Investimento e solo il 12% all’Esercizio (è questo il settore piùdelicato ed in maggiore difficoltà, in cui sono comprese tutte le voci di spesa – addestramento, mantenimento delleinfrastrutture, acquisto delle munizioni, dei carburanti e dei pezzi di ricambio, eccetera – che consentono la «vita»della Forza Armata). Pertanto, in un quadro complessivo di riduzione delle risorse disponibili, non vi è alternati-va alla necessità di una contrazione complessiva delle dimensioni del nostro apparato di difesa attraverso la dimi-nuzione delle strutture di vertice e periferiche, il riadeguamento funzionale di taluni programmi di ammoderna-

mento e dei livelli del personale. L’obiettivo è quello di pervenire adallocare tendenzialmente il 50% del totale delle risorse disponibili alsettore Personale, destinando il resto ai settori Esercizio eInvestimento (25% ciascuno). Infatti, il protrarsi di valori sensibil-mente inferiori al 25% per questi ultimi due settori - ed in partico-lare lo scostamento eccessivo per quelli di esercizio - finirebbe percompromettere seriamente sia la prontezza operativa delle nostre

unità, sia il mantenimento in efficienza deisistemi a più elevato contenuto tecnologico.Sebbene inevitabili, le riduzioni dovrannocomunque avvenire con gradualità, per con-

sentire all’Esercito di perseguire una maggiore

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efficienza e sostenibilità pur seguitando ad assolvere,senza soluzione di continuità e senza flessioni, i propricompiti.Noi non temiamo la trasformazione, anzi – come è bennoto – ne siamo assolutamente avvezzi: l’Esercito è sem-pre stato uno Strumento operativo in continua evoluzio-ne, dovendosi adeguare a ogni cambiamento dellaminaccia e ad ogni variazione degli scenari di riferimen-to (d’altronde, basti pensare a quanto siano radicalmen-te cambiate le Forze Armate italiane, e l’Esercito in par-ticolare, nell’ultimo trentennio).Tuttavia, questa volta c’è un elemento di novità rispettoal recente passato: è stato abbandonato il criterio di pia-nificazione delle esigenze militari basato sulle «capacitàoperative da acquisire» in relazione alla minaccia e allivello d’ambizione nazionale per passare, invece, aduna pianificazione guidata prioritariamente dalla«sostenibilità economica» dello Strumento Militare.Al riguardo, il Ministro della Difesa pro-tempore ha,innanzitutto, fissato i criteri da seguire nel processo dipianificazione del nuovo Strumento Militare, rendendonoti i requisiti di partenza per consentire alle ForzeArmate di avviare – ciascuna per proprio conto, armo-nizzando poi i risultati in seno allo Stato Maggiore dellaDifesa – i propri studi di revisione.Tali requisiti sono:• 14,1 Mld € quale riferimento programmatico finanzia-

rio per la funzione Difesa;• un volume di 150 000 unità di personale militare, con

una riduzione di circa il 20% rispetto al modello pro-fessionale, e di 20 000 civili (consistenze organiche daconseguire tendenzialmente entro il 2024);

• riequilibrio tendenziale del Bilancio della funzioneDifesa, ripartendolo orientativamente – come giàdetto – in 50% per il settore Personale, 25% perl’Esercizio e 25% per l’Investimento (ripartizione daconseguire a fine del processo).

Dunque, alla luce di tali linee d’indirizzo e al fine dipreservare al massimo la componente operativa proiet-tabile, l’Esercito si attesterà, entro il 2024, su un volu-me organico complessivo pari a circa 90 000 militarioperativi. Dovranno essere esclusi gli Allievi delleScuole e delle Accademie e il personale in addestra-mento che, evidentemente, non parteciperebbe all’ope-ratività dello strumento. Per effetto dei provvedimenticonnessi con la spending review è previsto uno stepintermedio, al 2016, in cui la consistenza organica dellaForza Armata dovrà attestarsi sulle 100 000 unità.Questi numeri non devono far sorgere timori nelnostro personale, perché, come dimostrato dalle simu-lazioni e dagli studi elaborati dallo Stato Maggioredell’Esercito, tali valori verranno conseguiti gradual-mente con gli esodi naturali del personale e con conte-nute contrazioni nei volumi dei reclutamenti di tutte lecategorie. In ogni caso, il disegno di legge approvato afine anno prevede la possibilità di estendere il periodoper raggiungere i limiti numerici anche oltre il 2024, senecessario.Peraltro, contestualmente alla riduzione organica,dovranno anche essere variate le attuali ripartizioni delpersonale tra le tre macroaree di impiego, prevedendoun innalzamento al 70% della componente operativaproiettabile – contro il 65% di oggi – un ridotto ridimen-sionamento del supporto operativo, dall’8 al 7%, e unapiù sensibile riduzione della componente di supportogenerale, che dovrà passare dall’odierno 27% al 23%. È comunque da rimarcare che la trasformazione dellacomponente terrestre dello Strumento Militare non sipuò ridurre solamente ad una mera questione di naturaeconomico-finanziaria. L’esigenza del cambiamento,infatti, si avverte principalmente dai ritorni di esperien-ze che abbiamo quotidianamente dai Teatri Operativi. Inprimis, si deve assolutamente tenere conto della fonda-mentale importanza degli aspetti inerenti alle risorseumane, perché i più recenti impieghi operativi ci hannodimostrato – qualora ve ne fosse stato bisogno – l’irri-nunciabile centralità dell’uomo sul terreno, con la suacapacità di «leggere» le diverse situazioni, capacità chenon potrà mai essere surrogata efficacemente da alcunsistema tecnologico. E qui apro subito una parentesi sul problema del pro-gressivo invecchiamento del personale di truppa la cuisoluzione risulta oramai ineludibile, in considerazionedelle negative ricadute che ciò comporta su una compa-gine ad alta vocazione operativa qual è l’Esercito.L’attuale situazione di crisi è determinata dal fatto che,a differenza dei nostri principali Alleati, i quali, in mate-ria di reclutamento, fanno largo ricorso a «contratti d’ar-ruolamento» a tempo determinato, in Italia si è scelto unsistema in cui si tende a stabilizzare il personale inferma prefissata «meritevole», facendolo transitare nellacategoria dei Volontari in Servizio Permanente.

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Il modello organizzativo di una Forza Armata forte di112 000 professionisti e fondata sul principio della stabi-lizzazione della maggior parte dei suoi VFP 4 presuppo-neva, tuttavia, lo stanziamento di risorse adeguate e sicollocava in un quadro finanziario di riferimento comple-tamente diverso da quello attuale che, come ho già detto,prevede invece una struttura organizzativa su 90 000uomini, da raggiungere gradualmente entro il 2024.In tale senso, al fine di prevenire il prodursi di insanabi-li squilibri nei volumi dei VFP 1 e dei VFP 4/VSP, che sitradurrebbero nel rapido innalzamento dell’età mediadel personale con una sensibile perdita di capacità ope-rativa dello Strumento, occorre ideare soluzioni innova-tive ricorrendo all’introduzione di nuove figure. Mi rife-risco in particolare alla possibilità di concedere un’ulte-riore rafferma annuale ai VFP 1 al secondo anno diferma (il cosiddetto «VFP 3»), inserita nei provvedimen-ti applicativi relativi al «Modello a 90 000» in corso dipredisposizione. In sostanza, oggi, in relazione ai reclutamenti del passa-to, i volumi organici di VSP sono quasi raggiunti. In talsenso, al fine di mantenere il giusto criterio che i VFP 4meritevoli e idonei possano avere ragionevolmentegarantito il transito nei VSP, è necessario ridurre ilnumero dei VFP 4 in accesso, mantenendo un numero

adeguato di giovani militari. La ragionevole soluzionenel breve e medio termine è «spalmare» i VFP 1 su 2/3anni di ferma iniziale mantenendo il numero complessi-vo di giovani militari pur avendo ridotto le battute diingresso nei VFP 4. Per il futuro, pertanto, la ForzaArmata dovrà investire, necessariamente e prioritaria-mente, sulle nuove figure professionali dei Volontari aFerma Prefissata, che rappresentano la «formula» piùefficace per avere soldati in grado di fornire output ope-rativi di ottimo livello e, al tempo stesso, per contenereautomaticamente i reclutamenti annuali, consentendo aimigliori la possibilità di transitare nelle categorie deiVFP 4 e dei VSP (Figura 1).Per poter disporre di un capitale umano di livello ade-guato, è altresì indispensabile che il nostro personalevenga sottoposto a percorsi addestrativi assolutamenterealistici e riceva quegli strumenti culturali che gli per-mettano di comprendere le complesse realtà in cui è chia-mato ad operare e ad interagire in stretta sinergia contutti gli attori presenti sul campo. Ma, per formare edaddestrare il personale servono fondi adeguati e suffi-cienti e la progressiva riduzione delle risorse a disposi-zione, unitamente al ben noto sbilanciamento del budget(spesa eccessiva per il Personale, a detrimento dei setto -ri Esercizio e Investimento), stanno progressivamente

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compromettendo la capacità della Forza Armata di adde-strare e preparare adeguatamente il proprio personale. Al riguardo, non posso sottacere che, nonostante gli enor-mi sforzi posti in essere dall’Esercito per aumentare ilnumero e la tipologia delle attività condotte mediante ilricorso a tecniche di simulazione, gli attuali costi adde-strativi non risultano ulteriormente comprimibili e ulte-riori tagli in tale strategico settore si tradurrebbero, inevi-tabilmente, in un sensibile decadimento delle capacitàoperative delle nostre unità, potendo generare anchenocumento alla sicurezza del nostro personale.Pur nel quadro di più ridotte risorse disponibili, l’obiet-tivo finale da conseguire è, dunque, quello di unEsercito caratterizzato da ampia flessibilità e versatilità,completamente integrabile in ambito interforze ed inter-nazionale e in grado di esprimere assetti pienamenteinteroperabili con quelli degli Eserciti alleati ed amiciper partecipare, da protagonista, al rafforzamentodell’Alleanza Atlantica, alla realizzazione delle capacitàeuropee di sicurezza e di difesa nonché al consolida-mento del sistema di sicurezza e cooperazione interna-zionale delle Nazioni Unite. Si tratta, dunque, di tra-guardi ambiziosi e impegnativi che non possono esse-re disattesi, pena la perdita di credibilità internazio-nale di tutto il «Sistema Paese».Stante tali premesse, un Esercito a 90 000 unità potràesprimere, nell’ambito della Joint Force nazionale, ilseguente livello di impegno:• essere in grado di contrastare situazioni di emergenza

sul territorio nazionale, con forze non inferiori a 5 000uomini, costituite da unità non pre-allocate;

• garantire un impegno di maggior sforzo per untempo limitato (fino a 12 mesi), quale forza joint di unimpegno multinazionale per la condotta diOperazioni di difesa collettiva e di Risposta alle Crisi(CRO), che implica la disponibilità di un pacchetto diforze non inferiore ai 20 000 uomini;

• sostenere un impiego prolungato nel tempo di nonmeno di 10 000 uomini, per un impegno multinazio-nale «one-shot rinforzato», da utilizzare per una rapidareazione ad una situazione di crisi;

• mantenere una flessibilità strategica, costituita da unaforza non inferiore ai 5 000 uomini, che consenta alPaese di passare da un’articolazione strategica adun’altra nel caso di crisi internazionale non prevista.

È evidente, però, che un’efficace trasformazione delloStrumento Terrestre non può essere disgiunta anche dauna profonda revisione della propria presenza sul territo-rio e, quindi, da un’attenta razionalizzazione delle infra-strutture. In tale senso, è già stato elaborato uno specificopiano sostenibile, denominato «Piano Globale di

Razionalizzazione delle Infrastrutture dell’Esercito»,che, sulla base di studi di razionalizzazione di tipo

areale (i criteri di riferimento adottati sono: vici-nanza alle aree addestrative, migliori condizio-

ni infrastrutturali e maggiore capienza), siprefigge lo scopo di definire le infrastrut-

ture non più funzionali allaForza Armata, da alienare

e/o valorizzare ai sensidella vigente

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normativa. Questa strada metterà l’Amministrazionedella Difesa in condizione di avere immediati e consisten-ti risparmi perché, riducendo le infrastrutture in uso,diminuiranno i costi di esercizio e perché, attraversol’alienazione, si otterranno le risorse necessarie perammodernare le infrastrutture attive. Limitandosi allesole caserme in uso, che sono attualmente 512, il piano haindividuato 325 infrastrutture strategiche, mentre 175sarebbero dismissibili nel breve periodo, consentendo – insede teorica – un risparmio di costi di gestione stimatointorno ai 70 milioni di euro all’anno.Peraltro, proprio in tema di infrastrutture, in più occa-sioni ho rappresentato all’Autorità politica una mia«soluzione ideale» che, attuata nel medio-lungo terminecon una disponibilità certa di idonee risorse finanziarie,potrebbe portare alla concentrazione di tutti gli Enti eunità della Forza Armata in 15/20 «macrobasi», situatein prossimità di idonee vie di comunicazione e areeaddestrative. Tale soluzione, se da un lato permettereb-be di ottimizzare la spesa infrastrutturale e, nel lungoperiodo, di consentire sensibili economie di gestione,dall’altro presenta notevoli costi iniziali, che, franca-mente, ritengo difficilmente sostenibili stante l’attuale

situazione economica.Al momento, stiamo comunquecercando di realizzare tale pro-getto di concentrazione delleinfrastrutture in maniera «vir-tuale» attraverso alcunesoluzioni

quali il cosiddetto «supporto di piazza» e il concentra-mento delle unità operative presso le caserme migliori epiù vicine alle aree addestrative. Uno studio di massimaper l’implementazione del citato progetto è già statorealizzato e prevede la gravitazione delle nostre unità instrutture dislocate in prossimità delle maggiori areeaddestrative presenti in Italia: mi riferisco ai poligoni diCapo Teulada (CA), del Cellina Meduna (PN), di TorreVeneri (LE), di Candelo Masazza (BI), di Monte Romano(VT), nonché ad aree addestrative pregiate quali quelledi Persano (SA) e Cesano di Roma, che dovremo, com-patibilmente con le risorse disponibili, espandere epotenziare. E su questo argomento basti aggiungere chela disponibilità di aree addestrative – già oggi scarsissi-ma – è assolutamente vitale per garantire l’addestra-mento e l’operatività delle nostre unità. Si tratta di unargomento di scottante attualità anche alla luce dellerecenti richieste delle comunità locali che talora vorreb-bero ulteriormente limitare le servitù militari, ma sulquale in Italia si è già raggiunto il limite della sostenibi-lità. Le aree addestrative sono già oggi insufficienti eappare, pertanto, necessaria una maggiore consapevo-lezza da parte della società civile delle ineludibili esi-

genze di un Esercito che si voglia efficiente. Viste, dunque, le linee generali del processoevolutivo, desidero

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ora passare ad illustrare, per ciascuna Area d’Impiego, lelinee d’azione che verranno seguite e la configurazionefinale che verrà acquisita entro il 2024.Inizio, quindi, dall’Area Operativa, su cui spenderòqualche parola in più, poiché costituisce il vero «centrodi gravità» della trasformazione.Il primo aspetto che mi preme evidenziare è che abbiamodeciso di concentrare le risorse disponibili per accrescerel’operatività, l’autonomia tattico-logistica e la flessibilitàd’impiego delle Brigate di manovra che, a tale fine,avranno una configurazione ordinativa omogenea basatasu tre reggimenti di manovra (fanteria), un reggimentoesplorante (cavalleria), un reggimento logistico e i neces-sari enablers di combat support – unità del genio e di arti-glieria – al fine di poter disporre di Grandi Unità elemen-tari in grado di essere prontamente schierate nei TeatriOperativi d’impiego con tutte le dipendenti «pedine».Sulla base di tale premessa, il processo evolutivo ci por-terà ad avere le seguenti Grandi Unità elementari dimanovra:• una Brigata aeromobile in cui sono concentrati i con-

tributi dell’Esercito alla capacità di proiezione dalmare;

• quattro Brigate leggere (una paracadutisti, due alpinee una di fanteria), da impiegare prioritariamente inoperazioni in terreni fortemente compartimentati e inzone urbanizzate. La Brigata paracadutisti rappresen-ta poi la principale capacità in termini di early entry;

• due Brigate pesanti (una meccanizzata e l’altra coraz-zata), idonee agli impieghi «classici» in operazioni adalta intensità;

• due Brigate blindate medie, nelle quali si concentre-ranno gli sviluppi in termini di mezzi digitalizzati edotati di elevata mobilità strategica.

Nello specifico, per quanto attiene alla componente blin-data e corazzata, la Forza Armata, pur nei limiti dellenote ristrettezze di bilancio, ha sviluppato un importante

piano di rinnovamento dei principali sistemi d’armapesanti al fine di poter comunque disporre di un adegua-to bacino di «forze pesanti», equipaggiate e addestrateper condurre azioni risolutive attraverso l’impiego com-binato di potenza di fuoco, protezione e movimento. Intale contesto, sono state approvate due esigenze operati-ve volte ad equipaggiare (dal 2016 al 2025) i reggimenti dicavalleria del prossimo futuro con circa 150 nuove blindo«CENTAURO 2» (di concezione e produzione interamen-te nazionale) e i reggimenti carri mediante il rinnovamen-to tecnologico delle piattaforme esistenti.Tornando alla riorganizzazione dell’Area Operativa sipuò facilmente notare come l’Esercito verrà a disporredi 9 Brigate di manovra, contro le 11 attuali: bisogna,allora, individuare i due Comandi Brigata che dovrannoessere soppressi, riqualificati o accorpati ad altri. In taleottica, il primo provvedimento che verrà assunto saràquello di «fusione» ad altro Comando Brigata delComando della «Pozzuolo del Friuli», poiché, dovendocedere i propri reggimenti di cavalleria alle altre GrandiUnità elementari di manovra per soddisfare le loro esi-genze di una capacità esplorante autonoma, non avràpiù «ragioni operative» per essere tenuto in vita.Tuttavia, desidero rimarcare con forza che, quando par-liamo di chiusura di Brigate, si intende in realtà la chiu-sura del solo Comando e del relativo reparto Comando,poiché i reggimenti dipendenti saranno mantenuti in

vita e ceduti ad altre Brigate. Peraltro, i provvedimentidi chiusura – e tale principio sarà applicato anche nellealtre Aree d’Impiego – terranno conto delle giuste aspet-tative del personale, che cercheremo di soddisfare con-temperandole con le esigenze della Forza Armata. Perquanto attiene, invece, al secondo Comando Brigata dimanovra che dovrà essere realizzato e accorpato ad unaltro, sono in corso i necessari approfondimenti al finedi individuare la soluzione più efficace, così come sistanno effettuando studi storico-tradizionali per valuta-re quali denominazioni di Brigate mantenere in vita equali, purtroppo, saranno abbandonate.

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Sempre nell’Area Operativa, è già stato avviato il pro-getto della costituzione del Comando delle ForzeSpeciali dell’Esercito – COMFOSE – in Pisa. Tale coman-do, che avrà alle dipendenze il 9° reggimento d’assalto«Col Moschin», il reggimento acquisizione obiettivi, il4° reggimento alpini paracadutisti «Monte Cervino», il28° reggimento comunicazioni operative e il 26° RepartoElicotteri per le Operazioni Speciali, sarà responsabile digarantire la necessaria unitarietà all’addestramento,all’approntamento, allo sviluppo dottrinale e procedu-rale nonché all’acquisizione dei materiali per il compar-to Forze Speciali/Forze per Operazioni Speciali.Tale processo di «accorpamento» si è reso ineludibileproprio a fronte delle lezioni apprese, negli ultimi anni,nei numerosi Teatri Operativi che hanno visto e vedonoattualmente protagonista la Forza Armata. Oggi, infatti,le minacce più insidiose che ci troviamo a fronteggiaresono basate, essenzialmente, su una componente tecno-logica di tipo «ibrido», di facile reperibilità sul mercato,e da una componente di tipo «militare» che possonoessere neutralizzate soltanto attraverso l’impiego inte-grato di una «triade» di assetti tratti dalle Forze Speciali,dall’intelligence e dalle Forze convenzionali.Per tale ragione, l’attuale progetto di revisione dellaForza Armata si fonda su «3 cerchi virtuali» contenenti leforze convenzionali, quelle speciali o per operazioni spe-ciali e gli assetti intelligence, che permetteranno di svilup-pare uno Strumento, pienamente integrabile in funzioneinterforze e interagenzia, in grado di condurre unamanovra «full spectrum», nello spazio e nel tempo, al finedi garantire la protezione degli interessi vitali nazionalinel dominio della sicurezza globale (Figura 2).Essenzialmente, tale paradigma prevede che ogni impie-go operativo, ai differenti gradi di intensità, dovrà con-

templare il dosaggio in varie misure di: capacità ISTAR(Intelligence, Surveillance, Target Acquisition andReconnaissance), per individuare e anticipare la minaccia;Forze Speciali/Forze per Operazioni Speciali, per con-durre azioni dirette puntuali e «chirurgiche» ma ancheper operare in tutto lo spettro della Military Assistance;Forze convenzionali, in grado di sviluppare la manovraconducendo operazioni decentrate e pluriarma unita-mente ad attività di stabilizzazione volte a garantire lasicurezza della popolazione, il consolidamento degliobiettivi raggiunti e la risoluzione della crisi. In questo senso, una delle più importanti lezioni appresedalle operazioni dell’ultimo decennio in Iraq, Afghanistane Libano, è l’esigenza di garantire subito la creazione diforze locali efficienti per contribuire con tempestività edirettamente alla soluzione delle crisi. In sostanza, le forzedi pace ed i contingenti multinazionali possono garantirela sicurezza e contribuire alla stabilizzazione, ma la pacevera può essere solo creata dalle unità autoctone. Per que-sto fra i nuovi compiti, da attribuire a tutte le moderneforze operative vi è la «mentoring, training and assistance»voluta dalla dottrina McChrystal ma anche contemplatanel mandato della Risoluzione del Consiglio di Sicurezzadelle Nazioni Unite n. 1 701 sulla cui base opera il contin-gente UNIFIL in Libano.Sempre nel contesto della riorganizzazione dell’AreaOperativa, i Comandi delle Forze di Difesa saranno sop-pressi, ma resteranno, come livello intermedio, iComandi di Divisione: la «Acqui» di proiezione princi-pale, mentre la «Mantova» – interessata a una ridisloca-zione da Vittorio Veneto a Firenze, nella sede che fu diEUROFOR – e la «Tridentina» assicureranno la capacitàdi sostenere impegni prolungati nel tempo. Passando all’Area della Formazione, che è l’altro ambi-to della Forza Armata a cui, insieme all’Area Operativadeve essere garantita la più ampia attenzione e salva-guardia possibile, ci saranno provvedimenti ordinativialtrettanto rilevanti, data l’importanza e la delicatezzadi tutto ciò che attiene alla formazione e specializzazio-ne del personale.Il progetto di revisione contempla la costituzione di ununico Comando di Vertice – il Comando per laFormazione e la Dottrina dell’Esercito (COMFORDOT)– che è stato attivato ad inizio anno a Roma, al posto delComando dei Supporti delle FOTER.Al termine della trasformazione, l’Area sarà articolata intre macrosettori:• il primo, facente capo al Comando per la Formazione

e Scuola di Applicazione, raggrupperà gli Istituti diformazione (Accademia e dipendenti Scuole Militari,Scuola Sottufficiali e Scuola Lingue Estere);

• il secondo, facente capo al CESIVA di Civitavecchia,oltre alle attuali funzioni di simulazione e validazione,si occuperà anche dello sviluppo dottrinale e del ciclodelle lezioni apprese per l’intera Forza Armata;

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Il problema operativo del Comandante sul Campo non riguarda più solouna dimensione combined e joint, ma è oramai fortemente interagency.

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• il terzo, comprenderà le Scuole preposte all’addestra-mento specialistico del personale, raggruppate in trepoli, manovra, Combat Support e Combat Service Support.

Passando all’Area Logistica, data la sua particolare com-plessità e ampiezza di azione, la revisione sarà moltocorposa ed andrà ad interessare settori estremamenteeterogenei. Non bisogna dimenticare, inoltre, che, perquest’ambito, il progetto dell’Esercito andrà a inserirsinell’alveo del più ampio progetto di revisione dellaDifesa, che, come nel caso della riforma della SanitàMilitare, mira ad uno sviluppo del sostegno logistico inun’ottica più marcatamente interforze.La riorganizzazione dell’Area Logistica prevederà unastruttura di Comando e Controllo più snella attraversola soppressione dei Comandi Logistici d’Area Intermedidi Padova e Napoli e delle relative strutture di suppor-to nonché il transito delle funzioni, compiti e OrganiEsecutivi nell’ambito dei Dipartimenti settoriali (TRA-MAT, Commissariato, Sanità e Veterinaria, Tecnico) delComando di Vertice e la riconfigurazione in senso ridut-tivo degli stessi.Inoltre, sono state individuate soluzioni organizzativetese ad accentrare, in un minore numero di Enti, le fun-zioni esecutive di mantenimento, rifornimento e sanita-rie mediante la soppressione/accorpamento delle relati-ve strutture e infrastrutture.Infine, vale la pena rimarcare che tale piano permetterà,entro il 2024, di pervenire a una riduzione degli attualivolumi organici dell’Area Logistica di circa il 25%.Ancora più significativa dal punto di vista quantitativosarà la riorganizzazione di tutte le funzioni territoriali einfrastrutturali dell’Esercito, che oggi fanno capo a duedistinte Aree di Vertice – l’Ispettorato delle Infrastrutturee il Comando Militare della Capitale – destinate, invece, afondersi insieme con una contestuale profonda revisionedelle competenze e delle attività, anche alla luce di unadiversa funzione del «territorio». La nuova Area Territoriale-Infrastrutturale sarà articola-ta su:

• un Comando di Vertice per il Territorio e per leInfrastrutture;

• 2 Comandi Interregionali, destinati, oltre alla direzionee supervisione dei Comandi Militari dipendenti, adassorbire molte delle competenze oggi in titolo aiComandi Militari Esercito regionali (CME) nonché laresponsabilità – oggi dei FOD – delle attività operativedi concorso;

• 4 Comandi Militari – Sicilia, Sardegna, Toscana (per ilcentro Italia incentrata sull’Istituto Geografico Milita -re), Nord-Ovest – con piene funzioni infrastrutturali eterritoriali, ferma restando l’opzione di pervenire adun’ulteriore razionalizzazione dopo il 2018 (ad esem-pio con il conferimento delle funzioni della RegioneNord Ovest al Comando della Scuola di Applicazioned’Arma).

In ogni Regione amministrativa saranno presenti unitàorganizzative dipendenti dai suddetti Comandi, qualiinterfaccia con le Autorità locali. Più dettagliatamente, il progetto di riordino prevedeanche la soppressione, per fasi, di tutti i CentriDocumentali (ex Distretti Militari) e la contestuale costi-tuzione di un Centro Unico Gestione Archivi, in Roma.Inoltre – come detto – si procederà alla revisione insenso riduttivo dei CME, estendendo le competenze ter-ritoriali dei Comandi Interregionali (oggi RegioniMilitari) su più Regioni amministrative. I CME cosìriconfigurati manterranno residuali competenze inmateria di presidio, reclutamento e forze di completa-mento, gestione alloggi e supporto di piazza, che eserci-teranno per delega permanente dei sovraordinatiComandanti Interregionali. In altri termini l’AreaTerritoriale del passato non esisterà più, e si riconfigure-rà in una serie di Comandi regionali con più funzioni(operative, formative, infrastrutturali).Veniamo, infine, all’Area di Vertice, cioè allo Stato

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Page 10: Rivista Militare UN NUOVO ANNO PER UN NUOVO ESERCITO · mo recentemente celebrato il trentennale – e proseguito incessantemente nel corso di questi ultimi sei lustri. Oggi però

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Maggiore dell’Esercito, anch’esso destinato ad una con-sistente «cura dimagrante», accompagnata, comunque,da una profonda riorganizzazione e rivisitazione dellecompetenze. Le linee d’indirizzo tracciate per la rivisitazione delloStato Maggiore dell’Esercito sono riconducibili all’esi-genza di:• eliminare strutture ridondanti e aree di sovrapposizio-

ne, allineando l’organizzazione all’attuale modello delloStato Maggiore della Difesa, al fine di calibrare le strut-ture secondo un unico standard organizzativo interforze;

• salvaguardare gli elementi di organizzazione necessa-ri per l’espletamento delle funzioni attribuite perlegge al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito;

• accorpare le funzioni esercitabili dal Vertice dellaForza Armata per dedicare la struttura di C2 delleFOTER e della componente logistica esclusivamenteall’approntamento delle unità e al mantenimentodella loro prontezza operativa;

• accentrare le funzioni di programmazione finanziariae la gestione delle correlate risorse, allo scopo di confe-rire unitarietà nella pianificazione e programmazionefinanziaria, soprattutto tra il settore dell’Investimentoe quello dedicato all’Esercizio/Operatività.

Anche in questo caso, vi sarà una consistente riduzionefinale del volume organico pari al 30% delle attualirisorse umane impiegate, in linea con quanto impostodalla Difesa.L’Esercito Italiano è, dunque, destinato a essere il prota-gonista di un cambiamento senza precedenti che, attra-verso una serie di provvedimenti di riorganizzazione, sisvolgerà, in considerazione dell’ampiezza di questariforma, in tempi estremamente ridotti. L’obiettivo è di ottenere, al termine del processo, unaForza Armata dinamica, al passo con i tempi, ma soprat-tutto bilanciata in tutte le sue tre componenti fondamen-tali. È una sfida che dobbiamo vincere insieme, perchénon dobbiamo mai dimenticare che, in fondo, unoStrumento Militare è sempre la risultante di un proces-so evolutivo in costante divenire, che si sviluppa sullabase di linee di indirizzo discendenti da scelte continuee condivise da tutti i componenti dello Strumento stes-so. Il che significa, mantenere anche la sufficiente flessi-bilità per adottare gli adeguamenti che certamente sirenderanno necessari in corso d’opera.In tal senso, posso affermare – senza timore di smenti-te – che l’Esercito ha costantemente dimostrato unastraordinaria adattabilità e flessibilità, riuscendo a con-durre complesse operazioni all’estero e, contempora-neamente, a ristrutturarsi e modernizzarsi per esseresempre più aderente alle mutevoli esigenze nazionali eglobali.Se ci siamo riusciti con successo in passato, lo dobbiamoprincipalmente al fatto di aver potuto disporre di perso-nale, in ogni categoria e grado, dall’eccellente livello

qualitativo. E ritengo che proprio questo sia un aspettoveramente irrinunciabile: qualunque sia la futura confi-gurazione dello Strumento Terrestre, non potremo maiastenerci dal ricercare elevatissimi standard selettivi e agarantire specifici percorsi formativi per il personale!Semmai, dovremo cercare di migliorarli e ottimizzarlisempre più, al fine di avere la certezza, in ogni frangen-te, di poter disporre di «risorse umane» adeguate allestringenti esigenze di un Esercito moderno.In tal senso, non mi preoccupano tanto le sfide del futu-ro, quanto la permanente disponibilità di personale che,spinto dalla motivazione, dall’intelligenza e dalla pro-fessionalità, abbia sufficiente coraggio – fisico e morale– e spirito d’intraprendenza per accogliere tali sfidecome opportunità evolutive e non come mere problema-tiche da sormontare.In conclusione, pur con il vincolo editoriale di un’opportu-na sinteticità, spero di aver illustrato, nelle sue linee essen-ziali, l’ambizioso progetto di riforma in cui siamo coinvol-ti e che occuperà sicuramente gran parte delle nostre ener-gie nel corso del corrente e dei prossimi anni. Non dobbia-mo farci illusioni: si tratta di un percorso ancora lungo eche sarà caratterizzato – ne sono sicuro – da momenti didifficoltà e da altrettante «necessità contingenti». Ma io sono, come mia consuetudine, ottimista per ilfuturo della Forza Armata: infatti quale Comandantedell’Esercito Italiano, sono certo di poter fare affidamen-to, nel corso degli anni a venire, sulle migliori energie esulle capacità di tutto il nostro personale militare e civi-le in servizio, così come del sostegno attivo di quello inquiescenza.E, con queste certezze, auguro buon lavoro a tutti voi!

Il Capo di Stato Maggiore dell’EsercitoGenerale di Corpo d’Armata

Claudio Graziano